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Marco Roncadelli e Antonio Defendi<br />
I CAMMINI DI FEYNMAN<br />
QUADERNI DI FISICA TEORICA<br />
Università degli Studi di <strong>Pavia</strong><br />
Dipartimento di <strong>Fisica</strong> Nucleare e Teorica
QUADERNI DI FISICA TEORICA<br />
Collana curata da Sigfrido Boffi<br />
Comitato Scientifico<br />
Bruno Bertotti<br />
Sigfrido Boffi<br />
Italo Guarneri<br />
Alberto Rimini<br />
Marco Roncadelli<br />
Volumi già pubblicati:<br />
1. Le onde di de Broglie, a cura di Sigfrido Boffi<br />
2. Onde di materia e onde di probabilità, a cura di Sigfrido Boffi<br />
3. Il principio di indeterminazione, a cura di Sigfrido Boffi<br />
4. La meccanica delle onde, a cura di Sigfrido Boffi<br />
5. Paradosso EPR e teorema di Bell, a cura di Oreste Nicrosini<br />
6. I cammini di Feynman, a cura di Marco Roncadelli e Antonio Defendi<br />
7. L’interpretazione statistica della meccanica quantistica, a cura di<br />
Sigfrido Boffi<br />
8. L’origine delle statistiche quantistiche, a cura di Fulvio Piccinini<br />
9. Le radici della quantizzazione, a cura di Sandro Graffi<br />
10. La fase di Berry, a cura di Franco Salmistraro<br />
11. Il postulato dei quanti e il significato della funzione d’onda, a cura di<br />
Sigfrido Boffi<br />
12. Indice di rifrazione adronico, a cura di Francesco Cannata<br />
13. La formulazione delle storie della meccanica quantistica, a cura di Irene<br />
Giardina<br />
14. La regola d’oro di Fermi, a cura di Paolo Facchi e Saverio Pascazio<br />
15. Le radici del dualismo onda-corpuscolo, a cura di Sigfrido Boffi e Michele<br />
D’Anna<br />
16. Teoria delle caratteristiche ed equazioni ondulatorie quantiche, a cura di<br />
Paola Orsi<br />
I primi dieci Quaderni sono disponibili su richiesta presso il Dipartimento di<br />
<strong>Fisica</strong> Nucleare e Teorica dell’Università di <strong>Pavia</strong>. I successivi sono pubblicati<br />
dalla Casa Editrice Bibliopolis
Marco Roncadelli e Antonio Defendi<br />
I CAMMINI DI FEYNMAN<br />
QUADERNI DI FISICA TEORICA<br />
Università degli Studi di <strong>Pavia</strong><br />
Dipartimento di <strong>Fisica</strong> Nucleare e Teorica
Prima edizione: gennaio 1992<br />
Edizione web: ottobre 2001<br />
ISBN 88–85159–06–0
INDICE<br />
¡ ¢ ¡ ¢ ¡ ¢ £ ¡ ¢ ¡ ¢ ¡¡ ¢ £ ¢ ¡¡ ¢ ¡ ¢ ¡ ¢ £ ¡ ¢ ¡ ¢ ¡ £ ¢ ¢ ¡ £ ¢ ¡ £ ¢ ¢ ¡ Premessa<br />
¤<br />
7<br />
1. Concetto di propagatore ¡ ¢ £ ¢ ¡¡ ¢ ¡ ¢ ¡ £ ¢ ¡ ¢ ¡¡ ¢ ¡ ¢ £ ¢ ¡¡ ¢ ¡ quantistico 11<br />
¤<br />
2. Aspetti dell’integrale di Feynman ¡ £ ¢ ¡ ¢ ¡ ¢ ¡ ¡ ¢ £ ¢ ¡ ¡ ¢ ¡ ¢ ¡ £ ¢ ¡ ¢ ¡ ¢ ¡ ¡ ¢ 15<br />
4. Osservazioni storiche ¢ ¡ ¢ ¡¡ ¢ ¡ ¢ £ ¡ ¢ ¡ ¢ ¡ ¢ ¡ £ ¢ ¡ ¢ ¡¡ ¢ ¡ ¢ £ ¡ ¢ ¡ ¢ ¡ ¢ ¡ £ ¢ ¡ ¢ ¡ 51<br />
¤<br />
– Approccio spazio-temporale alla meccanica quantistica<br />
non £ ¢ ¡¡ ¢ ¡ ¢ ¡ £ ¢ ¡ ¢ ¡ ¢ ¡¡ ¢ £ ¢ ¡¡ ¢ ¡ ¢ ¡ £ ¢ ¡ ¢ ¡ ¢ ¡ ¢ £ ¢ ¡ ¢ ¡ ¢ ¡ relativistica<br />
¤<br />
57<br />
5. Nuova formulazione della meccanica ¢ ¡¡ ¢ £ ¢ ¡¡ ¢ ¡ ¢ ¡ ¢ £ quantistica 95<br />
¤<br />
3. Analogie fra meccanica quantistica e processi stocastici classici 34<br />
6. Bibliografia £ ¡ £ ¡ £ ¡ £ ¡ £ ¡ £ 122<br />
¤<br />
– ¡¡ ¢ ¡ ¢ ¡ £ ¢ ¡ ¢ ¡ ¢ ¡¡ ¢ £ ¢ ¡¡ ¢ ¡ ¢ ¡ £ ¢ ¡ ¢ ¡ ¢ ¡¡ ¢ £ ¢ ¡¡ ¢ ¡ ¢ ¡ £ ¢ ¡ ¢ ¡ ¢ Addendum 129
PREMESSA<br />
Un fondamentale cambiamento di prospettiva nell’impostazione dei problemi<br />
di meccanica quantistica si è avuto agli inizi degli anni ’50 principalmente<br />
ad opera di Richard Feynman, al quale si deve una formulazione della teoria<br />
quantistica diversa da quella usuale di Heisenberg, Schrödinger e Dirac.<br />
La formulazione di Feynman è basata sul concetto di “¥§¦©¨¥<br />
¥§¦¥ ” e permette di esprimere l’¥ "!"!£ (quantistica) di transizione fra<br />
due punti spazio-temporali senza far ricorso a vettori di stato ed operatori in<br />
uno spazio di Hilbert. Questo approccio fornisce inoltre una rappresentazione<br />
intuitiva del#¥$¥%¨ &'¥"(<br />
della meccanica quantistica.<br />
L’importanza pratica della strategia di Feynman è dovuta al fatto che essa<br />
rappresenta un’)¨**¦+¨%¥§,- alle tecniche di soluzione dei problemi quantistici<br />
basate sull’equazione di Schrödinger. Naturalmente, nei casi in cui tale<br />
equazione sia risolubile.*/¨0¨ 1¢¦©¨ , il nuovo metodo non aggiunge nulla di<br />
nuovo. Tuttavia è ben noto che si tratta di pure eccezioni: per la maggior parte<br />
dei problemi fisicamente rilevanti risulta impossibile risolvere l’equazione di<br />
Schrödinger. È proprio in queste circostanze che un nuovo approccio alla teoria<br />
quantistica diventa molto importante, in quanto esso permette di sviluppare<br />
¦© ( ,£¥ metodi di soluzione approssimate.<br />
Ora, nell’ambito più ristretto della meccanica quantistica¦<br />
( ¦ relativistica,<br />
i vantaggi derivanti dalla formulazione di Feynman si manifestano principalmente<br />
in alcuni tipi di problemi, come quelli basati sull’approssimazione<br />
semiclassica e sulla trattazione dei fenomeni quantistici nei sistemi macroscopici.<br />
La situazione cambia radicalmente se si considera l’estensione relativistica,<br />
cioè la teoria quantistica dei campi. Il motivo di fondo è molto semplice.<br />
La quantizzazione canonica è basata sul formalismo hamiltoniano, in cui il<br />
tempo gioca un ruolo 2¥§,'¢. (<br />
dalle coordinate spaziali: la teoria non può<br />
<strong>qui</strong>ndi essere “covariante a vista” rispetto a trasformazioni di Lorentz. Questo<br />
serio inconveniente è ovviato nell’approccio di Feynman, poiché il tempo e le<br />
coordinate spaziali vengono poste sullo.¨. (<br />
piano. Un ulteriore importantis-
8<br />
simo vantaggio rispetto al metodo canonico è di permettere la quantizzazione<br />
delle teorie di gauge in modo notevolmente più semplice. Si noti che le<br />
( &32¥546¢7-¦©8¦ ” per tali teorie sono state derivate proprio facendo uso<br />
dell’“¥§¦©¨ 9&:¥ ¥$¦©¥ ”.<br />
“<br />
Scopo del presente Quaderno è un’¥$¦+¨% ( 2/!*¥( ¦; fornire alla formulazione<br />
di Feynman della teoria quantistica. Ci limiteremo <strong>qui</strong>ndi a considerare solo<br />
la meccanica quantistica non relativistica (per ciò che concerne la teoria quantistica<br />
dei campi verrà data soltanto una traccia bibliografica). Com’è consuetudine<br />
dei Quaderni di <strong>Fisica</strong> Teorica, presentiamo in traduzione l’articolo<br />
fondamentale sull’argomento, che è stato pubblicato da Feynman nel 1948.<br />
Desideriamo sottolineare che questo lavoro è oggigiorno più un documento<br />
storico che non un’esposizione consigliabile a chi voglia imparare il<br />
metodo di quantizzazione di Feynman. Pensiamo però che la sua lettura costituisca<br />
una notevole esperienza intellettuale – anche per gli studenti di <strong>Fisica</strong> –<br />
se corredata da un’opportuna introduzione in chiave moderna e da alcuni commenti<br />
che illustrino il contesto storico in cui si colloca il lavoro di Feynman.<br />
Il presente Quaderno si articola nel modo seguente. Dopo un breve<br />
richiamo del concetto di ( £
L’articolo originale di Feynman, pubblicato su IJ*,£¥ *KL (9MN( 2
1. Concetto di propagatore quantistico<br />
¤<br />
1.1 – Consideriamo per semplicità moto¦¥02¥§1*¦@.¥( ¦+ il di una particella<br />
non relativistica in presenza di un potenziale stazionarioRTS%U;V<br />
scalare<br />
(situazioni più generali verranno discusse in seguito). È ben noto che la corrispondente<br />
equazione di Schrödinger ha la forma<br />
- X3Y W<br />
S%U6\ Z V5]_^<br />
- X+` [<br />
a'b Y `<br />
Y U ` [ S%U6\ Z V6cdRTS%U;V[ S%Ue\ Z V S9f fEV<br />
Y©Z<br />
Ora, un fisico degli ’30¦<br />
( ¦ anni avrebbe cercato risolvere2¥§"¢¨0¨ 1*¦©¨ di tale<br />
equazione! Egli avrebbe invece osservato che essendoRTS%U;V – indipendente<br />
dal tempo – è conveniente porre<br />
S%Ue\ Z Vhgjikl$mon p<br />
- Xeq S%UoV [<br />
cosicché l’eq. (1.1) diventa<br />
r `<br />
q S%UoVoc<br />
a'b<br />
X©`Qst ^uR1S0U;Vwvq S%UoVx]zy<br />
-<br />
S9f a V<br />
U `<br />
S9f |{ V<br />
r<br />
A stadio,t questo è ovviamente un parametro (reale) indeterminato}. Supponiamo<br />
cheRTS%U;V ulteriormente soddisfi condizione`<br />
la<br />
lim<br />
R8S%UoVL] cƒ‚ S9f …„ V<br />
~E:€<br />
Si può allora dimostrare che l’eq. (1.3) soluzioniq<br />
S%U;V ammette soddisfacenti<br />
alle usuali condizioni regolarità†5<br />
( (<br />
di per valori2¥$<br />
"¢¨%¥ certi del parametro<br />
(li indicheremo contJ‡ \ t } \ t ` \¢ˆ¢ˆ¢ˆ e supporremo che si abbiatJ‡F‰Št } ‰<br />
t ` ˆ¢ˆ¢ˆ ). Quindi, in corrispondenza ad ognuno dei suddetti valoritC‹ si avrà una<br />
t<br />
1 NaturalmenteŒ ha il significato fisico di energia della particella. Tuttavia questa circostanza<br />
è irrilevante per le considerazioni esposte in questo paragrafo.<br />
2 Se l’eq. (1.4) non valesse, si avrebbe in generale uno spettro continuo di autovalori per<br />
l’eq. (1.3), ma il ragionamento che segue rimarrebbe inalterato.<br />
3 Queste condizioni seguono direttamente dal significato fisico della funzione d’onda (il suo<br />
modulo quadrato fornisce la densità di probabilità) e sono discusse in tutti i testi di meccanica<br />
quantistica.
12<br />
soluzione dell’eq. (1.3): esse verranno comeq<br />
‹ S%U;V indicate . Sotto ipotesi<br />
molto generali l’insieme<br />
q ‹ S%U;V delle<br />
"( ;&¡¨(<br />
inŽ<br />
`€ è , per l’¥§¦©¨ <br />
*¦¢<br />
cui<br />
dell’eq. (1.1) può essere rappresentato S%U6\ Z V5] [ ‹ i k+l$m“En0p<br />
- X q ‹ S%U;V S9f •” V<br />
‹’‘<br />
ove ‹ sono coefficienti (complessi) arbitrari.<br />
‘ Possiamo schematizzare il suddetto procedimento nel modo seguente.<br />
L’originaria equazione di Schrödinger alle derivate parziali (1.1) è stata ridotta –<br />
mediante l’introduzione di un parametro arbitrario – ad un’equazione differenziale<br />
ordinaria. La richiesta di regolarità imposta alla funzione d’onda porta a<br />
il; ( – *8>£•¥C¨( ,-( .¥ considerare associato a quest’ultima<br />
L’¥§¦©¨ 9&—
Ú<br />
l’eq. (1.1) fissando l’attenzione sul cosiddetto<br />
( £
all’eq. (1.1). Scriviamo il problema agli autovalori ö ÷<br />
per nella forma<br />
€<br />
€<br />
€<br />
ö<br />
X<br />
X<br />
14<br />
Pertanto la conoscenza del propagatore permette di un’ – ¥%¨%*¥%<br />
calcolare<br />
soluzione dell’equazione di Schrödinger. Questo fatto – non sempre apprezzato<br />
appieno – il"*E/ ( .¨(BM*( ¦+2/1*¦©¨ & costituisce alla formulazione di<br />
Feynman della teoria quantistica. È opportuno osservare che, benché l’uso del<br />
propagatore per risolvere l’equazione di Schrödinger non sia certo opera<br />
Feynmanë<br />
di<br />
, egli è stato indubbiamente il primo a capire il ruolo cruciale che<br />
esso gioca in meccanica quantistica.<br />
1.3 – Sussiste una notevole relazione fra il propagatore dell’equazione<br />
di Schrödinger (1.1) ed il problema agli autovalori associato all’eq. (1.3).<br />
Abbiamo infatti<br />
€<br />
‹/ío‡<br />
Zì…ìÎU+ì0\ ZìÏ ]<br />
S9f f£y
che è proprio l’eq. (1.10).<br />
Notiamo infine che il propagatore soddisfa la"( ¦+2¥!*¥( ¦;Â2¥L¦¥%¨ *¥ ¢¨ Ò <br />
ì…ì\ Zì…ìÎU ì\ ZìÏ î ]óÍ%U ì\ ZìÎU ì…ì\ Zì…ìÏ S9f f „ V<br />
Í%U<br />
Essa è conseguenza diretta dell’hermiticità dell’hamiltoniana, come si vede<br />
facilmente usando l’eq. (1.11).<br />
2. Aspetti dell’integrale di Feynman<br />
¤<br />
2.1 – La formulazione di Feynman fornisce il propagatore dell’equazione<br />
di come¥§¦©¨C¥ ¥§¦¥ (¥§¦©¨ 9&ƒ2¥4D*7'¦8¦ Schrödinger ). Risulta<br />
<strong>qui</strong>ndi possibile calcolare il quantistico¢¢¦ !¡ propagatore che sia necessario<br />
risolvere l’equazione di Schrödinger. Sottolineiamo che è proprio quest’ultima<br />
circostanza che rende questo approccio così importante da un punto di vista<br />
applicativo. Infatti, anche nei casi in cui non si riesca a calcolare esattamente<br />
l’integrale di Feynman, è peraltro possibile sviluppare nuovi metodi di<br />
approssimatiú soluzione .<br />
2.2 – Pensiamo di fare cosa utile al lettore mostrando – nel semplice caso<br />
dell’equazione di Schrödinger (1.1) – come l’integrale di Feynman emerga<br />
in modo naturale partendo dalla usuale formulazione operatoriale della teoria<br />
quantistica. Questo modo di procedere è, in un certo senso,<br />
( / ( .¨(<br />
a<br />
quello originario di Feynman (si veda il paragrafo 2.4 e l’articolo tradotto):<br />
egli ha infatti 2
g<br />
ö<br />
c ö R<br />
<br />
Ù ô<br />
<br />
ò ÎU ìÏ<br />
<br />
€ ÚÙ € Í0U+ì…ìÎi k§ô<br />
<br />
p<br />
£<br />
i kxô<br />
<br />
p<br />
£<br />
ÎU £<br />
k } Ï ˆ<br />
k<br />
U £<br />
k } Í%U £<br />
k } Îi k5ô<br />
<br />
p<br />
£<br />
i kÌô<br />
<br />
p<br />
£<br />
ÎU £<br />
k ` Ï r U £<br />
k ` ˆ¢ˆ¢ˆ<br />
r<br />
U } Í%U } ÎikQô<br />
<br />
p<br />
£<br />
ikxô<br />
<br />
p<br />
£<br />
ÎU ìÏ r<br />
16<br />
i ô Sa fEV ÿ<br />
È pertanto un fatto notevole che – sotto ipotesi piuttosto generali – si abbia<br />
invece<br />
i ô<br />
] i ô<br />
ÿ Ù<br />
ô¢¡<br />
ô ÿ Ù ô ] lim £ :€ i<br />
i ô ÿ p<br />
£<br />
i ô p<br />
£¦¥ £ ¤<br />
a V Sa<br />
che è laM*( * &2¥¨§ ( ¨0¨* essenzialmente . Come vedremo, l’integrale di<br />
Feynman altro non è che una conseguenza di tale formula, combinata con<br />
un’osservazione dovuta a Dirac!<br />
Fissiamo ora l’attenzione propagatoreÍ%U ì…ì\ Zì…ìÎU ì\ ZìÏ sul dell’equazione di<br />
Schrödinger (1.1). © Ponendo<br />
W<br />
XJSZì…ì ^ ZìV.\ -<br />
Sa |{ V<br />
e facendo uso dell’eq. (1.11) possiamo scrivere<br />
÷ g ö<br />
Sa …„ V<br />
che – in virtù della formula di Trotter (2.2) – diventa<br />
Í0U ì…ì\ Zì…ìÎU ì\ ZìÏ ]óÍ%U ì…ìÎi k
Í%U Ù } Îi k ô<br />
<br />
p<br />
£<br />
ÎU Ï ]<br />
Ú<br />
r<br />
Î Ï Í DÎ ]_f<br />
r<br />
Í%U Ù } Îi k ô<br />
<br />
p<br />
£<br />
Î Ï Í ÎU Ï<br />
Ù } Îi k§ô<br />
<br />
p<br />
£<br />
Î Ï ] i k "!<br />
<br />
p<br />
`$# £<br />
Í0U Ù } Î Ï<br />
Í%U<br />
È conveniente porre U ì g U ‡ e U ì…ì g U £ , cosicché l’eq. (2.8) può essere<br />
riscritta nella forma più compatta}w†<br />
17<br />
Zì…ìÎUì0\ ZìÏ Í%Uì…ì%\<br />
lim £ :€ ]<br />
£<br />
k }<br />
<br />
<br />
k }<br />
£<br />
<br />
ío‡ Í%U Ù } Îi k§ô<br />
<br />
p<br />
£<br />
i kxô<br />
<br />
p<br />
£<br />
ÎU Ï<br />
<br />
€ Ù Ú € Ù Ú<br />
ˆ¢ˆ¢ˆ € k € k<br />
r U<br />
l<br />
}<br />
Sa |Ý V<br />
lí<br />
Questa equazione – che segue direttamente dalla formula di Trotter – esprime<br />
propagatoreÍ0U ì…ì\ Zì…ìÎU ì\ ZìÏ<br />
il<br />
in funzione del propagatore relativo ad un intervallo<br />
tempo¥§¦L¦©¥§¨*¥§ (<br />
di (vale direSZì…ì ^ ZìV a ‚ per ).<br />
Calcoliamo il; ( @E//¨( "¥§¦L¦¥%¨..¥$ ( Í%U Ù } Îi k ô<br />
<br />
p<br />
£<br />
ÎU Ï ora .<br />
È evidente che <strong>qui</strong> ö<br />
non è altro cheR1S%U;V , <strong>qui</strong>ndi R<br />
Ù } Îi k§ô<br />
<br />
p<br />
£<br />
i kxô<br />
<br />
p<br />
£<br />
ÎU Ï ] i k Í%U<br />
<br />
p<br />
£<br />
i k ô<br />
<br />
ò%p<br />
£<br />
Í0U Ù } Îi k§ô<br />
<br />
p<br />
£<br />
ÎU Ï Sa f£y
Í%U Ù } Îik ô<br />
<br />
p<br />
£<br />
ÎU Ï ]<br />
Í%U Ù } Îi k5ô<br />
<br />
p<br />
£<br />
ÎU Ï ]87<br />
Ú<br />
r<br />
ik !<br />
<br />
p<br />
`# £<br />
Í%U Ù } Î Ï Í ÎU Ï<br />
r<br />
i k !<br />
<br />
p<br />
`$# £<br />
i l(<br />
exp ;©^âSb<br />
<br />
a V¢S%U Ù } ^ U V `<br />
<<br />
©<br />
18<br />
€ ÚÙ € k<br />
f „ V Sa<br />
Î Ï è l’autofunzione dell’impulso (corrispondente all’autovalore ) nella<br />
rappresentazione delle coordinate, cioè<br />
MaÍ%U<br />
Í%U Î Ï ] q<br />
% a'& - X i l(<br />
~ p<br />
- X f<br />
Sa f ” V<br />
<strong>qui</strong>ndi possiamo riscrivere l’eq. (2.14) come<br />
<br />
S0U;Vx]<br />
Ù } Îi k§ô<br />
<br />
p<br />
£<br />
ÎU Ï ] f<br />
a'& -<br />
X Í%U<br />
<br />
k<br />
~<br />
ò%p<br />
-<br />
X Sa f Ñ V ï~*),+<br />
€ ÚÙ € k<br />
L’integrale che figura nell’eq. (2.16) è/
p<br />
£<br />
i kxô<br />
b<br />
b<br />
G<br />
b<br />
X<br />
p ` Ù € Ú £<br />
^uR1S%U VTLUNd]<br />
r U<br />
lR<br />
ˆ<br />
Inserendo l’eq. (2.18) nell’eq. (2.10) ed usando le eq. (2.3) e (2.19) abbiamo<br />
infine l’espressione. ;•¥ ¥%¨ del propagatore infinitesimo<br />
p<br />
£<br />
i kxô<br />
<br />
p<br />
£<br />
ÎU Ï<br />
<br />
]DC<br />
a'&;W<br />
?'E<br />
X<br />
b<br />
-<br />
}p ` ˆ<br />
19<br />
exp FHSW<br />
-<br />
? K<br />
`<br />
aJI<br />
U Ù } ^ÜU b<br />
?HG<br />
Í%U Ù } Îi k5ô<br />
Questa espressione del propagatore infinitesimo è stata suggerita per la prima<br />
volta da }˜ Dirac . Non era invece chiaro a Dirac come ottenere il propagatore<br />
relativo ad un intervallo di h¦¥§¨( }w tempo . Oggi sappiamo ¢ –<br />
X V<br />
^ R8S%U VMLON<br />
Sa a y
?<br />
?<br />
k }<br />
£<br />
ío‡ <br />
k }<br />
£<br />
ío‡ <br />
G<br />
G<br />
b<br />
b<br />
b<br />
b<br />
X<br />
X<br />
p ` Ù € Ú £<br />
r U<br />
lR<br />
r U l <br />
?<br />
ˆ<br />
ˆ<br />
?<br />
20<br />
per cui otteniamo in definitiva<br />
?QE<br />
Zì…ìÎUì0\ ZìÏ ] lim £ :€ P ‡<br />
C Í0U+ì…ì%\<br />
aQ&;W -<br />
£<br />
k }<br />
<br />
<br />
€ ÚÙ k € ˆ¢ˆ¢ˆ<br />
k €<br />
lí }<br />
W X<br />
SW<br />
exp<br />
X V V -<br />
? K<br />
`<br />
a I<br />
U Ù } ^ U <br />
VTL Z \<br />
]<br />
^ËRTS%U<br />
Sa a { V<br />
Questa l’. ;".".¥( ¦hL¦+& è del propagatore quantistico ¥§¦©¨ 12¥<br />
4D*7'¦8¦<br />
come<br />
. Vedremo nel paragrafo successivo che l’eq. (2.23) può essere<br />
riscritta in modo più compatto ed elegante. Tuttavia è bene tenere sempre<br />
presente che ogni altra e<strong>qui</strong>valente¦<br />
( ¦ espressione ha alcun significato diverso<br />
da mostrato.#¥ ¥§¨ 1*¦©¨ quello dall’eq. (2.23).<br />
2.3 – A questo punto il lettore potrebbe chiedersi (giustamente!) dove<br />
siano i “ ¥§¦¥h2¥Ì46¢7-¦©8¦ ”}wë .<br />
Al fine di rispondere a questa domanda è conveniente porre<br />
?QE<br />
€ ÚÙ Í0U+ì…ì%\ Zì…ìÎUì0\ ZìÏ £ji P g C<br />
aQ&;W -<br />
p ` Ù € Ú £<br />
£<br />
k }<br />
<br />
<br />
k € ˆ¢ˆ¢ˆ<br />
k €<br />
lí }<br />
W X<br />
SW<br />
exp<br />
X V V -<br />
? K<br />
`<br />
a I<br />
U Ù } ^ÜU <br />
Sa a „ V<br />
V LUZ \<br />
]<br />
^uR8S%U<br />
cosicché l’eq. (2.23) assume la forma<br />
ì|ì\ Zì…ìÎU ì\ ZìÏ ] lim £ F€ P ‡ Í%U ì…ì\ Zì…ìÎU ì\ ZìÏ £ji P<br />
Í%U<br />
a ” V Sa<br />
Discretizziamo ora l’intervallo di consideratoZì…ì ^ Zì tempo ^Šf<br />
mediante<br />
punti intermedi Z }<br />
e<strong>qui</strong>distanti Z ` , ˆ¢ˆ¢ˆ , Z £<br />
k }<br />
, spaziati (Zl ] Z ‡ c W<br />
di<br />
Z ‡ g Zì<br />
,<br />
Z £ g Zì…ì , ylk<br />
W<br />
km , ) (si noti che questa discretizzazione era già<br />
usata¥$;•¥ ¥%¨ 1¢¦©¨ stata nell’applicare la formula di Trotter). Ragionando<br />
nello spazio delle ..¨* ( S%Ue\ Z V }ú configurazioni , il generico insieme di punti<br />
18 Talvolta essi sono anche detti¬§³.¥w ? .<br />
19 Esso si ottiene rappresentando geometricamente il tempo come®E¢¬§«¥« ³.¥ coordinata.
£ S²ˆ¢ˆ¢ˆ¡\9UÌSZ oV*\¢ˆ¢ˆ¢ˆ)VLg<br />
n<br />
UDSZì?VLg Uì0\9UDSZ } VLg U } \¢ˆ¢ˆ¢ˆ-\9UDSZ oVLg Uo \¢ˆ¢ˆ¢Ê\<br />
q<br />
£<br />
k } VLg U £<br />
k } \9UÌSZì…ìVLgzU ì…ì p<br />
Sa a Ñ V<br />
UÌSZ<br />
?<br />
G<br />
b<br />
b<br />
b<br />
X<br />
Ú<br />
X<br />
Ú<br />
Z f a<br />
bvu<br />
UÌSZ V `<br />
9<br />
^uR1S0UDSZ VV<br />
7<br />
r<br />
ˆ<br />
n<br />
U ì\9U } \¢ˆ¢ˆ¢ˆ£\9Uo\¢ˆ¢ˆ¢ˆ£\9U £<br />
k } \9U ì…ìp che figura nell’eq. (2.24) può essere interpretato<br />
come l’insieme dei vertici di una !"!£¨ ` ‡Oq £ S²ˆ¢ˆ¢ˆ¡\9UDSZ o V*\¢ˆ¢ˆ¢ˆ#V definita<br />
nel modo seguente<br />
21<br />
Indichiamo r £ji P S%U ì\ Zìs U ì…ì\ Zì…ìV con l’insieme ¨%@¨0¨ di le £ S²ˆ¢ˆ¢Ê\9UDSZ oV.\¢ˆ¢ˆ¢ˆ)V<br />
con estremi fissi q U ì , UÌSZì|ìV1g U ì…ì . Dato che q £ S²ˆ¢ˆ¢ˆ¡\9UÌSZ oV.\¢ˆ¢ˆ¢ˆ)V è<br />
UDSZìVTg<br />
completamente caratterizzata dai suoi vertici, l’eq. (2.24) non è altro che la<br />
( 8 di exp n ˆ¢ˆ¢ˆ p su r £ji P S%U ì\ Zìs U ì…ì\ Zì…ìV . Alla luce di questa osservazione è<br />
conveniente riscrivere l’eq. (2.24) come<br />
<br />
Zì…ìÎUì0\ £ji P ] C Í0U+ì…ì0\ ZìÏ<br />
WYX<br />
£<br />
SW<br />
exp<br />
k }<br />
V -<br />
? K<br />
`<br />
€ ˆ¢ˆ¢ˆ<br />
k € k<br />
} lí<br />
VVTL[ZY\<br />
]<br />
^ËRTS%UÌSZ<br />
Sa a Ø V<br />
r UDSZlV<br />
a'&;W -<br />
?QE<br />
£<br />
p ` Ù €<br />
£<br />
k }<br />
<br />
<br />
€ ÚÙ ío‡<br />
Ricordando che (nel caso in questione) l’azione classica calcolata lungo una<br />
arbitraria traiettoriaUDSZ V è<br />
X V<br />
a I<br />
UÌSZ Ù } VD^UÌSZ V<br />
t<br />
sUDS²ˆ•Vwvnðñð<br />
Sa a Û V<br />
nð<br />
scopriamo che la sommatoria nell’eq. (2.27) è l’E!¢¥( ¦ &'¥ proprio calcolata<br />
lungo la spezzata £ S²ˆ¢ˆ¢Ê\9UDSZ oV.\¢ˆ¢ˆ¢ˆ&V . Quindi possiamo scrivere<br />
q<br />
nð ] nðñð<br />
?'E<br />
20 Come$Ç-<br />
ì…ì\ ì\ £ji ]wC<br />
£<br />
p<br />
Ù € Ú Ù €<br />
Í%U ` ˆ¢ˆ¢ˆ<br />
Ú £<br />
Zì|ìÎU k } r<br />
€<br />
P a'&;W UÌSZlV ˆ<br />
ZìÏ<br />
lí }<br />
-<br />
X<br />
€<br />
ẗ y q £ S²ˆ¢ˆ¢ˆ£\9UDSZ oV.\¢ˆ¢ˆ¢ˆ)V{z n0ðñð V exp xDSW -<br />
k k<br />
nð}|<br />
Sa a Ý V<br />
intendiamo un insieme discreto di punti uniti da segmenti. Una curva ordinaria<br />
può essere definita specificando i suoi punti in funzione di una variabile indipendente<br />
ÀÀ"›.¬$›<br />
. Analogamente si può fare per una spezzata, solo che ora l’insieme dei punti (vertici) è<br />
discreto anziché continuo.<br />
é
?<br />
su rLS%U ì\ Zì s U ì…ì\ Zì…ìV . È altresì evidente che`<br />
}<br />
‚<br />
b<br />
X<br />
22<br />
Naturalmente quanto detto vale per arbitrario. Consideriamo ora il limite<br />
~ ‚ (<br />
y ). Al crescere di una spezzata q £ S²ˆ¢ˆ¢Ê\9UDSZ o V.\¢ˆ¢ˆ¢ˆ)V<br />
approssima vieppiù una curva continuaUDSZ V (con gli stessi estremi), fino a coincidere<br />
con questa nel limite <br />
. Pertanto l’insieme r £Oi P S%U ì\ Zìs U ì…ì\ Zì…ìV<br />
diventa lo E!*¥( 2 *¥ ¥§¦¥€rxS%U ì\ Zì s U ì…ì\ Zì|ìV , cioè l’insieme delle funzioni<br />
‚<br />
continueUÌSZ V (reali) con fissiUÌSZìV¯g_U ì ,UÌSZì|ìV¯gäU ì…ì estremi . Quindi nel limite<br />
l’eq. (2.29) da somma r £ji P S%U ì\ Zìs U ì…ì\ Zì…ìV su una<br />
‚ ( 8<br />
diventa<br />
lim<br />
£ F€<br />
ẗ y q £ S²ˆ¢ˆ¢ˆ£\9UDSZ oV.\¢ˆ¢ˆ¢ˆ)V{z n0ðñð<br />
Sa |{ y
Ú<br />
Z f<br />
9<br />
a<br />
bŒu<br />
U l SZ V<br />
u<br />
U l SZ VocŽ l S%UÌSZ V*\ Z V<br />
u<br />
U l SZ VD^lBS%UÌSZ V*\ Z V<br />
7<br />
r<br />
esso ¦ ( ¦ è (da un punto di vista matematico) un’integrale su uno spazio di<br />
funzioni`† (integrale funzionale). Più semplicemente, in questo contesto la<br />
parola integrale (ed il relativo simbolo) è da intendersi<br />
( (<br />
come sinonimo di<br />
( 8 (su un insieme di funzioni). Ulteriormente – per quanto suggestiva<br />
l’eq. (2.31) possa apparire – va ricordata l’osservazione fatta alla fine del<br />
paragrafo precedente.<br />
Benché l’eq. (2.31) sia stata derivata <strong>qui</strong> nel caso unidimensionale in cui è<br />
presente solo un potenziale scalare stazionarioR1S%U;V , essa vale anche nel caso<br />
multidimensionale per un’azione classica del tipo`<br />
23<br />
t<br />
sUÌS²ˆ•Vwvnðñð<br />
] Sa nðñð<br />
|{{ V<br />
nð nð<br />
L’eq. (2.31) corrispondente a quest’ultima forma dell’azione classica va ancora<br />
definita come limite di un’espressione discretizzata, molto simile a quella che<br />
figura nell’eq. (2.23). Vi un’¥§ ( ¢¨ ¦©¨2¥G¢¢¦ !¡ è però . Nell’espressione<br />
(2.20) del propagatore U infinitesimo U Ù }<br />
fra R1S%U;V e , è U calcolato in<br />
inveceƒS0Ue\ Z V<br />
.<br />
Ora nel;¦©¨( ¥$¦+¨**12¥(‘<br />
va g S0U cŠU Ù } V<br />
a<br />
calcolato U<br />
nell’analoga espressione del propagatore infinitesimo. Ciò si riflette nell’identica<br />
prescrizione per quanto concerne la forma discretizzata dell’eq. (2.31)<br />
(2.23))`<br />
˜ (simile all’eq. (a questo proposito si veda l’articolo tradotto).<br />
23 Ciò è stato dimostrato in: R. H. Cameron, J. Math. and Phys. 39, 126 (1960). Sottolineiamo<br />
che le difficoltà matematiche menzionate all’inizio del paragrafo 2.2 traggono<br />
origine proprio da questo fatto.<br />
24 È immediato accorgersi che questa azione classica ha la forma tipica dell’interazione di<br />
una particella con un campo elettromagnetico o gravitazionale esterno nell’approssimazione<br />
semirelativistica. In realtà, l’eq. (2.31) vale anche per azioni classiche … [ç (‡ )]Ç ¡Ê<br />
dell’eq. (2.33). Un esempio è quello di spazio delle configurazioniž9®£¥«¼³ . Rimandiamo<br />
il lettore al testo di Schulman. È opportuno tenere presente che l’eq. (1.11) vale«³*¢…³ se<br />
›*¢ ®Q¤£«Ÿ/«¥<br />
dipende dal tempo (invece l’eq. (1.14) ha validità generale).<br />
25<br />
L’origine matematica di questo fatto verrà spiegata nel paragrafo 2.6. Discutiamo <strong>qui</strong><br />
l’hamiltonianaŸ³.Ÿ<br />
invece |¤.Ÿ' gž›.¬$³Hg© žw³ suo (si tratta di una tipica situazione in cui una difficoltà<br />
matematica ha una radice fisica). Un problema che ha preoccupato i fondatori della teoria<br />
quantistica è l’esistenza delle ›.¦“’² |¤.®E #¬EÊ ›1¡. 5ý9®-›.Ÿ'¬ |ÀÀ"›À² ³.Ÿ/ cosiddette . Si supponga<br />
che ž¢…›. žw› nell’hamiltoniana compaia un termine in cui l’impulso è moltiplicato per<br />
una funzione delle coordinate (questo è effettivamente quanto avviene nel caso descritto<br />
dall’azione (2.33)). Come è ben noto, la hamiltonianaý²®'›.Ÿ-¬? #w¬ ž› corrispondente si ottiene<br />
sostituendo gli operatori alle grandezze classiche. Ora, gli operatori posizione e impulso<br />
commutano, <strong>qui</strong>ndi vi sonoÇ ¡Ê ® hamiltoniane quantistiche distinte associate alla¬§²«›<br />
hamiltoniana classica. Senza ulteriori argomenti (ritorneremo su questo punto più avanti in<br />
Ÿ³.Ÿ<br />
questa nota) è privo di significato chiedersi quale di esse sia l’hamiltoniana “giusta”, perché<br />
esse sono concettualmente sullo stesso piano, nonostante portino a risultati diversi. Qual’è<br />
l’origine di queste ambiguità? Storicamente, vi è stata una notevole confusione proposito.<br />
Inizialmente si riteneva che esse unaÇ®£¥ ›Bž³.Ÿ'9?¤.®«Ÿ£À› fossero dell’uso degli operatori.
24<br />
D’ora in poi considereremo il caso generale di uno spazio delle configurazioni<br />
)¨%¥%2¥$1¢¦@¥( ¦+& . Al fine di semplificare la notazione, ¢,£¥%¨*"* (<br />
*"⥧ –( #¥h,¢¨0¨( .¥0#¥ ( ¥§¦+2¥ ¥ ogniqualvolta ciò non dia luogo a fraintendimenti.<br />
2¥h<br />
2.4 – Ci sembra molto istruttivo confrontare la derivazione dell’eq. (2.31)<br />
presentata nel paragrafo 2.2 con la strategia seguita originariamente da Feynman<br />
(essa è discussa nell’articolo tradotto). Come abbiamo già sottolineato,<br />
egli ¦ ( ¦ parte dalla formulazione operatoriale della teoria quantistica,<br />
bensì procede in modo euristico: estende il principio di sovrapposizione delle<br />
ampiezze e sviluppa un’osservazione – dovuta a Dirac`<br />
– sul ruolo dell’azione<br />
classica in meccanica quantistica. Cercheremo di riassumere (in modo molto<br />
schematico) i punti nodali di tale approccio.<br />
Consideriamo una particella ” descritta dall’azione classica (2.33) e fissiamo<br />
l’attenzione sull’evento<br />
û “”ó,' 2/ S0U ì\ ZìV: S%U ì…ì\ Zì…ìV”. Si noti che<br />
l’¥ "!!¡ (totale) Í%U ì…ì\ Zì|ìÎU ì\ ZìÏ associata a questo evento non è altro che il<br />
; ( @E//¨( " dell’equazione di Schrödinger (nelle variabiliU ì…ì\ Zì…ì ). A questo<br />
Successivamente ci si è però resi conto che ciò non poteva essere vero: infatti la meccanica<br />
classica può venire espressa in un linguaggio³«Ç-«¥ ›.¬$³.¥« ›*¢| molto simile a quello quantistico<br />
(B. O. Koopman, Proc. Nat. Acad. Sci. 17, 315 (1931); J. Von Neumann, Ann. of Math.<br />
33, 587 (1932)), mentre la meccanica quantistica può essere formulata nello$ÇE›À² ³B¡²¢)¢|<br />
analogamente alla meccanica classica (E. P. Wigner, Phys. Rev. 40, 749 (1932); J. E.<br />
Moyal, Proc. Camb. Phil. Soc. 45, 99 (1949); M. Hillery, R. F. O’Connell, M. O. Scully<br />
½«›.<br />
and E. P. Wigner, Phys. Rep. 106, 121 (1984)). L’origine delle suddette ambiguità è dovuto<br />
in all’›.9«Ÿ£À›¨¡. )«³.¦¨³.¥‹gw¦¨³ realtà fra i gruppi delle trasformazioni canoniche classiche<br />
e quantistiche dalla¥ ›«Ç¢Ç¥«9«Ÿ'¬$›À² ³.Ÿ/ (indipendentemente di tali gruppi nell’ambito<br />
?Ç' ž² gž›<br />
della<br />
formulazione della teoria) (L. Van Hove, Acad. Roy. Belg. Bull. Cl. Sci. Mém.<br />
(5) 37, 610 (1951); T. F. Jordan and E. C. G. Sudarshan, Rev. Mod. Phys. 33, 515 (1961)).<br />
Ciò nonostante è stato ripetutamente affermato che l’integrale Feynman²¢ )¦Q)Ÿ› di le ambiguità<br />
di quantizzazione, dato che esso non contiene operatori (citiamo un solo esempio: E.<br />
Kerner and W. Sutcliffe, J. Math. Phys. 11, 391 (1970))! Come vedremo nel paragrafo 2.6,<br />
queste ambiguità sono in®*¤*®-›*¢ ¦Q #w®£¥› presenti nella formulazione di Feynman, anche se<br />
compaiono in forma meno evidente. Il primo calcolo esplicito che laŸ³.Ÿ mostra invarianza<br />
dell’integrale di Feynman sotto trasformazioni canoniche classiche è stato dato da: S. F.<br />
Edwards and Y. V. Gulyaev, Proc. Roy. Soc. A 279, 229 (1964). Per una discussione molto<br />
chiara e generale si veda: J. L. Gervais and A. Jevicki, Nucl. Phys. B110, 93 (1976). Si<br />
pone <strong>qui</strong>ndi il problema scegliere®EŸ› di hamiltoniana quantistica. Nel caso dell’azione<br />
classica (2.33) la richiesta che la corrispondente equazione di Schrödinger sia invariante<br />
sotto trasformazioni di determina®£Ÿ' )¼³ž›.¦C«Ÿ'¬§ gauge l’hamiltoniana quantistica. Anticipiamo<br />
che a livello dell’integrale di Feynman ciò e<strong>qui</strong>vale proprio alla prescrizione<br />
Ç®£Ÿ'¬$³â¦C ¡. ³<br />
del<br />
menzionata nel testo. La situazione è meno semplice nel caso di una particella<br />
(non relativistica) in spazio curvo. Qui è piuttosto naturale richiedere l’invarianza<br />
dell’equazione di Schrödinger sotto trasformazioni generali di coordinate. Tuttavia<br />
criterioŸ³.Ÿ<br />
questo<br />
è sufficiente per fissare univocamente l’hamiltoniana quantistica. Se invece si<br />
considera la quantistica®Ç-«¥« )¦Q¦C«¬¥«&žw› meccanica (E. Witten, Nucl. Phys. B188, 513<br />
(1981)) l’invarianza sotto supersimmetria trasformazioni generali di coordinate<br />
ž³.¦ÌÇ¢|«¬§›.¦¨²Ÿ-¬%<br />
determina<br />
l’hamiltoniana (V. De Alfaro, S. Fubini, G. Furlan and M.<br />
Roncadelli, Nucl. Phys. B296, 402 (1988); V. De Alfaro and G. Gavazzi, Nucl. Phys.<br />
B335, 655 (1990)).<br />
26 Si veda la nota 15.
Nella formulazione usuale della teoria quantistica si associa una¥ "!!¡<br />
K<br />
25<br />
punto, il primo postulato di è` Ó<br />
Feynman<br />
F1) le#¨¢.¦¨%¥§,'Â2¥$²¥$¦©¨ ` ë Tutte secondo le l’eventoû<br />
quali può realizzarsi<br />
sono da<br />
¥§¦¥UÌSZ Vj•–rxS%U ì\ Zì s U ì…ì\ Zì|ìV descritte .<br />
(la funzione d’onda!) alla posizione di una particella ad un1—<br />
2¥; (
6<br />
b<br />
<br />
n<br />
UDSZ Vj•–ž p ]<br />
Ú ‚<br />
Ú ‚<br />
26<br />
Ovviamente nel nostro caso l’azione classica è fornita dall’eq. (2.33).<br />
È ben noto che le ampiezze quantistiche – convenzionalmente associate<br />
alla posizione¥$.¨ ¦©¨ ¦; di una particella – soddisfano il*¥§¦ ¥|¥( 2¥© ( ,£*—<br />
( .¥&!¢¥( ¦ . Avendo associato un’ampiezza ad un¥§¦©¨¢ (<br />
camminoUÌSZ V , è naturale<br />
supporre che il principio di sovrapposizione"(<br />
¦+¨%¥$¦¥¯1,-*" (si veda<br />
<br />
la discussione dell’esperimento di diffrazione da doppia fenditura nell’articolo<br />
tradotto). Ora, tale principio di sovrapposizione generalizzato implica che<br />
(totale)Í%U ì…ì\ Zì…ìÎU ì\ ZìÏ l’ampiezza l’eventoû<br />
per debba la<br />
( 8 essere<br />
ampiezzeÍ%U ì|ì\ Zì…ìÎU ì\ ZìÏ sUÌS²ˆ•Vwv<br />
delle<br />
relative ad ogni singola alternativa disgiunta. Di<br />
conseguenza – in virtù del postulato F1 – il terzo postulato di Feynman è<br />
F3) Il ( £
n<br />
UDSZ Vj•–ž p ] Î<br />
6<br />
¤ Ú ¤ ‚<br />
¤<br />
¤<br />
b<br />
<br />
U6SZ<br />
n<br />
p Î` ] VO•–ž<br />
` ¤<br />
affermazione può apparire strana. Infatti, dall’eq. (2.34) segue†<br />
`<br />
UÌSZ<br />
n<br />
p ] VU•–ž<br />
‚ Ú<br />
I<br />
probabilità che ”<br />
si muova lungo UÌSZ V<br />
K<br />
¤<br />
¤<br />
¤<br />
27<br />
e¡Q¢Q£<br />
Sa |{Ý V<br />
V¢Í0U+ì…ì%\ Zì…ìÎUì0\ ZìÏ sUDS²ˆ•V«v UDSZ<br />
Un’importante conseguenza dell’eq. (2.39) è ¦ ( ¦ che esiste alcuna<br />
<br />
distribu-<br />
definita rxS0U ì\ Zì s U ì…ì\ Zì|ìV su . A prima vista, questa<br />
zione<br />
&'¥ di (
§<br />
?<br />
<br />
§<br />
?<br />
?<br />
<br />
§<br />
§<br />
§<br />
?<br />
28<br />
particella segua “tutti i cammini simultaneamente”! In realtà, la mancanza di<br />
un’interpretazione fisica intuitiva per questi cammini non deve stupire: infatti<br />
è ben noto che in meccanica quantistica ¦ ( ¦ si possono attribuire proprietà<br />
fisiche ben definite ad oggetti¦<br />
( ¦ ( "¡**,-/¨%¥ † .<br />
2.6 – Una precisazione è ora quanto mai opportuna. Da quanto detto,<br />
il lettore potrebbe farsi l’idea che i<br />
¥§¦¥¯2¥h46¢7'¦8¦ – vale a dire quei<br />
cammini che contribuiscono 0G¢¨0¨%¥§,-1*¦©¨ nell’eq. (2.31) – siano ¨%@¨0¨ le<br />
funzioniUDSZ VO•–rxS%U ì\ Zì s U ì…ì\ Zì…ìV.Ciò èM | (<br />
! Si può infatti dimostrare (si veda<br />
l’articolo tradotto) che ( #¨ ¦©¨(<br />
quei particolari cammini che godono della<br />
proprietà §<br />
Z ( molto piccolo) danno contributo¦<br />
( ¦ ¦© §(<br />
un all’integrale di Feynman.<br />
Un modo euristico per rendersi conto di questo fatto è di ritornare all’eq. (2.23),<br />
gùUDSZ V (come spiegato nel paragrafo 2.3). È evidente che nel<br />
limite y si ottiene un risultato L¦¥%¨(<br />
solo nel caso in cui la grandezza<br />
scrivendoU<br />
Ù } V§^uUDSZ V Î`<br />
si mantiene L¦¥%¨ , ma ciò implica proprio l’eq. (2.42).<br />
ÎUÌSZ<br />
È altresì chiaro che il contributo di che¦<br />
( ¦ cammini soddisfano l’eq. (2.42)<br />
scompare nel limite<br />
diverge, il meccanismo per<br />
( seÎUDSZ Ù } V/^FUDSZ V Î`<br />
<br />
cui ciò avviene è molto simile a quello considerato nel paragrafo successivo).<br />
y<br />
Ora, l’eq. (2.42) implica che la UÌSZ V funzione – seppur continua ¦ ( ¦ – sia<br />
differenziabile per alcun diZ valore . Concludiamo che i cammini di<br />
sonoM<br />
¨0¨ •¥<br />
Feynman<br />
con dimensione di Hausdorff uguale 2 † Ó<br />
i<br />
†ë a . Qualitativamente,<br />
essi sono identici alle traiettorie a zig-zag tipiche del moto browniano<br />
(ritorneremo su questo punto in seguito). Osservando tali traiettorie, si nota<br />
immediatamente il loro carattere fluttuante: esse appaiono come se il punto<br />
rappresentativo fluttuasse casualmente intorno ad una traiettoria liscia. È facile<br />
rendersi conto che questo ¡ fatto proprio dall’eq. (2.42). Consideriamo<br />
infatti curva•¥$ ¥%6UÌSZ V una , vale a dire funzione2¥G*"*¦!*¥0 – ¥§ una del tempo.<br />
Avremo allora (per<br />
Z molto piccolo)<br />
UÌSZ V:¨óS<br />
Sa …„ a V<br />
Z V }p `<br />
mentre per i cammini di Feynman dall’eq. (2.42) segue<br />
36 Vogliamo mettere in chiaro che¬®£¬¬§› la discussione fatta nel presente Quaderno si riferisce<br />
(salvo«$Ç¢ &ž9 #¬§³ avviso) a sistemi quantisticiŸ³.Ÿ osservati.<br />
37 Il concetto di½¥ ›.¬¬$›*¢| è entrato ormai nella cultura scientifica di ogni fisico. Un’esposizione<br />
divulgativa è contenuta in: B. Mandelbrot, Be¢ e£+¤¤¡«¬¬? +©¥ ›.¬¬$›*¢ (Einaudi, Torino, 1987).<br />
38 Si noti che questo fattoŸ³.Ÿ è in contraddizione col postulato F1. Semplicemente, l’ampiezza<br />
che « si muova lungo molti dei cammini›5Ç¥w ³.¥« possibili è di fattoŸ'®E¢)¢…› .<br />
UDSZ Vx]ª©1S<br />
Z V<br />
Sa …„/{ V
§<br />
§<br />
?<br />
§<br />
§<br />
§<br />
§<br />
<br />
29<br />
Ma essendo<br />
UÌSZ Vx]¬©®"S<br />
Z una quantità molto piccola (<br />
f ), è evidente che<br />
Z V }p`„¯<br />
Sa …„„ V<br />
Z:°<br />
per cui funzioneUDSZ V una che soddisfi la condizione (2.42) ( )¨( ¥ Ò<br />
*¥02/1¢¦©¨<br />
varia<br />
(rispetto aZ)di funzioneUÌSZ V una che sia differenziabile. Ciò<br />
il<br />
¨0¨*"´³Q@¨0¨%¦©¨ spiega dei cammini di Feynman.<br />
L’esistenza di ³Q@¨0¨%E!*¥( ¦©¥ tali è concettualmente molto importante, perché<br />
esse rappresentano 0G¢¨0¨%¥B=¢¦+¨%¥?*¨%¥ ¥ gli nell’evoluzione temporale descritta<br />
dall’integrale di Feynman.<br />
Come è spiegato nell’articolo tradotto,<br />
l’eq. (2.42) è "=¢¥§,-*¦+¨ al*¥§¦ ¥|¥( 2¥¨¥§¦+2 ¢¨**¥§¦+E!¢¥( ¦ ! Di fatto, che<br />
quest’ultimo e la proprietà (2.42) siano aspetti diversi della*¨."¢ realtà appare<br />
chiaro in un contesto diverso† ú . Se si misura la traiettoria di una particella,<br />
si vede che le limitazioni dettate dal principio di indeterminazione implicano<br />
proprio la validità dell’eq. (2.42)<br />
‡ i<br />
} !<br />
Un’ulteriore conseguenza dell’eq. (2.42) è l’esistenza delle – ¥)¥§¨ Ò <br />
¦ nell’integrale di Feynman. Supponiamo infatti di inserire<br />
l’azione classica (2.33) nell’eq.(2.31), ed immaginiamo di considerare la cor-<br />
2¥¨=¢¦©¨%¥!"!£E!¢¥(<br />
rispondente espressione discretizzata (assumiamo per semplicità che i potenziali<br />
siano stazionari). Quest’ultima differisce dall’eq. (2.23) per un termine<br />
sotto il segno di sommatoria nell’esponente –<br />
l’asterisco indica che non è chiaro in quale particolare punto dell’intervallo<br />
del tipo S%U Ù } ^dU V$ƒS%U î<br />
V<br />
Z V }p` ¯¦²<br />
©±S<br />
©1S<br />
Z V<br />
Sa …„
?<br />
t½yUÌS²ˆ•VMz nðñð<br />
?<br />
?<br />
30<br />
Ù } ^>U vada calcolatoU<br />
î<br />
. Abbiamo visto che nel caso dell’azione classica<br />
(2.28) tale sommatoria è una tipica somma di Cauchy-Riemann che definisce<br />
U<br />
sUDS²ˆ•Vwv come¥§¦©¨ 9&F2¥oIJ¥0¢8¦¦<br />
t<br />
Chiaramente,¡ . questa circostanza continuasse<br />
ad essere vera, il ¦ ( ¦ risultato dovrebbe dipendere dalla particolare<br />
diU<br />
î<br />
scelta : questa è infatti una proprietà fondamentale dell’integrale di Riemann.<br />
Notiamo in particolare che le due somme corrispondenti alle due situazioni<br />
differiscono per ©8S"S%U Ù } ^8U V ` V termini estremeU<br />
î<br />
] U Ù }<br />
.<br />
– esse differirebbero per termini ©1S<br />
per i cammini di Feynman vale la proprietà (2.42), <strong>qui</strong>ndi le due somme suddette<br />
differiscono in realtà per ©8S V termini ,<br />
"( ¦©¨%*¥– ¥$ ( ¦ (<br />
che al risultato.<br />
Siamo così giunti ad un’importante conclusione. Da un punto di vista matematico,<br />
vediamo che nel caso dell’azione classica (2.33) l’integrale d’azione che<br />
figura (2.31)¦<br />
( ¦ nell’eq. è più un integrale di Riemann, perché le somme che<br />
definiscono2¥…©*¦+2 ( ¦ (<br />
lo dalla particolare diU<br />
î<br />
scelta (si tratta di un oggetto<br />
molto agli¥$¦+¨ •¥6.¨(E '*¨%¥ ¥ simile che incontreremo nel paragrafo 3.9). Sul<br />
piano fisico, (2.31)¦<br />
( ¦ l’eq. fornisce più il propagatore quantistico in<br />
¦¥§, (E"(<br />
modo<br />
, dato che è necessario specificare in che modo sceltoU<br />
î<br />
vada<br />
nella <br />
discretizzazione che la definisce – ecco come le ambiguità di quantizzazione<br />
nascono nell’approccio di<br />
`<br />
Feynman !<br />
2.7 – È ben noto che la meccanica quantistica contiene la meccanica<br />
classica come caso limite. Ciò significa che quando - risulta<br />
( )¨( ¥§¦ ( " X<br />
di qualunque altra grandezza in gioco (avente le dimensioni di un’azione), gli<br />
effetti quantistici scompaiono ed il comportamento classico emerge.<br />
Un vantaggio della formulazione di Feynman è di permettere una<br />
prensione¥§¦©¨%¥§¨%¥§,-<br />
com-<br />
del limite classico.<br />
Fissiamo l’attenzione sull’eq. (2.31) e supponiamo che in una situazione<br />
specifica abbia<br />
]zU eU î<br />
Ora,¢<br />
<br />
i cammini di Feynman funzioni2¥G*"¢¦ !*¥0 – ¥$#¥ fossero del tempo – cioè<br />
tali cuiU Ù } ^U ¨<br />
` V per , che sarebbero¥§.*¥§&¢,-¦©¨%¥<br />
in quanto infinitesimi di ordine superiore. Sappiamo però che<br />
per cui laM<br />
'¡ che compare nell’integrale di Feynman è un numero ( )¨( nð<br />
. Consideriamo ora due
¤<br />
¤<br />
¤<br />
¤<br />
¤<br />
¤<br />
f<br />
X<br />
K<br />
¤<br />
¤<br />
¤<br />
¤<br />
¤<br />
¤<br />
¤<br />
X V<br />
t<br />
S%U+ì…ì \ Zì…ì s U+ì0\ Zì$V<br />
|<br />
<br />
X<br />
X<br />
t<br />
S%U ì…ì\ Zì…ì s U ì\ ZìV<br />
¤<br />
¤<br />
¤<br />
¤¤<br />
ˆ<br />
in unità<br />
)".¥ P . Quantisticamente la situazione è radicalmente 2¥§,'*.¢ ,<br />
perché in virtù dell’eq. (2.46) abbiamo¥$¦
Â<br />
Â<br />
32<br />
ove S0U ì…ì\ Zì…ì s U ì\ ZìV è l’azione classica (2.33) (calcolata lungo U } SZ V ) come<br />
funzione delle coordinate t i<br />
ë .<br />
Talvolta si dice che ( )¨ ¦©¨(<br />
la traiettoria dinamica classicaU<br />
Ó SZ V contribuisce<br />
all’integrale di Feynman nell’approssimazione semiclassica. Ciò è<br />
M<br />
}<br />
(<br />
. Come abbiamo già visto, sono i cammini di Feynman ,£¥ ¥§¦¥ aU } SZ V<br />
•<br />
che in realtà contribuiscono. Ma sappiamo che tali cammini godono della<br />
proprietà (2.42), <strong>qui</strong>ndi nell’eq. (2.49) sono presenti effetti quantistici. Di<br />
fatto, l’approssimazione semiclassica contiene i “;.¥§¥ ” effetti quantistici,<br />
cioè quelli ©8S -<br />
V "ú .<br />
X<br />
2.8 – Si incontra spesso l’affermazione che vi è uno stretto legame fra<br />
l’integrale di Feynman e la meccanica classica. Ciò è senz’altro vero, in quanto<br />
l’unica grandezza compare.#¥ ¥§¨ 1*¦©¨ che è l’E!¢¥( ¦ )".¥ proprio , anche<br />
se calcolata non già lungo traiettorie classiche, bensì lungo i cammini di<br />
Feynman. Questi ¦ ( ¦ ultimi hanno invece ¥&¦¥ /¨( &'".¥(<br />
alcun , proprio<br />
perché rispecchiano gli effetti quantistici (è inoltre impossibile<br />
<br />
associare<br />
a tali cammini in modo consistente con la teoria quantistica).<br />
D’altra parte, abbiamo visto che nell’approssimazione semiclassica i cammini<br />
di Feynman si addensano intorno alla traiettoria dinamica classica che unisce<br />
( – – ¥§•¥%¨ Ò<br />
delle;<br />
ì\ ZìV con S%U ì…ì\ Zì…ìV . Non solo, ma è anche stato notato che tali cammini<br />
appaiono come se il punto rappresentativo fluttuasse casualmente intorno ad<br />
S0U<br />
traiettoria#¥?<br />
¥0 una (cioè differenziabile). Alcune domande sorgono spontanee.<br />
Queste traiettorie lisce posseggono un significato in meccanica classica?<br />
Più in generale, esiste =¢ P "( ¦¦.¥( ¦ una fra cammini di Feynman e<br />
traiettorie dinamiche classiche?<br />
Sarebbe peraltro molto bello se un simile<br />
legame esistesse realmente, in quanto ciò evidenzierebbe una radice classica<br />
della teoria quantistica più pronunciata di quanto usualmente si pensi. Evidentemente<br />
una comprensione dell’eventuale meccanismo che genera i cammini<br />
di Feynman partendo da una traiettoria dinamica classica farebbe luce sulla<br />
natura stessa della quantizzazione.<br />
Vedremo nel capitolo 5 che una relazione2¥§"¢¨0¨ fra cammini di Feynman<br />
e traiettorie dinamiche classiche ¦ ( ¦ esiste. Ma ciò è unicamente dovuto al<br />
fatto che l’eq. (2.31) rappresenta un contesto¨%<br />
( < ( .¥$.¨%"¡¨0¨(<br />
per la questione<br />
47 Questo concetto è discusso ad es. in: L. D. Landau e E. M. Lifshits,œFžž›.Ÿ' ž› (MIR,<br />
Mosca, 1976).<br />
48 In tutto il presente Quaderno ignoriamo (per semplicità) i problemi dovuti all’esistenza<br />
diÇ®£Ÿ'¬ ©½«³ž›*¢ ež›.®£w¬ žw¿' nello spazio delle configurazioni (il lettore interessato può<br />
consultare il testo di Schulman).<br />
49 Purtroppo è facile imbattersi nell’affermazione opposta, che l’approssimazione semiclassica<br />
›.¦¨²Ÿ-¬% classica. A sostegno di ciò viene addotto il fatto che il propagatore semiclassico<br />
(2.49) è espressož³.¦ÌÇ¢|«¬$›.¦C«Ÿ'¬§ in termini di grandezze classiche. Alla base<br />
èÇ®E¥<br />
di questa confusione sta le circostanza che le correzioni Á quantistiche ( - ) alla<br />
classicaŸ³.Ÿ<br />
dinamica<br />
dipendono da - , per cui esse sono descritte soltanto da grandezze classiche,<br />
nonostante si tratti di un ý²®-›.Ÿ'¬ )¬?&žw³ effetto ! Si può trovare una chiara discussione di<br />
questo punto in: L. O’Raifeartaigh and A. Wipf, Found. Phys. 18, 307 (1987).
S%U6\ Z V6c f a-b<br />
t<br />
I<br />
t<br />
S%Ue\ Z Vx^Ä l S%Ue\ Z V<br />
Y U<br />
Y<br />
l<br />
K<br />
`<br />
K<br />
che vogliamo affrontare. È infatti necessario #¥%" la nostra prospettiva,<br />
rendendoci conto che esistono¥$¦h¦¥§¨%¥ insiemi di cammini di Feynman *¦—<br />
, peraltro tutti =¢¥§,-&¢¦©¨%¥ dal punto di vista quantistico. Ciò risulta<br />
evidente da una riformulazione dell’integrale di Feynman che ora descriviamo<br />
•¥!"!£¨%¥<br />
(questo risultato è riportato <strong>qui</strong> per la volta˜<br />
‡<br />
prima ).<br />
Consideriamo la formulazione di Hamilton-Jacobi della meccanica classica,<br />
nel caso della ” particella descritta dall’azione (2.33). Come è ben noto,<br />
l’equazione di Hamilton-Jacobi corrispondente ha la forma<br />
33<br />
cŽBS%U6\ Z Vh]zy<br />
Sa •” y
Ú<br />
u<br />
Y<br />
E<br />
34<br />
Zì…ìÎUì0\ Í%U+ì…ì%\ ZìÏ<br />
- X<br />
ò*È ¾ ï~ ðñð inðñðò k ¾ ï~ ð<br />
ÚË‚ inðòÊÉ i/ï)l$p ]<br />
t<br />
S%Ue\ Z Vx^l l S%Ue\ Z V<br />
¥ ¤ ¤<br />
`ÏÎ<br />
UDSZ V9ÐS%U ì…ì ^ÜUDSZì…ìVV9ÐS%U ì ^ UDSZìVV<br />
Ì expͯSW<br />
-<br />
X V¢Sb<br />
<br />
a V nðñð<br />
r Z CU l SZ VD^ f<br />
Y U l<br />
¤~ í ~ ï#n0ò<br />
Sa •” a V<br />
nð<br />
essendo S%Ue\ Z V un’ – ¥§¨%*¥0 soluzione dell’equazione di Hamilton-Jacobi<br />
(2.50) t . Ovviamente il secondo membro dell’eq. (2.52) è (globalmente)<br />
¥§¦+2¥…©*¦+2 *¦©¨ dalla scelta di t S0Ue\ Z V . Ora, dato che esistono¥§¦L¦©¥§¨ soluzioni<br />
˜˜<br />
dell’eq. (2.50), vi ¥§¦L¦©¥§¨ sono espressioni esplicite del propagatore date<br />
dall’eq. (2.52) – in ognuna di esse ( (<br />
contribuiscono cammini che soddisfano<br />
l’eq. (2.42), ma l’insieme di cammini2¥…©*¦+2 tali da S%Ue\ Z V , per cui<br />
ve ne sono t . Siamo così giunti alla conclusione che esistono ¥$¦„L¦¥%¨%¥<br />
insiemi di cammini di Feynman
Quanto appena osservato può venire schematizzato dicendo che le ½—<br />
Ø<br />
Ž û tÙt Ô Ø ÷ t<br />
©<br />
û<br />
Ú<br />
á<br />
<br />
ÞÕß û<br />
<br />
Ô t Ô Ø ÷ t \<br />
ÞÕß û<br />
<br />
©<br />
, a seconda dell’importanza che si vuole attribuire al concetto di<br />
¥ "!!¡ probabilità. È infatti ben noto che in meccanica quantistica le<br />
modi2¥$.¨%¥§¦©¨%¥<br />
nascono¢*;" probabilità come modulo quadrato di certa¥ "!"!£ una .<br />
Se si di¥&¦ ( 9" decide il gioco delle ampiezze e si fissa l’attenzione sulle<br />
di (
Inoltre il propagatore soddisfa la cosiddetta<br />
( ;*¥0¡¨ Ò<br />
ÖÌ× S0Ue\ Z VLg Î[ S0Ue\ Z V Î` \<br />
36<br />
Passiamo ora ad illustrare in dettaglio queste affermazioni.<br />
3.2 – È ben noto che in meccanica quantistica l’evoluzione temporale è<br />
descritta"(<br />
¢¨ 1*¦©¨ da2© grandezze :<br />
i)<br />
M ¦!*¥( ¦Â2äã( ¦+2/1¥§¦¥&!¢¥%& [ S%U6\ Z‡ V ;<br />
ii) ;¥0!"!£T2¥h¨%¦@.¥&!¢¥( ¦ Ô; ( @E//¨( "«ÕCÍ%U6\ Z¢ÎU ‡ \ Z ‡ Ï .<br />
Sappiamo infatti che la funzione d’onda ad un qualunque tempoZ è data<br />
dalla relazione<br />
[ S%U6\ Z V5]<br />
€ ÚÙ € k<br />
r U ‡ Í%U6\ Z¢ÎU ‡ \ Z ‡ Ï[ S0U ‡ \ Z ‡ V<br />
S{ |{ V<br />
12¥x¢¢¥).E< (<br />
€ ÚÙ € k<br />
Z¢ÎUì0\ ZìÏ ] r U ‡ Í%Ue\ Z¡ÎU ‡ \ Z ‡EÏ Í%U ‡ \ Z ‡ ÎUì0\ ZìÏ S{ …„ V<br />
Í%U6\<br />
che si ottiene immediatamente facendo uso della relazione di completezza<br />
€ ÚÙ € k<br />
U ‡ ÎU ‡ \ Z ‡EÏ Í0U ‡ \ Z ‡ Î ]óf S{ •” V<br />
r<br />
Abbiamo già ricordato che in meccanica quantistica le probabilità appaiono<br />
sempre come il modulo quadrato di una ampiezza, la2
Öx× S%Ue\ Z V }p `<br />
k<br />
Öx× S%Ue\ Z¡ÎU+ì0\ Zì$V }p`<br />
k<br />
Ú<br />
r U ‡ ÖÌ× S0Ue\ Z¡ÎU ‡ \ Z ‡ V }p` Öx× S%U ‡ \ Z‡ V }p ` \<br />
al tempoZ ‡ , le eq. (3.8) e (3.9) verrebbero sostituite dalle seguenti ˜<br />
37<br />
€ ÚÙ € k<br />
S{ |Û V<br />
U ‡ Öx× S%Ue\ Z¡ÎU ‡ \ Z‡ V }p` ÖÌ× S0U ‡ \ Z ‡ ÎU+ì \ Zì$V }p` S{ |Ý V<br />
r<br />
È molto importante tenere presente che le eq. (3.3), (3.4) – e <strong>qui</strong>ndi anche<br />
le (3.8) e (3.9) – ( (<br />
valgono sotto un’implicita ¦ ( ¦j,E¥0¢¦<br />
0G¢¨0¨%/¨ ¦+ ¥?.9-!*¥( ¦<br />
assunzione:<br />
. Se invece una misurazione venisse eseguita<br />
Ù €<br />
k €<br />
Öx× S%U6\ Z Vh]<br />
€ ÚÙ € k<br />
r U ‡ Öx× S%Ue\ Z¡ÎU ‡ \ Z‡ VÖx× S%U ‡ \ Z ‡ V.\<br />
S{ f£y
€ ë<br />
Ù<br />
€ k<br />
ë<br />
n<br />
U ‹ ‰<br />
å SZ‹ V ‰ U ‹ c r U ‹ s ˆ¢ˆ¢ˆ s U } ‰<br />
å SZ } V ‰ U } c r U } p g<br />
U ‹ ‰<br />
å SZ‹ V ‰ U ‹ c r U ‹<br />
n<br />
ˆ¢ˆ¢ˆ s U # Ù } ‰<br />
å SZ # Ù } V ‰ U # Ù } c r U # Ù } Î<br />
s<br />
SZ # VL] U # s ˆ¢ˆ¢ˆ s å SZ } VL] U } p g<br />
å<br />
‹ S%U ‹ \ Z‹ s ˆ¢ˆ¢ˆ s U } \ Z } VL] Ö S%U ‹ \ Z‹ s ˆ¢ˆ¢ˆ s U # Ù } \ Z # Ù } ÎU # \ Z # s ˆ¢ˆ¢ˆ s U } \ Z } V.ˆ<br />
Ö<br />
Ö<br />
S%U # \ Z # s ˆ¢ˆ¢ˆ s U } \ Z } V S{ f „ V<br />
#<br />
38<br />
˜¡.¢Q£<br />
‹ S%U ‹ \ Z‹ s ˆ¢ˆ¢ˆ s U } \ Z } V r U ‹ ˆ¢ˆ¢ˆ r U }<br />
S{ f a V<br />
Ö<br />
In linea di principio è necessario conoscere tutte<br />
Ö ‹ S%U ‹ \ Z‹ s ˆ¢ˆ¢ˆ s U } \ Z } V<br />
(perø<br />
le<br />
arbitrario) al fine di avere una caratterizzazione completa del processo.<br />
È inoltre chiaro che<br />
Ö ‹ S%U ‹ \ Z‹ s ˆ¢ˆ¢ˆ s U } \ Z } V le devono soddisfare le seguenti<br />
("¥( ¥§2¥äè ( # ( ( ( , )ë condizioni :<br />
i)<br />
Ö ‹ S%U ‹ \ Z‹ s ˆ¢ˆ¢ˆ s U } \ Z } VOé y@\Mê ø ;<br />
ii)<br />
r U ‹ Ö ‹ S%U ‹ \ Z‹ s ˆ¢ˆ¢ˆ s U } \ Z } VL] Ö ‹ k } S%U ‹ k } \ Z‹ k } s ˆ¢ˆ¢ˆ s U } \ Z } V ;<br />
iii)<br />
r U Ö S%U6\ Z Vx] f .<br />
Ù €<br />
€<br />
Un concetto molto importante è quello di 2 *¦@.¥§¨ Ò u2¥L (
Ú<br />
39<br />
Una classe particolarmente importante di processi stocastici è dei; ( —<br />
.¥¯2¥ N<br />
quella<br />
( , , caratterizzati dal fatto che la generica probabilità condizionataÖ<br />
S0U ‹ \ Z‹<br />
÷ö ˆ¢ˆ¢ˆ s U # Ù } \ Z # Ù } ÎU # \ Z # s ˆ¢ˆ¢ˆ s U } \ Z } V 襧¦+2¥…©*¦+2 *¦©¨ dalle variabiliU<br />
s<br />
\ Z } s ˆ¢ˆ¢ˆ s U #<br />
k } \ Z #<br />
k }<br />
, mentre 2¥…©*¦+2 daU # \ Z # Ó } . Possiamo dire<br />
in modo più intuitivo che secondo la proprietà di Markov “ il futuro dipende dal<br />
}<br />
( (<br />
attraverso il presente”, cioè il presente determina"(<br />
¢¨ 1¢¦©¨<br />
il futuro,¥$¦+2¥…©*¦+2 *¦©¨¢1*¦©¨ da quanto è avvenuto nel passato. È facile rendersi<br />
conto che per un processo markoviano l’infinita gerarchia delle densità<br />
passato<br />
di congiunteÖ<br />
‹ S%U ‹ \ Z‹ s ˆ¢ˆ¢ˆ s U } \ Z } V è( ¢¨ 1*¦©¨ probabilità<br />
da2<br />
determinata<br />
sole grandezze:<br />
2
Ö S%U6\ Z V<br />
Ú<br />
<br />
[ S%Ue\ Z V.\ S{ f Û V<br />
40<br />
queste a quelle mediante la sostituzione (3.1), che assume pertanto la forma<br />
più specifica<br />
S%Ue\ \ Zì$V <br />
Ú<br />
Í%Ue\ Z¡ÎU+ì\ ZìÏ S{ f Ý V<br />
Ö Z¡ÎU+ì<br />
Ma c’è di ¦ ( ¦ ¥0G¢¨0¨% più! Se alcuna misurazione, le probabilità quantistiche<br />
soddisfano le eq. che2¥G**¥$ "( ¦ (<br />
(3.8), (3.9) dalle formule classiche<br />
(3.15), (3.17): il manifestarsi di ¦ ( ¦ &'¥"(<br />
tale comportamento sta alla<br />
base “'¡¨0¨(( ¦+2)/¨( *¥( 2 *§)Ü8¨**¥0 del famoso ”. ¥ƒ%G¡¨f—<br />
Se invece<br />
una misurazione al tempoZ ‡ , le probabilità quantistiche ubbidiscono alle<br />
eq. (3.10), (3.11), che manifestamente<br />
( ¥§¦ ¥02 ( ¦ (<br />
con le corrispondenti formule<br />
classiche (3.15), (3.17): in questo secondo caso la materia si comporta<br />
¨%<br />
come ci si attenderebbe in fisica classica, vale a “¥§¦ ( 2 (8"( w;< "( ) dire ”.<br />
L’analisi dell’esperimento di diffrazione da doppia fenditura data da Feynman<br />
nell’articolo tradotto illustra questi concetti in modo chiaroÓ † estremamente .<br />
Notiamo a questo punto che l’analogia schematizzata dalle eq. (3.1),<br />
è9GJ/¨0¨(
§<br />
Y<br />
§<br />
Y<br />
§<br />
§<br />
§<br />
§<br />
§<br />
§<br />
¥( ¦<br />
à<br />
che descrive l’effetto delle ³Q@¨0¨%@-!*¥( ¦¥ , mentre la “2*¥M ¨ ”<br />
RTS%U6\ Z V descrive gli effetti2 ¢¨**¥§¦¥$.¨%¥ ¥ di campi di forza eventualmente pre-<br />
2¥â2¥G¨<br />
senti. Supponiamo inoltre che le particelle che realizzano il processo possano<br />
e" ( – ¥%¨ dall’ambiente: ciò è specificato dalla “öE¥§$#¥$¦ 3¨ ”<br />
S%Ue\ Z V , che esprime la; ( – – ¥§•¥%¨ Ò 2¥h" ( – ¥§1*¦©¨( ¢ƒ¦¥%¨ Ò 2¥h¨¢ ( Ó .<br />
venir*1.¢<br />
È fondamentale notare che gli effetti rappresentati da ,RTSU6\ Z V e SU6\ Z V<br />
à ( ¦ interferiscono fra loro, per cui ne possiamo tenere conto in modo/2
§<br />
Y<br />
r<br />
§<br />
§<br />
§<br />
42<br />
Questo risultato è in perfetto accordo con l’intuizione fisica: dato che il numero<br />
di particelle è costante, le probabilità si conservano, per cui la densità di<br />
probabilità deve soddisfare un’equazione di continuità. Ora, all’eq. (3.21) è<br />
associata l’equazione<br />
Poiché di fatto l’eq. (3.22) segue dall’eq. (3.21) ponendo<br />
r Z Å l SZ Vx]jR l S<br />
Å<br />
SZ V.\ Z V<br />
S{ aa V<br />
S%Ue\ Z VL]zÐS%UT^<br />
Å<br />
SZ VV S{ a { V<br />
Ö<br />
è evidente che entrambe la.¨.* descrivono evoluzione temporale dovuta agli<br />
effetti deterministiciÓ ú (i soli ora presenti!). Arriviamo così alla conclusione<br />
che le soluzioni SZ V dell’eq. (3.22) descrivono le¨%¥ ¢¨0¨( *¥0}x.¥ P del PSMC<br />
considerato¦¢$$ã./;<br />
( ".¥$8-!*¥( ¦<br />
à<br />
] y ,R1S0Ue\ Z V<br />
¡<br />
]zy e S%Ue\ Z VL] y .<br />
Å<br />
( ¦ avessimo supposto la costanza del numero delle particelle, al posto<br />
dell’eq. (3.21) avremmo ottenuto dall’eq. (3.20)<br />
Se¦<br />
S{ a „ V<br />
Vediamo <strong>qui</strong>ndi che il termine aggiuntivo nell’eq. (3.24) tiene conto proprio<br />
del fatto che le probabilità in realtà non si conservano, a causa dei processi di<br />
emissione e di assorbimento (si noti che ciò è in accordo con l’interpretazione<br />
di<br />
Z V come probabilità di assorbimento per unità di tempo). Naturalmente<br />
le¨%¥ ¢¨0¨( *¥0:x.¥ P restano le.¨*"¡ di prima – cambia<br />
( (<br />
la distribuzione<br />
S0Ue\<br />
di probabilità: si può infatti dimostrare che ora l’eq. (3.22) segue dall’eq. (3.24)<br />
ponendo<br />
Ö S%U6\ Z Vh]_^ Y<br />
Y©Z<br />
Y U l sR l S0Ue\ Z VÖ S%U6\ Z V«v©^<br />
S%U6\ Z VÖ S%Ue\ Z V<br />
S%Ue\ Vx]<br />
Å<br />
SZ VV<br />
W X<br />
exp V ^ n Ú Ö ÐS%UT^ Z<br />
nfû<br />
r Zì<br />
Å<br />
SZì&V*\ Zì$V Z \<br />
]<br />
S{ a ” V S<br />
Abbiamo così chiarito il significato del secondo e terzo termine nel secondo<br />
membro dell’eq. (3.20).<br />
79 Non c’è da stupirsi che un’evoluzione temporale deterministica sia descritta da una distribuzione<br />
di probabilità: ciò significa semplicemente che lo stato iniziale Ÿ³.Ÿ è noto<br />
esattamente.
Y<br />
Y<br />
Y<br />
§<br />
ý<br />
„<br />
& à<br />
SZ ^ Z<br />
f<br />
V<br />
exp ͯ^ f<br />
„<br />
à<br />
S%UT^ÜU ‡ V `<br />
SZ ^ Z‡ V ‡<br />
§<br />
Î<br />
9<br />
Qual’è il significato del primo termine? Consideriamo adesso il caso limite<br />
opposto, in cui le fluttuazioni abbiano un ruolo predominante – supporremo<br />
pertanto à ¡<br />
]zy ,R1S%Ue\ Z VL] y e<br />
S%U6\ Z Vh]zy . Quindi l’eq. (3.20) diventa<br />
43<br />
Y U ` Ö S%Ue\ Z V S{ a Ñ V<br />
Y©Z<br />
Questa è la ben nota “equazione del calore”, che descrive (E . ( 2¥<br />
ü<br />
¥0¢¦*<br />
un<br />
, cioè un PSMC definito dalla seguente probabilità di transizione<br />
Ö S%U6\ Z Vx]<br />
à<br />
Y `<br />
Ö S%U6\ Z¢ÎU ‡ \ Z‡ VL]<br />
a Ø V S{<br />
È dunque evidente che le fluttuazioni associate al processo stocastico descritto<br />
dall’eq. (3.20) sono caratterizzate da una / ¥0¦+ distribuzione di<br />
bilitàë<br />
‡ i<br />
ë¢}<br />
proba-<br />
.<br />
C’è un punto che va ulteriormente chiarito.<br />
P nel caso à ¡<br />
] y , RTS%U6\ Z V<br />
¡<br />
] y e<br />
¦<br />
È naturale aspettarsi che<br />
debba soddisfare un’equazione di continuità, dato che il numero di particelle<br />
è costante. Ma ora l’eq. (3.20) si riduce a<br />
S%Ue\ Z Vƒ]’y la densità di probabilità<br />
Y `<br />
Y U ` Ö S%U6\ Z VD^ Y<br />
Y U l sR l S%U6\ Z V Ö S%U6\ Z Vwv S{ a Û V<br />
Y©Z<br />
che non sembra avere la forma di un’equazione di continuità. È senz’altro vero<br />
che l’eq. (3.28) differisce dall’eq. (3.21), però va tenuto presente che adesso la<br />
situazione è più complessa, perché si sta tenendo conto anche dell’effetto delle<br />
fluttuazioni. Procedendo formalmente, notiamo che l’eq. (3.28) può venire<br />
riscritta come<br />
Ö S%Ue\ Z VL]<br />
à<br />
Ö S%U6\ Z Vh]_^ Y<br />
Y©Z<br />
per cui, ponendo<br />
Y U l<br />
à Y<br />
Y U l<br />
7²^<br />
Ö S%U6\ Z VocŠR l S0Ue\ Z VÖ S%U6\ Z V<br />
S{ a Ý V<br />
80 È importante apprezzare il fatto che la distribuzione di probabilità relativa a tali fluttuazioni<br />
È per questo motivo che<br />
)Ÿ¡. Ç-²Ÿ¡²Ÿ-¬% è dallo stato dinamico del sistema considerato.<br />
parleremo “þ;®£¬¬®'›À² ³.Ÿ' ;¡. ½«³.Ÿ¡¢³ di ”. Questo aspetto verrà sviluppato nel capitolo 5.<br />
81 È ben noto che distribuzioni¤¢›.®£w ›.Ÿ/ le di probabilità hanno un ruolo preminente in<br />
fisica. Ciò è dovuto al¬§³.¥ ²¦¯›:žw²Ÿ-¬?¥0›*¢|J¡²¢+¢ #¦Q)¬§ essenzialmente (si veda ad es.: A.<br />
1973)).<br />
&¢)¬£Ê<br />
›.· Á ›.¥« ›’² &¢/»Ì¢|›.¬$³.¥«?h6Æ¥0³"žw«w@±'¬$³žw›.¬ ž² (Boringhieri, Torino,<br />
Papoulis,Æ¥0³’w›’²
à Ô¡<br />
©<br />
ß<br />
Ž û<br />
Ý<br />
Y<br />
Ô<br />
ÿ<br />
ß<br />
S%U6\ Z VLgó^<br />
à<br />
l<br />
S%Ue\ Z VLg<br />
ß<br />
l<br />
Ø<br />
¢<br />
Y U<br />
Y<br />
l<br />
Y U l s<br />
ÿ<br />
ß<br />
Ž û<br />
Ý<br />
t:Ø<br />
©<br />
÷ŸÓ¦¥<br />
Ô<br />
44<br />
S{ |{ y
Y U l<br />
^Ä l S%U6\ Z V<br />
Ponendo per convenienza formale ?<br />
‚<br />
Y<br />
?<br />
§<br />
à<br />
g<br />
K<br />
Ú<br />
f<br />
U l<br />
^l l S0Ue\ Z V ˆ<br />
[<br />
Y<br />
Z VÞcŽƒS%Ue\ Z V[ S0Ue\ Z V S%Ue\<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
X<br />
‚<br />
?<br />
E<br />
^<br />
‚<br />
K<br />
K<br />
Vi è tuttavia qualcosa che ƒ2¥:£Ò va delle semplice corrispondenza<br />
schematizzata dall’eq. (3.33). Infatti – come il lettore avrà certamente notato<br />
– laM¢( *8—* ;•¥ ¥%¨ anche dell’eq. (3.20) è molto simile a quella tipica<br />
dell’equazione di Schrödinger. Vogliamo studiare in dettaglio questo aspetto.<br />
Consideriamo ancora la ” particella descritta classicamente dall’azione<br />
(2.33). Come è ben noto, l’equazione di Schrödinger corrispondente è<br />
45<br />
W -<br />
a-b I ^ W -<br />
X3Y<br />
YZ<br />
[ S%Ue\ Z Vh] f<br />
X Y<br />
S{ |{„ V<br />
^ W - X Y<br />
I<br />
a-b \<br />
S{ |{/” V<br />
W -<br />
W<br />
-<br />
X I<br />
<br />
l S%U6\ Z V5g_^ f<br />
b l S%Ue\ Z V.\<br />
S{ |{Ñ V<br />
a-b l S0Ue\ Z V$ l S%U6\ Z Vec BS%U6\ Z V<br />
S%U6\ Z VLg f<br />
\ S{ |{/Ø V<br />
a-b Y<br />
Y U l l S%U6\ Z VÞc<br />
l’eq. (3.34) può essere riscritta come<br />
YZ<br />
S%Ue\ Z VL] Y `<br />
Y U ` [ S%U6\ Z V^ Y<br />
Y U<br />
[<br />
l<br />
Nella forma (3.38) l’equazione di Schrödinger è.¨%*@¨0¨% •1¢¦©¨<br />
considerata<br />
all’equazione di Fokker-Planck (3.20). Vediamo <strong>qui</strong>ndi che – in virtù<br />
della corrispondenza (3.18) – l’una si trasforma nell’altra, a patto di assumere<br />
¥02
un¥§¦©¨* ( ¥§¦ ( UDSZ Vj•–rLS%U ì\ Zìs U ì…ì\ Zì…ìV<br />
ad<br />
S%U ì…ì\ Zì…ìÎU ì\ ZìV sUDS9ˆ•Vwv;g I<br />
si muova lungo UDSZ V<br />
Ö<br />
probabilità che<br />
K<br />
46<br />
3.9 – Una descrizione alternativa di un PSMC è stata iniziata Wienerë† da<br />
e sviluppata successivamente Kacë da ed Onsager Machlupë ˜ e . Sostanzialmente,<br />
questo approccio fornisce la probabilità transizioneÖ<br />
S%U ì…ì\ Zì|ìÎU ì\ ZìV<br />
di<br />
¥$¦©¨ M ¦ !*¥( ¦+& (¥$¦©¨2¥<br />
ü<br />
¥ *¦¢ ë come ), permettendo così di<br />
calcolare tale ¡*¦ !£ grandezza che sia necessario risolvere l’equazione di<br />
Fokker-Planck. La presentazione che segue metterà in evidenza la<br />
¦+( ¥%1*¨%*¨0¨%<br />
profonda<br />
fra gli integrali di Wiener e Feynmanë Ó di .<br />
Denotiamo con una particella che “materializza” un generico PSMC<br />
e l’eventoü<br />
consideriamo ,- 2/ S%U ì\ ZìVS%U ì…ì\ Zì…ìV ”. È evidente che la<br />
; (
exp x ^<br />
S%U ì|ì\ Zì…ìÎU ì\ ZìV sUÌS²ˆ•Vwv] ÐS%U ì…ì ^ÜUÌSZì…ìVV9ÐS%U ì ^ÜUDSZìVV*ˆ<br />
Ö<br />
sUDS9ˆ•Vwvn%ðñð<br />
t<br />
<br />
„<br />
à S<br />
u<br />
Ú<br />
§<br />
§<br />
47<br />
definita su rxS%U ì\ Zì s U ì…ì\ Zì|ìV ë ú . Ancora,Ö<br />
S0U ì…ì\ Zì…ìÎU ì\ ZìV ha la struttura<br />
in cui le due funzioni delta di Dirac implicano che tale probabilità si annulli –<br />
S%Uì…ì%\ Zì|ìÎU+ì0\ Zì$V sUÌS²ˆ•Vwvg Ð S0U+ì…ì^UDSZì…ì?VV9ÐS%Uì@^ÜUDSZì$V"VÖ sUÌS²ˆ•Vwv S{ …„/{ V<br />
Ö<br />
come deve essere seUDSZìV<br />
¡<br />
]zU ì e/oUDSZì…ìV<br />
¡<br />
] U ì…ì – . (3.43)Ö<br />
sUDS²ˆ•V«v Nell’eq. è un<br />
funzionale continuo determinato dal secondo postulato<br />
La (
§<br />
§<br />
t<br />
sUÌS²ˆ•Vwvn0ðñð<br />
48<br />
Úm‚<br />
UÌSZ VÐ S0U+ì…ì@^ÜUÌSZì…ì$VV9ÐS%Uì^UDSZì?VV exp x6^<br />
|<br />
S{ …„/Û V nð<br />
t<br />
sUÌS²ˆ•Vwv è data dalle eq. (3.45) e (3.46).<br />
A questo punto la ( ¥)•¥0¦ !£ fra gli integrali di Wiener e di Feynman<br />
è evidente, ed essa verrà considerata più in dettaglio nel prossimo para-<br />
ove<br />
grafo. Osserviamo che al primo si applicano molte delle considerazioni fatte<br />
a proposito del secondo. L’eq. (3.48) va intesa come limite di un’espressione<br />
discretizzata – proprio come nel caso dell’eq. (2.31) (la discussione fatta nel<br />
paragrafo 2.3 può essere ripetuta <strong>qui</strong> quasi alla lettera) – ed è importante sottolineare<br />
che in tale R1S0Ue\ Z V discretizzazione va calcolato ¦©¨( 12¥(<br />
nel<br />
g S%U c U Ù } V<br />
a ú `<br />
. Ancora, i ¥§¦¥52¥<br />
ü<br />
¥ *¦¢ – cioè quei cammini<br />
che contribuiscono0G¢¨0¨%¥§,-1*¦©¨ nell’eq. (3.48) – godono della proprietà<br />
U<br />
Ö S%U+ì…ì%\ Zì…ìÎUì0\ Zì$VL]<br />
V:¨óS Z V }p ` S{ …„/Ý V<br />
UÌSZ<br />
per sonoM<br />
¨0¨ #¥ cui con dimensione di Hausdorff a2©Ìú † iú9 uguale ú˜ . Abbiamo<br />
visto che la proprietà (3.49) per i cammini di Feynman è e<strong>qui</strong>valente al<br />
principio di indeterminazione. Esiste forse un principio di indeterminazione<br />
i<br />
92 Qui la situazione 轫³.¥w¦¨›*¢¦C«Ÿ'¬§C ¡«Ÿ'¬ ž› a quanto avviene per l’integrale di Feynman<br />
con azione classica (2.33) (si ricordi quanto è stato detto al proposito nel paragrafo 2.6), e<br />
˜<br />
[ç (‡ )]Ÿ³.Ÿ è più un integrale di Riemann. L’unica differenza è che nel presente contesto<br />
…<br />
si può attribuire un matematicamente¥w |¤¢³.¥ ³.«³ significato a … ˜ (‡ [ç )] interpretandolo<br />
)Ÿ'¬§?¤.¥›*¢|:w¬$³žw›.¬ ž³<br />
come<br />
. Questi integrali sono ancora definiti come limite di somme di<br />
però¡. Ç-«Ÿ¡¢³.Ÿ³ Cauchy-Riemann, dalla particolare discretizzazione che è stata scelta (nel<br />
caso in questione ciò è conseguenza dell’eq. (3.49)). Anche esistono›eÇ¥« &³.¥« se infiniti modi<br />
di scegliere una discretizzazione, ve ne sono solamente due che hanno un reale interesse.<br />
Una scelta consiste nel calcolare il valore neiÇ®£Ÿ'¬ @)Ÿ'…À9 ›*¢ dell’integrando degli intervalli<br />
infinitesimi e definisce )Ÿ'¬§?¤.¥›*¢|x¡. Eþ¬ ³ l’ (esso regole¡. #¼*«¥w9 soddisfa da quelle dell’usuale<br />
calcolo integrale). L’altra scelta aiÇ®£Ÿ'¬ ¦C corrisponde degli intervalli infinitesimi (in<br />
cui è calcolato il valore dell’integrando) e dà luogo )Ÿ-¬%?¤.¥›*¢|B¡. D±'¬¥ ›.¬$³.Ÿ³.¼ žw¿ all’ (per<br />
il quale le¬§²² valgono regole dell’ordinario calcolo integrale). Quindi la nostra scelta<br />
è di interpretare … ˜ (‡ [ç )] nell’eq. (3.48) )Ÿ-¬%?¤.¥›*¢|ƒ¡. x±'¬¥ ›.¬$³.Ÿ³.¼ žw¿ come . Osserviamo<br />
che, se invece preferissimo la scelta “alla Itô”, dovremmo omettere il secondo termine nella<br />
lagrangiana di Wiener (3.46) al fine di lo¬§²«³ ottenere risultato. Gli integrali stocastici<br />
sono discussi in tutti i testi avanzati di teoria dei processi stocastici. Si veda ad es.: H. P.<br />
žhþŸ'¬§?¤*¥0›*¢ (Academic Press, New York, 1969).<br />
93 Si veda la nota 37.<br />
McKean,±'¬$³ž«¿-›.¬<br />
94 Nel contesto dell’integrale di Wiener, funzioni che godono della proprietà (3.49) vengono<br />
anche dette ³*¢…¡«¥§žw³.Ÿ'¬ )Ÿ-®¯¡. ož9¢…›.95®£Ÿ:¦¨ÀÀ³ . Questo argomento è discusso ad es.<br />
nel testo di McKean citato nella nota 92.<br />
ú<br />
95 Analogamente a quanto avviene per l’integrale di ciòŸ³.Ÿ Feynman, è in contrasto col<br />
postulato W1: la probabilità che Σ si muova lungo cammini›LÇ¥w ³.¥« molti possibili<br />
essereŸ'®-¢#¢…›<br />
risulta<br />
.
§<br />
(<br />
§<br />
ß é Ð l<br />
à<br />
S{ •” y
©<br />
ß<br />
Ž û<br />
Ý<br />
Ô<br />
exp V<br />
WYX<br />
^âSf „<br />
à<br />
V<br />
Ú<br />
ß<br />
Ž û<br />
Ý<br />
simile a quella di t sUDS²ˆ•Vwv , per cui scriviamo¥§<br />
–( #¥ 1¢¦©¨<br />
<br />
<br />
<br />
à Ô<br />
Ô<br />
50<br />
Ö sUDS²ˆ•V«v¨<br />
€ ÚÙ € k<br />
Z<br />
u<br />
U l SZ V<br />
u<br />
U l SZ V Z \<br />
]<br />
S{ •” f-V r<br />
3.10 – È evidente che la formulazione di Feynman della meccanica quantistica<br />
è concettualmente sullo*¨. ( ;¥%¦ (<br />
della descrizione di Wiener di un<br />
PSMC. Scriviamo simbolicamente<br />
Ó Û<br />
Ó Û<br />
©› t<br />
©› t<br />
<br />
©<br />
à Ô<br />
ÿ¬Ô<br />
t t<br />
Ó<br />
t! <br />
Ûjû<br />
<br />
Tuttavia la somiglianza fra le due descrizioni è in realtà ben¥ Ò<br />
di quanto espresso dall’eq. (3.52). Sussiste infatti l’ulteriore corrispondenza<br />
S{ •” a V<br />
B; (M*( ¦+2/<br />
S%Uì…ì%\ \ Zì$V sUDS²ˆ•Vwv <br />
Ú<br />
Í%Uì…ì0\ Zì…ìÎU+ì \ ZìÏ sUDS²ˆ•Vwv;\ S{ •”{ V<br />
Ö Zì…ìÎU+ì<br />
t<br />
SW<br />
- sUÌS²ˆ•Vwvnðñð <br />
nð \<br />
di cui ci si rende conto immediatamente confrontando le formule dei paragrafi<br />
Z V<br />
Ú<br />
Ue\<br />
2.4 e 3.9. Cosa ancor più laM*( *8>* #¥ ¥%¨ di<br />
t<br />
sUÌS²ˆ•Vwv importante, è molto<br />
nð Ú<br />
X V<br />
t<br />
sUÌS²ˆ•Vwvnðñð<br />
^"<br />
S{ •”'„ V<br />
ŽJS0Ue\<br />
u<br />
ŽJS0Ue\<br />
u<br />
Ue\ Z Vh\<br />
S{ •”” V<br />
sUDS9ˆ•Vwvn%ðñð nð<br />
á<br />
t<br />
sUDS²ˆ•V«vn%ðñð nð<br />
t<br />
•”Ñ V S{<br />
Peraltro l’eq. (3.56) non deve stupire, dato che abbiamo già visto che la<br />
*8z.#¥ ¥§¨ dell’equazione di Fokker-Planck è molto simile a quella<br />
M¢(<br />
dell’equazione di Schrödinger nel caso in questione.<br />
Vogliamo adottare ora un punto di<br />
"( ;&¡¨ 1¢¦©¨82¥$,*. (<br />
vista . Supporremo<br />
di ¥0 conoscere quanto detto finora sui processi stocastici<br />
P <br />
classici<br />
l’usuale formulazione della teoria ma¥&¦ ( "*"* (<br />
quantistica; l’approccio<br />
di Feynman. Il nostro scopo sarà mostrare come quest’ultimo possa<br />
2 **¥§,-¨(3( ¢¨ 1*¦©¨<br />
essere<br />
dalla formulazione di Wiener di un PSMC!<br />
Cominciamo notando che si può giungere all’eq. (3.53) in un modo alternativo:<br />
basta far uso dell’eq. (3.1). Pertanto l’eq. (2.37) segue immediatamente<br />
dall’eq. (3.47), in virtù delle eq. (3.19) e (3.53). A questo punto si tratta di<br />
Í%U ì|ì\ Zì|ìÎU ì\ ZìÏ sUÌS²ˆ•Vwv dedurre<br />
Ö S%U ì…ì\ Zì|ìÎU ì\ ZìV sUDS²ˆ•Vwv da , il che significa di fatto<br />
ottenere sUDS²ˆ•Vwv a partire da<br />
t<br />
sUDS²ˆ•Vwv . Sappiamo peraltro che sussiste una( 1—<br />
t<br />
( ¦+2 *¦ !£ ( ¢¨ fra la dinamica quantistica considerata e un PSMC,<br />
*¥$
„<br />
?<br />
t<br />
ìsUÌS²ˆ•Vwvn0ðñð<br />
‚<br />
51<br />
espressa dalle eq. (3.39), (3.40) e (3.41). Grazie a equazioni,<br />
queste<br />
diventa<br />
ŽHS%Ue\<br />
u<br />
U6\ Z V<br />
S{ •”Ø V<br />
UD\ Z Vh] f<br />
Ž5ì S%Ue\<br />
u<br />
S<br />
u<br />
l ^ <br />
l S%U6\ Z VV ` c f a Y U<br />
ed usando le definizioni (3.35), (3.36) e (3.37) abbiamo<br />
Y U l<br />
l S0Ue\ Z Vec<br />
S%Ue\ Z V<br />
W<br />
X<br />
t<br />
sUDS²ˆ•Vwvn0ðñð nð -<br />
S{ •”Û V<br />
Riotteniamo così l’eq. (3.56) in forma più precisa. La corrispondenza appena<br />
]_^ nð<br />
menzionata che<br />
t<br />
sUÌS²ˆ•Vwv implica nell’eq. (3.44) vada sostituita con ìsUDS9ˆ•Vwv al<br />
fine di passare alla meccanica quantistica. Ma in forza delle eq. (3.53) e (3.58),<br />
l’eq. (3.44) fornisce proprio l’eq. (2.36).<br />
t<br />
Questo semplice dimostra* ;•¥ ¥%¨ 1¢¦©¨ esercizio quanto già anticipato<br />
nel paragrafo 3.5: se le analogie fra teoria quantistica e processi stocastici classici<br />
di cui ci siamo diffusamente occupati fossero state capite fin dai primi tempi<br />
della meccanica quantistica, la scoperta dell’integrale di Feynman sarebbe potuta<br />
avvenire prima}‡<br />
vent’anni .<br />
4. Osservazioni storiche<br />
¤<br />
Prima di presentare la traduzione dell’articolo originale, pubblicato nel<br />
1948, ci sembra opportuno discutere brevemente le motivazioni che hanno<br />
spinto Feynman a cercare una formulazione alternativa della teoria quantistica.<br />
A tal fine è necessario considerare la situazione della fisica teorica negli<br />
anni ’40, periodo fondamentale per la formazione intellettuale di Feynman.<br />
A quell’epoca il problema centrale consisteva nel cercare una formulazione<br />
104 Un problema molto interessante di storia della fisica sarebbe capire perché ciòŸ³.Ÿ sia<br />
avvenuto. Vogliamo avanzare <strong>qui</strong> solo qualche congettura. Per quanto ne sappiamo,<br />
nessun probabilista aveva compreso (almeno inizialmente) che l’integrale di Wiener poteva<br />
venire generalizzato in modo tale da fornire il propagatore dell’equazione di Fokker-Planck<br />
(probabilità di transizione) nelž›.²³C¤¡«Ÿ/«¥ ›*¢| . È stato proprio sotto l’influenza diretta di<br />
Feynman che Kac (suo collega alla Cornell University) ha esteso nel 1947 l’integrale di<br />
Wiener in modo da tenere conto di ∆(çè§é )= 0 nell’equazione di Fokker-Planck (sempre<br />
però supponendo(çè§é ) = 0). Un’ulteriore generalizzazione si è avuta nel 1953 ad opera<br />
di Onsager e Machlup (si veda la nota 85). Vediamo che lo sviluppo storico 賫ǢÇE³.¬$³<br />
all’ordine logico seguito nel paragrafo 3.10! Parrebbe anche ovvio che Wiener stesso si<br />
sarebbe dovuto accorgere della rilevanza del suo lavoro pionieristico per la teoria quantistica,<br />
anticipando così la scoperta di Feynman... È <strong>qui</strong>ndi sorprendente constatare che egli ha sì<br />
cercato di applicare il suo integrale funzionale alla meccanica quantistica, ma in modo<br />
›.Ÿ'¬ )¬§«¬ žw³ a quanto sarebbe naturale aspettarsi sulla base delle considerazioni fatte in<br />
questo capitolo (N. Wiener and A. Siegel, Phys. Rev. 91, 1551 (1953); A. Siegel and N.<br />
Wiener, Phys. Rev. 101, 429 (1956); si veda anche: G. Della Riccia and N. Wiener, J.<br />
Math. Phys. 166, 1372 (1966)).
52<br />
1*¦+¨ "( *"*¦+¨ dell’elettrodinamica quantistica: le principali difficoltà<br />
nascevano dalla presenza di2¥§,'¢0 *¦ !E (infiniti) in molti calcoli.<br />
8/¨*8/¨%¥<br />
Feynman cominciò a riflettere su questi argomenti quando era ancora un<br />
giovane studente al Massachussets Institute of Technology, facendosi un’opinione<br />
molto personale – però non corretta – sull’origine degli infiniti in<br />
elettrodinamica quantistica. Egli si convinse che l’esistenza di tali divergenze<br />
fosse sostanzialmente riconducibile 2© a circostanze. La prima è<br />
¥§¦L¦©¥§¨ <br />
l’energia<br />
dovuta all’autointerazione di un elettrone, difficoltà che esiste naturalmente<br />
già a livello classico. La seconda nasce dal fatto che un campo<br />
elettromagnetico quantizzato (in una regione limitata dello spazio) è e<strong>qui</strong>valente<br />
ad un insieme ¥§¦L¦©¥§¨%¥ di oscillatori armonici quantistici (uno per ogni<br />
grado di libertà del campo). È ben noto che, secondo la meccanica quantistica,<br />
l’energia dello stato fondamentale di un armonico¦<br />
( ¦ oscillatore è nulla.<br />
Pertanto l’energia del campo risulta¥§¦L¦©¥§¨ elettromagnetico (oggi sappiamo<br />
che essa può venire eliminata in modo banale).<br />
A Feynman sembrò evidente che per superare queste difficoltà bastassero<br />
due semplici assunzioni:<br />
a) una carica elettrica agisce solo su)¨% cariche, ma non su se stessa;<br />
b) il campo elettromagnetico¦<br />
( ¦ ..¥?*¨ .<br />
Egli era convinto che in tal modo si sarebbero potuti risolvere i problemi a<br />
livello<br />
)".¥(<br />
, e sperava che la teoria potesse essere quantizzata facilmente,<br />
ottenendo così un’elettrodinamica quantistica priva di divergenze. Superficialmente,<br />
l’ipotesi b può apparire paradossale. Tuttavia va tenuto presente che (a<br />
livello classico) l’esistenza del campo elettromagnetico si manifesta . # ¥ô—<br />
,'1¢¦©¨ come una forza su particelle cariche. È <strong>qui</strong>ndi possibile pensare che<br />
fra cariche elettriche esistano forze che agiscono “ 2¥$.¨ ¦!¡ ”, cioè senza la<br />
“mediazione” del campo elettromagnetico (ovviamente si deve supporre che<br />
queste forze non siano istantanee ma si propaghino con la velocità della luce).<br />
Poco dopo essersi trasferito a Princeton per compiere gli studi di Ph. D.<br />
sotto la guida di J. A. Wheeler, Feynman si rese però conto che nei suoi<br />
argomenti vi era un grave errore. Se si accelera una caricaû<br />
, essa irraggia,<br />
perde energia e <strong>qui</strong>ndi decelera: questo effetto non dipende dalla presenza di<br />
altre cariche ed è spiegato convenzionalmente proprio dall’azione della carica<br />
su se stessa (mediata dal campo elettromagnetico). Ma come si può spiegare<br />
tale decelerazione escludendo l’autointerazione? L’unica ipotesi possibile è<br />
che ci debbano ¢¢" essere altre cariche<br />
ü<br />
che agiscono suû<br />
. Tuttavia<br />
le forze dovute alle cariche<br />
ü<br />
si propagano con velocità finita e risulta che<br />
l’effetto della decelerazione diû<br />
avviene “troppo tardi”.<br />
A questo punto Wheeler fece un’ipotesi rivoluzionaria: le cariche<br />
ü<br />
agiscono suû<br />
attraverso le “ ( #!¢¥( ¦¥Þ¦©¨%¥ ¥|@/¨ ” delle equazioni di Maxwell,<br />
che si propagano all’¥§¦+2¥ ¢¨% (<br />
nel tempo con la velocità della luce (è ben<br />
noto che usualmente tali soluzioni non vengono considerate perché sono in
t<br />
]<br />
b ‹ Ú r<br />
l Ú Ú r <br />
6<br />
6<br />
S<br />
u<br />
l<br />
r<br />
l<br />
6<br />
6<br />
6<br />
lV<br />
u<br />
ü Vlv<br />
lV<br />
u<br />
6<br />
6<br />
V9ÐS<br />
Ó `<br />
evidente contrasto con la causalità). Feynman e Wheeler furono così in grado<br />
di spiegare =¢¦©¨%¥§¨ /¨%¥$,'1¢¦©¨ la perdita di energia per irraggiamento. Più<br />
precisamente, la loro assunzione è che la forza agente su una carica sia data<br />
(come di consueto) dalla forza di Lorentz (per semplicità consideriamo <strong>qui</strong><br />
l’approssimazione semirelativistica)<br />
53<br />
U l ]<br />
Å<br />
st l c S$# Ì<br />
S„@ fEV<br />
¥ b<br />
nella quale campit eü abbiano¢DÒ<br />
i<br />
(<br />
la forma<br />
t ] f<br />
a St&% l&n c t / ‹ n V*\<br />
S„@ a V<br />
] f a Sü ü<br />
l&n c ü<br />
/ ‹ n V.\ S„@ |{ V<br />
ove i suffissi “rit” e “ant” indicano rispettivamente le soluzioni ritardate ed<br />
anticipate delle equazioni di Maxwell.<br />
Una domanda sorge spontanea. Nonostante il successo ottenuto nel caso<br />
sopra considerato, com’è possibile<br />
%<br />
l’esistenza dei campi<br />
anticipati con la causalità? Abbiamo già visto che è possibile spiegare correttamente<br />
la perdita di energia per irraggiamento secondo i postulati a) b)<br />
conciliare¥§¦:
u<br />
6<br />
Ó `<br />
6<br />
6<br />
6<br />
6<br />
6<br />
VV¢S%U'ï#l§ò S<br />
6<br />
6<br />
6<br />
6<br />
VV<br />
54<br />
Nelle eq. (4.4) (4.5)U ï)l$ò e S lV è la traiettoria quadridimensionale dell’i-esima<br />
particella espressa in funzione di un parametro invariante<br />
l<br />
; si è <strong>qui</strong>ndi posto<br />
l<br />
. Chiaramente il primo integrale nell’eq. (4.4) è<br />
l’usuale azione relativistica per le particelle libere, mentre il secondo rappre-<br />
'<br />
ï)l$ò ' S ' S U<br />
senta l’interazione elettromagnetica fra le cariche. Si noti che il f <br />
a<br />
fattore<br />
' S<br />
' S<br />
S„@ •” V<br />
l<br />
gùS%U ï)l$ò<br />
lVx^ÜU ï<br />
<br />
ò<br />
lVÌ^ÜU'ï<br />
<br />
ò S<br />
assicura che ogni coppia sia contata una sola volta ed termineW<br />
il ]+*è omesso<br />
per evitare l’autointerazione. La funzione delta DiracÐS²ˆ¢ˆ¢ˆ)V di implica che<br />
l’interazione fra una coppia di cariche avvenga solo quando una si trova sul<br />
cono di luce dell’altra, garantendo così che l’“azione a distanza” elettromagnetica<br />
si propaghi con la velocità della luce. Come di consueto, le traiettorie<br />
dinamiche del sistema di cariche considerato si ottengono mediante un principio<br />
di minima azione applicato ad (data dall’eq. (4.4)), richiedendo cioè che<br />
t<br />
abbiaÐ<br />
t<br />
] y si per variazioniÐEU ï)l$ò<br />
piccole S lV delle traiettorie (J. A. Wheeler<br />
and R. P. Feynman, Rev. Mod. Phys. 21, 425 (1949)).<br />
Feynman era riuscito così a realizzare le prima parte del proprio programma.<br />
A questo punto si trattava di quantizzare le teoria. Sul finire del 1940<br />
egli espose i risultati ottenuti in un seminario a Princeton, a cui parteciparono<br />
anche Einstein, Pauli, Von Neumann, Russel e Wigner. In un seminario successivo,<br />
Wheeler avrebbe dovuto discutere la corrispondente versione quantistica.<br />
'<br />
Pauli era molto interessato a questo argomento, e volle chiedere a Feynman a<br />
quali conclusioni fosse giunto Wheeler. Feynman rispose che non ne era al corrente,<br />
al che la replica di Pauli fu:“Oh, il professore non racconta i suoi risultati<br />
all’assistente? Probabilmente il professore non ha ottenuto alcun risultato”.<br />
Ed infatti il seminario che Wheeler aveva annunciato non ebbe mai luogo!<br />
Per motivi contingenti (dovuti all’inizio della guerra) Wheeler non ebbe<br />
più tempo per occuparsi di questi problemi, cosicché Feynman si trovò a<br />
portare avanti il proprio programma da solo.<br />
Quantizzare una teoria classica è di solito un’impresa piuttosto facile.<br />
Basta porre tale teoria in forma hamiltoniana e sostituire le coordinate e gli impulsi<br />
con i corrispondenti operatori (secondo le regole ben note). Inizialmente<br />
Feynman cercò di seguire questa via, ma presto si rese conto di una grossa<br />
difficoltà. A causa del fatto che nel secondo termine dell’eq. (4.4)<br />
2©<br />
compaiono<br />
integrazioni indipendenti, teoria¦<br />
( ¦ la possiede alcuna hamiltoniana! È<br />
evidente che il metodo di usuale¦<br />
( ¦ quantizzazione può essere applicato alla<br />
elettrodinamica di Feynman e Wheeler.<br />
Come procedere allora? Un aiuto insperato giunse a Feynman da un incontro<br />
casuale con H. Jehle. Questi era appena giunto a Princeton dall’Europa<br />
e – durante un party – chiese a Feynman di cosa si stesse occupando. “Sto<br />
bevendo birra” rispose scherzando Feynman, che poi però raccontò a Jehle<br />
lV—] r U ï)l$ò<br />
lV <br />
r
p<br />
le difficoltà che stava incontrando nel quantizzare la propria elettrodinamica.<br />
Jehle si ricordò che Dirac aveva sviluppato un metodo di quantizzazione basato<br />
sull’azione classica anziché sull’hamiltoniana (P. A. M. Dirac, Phys. Zeit. der<br />
Sowjetunion 3; 64 (1933)) e consigliò a Feynman di studiarlo.<br />
È ben noto che la teoria quantistica è stata costruita partendo dalla formulazione<br />
hamiltoniana della meccanica classica. Ma quest’ultima può essere<br />
espressa e<strong>qui</strong>valentemente secondo la descrizione lagrangiana. Dirac si era<br />
posto il problema di ottenere l’¦+( ( =¢¦©¨%¥?*¨%¥(<br />
della formulazione lagrangiana.<br />
Egli si rese conto che era più opportuno considerare il ( @£
56<br />
¥$¦¥ ” è di fatto"=¢¥$,'*¦©¨ al metodo hamiltoniano è <strong>qui</strong>ndi apparsa<br />
a Feynman come il fallimento del proprio programma originario!<br />
.¥
Reviews<br />
Le<br />
? ><br />
Approccio spazio-temporale alla<br />
meccanica quantistica relativistica,<br />
î<br />
non<br />
R. P. FEYNMAN<br />
ø ( *¦*§“ùD¦¥§,'*..¥§¨%7.-0/.¨P 1-02:*K43 ( ÷ö<br />
La meccanica quantistica non relativistica è formulata <strong>qui</strong> in un<br />
modo diverso, che è tuttavia matematicamente e<strong>qui</strong>valente alla formulazione<br />
usuale. In meccanica quantistica la probabilità di un evento che<br />
si può verificare secondo varie alternative è il modulo quadrato di una<br />
somma di contributi complessi, ciascuno corrispondente ad una alternativa<br />
differente. La probabilità che la traiettoria di una particella5(6)<br />
sia contenuta in una certa regione dello spazio-tempo è il quadrato di<br />
una somma di contributi, ognuno proveniente da un cammino in tale<br />
regione. Si postula che il contributo di un singolo cammino sia un esponenziale<br />
la cui fase (immaginaria) è l’azione classica (in unità di7) - per<br />
il cammino considerato. Il contributo complessivo di tutti i cammini che<br />
raggiungono598:6dal passato è la funzione d’onda;(5
58<br />
i `<br />
riguardanti la relazione fra azione classica† e meccanica quantistica.<br />
Un’ampiezza di probabilità è associata all’intera traiettoria di una particella<br />
Dirac}<br />
come funzione del tempo, anziché semplicemente alla posizione della particella<br />
ad un particolare istante.<br />
Questa formulazione è matematicamente e<strong>qui</strong>valente a quella usuale e<br />
pertanto non ci sono risultati essenzialmente nuovi. Vi è tuttavia un senso<br />
di piacere nel riconoscere vecchie cose da un nuovo punto di vista. Ci sono<br />
inoltre problemi per i quali il nuovo approccio offre un netto vantaggio. Ad<br />
esempio, se sistemiû<br />
eü<br />
due interagiscono, le coordinate di uno dei sistemi,<br />
, possono essere eliminate dalle equazioni che descrivono il moto<br />
û<br />
. L’interazione con<br />
ü<br />
è rappresentata da una modifica della formula<br />
diciamoü<br />
per l’ampiezza di probabilità associata alla traiettoria di<br />
û<br />
. Ciò è analogo<br />
alla situazione classica in cui l’effetto diü<br />
può essere rappresentato da una<br />
modifica delle equazioni del moto di<br />
û<br />
(mediante l’introduzione di termini<br />
che rappresentano le forze agenti suû<br />
). In questo modo le coordinate degli<br />
oscillatori di campo (sia trasversali che longitudinali) possono essere eliminate<br />
dalle equazioni dell’elettrodinamica quantistica.<br />
C’è poi sempre la speranza che il nuovo punto di vista possa suggerire<br />
un’idea per modificare le teorie attuali, modifiche necessarie per rendere conto<br />
degli esperimenti più recenti.<br />
Discuteremo dapprima il concetto generale di sovrapposizione delle ampiezze<br />
di probabilità in meccanica quantistica. Mostreremo <strong>qui</strong>ndi come questo<br />
concetto possa essere generalizzato per definire un’ampiezza di probabilità per<br />
ogni cammino (posizione,£@tempo) nello spazio-tempo. Dimostreremo che<br />
l’ordinaria meccanica quantistica risulta dal postulato che tale ampiezza di<br />
probabilità abbia una fase proporzionale all’azione, calcolata classicamente,<br />
per questo cammino. Ciò è vero quando l’azione è l’integrale temporale di una<br />
funzione quadratica della velocità. La relazione con l’algebra delle matrici e<br />
degli operatori verrà discussa usando un linguaggio che è il più vicino possibile<br />
alla nuova formulazione. Non c’è alcun vantaggio pratico nel far questo,<br />
però le formule sono molto utili nel caso in cui si consideri un’estensione<br />
ad una classe più ampia di funzionali d’azione. Discuteremo infine alcune<br />
applicazioni. Come esempio mostreremo in che modo le coordinate di un<br />
oscillatore armonico possano essere eliminate dalle equazioni del moto di un<br />
sistema con cui esso interagisce. Tale risultato può essere applicato direttamente<br />
all’elettrodinamica quantistica. Verrà anche descritta un’estensione<br />
1 P. A. M. Dirac,È
6<br />
6<br />
/<br />
Ö<br />
/<br />
/<br />
6<br />
2 Ö 2BA S9fEV<br />
/<br />
6<br />
59<br />
formale che include gli effetti dello spin e della teoria della relatività.<br />
2. LA SOVRAPPOSIZIONE DELLE AMPIEZZE DI PROBABILITÀ<br />
La formulazione che presenteremo contiene come elemento essenziale<br />
l’idea di ampiezza di probabilità associata ad un moto completamente specificato<br />
come funzione del tempo. È pertanto conveniente riesaminare in dettaglio<br />
il concetto quantistico di sovrapposizione delle ampiezze di probabilità. Analizzeremo<br />
i cambiamenti basilari richiesti per il passaggio dalla fisica classica<br />
a quella quantistica.<br />
Si consideri a tal fine un esperimento ideale in cui possiamo fare tre<br />
misure successive: prima di grandezzaû<br />
una , diü<br />
poi ed infine di . Non<br />
c’è motivo per cui queste grandezze debbano essere diverse, e considereremo<br />
l’esempio di tre misure successive della posizione. Si supponga che sia un<br />
Ø<br />
possibile risultato della misura diû<br />
, e analogamente per £ e<br />
‘<br />
. Assumeremo<br />
che le diû<br />
,ü<br />
misure e specificano completamente lo stato del sistema in<br />
senso quantistico. Ciò significa, ad esempio, che lo stato in cuiü<br />
ha il valore<br />
Ø<br />
non è degenere.<br />
£<br />
È ben noto che in meccanica quantistica si si ha a che fare con delle probabilità,<br />
ma naturalmente ciò è ben lungi dal caratterizzare il mondo quantistico.<br />
Al fine di mostrare con più chiarezza la relazione tra meccanica classica e<br />
teoria quantistica potremmo supporre che anche classicamente si considerino<br />
delle probabilità, ma che tutte le probabilità siano zero o uno. Un’alternativa<br />
migliore è di immaginare le probabilità classiche nel senso della meccanica<br />
statistica classica (ove, in generale, le coordinate interne non sono specificate<br />
completamente).<br />
conÖ<br />
2 Indichiamo la probabilità che se la diû<br />
misura fornisce il risultato<br />
, allora la misura diü<br />
dia il risultato £ . SimilmenteÖ<br />
2BAsarà la probabilità che<br />
la misura di Ø dia il risultato<br />
‘<br />
nell’ipotesi che la misura diü<br />
abbia fornito il<br />
risultato £ . Analogamente perÖ<br />
infine conÖ<br />
2BAla probabilità<br />
/A.Indicheremo<br />
. Ora, se gli eventi<br />
di ottenere i £ risultati e supposto che la misura diû<br />
dia<br />
fra e £ sono indipendenti ‘ da quelli £ fra e , si ha<br />
‘<br />
Ciò è in accordo con la meccanica quantistica quando l’affermazione cheü<br />
fornisce il risultato £ è una specificazione completa dello stato.<br />
In ogni caso, ci aspettiamo che valga la relazione<br />
2BA ] Ö<br />
4 Nella nostra discussione non ha importanza che alcuni valori di›,’ ož possano essere<br />
esclusi dalla meccanica quantistica ma non dalla meccanica classica. Si può infatti assumere,<br />
per semplicità, che i valori numerici siano gli stessi in entrambi i casi, ma che la probabilità<br />
di certi valori possa essere zero.
6<br />
Ö<br />
/<br />
/<br />
2 ] Îq<br />
6<br />
/<br />
Ö<br />
2 Î` \ Ö 2BA ] Îq 2:A Î` \ Ö ×<br />
q<br />
Ö<br />
q<br />
Ö<br />
6<br />
/<br />
Ö<br />
/<br />
/<br />
/<br />
2 Ö 2BA S„ V<br />
60<br />
perché, se inizialmente diû<br />
la misura dà e successivamente il risultato della<br />
misura di è , la quantitàü<br />
deve avere avuto qualche valore ad un tempo<br />
intermedio fra Ø<br />
‘ quelli corrispondenti diû<br />
alle misure e : la probabilità che<br />
2BA; <strong>qui</strong>ndi sommiamo, o integriamo, su tutte le alternative<br />
Ø<br />
tale valore sia £ èÖ<br />
2:A Sa V<br />
mutuamente esclusive per £ (tale operazione è schematizzata daC 2 ).<br />
Ora, la differenza essenziale fra fisica classica e fisica quantistica sta<br />
proprio nell’eq. (2). In meccanica classica essa è sempre vera, mentre in<br />
meccanica quantistica spesso risulta essere<br />
Ö ×<br />
falsa. Indicheremo con la<br />
probabilità quantistica che una misura di dia quando segue una misura di<br />
û<br />
che dà come risultato . L’eq. (2) è sostituita Ø<br />
‘ in meccanica quantistica da<br />
notevole˜ questa legge : complessiq<br />
2 \ q<br />
/A<br />
\ q<br />
esistono numeri che<br />
/Atali 2BA<br />
/A ]<br />
2<br />
/A ] Îq<br />
/AÎ`<br />
La legge classica, ottenuta combinando le eq. (1) e (2)<br />
S{ V<br />
è sostituita da<br />
/A ]<br />
2<br />
] 2<br />
q<br />
2<br />
S” V<br />
Se l’eq. (5) è corretta, l’eq. (4) non è valida in generale. L’errore logico<br />
2BA /A<br />
fatto nel dedurre l’eq. (4) consiste ovviamente nell’assunzione che per andare<br />
da a il sistema debba passare attaverso una condizione tale cheü<br />
debba<br />
‘<br />
avere un valore definito £ .<br />
Se si cerca di verificare questa affermazione, cioè se la grandezzaü<br />
è<br />
misurata fra due misure di<br />
û<br />
e Ø , allora la formula (4) è di fatto corretta.<br />
Più precisamente, se l’apparato per misurareü<br />
è preparato e usato, ma non<br />
si cerca di utilizzare i risultati delle misura<br />
ü<br />
di – nel senso che solo le<br />
correlazioni<br />
û<br />
fra e sono misurate e usate – allora l’eq. (4) è corretta.<br />
Questo perché l’apparato che misuraü<br />
ha “fatto il suo lavoro”. Se vogliamo,<br />
Ø<br />
5 Abbiamo ’ supposto che sia uno stato non degenere, e che pertanto l’eq. (1) sia valida.<br />
Presumibilmente, se in qualche generalizzazione della meccanica quantistica l’eq. (1) non<br />
fosse più valida (nemmeno per gli ’ stati puri ), sarebbe da aspettarsi che l’eq. (2) venisse<br />
sostituita dall’affermazione: "ci sono numeri complessiDFEHG$Itali cheåJEKG$I= 2 ".<br />
L’analogo dell’eq. (5) è GDFEKG$I. êDFEHG$I.ê<br />
alloraDEKI=C
6<br />
6<br />
6<br />
possiamo leggere gli strumenti senza disturbare ulteriormente il sistema. Gli<br />
esperimenti che hanno fornito i risultati e possono <strong>qui</strong>ndi essere raggruppati<br />
a seconda dei valori di £ . ‘<br />
Considerando le probabilità da un punto di vista frequentistico, l’eq. (4)<br />
segue semplicemente dall’affermazione che in ogni esperimento che dà e<br />
,ü<br />
ha qualche valore. L’unico modo in cui l’eq. (4) può essere sbagliata è<br />
che l’affermazione “ü<br />
ha qualche valore” debba essere talvolta priva di senso.<br />
Si noti che l’eq. (5) sostituisce l’eq. (4) solo nel caso in cui non cerchiamo<br />
‘<br />
misurareü<br />
di . Siamo <strong>qui</strong>ndi portati a dire che “ü<br />
l’affermazione ha qualche<br />
valore” può essere priva di significato ogniqualvolta non cerchiamo di misurare<br />
6<br />
Abbiamo dunque risultati diversi per le correlazioni di e – cioè l’eq. (4)<br />
o l’eq. (5) – a seconda del caso che la diü<br />
misura venga effettuata ‘ oppure no.<br />
diü<br />
La misura – indipendentemente dalla sua accuratezza – deve disturbare<br />
il sistema, almeno di quel tanto che basta per cambiare i risultati da quelli<br />
dati dall’eq. (5) a quelli (4)Ó previsti dall’eq. . Che le misure causino necessariamente<br />
dei disturbi e che, essenzialmente, l’eq. (4) possa essere falsa fu<br />
enunciato con chiarezza da Heisenberg nel suo principio di indeterminazione.<br />
La legge (5) è un risultato del lavoro di Schrödinger, dell’interpretazione statistica<br />
di Born e Jordan e della teoria delle Diracë trasformazioni di .<br />
L’eq. (5) è una tipica rappresentazione della natura ondulatoria della materia.<br />
In essa la probabilità che la particella vada da a secondo alcune<br />
alternative diverse (valori £ di ) può essere rappresentata – se ‘ non si cerca di<br />
determinare quale alternativa si realizza – come il quadrato della somma di alcune<br />
grandezze complesse, una per ogni alternativa disponibile alla particella.<br />
La probabilità può mostrare i tipici fenomeni di interferenza, usualmente associati<br />
alle onde, la cui intensità è data dal quadrato della somma di contributi<br />
da sorgenti distinte. Si può dire che l’elettrone si comporta come un’onda<br />
fintanto che non si cerca di verificare che esso è una particella. D’altra parte,<br />
si può determinare – se lo si desidera – attraverso quale alternativa esso passa,<br />
proprio come se esso fosse una particella. Ma quando si fa ciò, si deve usare<br />
ü .<br />
6 Non serve osservare che›.¼¥«¦Q¦¯³¯ÇE³.¬®£¬§³ misurare ¥ se avessimo voluto; in realtà, non<br />
lo abbiamo fatto.<br />
7<br />
Il modo in cui l’eq. (4) segue dall’eq. (5) quando una misurazione disturba il sistema è stato<br />
studiato soprattutto da J. von (œâ›.¬)¿'«¦¨›.¬)«ž«¿'âBÞ¥w®EŸ¡E¢…›¤£«Ÿ1¡«¥Báo®'›.Ÿ-¬%«Ÿß<br />
¦C žw¿-›.Ÿ' •<br />
Neumann<br />
(Dover Publications, New York, 1943)). L’effetto della perturbazione dovuta<br />
all’apparato di misura è di alterare la fase delle componenti che interferiscono – ad<br />
– in modo tale che la (5) G1MíONQPD
Ø<br />
La grandezza<br />
q<br />
condizione<br />
û ]<br />
/<br />
6<br />
Ö<br />
Ö<br />
/<br />
/<br />
6<br />
6 /<br />
/<br />
/<br />
2BA=WYXZX[Xo Î`<br />
?<br />
?<br />
6<br />
62<br />
l’eq. (4), ed esso si comporta effettivamente come una particella.<br />
Naturalmente queste sono cose ben note e sono già state spiegate<br />
tamenteú<br />
ripetu-<br />
. Ci sembra tuttavia che valga la pena di sottolineare il fatto che esse<br />
seguono direttamente dall’eq. (5), la quale gioca un ruolo fondamentale nella<br />
nostra formulazione della meccanica quantistica.<br />
La generalizzazione delle eq. (4) e (5) a un grande numero misureû<br />
,ü<br />
di ,<br />
ovviamente che la probabilità della ,£ sequenza , ,r ,ˆ¢ˆ¢ˆ ,Vrisulta<br />
essere<br />
‘<br />
, à ,ˆ¢ˆ¢ˆ ,¢ è<br />
Îq<br />
Ad esempio, la probabilità del risultato<br />
2BA=WYXZX[Xoƒ]<br />
dalla formula classica<br />
,<br />
‘<br />
,V, se £ ,r ,ˆ¢ˆ¢ˆ sono misurate è data<br />
2:A:W\X[XZXo Î`<br />
/AoB]<br />
2<br />
2BA=WYXZX[Xo<br />
mentre nel caso in cui nessuna misura sia effettuata fraû<br />
e Ø e fra Ø e¢<br />
probabilità della stessa sequenza<br />
,<br />
‘<br />
,Vè<br />
SÑ V<br />
W ˆ¢ˆ¢ˆ Ö<br />
essere chiamata ampiezza di probabilità per la<br />
essa è<br />
esprimibile come prodottoq<br />
2<br />
q<br />
un<br />
qA:W ˆ¢ˆ¢ˆ q<br />
o ). 2BA<br />
la<br />
×<br />
/Ao ] Î<br />
2<br />
Ö<br />
SØ V<br />
W ˆ¢ˆ¢ˆ q<br />
2BA=WYXZX[Xo può<br />
\ ü ] £ \<br />
Ø<br />
] ‘ \<br />
à<br />
] r \¢ˆ¢ˆ¢ˆ£\]¢ ]^V (ovviamente<br />
3. L’AMPIEZZA DI PROBABILITÀ PER UN CAMMINO<br />
SPAZIO-TEMPORALE<br />
Le idee fisiche del paragrafo precedente possono essere estese facilmente<br />
per definire un’ampiezza di probabilità per un particolare cammino spaziotemporale<br />
completamente specificato. Al fine di spiegare come ciò possa essere<br />
fatto ci limiteremo ad un problema unidimensionale, in quanto l’estensione al<br />
caso multidimensionale è ovvia.<br />
Supponiamo di avere una particella che può assumere parecchi valori di<br />
coordinataU una . Immaginiamo di fare un numero enorme di misure di posizione,<br />
separate da un piccolo intervallo di tempo . Allora una successione<br />
. SiaU<br />
l<br />
il risultato<br />
di misure come quelle diû<br />
,ü<br />
, Ø ,ˆ¢ˆ¢ˆ può essere la serie di misure della coor-<br />
ai tempi successiviZ<br />
} \ Z ` \ Z † \¢ˆ¢ˆ¢ˆ oveZlÙ } ] Zl c<br />
9 dinataU<br />
Si veda ad es.: W. È
6<br />
6<br />
Ú<br />
Ú<br />
6<br />
6<br />
?<br />
6<br />
della misura della coordinataU al tempoZl<br />
. Quindi, seû<br />
èU al tempoZ<br />
}<br />
,<br />
}<br />
è ciò che prima indicavamo con . Da un punto di vista classico i<br />
valori successiviU<br />
alloraU<br />
\9U ` \9U †<br />
, ˆ¢ˆ¢ˆ della coordinata definiscono praticamente un<br />
camminoUDSZ V . Alla fine, ci aspettiamo di prendere il limite<br />
}<br />
y . <br />
La probabilità di tale cammino è una diU<br />
} \¢ˆ¢ˆ¢ˆ£\9U l \¢ˆ¢ˆ¢ˆ funzione che indichiamo<br />
. La probabilità che il cammino sia conÖ<br />
S²ˆ¢ˆ¢ˆ¢\9U l \9U lÙ } \¢ˆ¢ˆ¢ˆ)V contenuto<br />
in una certa regione dello spazio-tempo è data classicamente dall’integrale<br />
diÖ<br />
su tale regione. Così la probabilità Ó<br />
l<br />
sia compreso fra<br />
cheU<br />
fra<br />
lÙ }<br />
e £<br />
lÙ }<br />
, etc. è<br />
63<br />
l<br />
e £<br />
l ,U lÙ l<br />
Ú<br />
2:_),+<br />
ˆ¢ˆ¢ˆ<br />
2B_<br />
/_),+<br />
Ö S²ˆ¢ˆ¢ˆU l\9U lÙ } \¢ˆ¢ˆ¢ˆ)V8ˆ¢ˆ¢ˆ r U l<br />
r U lÙ } ˆ¢ˆ¢ˆ ]<br />
ˆ¢ˆ¢ˆ<br />
ove il simbolo significa<br />
` ë<br />
che l’integrazione deve essere effettuata sui valori<br />
r U lÙ } ˆ¢ˆ¢Ê\<br />
delle variabili che stanno nella regione . Questa è semplicemente l’eq. (6),<br />
con<br />
Ó<br />
,ˆ¢ˆ¢ˆ sostituiti daU<br />
} ,U ` ,ˆ¢ˆ¢ˆ e con la somma sostituita dall’integrale.<br />
,£<br />
In meccanica quantistica questa è la formula corretta per il caso in cui tutte<br />
U } \9U ` \¢ˆ¢ˆ¢ˆ£\9U l \¢ˆ¢ˆ¢ˆ le siano effettivamente misurate e soltanto quei cammini<br />
che appartengono ad Ó<br />
vengano considerati. Ci aspetteremmo un risultato<br />
diverso se misurazioni così dettagliate non fossero effettuate. Supponiamo<br />
che sia eseguita una misura che è in grado di stabilire soltanto se il cammino<br />
considerato è contenuto nella regione Ó .<br />
La misura dev’essere ciò che potremmo definire una “misura ideale”.<br />
Supponiamo cioè che nessun altro dettaglio possa essere ottenuto dalla stessa<br />
misura senza disturbare ulteriormente il sistema. Non siamo stati in grado<br />
di trovare una definizione precisa. Stiamo cercando di evitare le incertezze<br />
addizionali che devono essere eliminate con una operazione di media se, ad<br />
esempio, una maggiore informazione fosse misurata senza venire utilizzata.<br />
Desideriamo usare l’eq. (5) o l’eq. (7) per tutte leU<br />
l<br />
, senza avere alcuna parte<br />
residua su cui sommare come nell’eq. (4).<br />
Ci aspettiamo che la probabilità di trovare – tramite la nostra “misura<br />
ideale” – la particella nella regione Ó sia il quadrato di un numero complesso<br />
S V Î` Ó<br />
. numeroq<br />
S<br />
Ó<br />
V Il – che possiamo chiamare ampiezza di probabilità<br />
per la regione – è dato dall’eq. (7) con , £ ,ˆ¢ˆ¢ˆ sostituiti daU<br />
Îq<br />
,U lÙ } ,ˆ¢ˆ¢ˆ e la<br />
Ó l<br />
somma sostituita da un integrale<br />
SÛ V<br />
/_<br />
`<br />
Ö S²ˆ¢ˆ¢ˆU l \9U lÙ } \¢ˆ¢ˆ¢ˆ)Vˆ¢ˆ¢ˆ r U l<br />
S<br />
Ó<br />
Vx] lim P<br />
q<br />
‡<br />
Ú<br />
BS9ˆ¢ˆ¢ˆ"U l\9U lÙ } \¢ˆ¢ˆ¢ˆ)Vˆ¢ˆ¢ˆ r U l<br />
r U lÙ } ˆ¢ˆ¢ˆ `<br />
SÝ V
?<br />
?<br />
?<br />
?<br />
64<br />
Il numero complessoBS²ˆ¢ˆ¢ˆU l \9U lÙ } ˆ¢ˆ¢ˆ#V è una funzione delle variabiliU<br />
l<br />
che<br />
definiscono il cammino. In realtà immaginiamo che la spaziatura temporale<br />
vada a zero cosicché viene a dipendere camminoUDSZ V dall’intero , anziché<br />
soltanto dai valori diU<br />
l<br />
ai particolari tempiZl<br />
,U l ] UDSZlV.Potremmo chiamare<br />
funzionale ampiezza di probabilità dei camminiUÌSZ V .<br />
Riassumiamo queste idee nel nostro primo postulato:<br />
¦:¥?. F¥02
?<br />
?<br />
t<br />
]<br />
l<br />
t<br />
S%U lÙ } \9U lV<br />
Ú<br />
ŽJS%UÌSZ V*\<br />
u<br />
U6SZ VV r Z<br />
n_<br />
<br />
65<br />
4. CALCOLO DELL’AMPIEZZA DI PROBABILITÀ<br />
PER UN CAMMINO<br />
Il primo postulato specifica il tipo di contesto matematico richiesto dalla<br />
meccanica quantistica per il calcolo delle probabilità. Il secondo postulato<br />
dà un particolare contenuto a questo contesto, indicando come calcolare<br />
l’importante quantità per ogni cammino:<br />
¥§¦¥ "( ¦©¨%*¥– ¥$ ( ¦ ( •1¢¦©¨ ¥$¦ä ( 2 (-T8d& M ¢ X Õ\- ¥( Ò<br />
2
G<br />
l<br />
t<br />
S%U lÙ } \9U lVL ˆ¢ˆ¢ˆ<br />
U lÙ } û<br />
r<br />
?<br />
U l û ˆ¢ˆ¢ˆ£\<br />
r<br />
66<br />
Si vede <strong>qui</strong>ndi che l’unico riferimento alla meccanica classica consiste nella<br />
specificazione della lagrangiana. Infatti il secondo postulato potrebbe semplicemente<br />
essere considerato come l’affermazione “ è diW<br />
l’esponenziale<br />
per l’integrale di una funzione reale diUÌSZ V e della sua derivata prima”. Corrispondentemente<br />
le equazioni classiche del moto potrebbero essere derivate<br />
successivamente nel limite di grandi dimensioni. Si potrebbe allora mostrare<br />
che la suddetta diUDSZ V funzione eUDSZ V coincide con la lagrangiana classica a<br />
u<br />
meno di un fattore costante.<br />
Di fatto la somma nell’eq. (10) è infinita anche per finito, e <strong>qui</strong>ndi priva<br />
di significato (a causa dell’infinita estensione del tempo). Questa circostanza<br />
riflette un’ulteriore incompletezza dei postulati. Ci dovremo <strong>qui</strong>ndi limitare<br />
ad un intervallo di tempo arbitrariamente lungo ma finito.<br />
Combinando i due postulati ed usando l’eq. (10) otteniamo<br />
S<br />
Ó<br />
Vx] lim P<br />
q<br />
‡<br />
Ú<br />
exp<br />
`<br />
W<br />
X-<br />
S9f a V<br />
ove il fattore di normalizzazione è stato scritto come il prodotto dif <br />
û<br />
per ogni<br />
istante di tempo (il valore diû<br />
verrà determinato in seguito). L’integrazione<br />
è su quei valoriU<br />
l<br />
, U lÙ } ,ˆ¢ˆ¢ˆ contenuti nella regione Ó . Questa equazione,<br />
la definizione (11) di t S%U lÙ } \9U lV e l’interpretazione fisica di Îq S<br />
Ó<br />
V Î`<br />
come<br />
probabilità di trovare la particella in Ó completano la nostra formulazione della<br />
meccanica quantistica.<br />
5. DEFINIZIONE DELLA FUNZIONE D’ONDA<br />
Procediamo ora a dimostrare l’e<strong>qui</strong>valenza di questi postulati con la formulazione<br />
ordinaria della meccanica quantistica. Faremo ciò in due stadi. In<br />
questo paragrafo mostriamo come la funzione d’onda possa essere definita secondo<br />
il nuovo punto di vista. Nel paragrafo seguente mostreremo che questa<br />
funzione soddisfa l’equazione di Schrödinger.<br />
Vedremo che è proprio la possibilità (data dall’eq. (10)) di esprimere<br />
come somma – e <strong>qui</strong>ndi come prodotto – di contributi di parti successive<br />
della traiettoria che ci permette di definire una quantità avente le proprietà di<br />
t<br />
una funzione d’onda.<br />
Al fine di chiarire questo punto, immaginiamo di scegliere un tempo<br />
particolareZ e di dividere la regione Ó<br />
nell’eq. (12) in “futuro” e “passato”<br />
rispetto aZ . Supponiamo che Ó possa essere decomposto in: (a) una regione Ó ì ,<br />
limitata in modo arbitrario nello spazio, ma tutta temporalmente antecedente<br />
ad un tempoZì ‰ Z , (b) una regione Ó ì…ì limitata in modo arbitrario nello spazio,<br />
ma tutta temporalmente successiva aZì…ìdc Z ; (c) una regione compresa fraZì
G<br />
Ú<br />
ð `<br />
€<br />
G<br />
nel<br />
k } o<br />
k € lí<br />
G<br />
t<br />
S%Uo Ù } \9Uo
Ú<br />
G<br />
€<br />
o<br />
lí<br />
t<br />
S%U lÙ } \9U<br />
lVML<br />
68<br />
e<br />
e î S%Uo/\ Z Vh] lim<br />
exp<br />
W<br />
X-<br />
ûf<br />
r<br />
P<br />
Uo Ù ` û ˆ¢ˆ¢ˆ S9f Ñ V<br />
‡<br />
ðñð<br />
Il ì simbolo per[<br />
nell’integrale sta ad indicare che le coordinate sono<br />
integrate sulla regione Ó e, perZl<br />
fraZì eZ , su tutto lo spazio. Analogamente,<br />
l’integrale<br />
`<br />
î<br />
è su Ó Ó e sull’intero spazio per le coordinate corrispondenti<br />
ì<br />
a tempi fraZ eZì…ì compresi . ine<br />
î<br />
L’asterisco denota la coniugazione<br />
pere<br />
complessa,<br />
in quanto risulterà più conveniente definire l’eq. (16) come il complesso<br />
coniugato di<br />
grandezza[<br />
un’altra quantitàe.<br />
La dipende solo ì dalla aZ regione precedente , ed è completamente<br />
definita se quella regione è nota. Essa non dipende in alcun modo<br />
Ó<br />
Uo Ù } û<br />
r<br />
da ciò che accadrà al sistema dopo il tempoZ. Quest’ultima informazione è<br />
contenuta ine. Quindi con di[<br />
l’introduzione abbiamo separato la storia<br />
ee<br />
passata dal comportamento futuro del sistema. Ciò ci permette di parlare della<br />
relazione fra passato e futuro nel modo usuale. Esplicitamente, se una particella<br />
è stata in una regione Ó ì dello spazio-tempo, si può dire che al tempoZ<br />
essa si trova in un certo stato determinato soltanto dal suo passato e descritto<br />
dalla funzione d’onda[<br />
S%U6\ Z V . Questa funzione contiene tutta l’informazione<br />
necessaria al fine di predire probabilisticamente il comportamento futuro. Supponiamo<br />
infatti che in un’altra situazione la regione Ó ì sia diversa – diciamo<br />
¡ ì – ed inoltre che la lagrangiana differisca per tempi minori diZ . D’altra parte,<br />
supponiamo però che[<br />
S%U6\ Z V data dall’eq. (15) sia uguale nei due casi. Allora<br />
l’eq. (14) ci dice che la probabilità di essere in Ó ì…ì è la stessa, sia per Ó ì che per<br />
¡ ì . Di conseguenza misure future non distingueranno se nel passato il sistema<br />
era in Ó ì o in ¡ ì . Ne concludiamo che la funzione d’onda[<br />
S%U6\ Z V è sufficiente<br />
per specificare le proprietà necessarie al fine di determinare completamente il<br />
comportamento futuro.<br />
In modo analogo la funzionee<br />
î S%U6\ Z V caratterizza l’esperimento che viene<br />
effettuato sul sistema. Se una regione ¡ ì…ì diversa da Ó ì…ì ed una lagrangiana<br />
diversa per tempi successivi aZ dessero la stessa funzionee<br />
î<br />
(vedi eq. (16))<br />
in entrambe le situazioni, avremmo – secondo l’eq. (14) – che la probabilità<br />
di trovare il sistema in Ó ì|ì sarebbe uguale a quella di trovarlo in ¡ ì…ì (indipendentemente<br />
dalla preparazione del sistema, specificata da[<br />
). In altre parole,<br />
i due esperimenti Ó ì…ì e ¡ ì…ì sono e<strong>qui</strong>valenti, in quanto forniscono gli stessi<br />
risultati. Possiamo anche dire che questi esperimenti determinano con quale<br />
probabilità il sistema si trova nello statoe. Di fatto questa terminologia è imprecisa,<br />
in quanto il sistema si trova nello stato[<br />
. Naturalmente il motivo per<br />
cui possiamo associare uno stato ad un esperimento è che (per un esperimento<br />
ideale) risulta esserci un unico stato (la cui funzione d’onda S%U6\ Z V ) nel quale<br />
l’esperimento avviene con certezza.<br />
èe
?<br />
?<br />
Ú<br />
ð `<br />
?<br />
¤<br />
¤<br />
¤<br />
¤<br />
Ú<br />
G<br />
o<br />
¤<br />
¤<br />
¤<br />
¤<br />
t<br />
S%U lÙ } \9U<br />
lVTL<br />
`<br />
Possiamo <strong>qui</strong>ndi dire: la probabilità che un sistema in stato[<br />
uno venga<br />
rivelato da un esperimento il cui stato caratteristico data da<br />
èe<br />
69<br />
è<br />
Ú e î S%Ue\ Z V[ S%Ue\ Z V r U<br />
Ø V S9f<br />
Ovviamente questi risultati sono in accordo con i principi della meccanica<br />
quantistica ordinaria. Essi sono una conseguenza del fatto che la lagrangiana<br />
è una funzione solamente di posizione, velocità e tempo.<br />
6. L’EQUAZIONE D’ONDA<br />
Al fine di completare la dimostrazione dell’e<strong>qui</strong>valenza con la formulazione<br />
ordinaria dovremo mostrare che la funzione d’onda – definita nel paragrafo<br />
precedente dall’eq. (15) – soddisfa proprio l’equazione di Schrödinger. In<br />
realtà, riusciremo a fare questo solo nel caso in cui lagrangianaŽ la nell’eq. (11)<br />
è una forma quadratica inomogenea delle velocità. Non si tratta però di una seria<br />
limitazione, dato che sono descritti di fatto tutti quei casi in cui l’equazione<br />
di Schrödinger è verificata sperimentalmente.<br />
L’equazione d’onda fornisce l’evoluzione temporale della funzione d’onda.<br />
Ci possiamo aspettare di ottenere un’approssimazione notando che, per<br />
finito, l’eq. (15) permette di sviluppare una semplice relazione ricorsiva.<br />
Consideriamo la forma dell’eq. (15) nel caso in cui volessimo<br />
[<br />
calcolare<br />
all’istante di tempo successivo:<br />
exp<br />
W<br />
X-<br />
Uo<br />
û<br />
r<br />
VL]<br />
[ S%Uo Ù } \ Z c<br />
Uo<br />
k } û ˆ¢ˆ¢ˆ S9f ” ìV<br />
r<br />
Questa è simile all’eq. (15), a parte l’integrazione variabileUo<br />
sull’ulteriore<br />
ed il nuovo termine nella somma che sta nell’esponenziale. Questo termine<br />
significa che l’integrale (15ì nell’eq. ) è lo stesso integrale presente nell’eq. (15),<br />
a meno del S9f" û V expSW<br />
fattore<br />
X V<br />
t<br />
S%U o Ù } \9U o V -<br />
. Poiché esso non contiene<br />
lí k €<br />
alcuna delle variabiliU<br />
l<br />
perW<br />
minore diV, tutte le integrazioni sur<br />
U l<br />
possono<br />
essere eseguite, ignorando la differenza con l’eq. (15).<br />
Tuttavia, in virtù<br />
dell’eq. (15), il risultato di tali integrazioni è semplicemente[<br />
S%Uo@\ Z V . Quindi<br />
dall’eq. (15ì ) segue la relazione<br />
[ S%Uo Ù } \ Z c<br />
exp 7<br />
W<br />
9<br />
t<br />
S%Uo Ù } \9Uo/V X-<br />
[ S0Uo \ Z V r<br />
Uo.<br />
û S9f Û V<br />
VL]
u<br />
t<br />
S%U lÙ } \9U lVh]<br />
?<br />
?<br />
t<br />
S%U lÙ } \9U lVh]<br />
?<br />
?<br />
<br />
?<br />
?<br />
?<br />
?<br />
?<br />
<br />
?<br />
<br />
?<br />
?<br />
K<br />
c<br />
?<br />
?<br />
a<br />
?<br />
K<br />
?<br />
?<br />
K<br />
70<br />
Mostreremo su esempi semplici che questa relazione, con un’opportuna<br />
diû<br />
scelta<br />
, è e<strong>qui</strong>valente all’equazione di Schrödinger. Di fatto, l’eq. (18) non è<br />
esatta, ma è valida solo nel y limite , e noi assumeremo che essa sia<br />
corretta al prim’ordine in . Osserviamo è.Uf ¥ *¦©¨ che che tale equazione<br />
corretta<br />
( (<br />
sia al prim’ordine in , per piccolo. Infatti, se consideriamo i<br />
fattori nell’eq. (15) che ci portano ad un intervallo di tempo finito , il numero<br />
. Facendo un errore di ordine<br />
`<br />
in ognuno di essi, l’errore<br />
risultante sarà di ordine<br />
, che si annulla nel limite<br />
y . <br />
di tali fattori è <br />
S<br />
<br />
VL] `<br />
Illustreremo <strong>qui</strong>ndi la relazione esistente fra l’eq. (18) e l’equazione di<br />
Schrödinger considerando il caso semplice di una particella in un potenziale<br />
R8S%UoV unidimensionale . Prima di far questo vogliamo però discutere alcune<br />
approssimazioni al valore S%U lÙ } \9U lV dato dall’eq. (11), che saranno sufficienti<br />
per l’espressione (18).<br />
È difficile calcolare esattamente, partendo dalla meccanica classica, l’espressione<br />
di S%U lÙ } \9U lV data dall’eq. (11). In realtà basta usare nell’eq. (18)<br />
t t<br />
un’espressione approssimata per t S%U lÙ } \9U<br />
lV,purché l’errore dovuto all’approssimazione<br />
sia di un ordine di grandezza più piccolo di . Ci limitiamo al<br />
caso in cui la lagrangiana è una forma quadratica inomogenea nelle velocità<br />
. In queste circostanze è sufficiente calcolare<br />
l’integrale nell’eq. (11) lungo il cammino classico corrispondente ad una<br />
particella#¥–<br />
* }} .<br />
In<br />
(£( 92¥$¦¨ ¢¨..¥%¦ }`<br />
la traiettoria di una particella libera è una<br />
linea retta, <strong>qui</strong>ndi l’integrale che figura nell’eq. (11) può essere calcolato lungo<br />
una retta. In questo caso è sufficiente sostituire l’integrale con la "regola del<br />
?<br />
. Come vedremo più avanti, i cammini più importanti sono quelli per<br />
cuiU<br />
UxSZ V ^ U l<br />
è dell’ordine di % } lÙ<br />
trapezio"<br />
a Ž I<br />
U lÙ } ^ U l<br />
a Ž I<br />
U lÙ } ^U l<br />
S9f Ý V<br />
\9U lÙ }<br />
oppure, se è più conveniente, con<br />
\9U l<br />
y
X<br />
?<br />
?<br />
!<br />
t<br />
S%U lÙ } \9U lVL]<br />
t<br />
S0U lÙ } \9U lVL]<br />
?<br />
[ S0Ue\ Z c<br />
?<br />
?<br />
Ú<br />
?<br />
exp F<br />
Ú<br />
b<br />
X<br />
W<br />
?<br />
?<br />
a I<br />
U lÙ } ^ U l<br />
? K<br />
`<br />
?<br />
G<br />
a<br />
b<br />
?<br />
W<br />
?<br />
W<br />
K<br />
?<br />
?<br />
Ú<br />
9<br />
^<br />
exp I<br />
?<br />
K<br />
9<br />
X<br />
ˆ<br />
û<br />
X<br />
?<br />
caso in cui non sia presente un potenziale vettore o altri termini lineari nella<br />
velocità:<br />
71<br />
lÙ } Sa f-V \9U<br />
Quindi per il semplice esempio unidimensionale di una particella di massa<br />
b<br />
in un potenzialeR1S%UoV possiamo porre<br />
Ž I<br />
U lÙ } ^ÜU l<br />
R1S0U lÙ } V<br />
Saa V<br />
In questo caso, l’eq. (18) diventa<br />
[ S%Uo Ù } \ Z c<br />
^ËRTS%Uo Ù } V LUN ˆ<br />
-<br />
a I<br />
U o Ù } ^ÜU o<br />
? K<br />
`<br />
Vx]<br />
S%U o \ Z V r U o <br />
û Sa { V<br />
[<br />
o Ù } ] U eU o Ù } ^ U o ] å<br />
, cosicchéU o ]’U ^ å<br />
. In tal modo<br />
PoniamoU<br />
l’eq. (23) diventa<br />
exp 7<br />
-<br />
- X RTS%UoV<br />
S%Ue\ c Vx]<br />
W b å `<br />
X ^ [ S%U3^ å \ Z V Sa „ V<br />
[ Z<br />
L’integrazione in converge<br />
[ S%U6\ Z V se si annulla in modo sufficientemente<br />
rapido per grandi å valori (certamente se<br />
[ î S%U;V[ S%U;V r Ud] f ).<br />
Essendo molto piccolo, nell’integrazione su l’esponenziale ë diW b å `<br />
<br />
a - oscilla<br />
molto rapidamente tranne che nella regione intorno a å y ( dell’ordine<br />
å å<br />
diU<br />
- <br />
b V<br />
+<br />
). Poiché la funzione[<br />
S%Uƒ^ å \ Z V ha una dipendenza da piuttosto<br />
å ]<br />
diS<br />
“liscia” (dato che può essere scelto arbitrariamente piccolo), la regione in<br />
cui l’esponenziale oscilla rapidamente contribuirà molto poco, a causa della<br />
quasi completa cancellazione di contibuti positivi e negativi. Quindi solo piccoli<br />
valori di sono rilevanti nell’integrazione, il che permette di sviluppare<br />
å<br />
[ S%U3^ å \ Z V in serie di Taylor. Abbiamo<br />
r å<br />
? K<br />
-<br />
X R3S0U;V<br />
a -<br />
W b å `<br />
Vh] exp I ^<br />
r å <br />
û<br />
Ora<br />
a Y ` [ S0Ue\ Z V<br />
S0Ue\ Z Vx^ å Y [ S%U6\ Z V<br />
Y U c<br />
å `<br />
7[<br />
Y U ` ^dˆ¢ˆ¢ˆ<br />
Sa ” V
?<br />
?<br />
Ú<br />
Â<br />
?<br />
X<br />
?<br />
Â<br />
X<br />
?<br />
?<br />
X<br />
W<br />
?<br />
W<br />
X<br />
?<br />
X<br />
W<br />
?<br />
X<br />
?<br />
?<br />
W<br />
?<br />
K<br />
K<br />
X<br />
K<br />
?<br />
û<br />
ˆ<br />
?<br />
?<br />
!<br />
ˆ<br />
72<br />
€ Ù<br />
? ?<br />
expSW b å `<br />
<br />
a - X V r å ]ùSa'& - X W<br />
<br />
b V<br />
+<br />
Ú<br />
\ !<br />
€ k<br />
€ Ù<br />
€<br />
expSW b å `<br />
<br />
a -<br />
k<br />
Sa Ñ V<br />
€ ÚÙ €<br />
expSW b å `<br />
<br />
a -<br />
k<br />
V å ` r å ]óS -<br />
V å r å ]zy\<br />
W<br />
<br />
b V¡Sa'& -<br />
<br />
b V<br />
+<br />
! \ W<br />
mentre l’integrale contenente å † è zero, in quanto il suo integrando è una funzione<br />
dispari (analogamente all’integrando che contiene ). Inoltre l’integrale<br />
contenente è di almeno un ordine più piccolo di quelli considerati å .<br />
Sviluppando il primo membro dell’eq. (25) al prim’ordine in , tale equazione<br />
sopra}«† å<br />
diventa<br />
[ S0Ue\ Z VÞc<br />
[ exp Z V<br />
Y©Z ] I ^ Y S%Ue\<br />
Z Vec<br />
-<br />
S%Ue\ 7[<br />
- X R1S0U;V<br />
?<br />
X W<br />
<br />
b V<br />
+<br />
- Sa'&<br />
9<br />
Sa Ø V<br />
Affinché ambo i membri possano all’ordine!£¢<br />
(<br />
coincidere in<br />
che si abbia<br />
è necessario<br />
a-b Y ` [ S%U6\ Z V<br />
Y U ` c ˆ¢ˆ¢ˆ<br />
Sviluppiamo ora l’esponenziale contenenteRTS%U;V . Otteniamo<br />
b V<br />
+<br />
! Sa Û V<br />
<br />
û ]óSa'&;W -<br />
S%U6\Z VÞc Y [ S%Ue\ Z V [<br />
[ S%Ue\ Z Vec<br />
-<br />
I<br />
-<br />
Y©Z ] I f¨^<br />
XQR1S%U;V<br />
S%U6\ Z V da ambo i membri, uguagliando i termini al prim’ordine<br />
in e moltiplicando per^ - X<br />
<br />
W<br />
, si ha<br />
13<br />
Cancellando[<br />
In realtà, questi integrali sono oscillanti e <strong>qui</strong>ndi non ben definiti, però ad un simile inconveniente<br />
si può ovviare introducendo un fattore di convergenza. Nell’eq. (24) tale fattore<br />
è automaticamente fornito (ç[dÕó-è%é da ). Se si desidera un procedimento più formale, si<br />
può, ad esempio, sostituire - con - d (1 ïh)<br />
successivamente limiteh_ il 0.<br />
ovehè un numero piccolo positivo, prendendo<br />
Sa Ý V<br />
a'b Y ` [ S0Ue\ Z V<br />
Y U `
?<br />
?<br />
!<br />
?<br />
?<br />
?<br />
?<br />
?<br />
<br />
K<br />
` [ c R8S%UoV[ \<br />
?<br />
?<br />
<br />
73<br />
-<br />
XWY [<br />
^<br />
X<br />
W Y -<br />
U S{ y
X<br />
?<br />
?<br />
X<br />
?<br />
74<br />
Per tale motivo l’eq. (21) non è sufficientemente accurata come approssimazione<br />
dell’eq. (11), per cui si rende necessario usare l’espressione (20) (o<br />
(19) da cui la (20) differisce per termini superiori in ). Se A rappresenta<br />
l’operatore impulso, allora l’eq. (20) dà<br />
il potenziale vettore ] S e<br />
X<br />
<br />
WV$Ç p -<br />
nell’operatore termineSf <br />
a-b V¢S p^ Swi <br />
‘ V AVDˆ S p^ Si" ‘ V AV hamiltoniano un ,<br />
mentre fornisceS9f <br />
a-b V¢S pˆ p^uSa<br />
i"<br />
‘ V Aˆ pc Si `<br />
<br />
`<br />
‘ V Aˆ AV l’eq. (21) . Queste<br />
due espressioni S differiscono<br />
X<br />
i"<br />
a-Wb<br />
‘<br />
V$Ç ˆ per -<br />
A, che può non essere nullo.<br />
La questione è ancora più importante per i coefficienti di termini quadratici<br />
nelle velocità. In generale, le eq. (19) e (20) non sono rappresentazioni sufficientemente<br />
accurate dell’eq. (11) per questi termini. È quando i coefficienti<br />
sono costanti che le eq. (19) o (20) possono sostituire l’eq. (11). Se si usa<br />
un’espressione come l’eq. (19) ad esempio in coordinate sferiche, si ottiene<br />
un’equazione di Schrödinger in cui l’operatore hamiltoniano ha qualche operatore<br />
delle coordinate e dell’impulso nell’ordine sbagliato. L’eq. (11) allora<br />
risolve l’ambiguità nella usuale regola di sostituire e Å<br />
con operatori non<br />
- <br />
WV¢SY Y<br />
Å<br />
V e nella<br />
X<br />
hamiltoniana classica÷<br />
S \<br />
Å<br />
V .<br />
Å<br />
È chiaro che l’affermazione contenuta nell’eq. (11) è indipendente<br />
commutantiS<br />
dal<br />
sistema di coordinate. Pertanto, al fine di trovare l’equazione d’onda corrispondente<br />
in un arbitrario sistema di coordinate, il procedimento più semplice<br />
consiste nel trovare dapprima l’equazione d’onda in coordinate cartesiane, effettuando<br />
poi il cambiamento di coordinate. È <strong>qui</strong>ndi sufficiente mostrare<br />
la relazione fra i nostri postulati e l’equazione di Schrödinger in coordinate<br />
rettangolari.<br />
La derivazione data <strong>qui</strong> in una dimensione può essere estesa direttamente<br />
al caso di coordinate cartesiane tridimensionali per un numero arbitrario¢ di<br />
particelle interagenti fra loro ed in presenza di un campo magnetico descritto<br />
da un potenziale vettore. I termini dipendenti dal potenziale vettore richiedono<br />
di completare il quadrato nell’esponente nel modo usuale per gli integrali<br />
gaussiani. La variabileU deve essere sostituita dall’insiemeU ï}ò\¢ˆ¢ˆ¢ˆ-\9U ï†Hn ò ,<br />
oveU ï}ò ,U ï` ò ,U ï† ò sono le coordinate della prima particella di massab<br />
} ,U ï ò ,<br />
.<br />
La lagrangiana è quella classica e l’equazione di Schrödinger che ne risulta<br />
sarà quella corrispondente alla hamiltoniana classica associata alla suddetta<br />
U ï˜ ò ,U ï ò della seconda di massab<br />
` , etc. Il simbolo<br />
r U viene sostituito da<br />
U ˆ¢ˆ¢ˆ r U r ò e l’integrazione sur<br />
U è sostituita da{¢ integrali. La costanteû<br />
assume in questo caso il valoreû<br />
]ùSaQ&;W - <br />
b V1o!<br />
ï}ò ˆ¢ˆ¢ˆ'Sa'&;W - <br />
b Vpo! †Hn }<br />
ï†Hn<br />
lagrangiana. Le equazioni in ogni altro sistema di coordinate possono essere<br />
ottenute mediante una trasformazione. Poiché quanto detto sopra comprende<br />
tutti i casi in cui l’equazione di Schrödinger è stata verificata sperimentalmente<br />
possiamo dire che i nostri postulati sono e<strong>qui</strong>valenti all’usuale formulazione<br />
della meccanica quantistica non relativistica quando venga trascurato lo spin.
?<br />
?<br />
?<br />
?<br />
7. DISCUSSIONE DELL’EQUAZIONE D’ONDA<br />
Il Limite Classico<br />
La dimostrazione dell’e<strong>qui</strong>valenza fra la formulazione usuale della teoria<br />
quantistica e quella presentata <strong>qui</strong> è ora completa. Vorremmo però considerare<br />
in questo paragrafo alcune osservazioni concernenti l’eq. (18).<br />
Questa equazione specifica l’evoluzione temporale della funzione d’onda<br />
durante un piccolo intervallo di tempo. <strong>Fisica</strong>mente, essa può essere interpretata<br />
come l’espressione del principio di Huygens per le onde di materia.<br />
In ottica geometrica, i raggi in un mezzo inomogeneo soddisfano il principio<br />
di Fermat di ¨¢ (<br />
minimo . Possiamo enunciare il principio di Huygens<br />
dell’ottica ondulatoria nel modo seguente. Se l’ampiezza di un’onda è nota<br />
su una data superficie, in un punto vicino l’ampiezza può essere considerata<br />
come la somma di contributi provenienti da tutti i punti della superficie.<br />
Ogni contributo è sfasato di una quantità proporzionale ¨* (<br />
al che la luce<br />
impiegherebbe per andare dalla superficie al punto lungo il raggio di<br />
¨¢ (<br />
minimo<br />
dell’ottica geometrica. Possiamo considerare l’eq. (22) in modo simile<br />
partendo dal primo principio di Hamilton minimaE!¢¥( ¦ di per la meccanica<br />
classica o “geometrica”. Se dell’onda[<br />
l’ampiezza è nota su una data superficie<br />
– in particolare la “superficie” consistente di leU tutte tempoZ al – il suo<br />
valore in un punto vicino, tempoZ c al , è la somma di contributi provenienti<br />
da tutti i punti della superficie al tempoZ. Ogni contributo è sfasato di una<br />
quantità proporzionale all’-!*¥( ¦ richiesta per andare dalla superficie al punto<br />
considerato lungo il cammino di minimaE!¢¥( ¦ della meccanica classica}w .<br />
In realtà, il pricipio di Huygens dell’ottica non è corretto e va sostituito<br />
dalla modifica di Kirchoff, che richiede che l’ampiezza e la sua derivata siano<br />
note su superfici adiacenti. Ciò è conseguenza del fatto che l’equazione d’onda<br />
dell’ottica è del secondo ordine nel tempo. L’equazione d’onda della meccanica<br />
quantistica è invece del primo ordine nel tempo. Quindi il principio di<br />
Ò Huygens corretto per le onde di materia, nel qual caso l’azione sostituisce il<br />
tempo.<br />
L’equazione (18) può anche essere confrontata con grandezze che appaiono<br />
nella formulazione usuale. Nell’approccio di Schrödinger l’evoluzione<br />
temporale della funzione d’onda è dato da<br />
-<br />
X<br />
^<br />
75<br />
che ha come soluzione (per<br />
arbitrario se H è indipendente dal tempo)<br />
S{ f-V<br />
W Y [<br />
YZ ] H[<br />
S%Ue\ Z c VL] expS9^ W X V[ S%U6\ Z V S{ a V<br />
16<br />
[<br />
A tale proposito si vedano le osservazioni molto interessanti di Schrödinger, Ann. d. Physik<br />
79, 489 (1926).<br />
H -
?<br />
?<br />
?<br />
Ú<br />
?<br />
?<br />
? û<br />
?<br />
Ú<br />
Ú<br />
?<br />
G<br />
?<br />
<br />
k }<br />
?<br />
t<br />
S0U lÙ } \9U lVL ˆ<br />
76<br />
X V come un’operatore integrale ap-<br />
Pertanto l’eq. (18) expS9^ W<br />
esprime<br />
prossimato per piccolo.<br />
Secondo il punto di vista di Heisenberg si considera, ad esempio, la<br />
posizione al Z tempo come un operatore x. La xì posizione ad un<br />
successivoZ c<br />
tempo<br />
può essere espressa in termini di quella tempoZ al secondo<br />
l’equazione operatoriale<br />
H -<br />
La teoria delle trasformazioni di Dirac ci permette di considerare la funzione<br />
V X<br />
d’onda al Z c tempo<br />
[ S%U ì\ Z c V , , come descrivente uno stato nella rappresentazione<br />
in xì cui è diagonale,<br />
[ S%Ue\ Z V mentre descrive lo stesso stato<br />
nella rappresentazione in cui x è diagonale.<br />
Queste funzioni d’onda sono<br />
<strong>qui</strong>ndi connesse dalla funzione di trasformazione S%U ìÎU;V P che collega le due<br />
rappresentazioni:<br />
H -<br />
H -<br />
xì©] expSW<br />
X V x expS9^ W<br />
S{{ V<br />
Di conseguenza segue dall’eq. (18) che per<br />
[ S%U ì\ Z c<br />
piccolo possiamo porre<br />
S%U ìÎU;V P[ S%Ue\ Z V r U<br />
Vx]<br />
P ]óS9f <br />
û V expSW t<br />
S%U+ì \9U;V - X V S{„ V<br />
S0U+ìÎU;V<br />
ove S%U ì\9U;V è definita dall’eq. (11).<br />
La stretta analogia fra t ìÎU;V P e la grandezza expSW t<br />
S%U ì\9U;V - X V è stata<br />
S%U<br />
sottolineata ripetutamente da } Dirac . Ora vediamo che, con sufficiente approssimazione,<br />
le due grandezze possono essere considerate proporzionali. Le<br />
osservazioni di Dirac sono state il punto di partenza del presente lavoro. Gli<br />
argomenti di Dirac riguardanti il limite classico - y sono molto belli, e<br />
X<br />
forse posso essere scusato se li riporto <strong>qui</strong> brevemente.<br />
Notiamo innanzi tutto che la funzione inU ì…ì d’onda tempoZì…ì al può essere<br />
ottenuta da inU ì quella tempoZì al come<br />
S%Uì…ì0\ Zì…ì$VL] lim P ‡<br />
[<br />
exp<br />
W<br />
X-<br />
ˆ¢ˆ¢ˆ<br />
S{/” V<br />
líÞ‡<br />
û ˆ¢ˆ¢ˆ<br />
S%U ì\ ZìV<br />
r U ‡ r U } r U <br />
k } û \ [<br />
poniamoU ‡ g U ì\9U g U ì…ì ove g Zì…ì ^ Zì (assumiamo che fra i tempiZì e<br />
e*<br />
Zì…ì non vi sia alcuna restrizione sulla regione d’integrazione). Ciò può essere<br />
visto sia applicando ripetutamente l’eq. (18) che direttamente dall’eq. (15).<br />
Ci chiediamo ora quali valori delle coordinate contribuiscano maggiormente
?<br />
t<br />
?<br />
<br />
?<br />
t<br />
]<br />
<br />
k }<br />
t<br />
S%U lÙ } \9U lV<br />
77<br />
all’integrale y per . Questi saranno i valori osservabili sperimentalmente<br />
con maggiore probabilità, e <strong>qui</strong>ndi determineranno il cammino classico per<br />
è molto piccolo, l’argomento dell’esponenziale sarà una funzione<br />
rapidamente variabile di ognuno dei argomentiU<br />
X<br />
l<br />
suoi . Al variare delle<br />
y . Se -<br />
l<br />
, i contributi positivi e negativi all’integrale provenienti dall’esponenziale si<br />
cancellano quasi completamente. La regione delleU<br />
U<br />
che contribuisce maggiormente<br />
è quella in cui l’argomento dell’esponente varia con U l<br />
il meno<br />
l<br />
rapidamente possibile (metodo della fase stazionaria). Indichiamo con la<br />
somma nell’esponente<br />
t<br />
S{Ñ V<br />
Allora l’orbita classica passa approssimativamente per puntiU<br />
l<br />
quei nei quali<br />
varia di poco al delleU<br />
l<br />
variare : nel limite - la traiettoria classica y<br />
<br />
X<br />
passa per i punti in cui non varia per una piccola variazione delleU<br />
l<br />
. Ciò<br />
t<br />
significa che l’orbita classica passa per i punti cuiY<br />
t<br />
in<br />
Prendendo il limite<br />
lío‡<br />
Y U l ] y , per ogniU<br />
l<br />
.<br />
y , l’eq. (36) diventa (in virtù dell’eq. (11))<br />
] nðñð Ú<br />
t<br />
nð<br />
S{/Ø V<br />
Vediamo <strong>qui</strong>ndi che il cammino classico è quella traiettoria deformando la<br />
quale non si induce – al prim’ordine – alcuna variazione in t . Questo è il<br />
principio di Hamilton, che porta direttamente alle equazioni di Lagrange.<br />
V.\<br />
u<br />
U6SZ V9V r Z ŽJS%UÌSZ<br />
8. ALGEBRA DEGLI OPERATORI<br />
Elementi di matrice<br />
Data la funzione d’onda e l’equazione di Schrödinger, è possibile naturalmente<br />
sviluppare l’intero formalismo degli operatori o dell’algebra delle<br />
matrici. È tuttavia più interessante esprimere questi concetti in un linguaggio<br />
differente, più simile a quello usato nella formulazione dei nostri postulati.<br />
Ciò non porta ad una più profonda comprensione dell’algebra degli operatori,<br />
in quanto i nostri risultati saranno una semplice trascrizione delle equazioni<br />
operatoriali in una notazione più pesante. D’altra parte, il nuovo formalismo<br />
è molto utile in certe applicazioni descritte nell’introduzione. La forma delle<br />
equazioni permette inoltre un’estensione naturale ad una classe di operatori più<br />
vasta di quella usualmente considerata (ad esempio operatori che si riferiscono<br />
a due o più tempi diversi). Le formule che svilupperemo giocheranno un ruolo
Ú<br />
Ú e î S%U ì…ì\ Zì…ìV expSW t<br />
78<br />
importante nel caso in cui sia possibile una generalizzazione ad una classe più<br />
vasta di integrali d’azione.<br />
Discuteremo questi argomenti nei tre paragrafi successivi, mentre il presente<br />
paragrafo contiene principalmente alcune definizioni. Introdurremo una<br />
grandezza che chiamiamo elemento di transizione tra due stati. Esso è essenzialmente<br />
un elemento di matrice. Ma invece di essere un elemento di matrice<br />
fra stati[<br />
due corrispondenti allo*¨. (<br />
tempo, i due stati si riferiscono a<br />
ee<br />
tempi diversi. Nel paragrafo successivo otterremo una relazione fondamentale<br />
fra gli elementi di transizione, da cui possono venir dedotte le usuali relazioni<br />
di commutazione fra coordinate ed impulsi. La stessa relazione fornisce anche<br />
le equazioni newtoniane del moto in forma matriciale. Discuteremo infine nel<br />
paragrafo 10 la relazione fra hamiltoniana ed operatore di traslazione temporale.<br />
Cominciamo col definire un elemento di transizione in termini della probabilità<br />
di transizione fra uno stato ed un altro. Più precisamente, supponiamo di<br />
avere una situazione simile a quella considerata nella derivazione dell’eq. (17).<br />
La regione Ó<br />
consiste di una regione ì precedente aZì , tutto lo spazio fraZì<br />
Ó<br />
e la regione Ó ì|ì successiva aZì…ì . Studieremo la probabilità che un sistema<br />
nella regione Ó ì sia trovato successivamente nella regione Ó ì…ì . Questa è data<br />
eZì…ì<br />
dall’eq. (17). Discuteremo in questo paragrafo come essa varia al variare della<br />
forma della fraZì eZì…ì lagrangiana . Nel paragrafo 10 studieremo invece come<br />
essa cambia al variare della preparazione ì o dell’esperimento Ó ì…ì .<br />
Lo stato al Ó è definito completamente dalla preparazione Ó ì . Esso<br />
può essere specificato dalla funzione d’onda<br />
[ S%U ì\ ZìV ottenuta dall’eq. (15)<br />
tempoZì<br />
considerando gli integrali estesi fino tempoZì al . Analogamente, lo stato caratteristico<br />
dell’esperimento (regione ì…ì ) può essere definito da una funzione<br />
Ó<br />
S%U ì|ì\ Zì|ìV ottenuta dall’eq. (16) con integrali calcolati a partire dal tempoZì…ì .<br />
La funzione d’onda<br />
[ S%U ì…ì\ Zì…ìV può ovviamente essere ottenuta anche applicando<br />
l’eq. (15) o da[<br />
S%U ì\ ZìV mediante l’eq. (35). Secondo l’eq. (17) con<br />
Zì al posto diZ,la probabilità che il sistema venga osservato nello<br />
e<br />
se<br />
preparato in<br />
[<br />
è il quadrato di ciò che chiamiamo ampiezza di transizione<br />
ë<br />
statoe<br />
î S%U ì…ì\ Zì…ìV[ S%U ì…ì\ Zì…ìV r U ì…ì . Desideriamo esprimere questa grandezza in ter-<br />
e<br />
die<br />
mini tempoZì…ì al di[<br />
e tempoZì al : possiamo farlo grazie all’eq. (35).<br />
Quindi la probabilità che un sistema preparato stato[<br />
nð<br />
nello tempoZì al sia<br />
trovato ad tempoZì…ì un statoe<br />
nðñð<br />
nello è il quadrato dell’ampiezza di transizione<br />
¾ ] lim P ‡ nðÏ<br />
-<br />
X V[ S%U ì\ ZìV*ˆ <br />
Íe nðñðÎf Î[<br />
ˆ¢ˆ¢ˆ<br />
U ‡ r U <br />
k }<br />
S{Û V<br />
r<br />
ove si è fatto uso dell’abbreviazione (36). Nel linguaggio della meccanica<br />
quantistica ordinaria, nel caso in cui la hamiltoniana H sia costante, si ha<br />
û ˆ¢ˆ¢ˆ<br />
û r U \
?<br />
?<br />
G<br />
X<br />
?<br />
Ú<br />
¤<br />
¤<br />
¤<br />
¤<br />
¤<br />
X<br />
W<br />
?<br />
<br />
?<br />
ß<br />
S%U l\ZlV<br />
¤<br />
¤<br />
¤<br />
¤<br />
¤<br />
[<br />
nð]r¾<br />
?<br />
?<br />
S%Ue\ Zì…ìV¨] exps^<br />
W SZì…ì ^ ZìV H - X v[ S%Ue\ ZìV , cosicché l’eq. (38) è l’elemento di<br />
[<br />
matrice exps^<br />
W SZì…ì ^ ZìV H di<br />
X v - fra statie<br />
nðñð e[<br />
nð<br />
gli .<br />
Se è un’arbitraria funzione coordinateU<br />
l<br />
perZì ‰ Z ‰ Zì…ì delle , definiamo<br />
l’elemento di transizione di fra stati[<br />
gli tempoZì al al<br />
per l’azione t S%U ì…ì g U \9U ì g U ‡ V come<br />
ee<br />
79<br />
tempoZì…ì<br />
nðñðÎ nðϾ ] lim P ‡ ˆ¢ˆ¢ˆ<br />
Ú î e S%U+ì…ì%\ Zì…ì%V S%U ‡ \9U } \¢ˆ¢ˆ¢Ê\9U V.ˆ<br />
Î[<br />
W <br />
exp<br />
k }<br />
Íe<br />
t<br />
S%U lÙ } \9U<br />
lVTL<br />
[ S%U+ì \ Zì$V<br />
r U ‡ û ˆ¢ˆ¢ˆ<br />
r U <br />
k } û r U <br />
S{Ý V<br />
lío‡<br />
-<br />
y Nel limite diventa un camminoUDSZ V funzionale del .<br />
Vedremo ora perché tali quantità sono importanti. Sarà più facile capirlo<br />
se ci soffermiamo un momento a scoprire le corrispondenti grandezze nella<br />
formulazione convenzionale. Supponiamo che sia data semplicemente da<br />
, doveVcorrisponde ad un tempoZ ] Z o certo . Allora nel secondo Uo membro<br />
dell’eq. (39) gli U ‡ integrali Uo<br />
k }<br />
da a possono essere<br />
[ S%U<br />
calcolati,<br />
\ Z V<br />
ottenendo<br />
exps^<br />
W SZ ^ ZìV H o<br />
nð<br />
- . Analogamente, gli integrali U l<br />
su î S0U<br />
o<br />
\ Z V<br />
per<br />
o exps^<br />
W SZì…ì ^ Z V H -<br />
n o<br />
di transizione diU o<br />
X ve nðñð<br />
p<br />
î<br />
. Quindi l’elemento<br />
X v[<br />
*‘é<br />
Wc<br />
V dannoe<br />
Íe nðñð Î Î[<br />
nðϾ ]<br />
Ú î<br />
nðñðikDï#l§p<br />
- X ò Hï•nðñðk©n ò0UoikDï#l§p<br />
- e<br />
r U3]<br />
X ò Hï•n«k©nðò[<br />
nð<br />
S„ y
Ú<br />
7<br />
¤<br />
¤<br />
nðñð ¤bse<br />
l<br />
?<br />
¤<br />
¤<br />
¤<br />
¤<br />
¤<br />
¤<br />
¤<br />
?<br />
X<br />
W<br />
?<br />
<br />
¤<br />
¤<br />
¤<br />
¤<br />
¤<br />
[<br />
l<br />
ß<br />
S%U l \ ZlV<br />
?<br />
¤<br />
¤<br />
¤<br />
¤<br />
¤<br />
[<br />
9<br />
80<br />
Quindi elementi di transizione come quello nell’eq. (39) sono importanti ogniqualvolta<br />
può nascere in qualche modo da variazioneÐ<br />
t<br />
una di un funzionale<br />
d’azione. Chiameremo funzionali osservabili quei funzionali che possono<br />
essere definiti (anche se indirettamente) in termini di variazioni indotte da<br />
possibili cambiamenti dell’azione. La condizione affinché un funzionale sia<br />
osservabile è abbastanza simile a quella che un operatore deve soddisfare<br />
affinché sia hermitiano. I funzionali osservabili formano una classe ristretta,<br />
in quanto l’azione deve restare una funzione quadratica delle velocità. Da un<br />
funzionale osservabile altri possono essere dedotti come, ad esempio,<br />
¤¤<br />
exp<br />
-<br />
Íe nðñðÎf Î[<br />
che segue dall’eq. (39).<br />
Incidentalmente, l’eq. (41) porta direttamente ad un’importante formula<br />
perturbativa. Se l’effetto di è piccolo, l’esponenziale può essere sviluppato<br />
al prim’ordine in e troviamo<br />
ß<br />
ß<br />
lí }<br />
nðr<br />
¾<br />
nðϾ ð ]<br />
qe nðñð<br />
S„ a V<br />
W<br />
X-<br />
nðñð Î Íe<br />
¾<br />
ð ]óÍe nðñð Îf Î[<br />
nðϾ c<br />
ß<br />
S0U l \ ZlV Î[<br />
nðÏ<br />
nðÏ<br />
Di particolare importanza è il caso cuie<br />
nðñð<br />
in è uno stato in<br />
[<br />
cui<br />
non<br />
potrebbe venir trovato, se non fosse perché la perturbazione è presente (cioè<br />
ß nð<br />
nðϾ ]zy ). Allora<br />
S„/{ V<br />
Íe nðñð Îf Î[<br />
Íe nðñðÎf Î[<br />
ß<br />
S%U l\ZlV<br />
¤<br />
nð=t¤ S„„ V<br />
¤`<br />
X+`<br />
-f<br />
è la probabilità della transizione indotta dalla perturbazione (al prim’ordine<br />
nella perturbazione). Nella notazione usuale si ha<br />
¤<br />
l<br />
¤<br />
¤<br />
¤<br />
nðñð S0U l \ ZlV<br />
¤ [ ß ¤¤<br />
ikDï)l$p<br />
- X ò Hï#nðñðk©n ò UikDï)l$p<br />
-<br />
se<br />
nðñð<br />
nð:t¾ ]<br />
U r Z r<br />
cosicché l’eq. (44) si riduce usuale}Ó all’espressione per la teoria delle perturbazioni<br />
dipendenti dal tempo.<br />
X ò Hï#nwk+nðò[<br />
Ú e î<br />
nð<br />
17 P. A. M. Dirac,È
¾<br />
¤<br />
¤<br />
¤<br />
¤<br />
¤<br />
¤<br />
Y<br />
t<br />
¤<br />
?<br />
9<br />
81<br />
9. EQUAZIONI DI NEWTON<br />
Le relazioni di commutazione<br />
In questo paragrafo scopriamo che funzionali diversi possono dare risultati<br />
identici quando considerati fra un coppia di stati. Questa e<strong>qui</strong>valenza fra<br />
funzionali è l’analogo, nel nuovo linguaggio, delle equazioni operatoriali.<br />
Se dipende da più coordinate possiamo naturalmente definire un nuovo<br />
Y Y Uo funzionale derivando rispetto ad una delle sue variabili, ad esem-<br />
ÎY Y Uo Î[<br />
nðñð<br />
Uo—Sy pio *V .<br />
nðϾ Calcolando mediante l’eq. (39),<br />
l’integrale nel secondo membro conterràY Y Uo . L’unico altro posto in cui<br />
‰ ‰<br />
variabileUo compare la è in . Quindi suUo l’integrazione può essere effettuata<br />
per parti. La parte integrata si annulla (assumendo che la funzione<br />
d’onda si annulli all’infinito) e nell’integrale<br />
V t <br />
Íe<br />
UoV expSW t<br />
figura<br />
X V - .<br />
- X VÜ] SW<br />
-<br />
-<br />
Y<br />
<br />
SY ^<br />
SY Y U o V expSW t X V¢SY<br />
t<br />
Y U o V expSW t X V Ora , <strong>qui</strong>ndi il secondo<br />
membro rappresenta l’elemento di di^âSW<br />
transizione<br />
X V SY<br />
t<br />
Y U o V -<br />
, cioè<br />
¤<br />
¤¤[<br />
¤<br />
W<br />
X<br />
uenðñð -<br />
¤<br />
¤¤[<br />
¤<br />
V S„
?<br />
¾<br />
b Uo<br />
I<br />
Ù } ^Uo<br />
7^ <br />
?<br />
^<br />
I<br />
U o Ù } ^ÜU o<br />
?<br />
?<br />
?<br />
?<br />
?<br />
^ UoB^ÜUo k }<br />
? K<br />
^ U o ^U o<br />
k }<br />
? K<br />
?<br />
^<br />
^<br />
?<br />
^<br />
Ú<br />
?<br />
?<br />
W<br />
9<br />
9<br />
82<br />
e<br />
S%U o V.\ RFì<br />
ove scrittoR ìS%U;V abbiamo per indicare la derivata del potenziale (forza). Allora<br />
l’eq. (47) diventa<br />
Y<br />
t<br />
S%U o \9U o<br />
k } V Y U o ] c b S%U o ^ U o<br />
k } V<br />
- XWY ^<br />
Se non dipende variabileUo dalla , l’eq. (48) fornisce le equazioni newtoniane<br />
del moto. Ad esempio, se è costante (uguale ad uno), l’eq. (48) porta<br />
(dividendo per ) a<br />
Y Uo Ú<br />
R ìS%U;V<br />
S„/Û V<br />
b<br />
?<br />
^ U o ^ U o<br />
k }<br />
? K<br />
y<br />
Ú<br />
¾<br />
<br />
Pertanto l’elemento di transizione del prodotto della massa per l’accelerazione<br />
Ù } ^UoV ^ S%Uoe^AUo k } V vô fra due stati arbitrari è uguale all’elemento<br />
sS0Uo<br />
di transizione della ^R ìS0U;V forza fra gli stessi stati. Questa è l’espressione<br />
matriciale della legge di Newton che vale in meccanica quantistica.<br />
Cosa accade se dipende Uo da ? Ad esempio, ] Uo sia . Allora<br />
l’eq. (48) (essendoY Y Uoâ]_f fornisce )<br />
^ËRFì S%UoV<br />
- X<br />
^<br />
Uo‘7«^<br />
b<br />
I<br />
U o Ù } ^ÜU o<br />
?<br />
¾<br />
<br />
RFì S%UoV<br />
ossia, trascurando i termini d’ordine<br />
W<br />
Ú<br />
b<br />
I<br />
Uo Ù } ^Uo<br />
? K<br />
U o ^ b<br />
I<br />
UoB^ÜUo k }<br />
? K<br />
X-<br />
V S„/Ý<br />
Al fine di tradurre un’equazione come la (49) nella notazione usuale, abbiamo<br />
bisogno di conoscere quale matrice corrisponde a grandezze tipoUo-Uo Ù }<br />
del .<br />
Dallo studio dell’eq. (39) è chiaro che se viene scelta, ad esempio, uguale a<br />
S0UoV:xoS%Uo Ù } V , il corrispondente operatore nell’eq. (40) è<br />
w<br />
U o<br />
¾<br />
<br />
k6ï)l$p<br />
- X òwï•n0ðñð?k©n«k Pò HxoS xVi k6ï)l$p<br />
-<br />
i<br />
X ò<br />
P Hw<br />
xVi k6ï)l$p<br />
- X òwï#n«k©n0ð#ò H\ S<br />
con l’elemento di matrice preso fra statie<br />
nðñð<br />
gli<br />
[<br />
nð<br />
e . Gli operatori che<br />
corrispondono a diUo Ù }<br />
funzioni appaiono a sinistra di quelli corrispondenti
a funzioni di Uo , cioè $ã( 92¥$¦;Ü2
?<br />
X<br />
?<br />
?<br />
?<br />
?<br />
!<br />
?<br />
?<br />
?<br />
?<br />
?<br />
?<br />
?<br />
X<br />
?<br />
W<br />
?<br />
!<br />
X<br />
?<br />
?<br />
!<br />
84<br />
per un piccolo tempo<br />
} è<br />
ad un cambiamento della massa della particella. sostituiscab<br />
conb<br />
Sf;c—ÐV<br />
Si<br />
, all’istanteZ o intorno . La variazione indotta<br />
v`<br />
nell’azione<br />
, la cui derivata dà un’espressione come quella<br />
nell’eq. (51).<br />
Ora, la variazione di<br />
b<br />
altera sia la costante di normaliz-<br />
Ð b sS0U o Ù } ^jU o V `<br />
<br />
û<br />
relativa ar<br />
Uo che l’azione. La costante varia daSaQ& -<br />
a sa'& - W<br />
<br />
b S9fJc Ð'V«vk<br />
+<br />
o, al prim’ordine in Ð , } ` ÐSa'& - W<br />
<br />
b V k<br />
+<br />
zazionef<br />
. L’effetto<br />
totale della variazione della massa nell’eq. (38) al inÐ prim’ordine è<br />
W<br />
<br />
b V k<br />
+<br />
¤<br />
¤¤f<br />
a Ð<br />
¤<br />
- X c f v`<br />
¤<br />
¤¤[<br />
¤<br />
uenðñð<br />
W b sS%Uo Ù } ^ÜUoV<br />
Ci aspettiamo che la variazione di Ð ordine che dura per un tempo sia<br />
di Ð ordine . Quindi, dividendo Ð W<br />
per<br />
X<br />
- , possiamo definire il funzionale<br />
nðv<br />
a Ð<br />
energia cinetica come<br />
Ø<br />
] f a b sS%Uo Ù } ^ÜUoV t<br />
Questo è finito y per , grazie all’eq. (50). Usando l’equazione che si<br />
nell’eq. (48) si può anche mostrare<br />
che l’espressione (52) è uguale (al prim’ordine in ) a<br />
ottiene inserendo ] b S%Uo Ù } ^uUo/V<br />
c - X<br />
<br />
a v`<br />
S” a V<br />
a b<br />
I<br />
Uo Ù } ^Uo<br />
? K<br />
I<br />
UoB^ÜUo k }<br />
? K<br />
Ø<br />
] f<br />
S”{ V<br />
t<br />
Si vede che il modo più semplice per ottenere funzionali osservabili contenenti<br />
potenze della velocità è di sostituire questa potenza col prodotto delle velocità,<br />
calcolando ogni fattore a tempi leggermente diversi.<br />
10. LA HAMILTONIANA<br />
L’impulso<br />
L’operatore hamiltoniano ha un’importanza centrale nell’usuale formulazione<br />
della meccanica quantistica. In questo paragrafo studieremo il funzionale<br />
corrispondente a questo operatore. Potremmo definire immediatamente<br />
il funzionale hamiltoniano sommando il funzionale dell’energia cinetica<br />
(52) o (53) all’energia potenziale. Tuttavia questo metodo è artificiale e non<br />
mostra l’importante relazione esistente fra hamiltoniana e tempo. Definiremo<br />
il funzionale hamiltoniano mediante la variazione indotta in uno stato da una<br />
traslazione temporale.
t<br />
S%U lÙ } \ ZlÙ } s U l \ ZlVL]<br />
t<br />
]<br />
G<br />
l<br />
t<br />
S%U lÙ } \ ZlÙ } s U l \ ZlV<br />
a I<br />
U } ^ÜU l<br />
b<br />
} ^ Zl ZlÙ<br />
!<br />
n_ ŽJS0UDSZ V.\<br />
u<br />
K<br />
`<br />
85<br />
A tal fine è necessario osservare che la suddivisione del tempo in intervalli<br />
@•¥ non è necessaria. Chiaramente ogni suddivisione in istantiZl<br />
è soddisfacente;<br />
i limiti vanno presi richiedendo che l’intervallo maggioreZlÙ<br />
} ^ Zl<br />
vada a zero. L’azione totale deve ora venire rappresentata dalla somma<br />
S”'„ V<br />
ove<br />
Ú n_)Ï+<br />
S”” V<br />
in cui l’integrale è calcolato lungo il cammino classico che congiungeU<br />
l<br />
al<br />
tempoZl<br />
conU<br />
lÙ }<br />
al tempoZlÙ<br />
}<br />
. Per il nostro esempio unidimensionale si ha<br />
con sufficiente precisione<br />
UDSZ VV r Z \<br />
t<br />
S%U lÙ } \ ZlÙ } s U l \ ZlVL]<br />
^ËRTS%U lÙ } VTLSZlÙ } ^ ZlV S”Ñ V<br />
e la corrispondente costante di normalizzazione per l’integrazione<br />
r U l<br />
su<br />
û ]<br />
è<br />
- X W SZlÙ } ^ ZlV <br />
b vk<br />
+<br />
sa'&<br />
.<br />
Possiamo studiare adesso la relazione esistente fra hamiltoniana ed evoluzione<br />
temporale. stato[<br />
V Si consideri uno definito in una<br />
ì<br />
regione spaziotemporale<br />
. Si immagini ora di considerare un tempoZ altro SZ V stato al<br />
SZ<br />
,<br />
definito in un’altra regione ìy. Supponiamo che la regione ìysia esattamente<br />
la stessa Ó Ó di tranne che precede Ó di un tempoÐ , cioè è spostata in blocco<br />
nel passato di un Ó . L’apparato associato a ìyper la preparazione dello<br />
Ó ì ì<br />
stato è identico a quello associato<br />
,[zy<br />
a , ma opera ad un tempo Ó precedente<br />
Ó tempoÐ<br />
. dipende esplicitamente dal tempo,<br />
ì<br />
anch’essa dev’essere<br />
traslata temporalmente, cioè daŽ lo stato[zyè ottenuto stato[<br />
usata per<br />
dell’intervalloÐ<br />
lo<br />
SeŽ<br />
, con<br />
tempoZ la sola conZ c Ð differenza che il inŽyè sostituito . Ci<br />
da[<br />
chiediamo ora<br />
come lo stato[zydifferisca . In ogni misurazione la probabilità di trovare<br />
il sistema ì…ì in una regione prefissata ì è diversa per e ìy. Si consideri<br />
la variazione Ó Ó Î[y Ó nell’elemento di ¾1{indotta dalla traslazione Ï Îf transizioneÍe<br />
. Possiamo considerare quest’ultima come realizzata diminuendo<br />
lasciando V,<br />
temporaleÐ<br />
tutti i diZl<br />
diÐ perW<br />
valori k|V, inalterati i diZl<br />
perW<br />
valori<br />
essendoZ nell’intervalloZ o \ Z o Ù } }ú . Questa variazione non avrà alcun effetto<br />
c<br />
19 Dal punto di vista del rigore matematico, sehè finito, il limite b _ 0 è problematico in
?<br />
<br />
b<br />
!<br />
?<br />
X<br />
X<br />
86<br />
su S0U lÙ } \ ZlÙ } s U l \ ZlV definita dall’eq. (55) fintanto che siaZlÙ }<br />
cheZl<br />
vengono<br />
variati della stessa quantità. D’altro lato, t<br />
t o Ù } \ Z o Ù } s U o \ Z o V diventa<br />
t<br />
S%U o Ù S0U \ Z o Ù } s U o \ Z o ^Ð'V , mentre la costante d’integrazionef <br />
û<br />
relativa ar U o<br />
}<br />
-<br />
X W SZ o Ù } ^ Z oCc ÐV b vk<br />
+<br />
. Al prim’ordine inÐ , l’effetto di queste<br />
diventasa'&<br />
variazioni sull’elemento di transizione è dato da<br />
WÐ-<br />
Îf Î[<br />
Ͼ ^ Íe Îf Î[}y Ï ¾1{ ]<br />
in cui la funzione hamiltoniana÷<br />
o è definita come<br />
Íe<br />
X Íe Î÷<br />
o Î[<br />
Ͼ<br />
Y©Z o<br />
c<br />
-<br />
Sӯ V<br />
SZ o Ù } ^ Z o V a'W<br />
L’ultimo termine è indotto dalla variazione f <br />
û<br />
di mantiene÷<br />
o e finita per<br />
y . Ad esempio, per l’espressione (56) si ha<br />
÷ oƒ] Y<br />
t<br />
S%Uo Ù } \ Z o Ù } s Uo\ Z oV<br />
S”Û V<br />
K<br />
`<br />
che è proprio la somma del funzionale dell’energia cinetica (52) e di quello<br />
oƒ]<br />
Uo<br />
I<br />
Ù } ^ Uo<br />
Z o Ù ÷<br />
^ Z o<br />
c<br />
- X<br />
a-W SZ o Ù } ^ Z o V cdRTS%Uo Ù } V<br />
} a<br />
Ù } V dell’energia<br />
S%U6\ Z V<br />
.<br />
potenzialeR1S0Uo<br />
rappresenta naturalmente<br />
[ S%U6\ Z V<br />
lo stato<br />
La funzione d’onda<br />
[y<br />
traslato temporalmente diÐ , cioè[<br />
S%Ue\ Z c ÐV . Quindi l’eq. (57) è strettamente<br />
connessa con l’equazione operatoriale (31).<br />
Si può anche considerare variazioni dovute ad una traslazione temporale<br />
dello stato finalee. Naturalmente, in questo caso non si ottiene alcun risultato<br />
nuovo, in quanto è solo la traslazione relativa frae<br />
e[<br />
che conta. Si ottiene<br />
un’espressione alternativa<br />
YZ o Ù } c<br />
-<br />
SZ o Ù } ^ Z oV a-W<br />
che differisce dalla (58) solo per termini di ordine .<br />
La rapidità di variazione temporale di un funzionale può essere calcolata<br />
considerando l’effetto combinato di una traslazione temporale sia dello<br />
stato iniziale che di quello finale. Ciò e<strong>qui</strong>vale a calcolare l’elemento di transizione<br />
del funzionale riferito ad un tempo successivo. Il risultato è l’analogo<br />
dell’equazione operatoriale<br />
÷ oƒ]_^ Y<br />
t<br />
S%Uo Ù } \ Z o Ù } s Uo@\ Z o/V<br />
S”Ý V<br />
quanto, ad es., l’intervalloéRˆ +1 dQéRˆ è mantenuto finito. A ciò si può ovviare assumendo che<br />
hdipenda dal tempo, e che sia “acceso” lentamente prima dié =é ˆ e “spento” lentamente<br />
=é ˆ . Tenendo fissa la dipendenza temporale dih, si effettui il limite b_ 0; <strong>qui</strong>ndi<br />
si cerchi la variazione (al prim’ordine) perh_ 0. Il risultato è essenzialmente identico a<br />
dopoé<br />
quello ottenuto col procedimento più semplice usato sopra.
§<br />
§<br />
§<br />
W<br />
§<br />
che<br />
87<br />
X-<br />
_ W f Hf ^ fH ]<br />
Il funzionale o dell’impulso può essere definito in modo analogo considerando<br />
le variazioni indotte dalle traslazioni spaziali:<br />
X-<br />
Î Íe<br />
o Î[<br />
Ͼ<br />
è identica<br />
alla regione , tranne che per il fatto di essere traslata spazialmente di una<br />
distanza . (La lagrangiana – se essa dipende esplicitamente da Ó – deve U<br />
Îf Ï ^ŠÍe ¾ Î[ ] Îf<br />
La preparazione dello è associata ad una regione Ó<br />
Î[z~ Íe<br />
ì~ Ͼ€<br />
stato[z~<br />
essere sostituita conŽ~<br />
] ŽJS%UT^<br />
o ] Y<br />
t<br />
S0Uo Ù } \9Uo/V<br />
\<br />
u<br />
UÞV per tempi precedenti aZ ). Si trova` ‡<br />
Uo Ù }<br />
Poiché[~<br />
Y<br />
Z V è uguale a[ S%Uâ^ \ Z V , ne consegue la stretta connessione fra<br />
o e la derivata spaziale della funzione d’onda.<br />
S%U6\<br />
Gli operatori di momento angolare sono connessi alle rotazioni in modo<br />
simile.<br />
Ora, la derivata di S%U lÙ } \ ZlÙ } s U l \ ZlV rispetto a ZlÙ }<br />
compare nella<br />
t<br />
, mentre la derivata rispetto a U lÙ }<br />
definisce <br />
l<br />
. Ma la<br />
derivata di t S%U lÙ } \ ZlÙ } s U l \ ZlV rispetto aZlÙ }<br />
è connessa alla derivata rispetto<br />
l<br />
lÙ }<br />
, dato che la funzione t S%U lÙ } \ ZlÙ } s U l \ ZlV definita dall’eq. (55) soddisfa<br />
aU<br />
definizione<br />
÷<br />
di<br />
l’equazione di Hamilton-Jacobi. Quindi tale esprime÷<br />
l<br />
equazione in funzione<br />
<br />
l<br />
di . In altre parole, l’equazione di Hamilton-Jacobi il fatto che<br />
stati traslati temporalmente sono connessi alla traslazione spaziale degli stati<br />
originali. Questa idea porta direttamente ad una derivazione dell’equazione di<br />
Schrödinger che è molto più elegante di quella considerata precedentemente.<br />
] ^ Y<br />
t<br />
S%Uo Ù } \9UoV<br />
Y Uo<br />
SÑ y
88<br />
Abbiamo tuttavia ritenuto opportuno evitare questi metodi in una prima presentazione.<br />
Ulteriormente è necessario avere a disposizione un’appropriata<br />
misura sullo spazio funzionale dei camminiUÌSZ V }‡<br />
.<br />
Questa formulazione è anche incompleta dal punto di vista fisico. Una<br />
caratteristica fondamentale della meccanica quantistica è l’invarianza per trasformazioni<br />
unitarie, che corrispondono alle trasformazioni canoniche della<br />
meccanica classica. Naturalmente, si può dimostrare che la presente formulazione<br />
è invariante per trasformazioni unitarie, in virtù della sua e<strong>qui</strong>valenza<br />
con la formulazione usuale. Non è però x¥ 1*¦©¨ ovvio che sussista tale<br />
invarianza. Questa incompletezza si manifesta in un modo ben definito. Non<br />
è stato descritto alcun procedimento diretto per misurare grandezze diverse<br />
dalla posizione. Ad esempio, misure dell’impulso di una particella possono<br />
essere definite in termini di misure di posizione di altre particelle. Analizzando<br />
questa situazione in modo dettagliato si ottiene la connessione fra misure di<br />
impulso e trasformata di Fourier della funzione d’onda. Questo è però un<br />
metodo piuttosto involuto per ottenere un risultato così importante. È naturale<br />
attendersi che i nostri postulati possano essere generalizzati sostituendo l’idea<br />
dei “cammini in una regione dello spazio-tempo” con quella di “cammini<br />
Ó<br />
della classe Ó ”, o “cammini che hanno la proprietà Ó ”. Non è però chiaro in<br />
generale quale proprietà specifica debba corrispondere a misurazioni fisiche.<br />
12. UNA POSSIBILE GENERALIZZAZIONE<br />
La formulazione che abbiamo considerato suggerisce un’ovvia generalizzazione.<br />
Ci sono problemi classici interessanti che soddisfano ad un principio<br />
d’azione, ma per i quali l’azione non può essere scritta come l’integrale di una<br />
funzione della posizione e della velocità. L’azione può contenere ad esempio<br />
l’accelerazione, oppure – se l’interazione non è istantanea – essa può contenere<br />
il prodotto delle coordinate a due tempi diversi, come UDSZ V«UÌSZ c<br />
<br />
V r Z . Allora<br />
l’azione non può venire suddivisa nella somma di piccoli contributi, come è<br />
stato fatto nell’eq. (10). Di conseguenza, lo stato del sistema non può essere<br />
ë<br />
descritto da una funzione d’onda. Ciò nonostante si può definire la probabilità<br />
di transizione da una regione ì ad una regione Ó ì…ì . La maggior parte della<br />
Ó<br />
Î[<br />
nðñðÎ<br />
teoria degli elementi di transizione<br />
caso.<br />
Íe<br />
È sufficiente inventare un simbolo del tipo Í<br />
Ó<br />
ì…ìÎ Î<br />
Ó<br />
ìϾ definito da<br />
un’equazione simile all’eq. (39) in cui non compaiono[<br />
ee, ed in cui figura<br />
per t l’espressione più generale dell’azione. L’hamiltoniana ed il funzionale<br />
d’impulso possono essere definiti come nel paragrafo (10). Ulteriori dettagli<br />
sono contenuti nella tesi dell’autore`<br />
} .<br />
nðϾ può essere estesa a questo<br />
21 La teoria dell’elettromagnetismo descritta da J. A. Wheeler e R. P. Feynman, Rev. Mod.<br />
Phys. 17, 157 (1945) può essere espressa in forma di principio di minima azione in cui<br />
compaiono solamente le coordinate delle particelle. È stato il tentativo di quantizzare questa
89<br />
13. APPLICAZIONE ALL’ELIMINAZIONE<br />
DEGLI OSCILLATORI DI CAMPO<br />
Un aspetto caratteristico della presente formulazione è che essa offre una<br />
visione panoramica delle relazioni spazio-temporali in una data situazione.<br />
Prima di effettuare sulleU<br />
l<br />
l’integrazione in un’espressione come l’eq. (39) si<br />
ha a disposizione una formula in cui vari funzionali possono essere inseriti.<br />
Si possono <strong>qui</strong>ndi studiare le relazioni esistenti fra gli stati quantistici del<br />
sistema a tempi diversi. Discuteremo ora un esempio per rendere più definite<br />
queste osservazioni piuttosto vaghe.<br />
In elettrodinamica classica i campi che descrivono, ad esempio, l’interazione<br />
fra due particelle possono essere rappresentati da un insieme di<br />
oscillatori. Le equazioni del moto di questi oscillatori possono venire risolte,<br />
e gli oscillatori possono essere eliminati (potenziali di Lienard e Wiechert).<br />
Le interazioni che ne risultano correlano il moto di una particella ad un dato<br />
tempo con quello dell’altra particella ad un tempo diverso. In elettrodinamica<br />
quantistica il campo è ancora rappresentato da un insieme di oscillatori, in<br />
questo caso però non si può calcolare il moto degli oscillatori, cosicché questi<br />
non possono venir eliminati. A dire il vero, gli oscillatori che rappresentano<br />
onde longitudinali possono essere eliminati, il che dà luogo ad un’interazione<br />
elettrostatica istantanea. L’eliminazione elettrostatica è molto istruttiva, in<br />
quanto mostra in modo molto chiaro la difficoltà dell’auto-interazione.<br />
fatto, la situazione è così chiara che non c’è alcuna ambiguità nel decidere<br />
quale termine è scorretto e debba essere eliminato. Né l’intero procedimento,<br />
né il termine eliminato sono relativisticamente invarianti. Sarebbe auspicabile<br />
che anche gli oscillatori che rappresentano onde trasversali potessero essere<br />
eliminati. Ciò rappresenta un problema pressoché insormontabile nella meccanica<br />
quantistica convenzionale. Ci aspettiamo che il moto di una particellaû<br />
ad un dato istante dipenda dal moto diü<br />
ad un istante precedente e,£¥ B,'*.¢ .<br />
Una funzione d’onda[<br />
S%U<br />
/<br />
\9U 2 s Z V può invece descrivere solo la dinamica di<br />
entrambe le particelle allo stesso tempo. Non c’è alcun modo di tener conto<br />
di ciò cheü<br />
ha fatto nel passato al fine di determinare il comportamento diû<br />
.<br />
L’unica possibilità consiste nello specificare lo stato, al tempoZ , dell’insieme<br />
di oscillatori, che servono per “ricordare” ciò cheü<br />
(edû<br />
) hanno fatto.<br />
La presente formulazione permette di determinare il moto di tutti gli oscillatori,<br />
e di eliminarli completamente dalle equazioni del moto che descrivono<br />
le particelle. Tutto ciò è facile. Si devono solo risolvere le equazioni del moto<br />
degli oscillatori prima di integrare sulle variabiliU<br />
l<br />
delle particelle. È proprio<br />
l’integrazione sulleU<br />
l<br />
che cerca di condensare la storia passata in un’unica<br />
teoria – senza alcun riferimento ai campi – che ha portato l’autore a studiare la formulazione<br />
della meccanica quantistica considerata <strong>qui</strong>. L’estensione di tali idee al caso di funzionali<br />
d’azione più generali è stata sviluppata nella sua tesi di Ph. D. “Il principio di minima<br />
azione in meccanica quantistica” (tesi presentata all’università di Princeton, 1942).<br />
Di
]<br />
Ú<br />
û<br />
<br />
k }<br />
r<br />
6<br />
G<br />
?<br />
<br />
k }<br />
t<br />
û<br />
a I Å lÙ } ^<br />
Å l<br />
? K<br />
`<br />
W<br />
r<br />
k }<br />
<br />
l Å l lío‡ƒ<br />
Å<br />
k }<br />
6<br />
r U<br />
r <br />
^<br />
?<br />
6<br />
Å<br />
<br />
Å<br />
9<br />
[<br />
Å<br />
?<br />
!<br />
90<br />
funzione d’onda. Questo è ciò che vogliamo evitare. Naturalmente, il risultato<br />
dipende dagli stati iniziale e finale dell’oscillatore. Qualora essi siano<br />
specificati, il risultato è perÍe<br />
nðñðÎf Î[<br />
nðÏ un’equazione simile all’eq. (38), in cui<br />
appare come fattore – oltre expSW t<br />
che<br />
X V - – un funzionale§ altro che dipende<br />
soltanto dalle coordinate che descrivono le traiettorie delle particelle.<br />
Illustriamo brevemente come ciò avvenga in un caso molto semplice.<br />
UoV<br />
Sup-<br />
) interagisca<br />
poniamo che una particella (coordinataUÌSZ V , lagrangianaŽJS%U6\<br />
u<br />
con un oscillatore (coordinata Å<br />
SZ V , lagrangiana }<br />
` V ) mediante un<br />
S<br />
u<br />
termineƒÌS%U6\ Z V ` SZ V nella lagrangiana per il sistema complessivo. QuiƒÌS%U6\ Z V<br />
è una funzione arbitraria della coordinataUÌSZ V della particella e del tempo`"`<br />
.<br />
Å<br />
Supponiamo di voler conoscere la probabilità di una transizione da uno stato<br />
tempoZì al , in cui la funzione d’onda della è[<br />
nð<br />
particella e l’oscillatore è<br />
nel energeticoø livello , ad uno stato tempoZì…ì al con la ine<br />
nðñð<br />
particella e<br />
l’oscillatore livellob<br />
nel . La probabilità cercata è il quadrato di<br />
` ^‚ `<br />
nðñðS%U V exp 7<br />
q ‹ Ͼ.„ Ù ¾1… Ù ¾1† nð\<br />
-<br />
X S<br />
t<br />
Íe nðñð\ q<br />
# Îf Î[<br />
ˆ¢ˆ¢ˆ<br />
qhî<br />
# S<br />
Ú<br />
Ve<br />
Å<br />
<br />
c t‡ c t‰ˆ V<br />
î<br />
nð S%U ‡ V q ‹ S<br />
Å<br />
‡ V.ˆ<br />
è l’azione<br />
ˆ¢ˆ¢ˆ<br />
SÑ f-V<br />
r U ‡<br />
r U <br />
k }<br />
Å<br />
‡<br />
Quiq<br />
‹ S<br />
Å<br />
V è la funzione d’onda dell’oscillatore nello statoø , t <br />
calcolata per la particella immaginando che l’oscillatore sia assente,<br />
<br />
S%U lÙ } \9U lV<br />
t‡ ]<br />
lío‡<br />
a<br />
`<br />
lÙ } `<br />
L<br />
Å<br />
è l’azione del solo oscillatore, e<br />
lío‡<br />
]<br />
La costante di normalizzazione per l’oscillatore,<br />
tˆ<br />
, vale Sa'&<br />
l<br />
per l’interazione fra particella ed oscillatore.<br />
X V k<br />
+<br />
l\ZlV)èl’azione ]ŠƒxS%U (oveƒ<br />
W<br />
-<br />
. Ora<br />
22 La generalizzazione al caso in cui‹dipende dalla velocità ç_<br />
della particella non presenta<br />
problemi.
Ú<br />
Þ<br />
S<br />
Å<br />
`<br />
a<br />
Ú<br />
§ #<br />
Ú<br />
n<br />
!<br />
a<br />
a<br />
<br />
c<br />
Å<br />
`<br />
‡ n0ðñð Ú<br />
Å ƒÌSZ V sinJSZ ^ Zì?V r Z c<br />
nð<br />
<br />
Å<br />
Ú<br />
X<br />
K<br />
[<br />
!<br />
Å<br />
r U ‡<br />
<br />
Å<br />
U <br />
k } û r U ]<br />
r<br />
91<br />
l’esponenziale dipende quadraticamente da tutte le Å l<br />
, <strong>qui</strong>ndi l’integrazione su<br />
tutte le variabili *) (y ‰ W ‰ può essere effettuata facilmente - si tratta di<br />
Å<br />
una sequenza di integrali gaussiani.<br />
l<br />
Pertanto ] Zì…ì ^ Zì scrivendo , si trova che il risultato di tale integrazione<br />
- X W<br />
sin <br />
k<br />
+<br />
expsSW<br />
- X V¢S<br />
t \<br />
Å<br />
‡ VVwv , ove Þ S <br />
Å<br />
\<br />
Å<br />
‡ V risulta essere<br />
èSa'&<br />
ΤV<br />
c<br />
Þ<br />
S<br />
Å<br />
proprio l’azione classica per l’oscillatore armonico forzato (vedasi la nota 15).<br />
<br />
Esplicitamente si ha<br />
\<br />
Å<br />
‡ VL] a<br />
sin G<br />
cos<br />
S<br />
Å<br />
Å<br />
‡ c<br />
‡ VÌ^ a `<br />
nðñð<br />
nð<br />
ƒxSZ V sinJSZì…ì ^ Z Vr Z ^<br />
nðñð<br />
ƒÌSZ VBƒÌSB-V sinJSZì…ì ^ Z V sinJSB¨^ ZìV r r Z LD\<br />
nð<br />
V è stata trattata come funzione continua del tempo. Gli integrali dovreb-<br />
oveƒÌSZ<br />
bero in realtà essere sostituiti da somme di Riemann e quantitàƒxS%U<br />
l \ ZlV<br />
le<br />
andrebbero scritte al posto diƒxSZlV. Quindi dipende dalle coordinate della<br />
particella a tutti i tempi Þ<br />
l \ ZlV, e da quella dell’oscillatore ai soli<br />
attraversoƒÌS%U<br />
tempiZì eZì…ì . Corrispondentemente l’eq. (61) diventa<br />
nð<br />
Íe nðñð\ q<br />
# Îf Î[<br />
nð\ q ‹ Ͼ.„ Ù ¾1… Ù ¾1† ]<br />
nðñðS%U V]§<br />
W t<br />
- <br />
‹ exp I<br />
ˆ¢ˆ¢ˆ<br />
Ú e î<br />
û ˆ¢ˆ¢ˆ<br />
nð S0U9Ž¡V<br />
#<br />
nðñðΧ # ‹ Î[<br />
nðϾ„<br />
che ora contiene solamente le coordinate della particella. La<br />
Íe<br />
# ‹ è<br />
data da<br />
quantità§<br />
]ùSa'&;W - X<br />
sin ΤV k<br />
+<br />
‹<br />
expsSW<br />
-<br />
Ú qhî Ú<br />
\ ‡ Vwvq ‹ S<br />
Å<br />
‡ V r<br />
Å<br />
r<br />
# S<br />
Å<br />
V.ˆ<br />
X V<br />
Þ<br />
S<br />
Å<br />
Å<br />
‡
¤<br />
¤<br />
92<br />
Procedendo in modo analogo si trova che tutti gli oscillatori del campo<br />
elettromagnetico possono essere eliminati da una descrizione del moto delle<br />
cariche.<br />
14. MECCANICA STATISTICA<br />
Spin e relatività<br />
Spesso i problemi della teoria della misurazione e della meccanica statistica<br />
quantistica si semplificano quando vengono formulati secondo il punto<br />
di vista descritto in questo lavoro. Ad esempio, la perturbazione dovuta<br />
all’influenza di uno strumento di misura può – in linea di principio – essere<br />
eliminata per integrazione nello stesso modo in cui si è proceduto per<br />
l’oscillatore. La matrice densità statistica ha una generalizzazione utile e<br />
piuttosto ovvia, che si ottiene considerando il quadrato dell’eq. (38). È<br />
un’espressione simile all’eq. (38), contenente però l’integrazione sui due insiemi<br />
di variabilip9‘ep9’‘. L’esponenziale è sostituito da exp“O”–•=—- š}’:, oveš0’dipende funzionalmente variabili9’‘ dalle nello stesso modo<br />
in dipende dalle variabili9‘. Essa descrive, ad esempio, il risultato<br />
dell’eliminazione degli oscillatori di campo quando lo stato finale degli oscillatori<br />
non è specificato e si considera soltanto la somma su tutti gli<br />
˜9”Bšœ›<br />
cuiš<br />
b<br />
stati finali<br />
.<br />
Lo spin può essere incluso nella nostra discussione in modo formale e<br />
l’equazione di Pauli per lo spin può essere ottenuta nel modo seguente. Si<br />
sostituisce Ÿ¢¡Y£)9‘il termine di interazione col potenziale vettore<br />
inšž”–9‘<br />
dato dall’espressione (13) con<br />
Ÿ¢¡› x‘¢¦A”x‘§ ¤ a1¥”x‘ Ÿ¢¡› x‘¢¦A”x‘ Ÿ¢¡<br />
a1¥”x‘<br />
¦”x‘ Ÿ¢¡©› x‘:“¨ ¦A”x‘:ª§ ¤ a1¥“¨<br />
Qui A è il potenziale vettore, Ÿ¢¡e<br />
tempiQ‘<br />
x‘sono<br />
ai è il vettore formato dalle matrici di spin di Pauli.<br />
La grandezza deve ora essere espressa<br />
x‘<br />
quanto essa differisce dall’esponenziale della somma<br />
Ÿ¢¡<br />
come®<br />
è <strong>qui</strong> una matrice di spin.<br />
Anche l’equazione relativistica di Klein-Gordon può essere ottenuta formalmente,<br />
aggiungendo una quarta coordinata per specificare i cammini. Si<br />
considera un “cammino” come individuato da quattro funzioni9°‰”$±di<br />
eQ‘e¨<br />
dišž”–9‘<br />
un<br />
¦A”x‘ Ÿ¢¡:“¨ ¦”x‘ Ÿ¢¡d› x‘:¬«<br />
i vettori posizione della particella<br />
‘exp“O”$•=—-<br />
a1¥“¨<br />
Ÿ¢¡¯£)9‘:, in<br />
Ÿ¢¡Y£)9‘. Quindi<br />
˜9šž”$
´<br />
93<br />
parametro±. Tale parametro viene trattato nello stesso modo in cui si considerava<br />
la variabile: esso viene suddiviso in intervalli di lunghezza². Le<br />
`”$±£)³p”$±sono grandezze<br />
le coordinate spaziali di una particella,<br />
mentre
corso di pubblicazione); ¦¥¯úUü<br />
,<br />
¾5. Nuova formulazione della meccanica quantistica<br />
5.1 – Vogliamo concludere questo Quaderno con la discussione di una<br />
formulazione della meccanica quantistica (non relativistica) ottenuta molto<br />
recentemente da uno degli autori (M. R.)`³. Questa scelta ha una duplice motivazione.<br />
Vedremo infatti (come anticipato nel paragrafo 2.8) che i cammini<br />
di Feynman¿ªÀÁ9À¯Â]Ã1ÄÆÅOÇKÇYÃpÈ–Åhanno unaÉ9Â]Ê]ËÊpÁ
µ0CBEDAF<br />
96<br />
fluttuazioni è <strong>qui</strong> rappresentato in modoÀUÎBÉ9ÄÆÅ–ÍYÅóȬÊ,contrariamente a<br />
quanto<br />
avviene nell’equazione di Fokker-Planck.<br />
Al fine di semplificare la trattazione sfruttiamo l’osservazione fatta nel<br />
paragrafo 3.6 supponendo – per il momento – che il numero di particelle resti<br />
ÍKÊ€ÎȬÃ1ÁFÈBÀ, cosicchè , poniamo ”–£)º.-<br />
(effetti di emissione e di assorbimento<br />
verranno considerati in un secondo tempo).<br />
Sappiamo che un PSMC può essere immaginato come un’evoluzione<br />
temporale deterministica perturbata da fluttuazioni gaussiane di fondo. Abbiamo<br />
anche visto che – in assenza di fluttuazioni – le traiettorie fisiche del<br />
processo sono date dall’eq. (3.22). Ora, l’Ŗ̪À]Ãñ˯Ê1Á
è<br />
“0<br />
è<br />
“0<br />
BEDAF”¦Z=]<br />
o 0 BEDAF”–è<br />
^<br />
_a`›é”)¼Œ—bâ<br />
che ha la ben nota forma¿Ã1ϪÎHÎUÅ–ÃpÁ
o 0”–è<br />
,<br />
’’,<br />
o<br />
1”–è<br />
98<br />
Un processo stocastico definito dall’eq. (5.8) è<br />
¿Ã1ϪÎHÎUÅ–ÃpÁ
–d”–’’£)’†]<br />
“0”¦Z:ƒ „a„<br />
ƒ „ è<br />
]<br />
ž<br />
^ ƒ<br />
_a`›!”)¼Œ—3µ<br />
^ ƒ=„a„ e _ `›é”)¼Œ—3p<br />
¦<br />
e<br />
˜<br />
B ƒZ¤<br />
¢<br />
‘ä‘]”–£)š<br />
¢·£<br />
la seguenteÉÂ]Ê;:]Ã
¹<br />
¹<br />
¹<br />
è ”–’[’£)’’š ’£)’“1”¦Z:˜<br />
“0”¦Z:ƒ „a„<br />
”–’’£)’’š ƒ ”–’[’£)’’š „ ’£)’“1”¦Z:è è ’£)’“0”¦Z:º è<br />
è ”–’’£)’’š ’£)’º<br />
e<br />
è ”–’’£)’’š ’£)’º<br />
e<br />
F BïJ»¡9<br />
F BïJ»¡9<br />
o 1”–è<br />
o 0”$è<br />
”B쫼<br />
“0”¦Z:ƒ „a„<br />
”Bì«43<br />
ƒ „« - è º<br />
„a„<br />
“0”¦Z:ƒ ƒ ”$’’£)’’š ’£)’“1”¦Z:¬« ”Bì«43½<br />
„è<br />
„a„<br />
”Bì«43 “1”¦Z=ƒ ”$’’£)’’š ƒ ’£)’“1”¦Z:¬« „è<br />
101<br />
probabilità che Σ si<br />
º<br />
muova<br />
lungo<br />
«<br />
0”–¦|)’£)’|\“1”¦Z:ó<br />
Ulteriormente è evidente che<br />
probabilità che Σ si muova<br />
lungo 0”–¦|)
„a„ ¿“1”¦Z:ƒ „ ƒ<br />
˜<br />
¹<br />
e<br />
0”–’’|)’£)’|\“1”¦Z:ó]¿“1”¦Z=ƒ „a„<br />
ƒ „ ”$’’£)’’š ’£)’“1”¦Z:º.›Ó”–’’› è<br />
^<br />
_ `›<br />
e<br />
ƒ „<br />
pm,zÀ<br />
”Bì«43Žp<br />
j i<br />
k<br />
102<br />
probabilità di sopravvivenza lungo<br />
nell’<br />
0”–¦|)
è ”–’’£)’[’š ’£)’“¢”¦Z:º<br />
e<br />
e<br />
®<br />
o<br />
¢”–è<br />
o 0”$›Ó“0”–›<br />
„a„<br />
0”$}|)’£)’|\“1”¦Z=ó:ƒ ƒ „¦<br />
”–’’£)’’š ’£)’“0”¦Z: è<br />
0”–¦|)’£)’|\“1”¦Z:ó:¤ƒ=„a„ ’£)’“1”¦Z:O¯<br />
ƒ ”–’’£)’’š „è ›ª“0”–›<br />
”–’’£)’’š ’£)’“¢”¦Z:º ®è ”–’’£)’’š ’£)’“1”¦Z:O¯<br />
¦ ”B쫽p½<br />
continue¢”$con estre-<br />
Analogamente a quanto fatto nel para-<br />
’£)’“0”¦Z:definita<br />
nuovamente l’insieme Ïz”–’£)’|)’’£)’’delle funzioni<br />
mi ’’. ’,¢”–’’ º º fissi¢”$’<br />
103<br />
grafo 3.9, probabilitàè<br />
fissiamo l’attenzione sulla<br />
dall’eq. (3.42). Essenzialmente, ciò che ci proponiamo di fare è derivare il<br />
ÉSÊ€ÎȖϪÄOÃpȬÊW2. Va notato che<br />
”–’[’£)’’š<br />
ora tutti i cammini¢”–congiungono”$
è casuale. La derivazione dei postulati W2 e W3 mostra chiaramente cheÅ<br />
]<br />
expО›<br />
ƒ „a„ e<br />
3<br />
9‘ä‘]”–£)§ ¼<br />
]<br />
“1”¦Z=ƒ „a„<br />
ƒ „ è<br />
expÐþ›<br />
ƒ „a„ e<br />
,ë”–£)¡<br />
ž<br />
ž<br />
ž<br />
ž<br />
¢·£<br />
¢<br />
{<br />
„<br />
ž<br />
ž<br />
ž<br />
ž<br />
¢·£<br />
B ƒ¤<br />
¢<br />
{<br />
„<br />
104<br />
tutto, gli uni e gli altri descrivono<br />
traiettorie fisiche di un PSMC!<br />
Quest’ultimo è un risultato di grande rilevanza, per cui ci sembra opportuno<br />
darne una dimostrazione alternativa (che può forse apparire più esplicita<br />
della precedente). Chiediamoci quale sia la distribuzione di probabilità per le<br />
leÎÈBÀUÎHÎYÀ<br />
ÅóÁSÅÌ1ÅÆK<br />
’[’– dopo<br />
Í8IJÀñÍHÊpÁ¿1ÅóÏÓÁ¿µÊpÁ
Quindi il RBF è definito dalla distribuzione diÃ1ðÒÉÅ$ÀKÇHÇ\ÞïD<br />
µ1‘H”–Z1‘)”–iaj<br />
k<br />
Un concetto chiave nella formulazione di Langevin di un PSMC è laÉ9Â]Ê;:HÃŽ€<br />
¹<br />
°<br />
’’£)’’š<br />
50 Anche <strong>qui</strong> non ci preoccupiamo di normalizzare le distribuzioni di ampiezze. 'ßY.ú¦ ¢ö=û£úUû£<br />
si scopre (discutendo esempi fisici espliciti) che la corretta costante di normalizzazione<br />
nell’eq. (5.37) è proprioýy¥pú!<br />
’’£)’’š<br />
Ô<br />
105<br />
ÄOã̪ÀUÎÍYÂÅOǯŖÊpÁ9ÀžÌ1ÅC5ÃpÁ¿À87\ÅóÁdi un PSMC: basta ricordare<br />
l’eq. (3.1) e far uso άÉJÊpÁ
°<br />
’[’£)’’š<br />
°<br />
’[’£)’’š<br />
^<br />
e<br />
°<br />
’’£)’’š<br />
e<br />
ƒ „<br />
pª<br />
’£)’±zº<br />
®<br />
°<br />
’’£)’’š<br />
’£)’±¯“1”¦Z:¯<br />
0”–’’|)’£)’|\“1”¦Z=ó]U¦<br />
^<br />
’£)’±zºÄÃ˛Ӕ–’’›<br />
ƒ „µ¹<br />
e<br />
e<br />
œ<br />
¢<br />
¢<br />
„<br />
„<br />
ž ž<br />
ž<br />
ž ž<br />
ž<br />
¢·£<br />
¢·H£<br />
B ƒZ¤<br />
¢<br />
j i ¦<br />
k<br />
B ƒZ¤<br />
¢<br />
iaj ¦<br />
k<br />
„<br />
ž ž<br />
ž<br />
ž<br />
{<br />
„<br />
j i «<br />
k<br />
iaj<br />
1 kXÅ<br />
106<br />
diretta-<br />
Sfruttando l’eq. (5.39), la forma esplicita di<br />
mente dalle eq. ( 5.27) e (5.28) facendo uso delle eq.(3.41) e (3.37). Otteniamo<br />
’[’£)’’š °<br />
’£)’±¯“1”¦Z:segue<br />
0”–’[’|)’£)’|\“1”¦Z:ó]¦<br />
ƒ<br />
exp<br />
_a`›é”)¼Œ—3Õ ’£)’±¯“1”¦Z:ºà›Ó”–’’›<br />
Un semplice calcolo dàï]î<br />
, ”–’[’|)’£)’|\“1”¦Z:óº<br />
°<br />
’’£)’[’š<br />
^ ƒ<br />
_a`›!”]¼Œ—Õ <br />
e<br />
ƒ „<br />
µÑ<br />
e<br />
o<br />
0”–°<br />
’[’£)’[’š<br />
108<br />
Inoltre, se si inserisce nell’eq. (5.46) l’espressione di<br />
dall’eq. (5.40) è possibile ° ’’£)’’š calcolareÀUÎBÉ9ÄÆÅ–ÍYÅóȬÃpðñÀÁFÈBÀ<br />
ritrova per questa via proprio quanto stabilito F2.<br />
un modo per la correttezza dell’eq. (5.45)).<br />
l’eq. (5.46) su Ï}”–9’–£)=’O|)
°<br />
’’£)’[’š<br />
„a„<br />
šž“0”¦Z:ƒ „ ƒ<br />
Õ¼<br />
µ0‘]”–º<br />
˜<br />
¹<br />
9‘šž”–£)›l‘”–£)ºî§<br />
ž‘H”–£)6˜ ž‘]”–£)› ‘š”–£)£ ”Bì«b<br />
„a„<br />
šž“0”¦Z:ƒ „ ƒ ›¡“šž”–0”–’[’£)’’›‚š”–¢”–’£)’:¬«<br />
¹<br />
9‘šž”$£)›Äž‘]”$£)º<br />
ž<br />
ž<br />
ž<br />
ž<br />
¢<br />
„<br />
£<br />
¢·#í<br />
<br />
109<br />
3 Õ¼<br />
š”–£)§<br />
ed interpretiamoÊK¿1ÁSÅsua soluzionešž”–£)come la generatrice di una trasfor-<br />
Esplicitamente<br />
mazione di gauge é æ<br />
é<br />
Þ”–£)º- ”Bì«b<br />
r<br />
˜àê3Þ”–£)££”–£)¦ëï9 .<br />
Þ”–£)˜ š”–£)U« ”Bì«ìŽ-<br />
Questa trasformazione induce nell’azione classica il<br />
Þ”–£)§<br />
š&“¢”¦Z=,con<br />
cambiamentošž“0”¦Z:æ<br />
connesso<br />
Corrispondentemente il propagatore quantistico associato ašž“¢”¦Z:è<br />
”Bì«ìÓ¼<br />
a quello associato ašž“¢”¦Z=dalla relazioneïA@<br />
¢<br />
˜F ¥ ì B - B‘•~<br />
{<br />
ƒ „a„ F f ì B<br />
{<br />
ƒ „ F&¨ °<br />
’[’£)’’š<br />
„a„<br />
¤f<br />
Quantizziamo adesso l’azione classicaš0“0”¦Z:secondo<br />
’£)’±©º<br />
precedente. L’equazione di Langevin (5.36) è ora<br />
”Bì«ì3µ<br />
lo schema del paragrafo<br />
’£)’±«<br />
che – in virtù dell’eq. (5.49) – può venire riscritta come<br />
”Bì«ì1½<br />
Õ ž‘H”0”–£)§Ö1‘H”$ ¼ µ0‘]”–º|›<br />
B ƒ F§21‘H”$U«<br />
56 Ricordiamo che nel presente Quaderno ignoriamo (per semplicità) i problemi dovuti all’e-<br />
”Bì«ìb<br />
sistenza di Y1ýy¥ ¢¤£ §=úO ÿ£<br />
O Uýv ¢¤£<br />
€önello spazio delle configurazioni.<br />
57 Il modo più faciledi derivare l’eq. (5.52) è di esprimere îEt ”a” V T ”a” Ì t ” V«T ”Eï sia îEt ”a” V«T ”a” Ì t ” V T ” ï<br />
che<br />
in funzione ð [t (“ di )] e ð [t (“ ¯ )] (rispettivamente) secondo l’eq. (2.31), paragonando poi i<br />
due risultati.<br />
e
, ”–’[’|)’£)’|\“1”¦Z:óº<br />
°<br />
’[’£)’[’š<br />
°<br />
’’£)’’š<br />
ƒ „p¹<br />
e<br />
0”$’’|)’£)’|\“1”¦Z:ó]U¦<br />
^<br />
’£)’±©º·Ã6›ª”$’’›<br />
’£)’±zº<br />
®<br />
3 Õ ‘]”–£)ž‘]”–£)§ ¼<br />
,ë”–’’|)’£)’|\“1”¦Z=ó6˜<br />
e<br />
ƒ „<br />
pª<br />
^ ƒ<br />
_a`›!”]¼Œ—Õ <br />
e<br />
œ<br />
¢<br />
„<br />
ž ž<br />
ž<br />
£<br />
¢·í<br />
B ƒ¤<br />
¢<br />
0‘]”–’’|)’£)’|\“1”¦Z=óž ž<br />
¢·×ñ
®<br />
°<br />
’[’£)’’š<br />
Õ¼<br />
pò¯‘H”–º<br />
¹<br />
‘šž”$£)›Äž‘H”$£)º<br />
¹<br />
e<br />
¸ “1”¦Z:d]<br />
¹<br />
’£)’“1”¦Z:˜<br />
probabilità che Σ vada”–’[’£)’’š da”–
®<br />
°<br />
’’£)’[’š<br />
{<br />
¢<br />
„<br />
ƒ „ F&¨¦<br />
{<br />
°<br />
’’£)’’š 0”–’’|)’£)’|\“1”¦Z£Kš”¦Z:ó], ”–’[’|)’£)’|\“1”¦Z£Kšž”¦Z:ó¡Z~î¯<br />
›Ó”–’[’›<br />
°<br />
’’£)’’š<br />
’£)’±¯“¢”¦Z=º<br />
®<br />
°<br />
’’£)’’š<br />
¢<br />
„<br />
{<br />
¦« ”Bì«4q<br />
0”–¦|)’£)’|\“1”¦Z£Kšž”¦Z:ó:ƒ „a„<br />
ƒ „¦<br />
’£)’±¯“1”¦Z£Kšž”¦Z:¯<br />
¦<br />
”Bì«4qì<br />
›Ó“¢”–›<br />
114<br />
della corrispondenza definita dalle eq. (3.39), (3.40) e (3.41) 9¡. Ci sembra<br />
tuttavia un fatto notevole che si possa pervenire a questa espressione in<br />
modo ancora più semplice e totalmenteÌpÅ•71ÀÂUÎÊ. Supponiamo infatti di inserire<br />
l’eq. (5.72) nell’eq. (5.71). È evidente che ’’£)’’š °<br />
dal particolare integraleš”–£)dell’eq. (5.61) che è stato scelto. Pertanto tale<br />
’£)’±¯“1”¦Z£Kšž”¦Z:Ì1Å[ÉSÀÁ9ÌÀ<br />
dipendenza dovrebbe manifestarsiÃ1Á
°<br />
’’£)’’š<br />
°<br />
’[’£)’’š<br />
e<br />
°<br />
’’£)’[’š<br />
o<br />
¢”–°<br />
’’£)’’š ’£)’±Y“¢”¦Z:º<br />
®<br />
’£)’± “1”¦Z£Kšž”¦Z:d˜<br />
’£)’± “¢”¦Z=˜ ®<br />
°<br />
’[’£)’’š<br />
°<br />
’’£)’[’š<br />
’£)’±Y“1”¦Z£Kšž”¦Z:O¯<br />
0”$}|)’£)’|\“1”¦Z£Kšž”¦Z:ó=ƒ „a„<br />
ƒ „¦<br />
’£)’± “1”¦Z£Kšž”¦Z:O¯<br />
›Ó“¢”$›<br />
115<br />
Vediamo che ilÉJÊ1ÎUÈ–ÏÓÄíõȬÊ<br />
può essere derivato<br />
’£)’±¯“¢”¦Z:in termini dei CAQ secondo l’eq. (5.75). (Per questa via si<br />
71ÀÂÅGdÍHÃanche la<br />
calcolandoÀάÉÄZÅ$ͯŖȬÃ1ðñÀ¯ÁFÈBÀ<br />
correttezza dell’eq. (5.74)). Ulteriormente ilÉJÊ1ÎUÈ–ÏÓÄOÃpȬÊF3 si<br />
ottiene combinando l’eq. (5.71) con l’eq. (5.76).<br />
5.6 – Mostriamo ora che ÅóÁSÅÃ1ÄÀ]õȬÊ1ÂÅdella meccanica<br />
ÎÍKÀla quantisticaÍ8IÅ$Ã1ÂÅ natura dei cammini di Feynman¿ÀÁÀÂ]Ã1ÄÆÅOÇKÇYõȖÅ.<br />
Probabilmente il lettore sarà meravigliato dal fatto che abbiamo interrotto<br />
la discussione del paragrafo precedente proprio quando eravamo sul punto di<br />
fare delle affermazioni sulla relazione fra cammini di Feynman e CAQ, nello<br />
spirito dell’analisi basata sulle eq. (5.46) e (5.47) (fine del paragrafo 5.3). Il<br />
motivo è semplice: un tale risultatoÁ
e<br />
e<br />
o<br />
0”–°<br />
o<br />
0”–°<br />
’[’£)’’š ’£)’± “¢”¦Z:º<br />
®<br />
°<br />
’[’£)’’š<br />
’’£)’’š ’£)’± “0”¦Z:º<br />
e<br />
e<br />
e<br />
ƒ „püû g9‘]”–›<br />
Õ<br />
°<br />
’’£)’[’š<br />
¹<br />
67 Tutti i PSMC considerati nel presente Quaderno sono definiti nello spazio :ú¦¥ uUý*<br />
delle<br />
£ú¦¥ £<br />
. Quindi intendiamo in realtà il moto browniano macroscopico nell’ ZY8Y1û¬ú¦O £ü× J* û¨<br />
£ú¦¥µö# £ ‰ £ ¥ ¢ö£ ¥Ž*• .üúÿý.úU÷ʨÎ<br />
117<br />
Avevamo concluso nel paragrafo 5.3 sussiste alcun legame fra<br />
cammini di Feynman e traiettorie dinamiche classiche nello spazio delle configurazioni.<br />
D’altra parte, la rappresentazione del propagatore quantistico pre-<br />
cheÁ
118<br />
Áª¿µÊ1ÄOÃtraiettoria òÓ”–¦|)’£)’– ottenuta ignorando l’esistenza della fluttuazioni<br />
di fondo – è sostituita da Åí¿pÄZÅ$Ãdi traiettorie aleatorie<br />
(una per ogni possibile configurazione 1”–del RBG). Abbiamo anche notato<br />
che queste traiettorie descrivono leÃ1ÄíÈBÀÂÁ
Ô ubbidisceίÀ¯ðÒÉ9ÂHÀallaÎUÈBÀUÎKÎÃ<br />
¢<br />
D<br />
119<br />
permesso di ottenere una nuova formulazione @<br />
della meccanica quantistica .<br />
Vogliamo mostrare ora come la circostanza che i CAQ siano curve fluttuanti<br />
intorno ad una traiettoria dinamica classica (nel senso spiegato nel paragrafo<br />
precedente) ponga la relazione fra meccanica classica e quantistica in<br />
unaÁFÏJÊ7.Ãprospettiva.<br />
Ricordando quanto è stato osservato a proposito della descrizione di<br />
Langevin di un PSMC (fine della discussione dei PSMC contenuta in questo<br />
paragrafo), siamo indotti ad affermare quantisticaÁ
3<br />
<br />
Õ<br />
¼ š”–£)H§<br />
3 Õ¼<br />
šž”–£)§<br />
”–£)º<br />
¹<br />
9‘<br />
ä”–£)†˜ ›<br />
-<br />
¹<br />
!<br />
<br />
£)8š<br />
121<br />
Ciò implica che (in questo contesto) laÌpÅÑÒÀ¯ÂHÀÁªÇ\Ã<br />
dinamica classica e<br />
fra<br />
quantistica è dovuta unicamente aä”$£)nell’eq. (5.85) @´.<br />
ÌpÅÉFÀÁ
122<br />
È un merito della formulazione a cammini aleatori mostrare<br />
Ãdelle due dinamiche. Si noti che questa circostanza è proprio laÍHÊpÁ´€ l’ÅóÁFÈ–ÂÅ<br />
che la dinamicaÅóÁFÈ–ÂÅ<br />
è<br />
PSMCÁ9Ê1Á<br />
alterata dalla presenza delle fluttuazioni classiche di fondo. situazioneίÀ¯ð €<br />
La<br />
:¯Â]Ãessere diversa se si ragiona nell’ambito della formulazione di Schrödinger,<br />
nella quale ci si limita a considerareÎÊ1ÄíȬÃ1Á
con una, due e tre stelle il grado di difficoltàðôÃpÈBÀ¯ðôÃpÈ–Å$ÍHÃdi ogni<br />
123<br />
testo (facile,<br />
medio e difficile per un laureato in <strong>Fisica</strong>). Anche se questo criterio è inevitabilmente<br />
soggettivo, ci sembra che esso sia sufficientemente orientativo.<br />
6.1 –ĶÁFÈBÀB¿1Â]Ã1ÄÆÅdÌpÅXÙÀ8è€ÁSðôÃ1Á»Å<br />
I. M. Gel’fand and A. M.<br />
?þÏSÃ1ÁFÈ–ÏÓð/.ÈI
R. Cenni, E. Galleani D’Agliano, F. Napoli, P. Saracco and M. Sassetti, ÙÀ8è€Á´€<br />
R. Cenni, E. Galleani D’Agliano, F. Napoli, P. Saracco and M. Sassetti, ÙÀ8è€Á´€<br />
124<br />
K. C. Khandekar and S. V. Lawande,<br />
CÀUÎUϪÄíÈóÎÃpÁ
W. Marciano and H. <strong>Page</strong>ls, Å$ÍÎ,Phys.<br />
137 (1978) A .<br />
þ)IªÂ)ÊpðôÊ\Ìè.Á9Ã1ð ?þÏSÃ1Á
126<br />
6.4 –<br />
Ù‰ÏÓÁ
127<br />
E. Nelson, Å$ÍHÃpÄV)mISÀ]ÊpÂUŬÀUÎÞÊ)Ë=&Â]ÊJkzÁSÅ$Ã1Á1+ÊpÈ–Å$Ê1Á(Princeton University<br />
Press, Princeton, 1967) }A .<br />
5(è€Á
+ À]Í8IÓÃ1ÁFŖͯÎ(Reidel,<br />
þ¢ÂÅ–È–Å–ÍKÃ1ÄCÀJ7\ŬÀ(k ,<br />
128<br />
E. S. Ventsel, Ã(Mir, Mosca, 1983) .<br />
)9À]Ê1ÂÅ$ÃÌÀÄóÄÀ*.þÂ]Ê;:HÃ;:ÅóÄÆÅóÈ<br />
K. Baclawski, M. Cesaroli e G. C.<br />
(Unione Matematica Italiana, Bologna, 1984) .<br />
Rota,ĶÁFÈ–Â]Ê\ÌpϵÇÅ$Ê1Á9À¡Ã1ÄóÄíÃm.žÂ]Ê;:]Ã
129<br />
Addendum<br />
Dopo aver completato il presente Quaderno, siamo venuti a conoscenza<br />
delle seguenti pubblicazioni riguardanti l’integrale di Feynman.<br />
W. Dittrich and M. Reuter, Å$ÍÎ(Springer,<br />
Berlin, 1992) } .<br />
?þÏJÃpÁFÈ–ÏÓð„5(è€Á