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Cesare Benaglia - Arsmedia

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ce di avere avuto quella proposta con la possibilità<br />

di esprimermi liberamente senza nessuna<br />

condizione da parte dei committenti. Per quell’occasione<br />

la mia scelta era di creare un’opera<br />

con l’ausilio di materiali naturali da riprodurre in<br />

bronzo.<br />

Dietro il vicino monte Albenza, lungo il percorso<br />

che porta verso il Resegone, e precisamente in<br />

località Pertus, si trovano due roccoli circondati<br />

da alberi di faggio dai rami (foto 140) d’aspetto<br />

140<br />

141<br />

singolare; i cacciatori, per esigenze di caccia, ne<br />

modellarono a dismisura il profilo strozzandone<br />

la struttura, e creando, senza volerlo, sagome tanto<br />

originali da servire proprio al caso mio: dei<br />

rami dalle forme di radici (foto 141). Avevo assolutamente<br />

bisogno di quel materiale prezioso e<br />

dovevo appropriarmene, possibilmente evitando<br />

qualche fucilata da parte del proprietario del roccolo.<br />

Andai così sul posto diverse volte con l’aiuto<br />

di qualcuno (l’amico Gennaro Ceresoli) che<br />

facesse da palo. Portammo a casa quel malloppo<br />

prezioso rubato a pezzetti per non farci scoprire.<br />

Non sono ancora pentito di aver organizzato quei<br />

piccoli e ripetuti furti; mi conforta il pensiero<br />

che, magari, il padre o il nonno del proprietario<br />

del roccolo potrebbero essere sepolti proprio in<br />

questo cimitero e che, indirettamente, quei rami<br />

sono serviti ad abbellire anche la loro dimora. Mi<br />

sento dunque perdonato.<br />

Dopo il lavoro di recupero e d’assemblaggio dei<br />

pezzi e ad opera finita, ebbi l’amara sorpresa di<br />

una telefonata dall’amico Rota Nodali. “<strong>Cesare</strong>,<br />

ti avverto di sospendere i lavori per la scultura<br />

perché i committenti, non avendo la disponibilità<br />

finanziaria prevista, preferirebbero qualcosa di<br />

più semplice e di meno costoso”. Ormai il lavoro<br />

era quasi ultimato e, visto il risultato ottenuto,<br />

decisi di metterlo da parte per qualche mia creazione<br />

successiva.<br />

Per fortuna non lo distrussi perché, dopo alcuni<br />

mesi, l’architetto mi ritelefonò per avvisarmi che<br />

un privato generoso si era messo a disposizione<br />

per coprire la spesa iniziale, a patto che il monumento<br />

fosse terminato entro il mese successivo.<br />

Risposi che era praticamente impossibile rispettare<br />

quel termine per i tempi necessari alla fusione<br />

in bronzo. Studiai però uno stratagemma: eseguire<br />

l’opera in parte in resina (da utilizzare poi<br />

come modello per il bronzo), lasciare rami e radici<br />

nella loro forma naturale e colorare tutto con<br />

un falso bronzo e installare il finto monumento<br />

in loco per il solo giorno dell’inaugurazione. Poi,<br />

con calma, avremmo eseguito la fusione e installato<br />

la versione definitiva in bronzo. Mi misi<br />

subito al lavoro e, nonostante gli inconvenienti<br />

tecnici e le numerose modifiche intercorse e<br />

dovute ad errori di costruzione dei marmi (per<br />

inesattezze rispetto delle misure previste dal progetto),<br />

il mattino dell’inaugurazione tutto andò<br />

esattamente come desiderato.<br />

Nessuno si accorse che l’opera non era in bronzo<br />

originale. Al termine della cerimonia, svelai il<br />

segreto e annunciai la verità. Furono in molti<br />

coloro che, pensando che scherzassi, si precipitarono<br />

a raschiare parti dell’opera, non credendo ai<br />

loro occhi. I committenti furono contenti del<br />

risultato e mi diedero subito conferma per la<br />

fusione definitiva del lavoro.<br />

133

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