La scuola palombaristica viareggina di Boris Giannaccini
La scuola palombaristica viareggina di Boris Giannaccini
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Fig. 7 - Il “Savoia-Marchetti S.65” recuperato nel <strong>La</strong>go <strong>di</strong> Garda con il pilota maresciallo Tommaso dal Molin.<br />
chia nave russa, la Perisviet, <strong>di</strong> 2000 tonnellate<br />
affondata subito fuori il Canale <strong>di</strong> Suez, durante<br />
il conflitto russo-giapponese. Su questa nave circolavano<br />
molte leggende: a bordo doveva esserci<br />
una grossa Madonna in oro massiccio e molte<br />
casse <strong>di</strong> sterline. Di tutto ciò i palombari viareggini<br />
non trovarono nulla, mentre nessuno aveva<br />
rimosso gli scheletri <strong>di</strong> duemila soldati che la<br />
nave custo<strong>di</strong>va come una grande bara.<br />
Recuperarono il bronzo che rivestiva il coronamento<br />
<strong>di</strong> poppa, le murate e la chiglia. Il 24<br />
marzo 1927 l’avventura a Porto Said – con la<br />
ven<strong>di</strong>ta del bronzo ai mercanti inglesi e greci che<br />
avevano seguito il lavoro <strong>di</strong> recupero – era finita.<br />
Il Naiade fece ritorno a Viareggio.<br />
Intanto il gruppo <strong>di</strong> palombari viareggini si era<br />
fatto conoscere ed apprezzare per il grande<br />
coraggio e per la perfetta conoscenza del mestiere.<br />
Gianni – l’abbiamo già detto – era un capo<strong>scuola</strong>.<br />
Intorno a lui si “facevano le ossa” nuove<br />
generazioni <strong>di</strong> palombari. Va subito detto che per<br />
Gianni il palombaro da recuperi è, senza mezze<br />
misure, un lavoratore sottomarino che non ha<br />
orari né cartellini da timbrare. “Per essere palombari<br />
– ripeteva spesso – bisogna essere prima <strong>di</strong><br />
tutto buoni marinai, carpentieri, fabbri, meccanici,<br />
calafati e non basta: poiché <strong>di</strong> tutti questi<br />
mestieri si deve avere anche il pallino. Tutto ciò<br />
che può capitare e capita laggiù, non è come tutto<br />
ciò che avviene alla luce del giorno”.<br />
E continuava: “a inchiavardare un tampone e<br />
saper decidere se va meglio il bullone <strong>di</strong> un ribattino<br />
o la flangia in luogo dei due, laggiù sott’acqua<br />
non c’è che il palombaro, e tutti gli altri si<br />
fidano <strong>di</strong> lui…..”.<br />
“Con lui si imparava davvero il mestiere”, ripetevano<br />
ad una sola voce i tanti palombari che l’hanno<br />
conosciuto e che in seguito hanno contribuito a<br />
formare la più coraggiosa ed esperta compagine <strong>di</strong><br />
palombari per recuperi subacquei a grande profon<strong>di</strong>tà<br />
che si ricor<strong>di</strong> a memoria d’uomo.<br />
<strong>La</strong>vorarono <strong>di</strong>rettamente con lui o allievi <strong>di</strong> suoi<br />
precedenti allievi in una sequenza umana senza<br />
strappi, migliorando sempre – secondo le in<strong>di</strong>cazioni<br />
del “Maestro” – il modo <strong>di</strong> lavorare sul fondo<br />
a vantaggio <strong>di</strong> un risparmio <strong>di</strong> tempo ma, soprattutto,<br />
a ridurre il più possibile i rischi <strong>di</strong> questo<br />
affascinante ma pericolosissimo lavoro.<br />
Giovanni Francesconi, Guido Martinelli, Aristide<br />
Franceschi, Alberto Bargellini, Carlo Domenici,<br />
HDS NOTIZIE N. 26 - Aprile 2003 - pag. 24