Riguardando gli appunti di neurologia leggo: “la Corea di ... - Simg
Riguardando gli appunti di neurologia leggo: “la Corea di ... - Simg
Riguardando gli appunti di neurologia leggo: “la Corea di ... - Simg
Create successful ePaper yourself
Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.
<strong>Riguardando</strong> <strong>gli</strong> <strong>appunti</strong> <strong>di</strong> <strong>neurologia</strong> <strong>leggo</strong>: <strong>“la</strong> <strong>Corea</strong> <strong>di</strong> Huntigton è una<br />
malattia neurodegenerativa ere<strong>di</strong>taria a trasmissione autosomica dominante <strong>di</strong><br />
cui è noto il gene, che si trova sul cromosoma 4 e co<strong>di</strong>fica per una proteina che si<br />
chiama Huntingtina . La mutazione consiste in un’espansione instabile <strong>di</strong> una<br />
tripletta che nei soggetti normali non si trova mai in più <strong>di</strong> 38 copie, mentre nei<br />
pazienti con corea le copie sono sempre superiori a 38. L’inizio della<br />
sintomatologia si riscontra in genere tra i 30 e i 50 anni ed è caratterizzata da<br />
movimenti involontari in un quadro <strong>di</strong> impersistenza motoria...”.<br />
Mi hanno sempre affascinato le malattie genetiche, i loro sintomi e le loro<br />
modalità <strong>di</strong> trasmissione, la <strong>Corea</strong> <strong>di</strong> Huntigton poi per le sue peculiarità me la<br />
ricordavo bene, per cui quando la dott.ssa mi ha detto che andavamo a visitare<br />
a casa la signora Graziella con questa patologia ho pensato <strong>di</strong> essere pronto...ma<br />
non era così.<br />
Alla porta ci apre Rino,il marito, preoccupato perchè la mo<strong>gli</strong>e non ha riposato<br />
dal dolore in bocca.Mi sembra stanco della nuova <strong>di</strong>fficoltà ma non rassegnato.<br />
Saliamo insieme le scale e ci ritroviamo in soggiorno: alzando <strong>gli</strong> occhi vedo<br />
Graziella seduta sulla sua se<strong>di</strong>a a rotelle (“fatta su misura,sa, è una donna molto<br />
alta” mi <strong>di</strong>rà poi Rino) mentre, sorve<strong>gli</strong>eta dalla badante, sta facendo il suo ciclo<br />
<strong>di</strong> nutrizione attraverso una peg dato che la malattia le impe<strong>di</strong>sce <strong>di</strong> alimentarsi<br />
normalmente.<br />
Rimango fermo, non so come comportarmi, me<strong>gli</strong>o appoggiare la borsa e lasciar<br />
visitare la dott.ssa...<br />
Graziella ha lo sguardo attento ma non si esprime bene eppure la dott.ssa, dopo<br />
<strong>gli</strong> anni passati a curarla, sembra comprendere lei e i suoi bisogni. Anch’io mi<br />
avvicino piano piano e mi accorgo che dei sintomi stu<strong>di</strong>ati sui libri ritrovo poco<br />
(probabilmente i farmaci li avevano attenuati), c’è poco <strong>di</strong> “paziente” e molto <strong>di</strong><br />
persona che ha bisogno <strong>di</strong> sostegno per rimanere in vita.<br />
In fondo, a pensarci bene, i suoi problemi sono quelli <strong>di</strong> qualunque persona:<br />
mangiare, riposare bene, stare vicino ai propri affetti.<br />
La corea le ha tolto molto e questo non possiamo cambiarlo ma dobbiamo<br />
preservare il più possibile quella unicità umana che solo il contesto familiare può<br />
dare. Con questi pensieri mi soffermo a guardare i particolari attorno a me: tutta<br />
una parete è de<strong>di</strong>cata ad una collezione <strong>di</strong> cavatappi <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse <strong>di</strong>mensioni e<br />
fattura, davvero particolare, non ne avevo mai vista una prima!<br />
Accompagnamo Graziella a letto e scopro il resto dell’appartamento: il corridoio<br />
dove si trovano quadretti con le foto delle vittorie della Ferrari, un elemento<br />
identificativo delle nostre terre, il bagno nuovo completamente attrezzato con<br />
corrimano per appoggiarsi in caso <strong>di</strong> bisogno; sul tavolino <strong>di</strong> fianco al letto una<br />
foto <strong>di</strong> una donna giovane e sorridente ricordano un tempo in cui la malattia non<br />
c’era e la vita era più leggera. Penso alle pareti bianche e impersonali del<br />
Policlinico, alle visite dei familiari troppo brevi...quanta <strong>di</strong>fferenza da tutto questo.<br />
Si <strong>di</strong>scute sulla gestione della peg, sui tempi dell’alimentazione, sulle modalità.<br />
Mentre ascolto penso: “non è interessante quanto lo stu<strong>di</strong>o sulla trasmissione<br />
genetica ma non importa, è quello <strong>di</strong> cui ha bisogno per proseguire una vita a<br />
contatto con ciò che le è caro”.<br />
Dopo aver spiegato a Rino le terapie, conclu<strong>di</strong>amo la visita e an<strong>di</strong>amo a salutare<br />
ancora una volta Graziella: il suo corpo è fermo ma i suoi occhi sono vitali, spero<br />
sia serena.
Scendendo le scale penso <strong>di</strong> aver fatto poco durante questa visita, <strong>di</strong> non essere<br />
stato utile ma nello stesso tempo credo <strong>di</strong> aver imparato che la vita ha tante<br />
<strong>di</strong>mensioni alcune delle quali bisogna accettare, altre preservare con coraggio.<br />
Ed ora, in un momento in cui riemerge con forza il problema dell’eutanasia,<br />
ripenso a Graziella circondata <strong>di</strong> attenzioni nella propria casa e mi chiedo, è una<br />
vera scelta la cosidetta “dolce morte”? E’ possibile programmare <strong>di</strong> essere lasciati<br />
morire prima che una grave malattia si sviluppi o comunque ai suoi albori?<br />
Se avessero detto a Graziella da giovane che non sarebbe più riuscita a mangiare<br />
da sola a causa della <strong>Corea</strong> <strong>di</strong> Huntington, forse avrebbe affermato come tanti<br />
“non alimentatemi con la peg o altre macchine, quella non è vita!”. Ora che la<br />
malattia è arrivata però non vedo <strong>di</strong>sperazione nei sui occhi e in quelli delle<br />
persone che le stanno vicino, stanchezza certo, ma anche la consapevolezza che<br />
<strong>gli</strong> sforzi fatti sono ripagati dal fatto <strong>di</strong> continuare a stare insieme.<br />
Cre<strong>di</strong>amo davvero che l'eutanasia riguar<strong>di</strong> solo noi stessi? Siamo veramente in un<br />
settore in cui può dominare da solo il principio della libertà e della<br />
autodeterminazione?<br />
Io credo che la morte non sia una scelta libera ma anzi solo una via obbligata che<br />
il vuoto de<strong>gli</strong> affetti, la solitu<strong>di</strong>ne, il senso <strong>di</strong> inutilità ci costringono a percorrere.<br />
…Penso che non siano i pazienti anziani, cronici e allettati più a rischio <strong>di</strong><br />
accanimento terapeutico, anzi al contrario sono proprio quelli che danno più<br />
“fasti<strong>di</strong>o” alla maggioranza dei me<strong>di</strong>ci.<br />
Allora quale strumento mi<strong>gli</strong>ore della mancata assistenza per assecondare la<br />
“libera scelta” <strong>di</strong> morire <strong>di</strong> queste persone?<br />
La me<strong>di</strong>cina tecnologica e iperspecialistica <strong>di</strong> oggi non riesce a dare una risposta<br />
idonea alla richiesta <strong>di</strong> aiuto <strong>di</strong> una moltitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> pazienti, pertanto invece <strong>di</strong><br />
cambiare la propria impostazione e formare me<strong>di</strong>ci (ma anche uomini e donne)<br />
preparati al sacrificio della cura, si trincera spesso <strong>di</strong>etro una presunta “libertà<br />
etica” che consente al paziente <strong>di</strong> fare si sè quello che vuole.<br />
Il me<strong>di</strong>co (soprattutto nel ruolo <strong>di</strong> specialista, ma non solo) che vede nel paziente<br />
prevalentemente una patologia, <strong>di</strong> fronte ad una malattia attualmente inguaribile<br />
come quella <strong>di</strong> Graziella, <strong>di</strong>rà a lei e ai familiari: “ho fatto tutto il possibile, ma per<br />
la <strong>Corea</strong> non si può fare molto, ora che vi ho informato decidete voi cosa fare”.<br />
Se neppure il me<strong>di</strong>co crede <strong>di</strong> poter aiutare e curare un paziente (anche<br />
inguaribile) fino alla fine, come si può pensare che il malato e chi <strong>gli</strong> sta<br />
accanto,se c’è, creda che valga la pena fare sacrifici per vivere?<br />
E’ questo il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> programmare la propria morte? Io non vedo un barlume <strong>di</strong><br />
libertà in una scelta <strong>di</strong> questo tipo.<br />
L’eutanasia, anche intesa come rifiuto della cura, rappresenta la formalizzazione<br />
del fallimento della me<strong>di</strong>cina, vista come “terapia risolutiva” e non “cura<br />
con<strong>di</strong>visa” . Un fallimento che, come spesso capita, grava sulle persone più deboli<br />
e sole che sarebbero le prime a “giovarsi” <strong>di</strong> queste nuove “libertà e <strong>di</strong>ritti”.<br />
Noi futuri me<strong>di</strong>ci, ma in generale tutti coloro che hanno responsabilità <strong>di</strong> cura ,<br />
dobbiamo prepararci molto <strong>di</strong> più ad accettare la frustrazione della “mancata<br />
risoluzione” della patologia, per moltiplicare <strong>gli</strong> sforzi <strong>di</strong> ascolto e cura della<br />
persona con cui ci rapportiamo.
Solo se abbiamo la consapevolezza <strong>di</strong> essere un sostegno per il paziente, in<br />
qualunque momento della sua sofferenza, possiamo trasmettere non illusioni ma<br />
fiducia nella vita.<br />
Se siamo in grado <strong>di</strong> far capire alla persona malata che avrà da noi aiuto in<br />
qualsiasi sta<strong>di</strong>o della sua patologia cronica, fosse anche solo l’ascolto, allora forse<br />
riuscieremo veramente a trasmettere <strong>gli</strong> strumenti giusti per valutare con libertà se<br />
continuare a vivere o lasciarsi morire.