19.11.2014 Views

La guarigione dell' indemoniato di Gerasa (5,1-20) - Parrocchia S ...

La guarigione dell' indemoniato di Gerasa (5,1-20) - Parrocchia S ...

La guarigione dell' indemoniato di Gerasa (5,1-20) - Parrocchia S ...

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

Esercizi rituali nella vita or<strong>di</strong>naria — Santa Maria delle Grazie - Carosino<br />

<strong>La</strong> <strong>guarigione</strong> dell’ <strong>indemoniato</strong> <strong>di</strong> <strong>Gerasa</strong> (5,1-<strong>20</strong>)<br />

Gesù si reca qui nel territorio pagano della Decapoli. Egli non si limita quin<strong>di</strong> solo alla terra ebraica. Là gli<br />

viene incontro un <strong>indemoniato</strong>. Di lui Marco <strong>di</strong>ce che aveva uno spirito impuro e ci descrive il suo modo <strong>di</strong><br />

esprimersi. Dalla sua descrizione possiamo riconoscere moto bene la con<strong>di</strong>zione inferiore <strong>di</strong> quest'uomo. Egli vive<br />

in grotte tombali, là dove abita miseramente la morte. Che aspetto deve avere avuto l'anima <strong>di</strong> quest'uomo, se<br />

poteva solo soggiornare nelle grotte tombali? Vi sono uomini che <strong>di</strong>pingono <strong>di</strong> nero la loro casa. In loro tutto è cupo<br />

e buio. Nella loro anima regna l'oscurità. Oli uomini depressi conoscono questo stato. Essi abitano abbastanza<br />

spesso in grotte tombali interiori e queste grotte sono immagini che in<strong>di</strong>cano la <strong>di</strong>mensione malata <strong>di</strong> un uomo. Vi<br />

sono uomini in cui tutto puzza <strong>di</strong> morte e decomposizione. Qui non c'è vita che sboccia. Essi straripano <strong>di</strong> forze<br />

auto<strong>di</strong>struttìve, <strong>di</strong> un risucchio nell'abisso, <strong>di</strong> tendenze alla <strong>di</strong>ssoluzione e all'annientamento.<br />

Chi abita nelle grotte tombali si isola dagli uomini. Evidentemente, tuttavia, il malato in questione si reca<br />

in continuazione dagli altri spaventandoli o confondendoli. Si <strong>di</strong>ce, infatti, <strong>di</strong> lui che gli uomini non riuscivano ad<br />

addomesticarlo e non potevano nemmeno legarlo. Nell'uomo vi è una forza mostruosa. Egli <strong>di</strong>strugge ceppi e<br />

catene. Gli uomini non sanno reagire adeguatamente a questo malato. Magari lo legano, volendolo costringere a<br />

forza nelle loro norme. Ma egli non si fa mettere in riga e percorre la sua via. Magari volevano tranquillizzarlo<br />

affinchè egli non li molestasse più e non scre<strong>di</strong>tasse la loro famiglia. Allora la demonizzazione del malato ha<br />

qualcosa a che fare con l'intreccio <strong>di</strong> relazioni del suo ambiente. L'ambiente è co-partecipe della sua<br />

demonizzazione: esso non può sopportare, nel malato, ciò che è sconosciuto e non si lascia inquadrare e tenta perciò<br />

<strong>di</strong> legarlo.<br />

Marco ci comunica un'altra cosa ancora: il malato grida incessantemente giorno e notte. È paradossale: chi<br />

si ritira nelle grotte tombali desidera stare da solo, non vuole avere nulla a che fare con gli uomini. Chi grida, però,<br />

cerca il contatto. E grida fino a che gli uomini non lo ascoltano e non lo esau<strong>di</strong>scono, fino a che non lo prendono m<br />

considerazione. E un atteggiamento ambivalente a determinare il malato. Egli si isola e, tuttavia, desidera un<br />

rapporto con gli altri. Si nasconde e, tuttavia, guarda se gli uomini vengono a visitarlo. Nelle grotte tombali vorrebbe<br />

essere al riparo dalle ferite inferte dagli uomini, ma, allo stesso tempo lapida se stesso. Egli rivolge le sue<br />

aggressioni contro <strong>di</strong> sé. Per alcuni la ferita autoinferta rappresenta l'unica possibilità <strong>di</strong> sentire se stessi.<br />

L’<strong>indemoniato</strong> abita nelle grotte tombali. Desidererebbe più <strong>di</strong> tutto essere morto e, tuttavia, vuole<br />

anche avvertire se stesso. Così la ferita autoinferta gli resta l'unica via per poter ancora percepire che sta vivendo.<br />

L'ambivalenza del comportamento del malato si manifesta anche nella scena successiva. Non appena l'uomo<br />

vede Gesù, gli corre incontro e gli si prostra davanti, inginocchiandosi. Egli sembra riconoscere il suo potere e si<br />

sente evidentemente attratto da lui. Forse spera <strong>di</strong> poter trovare la <strong>guarigione</strong> presso questo Gesù. Allo stesso tempo,<br />

però, inveisce contro <strong>di</strong> lui, gridando: «Che hai tu in comune con me. Gesù, Figlio del Dio altissimo? Ti scongiuro,<br />

in nome <strong>di</strong> Dio, non tormentarmi!» (5,7). Egli desidera essere guarito e allo stesso tempo si <strong>di</strong>fende da lui. Una<br />

tale ambivalenza, però, è tipica <strong>di</strong> molte persone: essi si sentono tirati <strong>di</strong> qua e <strong>di</strong> là tra il desiderio <strong>di</strong> guarire e la<br />

resistenza alla <strong>guarigione</strong>. Nella loro situazione <strong>di</strong>fficile o dolorosa, infatti, conoscono il proprio stato. Se<br />

guariscono, invece, non sanno che cosa li attende. Come minimo essi non possono più sottrarsi a tutte le<br />

responsabilità, ma dovrebbero prendere in mano personalmente la propria vita.<br />

Gesù <strong>di</strong>stingue tra la persona del malato e lo spirito impuro che la occupa. Nell'uomo che si trova nel<br />

caos guarda al nucleo inferiore che è sano e crede in esso. Egli desidera separare questo nucleo salutare dai modelli<br />

<strong>di</strong> vita malsani - che determinano il malato - dallo spirito impuro che offusca il suo pensiero, dalle sue costrizioni<br />

inferiori e dalle idee fisse. Al malato Gesù chiede: «Come ti chiami?». Il nome non è qualcosa d'esteriore, ma<br />

manifesta l'essenza <strong>di</strong> un uomo. Con questa domanda Gesù mette a confronto il malato con se stesso. Deve essere lui<br />

stesso a <strong>di</strong>re chi è realmente e qual è la sua vera natura. Gesù non fa alcun commento sullo strano comportamento<br />

del malato. Lo prende sul serio, ma lo costringe anche, prescindendo dai sintomi, a guardare alla sua vera natura. <strong>La</strong><br />

risposta del malato, però, è evasiva:«Mi chiamo Legione, perché siamo in molti» (5,9). L'<strong>indemoniato</strong> utilizza qui un<br />

termine tratto dal linguaggio bellico romano. Una legione contava seimila soldati. Si può immaginare cosa volesse


Esercizi rituali nella vita or<strong>di</strong>naria — Santa Maria delle Grazie - Carosino<br />

intendere il malato con quest'espressione. Seimila stivali <strong>di</strong> soldati hanno calpestato qua e là la sua anima: gli<br />

hanno schiacciato il suo nucleo più ìntimo. Ora egli non sa più chi è veramente. Il suo sé è andato smarrito tra gli<br />

stivali dei soldati che lo hanno rifiutato e ferito. Ora egli si sente come una legione. In lui abita un'intera legione <strong>di</strong><br />

malattìe psichiche. <strong>La</strong> sua personalità si frantuma in mille pezzi. Egli si <strong>di</strong>sgrega, non intende più chi è realmente e<br />

non riesce a cogliere la sua persona nella sua interezza. L'incontro con Gesù gli permette <strong>di</strong> scoprire il suo vero<br />

sé. Talvolta l'incontro con un uomo che è nel suo centro inferiore aiuta noi stessi a giungere al nostro centro. Per<br />

colui che è <strong>di</strong>viso inferiormente Gesù, che è una cosa sola con sé e con Dio, è come un magnete che riassembla<br />

nuovamente tutte le componenti <strong>dell'</strong>anima che si <strong>di</strong>sgregano.<br />

E allora la storia prende una piega particolare. I demoni supplicano Gesù <strong>di</strong> non ban<strong>di</strong>rli dalla regione, ma <strong>di</strong><br />

lasciarli entrare nel branco dei porci. Gesù glielo permette e l'intero branco si precipita nel mare e lì affoga. Cosa<br />

vuole significare questo? Gesù non ha qui compassione per i porci? Questi, per gli ebrei, erano impuri. I <strong>di</strong>scepoli <strong>di</strong><br />

Gesù erano, certo, perfidamente contenti che i molti maiali andassero a fondo. Se la ve<strong>di</strong>amo come un'immagine<br />

interiore, potrebbe allora significare che tutto ciò che d'impuro si trova nel malato, passa nei porci. Esso trova<br />

espressione all'estemo e in questo modo cessa <strong>di</strong> tirannizzare l'anima.<br />

Inoltre esso passa nell'acqua. L'acqua è un'immagine <strong>dell'</strong>inconscio. Nel momento in cui ciò che è impuro<br />

trova il modo <strong>di</strong> manifestarsi, magari in una parola o in un'immagine <strong>di</strong>pinta dal malato, esso perde il suo potere<br />

sull'inconscio. Non può più infuriare nell'inconscio così da offuscare e determinare il nostro pensiero e il nostro<br />

agire consapevoli.<br />

Il branco dei porci è l'intera ricchezza dei pastori. Essi sono orgogliosi della loro grande proprietà. Forse a<br />

causa <strong>di</strong> uno strabismo, però, essi hanno trascurato l'uomo demonizzandolo. A volte un figlio può guarire solo se il<br />

padre lascia la sua intera proprietà, se si <strong>di</strong>stoglie come minimo da tutto ciò che è esteriore e si de<strong>di</strong>ca <strong>di</strong> nuovo al<br />

figlio. Una famiglia a cui importa solo <strong>dell'</strong>'avere' spesso non nota affatto come questo faccia ammalare i figli. I<br />

genitori vanno, magari, da un me<strong>di</strong>co all'altro per aiutare il loro bambino e spendono molti sol<strong>di</strong> perché guarisca, A<br />

guarirlo però non sarà il denaro che spendono per la <strong>guarigione</strong>, ma giusto, e solo, il denaro che lasciano e da cui<br />

prendono interiormente le <strong>di</strong>stanze.<br />

Giungono i mandriani e si guardano attorno. Non capiscono cosa sia accaduto, vedono solo che la loro<br />

proprietà è andata in rovina. Di questo non si rallegrano affatto. Così pregano Gesù <strong>di</strong> lasciare la loro regione. Non<br />

possono aver bisogno <strong>di</strong> un guaritore <strong>di</strong> questo genere. Egli, anzi, <strong>di</strong>sturba i loro rapporti e le loro relazioni che si<br />

sono arenate: porta confusione nella loro vita. L'<strong>indemoniato</strong> guarito percepisce ciò che proviene da Gesù e<br />

vorrebbe restare con lui. Quando Gesù sale con i suoi <strong>di</strong>scepoli sulla barca, vorrebbe andare con lui. Egli ha<br />

sperimentato che la vicinanza sanante e amorosa <strong>di</strong> Gesù gli fa bene: ha bisogno della sua vicinanza per rafforzare la<br />

sua nuova identità. Gesù, però, non glielo permette. Egli deve recarsi a casa e riferire alla sua famiglia cosa ha<br />

fatto Gesù per lui e con quale misericor<strong>di</strong>a lo ha trattato. Perché egli guarisca completamente è importante<br />

riconciliarsi con quelli che lo hanno ferito. Egli deve realizzare la sua identità propria là dove l'ha persa. Lui<br />

che era così malato è inviato da Gesù come missionario nella regione pagana della Decapoli. <strong>La</strong> gente lo sta a<br />

sentire e si stupisce. Chi, come l'<strong>indemoniato</strong>, ha sopportato una crisi <strong>di</strong> questo genere è capace <strong>di</strong> raccontare <strong>di</strong> Dio<br />

e <strong>dell'</strong>operato <strong>di</strong> Gesù in modo <strong>di</strong>verso. Egli tocca i cuori dei suoi ascoltatori. Questi si aprono al mistero dì Dio: «E<br />

tutti ne erano meravigliati» (5,<strong>20</strong>).<br />

Dalle regole del Discernimento secondo S.Ignazio <strong>di</strong> Loyola<br />

Ignazio de<strong>di</strong>ca anche alcune considerazioni alla strategia tenuta da Satana nel tentare l'uomo:<br />

somiglia a coloro che fanno la voce grossa coi deboli, ma si indeboliscono <strong>di</strong>nanzi ai forti: "E* proprio del nemico<br />

indebolirsi, perdersi d'animo e in<strong>di</strong>etreggiare con le sue tentazioni quando la persona che si esercita nelle cose<br />

spirituali si oppone con fermezza alle sue tentazioni. Ma se, al contrario, la persona comincia ad avere timore<br />

o a perdersi d'animo nel fronteggiare le tentazioni, non c'è sulla faccia della terra bestia più feroce <strong>di</strong> lui".<br />

Molto spesso, quin<strong>di</strong>. Satana gioca le sue carte da bravo illusionista per ingenerare nel nostro animo lo<br />

scoraggiamento.<br />

Un rospo che vive infondo a un pozzo giu<strong>di</strong>ca la vastìtà del ciclo sulla base del bordo del pozzo<br />

(proverbio mongolo)

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!