Filo di Arianna - La Nuova Ecologia
Filo di Arianna - La Nuova Ecologia
Filo di Arianna - La Nuova Ecologia
You also want an ePaper? Increase the reach of your titles
YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.
filo<br />
il<br />
“Il filo d’<strong>Arianna</strong>: donne ed ecologia”.<br />
Questo il titolo del <strong>di</strong>battito che si è tenuto<br />
il 28 gennaio in Legambiente, a Roma.<br />
Un incontro in cui donne dell’associazione<br />
- e non - si sono interrogate sul loro ruolo<br />
in politica e nell’ambientalismo.<br />
Questo dossier è il risultato <strong>di</strong> quella<br />
<strong>di</strong>scussione, arricchito dal punto <strong>di</strong> vista<br />
<strong>Arianna</strong><br />
<strong>di</strong> esperte sulle questioni <strong>di</strong> genere e<br />
degli uomini dell’associazione presenti<br />
all’incontro. Buona lettura.<br />
<strong>di</strong><br />
a cura <strong>di</strong> Elisabetta Galgani illustrazioni <strong>di</strong> Paola Chartroux<br />
con interventi <strong>di</strong><br />
luciana castellina, chiara certoma’, vittorio cogliati dezza, luca gallerano,<br />
renata ingrao, mirko laurenti, rossella muroni, chiara volpato, flavia zucco<br />
con un’intervista ad assunta sarlo<br />
Il mito greco<br />
Ogni anno sette ragazzi e sette ragazze erano sacrificati al Minotauro, creatura dal corpo umano e la testa <strong>di</strong><br />
toro chiusa nel labirinto <strong>di</strong> Creta. Teseo volle porre fine a quelle morti: chiese aiuto ad <strong>Arianna</strong>, che tenne<br />
un filo all’ingresso del labirinto per permettergli <strong>di</strong> ritrovare l’uscita. I due, sconfitto il mostro, fuggirono<br />
dall’isola. Al risveglio, <strong>Arianna</strong> però si accorse che Teseo l’aveva abbandonata.<br />
marzo 2010 / <strong>La</strong> nuova ecologia 53
il filo <strong>di</strong> <strong>Arianna</strong><br />
Le streghe son rimaste<br />
L’assemblea “il filo d’<strong>Arianna</strong>” è partita con lo scopo <strong>di</strong> analizzare il legame<br />
tra donne e ambientalismo. Innescando reazioni a catena. E un <strong>di</strong>battito<br />
che include l’abbassamento dell’etica pubblica, le quote rosa e il modello<br />
<strong>di</strong> potere imperante …<br />
<strong>di</strong> rossella muroni<br />
«Le streghe son tornate?» Mi viene da rispondere:<br />
«perché, se ne erano mai andate?» Più <strong>di</strong> uno negli<br />
ultimi mesi si sarà chiesto che cosa stesse accadendo<br />
in Legambiente. è utile analizzare le reazioni alla<br />
proposta <strong>di</strong> avviare una riflessione sul rapporto tra<br />
l’essere donna e l’essere ambientalista. Con una certa<br />
sod<strong>di</strong>sfazione ho osservato un riscontro e una partecipazione<br />
fortissimi, Legambiente rimane insomma<br />
un luogo privilegiato in cui gruppi <strong>di</strong> persone possono<br />
proporre temi <strong>di</strong>versi su cui <strong>di</strong>scutere anche<br />
solo per il piacere del confronto. <strong>La</strong> sod<strong>di</strong>sfazione è<br />
stata grande anche perché la presenza <strong>di</strong> critiche<br />
anche forti è la <strong>di</strong>mostrazione concreta del grande<br />
interesse suscitato.<br />
Riflettere su donne e ambiente non è come parlare<br />
del legame tra inquinamento urbano e traffico: non<br />
è argomento neutro, scatena <strong>di</strong>battiti<br />
infiniti, riflessioni liberatorie,<br />
riesuma vecchi “fantasmi” messi in<br />
soffitta e valori che hanno la pretesa<br />
<strong>di</strong> essere attuali. È il caso quin<strong>di</strong><br />
<strong>di</strong> pronunciare la fati<strong>di</strong>ca domanda,<br />
proprio a proposito <strong>di</strong> “fantasmi”:<br />
Legambiente si sta occupando <strong>di</strong><br />
femminismo? Non è questo il nostro<br />
obiettivo e lo scopo non è quello <strong>di</strong><br />
creare riserve in<strong>di</strong>ane <strong>di</strong> donne. D’altronde la “logica<br />
della riserva” è estranea a Legambiente e noi<br />
siamo pur sempre legambientine! Lo scopo, semmai,<br />
è quello <strong>di</strong> continuare ad alimentare culturalmente il<br />
nostro modo <strong>di</strong> fare ambientalismo, esplorando temi<br />
e <strong>di</strong>battiti non strettamente ambientali.<br />
Ci siamo allora chieste come l’ambientalismo possa<br />
rappresentare un nuovo terreno <strong>di</strong> impegno e protagonismo<br />
delle donne. <strong>La</strong> domanda è nata nel contesto<br />
<strong>di</strong>fficile degli ultimi anni: il ruolo secondario delle donne<br />
in politica, la legge sulla procreazione assistita, le<br />
battute volgari che <strong>di</strong>ventano modalità <strong>di</strong> confronto<br />
politico, un uso scellerato e spregiu<strong>di</strong>cato del corpo<br />
‘In Australia la campagna<br />
“A million of women” raccoglie madri,<br />
mogli, sorelle e nonne per abbattere<br />
le emissioni <strong>di</strong> CO 2<br />
’<br />
delle donne come strumento <strong>di</strong> marketing, l’attacco<br />
alla legge 194. Da qui siamo partite, e avendo la<br />
fortuna <strong>di</strong> far parte della comunità <strong>di</strong> Legambiente<br />
abbiamo portato le nostre riflessioni in un incontro<br />
pubblico il filo d’<strong>Arianna</strong>. In questa occasione abbiamo<br />
constatato come negli ultimi anni siano stati sdoganati<br />
atteggiamenti, battute, comportamenti nei confronti<br />
delle donne (ma anche ad esempio nei confronti degli<br />
stranieri) con un innalzamento della soglia <strong>di</strong> tolleranza<br />
prima inimmaginabile. E allora noi donne e<br />
uomini <strong>di</strong> Legambiente, possiamo fare la <strong>di</strong>fferenza<br />
anche in questo? Può l’ambientalismo essere oggi (o<br />
tornare ad essere) un terreno <strong>di</strong> impegno in cui il ruolo<br />
delle donne venga riconosciuto, riven<strong>di</strong>cato e valorizzato?<br />
<strong>La</strong> nostra risposta è sì: è vero nell’ambientalismo<br />
organizzato in movimento politico come quello <strong>di</strong> Legambiente<br />
ma anche nelle scelte sostenibili quoti<strong>di</strong>ane<br />
dei singoli. Proprio perché molti comportamenti<br />
“energetici” delle famiglie vengono decisi e attuati da<br />
madri, mogli, sorelle e figlie.<br />
Un protagonismo “dal basso”, dunque, che passa<br />
per gli stili <strong>di</strong> vita, innesca milioni <strong>di</strong> piccoli cambiamenti<br />
con la potenzialità e l’aspirazione a <strong>di</strong>ventare<br />
un cambiamento epocale e planetario. Un movimento<br />
silenzioso che in Australia ha portato alla creazione<br />
della campagna Un milione <strong>di</strong> donne per raccogliere<br />
un milione <strong>di</strong> madri, mogli, sorelle e nonne e realizzare<br />
un progetto ambizioso: ognuna <strong>di</strong> loro si impegnerà<br />
ad abbattere <strong>di</strong> una tonnellata le proprie emissioni <strong>di</strong><br />
CO 2<br />
(www.1millionwomen.com.au). Ma non finisce qui. Gli<br />
54<br />
<strong>La</strong> nuova ecologia / marzo 2010
marzo 2010 / <strong>La</strong> nuova ecologia 55
il filo <strong>di</strong> <strong>Arianna</strong><br />
‘I green jobs sono quelli<br />
che maggiormente valorizzano<br />
il lavoro femminile’<br />
ultimi dati dell’Istituto per lo sviluppo della formazione<br />
professionale dei lavoratori (Isfol) sottolineano<br />
come la tutela dell’ambiente aiuta a trovare lavoro.<br />
Un’osservazione legata al boom delle professioni ecologiche.<br />
Basti pensare che appena un anno dopo il completamento<br />
del master, ben l’80% degli intervistati<br />
risulta essere occupato. Altro che ritorno al nucleare!<br />
Ebbene, proprio i green jobs sono quelli che maggiormente<br />
valorizzano il lavoro femminile: le donne fanno<br />
più carriera degli uomini. Cresce la percentuale della<br />
componente femminile impiegata nel settore “verde”<br />
che dal 12,7% del 1993 è passata al 25,5% del 2008.<br />
Migliora anche la posizione occupata: il 57,8% delle<br />
donne a fronte del 35,3% degli uomini ricopre posizioni<br />
<strong>di</strong> livello me<strong>di</strong>o-alto <strong>di</strong> tipo impiegatizio. Sarà<br />
che l’ambiente crea pari opportunità più <strong>di</strong> altri temi?<br />
Anche nel terzo settore, a partire da Legambiente,<br />
cresce la presenza e la visibilità delle donne che oggi,<br />
grazie ad occasioni come il servizio civile volontario,<br />
approdano in massa nell’associazionismo per poi rimanervi<br />
con ruoli <strong>di</strong> responsabilità politica.<br />
Tutto bene, dunque? Per niente. Sopravvivono delle<br />
enormi <strong>di</strong>fferenze <strong>di</strong> genere nella partecipazione, perciò<br />
abbiamo affrontato nel nostro <strong>di</strong>battito anche il<br />
tema delle quote rosa, del cambiamento del modello,<br />
della gestione del potere, dell’approccio alla politica.<br />
A tal proposito abbiamo anche fondato un social network<br />
(www.donneambiente.ning.com).<br />
<strong>La</strong> nostra <strong>di</strong>scussione è agli albori e tocca molti temi.<br />
Ci siamo chieste ad esempio se le donne in politica<br />
rappresentino oggi una reale alternativa al modello<br />
politico predominante. E ancora: in Legambiente si<br />
possono trovare forme e luoghi della partecipazione<br />
che incoraggino le donne a farsi avanti? Un <strong>di</strong>battito<br />
ampio che testimonia, una volta <strong>di</strong> più, quanto sia<br />
sbagliato parlare del “silenzio delle donne”: piuttosto,<br />
come ci ha suggerito Luciana Castellina, c’è da<br />
chiedersi che fine abbiano fatto gli uomini. Oggi, nel<br />
nostro paese, gli uomini stanno vivendo una vera<br />
emergenza <strong>di</strong> partecipazione e protagonismo: la maggioranza<br />
<strong>di</strong> loro, <strong>di</strong> fronte al contesto <strong>di</strong> abbrutimento,<br />
rimane silente (alcune volte ghignante). Sarebbe<br />
paradossale a questo punto la nostra chiusura in una<br />
“riserva in<strong>di</strong>ana”. È bene che siano anche gli uomini<br />
a <strong>di</strong>scutere <strong>di</strong> questi temi. Questo sarà il nostro prossimo<br />
obiettivo. <br />
l<br />
Rossella Muroni,<br />
<strong>di</strong>rettrice generale<br />
<strong>di</strong> Legambiente,<br />
ha iniziato a<br />
occuparsi <strong>di</strong><br />
politica a 14<br />
anni militando<br />
nella Fgci. A 18<br />
anni è entrata<br />
nell’esecutivo<br />
nazionale<br />
dell’Unione<br />
degli Studenti,<br />
il sindacato<br />
studentesco<br />
ex Cgil. Nel<br />
1996 entra in<br />
Legambiente,<br />
prima in ufficio<br />
stampa poi al<br />
settore campagne.<br />
Dal 1998 al 2005<br />
ha girato l’Italia<br />
come portavoce <strong>di</strong><br />
“Goletta Verde” e<br />
“Treno Verde”.<br />
Lo sguardo dell'altro<br />
Di Vittorio Cogliati Dezza<br />
Per il movimento ambientalista<br />
è arrivato il tempo<br />
<strong>di</strong> interrogarsi sui tempi<br />
e gli spazi delle donne in città<br />
E<br />
siste una questione femminile? Se il<br />
95% dei manager maschi ha figli e<br />
solo il 30% delle manager femmine<br />
li ha, dobbiamo <strong>di</strong>re che esiste, al <strong>di</strong><br />
là e prima delle storie <strong>di</strong> veline ed<br />
escort che hanno trafitto il nostro paese. Storie<br />
che appaiono come una “derivata” nostrana,<br />
corruttrice e corrotta, <strong>di</strong> quell’uso del corpo<br />
femminile inaugurato dalla pubblicità d’oltreoceano<br />
e sbattuto in faccia quoti<strong>di</strong>anamente nelle forme<br />
più insinuanti e offensive. Ma al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> questi<br />
brutti scenari, mi sento <strong>di</strong> <strong>di</strong>re che oggi esiste<br />
una specificità “femminile” rispetto al movimento<br />
ambientalista. Per almeno tre buone ragioni. Il<br />
movimento ambientalista si è nutrito (ed è debitore)<br />
<strong>di</strong> alcune suggestioni prodotte dal femminismo. Si<br />
parla sempre del ruolo della cura, come patrimonio<br />
femminile e che nell’ambiente trova la sua cassa<br />
<strong>di</strong> espansione naturale. Ma c’è dell’altro, a partire<br />
dalla trasversalità, che è la grande scoperta politica<br />
riven<strong>di</strong>cata da questi due movimenti. Infine c’è<br />
anche la scoperta del ruolo politico del privato (che<br />
altro sono, oggi, le nostre battaglie per gli stili <strong>di</strong><br />
vita?) e del piccolo (che per noi è <strong>di</strong>ventato il locale,<br />
ma anche il cambiamento a partire da sé).<br />
Per il movimento ambientalista è arrivato il<br />
tempo <strong>di</strong> interrogarsi sui tempi e gli spazi delle<br />
donne in città. In Italia alla fine degli anni Novanta<br />
si sviluppò un movimento culturale che sosteneva<br />
che le città a misura <strong>di</strong> bambino sono migliori per<br />
tutti. Oggi è il momento <strong>di</strong> pensare le città a misura<br />
<strong>di</strong> donna. Una metropoli a basse emissioni <strong>di</strong> CO 2<br />
può esserlo più facilmente se al suo interno trovano<br />
risposta le esigenze <strong>di</strong> relazioni sociali, <strong>di</strong> mobilità<br />
che i bambini esprimono tacitamente, e che le<br />
donne hanno voce e forza per far <strong>di</strong>ventare politiche<br />
concrete. Infine una questione per noi ambientalisti<br />
fondamentale: le nostre battaglie esprimono<br />
sempre una forte domanda <strong>di</strong> etica pubblica. Oggi<br />
la reazione del paese all’evidente crisi <strong>di</strong> coesione<br />
sociale e <strong>di</strong> valori con<strong>di</strong>visi passa anche attraverso<br />
la valorizzazione del ruolo delle donne nella nostra<br />
società. In questa prospettiva, <strong>di</strong> fronte alla sfida<br />
del rapporto con culture e persone <strong>di</strong>fferenti, vorrei<br />
porre una domanda: possono essere le donne la leva<br />
<strong>di</strong> innovazione e cambiamento per costruire nuove<br />
sintesi ed una più avanzata coesione sociale?<br />
56<br />
<strong>La</strong> nuova ecologia / marzo 2010
Anomalia italiana<br />
<strong>La</strong> televisione relega il femminile a figura <strong>di</strong> ornamento.<br />
Concorrendo a mantenere un'invadente cultura della <strong>di</strong>seguaglianza<br />
Di Chiara Volpato<br />
<strong>La</strong> società e la politica italiane sono in ritardo sulle<br />
questioni <strong>di</strong> genere. Nel 2009, rispetto all’anno precedente,<br />
siamo regre<strong>di</strong>ti nel Gender gap report, un<br />
documento del World economic forum che quantifica<br />
la <strong>di</strong>mensione e l’evoluzione nel tempo delle <strong>di</strong>sparità<br />
<strong>di</strong> genere nei <strong>di</strong>versi paesi del mondo. Nel 2008<br />
l’Italia si collocava al 67° posto, nel 2009 al 72° siamo<br />
quin<strong>di</strong> retrocessi <strong>di</strong> cinque posizioni in un solo anno;<br />
insieme a Repubblica Ceca, Cipro e Grecia siamo ai<br />
livelli più bassi tra i paesi Ue. Nel documento è affermato<br />
che per<strong>di</strong>amo terreno perché gli altri paesi sono<br />
progre<strong>di</strong>ti mentre noi restiamo fermi. <strong>La</strong> situazione<br />
peggiore riguarda l’ambito politico. Uno dei fattori<br />
che incidono è l’immagine della donna veicolata dai<br />
mass me<strong>di</strong>a. C’è una grande <strong>di</strong>stanza tra la rappresentazione<br />
della donna e la con<strong>di</strong>zione delle donne<br />
reali che vivono nel nostro paese. Nei me<strong>di</strong>a compaiono<br />
soprattutto due immagini stereotipiche: la<br />
donna vittima (quella dominante nei tg) o la donna<br />
dello spettacolo. Pochissimo spazio viene dato alle<br />
donne “normali”, che “abitano” la politica, la cultura,<br />
la scienza. In ogni caso le donne vengono presentate<br />
come personaggi silenti, mai come protagoniste attive.<br />
Il loro ruolo è <strong>di</strong> decorazione, ornamento, oggetto<br />
<strong>di</strong> desiderio.<br />
In questo modo i mass me<strong>di</strong>a concorrono al mantenimento<br />
della cultura della <strong>di</strong>seguaglianza: riflettono,<br />
costruiscono, perpetuano un’immagine subalterna<br />
della donna, definita dalla sua capacità <strong>di</strong> prendersi<br />
cura dell’altro, <strong>di</strong> esprimere calore nelle relazioni, ma<br />
quasi mai come persona competente negli ambiti del<br />
lavoro e del potere. Non costituiscono una novità le<br />
donne che usano consapevolmente il loro corpo per<br />
acquistare denaro, potere, visibilità. <strong>La</strong> triste novità<br />
<strong>di</strong> questi anni è lo spazio pubblico, mass-me<strong>di</strong>atico,<br />
concesso a tali persone. <strong>La</strong> miseria italiana è data<br />
dal fatto che il modello pubblico si incarna nel “velinismo”,<br />
espressione <strong>di</strong> una grande povertà, maschile<br />
e femminile. Perché stiamo andando in questa <strong>di</strong>rezione<br />
quando gli altri paesi vanno in quella opposta?<br />
Questa è un’anomalia tutta italiana.<br />
Chiara Volpato<br />
è or<strong>di</strong>naria <strong>di</strong><br />
Psicologia sociale<br />
presso la facoltà<br />
<strong>di</strong> Psicologia<br />
dell’Università<br />
degli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />
Milano-Bicocca.<br />
Ha trascorso<br />
perio<strong>di</strong> <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o<br />
presso l’Università<br />
<strong>di</strong> Losanna<br />
(Svizzera),<br />
l’Università <strong>di</strong><br />
Nanterre-Paris<br />
X (Francia) e<br />
l’Università<br />
del Kent (Gran<br />
Bretagna).<br />
marzo 2010 / <strong>La</strong> nuova ecologia 57
il filo <strong>di</strong> <strong>Arianna</strong><br />
Gli altri paesi occidentali che hanno raggiunto, o<br />
stanno raggiungendo, la parità tra uomini e donne<br />
in Parlamento (nel Nord Europa ma anche in Spagna)<br />
ci sono arrivati attraverso il sistema delle quote.<br />
Se guar<strong>di</strong>amo i risultati scolastici, le donne sono più<br />
brave, dalla scuola elementare al dottorato <strong>di</strong> ricerca.<br />
Sul lavoro, però, vengono sistematicamente superate<br />
dai colleghi ed escluse dalle professioni più prestigiose<br />
e dai centri <strong>di</strong> potere. Per questo bisogna ripensare<br />
alle quote rosa, non passeranno mai in Parlamento.<br />
‘Secondo alcune indagini nei<br />
Parlamenti europei quando<br />
aumenta la componente<br />
femminile cambiano l’etica<br />
e l'agenda politica’<br />
Bisogna allora chiedere che il mondo della sinistra<br />
e dell’opposizione si impegni a rispettare la parità:<br />
50% dei posti alle donne, 50% agli uomini. Basta un<br />
dato: gli uomini ultracinquantenni sono il 17% della<br />
popolazione italiana e hanno il 55% dei posti in Parlamento.<br />
Sono state fatte delle indagini nei Parlamenti europei:<br />
quando aumenta il numero <strong>di</strong> donne cambia il<br />
livello etico e l’agenda politica. Cambia il livello etico<br />
perché, almeno finora, non esistono casi <strong>di</strong> “velinismo”<br />
al maschile o <strong>di</strong> donne che hanno fatto assumere un<br />
uomo perché era il loro giovane amante. Cambia anche<br />
l’agenda politica: le parlamentari de<strong>di</strong>cano maggior attenzione<br />
ai temi sociali come parità, famiglia, sanità,<br />
welfare. In<strong>di</strong>pendentemente dalla loro collocazione politica,<br />
sono più attente allo Stato sociale. Bastano questi<br />
due elementi per riba<strong>di</strong>re la necessità <strong>di</strong> avere più<br />
donne in Parlamento. Per le stesse ragioni, dovremmo<br />
avere più donne ai vertici dell’associazionismo.<br />
Non è vero che le donne non vogliono fare politica,<br />
è che fanno qualche calcolo e si chiedono se valga la<br />
pena intraprendere un percorso faticoso e con poche<br />
possibilità <strong>di</strong> successo. Nei posti prestigiosi e <strong>di</strong> potere<br />
le poche donne presenti sono isolate, sono dei token:<br />
quando due gruppi sono fortemente asimmetrici nei<br />
rapporti <strong>di</strong> potere, scegliere un rappresentante del<br />
gruppo debole e farlo sedere tra gli eletti serve a mostrare<br />
paternalistica <strong>di</strong>sponibilità verso l’altro, ma<br />
soprattutto serve a lasciare inalterato lo status quo.<br />
Il prescelto <strong>di</strong>venta un token, illusorio simbolo <strong>di</strong> una<br />
possibile ascesa sociale. Insomma, uno specchietto per<br />
le allodole. <br />
l<br />
<strong>La</strong> questione<br />
maschile<br />
<strong>di</strong> Luciana Castellina*<br />
Non mi pare ci sia un silenzio delle donne. Parlano tutte,<br />
comprese le escort. Il silenzio, piuttosto, è dei maschi.<br />
Assordante. Non una voce <strong>di</strong> protesta per il modello<br />
maschile che viene presentato, che è francamente<br />
assai peggiore del peggior modello femminile. In Italia<br />
c’è, mi pare, una grande “questione maschile”, un <strong>di</strong>sagio degli<br />
uomini che in<strong>di</strong>ca come nell’era post-patriarcale non si siano ancora<br />
ripresi dallo choc del femminismo. Speriamo facciano uno sforzo.<br />
Quanto alle donne, non <strong>di</strong>co che non abbiano <strong>di</strong> che preoccuparsi,<br />
naturalmente. Ma in un modo nuovo. Negli ultimi decenni sono<br />
entrate massicciamente nel mercato del lavoro (negli Stati Uniti sono<br />
ormai più della metà delle forze lavoro) e ovunque la percentuale<br />
è significativamente cresciuta. E sono ai livelli superiori: sono<br />
maggioranza nella scuola, nell’università, nella me<strong>di</strong>cina, numerose<br />
nella magistratura e persino fra i<br />
manager. C’è però un’altra cifra molto<br />
significativa: i manager maschi al 95%<br />
hanno prole, le manager donne, pur<br />
numerose, per il 70% non ne hanno.<br />
Vale a <strong>di</strong>re che sono riuscite a <strong>di</strong>ventare<br />
quello che sono solo mascherandosi da<br />
uomini, sacrificando la loro <strong>di</strong>fferenza.<br />
Vuol <strong>di</strong>re che l’emancipazione ha vinto<br />
– le donne sono state accettate, bontà<br />
loro, nel mondo maschile – ma non ha<br />
vinto chi puntava a molto <strong>di</strong> più e <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>verso: a cambiare la società in modo<br />
che assumesse come valore e fattore<br />
portante anche la <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> genere.<br />
Con tutte le implicazioni che questo<br />
comporta. Non è cosa <strong>di</strong> poco conto.<br />
Quanto al rapporto con l’ambiente<br />
il <strong>di</strong>scorso si fa <strong>di</strong>fficile e ambiguo.<br />
Non credo si possa <strong>di</strong>re che le donne<br />
in quanto tali siano più attente<br />
Non esiste un<br />
silenzio delle<br />
donne. Parlano<br />
tutte, comprese<br />
le escort.<br />
Il silenzio è degli<br />
uomini<br />
all’ambiente perché più vicine alla natura. E però non c’è dubbio<br />
che è soprattutto maschile l’atteggiamento prometeico che induce a<br />
pensare che l’uomo possa tutto, compreso fare quel che vuole della<br />
natura. Per le donne è più facile acquisire coscienza del limite, perché<br />
vivono un’esperienza particolarissima e irripetibile che è quella della<br />
procreazione. Non è un dato esterno, sociale e meno naturale, come lo<br />
è per l’uomo. Non fosse altro in ragione dei tempi <strong>di</strong>versi: per l’uomo<br />
sono sufficienti i pochi minuti dell’atto sessuale, per la donna servono<br />
nove mesi. In questo senso la donna è certamente più “natura”. Si tratta<br />
<strong>di</strong> un punto <strong>di</strong> partenza importante per assumere coscienza del limite,<br />
per capire che la natura è certo fattore produttivo, ma assolutamente<br />
anomalo, come del resto la forza lavoro. In questo senso le donne sono,<br />
potenzialmente, più ecologhe. E del resto lo <strong>di</strong>mostrano perché tendono<br />
ad esserlo tutti i giorni, nel loro fare.<br />
* Giornalista, storica esponente de “Il Manifesto“<br />
58<br />
<strong>La</strong> nuova ecologia / marzo 2010
Intervista ad Assunta Sarlo<br />
Ultima della classe<br />
L'Italia è quella che meno investe in spesa sociale<br />
in Europa. E una su cinque rinuncia al lavoro con<br />
la nascita del primo figlio<br />
A parlare con Assunta Sarlo, giornalista<br />
e promotrice della manifestazione<br />
Usciamo dal silenzio del 2006, si impazzisce<br />
a starle <strong>di</strong>etro. Sciorina dati, cifre,<br />
rapporti internazionali. Tutti sulla questione<br />
<strong>di</strong> genere. Ma soprattutto quando<br />
vuoi farla parlare delle donne, ribalta la<br />
prospettiva e ti parla degli uomini: «In<br />
Italia esiste una questione maschile che<br />
passa sotto silenzio. Ci si può legittimamente<br />
chiedere perché davanti a episo<strong>di</strong><br />
<strong>di</strong> sessismo e maschilismo che invadono<br />
‘<strong>La</strong> comparsa<br />
dei "nuovi padri"<br />
è un segnale<br />
forte. Ma non<br />
basta’<br />
la scena politica ci sia il silenzio degli uomini.<br />
Si parla tanto della comparsa dei<br />
“nuovi padri”, una figura <strong>di</strong> accu<strong>di</strong>mento<br />
nuova. Una bella trasformazione. Ma non<br />
basta. Gli uomini dovrebbero ragionare...<br />
sull’idea <strong>di</strong> sé, sulla propria sessualità,<br />
sulla relazione con l’altra, su che cosa significhi<br />
essere pari ma <strong>di</strong>fferenti».<br />
Come mai la parola femminismo è <strong>di</strong>ventata<br />
quasi una parolaccia?<br />
Il femminismo ha subito un’immagine<br />
caricaturale per motivi <strong>di</strong>versi, non ultima<br />
la <strong>di</strong>fficoltà profonda <strong>di</strong> mo<strong>di</strong>ficare i<br />
modelli familiari e femminili in Italia. C’è<br />
stato anche un <strong>di</strong>fetto <strong>di</strong> trasmissione tra<br />
le femministe storiche degli anni ‘70 e le<br />
nuove generazioni. Talvolta il femminismo<br />
si è chiuso in luoghi <strong>di</strong> riflessione creativi,<br />
ma poco comprensibili dall’esterno. A tutto<br />
questo si aggiunga l’aria dei tempi, il<br />
ruolo dei me<strong>di</strong>a, i modelli alimentati dalla<br />
tv commerciale che hanno invaso anche<br />
quella pubblica.<br />
Qual è la con<strong>di</strong>zione femminile<br />
in Italia?<br />
Secondo l’In<strong>di</strong>ce sulla<br />
parità <strong>di</strong> genere calcolato<br />
dal Social watch, un<br />
network che conta organizzazioni<br />
in oltre 60 nazioni,<br />
considerando 100<br />
come punta massima<br />
nell’uguaglianza uomodonna,<br />
su una classifica<br />
<strong>di</strong> 157 paesi il nostro<br />
scende dal settantesimo<br />
al settantaduesimo<br />
posto rispetto al 2008.<br />
Siamo anche lontani<br />
dagli obiettivi <strong>di</strong> Lisbona: per il 2010 il<br />
lavoro femminile in Italia avrebbe dovuto<br />
raggiungere il picco del 60%, si è attestato<br />
invece al 47%, con <strong>di</strong>seguaglianza<br />
profonde tra Nord e Sud. Senza parlare<br />
del welfare tutto <strong>di</strong>segnato sulla mamma<br />
che si occupa dei bambini e degli anziani.<br />
Il nostro paese è quello che meno investe<br />
tra quelli europei in spesa sociale. E in<br />
famiglia il lavoro <strong>di</strong> cura è quasi tutto ancora<br />
nelle mani della “moglie-mamma”. In<br />
questo contesto così svantaggiato le donne<br />
stu<strong>di</strong>ano più degli uomini, si laureano con<br />
i voti migliori, lavorano e non “mollano”.<br />
E le donne più giovani?<br />
Mia figlia ha 18 anni. Le ragazze <strong>di</strong> oggi<br />
hanno introiettato l’idea che sono pari agli<br />
uomini, un’ere<strong>di</strong>tà preziosa del femminismo<br />
storico. Non significa che non sarà<br />
<strong>di</strong>fficile anche per loro. Basta guardare i<br />
dati sull’abbandono del mondo del lavoro<br />
delle donne al primo figlio: secondo uno<br />
stu<strong>di</strong>o della Banca d’Italia sono una su<br />
cinque a rinunciare al lavoro con la nascita<br />
del primo figlio. Ma l’idea interiorizzata<br />
della parità è molto forte, è lì che bisogna<br />
costruire e investire. Lo <strong>di</strong>cono da anni<br />
persino gli economisti uomini: sono le donne<br />
a fare da volano alla crescita del Pil.<br />
<br />
(Elisabetta Galgani)<br />
marzo 2010 / <strong>La</strong> nuova ecologia 59
il filo <strong>di</strong> <strong>Arianna</strong><br />
Lo sguardo dell'altro<br />
Di Mirko <strong>La</strong>urenti<br />
Dire che il filo <strong>di</strong> <strong>Arianna</strong><br />
non esista potrebbe sembrare<br />
eccessivo. Ma sono le<br />
intelligenze sempre più<br />
complementari e contaminate<br />
a “fare la <strong>di</strong>fferenza”<br />
M<br />
ai come oggi sono le intelligenze<br />
a fare la <strong>di</strong>fferenza. Insieme<br />
alla capacità <strong>di</strong> elaborare<br />
nuovi pensieri e con<strong>di</strong>viderli,<br />
confrontarli, migliorarli e renderli<br />
utili all’umanità. Puntando sulla ricerca scientifica<br />
e usando le nuove tecnologie. Il presupposto<br />
comune è la sopravvivenza <strong>di</strong> tutto il genere<br />
umano, dunque l’esigenza vitale <strong>di</strong> tutelare le<br />
risorse e l’ambiente. Proprio perché è ormai<br />
evidente che “non si sopravvive singolarmente se<br />
non ci si salva tutti, se non si protegge il pianeta”<br />
per citare l’assemblea delle donne <strong>di</strong> Legambiente<br />
del 28 gennaio scorso. Da uomo e da ambientalista<br />
ho voluto prendere parte al <strong>di</strong>battito per la<br />
curiosità suscitata da una riflessione nuova dentro<br />
l’associazione, per comprendere dove fosse la<br />
<strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> genere nell’approccio alle emergenze<br />
ambientali.<br />
Forse <strong>di</strong>re che il filo d’<strong>Arianna</strong> oggi non esista<br />
potrebbe sembrare eccessivo, ma così come è<br />
cambiato il ruolo dell’in<strong>di</strong>viduo nel mondo moderno,<br />
anche il ruolo della donna è certamente <strong>di</strong>verso<br />
da quello che era anche solo 30 o 40 anni fa.<br />
Pensare dunque ad un confronto che sia non più<br />
solo <strong>di</strong> genere, ma <strong>di</strong> pensieri e <strong>di</strong> competenze, è<br />
sicuramente la chiave più adatta a rappresentare al<br />
meglio la società evidenziandone le qualità e magari<br />
riuscendo finalmente ad isolarne i <strong>di</strong>fetti. Uomini<br />
e donne resteranno sempre “generi” <strong>di</strong>versi ma<br />
saranno intelligenze sempre più complementari,<br />
ognuno arricchito dal punto <strong>di</strong> vista dell’altra,<br />
parimenti contaminati, in un mondo che va sempre<br />
più veloce, a fare la “<strong>di</strong>fferenza”.<br />
Mi auguro quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> aver assistito al primo <strong>di</strong> una<br />
lunga serie <strong>di</strong> incontri che possano far uscire dal<br />
guscio tanti altri uomini, curiosi come me, e tante<br />
altre donne ancora convinte che serva solo una<br />
percentuale <strong>di</strong> rappresentanza in più per poter<br />
avviare un significativo cambiamento. Vorrebbe <strong>di</strong>re<br />
che le intelligenze sono rimaste a casa, mentre il<br />
mondo continua a correre.<br />
Scienziate<br />
eccellenti<br />
Sono delle ottime educatrici, sanno<br />
tenere i gruppi insieme, governano<br />
il loro ego. Sono le qualità delle<br />
ricercatrici. A <strong>di</strong>rlo è un Nobel<br />
<strong>di</strong> Flavia Zucco<br />
Quanta responsabilità hanno le donne nell’esposizione<br />
me<strong>di</strong>atica che subiscono nel nostro paese? Per<br />
rispondere a questa domanda bisogna fare un passo<br />
in<strong>di</strong>etro. Già negli anni ’70 Gunther Anders sosteneva<br />
che stiamo vivendo in un periodo <strong>di</strong> assoluta<br />
trasformazione. Questo cambiamento non equivale<br />
alla Rivoluzione industriale né alla scoperta della<br />
stampa ma si riferisce ad<strong>di</strong>rittura all’epoca in cui<br />
gli uomini hanno scoperto l’agricoltura. Da quando<br />
sono passati da una con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> noma<strong>di</strong>, non organizzata,<br />
ad una stanziale: questo nuovo status ha<br />
portato all’instaurazione <strong>di</strong> rapporti sociali e <strong>di</strong> un<br />
legame col territorio. Un passaggio che ha soprattutto<br />
trasformato il cervello, le connessioni neuronali <strong>di</strong><br />
queste popolazioni. Secondo Anders ed anche altri<br />
stu<strong>di</strong>osi saremmo <strong>di</strong> nuovo in una fase <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>cale<br />
trasformazione dal momento che si è instaurata una<br />
relazione con il mondo me<strong>di</strong>ata dalla tecnologia. I nostri<br />
sensi sono completamente amplificati: ve<strong>di</strong>amo<br />
il micro e il macro, sentiamo suoni che prima non<br />
era possibile sentire.<br />
<strong>La</strong> nostra relazione col mondo sta completamente<br />
cambiando, questo non potrà non avere influenza<br />
sui nostri cervelli. Specialmente quelli delle nuove<br />
generazioni che stanno crescendo in questo contesto.<br />
Quin<strong>di</strong> quando si parla della questione dei corpi, la<br />
trasformazione non riguarda solo il corpo delle donne<br />
ma riguarda i corpi in generale. I nostri corpi, con la me<strong>di</strong>azione<br />
delle tecnologie, stanno perdendo il loro significato tra<strong>di</strong>zionale.<br />
Infatti vengono usati sempre <strong>di</strong> più come supporti <strong>di</strong> messaggi e<br />
<strong>di</strong> immagini, come nel caso dei tatuaggi o piercing. Il corpo nel<br />
suo significato elementare, naturale è spiazzato da questa nuova<br />
posizione nel mondo tecnologico. E questo riguarda uomini e donne<br />
d’altra parte basta vedere i ragazzi del Grande Fratello o <strong>di</strong> Amici:<br />
sono pari, purtroppo, alle donne-veline. Un altro esempio <strong>di</strong> come<br />
le tecnologie snaturino la relazione umana è quello della comunicazione<br />
non più reale ma me<strong>di</strong>ata ormai da sms, messaggi, mail,<br />
facebook, in cui non ci sono più corporeità che vengono in contatto.<br />
Non sentirei affatto le donne responsabili <strong>di</strong> questa trasformazione,<br />
siamo responsabili tutti <strong>di</strong> questa decadenza del valore della corporeità<br />
e dello stesso nella relazione umana. Non per demonizzare<br />
le tecnologie, tutt’altro. Serve però guardare la realtà da un’altra<br />
prospettiva, quella che ci proietta verso il futuro.<br />
60<br />
<strong>La</strong> nuova ecologia / marzo 2010
Un’altra domanda importante da farsi è se esista o<br />
meno un modello alternativo alla “donna manager”.<br />
Nell’associazione Donne e scienza l’abbiamo affrontata<br />
perché c’è un problema della valutazione dell’eccellenza<br />
nella scienza. <strong>La</strong> valutazione dell’eccellenza<br />
veniva fatta sulla base della produzione scientifica.<br />
Ma la scienza contemporanea è cambiata, non ha<br />
bisogno del singolo cervello geniale, ha bisogno dei<br />
tanti cervelli messi in rete, dell’equipe. Pierre-Gilles<br />
de Gennes, chimico geniale e Premio Nobel, due anni<br />
prima <strong>di</strong> morire ha rilasciato un’intervista in cui<br />
risponde ad una domanda sull’eccellenza al femminile.<br />
Gilles de Gennes risponde sulle qualità delle<br />
donne: «Prima <strong>di</strong> tutto sono delle ottime scienziate,<br />
in secondo luogo sono delle eccellenti educatrici,<br />
sanno tenere i gruppi insieme ed hanno la capacità<br />
<strong>di</strong> governare il loro ego molto meglio<br />
degli uomini». Queste sono le<br />
qualità delle donne che si possono<br />
spendere perlomeno nella ricerca<br />
ma anche altrove. Il modello <strong>di</strong><br />
donna manager è questo qui, le<br />
sue qualità sono state elencate da<br />
un uomo.<br />
Bisogna porre attenzione anche<br />
al problema delle quote: nella nostra<br />
associazione Donne e scienza<br />
nessuna <strong>di</strong> noi vuole andare avanti<br />
per “quota”. Tutte vogliamo essere<br />
riconosciute per il nostro merito,<br />
per le nostre qualità che appunto<br />
non sono solo qualità <strong>di</strong> eccellenza<br />
scientifica ma sono qualità più ampie,<br />
legate alla relazione. Ci stiamo<br />
battendo perché queste qualità<br />
vengano riconosciute nei momenti<br />
della valutazione. Accanto a questo<br />
c’è un altro <strong>di</strong>scorso in cui le quote<br />
sono utilissime: ed è quello dei<br />
board, delle se<strong>di</strong> decisionali, dove<br />
non si arriva per carriera ma si arriva<br />
per cooptazione. Poichè nelle<br />
se<strong>di</strong> decisionali si sceglie in che <strong>di</strong>rezione<br />
si muove la scienza, in quali<br />
aree bisogna investire il denaro,<br />
le professionalità, i giovani talenti,<br />
in quelle se<strong>di</strong> vogliamo esserci,<br />
nelle quote adeguate. E qui noi<br />
vogliamo le quote. Assolutamente.<br />
Un’ultima suggestione. Noi donne<br />
portiamo avanti la “nanopolitica”.<br />
Mi piace fare riferimento alle nanotecnologie:<br />
sono delle tecnologie<br />
che fabbricano degli oggetti a livello<br />
molecolare con delle sostanze che sono note, come<br />
il ferro, il silicio, il carbonio che a livello molecolare<br />
hanno mostrato <strong>di</strong> possedere delle proprietà molto<br />
particolari: il dna stesso può essere conduttore <strong>di</strong> elettricità.<br />
Le donne sono proprio quelle che agiscono a<br />
livello “nano”, in questa società la globalizzazione si<br />
potrà vincere proprio con queste nuove proprietà della<br />
scala micro, della scala “nano”. Come ad esempio la<br />
stessa idea del microcre<strong>di</strong>to <strong>di</strong> Yunus. Sono queste<br />
idee geniali che possono dare una svolta. l<br />
Flavia Zucco<br />
è <strong>di</strong>rigente <strong>di</strong><br />
Ricerca presso<br />
l’istituto <strong>di</strong><br />
Neurobiologia<br />
e Me<strong>di</strong>cina<br />
molecolare del<br />
Cnr <strong>di</strong> Roma.<br />
Insegna Bioetica<br />
all’Università<br />
della Tuscia ed<br />
è presidente<br />
dell’associazione<br />
Donne e Scienza.<br />
É autrice <strong>di</strong><br />
numerose<br />
pubblicazioni<br />
scientifiche, tra<br />
cui “Il genere<br />
nel paesaggio<br />
scientifico”<br />
(E<strong>di</strong>tore Aracne).<br />
‘Nei board, le se<strong>di</strong> decisionali, dove non<br />
si arriva per carriera ma per cooptazione<br />
le quote rosa sono necessarie’<br />
marzo 2010 / <strong>La</strong> nuova ecologia 61
il filo <strong>di</strong> <strong>Arianna</strong><br />
Ripren<strong>di</strong>amo il filo<br />
Negli anni '70 il primo ecofemminismo stabiliva<br />
una connessione tra donne e natura.<br />
Un approccio che sembra superato<br />
Di Chiara certomà<br />
Il primo ecofemminismo degli anni ’70, declinazione<br />
del pensiero <strong>di</strong> genere in merito alla “questione”<br />
ecologica, si è concentrato sulla relazione tra lo sfruttamento<br />
della donna e lo sfruttamento dell’ambiente,<br />
creando un parallelismo tra la <strong>di</strong>mensione biologica<br />
del femminile e la natura. Il parallelismo emerge<br />
chiaramente nel lavoro <strong>di</strong> Carolyn Merchant The<br />
death of Nature e viene poi ripreso da altre stu<strong>di</strong>ose,<br />
come ad esempio Vandana Shiva e Maria Mies.<br />
Secondo tale visione, la connessione “naturale”, cioè<br />
spontanea, tra “natura” e donne porrebbe queste<br />
ultime in una posizione privilegiata dal punto <strong>di</strong><br />
vista della comprensione del mondo vivente. Tale<br />
approccio “essenzialista” (che tenta, cioè, <strong>di</strong> definire<br />
l’essenza dell’identità <strong>di</strong> genere in termini universali<br />
e astratti) è stato fortemente contestato nell’ambito<br />
degli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> genere.<br />
Negli anni ’80, con l’emergere del “pensiero della<br />
<strong>di</strong>fferenza”, l’ecofemminismo è stato ripensato in<br />
termini sociali. Questo ha permesso <strong>di</strong> concentrare<br />
l’attenzione sull’analisi delle relazioni <strong>di</strong> potere e le<br />
forme <strong>di</strong> dominio legate ai processi <strong>di</strong> esclusione della<br />
<strong>di</strong>fferenza. Nonostante questo ripensamento avvenuto<br />
in ambito accademico, l’ecofemminismo “essenzialista”<br />
continua però ad essere quello principalmente<br />
adottato dai movimenti sociali.<br />
A mio parere, invece, se una specificità femminile<br />
nell’impegno ambientalista può essere in<strong>di</strong>viduata,<br />
questa non si trova nel parallelismo tra donna e natura.<br />
Un simile parallelismo sembra, infatti, ridurre<br />
il “femminile” al “biologico”, producendo, in maniera<br />
più o meno esplicita, una svalutazione della <strong>di</strong>mensione<br />
culturale delle donne, opposta alla <strong>di</strong>mensione<br />
“naturale”. In secondo luogo, svilisce al contempo la<br />
<strong>di</strong>mensione biologica del maschile, come se ad esso<br />
appartenesse esclusivamente il dominio culturale e<br />
gli fosse invece preclusa la possibilità <strong>di</strong> un rapporto<br />
empatico con la natura. Oltre a ciò, tale visione riafferma<br />
implicitamente il dualismo classico tra “natura”<br />
e “cultura” che ha caratterizzato tanta parte del<br />
pensiero occidentale. Si tratta <strong>di</strong> un dualismo contro<br />
il quale il pensiero ambientale si è spesso espresso,<br />
smascherando il carattere prevaricatore della cultura<br />
sulla natura, ma che, <strong>di</strong> fatto, supportando una<br />
visione essenzialista della relazione donna/natura,<br />
non fa che riproporre. Di conseguenza, non ritengo<br />
che questa linea <strong>di</strong> pensiero sia proficua.<br />
Credo invece che, se un contributo specifico del<br />
femminile può venire all’ambientalismo, questo può<br />
essere in<strong>di</strong>viduato in una funzione d’utilità un po’<br />
particolare, che empiricamente mi sembra caratterizzare<br />
l’agire delle donne. <strong>La</strong> peculiarità <strong>di</strong> questa<br />
funzione d’utilità sta nel fatto che, invece <strong>di</strong> includere<br />
classicamente i beni <strong>di</strong> consumo, include le relazioni.<br />
Tale funzione <strong>di</strong>ce sostanzialmente che il mio<br />
benessere <strong>di</strong>pende da come stanno gli altri, dal fatto<br />
che gli altri ci siano, da come mi comporto nei loro<br />
confronti e come si comportano nei miei. Si tratta<br />
<strong>di</strong> una funzione d’utilità “relazionale”. Quest’idea<br />
sembra particolarmente consonante con tutta quella<br />
riflessione del pensiero <strong>di</strong> genere che fin da Con voce<br />
62<br />
<strong>La</strong> nuova ecologia / marzo 2010
Chiara Certomà<br />
filosofa politica si<br />
occupa, presso la<br />
Scuola Superiore<br />
Sant’Anna <strong>di</strong><br />
Pisa, <strong>di</strong> politiche<br />
ambientali.<br />
Nel 2002 è<br />
stata tra i soci<br />
fondatori <strong>di</strong> A<br />
sud (www.asud.<br />
net), associazione<br />
che si occupa <strong>di</strong><br />
ecologia sociale e<br />
cooperazione per<br />
i <strong>di</strong>ritti umani e<br />
ambientali.<br />
‘Lo specifico del femminile nella battaglia<br />
ambientalista sta proprio nel superare<br />
le <strong>di</strong>stinzioni e nel pensare in termini<br />
<strong>di</strong> relazioni’<br />
<strong>di</strong> donna <strong>di</strong> Carol Gilligan, suggerisce che le relazioni<br />
sono il fulcro della costituzione dell’identità.<br />
Ciò non vuol <strong>di</strong>re che necessariamente tali relazioni<br />
siano amichevoli o affettuose. Possono essere anche<br />
violente, antagoniste, conflittuali, ma sono non<strong>di</strong>meno<br />
importanti e rendono importanti gli “altri” verso<br />
cui la relazione esiste.<br />
Si potrebbe <strong>di</strong>re che l’attenzione si sposta, in questa<br />
visione, dai punti al legame che li unisce (la relazione<br />
Lo sguardo dell'altro<br />
Di Luca Gallerano<br />
Dopo l'assemblea è necessario<br />
continuare un percorso a cui<br />
dovrebbe partecipare ogni<br />
ambientalista. Contro qualsiasi<br />
<strong>di</strong>ffidenza<br />
Sapere che <strong>di</strong>verse donne<br />
dell’associazione stanno riflettendo sul<br />
legame forte e particolare tra loro stesse<br />
e l’ambiente, se da un lato ha generato<br />
la mia curiosità, dall’altro, come spesso<br />
avviene nelle questioni <strong>di</strong> genere, mi ha suscitato<br />
anche una certa sensazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffidenza.<br />
Sono convinto che per una donna la visione<br />
ambientalista sia più “naturale”, quasi scontata.<br />
Non solo perché “tiene per nove mesi una vita<br />
che cresce dentro <strong>di</strong> lei”, ma soprattutto perché<br />
la sensibilità e la natura stessa femminile<br />
rappresentano molto bene quel legame tra essere<br />
umano e ambiente fondato sulla “naturalità”, sul<br />
bisogno ancor più urgente <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendere la vita. Le<br />
ragioni della <strong>di</strong>ffidenza sono invece legate al fatto<br />
che, negli ultimi decenni, gli schemi interpretativi<br />
tra generi sono mutati molte volte e questo ha<br />
generato smarrimento e paure da parte <strong>di</strong> entrambi.<br />
Ma la paura del confronto si vince solo con il<br />
“confronto” stesso.<br />
Dopo l’assemblea il filo d’<strong>Arianna</strong>, posso<br />
affermare <strong>di</strong> essermi sentito arricchito, nell’ascoltare<br />
donne <strong>di</strong>verse, anche femministe o ex femministe,<br />
che mettevano sul tavolo della <strong>di</strong>scussione delle<br />
riflessioni davvero originali. Di spunti ne ho ricevuti<br />
molti. Come quello <strong>di</strong> Chiara Certomà, che ha<br />
ricucito il filo storico che dal primo ecofemminismo<br />
ci porta fino a oggi, non senza critiche costruttive e<br />
onestà intellettuale, interpretando le <strong>di</strong>fferenze <strong>di</strong><br />
genere soprattutto come <strong>di</strong>fferenze nelle relazioni.<br />
Ha colto così una forte affinità tra il modo femminile<br />
<strong>di</strong> concepire le relazioni e l’ambientalismo che è<br />
soprattutto relazione “tra e dentro i sistemi”. Sono<br />
poi rimasto affascinato, come sempre, dalle parole<br />
<strong>di</strong> Luciana Castellina, che <strong>di</strong> fronte a una società<br />
che sembra sempre più fondata su valori che<br />
trasformano la donna in oggetto, si stupisce, più<br />
che del silenzio delle donne, <strong>di</strong> quello degli uomini.<br />
Credo infine che dagli spunti <strong>di</strong> quest’assemblea,<br />
sia possibile costruire un percorso teorico ma anche<br />
pratico cui dovrebbe partecipare ogni ambientalista.<br />
Un percorso tracciato soprattutto dalle donne, ma<br />
a cui molti uomini possono e debbono dare un<br />
contributo.<br />
marzo 2010 / <strong>La</strong> nuova ecologia 63
il filo <strong>di</strong> <strong>Arianna</strong><br />
appunto), così come insegna il pensiero ambientalista<br />
contemporaneo che si fonda sul para<strong>di</strong>gma dell’ecologia<br />
ecosistemica. <strong>La</strong> comprensione dell’evoluzione<br />
contemporaneo del pensiero <strong>di</strong> genere e del pensiero<br />
ambientale, richiede però un ulteriore sforzo. Infatti,<br />
adottando le parole <strong>di</strong> Donna Haraway nel libro The<br />
companion Species Manifesto, gli altri che figurano<br />
nelle nostre relazioni non sono altri qualsiasi, sono<br />
altri “significanti” e “significativi”. Pensare gli altri<br />
in termini <strong>di</strong> significato che essi hanno nella nostra<br />
vita (ed estendere eventualmente tale sguardo<br />
a livello sistemico) implica che non importa tanto<br />
“cosa” essi sono quanto piuttosto che il loro esserci,<br />
ed esserci in un determinato modo, influenza il (mio)<br />
mondo. In<strong>di</strong>pendentemente dalla loro appartenenza<br />
ontologica – cioè dal loro far parte <strong>di</strong> una o dell’altra<br />
categoria in cui inscatoliamo “le cose” del mondo per<br />
interpretarlo – gli altri umani o non-umani possono<br />
avere un’importanza cruciale, possono essere i miei<br />
veri compagni <strong>di</strong> vita. Sulla scia <strong>di</strong> tali riflessioni<br />
credo che l’apporto originale del femminile al pensiero<br />
ambientalista risieda proprio nell’abbattere i<br />
confini ontologici (umano, macchina, animale) e i<br />
confini che, seppure utilizzati come ontologici, sono<br />
in realtà socio-culturali (uomo, donna, transgender).<br />
Lo specifico del femminile nella battaglia ambientalista<br />
sta proprio nel superare le <strong>di</strong>stinzioni e nel<br />
pensare in termini <strong>di</strong> relazioni.<br />
Se, piuttosto che in termini <strong>di</strong> classi <strong>di</strong> appartenenza,<br />
guar<strong>di</strong>amo la realtà in termini <strong>di</strong> reti <strong>di</strong> agenti,<br />
eterogenei e ibri<strong>di</strong>, scopriamo che sono queste ultime<br />
a determinare lo stato del mondo.<br />
Diventa evidente, dunque, che ciò che conta è che<br />
cosa queste reti fanno insieme, come agiscono nel<br />
mondo, in che modo il loro agire comune influenza la<br />
realtà, investe gli altri e <strong>di</strong>venta, in ultima istanza,<br />
politicamente significativo. <br />
l<br />
Donne dal meri<strong>di</strong>one<br />
Una rete <strong>di</strong> donne (ma<br />
non solo) che “a partire<br />
da sè” si interroga<br />
sui cambiamenti,<br />
le percezioni, e soprattutto i desideri della nostra<br />
generazione <strong>di</strong> donne, poco meno che trentenni,<br />
precarie e “incastrate” in stereotipi. Donne daSud è un<br />
percorso che si muove tra riflessioni e azioni sui temi<br />
della sessualità, del lavoro precario, della sicurezza<br />
(da un punto <strong>di</strong> vista <strong>di</strong> genere e con campagne contro<br />
la violenza sulle donne), della produzione culturale al<br />
femminile e delle istanze ambientali. L’associazione è a<br />
Roma in via Gentile da Mogliano 170.<br />
Info donne@dasud.it<br />
Il ruolo<br />
della memoria<br />
<strong>di</strong> Renata Ingrao*<br />
Raccogliere il filo <strong>di</strong> <strong>Arianna</strong> lanciato dalle donne <strong>di</strong><br />
Legambiente e <strong>La</strong> <strong>Nuova</strong> <strong>Ecologia</strong> è stato per me anche un<br />
po’ riannodare il filo della memoria, tornare a vent’anni fa,<br />
agli anni in cui ero impegnata attivamente nel movimento<br />
ambientalista. A <strong>La</strong> <strong>Nuova</strong> <strong>Ecologia</strong> la redazione era tutta<br />
al femminile e l’interrogarsi sul nostro essere donne e ambientaliste<br />
era una costante, un fatto “naturale” per noi redattrici con alle spalle<br />
le esperienze del femminismo. Quando <strong>di</strong>ventai segretaria generale <strong>di</strong><br />
Legambiente molte donne, fino ad allora soprattutto presenti nell’attività<br />
dei circoli, entrarono negli organismi <strong>di</strong>rigenti<br />
dell’associazione. Le liste ver<strong>di</strong> che nascevano<br />
in quegli anni furono investite, anche con<br />
qualche trauma, dalla questione delle quote<br />
rosa, per un’adeguata presenza femminile<br />
alle elezioni. Per non parlare del movimento<br />
antinuclearista, che in Italia è stato tanta<br />
parte dell’ambientalismo. Conservo a casa<br />
una foto <strong>di</strong> una manifestazione aperta da un<br />
significativo striscione: “Contro il nucleare<br />
la parola alle donne”, a riven<strong>di</strong>care per le<br />
donne, portatrici <strong>di</strong> maggiore attenzione per<br />
l’ambiente, un ruolo <strong>di</strong> primo piano nelle<br />
decisioni politiche ed economiche.<br />
Il <strong>di</strong>battito del 28 gennaio scorso a<br />
Legambiente ha rimesso in circolo queste<br />
questioni seppure in un contesto e con<br />
argomentazioni in parte nuove. Mi sono<br />
ritrovata in una comunità <strong>di</strong> donne, <strong>di</strong>verse<br />
tra loro, per esperienze, sensibilità, punti <strong>di</strong><br />
vista, età anagrafica, ma capaci <strong>di</strong> <strong>di</strong>alogare<br />
con grande intensità. Molto in questi anni è<br />
“Contro il<br />
nucleare<br />
la parola<br />
alle donne”<br />
recitava uno<br />
striscione <strong>di</strong><br />
vent'anni fa.<br />
Sembra oggi<br />
cambiato. <strong>La</strong> presenza delle donne nella società è cresciuta moltissimo,<br />
le <strong>di</strong>scussioni attorno alle quote rosa possono apparire a una giovane<br />
<strong>di</strong> oggi superate, anche se la politica continua ad essere abbastanza<br />
impermeabile alla <strong>di</strong>mensione femminile. Eppure si ripropone, come<br />
allora, la domanda: c’è qualcosa <strong>di</strong> <strong>di</strong>verso e specifico nel rapporto<br />
delle donne con la natura e l’ambiente? Io continuo a credere <strong>di</strong> sì.<br />
Il ruolo <strong>di</strong> madre non è più – o non dovrebbe essere più – per una<br />
donna un destino ineluttabile, ma una scelta consapevole, che la<br />
mette quoti<strong>di</strong>anamente a contatto con la <strong>di</strong>mensione della cura,<br />
dell’accu<strong>di</strong>mento, del benessere psicofisico, prima <strong>di</strong> tutto dei figli.<br />
Da qui nasce l’attenzione e la sensibilità maggiori verso lo stato <strong>di</strong><br />
salute dell’ambiente, la ricerca <strong>di</strong> equilibri migliori tra specie umana<br />
e natura. E questa ricerca – che riguar<strong>di</strong> l’alimentazione o l’energia,<br />
la mobilità o la qualità degli spazi urbani – ha bisogno sia della<br />
sfida scientifica e intellettuale che dell’azione concreta, della scelta<br />
pragmatica delle donne. Ecco da qui ripartirei: da un’iniziativa puntuale<br />
che veda le donne protagoniste intelligenti e preziose <strong>di</strong> quella voglia <strong>di</strong><br />
cambiamento perché un altro mondo sia possibile.<br />
* Giornalista, ex segretaria generale <strong>di</strong> Legambiente<br />
64<br />
<strong>La</strong> nuova ecologia / marzo 2010