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Marco Roncadelli e Antonio Defendi<br />

I CAMMINI DI FEYNMAN<br />

QUADERNI DI FISICA TEORICA<br />

Università degli Studi di <strong>Pavia</strong><br />

Dipartimento di <strong>Fisica</strong> Nucleare e Teorica


QUADERNI DI FISICA TEORICA<br />

Collana curata da Sigfrido Boffi<br />

Comitato Scientifico<br />

Bruno Bertotti<br />

Sigfrido Boffi<br />

Italo Guarneri<br />

Alberto Rimini<br />

Marco Roncadelli<br />

Volumi già pubblicati:<br />

1. Le onde di de Broglie, a cura di Sigfrido Boffi<br />

2. Onde di materia e onde di probabilità, a cura di Sigfrido Boffi<br />

3. Il principio di indeterminazione, a cura di Sigfrido Boffi<br />

4. La meccanica delle onde, a cura di Sigfrido Boffi<br />

5. Paradosso EPR e teorema di Bell, a cura di Oreste Nicrosini<br />

6. I cammini di Feynman, a cura di Marco Roncadelli e Antonio Defendi<br />

7. L’interpretazione statistica della meccanica quantistica, a cura di<br />

Sigfrido Boffi<br />

8. L’origine delle statistiche quantistiche, a cura di Fulvio Piccinini<br />

9. Le radici della quantizzazione, a cura di Sandro Graffi<br />

10. La fase di Berry, a cura di Franco Salmistraro<br />

11. Il postulato dei quanti e il significato della funzione d’onda, a cura di<br />

Sigfrido Boffi<br />

12. Indice di rifrazione adronico, a cura di Francesco Cannata<br />

13. La formulazione delle storie della meccanica quantistica, a cura di Irene<br />

Giardina<br />

14. La regola d’oro di Fermi, a cura di Paolo Facchi e Saverio Pascazio<br />

15. Le radici del dualismo onda-corpuscolo, a cura di Sigfrido Boffi e Michele<br />

D’Anna<br />

16. Teoria delle caratteristiche ed equazioni ondulatorie quantiche, a cura di<br />

Paola Orsi<br />

I primi dieci Quaderni sono disponibili su richiesta presso il Dipartimento di<br />

<strong>Fisica</strong> Nucleare e Teorica dell’Università di <strong>Pavia</strong>. I successivi sono pubblicati<br />

dalla Casa Editrice Bibliopolis


Marco Roncadelli e Antonio Defendi<br />

I CAMMINI DI FEYNMAN<br />

QUADERNI DI FISICA TEORICA<br />

Università degli Studi di <strong>Pavia</strong><br />

Dipartimento di <strong>Fisica</strong> Nucleare e Teorica


Prima edizione: gennaio 1992<br />

Edizione web: ottobre 2001<br />

ISBN 88–85159–06–0


INDICE<br />

¡ ¢ ¡ ¢ ¡ ¢ £ ¡ ¢ ¡ ¢ ¡¡ ¢ £ ¢ ¡¡ ¢ ¡ ¢ ¡ ¢ £ ¡ ¢ ¡ ¢ ¡ £ ¢ ¢ ¡ £ ¢ ¡ £ ¢ ¢ ¡ Premessa<br />

¤<br />

7<br />

1. Concetto di propagatore ¡ ¢ £ ¢ ¡¡ ¢ ¡ ¢ ¡ £ ¢ ¡ ¢ ¡¡ ¢ ¡ ¢ £ ¢ ¡¡ ¢ ¡ quantistico 11<br />

¤<br />

2. Aspetti dell’integrale di Feynman ¡ £ ¢ ¡ ¢ ¡ ¢ ¡ ¡ ¢ £ ¢ ¡ ¡ ¢ ¡ ¢ ¡ £ ¢ ¡ ¢ ¡ ¢ ¡ ¡ ¢ 15<br />

4. Osservazioni storiche ¢ ¡ ¢ ¡¡ ¢ ¡ ¢ £ ¡ ¢ ¡ ¢ ¡ ¢ ¡ £ ¢ ¡ ¢ ¡¡ ¢ ¡ ¢ £ ¡ ¢ ¡ ¢ ¡ ¢ ¡ £ ¢ ¡ ¢ ¡ 51<br />

¤<br />

– Approccio spazio-temporale alla meccanica quantistica<br />

non £ ¢ ¡¡ ¢ ¡ ¢ ¡ £ ¢ ¡ ¢ ¡ ¢ ¡¡ ¢ £ ¢ ¡¡ ¢ ¡ ¢ ¡ £ ¢ ¡ ¢ ¡ ¢ ¡ ¢ £ ¢ ¡ ¢ ¡ ¢ ¡ relativistica<br />

¤<br />

57<br />

5. Nuova formulazione della meccanica ¢ ¡¡ ¢ £ ¢ ¡¡ ¢ ¡ ¢ ¡ ¢ £ quantistica 95<br />

¤<br />

3. Analogie fra meccanica quantistica e processi stocastici classici 34<br />

6. Bibliografia £ ¡ £ ¡ £ ¡ £ ¡ £ ¡ £ 122<br />

¤<br />

– ¡¡ ¢ ¡ ¢ ¡ £ ¢ ¡ ¢ ¡ ¢ ¡¡ ¢ £ ¢ ¡¡ ¢ ¡ ¢ ¡ £ ¢ ¡ ¢ ¡ ¢ ¡¡ ¢ £ ¢ ¡¡ ¢ ¡ ¢ ¡ £ ¢ ¡ ¢ ¡ ¢ Addendum 129


PREMESSA<br />

Un fondamentale cambiamento di prospettiva nell’impostazione dei problemi<br />

di meccanica quantistica si è avuto agli inizi degli anni ’50 principalmente<br />

ad opera di Richard Feynman, al quale si deve una formulazione della teoria<br />

quantistica diversa da quella usuale di Heisenberg, Schrödinger e Dirac.<br />

La formulazione di Feynman è basata sul concetto di “¥§¦©¨¥<br />

¥§¦¥ ” e permette di esprimere l’¥ "!"!£ (quantistica) di transizione fra<br />

due punti spazio-temporali senza far ricorso a vettori di stato ed operatori in<br />

uno spazio di Hilbert. Questo approccio fornisce inoltre una rappresentazione<br />

intuitiva del#¥$¥%¨ &'¥"(<br />

della meccanica quantistica.<br />

L’importanza pratica della strategia di Feynman è dovuta al fatto che essa<br />

rappresenta un’)¨**¦+¨%¥§,- alle tecniche di soluzione dei problemi quantistici<br />

basate sull’equazione di Schrödinger. Naturalmente, nei casi in cui tale<br />

equazione sia risolubile.*/¨0¨ 1¢¦©¨ , il nuovo metodo non aggiunge nulla di<br />

nuovo. Tuttavia è ben noto che si tratta di pure eccezioni: per la maggior parte<br />

dei problemi fisicamente rilevanti risulta impossibile risolvere l’equazione di<br />

Schrödinger. È proprio in queste circostanze che un nuovo approccio alla teoria<br />

quantistica diventa molto importante, in quanto esso permette di sviluppare<br />

¦© ( ,£¥ metodi di soluzione approssimate.<br />

Ora, nell’ambito più ristretto della meccanica quantistica¦<br />

( ¦ relativistica,<br />

i vantaggi derivanti dalla formulazione di Feynman si manifestano principalmente<br />

in alcuni tipi di problemi, come quelli basati sull’approssimazione<br />

semiclassica e sulla trattazione dei fenomeni quantistici nei sistemi macroscopici.<br />

La situazione cambia radicalmente se si considera l’estensione relativistica,<br />

cioè la teoria quantistica dei campi. Il motivo di fondo è molto semplice.<br />

La quantizzazione canonica è basata sul formalismo hamiltoniano, in cui il<br />

tempo gioca un ruolo 2¥§,'¢. (<br />

dalle coordinate spaziali: la teoria non può<br />

<strong>qui</strong>ndi essere “covariante a vista” rispetto a trasformazioni di Lorentz. Questo<br />

serio inconveniente è ovviato nell’approccio di Feynman, poiché il tempo e le<br />

coordinate spaziali vengono poste sullo.¨. (<br />

piano. Un ulteriore importantis-


8<br />

simo vantaggio rispetto al metodo canonico è di permettere la quantizzazione<br />

delle teorie di gauge in modo notevolmente più semplice. Si noti che le<br />

( &32¥546¢7-¦©8¦ ” per tali teorie sono state derivate proprio facendo uso<br />

dell’“¥§¦©¨ 9&:¥ ¥$¦©¥ ”.<br />

“<br />

Scopo del presente Quaderno è un’¥$¦+¨% ( 2/!*¥( ¦; fornire alla formulazione<br />

di Feynman della teoria quantistica. Ci limiteremo <strong>qui</strong>ndi a considerare solo<br />

la meccanica quantistica non relativistica (per ciò che concerne la teoria quantistica<br />

dei campi verrà data soltanto una traccia bibliografica). Com’è consuetudine<br />

dei Quaderni di <strong>Fisica</strong> Teorica, presentiamo in traduzione l’articolo<br />

fondamentale sull’argomento, che è stato pubblicato da Feynman nel 1948.<br />

Desideriamo sottolineare che questo lavoro è oggigiorno più un documento<br />

storico che non un’esposizione consigliabile a chi voglia imparare il<br />

metodo di quantizzazione di Feynman. Pensiamo però che la sua lettura costituisca<br />

una notevole esperienza intellettuale – anche per gli studenti di <strong>Fisica</strong> –<br />

se corredata da un’opportuna introduzione in chiave moderna e da alcuni commenti<br />

che illustrino il contesto storico in cui si colloca il lavoro di Feynman.<br />

Il presente Quaderno si articola nel modo seguente. Dopo un breve<br />

richiamo del concetto di ( £


L’articolo originale di Feynman, pubblicato su IJ*,£¥ *KL (9MN( 2


1. Concetto di propagatore quantistico<br />

¤<br />

1.1 – Consideriamo per semplicità moto¦¥02¥§1*¦@.¥( ¦+ il di una particella<br />

non relativistica in presenza di un potenziale stazionarioRTS%U;V<br />

scalare<br />

(situazioni più generali verranno discusse in seguito). È ben noto che la corrispondente<br />

equazione di Schrödinger ha la forma<br />

- X3Y W<br />

S%U6\ Z V5]_^<br />

- X+` [<br />

a'b Y `<br />

Y U ` [ S%U6\ Z V6cdRTS%U;V[ S%Ue\ Z V S9f fEV<br />

Y©Z<br />

Ora, un fisico degli ’30¦<br />

( ¦ anni avrebbe cercato risolvere2¥§"¢¨0¨ 1*¦©¨ di tale<br />

equazione! Egli avrebbe invece osservato che essendoRTS%U;V – indipendente<br />

dal tempo – è conveniente porre<br />

S%Ue\ Z Vhgjikl$mon p<br />

- Xeq S%UoV [<br />

cosicché l’eq. (1.1) diventa<br />

r `<br />

q S%UoVoc<br />

a'b<br />

X©`Qst ^uR1S0U;Vwvq S%UoVx]zy<br />

-<br />

S9f a V<br />

U `<br />

S9f |{ V<br />

r<br />

A stadio,t questo è ovviamente un parametro (reale) indeterminato}. Supponiamo<br />

cheRTS%U;V ulteriormente soddisfi condizione`<br />

la<br />

lim<br />

R8S%UoVL] cƒ‚ S9f …„ V<br />

~E:€<br />

Si può allora dimostrare che l’eq. (1.3) soluzioniq<br />

S%U;V ammette soddisfacenti<br />

alle usuali condizioni regolarità†5<br />

( (<br />

di per valori2¥$<br />

"¢¨%¥ certi del parametro<br />

(li indicheremo contJ‡ \ t } \ t ` \¢ˆ¢ˆ¢ˆ e supporremo che si abbiatJ‡F‰Št } ‰<br />

t ` ˆ¢ˆ¢ˆ ). Quindi, in corrispondenza ad ognuno dei suddetti valoritC‹ si avrà una<br />

t<br />

1 NaturalmenteΠha il significato fisico di energia della particella. Tuttavia questa circostanza<br />

è irrilevante per le considerazioni esposte in questo paragrafo.<br />

2 Se l’eq. (1.4) non valesse, si avrebbe in generale uno spettro continuo di autovalori per<br />

l’eq. (1.3), ma il ragionamento che segue rimarrebbe inalterato.<br />

3 Queste condizioni seguono direttamente dal significato fisico della funzione d’onda (il suo<br />

modulo quadrato fornisce la densità di probabilità) e sono discusse in tutti i testi di meccanica<br />

quantistica.


12<br />

soluzione dell’eq. (1.3): esse verranno comeq<br />

‹ S%U;V indicate . Sotto ipotesi<br />

molto generali l’insieme<br />

q ‹ S%U;V delle<br />

"( ;&¡¨(<br />

inŽ<br />

`€ è , per l’¥§¦©¨ <br />

*¦¢<br />

cui<br />

dell’eq. (1.1) può essere rappresentato S%U6\ Z V5] [ ‹ i k+l$m“En0p<br />

- X q ‹ S%U;V S9f •” V<br />

‹’‘<br />

ove ‹ sono coefficienti (complessi) arbitrari.<br />

‘ Possiamo schematizzare il suddetto procedimento nel modo seguente.<br />

L’originaria equazione di Schrödinger alle derivate parziali (1.1) è stata ridotta –<br />

mediante l’introduzione di un parametro arbitrario – ad un’equazione differenziale<br />

ordinaria. La richiesta di regolarità imposta alla funzione d’onda porta a<br />

il; ( – *8>£•¥C¨( ,-( .¥ considerare associato a quest’ultima<br />

L’¥§¦©¨ 9&—


Ú<br />

l’eq. (1.1) fissando l’attenzione sul cosiddetto<br />

( £


all’eq. (1.1). Scriviamo il problema agli autovalori ö ÷<br />

per nella forma<br />

€<br />

€<br />

€<br />

ö<br />

X<br />

X<br />

14<br />

Pertanto la conoscenza del propagatore permette di un’ – ¥%¨%*¥%<br />

calcolare<br />

soluzione dell’equazione di Schrödinger. Questo fatto – non sempre apprezzato<br />

appieno – il"*E/ ( .¨(BM*( ¦+2/1*¦©¨ & costituisce alla formulazione di<br />

Feynman della teoria quantistica. È opportuno osservare che, benché l’uso del<br />

propagatore per risolvere l’equazione di Schrödinger non sia certo opera<br />

Feynmanë<br />

di<br />

, egli è stato indubbiamente il primo a capire il ruolo cruciale che<br />

esso gioca in meccanica quantistica.<br />

1.3 – Sussiste una notevole relazione fra il propagatore dell’equazione<br />

di Schrödinger (1.1) ed il problema agli autovalori associato all’eq. (1.3).<br />

Abbiamo infatti<br />

€<br />

‹/ío‡<br />

Zì…ìÎU+ì0\ ZìÏ ]<br />

S9f f£y


che è proprio l’eq. (1.10).<br />

Notiamo infine che il propagatore soddisfa la"( ¦+2¥!*¥( ¦;Â2¥L¦¥%¨ *¥ ¢¨ Ò <br />

ì…ì\ Zì…ìÎU ì\ ZìÏ î ]óÍ%U ì\ ZìÎU ì…ì\ Zì…ìÏ S9f f „ V<br />

Í%U<br />

Essa è conseguenza diretta dell’hermiticità dell’hamiltoniana, come si vede<br />

facilmente usando l’eq. (1.11).<br />

2. Aspetti dell’integrale di Feynman<br />

¤<br />

2.1 – La formulazione di Feynman fornisce il propagatore dell’equazione<br />

di come¥§¦©¨C¥ ¥§¦¥ (¥§¦©¨ 9&ƒ2¥4D*7'¦8¦ Schrödinger ). Risulta<br />

<strong>qui</strong>ndi possibile calcolare il quantistico¢¢¦ !¡ propagatore che sia necessario<br />

risolvere l’equazione di Schrödinger. Sottolineiamo che è proprio quest’ultima<br />

circostanza che rende questo approccio così importante da un punto di vista<br />

applicativo. Infatti, anche nei casi in cui non si riesca a calcolare esattamente<br />

l’integrale di Feynman, è peraltro possibile sviluppare nuovi metodi di<br />

approssimatiú soluzione .<br />

2.2 – Pensiamo di fare cosa utile al lettore mostrando – nel semplice caso<br />

dell’equazione di Schrödinger (1.1) – come l’integrale di Feynman emerga<br />

in modo naturale partendo dalla usuale formulazione operatoriale della teoria<br />

quantistica. Questo modo di procedere è, in un certo senso,<br />

( / ( .¨(<br />

a<br />

quello originario di Feynman (si veda il paragrafo 2.4 e l’articolo tradotto):<br />

egli ha infatti 2


g<br />

ö<br />

c ö R<br />

<br />

Ù ô<br />

<br />

ò ÎU ìÏ<br />

<br />

€ ÚÙ € Í0U+ì…ìÎi k§ô<br />

<br />

p<br />

£<br />

i kxô<br />

<br />

p<br />

£<br />

ÎU £<br />

k } Ï ˆ<br />

k<br />

U £<br />

k } Í%U £<br />

k } Îi k5ô<br />

<br />

p<br />

£<br />

i kÌô<br />

<br />

p<br />

£<br />

ÎU £<br />

k ` Ï r U £<br />

k ` ˆ¢ˆ¢ˆ<br />

r<br />

U } Í%U } ÎikQô<br />

<br />

p<br />

£<br />

ikxô<br />

<br />

p<br />

£<br />

ÎU ìÏ r<br />

16<br />

i ô Sa fEV ÿ<br />

È pertanto un fatto notevole che – sotto ipotesi piuttosto generali – si abbia<br />

invece<br />

i ô<br />

] i ô<br />

ÿ Ù<br />

ô¢¡<br />

ô ÿ Ù ô ] lim £ :€ i<br />

i ô ÿ p<br />

£<br />

i ô p<br />

£¦¥ £ ¤<br />

a V Sa<br />

che è laM*( * &2¥¨§ ( ¨0¨* essenzialmente . Come vedremo, l’integrale di<br />

Feynman altro non è che una conseguenza di tale formula, combinata con<br />

un’osservazione dovuta a Dirac!<br />

Fissiamo ora l’attenzione propagatoreÍ%U ì…ì\ Zì…ìÎU ì\ ZìÏ sul dell’equazione di<br />

Schrödinger (1.1). © Ponendo<br />

W<br />

XJSZì…ì ^ ZìV.\ -<br />

Sa |{ V<br />

e facendo uso dell’eq. (1.11) possiamo scrivere<br />

÷ g ö<br />

Sa …„ V<br />

che – in virtù della formula di Trotter (2.2) – diventa<br />

Í0U ì…ì\ Zì…ìÎU ì\ ZìÏ ]óÍ%U ì…ìÎi k


Í%U Ù } Îi k ô<br />

<br />

p<br />

£<br />

ÎU Ï ]<br />

Ú<br />

r<br />

Î Ï Í DÎ ]_f<br />

r<br />

Í%U Ù } Îi k ô<br />

<br />

p<br />

£<br />

Î Ï Í ÎU Ï<br />

Ù } Îi k§ô<br />

<br />

p<br />

£<br />

Î Ï ] i k "!<br />

<br />

p<br />

`$# £<br />

Í0U Ù } Î Ï<br />

Í%U<br />

È conveniente porre U ì g U ‡ e U ì…ì g U £ , cosicché l’eq. (2.8) può essere<br />

riscritta nella forma più compatta}w†<br />

17<br />

Zì…ìÎUì0\ ZìÏ Í%Uì…ì%\<br />

lim £ :€ ]<br />

£<br />

k }<br />

<br />

<br />

k }<br />

£<br />

<br />

ío‡ Í%U Ù } Îi k§ô<br />

<br />

p<br />

£<br />

i kxô<br />

<br />

p<br />

£<br />

ÎU Ï<br />

<br />

€ Ù Ú € Ù Ú<br />

ˆ¢ˆ¢ˆ € k € k<br />

r U<br />

l<br />

}<br />

Sa |Ý V<br />

lí<br />

Questa equazione – che segue direttamente dalla formula di Trotter – esprime<br />

propagatoreÍ0U ì…ì\ Zì…ìÎU ì\ ZìÏ<br />

il<br />

in funzione del propagatore relativo ad un intervallo<br />

tempo¥§¦L¦©¥§¨*¥§ (<br />

di (vale direSZì…ì ^ ZìV a ‚ per ).<br />

Calcoliamo il; ( @E//¨( "¥§¦L¦¥%¨..¥$ ( Í%U Ù } Îi k ô<br />

<br />

p<br />

£<br />

ÎU Ï ora .<br />

È evidente che <strong>qui</strong> ö<br />

non è altro cheR1S%U;V , <strong>qui</strong>ndi R<br />

Ù } Îi k§ô<br />

<br />

p<br />

£<br />

i kxô<br />

<br />

p<br />

£<br />

ÎU Ï ] i k Í%U<br />

<br />

p<br />

£<br />

i k ô<br />

<br />

ò%p<br />

£<br />

Í0U Ù } Îi k§ô<br />

<br />

p<br />

£<br />

ÎU Ï Sa f£y


Í%U Ù } Îik ô<br />

<br />

p<br />

£<br />

ÎU Ï ]<br />

Í%U Ù } Îi k5ô<br />

<br />

p<br />

£<br />

ÎU Ï ]87<br />

Ú<br />

r<br />

ik !<br />

<br />

p<br />

`# £<br />

Í%U Ù } Î Ï Í ÎU Ï<br />

r<br />

i k !<br />

<br />

p<br />

`$# £<br />

i l(<br />

exp ;©^âSb<br />

<br />

a V¢S%U Ù } ^ U V `<br />

<<br />

©<br />

18<br />

€ ÚÙ € k<br />

f „ V Sa<br />

Î Ï è l’autofunzione dell’impulso (corrispondente all’autovalore ) nella<br />

rappresentazione delle coordinate, cioè<br />

MaÍ%U<br />

Í%U Î Ï ] q<br />

% a'& - X i l(<br />

~ p<br />

- X f<br />

Sa f ” V<br />

<strong>qui</strong>ndi possiamo riscrivere l’eq. (2.14) come<br />

<br />

S0U;Vx]<br />

Ù } Îi k§ô<br />

<br />

p<br />

£<br />

ÎU Ï ] f<br />

a'& -<br />

X Í%U<br />

<br />

k<br />

~<br />

ò%p<br />

-<br />

X Sa f Ñ V ï~*),+<br />

€ ÚÙ € k<br />

L’integrale che figura nell’eq. (2.16) è/


p<br />

£<br />

i kxô<br />

b<br />

b<br />

G<br />

b<br />

X<br />

p ` Ù € Ú £<br />

^uR1S%U VTLUNd]<br />

r U<br />

lR<br />

ˆ<br />

Inserendo l’eq. (2.18) nell’eq. (2.10) ed usando le eq. (2.3) e (2.19) abbiamo<br />

infine l’espressione. ;•¥ ¥%¨ del propagatore infinitesimo<br />

p<br />

£<br />

i kxô<br />

<br />

p<br />

£<br />

ÎU Ï<br />

<br />

]DC<br />

a'&;W<br />

?'E<br />

X<br />

b<br />

-<br />

}p ` ˆ<br />

19<br />

exp FHSW<br />

-<br />

? K<br />

`<br />

aJI<br />

U Ù } ^ÜU b<br />

?HG<br />

Í%U Ù } Îi k5ô<br />

Questa espressione del propagatore infinitesimo è stata suggerita per la prima<br />

volta da }˜ Dirac . Non era invece chiaro a Dirac come ottenere il propagatore<br />

relativo ad un intervallo di h¦¥§¨( }w tempo . Oggi sappiamo ¢ –<br />

X V<br />

^ R8S%U VMLON<br />

Sa a y


?<br />

?<br />

k }<br />

£<br />

ío‡ <br />

k }<br />

£<br />

ío‡ <br />

G<br />

G<br />

b<br />

b<br />

b<br />

b<br />

X<br />

X<br />

p ` Ù € Ú £<br />

r U<br />

lR<br />

r U l <br />

?<br />

ˆ<br />

ˆ<br />

?<br />

20<br />

per cui otteniamo in definitiva<br />

?QE<br />

Zì…ìÎUì0\ ZìÏ ] lim £ :€ P ‡<br />

C Í0U+ì…ì%\<br />

aQ&;W -<br />

£<br />

k }<br />

<br />

<br />

€ ÚÙ k € ˆ¢ˆ¢ˆ<br />

k €<br />

lí }<br />

W X<br />

SW<br />

exp<br />

X V V -<br />

? K<br />

`<br />

a I<br />

U Ù } ^ U <br />

VTL Z \<br />

]<br />

^ËRTS%U<br />

Sa a { V<br />

Questa l’. ;".".¥( ¦hL¦+& è del propagatore quantistico ¥§¦©¨ 12¥<br />

4D*7'¦8¦<br />

come<br />

. Vedremo nel paragrafo successivo che l’eq. (2.23) può essere<br />

riscritta in modo più compatto ed elegante. Tuttavia è bene tenere sempre<br />

presente che ogni altra e<strong>qui</strong>valente¦<br />

( ¦ espressione ha alcun significato diverso<br />

da mostrato.#¥ ¥§¨ 1*¦©¨ quello dall’eq. (2.23).<br />

2.3 – A questo punto il lettore potrebbe chiedersi (giustamente!) dove<br />

siano i “ ¥§¦¥h2¥Ì46¢7-¦©8¦ ”}wë .<br />

Al fine di rispondere a questa domanda è conveniente porre<br />

?QE<br />

€ ÚÙ Í0U+ì…ì%\ Zì…ìÎUì0\ ZìÏ £ji P g C<br />

aQ&;W -<br />

p ` Ù € Ú £<br />

£<br />

k }<br />

<br />

<br />

k € ˆ¢ˆ¢ˆ<br />

k €<br />

lí }<br />

W X<br />

SW<br />

exp<br />

X V V -<br />

? K<br />

`<br />

a I<br />

U Ù } ^ÜU <br />

Sa a „ V<br />

V LUZ \<br />

]<br />

^uR8S%U<br />

cosicché l’eq. (2.23) assume la forma<br />

ì|ì\ Zì…ìÎU ì\ ZìÏ ] lim £ F€ P ‡ Í%U ì…ì\ Zì…ìÎU ì\ ZìÏ £ji P<br />

Í%U<br />

a ” V Sa<br />

Discretizziamo ora l’intervallo di consideratoZì…ì ^ Zì tempo ^Šf<br />

mediante<br />

punti intermedi Z }<br />

e<strong>qui</strong>distanti Z ` , ˆ¢ˆ¢ˆ , Z £<br />

k }<br />

, spaziati (Zl ] Z ‡ c W<br />

di<br />

Z ‡ g Zì<br />

,<br />

Z £ g Zì…ì , ylk<br />

W<br />

km , ) (si noti che questa discretizzazione era già<br />

usata¥$;•¥ ¥%¨ 1¢¦©¨ stata nell’applicare la formula di Trotter). Ragionando<br />

nello spazio delle ..¨* ( S%Ue\ Z V }ú configurazioni , il generico insieme di punti<br />

18 Talvolta essi sono anche detti­¬§³.¥w ? .<br />

19 Esso si ottiene rappresentando geometricamente il tempo come®E¢¬§«¥« ³.¥ coordinata.


£ S²ˆ¢ˆ¢ˆ¡\9UÌSZ oV*\¢ˆ¢ˆ¢ˆ)VLg<br />

n<br />

UDSZì?VLg Uì0\9UDSZ } VLg U } \¢ˆ¢ˆ¢ˆ-\9UDSZ oVLg Uo \¢ˆ¢ˆ¢Ê\<br />

q<br />

£<br />

k } VLg U £<br />

k } \9UÌSZì…ìVLgzU ì…ì p<br />

Sa a Ñ V<br />

UÌSZ<br />

?<br />

G<br />

b<br />

b<br />

b<br />

X<br />

Ú<br />

X<br />

Ú<br />

Z f a<br />

bvu<br />

UÌSZ V `<br />

9<br />

^uR1S0UDSZ VV<br />

7<br />

r<br />

ˆ<br />

n<br />

U ì\9U } \¢ˆ¢ˆ¢ˆ£\9Uo\¢ˆ¢ˆ¢ˆ£\9U £<br />

k } \9U ì…ìp che figura nell’eq. (2.24) può essere interpretato<br />

come l’insieme dei vertici di una !"!£¨ ` ‡Oq £ S²ˆ¢ˆ¢ˆ¡\9UDSZ o V*\¢ˆ¢ˆ¢ˆ#V definita<br />

nel modo seguente<br />

21<br />

Indichiamo r £ji P S%U ì\ Zìs U ì…ì\ Zì…ìV con l’insieme ¨%@¨0¨ di le £ S²ˆ¢ˆ¢Ê\9UDSZ oV.\¢ˆ¢ˆ¢ˆ)V<br />

con estremi fissi q U ì , UÌSZì|ìV1g U ì…ì . Dato che q £ S²ˆ¢ˆ¢ˆ¡\9UÌSZ oV.\¢ˆ¢ˆ¢ˆ)V è<br />

UDSZìVTg<br />

completamente caratterizzata dai suoi vertici, l’eq. (2.24) non è altro che la<br />

( 8 di exp n ˆ¢ˆ¢ˆ p su r £ji P S%U ì\ Zìs U ì…ì\ Zì…ìV . Alla luce di questa osservazione è<br />

conveniente riscrivere l’eq. (2.24) come<br />

<br />

Zì…ìÎUì0\ £ji P ] C Í0U+ì…ì0\ ZìÏ<br />

WYX<br />

£<br />

SW<br />

exp<br />

k }<br />

V -<br />

? K<br />

`<br />

€ ˆ¢ˆ¢ˆ<br />

k € k<br />

} lí<br />

VVTL[ZY\<br />

]<br />

^ËRTS%UÌSZ<br />

Sa a Ø V<br />

r UDSZlV<br />

a'&;W -<br />

?QE<br />

£<br />

p ` Ù €<br />

£<br />

k }<br />

<br />

<br />

€ ÚÙ ío‡<br />

Ricordando che (nel caso in questione) l’azione classica calcolata lungo una<br />

arbitraria traiettoriaUDSZ V è<br />

X V<br />

a I<br />

UÌSZ Ù } VD^UÌSZ V<br />

t<br />

sUDS²ˆ•Vwvnðñð<br />

Sa a Û V<br />

nð<br />

scopriamo che la sommatoria nell’eq. (2.27) è l’E!¢¥( ¦ &'¥ proprio calcolata<br />

lungo la spezzata £ S²ˆ¢ˆ¢Ê\9UDSZ oV.\¢ˆ¢ˆ¢ˆ&V . Quindi possiamo scrivere<br />

q<br />

nð ] nðñð<br />

?'E<br />

20 Come­$Ç-<br />

ì…ì\ ì\ £ji ]wC<br />

£<br />

p<br />

Ù € Ú Ù €<br />

Í%U ` ˆ¢ˆ¢ˆ<br />

Ú £<br />

Zì|ìÎU k } r<br />

€<br />

P a'&;W UÌSZlV ˆ<br />

ZìÏ<br />

lí }<br />

-<br />

X<br />

€<br />

ẗ y q £ S²ˆ¢ˆ¢ˆ£\9UDSZ oV.\¢ˆ¢ˆ¢ˆ)V{z n0ðñð V exp xDSW -<br />

k k<br />

nð}|<br />

Sa a Ý V<br />

intendiamo un insieme discreto di punti uniti da segmenti. Una curva ordinaria<br />

può essere definita specificando i suoi punti in funzione di una variabile indipendente<br />

ÀÀ"›.¬$›<br />

. Analogamente si può fare per una spezzata, solo che ora l’insieme dei punti (vertici) è<br />

discreto anziché continuo.<br />

é


?<br />

su rLS%U ì\ Zì s U ì…ì\ Zì…ìV . È altresì evidente che`<br />

}<br />

‚<br />

b<br />

X<br />

22<br />

Naturalmente quanto detto vale per arbitrario. Consideriamo ora il limite<br />

~ ‚ (<br />

y ). Al crescere di una spezzata q £ S²ˆ¢ˆ¢Ê\9UDSZ o V.\¢ˆ¢ˆ¢ˆ)V<br />

approssima vieppiù una curva continuaUDSZ V (con gli stessi estremi), fino a coincidere<br />

con questa nel limite <br />

. Pertanto l’insieme r £Oi P S%U ì\ Zìs U ì…ì\ Zì…ìV<br />

diventa lo E!*¥( 2 *¥ ¥§¦¥€rxS%U ì\ Zì s U ì…ì\ Zì|ìV , cioè l’insieme delle funzioni<br />

‚<br />

continueUÌSZ V (reali) con fissiUÌSZìV¯g_U ì ,UÌSZì|ìV¯gäU ì…ì estremi . Quindi nel limite<br />

l’eq. (2.29) da somma r £ji P S%U ì\ Zìs U ì…ì\ Zì…ìV su una<br />

‚ ( 8<br />

diventa<br />

lim<br />

£ F€<br />

ẗ y q £ S²ˆ¢ˆ¢ˆ£\9UDSZ oV.\¢ˆ¢ˆ¢ˆ)V{z n0ðñð<br />

Sa |{ y


Ú<br />

Z f<br />

9<br />

a<br />

bŒu<br />

U l SZ V<br />

u<br />

U l SZ VocŽ l S%UÌSZ V*\ Z V<br />

u<br />

U l SZ VD^lBS%UÌSZ V*\ Z V<br />

7<br />

r<br />

esso ¦ ( ¦ è (da un punto di vista matematico) un’integrale su uno spazio di<br />

funzioni`† (integrale funzionale). Più semplicemente, in questo contesto la<br />

parola integrale (ed il relativo simbolo) è da intendersi<br />

( (<br />

come sinonimo di<br />

( 8 (su un insieme di funzioni). Ulteriormente – per quanto suggestiva<br />

l’eq. (2.31) possa apparire – va ricordata l’osservazione fatta alla fine del<br />

paragrafo precedente.<br />

Benché l’eq. (2.31) sia stata derivata <strong>qui</strong> nel caso unidimensionale in cui è<br />

presente solo un potenziale scalare stazionarioR1S%U;V , essa vale anche nel caso<br />

multidimensionale per un’azione classica del tipo`<br />

23<br />

t<br />

sUÌS²ˆ•Vwvnðñð<br />

] Sa nðñð<br />

|{{ V<br />

nð nð<br />

L’eq. (2.31) corrispondente a quest’ultima forma dell’azione classica va ancora<br />

definita come limite di un’espressione discretizzata, molto simile a quella che<br />

figura nell’eq. (2.23). Vi un’¥§ ( ¢¨ ¦©¨2¥G¢¢¦ !¡ è però . Nell’espressione<br />

(2.20) del propagatore U infinitesimo U Ù }<br />

fra R1S%U;V e , è U calcolato in<br />

inveceƒS0Ue\ Z V<br />

.<br />

Ora nel;¦©¨( ¥$¦+¨**12¥(‘<br />

va g S0U cŠU Ù } V<br />

a<br />

calcolato U<br />

nell’analoga espressione del propagatore infinitesimo. Ciò si riflette nell’identica<br />

prescrizione per quanto concerne la forma discretizzata dell’eq. (2.31)<br />

(2.23))`<br />

˜ (simile all’eq. (a questo proposito si veda l’articolo tradotto).<br />

23 Ciò è stato dimostrato in: R. H. Cameron, J. Math. and Phys. 39, 126 (1960). Sottolineiamo<br />

che le difficoltà matematiche menzionate all’inizio del paragrafo 2.2 traggono<br />

origine proprio da questo fatto.<br />

24 È immediato accorgersi che questa azione classica ha la forma tipica dell’interazione di<br />

una particella con un campo elettromagnetico o gravitazionale esterno nell’approssimazione<br />

semirelativistica. In realtà, l’eq. (2.31) vale anche per azioni classiche … [ç (‡ )]Ç ¡Ê<br />

dell’eq. (2.33). Un esempio è quello di spazio delle configurazioniž9®£¥«¼³ . Rimandiamo<br />

il lettore al testo di Schulman. È opportuno tenere presente che l’eq. (1.11) vale­«³*¢…³ se<br />

›*¢ ®Q¤£«Ÿ/«¥<br />

dipende dal tempo (invece l’eq. (1.14) ha validità generale).<br />

25<br />

L’origine matematica di questo fatto verrà spiegata nel paragrafo 2.6. Discutiamo <strong>qui</strong><br />

l’hamiltonianaŸ³.Ÿ<br />

invece ­ |¤.Ÿ' gž›.¬$³Hg©­ žw³ suo (si tratta di una tipica situazione in cui una difficoltà<br />

matematica ha una radice fisica). Un problema che ha preoccupato i fondatori della teoria<br />

quantistica è l’esistenza delle ›.¦“’² |¤.®E #¬EÊ ›1¡. 5ý9®-›.Ÿ'¬ |ÀÀ"›À² ³.Ÿ/ cosiddette . Si supponga<br />

che ž¢…›.­­ žw› nell’hamiltoniana compaia un termine in cui l’impulso è moltiplicato per<br />

una funzione delle coordinate (questo è effettivamente quanto avviene nel caso descritto<br />

dall’azione (2.33)). Come è ben noto, la hamiltonianaý²®'›.Ÿ-¬? #­w¬ ž› corrispondente si ottiene<br />

sostituendo gli operatori alle grandezze classiche. Ora, gli operatori posizione e impulso<br />

commutano, <strong>qui</strong>ndi vi sonoÇ ¡Ê ® hamiltoniane quantistiche distinte associate alla­¬§²­­«›<br />

hamiltoniana classica. Senza ulteriori argomenti (ritorneremo su questo punto più avanti in<br />

Ÿ³.Ÿ<br />

questa nota) è privo di significato chiedersi quale di esse sia l’hamiltoniana “giusta”, perché<br />

esse sono concettualmente sullo stesso piano, nonostante portino a risultati diversi. Qual’è<br />

l’origine di queste ambiguità? Storicamente, vi è stata una notevole confusione proposito.<br />

Inizialmente si riteneva che esse unaÇ®£¥ ›Bž³.Ÿ'­9?¤.®«Ÿ£À› fossero dell’uso degli operatori.


24<br />

D’ora in poi considereremo il caso generale di uno spazio delle configurazioni<br />

)¨%¥%2¥$1¢¦@¥( ¦+& . Al fine di semplificare la notazione, ¢,£¥%¨*"* (<br />

*"⥧ –( #¥h,¢¨0¨( .¥0#¥ ( ¥§¦+2¥ ¥ ogniqualvolta ciò non dia luogo a fraintendimenti.<br />

2¥h<br />

2.4 – Ci sembra molto istruttivo confrontare la derivazione dell’eq. (2.31)<br />

presentata nel paragrafo 2.2 con la strategia seguita originariamente da Feynman<br />

(essa è discussa nell’articolo tradotto). Come abbiamo già sottolineato,<br />

egli ¦ ( ¦ parte dalla formulazione operatoriale della teoria quantistica,<br />

bensì procede in modo euristico: estende il principio di sovrapposizione delle<br />

ampiezze e sviluppa un’osservazione – dovuta a Dirac`<br />

– sul ruolo dell’azione<br />

classica in meccanica quantistica. Cercheremo di riassumere (in modo molto<br />

schematico) i punti nodali di tale approccio.<br />

Consideriamo una particella ” descritta dall’azione classica (2.33) e fissiamo<br />

l’attenzione sull’evento<br />

û “”ó,' 2/ S0U ì\ ZìV: S%U ì…ì\ Zì…ìV”. Si noti che<br />

l’¥ "!!¡ (totale) Í%U ì…ì\ Zì|ìÎU ì\ ZìÏ associata a questo evento non è altro che il<br />

; ( @E//¨( " dell’equazione di Schrödinger (nelle variabiliU ì…ì\ Zì…ì ). A questo<br />

Successivamente ci si è però resi conto che ciò non poteva essere vero: infatti la meccanica<br />

classica può venire espressa in un linguaggio³«Ç-«¥ ›.¬$³.¥« ›*¢| molto simile a quello quantistico<br />

(B. O. Koopman, Proc. Nat. Acad. Sci. 17, 315 (1931); J. Von Neumann, Ann. of Math.<br />

33, 587 (1932)), mentre la meccanica quantistica può essere formulata nello­$ÇE›À² ³B¡²¢)¢|<br />

analogamente alla meccanica classica (E. P. Wigner, Phys. Rev. 40, 749 (1932); J. E.<br />

Moyal, Proc. Camb. Phil. Soc. 45, 99 (1949); M. Hillery, R. F. O’Connell, M. O. Scully<br />

½«›.­<br />

and E. P. Wigner, Phys. Rep. 106, 121 (1984)). L’origine delle suddette ambiguità è dovuto<br />

in all’›.­­9«Ÿ£À›¨¡. )­«³.¦¨³.¥‹g­w¦¨³ realtà fra i gruppi delle trasformazioni canoniche classiche<br />

e quantistiche dalla¥ ›«Ç¢Ç¥«­9«Ÿ'¬$›À² ³.Ÿ/ (indipendentemente di tali gruppi nell’ambito<br />

­?Ç' ž² gž›<br />

della<br />

formulazione della teoria) (L. Van Hove, Acad. Roy. Belg. Bull. Cl. Sci. Mém.<br />

(5) 37, 610 (1951); T. F. Jordan and E. C. G. Sudarshan, Rev. Mod. Phys. 33, 515 (1961)).<br />

Ciò nonostante è stato ripetutamente affermato che l’integrale Feynman²¢ )¦Q)Ÿ› di le ambiguità<br />

di quantizzazione, dato che esso non contiene operatori (citiamo un solo esempio: E.<br />

Kerner and W. Sutcliffe, J. Math. Phys. 11, 391 (1970))! Come vedremo nel paragrafo 2.6,<br />

queste ambiguità sono in®*¤*®-›*¢ ¦Q #­w®£¥› presenti nella formulazione di Feynman, anche se<br />

compaiono in forma meno evidente. Il primo calcolo esplicito che laŸ³.Ÿ mostra invarianza<br />

dell’integrale di Feynman sotto trasformazioni canoniche classiche è stato dato da: S. F.<br />

Edwards and Y. V. Gulyaev, Proc. Roy. Soc. A 279, 229 (1964). Per una discussione molto<br />

chiara e generale si veda: J. L. Gervais and A. Jevicki, Nucl. Phys. B110, 93 (1976). Si<br />

pone <strong>qui</strong>ndi il problema scegliere®EŸ› di hamiltoniana quantistica. Nel caso dell’azione<br />

classica (2.33) la richiesta che la corrispondente equazione di Schrödinger sia invariante<br />

sotto trasformazioni di determina®£Ÿ' )¼³ž›.¦C«Ÿ'¬§ gauge l’hamiltoniana quantistica. Anticipiamo<br />

che a livello dell’integrale di Feynman ciò e<strong>qui</strong>vale proprio alla prescrizione<br />

Ç®£Ÿ'¬$³â¦C ¡. ³<br />

del<br />

menzionata nel testo. La situazione è meno semplice nel caso di una particella<br />

(non relativistica) in spazio curvo. Qui è piuttosto naturale richiedere l’invarianza<br />

dell’equazione di Schrödinger sotto trasformazioni generali di coordinate. Tuttavia<br />

criterioŸ³.Ÿ<br />

questo<br />

è sufficiente per fissare univocamente l’hamiltoniana quantistica. Se invece si<br />

considera la quantistica­®Ç-«¥«­ )¦Q¦C«¬¥«&žw› meccanica (E. Witten, Nucl. Phys. B188, 513<br />

(1981)) l’invarianza sotto supersimmetria trasformazioni generali di coordinate<br />

ž³.¦ÌÇ¢|«¬§›.¦¨²Ÿ-¬%<br />

determina<br />

l’hamiltoniana (V. De Alfaro, S. Fubini, G. Furlan and M.<br />

Roncadelli, Nucl. Phys. B296, 402 (1988); V. De Alfaro and G. Gavazzi, Nucl. Phys.<br />

B335, 655 (1990)).<br />

26 Si veda la nota 15.


Nella formulazione usuale della teoria quantistica si associa una¥ "!!¡<br />

K<br />

25<br />

punto, il primo postulato di è` Ó<br />

Feynman<br />

F1) le#¨¢.¦¨%¥§,'Â2¥$²¥$¦©¨ ` ë Tutte secondo le l’eventoû<br />

quali può realizzarsi<br />

sono da<br />

¥§¦¥UÌSZ Vj•–rxS%U ì\ Zì s U ì…ì\ Zì|ìV descritte .<br />

(la funzione d’onda!) alla posizione di una particella ad un1—<br />

2¥; (


6<br />

b<br />

<br />

n<br />

UDSZ Vj•–ž p ]<br />

Ú ‚<br />

Ú ‚<br />

26<br />

Ovviamente nel nostro caso l’azione classica è fornita dall’eq. (2.33).<br />

È ben noto che le ampiezze quantistiche – convenzionalmente associate<br />

alla posizione¥$.¨ ¦©¨ ¦; di una particella – soddisfano il*¥§¦ ¥|¥( 2¥© ( ,£*—<br />

( .¥&!¢¥( ¦ . Avendo associato un’ampiezza ad un¥§¦©¨¢ (<br />

camminoUÌSZ V , è naturale<br />

supporre che il principio di sovrapposizione"(<br />

¦+¨%¥$¦¥¯1,-*" (si veda<br />

<br />

la discussione dell’esperimento di diffrazione da doppia fenditura nell’articolo<br />

tradotto). Ora, tale principio di sovrapposizione generalizzato implica che<br />

(totale)Í%U ì…ì\ Zì…ìÎU ì\ ZìÏ l’ampiezza l’eventoû<br />

per debba la<br />

( 8 essere<br />

ampiezzeÍ%U ì|ì\ Zì…ìÎU ì\ ZìÏ sUÌS²ˆ•Vwv<br />

delle<br />

relative ad ogni singola alternativa disgiunta. Di<br />

conseguenza – in virtù del postulato F1 – il terzo postulato di Feynman è<br />

F3) Il ( £


n<br />

UDSZ Vj•–ž p ] Î<br />

6<br />

¤ Ú ¤ ‚<br />

¤<br />

¤<br />

b<br />

<br />

U6SZ<br />

n<br />

p Î` ] VO•–ž<br />

` ¤<br />

affermazione può apparire strana. Infatti, dall’eq. (2.34) segue†<br />

`<br />

UÌSZ<br />

n<br />

p ] VU•–ž<br />

‚ Ú<br />

I<br />

probabilità che ”<br />

si muova lungo UÌSZ V<br />

K<br />

¤<br />

¤<br />

¤<br />

27<br />

e¡Q¢Q£<br />

Sa |{Ý V<br />

V¢Í0U+ì…ì%\ Zì…ìÎUì0\ ZìÏ sUDS²ˆ•V«v UDSZ<br />

Un’importante conseguenza dell’eq. (2.39) è ¦ ( ¦ che esiste alcuna<br />

<br />

distribu-<br />

definita rxS0U ì\ Zì s U ì…ì\ Zì|ìV su . A prima vista, questa<br />

zione<br />

&'¥ di (


§<br />

?<br />

<br />

§<br />

?<br />

?<br />

<br />

§<br />

§<br />

§<br />

?<br />

28<br />

particella segua “tutti i cammini simultaneamente”! In realtà, la mancanza di<br />

un’interpretazione fisica intuitiva per questi cammini non deve stupire: infatti<br />

è ben noto che in meccanica quantistica ¦ ( ¦ si possono attribuire proprietà<br />

fisiche ben definite ad oggetti¦<br />

( ¦ ( "¡**,-/¨%¥ † .<br />

2.6 – Una precisazione è ora quanto mai opportuna. Da quanto detto,<br />

il lettore potrebbe farsi l’idea che i<br />

¥§¦¥¯2¥h46¢7'¦8¦ – vale a dire quei<br />

cammini che contribuiscono 0G¢¨0¨%¥§,-1*¦©¨ nell’eq. (2.31) – siano ¨%@¨0¨ le<br />

funzioniUDSZ VO•–rxS%U ì\ Zì s U ì…ì\ Zì…ìV.Ciò èM | (<br />

! Si può infatti dimostrare (si veda<br />

l’articolo tradotto) che ( #¨ ¦©¨(<br />

quei particolari cammini che godono della<br />

proprietà §<br />

Z ( molto piccolo) danno contributo¦<br />

( ¦ ¦© §(<br />

un all’integrale di Feynman.<br />

Un modo euristico per rendersi conto di questo fatto è di ritornare all’eq. (2.23),<br />

gùUDSZ V (come spiegato nel paragrafo 2.3). È evidente che nel<br />

limite y si ottiene un risultato L¦¥%¨(<br />

solo nel caso in cui la grandezza<br />

scrivendoU<br />

Ù } V§^uUDSZ V Î`<br />

si mantiene L¦¥%¨ , ma ciò implica proprio l’eq. (2.42).<br />

ÎUÌSZ<br />

È altresì chiaro che il contributo di che¦<br />

( ¦ cammini soddisfano l’eq. (2.42)<br />

scompare nel limite<br />

diverge, il meccanismo per<br />

( seÎUDSZ Ù } V/^FUDSZ V Î`<br />

<br />

cui ciò avviene è molto simile a quello considerato nel paragrafo successivo).<br />

y<br />

Ora, l’eq. (2.42) implica che la UÌSZ V funzione – seppur continua ¦ ( ¦ – sia<br />

differenziabile per alcun diZ valore . Concludiamo che i cammini di<br />

sonoM<br />

¨0¨ •¥<br />

Feynman<br />

con dimensione di Hausdorff uguale 2 † Ó<br />

i<br />

†ë a . Qualitativamente,<br />

essi sono identici alle traiettorie a zig-zag tipiche del moto browniano<br />

(ritorneremo su questo punto in seguito). Osservando tali traiettorie, si nota<br />

immediatamente il loro carattere fluttuante: esse appaiono come se il punto<br />

rappresentativo fluttuasse casualmente intorno ad una traiettoria liscia. È facile<br />

rendersi conto che questo ¡ fatto proprio dall’eq. (2.42). Consideriamo<br />

infatti curva•¥$ ¥%6UÌSZ V una , vale a dire funzione2¥G*"*¦!*¥0 – ¥§ una del tempo.<br />

Avremo allora (per<br />

Z molto piccolo)<br />

UÌSZ V:¨óS<br />

Sa …„ a V<br />

Z V }p `<br />

mentre per i cammini di Feynman dall’eq. (2.42) segue<br />

36 Vogliamo mettere in chiaro che¬®£¬¬§› la discussione fatta nel presente Quaderno si riferisce<br />

(salvo«­$Ç¢ &ž9 #¬§³ avviso) a sistemi quantisticiŸ³.Ÿ osservati.<br />

37 Il concetto di½¥ ›.¬¬$›*¢| è entrato ormai nella cultura scientifica di ogni fisico. Un’esposizione<br />

divulgativa è contenuta in: B. Mandelbrot, Be¢ e£+¤¤¡«¬¬? +©¥ ›.¬¬$›*¢ (Einaudi, Torino, 1987).<br />

38 Si noti che questo fattoŸ³.Ÿ è in contraddizione col postulato F1. Semplicemente, l’ampiezza<br />

che « si muova lungo molti dei cammini›5Ç¥w ³.¥« possibili è di fattoŸ'®E¢)¢…› .<br />

UDSZ Vx]ª©1S<br />

Z V<br />

Sa …„/{ V


§<br />

§<br />

?<br />

§<br />

§<br />

§<br />

§<br />

<br />

29<br />

Ma essendo<br />

UÌSZ Vx]¬©®­"S<br />

Z una quantità molto piccola (<br />

f ), è evidente che<br />

Z V }p`„¯<br />

Sa …„„ V<br />

Z:°<br />

per cui funzioneUDSZ V una che soddisfi la condizione (2.42) ( )¨( ¥ Ò<br />

*¥02/1¢¦©¨<br />

varia<br />

(rispetto aZ)di funzioneUÌSZ V una che sia differenziabile. Ciò<br />

il<br />

¨0¨*"´³Q@¨0¨%¦©¨ spiega dei cammini di Feynman.<br />

L’esistenza di ³Q@¨0¨%E!*¥( ¦©¥ tali è concettualmente molto importante, perché<br />

esse rappresentano 0G¢¨0¨%¥B=¢¦+¨%¥?*¨%¥ ¥ gli nell’evoluzione temporale descritta<br />

dall’integrale di Feynman.<br />

Come è spiegato nell’articolo tradotto,<br />

l’eq. (2.42) è "=¢¥§,-*¦+¨ al*¥§¦ ¥|¥( 2¥¨¥§¦+2 ¢¨**¥§¦+E!¢¥( ¦ ! Di fatto, che<br />

quest’ultimo e la proprietà (2.42) siano aspetti diversi della*¨."¢ realtà appare<br />

chiaro in un contesto diverso† ú . Se si misura la traiettoria di una particella,<br />

si vede che le limitazioni dettate dal principio di indeterminazione implicano<br />

proprio la validità dell’eq. (2.42)<br />

‡ i<br />

} !<br />

Un’ulteriore conseguenza dell’eq. (2.42) è l’esistenza delle – ¥)¥§¨ Ò <br />

¦ nell’integrale di Feynman. Supponiamo infatti di inserire<br />

l’azione classica (2.33) nell’eq.(2.31), ed immaginiamo di considerare la cor-<br />

2¥¨=¢¦©¨%¥!"!£E!¢¥(<br />

rispondente espressione discretizzata (assumiamo per semplicità che i potenziali<br />

siano stazionari). Quest’ultima differisce dall’eq. (2.23) per un termine<br />

sotto il segno di sommatoria nell’esponente –<br />

l’asterisco indica che non è chiaro in quale particolare punto dell’intervallo<br />

del tipo S%U Ù } ^dU V$ƒS%U î<br />

V<br />

Z V }p` ¯¦²<br />

©±­S<br />

©1S<br />

Z V<br />

Sa …„


?<br />

t½yUÌS²ˆ•VMz nðñð<br />

?<br />

?<br />

30<br />

Ù } ^>U vada calcolatoU<br />

î<br />

. Abbiamo visto che nel caso dell’azione classica<br />

(2.28) tale sommatoria è una tipica somma di Cauchy-Riemann che definisce<br />

U<br />

sUDS²ˆ•Vwv come¥§¦©¨ 9&F2¥oIJ¥0¢8¦¦<br />

t<br />

Chiaramente,¡ . questa circostanza continuasse<br />

ad essere vera, il ¦ ( ¦ risultato dovrebbe dipendere dalla particolare<br />

diU<br />

î<br />

scelta : questa è infatti una proprietà fondamentale dell’integrale di Riemann.<br />

Notiamo in particolare che le due somme corrispondenti alle due situazioni<br />

differiscono per ©8S"S%U Ù } ^8U V ` V termini estremeU<br />

î<br />

] U Ù }<br />

.<br />

– esse differirebbero per termini ©1S<br />

per i cammini di Feynman vale la proprietà (2.42), <strong>qui</strong>ndi le due somme suddette<br />

differiscono in realtà per ©8S V termini ,<br />

"( ¦©¨%*¥– ¥$ ( ¦ (<br />

che al risultato.<br />

Siamo così giunti ad un’importante conclusione. Da un punto di vista matematico,<br />

vediamo che nel caso dell’azione classica (2.33) l’integrale d’azione che<br />

figura (2.31)¦<br />

( ¦ nell’eq. è più un integrale di Riemann, perché le somme che<br />

definiscono2¥…©*¦+2 ( ¦ (<br />

lo dalla particolare diU<br />

î<br />

scelta (si tratta di un oggetto<br />

molto agli¥$¦+¨ •¥6.¨(E '*¨%¥ ¥ simile che incontreremo nel paragrafo 3.9). Sul<br />

piano fisico, (2.31)¦<br />

( ¦ l’eq. fornisce più il propagatore quantistico in<br />

¦¥§, (E"(<br />

modo<br />

, dato che è necessario specificare in che modo sceltoU<br />

î<br />

vada<br />

nella <br />

discretizzazione che la definisce – ecco come le ambiguità di quantizzazione<br />

nascono nell’approccio di<br />

`<br />

Feynman !<br />

2.7 – È ben noto che la meccanica quantistica contiene la meccanica<br />

classica come caso limite. Ciò significa che quando - risulta<br />

( )¨( ¥§¦ ( " X<br />

di qualunque altra grandezza in gioco (avente le dimensioni di un’azione), gli<br />

effetti quantistici scompaiono ed il comportamento classico emerge.<br />

Un vantaggio della formulazione di Feynman è di permettere una<br />

prensione¥§¦©¨%¥§¨%¥§,-<br />

com-<br />

del limite classico.<br />

Fissiamo l’attenzione sull’eq. (2.31) e supponiamo che in una situazione<br />

specifica abbia<br />

]zU eU î<br />

Ora,¢<br />

<br />

i cammini di Feynman funzioni2¥G*"¢¦ !*¥0 – ¥$#¥ fossero del tempo – cioè<br />

tali cuiU Ù } ^U ¨<br />

` V per , che sarebbero¥§.*¥§&¢,-¦©¨%¥<br />

in quanto infinitesimi di ordine superiore. Sappiamo però che<br />

per cui laM<br />

'¡ che compare nell’integrale di Feynman è un numero ( )¨( nð<br />

. Consideriamo ora due


¤<br />

¤<br />

¤<br />

¤<br />

¤<br />

¤<br />

f<br />

X<br />

K<br />

¤<br />

¤<br />

¤<br />

¤<br />

¤<br />

¤<br />

¤<br />

X V<br />

t<br />

S%U+ì…ì \ Zì…ì s U+ì0\ Zì$V<br />

|<br />

<br />

X<br />

X<br />

t<br />

S%U ì…ì\ Zì…ì s U ì\ ZìV<br />

¤<br />

¤<br />

¤<br />

¤¤<br />

ˆ<br />

in unità<br />

)".¥ P . Quantisticamente la situazione è radicalmente 2¥§,'*.¢ ,<br />

perché in virtù dell’eq. (2.46) abbiamo¥$¦


Â<br />

Â<br />

32<br />

ove S0U ì…ì\ Zì…ì s U ì\ ZìV è l’azione classica (2.33) (calcolata lungo U } SZ V ) come<br />

funzione delle coordinate t i<br />

ë .<br />

Talvolta si dice che ( )¨ ¦©¨(<br />

la traiettoria dinamica classicaU<br />

Ó SZ V contribuisce<br />

all’integrale di Feynman nell’approssimazione semiclassica. Ciò è<br />

M<br />

}<br />

(<br />

. Come abbiamo già visto, sono i cammini di Feynman ,£¥ ¥§¦¥ aU } SZ V<br />

•<br />

che in realtà contribuiscono. Ma sappiamo che tali cammini godono della<br />

proprietà (2.42), <strong>qui</strong>ndi nell’eq. (2.49) sono presenti effetti quantistici. Di<br />

fatto, l’approssimazione semiclassica contiene i “;.¥§¥ ” effetti quantistici,<br />

cioè quelli ©8S -<br />

V "ú .<br />

X<br />

2.8 – Si incontra spesso l’affermazione che vi è uno stretto legame fra<br />

l’integrale di Feynman e la meccanica classica. Ciò è senz’altro vero, in quanto<br />

l’unica grandezza compare.#¥ ¥§¨ 1*¦©¨ che è l’E!¢¥( ¦ )".¥ proprio , anche<br />

se calcolata non già lungo traiettorie classiche, bensì lungo i cammini di<br />

Feynman. Questi ¦ ( ¦ ultimi hanno invece ¥&¦¥ /¨( &'".¥(<br />

alcun , proprio<br />

perché rispecchiano gli effetti quantistici (è inoltre impossibile<br />

<br />

associare<br />

a tali cammini in modo consistente con la teoria quantistica).<br />

D’altra parte, abbiamo visto che nell’approssimazione semiclassica i cammini<br />

di Feynman si addensano intorno alla traiettoria dinamica classica che unisce<br />

( – – ¥§•¥%¨ Ò<br />

delle;<br />

ì\ ZìV con S%U ì…ì\ Zì…ìV . Non solo, ma è anche stato notato che tali cammini<br />

appaiono come se il punto rappresentativo fluttuasse casualmente intorno ad<br />

S0U<br />

traiettoria#¥?<br />

¥0 una (cioè differenziabile). Alcune domande sorgono spontanee.<br />

Queste traiettorie lisce posseggono un significato in meccanica classica?<br />

Più in generale, esiste =¢ P "( ¦¦.¥( ¦ una fra cammini di Feynman e<br />

traiettorie dinamiche classiche?<br />

Sarebbe peraltro molto bello se un simile<br />

legame esistesse realmente, in quanto ciò evidenzierebbe una radice classica<br />

della teoria quantistica più pronunciata di quanto usualmente si pensi. Evidentemente<br />

una comprensione dell’eventuale meccanismo che genera i cammini<br />

di Feynman partendo da una traiettoria dinamica classica farebbe luce sulla<br />

natura stessa della quantizzazione.<br />

Vedremo nel capitolo 5 che una relazione2¥§"¢¨0¨ fra cammini di Feynman<br />

e traiettorie dinamiche classiche ¦ ( ¦ esiste. Ma ciò è unicamente dovuto al<br />

fatto che l’eq. (2.31) rappresenta un contesto¨%<br />

( < ( .¥$.¨%"¡¨0¨(<br />

per la questione<br />

47 Questo concetto è discusso ad es. in: L. D. Landau e E. M. Lifshits,œFžž›.Ÿ' ž› (MIR,<br />

Mosca, 1976).<br />

48 In tutto il presente Quaderno ignoriamo (per semplicità) i problemi dovuti all’esistenza<br />

diÇ®£Ÿ'¬ ©½«³ž›*¢ ež›.®£­w¬ žw¿' nello spazio delle configurazioni (il lettore interessato può<br />

consultare il testo di Schulman).<br />

49 Purtroppo è facile imbattersi nell’affermazione opposta, che l’approssimazione semiclassica<br />

›.¦¨²Ÿ-¬% classica. A sostegno di ciò viene addotto il fatto che il propagatore semiclassico<br />

(2.49) è espressož³.¦ÌÇ¢|«¬$›.¦C«Ÿ'¬§ in termini di grandezze classiche. Alla base<br />

èÇ®E¥<br />

di questa confusione sta le circostanza che le correzioni Á quantistiche ( - ) alla<br />

classicaŸ³.Ÿ<br />

dinamica<br />

dipendono da - , per cui esse sono descritte soltanto da grandezze classiche,<br />

nonostante si tratti di un ý²®-›.Ÿ'¬ )­¬?&žw³ effetto ! Si può trovare una chiara discussione di<br />

questo punto in: L. O’Raifeartaigh and A. Wipf, Found. Phys. 18, 307 (1987).


S%U6\ Z V6c f a-b<br />

t<br />

I<br />

t<br />

S%Ue\ Z Vx^Ä l S%Ue\ Z V<br />

Y U<br />

Y<br />

l<br />

K<br />

`<br />

K<br />

che vogliamo affrontare. È infatti necessario #¥%" la nostra prospettiva,<br />

rendendoci conto che esistono¥$¦h¦¥§¨%¥ insiemi di cammini di Feynman *¦—<br />

, peraltro tutti =¢¥§,-&¢¦©¨%¥ dal punto di vista quantistico. Ciò risulta<br />

evidente da una riformulazione dell’integrale di Feynman che ora descriviamo<br />

•¥!"!£¨%¥<br />

(questo risultato è riportato <strong>qui</strong> per la volta˜<br />

‡<br />

prima ).<br />

Consideriamo la formulazione di Hamilton-Jacobi della meccanica classica,<br />

nel caso della ” particella descritta dall’azione (2.33). Come è ben noto,<br />

l’equazione di Hamilton-Jacobi corrispondente ha la forma<br />

33<br />

cŽBS%U6\ Z Vh]zy<br />

Sa •” y


Ú<br />

u<br />

Y<br />

E<br />

34<br />

Zì…ìÎUì0\ Í%U+ì…ì%\ ZìÏ<br />

- X<br />

ò*È ¾ ï~ ðñð inðñðò k ¾ ï~ ð<br />

ÚË‚ inðòÊÉ i/ï)l$p ]<br />

t<br />

S%Ue\ Z Vx^l l S%Ue\ Z V<br />

¥ ¤ ¤<br />

`ÏÎ<br />

UDSZ V9ÐS%U ì…ì ^ÜUDSZì…ìVV9ÐS%U ì ^ UDSZìVV<br />

Ì expͯSW<br />

-<br />

X V¢Sb<br />

<br />

a V nðñð<br />

r Z CU l SZ VD^ f<br />

Y U l<br />

¤~ í ~ ï#n0ò<br />

Sa •” a V<br />

nð<br />

essendo S%Ue\ Z V un’ – ¥§¨%*¥0 soluzione dell’equazione di Hamilton-Jacobi<br />

(2.50) t . Ovviamente il secondo membro dell’eq. (2.52) è (globalmente)<br />

¥§¦+2¥…©*¦+2 *¦©¨ dalla scelta di t S0Ue\ Z V . Ora, dato che esistono¥§¦L¦©¥§¨ soluzioni<br />

˜˜<br />

dell’eq. (2.50), vi ¥§¦L¦©¥§¨ sono espressioni esplicite del propagatore date<br />

dall’eq. (2.52) – in ognuna di esse ( (<br />

contribuiscono cammini che soddisfano<br />

l’eq. (2.42), ma l’insieme di cammini2¥…©*¦+2 tali da S%Ue\ Z V , per cui<br />

ve ne sono t . Siamo così giunti alla conclusione che esistono ¥$¦„L¦¥%¨%¥<br />

insiemi di cammini di Feynman


Quanto appena osservato può venire schematizzato dicendo che le ½—<br />

Ø<br />

Ž û tÙt Ô Ø ÷ t<br />

©<br />

û<br />

Ú<br />

á<br />

<br />

ÞÕß û<br />

<br />

Ô t Ô Ø ÷ t \<br />

ÞÕß û<br />

<br />

©<br />

, a seconda dell’importanza che si vuole attribuire al concetto di<br />

¥ "!!¡ probabilità. È infatti ben noto che in meccanica quantistica le<br />

modi2¥$.¨%¥§¦©¨%¥<br />

nascono¢*;" probabilità come modulo quadrato di certa¥ "!"!£ una .<br />

Se si di¥&¦ ( 9" decide il gioco delle ampiezze e si fissa l’attenzione sulle<br />

di (


Inoltre il propagatore soddisfa la cosiddetta<br />

( ;*¥0¡¨ Ò<br />

ÖÌ× S0Ue\ Z VLg Î[ S0Ue\ Z V Î` \<br />

36<br />

Passiamo ora ad illustrare in dettaglio queste affermazioni.<br />

3.2 – È ben noto che in meccanica quantistica l’evoluzione temporale è<br />

descritta"(<br />

¢¨ 1*¦©¨ da2© grandezze :<br />

i)<br />

M ¦!*¥( ¦Â2äã( ¦+2/1¥§¦¥&!¢¥%& [ S%U6\ Z‡ V ;<br />

ii) ;¥0!"!£T2¥h¨%¦@.¥&!¢¥( ¦ Ô; ( @E//¨( "«ÕCÍ%U6\ Z¢ÎU ‡ \ Z ‡ Ï .<br />

Sappiamo infatti che la funzione d’onda ad un qualunque tempoZ è data<br />

dalla relazione<br />

[ S%U6\ Z V5]<br />

€ ÚÙ € k<br />

r U ‡ Í%U6\ Z¢ÎU ‡ \ Z ‡ Ï[ S0U ‡ \ Z ‡ V<br />

S{ |{ V<br />

12¥x¢¢¥).E< (<br />

€ ÚÙ € k<br />

Z¢ÎUì0\ ZìÏ ] r U ‡ Í%Ue\ Z¡ÎU ‡ \ Z ‡EÏ Í%U ‡ \ Z ‡ ÎUì0\ ZìÏ S{ …„ V<br />

Í%U6\<br />

che si ottiene immediatamente facendo uso della relazione di completezza<br />

€ ÚÙ € k<br />

U ‡ ÎU ‡ \ Z ‡EÏ Í0U ‡ \ Z ‡ Î ]óf S{ •” V<br />

r<br />

Abbiamo già ricordato che in meccanica quantistica le probabilità appaiono<br />

sempre come il modulo quadrato di una ampiezza, la2


Öx× S%Ue\ Z V }p `<br />

k<br />

Öx× S%Ue\ Z¡ÎU+ì0\ Zì$V }p`<br />

k<br />

Ú<br />

r U ‡ ÖÌ× S0Ue\ Z¡ÎU ‡ \ Z ‡ V }p` Öx× S%U ‡ \ Z‡ V }p ` \<br />

al tempoZ ‡ , le eq. (3.8) e (3.9) verrebbero sostituite dalle seguenti ˜<br />

37<br />

€ ÚÙ € k<br />

S{ |Û V<br />

U ‡ Öx× S%Ue\ Z¡ÎU ‡ \ Z‡ V }p` ÖÌ× S0U ‡ \ Z ‡ ÎU+ì \ Zì$V }p` S{ |Ý V<br />

r<br />

È molto importante tenere presente che le eq. (3.3), (3.4) – e <strong>qui</strong>ndi anche<br />

le (3.8) e (3.9) – ( (<br />

valgono sotto un’implicita ¦ ( ¦j,E¥0¢¦<br />

0G¢¨0¨%/¨ ¦+ ¥?.9-!*¥( ¦<br />

assunzione:<br />

. Se invece una misurazione venisse eseguita<br />

Ù €<br />

k €<br />

Öx× S%U6\ Z Vh]<br />

€ ÚÙ € k<br />

r U ‡ Öx× S%Ue\ Z¡ÎU ‡ \ Z‡ VÖx× S%U ‡ \ Z ‡ V.\<br />

S{ f£y


€ ë<br />

Ù<br />

€ k<br />

ë<br />

n<br />

U ‹ ‰<br />

å SZ‹ V ‰ U ‹ c r U ‹ s ˆ¢ˆ¢ˆ s U } ‰<br />

å SZ } V ‰ U } c r U } p g<br />

U ‹ ‰<br />

å SZ‹ V ‰ U ‹ c r U ‹<br />

n<br />

ˆ¢ˆ¢ˆ s U # Ù } ‰<br />

å SZ # Ù } V ‰ U # Ù } c r U # Ù } Î<br />

s<br />

SZ # VL] U # s ˆ¢ˆ¢ˆ s å SZ } VL] U } p g<br />

å<br />

‹ S%U ‹ \ Z‹ s ˆ¢ˆ¢ˆ s U } \ Z } VL] Ö S%U ‹ \ Z‹ s ˆ¢ˆ¢ˆ s U # Ù } \ Z # Ù } ÎU # \ Z # s ˆ¢ˆ¢ˆ s U } \ Z } V.ˆ<br />

Ö<br />

Ö<br />

S%U # \ Z # s ˆ¢ˆ¢ˆ s U } \ Z } V S{ f „ V<br />

#<br />

38<br />

˜¡.¢Q£<br />

‹ S%U ‹ \ Z‹ s ˆ¢ˆ¢ˆ s U } \ Z } V r U ‹ ˆ¢ˆ¢ˆ r U }<br />

S{ f a V<br />

Ö<br />

In linea di principio è necessario conoscere tutte<br />

Ö ‹ S%U ‹ \ Z‹ s ˆ¢ˆ¢ˆ s U } \ Z } V<br />

(perø<br />

le<br />

arbitrario) al fine di avere una caratterizzazione completa del processo.<br />

È inoltre chiaro che<br />

Ö ‹ S%U ‹ \ Z‹ s ˆ¢ˆ¢ˆ s U } \ Z } V le devono soddisfare le seguenti<br />

("¥( ¥§2¥äè ( # ( ( ( , )ë condizioni :<br />

i)<br />

Ö ‹ S%U ‹ \ Z‹ s ˆ¢ˆ¢ˆ s U } \ Z } VOé y@\Mê ø ;<br />

ii)<br />

r U ‹ Ö ‹ S%U ‹ \ Z‹ s ˆ¢ˆ¢ˆ s U } \ Z } VL] Ö ‹ k } S%U ‹ k } \ Z‹ k } s ˆ¢ˆ¢ˆ s U } \ Z } V ;<br />

iii)<br />

r U Ö S%U6\ Z Vx] f .<br />

Ù €<br />

€<br />

Un concetto molto importante è quello di 2 *¦@.¥§¨ Ò u2¥L (


Ú<br />

39<br />

Una classe particolarmente importante di processi stocastici è dei; ( —<br />

.¥¯2¥ N<br />

quella<br />

( , , caratterizzati dal fatto che la generica probabilità condizionataÖ<br />

S0U ‹ \ Z‹<br />

÷ö ˆ¢ˆ¢ˆ s U # Ù } \ Z # Ù } ÎU # \ Z # s ˆ¢ˆ¢ˆ s U } \ Z } V 襧¦+2¥…©*¦+2 *¦©¨ dalle variabiliU<br />

s<br />

\ Z } s ˆ¢ˆ¢ˆ s U #<br />

k } \ Z #<br />

k }<br />

, mentre 2¥…©*¦+2 daU # \ Z # Ó } . Possiamo dire<br />

in modo più intuitivo che secondo la proprietà di Markov “ il futuro dipende dal<br />

}<br />

( (<br />

attraverso il presente”, cioè il presente determina"(<br />

¢¨ 1¢¦©¨<br />

il futuro,¥$¦+2¥…©*¦+2 *¦©¨¢1*¦©¨ da quanto è avvenuto nel passato. È facile rendersi<br />

conto che per un processo markoviano l’infinita gerarchia delle densità<br />

passato<br />

di congiunteÖ<br />

‹ S%U ‹ \ Z‹ s ˆ¢ˆ¢ˆ s U } \ Z } V è( ¢¨ 1*¦©¨ probabilità<br />

da2<br />

determinata<br />

sole grandezze:<br />

2


Ö S%U6\ Z V<br />

Ú<br />

<br />

[ S%Ue\ Z V.\ S{ f Û V<br />

40<br />

queste a quelle mediante la sostituzione (3.1), che assume pertanto la forma<br />

più specifica<br />

S%Ue\ \ Zì$V <br />

Ú<br />

Í%Ue\ Z¡ÎU+ì\ ZìÏ S{ f Ý V<br />

Ö Z¡ÎU+ì<br />

Ma c’è di ¦ ( ¦ ¥0G¢¨0¨% più! Se alcuna misurazione, le probabilità quantistiche<br />

soddisfano le eq. che2¥G**¥$ "( ¦ (<br />

(3.8), (3.9) dalle formule classiche<br />

(3.15), (3.17): il manifestarsi di ¦ ( ¦ &'¥"(<br />

tale comportamento sta alla<br />

base “'¡¨0¨(( ¦+2)/¨( *¥( 2 *§)Ü8¨**¥0 del famoso ”. ¥ƒ%G¡¨f—<br />

Se invece<br />

una misurazione al tempoZ ‡ , le probabilità quantistiche ubbidiscono alle<br />

eq. (3.10), (3.11), che manifestamente<br />

( ¥§¦ ¥02 ( ¦ (<br />

con le corrispondenti formule<br />

classiche (3.15), (3.17): in questo secondo caso la materia si comporta<br />

¨%<br />

come ci si attenderebbe in fisica classica, vale a “¥§¦ ( 2 (8"( w;< "( ) dire ”.<br />

L’analisi dell’esperimento di diffrazione da doppia fenditura data da Feynman<br />

nell’articolo tradotto illustra questi concetti in modo chiaroÓ † estremamente .<br />

Notiamo a questo punto che l’analogia schematizzata dalle eq. (3.1),<br />

è9GJ/¨0¨(


§<br />

Y<br />

§<br />

Y<br />

§<br />

§<br />

§<br />

§<br />

§<br />

§<br />

¥( ¦<br />

à<br />

che descrive l’effetto delle ³Q@¨0¨%@-!*¥( ¦¥ , mentre la “2*¥M ¨ ”<br />

RTS%U6\ Z V descrive gli effetti2 ¢¨**¥§¦¥$.¨%¥ ¥ di campi di forza eventualmente pre-<br />

2¥â2¥G¨<br />

senti. Supponiamo inoltre che le particelle che realizzano il processo possano<br />

e" ( – ¥%¨ dall’ambiente: ciò è specificato dalla “öE¥§$#¥$¦ 3¨ ”<br />

S%Ue\ Z V , che esprime la; ( – – ¥§•¥%¨ Ò 2¥h" ( – ¥§1*¦©¨( ¢ƒ¦¥%¨ Ò 2¥h¨¢ ( Ó .<br />

venir*1.¢<br />

È fondamentale notare che gli effetti rappresentati da ,RTSU6\ Z V e SU6\ Z V<br />

à ( ¦ interferiscono fra loro, per cui ne possiamo tenere conto in modo/2


§<br />

Y<br />

r<br />

§<br />

§<br />

§<br />

42<br />

Questo risultato è in perfetto accordo con l’intuizione fisica: dato che il numero<br />

di particelle è costante, le probabilità si conservano, per cui la densità di<br />

probabilità deve soddisfare un’equazione di continuità. Ora, all’eq. (3.21) è<br />

associata l’equazione<br />

Poiché di fatto l’eq. (3.22) segue dall’eq. (3.21) ponendo<br />

r Z Å l SZ Vx]jR l S<br />

Å<br />

SZ V.\ Z V<br />

S{ aa V<br />

S%Ue\ Z VL]zÐS%UT^<br />

Å<br />

SZ VV S{ a { V<br />

Ö<br />

è evidente che entrambe la.¨.* descrivono evoluzione temporale dovuta agli<br />

effetti deterministiciÓ ú (i soli ora presenti!). Arriviamo così alla conclusione<br />

che le soluzioni SZ V dell’eq. (3.22) descrivono le¨%¥ ¢¨0¨( *¥0}x.¥ P del PSMC<br />

considerato¦¢$$ã./;<br />

( ".¥$8-!*¥( ¦<br />

à<br />

] y ,R1S0Ue\ Z V<br />

¡<br />

]zy e S%Ue\ Z VL] y .<br />

Å<br />

( ¦ avessimo supposto la costanza del numero delle particelle, al posto<br />

dell’eq. (3.21) avremmo ottenuto dall’eq. (3.20)<br />

Se¦<br />

S{ a „ V<br />

Vediamo <strong>qui</strong>ndi che il termine aggiuntivo nell’eq. (3.24) tiene conto proprio<br />

del fatto che le probabilità in realtà non si conservano, a causa dei processi di<br />

emissione e di assorbimento (si noti che ciò è in accordo con l’interpretazione<br />

di<br />

Z V come probabilità di assorbimento per unità di tempo). Naturalmente<br />

le¨%¥ ¢¨0¨( *¥0:x.¥ P restano le.¨*"¡ di prima – cambia<br />

( (<br />

la distribuzione<br />

S0Ue\<br />

di probabilità: si può infatti dimostrare che ora l’eq. (3.22) segue dall’eq. (3.24)<br />

ponendo<br />

Ö S%U6\ Z Vh]_^ Y<br />

Y©Z<br />

Y U l sR l S0Ue\ Z VÖ S%U6\ Z V«v©^<br />

S%U6\ Z VÖ S%Ue\ Z V<br />

S%Ue\ Vx]<br />

Å<br />

SZ VV<br />

W X<br />

exp V ^ n Ú Ö ÐS%UT^ Z<br />

nfû<br />

r Zì<br />

Å<br />

SZì&V*\ Zì$V Z \<br />

]<br />

S{ a ” V S<br />

Abbiamo così chiarito il significato del secondo e terzo termine nel secondo<br />

membro dell’eq. (3.20).<br />

79 Non c’è da stupirsi che un’evoluzione temporale deterministica sia descritta da una distribuzione<br />

di probabilità: ciò significa semplicemente che lo stato iniziale Ÿ³.Ÿ è noto<br />

esattamente.


Y<br />

Y<br />

Y<br />

§<br />

ý<br />

„<br />

& à<br />

SZ ^ Z<br />

f<br />

V<br />

exp ͯ^ f<br />

„<br />

à<br />

S%UT^ÜU ‡ V `<br />

SZ ^ Z‡ V ‡<br />

§<br />

Î<br />

9<br />

Qual’è il significato del primo termine? Consideriamo adesso il caso limite<br />

opposto, in cui le fluttuazioni abbiano un ruolo predominante – supporremo<br />

pertanto à ¡<br />

]zy ,R1S%Ue\ Z VL] y e<br />

S%U6\ Z Vh]zy . Quindi l’eq. (3.20) diventa<br />

43<br />

Y U ` Ö S%Ue\ Z V S{ a Ñ V<br />

Y©Z<br />

Questa è la ben nota “equazione del calore”, che descrive (E . ( 2¥<br />

ü<br />

¥0¢¦*<br />

un<br />

, cioè un PSMC definito dalla seguente probabilità di transizione<br />

Ö S%U6\ Z Vx]<br />

à<br />

Y `<br />

Ö S%U6\ Z¢ÎU ‡ \ Z‡ VL]<br />

a Ø V S{<br />

È dunque evidente che le fluttuazioni associate al processo stocastico descritto<br />

dall’eq. (3.20) sono caratterizzate da una / ¥0¦+ distribuzione di<br />

bilitàë<br />

‡ i<br />

ë¢}<br />

proba-<br />

.<br />

C’è un punto che va ulteriormente chiarito.<br />

P nel caso à ¡<br />

] y , RTS%U6\ Z V<br />

¡<br />

] y e<br />

¦<br />

È naturale aspettarsi che<br />

debba soddisfare un’equazione di continuità, dato che il numero di particelle<br />

è costante. Ma ora l’eq. (3.20) si riduce a<br />

S%Ue\ Z Vƒ]’y la densità di probabilità<br />

Y `<br />

Y U ` Ö S%U6\ Z VD^ Y<br />

Y U l sR l S%U6\ Z V Ö S%U6\ Z Vwv S{ a Û V<br />

Y©Z<br />

che non sembra avere la forma di un’equazione di continuità. È senz’altro vero<br />

che l’eq. (3.28) differisce dall’eq. (3.21), però va tenuto presente che adesso la<br />

situazione è più complessa, perché si sta tenendo conto anche dell’effetto delle<br />

fluttuazioni. Procedendo formalmente, notiamo che l’eq. (3.28) può venire<br />

riscritta come<br />

Ö S%Ue\ Z VL]<br />

à<br />

Ö S%U6\ Z Vh]_^ Y<br />

Y©Z<br />

per cui, ponendo<br />

Y U l<br />

à Y<br />

Y U l<br />

7²^<br />

Ö S%U6\ Z VocŠR l S0Ue\ Z VÖ S%U6\ Z V<br />

S{ a Ý V<br />

80 È importante apprezzare il fatto che la distribuzione di probabilità relativa a tali fluttuazioni<br />

È per questo motivo che<br />

)Ÿ¡. Ç-²Ÿ¡²Ÿ-¬% è dallo stato dinamico del sistema considerato.<br />

parleremo “þ;®£¬¬®'›À² ³.Ÿ' ;¡. ½«³.Ÿ¡¢³ di ”. Questo aspetto verrà sviluppato nel capitolo 5.<br />

81 È ben noto che distribuzioni¤¢›.®£­w­ ›.Ÿ/ le di probabilità hanno un ruolo preminente in<br />

fisica. Ciò è dovuto al¬§³.¥ ²¦¯›:žw²Ÿ-¬?¥0›*¢|J¡²¢+¢ #¦Q)¬§ essenzialmente (si veda ad es.: A.<br />

1973)).<br />

&¢)¬£Ê<br />

›.· Á ›.¥« ›’² &¢/»Ì¢|›.¬$³.¥«?h6Æ¥0³"žw«­w­@±'¬$³žw›.­¬ ž² (Boringhieri, Torino,<br />

Papoulis,Æ¥0³’w›’²


à Ô¡<br />

©<br />

ß<br />

Ž û<br />

Ý<br />

Y<br />

Ô<br />

ÿ<br />

ß<br />

S%U6\ Z VLgó^<br />

à<br />

l<br />

S%Ue\ Z VLg<br />

ß<br />

l<br />

Ø<br />

¢<br />

Y U<br />

Y<br />

l<br />

Y U l s<br />

ÿ<br />

ß<br />

Ž û<br />

Ý<br />

t:Ø<br />

©<br />

÷ŸÓ¦¥<br />

Ô<br />

44<br />

S{ |{ y


Y U l<br />

^Ä l S%U6\ Z V<br />

Ponendo per convenienza formale ?<br />

‚<br />

Y<br />

?<br />

§<br />

à<br />

g<br />

K<br />

Ú<br />

f<br />

U l<br />

^l l S0Ue\ Z V ˆ<br />

[<br />

Y<br />

Z VÞcŽƒS%Ue\ Z V[ S0Ue\ Z V S%Ue\<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

X<br />

‚<br />

?<br />

E<br />

^<br />

‚<br />

K<br />

K<br />

Vi è tuttavia qualcosa che ƒ2¥:£Ò va delle semplice corrispondenza<br />

schematizzata dall’eq. (3.33). Infatti – come il lettore avrà certamente notato<br />

– laM¢( *8—* ;•¥ ¥%¨ anche dell’eq. (3.20) è molto simile a quella tipica<br />

dell’equazione di Schrödinger. Vogliamo studiare in dettaglio questo aspetto.<br />

Consideriamo ancora la ” particella descritta classicamente dall’azione<br />

(2.33). Come è ben noto, l’equazione di Schrödinger corrispondente è<br />

45<br />

W -<br />

a-b I ^ W -<br />

X3Y<br />

YZ<br />

[ S%Ue\ Z Vh] f<br />

X Y<br />

S{ |{„ V<br />

^ W - X Y<br />

I<br />

a-b \<br />

S{ |{/” V<br />

W -<br />

W<br />

-<br />

X I<br />

<br />

l S%U6\ Z V5g_^ f<br />

b l S%Ue\ Z V.\<br />

S{ |{Ñ V<br />

a-b l S0Ue\ Z V$ l S%U6\ Z Vec BS%U6\ Z V<br />

S%U6\ Z VLg f<br />

\ S{ |{/Ø V<br />

a-b Y<br />

Y U l l S%U6\ Z VÞc<br />

l’eq. (3.34) può essere riscritta come<br />

YZ<br />

S%Ue\ Z VL] Y `<br />

Y U ` [ S%U6\ Z V^ Y<br />

Y U<br />

[<br />

l<br />

Nella forma (3.38) l’equazione di Schrödinger è.¨%*@¨0¨% •1¢¦©¨<br />

considerata<br />

all’equazione di Fokker-Planck (3.20). Vediamo <strong>qui</strong>ndi che – in virtù<br />

della corrispondenza (3.18) – l’una si trasforma nell’altra, a patto di assumere<br />

¥02


un¥§¦©¨* ( ¥§¦ ( UDSZ Vj•–rLS%U ì\ Zìs U ì…ì\ Zì…ìV<br />

ad<br />

S%U ì…ì\ Zì…ìÎU ì\ ZìV sUDS9ˆ•Vwv;g I<br />

si muova lungo UDSZ V<br />

Ö<br />

probabilità che<br />

K<br />

46<br />

3.9 – Una descrizione alternativa di un PSMC è stata iniziata Wienerë† da<br />

e sviluppata successivamente Kacë da ed Onsager Machlupë ˜ e . Sostanzialmente,<br />

questo approccio fornisce la probabilità transizioneÖ<br />

S%U ì…ì\ Zì|ìÎU ì\ ZìV<br />

di<br />

¥$¦©¨ M ¦ !*¥( ¦+& (¥$¦©¨2¥<br />

ü<br />

¥ *¦¢ ë come ), permettendo così di<br />

calcolare tale ¡*¦ !£ grandezza che sia necessario risolvere l’equazione di<br />

Fokker-Planck. La presentazione che segue metterà in evidenza la<br />

¦+( ¥%1*¨%*¨0¨%<br />

profonda<br />

fra gli integrali di Wiener e Feynmanë Ó di .<br />

Denotiamo con una particella che “materializza” un generico PSMC<br />

e l’eventoü<br />

consideriamo ,- 2/ S%U ì\ ZìVS%U ì…ì\ Zì…ìV ”. È evidente che la<br />

; (


exp x ^<br />

S%U ì|ì\ Zì…ìÎU ì\ ZìV sUÌS²ˆ•Vwv] ÐS%U ì…ì ^ÜUÌSZì…ìVV9ÐS%U ì ^ÜUDSZìVV*ˆ<br />

Ö<br />

sUDS9ˆ•Vwvn%ðñð<br />

t<br />

<br />

„<br />

à S<br />

u<br />

Ú<br />

§<br />

§<br />

47<br />

definita su rxS%U ì\ Zì s U ì…ì\ Zì|ìV ë ú . Ancora,Ö<br />

S0U ì…ì\ Zì…ìÎU ì\ ZìV ha la struttura<br />

in cui le due funzioni delta di Dirac implicano che tale probabilità si annulli –<br />

S%Uì…ì%\ Zì|ìÎU+ì0\ Zì$V sUÌS²ˆ•Vwvg Ð S0U+ì…ì^UDSZì…ì?VV9ÐS%Uì@^ÜUDSZì$V"VÖ sUÌS²ˆ•Vwv S{ …„/{ V<br />

Ö<br />

come deve essere seUDSZìV<br />

¡<br />

]zU ì e/oUDSZì…ìV<br />

¡<br />

] U ì…ì – . (3.43)Ö<br />

sUDS²ˆ•V«v Nell’eq. è un<br />

funzionale continuo determinato dal secondo postulato<br />

La (


§<br />

§<br />

t<br />

sUÌS²ˆ•Vwvn0ðñð<br />

48<br />

Úm‚<br />

UÌSZ VÐ S0U+ì…ì@^ÜUÌSZì…ì$VV9ÐS%Uì^UDSZì?VV exp x6^<br />

|<br />

S{ …„/Û V nð<br />

t<br />

sUÌS²ˆ•Vwv è data dalle eq. (3.45) e (3.46).<br />

A questo punto la ( ¥)•¥0¦ !£ fra gli integrali di Wiener e di Feynman<br />

è evidente, ed essa verrà considerata più in dettaglio nel prossimo para-<br />

ove<br />

grafo. Osserviamo che al primo si applicano molte delle considerazioni fatte<br />

a proposito del secondo. L’eq. (3.48) va intesa come limite di un’espressione<br />

discretizzata – proprio come nel caso dell’eq. (2.31) (la discussione fatta nel<br />

paragrafo 2.3 può essere ripetuta <strong>qui</strong> quasi alla lettera) – ed è importante sottolineare<br />

che in tale R1S0Ue\ Z V discretizzazione va calcolato ¦©¨( 12¥(<br />

nel<br />

g S%U c U Ù } V<br />

a ú `<br />

. Ancora, i ¥§¦¥52¥<br />

ü<br />

¥ *¦¢ – cioè quei cammini<br />

che contribuiscono0G¢¨0¨%¥§,-1*¦©¨ nell’eq. (3.48) – godono della proprietà<br />

U<br />

Ö S%U+ì…ì%\ Zì…ìÎUì0\ Zì$VL]<br />

V:¨óS Z V }p ` S{ …„/Ý V<br />

UÌSZ<br />

per sonoM<br />

¨0¨ #¥ cui con dimensione di Hausdorff a2©Ìú † iú9 uguale ú˜ . Abbiamo<br />

visto che la proprietà (3.49) per i cammini di Feynman è e<strong>qui</strong>valente al<br />

principio di indeterminazione. Esiste forse un principio di indeterminazione<br />

i<br />

92 Qui la situazione 轫³.¥w¦¨›*¢¦C«Ÿ'¬§C ¡«Ÿ'¬ ž› a quanto avviene per l’integrale di Feynman<br />

con azione classica (2.33) (si ricordi quanto è stato detto al proposito nel paragrafo 2.6), e<br />

˜<br />

[ç (‡ )]Ÿ³.Ÿ è più un integrale di Riemann. L’unica differenza è che nel presente contesto<br />

…<br />

si può attribuire un matematicamente¥w |¤¢³.¥ ³.­«³ significato a … ˜ (‡ [ç )] interpretandolo<br />

)Ÿ'¬§?¤.¥›*¢|:­w¬$³žw›.­¬ ž³<br />

come<br />

. Questi integrali sono ancora definiti come limite di somme di<br />

però¡. Ç-«Ÿ¡¢³.Ÿ³ Cauchy-Riemann, dalla particolare discretizzazione che è stata scelta (nel<br />

caso in questione ciò è conseguenza dell’eq. (3.49)). Anche esistono›eÇ¥« &³.¥« se infiniti modi<br />

di scegliere una discretizzazione, ve ne sono solamente due che hanno un reale interesse.<br />

Una scelta consiste nel calcolare il valore neiÇ®£Ÿ'¬ @)Ÿ'…À9 ›*¢ dell’integrando degli intervalli<br />

infinitesimi e definisce )Ÿ'¬§?¤.¥›*¢|x¡. Eþ¬ ³ l’ (esso regole¡. #¼*«¥w­9 soddisfa da quelle dell’usuale<br />

calcolo integrale). L’altra scelta aiÇ®£Ÿ'¬ ¦C corrisponde degli intervalli infinitesimi (in<br />

cui è calcolato il valore dell’integrando) e dà luogo )Ÿ-¬%?¤.¥›*¢|B¡. D±'¬¥ ›.¬$³.Ÿ³.¼ žw¿ all’ (per<br />

il quale le­¬§²­­² valgono regole dell’ordinario calcolo integrale). Quindi la nostra scelta<br />

è di interpretare … ˜ (‡ [ç )] nell’eq. (3.48) )Ÿ-¬%?¤.¥›*¢|ƒ¡. x±'¬¥ ›.¬$³.Ÿ³.¼ žw¿ come . Osserviamo<br />

che, se invece preferissimo la scelta “alla Itô”, dovremmo omettere il secondo termine nella<br />

lagrangiana di Wiener (3.46) al fine di lo­¬§²­­«³ ottenere risultato. Gli integrali stocastici<br />

sono discussi in tutti i testi avanzati di teoria dei processi stocastici. Si veda ad es.: H. P.<br />

žhþŸ'¬§?¤*¥0›*¢­ (Academic Press, New York, 1969).<br />

93 Si veda la nota 37.<br />

McKean,±'¬$³ž«¿-›.­¬<br />

94 Nel contesto dell’integrale di Wiener, funzioni che godono della proprietà (3.49) vengono<br />

anche dette ³*¢…¡«¥§žw³.Ÿ'¬ )Ÿ-®¯¡. ož9¢…›.­­95®£Ÿ:¦¨ÀÀ³ . Questo argomento è discusso ad es.<br />

nel testo di McKean citato nella nota 92.<br />

ú<br />

95 Analogamente a quanto avviene per l’integrale di ciòŸ³.Ÿ Feynman, è in contrasto col<br />

postulato W1: la probabilità che Σ si muova lungo cammini›LÇ¥w ³.¥« molti possibili<br />

essereŸ'®-¢#¢…›<br />

risulta<br />

.


§<br />

(<br />

§<br />

ß é Ð l<br />

à<br />

S{ •” y


©<br />

ß<br />

Ž û<br />

Ý<br />

Ô<br />

exp V<br />

WYX<br />

^âSf „<br />

à<br />

V<br />

Ú<br />

ß<br />

Ž û<br />

Ý<br />

simile a quella di t sUDS²ˆ•Vwv , per cui scriviamo¥§<br />

–( #¥ 1¢¦©¨<br />

<br />

<br />

<br />

à Ô<br />

Ô<br />

50<br />

Ö sUDS²ˆ•V«v¨<br />

€ ÚÙ € k<br />

Z<br />

u<br />

U l SZ V<br />

u<br />

U l SZ V Z \<br />

]<br />

S{ •” f-V r<br />

3.10 – È evidente che la formulazione di Feynman della meccanica quantistica<br />

è concettualmente sullo*¨. ( ;¥%¦ (<br />

della descrizione di Wiener di un<br />

PSMC. Scriviamo simbolicamente<br />

Ó Û<br />

Ó Û<br />

©› t<br />

©› t<br />

<br />

©<br />

à Ô<br />

ÿ¬Ô<br />

t t<br />

Ó<br />

t! <br />

Ûjû<br />

<br />

Tuttavia la somiglianza fra le due descrizioni è in realtà ben¥ Ò<br />

di quanto espresso dall’eq. (3.52). Sussiste infatti l’ulteriore corrispondenza<br />

S{ •” a V<br />

B; (M*( ¦+2/<br />

S%Uì…ì%\ \ Zì$V sUDS²ˆ•Vwv <br />

Ú<br />

Í%Uì…ì0\ Zì…ìÎU+ì \ ZìÏ sUDS²ˆ•Vwv;\ S{ •”{ V<br />

Ö Zì…ìÎU+ì<br />

t<br />

SW<br />

- sUÌS²ˆ•Vwvnðñð <br />

nð \<br />

di cui ci si rende conto immediatamente confrontando le formule dei paragrafi<br />

Z V<br />

Ú<br />

Ue\<br />

2.4 e 3.9. Cosa ancor più laM*( *8>* #¥ ¥%¨ di<br />

t<br />

sUÌS²ˆ•Vwv importante, è molto<br />

nð Ú<br />

X V<br />

t<br />

sUÌS²ˆ•Vwvnðñð<br />

^"<br />

S{ •”'„ V<br />

ŽJS0Ue\<br />

u<br />

ŽJS0Ue\<br />

u<br />

Ue\ Z Vh\<br />

S{ •”” V<br />

sUDS9ˆ•Vwvn%ðñð nð<br />

á<br />

t<br />

sUDS²ˆ•V«vn%ðñð nð<br />

t<br />

•”Ñ V S{<br />

Peraltro l’eq. (3.56) non deve stupire, dato che abbiamo già visto che la<br />

*8z.#¥ ¥§¨ dell’equazione di Fokker-Planck è molto simile a quella<br />

M¢(<br />

dell’equazione di Schrödinger nel caso in questione.<br />

Vogliamo adottare ora un punto di<br />

"( ;&¡¨ 1¢¦©¨82¥$,*. (<br />

vista . Supporremo<br />

di ¥0 conoscere quanto detto finora sui processi stocastici<br />

P <br />

classici<br />

l’usuale formulazione della teoria ma¥&¦ ( "*"* (<br />

quantistica; l’approccio<br />

di Feynman. Il nostro scopo sarà mostrare come quest’ultimo possa<br />

2 **¥§,-¨(3( ¢¨ 1*¦©¨<br />

essere<br />

dalla formulazione di Wiener di un PSMC!<br />

Cominciamo notando che si può giungere all’eq. (3.53) in un modo alternativo:<br />

basta far uso dell’eq. (3.1). Pertanto l’eq. (2.37) segue immediatamente<br />

dall’eq. (3.47), in virtù delle eq. (3.19) e (3.53). A questo punto si tratta di<br />

Í%U ì|ì\ Zì|ìÎU ì\ ZìÏ sUÌS²ˆ•Vwv dedurre<br />

Ö S%U ì…ì\ Zì|ìÎU ì\ ZìV sUDS²ˆ•Vwv da , il che significa di fatto<br />

ottenere sUDS²ˆ•Vwv a partire da<br />

t<br />

sUDS²ˆ•Vwv . Sappiamo peraltro che sussiste una( 1—<br />

t<br />

( ¦+2 *¦ !£ ( ¢¨ fra la dinamica quantistica considerata e un PSMC,<br />

*¥$


„<br />

?<br />

t<br />

ìsUÌS²ˆ•Vwvn0ðñð<br />

‚<br />

51<br />

espressa dalle eq. (3.39), (3.40) e (3.41). Grazie a equazioni,<br />

queste<br />

diventa<br />

ŽHS%Ue\<br />

u<br />

U6\ Z V<br />

S{ •”Ø V<br />

UD\ Z Vh] f<br />

Ž5ì S%Ue\<br />

u<br />

S<br />

u<br />

l ^ <br />

l S%U6\ Z VV ` c f a Y U<br />

ed usando le definizioni (3.35), (3.36) e (3.37) abbiamo<br />

Y U l<br />

l S0Ue\ Z Vec<br />

S%Ue\ Z V<br />

W<br />

X<br />

t<br />

sUDS²ˆ•Vwvn0ðñð nð -<br />

S{ •”Û V<br />

Riotteniamo così l’eq. (3.56) in forma più precisa. La corrispondenza appena<br />

]_^ nð<br />

menzionata che<br />

t<br />

sUÌS²ˆ•Vwv implica nell’eq. (3.44) vada sostituita con ìsUDS9ˆ•Vwv al<br />

fine di passare alla meccanica quantistica. Ma in forza delle eq. (3.53) e (3.58),<br />

l’eq. (3.44) fornisce proprio l’eq. (2.36).<br />

t<br />

Questo semplice dimostra* ;•¥ ¥%¨ 1¢¦©¨ esercizio quanto già anticipato<br />

nel paragrafo 3.5: se le analogie fra teoria quantistica e processi stocastici classici<br />

di cui ci siamo diffusamente occupati fossero state capite fin dai primi tempi<br />

della meccanica quantistica, la scoperta dell’integrale di Feynman sarebbe potuta<br />

avvenire prima}‡<br />

vent’anni .<br />

4. Osservazioni storiche<br />

¤<br />

Prima di presentare la traduzione dell’articolo originale, pubblicato nel<br />

1948, ci sembra opportuno discutere brevemente le motivazioni che hanno<br />

spinto Feynman a cercare una formulazione alternativa della teoria quantistica.<br />

A tal fine è necessario considerare la situazione della fisica teorica negli<br />

anni ’40, periodo fondamentale per la formazione intellettuale di Feynman.<br />

A quell’epoca il problema centrale consisteva nel cercare una formulazione<br />

104 Un problema molto interessante di storia della fisica sarebbe capire perché ciòŸ³.Ÿ sia<br />

avvenuto. Vogliamo avanzare <strong>qui</strong> solo qualche congettura. Per quanto ne sappiamo,<br />

nessun probabilista aveva compreso (almeno inizialmente) che l’integrale di Wiener poteva<br />

venire generalizzato in modo tale da fornire il propagatore dell’equazione di Fokker-Planck<br />

(probabilità di transizione) nelž›.­²³C¤¡«Ÿ/«¥ ›*¢| . È stato proprio sotto l’influenza diretta di<br />

Feynman che Kac (suo collega alla Cornell University) ha esteso nel 1947 l’integrale di<br />

Wiener in modo da tenere conto di ∆(çè§é )= 0 nell’equazione di Fokker-Planck (sempre<br />

però supponendo(çè§é ) = 0). Un’ulteriore generalizzazione si è avuta nel 1953 ad opera<br />

di Onsager e Machlup (si veda la nota 85). Vediamo che lo sviluppo storico 賫ǢÇE³.­¬$³<br />

all’ordine logico seguito nel paragrafo 3.10! Parrebbe anche ovvio che Wiener stesso si<br />

sarebbe dovuto accorgere della rilevanza del suo lavoro pionieristico per la teoria quantistica,<br />

anticipando così la scoperta di Feynman... È <strong>qui</strong>ndi sorprendente constatare che egli ha sì<br />

cercato di applicare il suo integrale funzionale alla meccanica quantistica, ma in modo<br />

›.Ÿ'¬ )¬§«¬ žw³ a quanto sarebbe naturale aspettarsi sulla base delle considerazioni fatte in<br />

questo capitolo (N. Wiener and A. Siegel, Phys. Rev. 91, 1551 (1953); A. Siegel and N.<br />

Wiener, Phys. Rev. 101, 429 (1956); si veda anche: G. Della Riccia and N. Wiener, J.<br />

Math. Phys. 166, 1372 (1966)).


52<br />

1*¦+¨ "( *"*¦+¨ dell’elettrodinamica quantistica: le principali difficoltà<br />

nascevano dalla presenza di2¥§,'¢0 *¦ !E (infiniti) in molti calcoli.<br />

8/¨*8/¨%¥<br />

Feynman cominciò a riflettere su questi argomenti quando era ancora un<br />

giovane studente al Massachussets Institute of Technology, facendosi un’opinione<br />

molto personale – però non corretta – sull’origine degli infiniti in<br />

elettrodinamica quantistica. Egli si convinse che l’esistenza di tali divergenze<br />

fosse sostanzialmente riconducibile 2© a circostanze. La prima è<br />

¥§¦L¦©¥§¨ <br />

l’energia<br />

dovuta all’autointerazione di un elettrone, difficoltà che esiste naturalmente<br />

già a livello classico. La seconda nasce dal fatto che un campo<br />

elettromagnetico quantizzato (in una regione limitata dello spazio) è e<strong>qui</strong>valente<br />

ad un insieme ¥§¦L¦©¥§¨%¥ di oscillatori armonici quantistici (uno per ogni<br />

grado di libertà del campo). È ben noto che, secondo la meccanica quantistica,<br />

l’energia dello stato fondamentale di un armonico¦<br />

( ¦ oscillatore è nulla.<br />

Pertanto l’energia del campo risulta¥§¦L¦©¥§¨ elettromagnetico (oggi sappiamo<br />

che essa può venire eliminata in modo banale).<br />

A Feynman sembrò evidente che per superare queste difficoltà bastassero<br />

due semplici assunzioni:<br />

a) una carica elettrica agisce solo su)¨% cariche, ma non su se stessa;<br />

b) il campo elettromagnetico¦<br />

( ¦ ..¥?*¨ .<br />

Egli era convinto che in tal modo si sarebbero potuti risolvere i problemi a<br />

livello<br />

)".¥(<br />

, e sperava che la teoria potesse essere quantizzata facilmente,<br />

ottenendo così un’elettrodinamica quantistica priva di divergenze. Superficialmente,<br />

l’ipotesi b può apparire paradossale. Tuttavia va tenuto presente che (a<br />

livello classico) l’esistenza del campo elettromagnetico si manifesta . # ¥ô—<br />

,'1¢¦©¨ come una forza su particelle cariche. È <strong>qui</strong>ndi possibile pensare che<br />

fra cariche elettriche esistano forze che agiscono “ 2¥$.¨ ¦!¡ ”, cioè senza la<br />

“mediazione” del campo elettromagnetico (ovviamente si deve supporre che<br />

queste forze non siano istantanee ma si propaghino con la velocità della luce).<br />

Poco dopo essersi trasferito a Princeton per compiere gli studi di Ph. D.<br />

sotto la guida di J. A. Wheeler, Feynman si rese però conto che nei suoi<br />

argomenti vi era un grave errore. Se si accelera una caricaû<br />

, essa irraggia,<br />

perde energia e <strong>qui</strong>ndi decelera: questo effetto non dipende dalla presenza di<br />

altre cariche ed è spiegato convenzionalmente proprio dall’azione della carica<br />

su se stessa (mediata dal campo elettromagnetico). Ma come si può spiegare<br />

tale decelerazione escludendo l’autointerazione? L’unica ipotesi possibile è<br />

che ci debbano ¢¢" essere altre cariche<br />

ü<br />

che agiscono suû<br />

. Tuttavia<br />

le forze dovute alle cariche<br />

ü<br />

si propagano con velocità finita e risulta che<br />

l’effetto della decelerazione diû<br />

avviene “troppo tardi”.<br />

A questo punto Wheeler fece un’ipotesi rivoluzionaria: le cariche<br />

ü<br />

agiscono suû<br />

attraverso le “ ( #!¢¥( ¦¥Þ¦©¨%¥ ¥|@/¨ ” delle equazioni di Maxwell,<br />

che si propagano all’¥§¦+2¥ ¢¨% (<br />

nel tempo con la velocità della luce (è ben<br />

noto che usualmente tali soluzioni non vengono considerate perché sono in


t<br />

]<br />

b ‹ Ú r<br />

l Ú Ú r <br />

6<br />

6<br />

S<br />

u<br />

l<br />

r<br />

l<br />

6<br />

6<br />

6<br />

lV<br />

u<br />

ü Vlv<br />

lV<br />

u<br />

6<br />

6<br />

V9ÐS<br />

Ó `<br />

evidente contrasto con la causalità). Feynman e Wheeler furono così in grado<br />

di spiegare =¢¦©¨%¥§¨ /¨%¥$,'1¢¦©¨ la perdita di energia per irraggiamento. Più<br />

precisamente, la loro assunzione è che la forza agente su una carica sia data<br />

(come di consueto) dalla forza di Lorentz (per semplicità consideriamo <strong>qui</strong><br />

l’approssimazione semirelativistica)<br />

53<br />

U l ]<br />

Å<br />

st l c S$# Ì<br />

S„@ fEV<br />

¥ b<br />

nella quale campit eü abbiano¢DÒ<br />

i<br />

(<br />

la forma<br />

t ] f<br />

a St&% l&n c t / ‹ n V*\<br />

S„@ a V<br />

] f a Sü ü<br />

l&n c ü<br />

/ ‹ n V.\ S„@ |{ V<br />

ove i suffissi “rit” e “ant” indicano rispettivamente le soluzioni ritardate ed<br />

anticipate delle equazioni di Maxwell.<br />

Una domanda sorge spontanea. Nonostante il successo ottenuto nel caso<br />

sopra considerato, com’è possibile<br />

%<br />

l’esistenza dei campi<br />

anticipati con la causalità? Abbiamo già visto che è possibile spiegare correttamente<br />

la perdita di energia per irraggiamento secondo i postulati a) b)<br />

conciliare¥§¦:


u<br />

6<br />

Ó `<br />

6<br />

6<br />

6<br />

6<br />

6<br />

VV¢S%U'ï#l§ò S<br />

6<br />

6<br />

6<br />

6<br />

VV<br />

54<br />

Nelle eq. (4.4) (4.5)U ï)l$ò e S lV è la traiettoria quadridimensionale dell’i-esima<br />

particella espressa in funzione di un parametro invariante<br />

l<br />

; si è <strong>qui</strong>ndi posto<br />

l<br />

. Chiaramente il primo integrale nell’eq. (4.4) è<br />

l’usuale azione relativistica per le particelle libere, mentre il secondo rappre-<br />

'<br />

ï)l$ò ' S ' S U<br />

senta l’interazione elettromagnetica fra le cariche. Si noti che il f <br />

a<br />

fattore<br />

' S<br />

' S<br />

S„@ •” V<br />

l<br />

gùS%U ï)l$ò<br />

lVx^ÜU ï<br />

<br />

ò<br />

lVÌ^ÜU'ï<br />

<br />

ò S<br />

assicura che ogni coppia sia contata una sola volta ed termineW<br />

il ]+*è omesso<br />

per evitare l’autointerazione. La funzione delta DiracÐS²ˆ¢ˆ¢ˆ)V di implica che<br />

l’interazione fra una coppia di cariche avvenga solo quando una si trova sul<br />

cono di luce dell’altra, garantendo così che l’“azione a distanza” elettromagnetica<br />

si propaghi con la velocità della luce. Come di consueto, le traiettorie<br />

dinamiche del sistema di cariche considerato si ottengono mediante un principio<br />

di minima azione applicato ad (data dall’eq. (4.4)), richiedendo cioè che<br />

t<br />

abbiaÐ<br />

t<br />

] y si per variazioniÐEU ï)l$ò<br />

piccole S lV delle traiettorie (J. A. Wheeler<br />

and R. P. Feynman, Rev. Mod. Phys. 21, 425 (1949)).<br />

Feynman era riuscito così a realizzare le prima parte del proprio programma.<br />

A questo punto si trattava di quantizzare le teoria. Sul finire del 1940<br />

egli espose i risultati ottenuti in un seminario a Princeton, a cui parteciparono<br />

anche Einstein, Pauli, Von Neumann, Russel e Wigner. In un seminario successivo,<br />

Wheeler avrebbe dovuto discutere la corrispondente versione quantistica.<br />

'<br />

Pauli era molto interessato a questo argomento, e volle chiedere a Feynman a<br />

quali conclusioni fosse giunto Wheeler. Feynman rispose che non ne era al corrente,<br />

al che la replica di Pauli fu:“Oh, il professore non racconta i suoi risultati<br />

all’assistente? Probabilmente il professore non ha ottenuto alcun risultato”.<br />

Ed infatti il seminario che Wheeler aveva annunciato non ebbe mai luogo!<br />

Per motivi contingenti (dovuti all’inizio della guerra) Wheeler non ebbe<br />

più tempo per occuparsi di questi problemi, cosicché Feynman si trovò a<br />

portare avanti il proprio programma da solo.<br />

Quantizzare una teoria classica è di solito un’impresa piuttosto facile.<br />

Basta porre tale teoria in forma hamiltoniana e sostituire le coordinate e gli impulsi<br />

con i corrispondenti operatori (secondo le regole ben note). Inizialmente<br />

Feynman cercò di seguire questa via, ma presto si rese conto di una grossa<br />

difficoltà. A causa del fatto che nel secondo termine dell’eq. (4.4)<br />

2©<br />

compaiono<br />

integrazioni indipendenti, teoria¦<br />

( ¦ la possiede alcuna hamiltoniana! È<br />

evidente che il metodo di usuale¦<br />

( ¦ quantizzazione può essere applicato alla<br />

elettrodinamica di Feynman e Wheeler.<br />

Come procedere allora? Un aiuto insperato giunse a Feynman da un incontro<br />

casuale con H. Jehle. Questi era appena giunto a Princeton dall’Europa<br />

e – durante un party – chiese a Feynman di cosa si stesse occupando. “Sto<br />

bevendo birra” rispose scherzando Feynman, che poi però raccontò a Jehle<br />

lV—] r U ï)l$ò<br />

lV <br />

r


p<br />

le difficoltà che stava incontrando nel quantizzare la propria elettrodinamica.<br />

Jehle si ricordò che Dirac aveva sviluppato un metodo di quantizzazione basato<br />

sull’azione classica anziché sull’hamiltoniana (P. A. M. Dirac, Phys. Zeit. der<br />

Sowjetunion 3; 64 (1933)) e consigliò a Feynman di studiarlo.<br />

È ben noto che la teoria quantistica è stata costruita partendo dalla formulazione<br />

hamiltoniana della meccanica classica. Ma quest’ultima può essere<br />

espressa e<strong>qui</strong>valentemente secondo la descrizione lagrangiana. Dirac si era<br />

posto il problema di ottenere l’¦+( ( =¢¦©¨%¥?*¨%¥(<br />

della formulazione lagrangiana.<br />

Egli si rese conto che era più opportuno considerare il ( @£


56<br />

¥$¦¥ ” è di fatto"=¢¥$,'*¦©¨ al metodo hamiltoniano è <strong>qui</strong>ndi apparsa<br />

a Feynman come il fallimento del proprio programma originario!<br />


Reviews<br />

Le<br />

? ><br />

Approccio spazio-temporale alla<br />

meccanica quantistica relativistica,<br />

î<br />

non<br />

R. P. FEYNMAN<br />

ø ( *¦*§“ùD¦¥§,'*..¥§¨%7.-0/.¨P 1-02:*K43 ( ÷ö<br />

La meccanica quantistica non relativistica è formulata <strong>qui</strong> in un<br />

modo diverso, che è tuttavia matematicamente e<strong>qui</strong>valente alla formulazione<br />

usuale. In meccanica quantistica la probabilità di un evento che<br />

si può verificare secondo varie alternative è il modulo quadrato di una<br />

somma di contributi complessi, ciascuno corrispondente ad una alternativa<br />

differente. La probabilità che la traiettoria di una particella5(6)<br />

sia contenuta in una certa regione dello spazio-tempo è il quadrato di<br />

una somma di contributi, ognuno proveniente da un cammino in tale<br />

regione. Si postula che il contributo di un singolo cammino sia un esponenziale<br />

la cui fase (immaginaria) è l’azione classica (in unità di7) - per<br />

il cammino considerato. Il contributo complessivo di tutti i cammini che<br />

raggiungono598:6dal passato è la funzione d’onda;(5


58<br />

i `<br />

riguardanti la relazione fra azione classica† e meccanica quantistica.<br />

Un’ampiezza di probabilità è associata all’intera traiettoria di una particella<br />

Dirac}<br />

come funzione del tempo, anziché semplicemente alla posizione della particella<br />

ad un particolare istante.<br />

Questa formulazione è matematicamente e<strong>qui</strong>valente a quella usuale e<br />

pertanto non ci sono risultati essenzialmente nuovi. Vi è tuttavia un senso<br />

di piacere nel riconoscere vecchie cose da un nuovo punto di vista. Ci sono<br />

inoltre problemi per i quali il nuovo approccio offre un netto vantaggio. Ad<br />

esempio, se sistemiû<br />

eü<br />

due interagiscono, le coordinate di uno dei sistemi,<br />

, possono essere eliminate dalle equazioni che descrivono il moto<br />

û<br />

. L’interazione con<br />

ü<br />

è rappresentata da una modifica della formula<br />

diciamoü<br />

per l’ampiezza di probabilità associata alla traiettoria di<br />

û<br />

. Ciò è analogo<br />

alla situazione classica in cui l’effetto diü<br />

può essere rappresentato da una<br />

modifica delle equazioni del moto di<br />

û<br />

(mediante l’introduzione di termini<br />

che rappresentano le forze agenti suû<br />

). In questo modo le coordinate degli<br />

oscillatori di campo (sia trasversali che longitudinali) possono essere eliminate<br />

dalle equazioni dell’elettrodinamica quantistica.<br />

C’è poi sempre la speranza che il nuovo punto di vista possa suggerire<br />

un’idea per modificare le teorie attuali, modifiche necessarie per rendere conto<br />

degli esperimenti più recenti.<br />

Discuteremo dapprima il concetto generale di sovrapposizione delle ampiezze<br />

di probabilità in meccanica quantistica. Mostreremo <strong>qui</strong>ndi come questo<br />

concetto possa essere generalizzato per definire un’ampiezza di probabilità per<br />

ogni cammino (posizione,£@tempo) nello spazio-tempo. Dimostreremo che<br />

l’ordinaria meccanica quantistica risulta dal postulato che tale ampiezza di<br />

probabilità abbia una fase proporzionale all’azione, calcolata classicamente,<br />

per questo cammino. Ciò è vero quando l’azione è l’integrale temporale di una<br />

funzione quadratica della velocità. La relazione con l’algebra delle matrici e<br />

degli operatori verrà discussa usando un linguaggio che è il più vicino possibile<br />

alla nuova formulazione. Non c’è alcun vantaggio pratico nel far questo,<br />

però le formule sono molto utili nel caso in cui si consideri un’estensione<br />

ad una classe più ampia di funzionali d’azione. Discuteremo infine alcune<br />

applicazioni. Come esempio mostreremo in che modo le coordinate di un<br />

oscillatore armonico possano essere eliminate dalle equazioni del moto di un<br />

sistema con cui esso interagisce. Tale risultato può essere applicato direttamente<br />

all’elettrodinamica quantistica. Verrà anche descritta un’estensione<br />

1 P. A. M. Dirac,È


6<br />

6<br />

/<br />

Ö<br />

/<br />

/<br />

6<br />

2 Ö 2BA S9fEV<br />

/<br />

6<br />

59<br />

formale che include gli effetti dello spin e della teoria della relatività.<br />

2. LA SOVRAPPOSIZIONE DELLE AMPIEZZE DI PROBABILITÀ<br />

La formulazione che presenteremo contiene come elemento essenziale<br />

l’idea di ampiezza di probabilità associata ad un moto completamente specificato<br />

come funzione del tempo. È pertanto conveniente riesaminare in dettaglio<br />

il concetto quantistico di sovrapposizione delle ampiezze di probabilità. Analizzeremo<br />

i cambiamenti basilari richiesti per il passaggio dalla fisica classica<br />

a quella quantistica.<br />

Si consideri a tal fine un esperimento ideale in cui possiamo fare tre<br />

misure successive: prima di grandezzaû<br />

una , diü<br />

poi ed infine di . Non<br />

c’è motivo per cui queste grandezze debbano essere diverse, e considereremo<br />

l’esempio di tre misure successive della posizione. Si supponga che sia un<br />

Ø<br />

possibile risultato della misura diû<br />

, e analogamente per £ e<br />

‘<br />

. Assumeremo<br />

che le diû<br />

,ü<br />

misure e specificano completamente lo stato del sistema in<br />

senso quantistico. Ciò significa, ad esempio, che lo stato in cuiü<br />

ha il valore<br />

Ø<br />

non è degenere.<br />

£<br />

È ben noto che in meccanica quantistica si si ha a che fare con delle probabilità,<br />

ma naturalmente ciò è ben lungi dal caratterizzare il mondo quantistico.<br />

Al fine di mostrare con più chiarezza la relazione tra meccanica classica e<br />

teoria quantistica potremmo supporre che anche classicamente si considerino<br />

delle probabilità, ma che tutte le probabilità siano zero o uno. Un’alternativa<br />

migliore è di immaginare le probabilità classiche nel senso della meccanica<br />

statistica classica (ove, in generale, le coordinate interne non sono specificate<br />

completamente).<br />

conÖ<br />

2 Indichiamo la probabilità che se la diû<br />

misura fornisce il risultato<br />

, allora la misura diü<br />

dia il risultato £ . SimilmenteÖ<br />

2BAsarà la probabilità che<br />

la misura di Ø dia il risultato<br />

‘<br />

nell’ipotesi che la misura diü<br />

abbia fornito il<br />

risultato £ . Analogamente perÖ<br />

infine conÖ<br />

2BAla probabilità<br />

/A.Indicheremo<br />

. Ora, se gli eventi<br />

di ottenere i £ risultati e supposto che la misura diû<br />

dia<br />

fra e £ sono indipendenti ‘ da quelli £ fra e , si ha<br />

‘<br />

Ciò è in accordo con la meccanica quantistica quando l’affermazione cheü<br />

fornisce il risultato £ è una specificazione completa dello stato.<br />

In ogni caso, ci aspettiamo che valga la relazione<br />

2BA ] Ö<br />

4 Nella nostra discussione non ha importanza che alcuni valori di›,’ ož possano essere<br />

esclusi dalla meccanica quantistica ma non dalla meccanica classica. Si può infatti assumere,<br />

per semplicità, che i valori numerici siano gli stessi in entrambi i casi, ma che la probabilità<br />

di certi valori possa essere zero.


6<br />

Ö<br />

/<br />

/<br />

2 ] Îq<br />

6<br />

/<br />

Ö<br />

2 Î` \ Ö 2BA ] Îq 2:A Î` \ Ö ×<br />

q<br />

Ö<br />

q<br />

Ö<br />

6<br />

/<br />

Ö<br />

/<br />

/<br />

/<br />

2 Ö 2BA S„ V<br />

60<br />

perché, se inizialmente diû<br />

la misura dà e successivamente il risultato della<br />

misura di è , la quantitàü<br />

deve avere avuto qualche valore ad un tempo<br />

intermedio fra Ø<br />

‘ quelli corrispondenti diû<br />

alle misure e : la probabilità che<br />

2BA; <strong>qui</strong>ndi sommiamo, o integriamo, su tutte le alternative<br />

Ø<br />

tale valore sia £ èÖ<br />

2:A Sa V<br />

mutuamente esclusive per £ (tale operazione è schematizzata daC 2 ).<br />

Ora, la differenza essenziale fra fisica classica e fisica quantistica sta<br />

proprio nell’eq. (2). In meccanica classica essa è sempre vera, mentre in<br />

meccanica quantistica spesso risulta essere<br />

Ö ×<br />

falsa. Indicheremo con la<br />

probabilità quantistica che una misura di dia quando segue una misura di<br />

û<br />

che dà come risultato . L’eq. (2) è sostituita Ø<br />

‘ in meccanica quantistica da<br />

notevole˜ questa legge : complessiq<br />

2 \ q<br />

/A<br />

\ q<br />

esistono numeri che<br />

/Atali 2BA<br />

/A ]<br />

2<br />

/A ] Îq<br />

/AÎ`<br />

La legge classica, ottenuta combinando le eq. (1) e (2)<br />

S{ V<br />

è sostituita da<br />

/A ]<br />

2<br />

] 2<br />

q<br />

2<br />

S” V<br />

Se l’eq. (5) è corretta, l’eq. (4) non è valida in generale. L’errore logico<br />

2BA /A<br />

fatto nel dedurre l’eq. (4) consiste ovviamente nell’assunzione che per andare<br />

da a il sistema debba passare attaverso una condizione tale cheü<br />

debba<br />

‘<br />

avere un valore definito £ .<br />

Se si cerca di verificare questa affermazione, cioè se la grandezzaü<br />

è<br />

misurata fra due misure di<br />

û<br />

e Ø , allora la formula (4) è di fatto corretta.<br />

Più precisamente, se l’apparato per misurareü<br />

è preparato e usato, ma non<br />

si cerca di utilizzare i risultati delle misura<br />

ü<br />

di – nel senso che solo le<br />

correlazioni<br />

û<br />

fra e sono misurate e usate – allora l’eq. (4) è corretta.<br />

Questo perché l’apparato che misuraü<br />

ha “fatto il suo lavoro”. Se vogliamo,<br />

Ø<br />

5 Abbiamo ’ supposto che sia uno stato non degenere, e che pertanto l’eq. (1) sia valida.<br />

Presumibilmente, se in qualche generalizzazione della meccanica quantistica l’eq. (1) non<br />

fosse più valida (nemmeno per gli ’ stati puri ), sarebbe da aspettarsi che l’eq. (2) venisse<br />

sostituita dall’affermazione: "ci sono numeri complessiDFEHG$Itali cheåJEKG$I= 2 ".<br />

L’analogo dell’eq. (5) è GDFEKG$I. êDFEHG$I.ê<br />

alloraDEKI=C


6<br />

6<br />

6<br />

possiamo leggere gli strumenti senza disturbare ulteriormente il sistema. Gli<br />

esperimenti che hanno fornito i risultati e possono <strong>qui</strong>ndi essere raggruppati<br />

a seconda dei valori di £ . ‘<br />

Considerando le probabilità da un punto di vista frequentistico, l’eq. (4)<br />

segue semplicemente dall’affermazione che in ogni esperimento che dà e<br />

,ü<br />

ha qualche valore. L’unico modo in cui l’eq. (4) può essere sbagliata è<br />

che l’affermazione “ü<br />

ha qualche valore” debba essere talvolta priva di senso.<br />

Si noti che l’eq. (5) sostituisce l’eq. (4) solo nel caso in cui non cerchiamo<br />

‘<br />

misurareü<br />

di . Siamo <strong>qui</strong>ndi portati a dire che “ü<br />

l’affermazione ha qualche<br />

valore” può essere priva di significato ogniqualvolta non cerchiamo di misurare<br />

6<br />

Abbiamo dunque risultati diversi per le correlazioni di e – cioè l’eq. (4)<br />

o l’eq. (5) – a seconda del caso che la diü<br />

misura venga effettuata ‘ oppure no.<br />

diü<br />

La misura – indipendentemente dalla sua accuratezza – deve disturbare<br />

il sistema, almeno di quel tanto che basta per cambiare i risultati da quelli<br />

dati dall’eq. (5) a quelli (4)Ó previsti dall’eq. . Che le misure causino necessariamente<br />

dei disturbi e che, essenzialmente, l’eq. (4) possa essere falsa fu<br />

enunciato con chiarezza da Heisenberg nel suo principio di indeterminazione.<br />

La legge (5) è un risultato del lavoro di Schrödinger, dell’interpretazione statistica<br />

di Born e Jordan e della teoria delle Diracë trasformazioni di .<br />

L’eq. (5) è una tipica rappresentazione della natura ondulatoria della materia.<br />

In essa la probabilità che la particella vada da a secondo alcune<br />

alternative diverse (valori £ di ) può essere rappresentata – se ‘ non si cerca di<br />

determinare quale alternativa si realizza – come il quadrato della somma di alcune<br />

grandezze complesse, una per ogni alternativa disponibile alla particella.<br />

La probabilità può mostrare i tipici fenomeni di interferenza, usualmente associati<br />

alle onde, la cui intensità è data dal quadrato della somma di contributi<br />

da sorgenti distinte. Si può dire che l’elettrone si comporta come un’onda<br />

fintanto che non si cerca di verificare che esso è una particella. D’altra parte,<br />

si può determinare – se lo si desidera – attraverso quale alternativa esso passa,<br />

proprio come se esso fosse una particella. Ma quando si fa ciò, si deve usare<br />

ü .<br />

6 Non serve osservare che›.¼¥«¦Q¦¯³¯ÇE³.¬®£¬§³ misurare ¥ se avessimo voluto; in realtà, non<br />

lo abbiamo fatto.<br />

7<br />

Il modo in cui l’eq. (4) segue dall’eq. (5) quando una misurazione disturba il sistema è stato<br />

studiato soprattutto da J. von (œâ›.¬)¿'«¦¨›.¬)­«ž«¿'âBÞ¥w®EŸ¡E¢…›¤£«Ÿ1¡«¥Báo®'›.Ÿ-¬%«Ÿß<br />

¦C žw¿-›.Ÿ' •<br />

Neumann<br />

(Dover Publications, New York, 1943)). L’effetto della perturbazione dovuta<br />

all’apparato di misura è di alterare la fase delle componenti che interferiscono – ad<br />

– in modo tale che la (5) G1MíONQPD


Ø<br />

La grandezza<br />

q<br />

condizione<br />

û ]<br />

/<br />

6<br />

Ö<br />

Ö<br />

/<br />

/<br />

6<br />

6 /<br />

/<br />

/<br />

2BA=WYXZX[Xo Î`<br />

?<br />

?<br />

6<br />

62<br />

l’eq. (4), ed esso si comporta effettivamente come una particella.<br />

Naturalmente queste sono cose ben note e sono già state spiegate<br />

tamenteú<br />

ripetu-<br />

. Ci sembra tuttavia che valga la pena di sottolineare il fatto che esse<br />

seguono direttamente dall’eq. (5), la quale gioca un ruolo fondamentale nella<br />

nostra formulazione della meccanica quantistica.<br />

La generalizzazione delle eq. (4) e (5) a un grande numero misureû<br />

,ü<br />

di ,<br />

ovviamente che la probabilità della ,£ sequenza , ,r ,ˆ¢ˆ¢ˆ ,Vrisulta<br />

essere<br />

‘<br />

, à ,ˆ¢ˆ¢ˆ ,¢ è<br />

Îq<br />

Ad esempio, la probabilità del risultato<br />

2BA=WYXZX[Xoƒ]<br />

dalla formula classica<br />

,<br />

‘<br />

,V, se £ ,r ,ˆ¢ˆ¢ˆ sono misurate è data<br />

2:A:W\X[XZXo Î`<br />

/AoB]<br />

2<br />

2BA=WYXZX[Xo<br />

mentre nel caso in cui nessuna misura sia effettuata fraû<br />

e Ø e fra Ø e¢<br />

probabilità della stessa sequenza<br />

,<br />

‘<br />

,Vè<br />

SÑ V<br />

W ˆ¢ˆ¢ˆ Ö<br />

essere chiamata ampiezza di probabilità per la<br />

essa è<br />

esprimibile come prodottoq<br />

2<br />

q<br />

un<br />

qA:W ˆ¢ˆ¢ˆ q<br />

o ). 2BA<br />

la<br />

×<br />

/Ao ] Î<br />

2<br />

Ö<br />

SØ V<br />

W ˆ¢ˆ¢ˆ q<br />

2BA=WYXZX[Xo può<br />

\ ü ] £ \<br />

Ø<br />

] ‘ \<br />

à<br />

] r \¢ˆ¢ˆ¢ˆ£\]¢ ]^V (ovviamente<br />

3. L’AMPIEZZA DI PROBABILITÀ PER UN CAMMINO<br />

SPAZIO-TEMPORALE<br />

Le idee fisiche del paragrafo precedente possono essere estese facilmente<br />

per definire un’ampiezza di probabilità per un particolare cammino spaziotemporale<br />

completamente specificato. Al fine di spiegare come ciò possa essere<br />

fatto ci limiteremo ad un problema unidimensionale, in quanto l’estensione al<br />

caso multidimensionale è ovvia.<br />

Supponiamo di avere una particella che può assumere parecchi valori di<br />

coordinataU una . Immaginiamo di fare un numero enorme di misure di posizione,<br />

separate da un piccolo intervallo di tempo . Allora una successione<br />

. SiaU<br />

l<br />

il risultato<br />

di misure come quelle diû<br />

,ü<br />

, Ø ,ˆ¢ˆ¢ˆ può essere la serie di misure della coor-<br />

ai tempi successiviZ<br />

} \ Z ` \ Z † \¢ˆ¢ˆ¢ˆ oveZlÙ } ] Zl c<br />

9 dinataU<br />

Si veda ad es.: W. È


6<br />

6<br />

Ú<br />

Ú<br />

6<br />

6<br />

?<br />

6<br />

della misura della coordinataU al tempoZl<br />

. Quindi, seû<br />

èU al tempoZ<br />

}<br />

,<br />

}<br />

è ciò che prima indicavamo con . Da un punto di vista classico i<br />

valori successiviU<br />

alloraU<br />

\9U ` \9U †<br />

, ˆ¢ˆ¢ˆ della coordinata definiscono praticamente un<br />

camminoUDSZ V . Alla fine, ci aspettiamo di prendere il limite<br />

}<br />

y . <br />

La probabilità di tale cammino è una diU<br />

} \¢ˆ¢ˆ¢ˆ£\9U l \¢ˆ¢ˆ¢ˆ funzione che indichiamo<br />

. La probabilità che il cammino sia conÖ<br />

S²ˆ¢ˆ¢ˆ¢\9U l \9U lÙ } \¢ˆ¢ˆ¢ˆ)V contenuto<br />

in una certa regione dello spazio-tempo è data classicamente dall’integrale<br />

diÖ<br />

su tale regione. Così la probabilità Ó<br />

l<br />

sia compreso fra<br />

cheU<br />

fra<br />

lÙ }<br />

e £<br />

lÙ }<br />

, etc. è<br />

63<br />

l<br />

e £<br />

l ,U lÙ l<br />

Ú<br />

2:_),+<br />

ˆ¢ˆ¢ˆ<br />

2B_<br />

/_),+<br />

Ö S²ˆ¢ˆ¢ˆU l\9U lÙ } \¢ˆ¢ˆ¢ˆ)V8ˆ¢ˆ¢ˆ r U l<br />

r U lÙ } ˆ¢ˆ¢ˆ ]<br />

ˆ¢ˆ¢ˆ<br />

ove il simbolo significa<br />

` ë<br />

che l’integrazione deve essere effettuata sui valori<br />

r U lÙ } ˆ¢ˆ¢Ê\<br />

delle variabili che stanno nella regione . Questa è semplicemente l’eq. (6),<br />

con<br />

Ó<br />

,ˆ¢ˆ¢ˆ sostituiti daU<br />

} ,U ` ,ˆ¢ˆ¢ˆ e con la somma sostituita dall’integrale.<br />

,£<br />

In meccanica quantistica questa è la formula corretta per il caso in cui tutte<br />

U } \9U ` \¢ˆ¢ˆ¢ˆ£\9U l \¢ˆ¢ˆ¢ˆ le siano effettivamente misurate e soltanto quei cammini<br />

che appartengono ad Ó<br />

vengano considerati. Ci aspetteremmo un risultato<br />

diverso se misurazioni così dettagliate non fossero effettuate. Supponiamo<br />

che sia eseguita una misura che è in grado di stabilire soltanto se il cammino<br />

considerato è contenuto nella regione Ó .<br />

La misura dev’essere ciò che potremmo definire una “misura ideale”.<br />

Supponiamo cioè che nessun altro dettaglio possa essere ottenuto dalla stessa<br />

misura senza disturbare ulteriormente il sistema. Non siamo stati in grado<br />

di trovare una definizione precisa. Stiamo cercando di evitare le incertezze<br />

addizionali che devono essere eliminate con una operazione di media se, ad<br />

esempio, una maggiore informazione fosse misurata senza venire utilizzata.<br />

Desideriamo usare l’eq. (5) o l’eq. (7) per tutte leU<br />

l<br />

, senza avere alcuna parte<br />

residua su cui sommare come nell’eq. (4).<br />

Ci aspettiamo che la probabilità di trovare – tramite la nostra “misura<br />

ideale” – la particella nella regione Ó sia il quadrato di un numero complesso<br />

S V Î` Ó<br />

. numeroq<br />

S<br />

Ó<br />

V Il – che possiamo chiamare ampiezza di probabilità<br />

per la regione – è dato dall’eq. (7) con , £ ,ˆ¢ˆ¢ˆ sostituiti daU<br />

Îq<br />

,U lÙ } ,ˆ¢ˆ¢ˆ e la<br />

Ó l<br />

somma sostituita da un integrale<br />

SÛ V<br />

/_<br />

`<br />

Ö S²ˆ¢ˆ¢ˆU l \9U lÙ } \¢ˆ¢ˆ¢ˆ)Vˆ¢ˆ¢ˆ r U l<br />

S<br />

Ó<br />

Vx] lim P<br />

q<br />

‡<br />

Ú<br />

BS9ˆ¢ˆ¢ˆ"U l\9U lÙ } \¢ˆ¢ˆ¢ˆ)Vˆ¢ˆ¢ˆ r U l<br />

r U lÙ } ˆ¢ˆ¢ˆ `<br />

SÝ V


?<br />

?<br />

?<br />

?<br />

64<br />

Il numero complessoBS²ˆ¢ˆ¢ˆU l \9U lÙ } ˆ¢ˆ¢ˆ#V è una funzione delle variabiliU<br />

l<br />

che<br />

definiscono il cammino. In realtà immaginiamo che la spaziatura temporale<br />

vada a zero cosicché viene a dipendere camminoUDSZ V dall’intero , anziché<br />

soltanto dai valori diU<br />

l<br />

ai particolari tempiZl<br />

,U l ] UDSZlV.Potremmo chiamare<br />

funzionale ampiezza di probabilità dei camminiUÌSZ V .<br />

Riassumiamo queste idee nel nostro primo postulato:<br />

¦:¥?. F¥02


?<br />

?<br />

t<br />

]<br />

l<br />

t<br />

S%U lÙ } \9U lV<br />

Ú<br />

ŽJS%UÌSZ V*\<br />

u<br />

U6SZ VV r Z<br />

n_<br />

<br />

65<br />

4. CALCOLO DELL’AMPIEZZA DI PROBABILITÀ<br />

PER UN CAMMINO<br />

Il primo postulato specifica il tipo di contesto matematico richiesto dalla<br />

meccanica quantistica per il calcolo delle probabilità. Il secondo postulato<br />

dà un particolare contenuto a questo contesto, indicando come calcolare<br />

l’importante quantità per ogni cammino:<br />

¥§¦¥ "( ¦©¨%*¥– ¥$ ( ¦ ( •1¢¦©¨ ¥$¦ä ( 2 (-T8d& M ¢ X Õ\- ¥( Ò<br />

2


G<br />

l<br />

t<br />

S%U lÙ } \9U lVL ˆ¢ˆ¢ˆ<br />

U lÙ } û<br />

r<br />

?<br />

U l û ˆ¢ˆ¢ˆ£\<br />

r<br />

66<br />

Si vede <strong>qui</strong>ndi che l’unico riferimento alla meccanica classica consiste nella<br />

specificazione della lagrangiana. Infatti il secondo postulato potrebbe semplicemente<br />

essere considerato come l’affermazione “ è diW<br />

l’esponenziale<br />

per l’integrale di una funzione reale diUÌSZ V e della sua derivata prima”. Corrispondentemente<br />

le equazioni classiche del moto potrebbero essere derivate<br />

successivamente nel limite di grandi dimensioni. Si potrebbe allora mostrare<br />

che la suddetta diUDSZ V funzione eUDSZ V coincide con la lagrangiana classica a<br />

u<br />

meno di un fattore costante.<br />

Di fatto la somma nell’eq. (10) è infinita anche per finito, e <strong>qui</strong>ndi priva<br />

di significato (a causa dell’infinita estensione del tempo). Questa circostanza<br />

riflette un’ulteriore incompletezza dei postulati. Ci dovremo <strong>qui</strong>ndi limitare<br />

ad un intervallo di tempo arbitrariamente lungo ma finito.<br />

Combinando i due postulati ed usando l’eq. (10) otteniamo<br />

S<br />

Ó<br />

Vx] lim P<br />

q<br />

‡<br />

Ú<br />

exp<br />

`<br />

W<br />

X-<br />

S9f a V<br />

ove il fattore di normalizzazione è stato scritto come il prodotto dif <br />

û<br />

per ogni<br />

istante di tempo (il valore diû<br />

verrà determinato in seguito). L’integrazione<br />

è su quei valoriU<br />

l<br />

, U lÙ } ,ˆ¢ˆ¢ˆ contenuti nella regione Ó . Questa equazione,<br />

la definizione (11) di t S%U lÙ } \9U lV e l’interpretazione fisica di Îq S<br />

Ó<br />

V Î`<br />

come<br />

probabilità di trovare la particella in Ó completano la nostra formulazione della<br />

meccanica quantistica.<br />

5. DEFINIZIONE DELLA FUNZIONE D’ONDA<br />

Procediamo ora a dimostrare l’e<strong>qui</strong>valenza di questi postulati con la formulazione<br />

ordinaria della meccanica quantistica. Faremo ciò in due stadi. In<br />

questo paragrafo mostriamo come la funzione d’onda possa essere definita secondo<br />

il nuovo punto di vista. Nel paragrafo seguente mostreremo che questa<br />

funzione soddisfa l’equazione di Schrödinger.<br />

Vedremo che è proprio la possibilità (data dall’eq. (10)) di esprimere<br />

come somma – e <strong>qui</strong>ndi come prodotto – di contributi di parti successive<br />

della traiettoria che ci permette di definire una quantità avente le proprietà di<br />

t<br />

una funzione d’onda.<br />

Al fine di chiarire questo punto, immaginiamo di scegliere un tempo<br />

particolareZ e di dividere la regione Ó<br />

nell’eq. (12) in “futuro” e “passato”<br />

rispetto aZ . Supponiamo che Ó possa essere decomposto in: (a) una regione Ó ì ,<br />

limitata in modo arbitrario nello spazio, ma tutta temporalmente antecedente<br />

ad un tempoZì ‰ Z , (b) una regione Ó ì…ì limitata in modo arbitrario nello spazio,<br />

ma tutta temporalmente successiva aZì…ìdc Z ; (c) una regione compresa fraZì


G<br />

Ú<br />

ð `<br />

€<br />

G<br />

nel<br />

k } o<br />

k € lí<br />

G<br />

t<br />

S%Uo Ù } \9Uo


Ú<br />

G<br />

€<br />

o<br />

lí<br />

t<br />

S%U lÙ } \9U<br />

lVML<br />

68<br />

e<br />

e î S%Uo/\ Z Vh] lim<br />

exp<br />

W<br />

X-<br />

ûf<br />

r<br />

P<br />

Uo Ù ` û ˆ¢ˆ¢ˆ S9f Ñ V<br />

‡<br />

ðñð<br />

Il ì simbolo per[<br />

nell’integrale sta ad indicare che le coordinate sono<br />

integrate sulla regione Ó e, perZl<br />

fraZì eZ , su tutto lo spazio. Analogamente,<br />

l’integrale<br />

`<br />

î<br />

è su Ó Ó e sull’intero spazio per le coordinate corrispondenti<br />

ì<br />

a tempi fraZ eZì…ì compresi . ine<br />

î<br />

L’asterisco denota la coniugazione<br />

pere<br />

complessa,<br />

in quanto risulterà più conveniente definire l’eq. (16) come il complesso<br />

coniugato di<br />

grandezza[<br />

un’altra quantitàe.<br />

La dipende solo ì dalla aZ regione precedente , ed è completamente<br />

definita se quella regione è nota. Essa non dipende in alcun modo<br />

Ó<br />

Uo Ù } û<br />

r<br />

da ciò che accadrà al sistema dopo il tempoZ. Quest’ultima informazione è<br />

contenuta ine. Quindi con di[<br />

l’introduzione abbiamo separato la storia<br />

ee<br />

passata dal comportamento futuro del sistema. Ciò ci permette di parlare della<br />

relazione fra passato e futuro nel modo usuale. Esplicitamente, se una particella<br />

è stata in una regione Ó ì dello spazio-tempo, si può dire che al tempoZ<br />

essa si trova in un certo stato determinato soltanto dal suo passato e descritto<br />

dalla funzione d’onda[<br />

S%U6\ Z V . Questa funzione contiene tutta l’informazione<br />

necessaria al fine di predire probabilisticamente il comportamento futuro. Supponiamo<br />

infatti che in un’altra situazione la regione Ó ì sia diversa – diciamo<br />

¡ ì – ed inoltre che la lagrangiana differisca per tempi minori diZ . D’altra parte,<br />

supponiamo però che[<br />

S%U6\ Z V data dall’eq. (15) sia uguale nei due casi. Allora<br />

l’eq. (14) ci dice che la probabilità di essere in Ó ì…ì è la stessa, sia per Ó ì che per<br />

¡ ì . Di conseguenza misure future non distingueranno se nel passato il sistema<br />

era in Ó ì o in ¡ ì . Ne concludiamo che la funzione d’onda[<br />

S%U6\ Z V è sufficiente<br />

per specificare le proprietà necessarie al fine di determinare completamente il<br />

comportamento futuro.<br />

In modo analogo la funzionee<br />

î S%U6\ Z V caratterizza l’esperimento che viene<br />

effettuato sul sistema. Se una regione ¡ ì…ì diversa da Ó ì…ì ed una lagrangiana<br />

diversa per tempi successivi aZ dessero la stessa funzionee<br />

î<br />

(vedi eq. (16))<br />

in entrambe le situazioni, avremmo – secondo l’eq. (14) – che la probabilità<br />

di trovare il sistema in Ó ì|ì sarebbe uguale a quella di trovarlo in ¡ ì…ì (indipendentemente<br />

dalla preparazione del sistema, specificata da[<br />

). In altre parole,<br />

i due esperimenti Ó ì…ì e ¡ ì…ì sono e<strong>qui</strong>valenti, in quanto forniscono gli stessi<br />

risultati. Possiamo anche dire che questi esperimenti determinano con quale<br />

probabilità il sistema si trova nello statoe. Di fatto questa terminologia è imprecisa,<br />

in quanto il sistema si trova nello stato[<br />

. Naturalmente il motivo per<br />

cui possiamo associare uno stato ad un esperimento è che (per un esperimento<br />

ideale) risulta esserci un unico stato (la cui funzione d’onda S%U6\ Z V ) nel quale<br />

l’esperimento avviene con certezza.<br />

èe


?<br />

?<br />

Ú<br />

ð `<br />

?<br />

¤<br />

¤<br />

¤<br />

¤<br />

Ú<br />

G<br />

o<br />

¤<br />

¤<br />

¤<br />

¤<br />

t<br />

S%U lÙ } \9U<br />

lVTL<br />

`<br />

Possiamo <strong>qui</strong>ndi dire: la probabilità che un sistema in stato[<br />

uno venga<br />

rivelato da un esperimento il cui stato caratteristico data da<br />

èe<br />

69<br />

è<br />

Ú e î S%Ue\ Z V[ S%Ue\ Z V r U<br />

Ø V S9f<br />

Ovviamente questi risultati sono in accordo con i principi della meccanica<br />

quantistica ordinaria. Essi sono una conseguenza del fatto che la lagrangiana<br />

è una funzione solamente di posizione, velocità e tempo.<br />

6. L’EQUAZIONE D’ONDA<br />

Al fine di completare la dimostrazione dell’e<strong>qui</strong>valenza con la formulazione<br />

ordinaria dovremo mostrare che la funzione d’onda – definita nel paragrafo<br />

precedente dall’eq. (15) – soddisfa proprio l’equazione di Schrödinger. In<br />

realtà, riusciremo a fare questo solo nel caso in cui lagrangianaŽ la nell’eq. (11)<br />

è una forma quadratica inomogenea delle velocità. Non si tratta però di una seria<br />

limitazione, dato che sono descritti di fatto tutti quei casi in cui l’equazione<br />

di Schrödinger è verificata sperimentalmente.<br />

L’equazione d’onda fornisce l’evoluzione temporale della funzione d’onda.<br />

Ci possiamo aspettare di ottenere un’approssimazione notando che, per<br />

finito, l’eq. (15) permette di sviluppare una semplice relazione ricorsiva.<br />

Consideriamo la forma dell’eq. (15) nel caso in cui volessimo<br />

[<br />

calcolare<br />

all’istante di tempo successivo:<br />

exp<br />

W<br />

X-<br />

Uo<br />

û<br />

r<br />

VL]<br />

[ S%Uo Ù } \ Z c<br />

Uo<br />

k } û ˆ¢ˆ¢ˆ S9f ” ìV<br />

r<br />

Questa è simile all’eq. (15), a parte l’integrazione variabileUo<br />

sull’ulteriore<br />

ed il nuovo termine nella somma che sta nell’esponenziale. Questo termine<br />

significa che l’integrale (15ì nell’eq. ) è lo stesso integrale presente nell’eq. (15),<br />

a meno del S9f" û V expSW<br />

fattore<br />

X V<br />

t<br />

S%U o Ù } \9U o V -<br />

. Poiché esso non contiene<br />

lí k €<br />

alcuna delle variabiliU<br />

l<br />

perW<br />

minore diV, tutte le integrazioni sur<br />

U l<br />

possono<br />

essere eseguite, ignorando la differenza con l’eq. (15).<br />

Tuttavia, in virtù<br />

dell’eq. (15), il risultato di tali integrazioni è semplicemente[<br />

S%Uo@\ Z V . Quindi<br />

dall’eq. (15ì ) segue la relazione<br />

[ S%Uo Ù } \ Z c<br />

exp 7<br />

W<br />

9<br />

t<br />

S%Uo Ù } \9Uo/V X-<br />

[ S0Uo \ Z V r<br />

Uo.<br />

û S9f Û V<br />

VL]


u<br />

t<br />

S%U lÙ } \9U lVh]<br />

?<br />

?<br />

t<br />

S%U lÙ } \9U lVh]<br />

?<br />

?<br />

<br />

?<br />

?<br />

?<br />

?<br />

?<br />

<br />

?<br />

<br />

?<br />

?<br />

K<br />

c<br />

?<br />

?<br />

a<br />

?<br />

K<br />

?<br />

?<br />

K<br />

70<br />

Mostreremo su esempi semplici che questa relazione, con un’opportuna<br />

diû<br />

scelta<br />

, è e<strong>qui</strong>valente all’equazione di Schrödinger. Di fatto, l’eq. (18) non è<br />

esatta, ma è valida solo nel y limite , e noi assumeremo che essa sia<br />

corretta al prim’ordine in . Osserviamo è.Uf ¥ *¦©¨ che che tale equazione<br />

corretta<br />

( (<br />

sia al prim’ordine in , per piccolo. Infatti, se consideriamo i<br />

fattori nell’eq. (15) che ci portano ad un intervallo di tempo finito , il numero<br />

. Facendo un errore di ordine<br />

`<br />

in ognuno di essi, l’errore<br />

risultante sarà di ordine<br />

, che si annulla nel limite<br />

y . <br />

di tali fattori è <br />

S<br />

<br />

VL] `<br />

Illustreremo <strong>qui</strong>ndi la relazione esistente fra l’eq. (18) e l’equazione di<br />

Schrödinger considerando il caso semplice di una particella in un potenziale<br />

R8S%UoV unidimensionale . Prima di far questo vogliamo però discutere alcune<br />

approssimazioni al valore S%U lÙ } \9U lV dato dall’eq. (11), che saranno sufficienti<br />

per l’espressione (18).<br />

È difficile calcolare esattamente, partendo dalla meccanica classica, l’espressione<br />

di S%U lÙ } \9U lV data dall’eq. (11). In realtà basta usare nell’eq. (18)<br />

t t<br />

un’espressione approssimata per t S%U lÙ } \9U<br />

lV,purché l’errore dovuto all’approssimazione<br />

sia di un ordine di grandezza più piccolo di . Ci limitiamo al<br />

caso in cui la lagrangiana è una forma quadratica inomogenea nelle velocità<br />

. In queste circostanze è sufficiente calcolare<br />

l’integrale nell’eq. (11) lungo il cammino classico corrispondente ad una<br />

particella#¥–<br />

* }} .<br />

In<br />

(£( 92¥$¦¨ ¢¨..¥%¦ }`<br />

la traiettoria di una particella libera è una<br />

linea retta, <strong>qui</strong>ndi l’integrale che figura nell’eq. (11) può essere calcolato lungo<br />

una retta. In questo caso è sufficiente sostituire l’integrale con la "regola del<br />

?<br />

. Come vedremo più avanti, i cammini più importanti sono quelli per<br />

cuiU<br />

UxSZ V ^ U l<br />

è dell’ordine di % } lÙ<br />

trapezio"<br />

a Ž I<br />

U lÙ } ^ U l<br />

a Ž I<br />

U lÙ } ^U l<br />

S9f Ý V<br />

\9U lÙ }<br />

oppure, se è più conveniente, con<br />

\9U l<br />

y


X<br />

?<br />

?<br />

!<br />

t<br />

S%U lÙ } \9U lVL]<br />

t<br />

S0U lÙ } \9U lVL]<br />

?<br />

[ S0Ue\ Z c<br />

?<br />

?<br />

Ú<br />

?<br />

exp F<br />

Ú<br />

b<br />

X<br />

W<br />

?<br />

?<br />

a I<br />

U lÙ } ^ U l<br />

? K<br />

`<br />

?<br />

G<br />

a<br />

b<br />

?<br />

W<br />

?<br />

W<br />

K<br />

?<br />

?<br />

Ú<br />

9<br />

^<br />

exp I<br />

?<br />

K<br />

9<br />

X<br />

ˆ<br />

û<br />

X<br />

?<br />

caso in cui non sia presente un potenziale vettore o altri termini lineari nella<br />

velocità:<br />

71<br />

lÙ } Sa f-V \9U<br />

Quindi per il semplice esempio unidimensionale di una particella di massa<br />

b<br />

in un potenzialeR1S%UoV possiamo porre<br />

Ž I<br />

U lÙ } ^ÜU l<br />

R1S0U lÙ } V<br />

Saa V<br />

In questo caso, l’eq. (18) diventa<br />

[ S%Uo Ù } \ Z c<br />

^ËRTS%Uo Ù } V LUN ˆ<br />

-<br />

a I<br />

U o Ù } ^ÜU o<br />

? K<br />

`<br />

Vx]<br />

S%U o \ Z V r U o <br />

û Sa { V<br />

[<br />

o Ù } ] U eU o Ù } ^ U o ] å<br />

, cosicchéU o ]’U ^ å<br />

. In tal modo<br />

PoniamoU<br />

l’eq. (23) diventa<br />

exp 7<br />

-<br />

- X RTS%UoV<br />

S%Ue\ c Vx]<br />

W b å `<br />

X ^ [ S%U3^ å \ Z V Sa „ V<br />

[ Z<br />

L’integrazione in converge<br />

[ S%U6\ Z V se si annulla in modo sufficientemente<br />

rapido per grandi å valori (certamente se<br />

[ î S%U;V[ S%U;V r Ud] f ).<br />

Essendo molto piccolo, nell’integrazione su l’esponenziale ë diW b å `<br />

<br />

a - oscilla<br />

molto rapidamente tranne che nella regione intorno a å y ( dell’ordine<br />

å å<br />

diU<br />

- <br />

b V<br />

+<br />

). Poiché la funzione[<br />

S%Uƒ^ å \ Z V ha una dipendenza da piuttosto<br />

å ]<br />

diS<br />

“liscia” (dato che può essere scelto arbitrariamente piccolo), la regione in<br />

cui l’esponenziale oscilla rapidamente contribuirà molto poco, a causa della<br />

quasi completa cancellazione di contibuti positivi e negativi. Quindi solo piccoli<br />

valori di sono rilevanti nell’integrazione, il che permette di sviluppare<br />

å<br />

[ S%U3^ å \ Z V in serie di Taylor. Abbiamo<br />

r å<br />

? K<br />

-<br />

X R3S0U;V<br />

a -<br />

W b å `<br />

Vh] exp I ^<br />

r å <br />

û<br />

Ora<br />

a Y ` [ S0Ue\ Z V<br />

S0Ue\ Z Vx^ å Y [ S%U6\ Z V<br />

Y U c<br />

å `<br />

7[<br />

Y U ` ^dˆ¢ˆ¢ˆ<br />

Sa ” V


?<br />

?<br />

Ú<br />

Â<br />

?<br />

X<br />

?<br />

Â<br />

X<br />

?<br />

?<br />

X<br />

W<br />

?<br />

W<br />

X<br />

?<br />

X<br />

W<br />

?<br />

X<br />

?<br />

?<br />

W<br />

?<br />

K<br />

K<br />

X<br />

K<br />

?<br />

û<br />

ˆ<br />

?<br />

?<br />

!<br />

ˆ<br />

72<br />

€ Ù<br />

? ?<br />

expSW b å `<br />

<br />

a - X V r å ]ùSa'& - X W<br />

<br />

b V<br />

+<br />

Ú<br />

\ !<br />

€ k<br />

€ Ù<br />

€<br />

expSW b å `<br />

<br />

a -<br />

k<br />

Sa Ñ V<br />

€ ÚÙ €<br />

expSW b å `<br />

<br />

a -<br />

k<br />

V å ` r å ]óS -<br />

V å r å ]zy\<br />

W<br />

<br />

b V¡Sa'& -<br />

<br />

b V<br />

+<br />

! \ W<br />

mentre l’integrale contenente å † è zero, in quanto il suo integrando è una funzione<br />

dispari (analogamente all’integrando che contiene ). Inoltre l’integrale<br />

contenente è di almeno un ordine più piccolo di quelli considerati å .<br />

Sviluppando il primo membro dell’eq. (25) al prim’ordine in , tale equazione<br />

sopra}«† å<br />

diventa<br />

[ S0Ue\ Z VÞc<br />

[ exp Z V<br />

Y©Z ] I ^ Y S%Ue\<br />

Z Vec<br />

-<br />

S%Ue\ 7[<br />

- X R1S0U;V<br />

?<br />

X W<br />

<br />

b V<br />

+<br />

- Sa'&<br />

9<br />

Sa Ø V<br />

Affinché ambo i membri possano all’ordine!£¢<br />

(<br />

coincidere in<br />

che si abbia<br />

è necessario<br />

a-b Y ` [ S%U6\ Z V<br />

Y U ` c ˆ¢ˆ¢ˆ<br />

Sviluppiamo ora l’esponenziale contenenteRTS%U;V . Otteniamo<br />

b V<br />

+<br />

! Sa Û V<br />

<br />

û ]óSa'&;W -<br />

S%U6\Z VÞc Y [ S%Ue\ Z V [<br />

[ S%Ue\ Z Vec<br />

-<br />

I<br />

-<br />

Y©Z ] I f¨^<br />

XQR1S%U;V<br />

S%U6\ Z V da ambo i membri, uguagliando i termini al prim’ordine<br />

in e moltiplicando per^ - X<br />

<br />

W<br />

, si ha<br />

13<br />

Cancellando[<br />

In realtà, questi integrali sono oscillanti e <strong>qui</strong>ndi non ben definiti, però ad un simile inconveniente<br />

si può ovviare introducendo un fattore di convergenza. Nell’eq. (24) tale fattore<br />

è automaticamente fornito (ç[dÕó-è%é da ). Se si desidera un procedimento più formale, si<br />

può, ad esempio, sostituire - con - d (1 ïh)<br />

successivamente limiteh_ il 0.<br />

ovehè un numero piccolo positivo, prendendo<br />

Sa Ý V<br />

a'b Y ` [ S0Ue\ Z V<br />

Y U `


?<br />

?<br />

!<br />

?<br />

?<br />

?<br />

?<br />

?<br />

<br />

K<br />

` [ c R8S%UoV[ \<br />

?<br />

?<br />

<br />

73<br />

-<br />

XWY [<br />

^<br />

X<br />

W Y -<br />

U S{ y


X<br />

?<br />

?<br />

X<br />

?<br />

74<br />

Per tale motivo l’eq. (21) non è sufficientemente accurata come approssimazione<br />

dell’eq. (11), per cui si rende necessario usare l’espressione (20) (o<br />

(19) da cui la (20) differisce per termini superiori in ). Se A rappresenta<br />

l’operatore impulso, allora l’eq. (20) dà<br />

il potenziale vettore ] S e<br />

X<br />

<br />

WV$Ç p -<br />

nell’operatore termineSf <br />

a-b V¢S p^ Swi <br />

‘ V AVDˆ S p^ Si" ‘ V AV hamiltoniano un ,<br />

mentre fornisceS9f <br />

a-b V¢S pˆ p^uSa<br />

i"<br />

‘ V Aˆ pc Si `<br />

<br />

`<br />

‘ V Aˆ AV l’eq. (21) . Queste<br />

due espressioni S differiscono<br />

X<br />

i"<br />

a-Wb<br />

‘<br />

V$Ç ˆ per -<br />

A, che può non essere nullo.<br />

La questione è ancora più importante per i coefficienti di termini quadratici<br />

nelle velocità. In generale, le eq. (19) e (20) non sono rappresentazioni sufficientemente<br />

accurate dell’eq. (11) per questi termini. È quando i coefficienti<br />

sono costanti che le eq. (19) o (20) possono sostituire l’eq. (11). Se si usa<br />

un’espressione come l’eq. (19) ad esempio in coordinate sferiche, si ottiene<br />

un’equazione di Schrödinger in cui l’operatore hamiltoniano ha qualche operatore<br />

delle coordinate e dell’impulso nell’ordine sbagliato. L’eq. (11) allora<br />

risolve l’ambiguità nella usuale regola di sostituire e Å<br />

con operatori non<br />

- <br />

WV¢SY Y<br />

Å<br />

V e nella<br />

X<br />

hamiltoniana classica÷<br />

S \<br />

Å<br />

V .<br />

Å<br />

È chiaro che l’affermazione contenuta nell’eq. (11) è indipendente<br />

commutantiS<br />

dal<br />

sistema di coordinate. Pertanto, al fine di trovare l’equazione d’onda corrispondente<br />

in un arbitrario sistema di coordinate, il procedimento più semplice<br />

consiste nel trovare dapprima l’equazione d’onda in coordinate cartesiane, effettuando<br />

poi il cambiamento di coordinate. È <strong>qui</strong>ndi sufficiente mostrare<br />

la relazione fra i nostri postulati e l’equazione di Schrödinger in coordinate<br />

rettangolari.<br />

La derivazione data <strong>qui</strong> in una dimensione può essere estesa direttamente<br />

al caso di coordinate cartesiane tridimensionali per un numero arbitrario¢ di<br />

particelle interagenti fra loro ed in presenza di un campo magnetico descritto<br />

da un potenziale vettore. I termini dipendenti dal potenziale vettore richiedono<br />

di completare il quadrato nell’esponente nel modo usuale per gli integrali<br />

gaussiani. La variabileU deve essere sostituita dall’insiemeU ï}ò\¢ˆ¢ˆ¢ˆ-\9U ï†Hn ò ,<br />

oveU ï}ò ,U ï` ò ,U ï† ò sono le coordinate della prima particella di massab<br />

} ,U ï ò ,<br />

.<br />

La lagrangiana è quella classica e l’equazione di Schrödinger che ne risulta<br />

sarà quella corrispondente alla hamiltoniana classica associata alla suddetta<br />

U ï˜ ò ,U ï ò della seconda di massab<br />

` , etc. Il simbolo<br />

r U viene sostituito da<br />

U ˆ¢ˆ¢ˆ r U r ò e l’integrazione sur<br />

U è sostituita da{¢ integrali. La costanteû<br />

assume in questo caso il valoreû<br />

]ùSaQ&;W - <br />

b V1o!<br />

ï}ò ˆ¢ˆ¢ˆ'Sa'&;W - <br />

b Vpo! †Hn }<br />

ï†Hn<br />

lagrangiana. Le equazioni in ogni altro sistema di coordinate possono essere<br />

ottenute mediante una trasformazione. Poiché quanto detto sopra comprende<br />

tutti i casi in cui l’equazione di Schrödinger è stata verificata sperimentalmente<br />

possiamo dire che i nostri postulati sono e<strong>qui</strong>valenti all’usuale formulazione<br />

della meccanica quantistica non relativistica quando venga trascurato lo spin.


?<br />

?<br />

?<br />

?<br />

7. DISCUSSIONE DELL’EQUAZIONE D’ONDA<br />

Il Limite Classico<br />

La dimostrazione dell’e<strong>qui</strong>valenza fra la formulazione usuale della teoria<br />

quantistica e quella presentata <strong>qui</strong> è ora completa. Vorremmo però considerare<br />

in questo paragrafo alcune osservazioni concernenti l’eq. (18).<br />

Questa equazione specifica l’evoluzione temporale della funzione d’onda<br />

durante un piccolo intervallo di tempo. <strong>Fisica</strong>mente, essa può essere interpretata<br />

come l’espressione del principio di Huygens per le onde di materia.<br />

In ottica geometrica, i raggi in un mezzo inomogeneo soddisfano il principio<br />

di Fermat di ¨¢ (<br />

minimo . Possiamo enunciare il principio di Huygens<br />

dell’ottica ondulatoria nel modo seguente. Se l’ampiezza di un’onda è nota<br />

su una data superficie, in un punto vicino l’ampiezza può essere considerata<br />

come la somma di contributi provenienti da tutti i punti della superficie.<br />

Ogni contributo è sfasato di una quantità proporzionale ¨* (<br />

al che la luce<br />

impiegherebbe per andare dalla superficie al punto lungo il raggio di<br />

¨¢ (<br />

minimo<br />

dell’ottica geometrica. Possiamo considerare l’eq. (22) in modo simile<br />

partendo dal primo principio di Hamilton minimaE!¢¥( ¦ di per la meccanica<br />

classica o “geometrica”. Se dell’onda[<br />

l’ampiezza è nota su una data superficie<br />

– in particolare la “superficie” consistente di leU tutte tempoZ al – il suo<br />

valore in un punto vicino, tempoZ c al , è la somma di contributi provenienti<br />

da tutti i punti della superficie al tempoZ. Ogni contributo è sfasato di una<br />

quantità proporzionale all’-!*¥( ¦ richiesta per andare dalla superficie al punto<br />

considerato lungo il cammino di minimaE!¢¥( ¦ della meccanica classica}w .<br />

In realtà, il pricipio di Huygens dell’ottica non è corretto e va sostituito<br />

dalla modifica di Kirchoff, che richiede che l’ampiezza e la sua derivata siano<br />

note su superfici adiacenti. Ciò è conseguenza del fatto che l’equazione d’onda<br />

dell’ottica è del secondo ordine nel tempo. L’equazione d’onda della meccanica<br />

quantistica è invece del primo ordine nel tempo. Quindi il principio di<br />

Ò Huygens corretto per le onde di materia, nel qual caso l’azione sostituisce il<br />

tempo.<br />

L’equazione (18) può anche essere confrontata con grandezze che appaiono<br />

nella formulazione usuale. Nell’approccio di Schrödinger l’evoluzione<br />

temporale della funzione d’onda è dato da<br />

-<br />

X<br />

^<br />

75<br />

che ha come soluzione (per<br />

arbitrario se H è indipendente dal tempo)<br />

S{ f-V<br />

W Y [<br />

YZ ] H[<br />

S%Ue\ Z c VL] expS9^ W X V[ S%U6\ Z V S{ a V<br />

16<br />

[<br />

A tale proposito si vedano le osservazioni molto interessanti di Schrödinger, Ann. d. Physik<br />

79, 489 (1926).<br />

H -


?<br />

?<br />

?<br />

Ú<br />

?<br />

?<br />

? û<br />

?<br />

Ú<br />

Ú<br />

?<br />

G<br />

?<br />

<br />

k }<br />

?<br />

t<br />

S0U lÙ } \9U lVL ˆ<br />

76<br />

X V come un’operatore integrale ap-<br />

Pertanto l’eq. (18) expS9^ W<br />

esprime<br />

prossimato per piccolo.<br />

Secondo il punto di vista di Heisenberg si considera, ad esempio, la<br />

posizione al Z tempo come un operatore x. La xì posizione ad un<br />

successivoZ c<br />

tempo<br />

può essere espressa in termini di quella tempoZ al secondo<br />

l’equazione operatoriale<br />

H -<br />

La teoria delle trasformazioni di Dirac ci permette di considerare la funzione<br />

V X<br />

d’onda al Z c tempo<br />

[ S%U ì\ Z c V , , come descrivente uno stato nella rappresentazione<br />

in xì cui è diagonale,<br />

[ S%Ue\ Z V mentre descrive lo stesso stato<br />

nella rappresentazione in cui x è diagonale.<br />

Queste funzioni d’onda sono<br />

<strong>qui</strong>ndi connesse dalla funzione di trasformazione S%U ìÎU;V P che collega le due<br />

rappresentazioni:<br />

H -<br />

H -<br />

xì©] expSW<br />

X V x expS9^ W<br />

S{{ V<br />

Di conseguenza segue dall’eq. (18) che per<br />

[ S%U ì\ Z c<br />

piccolo possiamo porre<br />

S%U ìÎU;V P[ S%Ue\ Z V r U<br />

Vx]<br />

P ]óS9f <br />

û V expSW t<br />

S%U+ì \9U;V - X V S{„ V<br />

S0U+ìÎU;V<br />

ove S%U ì\9U;V è definita dall’eq. (11).<br />

La stretta analogia fra t ìÎU;V P e la grandezza expSW t<br />

S%U ì\9U;V - X V è stata<br />

S%U<br />

sottolineata ripetutamente da } Dirac . Ora vediamo che, con sufficiente approssimazione,<br />

le due grandezze possono essere considerate proporzionali. Le<br />

osservazioni di Dirac sono state il punto di partenza del presente lavoro. Gli<br />

argomenti di Dirac riguardanti il limite classico - y sono molto belli, e<br />

X<br />

forse posso essere scusato se li riporto <strong>qui</strong> brevemente.<br />

Notiamo innanzi tutto che la funzione inU ì…ì d’onda tempoZì…ì al può essere<br />

ottenuta da inU ì quella tempoZì al come<br />

S%Uì…ì0\ Zì…ì$VL] lim P ‡<br />

[<br />

exp<br />

W<br />

X-<br />

ˆ¢ˆ¢ˆ<br />

S{/” V<br />

líÞ‡<br />

û ˆ¢ˆ¢ˆ<br />

S%U ì\ ZìV<br />

r U ‡ r U } r U <br />

k } û \ [<br />

poniamoU ‡ g U ì\9U g U ì…ì ove g Zì…ì ^ Zì (assumiamo che fra i tempiZì e<br />

e*<br />

Zì…ì non vi sia alcuna restrizione sulla regione d’integrazione). Ciò può essere<br />

visto sia applicando ripetutamente l’eq. (18) che direttamente dall’eq. (15).<br />

Ci chiediamo ora quali valori delle coordinate contribuiscano maggiormente


?<br />

t<br />

?<br />

<br />

?<br />

t<br />

]<br />

<br />

k }<br />

t<br />

S%U lÙ } \9U lV<br />

77<br />

all’integrale y per . Questi saranno i valori osservabili sperimentalmente<br />

con maggiore probabilità, e <strong>qui</strong>ndi determineranno il cammino classico per<br />

è molto piccolo, l’argomento dell’esponenziale sarà una funzione<br />

rapidamente variabile di ognuno dei argomentiU<br />

X<br />

l<br />

suoi . Al variare delle<br />

y . Se -<br />

l<br />

, i contributi positivi e negativi all’integrale provenienti dall’esponenziale si<br />

cancellano quasi completamente. La regione delleU<br />

U<br />

che contribuisce maggiormente<br />

è quella in cui l’argomento dell’esponente varia con U l<br />

il meno<br />

l<br />

rapidamente possibile (metodo della fase stazionaria). Indichiamo con la<br />

somma nell’esponente<br />

t<br />

S{Ñ V<br />

Allora l’orbita classica passa approssimativamente per puntiU<br />

l<br />

quei nei quali<br />

varia di poco al delleU<br />

l<br />

variare : nel limite - la traiettoria classica y<br />

<br />

X<br />

passa per i punti in cui non varia per una piccola variazione delleU<br />

l<br />

. Ciò<br />

t<br />

significa che l’orbita classica passa per i punti cuiY<br />

t<br />

in<br />

Prendendo il limite<br />

lío‡<br />

Y U l ] y , per ogniU<br />

l<br />

.<br />

y , l’eq. (36) diventa (in virtù dell’eq. (11))<br />

] nðñð Ú<br />

t<br />

nð<br />

S{/Ø V<br />

Vediamo <strong>qui</strong>ndi che il cammino classico è quella traiettoria deformando la<br />

quale non si induce – al prim’ordine – alcuna variazione in t . Questo è il<br />

principio di Hamilton, che porta direttamente alle equazioni di Lagrange.<br />

V.\<br />

u<br />

U6SZ V9V r Z ŽJS%UÌSZ<br />

8. ALGEBRA DEGLI OPERATORI<br />

Elementi di matrice<br />

Data la funzione d’onda e l’equazione di Schrödinger, è possibile naturalmente<br />

sviluppare l’intero formalismo degli operatori o dell’algebra delle<br />

matrici. È tuttavia più interessante esprimere questi concetti in un linguaggio<br />

differente, più simile a quello usato nella formulazione dei nostri postulati.<br />

Ciò non porta ad una più profonda comprensione dell’algebra degli operatori,<br />

in quanto i nostri risultati saranno una semplice trascrizione delle equazioni<br />

operatoriali in una notazione più pesante. D’altra parte, il nuovo formalismo<br />

è molto utile in certe applicazioni descritte nell’introduzione. La forma delle<br />

equazioni permette inoltre un’estensione naturale ad una classe di operatori più<br />

vasta di quella usualmente considerata (ad esempio operatori che si riferiscono<br />

a due o più tempi diversi). Le formule che svilupperemo giocheranno un ruolo


Ú<br />

Ú e î S%U ì…ì\ Zì…ìV expSW t<br />

78<br />

importante nel caso in cui sia possibile una generalizzazione ad una classe più<br />

vasta di integrali d’azione.<br />

Discuteremo questi argomenti nei tre paragrafi successivi, mentre il presente<br />

paragrafo contiene principalmente alcune definizioni. Introdurremo una<br />

grandezza che chiamiamo elemento di transizione tra due stati. Esso è essenzialmente<br />

un elemento di matrice. Ma invece di essere un elemento di matrice<br />

fra stati[<br />

due corrispondenti allo*¨. (<br />

tempo, i due stati si riferiscono a<br />

ee<br />

tempi diversi. Nel paragrafo successivo otterremo una relazione fondamentale<br />

fra gli elementi di transizione, da cui possono venir dedotte le usuali relazioni<br />

di commutazione fra coordinate ed impulsi. La stessa relazione fornisce anche<br />

le equazioni newtoniane del moto in forma matriciale. Discuteremo infine nel<br />

paragrafo 10 la relazione fra hamiltoniana ed operatore di traslazione temporale.<br />

Cominciamo col definire un elemento di transizione in termini della probabilità<br />

di transizione fra uno stato ed un altro. Più precisamente, supponiamo di<br />

avere una situazione simile a quella considerata nella derivazione dell’eq. (17).<br />

La regione Ó<br />

consiste di una regione ì precedente aZì , tutto lo spazio fraZì<br />

Ó<br />

e la regione Ó ì|ì successiva aZì…ì . Studieremo la probabilità che un sistema<br />

nella regione Ó ì sia trovato successivamente nella regione Ó ì…ì . Questa è data<br />

eZì…ì<br />

dall’eq. (17). Discuteremo in questo paragrafo come essa varia al variare della<br />

forma della fraZì eZì…ì lagrangiana . Nel paragrafo 10 studieremo invece come<br />

essa cambia al variare della preparazione ì o dell’esperimento Ó ì…ì .<br />

Lo stato al Ó è definito completamente dalla preparazione Ó ì . Esso<br />

può essere specificato dalla funzione d’onda<br />

[ S%U ì\ ZìV ottenuta dall’eq. (15)<br />

tempoZì<br />

considerando gli integrali estesi fino tempoZì al . Analogamente, lo stato caratteristico<br />

dell’esperimento (regione ì…ì ) può essere definito da una funzione<br />

Ó<br />

S%U ì|ì\ Zì|ìV ottenuta dall’eq. (16) con integrali calcolati a partire dal tempoZì…ì .<br />

La funzione d’onda<br />

[ S%U ì…ì\ Zì…ìV può ovviamente essere ottenuta anche applicando<br />

l’eq. (15) o da[<br />

S%U ì\ ZìV mediante l’eq. (35). Secondo l’eq. (17) con<br />

Zì al posto diZ,la probabilità che il sistema venga osservato nello<br />

e<br />

se<br />

preparato in<br />

[<br />

è il quadrato di ciò che chiamiamo ampiezza di transizione<br />

ë<br />

statoe<br />

î S%U ì…ì\ Zì…ìV[ S%U ì…ì\ Zì…ìV r U ì…ì . Desideriamo esprimere questa grandezza in ter-<br />

e<br />

die<br />

mini tempoZì…ì al di[<br />

e tempoZì al : possiamo farlo grazie all’eq. (35).<br />

Quindi la probabilità che un sistema preparato stato[<br />

nð<br />

nello tempoZì al sia<br />

trovato ad tempoZì…ì un statoe<br />

nðñð<br />

nello è il quadrato dell’ampiezza di transizione<br />

¾ ] lim P ‡ nðÏ<br />

-<br />

X V[ S%U ì\ ZìV*ˆ <br />

Íe nðñðÎf Î[<br />

ˆ¢ˆ¢ˆ<br />

U ‡ r U <br />

k }<br />

S{Û V<br />

r<br />

ove si è fatto uso dell’abbreviazione (36). Nel linguaggio della meccanica<br />

quantistica ordinaria, nel caso in cui la hamiltoniana H sia costante, si ha<br />

û ˆ¢ˆ¢ˆ<br />

û r U \


?<br />

?<br />

G<br />

X<br />

?<br />

Ú<br />

¤<br />

¤<br />

¤<br />

¤<br />

¤<br />

X<br />

W<br />

?<br />

<br />

?<br />

ß<br />

S%U l\ZlV<br />

¤<br />

¤<br />

¤<br />

¤<br />

¤<br />

[<br />

nð]r¾<br />

?<br />

?<br />

S%Ue\ Zì…ìV¨] exps^<br />

W SZì…ì ^ ZìV H - X v[ S%Ue\ ZìV , cosicché l’eq. (38) è l’elemento di<br />

[<br />

matrice exps^<br />

W SZì…ì ^ ZìV H di<br />

X v - fra statie<br />

nðñð e[<br />

nð<br />

gli .<br />

Se è un’arbitraria funzione coordinateU<br />

l<br />

perZì ‰ Z ‰ Zì…ì delle , definiamo<br />

l’elemento di transizione di fra stati[<br />

gli tempoZì al al<br />

per l’azione t S%U ì…ì g U \9U ì g U ‡ V come<br />

ee<br />

79<br />

tempoZì…ì<br />

nðñðÎ nðϾ ] lim P ‡ ˆ¢ˆ¢ˆ<br />

Ú î e S%U+ì…ì%\ Zì…ì%V S%U ‡ \9U } \¢ˆ¢ˆ¢Ê\9U V.ˆ<br />

Î[<br />

W <br />

exp<br />

k }<br />

Íe<br />

t<br />

S%U lÙ } \9U<br />

lVTL<br />

[ S%U+ì \ Zì$V<br />

r U ‡ û ˆ¢ˆ¢ˆ<br />

r U <br />

k } û r U <br />

S{Ý V<br />

lío‡<br />

-<br />

y Nel limite diventa un camminoUDSZ V funzionale del .<br />

Vedremo ora perché tali quantità sono importanti. Sarà più facile capirlo<br />

se ci soffermiamo un momento a scoprire le corrispondenti grandezze nella<br />

formulazione convenzionale. Supponiamo che sia data semplicemente da<br />

, doveVcorrisponde ad un tempoZ ] Z o certo . Allora nel secondo Uo membro<br />

dell’eq. (39) gli U ‡ integrali Uo<br />

k }<br />

da a possono essere<br />

[ S%U<br />

calcolati,<br />

\ Z V<br />

ottenendo<br />

exps^<br />

W SZ ^ ZìV H o<br />

nð<br />

- . Analogamente, gli integrali U l<br />

su î S0U<br />

o<br />

\ Z V<br />

per<br />

o exps^<br />

W SZì…ì ^ Z V H -<br />

n o<br />

di transizione diU o<br />

X ve nðñð<br />

p<br />

î<br />

. Quindi l’elemento<br />

X v[<br />

*‘é<br />

Wc<br />

V dannoe<br />

Íe nðñð Î Î[<br />

nðϾ ]<br />

Ú î<br />

nðñðikDï#l§p<br />

- X ò Hï•nðñðk©n ò0UoikDï#l§p<br />

- e<br />

r U3]<br />

X ò Hï•n«k©nðò[<br />

nð<br />

S„ y


Ú<br />

7<br />

¤<br />

¤<br />

nðñð ¤bse<br />

l<br />

?<br />

¤<br />

¤<br />

¤<br />

¤<br />

¤<br />

¤<br />

¤<br />

?<br />

X<br />

W<br />

?<br />

<br />

¤<br />

¤<br />

¤<br />

¤<br />

¤<br />

[<br />

l<br />

ß<br />

S%U l \ ZlV<br />

?<br />

¤<br />

¤<br />

¤<br />

¤<br />

¤<br />

[<br />

9<br />

80<br />

Quindi elementi di transizione come quello nell’eq. (39) sono importanti ogniqualvolta<br />

può nascere in qualche modo da variazioneÐ<br />

t<br />

una di un funzionale<br />

d’azione. Chiameremo funzionali osservabili quei funzionali che possono<br />

essere definiti (anche se indirettamente) in termini di variazioni indotte da<br />

possibili cambiamenti dell’azione. La condizione affinché un funzionale sia<br />

osservabile è abbastanza simile a quella che un operatore deve soddisfare<br />

affinché sia hermitiano. I funzionali osservabili formano una classe ristretta,<br />

in quanto l’azione deve restare una funzione quadratica delle velocità. Da un<br />

funzionale osservabile altri possono essere dedotti come, ad esempio,<br />

¤¤<br />

exp<br />

-<br />

Íe nðñðÎf Î[<br />

che segue dall’eq. (39).<br />

Incidentalmente, l’eq. (41) porta direttamente ad un’importante formula<br />

perturbativa. Se l’effetto di è piccolo, l’esponenziale può essere sviluppato<br />

al prim’ordine in e troviamo<br />

ß<br />

ß<br />

lí }<br />

nðr<br />

¾<br />

nðϾ ð ]<br />

qe nðñð<br />

S„ a V<br />

W<br />

X-<br />

nðñð Î Íe<br />

¾<br />

ð ]óÍe nðñð Îf Î[<br />

nðϾ c<br />

ß<br />

S0U l \ ZlV Î[<br />

nðÏ<br />

nðÏ<br />

Di particolare importanza è il caso cuie<br />

nðñð<br />

in è uno stato in<br />

[<br />

cui<br />

non<br />

potrebbe venir trovato, se non fosse perché la perturbazione è presente (cioè<br />

ß nð<br />

nðϾ ]zy ). Allora<br />

S„/{ V<br />

Íe nðñð Îf Î[<br />

Íe nðñðÎf Î[<br />

ß<br />

S%U l\ZlV<br />

¤<br />

nð=t¤ S„„ V<br />

¤`<br />

X+`<br />

-f<br />

è la probabilità della transizione indotta dalla perturbazione (al prim’ordine<br />

nella perturbazione). Nella notazione usuale si ha<br />

¤<br />

l<br />

¤<br />

¤<br />

¤<br />

nðñð S0U l \ ZlV<br />

¤ [ ß ¤¤<br />

ikDï)l$p<br />

- X ò Hï#nðñðk©n ò UikDï)l$p<br />

-<br />

se<br />

nðñð<br />

nð:t¾ ]<br />

U r Z r<br />

cosicché l’eq. (44) si riduce usuale}Ó all’espressione per la teoria delle perturbazioni<br />

dipendenti dal tempo.<br />

X ò Hï#nwk+nðò[<br />

Ú e î<br />

nð<br />

17 P. A. M. Dirac,È


¾<br />

¤<br />

¤<br />

¤<br />

¤<br />

¤<br />

¤<br />

Y<br />

t<br />

¤<br />

?<br />

9<br />

81<br />

9. EQUAZIONI DI NEWTON<br />

Le relazioni di commutazione<br />

In questo paragrafo scopriamo che funzionali diversi possono dare risultati<br />

identici quando considerati fra un coppia di stati. Questa e<strong>qui</strong>valenza fra<br />

funzionali è l’analogo, nel nuovo linguaggio, delle equazioni operatoriali.<br />

Se dipende da più coordinate possiamo naturalmente definire un nuovo<br />

Y Y Uo funzionale derivando rispetto ad una delle sue variabili, ad esem-<br />

ÎY Y Uo Î[<br />

nðñð<br />

Uo—Sy pio *V .<br />

nðϾ Calcolando mediante l’eq. (39),<br />

l’integrale nel secondo membro conterràY Y Uo . L’unico altro posto in cui<br />

‰ ‰<br />

variabileUo compare la è in . Quindi suUo l’integrazione può essere effettuata<br />

per parti. La parte integrata si annulla (assumendo che la funzione<br />

d’onda si annulli all’infinito) e nell’integrale<br />

V t <br />

Íe<br />

UoV expSW t<br />

figura<br />

X V - .<br />

- X VÜ] SW<br />

-<br />

-<br />

Y<br />

<br />

SY ^<br />

SY Y U o V expSW t X V¢SY<br />

t<br />

Y U o V expSW t X V Ora , <strong>qui</strong>ndi il secondo<br />

membro rappresenta l’elemento di di^âSW<br />

transizione<br />

X V SY<br />

t<br />

Y U o V -<br />

, cioè<br />

¤<br />

¤¤[<br />

¤<br />

W<br />

X<br />

uenðñð -<br />

¤<br />

¤¤[<br />

¤<br />

V S„


?<br />

¾<br />

b Uo<br />

I<br />

Ù } ^Uo<br />

7^ <br />

?<br />

^<br />

I<br />

U o Ù } ^ÜU o<br />

?<br />

?<br />

?<br />

?<br />

?<br />

^ UoB^ÜUo k }<br />

? K<br />

^ U o ^U o<br />

k }<br />

? K<br />

?<br />

^<br />

^<br />

?<br />

^<br />

Ú<br />

?<br />

?<br />

W<br />

9<br />

9<br />

82<br />

e<br />

S%U o V.\ RFì<br />

ove scrittoR ìS%U;V abbiamo per indicare la derivata del potenziale (forza). Allora<br />

l’eq. (47) diventa<br />

Y<br />

t<br />

S%U o \9U o<br />

k } V Y U o ] c b S%U o ^ U o<br />

k } V<br />

- XWY ^<br />

Se non dipende variabileUo dalla , l’eq. (48) fornisce le equazioni newtoniane<br />

del moto. Ad esempio, se è costante (uguale ad uno), l’eq. (48) porta<br />

(dividendo per ) a<br />

Y Uo Ú<br />

R ìS%U;V<br />

S„/Û V<br />

b<br />

?<br />

^ U o ^ U o<br />

k }<br />

? K<br />

y<br />

Ú<br />

¾<br />

<br />

Pertanto l’elemento di transizione del prodotto della massa per l’accelerazione<br />

Ù } ^UoV ^ S%Uoe^AUo k } V vô fra due stati arbitrari è uguale all’elemento<br />

sS0Uo<br />

di transizione della ^R ìS0U;V forza fra gli stessi stati. Questa è l’espressione<br />

matriciale della legge di Newton che vale in meccanica quantistica.<br />

Cosa accade se dipende Uo da ? Ad esempio, ] Uo sia . Allora<br />

l’eq. (48) (essendoY Y Uoâ]_f fornisce )<br />

^ËRFì S%UoV<br />

- X<br />

^<br />

Uo‘7«^<br />

b<br />

I<br />

U o Ù } ^ÜU o<br />

?<br />

¾<br />

<br />

RFì S%UoV<br />

ossia, trascurando i termini d’ordine<br />

W<br />

Ú<br />

b<br />

I<br />

Uo Ù } ^Uo<br />

? K<br />

U o ^ b<br />

I<br />

UoB^ÜUo k }<br />

? K<br />

X-<br />

V S„/Ý<br />

Al fine di tradurre un’equazione come la (49) nella notazione usuale, abbiamo<br />

bisogno di conoscere quale matrice corrisponde a grandezze tipoUo-Uo Ù }<br />

del .<br />

Dallo studio dell’eq. (39) è chiaro che se viene scelta, ad esempio, uguale a<br />

S0UoV:xoS%Uo Ù } V , il corrispondente operatore nell’eq. (40) è<br />

w<br />

U o<br />

¾<br />

<br />

k6ï)l$p<br />

- X òwï•n0ðñð?k©n«k Pò HxoS xVi k6ï)l$p<br />

-<br />

i<br />

X ò<br />

P Hw<br />

xVi k6ï)l$p<br />

- X òwï#n«k©n0ð#ò H\ S<br />

con l’elemento di matrice preso fra statie<br />

nðñð<br />

gli<br />

[<br />

nð<br />

e . Gli operatori che<br />

corrispondono a diUo Ù }<br />

funzioni appaiono a sinistra di quelli corrispondenti


a funzioni di Uo , cioè $ã( 92¥$¦;Ü2


?<br />

X<br />

?<br />

?<br />

?<br />

?<br />

!<br />

?<br />

?<br />

?<br />

?<br />

?<br />

?<br />

?<br />

X<br />

?<br />

W<br />

?<br />

!<br />

X<br />

?<br />

?<br />

!<br />

84<br />

per un piccolo tempo<br />

} è<br />

ad un cambiamento della massa della particella. sostituiscab<br />

conb<br />

Sf;c—ÐV<br />

Si<br />

, all’istanteZ o intorno . La variazione indotta<br />

v`<br />

nell’azione<br />

, la cui derivata dà un’espressione come quella<br />

nell’eq. (51).<br />

Ora, la variazione di<br />

b<br />

altera sia la costante di normaliz-<br />

Ð b sS0U o Ù } ^jU o V `<br />

<br />

û<br />

relativa ar<br />

Uo che l’azione. La costante varia daSaQ& -<br />

a sa'& - W<br />

<br />

b S9fJc Ð'V«vk<br />

+<br />

o, al prim’ordine in Ð , } ` ÐSa'& - W<br />

<br />

b V k<br />

+<br />

zazionef<br />

. L’effetto<br />

totale della variazione della massa nell’eq. (38) al inÐ prim’ordine è<br />

W<br />

<br />

b V k<br />

+<br />

¤<br />

¤¤f<br />

a Ð<br />

¤<br />

- X c f v`<br />

¤<br />

¤¤[<br />

¤<br />

uenðñð<br />

W b sS%Uo Ù } ^ÜUoV<br />

Ci aspettiamo che la variazione di Ð ordine che dura per un tempo sia<br />

di Ð ordine . Quindi, dividendo Ð W<br />

per<br />

X<br />

- , possiamo definire il funzionale<br />

nðv<br />

a Ð<br />

energia cinetica come<br />

Ø<br />

] f a b sS%Uo Ù } ^ÜUoV t<br />

Questo è finito y per , grazie all’eq. (50). Usando l’equazione che si<br />

nell’eq. (48) si può anche mostrare<br />

che l’espressione (52) è uguale (al prim’ordine in ) a<br />

ottiene inserendo ] b S%Uo Ù } ^uUo/V<br />

c - X<br />

<br />

a v`<br />

S” a V<br />

a b<br />

I<br />

Uo Ù } ^Uo<br />

? K<br />

I<br />

UoB^ÜUo k }<br />

? K<br />

Ø<br />

] f<br />

S”{ V<br />

t<br />

Si vede che il modo più semplice per ottenere funzionali osservabili contenenti<br />

potenze della velocità è di sostituire questa potenza col prodotto delle velocità,<br />

calcolando ogni fattore a tempi leggermente diversi.<br />

10. LA HAMILTONIANA<br />

L’impulso<br />

L’operatore hamiltoniano ha un’importanza centrale nell’usuale formulazione<br />

della meccanica quantistica. In questo paragrafo studieremo il funzionale<br />

corrispondente a questo operatore. Potremmo definire immediatamente<br />

il funzionale hamiltoniano sommando il funzionale dell’energia cinetica<br />

(52) o (53) all’energia potenziale. Tuttavia questo metodo è artificiale e non<br />

mostra l’importante relazione esistente fra hamiltoniana e tempo. Definiremo<br />

il funzionale hamiltoniano mediante la variazione indotta in uno stato da una<br />

traslazione temporale.


t<br />

S%U lÙ } \ ZlÙ } s U l \ ZlVL]<br />

t<br />

]<br />

G<br />

l<br />

t<br />

S%U lÙ } \ ZlÙ } s U l \ ZlV<br />

a I<br />

U } ^ÜU l<br />

b<br />

} ^ Zl ZlÙ<br />

!<br />

n_ ŽJS0UDSZ V.\<br />

u<br />

K<br />

`<br />

85<br />

A tal fine è necessario osservare che la suddivisione del tempo in intervalli<br />

@•¥ non è necessaria. Chiaramente ogni suddivisione in istantiZl<br />

è soddisfacente;<br />

i limiti vanno presi richiedendo che l’intervallo maggioreZlÙ<br />

} ^ Zl<br />

vada a zero. L’azione totale deve ora venire rappresentata dalla somma<br />

S”'„ V<br />

ove<br />

Ú n_)Ï+<br />

S”” V<br />

in cui l’integrale è calcolato lungo il cammino classico che congiungeU<br />

l<br />

al<br />

tempoZl<br />

conU<br />

lÙ }<br />

al tempoZlÙ<br />

}<br />

. Per il nostro esempio unidimensionale si ha<br />

con sufficiente precisione<br />

UDSZ VV r Z \<br />

t<br />

S%U lÙ } \ ZlÙ } s U l \ ZlVL]<br />

^ËRTS%U lÙ } VTLSZlÙ } ^ ZlV S”Ñ V<br />

e la corrispondente costante di normalizzazione per l’integrazione<br />

r U l<br />

su<br />

û ]<br />

è<br />

- X W SZlÙ } ^ ZlV <br />

b vk<br />

+<br />

sa'&<br />

.<br />

Possiamo studiare adesso la relazione esistente fra hamiltoniana ed evoluzione<br />

temporale. stato[<br />

V Si consideri uno definito in una<br />

ì<br />

regione spaziotemporale<br />

. Si immagini ora di considerare un tempoZ altro SZ V stato al<br />

SZ<br />

,<br />

definito in un’altra regione ìy. Supponiamo che la regione ìysia esattamente<br />

la stessa Ó Ó di tranne che precede Ó di un tempoÐ , cioè è spostata in blocco<br />

nel passato di un Ó . L’apparato associato a ìyper la preparazione dello<br />

Ó ì ì<br />

stato è identico a quello associato<br />

,[zy<br />

a , ma opera ad un tempo Ó precedente<br />

Ó tempoÐ<br />

. dipende esplicitamente dal tempo,<br />

ì<br />

anch’essa dev’essere<br />

traslata temporalmente, cioè daŽ lo stato[zyè ottenuto stato[<br />

usata per<br />

dell’intervalloÐ<br />

lo<br />

SeŽ<br />

, con<br />

tempoZ la sola conZ c Ð differenza che il inŽyè sostituito . Ci<br />

da[<br />

chiediamo ora<br />

come lo stato[zydifferisca . In ogni misurazione la probabilità di trovare<br />

il sistema ì…ì in una regione prefissata ì è diversa per e ìy. Si consideri<br />

la variazione Ó Ó Î[y Ó nell’elemento di ¾1{indotta dalla traslazione Ï Îf transizioneÍe<br />

. Possiamo considerare quest’ultima come realizzata diminuendo<br />

lasciando V,<br />

temporaleÐ<br />

tutti i diZl<br />

diÐ perW<br />

valori k|V, inalterati i diZl<br />

perW<br />

valori<br />

essendoZ nell’intervalloZ o \ Z o Ù } }ú . Questa variazione non avrà alcun effetto<br />

c<br />

19 Dal punto di vista del rigore matematico, sehè finito, il limite b _ 0 è problematico in


?<br />

<br />

b<br />

!<br />

?<br />

X<br />

X<br />

86<br />

su S0U lÙ } \ ZlÙ } s U l \ ZlV definita dall’eq. (55) fintanto che siaZlÙ }<br />

cheZl<br />

vengono<br />

variati della stessa quantità. D’altro lato, t<br />

t o Ù } \ Z o Ù } s U o \ Z o V diventa<br />

t<br />

S%U o Ù S0U \ Z o Ù } s U o \ Z o ^Ð'V , mentre la costante d’integrazionef <br />

û<br />

relativa ar U o<br />

}<br />

-<br />

X W SZ o Ù } ^ Z oCc ÐV b vk<br />

+<br />

. Al prim’ordine inÐ , l’effetto di queste<br />

diventasa'&<br />

variazioni sull’elemento di transizione è dato da<br />

WÐ-<br />

Îf Î[<br />

Ͼ ^ Íe Îf Î[}y Ï ¾1{ ]<br />

in cui la funzione hamiltoniana÷<br />

o è definita come<br />

Íe<br />

X Íe Î÷<br />

o Î[<br />

Ͼ<br />

Y©Z o<br />

c<br />

-<br />

Sӯ V<br />

SZ o Ù } ^ Z o V a'W<br />

L’ultimo termine è indotto dalla variazione f <br />

û<br />

di mantiene÷<br />

o e finita per<br />

y . Ad esempio, per l’espressione (56) si ha<br />

÷ oƒ] Y<br />

t<br />

S%Uo Ù } \ Z o Ù } s Uo\ Z oV<br />

S”Û V<br />

K<br />

`<br />

che è proprio la somma del funzionale dell’energia cinetica (52) e di quello<br />

oƒ]<br />

Uo<br />

I<br />

Ù } ^ Uo<br />

Z o Ù ÷<br />

^ Z o<br />

c<br />

- X<br />

a-W SZ o Ù } ^ Z o V cdRTS%Uo Ù } V<br />

} a<br />

Ù } V dell’energia<br />

S%U6\ Z V<br />

.<br />

potenzialeR1S0Uo<br />

rappresenta naturalmente<br />

[ S%U6\ Z V<br />

lo stato<br />

La funzione d’onda<br />

[y<br />

traslato temporalmente diÐ , cioè[<br />

S%Ue\ Z c ÐV . Quindi l’eq. (57) è strettamente<br />

connessa con l’equazione operatoriale (31).<br />

Si può anche considerare variazioni dovute ad una traslazione temporale<br />

dello stato finalee. Naturalmente, in questo caso non si ottiene alcun risultato<br />

nuovo, in quanto è solo la traslazione relativa frae<br />

e[<br />

che conta. Si ottiene<br />

un’espressione alternativa<br />

YZ o Ù } c<br />

-<br />

SZ o Ù } ^ Z oV a-W<br />

che differisce dalla (58) solo per termini di ordine .<br />

La rapidità di variazione temporale di un funzionale può essere calcolata<br />

considerando l’effetto combinato di una traslazione temporale sia dello<br />

stato iniziale che di quello finale. Ciò e<strong>qui</strong>vale a calcolare l’elemento di transizione<br />

del funzionale riferito ad un tempo successivo. Il risultato è l’analogo<br />

dell’equazione operatoriale<br />

÷ oƒ]_^ Y<br />

t<br />

S%Uo Ù } \ Z o Ù } s Uo@\ Z o/V<br />

S”Ý V<br />

quanto, ad es., l’intervalloéRˆ +1 dQéRˆ è mantenuto finito. A ciò si può ovviare assumendo che<br />

hdipenda dal tempo, e che sia “acceso” lentamente prima dié =é ˆ e “spento” lentamente<br />

=é ˆ . Tenendo fissa la dipendenza temporale dih, si effettui il limite b_ 0; <strong>qui</strong>ndi<br />

si cerchi la variazione (al prim’ordine) perh_ 0. Il risultato è essenzialmente identico a<br />

dopoé<br />

quello ottenuto col procedimento più semplice usato sopra.


§<br />

§<br />

§<br />

W<br />

§<br />

che<br />

87<br />

X-<br />

_ W f Hf ^ fH ]<br />

Il funzionale o dell’impulso può essere definito in modo analogo considerando<br />

le variazioni indotte dalle traslazioni spaziali:<br />

X-<br />

Î Íe<br />

o Î[<br />

Ͼ<br />

è identica<br />

alla regione , tranne che per il fatto di essere traslata spazialmente di una<br />

distanza . (La lagrangiana – se essa dipende esplicitamente da Ó – deve U<br />

Îf Ï ^ŠÍe ¾ Î[ ] Îf<br />

La preparazione dello è associata ad una regione Ó<br />

Î[z~ Íe<br />

ì~ Ͼ€<br />

stato[z~<br />

essere sostituita conŽ~<br />

] ŽJS%UT^<br />

o ] Y<br />

t<br />

S0Uo Ù } \9Uo/V<br />

\<br />

u<br />

UÞV per tempi precedenti aZ ). Si trova` ‡<br />

Uo Ù }<br />

Poiché[~<br />

Y<br />

Z V è uguale a[ S%Uâ^ \ Z V , ne consegue la stretta connessione fra<br />

o e la derivata spaziale della funzione d’onda.<br />

S%U6\<br />

Gli operatori di momento angolare sono connessi alle rotazioni in modo<br />

simile.<br />

Ora, la derivata di S%U lÙ } \ ZlÙ } s U l \ ZlV rispetto a ZlÙ }<br />

compare nella<br />

t<br />

, mentre la derivata rispetto a U lÙ }<br />

definisce <br />

l<br />

. Ma la<br />

derivata di t S%U lÙ } \ ZlÙ } s U l \ ZlV rispetto aZlÙ }<br />

è connessa alla derivata rispetto<br />

l<br />

lÙ }<br />

, dato che la funzione t S%U lÙ } \ ZlÙ } s U l \ ZlV definita dall’eq. (55) soddisfa<br />

aU<br />

definizione<br />

÷<br />

di<br />

l’equazione di Hamilton-Jacobi. Quindi tale esprime÷<br />

l<br />

equazione in funzione<br />

<br />

l<br />

di . In altre parole, l’equazione di Hamilton-Jacobi il fatto che<br />

stati traslati temporalmente sono connessi alla traslazione spaziale degli stati<br />

originali. Questa idea porta direttamente ad una derivazione dell’equazione di<br />

Schrödinger che è molto più elegante di quella considerata precedentemente.<br />

] ^ Y<br />

t<br />

S%Uo Ù } \9UoV<br />

Y Uo<br />

SÑ y


88<br />

Abbiamo tuttavia ritenuto opportuno evitare questi metodi in una prima presentazione.<br />

Ulteriormente è necessario avere a disposizione un’appropriata<br />

misura sullo spazio funzionale dei camminiUÌSZ V }‡<br />

.<br />

Questa formulazione è anche incompleta dal punto di vista fisico. Una<br />

caratteristica fondamentale della meccanica quantistica è l’invarianza per trasformazioni<br />

unitarie, che corrispondono alle trasformazioni canoniche della<br />

meccanica classica. Naturalmente, si può dimostrare che la presente formulazione<br />

è invariante per trasformazioni unitarie, in virtù della sua e<strong>qui</strong>valenza<br />

con la formulazione usuale. Non è però x¥ 1*¦©¨ ovvio che sussista tale<br />

invarianza. Questa incompletezza si manifesta in un modo ben definito. Non<br />

è stato descritto alcun procedimento diretto per misurare grandezze diverse<br />

dalla posizione. Ad esempio, misure dell’impulso di una particella possono<br />

essere definite in termini di misure di posizione di altre particelle. Analizzando<br />

questa situazione in modo dettagliato si ottiene la connessione fra misure di<br />

impulso e trasformata di Fourier della funzione d’onda. Questo è però un<br />

metodo piuttosto involuto per ottenere un risultato così importante. È naturale<br />

attendersi che i nostri postulati possano essere generalizzati sostituendo l’idea<br />

dei “cammini in una regione dello spazio-tempo” con quella di “cammini<br />

Ó<br />

della classe Ó ”, o “cammini che hanno la proprietà Ó ”. Non è però chiaro in<br />

generale quale proprietà specifica debba corrispondere a misurazioni fisiche.<br />

12. UNA POSSIBILE GENERALIZZAZIONE<br />

La formulazione che abbiamo considerato suggerisce un’ovvia generalizzazione.<br />

Ci sono problemi classici interessanti che soddisfano ad un principio<br />

d’azione, ma per i quali l’azione non può essere scritta come l’integrale di una<br />

funzione della posizione e della velocità. L’azione può contenere ad esempio<br />

l’accelerazione, oppure – se l’interazione non è istantanea – essa può contenere<br />

il prodotto delle coordinate a due tempi diversi, come UDSZ V«UÌSZ c<br />

<br />

V r Z . Allora<br />

l’azione non può venire suddivisa nella somma di piccoli contributi, come è<br />

stato fatto nell’eq. (10). Di conseguenza, lo stato del sistema non può essere<br />

ë<br />

descritto da una funzione d’onda. Ciò nonostante si può definire la probabilità<br />

di transizione da una regione ì ad una regione Ó ì…ì . La maggior parte della<br />

Ó<br />

Î[<br />

nðñðÎ<br />

teoria degli elementi di transizione<br />

caso.<br />

Íe<br />

È sufficiente inventare un simbolo del tipo Í<br />

Ó<br />

ì…ìÎ Î<br />

Ó<br />

ìϾ definito da<br />

un’equazione simile all’eq. (39) in cui non compaiono[<br />

ee, ed in cui figura<br />

per t l’espressione più generale dell’azione. L’hamiltoniana ed il funzionale<br />

d’impulso possono essere definiti come nel paragrafo (10). Ulteriori dettagli<br />

sono contenuti nella tesi dell’autore`<br />

} .<br />

nðϾ può essere estesa a questo<br />

21 La teoria dell’elettromagnetismo descritta da J. A. Wheeler e R. P. Feynman, Rev. Mod.<br />

Phys. 17, 157 (1945) può essere espressa in forma di principio di minima azione in cui<br />

compaiono solamente le coordinate delle particelle. È stato il tentativo di quantizzare questa


89<br />

13. APPLICAZIONE ALL’ELIMINAZIONE<br />

DEGLI OSCILLATORI DI CAMPO<br />

Un aspetto caratteristico della presente formulazione è che essa offre una<br />

visione panoramica delle relazioni spazio-temporali in una data situazione.<br />

Prima di effettuare sulleU<br />

l<br />

l’integrazione in un’espressione come l’eq. (39) si<br />

ha a disposizione una formula in cui vari funzionali possono essere inseriti.<br />

Si possono <strong>qui</strong>ndi studiare le relazioni esistenti fra gli stati quantistici del<br />

sistema a tempi diversi. Discuteremo ora un esempio per rendere più definite<br />

queste osservazioni piuttosto vaghe.<br />

In elettrodinamica classica i campi che descrivono, ad esempio, l’interazione<br />

fra due particelle possono essere rappresentati da un insieme di<br />

oscillatori. Le equazioni del moto di questi oscillatori possono venire risolte,<br />

e gli oscillatori possono essere eliminati (potenziali di Lienard e Wiechert).<br />

Le interazioni che ne risultano correlano il moto di una particella ad un dato<br />

tempo con quello dell’altra particella ad un tempo diverso. In elettrodinamica<br />

quantistica il campo è ancora rappresentato da un insieme di oscillatori, in<br />

questo caso però non si può calcolare il moto degli oscillatori, cosicché questi<br />

non possono venir eliminati. A dire il vero, gli oscillatori che rappresentano<br />

onde longitudinali possono essere eliminati, il che dà luogo ad un’interazione<br />

elettrostatica istantanea. L’eliminazione elettrostatica è molto istruttiva, in<br />

quanto mostra in modo molto chiaro la difficoltà dell’auto-interazione.<br />

fatto, la situazione è così chiara che non c’è alcuna ambiguità nel decidere<br />

quale termine è scorretto e debba essere eliminato. Né l’intero procedimento,<br />

né il termine eliminato sono relativisticamente invarianti. Sarebbe auspicabile<br />

che anche gli oscillatori che rappresentano onde trasversali potessero essere<br />

eliminati. Ciò rappresenta un problema pressoché insormontabile nella meccanica<br />

quantistica convenzionale. Ci aspettiamo che il moto di una particellaû<br />

ad un dato istante dipenda dal moto diü<br />

ad un istante precedente e,£¥ B,'*.¢ .<br />

Una funzione d’onda[<br />

S%U<br />

/<br />

\9U 2 s Z V può invece descrivere solo la dinamica di<br />

entrambe le particelle allo stesso tempo. Non c’è alcun modo di tener conto<br />

di ciò cheü<br />

ha fatto nel passato al fine di determinare il comportamento diû<br />

.<br />

L’unica possibilità consiste nello specificare lo stato, al tempoZ , dell’insieme<br />

di oscillatori, che servono per “ricordare” ciò cheü<br />

(edû<br />

) hanno fatto.<br />

La presente formulazione permette di determinare il moto di tutti gli oscillatori,<br />

e di eliminarli completamente dalle equazioni del moto che descrivono<br />

le particelle. Tutto ciò è facile. Si devono solo risolvere le equazioni del moto<br />

degli oscillatori prima di integrare sulle variabiliU<br />

l<br />

delle particelle. È proprio<br />

l’integrazione sulleU<br />

l<br />

che cerca di condensare la storia passata in un’unica<br />

teoria – senza alcun riferimento ai campi – che ha portato l’autore a studiare la formulazione<br />

della meccanica quantistica considerata <strong>qui</strong>. L’estensione di tali idee al caso di funzionali<br />

d’azione più generali è stata sviluppata nella sua tesi di Ph. D. “Il principio di minima<br />

azione in meccanica quantistica” (tesi presentata all’università di Princeton, 1942).<br />

Di


]<br />

Ú<br />

û<br />

<br />

k }<br />

r<br />

6<br />

G<br />

?<br />

<br />

k }<br />

t<br />

û<br />

a I Å lÙ } ^<br />

Å l<br />

? K<br />

`<br />

W<br />

r<br />

k }<br />

<br />

l Å l lío‡ƒ<br />

Å<br />

k }<br />

6<br />

r U<br />

r <br />

^<br />

?<br />

6<br />

Å<br />

<br />

Å<br />

9<br />

[<br />

Å<br />

?<br />

!<br />

90<br />

funzione d’onda. Questo è ciò che vogliamo evitare. Naturalmente, il risultato<br />

dipende dagli stati iniziale e finale dell’oscillatore. Qualora essi siano<br />

specificati, il risultato è perÍe<br />

nðñðÎf Î[<br />

nðÏ un’equazione simile all’eq. (38), in cui<br />

appare come fattore – oltre expSW t<br />

che<br />

X V - – un funzionale§ altro che dipende<br />

soltanto dalle coordinate che descrivono le traiettorie delle particelle.<br />

Illustriamo brevemente come ciò avvenga in un caso molto semplice.<br />

UoV<br />

Sup-<br />

) interagisca<br />

poniamo che una particella (coordinataUÌSZ V , lagrangianaŽJS%U6\<br />

u<br />

con un oscillatore (coordinata Å<br />

SZ V , lagrangiana }<br />

` V ) mediante un<br />

S<br />

u<br />

termineƒÌS%U6\ Z V ` SZ V nella lagrangiana per il sistema complessivo. QuiƒÌS%U6\ Z V<br />

è una funzione arbitraria della coordinataUÌSZ V della particella e del tempo`"`<br />

.<br />

Å<br />

Supponiamo di voler conoscere la probabilità di una transizione da uno stato<br />

tempoZì al , in cui la funzione d’onda della è[<br />

nð<br />

particella e l’oscillatore è<br />

nel energeticoø livello , ad uno stato tempoZì…ì al con la ine<br />

nðñð<br />

particella e<br />

l’oscillatore livellob<br />

nel . La probabilità cercata è il quadrato di<br />

` ^‚ `<br />

nðñðS%U V exp 7<br />

q ‹ Ͼ.„ Ù ¾1… Ù ¾1† nð\<br />

-<br />

X S<br />

t<br />

Íe nðñð\ q<br />

# Îf Î[<br />

ˆ¢ˆ¢ˆ<br />

qhî<br />

# S<br />

Ú<br />

Ve<br />

Å<br />

<br />

c t‡ c t‰ˆ V<br />

î<br />

nð S%U ‡ V q ‹ S<br />

Å<br />

‡ V.ˆ<br />

è l’azione<br />

ˆ¢ˆ¢ˆ<br />

SÑ f-V<br />

r U ‡<br />

r U <br />

k }<br />

Å<br />

‡<br />

Quiq<br />

‹ S<br />

Å<br />

V è la funzione d’onda dell’oscillatore nello statoø , t <br />

calcolata per la particella immaginando che l’oscillatore sia assente,<br />

<br />

S%U lÙ } \9U lV<br />

t‡ ]<br />

lío‡<br />

a<br />

`<br />

lÙ } `<br />

L<br />

Å<br />

è l’azione del solo oscillatore, e<br />

lío‡<br />

]<br />

La costante di normalizzazione per l’oscillatore,<br />

tˆ<br />

, vale Sa'&<br />

l<br />

per l’interazione fra particella ed oscillatore.<br />

X V k<br />

+<br />

l\ZlV)èl’azione ]ŠƒxS%U (oveƒ<br />

W<br />

-<br />

. Ora<br />

22 La generalizzazione al caso in cui‹dipende dalla velocità ç_<br />

della particella non presenta<br />

problemi.


Ú<br />

Þ<br />

S<br />

Å<br />

`<br />

a<br />

Ú<br />

§ #<br />

Ú<br />

n<br />

!<br />

a<br />

a<br />

<br />

c<br />

Å<br />

`<br />

‡ n0ðñð Ú<br />

Å ƒÌSZ V sinJSZ ^ Zì?V r Z c<br />

nð<br />

<br />

Å<br />

Ú<br />

X<br />

K<br />

[<br />

!<br />

Å<br />

r U ‡<br />

<br />

Å<br />

U <br />

k } û r U ]<br />

r<br />

91<br />

l’esponenziale dipende quadraticamente da tutte le Å l<br />

, <strong>qui</strong>ndi l’integrazione su<br />

tutte le variabili *) (y ‰ W ‰ può essere effettuata facilmente - si tratta di<br />

Å<br />

una sequenza di integrali gaussiani.<br />

l<br />

Pertanto ] Zì…ì ^ Zì scrivendo , si trova che il risultato di tale integrazione<br />

- X W<br />

sin <br />

k<br />

+<br />

expsSW<br />

- X V¢S<br />

t \<br />

Å<br />

‡ VVwv , ove Þ S <br />

Å<br />

\<br />

Å<br />

‡ V risulta essere<br />

èSa'&<br />

ΤV<br />

c<br />

Þ<br />

S<br />

Å<br />

proprio l’azione classica per l’oscillatore armonico forzato (vedasi la nota 15).<br />

<br />

Esplicitamente si ha<br />

\<br />

Å<br />

‡ VL] a<br />

sin G<br />

cos<br />

S<br />

Å<br />

Å<br />

‡ c<br />

‡ VÌ^ a `<br />

nðñð<br />

nð<br />

ƒxSZ V sinJSZì…ì ^ Z Vr Z ^<br />

nðñð<br />

ƒÌSZ VBƒÌSB-V sinJSZì…ì ^ Z V sinJSB¨^ ZìV r r Z LD\<br />

nð<br />

V è stata trattata come funzione continua del tempo. Gli integrali dovreb-<br />

oveƒÌSZ<br />

bero in realtà essere sostituiti da somme di Riemann e quantitàƒxS%U<br />

l \ ZlV<br />

le<br />

andrebbero scritte al posto diƒxSZlV. Quindi dipende dalle coordinate della<br />

particella a tutti i tempi Þ<br />

l \ ZlV, e da quella dell’oscillatore ai soli<br />

attraversoƒÌS%U<br />

tempiZì eZì…ì . Corrispondentemente l’eq. (61) diventa<br />

nð<br />

Íe nðñð\ q<br />

# Îf Î[<br />

nð\ q ‹ Ͼ.„ Ù ¾1… Ù ¾1† ]<br />

nðñðS%U V]§<br />

W t<br />

- <br />

‹ exp I<br />

ˆ¢ˆ¢ˆ<br />

Ú e î<br />

û ˆ¢ˆ¢ˆ<br />

nð S0U9Ž¡V<br />

#<br />

nðñðΧ # ‹ Î[<br />

nðϾ„<br />

che ora contiene solamente le coordinate della particella. La<br />

Íe<br />

# ‹ è<br />

data da<br />

quantità§<br />

]ùSa'&;W - X<br />

sin ΤV k<br />

+<br />

‹<br />

expsSW<br />

-<br />

Ú qhî Ú<br />

\ ‡ Vwvq ‹ S<br />

Å<br />

‡ V r<br />

Å<br />

r<br />

# S<br />

Å<br />

V.ˆ<br />

X V<br />

Þ<br />

S<br />

Å<br />

Å<br />


¤<br />

¤<br />

92<br />

Procedendo in modo analogo si trova che tutti gli oscillatori del campo<br />

elettromagnetico possono essere eliminati da una descrizione del moto delle<br />

cariche.<br />

14. MECCANICA STATISTICA<br />

Spin e relatività<br />

Spesso i problemi della teoria della misurazione e della meccanica statistica<br />

quantistica si semplificano quando vengono formulati secondo il punto<br />

di vista descritto in questo lavoro. Ad esempio, la perturbazione dovuta<br />

all’influenza di uno strumento di misura può – in linea di principio – essere<br />

eliminata per integrazione nello stesso modo in cui si è proceduto per<br />

l’oscillatore. La matrice densità statistica ha una generalizzazione utile e<br />

piuttosto ovvia, che si ottiene considerando il quadrato dell’eq. (38). È<br />

un’espressione simile all’eq. (38), contenente però l’integrazione sui due insiemi<br />

di variabilip9‘ep9’‘. L’esponenziale è sostituito da exp“O”–•=—- š}’:, oveš0’dipende funzionalmente variabili9’‘ dalle nello stesso modo<br />

in dipende dalle variabili9‘. Essa descrive, ad esempio, il risultato<br />

dell’eliminazione degli oscillatori di campo quando lo stato finale degli oscillatori<br />

non è specificato e si considera soltanto la somma su tutti gli<br />

˜9”Bšœ›<br />

cuiš<br />

b<br />

stati finali<br />

.<br />

Lo spin può essere incluso nella nostra discussione in modo formale e<br />

l’equazione di Pauli per lo spin può essere ottenuta nel modo seguente. Si<br />

sostituisce Ÿ¢¡Y£)9‘il termine di interazione col potenziale vettore<br />

inšž”–9‘<br />

dato dall’espressione (13) con<br />

Ÿ¢¡› x‘¢¦A”x‘§ ¤ a1¥”x‘ Ÿ¢¡› x‘¢¦A”x‘ Ÿ¢¡<br />

a1¥”x‘<br />

¦”x‘ Ÿ¢¡©› x‘:“¨ ¦A”x‘:ª§ ¤ a1¥“¨<br />

Qui A è il potenziale vettore, Ÿ¢¡e<br />

tempi­Q‘<br />

x‘sono<br />

ai è il vettore formato dalle matrici di spin di Pauli.<br />

La grandezza deve ora essere espressa<br />

x‘<br />

quanto essa differisce dall’esponenziale della somma<br />

Ÿ¢¡<br />

come®<br />

è <strong>qui</strong> una matrice di spin.<br />

Anche l’equazione relativistica di Klein-Gordon può essere ottenuta formalmente,<br />

aggiungendo una quarta coordinata per specificare i cammini. Si<br />

considera un “cammino” come individuato da quattro funzioni9°‰”$±di<br />

e­Q‘e¨<br />

dišž”–9‘<br />

un<br />

¦A”x‘ Ÿ¢¡:“¨ ¦”x‘ Ÿ¢¡d› x‘:¬«<br />

i vettori posizione della particella<br />

‘exp“O”$•=—-<br />

a1¥“¨<br />

Ÿ¢¡¯£)9‘:, in<br />

Ÿ¢¡Y£)9‘. Quindi<br />

˜9šž”$


´<br />

93<br />

parametro±. Tale parametro viene trattato nello stesso modo in cui si considerava<br />

la variabile­: esso viene suddiviso in intervalli di lunghezza². Le<br />

`”$±£)³p”$±sono grandezze<br />

le coordinate spaziali di una particella,<br />

mentre


corso di pubblicazione); ¦¥¯úUü<br />

,<br />

¾5. Nuova formulazione della meccanica quantistica<br />

5.1 – Vogliamo concludere questo Quaderno con la discussione di una<br />

formulazione della meccanica quantistica (non relativistica) ottenuta molto<br />

recentemente da uno degli autori (M. R.)`³. Questa scelta ha una duplice motivazione.<br />

Vedremo infatti (come anticipato nel paragrafo 2.8) che i cammini<br />

di Feynman¿ªÀÁ9À¯Â]Ã1ÄÆÅOÇKÇYÃpÈ–Åhanno unaÉ9Â]Ê]ËÊpÁ


µ­0CBEDAF<br />

96<br />

fluttuazioni è <strong>qui</strong> rappresentato in modoÀUÎBÉ9ÄÆÅ–ÍYÅóȬÊ,contrariamente a<br />

quanto<br />

avviene nell’equazione di Fokker-Planck.<br />

Al fine di semplificare la trattazione sfruttiamo l’osservazione fatta nel<br />

paragrafo 3.6 supponendo – per il momento – che il numero di particelle resti<br />

ÍKÊ€ÎȬÃ1ÁFÈBÀ, cosicchè , poniamo ”–£)­º.-<br />

(effetti di emissione e di assorbimento<br />

verranno considerati in un secondo tempo).<br />

Sappiamo che un PSMC può essere immaginato come un’evoluzione<br />

temporale deterministica perturbata da fluttuazioni gaussiane di fondo. Abbiamo<br />

anche visto che – in assenza di fluttuazioni – le traiettorie fisiche del<br />

processo sono date dall’eq. (3.22). Ora, l’Ŗ̪À]Ãñ˯Ê1Á


è<br />

“0<br />

è<br />

“0<br />

BEDAF”¦Z=]<br />

o 0 BEDAF”–­è<br />

^<br />

_a`›é”)¼Œ—bâ<br />

che ha la ben nota forma¿Ã1ϪÎHÎUÅ–ÃpÁ


o 0”–­è<br />

,<br />

­’’,<br />

o<br />

1”–­è<br />

98<br />

Un processo stocastico definito dall’eq. (5.8) è<br />

¿Ã1ϪÎHÎUÅ–ÃpÁ


–d”–­’’£)­’†]<br />

“0”¦Z:ƒ „a„<br />

ƒ „ è<br />

]<br />

ž<br />

^ ƒ<br />

_a`›!”)¼Œ—3µ<br />

^ ƒ=„a„ e _ `›é”)¼Œ—3p<br />

¦<br />

e<br />

˜<br />

B ƒZ¤<br />

¢<br />

‘ä‘]”–£)­š<br />

¢·£<br />


la seguenteÉÂ]Ê;:]Ã


¹<br />

¹<br />

¹<br />

è ”–’[’£)­’’š ’£)­’“1”¦Z:˜<br />

“0”¦Z:ƒ „a„<br />

”–’’£)­’’š ƒ ”–’[’£)­’’š „ ’£)­’“1”¦Z:è è ’£)­’“0”¦Z:º è<br />

è ”–’’£)­’’š ’£)­’º<br />

e<br />

è ”–’’£)­’’š ’£)­’º<br />

e<br />

F BïJ»¡9<br />

F BïJ»¡9<br />

o 1”–­è<br />

o 0”$­è<br />

”B쫼<br />

“0”¦Z:ƒ „a„<br />

”Bì«43<br />

ƒ „« - è º<br />

„a„<br />

“0”¦Z:ƒ ƒ ”$’’£)­’’š ’£)­’“1”¦Z:¬« ”Bì«43½<br />

„è<br />

„a„<br />

”Bì«43 “1”¦Z=ƒ ”$’’£)­’’š ƒ ’£)­’“1”¦Z:¬« „è<br />

101<br />

probabilità che Σ si<br />

º<br />

muova<br />

lungo<br />

«<br />

0”–­¦|)’£)­’|\“1”¦Z:ó<br />

Ulteriormente è evidente che<br />

probabilità che Σ si muova<br />

lungo 0”–­¦|)


„a„ ¿“1”¦Z:ƒ „ ƒ<br />

˜<br />

¹<br />

e<br />

0”–­’’|)’£)­’|\“1”¦Z:ó]¿“1”¦Z=ƒ „a„<br />

ƒ „ ”$’’£)­’’š ’£)­’“1”¦Z:º.›Ó”–’’› è<br />

^<br />

_ `›<br />

e<br />

ƒ „<br />

p­m,zÀ<br />

”Bì«43Žp<br />

j i<br />

k<br />

102<br />

probabilità di sopravvivenza lungo<br />

nell’<br />

0”–­¦|)


è ”–’’£)­’[’š ’£)­’“¢”¦Z:º<br />

e<br />

e<br />

®<br />

o<br />

¢”–­è<br />

o 0”$­›Ó“0”–­›<br />

„a„<br />

0”$­}|)’£)­’|\“1”¦Z=ó:ƒ ƒ „¦<br />

”–’’£)­’’š ’£)­’“0”¦Z: è<br />

0”–­¦|)’£)­’|\“1”¦Z:ó:¤ƒ=„a„ ’£)­’“1”¦Z:O¯<br />

ƒ ”–’’£)­’’š „è ›ª“0”–­›<br />

”–’’£)­’’š ’£)­’“¢”¦Z:º ®è ”–’’£)­’’š ’£)­’“1”¦Z:O¯<br />

¦ ”B쫽p½<br />

continue¢”$­con estre-<br />

Analogamente a quanto fatto nel para-<br />

’£)­’“0”¦Z:definita<br />

nuovamente l’insieme Ïz”–’£)­’|)’’£)­’’delle funzioni<br />

mi ’’. ’,¢”–­’’ º º fissi¢”$­’<br />

103<br />

grafo 3.9, probabilitàè<br />

fissiamo l’attenzione sulla<br />

dall’eq. (3.42). Essenzialmente, ciò che ci proponiamo di fare è derivare il<br />

ÉSÊ€ÎȖϪÄOÃpȬÊW2. Va notato che<br />

”–’[’£)­’’š<br />

ora tutti i cammini¢”–­congiungono”$


è casuale. La derivazione dei postulati W2 e W3 mostra chiaramente cheÅ<br />

]<br />

expО›<br />

ƒ „a„ e<br />

3<br />

9‘ä‘]”–£)­§ ¼<br />

]<br />

“1”¦Z=ƒ „a„<br />

ƒ „ è<br />

expÐþ›<br />

ƒ „a„ e<br />

,ë”–£)­¡<br />

ž<br />

ž<br />

ž<br />

ž<br />

¢·£<br />

¢<br />

{<br />

„<br />

ž<br />

ž<br />

ž<br />

ž<br />

¢·£<br />

B ƒ¤<br />

¢<br />

{<br />

„<br />

104<br />

tutto, gli uni e gli altri descrivono<br />

traiettorie fisiche di un PSMC!<br />

Quest’ultimo è un risultato di grande rilevanza, per cui ci sembra opportuno<br />

darne una dimostrazione alternativa (che può forse apparire più esplicita<br />

della precedente). Chiediamoci quale sia la distribuzione di probabilità per le<br />

leÎÈBÀUÎHÎYÀ<br />

ÅóÁSÅÌ1ÅÆK<br />

’[’– dopo<br />

Í8IJÀñÍHÊpÁ¿1ÅóÏÓÁ¿µÊpÁ


Quindi il RBF è definito dalla distribuzione diÃ1ðÒÉÅ$ÀKÇHÇ\ÞïD<br />

µ­1‘H”–­Z1‘)”–­iaj<br />

k<br />

Un concetto chiave nella formulazione di Langevin di un PSMC è laÉ9Â]Ê;:HÃŽ€<br />

¹<br />

°<br />

’’£)­’’š<br />

50 Anche <strong>qui</strong> non ci preoccupiamo di normalizzare le distribuzioni di ampiezze. 'ßY.ú¦ ¢ö=û£úUû£<br />

si scopre (discutendo esempi fisici espliciti) che la corretta costante di normalizzazione<br />

nell’eq. (5.37) è proprioýy¥pú!<br />

’’£)­’’š<br />

Ô<br />

105<br />

ÄOã̪ÀUÎÍYÂÅOǯŖÊpÁ9ÀžÌ1ÅC5ÃpÁ¿À87\ÅóÁdi un PSMC: basta ricordare<br />

l’eq. (3.1) e far uso άÉJÊpÁ


°<br />

’[’£)­’’š<br />

°<br />

’[’£)­’’š<br />

^<br />

e<br />

°<br />

’’£)­’’š<br />

e<br />

ƒ „<br />

p­ª<br />

’£)­’±zº<br />

®<br />

°<br />

’’£)­’’š<br />

’£)­’±¯“1”¦Z:¯<br />

0”–­’’|)’£)­’|\“1”¦Z=ó]U¦<br />

^<br />

’£)­’±zºÄÃ˛Ӕ–’’›<br />

ƒ „µ­¹<br />

e<br />

e<br />

œ<br />

¢<br />

¢<br />

„<br />

„<br />

ž ž<br />

ž<br />

ž ž<br />

ž<br />

¢·£<br />

¢·H£<br />

B ƒZ¤<br />

¢<br />

j i ¦<br />

k<br />

B ƒZ¤<br />

¢<br />

iaj ¦<br />

k<br />

„<br />

ž ž<br />

ž<br />

ž<br />

{<br />

„<br />

j i «<br />

k<br />

iaj<br />

1 kXÅ<br />

106<br />

diretta-<br />

Sfruttando l’eq. (5.39), la forma esplicita di<br />

mente dalle eq. ( 5.27) e (5.28) facendo uso delle eq.(3.41) e (3.37). Otteniamo<br />

’[’£)­’’š °<br />

’£)­’±¯“1”¦Z:segue<br />

0”–­’[’|)’£)­’|\“1”¦Z:ó]¦<br />

ƒ<br />

exp<br />

_a`›é”)¼Œ—3Õ ’£)­’±¯“1”¦Z:ºà›Ó”–’’›<br />


Un semplice calcolo dàï]î<br />

, ”–­’[’|)’£)­’|\“1”¦Z:óº<br />

°<br />

’’£)­’[’š<br />

^ ƒ<br />

_a`›!”]¼Œ—Õ <br />

e<br />

ƒ „<br />

µ­Ñ<br />


e<br />

o<br />

0”–­°<br />

’[’£)­’[’š<br />

108<br />

Inoltre, se si inserisce nell’eq. (5.46) l’espressione di<br />

dall’eq. (5.40) è possibile ° ’’£)­’’š calcolareÀUÎBÉ9ÄÆÅ–ÍYÅóȬÃpðñÀÁFÈBÀ<br />

ritrova per questa via proprio quanto stabilito F2.<br />

un modo per la correttezza dell’eq. (5.45)).<br />

l’eq. (5.46) su Ï}”–9’–£)­=’O|)


°<br />

’’£)­’[’š<br />

„a„<br />

šž“0”¦Z:ƒ „ ƒ<br />

Õ¼<br />

µ­0‘]”–­º<br />

˜<br />

¹<br />

9‘šž”–£)­›l‘”–£)­ºî§<br />

ž‘H”–£)­6˜ ž‘]”–£)­› ‘š”–£)­£ ”Bì«b<br />

„a„<br />

šž“0”¦Z:ƒ „ ƒ ›¡“šž”–0”–­’[’£)­’’›‚š”–¢”–­’£)­’:¬«<br />

¹<br />

9‘šž”$£)­›Äž‘]”$£)­º<br />

ž<br />

ž<br />

ž<br />

ž<br />

¢<br />

„<br />

£<br />

¢·#í<br />

<br />

109<br />

3 Õ¼<br />

­š”–£)­§<br />

ed interpretiamoÊK¿1ÁSÅsua soluzionešž”–£)­come la generatrice di una trasfor-<br />

Esplicitamente<br />

mazione di gauge é æ<br />

é<br />

Þ”–£)­º- ”Bì«b<br />

r<br />

˜àê3Þ”–£)­££”–£)­¦ëï9 .<br />

Þ”–£)­˜ ­š”–£)­U« ”Bì«ìŽ-<br />

Questa trasformazione induce nell’azione classica il<br />

Þ”–£)­§<br />

š&“¢”¦Z=,con<br />

cambiamentošž“0”¦Z:æ<br />

connesso<br />

Corrispondentemente il propagatore quantistico associato ašž“¢”¦Z:è<br />

”Bì«ìÓ¼<br />

a quello associato ašž“¢”¦Z=dalla relazioneïA@<br />

¢<br />

˜F ¥ ì B - B‘•~<br />

{<br />

ƒ „a„ F f ì B<br />

{<br />

ƒ „ F&¨ °<br />

’[’£)­’’š<br />

„a„<br />

¤f<br />

Quantizziamo adesso l’azione classicaš0“0”¦Z:secondo<br />

’£)­’±©º<br />

precedente. L’equazione di Langevin (5.36) è ora<br />

”Bì«ì3µ<br />

lo schema del paragrafo<br />

’£)­’±«<br />

che – in virtù dell’eq. (5.49) – può venire riscritta come<br />

”Bì«ì1½<br />

Õ ž‘H”0”–­£)­§Ö1‘H”$­ ¼ µ­0‘]”–­º|›<br />

B ƒ F§21‘H”$­U«<br />

56 Ricordiamo che nel presente Quaderno ignoriamo (per semplicità) i problemi dovuti all’e-<br />

”Bì«ìb<br />

sistenza di Y1ýy¥ ¢¤£ §=úO ÿ£<br />

O Uýv ¢¤£<br />

€önello spazio delle configurazioni.<br />

57 Il modo più faciledi derivare l’eq. (5.52) è di esprimere îEt ”a” V T ”a” Ì t ” V«T ”Eï sia îEt ”a” V«T ”a” Ì t ” V T ” ï<br />

che<br />

in funzione ð [t (“ di )] e ð [t (“ ¯ )] (rispettivamente) secondo l’eq. (2.31), paragonando poi i<br />

due risultati.<br />

e


, ”–­’[’|)’£)­’|\“1”¦Z:óº<br />

°<br />

’[’£)­’[’š<br />

°<br />

’’£)­’’š<br />

ƒ „p­¹<br />

e<br />

0”$­’’|)’£)­’|\“1”¦Z:ó]U¦<br />

^<br />

’£)­’±©º·Ã6›ª”$’’›<br />

’£)­’±zº<br />

®<br />

3 Õ ‘]”–£)­ž‘]”–£)­§ ¼<br />

,ë”–­’’|)’£)­’|\“1”¦Z=ó6˜<br />

e<br />

ƒ „<br />

p­ª<br />

^ ƒ<br />

_a`›!”]¼Œ—Õ <br />

e<br />

œ<br />

¢<br />

„<br />

ž ž<br />

ž<br />

£<br />

¢·í<br />

B ƒ¤<br />

¢<br />

0‘]”–­’’|)’£)­’|\“1”¦Z=óž ž<br />

¢·×ñ


®<br />

°<br />

’[’£)­’’š<br />

Õ¼<br />

p­ò¯‘H”–­º<br />

¹<br />

‘šž”$£)­›Äž‘H”$£)­º<br />

¹<br />


e<br />

¸ “1”¦Z:d]<br />


¹<br />

’£)­’“1”¦Z:˜<br />

probabilità che Σ vada”–’[’£)­’’š da”–


®<br />

°<br />

’’£)­’[’š<br />

{<br />

¢<br />

„<br />

ƒ „ F&¨¦<br />

{<br />

°<br />

’’£)­’’š 0”–­’’|)’£)­’|\“1”¦Z£Kš”¦Z:ó], ”–­’[’|)’£)­’|\“1”¦Z£Kšž”¦Z:ó¡Z~î¯<br />

›Ó”–’[’›<br />

°<br />

’’£)­’’š<br />

’£)­’±¯“¢”¦Z=º<br />

®<br />

°<br />

’’£)­’’š<br />

¢<br />

„<br />

{<br />

¦« ”Bì«4q<br />

0”–­¦|)’£)­’|\“1”¦Z£Kšž”¦Z:ó:ƒ „a„<br />

ƒ „¦<br />

’£)­’±¯“1”¦Z£Kšž”¦Z:¯<br />

¦<br />

”Bì«4qì<br />

›Ó“¢”–­›<br />

114<br />

della corrispondenza definita dalle eq. (3.39), (3.40) e (3.41) 9¡. Ci sembra<br />

tuttavia un fatto notevole che si possa pervenire a questa espressione in<br />

modo ancora più semplice e totalmenteÌpÅ•71ÀÂUÎÊ. Supponiamo infatti di inserire<br />

l’eq. (5.72) nell’eq. (5.71). È evidente che ’’£)­’’š °<br />

dal particolare integraleš”–£)­dell’eq. (5.61) che è stato scelto. Pertanto tale<br />

’£)­’±¯“1”¦Z£Kšž”¦Z:Ì1Å[ÉSÀÁ9ÌÀ<br />

dipendenza dovrebbe manifestarsiÃ1Á


°<br />

’’£)­’’š<br />

°<br />

’[’£)­’’š<br />

e<br />

°<br />

’’£)­’[’š<br />

o<br />

¢”–­°<br />

’’£)­’’š ’£)­’±Y“¢”¦Z:º<br />

®<br />

’£)­’± “1”¦Z£Kšž”¦Z:d˜<br />

’£)­’± “¢”¦Z=˜ ®<br />

°<br />

’[’£)­’’š<br />

°<br />

’’£)­’[’š<br />

’£)­’±Y“1”¦Z£Kšž”¦Z:O¯<br />

0”$­}|)’£)­’|\“1”¦Z£Kšž”¦Z:ó=ƒ „a„<br />

ƒ „¦<br />

’£)­’± “1”¦Z£Kšž”¦Z:O¯<br />

›Ó“¢”$­›<br />

115<br />

Vediamo che ilÉJÊ1ÎUÈ–ÏÓÄíõȬÊ<br />

può essere derivato<br />

’£)­’±¯“¢”¦Z:in termini dei CAQ secondo l’eq. (5.75). (Per questa via si<br />

71ÀÂÅGdÍHÃanche la<br />

calcolandoÀάÉÄZÅ$ͯŖȬÃ1ðñÀ¯ÁFÈBÀ<br />

correttezza dell’eq. (5.74)). Ulteriormente ilÉJÊ1ÎUÈ–ÏÓÄOÃpȬÊF3 si<br />

ottiene combinando l’eq. (5.71) con l’eq. (5.76).<br />

5.6 – Mostriamo ora che ÅóÁSÅÃ1ÄÀ]õȬÊ1ÂÅdella meccanica<br />

ÎÍKÀla quantisticaÍ8IÅ$Ã1ÂÅ natura dei cammini di Feynman¿ÀÁÀÂ]Ã1ÄÆÅOÇKÇYõȖÅ.<br />

Probabilmente il lettore sarà meravigliato dal fatto che abbiamo interrotto<br />

la discussione del paragrafo precedente proprio quando eravamo sul punto di<br />

fare delle affermazioni sulla relazione fra cammini di Feynman e CAQ, nello<br />

spirito dell’analisi basata sulle eq. (5.46) e (5.47) (fine del paragrafo 5.3). Il<br />

motivo è semplice: un tale risultatoÁ


e<br />

e<br />

o<br />

0”–­°<br />

o<br />

0”–­°<br />

’[’£)­’’š ’£)­’± “¢”¦Z:º<br />

®<br />

°<br />

’[’£)­’’š<br />

’’£)­’’š ’£)­’± “0”¦Z:º<br />

e<br />

e<br />

e<br />

ƒ „p­üû g9‘]”–­›<br />

Õ<br />

°<br />

’’£)­’[’š<br />

¹<br />


67 Tutti i PSMC considerati nel presente Quaderno sono definiti nello spazio :ú¦¥ uUý*<br />

delle<br />

£ú¦¥ £<br />

. Quindi intendiamo in realtà il moto browniano macroscopico nell’ ZY8Y1û¬ú¦O £ü× J* û¨<br />

£ú¦¥µö# £ ‰ £ ¥ ¢ö£ ¥Ž*• .üúÿý.úU÷ʨÎ<br />

117<br />

Avevamo concluso nel paragrafo 5.3 sussiste alcun legame fra<br />

cammini di Feynman e traiettorie dinamiche classiche nello spazio delle configurazioni.<br />

D’altra parte, la rappresentazione del propagatore quantistico pre-<br />

cheÁ


118<br />

Áª¿µÊ1ÄOÃtraiettoria òÓ”–­¦|)’£)­’– ottenuta ignorando l’esistenza della fluttuazioni<br />

di fondo – è sostituita da Åí¿pÄZÅ$Ãdi traiettorie aleatorie<br />

(una per ogni possibile configurazione 1”–­del RBG). Abbiamo anche notato<br />

che queste traiettorie descrivono leÃ1ÄíÈBÀÂÁ


Ô ubbidisceίÀ¯ðÒÉ9ÂHÀallaÎUÈBÀUÎKÎÃ<br />

¢<br />

D<br />

119<br />

permesso di ottenere una nuova formulazione @<br />

della meccanica quantistica .<br />

Vogliamo mostrare ora come la circostanza che i CAQ siano curve fluttuanti<br />

intorno ad una traiettoria dinamica classica (nel senso spiegato nel paragrafo<br />

precedente) ponga la relazione fra meccanica classica e quantistica in<br />

unaÁFÏJÊ7.Ãprospettiva.<br />

Ricordando quanto è stato osservato a proposito della descrizione di<br />

Langevin di un PSMC (fine della discussione dei PSMC contenuta in questo<br />

paragrafo), siamo indotti ad affermare quantisticaÁ


3<br />

­<br />

Õ<br />

¼ š”–£)­H§<br />

3 Õ¼<br />

­šž”–£)­§<br />

”–£)­º<br />

¹<br />

9‘<br />

ä”–£)­†˜ ›<br />

-<br />

¹<br />


!<br />

<br />

£)­8š<br />

121<br />

Ciò implica che (in questo contesto) laÌpÅÑÒÀ¯ÂHÀÁªÇ\Ã<br />

dinamica classica e<br />

fra<br />

quantistica è dovuta unicamente aä”$£)­nell’eq. (5.85) @´.<br />

ÌpÅÉFÀÁ


122<br />

È un merito della formulazione a cammini aleatori mostrare<br />

Ãdelle due dinamiche. Si noti che questa circostanza è proprio laÍHÊpÁ´€ l’ÅóÁFÈ–ÂÅ<br />

che la dinamicaÅóÁFÈ–ÂÅ<br />

è<br />

PSMCÁ9Ê1Á<br />

alterata dalla presenza delle fluttuazioni classiche di fondo. situazioneίÀ¯ð €<br />

La<br />

:¯Â]Ãessere diversa se si ragiona nell’ambito della formulazione di Schrödinger,<br />

nella quale ci si limita a considerareÎÊ1ÄíȬÃ1Á


con una, due e tre stelle il grado di difficoltàðôÃpÈBÀ¯ðôÃpÈ–Å$ÍHÃdi ogni<br />

123<br />

testo (facile,<br />

medio e difficile per un laureato in <strong>Fisica</strong>). Anche se questo criterio è inevitabilmente<br />

soggettivo, ci sembra che esso sia sufficientemente orientativo.<br />

6.1 –ĶÁFÈBÀB¿1Â]Ã1ÄÆÅdÌpÅXÙÀ8è€ÁSðôÃ1Á»Å<br />

I. M. Gel’fand and A. M.<br />

?þÏSÃ1ÁFÈ–ÏÓð/.ÈI


R. Cenni, E. Galleani D’Agliano, F. Napoli, P. Saracco and M. Sassetti, ÙÀ8è€Á´€<br />

R. Cenni, E. Galleani D’Agliano, F. Napoli, P. Saracco and M. Sassetti, ÙÀ8è€Á´€<br />

124<br />

K. C. Khandekar and S. V. Lawande,<br />

CÀUÎUϪÄíÈóÎÃpÁ


W. Marciano and H. <strong>Page</strong>ls, Å$ÍÎ,Phys.<br />

137 (1978) A .<br />

þ)IªÂ)ÊpðôÊ\Ìè.Á9Ã1ð ?þÏSÃ1Á


126<br />

6.4 –<br />

Ù‰ÏÓÁ


127<br />

E. Nelson, Å$ÍHÃpÄV)mISÀ]ÊpÂUŬÀUÎÞÊ)Ë=&Â]ÊJkzÁSÅ$Ã1Á1+ÊpÈ–Å$Ê1Á(Princeton University<br />

Press, Princeton, 1967) }A .<br />

5(è€Á


+ À]Í8IÓÃ1ÁFŖͯÎ(Reidel,<br />

þ¢ÂÅ–È–Å–ÍKÃ1ÄCÀJ7\ŬÀ(k ,<br />

128<br />

E. S. Ventsel, Ã(Mir, Mosca, 1983) .<br />

)9À]Ê1ÂÅ$ÃÌÀÄóÄÀ*.þÂ]Ê;:HÃ;:ÅóÄÆÅóÈ<br />

K. Baclawski, M. Cesaroli e G. C.<br />

(Unione Matematica Italiana, Bologna, 1984) .<br />

Rota,ĶÁFÈ–Â]Ê\ÌpϵÇÅ$Ê1Á9À¡Ã1ÄóÄíÃm.žÂ]Ê;:]Ã


129<br />

Addendum<br />

Dopo aver completato il presente Quaderno, siamo venuti a conoscenza<br />

delle seguenti pubblicazioni riguardanti l’integrale di Feynman.<br />

W. Dittrich and M. Reuter, Å$ÍÎ(Springer,<br />

Berlin, 1992) } .<br />

?þÏJÃpÁFÈ–ÏÓð„5(è€Á

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