n°7 - indiosmundo.reggio-emili..
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Spediz. in abb. post. - Tab. C, art. 2/C – Art. 1 comma 2 - Art. 2 comma 1 d.l. 23-12-2003/ n. 353 - G.U. 29-12-2003 - Filiale R.E. - Tassa pagata taxe perçue - Anno XXXVII - N. 7 - Agosto-Settembre 2006 - In caso di mancato recapito rinviare all'Ufficio P.T. di Reggio Emilia detentore del conto per restituzione al mittente che si impegna a pagare la relativa tariffa.<br />
NOTIZIARIO<br />
MENSILE del Comitato Provinciale Associazione Nazionale Partigiani d'Italia di Reggio Emilia<br />
«FARE L’AMORE<br />
CON LA<br />
NON-VIOLENZA<br />
PER PARTORIRE<br />
LA PACE<br />
DAL GREMBO<br />
DELLA SOCIETÀ»<br />
(Angelo Frammartino,<br />
volontario per l’assistenza a bambini palestinesi,<br />
ucciso da un arabo a Gerusalemme<br />
il 10 agosto 2006)
Sommario<br />
pag.<br />
– L’Anpi davanti alle sfide del presente e del futuro,<br />
di Giacomo Notari .......................................................................... 3<br />
– “Con voi dell’Anpi mi sento una grande famiglia”.<br />
Intervista al neo segretario Ds Giulio Fantuzzi, a cura di<br />
Antonio Zambonelli ....................................................................... 4<br />
– Dario sempre con noi ..................................................................... 5<br />
– Non dimentichiamo la Palestina!, di Daniela Lorenzoni................ 6<br />
– L’Anpi di Reggio Emilia per i bambini Palestinesi........................ 7<br />
– È in gioco il futuro di Israele, di d.l. ............................................... 8<br />
– Chi è amico di Israele, di a.z......................................................... 9<br />
– I tristi strascichi della guerra, di Riccardo Bertani ......................... 10<br />
– Mondiali antirazzisti 2006, di Fabio Dolci ..................................... 11<br />
– Spagna 1936-2006. Ricordo della guerra civile,<br />
di Antonio Zambonelli ................................................................... 12<br />
– Estate 1936. I primi dodici reggiani volontari antifranchisti<br />
in Spagna, di a.z. ............................................................................ 13<br />
– Donne in guerra, donne di pace: libro e recital al Museo Cervi,<br />
di Gino Belli ................................................................................... 15<br />
– Tornare a Falcade, di Bruno Grulli................................................. 16<br />
– Un romanzo che ci tuffa nella storia sociale dell’Ottocento,<br />
di Antonio Zambonelli ................................................................... 18<br />
– Che lo spirito di Zapatero sia con noi, di g. b................................. 19<br />
– Convitto scuola di Rivaltella .......................................................... 20<br />
– La Resistenza vive nella Costituzione, di Alessandro Fontanesi ... 21<br />
– Visita delle classi III di Poviglio alla Benedicta ............................ 21<br />
– Nino Barazzoni, una vita tra due mondi, recensione di a.z. ........... 22<br />
– “Abbasso il Duce”, video resistente girato a San Polo d’Enza ...... 22<br />
– Il No al referendum: quant’è bella la nostra Costituzione,<br />
di Glauco Bertani ............................................................................ 23<br />
– 24-25 maggio ’44. L’assedio di Villa Minozzo nel racconto di<br />
una bambina di dieci anni, di Sandra Zambonini ........................... 24<br />
– Sono ancora necessarie le basi Usa in Italia,<br />
di Bruno Bertolaso .......................................................................... 25<br />
– In ricordo di Enzo Salsi, di Sidraco Codeluppi .............................. 26<br />
– Restaurata in Camporanieri la stele per i partigiani<br />
Malaguti e Simonazzi ..................................................................... 27<br />
– Un grave lutto a ha colpito Giannetto Magnanini .......................... 27<br />
– Guerra-Resistenza-Politica: Storie di donne,<br />
di Eletta Bertani .............................................................................. 28<br />
NOTIZIARIO A.N.P.I.<br />
Spedizione in abbonamento postale - Gruppo III - 70%<br />
Mensile del Comitato Provinciale<br />
Associazione Nazionale Partigiani d'Italia di Reggio Emilia<br />
e-mail: editoria@istoreco.re.it<br />
Proprietario: Giacomo Notari<br />
Direttore: Antonio Zambonelli<br />
Comitato di redazione<br />
Eletta Bertani, Glauco Bertani, Ireo Lusuardi<br />
Collaboratori: Massimo Becchi, Riccardo Bertani, Bruno Bertolaso,<br />
Sandra Campanini, Nicoletta Gemmi, Enzo Iori, Enrico Lelli,<br />
Saverio Morselli, Fabrizio Tavernelli<br />
Registrazione Tribunale di Reggio Emilia n. 276 del 2 Marzo 1970<br />
Stampa: Litograf 5 - Reggio Emilia<br />
Questo numero è stato chiuso in tipografia il 24 agosto 2006<br />
* * *<br />
Per sostenere il “Notiziario”:<br />
BIPOP CARIRE, piazza del Monte (già Cesare Battisti) - Reggio Emilia<br />
c.c. bancario n. 11819 ABI 5437 CAB 12811 (specificare la causale).<br />
pag.<br />
– Un partigiano di 16 anni: Bruno Friggeri, di g.f. ........................... 30<br />
* * *<br />
Le rubriche<br />
– Cittadini-Democrazia-Potere, di Claudio Ghiretti .......................... 31<br />
– Segnali di Pace, di Saverio Morselli .............................................. 32<br />
– Opinion leder, di Fabrizio “Taver” Tavernelli .............................. 33<br />
– L’informazione sanitaria. Le risposte del prof. Enzo Iori .............. 34<br />
– Conoscere gli altri: i Careli, di Riccardo Bertani ........................... 35<br />
* * *<br />
– I nostri lutti ..................................................................................... 36<br />
– Anniversari ..................................................................................... 37<br />
– Offerte ............................................................................................ 39<br />
2 - NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006
L’Anpi davanti alle sfide<br />
del presente e del futuro<br />
Al 14° Congresso della nostra associazione,<br />
gennaio 2006, fra tanti temi ci<br />
ponemmo una domanda: dopo i<br />
sessantesimi della liberazione dal fascismo<br />
e dalla monarchia, della conquista<br />
del voto alle donne, della nascita<br />
della Repubblica e della Costituzione,<br />
c’è ancora bisogno di un’associazione<br />
partigiana che incarni in sé i<br />
valori della resistenza, li difenda con<br />
altre forze democratiche, mettendo al<br />
sicuro i principi costituzionali A tale<br />
interrogativo rispondemmo di sì, che<br />
c’è ancora bisogno dei vecchi e nuovi<br />
resistenti. Le modifiche allo Statuto<br />
(sancite dal Congresso nazionale) che<br />
consentono ai giovani di entrare a pieno<br />
titolo nella nostra associazione sono<br />
soltanto la logica conseguenza di tale<br />
risposta.<br />
Riprendiamo il discorso in merito in<br />
un momento politico di non facile interpretazione,<br />
ma anche con segnali di<br />
chiara lettura. Vedasi il tentativo di<br />
attacco alla Carta costituzionale, si pensi<br />
ai venti di guerra che macinano<br />
uomini e ricchezze determinando uno<br />
stato di ansia generalizzata e in particolare<br />
fra le giovani generazioni. Giovani<br />
francesi hanno manifestato tale<br />
stato di ansia, forse di angoscia, devastando<br />
interi quartieri, senza precisi<br />
obbiettivi. I riferimenti culturali alla<br />
Comune di Parigi o alla Resistenza<br />
francese contro il nazismo paiono assopiti<br />
se non addirittura cancellati.<br />
In Italia la gran parte dei giovani sembra<br />
apparentemente vivere nella indifferenza.<br />
Ma se analizziamo meglio,<br />
troviamo che su precisi obbiettivi ci<br />
sono slanci generosi. La rivolta che si<br />
manifestò contro la riforma Moratti<br />
nella scuola, e quella ancora ben viva<br />
contro la guerra in Iraq, sono alcune<br />
delle possibili conferme. Slanci di solidarietà<br />
li troviamo nel volontariato,<br />
nell’impegno nel sociale anche verso i<br />
paesi più poveri dei vari continenti.<br />
Sono molti i giovani che, attraverso<br />
associazioni, comuni, parrocchie, prestano<br />
la loro opera gratuita costruendo<br />
ambulatori, scuole, ospedali, pozzi<br />
“L’Anpi di Reggio Emilia, sul tema<br />
del rapporto con le nuove generazioni,<br />
organizzerà in autunno un<br />
seminario aperto ai contributi dei<br />
giovani, di organizzazioni politiche,<br />
di circoli, associazioni culturali<br />
e ricreative con l’obbiettivo di<br />
contribuire a ricomporre un possibile<br />
discorso unitario di fronte ai<br />
grandi temi della pace e della giustizia<br />
sociale in un mondo che talvolta<br />
sembra avvitarsi in violente<br />
contraddizioni senza via di uscita.<br />
Ma come vecchi resistenti, abbiamo<br />
sempre presente il motto che fu<br />
caro a Gramsci: pessimismo dell’intelligenza,<br />
ottimismo della volontà”.<br />
dove manca l’acqua potabile, ecc., o<br />
facendo arrivare cibo, medicinali, vestiario.<br />
Questi impegni lodevoli e particolari,<br />
maturano in assenza di<br />
obbiettivi generali che la politica non<br />
riesce a proporre, una politica rinnovata,<br />
capace di coinvolgere la moltitudine<br />
dei giovani.<br />
D’altra parte si deve purtroppo registrare<br />
che, in mancanza di motivazioni capaci<br />
di mobilitare, c’è chi si rifugia<br />
nella droga, nell’alcol oppure in gruppuscoli<br />
velleitari che pensano di cambiare<br />
il corso della storia,magari rompendo<br />
qualche vetrina , incendiando<br />
qualche auto, e non andando a votare.<br />
Giacomo Notari.<br />
L’Anpi, aprendo ai giovani, manifesta<br />
una grande fiducia nelle nuove generazioni<br />
che dovranno prendere in mano<br />
il destino del nostro Paese nel tempo<br />
che verrà.<br />
La storia del secolo appena trascorso<br />
ci deve illuminare. Noi, e anche molti<br />
più vecchi di noi, cresciuti nell’angusta<br />
e soffocante cultura del fascismo,<br />
quando fu il momento non avemmo<br />
esitazioni a prendere le armi, nelle<br />
città e nelle campagne, contro i nazisti<br />
e i loro servi, contro la guerra. Si rifletta<br />
sugli elenchi dei partigiani caduti:<br />
oltre il 60 per cento di loro sono giovani<br />
dai 16 ai 25-30 anni. Eppure nessuno,<br />
al momento della scelta, aveva loro<br />
promesso una paga, una elegante divisa,<br />
confortevoli condizioni di alloggio<br />
e di nutrimento. Eppure l’aspirazione<br />
alla pace, alla libertà, fu come un grido<br />
che penetrò tante coscienze di giovani<br />
che seppero affrontare sacrifici<br />
inenarrabili. Grande fu poi l’impegno<br />
dei giovani nella ricostruzione morale<br />
e materiale del Paese.<br />
Alle elezioni politiche del 1953<br />
1.500.000 giovani votarono comunista<br />
dando un contributo determinante<br />
per battere la “legge truffa”.<br />
Ancora nel 1960, contro il governo<br />
Tambroni, troviamo nelle piazze i giovani<br />
delle magliette a strisce a difendere<br />
la libertà come vecchi partigiani, da<br />
Genova a Palermo a Catania, da Milano<br />
a Reggio Emilia, questa nostra città<br />
dove i cinque giovani uccisi in piazza<br />
il 7 luglio ancora sanguinano chiedendo<br />
giustizia.<br />
Grazie a quei giovani l’Italia riprese<br />
un cammino democratico.<br />
E infine come non aver presente l’impegno<br />
di tanti giovani nelle strade di<br />
Genova e di Firenze, e anche il loro<br />
contributo nel risultato elettorale alle<br />
politiche del 9-10 aprile 2006.<br />
Ecco perché l’Anpi ripone fiducia nelle<br />
nuove generazioni. Ed è per questo<br />
che assieme dobbiamo costruire percorsi<br />
che guardino al futuro, al bene<br />
dell’Italia e del mondo.<br />
Giacomo Notari<br />
NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006 - 3
“Con voi dell’Anpi mi sento<br />
in una grande famiglia”<br />
Nostra intervista a Giulio Fantuzzi, neo segretario Ds<br />
Caro Fantuzzi, hai alle spalle una lunga<br />
esperienza di pubblico amministratore,<br />
di parlamentare europeo, di dirigente<br />
politico e del movimento cooperativo e<br />
contadino. Che effetto ti fa trovarti da<br />
qualche tempo, e in questa situazione,<br />
segretario provinciale dei Ds di Reggio<br />
Emilia<br />
Mi dà la piacevole sensazione del ritorno<br />
a casa, entro le mura amiche di quel<br />
Partito in cui non ho mai smesso di<br />
“credere”. Un Partito che è sempre stato<br />
un riferimento ideale e politico di primissimo<br />
ordine in tutte le esperienze che<br />
ho potuto fare in questi anni e che hai<br />
richiamato. La sua vitalità, la sua serietà,<br />
il suo volto ragionevole e perbene li ho<br />
potuti sperimentare e collaudare sia nella<br />
militanza attiva che nel rapporto di<br />
vicinato vissuto in prima persona, in<br />
tutti questi anni, a Reggio e fuori. A<br />
favore di questo Partito, a tutti i democratici<br />
di sinistra di questa provincia,<br />
spero di poter ricambiare, almeno in<br />
parte, quello che, lui e loro, hanno dato a<br />
me. Davvero tanto. Sono ancora un po’<br />
incredulo. Tanta fiducia per un ruolo<br />
così delicato e in un momento tanto<br />
difficile, concentrarsi proprio sul sottoscritto…<br />
Cercherò di farne tesoro. C’è<br />
tanto lavoro da fare. Non siamo più ai<br />
tempi del vecchio Partito che pretendeva<br />
di “dettare la linea” un po’ su tutto.<br />
Tanta acqua è passata sotto i ponti. Anche<br />
sotto quello di San Pellegrino, che<br />
separa la storica sede del Pci Via Toschi<br />
da quella attuale dei Ds in Via Gandhi.<br />
Eppure un moderno partito di massa<br />
come il nostro nel Paese e a Reggio ha un<br />
ruolo essenziale da giocare. Dopo l’oscura<br />
parentesi berlusconiana, c’è da ridare<br />
alla politica il senso del progetto, del<br />
bene comune. Siamo stati contaminati<br />
dall’abuso politico dei poteri forti, degli<br />
interessi personali. Serve un robusto antidoto.<br />
E grazie ai Ds, è ancora disponibile.<br />
È il gusto, la voglia della partecipazione<br />
in prima persona per offrire un<br />
futuro migliore ai nostri figli. Io ne ho<br />
tre. Non vorrei sentirmi rimproverare da<br />
loro: ma papà, perché non ci hai provato<br />
quando avresti potuto<br />
In particolare, come vedi la prospettiva<br />
di un’unità del centro sinistra che dai<br />
livelli di governo (locale e nazionale)<br />
possa approdare alla costruzione del<br />
Partito democratico<br />
La vedo come una necessità storica<br />
ineludibile. Ho grande rispetto per chi,<br />
anche nel nostro Partito, vive questo<br />
percorso verso il nuovo Partito dell’Ulivo<br />
con molta ansia e preoccupazione.<br />
Però star fermi non si può. E serve il<br />
contributo di tutti, affinché quella prospettiva<br />
sia sicura e sostenibile. Le nuove<br />
generazioni chiedono alla politica, a<br />
quella onesta e disinteressata, un grande<br />
sforzo d’innovazione. I partiti di più<br />
consolidata tradizione perdono appeal,<br />
di fronte alle grandi sfide della modernità.<br />
Anche la tradizione socialista sconta<br />
le sue difficoltà. L’esito elettorale ce lo<br />
conferma. Crescere in consenso, così<br />
come si è, è un problema serio, già da un<br />
po’ di tempo anche per il nostro Partito.<br />
Nel vuoto d’indifferenza e di passività<br />
che si crea, possono sorgere tentazioni<br />
antipolitiche che inseguono leader dalle<br />
facili promesse. E il tessuto civile di<br />
solidarietà sociale, di partecipazione responsabile,<br />
di democrazia matura si corrompe.<br />
Il popolo delle primarie, invece,<br />
un messaggio preciso ce l’ha dato. Insieme<br />
si può. Tra partiti riformisti è meglio.<br />
Purché il tutto non si riduca ad un’operazione<br />
di vertice (meglio, di vertici). Ds e<br />
Margherita si intendono più che bene nel<br />
Governo nazionale, nei governi locali di<br />
Reggio e provincia. Dunque possono<br />
essere i motori di un grande rinnovamento<br />
della politica italiana. E con un<br />
grande partito riformista anche il<br />
bipolarismo made in Italy sarà meno<br />
precario.<br />
Poiché ti sto intervistando per il periodico<br />
dell’Anpi locale, sento il dovere di<br />
farti una domanda che attiene anche<br />
(ma non solo) alle tue radici familiari<br />
(penso in particolare a tuo nonno sen.<br />
Silvio Fantuzzi): quanto pensi debba<br />
pesare la “cultura dell’antifascismo”<br />
nella prospettiva del Partito democratico<br />
Viva le radici, familiari e non. Viva<br />
l’appartenenza alla causa dei deboli, degli<br />
oppressi. Viva la condivisione della solidarietà,<br />
della pace, della libertà. Queste<br />
sono tracce della mia vita. Sono cresciuto<br />
nella cultura politica<br />
dell’antifascismo e ne sono orgoglioso.<br />
È una grande fortuna che mi è capitata.<br />
Ebbene, se io penso, oggi, agli impegni<br />
forti su cui il Partito democratico si sta<br />
cimentando già nel suo farsi, non posso<br />
non pensare alla straordinaria attualità<br />
del sentimento antifascista. La difesa<br />
della Costituzione, l’unità della Repubblica,<br />
la costruzione della pace ai confini<br />
dell’Europa, i diritti di cittadinanza e<br />
l’integrazione degli immigrati non sono<br />
qualcos’altro rispetto ai valori per i quali<br />
l’Anpi impegna le sue energie con tanta<br />
passione. Il peso della cultura<br />
dell’antifascismo è oggettivo. È qui. Non<br />
altrove. Ecco con voi dell’Anpi mi sento<br />
in una grande famiglia, che non vive di<br />
ricordi, ma che guarda in avanti, a quel<br />
“nuovo raccolto” che viene dopo e a cui<br />
è bene prepararsi con animo ben disposto.<br />
Quel nuovo raccolto di cui parlava<br />
Papà Cervi. Lo conobbi da bambino.<br />
Un’altra grande fortuna.<br />
a cura di Antonio Zambonelli<br />
4 - NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006
Dario sempre con noi!<br />
Sono passati quasi dodici mesi dalla scomparsa<br />
di Giuseppe Carretti, avvenuta il 2<br />
ottobre 2005, dopo una breve quanto<br />
fulminea malattia.<br />
L’Anpi provinciale e la redazione del “Notiziario<br />
Anpi” ricordano con grande affetto<br />
e grande stima il Partigiano Dario, vice<br />
comandante di battaglione della 145 a Brigata<br />
Garibaldi, che ha diretto in qualità di<br />
presidente, per 25 anni, l’Associazione<br />
con equilibrio e nello stesso tempo con<br />
grande incisività e che, in veste di direttore,<br />
ha trasformato il “Notiziario Anpi” da<br />
semplice foglio dattiloscritto in una Rivista<br />
apprezzata anche fuori dai confini provinciali<br />
e regionali.<br />
Non è certo superfluo, allora, tracciare brevemente<br />
un suo profilo non tanto per chi lo<br />
ha conosciuto, ma per chi s’imbatta “casualmente”<br />
in queste righe commemorative.<br />
Nato nel 1923 a Villa Cella (RE), trascorre<br />
in povertà l’infanzia e la giovinezza a Villa<br />
Seta. Il 15 aprile 1944, insieme a una<br />
quarantina di altri giovani, sale<br />
sull’Appennino reggiano e diventa Partigiano.<br />
Dopo la guerra, Carretti, cogliendo<br />
le opportunità offerte dall’Anpi e da altri<br />
soggetti, consegue la licenza di terza media.<br />
Dal 1960 al 1977 è sindaco di<br />
Cadelbosco Sopra per il Partito comunista,<br />
al quale aveva aderito al termine del<br />
conflitto, partecipando come protagonista<br />
alla Ricostruzione.<br />
Nel 1964, e recentemente ripubblicato,<br />
aveva scritto una storia di Cadelbosco (I<br />
giorni della grande prova) in cui sono<br />
menzionati momenti della sua esperienza<br />
di partigiano. Nel ’77 è eletto presidente<br />
dell’Anpi, carica che lascerà all’inizio del<br />
2002 insieme a quella di direttore del “Notiziario”,<br />
con cui continuerà a colloborare<br />
fino all’ultimo (per una breve biografia si<br />
veda: a.z., Auguri affettuosi a Dario che ha<br />
compiuto ottant’anni, “Notiziario Anpi”,<br />
1-2/2003).<br />
Nel ricordare la figura di un uomo che dei<br />
valori civili e sociali ha fatto la sua ragione<br />
di vita, un affettuso saluto va anche alla<br />
vedova Maria Montanari, che con lui ha<br />
condiviso un’intera vita, e che nel numero<br />
di marzo 2006 del “Notiziario” ha ricordato,<br />
in un’intervista, il suo incontro con<br />
Giuseppe: “Quando è arrivato a casa dalla<br />
montagna, sarà stato il 26 o il 27 aprile, era<br />
vestito così (indica una foto in cui Caretti<br />
è vestito da partigiano, ndr). Sai, giovane,<br />
vestito così, in una moto… e baciava tutte,<br />
e a me mi ha baciata ma in un modo… in<br />
un altro modo, almeno così mi pareva”.<br />
Ciao Dario.<br />
NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006 - 5
Non dimentichiamo la Palestina!<br />
La drammatica situazione che si è creata<br />
in Medio Oriente con la guerra che Israele<br />
ha portato nel cuore del Libano rischia<br />
di far dimenticare l’altrettanto<br />
drammatica situazione di Gaza e della<br />
Cisgiordania.<br />
Mentre sui nostri teleschermi scorrevano<br />
le immagini delle città israeliane<br />
bombardate, dei morti e dei feriti<br />
libanesi, delle infrastrutture distrutte,<br />
dei quartieri di Beirut e di Tiro rasi al<br />
suolo, dei profughi in fuga dalle loro<br />
case, a Gaza l’esercito israeliano continuava<br />
la sua opera di devastazione e di<br />
uccisioni.<br />
Mentre sui nostri giornali si dava il<br />
giusto rilievo alla nuova emergenza umanitaria<br />
del Libano, a Gaza l’emergenza<br />
continuava facendosi di giorno in giorno<br />
più acuta.<br />
Anche la situazione in Cisgiordania è<br />
diventata insostenibile. Continuano le<br />
incursioni e i rastrellamenti nelle città<br />
palestinesi con arresti (perché non li<br />
chiamiamo rapimenti) e uccisioni mirate,<br />
a Nablus come a Ramallah. Gli<br />
spostamenti sono sempre più difficoltosi,<br />
la mancanza di lavoro sempre più<br />
grave e, per chi ancora lavora, come i<br />
dipendenti pubblici (insegnanti, impiegati<br />
delle amministrazioni, personale<br />
sanitario, polizia) non c’è salario da sei<br />
mesi.<br />
È evidente che in una situazione simile<br />
si rendono ancor più necessari concreti<br />
aiuti internazionali.<br />
È altrettanto evidente però che più la<br />
situazione peggiora, più diventa difficile<br />
realizzare progetti di sostegno e inviare<br />
aiuti.<br />
Difficile, perché i bisogni sono enormi,<br />
perché i blocchi, le chiusure, le intimidazioni<br />
dell’esercito israeliano impediscono<br />
incontri e contatti, perché Israele<br />
non fa entrare merci (medicinali, derrate<br />
alimentari, strumenti) se non a suo<br />
arbitrio e dopo interminabili attese, perché<br />
le Banche si rifiutano di “far girare”<br />
soldi destinati ai Palestinesi per timore<br />
di incorrere in sanzioni internazionali.<br />
E poi, in un paese dove si muore per<br />
mancanza di medicine salvavita e di<br />
cure e dove tra un po’ si potrà morire di<br />
fame o di sete (qualche morto c’è già<br />
stato tra le centinaia di palestinesi che<br />
tentavano di rientrare a Gaza dall’Egitto<br />
attraverso il valico di Rafah e che sono<br />
stati bloccati per giorni e giorni alla<br />
frontiera, accampati alla meglio nel deserto)<br />
con quale cuore si può pensare a<br />
realizzare progetti che guardano al futuro<br />
A costruire occasioni di crescita e<br />
sviluppo<br />
Eppure è di questo che i Palestinesi<br />
hanno bisogno, per preservare la loro<br />
dignità, per resistere all’occupazione,<br />
per non perdere la speranza nel futuro e<br />
continuare a credere in una pace possibile.<br />
E ne hanno bisogno adesso. In<br />
attesa che la diplomazia internazionale<br />
si decida finalmente ad intervenire, sono<br />
le “piccole”azioni solidali, frutto dell’impegno<br />
personale di chi nel mondo<br />
vuole essere vicino al dramma di questo<br />
popolo, che possono contribuire a rompere<br />
l’isolamento e a mantenere viva la<br />
speranza.<br />
Fra tutte le cose che potrebbero essere<br />
fatte me ne vengono in mente un paio,<br />
diverse fra di loro, ma accomunate dal<br />
fatto di essere rivolte ai bambini che<br />
rappresentano per eccellenza il futuro di<br />
un popolo.<br />
Il Centro di Riabilitazione di<br />
Ramallah<br />
Quando l’anno scorso il Presidente della<br />
Mezza Luna Rossa Palestinese è stato<br />
ospite di Reggio Emilia (e dell’Anpi)<br />
aveva presentato la richiesta di supporto<br />
per il Centro di Riabilitazione dei bambini<br />
con problemi dell’udito e del linguaggio<br />
a Ramallah.<br />
Durante il nostro viaggio in Palestina di<br />
qualche mese fa abbiamo visitato il Centro,<br />
abbiamo raccolto informazioni e<br />
documentazione.<br />
A Reggio ne abbiamo parlato con la<br />
dr.ssa Martini, direttore generale<br />
dell’Usl di Reggio e con professionisti<br />
esperti del problema.<br />
Alla luce di queste acquisizioni un<br />
intervento a favore di questo centro potrebbe<br />
articolarsi in:<br />
Un’immagine dell’Asilo di Seilat.<br />
A - Collaborazione scientifica<br />
• Formazione (sia in loco che in Italia)<br />
• Stages<br />
• Consulenze<br />
• Confronto di esperienze<br />
• Strumentario (sostituzione di strumenti<br />
obsoleti, manutenzione, forniture)<br />
B – Adozione di una classe della scuola<br />
speciale del centro<br />
Fin dalla fine degli anni ’90 il Centro si<br />
è dotato di una Scuola Materna e di una<br />
Scuola elementare nelle quali i bambini,<br />
attraverso programmi ed attrezzature<br />
speciali possono essere riabilitati e seguire<br />
un corso di studi “regolare”. Alla<br />
Scuola è annesso un Convitto dove alcuni<br />
bambini possono risiedere durante<br />
la settimana. Il Convitto non era inizialmente<br />
previsto, ma si è reso necessario<br />
per le gravi difficoltà di spostamento dei<br />
bambini che vivono fuori Ramallah. I<br />
check points, le frequenti e improvvise<br />
chiusure del territorio da parte degli<br />
israeliani, le incursioni dell’esercito israeliano<br />
rendono pericoloso e spesso impossibile<br />
qualsiasi spostamento.<br />
Per quanto riguarda la Scuola, vi è la<br />
necessità di aumentare il numero delle<br />
classi; si potrebbe dunque pensare alla<br />
“adozione” di una nuova classe nelle<br />
forme che i Responsabili del Centro<br />
riterranno più opportune (arredi, attrezzature<br />
speciali, materiale didattico…).<br />
L’Asilo di Seilat<br />
Seilat è un villaggio di circa seimila<br />
abitanti nella Provincia di Jenin. La sua<br />
economia si basava sull’agricoltura (20<br />
percento), su piccole imprese artigianali<br />
e commerciali (30 percento) e per il<br />
6 - NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006
esto sul lavoro in Israele. Negli ultimi<br />
anni questa importante risorsa si è completamente<br />
azzerata perché Israele non<br />
concede più permessi lavorativi ai<br />
Palestinesi.<br />
A Seilat abbiamo incontrato Taman,<br />
una piccola donna testarda e coraggiosa<br />
che, oltre ad essere consigliera comunale,<br />
è la Responsabile del Centro Donne<br />
del villaggio.<br />
A Seilat Taman ci ha fatto visitare l’Asilo<br />
che è stato realizzato alcuni anni fa<br />
dal Centro Donne, grazie anche agli<br />
aiuti delle Donne in Nero italiane, e che<br />
riesce ad accogliere una novantina di<br />
bambini in età prescolare.<br />
L’asilo è piccolo, disadorno. A noi che<br />
veniamo da Reggio Emilia (“le scuole<br />
più belle del mondo”) il cuore si stringe<br />
un po’.<br />
Grazie all’asilo, qualche mamma ha<br />
potuto dedicare parte del suo tempo a<br />
piccole imprese lavorative, unica fonte<br />
di sussistenza, a volte, per le famiglie.<br />
Sempre grazie all’asilo, 5 ragazze<br />
diplomate hanno potuto ottenere il posto<br />
di maestre e ricevere un modestissimo<br />
stipendio. Per consentire questo e<br />
per garantire la vita quotidiana dell’asilo<br />
i genitori dei bambini pagano una<br />
piccola retta mensile.<br />
Taman era orgogliosa dei risultati raggiunti,<br />
ma la situazione, invece di migliorare,<br />
si fa sempre più pesante. L’occupazione<br />
israeliana non allenta la sua morsa,<br />
anzi. È sempre più difficile trovare un<br />
lavoro, ricevere aiuti, sopravvivere.<br />
L’asilo ha subito dei danni, le linee<br />
telefoniche sono state tagliate, la struttura<br />
si deteriora se non si eseguono<br />
lavori di manutenzione e di parziale<br />
ristrutturazione. C’è bisogno di materiale<br />
didattico, di giochi; c’è bisogno di<br />
garantire una mensa ai circa 90 bambini<br />
che lo frequentano.<br />
Abbiamo promesso a Taman che ci saremmo<br />
ricordati di Seilat al nostro ritorno<br />
in Italia.<br />
Le donne<br />
I “Centri donne”, diffusi un po’ in tutti i<br />
Territori occupati, sono dei Comitati<br />
locali di assistenza socio sanitaria sostenuti<br />
dal Medical Relief, Ong<br />
palestinese il cui presidente è il dr.<br />
Mustafa Barghouti.<br />
La loro filosofia si incentra sull’idea di<br />
società civile, quale soggetto ricco di<br />
valori ed energie da mobilitare e valorizzare<br />
per garantire la crescita democratica<br />
del Paese.<br />
Le donne che hanno voluto questi Centri<br />
e che con determinazione ne sostengono<br />
lo sviluppo e le attività sono l’<br />
incarnazione (emblema…simbolo…)<br />
della Resistenza palestinese. Molte di<br />
loro hanno subito il carcere israeliano,<br />
arrestate senza ragione o semplicemente<br />
perché parenti di persone “sospette”;<br />
alcune portano i segni delle percosse e<br />
dei maltrattamenti subiti durante la detenzione.<br />
I loro uomini sono stati feriti,<br />
uccisi, imprigionati o costretti a vivere<br />
nascosti; quando gli è “andata bene”<br />
hanno comunque perso il lavoro. Queste<br />
donne si sono fatte carico di preservare<br />
e anzi di migliorare il tessuto sociale<br />
palestinese, sviluppando fitte reti di<br />
solidarietà, creando opportunità<br />
educative e di lavoro, sostenendo giorno<br />
dopo giorno il diritto alla libertà.<br />
Daniela Lorenzoni<br />
L’ANPI di Reggio Emilia<br />
per i bambini Palestinesi<br />
Nell’ultimo Congresso Provinciale è stata lanciata una campagna di solidarietà<br />
per il Popolo Palestinese rivolta al futuro di ogni popolo: i bambini.<br />
L’intervento si concentra sulle loro necessità quotidiane e sulle esigenze di<br />
riabilitazione.; la visita in Palestina di alcuni medici ha consentito di individuare<br />
obiettivi specifici e realizzabili in tempi brevi.<br />
Il Presidente della Mezza Luna Rossa Palestinese ospite dell’Anpi.<br />
L’ASILO DI SEILAT<br />
Seilat è un villaggio di circa 6.000 abitanti nella Provincia di Jenin.<br />
A Seilat c’è un Asilo realizzato dal Centro Donne del villaggio. L’asilo è<br />
piccolo, disadorno e lo frequentano circa 90 bambini.<br />
A noi che viviamo a Reggio Emilia (“le scuole più belle del mondo”) il cuore<br />
si stringe un po’.<br />
L’asilo ha subito danni, le linee telefoniche sono state tagliate e la struttura si<br />
deteriora se non sarà possibile eseguire lavori di manutenzione e di parziale<br />
ristrutturazione.<br />
C’è bisogno di materiale didattico, di giochi, di garantire una mensa ai bambini<br />
che lo frequentano: c’è bisogno di un gesto concreto di solidarietà<br />
In attesa che la diplomazia internazionale intervenga efficacemente, sono le<br />
“piccole”azioni solidali, frutto dell’impegno personale di chi nel mondo vuole<br />
essere vicino al dramma di questo popolo, che possono contribuire a mantenere<br />
viva la speranza. di pace.<br />
Foto del Centro di riabilitazione per bambini<br />
con problemi dell’udito e del linguaggio.<br />
Versamenti sul c.c.b. Anpi - RE n. 11819 - Abi 5437 - Cab 12811,<br />
causale: “pro asilo di Seilat - Palestina”.<br />
NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006 - 7
È in gioco il futuro di Israele!<br />
Nota: Ho scritto queste righe ai primi<br />
di agosto. Non so che cosa succederà<br />
da adesso al momento in cui verrà<br />
pubblicato l’articolo. La guerra continua<br />
e aggiunge morti e distruzioni<br />
giorno dopo giorno. Mi auguro che<br />
l’Europa, l’Onu, la Comunità Internazionale,<br />
riescano a porre fine a questa<br />
follia. Mi auguro che finalmente si<br />
riesca a dare agli eventi il loro giusto<br />
nome e se i razzi sparati da Hezbollah<br />
sul Nord di Israele vengono chiamati<br />
“atti terroristici” mi chiedo se le violenze<br />
che Israele ha fatto in Libano<br />
contro popolazioni civili in questi giorni<br />
non siano da considerarsi a loro<br />
volta non solo atti terroristici, ma veri<br />
e propri “crimini di guerra”. (d.l.)<br />
Questo è il titolo di un articolo di Michel<br />
Warschawski, comparso il primo agosto<br />
sul sito internet di Aic (Alternative<br />
Information Center), associazione pacifista<br />
israelo-palestinese.<br />
Warschawski è un ebreo israeliano, scrittore<br />
e giornalista, pacifista, fermo oppositore<br />
dell’occupazione israeliana della Palestina,<br />
autore di lucide e inquietanti analisi<br />
sulla società israeliana (si veda il suo<br />
libro A precipizio ed. Bollati Boringhieri).<br />
Conoscendo il pensiero dell’autore, non<br />
possono esservi dubbi (e la lettura dell’articolo<br />
lo conferma) che ciò che mette a<br />
rischio il futuro di Israele non sono i missili<br />
di Hezbollah, né la vittoria di Hamas<br />
alle elezioni politiche palestinesi, né le<br />
dichiarazioni del Presidente Iraniano<br />
Ahmedinejad. Ciò che mette a rischio Israele<br />
è la sua stessa politica. Una politica che<br />
vede come unica scelta possibile l’opzione<br />
militare e che fa dire al Ministro della<br />
giustizia israeliano Haim Pamort (Ha’aretz<br />
28 luglio 2006): “Dobbiamo ridurre in<br />
polvere i villaggi del Sud… Non capisco<br />
come possa ancora esserci l’elettricità in<br />
quei posti…”.<br />
Scrive Warschawski:<br />
“Ciò che l’opinione pubblica di Israele<br />
non capisce sono le drammatiche implicazioni<br />
della sua politica sulla sua stessa<br />
esistenza come Stato nel cuore del mondo<br />
Arabo e Musulmano. Con la sua illimitata<br />
brutalità e la retorica e strategia dello ‘scontro<br />
di civiltà ’ lo Stato di Israele sta dimostrando<br />
ai popoli della regione che è, e<br />
vuole rimanere, un corpo estraneo ed ostile<br />
nel Medio Oriente, nient’altro che il<br />
braccio armato degli Stati Uniti nella loro<br />
crociata antimusulmana del 21° secolo.<br />
L’odio generato dai bombardamenti di<br />
Beirut, con la distruzione delle infrastrutture<br />
libanesi, le centinaia di civili uccisi, le<br />
centinaia di migliaia di profughi, la politica<br />
della terra bruciata, è immenso…<br />
Olmert, Peretz e Haluz sono i leaders più<br />
pericolosi ed irresponsabili che Israele<br />
abbia mai avuto; giocano con un fuoco che<br />
potrebbe distruggere realmente la nostra<br />
esistenza nazionale in Medio Oriente.<br />
Sulle deboli spalle dello sparuto movimento<br />
pacifista israeliano grava non soltanto<br />
la sorte attuale della nazione e la<br />
decenza morale della nostra società, ma il<br />
futuro stesso dei nostri bambini. ‘Rifiutiamo<br />
di essere nemici’ è uno degli slogan<br />
delle nostre manifestazioni in piazza. Mai<br />
slogan è stato più importante, più urgente<br />
e più essenziale di questo”.<br />
Si potrebbe pensare che, poiché<br />
Warschawski appartiene a quello “sparuto<br />
gruppo” di oppositori alla guerra, egli non<br />
esprima il sentire diffuso nella maggioranza<br />
degli israeliani.<br />
Questo è fuori di dubbio. In quegli stessi<br />
giorni di fine luglio/primi di agosto, solo<br />
10 deputati della Knesset (su 120) erano<br />
apertamente contro la guerra nel Libano<br />
ed il 90 percento degli israeliani si pronunciava<br />
a favore della politica del Governo.<br />
Ce lo hanno scritto anche alcune donne<br />
israeliane, raccontandoci della loro coraggiosa<br />
manifestazione contro la guerra e<br />
degli insulti ricevuti dai passanti.<br />
Si tratta dunque soltanto della posizione di<br />
alcuni pacifisti “radicali” No, se anche<br />
Meron Benvenisti, opinionista del giornale<br />
“liberale” Ha’aretz, ancora prima della<br />
strage di Cana, che ha fatto inorridire il<br />
mondo senza peraltro renderlo loquace,<br />
scrive in un articolo del 26 luglio:<br />
“Nessuno è in grado di predire quando<br />
l’opposizione alla guerra e allo spargimento<br />
di sangue, da atto di tradimento si<br />
trasformerà in una posizione legittima e<br />
persino corretta, quando una condanna<br />
morale dei malefici effetti della guerra<br />
diventerà accettabile da un punto di vista<br />
“patriottico” (mie le virgolette) e quando<br />
slogan quali ‘sradicare il terrorismo’, ‘una<br />
guerra per le nostre case’, ‘una lotta per la<br />
sopravvivenza’ e cose simili non saranno<br />
più roboanti grida di guerra ma vuota retorica…<br />
presto (tuttavia) ogni cosa tornerà<br />
come era prima, a parte coloro che hanno<br />
perso la vita. Ma chi avrà perso più di tutti<br />
sarà il Popolo Israeliano che, attraverso una<br />
smisurata reazione ad una provocazione, ha<br />
dimostrato la sua posizione di elemento<br />
estraneo alla regione, di confinante prepotente,<br />
oggetto di odio impotente”.<br />
Anche Sandro Viola, sulla Repubblica del<br />
1/8/06 scrive di “paura per Israele” proponendo<br />
più o meno, anche se con maggior<br />
cautela, le stesse argomentazioni; e ancor<br />
prima Luciana Castellina, sul Manifesto,<br />
parlava di “solitudine di Israele”.<br />
Gli “amici” di Israele sono scesi in piazza<br />
contro le minacce portate allo Stato ebraico,<br />
hanno giustificato aggressioni, distruzioni<br />
e massacri in nome della “legittima<br />
difesa”, hanno condiviso la cieca furia<br />
guerrafondaia dei Governanti di Tel Aviv<br />
e di Washington. In un certo senso avevano<br />
ragione. Israele ha un grande bisogno di<br />
essere difeso. Ne ha bisogno il suo Popolo.<br />
Ma i veri amici di Israele sono quelli che<br />
hanno capito che Israele deve essere difeso<br />
da se stesso.<br />
E allora possiamo scendere in piazza anche<br />
noi, noi che siamo costantemente<br />
tacciati di antisemitismo quando osiamo<br />
tentare di dire qualche verità. Possiamo e<br />
dobbiamo scendere in piazza “per Israele”,<br />
l’Israele degli obiettori di coscienza,<br />
quelli che rifiutano di combattere nei territori<br />
palestinesi e, oggi, nel Libano aggredito,<br />
l’Israele delle Donne contro la guerra,<br />
dei Warschawski, degli Halper, degli<br />
Avneri, della gente che vuole vivere in<br />
pace, non l’Israele dei Sharon, dei Netaniau,<br />
degli Olmert… (d.l.)<br />
8 - NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006
Chi è amico di Israele<br />
A cavallo dei giorni di ferragosto se ne<br />
sono lette e sentite di tutti i colori, nel<br />
quadro delle polemiche interne tra centro<br />
destra e centro sinistra, circa il tasso di<br />
amicizia, o di inimicizia, con lo Stato di<br />
Israele, con sconfinamenti in accuse, da<br />
destra ma anche da qualche esponente<br />
della comunità ebraica romana, di<br />
antisemitismo a carico di Massimo<br />
D’Alema. In quest’ultimo caso per la ormai<br />
famosa “passeggiata” del ministro<br />
degli esteri italiano tra le rovine di Beirut,<br />
il 14 agosto, “a braccetto” con Fauzi Salluk,<br />
suo omologo libanese, e Hussein Haji<br />
Hassan, deputato libanese appartenente ad<br />
Hezbollah. Un D’Alema dall’aria tesa, in<br />
mezzo alle tragiche rovine di Beirut, è in<br />
realtà quasi trascinato, o sostenuto, dai<br />
due, mentre tra le macerie gente disperata<br />
sta ancora frugando alla ricerca di superstiti,<br />
o di cadaveri da recuperare. E d’altra<br />
parte D’Alema era in missione tra Libano,<br />
Egitto e Israele, per favorire una tregua<br />
alla disgraziata guerra scattata in seguito<br />
alle provocazioni di Hezbollah contro Israele.<br />
E dunque doveva parlare con tutti, a<br />
tutti stringere la mano, a nessuno rifiutando<br />
di essere preso sottobraccio, in nome di<br />
un obbiettivo di sia pur temporanea<br />
pacificazione.<br />
Ma da destra, per tacciare D’Alema di<br />
animus anti-israeliano, si è cucito assieme<br />
la foto della passeggiata (che poi era un<br />
tragica ricognizione tra luoghi di dolore),<br />
con le dichiarazioni dello stesso D’Alema<br />
all’inizio della reazione israeliana, considerata<br />
“non proporzionata”, alle provocazioni<br />
di Hezbollah.<br />
Ma anche in quella circostanza, e con quel<br />
giudizio, risulta ben chiaro, a chi voglia<br />
ragionare con animo sereno, che lo scopo<br />
era, ancora una volta, di “equivicinanza”<br />
Ecco l’immagine della famosa “passeggiata” di D’Alema tra le rovine di Beirut.<br />
tra due parti bisognose di essere aiutate (o<br />
persuase, o indotte) a compiere scelte di<br />
pace. Da un lato D’Alema era da subito<br />
chiaramente e dolorosamente colpito dalla<br />
distruzione di tante vite umane che i bombardamenti<br />
israeliani stavano provocando,<br />
dall’altro si faceva carico dell’isolamento<br />
in cui Israele rischiava di cadere per<br />
la durezza della sua reazione, e dalla crescita<br />
di consenso (che poi in effetti ci fu)<br />
verso il movimento estremista di Hezbollah<br />
tra la popolazione libanese ed anche tra i<br />
paesi arabi “moderati”.<br />
Dunque seria preoccupazione per la dissipazione<br />
di vite umane tra la popolazione libanese,<br />
ma anche per il male che lo stato di<br />
Israele stava facendo a se stesso con una<br />
reazione puramente e assai duramente bellica.<br />
E i veri amici di Israele sono quelli che<br />
sanno anche segnalare gli errori che lo<br />
stato ebraico commette.<br />
I finti amici, a partire dai post-fascisti di<br />
Alleanza nazionale, sono quelli che si agitano<br />
freneticamente a difendere ogni atto<br />
di Israele perché hanno molto da farsi<br />
perdonare (o da cancellare) per rifarsi una<br />
verginità assai dubbia.<br />
Infine sulla nozione di “equivicinanza”, da<br />
noi sostenute su questa pagine già da molto<br />
tempo e dalla solita destra considerata “equivoca”,<br />
ne ribadiamo qui la validità.<br />
A suo tempo ne accennammo circa il rapporto<br />
nostro, di democratici italiani ed<br />
europei, con le due parti in contrasto sul<br />
territorio dell’antica Terra santa. Vicini ai<br />
Palestinesi, ed al loro diritto ad avere uno<br />
Stato, vicini ugualmente al popolo di Israele,<br />
ed al suo diritto a vivere in pace entro<br />
confini sicuri. Due popoli, due stati. Non<br />
ci stancheremo di ripeterlo. Come non ci si<br />
deve stancare di denunciare con forza la<br />
repellente follia dei proclami dell’iraniano<br />
Ahmadinejad incitanti alla cancellazione<br />
di Israele (a.z.).<br />
Un blindato dell’Unifil entra a Naqura, in Libano.<br />
NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006 - 9
I tristi strascichi della guerra<br />
Tornano le rondini<br />
I giorni si susseguono l’un<br />
dopo l’altro... e nella piccola casa<br />
posta ai limiti del villaggio<br />
regna un triste silenzio.<br />
Là vivono un padre e una madre,<br />
il cui figlio non è più tornato<br />
da una guerra combattuta lontano<br />
in paesi di cui essi non sapevano<br />
nemmeno l’esistenza, lasciando ora<br />
un grande vuoto nel loro cuore.<br />
Ma ecco che al giungere della primavera<br />
le rondini tornano di nuovo a garrire<br />
nel nido che stava sotto il tetto<br />
della casa di quei due anziani genitori.<br />
Nel sentire quel gioioso garrire<br />
lo stanco cuore dei due vecchi<br />
si rivivifica, come fa l’erba sotto<br />
il caldo sole di primavera.<br />
Ed immensa era la loro gioia<br />
nel vedere quando i piccoli delle rondini,<br />
lasciavano il nido per librarsi<br />
felici nel limpido cielo azzurro;<br />
perché la spensierata vivacità<br />
di quei piccoli uccelli ricordava ad essi<br />
quella del giovane figlio perduto.<br />
Ma quando al giungere del freddo<br />
autunno, le rondini ripartivano<br />
verso i lontani paesi del sole,<br />
ecco allora i due vecchi tornare<br />
nella loro triste solitudine.<br />
Tornate presto garrule rondini,<br />
perché solo voi ora potete colmare<br />
l’immenso vuoto che la guerra,<br />
ha lasciato nel cuore di questi<br />
due poveri vecchi.<br />
di Anataj Omurkanov (poeta kirghizo)<br />
(traduzione di Riccardo Bertani)<br />
Sfogliando le pagine di una vecchia rivista<br />
letteraria kirghiza del periodo sovietico,<br />
mi è capitato di leggere una poesia di<br />
Anataj Omurkanov, intitolata Tornano le<br />
rondini, dove si dice della disperata solitudine<br />
di due anziani genitori kirghizi che<br />
hanno perso il loro unico figlio, nell’immane<br />
e sanguinosa seconda guerra mondiale.<br />
L’unica consolazione rimasta loro era<br />
quando ad ogni primavera le garrule rondini<br />
tornavano al nido che stava sotto il tetto<br />
di casa venendo in tal modo a colmare con<br />
la loro gioiosa vivacità l’immane vuoto<br />
che la morte del giovine figlio aveva lasciato<br />
nel cuore dei due anziani genitori.<br />
La storia di questi due anonimi genitori<br />
kirghizi, chiusi nella loro disperata solitudine,<br />
per il loro figlio perduto in una<br />
lontana terra straniera, porta alla mente la<br />
visuale di quei giovani soldati “mongoli”,<br />
facenti parte della famosa divisione<br />
“Turkestan” (infatti questa più che da<br />
mongoli era costituita da turchi mongolizzati,<br />
specialmente da kirghizi e<br />
Kazachi), i cui reparti furono usati dai<br />
tedeschi per reprimere la guerriglia partigiana<br />
nell’Italia Settentrionale.<br />
Che il figlio dei due poveri genitori kirghizi<br />
menzionati nella poesia facesse parte anch’egli<br />
a questi reparti “mongoli”, purtroppo<br />
resisi invisi per le violenze e le<br />
atrocità compiute contro anche l’inerme<br />
popolazione italiana<br />
Colpe che questi hanno pagato poi duramente,<br />
spesso con la morte, e forse anche<br />
più dei loro feroci padroni tedeschi. Ma il<br />
destino finale avuto da questi giovani<br />
dagli occhi obliqui, poco o nulla è stato<br />
detto, quindi per la maggior parte di essi,<br />
il loro ricordo è rimasto vivo solo in<br />
coloro che stanno laggiù nelle lontane<br />
steppe asiatiche, come appunto lo sono i<br />
due genitori menzionati nella suddetta<br />
poesia.<br />
Riccardo Bertani<br />
La steppa dei kirghizi. Linoleografia di K. Dzolocnev. ˇ<br />
Mattino nella steppa dei kirghizi. Linoleografia di K. Dzolocnev. ˇ<br />
10 - NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006
Mondiali Antirazzisti 2006<br />
Dieci anni di dialogo e lotta al razzismo<br />
Cinque giorni di festa che hanno visto la partecipazione complessiva<br />
di oltre 7.000 persone provenienti da tutte le parti d’Europa<br />
e in rappresentanza di 40 nazioni del mondo. Seicenticinquanta<br />
incontri sportivi, fra calcio, basket, pallavolo e cricket. Un centinaio<br />
di iniziative culturali fra mostre, dibattiti, proiezioni cinematografiche,<br />
workshop, incontri, concerti, happening ed esibizioni,<br />
organizzati anche dai partecipanti. Questi gli strabilianti numeri<br />
fatti segnare dai Mondiali Antirazzisti 2006, tenutisi al Parco<br />
Enza di Montecchio (RE) dal 12 al 16 luglio. Partiti 10 anni fa con<br />
l’idea di base che le diversità producono arricchimento, fertilità<br />
nel confronto e nella conoscenza, l’evento è oggi diventato un<br />
importante appuntamento contro il razzismo.<br />
La manifestazione è organizzata da Istoreco di Reggio Emilia e<br />
dal Progetto Ultrà-Uisp Emilia-Romagna, in collaborazione con<br />
la Rete Fare (Football Against Racism in Europe). Con il sostegno,<br />
tra gli altri, della Regione Emilia-Romagna, Provincia di<br />
Reggio Emilia, Sportenza, Comune di Montecchio. Hanno contribuito<br />
inoltre a quest’edizione Enìa, Cgil di Reggio Emilia,<br />
Coopsette, Coop Nordest, Commercio Equo e Solidale, Cisl<br />
Emilia-Romagna e altri.<br />
Fra i numerosi premi assegnati in quest’edizione ricordiamo il<br />
trofeo più importante, ovvero la Coppa Mondiali Antirazzisti,<br />
andata al gruppo Republica Internationale di Leeds che organizza<br />
un torneo simile al nostro ed è costantemente impegnata in attività<br />
a carattere sociale.<br />
Fin dall’inizio i Mondiali Antirazzisti hanno lavorato per il<br />
coinvolgimento diretto e la contaminazione di realtà che spesso<br />
nei media e nel dialogo istituzionale vengono vissuti come<br />
contrastanti e contraddittorie: i gruppi ultrà, etichettati come<br />
violenti e razzisti, e le comunità di immigrati, spesso considerate<br />
unicamente fonte di criminalità.<br />
Grande impegno come ogni anno nel sostenere progetti di carattere<br />
sociale, di sottolineare tematiche importanti come il sostegno<br />
ai prodotti fair trade (si gioca infatti con palloni etici, non cuciti<br />
da bambini) o come l’attenzione nei confronti dell’ambiente,<br />
diventando, a partire da tre anni fa, Ecofesta, che ci ha fatto segnare<br />
cifre da record nello smaltimento e nel riciclo dei rifiuti.<br />
Ma anche la Resistenza è stata protagonista, quest’anno più che<br />
mai, ai Mondiali Antirazzisti, occupando diversi momenti della<br />
festa con il coinvolgimento di molti partecipanti, a partire dalla<br />
mostra “Propaganda razzista Io non ci casco!”, realizzata da<br />
Incontro con i partigiani.<br />
studenti e grafici professionisti che hanno creato 10 manifesti in<br />
seguito al Viaggio della Memoria 2006 a Berlino, e allestita nella<br />
piazza del Municipio di Montecchio.<br />
E ancora, presso il nuovissimo spazio cinema della festa, la<br />
proiezione con traduzione multi-lingue dei film La liberazione di<br />
Reggio Emilia, pellicola del 1945, Guerrilleros, Maquisards,<br />
Partigiani, video-documento realizzato dall’Istituto Parri di Bologna,<br />
Sentieri partigiani 2005, sull’omonimo progetto d’Istoreco,<br />
e andato in onda sulla prestigiosa rete satellitare RAI news24.<br />
Claudio Silingardi, direttore dell’Istituto storico della Resistenza<br />
di Modena ha tenuto poi, di fronte a una giovane platea proveniente<br />
da diversi paesi del Mondo una lezione sulla Resistenza, dal<br />
titolo calzante di Partigiani in Europa. E non poteva mancare,<br />
anche per questa edizione, l’ormai consolidato e atteso appuntamento<br />
con una di quelle persone che in prima persona parteciparono<br />
alla Resistenza, portando il proprio contributo alla lotta<br />
contro il nazi-fascismo. Quest’anno, ospite delle Testimonianze<br />
partigiane, Ultimio Pagani di Montefiorino, che ha letteralmente<br />
commosso e affascinato l’affollatissimo spazio dedicato. Molte<br />
le domande, le curiosità, i ringraziamenti per il contributo esemplare<br />
di lotta per la libertà.<br />
Dieci anni di lotta al razzismo con la consapevolezza che i<br />
Mondiali Antirazzisti sono diventati un luogo e un evento dove<br />
sperimentare e dare vita nel concreto a dialogo, idee, pratiche di<br />
libertà, assieme a tantissime diverse realtà provenienti da ogni<br />
angolo del Mondo.<br />
Ringraziando i partecipanti e tutti coloro che hanno contribuito<br />
all’ottima realizzazione della manifestazione diamo a tutti appuntamento<br />
al 2007!<br />
Fabio Dolci<br />
(Istoreco Esteri)<br />
I vincitori del torneo di calcio mentre alzano la coppa.<br />
La festa al Parco Enza di Montecchio.<br />
NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006 - 11
Spagna 1936-2006<br />
Ricordo della guerra civile<br />
e rischi di eccesso di memoria<br />
Sul numero precedente abbiamo avviato il<br />
discorso sul “recupero di memoria storica”<br />
in atto nella Spagna di Zapatero, nel<br />
70° anniversario dell’inizio della guerra<br />
civile, e dopo una lunga rimozione. Abbiamo<br />
segnalato come lo stesso Zapatero indichi<br />
negli ideali e nell’eroica e sfortunata<br />
lotta della Repubblica contro il franchismo<br />
sostenuto da Hitler e da Mussolini le radici<br />
dell’attuale democrazia spagnola e del<br />
complesso moto di rinnovamento in atto<br />
nel Paese iberico.<br />
Accennavamo anche, sinteticamente, alle<br />
iniziative culturali in atto in Spagna in<br />
tema di riflessione sulla memoria della<br />
Guerra civile 1936-1939. Merita darne ora<br />
conto con qualche accenno più puntuale.<br />
Per esempio il 26 giugno (apprendiamo<br />
dal quotidiano “El Pais”), nel quadro del<br />
ciclo di trasmissioni “El laberinto español”,<br />
la 2 a rete TV ha trasmesso il documentario<br />
“Volontari da leggenda”, come omaggio<br />
ai volontari delle Brigate internazionali<br />
accorsi in aiuto della Repubblica spagnola.<br />
Si è trattato delle testimonianze dei<br />
dodici unici superstiti dei 2800 volontari<br />
statunitensi che furono inquadrati nella<br />
“Brigata Abramo Lincoln”. Di quei 2800<br />
circa la metà morì in terra di Spagna. I<br />
sopravvissuti, rientrati negli Usa, furono<br />
perseguitati durante la famigerata caccia<br />
alle streghe promossa dal sen. Mac Carthy.<br />
Il documentario intercalava alle testimonianze<br />
brani filmati tratti dagli archivi<br />
della televisione spagnola e dagli archivi<br />
dell’Associazione degli ex volontari<br />
antifranchisti di New York. Il 7 aprile<br />
2006 è stato trasmesso un dibattito tra<br />
Manuel Requesca Gallego, professore di<br />
storia dell’Università di Castiglia la<br />
Mancha e direttore del Centro studi e documentazione<br />
delle Brigate internazionali,<br />
che proprio in quella regione, nella città<br />
di Albacete, avevano avuto la sede del<br />
Comando centrale, alla cui testa erano<br />
l’italiano Luigi Longo e il francese André<br />
Marty. Con Gallego, il prof. Remy<br />
Shutelsky, della Sorbona, autore del libro<br />
Novedad en el Frente, con cui “demistifica<br />
il potere sovietico nelle file brigatiste”.<br />
Trasmesso ancora dalla TV, ed era una prima<br />
assoluta per la Spagna, il capolavoro del<br />
grande documentarista olandese Joris Ivens,<br />
Terra di Spagna, realizzato nel 1937 in collaborazione<br />
con Ernest Hemingway e girato<br />
prevalentemente durante i combattimenti<br />
nella Città universitaria, dove si difendeva<br />
Madrid, e sul Fronte del fiume Jarama.<br />
Il settimanale “Cambio 16”, dal canto suo,<br />
sul numero del 12 giugno, in un servizio<br />
sulla Fiera madrilena del Libro, intervista<br />
l’ispanista americano Ian Gibson, autore<br />
del volume Libero de equipage, una biografia<br />
del grande poeta Antonio Machado, uno<br />
degli autori, con Garcia Lorca, da riscoprire<br />
e valorizzare, secondo Gibson, nel quadro<br />
di “un recupero della memoria storica fondamentale<br />
per la salute di questo Paese che<br />
per la prima volta [con Zapatero] conosce<br />
una democrazia stabile, ciò che costituisce<br />
un’autentica rivoluzione”. Da notare che<br />
del libro di Gibson, in un solo mese dalla<br />
sua pubblicazione in Spagna, ne sono state<br />
vendute ben 40.000 copie.<br />
Non manca però chi mette in guardia da un<br />
“sovraccarico di memoria”, con tutti i rischi<br />
che ne possono derivare. Così lo scrittore<br />
Isaac Rosa, che su “El Pais” del 16 luglio<br />
avverte che tra le molte iniziative, editoriali<br />
e commemorative, che giudica buone e<br />
positive, si debba registrare anche una<br />
sovraproduzione di titoli riferiti alla guerra<br />
civile e al franchismo dovuta a opportunismo<br />
di alcuni editori e autori i quali, per così<br />
dire, cavalcano l’onda a scopi puramente<br />
commerciali. La sovrapproduzione, insiste<br />
Rosa, produce stordimento, indigestione e<br />
il rischio conseguente di una prossima liquidazione<br />
del tema come se in questo anno<br />
2006, proclamato appunto “Anno della<br />
Memoria”, si dovesse concludere l’argomento<br />
e che poi “qualcuno dica: Basta<br />
memoria per favore”. Un rischio, noteremo<br />
di passaggio, che anche in Italia si è<br />
ricorrentemente affacciato a proposito della<br />
resistenza antifascista.<br />
In sostanza, pare suggerire Rosa, (e il<br />
suggerimento vale anche per noi italiani) il<br />
punto è di non eccedere una tantum nelle<br />
rievocazioni – rischi di retorica compresi –<br />
ma di avere il riferimento alle radici repubblicane<br />
e antifranchiste (antifasciste) della<br />
moderna democrazia spagnola come una<br />
Barcellona nei primi<br />
tempi della guerra<br />
civile. La scritta, in<br />
lingua catalana,<br />
dice: “Il grido di<br />
guerra di Madrid<br />
eroica risuona fino a<br />
noi in Catalogna.<br />
Non passeranno!”.<br />
costante dell’operare politico e di una possibile<br />
educazione alla cittadinanza.<br />
Il dibattito coinvolge naturalmente non<br />
solo gli addetti ai lavori, come gli storici,<br />
ma anche semplici cittadini che scrivono<br />
le loro opinioni ai giornali. Così<br />
Miguel Angel Herrero Fernandez, che in<br />
una lettera a “El Pais” (18.07.06) si chiede<br />
perché “il Partito popolare, che è<br />
considerato come la destra democratica<br />
del Paese, si rifiuta di condannare il<br />
regime [quello franchista,NdR] che pose<br />
fine anche alla destra politica democratica<br />
repubblicana.<br />
Sullo stesso quotidiano, la risposta alla<br />
domanda di Herrero Fernandez viene indirettamente<br />
fornita da un cattolico che continua<br />
ad apprezzare il franchismo, il prof.<br />
Jordi Gracia, docente di letteratura spagnola<br />
all’Università di Barcellona, il quale<br />
nega apoditticamente che il regime di Franco<br />
fosse fascista e difende ad oltranza il<br />
ruolo della chiesa spagnola durante e dopo<br />
la guerra civile. Per difendere regime e<br />
chiesa il professore sostiene che durante il<br />
franchismo “non c’era censura, ma ragioni<br />
di profonda igiene morale e il rispetto della<br />
verità consigliavano di essere “estrictos en<br />
ese asunto” (rigorosi su questo argomento),<br />
infatti, aggiunge l’ineffabile professore<br />
“chi avrebbe desiderato vedere un proprio<br />
figlio a contatto con l’ateismo, il<br />
marxismo o la “aspera razon sempre tan<br />
desesperazadora” (“l’aspra ragione sempre<br />
tanto disperante”, nel senso del noto<br />
“Emilia sazia e disperata”, NdR)”.<br />
Quanto ai massacri (ma Gracia non li chiama<br />
così) compiuti dal franchismo anche<br />
dopo la fine della guerra “furono un prezzo<br />
amaro che si dovette pagare per redimere<br />
la Spagna”. Un Torquemada redivivo,<br />
questo professor Gracia.<br />
Antonio Zambonelli<br />
12 - NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006
Estate 1936. I primi dodici reggiani<br />
volontari antifranchisti in Spagna<br />
Settant’anni or sono, nell’estate 1936,<br />
già alcuni reggiani erano in Spagna<br />
come volontari per combattere a fianco<br />
dei repubblicani contro il golpe<br />
fascistizzante che il generale Franco<br />
aveva scatenato il 16 luglio, con l’appoggio<br />
di Hitler e Mussolini, contro il<br />
governo di centro sinistra nato da libere<br />
elezioni nella primavera. Adelmo<br />
Guidi, di Novellara, era già in Spagna<br />
prima dello scatenarsi della guerra<br />
civile. Arruolato nelle milizie popolari<br />
fin dal luglio, fu prima nel battaglione<br />
Meabe poi nel battaglione<br />
Rusia. Operaio comunista, arrestato<br />
nel 1921 assieme ad altri due compagni<br />
di Novellara per aver resistito con<br />
la armi in pugno alla violenza<br />
squadrista, subì varie persecuzioni che<br />
lo indussero ad espatriare in Francia<br />
poi in Belgio.<br />
Egidio Martini, giovane socialista a<br />
Montecchio, espatriò in Francia nel 1932<br />
aderendo poi ai gruppi di lingua italiana<br />
del Partito comunista francese. In Spagna<br />
dal febbraio 1936, fece parte del<br />
plotone di cavalleria della XIV poi della<br />
XV Brigata del V Corpo d’armata repubblicano.<br />
Enrico Zambonini, l’anarchico di<br />
Secchio di Villa Minozzo, che nel gennaio<br />
1944 sarà fucilato dai fascisti con<br />
don Pasquino Borghi e altri otto<br />
antifascisti, era espatriato nel 1922 per<br />
sottrarsi alle persecuzioni fasciste: esule<br />
in Francia e in Belgio, lavorando come<br />
Alberto Bartoli, detto “Moro”, in una istantanea<br />
del 1936, quando faceva parte del Battaglione<br />
“Garibaldi”.<br />
Gilberto Carboni, nel settembre 1936 inquadrato<br />
nella centuria “Gastone Sozzi”.<br />
minatore, fu attivo militante del movimento<br />
anarchico e già attorno al 1932 si<br />
era recato in Spagna. Combattente nelle<br />
milizie libertarie, ebbe anche ruoli politici<br />
e perfino di educatore in una colonia<br />
per orfani.<br />
Il 23 agosto 1936 un primo contingente<br />
di italiani scese in campo sul fronte di<br />
Huesca, nell’Aragona, inquadrato nella<br />
Colonna “Ascaso”, di cui fu animatore<br />
Carlo Rosselli. Al combattimento del 28<br />
agosto, a Monte Pelato, partecipò anche<br />
l’anarchico Camillo Berneri, che conserverà<br />
sempre un affettuoso ricordo di<br />
uno dei suoi primi maestri reggiani,<br />
Camillo Prampolini.<br />
Nella Colonna “Ascaso”, prevalentemente<br />
costituita da anarchici ma anche<br />
da socialisti e da aderenti a Giustizia e<br />
Libertà e qualche comunista, in ottobre<br />
furono inquadrati altri reggiani: Carlo<br />
Vinsani, Umberto Ferrari, Lebo Piagnoli<br />
e Ateo (o Alteo) Scorticati. Vinsani,<br />
comunista, aveva avuto qualche notorietà<br />
negli anni venti come pugile. Espatriato<br />
nel 1930 in Francia, con la “Ascaso”<br />
combatté sul fronte di Huesca. Più tardi<br />
farà parte del battaglione “Garibaldi”.<br />
Ferrari, bracciante di Scandiano, migrato<br />
a Parigi nel 1930, era entrato in contatto<br />
con ambienti anarchici. Piagnoli, falegname<br />
di Sant’Ilario, a Casablanca<br />
(Marocco) dove si era recato nel 1930,<br />
fu tra i fondatori del circolo antifascista<br />
“Svago e Progresso”. Partì per la Spagna<br />
con altri cinque compagni <strong>emili</strong>ani nell’agosto<br />
1936.<br />
Scorticati, giovane comunista di Rivalta,<br />
nel 1930, assieme al resto della famiglia,<br />
raggiunse in Francia il padre emigrato<br />
nei primi anni venti.<br />
Il 13 settembre 1936 ricevette il battesimo<br />
del fuoco la Centuria “Gastone Sozzi”<br />
formata quasi interamente da comunisti<br />
italiani ed inquadrata nella Colonna<br />
“Llibertat”, organizzata dal Partito socialista<br />
unificato di Catalogna. Ne fanno<br />
parte anche quattro reggiani: Alberto<br />
Bartoli ed Angelo Curti, i quali erano<br />
partiti insieme da Parigi entrando regolarmente<br />
in Spagna ma con nomi e passaporti<br />
spagnoli, nonché Gino Poli e<br />
Gilberto Carboni.<br />
Tutti e quattro militanti comunisti, erano<br />
stati protagonisti delle lotte contro lo<br />
squadrismo reggiano e delle vicende dell’emigrazione<br />
in Francia.<br />
Curti, primo segretario della federazione<br />
comunista reggiana nel 1921, già<br />
sottotenente del Genio durante la guerra<br />
15-18 (e degradato per propaganda pacifista),<br />
fu ferito in combattimento nella<br />
zona di Pelahustan, in prossimità della<br />
frontiera portoghese, in settembre. Sullo<br />
stesso fronte, e negli stessi giorni, in<br />
prossimità di Real Cenicientos, veniva<br />
ferito anche Poli.<br />
Assai avventurosa la vita di Gilberto<br />
Carboni, bracciante di Villarotta di<br />
Luzzara, che cadrà eroicamente nel 1938<br />
sul fronte dell’Ebro. La sua figura meriterà<br />
di essere rievocata per esteso in una<br />
prossima occasione (a.z.)<br />
Angelo Curti fotografato nell’estate 1972 nell’orto<br />
della sua casetta a Drancy.<br />
NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006 - 13
Noi e le Reggiane<br />
Storie di lavoro e di politica<br />
PRESENTAZIONE<br />
di Mirto Bassoli segretario generale<br />
CdLT di Reggio Emilia<br />
Altre testimonianze, altri percorsi di memoria<br />
e di riflessione sulla propria esperienza<br />
da parte di lavoratori che hanno<br />
vissuto le vicende del movimento operaio<br />
alle Officine Reggiane. Vicende che<br />
hanno avuto un significato straordinario<br />
nella storia del Novecento, a Reggio<br />
Emilia e nella dimensione nazionale.<br />
Questo nuovo volume, che fa seguito a<br />
quelli opportunamente ricordati nello<br />
scritto di Romeo Guarnieri, dimostra<br />
che la ricerca intorno a questa storia è<br />
lontana dall’aver esaurito il suo interesse<br />
e il suo valore. La trama collettiva<br />
delle vite che vengono cambiate con<br />
l’ingresso nella grande fabbrica, la realtà<br />
quotidiana del lavoro, la solidarietà e<br />
le lotte, i successi e le sconfitte appaiono<br />
sotto aspetti originali, mai scontati, con<br />
i contributi che sono via via pubblicati.<br />
Renato Ferraboschi, Simone Brega e<br />
Mario Sulpizio hanno seguito strade diverse,<br />
dopo aver lavorato alle Officine<br />
Reggiane.<br />
Questa esperienza è tuttavia rimasta un<br />
momento centrale e decisivo nella loro<br />
vita e nella definizione del loro percorso<br />
successivo.<br />
A distanza di tanti anni, la memoria<br />
torna con passione su quel periodo, ricostruisce<br />
situazioni ed avvenimenti, consegna<br />
al presente domande sulle quali<br />
riflettere.<br />
“È sempre stato difficile il ruolo del<br />
sindacato di rappresentare il lavoro” dice<br />
Guarnieri nella sua prefazione.<br />
Condivido questo giudizio, che trova<br />
conferma quando si guarda alla storia<br />
vera e reale del movimento operaio e<br />
non ci si lascia confondere dalle semplificazioni<br />
di comodo.<br />
È un giudizio che si propone in modo<br />
decisamente radicale nella condizione<br />
odierna delle lavoratrici e dei lavoratori,<br />
di fronte ai processi in atto e al modello<br />
sociale che si è imposto.<br />
Una realtà che svalorizza il lavoro, che<br />
non lo considera come un criterio di<br />
riferimento per le scelte economiche,<br />
sociali e politiche che danno il segno allo<br />
sviluppo.<br />
Se un insegnamento viene dalla storia<br />
dei lavoratori delle Officine Reggiane,<br />
ci dice che questo modo di funzionare<br />
della società non è un destino ineluttabile.<br />
Insieme con la difesa della loro condizione<br />
concreta, insieme con il rifiuto<br />
dell’alternativa tra disoccupazione ed<br />
emigrazione (la sorte che colpì tanti di<br />
loro, dopo la chiusura della fabbrica) era<br />
questa la convinzione che animò la straordinaria<br />
occupazione delle Reggiane<br />
del 1950-51.<br />
In una situazione e in un contesto diversi,<br />
si ripropone il legame, fondamentale<br />
per il sindacato, tra la capacità di rappresentare<br />
i lavoratori nella concreta condizione<br />
di lavoro e un progetto sociale che<br />
dia espressione ed un orizzonte alle esigenze<br />
di cambiamento.<br />
Come altri contributi, anche le memorie<br />
qui pubblicate ci parlano di problemi e di<br />
domande che interrogano ancora il presente.<br />
Un ricordo doveroso e dolente va alla<br />
memoria di Renato Ferraboschi, figura<br />
tra le più significative del sindacalismo<br />
e del movimento operaio reggiano, deceduto<br />
proprio mentre il presente volume<br />
sta andando in stampa.<br />
Dove l’uomo separò la terra dalle acque<br />
Con una locuzione destinata a diventare<br />
famosa, Carlo Cattaneo definì l’Italia<br />
padana una “patria artificiale”. Artificiale<br />
perché costituita dall’uomo in<br />
duemilacinquecento anni di escavazione<br />
di canali, erezione di argini, costruzione<br />
di ponti per il transito umano e per quello<br />
dell’acqua (le “botti”). Tra le regioni<br />
italiane, l’Emilia Romagna è quella in<br />
cui il confronto dell’uomo con le acque<br />
è stato più impegnativo e più tragico,<br />
consentendogli vittorie luminose, ma<br />
anche inferendo sconfitte crudeli. La<br />
storia di queste vittorie e sconfitte riconosce<br />
i propri protagonisti nelle migliaia<br />
di uomini senza nome che hanno tracciato<br />
canali ed eretto argini, che ne controllano<br />
e ne regolano il flusso.<br />
L’immane lavoro delle moltitudini senza<br />
nome è stato comandato, nei secoli,<br />
da principi e architetti, finanzieri e spregiudicati<br />
avventurieri: i primi attori della<br />
vicenda drammatica delle bonifiche<br />
<strong>emili</strong>ane. Ora da consorzi che ordinatamente<br />
vigilano su questa feconda terra<br />
di acque.<br />
Antonio Saltini, è giornalista e divulgatore<br />
scientifico di letteratura agroalimentare,<br />
storico e scrittore. Frutto di queste<br />
attività sono state, fra le molte cose, le<br />
collaborazioni a “Terra e vita”, il settimanale<br />
agricolo diretto da Luigi Perdisa,<br />
i quattro volumi della Storia delle scienze<br />
agrarie e il romanzo L’assedio della<br />
Mrandola. Vita, guerra e amore al tempo<br />
di Pico e di Papa Giulio.<br />
14 - NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006
Donne in guerra, donne di pace:<br />
libro e recital al Museo Cervi<br />
“Il segno della sofferenza unisce queste<br />
storie tragiche e grandi al tempo stesso,<br />
dalle quali sono nati tanti anni di pace; il<br />
rileggerle non serve solo a comprendere<br />
quale ruolo abbiano giocato nle donne per<br />
la Liberazione e la costituzione della Repubblica,<br />
ma anche a far sì che oggi, in<br />
tempi in cui di altre violenze ed esclusioni<br />
sono oggetto, le donne acquisiscano maggiore<br />
identità e soggettività politica”.<br />
Lo ha detto la presidente della Provincia di<br />
Reggio Emilia, Sonia Masini, intervenendo<br />
al Museo Cervi alla presentazione del<br />
libro “Guerra, Resistenza, politica. Storie<br />
di donne”, quasi quattrocento pagine contenenti<br />
35 saggi inediti di storiche italiane<br />
proprio sul ruolo delle donne nella Resistenza<br />
e nella costituzione della Repubblica,<br />
quelle donne che, armate o disarmate,<br />
“pagarono un prezzo altissimo – come ha<br />
detto la presidente del Consiglio regionale,<br />
Monica Donini – per un futuro di democrazia<br />
e libertà e, seppure numericamente<br />
poche tra i costituenti, certo incisero sulla<br />
carta costituzionale nell’affermazione del<br />
principio in cui l’Italia ripudia la guerra”.<br />
Con la pubblicazione del ponderoso volume<br />
(edito da Aliberti), l’Istituto Alcide<br />
Cervi – ha sottolineato il presidente Ugo<br />
Benassi – ha concluso un lungo percorso<br />
per le celebrazioni del 60° della Resistenza<br />
e della Liberazione; un cammino che ha<br />
voluto appositamente mettere in rilevo il<br />
contributo spesso sconosciuto o non riconosciuto<br />
che le donne hanno assicurato<br />
alla costruzione di una pagina storica così<br />
importante”. Questo percorso si è snodato<br />
attraverso un convegno sulla figura di<br />
Genoeffa Cocconi Cervi, poi con un con-<br />
vegno nazionale (ottobre 2004) che ha<br />
portato a Reggio cinquanta storiche e storici<br />
a parlare di donne, guerra e politica e,<br />
infine, con il convegno “Donne di guerra,<br />
donne di pace”, nel corso del quale è stato<br />
appunto presentato il volume curato da<br />
Dianella Gagliani (docente di storia contemporanea<br />
all’Università di Bologna) e<br />
del quale, insieme alla curatrice, hanno<br />
parlato le storiche Anna Bravo, Rosanna<br />
De Longis, Lucia Motti e Anna Scattino.<br />
Suddiviso in tre grandi capitoli (“Guerra e<br />
violenza”, “Resistenze” e “Patria/Patrie”),<br />
il volume dell’Istituto Cervi propone il<br />
risultato di studi che hanno indagato su<br />
questioni ed esperienze territoriali diverse,<br />
e che per Reggio Emilia propongono il<br />
tema dei “Gruppi di difesa delle donne fra<br />
garibaldini e Fiamme Verdi”. “Un libro di<br />
grande pregio – ha detto la presidente del<br />
Consiglio regionale – che ci stimola a<br />
riportare al centro del dibattito politico la<br />
Le felicitazioni dell’Anpi<br />
al presidente della Repubblica<br />
questione femminile, che di quel confronto<br />
non può essere uno del tanti temi, soprattutto<br />
in una stagione in cui – proprio<br />
come sessant’anni fa – i grandi problemi di<br />
natura economica, sociale e culturale si<br />
scaricano innanzi tutto sulle donne”.<br />
Analisi e approfondimenti al mattino al<br />
Museo Cervi, e nel pomeriggio testimonianze<br />
(Laura Mirka Polizzi,<br />
vicepresidente nazionale dell’Anpi) e poi<br />
grandi emozioni con il recital “Sebben che<br />
siamo donne…” scritto e interpretato da<br />
Ivana Monti con la partecipazione del coro<br />
delle mondine di Novi di Modena diretto<br />
da Giulia Contri. Un recital da donne per le<br />
donne, che parte dal loro impegno in politica<br />
fin dal Risorgimento e da lì avanza<br />
fino alla metà del secolo scorso, con la<br />
voce e il canto struggente di Ivana Monti e<br />
tanti canti della tradizione popolare proposti<br />
dalle mondine di Novi<br />
Gino Belli<br />
L’Anpi ha inviato un messaggio di<br />
felicitazioni e di auguri al Presidente<br />
Giorgio Napolitano il quale ha risposto<br />
con il seguente telegramma indirizzato<br />
al Presidente Giacomo Notari.<br />
Ringrazio sentitamente per le cortesi<br />
espressioni d’augurio rivoltemi in occasione<br />
della mia elezione e ricambio<br />
un cordiale saluto.<br />
Giorgio Napolitano<br />
Mittente:<br />
Segretariato Generale della Presidenza<br />
della Repubblica<br />
Palazzo del Quirinale<br />
00187 Roma<br />
NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006 - 15
Tornare a Falcade<br />
Sulle orme dello scultore partigiano Augusto Murer<br />
A Falcade di Belluno c’ero stato da ragazzo<br />
nel luglio del 1963 e fu quello il mio<br />
primo contatto con le Alpi, montagne che<br />
fino ad allora avevo visto solo al cinema<br />
e sulle cartoline in bianco e nero o colorate<br />
come si coloravano allora. Il viaggio avvenne<br />
in corriera con tutta la comitiva dei<br />
reggiani che avrebbero trascoso un turno<br />
di due settimane secondo la norma di quegli<br />
anni nelle vacanze organizzate dalla<br />
Camera del Lavoro. La corriera fece sosta<br />
a Bassano presso quella lunga fila di alberi<br />
sui quali erano stati impiccati i partigiani<br />
rastrellati sul monte Grappa, quindi imboccò<br />
la valle del Cordevole ed infine,<br />
risalendo il Biois, mi apparvero le cime del<br />
Focobon. Soggiornai alla pensione<br />
Negritella che era gestita dall’ Etli (Ente<br />
Turistico Lavoratori Italiani) di Reggio<br />
assaporando ingenuamente la meraviglia<br />
dei luoghi e la diversità degli abitanti. La<br />
pensione era frequentata da molti sindacalisti<br />
reggiani: Walter Marghignani, Ivano<br />
Pezzarossi, Rosa Galeazzi, Giacconi,<br />
Moscardini, al Mègher, Gabetto, Bléki e<br />
tanti altri di Modena, Bologna, Ancona,<br />
Roma ma non ricordo chi di loro scherzava<br />
sulle somiglianze del testone coricato riconoscibile<br />
nelle ombre del profilo del<br />
monte Mulaz. I reggiani al Negritella ci<br />
andavano già da alcuni anni se nel 1960,<br />
dopo i sanguinosi fatti del 7 Luglio, molti<br />
di essi si precipitarono a Reggio interrompendo<br />
bruscamente la vacanza.<br />
Bisognoso di fresco e di silenzio ci sono<br />
ritornato solo quest’anno ed appena giunto<br />
mi sono assurdamente stupito nel constatare<br />
che il Focobon, come qui chiamano<br />
alcune delle pale di San Martino, con<br />
la sua tazza innevata rinchiusa dalle guglie<br />
circostanti, era ancora lì come nel 1963<br />
assieme alle altre cime che nella loro<br />
maestosità vegliano su Falcade. Una delle<br />
prime cose che ho fatto è stata la ricerca<br />
della pensione Negritella ma in quarant’anni<br />
Falcade è cambiata ed è cresciuta<br />
nonostante i luoghi non siano stati<br />
snaturati dalla edilizia come purtroppo è<br />
avvenuto dalle nostre parti; non è stato<br />
facile ritrovarla perchè è stata trasformata<br />
nella locale sede dell’ufficio postale.<br />
Ho rivisto volentieri la fontana nella<br />
piazzetta di Falcade Alto della quale conservavo<br />
il benevolo ricordo d’una colossale<br />
bevuta d’acqua fresca tornando da<br />
una gita che passava per Somor. Lì vicino<br />
non ho invece trovato un’osteria nella<br />
quale avevamo passato una indimenticabile<br />
serata con gente del luogo. Scomparsa<br />
è anche la Casa Storica, che avevamo<br />
visitato a Pié guidati da una anziana<br />
Le tre cime del Focobon ed il Mulaz dietro Falcade.<br />
signora che ci raccontò di quando erano<br />
ritornati gli austriaci dopo la rotta di<br />
Caporetto ed alla quale, non ricordo chi,<br />
forse Magnanini di Fabbrico, pagò per<br />
noi ragazzi con una moneta d’argento da<br />
500 lire.<br />
Gli storici locali pare abbiano risolto la<br />
controversa questione etimologica sul<br />
nome del paese: non c’entrano i falchi ed<br />
il castello Falcone posto a guardia della<br />
valle non è mai esistito. Il toponimo deriverebbe<br />
dal “falciare” (localmente<br />
Falcade si chiama Falciade) della<br />
fienagione, attività basilare nella economia<br />
alpina. La prima antropizzazione risalirebbe<br />
attorno all’anno Mille indotta<br />
dallo sfruttamento delle fittissime foreste<br />
di abeti e di larici integrata in seguito<br />
dalla attività mineraria che venne esercitata<br />
per secoli nell’Agordino. Il dialetto<br />
parlato è un veneto molto particolare ma<br />
dalla toponomastica: ciasa, falciade, trapela<br />
il substrato ladino che era ancora<br />
diffuso nella valle del Biois alla fine dell’Ottocento.<br />
Mentre a Reggio, nell’ultima settimana di<br />
giugno, c’era un caldo torrido a Falcade<br />
c’era freschissimo anzi spesso pioveva e<br />
questo impediva di fare passeggiate nei<br />
bellissimi boschi e nelle praterie dai colori<br />
intensi. Addentrandomi nella valli laterali<br />
del Biois, come quella di Gares che di sera<br />
è particolarmente suggestiva, ho scoperto<br />
che Canale d’Agordo è il paese natale di<br />
Papa Luciani.<br />
In una mattinata particolarmente uggiosa<br />
ho visitato il locale museo dedicato ad<br />
Augusto Murer, il celebre scultore di<br />
Falcade deceduto nel 1985. Murer l’avevo<br />
visto di persona nel 1963 alla pensione<br />
Negritella che l’artista frequentava perché<br />
lì c’erano dei sindacalisti reggiani suoi<br />
amici i quali erano stati partigiani e con<br />
loro si sentiva compreso ed in buona compagnia.<br />
Se ben ricordo la Resistenza a<br />
Falcade era nel 1963 un argomento tabù<br />
ma dopo sessant’ anni non sembra sopito il<br />
pesante segno lasciato dal massacro perpetrato<br />
dai nazisti nella frazione di Caviola<br />
nell’agosto del 1944, dalle vicende che ne<br />
seguirono, dalle polemiche sui partigiani<br />
rinfocolate nella prima metà degli anni<br />
Cinquanta tratteggiate in una bibliografia<br />
che prosegue col recentissimo libro Al di<br />
là e al di qua del Piave. La mia impressione<br />
è che ancora il tutto covi nella memoria<br />
di un paese in cui il centro destra raggiunge<br />
il 65 percento e che fa fatica a raccogliersi<br />
a Caviola attorno allo struggente monu-<br />
Reggio Emilia 1974. Da sinistra: Augusto<br />
Murer col figlio Franco, Ulisse Gilioli, Bagni,<br />
Cesare Zavattini.<br />
16 - NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006
mento di Murer dedicato al caduto partigiano.<br />
Il museo sorge ai margini della frazione di<br />
Molino, all’inizio della via Tilman che lo<br />
collega all’altopiano di Asiago in un ideale<br />
contatto con Rigoni Stern, ed è collocato<br />
nell’ex laboratorio costruito secondo linee<br />
architettoniche moderne e discontinue con<br />
quelle tradizionali delle case alpine. Il<br />
museo è stato visitato da numerosissimi<br />
artisti e personalità tra le quali personaggi<br />
leggendari come Sandro Pertini. La visita<br />
al museo provoca delicate emozioni perché<br />
Murer ha saputo amalgamare i valori e<br />
la centralità del lavoro e della Resistenza<br />
con la sua opera fortemente legata alla<br />
natura, al legno delle sue foreste, ad una<br />
cultura piena di credenze pagane che,<br />
come Carlo Levi ad Aliano, laicamente<br />
inglobava e traduceva nella sua arte. Il<br />
rapporto con la cultura contadina, coi minatori,<br />
la immedesimazione nel lavoro e<br />
nella contemplazione della propria opera<br />
artigiana diventano con Murer una proiezione<br />
artistica della Repubblica Democratica<br />
fondata sul lavoro e della sua Costituzione<br />
del 1948 e proprio nei giorni del<br />
referendum, sotto l’effetto della vittoria<br />
del NO, ho lasciato scritto sul diario dei<br />
visitatori del museo: “come si fa ad essere<br />
contro le idee di Augusto Murer” quasi<br />
per rimproverare Falcade, periferia di un<br />
improbabile Lombardo-Veneto ridotto ad<br />
una manciata di provincie, che al referendum<br />
aveva appena votato massicciamente<br />
SI.<br />
Interprete di una cultura locale ma non<br />
folklorica che affonda le proprie radici nel<br />
territorio come le piante nelle foreste tra<br />
cui è nato e dove l’agitarsi del larice nel<br />
vento ricorda la sofferenza dell’uomo dei<br />
boschi, dove natura, tronchi, pietre ed uomini<br />
si confondono in un complesso ed<br />
arcaico groviglio ispiratore dell’arte del<br />
legno che oggi sembra affidata alla<br />
ripetitività di bottegai attenti soprattutto al<br />
portafoglio dei turisti, amico di Carlo Levi,<br />
di Guttuso, di Zancanaro, di Rigoni Stern<br />
che è autore di una commovente dedica<br />
posta sui muri del museo e di tantissimi<br />
altri, Murer era inserito nei massimi<br />
cenacoli artistici e culturali ma l’ ex partigiano<br />
non lasciò mai Falcade e sulla sua<br />
sepoltura, nel locale cimitero, domina una<br />
statua da lui appositamente scolpita per la<br />
sua tomba.<br />
I Falcadini sono emigrati in varie parti del<br />
mondo portando l’esperienza dell’attività<br />
muratoria e mineraria (disegni sui minatori<br />
di Murer, che non era solo scultore,<br />
verranno esposti nella mostra dedicata al<br />
50° del disastro di Marcinelle) ma molti<br />
sono stati sterminati dalle guerre mondiali<br />
ed i loro principali cognomi compongono<br />
una lunga lista di caduti sul cippo innalzato<br />
davanti alla chiesa nuova che conclude<br />
Augusto Murer: il monumento dedicato al partigiano a Caviola.<br />
Narrazioni intorno a Filippo Re<br />
L’intento di questo libro (con annesso<br />
Cd) è quello di restituire il senso di un<br />
percorso pluridisciplinare e didattico<br />
condotto assieme a una fitta rete di interlocutori<br />
e consulenti: segnatamente i<br />
docenti e gli studenti di alcune scuole<br />
superiori nella provincia di Reggio<br />
Emilia, e le università di Modena e<br />
Reggio Emilia e Bologna, intorno al<br />
poliedrico studioso.<br />
Le suggestioni a “mettersi in viaggio”<br />
con Flipàz – come Filippo Re veniva<br />
talvolta chiamato in tono canzonatorio<br />
in famiglia – costituiscono una precisa<br />
indicazione di lavoro. Lo “scrittore scienziato”,<br />
a due secoli di distanza, colpisce<br />
particolarmente per lo sguardo olistico<br />
che rivolge al paesaggio agrario italiano.<br />
In quel suo obliquo incedere dall’eternità<br />
dei testi classici al particulare<br />
delle consuetudini locali, si ritrova una<br />
posizione originale, meritoria di essere<br />
ricordata e trasmessa.<br />
Queste narrazioni intorno a Filippo Re<br />
nascono con l’intento dichiarato di restituirne<br />
il ritratto non tanto al suo, quanto<br />
al nostro tempo.<br />
Narrazioni intorno a Filippo Re - Ritratto<br />
poliedrico di uno scrittore scienziato,<br />
a cura di Gabriella Bonini e Antonio<br />
Canovi, Ed. Diabasis, Cor<strong>reggio</strong>,<br />
Maggio 2006.<br />
con un accenno ai caduti partigiani elencati<br />
poi nella targa posta attorno al 1990 nel<br />
parco comunale.<br />
Falcade, crocevia delle valli di Fassa, del<br />
Biois, del Cordevole e del Cismon è oggi<br />
tipica meta turistica nel cuore delle Dolomiti.<br />
Abbiamo avuto la fortuna di dormire<br />
in uno dei più vecchi alberghi nel cuore del<br />
paese, dove si mangia benissimo ed abbiamo<br />
scherzato con la titolare sul fatto che ai<br />
clienti proponeva il formaggio “Parmigiano”<br />
mentre noi, fedeli ambasciatori del<br />
nostro grana, insistevamo affinchè lo chiamasse<br />
“Parmigiano Reggiano”. Ma in<br />
tutta la valle e nei suoi rifugi si mangia<br />
molto bene: canederli, casunziei, ravioli di<br />
vari tipi, capriolo con polenta e altro, una<br />
cucina dolomitica ma con sue caratteristiche<br />
peculiari. Si beve poi ottimamente,<br />
non dimentichiamo che siamo nel Veneto<br />
e che il vino viene su dalla vicina Marca<br />
Trevigiana. Un tocco finale di reggianità:<br />
la Laccabue madre del pittore Antonio<br />
Ligabue è originaria di Cencenighe, il<br />
paese che chiude la valle del Biois.<br />
Bruno Grulli<br />
NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006 - 17
Un romanzo che ci tuffa<br />
nella storia sociale dell’Ottocento<br />
NORMANNA ALBERTINI , Isabella,<br />
ed. Chimienti , Milano-Taranto, 2006<br />
Alla sua seconda prova come romanziera,<br />
dopo Shemal, Albertini conferma le<br />
sue doti di narratrice che unisce fantasia<br />
creativa a recupero della dimensione storica,<br />
riuscendo ad intrecciare in modo<br />
persuasivo e coinvolgente le vicende di<br />
personaggi di pura fantasia a presenze<br />
sorprendenti di personaggi storici reali,<br />
diversi dei quali, dall’avventuriero Luigi<br />
Parmeggiani al patriota carbonaro<br />
Franceschini, reggiani. All’interno di una<br />
struttura consapevolmente recuperata dal<br />
feuilleton francese di fine Ottocento,<br />
l’Autrice trasmette al lettore la sua particolare<br />
sensibilità ai temi della libertà,<br />
della giustizia sociale e, in particolare,<br />
della condizione femminile.<br />
Complicato sarebbe riassumere in questa<br />
sede la trama del romanzo, i cui<br />
personaggi, storici e di fantasia, si muovono<br />
tra Parigi, Clermont Ferrand, la<br />
Rubiera della decapitazione di don<br />
Andreoli , la Milano di Bava Beccaris e<br />
di don Albertario (che fa pensare a don<br />
Pasquino Borghi) e “Casa degli Osti”,<br />
nome di fantasia di un borgo ai piedi<br />
della Pietra di Bismantova.<br />
Da Casa degli Osti partono i fili della<br />
complessa e coinvolgente vicenda, dipanandosi<br />
attraverso il tempo di circa un<br />
secolo e lo spazio di mezza Europa. A<br />
Casa degli Osti le varie trame si<br />
ricompongono a cavallo tra XIX e XX<br />
secolo, con il convergere lassù, da varie<br />
parti del mondo compresa l’America, di<br />
una serie di personaggi le cui storie<br />
personali hanno tutte, in vario modo, a<br />
che fare con il personaggio che dà il<br />
titolo al romanzo, Isabella appunto. Frutto<br />
di uno stupro, fanciulla sensibile e di<br />
delicata bellezza, soltanto in questa fase<br />
finale conoscerà la vera madre ed il<br />
padre stupratore finalmente pentito.<br />
Lungo tutta la storia, costellata di indizi<br />
e false piste , un ritornello tiene desta<br />
l’attenzione e la curiosità del lettore:<br />
“Ainsi font, font, font/Les petites<br />
marionettes,/Ainsi font, font,/Trois petits<br />
tours et puis s’en vont…”.Un ritornello<br />
che lega la Salpêtrière del celebre medico<br />
Charcot, dove la madre stuprata di<br />
Isabella viene in qualche modo curata, e<br />
la casa parigina di Leon y Escosura,<br />
dove la stessa madre accosterà Luigi<br />
Parmeggiani, fuggito da Reggio dopo<br />
l’attentato a Camillo Prampolini.<br />
Ecco, lo stupro,la violazione del corpo<br />
femminile è uno dei filoni che percorrono<br />
il libro, dal quale esce come un dolente<br />
grido di protesta per secoli di oppressione<br />
della donna, soprattutto della donna<br />
povera, come per alcune delle tante<br />
ragazzine del nostro Appennino andate<br />
per serve in città. Un grido che trova<br />
lucida espressione nella figura di Anna<br />
Kuliscioff, che l’A. immagina aver a che<br />
fare con Isabella ed essere capitata a<br />
Reggio, e a casa degli Osti, prima ancora<br />
di sapere che davvero la celebre rivoluzionaria<br />
russa dalle nostre parti era capitata<br />
davvero. Ma questo ha forse a che<br />
fare con una certa identificazione dell’Autrice<br />
con le “streghe” (o pretese tali)<br />
per secoli perseguitate in quanto dotate<br />
di “saperi” o di sensibilità diversi da<br />
quelli maschili, e tali da compromettere<br />
la superiorità maschilista. Streghe che<br />
sono anche protagoniste positive del romanzo,<br />
come “la Pagana” di Casa degli<br />
Osti. Come la stessa Isabella, che in una<br />
caso ha visioni di ciò che sta accadendo<br />
o per accadere.<br />
Intrigante poi il recupero, attraverso alcuni<br />
dei personaggi di rivoluzionari che<br />
giocano un loro ruolo nel romanzo, delle<br />
radici storiche degl’ideali di libertà e di<br />
giustizia incarnati nelle figure di personaggi<br />
reali come Gracco Babeuf o Filippo<br />
Buonarroti. E siamo così alle sorgenti<br />
dell’utopia comunista nell’Europa moderna.<br />
Ne scaturisce, nel complesso, una<br />
sorta di proposta per un appassionante<br />
dibattito sulla storia contemporanea, dalla<br />
Rivoluzione Francese alle lotte sociali<br />
di fine Ottocento - inizio Novecento.<br />
Con una intuizione, anche qui siamo<br />
forse alla “magaria” di Normanna<br />
Albertini, che ci fa compiere un balzo<br />
all’indietro fino al grande Blaise Pascal,<br />
citato un po’ misteriosamente dall’Autrice<br />
quando scrive che Giovannino, in<br />
fuga dallo sfruttamento bestiale cui era<br />
sottoposto a Saint Romain Le Puy per<br />
tornare a Casa degli Osti, passa da<br />
Clermont Ferrand e “non sa che […]è la<br />
patria di un grande pensatore cattolico, il<br />
quale sosteneva che l’uomo non deve<br />
negare la sua meschinità ma deve saper<br />
accogliere, limpidamente, la propria essenza<br />
e tutto ciò che essa racchiude”. Di<br />
una intuizione “proto-comunista” di<br />
Pascal, l’Autrice pare non essersi accorta,<br />
anche se in realtà ne anticipa il concetto<br />
dieci pagine prima quando cita il<br />
“terzo grado” della iniziazione della Massoneria<br />
storica (e rivoluzionaria): “Tutto<br />
ciò che c’è di sbagliato e di malvagio nel<br />
mondo aveva origine nella divisione della<br />
terra”.<br />
Che è quasi la perfetta parafrasi dell’articolo<br />
VI, n.53 di un pensiero di Pascal:<br />
«Mien, tien. – “Ce chien est à moi,<br />
disoient ces pauvres enfans; c’est là ma<br />
place au soleil”. Voilà le commencement<br />
et l’image de l’usurpation de toute la<br />
terre».<br />
Che, tradotto dal francese seicentesco<br />
suona: ««Mio, tuo» – «Questo cane è<br />
mio, dicevano quei poveri ragazzi, questo<br />
è il mio posto al sole». Ecco l’inizio<br />
e l’immagine dell’usurpazione di tutta la<br />
terra»» (Pensées, ed. Mignot, pag.97).<br />
Ulteriore indizio, con molti altri su cui<br />
non possiamo qui soffermarci, che la<br />
“tentazione comunista” (o egualitaria) dell’Autrice<br />
si nutre di succhi di un cristianesimo<br />
che ha in qualche modo a che fare<br />
con la Teologia della liberazione.<br />
Un libro davvero appassionante da leggere,<br />
questo della Albertini. E da discutere.<br />
Antonio Zambonelli<br />
Normanna Albertini è nata a Canossa<br />
nel 1956. Insegnante, vive e lavora<br />
nel comune di Castelnovo Monti, in<br />
vista di quella Pietra che nel romanzo<br />
appare quasi come protagonista.<br />
Impegnata in varie iniziative di pace<br />
e solidarietà, scrive da anni per<br />
“Tuttomontagna”.<br />
Con questo libro è alla sua seconda<br />
opera di carattere narrativo.<br />
18 - NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006
Che lo spirito di Zapatero sia con noi<br />
Una riflessione sull’aria fresca che arriva dalla Spagna<br />
È un’autentica boccata d’aria fresca leggere<br />
Zapatero. Il socialismo dei cittadini.<br />
Intervista al premier spagnolo di Marco<br />
Calami e Aldo Garzia (Feltrinelli, 2006).<br />
Nelle parole del primo ministro spagnolo e<br />
segretario del Psoe e in quelle di alcuni suoi<br />
collaboratori e collaboratrici risulta, in negativo,<br />
ciò che manca alla sinistra italiana:<br />
una chiara idea del futuro e la capacità,<br />
quindi, di suscitare nella società energie<br />
positive. Se Zapatero parla di “socialismo<br />
dei cittadini”, ossia di “crescita dei diritti<br />
dei cittadini”: “i diritti fanno più forte i<br />
cittadini – spiega Zapatero – e rendono più<br />
forte la società e la democrazia”, qui da noi<br />
la voce dei leader della sinistra è sostanzialmente<br />
atona.<br />
Zapatero, scrivono nell’introduzione i due<br />
curatori, quando parla di «socialismo dei<br />
cittadini”, sottolinea due temi centrali. “Il<br />
primo: la necessità che la “sinistra moderna”<br />
superi i limiti storici della socialdemocrazia,<br />
la quale, “nell’ultima fase del Ventesimo<br />
secolo ha dimenticato, concentrando<br />
il suo progetto nell’economia e nel<br />
settore pubblico statale, la società e il funzionamento<br />
democratico” […] Il secondo:<br />
l’importanza di recuperare, adattandoli alla<br />
situazione attuale, i valori “che stanno sulla<br />
facciata principale dell’edificio politico costruito<br />
dalla rivoluzione francese” […]. I<br />
nostri grandi obiettivi, sostiene il premier,<br />
sono il “rinnovamento democratico e lo<br />
sviluppo della cittadinanza”».<br />
La storia della sinistra italiana, in primis<br />
quella comunista, ma senza dimenticare<br />
quella socialista decompostasi “tragicamente”<br />
nel delirio di potenza e di corruzione di<br />
Craxi e di tanti suoi seguaci, ha perso<br />
tempo prezioso nel cercare la quadratura<br />
del cerchio, ossia rimanendo fedele a parole<br />
alla Rivoluzione d’ottobre mentre si<br />
cimentava con le domande e le esigenze<br />
della democrazia, che non ammettono scorciatoie.<br />
Il limite fondamentale del Pci è<br />
nato dall’arroganza taumaturgica di credere<br />
che il solo esserci avrebbe cambiato sia<br />
il funzionamento della burocrazia statale<br />
sia quello della politica democristiana. Il<br />
“flirt” con Rumor prima e con Andreotti<br />
poi, alla metà dei Settanta, nasce essenzialmente<br />
da questa suicida presunzione. E<br />
quando la storia del comunismo si è dissolta,<br />
gli stessi uomini che per anni hanno<br />
sventolato la bandiera del socialismo sovietico<br />
hanno deciso di ammainarla. Che<br />
andava bene. Ma il problema vero è che<br />
avrebbero dovuto farsi da parte, invece,<br />
hanno agito precludendo tanto il ricambio<br />
quanto l’innesto di energie nuove. Hanno<br />
agito come le più classiche delle élite,<br />
hanno conservato il potere anche nella<br />
nuova formazione politica.<br />
La storia del partito comunista italiano,<br />
almeno per quello <strong>emili</strong>ano, è una storia di<br />
socialdemocrazia non voluta riconoscere –<br />
con in più la presunzione di saper far meglio<br />
del Partito socialista quando questi<br />
diede vita, insieme alla Dc, al centro-sinistra<br />
– che gli ha impedito di attraversare il<br />
famoso guado finendovi, invece, annegato.<br />
Oggi, quello stesso stato confusionale continua<br />
ad essere il filo rosso della loro (nostra)<br />
storia: dal comunismo al partito democratico.<br />
Con l’intermezzo altrettanto<br />
della “Cosa”.<br />
Io credo allora sia necessario riflettere su<br />
una fase intermedia soprattutto per stimolare<br />
le fiacche energie che ruotano intorno<br />
ai partiti del centro sinistra, in particolare,<br />
penso, ai Ds, che continuano ad essere,<br />
almeno per chi scrive, il punto di riferimento<br />
a sinistra come lo spirito unitario che<br />
guida l’Anpi in tante sue prese di posizione,<br />
che si richiamano allo spirito costituente,<br />
dovrebbe ispirare il comportamento politico<br />
e morale dei partiti che rappresentano<br />
il centrosinistra, Ds compresi.<br />
Bisognerebbe avere il coraggio, allora, di<br />
parlare se non di “socialismo dei cittadini”<br />
di “piena attuazione delle norme costituzionali<br />
del ’48” che hanno avuto, con il<br />
referendum confermativo del 25 e 26 giugno<br />
scorso, l’incredibile conferma della<br />
loro attualità, ma soprattutto che continuano<br />
a essere vive nello spirito di milioni di<br />
cittadini italiani, non certo definibili “reduci”.<br />
Bisognerebbe avere il coraggio perché i<br />
cittadini contino veramente nella vita dello<br />
Stato e nelle sue articolazioni territoriali,<br />
preoccupandosi di allargarne i diritti di<br />
cittadinanza. Contrastando, monopoli,<br />
lobbies e privilegi di categoria, consentendo<br />
finalmente alla società italiana di essere<br />
aperta e di permettere a chi è meritevole di<br />
raggiungere i più alti gradi di studio e di<br />
ambire a posti di direzione e di poterli<br />
soprattutto ricoprire, indipendentemente<br />
dallo status di partenza.<br />
Certo, il partito democratico, che dovrebbe<br />
nascere dalla confluenza di culture diverse,<br />
è soggetto a compromessi, ma ciò che<br />
dovrebbe unire è la consapevolezza che<br />
solo la rottura di circoli chiusi dall’aria<br />
viziata è la premessa del suo possibile<br />
successo. Ma il problema è quello posto<br />
sopra: sono sempre gli stessi, giovani o<br />
vecchi che siano. Ci vorrebbe un bagno di<br />
umiltà creativa. C’è un’idea della politica<br />
troppo chiusa, riservata solo agli addetti ai<br />
lavori, e invece dovrebbe potenzialmente<br />
essere aperta a tutti. Moralità e sobrietà. Ci<br />
vorrebbe la chiarezza sul fatto che il rispetto<br />
intelligente delle regole è quella “riforma<br />
protestante” che oggi, in un Paese frantumato<br />
nel particulare qual è il nostro,<br />
darebbe il segnale che qualcosa sta cambiando.<br />
Bisognerebbe avere il coraggio di intervenire<br />
sui costumi e la televisione è un obiettivo<br />
sensibile da tenere sotto controllo per<br />
spezzare la sua potenza veicolante della<br />
“cultura”, in senso generale e con tutta la<br />
negatività attribuibile, berlusconiana. Si<br />
cambia realmente quando si è in grado di<br />
inserire elementi culturali diversi da quelli<br />
esistenti.<br />
Il problema non è, naturalmente, imitare<br />
Zapatero ma capire quali possono essere le<br />
corde da pizzicare perché i cittadini italiani<br />
trovino ancora ragione nella politica e nell’appartenenza<br />
ad una società che solo attraverso<br />
la solidarietà può trovare un futuro<br />
comune. (g.b.)<br />
IL NOTIZIARIO ANPI<br />
Periodico di politica,<br />
storia, cultura<br />
e informazione varia<br />
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NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006 - 19
Un’esperienza educativa nata<br />
60 anni or sono per iniziativa dell’Anpi<br />
Del convitto scuola “Luciano Fornaciari”<br />
di Rivaltella abbiamo qua e là pubblicato<br />
qualche accenno su questa rivista. Quella<br />
straordinaria esperienza meriterà di essere<br />
ristudiata in modo approfondito anche<br />
per l’importanza che ebbe nel quadro della<br />
Ricostruzione morale e materiale della<br />
nostra provincia, e non solo.<br />
Qui riproduciamo alcune pagine dell’ormai<br />
introvabile opuscolo “2 anni di attività<br />
dell’Anpi di Reggio Emilia”, pubblicato<br />
nel 1947 a cura di Didimo Ferrari, Eros.<br />
Ritenuta indispensabile nel campo della<br />
scuola una riforma sostanziale, considerata<br />
l’impossibilità, data la situazione in cui<br />
si trovava il Paese allora, di raggiungerla<br />
con una certa rapidità, vista la posizione in<br />
cui venivano a trovarsi molti partigiani e<br />
reduci privi di una professione che loro<br />
desse garanzia per l’avvenire, si gettavano<br />
le basi per la creazione di un Convitto<br />
Scuola ove l’individuo avesse trovato nello<br />
studio, unitamente alle cognizioni culturali<br />
di carattere generale, anche una professione<br />
od un avviamento professionale,<br />
che fosse conforme alle proprie tendenze<br />
ed alle proprie capacità pratiche.<br />
Nacque così il Convitto che iniziò la sua<br />
attività fidando sull’aiuto dell’Anpi Provinciale.<br />
Più tardi, in seguito al sorgere di<br />
altri Convitti, entrò nel Circolo dei Convitti<br />
Nazionali ottenendo così la sovvenzione<br />
dell’Assitenza Post-Bellica.<br />
Il Convitto reggiano l’anno scorso ha svolto<br />
un Corso per capimastri muratori e un<br />
corso di perfezionamento edile al quale<br />
hanno partecipato inizialmente 40 allievi<br />
tra partigiani e reduci. Agli esami si sono<br />
presentati 32 allievi e i risultati sono stati<br />
più che soddisfacenti, come ha affermato<br />
lo stesso Provveditore agli studi della nostra<br />
provincia. Subito dopo si è iniziato il<br />
corso telegrafisti: dei 25 partecipanti solo<br />
12 hanno conseguito il brevetto.<br />
Ha poi indetto due corsi per ottenere le<br />
patenti di 2º grado e circa 50 sono stati gli<br />
iscritti e tutti hanno superato l’esame con<br />
esito favorevole.<br />
[...]<br />
Per ragioni sanitarie e scolastiche il Convitto<br />
Scuola che aveva la propria sede in<br />
Via S. Rocco si trasferì a Rivaltella dove<br />
più di 100 allievi frequentano i due corsi.<br />
La scuola è stata attrezzata modernamente<br />
ed ha mensa, dormitorio, Uffici, biblioteca,<br />
aula per esercitazioni pratiche e teoriche,<br />
campo sportivo ecc.<br />
L’Istituzione del Convitto Scuola, pur incontrando,<br />
come si è detto, enormi diffi-<br />
Scuola Convitto, sede di Rivaltella. Dormitorio.<br />
coltà, ha tuttavia incontrata il pieno desiderio<br />
dei partigiani, dei reduci e del popolo<br />
tutto, i quali vedono in esso non più la<br />
scuola meta solo dei privilegiati, ma la<br />
casa educativa del popolo e di tutti coloro<br />
che intendono progredire per il proprio<br />
benessere e per il benessere della collettività.<br />
[...]<br />
Nella nostra Scuola si mette in pratica la<br />
più stretta collaborazione fra insegnanti e<br />
allievi.<br />
Alla direzione di questa vi è il Consiglio<br />
dei Professori al quale partecipano gli studenti<br />
attraverso la loro Commissione di<br />
studi dei problemi didattici. Gli studenti si<br />
interessano, dell’organizzazione della<br />
Scuola e del Convitto. In tal modo si è dato<br />
vita ad un completo auto-governo del Convitto<br />
e della Scuola che permette di educare<br />
gli allievi allo spirito di iniziativa ed al<br />
senso di responsabilità.<br />
[...]<br />
Riportiamo qualche giudizio sul nostro<br />
Convitto Scuola.<br />
Reggio Democratica scrive: “Un grande<br />
entusiasmo pervade tutti i giovani che in<br />
questa Scuola convivono: e una prova di<br />
esso è il fatto che nelle ore di ricreazione<br />
essi si dedichino alla sistemazione del parco<br />
della Villa e ad altri lavori utili alla<br />
comunità. E tutto essi compiono con una<br />
serietà e una precisione che colpisce l’osservatore:<br />
idonei a portare tra il popolo un<br />
maggior numero di tecnici di cui in Italia vi<br />
è innegabilmente un grande bisogno.<br />
È infatti in stridente contrasto con i tempi<br />
ostinarsi e limitare la luce del sapere a<br />
pochi privilegiati, ma questa deve dilagare<br />
in tutte le case, dal più remoto villaggio<br />
di pianura e di montagna ai maggiori<br />
centri urbani. Lo Stato deve sorreggere<br />
finanziariamente e non lasciare affogare<br />
nel pantano del conservatorismo, esperienze<br />
acquisite giornalmente dal Comitato<br />
direttivo della Scuola e da tutti gli<br />
allievi.<br />
Democratizzazione della scuola e dei metodi<br />
di insegnamento, ferma volontà e<br />
umana aspirazione dei giovani lavoratori<br />
di impossessarsi delle cognizioni tecniche;<br />
riforma dei programmi e loro<br />
adeguamento alle esigenze create dai tempi<br />
e dalla storia in continuo divenire; possibilità<br />
di studiare a coloro che, pur avendo<br />
pozzi di intelligenza non ne hanno i<br />
mezzi: questo è quanto si deve fare in<br />
Italia.<br />
E le decine di Convitti Scuola per i partigiani<br />
e reduci esistenti nel nostro Paese<br />
hanno già creato le basi per questo rinnovamento,<br />
fornendo all’attuale e ai futuri<br />
Ministri della Pubblica Istruzione preziose<br />
esperienze che ogni democratico,<br />
anche se non eccessivamente progressivo,<br />
deve estendere nella Scuola italiana”.<br />
E il Giornale dell’Emilia: “Il Convitto<br />
Scuola per partigiani e reduci allestito a<br />
Rivaltella appunto a cura di queste due<br />
Associazioni, è in funzione fin dal novembre<br />
scorso per l’interessamento del Provveditorato<br />
agli Studi, è uno di quei collegi<br />
improntati alle norme della didattica più<br />
moderna”.<br />
Da Tempo Nostro: “Il nuovo regime democratico<br />
che sta realizzandosi in Italia ha<br />
fatto sorgere un po’ dappertutto nuovi Enti,<br />
nuovi Istituti che si preoccupano di soddisfare<br />
sempre più le esigenze popolari. Fra<br />
queste nuove realizzazioni, per le alte finalità<br />
che persegue e per il modo assolutamente<br />
encomiabile col quale è stata attuata,<br />
merita un particolare rilievo la<br />
Scuola-Convitto per Partigiani e Reduci”.<br />
Il Preside del Convitto, Prof. Valpot in<br />
occasione della conferenza stampa tenuta<br />
al Convitto alla presenza dei corrispondenti<br />
di vari giornali quotidiani e settimanali,<br />
ha affermato che “In questi nuovi<br />
sistemi pedagogici di insegnamento è l’avvenire<br />
della scuola italiana”.<br />
20 - NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006
La Resistenza vive nella Costituzione<br />
Alessandro Fontanesi, autore, col padre<br />
Denis, del volume “Volti di libertà”, non<br />
manca di commentare con passione e lucdità<br />
momenti importanti della vita locale e<br />
nazionale, anche con interventi sulla stampa.<br />
Pubblichiamo in ritardo (per motivi tecnici)<br />
alcuni brani di una sua bella lettera<br />
indirizzata al Presidente Notari in aprile.<br />
Stimatissimo Presidente, amici e compagni<br />
partigiani e fanno 61, 61 come gli anno<br />
trascorsi dal 25 aprile, giorno della Liberazione<br />
del nostro Paese. Sembra ieri, eppure<br />
oltre mezzo secolo è passato per voi<br />
ragazzi con i capelli bianchi, con il volto<br />
segnato dal tempo, ma che dentro agli<br />
occhi avete ancora la gioventù e l’entusiasmo<br />
dei vent’anni, che avete dato la vita<br />
per la nostra libertà. Tanti anni sono passati,<br />
molti di voi partigiani non ci sono più,<br />
ma non per questo sbiadisce il ricordo dei<br />
vostri sacrifici.<br />
Le idee per le quali avete combattuto e per<br />
le quali tanti ragazzi sono morti, non sono<br />
affatto morte con essi, tutt’altro, hanno<br />
messo radici, sono germogliate ed il 25<br />
aprile, data simbolo della Resistenza e<br />
della Liberazione, è più che mai attuale,<br />
così com’è attuale l’insieme dei valori<br />
storici, politici e morali che esso incarna.<br />
[...]<br />
Dopo 61 anni il cammino verso una democrazia<br />
piena è perlomeno messo in<br />
pericolo ed un altro esempio lampante è<br />
l’esito delle elezioni politiche. Ha vinto<br />
Prodi, certo di poco, eppure ad oltre una<br />
settimana dal voto, arroventando ancor<br />
più il clima politico come fosse ancora in<br />
campagna elettorale, lo sconfitto non<br />
ammette e non accetta il responso delle<br />
urne. Millantando brogli ed irregolarità,<br />
Berlusconi ed i suoi, ben sapendo che<br />
avrebbero perso, hanno confezionato la<br />
“porcata” (per loro stessa ammissione)<br />
della nuova legge elettorale per destabilizzare<br />
il voto e la futura governabilità ed<br />
alla fine sono rimasti vittime della loro<br />
stessa truffa. Ora piangono e sbraitano<br />
contro tutto e contro tutti, Berlusconi<br />
vorrebbe mantenere il proprio potere ad<br />
ogni costo e con qualunque mezzo, servendosi<br />
della sua “claque” politica e della<br />
pressoché totalità dei telegiornali, questi<br />
ultimi ossequiosamente e servilmente<br />
prostituiti in modo indecente, vorrebbe<br />
far credere che il vincitore non c’è.<br />
[...]<br />
Il 25 aprile, giornata simbolo dell’unità del<br />
nostro popolo, giunge come una boccata<br />
d’ossigeno per questa sorte di palude<br />
mediatico-politica, ma soprattutto dovrà<br />
essere il momento per rendere attuali gli<br />
insegnamenti ed i valori di chi ha liberato<br />
il nostro Paese, primo fra tutti la Costituzione,<br />
figlia di quella straordinaria stagione<br />
di lotta.<br />
Per certuni dunque, la nostra Carta<br />
fondativa è già vecchia, al punto da capovolgerne<br />
i capisaldi fondamentali, in quanto<br />
troppo intransigente e troppo garante degli<br />
interessi del popolo, piuttosto che dei privilegi<br />
di un megalomane che si crede Napoleone<br />
e si è paragonato a Gesù Cristo.<br />
Usando le parole del presidente Ciampi:<br />
“la Resistenza vive nella Costituzione”,<br />
quella Costituzione che come scrisse Pietro<br />
Calamandrei: “se può apparire alla<br />
decrepita classe politica che lotta vanamente<br />
per salvare i suoi privilegi, come<br />
un’inutile carta che si può impunemente<br />
stracciare; essa può diventare per le nuove<br />
generazioni, che saranno il ceto dirigente<br />
del domani, il testamento spirituale di<br />
centomila morti, che indicano ai vivi i<br />
doveri dell’avvenire”.<br />
Dopo 61 anni quindi, il 25 aprile si pone<br />
ancora una volta in prima linea per difendere<br />
quelle conquiste che credevamo ormai<br />
certe, per difendere la libertà degli italiani,<br />
i quali statene certi non esiteranno a scegliere<br />
irrevocabilmente la strada sicura della<br />
libertà, della giustizia, della Costituzione<br />
repubblicana, sulla quale edificare il futuro<br />
dei loro figli e sulla quale riprendere serenamente<br />
il percorso verso una democrazia<br />
piena e consapevole.<br />
W il 25 aprile, W la Resistenza, W la<br />
Repubblica.<br />
Con sentita e sincera amicizia, un grande<br />
abbraccio.<br />
Alessandro Fontanesi<br />
Anpi Poviglio<br />
Visita d’istruzione delle classi terze<br />
all’antico monastero della Benedicta<br />
Grazie all’aiuto dell’Anpi sezione di Poviglio e ai signori Sidraco<br />
Codeluppi e Giorgio Campanini che hanno accompagnato gli<br />
allievi, le classi terze della Scuola Media di Poviglio si sono<br />
recate, il 18 e 19 maggio, a visitare un commovente e particolare<br />
luogo della memoria: i ruderi dell’ antico monastero della<br />
Benedicta (Comune di Bosio, provincia di Alessandria).<br />
Intorno al Monte Tobbio nell’inverno ’43-44 si rifugiarono i<br />
primi nuclei di giovani partìgiani e renitenti alla leva che si<br />
opponevano al fascismo: questi collocarono il loro quartier<br />
generale nell’abbazia benedettina chiamata Benedicta. Male<br />
armati e privi di istruzione militare, questi giovani furono colpiti<br />
da un violento rastrellamento nazifascista nei giorni di Pasqua<br />
del 1944; il monastero, uno dei maggiori monumenti dell’<br />
Appennino, fu fatto saltare.<br />
Furono 147 i partigiani fucilati sul posto, altri trucidati al Passo<br />
del Turchino e 400 furono deportati in Germania: di questi 200<br />
riuscirono a fuggire, gli altri morirono nei campi di sterminio.<br />
I boschi, il silenzio che ora circonda questi luoghi, il sacrario<br />
commemorativo fra le piante hanno dato ai partecipanti la<br />
possibilità di una riflessione profonda e assolutamente non<br />
banale sulla lotta per la libertà. La visita si è conclusa con la<br />
deposizione di una corona d’alloro al monumento ai caduti.<br />
La visita di istruzione è stata preceduta da una lezione tenuta<br />
dalla professoressa Maria Assunta Ferretti, responsabile della<br />
sezione Didattica di Istoreco.<br />
La scuola, gli insegnanti, gli alunni, i genitori ringraziano di<br />
cuore l’Anpi che permette, con queste splendide iniziative diventate<br />
un appuntamento tradizionale per le classi terze, di<br />
mantenere i legami con la nostra storia per non dimenticarla e per<br />
avere sempre più occasioni per costruire e valorizzare la pace.<br />
Gli alunni<br />
e gli insegnanti accompagnatori<br />
Gli studenti e gli accompagnatori alla Benedicta.<br />
NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006 - 21
NINO BARAZZONI, Una vita tra due mondi<br />
Nino Barazzoni, Una vita tra due mondi<br />
(da Bibbiano al Perù e ritorno), Anpi e<br />
Comune di Bibbiano, pp.115, euro 5,00.<br />
Conservato per 70 anni tra le carte di famiglia,<br />
l’autobiografia manoscritta del medico<br />
bibbianese Nino Barazzoni, padre del<br />
nostro amico prof. Renzo, è stata pubblicata,<br />
(cura e introduzione di Loris Bottazzi),<br />
dall’Anpi di Bibbiano. Si tratta di un testo<br />
davvero eccezionale, come eccezionale è<br />
stata la vita del suo autore, nato nel 1870 e<br />
morto nel 1936. Emigrato poco dopo la<br />
laurea in Perù, là iniziò l’esercizio della<br />
professione medica, aprendo anche un ospedale,<br />
e diventando addirittura Sindaco della<br />
città di Callao. Rientrato in Italia, nella sua<br />
Bibbiano, dopo 17 anni, nel 1914, Nino<br />
Barazzoni fu ufficiale medico durante la 1 a<br />
Guerra mondiale. “Mi sono sempre chiesto<br />
– scrive Barazzoni – se Trento e Trieste<br />
valessero tanti morti e feriti, tante distruzioni.<br />
Oggi, a 10 anni dalla fine della guerra, le<br />
misere condizioni in cui versa il nostro<br />
paese mi confermano ancor più nelle mie<br />
convinzioni: quel piccolo aumento territoriale,<br />
ottenuto a così caro prezzo, non sarebbe<br />
stato possibile ottenerlo nel 1914 con<br />
trattative diplomatiche”.<br />
È soltanto una delle folgoranti osservazioni<br />
contenute nel testo, e vi troviamo la<br />
duplice ispirazione di matrice socialista e<br />
cristiana. Tanto più significativa quella<br />
osservazione in quanto espressa nel pieno<br />
dispiegarsi della retorica fascista sulla “vittoria<br />
tradita”.<br />
Del tutto godibili, e di notevole interesse<br />
anche storiografico, le descrizioni del paese<br />
natio e dei suoi dintorni sul finire del<br />
secolo XIX, quando Bibbiano era ancora<br />
luogo di villeggiatura, e per recarsi a Reggio<br />
“si viaggiava ancora con le vecchie diligenze<br />
a cavalli” e “si impiegavano, con la<br />
Corriera, non meno di due ore a stagione<br />
buona, e sempre più tempo quando le<br />
strade erano fangose e inghiaiate”.<br />
Oltretutto il testo, scritto da un medico che<br />
quando era universitario a Bologna amava<br />
talvolta seguire le lezioni di Giosue<br />
Carducci, è anche di ottima qualità letteraria,<br />
una qualità che il figlio Renzo ha<br />
decisamente ereditato.<br />
Avvincenti poi le narrazioni relative ai<br />
lunghi anni vissuti in Perù. Davvero meritoria<br />
l’iniziativa dell’Anpi di Bibbiano, di<br />
dare alle stampe questo diario che l’A.<br />
aveva scritto e concepito come una eredità<br />
spirituale esclusivamente destinata ai figli.<br />
E grazie all’amico Renzo per essersi<br />
lasciato convincere da Loris a rendere pubbliche<br />
le pagine del Padre (a.z.).<br />
Il dottor Nino Barazzoni in una foto del 1913.<br />
“Abbasso il Duce”, video resistente girato a San Polo d’Enza<br />
Il documentario è il prodotto di una serie di interviste a partigiani,<br />
staffette o semplici osservatori, protagonisti della Resistenza<br />
Sampolese. Alcune interviste sono state realizzate in casa, altre<br />
nei luoghi che hanno segnato la Resistenza Sampolese. Il documentario<br />
è corredato da fotografie e filmati d’epoca messi a<br />
disposizione dal Museo dell’Anpi locale, dalle famiglie Sampolesi<br />
e dall’Istoreco di Reggio.<br />
La percezione della guerra, la politica, la scelta del partigianato,<br />
il ruolo delle donne, ma anche le battaglie, gli umori e gli<br />
aneddoti. Questi i temi trattati nel documentario sotto forma di<br />
racconto.<br />
Gli autori<br />
Marco Righi, ventiduenne di San Polo, lavora come regista e<br />
montatore video presso una casa di produzione. Nel tempo libero<br />
realizza cortometraggi autoprodotti che hanno ricevuto premi e<br />
menzioni in alcuni festival.<br />
Cosimo Bizzarri venticinquenne di Reggio Emilia, lavora a<br />
Treviso al Dipartimento di scrittura Creativa di Fabbrica, (il<br />
centro di comunicazione del gruppo Benetton). A Reggio ha<br />
collaborato come giornalista, autore e copywriter con alcune<br />
testate locali.<br />
Circolo Arci “Indiosmundo” di San Polo d’Enza - Presidente<br />
Lodovico Bonfatti - circolo che si prefigge di promuovere attività<br />
culturali, musicali e ricreative.<br />
Per eventuali comunicazioni tel. 3683664273 ind. e.mail–<br />
<strong>indiosmundo</strong>@email.it (l.f.)<br />
Nella foto in allegato da sinistra: Mario Sulpizio Guerra, il sindaco<br />
Milena Mancini, Sonia Masini, presidente Provincia di Reggio Emilia,<br />
Ivo Mareggini, Marco Righi, Cosimo Bizzarri, Lodovico Bonfatti.<br />
Invito alla presentazione del video a suo tempo distribuito oltre ad<br />
una foto scattata durante la manifestazione.<br />
22 - NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006
Il No al referendum:<br />
quant’è bella la nostra Costituzione<br />
Ironia della storia: Vittorio Emanuele di<br />
Savoia, quello che sarebbe potuto diventare<br />
il nostro re, fino a pochi anni fa, come<br />
dettavano le norme transitorie della nostra<br />
“bella” Costituzione, non poteva entrare<br />
sul suolo italico, mentre oggi, per le note<br />
vicende giudiziarie che lo hanno visto coinvolto,<br />
non può lasciarla, l’Italia. Non sarebbe<br />
stato meglio, mi chiedo, lasciarlo<br />
fuori, così non si sarebbero peggiorate le<br />
già gravi condizioni in cui versa lo spirito<br />
pubblico nazionale In ogni caso, l’abbiamo<br />
scampata bella il 2 giugno 1946: ve lo<br />
immaginate come nostro re, simbolo dell’unità<br />
nazionale e dell’Italia nel mondo<br />
Però, abbiamo avuto un recente primo<br />
ministro… ma leggere che il 64,4 percento<br />
degli italiani, il 25 e 26 giugno scorsi, hanno<br />
detto NO allo stravolgimento della Costituzione<br />
del ’48 – quella, per intenderci, dei<br />
Ruini, dei Dossetti, dei Terracini, solo per<br />
citare i primi nomi che mi vengono in mente<br />
– proposta da raffinati politici e studiosi<br />
della Casa delle Libertà e pensata in quel di<br />
Lorenzago (), bè, è stata una bella iniezione<br />
di fiducia. Così, ancora più numerosi i<br />
reggiani che hanno rispedito al mittente<br />
l’indecente proposta: un bel 71,92 percento<br />
di NO, con punte di oltre l’80 percento a<br />
Campegine, Cavriago, Fabbrico.<br />
La speranza, a questo punto, è che il<br />
centrosinistra non abbia tanta fretta di riformare<br />
ciò che i cittadini hanno ritenuto<br />
ancora un ottimo “contratto sociale”. Probabilmente<br />
per arrivare a un governo stabile<br />
sarebbe sufficiente una buona legge<br />
elettorale come quella, ad esempio, a due<br />
turni francese: il primo serve a contare la<br />
forza di ciascun partito, cioè a tutelarne la<br />
pluralità; il secondo serve a riprodurre gli<br />
aspetti classici del collegio uninominale,<br />
ossia a garantire la governabilità. L’istituto<br />
del referendum: andrebbe sì riformato<br />
ma nel senso di togliere alla Corte costituzionale<br />
la discrezionalità di decidere quali<br />
siano i referendum ammissibili, restituendo<br />
all’art. 75 la sua completa efficienza.<br />
Il ruolo che svolge la Costituzione nel<br />
regolare la vita dello Stato, delle sue<br />
articolazioni fondamentali e dei cittadini<br />
potrebbe essere per il centro sinistra al<br />
governo una buona occasione per rimettere<br />
in movimento nell’esangue corpo sociale<br />
il significato e il ruolo culturale e<br />
politico ma anche, e soprattutto, etico e<br />
morale delle regole in una società ordinata,<br />
aperta e non autoritaria. Mettere al<br />
primo posto nell’agenda politica i diritti e<br />
i doveri dei cittadini, educazione civica, in<br />
una parola, potrebbe essere la strada per<br />
far crescere la società civile ma anche la<br />
stessa classe politica che sarebbe costretta<br />
a confrontarsi, e non allo specchio. Potrebbe<br />
essere l’occasione per riflettere sul rapporto<br />
che deve instaurarsi fra Stato ed<br />
autonomie locali e fra questi e i cittadini<br />
tutti, allargandone i diritti e allo stesso<br />
tempo rimarcando i doveri (pensiamo solo<br />
al dovere di pagare le tasse) reciproci. È<br />
necessario, insomma, ridare significato alla<br />
parola “società”.<br />
Le istituzioni rappresentate da sanità, uffici<br />
amministrativi locali e statali ecc. sono i<br />
luoghi in cui, spesso, l’onnipotenza della<br />
burocrazia, ad esempio, può frustrare i diritti<br />
che le leggi del Parlamento hanno riconosciuto<br />
ai cittadini. Rispetto delle regole è<br />
far “pulizia” di chi fra pubblici funzionari,<br />
amministratori, politici e parlamentari è<br />
coinvolto in reati penali e/o amministrativi.<br />
Allora “regola” diviene sinonimo di legalità<br />
e in parti del Paese la vessazione e la<br />
corruzione, invece, sono la legge.<br />
Se la classe dirigente del centrosinistra<br />
vuole realmente aprire dei canali di dialogo<br />
con la società e non limitarsi a mandare<br />
messaggi in codice agli altri addetti ai<br />
lavori e lanciare slogan a tutti gli altri che<br />
stanno fuori e che ogni cinque anni votano,<br />
il No al referendum costituzionale, può<br />
diventare il nostro “socialismo dei cittadini”,<br />
promosso in Spagna da Zapatero.<br />
Infatti, con le attività di governo, l’Unione<br />
dovrebbe indicare la strada della legalità,<br />
del rispetto delle regole e fare della politica<br />
alta il suo marchio di fabbrica, ispirandosi<br />
ai principi della Costituzione e a quelli<br />
che a sua volta la ispirarono, i venti mesi<br />
della Resistenza.<br />
Glauco Bertani<br />
Il 61° della battaglia di Albinea<br />
sulla rivista inglese “Trenchard”<br />
Sulla commemorazione della battaglia di Albinea del 26-27 marzo 1945 un reportage<br />
è stato scritto da Francesca Riccomini, nipote del tenente James Arthur Riccomini,<br />
uno dei tre inglesi (con il sergente Sidney Guscott ed il caporale Samuel Golden)<br />
caduti nell’attacco al comando germanico di Villa Rossi e Villa Calvi, e pubblicato<br />
(corredato da foto del nostro Mario Crotti) sul numero di giugno 2006 della rivista<br />
“The Trenchard”.<br />
Dopo aver riassunto le circostanze della battaglia, e accennato con gratitudine<br />
all’accoglienza fatta alla delegazione britannica, oltre che dalla sindaca Antonella<br />
Incerti, da Glauco Monducci, Gordon, che “ora è un anziano piuttosto fragile ma dotato<br />
di ammirevole forza vitale”, l’autrice rende omaggio a Mario Crotti per la “meravigliosa<br />
mostra informativa, anche per quelli di noi che non conoscevano l’italiano”.<br />
“Un aspetto memorabile del nostro viaggio – aggiunge Francesca Riccomini – è stato<br />
l’incontro con la vedova e la figlia di Giuseppe Casoni, il giovane che nella notte<br />
fatale guidò il gruppo composto dai britannici dello Special Air Service e da un<br />
centinaio di partigiani giù dalle colline verso il loro obbiettivo, conducendo poi i<br />
sopravvissuti in salvo nei loro nascondigli.<br />
Dopo la cerimonia principale, quale riconoscimento del suo impegno, una via è stata<br />
intitolata al suo nome.<br />
Claudia [la figlia di Casoni, NdR] ci ha gentilmente accompagnati al cimitero in cui<br />
in un primo tempo erano stati sepolti i tre soldati inglesi”.<br />
Una delle foto Crotti pubblicate su “Trenchard”.<br />
NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006 - 23
24-25 maggio ’44. L’assedio di Villa Minozzo<br />
nel racconto di una bambina di dieci anni<br />
All’assedio di Villa Minozzo del 24-25<br />
maggio 1944 Guerrino Franzini, nella sua<br />
Storia della Resistenza reggiana, dedica 5<br />
pagine (145-149) lungo le quali la vicenda<br />
viene ricostruita sulla base di fonti testimoniali<br />
e documentarie, sia di parte<br />
resistenziale che fascista.<br />
Qui pubblichiamo la testimonianza, scritta<br />
“a caldo” tra fine maggio e primi giugno<br />
del ’44, da una bambina che all’epoca<br />
aveva 10 anni (Sandra Zambonini, figlia<br />
del partigiano Sestilio) e abitava a<br />
Castiglione d’Asta, dove torna ogni estate<br />
in vacanza, da Modena, col marito Pietro<br />
Alberghi, storico della Resistenza.<br />
Scritta su un foglio protocollo, quasi come<br />
un compito in classe, la narrazione di<br />
Sandra ci offre un punto di vista assai<br />
interessante su un evento bellico visto, per<br />
così dire, “dal basso” e con lo sguardo di<br />
una bambina appunto. Come nel romanzo<br />
La Storia di Elsa Morante, dove gli eventi<br />
passano sulla testa della protagonista.<br />
Anche se, come precisa oggi Sandra<br />
Zambonini, i fatti le furono poi spiegati da<br />
suo padre.<br />
Il testo viene pubblicato così come ci è stato<br />
consegnato, senza correzioni. Lasciando in<br />
sostanza i piccoli errori di italiano che la<br />
maestra Sandra Zambonini da decenni ha<br />
smesso di lasciarsi scappare.<br />
Il 24 maggio 1944 era circa mezzanotte,<br />
quando mia madre sentì bussare più volte<br />
alla porta, s’alzò e andò ad aprire erano<br />
partigiani e volevano da bere e ristorarsi un<br />
poco. A mia mamma dissero pure che andavano<br />
finalmente ad attaccare il presidio di<br />
Villa Minozzo, loro le dissero di chi sono<br />
tutti quei carichini di carbone che avete<br />
davanti a casa Mia mamma le rispose:”sono<br />
barocciai di Vezzano che forniscono la<br />
nostra provincia di carbone, macchine non<br />
ne circolano più”. “Bene” fu la risposta , voi<br />
non dite nulla di quello che vi abbiamo<br />
confidato dato [che] se va il colpo bene<br />
quando sono giù a Villa Minozzo li fermeremo,<br />
le faremo scaricare il carbone e li<br />
manderemo indietro col nostro bottino di<br />
guerra!”.Lasciarono pure a mia mamma<br />
qualche lanterna e le dissero:”Se non avremo<br />
la fortuna di tornare saranno vostre”.<br />
Parlo per lo più della mia mamma perché<br />
mio padre fu arrestato dai fascisti per essere<br />
scappato l’8 settembre 1943.<br />
Proseguendo il discorso sopra interrotto,<br />
dopo un’ora circa che i partigiani se ne<br />
furono andati da casa mia per la prima volta<br />
sentimmo le armi da guerra in grande battaglia,<br />
c’era pure una mitraglia pesante che<br />
faceva addirittura spavento. Mia mamma<br />
che non aveva più dormito svegliò tutti quei<br />
Altre rovine di Villa Minozzo.<br />
barocciai che nel sentire un così grosso<br />
attacco tremavano a denti stretti. Io con la<br />
mia famiglia ci portammo tutti all’ultimo<br />
piano della casa e vedemmo giù Villa<br />
Minozzo quasi tutto illuminato dalle armi<br />
che sparavano, si vedevano pure dei razzi di<br />
diversi colori andare altissimi che li adoperavano<br />
i fascisti per chiamare soccorso. Io<br />
ogni tanto vedevo la mia mamma segnarsi<br />
e pregare. L’attacco continuava che non ci<br />
dava pace. Durò diverse ore fino a mattina<br />
inoltrata. Non si seppe più nulla, non circolava<br />
più nessuno, non si sapeva chi aveva<br />
vinto o perso, partigiani a venire indietro<br />
non se ne vedevano. Terminata la battaglia<br />
i barocciai partirono da casa mia. Circa<br />
mezzogiorno correvano voci che era giunto<br />
un grosso rinforzo ai fascisti e i partigiani<br />
dopo una lotta accanita avevano dovuto<br />
ritirarsi. Era però le undici del 25 maggio<br />
giorno seguente quando ormai si viveva<br />
tranquilli e quasi non si pensava più ai fatti<br />
successi il giorno prima, sentiamo una grande<br />
sparatoria giù poco distante al mio paese<br />
giù nella strada vicino al Secchiello. Non<br />
abbiamo ancora intuito cosa può essere<br />
successo che vediamo passare sette partigiani<br />
che andavano di una corsa pazza,<br />
laceri senza cappello quasi scalzi, mia mamma<br />
comprese tutto e cominciò a nascondere<br />
roba. Poco dopo comparve una vicina di<br />
casa in gran pianto! “I partigiani che ieri<br />
attaccavano Villa Minozzo oggi hanno attaccato<br />
una gran quantità di fascisti e tedeschi<br />
venite a vedere la popolazione del<br />
paese di sotto ha abbandonato le case e<br />
fugge via. Anche noi è meglio scappare”.<br />
No rispose mia mamma, è meglio rimanere,<br />
se trovano le case vuote ce le bruciano<br />
bisogna farsi coraggio.<br />
Intanto gli spari si udivano sempre più<br />
vicini e per la prima volta udimmo spari e<br />
colpi di mortaio. Poco dopo comparvero<br />
due ragazze del paese di sotto chiamato<br />
Governara col pianto agli occhi:”Bisogna<br />
scappare hanno ucciso una quantità di fascisti,<br />
una corriera piena è ruzzolata nel<br />
Secchiello, l’ha detto una vecchia che veniva<br />
dal mulino. La mia nonna che stava di<br />
sopra cominciò con un altro vecchio a<br />
recitare il S.Rosario, ma la mia mamma<br />
quando seppe che la peggio c’era toccata a<br />
loro il S.Rosario non lo volle dire. Intanto<br />
gli spari si udivano avvicinarsi sempre più,<br />
mia mamma ci fece andare in camera io e<br />
mio fratello e ci teneva sul letto. Ogni tanto<br />
io mi avvicinavo ai vetri della finestra e<br />
vedevo tanti soldati avanzare da tutte le<br />
parti, pestavano i campi di grano, sbucavano<br />
da ogni lato e li vidi giungere alla mia<br />
casa. Mia mamma allora scese come nulla<br />
fosse accaduto e le chiese cosa volevano<br />
“da bere” le fu risposto. Poi un fascista<br />
sentii che disse”Se incontrassi mio pare e<br />
mia madre non le perdonerei nemmeno a<br />
loro”. Bevete le disse mia mamma vi farà<br />
bene. Noi ci facemmo coraggio e stavamo<br />
zitti. In poco tempo la casa fu piena di<br />
fascisti ed un tenente volle pure perquisirla<br />
tutta era molto arrabbiato parlava poco.<br />
Era poco che questa quantità di fascisti<br />
circa duecento era partita per Villa Minozzo<br />
, entrò altri soldati vestiti col elmetto da<br />
guerra uguale a quelli di prima e chiesero<br />
quanto tempo era che gli altri erano partiti.<br />
Sarà dieci minuti le rispose mia mamma e<br />
come avete lasciato partire i vostri colleghi<br />
Allora alzarono tutti il rivolto della<br />
giacca e sotto c’era scritto in rosso “Viva<br />
Garibaldi”. Noi non siamo di quelli signora<br />
vede che paura abbiamo E fuggirono<br />
ridendo ad inseguire il nemico in ritirata.<br />
Il giorno dopo sapemmo che sette partigiani<br />
avevano ucciso circa quaranta fascisti<br />
senza contare i feriti.<br />
Mai potrò dimenticare questo episodio<br />
della lotta partigiana svoltosi nel mio<br />
paesello di montagna durante la guerra<br />
clandestina.<br />
Sandra Zambonini<br />
24 - NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006
Sono ancora necessarie le basi Usa in Italia<br />
È stata necessaria la richiesta del presidente<br />
della giunta regionale sarda Renato Soru<br />
di rendere pubblico l’accordo riservatissimo,<br />
che ha consentito di costituire la base<br />
Usa della Maddalena, chiedendone contemporaneamente<br />
lo smantellamento, per<br />
riportare in primo piano il problema della<br />
basi americane in Italia.<br />
Se si scorre il rapporto ufficiale del Pentagono<br />
“Base Structure Report 2003” ci si<br />
rende conto immediatamente delle notevoli<br />
dimensioni della presenza militare<br />
Usa in Italia. Nel nostro Paese le forze<br />
armate statunitensi posseggono oltre 2000<br />
edifici, che occupano una superficie di<br />
oltre un milione di metri quadri ed hanno<br />
in locazione altri 1100 fabbricati con una<br />
superficie di altri 780.000 mq. Il personale<br />
addetto alle basi ammonta a 15.000 militari<br />
ed a 4500 civili.<br />
L’esercito Usa dispone di proprie basi in<br />
Veneto ed in Toscana. Alla caserma Ederle<br />
di Vicenza è di stanza la 173° brigata<br />
aviotrasportata, operante nel quadro della<br />
Setaf cioè la task force del sud Europa, agli<br />
ordini del Comando europeo delle Forze<br />
armate Usa, la cui “area di responsabilità”<br />
include ben 91 Paesi e territori che vanno<br />
da Capo Nord al Capo di Buona Speranza.<br />
Nel marzo del 2003 fu proprio la 173°<br />
brigata ad essere inviata per prima nel<br />
Kurdistan iracheno.<br />
A Camp Darby (Livorno) è dislocata la<br />
base logistica, che rifornisce le Forze terrestri<br />
ed aeree, operanti nell’area mediterranea,<br />
nordafricana e mediorientale.<br />
L’aeronautica Usa ha proprie basi in Friuli-<br />
Venezia Giulia, in particolare ad Aviano<br />
(Pordenone) ove sono schierate la 31°<br />
Fighter Wing e la 16° Air Force, la quale,<br />
dotata di caccia F-16 e F-15 svolge compiti<br />
di pianificazione e conduzione di operazioni<br />
di combattimento aereo anche in<br />
Medio Oriente.<br />
La marina Usa ha il suo centro principale<br />
a Napoli, dove è stato trasferito il quartiere<br />
generale delle Forze Navali Usa in Europa,<br />
prima a Londra. La sua “area di responsabilità”<br />
include 89 Paesi di tre continenti<br />
(Europa, Asia ed Africa), da Capo<br />
Nord al Capo di Buona Speranza, mentre<br />
ad Est si estende fino al Mar Nero. La<br />
marina Usa dispone inoltre della base<br />
aeronavale di Sigonella e di quella della<br />
Maddalena la quale oltre essere base di<br />
appoggio per i sottomarini atomici è divenuta<br />
base logistica per le operazioni belliche<br />
in Medio Oriente e nei Balcani.<br />
Nelle fasi iniziali della guerra, scatenata<br />
contro l’Iraq, i sottomarini Usa di base<br />
alla Maddalena, all’insaputa dei Paesi<br />
europei circostanti, hanno bombardato<br />
Bagdad ed altri obiettivi, direttamente<br />
dal Mediterraneo, impiegando armi<br />
missilistiche da crociera.<br />
Le strutture Nato a disposizione, inoltre,<br />
degli Usa sono molteplici e prima fra tutte<br />
il Joint Force Command di Napoli con a<br />
capo un ammiraglio americano, il quale è<br />
contemporaneamente comandante delle<br />
Forze Navali Usa in Europa e comandante<br />
della “Forza di risposta della Nato”, che<br />
comprende oggi 17.000 uomini, pronta ad<br />
essere “dispiegata in qualsiasi parte del<br />
mondo nello spazio di 5 giorni”. A Taranto,<br />
poi, è dislocato il quartier generale della<br />
High Readiness Force una forza marittima<br />
speciale di rapido intervento, inserita nella<br />
catena di comando del Pentagono, che ha in<br />
programma la creazione in zona di un grande<br />
centro servizi per la Sesta flotta, dotato,<br />
fra l’altro, di un complesso sistema di comunicazione,<br />
controllo, computers e<br />
intelligence, che lo farà diventare un centro<br />
unico nel Mediterraneo di comando e spionaggio<br />
del Pentagono.<br />
Tutte le su elencate Forze e basi Usa,<br />
anche se ospitate su territorio italiano,<br />
sono inserite nella rete di comando del<br />
Pentagono e sottratte, quindi, a qualsiasi<br />
interferenza decisionale italiana, trasformando,<br />
in tale modo, l’Italia in un trampolino<br />
di lancio della “proiezione di potenza”<br />
statunitense verso sud e verso est, in<br />
un quadro di ridislocazione delle Forze<br />
Usa dall’Europa settentrionale e centrale a<br />
quella meridionale ed orientale.<br />
Una tale “esibizione” di potenza militare<br />
deve essere considerata, pertanto, non una<br />
semplice strategia militare ma una vera<br />
strategia politica, che si prefigge lo scopo<br />
di superare le resistenze di quella che<br />
Rumsfeld definisce la “vecchia Europa”,<br />
attraverso e per mezzo degli amici più<br />
fedeli fra i quali emerge l’Italia.<br />
Una siffatta strategia, peraltro, non può<br />
non scatenare una serie di risposte, che<br />
non lasciano intravedere niente di pacifico.<br />
La Russia, infatti, per rispondere alla<br />
installazione prevista di una base<br />
missilistica Usa in Europa, come recentemente<br />
dichiarato dal ministro della Difesa<br />
Serghei Ivanov, sta predisponendo adeguate<br />
misure militari ed ha aggiunto: “Si<br />
tratta di una questione sulla quale stiamo<br />
discutendo da tempo con gli Usa, entrando<br />
anche nei dettagli, anche se non ci è noto<br />
quale sarà il Paese scelto per l’installazione<br />
della base e quali saranno il numero ed<br />
il tipo di missile ospitato”. Il generale<br />
Henry Obering direttore del sistema<br />
antimissile americano, sostiene da<br />
tempo,che la base europea sarà semplice<br />
parte del Sistema di difesa antimissilistico,<br />
anche se deve essere evidente come la<br />
crescente pressione, anche in tal modo,<br />
esercitata dagli Stati Uniti e dalla Nato nei<br />
riguardi dell’area, cosiddetta “post-sovietica”,<br />
abbia spinto Mosca a modernizzare<br />
il suo scudo nucleare. Secondo quanto<br />
annunciato da Ivanov l’esercito russo riceverà<br />
nell’anno in corso sei nuovi missili<br />
balistici intercontinentali (Mbi), altrettanti<br />
apparati spaziali e dodici razzi vettori<br />
con una spesa prevista di 53.500 milioni di<br />
rubli e cioè 910 milioni di dollari in più di<br />
quanto stanziato nel 2005.<br />
Il presidente Vladimir Putin ha recentemente<br />
dichiarato che la Federazione russa<br />
ha adeguatamente perfezionato e potenziato<br />
i mezzi di dissuasione nucleare, aggiungendo<br />
che le Forze armate del Paese<br />
debbono raggiungere il massimo di efficienza,<br />
onde garantire la sicurezza globale<br />
e difendere il Paese stesso da qualunque<br />
tentativo di pressione o ricatto effettuato<br />
con mezzi politico-militari.<br />
Dichiarazioni tutte, che non possono lasciarci<br />
passivamente indifferenti, specie<br />
se risultassero veritiere le voci, che affermano<br />
come sarà l’Italia il Paese, nel quale<br />
verrà allestita la succitata base missilistica.<br />
D’altra parte una più o una meno che<br />
differenza fa E questa differenza può<br />
essere accettata dal movimento pacifista<br />
europeo, che oggi, nel contesto di una<br />
invasione mondiale del modello di “guerra<br />
giusta” e di “guerra umanitaria” vede<br />
spazzato via un qualsiasi “luogo-riparo”<br />
Il movimento pacifista ha, avrà, di fronte a<br />
sé grandi responsabilità, che non ammettono<br />
impazienze, disfattismi e/o<br />
massimalismi, ma che prevedano un forte<br />
e continuativo impegno, basato sulla convinzione<br />
che il futuro del mondo sarà un<br />
futuro tragico, se non verrà distaccato dalla<br />
logica della violenza, che le basi militari<br />
Usa in Italia rappresentano in pieno.<br />
Bruno Bertolaso<br />
Uno scorcio della Maddalena.<br />
NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006 - 25
In ricordo di Enzo Salsi<br />
Il 24 maggio scorso si è spento nella<br />
sua casa di Poviglio il compagno Enzo<br />
Salsi, lasciando nello sconforto i suoi<br />
cari e tutti i compagni che con lui hanno<br />
tanto intensamente collaborato.<br />
Enzo ha condotto, infatti, un’esistenza<br />
molto attiva, all’insegna dell’impegno<br />
sociale e civile.<br />
Nato in una famiglia di antifascisti – il<br />
padre Odoardo era iscritto al partito<br />
comunista clandestino negli anni del<br />
regime fascista – Enzo fu forgiato giovanissimo<br />
come collaboratore nella<br />
Resistenza. Casa Salsi era infatti una<br />
casa di latitanza, che ospitava partigiani<br />
del battaglione mobile della pianura.<br />
Questo gruppo che compiva avventurose<br />
e rischiose azioni di guerriglia<br />
durante la notte, di giorno trovava<br />
rifugio in case sicure come quelle delle<br />
famiglia di Enzo.<br />
I Salsi erano contadini; toccava al<br />
tredicenne Enzo andare al caseificio<br />
con il bidone del latte vuoto, dire al<br />
cascinaio che era caduto ed aveva rovesciato<br />
nel fosso quel latte che in realtà<br />
era servito a rifocillare i partigiani.<br />
Il suo funerale ci racconta molto di lui:<br />
una folla immensa, silenziosa e commossa<br />
nel dolore e nel ricordo. Gli<br />
stendardi che accompagnavano il feretro,<br />
nella loro potenza simbolica,<br />
parlavano più che un fiume di parole<br />
del suo impegno.<br />
C’era la bandiera dell’Anpi. Da sempre<br />
dirigente dell’associazione Enzo,<br />
ormai malfermo di salute, nelle ultime<br />
gocce della sua esistenza non ha ces-<br />
sato di lavorare per contribuire al rafforzamento<br />
della sezione povigliese.<br />
Anche la bandiera dei Democratici di<br />
sinistra lo ha accompagnato nel suo<br />
ultimo viaggio. Enzo è stato segretario<br />
della Fgci negli anni Cinquanta, e<br />
poi ha fatto parte del direttivo della<br />
sezione Pci di Poviglio. Quando ci fu<br />
la svolta della Bolognina mi disse:<br />
“Mi dispiace, sono sempre stato comunista,<br />
ma se c’è da cambiare si<br />
cambia!”. C’era una delegazione della<br />
Pubblica assistenza “Croce azzurra”<br />
con lo stendardo. Di questa associazione<br />
al servizio della salute dei<br />
cittadini Enzo era stato a lungo milite<br />
volontario.<br />
Rosseggiava la bandiera dello Spi-<br />
Cgil, il sindacato dei pensionati, nel<br />
quale Enzo rivestiva il ruolo di componente<br />
del comitato direttivo.<br />
A rappresentare l’Istituto Alcide Cervi<br />
c’era Maria Cervi con un gruppo di<br />
volontari del Museo Cervi di cui Enzo<br />
era un assiduo collaboratore. Nei giorni<br />
festivi lo si poteva incontrare come<br />
eloquente guida ad illustrare la storia<br />
di questa casa e del mondo contadino.<br />
Da contadino mezzadro, era divenuto<br />
operaio specializzato alle officine meccaniche<br />
Greco di Reggio Emilia. Di<br />
questa esperienza di crescita e di cambiamento<br />
Enzo era orgoglioso.<br />
Appassionato e raffinato conoscitore<br />
di musica, faceva parte degli “Amici<br />
della Lirica”. Tanti amici che condividevano<br />
con lui questa passione si sono<br />
stretti attorno al suo ricordo nel momento<br />
dell’estremo saluto.<br />
Ci manca molto la sua presenza, e<br />
riecheggiano nella memoria la sua parlata<br />
a voce alta, il suo timbro così<br />
potente, tipici delle persone schiette.<br />
A me resta il rimorso di non avere avuto<br />
la forza di comporre l’orazione funebre<br />
che il nostro Enzo si meritava. Il suo<br />
esempio vivrà però al di là delle parole<br />
come il solenne silenzio, più evocativo<br />
di mille discorsi che lo ha accompagnato<br />
nel suo ultimo viaggio, ci ha raccontato.<br />
L’essenziale, scarno racconto delle vicende<br />
della sua esistenza sono già un<br />
monito per le giovani generazioni. A<br />
noi, suoi compagni di mille avventure e<br />
mille battaglie, il compito di non disperdere<br />
la sua testimonianza.<br />
Alla moglie, compagna Silvana, ed alla<br />
figlia, amica Catia, le nostre più sentite<br />
condoglianze ed il nostro affettuoso abbraccio.<br />
Sidraco Codeluppi<br />
Segretario ANPI-Sezione di Poviglio<br />
Un aiuto all’Anpi<br />
in memoria di Elio Trolli<br />
Il Centro Sociale Autogestito “Orologio” di Reggio Emilia ci ha fatto pervenire<br />
la seguente lettera.<br />
Nella giornata di domenica 18 giugno, con l’organizzazione del nostro gruppo di<br />
cicloturisti, si è svolto il raduno della Resistenza intitolato “Memorial Elio Trolli”.<br />
La manifestazione ha registrato la presenza di numerosissimi amici cicloturisti e<br />
ha visto l’entusiastica partecipazione di tanti amici nella cura di ogni dettaglio<br />
organizzativo.<br />
L’occasione del “Memorial Elio Trolli” ci ha consentito anche momenti di<br />
riflessione e, insieme ai soci volontari che hanno curato l’iniziativa, abbiamo<br />
deciso di devolvere la somma di € 150,00 (centocinquanta) alla Vostra Organizzazione.<br />
L’attenzione e l’impegno della Vostra Organizzazione per la salvaguardia dei<br />
valori fondanti della nostra società, ci stimolano a proseguire nello sviluppo di<br />
attività che vedano la partecipazione attiva e democratica di tutti i cittadini.<br />
Vi porgiamo cordiali saluti.<br />
La Presidente<br />
Lina Montanari<br />
Ringraziamo gli amici del Centro Sociale “Orologio” e con loro rinnoviamo il<br />
ricordo del partigiano Elio Trolli, già comandante di battaglione nella 144ª<br />
Brigata Garibaldi, per tanti anni organizzatore del Trofeo ciclistico della Resistenza.<br />
Cogliamo l’occasione per manifestare solidarietà all’amica Lina per i<br />
danni subiti dal Centro sociale in seguito ad atti delinquenziali.<br />
26 - NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006
Restaurata in Camporanieri la stele<br />
per i partigiani Malaguti e Simonazzi<br />
La stele restaurata dopo le deturpazioni subite ad opera di ignoti vandali, è stata<br />
ricollocata, grazie alla volontà di Comuni ed Anpi di Castelnovo Sotto e Poviglio,<br />
all’interno dell’area verde dell’ex fornace Dall’Aglio, in comune di Castelnovo<br />
Sotto, e viene ora custodita dall’associazione Anziani del Laghetto Camporanieri”.<br />
Segnaliamo che Codeluppi e Righi hanno già in passato curato il restauro o il<br />
rifacimento di altri cippi dedicati a caduti partigiani nei comuni di Poviglio,<br />
Campegine e Novellara<br />
Nelle foto (sotto): 1° maggio 2006, un momento della inaugurazione. Erano presenti,<br />
assieme ai familiari dei due caduti, Orio Vergalli per l’Anpi provinciale, i sindaci di<br />
Castelnovo Sotto (Roberta Mori) e Raul Daoli (Novellara ), l’Assessore Fabio<br />
Montanari di Poviglio, un assessore di Guastalla e don Ercole Artoni.<br />
(a fianco): la stele come si presenta ora. La ragazzina seduta è la pronipote di<br />
Posacchio Malaguti (figlia di una figlia di Franco); a lei è stato affidato il compito<br />
del taglio del nastro.<br />
I fratelli Rosa e Franco Malaguti ringraziano<br />
vivamente l’assessore comunale<br />
Montanari di Castelnovo Sotto<br />
e i dirigenti dell’Anpi di Poviglio<br />
Sidraco Codeluppi e Germano Righi<br />
per l’impegno con cui hanno provveduto<br />
al rifacimento e alla ricollocazione,<br />
in località Campo Ranieri, del<br />
cippo dedicato alla memoria del loro<br />
padre Posacchio Malaguti e di Alvaro<br />
Simonazzi, partigiani della 77ª Brigata<br />
Sap, caduti in combattimento il<br />
24 aprile 1945.<br />
Nell’occasione hanno fatto un’offerta<br />
all’Anpi di Poviglio.<br />
Un grave lutto ha colpito<br />
Giannetto Magnanini, presidente di Istoreco<br />
Sabato scorso 19 agosto, è morta Norma Cagnoli, di anni 79,<br />
moglie di Giannetto Magnanini. Il decesso, in seguito ad<br />
attacco cardiaco, è avvenuto all’ospedale di Mirano, provincia<br />
di Venezia. Il funerale si terrà in quella località giovedì<br />
prossimo 24 agosto alle ore 12.<br />
La famiglia Magnanini si era trasferita a Martellago (Venezia)<br />
circa tre anni fa.<br />
Norma Cagnoli prese parte alla Resistenza entrando giovanissima<br />
nei Gruppi Difesa della Donna, partecipò alla lotta<br />
per la salvezza del pennellificio “Agazzani”, una delle poche<br />
fabbriche che nel dopoguerra occupava manodopera femminile.<br />
Aderì al Pci nel 1945 e, in seguito, al Pds e successivamente<br />
entrò nei Ds, ove era ancora iscritta.<br />
L’iscrizione al Pci avvenne assieme a gruppi di donne operaie<br />
di diverse fabbriche reggiane che scelsero quel partito per<br />
realizzare i loro ideali di giustizia sociale, di libertà e di pace<br />
trasmessi dalla Resistenza e che animarono tutta la loro vita.<br />
Il senatore Ugo Benassi, amico e compagno di militanza di<br />
Magnanini, nell’esprimergli la paretecipazione al suo dolore,<br />
gli ha scritto: “Norma come Lucia [moglie del senatore,<br />
NdR] sono state parti importanti della nostra vita personale<br />
e della nostra storia politica…”.<br />
Alla notizia della scomparsa di Norma Cagnoli, sono arrivate<br />
a Istoreco attestazioni di solidarietà e partecipazione da<br />
tante persone, compagni di partito, singole personalità e da<br />
organizzazioni tra cui l’Anpi provinciale e l’Anppia.<br />
L’orazione funebre è stata tenuta da Hermes Grappi. Il testo<br />
sarà pubblicato sul prossimo numero del “Notiziario”.<br />
NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006 - 27
Guerra-Resistenza-Politica:<br />
Storie di donne<br />
Pubblicati gli atti del Convegno dell’Istituto Cervi: un importante contributo alla ricerca storica<br />
È finalmente uscito (e presentato il primo<br />
giugno scorso al Museo Cervi in una giornata<br />
di studio no-stop ricca di riflessioni e<br />
di emozioni) il volume “Guerra-Resistenza-Politica:<br />
storie di donne (a cura di<br />
Dianella Gagliani, Aliberti Editore), che<br />
raccoglie gli atti del convegno nazionale<br />
omonimo promosso il 7-8-9 ottobre 2004<br />
dall’Istituto Alcide Cervi e dalla Società<br />
italiana delle storiche e tenutosi nella nostra<br />
città presso l’Università.<br />
Il Convegno e il volume sono stati dedicati,<br />
non a caso, a Genoeffa Cervi, rivalutandone<br />
il ruolo all’interno della famiglia:<br />
una figura “simbolica”, quella di Genoeffa,<br />
che riassume in sé tutte le donne che hanno<br />
vissuto la guerra e la Resistenza, e le donne<br />
contadine in particolare: la loro forza, la<br />
loro umanità, la loro capacità di sopportare<br />
il dolore e di reagire alle avversità, la loro<br />
consapevolezza e condivisione della lotta<br />
comune.<br />
Perché, come ricorda la nipote, Maria Cervi,<br />
nella sua lucida ed insieme commossa<br />
testimonianza: “L’immagine di lei che il<br />
tempo ci ha trasmesso, di una moglie e<br />
madre vissuta all’ombra del marito e dei<br />
figli, non le rende giustizia”.<br />
Tutto il Convegno del resto è teso, attraverso<br />
un impegno non facile, attento e<br />
rigoroso di ricerca e di interpretazione<br />
storica, a fare emergere il ruolo essenziale<br />
che innumerevoli donne, perlopiù nell’ombra<br />
ed in silenzio, hanno avuto in quel<br />
tragico periodo della nostra storia, contribuendo<br />
all’esito vittorioso della Resistenza<br />
e continuando ad impegnarsi poi, anche<br />
nella ricostruzione, per la conquista dei<br />
primi diritti e nella costruzione dello Stato<br />
sociale.<br />
Tutto questo è raccontato, nel Convegno,<br />
non solo attraverso i fatti, ma portando in<br />
primo piano le motivazioni, le ragioni, i<br />
vissuti, i caratteri e le forme diverse ed<br />
originali di una partecipazione attiva e<br />
corale delle donne a quella vicenda storica,<br />
che ha segnato una rottura radicale,<br />
culturale e politica rispetto al ruolo storicamente<br />
loro assegnato, in particolare nell’Italia<br />
del fascismo.<br />
Ciò avviene anche con un’esplicita critica<br />
alla storiografia ufficiale e con un’aperta<br />
rottura rispetto alla rappresentazione spesso<br />
agiografica della Resistenza prevalsa<br />
sino ad ora anche nelle forze antifasciste,<br />
che hanno in genere, taciuto, ignorato,<br />
sottovalutato quel ruolo e quella partecipazione,<br />
al massimo rinchiudendola e<br />
svilendola nella retorica sulle mater<br />
dolorosae o sull’esaltazione di singole<br />
“eroine” della guerra partigiana dotate di<br />
virtù “virili”.<br />
Dianella Galliani, la valente docente di<br />
storia Contemporanea all’Università di<br />
Bologna, che ha voluto e coordinato il<br />
complesso lavoro del Convegno, così riassume<br />
il senso del volume: “Pochi avrebbero<br />
pensato, sino a non molto tempo fa,<br />
che la storia delle donne e di genere<br />
avrebbe conferito nuovi significati alle<br />
categorie storiche di “Guerra” e di “Resistenza”...<br />
E ancora: “Lo sguardo rivolto<br />
al pianto dei bambini, insieme a quello di<br />
donne e di uomini, ha permesso di superare<br />
una visione della guerra prevalentemente<br />
incentrata sulle strategie e le operazioni<br />
militari o sugli strumenti bellici o<br />
le innovazioni tecnologiche, per porre al<br />
centro della scena la distruzione, la sofferenza,<br />
la morte. Anche la Resistenza, sottratta<br />
agli aspetti combattentistici, si è<br />
dispiegata in una varietà di presenza e di<br />
attività le quali consentono una sua ulteriore<br />
definizione”.<br />
È dunque, per citare una felice sintesi, il<br />
racconto e l’analisi di “una diversa guerra,<br />
una diversa Resistenza, un’altra politica”:<br />
quella delle donne in carne ed ossa.<br />
Il filo che lega i diversi interventi<br />
Il filo che lega i tanti diversi contributi è<br />
appunto volto ad analizzare e a fare emergere<br />
ciò che ancora della guerra e della<br />
Resistenza non è stato raccontato e ciò<br />
che differenzia, distingue il modo con<br />
cui le donne hanno vissuto quegli eventi<br />
e quelle circostanze, il loro peculiare<br />
modo di vivere ed affrontare la guerra e<br />
le sue devastazioni, di “fare” la Resistenza,<br />
di intendere e di sentire l’idea di<br />
“patria”.<br />
Ne esce un quadro complesso ed articolato,<br />
che si articola nel Convegno in tre filoni<br />
tematici: 1) Guerra e violenza; 2) Resistenze;<br />
3) Patria/patrie.<br />
Ciascuna di queste parti si compone di una<br />
pluralità di contributi specifici e di approfondimenti<br />
che mettono a fuoco temi ed<br />
aspetti sinora ignorati o poco trattati, da<br />
cui emerge la complessità, la diversità, la<br />
specificità di situazioni, di contesti e di<br />
vissuti e anche le differenze territoriali.<br />
Nella parte “Guerra e violenza” al centro<br />
sono le donne come principali “vittime”<br />
della guerra, le loro strategie di sopravvivenza<br />
e di reazione in situazioni estreme.<br />
Importanti i contributi sulle confinate politiche<br />
contro la guerra, sulle internate e<br />
deportate, sulle donne dei campi profughi<br />
in Puglia, l’approfondimento sulla<br />
memorialistica femminile e sul difficile<br />
tema degli stupri di massa nel basso Lazio<br />
ad opera delle truppe francesi, sugli abusi<br />
e le violenze sessuali lungo la linea gotica,<br />
sul tema della sessualità e della violenza<br />
nelle memorie delle resistenti.<br />
Nella seconda parte, “Resistenze”, si analizza,<br />
attraverso analisi riferite ai diversi<br />
contesti territoriali, come, perché e con<br />
quali percorsi, le donne, dalla ricerca di<br />
strategie di sopravvivenza nella guerra,<br />
giungono a partecipare attivamente, consapevolmente,<br />
seppure in forme diverse,<br />
alla Resistenza antifascista e antinazista,<br />
come matura in loro una coscienza collettiva,<br />
come si realizza una “rottura storica”<br />
rispetto al ruolo tradizionale.<br />
Contributi ulteriori a quelli che sinora<br />
erano stati portati in periodi precedenti<br />
vengono, per esempio, dalle comunicazioni<br />
sulle donne e la Resistenza in Emilia<br />
Romagna: si veda quella di Anna Appari<br />
sui Gruppi di difesa della donna a<br />
Reggio Emilia tra Garibaldini e Fiamme<br />
Verdi; di Caterina Liotti su Diventare<br />
partigiane: pratiche e culture politiche<br />
tra soggettività e percorsi collettivi; di<br />
Delfina Tromboni “Terribili contingenze-Inaspettate<br />
libertà”. Ma di grande interesse<br />
sono anche le comunicazioni sull’esperienza<br />
delle donne in Veneto (dove<br />
emerge il ruolo della Chiesa e delle donne<br />
cattoliche), nelle Marche, a Roma, e nel<br />
Sud.<br />
In modo specifico viene affrontato il tema<br />
dei riconoscimenti, dai quali gran parte<br />
della donne viene esclusa, anche perché<br />
molte, ritenendo “normale” ciò che avevano<br />
fatto non li chiesero, ma soprattutto per<br />
i “criteri” maschilisti individuati per l’assegnazione.<br />
La terza parte, “Patria/ patrie”, affronta il<br />
tema delle diverse culture e dei diversi<br />
modelli su cui le donne si sono formate ed<br />
anche divise e contrapposte prima e nel<br />
corso della guerra e il tema, ancora aperto<br />
del loro ruolo nel dopoguerra e dell’avvio<br />
alle prime esperienze di cittadinanza, nel<br />
periodo della ricostruzione. Sono affrontati<br />
diversi aspetti della militanza politica<br />
delle donne, tra i quali il tema delle<br />
antifasciste e la tradizione socialista, e<br />
ciò anche attraverso l’analisi delle biografie<br />
di alcune figure femminili (Frida<br />
Malan, Tina Merlin). Ma per la prima<br />
volta in modo approfondito, sono anche<br />
analizzate le motivazioni e le modalità di<br />
militanza delle donne che stavano dall’altra<br />
parte e del consenso femminile al<br />
regime (dalla storia delle collaborazioni-<br />
28 - NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006
ste della Rsi, alle collaborazioniste processate<br />
a Roma, al ruolo di riviste quale<br />
“Lumen”, al tema del patriottismo e della<br />
fede fascista nella biografia di una dirigente<br />
delle donne del regime: Angela<br />
Maria Guerra.<br />
Contributi significativi vengono infine dati<br />
su “silenzi e presenze nella storiografia<br />
italiana” (Maria Grazia Soriano) e sulla<br />
storia del movimento pacifista internazionale<br />
delle donne (Elda Guerra).<br />
Le prospettive dopo il Convegno<br />
Il volume si chiude affrontando il tema<br />
delle “prospettive” con un importante intervento<br />
di Anna Bravo (una valente storica<br />
cui si devono le prime ricerche storiche<br />
di “genere”) dal titolo Resistenze e riduzione<br />
del danno, che, con riflessioni<br />
innovative di grande interesse, trae alcuni<br />
spunti di valore generale su cui gli storici,<br />
ma anche la politica sono chiamati a riflettere,<br />
confrontarsi e a ricercare ulteriormente.<br />
Alla Bravo alcuni punti appaiono acquisiti,<br />
dopo il grande lavoro fatto: 1) la Resistenza<br />
è un oggetto plurale e differenziato<br />
su cui occorre scavare ancora; 2) lo studio<br />
delle lotte inermi, (la guerra senz’armi)<br />
delle donne è una tappa importante di<br />
questa ricerca; 3) l’opera femminile deve<br />
diventare più visibile.<br />
E fare ciò consente anche di rispondere ad<br />
un uso politico della storia (l’attuale ondata<br />
revisionista) che la riduce a pura violenza,<br />
alla guerra civile e alle vendette del<br />
dopoguerra, e di fare emergere la realtà e il<br />
ruolo della resistenza civile e di come la<br />
vissero le donne; consente di fare emergere<br />
valori e significati di umanità, di solidarietà,<br />
di lotta per la vita e per la pace, di<br />
riscatto e liberazione individuale e collettiva,<br />
di ricerca di un modo diverso di<br />
essere se stesse.<br />
Valori e significati “carichi di futuro”,<br />
oltre che autentici motori della partecipazione<br />
popolare femminile alla resistenza,<br />
valori carichi di “politicità”, di un modo<br />
diverso di intendere e vivere la politica.<br />
Dunque, un Convegno, un libro importante<br />
che ci auguriamo, tante e tanti vorranno<br />
leggere.<br />
Un Convegno che certo non partiva da<br />
zero, perché, soprattutto in alcune regioni,<br />
(in Emilia, per esempio), in particolare<br />
dalla metà degli anni ’70, è stato compiuto<br />
uno sforzo di ricerca storica sul ruolo delle<br />
donne, le cui fasi sono ricostruite nel Convegno.<br />
Recentemente, in particolare col<br />
60 o , le stesse protagoniste hanno cominciato<br />
a raccontarsi, dando ulteriori contributi<br />
di memoria storica.<br />
Ma la novità e il valore del Convegno è<br />
quello di collocare storicamente e nell’insieme<br />
il tema del ruolo delle donne in<br />
quegli anni cruciali e di affrontarlo, appunto,<br />
da un punto di vista “di genere”,<br />
cogliendo cioè il modo peculiare con cui<br />
esse hanno vissuto guerra e Resistenza,<br />
hanno gestito una quotidianità sconvolta,<br />
hanno reagito all’orrore, analizzando il<br />
percorso che le ha portate a compiere gesti<br />
e scelte anomali, a prendersi rischi e ad<br />
assumersi responsabilità nuove e maturando<br />
così un’idea diversa di sé stesse e del<br />
proprio ruolo sociale.<br />
A partire dal Convegno c’è motivo di<br />
riflessione e di ulteriore ricerca su molteplici<br />
temi, per il movimento delle donne,<br />
per gli storici, per la politica.<br />
È un importante stimolo a continuare il<br />
lavoro di ricerca, peraltro già avviato anche<br />
a Reggio nei singoli territori e sui temi<br />
ancora aperti (tra questi, il ruolo delle<br />
donne nel dopoguerra e negli anni seguenti).<br />
È di stimolo alle giovani donne a costruire<br />
un nuovo rapporto con le generazioni<br />
precedenti, ad attingere in modo creativo<br />
a quella memoria storica per ricavarne,<br />
nella concretezza del loro tempo, forza,<br />
consapevolezza, fedeltà ai valori universali<br />
che le donne di allora hanno saputo<br />
difendere e proporre.<br />
È uno stimolo e un segnale per la ricerca<br />
storica in senso più ampio, che deve assumere<br />
finalmente l’approccio di genere<br />
come un contributo determinante alla ricostruzione<br />
intera di quello e di altri processi<br />
storici, in cui gli aspetti politico,<br />
militari, istituzionali non possono più essere<br />
disgiunti dall’esperienza e dal vissuto<br />
quotidiano di coloro, donne e uomini appunto,<br />
che li vissero da protagonisti e non<br />
solo subendoli.<br />
È uno stimolo per la politica a ripensarsi,<br />
nei suoi valori e nelle sue forme, assumendo<br />
sino in fondo il tema ancora aperto della<br />
piena cittadinanza femminile, portando<br />
così a compimento il percorso iniziato,<br />
appunto, dalle donne che il Convegno del<br />
“Cervi” e delle storiche ha saputo raccontare<br />
in modo così efficace, lucido e pienamente<br />
partecipe.<br />
Eletta Bertani<br />
Ricordati i caduti dello Sparavalle<br />
Passo dello Sparavalle, 11 giugno 2006. Manifestazione in ricordo dei<br />
partigiani caduti in combattimento nel giugno 1944. Hanno pronunciato<br />
parole di saluto i sindaci di Castelnovo Monti (Marconi) e di<br />
Busana (Govi). I ragazzi delle scuole medie di Felina e di Busana<br />
hanno letto loro elaborati sul tema della Resistenza e dei suoi valori.<br />
(foto Fani)<br />
Un aspetto del corteo che si dirige verso il cippo eretto in memoria<br />
dei partigiani caduti Ennio e Marino Gilioli, Giulio Canedoli, Stelio<br />
Baisi, Primo Cilloni, Marino Dallari, Florio Mughetti, Walter Incerti<br />
Vecchi, Nello Lasagni, Almo Ferrari, Domenico Manfredi, Dino Morelli,<br />
Mentore Pagani, Giuseppe Notari, Adelmo Ferrari, Enzo Parenti,<br />
Ettore Simonazzi, Adolfo Tedeschi, Alberto Montanari.<br />
Dietro i gonfaloni della Comunità Montana e dell’ANPI provinciale<br />
sono visibili i sindaci di Busana (Govi), di Castelnovo M. (Marconi),<br />
Fiocchi di Villa Minozzo ; il vice sindaco di Carpineti, la prof. Clementina<br />
Santi, Assessore della Comunità Montana e due assessori di Collagna<br />
e Ligonchio.<br />
(foto Fani)<br />
NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006 - 29
Un partigiano di 16 anni<br />
Bruno Friggeri Classe 1928 - Nome di battaglia Trédes<br />
Partigiano nella 31ª Brigata Garibaldi e nella 76ª Brigata Sap (operante nel Reggiano)<br />
Essendo nato a Montecchio (Reggio<br />
Emilia) in ambiente famigliare contrario<br />
al fascismo e dopo aver sopportato la morte<br />
di un fratello per mano di questi, il<br />
Friggeri decise nell’autunno 1944 di aggregarsi<br />
alle formazioni partigiane che<br />
operavano nelle colline circostanti il paese<br />
di Ciano D’Enza già allora sede di distaccamenti<br />
dove però non venne accolto per<br />
la sua giovane età.<br />
Il suo carattere deciso lo spinse però a non<br />
rassegnarsi ed egli si diresse verso il territorio<br />
parmense ed attraversando i paesi di<br />
Tortiano, Basilicanova, Felino, Collecchio,<br />
giunse a Fornovo dove sostò per una notte<br />
da alcuni contadini che il giorno seguente<br />
gli indicarono la via per la Valceno senza<br />
seguire la strada provinciale che era sotto<br />
il controllo delle truppe nazifasciste<br />
Dopo aver percorso diversi chilometri,<br />
Bruno si imbattè in un posto di blocco<br />
partigiano che sorvegliava la strada, le<br />
sentinelle lo fermarono e lo accompagnarono<br />
ad un comando partigiano che si<br />
trovava nei pressi di Salsomaggiore e qui<br />
i comandanti dopo qualche attimo di incertezza<br />
lo accettarono nelle file partigiane<br />
dandogli il nome di battaglia di Trédes<br />
(13 in dialetto reggiano) e indirizzandolo<br />
al campo di concentramento di Vischeto<br />
presso Bardi nella ex fabbrica di talco.<br />
Nei mesi di fine ’44 inizio ’45 le forze<br />
nazifasciste stavano preparando un rastrellamento<br />
di vaste proporzioni e quando i<br />
primi giorni di gennaio si ebbero le prime<br />
Friggeri durante una manifestazione resistenziale accanto al Sindaco di Montecchio Iris<br />
Giglioli.<br />
avvisaglie gli addetti alla guardia del campo<br />
ebbero non poche difficoltà per occultare<br />
le anni e per lo sgombero dei numerosi<br />
prigionieri che potevano servire per effettuare<br />
scambi.<br />
Il comandante da cui dipendeva Trédes si<br />
chamava Fiorello Donelli nome di battaglia<br />
Pippo ordinò che metà degli uomini<br />
rimanesse sul posto per l’occultamento<br />
delle armi e l’altra metà si dirigesse con i<br />
prigionieri verso l’alta Valceno.<br />
Trédes restò ad occultare le armi ed a<br />
malincuore sotterrò il suo Bren quasi nuovo<br />
ma risparmiandosi alcuni caricatori che<br />
si portò dietro durante lo sganciamento.<br />
Il drappello dei partigiani rimasti al campo<br />
una volta concluso il lavoro si diresse<br />
anch’esso verso i confini dell’Appennino<br />
ligure/<strong>emili</strong>ano sopportando disagi indicibili<br />
per il freddo, la neve alta e la paura<br />
delle pattuglie di rastrellatori che grazie ad<br />
un equipaggiamento adatto avevano un<br />
notevole vantaggio da chi doveva fuggire<br />
con poco cibo ed un vestiario inadatto alle<br />
circostanze.<br />
Il gruppo sfuggì alla cattura in modo<br />
fortunoso per due volte e dopo aver incontrato<br />
un gruppo di altri fuggiaschi formato<br />
solo da ex militari russi corse un’altro mortale<br />
pericolo quando da lontano credette di<br />
aver trovato un altro gruppo di questa etnìa<br />
che invece era una pattuglia di rastrellarori<br />
appartenenti alla Divisione Turkestan dell’esercito<br />
tedesco tutti di etnìa mongola<br />
largamente impiegati nelle azioni di rastrellamento.<br />
Dopo queste peripezie lo sconforto<br />
si insinuò nel piccolo gruppo di partigiani<br />
e molti decisero di arrendersi presentandosi<br />
ai posti di blocco sulle principali strade, ma<br />
il giovane Trédes scelse di non andare con<br />
i compagni e si diresse invece verso il paese<br />
da cui erano partiti vedendo in questa località<br />
un posto accogliente. Era una scelta<br />
coraggiosa non priva di incognite ma il<br />
giovane partigiano si lasciò guidare dall’entusiasmo<br />
dei suoi 16 anni e dopo alcuni<br />
giorni di sofferenza giunse a Vischeto dove<br />
trovò il paese sconvolto, la gente impaurita<br />
e non più disponibile come prima del rastrellamento,<br />
ma nonostante tutto per quella<br />
notte trovò accoglienza.<br />
In quel tempo specialmente nel nostro<br />
appennino la gente viveva in condizioni<br />
misere e lo zaino contenente due coperte<br />
che Trédes portava con sé fecero gola a<br />
due ragazze che incontrò per strada che gli<br />
chiesero se poteva regalargliele ma quelle<br />
misere coperte erano tutto quello che poteva<br />
salvargli la vita ed oppose perciò un<br />
netto rifiuto. La strada che portava verso<br />
Bardi, Varsi, Varano era presidiata ancora<br />
dai rastrellatori e Trédes si rese presto<br />
conto che lo zaino e le coperte erano importantissime<br />
ma erano anche segno evidente<br />
della sua appartenenza alle formazioni<br />
partigiane e perciò se ne dovette<br />
disfare se voleva sperare di passare inosservato<br />
ad eventuali posti di blocco.<br />
Il suo senso del pericolo aveva funzionato<br />
ancora perché i posti di blocco erano ad<br />
ogni paese ma la sua giovane età e il non<br />
portare bagagli gli consentirono di passare<br />
senza problemi Bardi e Varsi e di arrivare<br />
in quel tardo pomeriggio alla periferia di<br />
Varano Melegari. Poco prima del paese si<br />
fermò in un gruppo di case posto sulla<br />
destra della strada, bussò e chiese ospitalità<br />
alla giovane donna che si presentò alla<br />
porta che intuendo che si trattava di un<br />
giovane partigiano lo fece entrare per<br />
rifocillarsi e per passare la notte. Trédes<br />
però non poteva immaginare che quella<br />
giovane donna custodiva un tragico segreto<br />
e dopo poco confidò fra le lacrime che i<br />
fascisti avevano fucilato il suo fidanzato<br />
partigiano appartenente alla 31ª Garibaldi<br />
con il nome di battaglia di Bistecca (Giulio<br />
Rovacchi) anch’egli nato a Montecchio<br />
come il giovane Trédes.<br />
Con questo triste fardello nel cuore egli<br />
abbandonò Varano per dirigersi verso la<br />
natìa terra dove gli ultimi mesi della guerra<br />
lo vedranno aggregato alla 76ª Brigata Sap<br />
operante nel territorio di Montecchio fino<br />
alla liberazione. La battaglia per la liberazione<br />
del paese è avvenuta il 23 aprile 1945.<br />
(g.f.)<br />
30 - NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006
CITTADINI-DEMOCRAZIA-POTERE<br />
Il porta a porta della discordia<br />
La polemica sulla sperimentazione della<br />
raccolta dei rifiuti urbani, chiamata “Porta<br />
a Porta”, sta diventando sempre più forte e,<br />
purtroppo, si sta radicalizzando, riducendo<br />
lo spazio per una valutazione serena e<br />
obiettiva di quanto sta accadendo. Al momento<br />
sono due i fatti accertati: il primo è<br />
che la sperimentazione, in corso nella 7 a<br />
Circoscrizione, non sta andando come i<br />
promotori si attendevano, il secondo è che<br />
i costi sono più elevati del previsto.<br />
Non aiuta nemmeno l’attivismo dei comitati<br />
anti-inceneritore che vedono, in questo<br />
sistema di raccolta l’alternativa alla<br />
costruzione dell’inceneritore e, nel disagio<br />
manifestato dai cittadini della 7 a Circoscrizione,<br />
un’esagerazione alimentata dai<br />
fautori del partito del termo-valorizzatore.<br />
È una posizione sbagliata perché i problemi<br />
che sono emersi nella sperimentazione<br />
ci sono e sono reali. Quando più di 1000<br />
cittadini, fruitori del servizio mettono la<br />
loro firma sotto una lettera di protesta,<br />
questa non può essere liquidata come faccenda<br />
irrilevante o come atto pilotato da<br />
forze politicamente ostili. La questione va<br />
presa sul serio, soprattutto dal Comune di<br />
Reggio che del “Porta a Porta” ne è promotore,<br />
E, allora, cominciamo col dire che la<br />
raccolta Porta a Porta, se funzionerà, farà<br />
innalzare in modo decisivo la quantità di<br />
rifiuti riciclabili. Come tutti servizi diretti<br />
al pubblico, però, esso deve, prima di ogni<br />
altra cosa, funzionare bene, poi costare un<br />
prezzo compatibile con le risorse disponibili.<br />
Nel caso del Porta a Porta, le condizioni<br />
del buon funzionamento sono, essenzialmente,<br />
quattro: la prima è che il nuovo<br />
sistema non può obbligare i cittadini a fare<br />
cose inadatte alla loro situazione abitativa<br />
e alle loro condizioni personali o famigliari.<br />
Non è nemmeno pensabile di privare i<br />
cittadini della possibilità di liberare la casa<br />
dai rifiuti quando lo ritenga necessario,<br />
soprattutto quelli “umidi”, soggetti a rapido<br />
deterioramento, né farli carico di troppo<br />
ingombro, che può essere causato dalle<br />
altre quattro categorie di rifiuti (carta, plastica,<br />
vetro e lattine e secco residuo). La<br />
seconda è che il risultato di un più alto<br />
livello di raccolta differenziata non può<br />
essere raggiunto abbassando il livello<br />
d’igiene privato, cioè quello dentro le abitazioni,<br />
né il livello d’igiene pubblico,<br />
cioè quello delle strade e dei punti di<br />
accumulo collettivi. Il rischio, a causa degli<br />
accumuli in casa e del deposito dei<br />
sacchetti lungo le strade è molto concreto.<br />
La terza è che occorre accompagnare il<br />
nuovo metodo di raccolta con un sistema<br />
incentivante in grado di premiare i comportamenti<br />
individuali virtuosi, in base al<br />
principio “chi più separa e collabora più<br />
risparmia”. Il quarto è quello di pervenire<br />
ad un’efficienza in grado di mantenere i<br />
costi ad un livello di compatibilità con le<br />
risorse disponibili;<br />
Con questa sperimentazione nessuna delle<br />
condizioni appare soddisfatta. Infatti, le<br />
lamentele più forti sono originate dal deterioramento<br />
delle condizioni igieniche sia<br />
nelle abitazione che nelle strade e dall’approccio<br />
troppo “spinto e integrale” che si è<br />
voluto dare alla sperimentazione. Da qui,<br />
sembrano trarre origine episodi di “esportazione”<br />
di rifiuti in altre zone della città e i<br />
più deplorevoli abbandoni lungo le strade<br />
di cui hanno dato conto i giornali nelle<br />
settimane scorse. Sulla necessità di un sistema<br />
incentivante e del deficit di tecnologia a<br />
suo supporto, torneremo in una prossima<br />
occasione. Importante, invece in questa fase<br />
assumere un giusto approccio ai costi.<br />
Dalla sperimentazione stanno emergendo<br />
alti costi. Ma, data la complessità del Porta<br />
a Porta, rispetto alla raccolta mediante<br />
cassonetti, il fatto non sorprende. I costi<br />
sono sensibilmente più alti rispetto alle<br />
previsioni. Qualcuno parla anche del doppio.<br />
Se così fosse sarebbe un prezzo eccessivo<br />
che la collettività non potrà, certamente,<br />
accollarsi. Ma, se fossero apportati<br />
aggiustamenti, improntati a maggiore realismo<br />
e semplificazione gestionale, anche<br />
un ragionevole maggior costo, potrebbe<br />
essere accettato dai cittadini.<br />
Un sistema che consente un altissimo grado<br />
di recupero e riciclaggio e capace di<br />
porre l’Italia in linea con gli obbiettivi<br />
dell’Europa, merita anche un sacrificio<br />
economico in vista di un più grande beneficio<br />
futuro. Ma come dicevamo all’inizio,<br />
il servizio deve funzionare e deve farlo<br />
senza imporre inutili e irragionevoli vincoli<br />
ai comportamenti privati dei cittadini<br />
ai quali è lecito chiedere, soltanto, il dovere<br />
della collaborazione.<br />
Per questi motivi, la possibilità di portare<br />
al successo il Porta a Porta, passa dalla<br />
capacità di risolvere i problemi che sono<br />
emersi e stanno ancora emergendo con la<br />
sperimentazione nella 7 a Circoscrizione.<br />
Bene ha fatto il Comune a procedere con la<br />
fase sperimentale, ma prima di estenderlo<br />
a tutta la città è necessario che ogni ragionevole<br />
insoddisfazione sia eliminata e che<br />
il piano tecnico e finanziario a sostegno<br />
del progetto complessivo sia più robusto e<br />
completo di quanto non lo sia stato quello<br />
della fase sperimentale. Infine, ma non per<br />
importanza, il servizio Porta a Porta esteso<br />
all’intera città, dovrà essere preceduto da<br />
una forte promozione partecipativa dei<br />
cittadini e di tutte le categorie sociali ed<br />
economiche, perché il più importante dei<br />
risultati non potrà venire che dalla loro<br />
partecipazione informata e convinta.<br />
Claudio Ghiretti<br />
Bidoni e cassonetti della raccolta differenziata in un cortile della zona di Via Adua.<br />
NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006 - 31
SEGNALI DI PACE<br />
di Saverio Morselli<br />
Una certezza annunciata: nessuno (a<br />
parte, forse, gli Stati Uniti) riesce a<br />
capire le ragioni dello Stato di Israele,<br />
nessuno è in grado di comprendere quella<br />
sorta di sindrome da accerchiamento<br />
e da annientamento capace di cementare<br />
in modo così forte e trasversale il suo<br />
popolo.<br />
Evidentemente, è così che Israele la<br />
pensa se, per l’ennesima volta, ha ritenuto<br />
legittima e assolutamente doverosa<br />
la durissima reazione militare (una<br />
vera e propria guerra) in Libano, seguita<br />
al sanguinoso agguato Hezbollah a<br />
una pattuglia di soldati e al rapimento di<br />
due di essi.<br />
Certo, non sfugge che la vera causa di<br />
quella che D’Alema ha definito “reazione<br />
spropositata” va ricercata nel clima<br />
politico che infiamma attualmente il<br />
Medio Oriente, ove ritrova vigore il<br />
pensiero integralista a favore della eliminazione<br />
fisica degli “sionisti” o, dall’altra<br />
parte, la convinzione che gli<br />
straccioni arabi vadano tenuti ad una<br />
adeguata distanza di “sicurezza”.<br />
D’accordo, per l’ennesima volta la diplomazia<br />
è in vacanza. Ma ciò che colpisce<br />
è la radicale diversità di vedute, la<br />
distanza abissale che separa le parti.<br />
Due esempi:<br />
Il governo libanese accusa Israele di<br />
voler imporre un nuovo ordine<br />
mediorientale, intimidendo i Paesi arabi<br />
attraverso la devastazione del Libano,<br />
e rilancia: “Hezbollah è la conseguenza<br />
di anni di occupazione israeliana,<br />
l’unico responsabile di quanto sta<br />
accadendo è Israele, uno stato che continua<br />
a martirizzare le popolazioni<br />
palestinese e libanese e a violare<br />
deliberatamente le risoluzioni Onu”.<br />
Non una parola sulla capacità di<br />
Hezbollah di colpire città israeliane;<br />
non una parola sulle dichiarazioni irresponsabili<br />
del Presidente iraniano in<br />
barba e giacchetta Ahmadinejad, non<br />
un accenno alla aggressività di Hamas.<br />
Ma tant’è: di fronte c’è solo morte e<br />
distruzione.<br />
Il vicepremier israeliano Peres rigetta<br />
ogni accusa di aggressione a uno Stato<br />
sovrano, ribadisce un curioso concetto<br />
di guerra di difesa (“Stiamo solo difendendoci<br />
da un attacco premeditato di<br />
Hezbollah, commissionato dall’Iran”)<br />
e testualmente afferma: “Penso che dobbiamo<br />
combattere, non indiscriminatamente<br />
e con ritegno. […] Così difendiamo<br />
la pace vera, quella in cui credo<br />
profondamente, quella che deve ancora<br />
venire e per cui continuerò sempre a<br />
combattere”. Ed ancora, sul concreto:<br />
“Tutti gli edifici su cui abbiamo sparato<br />
erano pieni di armi, nascondigli, magazzini<br />
ed uffici di Hezbollah”. E la<br />
strage di Cana (corteo funebre massacrato)<br />
“Un errore, come ne possono<br />
accadere in guerra”. Viene davvero da<br />
chiedersi come un Premio Nobel per la<br />
pace possa parlare così. Chissà cosa<br />
vorranno mai dire per lui gli aridi numeri<br />
del conflitto che, se la logica ha ancora<br />
un senso, ha devastato il Libano senza<br />
neppure una vera e propria dichiarazione<br />
di guerra: 1069 vittime civili accertate,<br />
oltre 1000 feriti, un milione di<br />
profughi, distruzione di aeroporti, strade,<br />
ponti, telecomunicazioni, acquedotti,<br />
impianti elettrici ed industriali per un<br />
costo di ricostruzione (per il quale<br />
occorreranno 3-4 anni) di almeno 2,5<br />
miliardi di dollari, 15.000 tonnellate di<br />
g<strong>reggio</strong> riversate in mare a seguito del<br />
bombardamento della centrale di Jiyye,<br />
per un costo di bonifica stimato in 100<br />
milioni di dollari. E chissà se l’elevato<br />
prezzo pagato anche dal suo popolo in<br />
termini di vite umane e di distruzione<br />
gli faranno sorgere qualche dubbio in<br />
più…<br />
La situazione mediorientale è e rimane<br />
estremamente complessa ed è pertanto<br />
arduo, forse presuntuoso, dare giudizi a<br />
tavolino (o, come detto da una donna<br />
nel rifugio per sfuggire ai razzi<br />
Hezbollah, “dottoreggiare su una guerra<br />
contro il terrorismo che dovreste almeno<br />
capire e in cui siamo lasciati così<br />
soli”), stabilire cosa è giusto e cosa non<br />
lo è da dietro lo schermo di un computer.<br />
Ma ciò che non quadra in questo<br />
contesto è che se da una parte è estremamente<br />
facile (e giusto!) condannare gli<br />
atti di terrorismo che colpiscono la popolazione<br />
civile israeliana, se la protesta<br />
e lo sdegno montano ogniqualvolta<br />
l’antisemitismo viene ignobilmente<br />
riproposto, dall’altra la sacrosanta condanna<br />
per gli atti di vero e proprio<br />
terrorismo di stato posti in essere dalle<br />
autorità israeliane è attenuata, ridimensionata<br />
da una sorta di timoroso<br />
giustificazionismo, di cattiva coscienza<br />
storica che impedisce di prendere una<br />
posizione netta e risoluta.<br />
Il fantasma del genocidio è sempre lì,<br />
aleggia in mezzo a noi. Un senso profondo<br />
di responsabilità collettiva ci impedisce<br />
di vedere e di credere che i<br />
discendenti dei massacrati siano ora in<br />
grado, talvolta, di rendersi responsabili<br />
di nefandezze e di infamità.<br />
Di eseguire esecuzioni mirate, di arrestare<br />
parlamentari o semplici cittadini e<br />
di tenerli in galera per anni senza alcun<br />
processo. Di radere al suolo case e villaggi,<br />
di creare muri divisori, di occupare<br />
arbitrariamente da decine di anni<br />
terre che non gli appartengono..<br />
Il mondo politico occidentale eccede in<br />
cautele, ricorda l’inviolabile diritto di<br />
Israele ad esistere e auspica, sì, auspica<br />
(da cinquant’anni) che questo diritto sia<br />
riconosciuto anche al popolo<br />
palestinese. Riconosce come legittimo<br />
il ricorso alla autodifesa, anche quando,<br />
come certa guerra di recente accezione,<br />
è “preventivo”, assolve i massacri di<br />
civili attribuendone la responsabilità alla<br />
feroce spregiudicatezza dei terroristi ed<br />
infine, forse in nome della “Soah”, accetta<br />
passivamente il mancato rispetto<br />
di decine e decine di Risoluzioni Onu.<br />
Eh sì, criticare Israele non è solo disdicevole,<br />
ma presta il fianco all’accusa di<br />
antisemitismo e di negazione delle ragioni<br />
storiche di un popolo che vive<br />
accerchiato dalla ostilità di milioni di<br />
arabi.<br />
Ma chiudere gli occhi di fronte alla<br />
realtà, per cruda e spiacevole che sia,<br />
non aiuta il negoziato e tantomeno la<br />
pace. Chiudere gli occhi sulle responsabilità,<br />
di chiunque siano, significa rendere<br />
un cattivo servizio alla giustizia e<br />
alla credibilità di chi continua ad impegnarsi<br />
per una equa ed accettabile soluzione<br />
del conflitto mediorientale.<br />
Ed allora, apriamoli questi occhi, e magari<br />
leggiamo il rapporto di Amnesty<br />
International sulla guerra in Libano, nel<br />
quale si accusa Israele di aver commesso<br />
“crimini di guerra” per aver<br />
deliberatamente preso di mira le infrastrutture<br />
del Paese con lo scopo di far<br />
rivoltare i civili e governo contro<br />
Hezbollah. Gli elementi raccolti starebbero<br />
ad indicare che “un tale livello di<br />
distruzione è stato premeditato e parte<br />
di una strategia militare”. L’aviazione<br />
avrebbe compiuto non meno di 7000<br />
raid tra il 12 luglio e il 12 agosto, provocando<br />
oltre mille morti, metà dei quali<br />
bambini.<br />
Potremmo aggiungere, con Regis<br />
Garrigues della associazione “Medecins<br />
du Monde” che è stato accertato l’uso di<br />
bombe a frammentazione e al fosforo<br />
bianco.<br />
Ma, a quel punto, l’accusa di antisionismo<br />
non ce la leverebbe nessuno.<br />
32 - NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006
OPINION LEDER<br />
Ladro di opinioni<br />
di Fabrizio "Taver" Tavernelli (Presidente Anpi Cor<strong>reggio</strong>)<br />
La linguistica è la scienza del linguaggio<br />
articolato. Attraverso la lingua e le sue<br />
diverse articolazioni possiamo creare e<br />
disfare un senso, possiamo edificare o<br />
abbattere una realtà. Il linguaggio come<br />
l’architettura può arrivare ad ergere ardite<br />
costruzioni che sembrano appoggiare sul<br />
nulla, solide o eteree, ridondanti o<br />
minimali. Mentre parliamo, mentre tutto<br />
nel mondo ci rivolge la parola, si elaborano<br />
concetti, si da una lettura ed un’interpretazione<br />
del circostante e del<br />
proiettabile. Il linguaggio è un potente<br />
strumento magico-alchemico capace di<br />
dare nuovi significati e come l’organo<br />
che la sostiene nel suo svolgersi in parole<br />
e pensieri, la lingua, può arrotolarsi in<br />
grandi verità ed in grandi mistificazioni.<br />
Ecco dunque qualche giochetto verbale<br />
estivo a cui dare una propria interpretazione.<br />
Questa è soltanto la mia personale<br />
traduzione di frasi, modi di dire, definizioni,<br />
etichette, aggettivi, neologismi che<br />
da modo di dire si sono tramutati in senso<br />
comune.<br />
Sinistra radicale – forse un tempo ormai<br />
lontano c’era solo la sinistra che si trovava<br />
ad essere radicale per sua stessa natura<br />
fondante. Poi con la storia e con il nascere<br />
della scienza politica ha cominciato ad<br />
assumere diverse connotazioni. Oggi tutti<br />
tendono a rimarcare le differenze e la<br />
distanza tra una sinistra moderata e<br />
riformista ed una radicale. Il giochetto,<br />
personalmente non mi appassiona ed anzi<br />
mi pare un’insidiosa trappola. Simpatizzando<br />
il sottoscritto per ciò che è “radicale”<br />
(ma non violento, devastante o<br />
autodistruttivo, che è altra cosa) credo<br />
che l’aggettivo “radicale” che nei tg, nei<br />
salotti buoni, ha assunto un carattere negativo<br />
si stia sempre più allargando sino<br />
ad includere pensieri, azioni, sentimenti<br />
che sino a ieri erano patrimonio della<br />
sinistra senza aggiunta di altre specifiche.<br />
Diventa dunque “radicale” (e quindi negativo)<br />
lo sciopero, diventa “radicale” (e<br />
quindi negativa) ogni forma di protesta<br />
che vada appena un pelo sopra le righe,<br />
diventano “radicali” le azioni che nascono<br />
spontaneamente dal basso ed in più si<br />
rispolverano ordinamenti d’emergenza,<br />
come il concorso morale del codice Rocco,<br />
per chi manifesta nelle piazze. Diventerà<br />
radicale forse esprimere pensieri forti e<br />
Perversi giochetti linguistici<br />
scomodi per il buon senso generale Poi<br />
mi chiedo, cosa c’è stato di più radicale in<br />
questi anni, del liberismo selvaggio ed<br />
inumano, cosa c’è stato di più radicale<br />
dell’antipolitico Berlusconi, cosa c’è stato<br />
di più radicale della guerra preventiva<br />
americana, cosa più radicale degli<br />
integralismi religiosi, cosa c’è di più radicale<br />
dell’antistato e del razzismo leghista<br />
Io di fronte a queste “radicali” offese alla<br />
giustizia ed all’intelligenza non posso che<br />
rispondere radicalmente. Dunque permettetemi<br />
l’indignazione, lasciatemi protestare<br />
seriamente, lasciatemi l’incazzatura,<br />
poi semmai ci posso ragionare sopra. Non<br />
il contrario, pensando se è meglio far finta<br />
di niente e cosa mi conviene, cosa ci<br />
guadagno se assumo una posizione moderata<br />
e d’attesa. Qui non si vogliono<br />
legittimare guerriglie urbane, auto incendiate,<br />
vetrine rotte ecc. si vuole soltanto<br />
smascherare il sottile trabocchetto grazie<br />
al quale un’opinione, una protesta decisa<br />
e ad alta voce è stata fatta diventare “terrorismo”.<br />
Possibile che tutto quello che<br />
sta al di fuori ed oltre i soporiferi teatrini<br />
politici televisivi sia così estremo<br />
Partito democratico – tanta strada, tante<br />
lotte, tante giuste differenziazioni per arrivare<br />
presto ad impersonare la parte della<br />
corrente di sinistra della democrazia cristiana<br />
Calciopoli e campioni – … a questo<br />
punto mi aspetto di ricevere una bordata<br />
di fischi… ma aldilà della comprensibile<br />
festa, del nazionale entusiasmo (attenzione<br />
però alla trasformazione in nazionalismo)<br />
e lasciatemelo dire della retorica,<br />
non appare eccessivo, se non isterico quello<br />
che ha seguito la vittoria dei mondiali<br />
Non è che per caso dietro a questo sfilare,<br />
urlare, dimenarsi della giovine Italia vi<br />
sia da un lato il nulla, il calcio ed i suoi<br />
testimonial-calciatori come ultimi eroi di<br />
un futuro che non promette niente e dall’altro<br />
il gioco, l’aspetto ludico che nelle<br />
epoche buie serve a fare dimenticare angosce,<br />
ansie, insicurezze. Qualcuno poi,<br />
propone di proseguire la festa, con un’amnistia<br />
generale che cancelli la vergognosa<br />
onta di calciopoli. Che si festeggi ad oltranza<br />
dunque!<br />
Liberalizzazioni – tutti invocano il mercato<br />
libero, tutti si dicono pronti alla<br />
competizione… poi quando qualcuno<br />
prende provvedimenti in tal senso ecco<br />
che rispuntano lobbies varie,<br />
particolarismi atavici, categorie che si<br />
barricano, eredi di titoli e professioni per<br />
albo genealogico che gridano allo scandalo.<br />
Si coalizzano farmacisti, taxisti,<br />
notai, avvocati, monopoli televisivi ecc.<br />
Tutti vogliono essere liberi di fare i loro<br />
interessi senza che nella gara vi siano altri<br />
concorrenti.<br />
I nostri soldati – i figli del popolo.<br />
Pasolinianamente parlando. Massima pietà<br />
e compassione, onore e gloria, lacrime,<br />
bare e bandiere. Possibile che ancora oggi<br />
i figli delle classi cosiddette popolari, i<br />
ragazzi dell’Italia più povera abbiano<br />
come unica chance per studiare, sposarsi,<br />
pensare ad una casa, soltanto la partenza<br />
per la guerra. Tutto questo<br />
pasolinianamente detto, se permesso, da<br />
uno che non è figlio di ricchi borghesi.<br />
Commerciale – si è riusciti infine a rendere<br />
questa categoria il massimo dell’aspirazione<br />
giovanile. Quindi è tutto un fiorire<br />
ed un richiedere, senza tante pretese e<br />
velleità intellettuali, di musica commerciale,<br />
cinema commerciale, immagine<br />
commerciale, cibo commerciale… “il<br />
commerciale” unisce, rassicurante e riconoscibile.<br />
Laicismo – il dizionario dice: atteggiamento<br />
ideologico di chi sostiene la piena<br />
indipendenza del pensiero e dell’azione<br />
politica dei cittadini dall’autorità ecclesiastica.<br />
I teocon all’amatriciana sottolineano<br />
l’aggettivo “ideologico” e parlano<br />
di deriva laicista. Noi allora possiamo<br />
sostituire la prima parte con “cosciente<br />
separazione di ruoli, tra sfera dell’intimo<br />
e ambito pubblico” in questo modo anche<br />
il presunto laicismo si può tranquillamente<br />
tradurre in laicità.<br />
NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006 - 33
L’INFORMAZIONE SANITARIA<br />
Le risposte del Prof. Enzo Iori<br />
Egregio prof. Iori,<br />
sono una donna nubile di 59 anni. Col<br />
caldo estivo faccio fatica a trovare il<br />
sonno (abito alla periferia di<br />
Cor<strong>reggio</strong>). I genere mi addormento<br />
verso le 2 di notte. Ma al mattino verso<br />
le 5 , 5,30 mi sveglio con una specie di<br />
smania addosso e non resisto più a<br />
stare a letto , anche se mi sento stanca<br />
e vorrei dormire ancora.<br />
Cosa posso fare Io non ho mai preso<br />
sonniferi, ma in questa mia situazione<br />
possono servire<br />
Attendo una sua cortese e competente<br />
risposta e la ringrazio.<br />
Francesca S.<br />
Cara Francesca, l’insonnia è un disturbo<br />
molto comune, circa il 14 percento<br />
delle persone lamenta disturbi del sonno<br />
e tale percentuale aumenta con l’età,<br />
raggiungendo il 33 percento dopo i<br />
60-65 anni.<br />
Nella antica Grecia il sonno era rappresentato<br />
come un adolescente che corre<br />
leggero per dare agli uomini il riposo del<br />
corpo e della mente con un papavero<br />
nella mano destra ed un vaso del suo<br />
succo nella sinistra. Il sonno era dunque<br />
visto come quiete e distacco dalle fatiche<br />
quotidiane per recuperare energie in<br />
vista di una nuova giornata.<br />
Cosa è l’insonnia È la sensazione soggettiva<br />
di non avere tratto sufficiente<br />
riposo dal sonno, perché non abbastanza<br />
lungo o non abbastanza ristoratore. Non<br />
è dunque molto significativa la sola durata<br />
del sonno, poiché vi sono molte<br />
differenze individuali in ciò. Vi sono<br />
persone che dormono poco più di tre ore<br />
per notte senza alcun disturbo (come<br />
Napoleone, Papa Giovanni 23º,<br />
Pirandello) ed altre che se dormono meno<br />
di dieci ore non stanno bene.<br />
Possiamo quindi concludere che è insonne<br />
chiunque, indipendentemente dalla<br />
durata del sonno, non dorme bene e<br />
perciò non si sente in buona efficienza<br />
fisica e mentale durante il giorno.<br />
Vi è una insonnia primaria, quando il<br />
paziente è sano e non ci sono apparentemente<br />
cause che giustifichino l’insonnia,<br />
ed una insonnia dovuta invece a<br />
malattie (come depressione, morbo di<br />
Parkinson, dolore cronico, asma) od abitudini<br />
(come uso di talune sostanze medicinali,<br />
abuso di droghe o alcolici); è<br />
chiaro che in tali casi si debba intervenire<br />
su queste cause per risolvere anche<br />
l’insonnia.<br />
Vi sono 3 tipi di insonnia: l’insonnia<br />
iniziale con difficoltà all’addormentamento,<br />
l’insonnia centrale con numerosi<br />
e prolungati risvegli, l’insonnia terminale<br />
con mancato ripristino del sonno<br />
dopo un risveglio precoce notturno.<br />
Se l’insonnia è occasionale è di solito<br />
legata a stati momentanei soprattutto<br />
di tipo ansioso legati a preoccupazioni,<br />
mentre l’insonnia cronica è un disturbo<br />
persistente che può diminuire il<br />
benessere e le prestazioni della persona.<br />
A seconda dell’età, delle cause dell’insonnia,<br />
dell’ambiente di vita il medico<br />
curante prescriverà una terapia adeguata<br />
alla situazione, concordandola con il<br />
paziente.<br />
Esistono due tipi fondamentali di terapia<br />
dell’insonnia: una terapia farmacologica<br />
ed una terapia non farmacologica.<br />
La prima si basa sulla somministrazione<br />
di determinati farmaci, detti ipnotici,<br />
che aiutano ad indurre o mantenere il<br />
sonno; tale terapia viene di solito preferita<br />
nei casi di insonnia a breve termine<br />
o acuta. In passato venivano utilizzati i<br />
barbiturici per indurre e mantenere il<br />
sonno, mentre attualmente vengono prescritti<br />
soprattutto due tipi di farmaci: le<br />
benzodiazepine utili per la fase di<br />
addormentamento e gli antidepressivi<br />
triciclici che regolano il sonno oltre ad<br />
avere un effetto sulla depressione. Entrambi<br />
questi farmaci devono essere assunti<br />
sotto controllo medico perchè non<br />
sono privi di effetti collaterali ed anche<br />
perché gli ipnotici possono perdere efficacia<br />
nel tempo.<br />
La terapia non farmacologica compone<br />
della correzione di abitudini sbagliate<br />
con una buona igiene del sonno e di vita;<br />
esistono anche tecniche di rilassamento<br />
muscolare e mentale, ed anche rimedi<br />
cosiddetti “naturali” come la cronoterapia,<br />
la fototerapia e la fitoterapia che si<br />
pongono come scopo quello di regolare<br />
nuovamente l’orologio biologico interno.<br />
Questi due tipi di terapia possono anche<br />
essere prescritti insieme, ma è in ogni<br />
caso importante parlarne con il proprio<br />
medico curante.<br />
Ecco infine alcune “regole d’oro” per<br />
dormire meglio: dormire in ambiente<br />
fresco, buio, silenzioso, ove non siano<br />
presenti stimoli antagonisti del sonno,<br />
come presenza di scrittoio e cyclette;<br />
astenersi da cene abbondanti, alcol, fumo,<br />
caffe e tè alla sera; evitare di dormire di<br />
giorno; ripetere gesti abitudinari prima<br />
di dormire, come mettere in ordine gli<br />
abiti dopo esserseli tolti, lavarsi i denti,<br />
puntare la sveglia; fare durante il giorno<br />
attività motoria moderata e regolare,<br />
come camminare, evitandola invece prima<br />
di coricarsi; evitare intenso esercizio<br />
intellettuale la sera; cercare di rilassarsi<br />
prima di andare a dormire con un bagno<br />
caldo, una tisana rilassante o leggendo<br />
un libro a letto.<br />
34 - NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006
CONOSCERE GLI ALTRI<br />
I Careli<br />
I Careli sono un popolo di stirpe finnica che usano chiamare se<br />
stessi karjalaiset, un etnonimo, questi, molto probabilmente<br />
derivato da garja = foresta, dalla quale presero nome anche gli<br />
originari abitanti delle zone boscose che si trovavano a nord-ovest<br />
del lago Ladoga, assieme all’altra tribù finnica dei Vepsi, con gli<br />
elementi della quale spesso si mischiarono. Furono i Russi a<br />
coniare l’etnonimo Korely o Karely, dando a questi il senso<br />
dispregiativo di: luridi briganti della foresta.<br />
Attualmente i Careli contano in tutto circa 130.000 individui la<br />
maggior parte dei quali (80.000) residenti nel loro omonimo<br />
territorio, mentre un altro gruppo di essi si trova nella regione Tver.<br />
Come tipo antropologico i Careli si presentano quali individui di<br />
alta statura, se non dei veri giganti, dalla corporatura slanciata e<br />
con viso dai lineamenti regolari. Hanno folta barba e capelli<br />
castani, ed immensi occhi grigio-azzurri, che rispecchiano il loro<br />
carattere mite e sognante che li dispone alla poesia. Vedi in tal<br />
caso il magnifico poema epico “Kalevala”, dove esprimono tutto<br />
il loro quieto vivere, tra sonnolenti foreste e luoghi romiti.<br />
L’economia dei Careli meridionali in passato si basava essenzialmente<br />
su un tipo di agricoltura settentrionale, mentre nelle regioni<br />
del nord prevaleva la caccia, la pesca e il taglio del legname, e il<br />
suo trasporto per via terra o per fluitazione.<br />
La quasi totalità dei Careli professa la fede cristiano ortodossa<br />
russa, pur rimanendovi inseriti alcuni elementi di antica provenienza<br />
sciamanica.<br />
Riccardo Bertani<br />
Kalevala. Illustrazione di T. Jufa.<br />
Fanciulle careliane alla raccolta di funghi nella foresta.<br />
Detti e proverbi careli<br />
– Il nemico non si combatte a parole, ma coi fatti.<br />
– Se hai una moglie chiacchierona, sai di tutto il villaggio.<br />
– Non sperare di ricevere consigli da un taciturno.<br />
– Ogni lampo di felicità, equivale ad un raggio di sole.<br />
– L’ardore dei giovani si spegne alla prima folata di vento.<br />
– La volpe furba è difficile che cada nella tagliola.<br />
– Considera come un fratello chi giace nell’indigenza.<br />
– Se vai nella foresta, non è con l’odio che puoi uccidere un<br />
orso.<br />
– L’astuto osserva senza mai darlo a conoscere.<br />
– Le brutte parole è meglio che ti rimangano avvolte nei baffi.<br />
– Non sono le preoccupazioni che ti uccidono, ma la tristezza.<br />
– Del tuo paese natale conosci perfino i cespugli.<br />
– Se ascolti la gente, ti accorgerai che non tutto quel che si dice<br />
è vero.<br />
– Basta una bella canzone per renderti gaia la vita.<br />
– La lingua non avendo ossa la puoi manovrare come vuoi.<br />
Traduzione di Riccardo Bertani<br />
NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006 - 35
I NOSTRI LUTTI<br />
SANTE<br />
SPAGNI<br />
(Spadino)<br />
GIOVANNI<br />
BATTISTA<br />
MARTINELLI<br />
(Cino)<br />
Il 2 agosto u.s. è mancata all’affetto dei<br />
suoi cari Alberta Buffagni.<br />
Per Alberta<br />
Con un sorriso, uno scherzo, una partita a<br />
carte, hai riempito le nostre vite.<br />
Hai portato a tutti noi, sereno e reale, il<br />
ricordo della tua vita partigiana e delle<br />
tue origini agresti.<br />
La mattina, ancora con la vestaglia, eri<br />
già con la scopa in mano, nel cortile o in<br />
strada a conversare e a scherzare con<br />
qualsiasi anima del creato.<br />
La tua simpatia e la tua curiosità per le<br />
cose della vita hanno sempre accolto la<br />
compagnia di amici e parenti e, nonostante<br />
fosse difficile avere la meglio facendoti<br />
cambiare idea, poi tutti tornavano assetati<br />
della tua compagnia.<br />
Ma lo scherzo ora ce lo hai fatto davvero<br />
grosso: non sei più qui con noi, ma ti<br />
promettiamo che faremo tesoro del tuo<br />
essere “Buffagna” e cercheremo di vivere<br />
come se tu fossi ancora qui con noi.<br />
Ciao zia<br />
Mirna<br />
Il 22 giugno 2006 è mancato all’affetto dei<br />
suoi cari Sante Spagni Spadino, di 83 anni,<br />
ex Partigiano.<br />
Aveva militato nel 3° battaglione della 76 a<br />
Brigata Sap “Angelo Zanti”, comandata<br />
da Paride Allegri Sirio, che operava dal<br />
Secchia all’Enza e dalla zona collinare alla<br />
via Emilia.<br />
Sante, figura semplice e generosa dedita al<br />
lavoro e alla famiglia, era amato e stimato<br />
da tutti. Negli ultimi anni, le ore di svago<br />
le trascorreva con gli amici e soci del<br />
Centro sociale “La Rocca” di Scandiano.<br />
Venerdì 23 giugno, al funerale in forma<br />
civile, era accompagnato dalle canzoni<br />
della Resistenza suonate dal Corpo<br />
bandistico di Albinea, da tante bandiere<br />
rosse e dell’Anpi, compresa quella della<br />
Val d’Enza, dove Sante ha sempre operato,<br />
portata da Ivo Mareggini.<br />
Alla moglie Lucia, ai figli Liseo e Silvana<br />
e ai parenti tutti va l’abbraccio affettuoso<br />
e le più sentite e profonde condoglianze<br />
dell’Anpi di Scandiano.<br />
Per onorarne la memoria e con profondo<br />
ricordo, la Famiglia sottoscrive pro “Notiziario”,<br />
come il loro Sante ha sempre fatto.<br />
Anpi-Scandiano<br />
ENZO<br />
SETTI<br />
(Ferruccio)<br />
L’8 giugno 2006 è deceduto Enzo Setti<br />
Ferruccio, di Rubiera, nato nel 1913, Partigiano<br />
e perseguitato politico durante il<br />
ventennio fascista, già dirigente dell’Anpi<br />
rubierese.<br />
Il figlio Davide con la sorella Ileana uniti<br />
ai parenti e compagni lo ricordano con<br />
affetto e ne onorano la memoria con un’offerta<br />
al “Notiziario Anpi”.<br />
Per ricordare la scomparsa del Partigiano<br />
Giovanni Battista Martinelli Cino, avvenuta<br />
il 5 maggio scorso, la sorella Nelde<br />
sottoscrive pro “Notiziario”.<br />
ULTIMIO<br />
CASSINADRI<br />
(Fra’ Diavolo)<br />
Ad alcuni mesi dalla scomparsa, avvenuta<br />
il 12 maggio 2006, del Partigiano Ultimio<br />
Cassinadri Fra’ Diavolo, la moglie Carla e<br />
i figli Alfeo, Caterina e Maria Grazia lo<br />
ricordano con tanto affetto e sottoscrivono<br />
pro “Notiziario”, che non mancava di leggere<br />
e sostenere.<br />
ALBERTA<br />
BUFFAGNI<br />
ved. Canepari<br />
GIUSEPPE<br />
RINALDINI<br />
(Spalla)<br />
Il 1° agosto u.s. è deceduto in età di 82 anni<br />
il partigiano della 145ª Brigata Garibaldi<br />
Giuseppe Rinaldini, Spalla (noto anche<br />
col soprannome di Pinca), di San Prospero<br />
Strinati. La moglie Ernesta e i figli<br />
Gianfranco e Aloma ne onorano la memoria<br />
con un’offerta pro Notiziario.<br />
ERMES<br />
TONDELLI<br />
L’11 agosto u.s. è deceduto il compagno<br />
Ermes Tondelli. Nato nel 1910 in una<br />
famiglia contadina, aveva compiuto 96<br />
anni il 3 maggio scorso. A suo tempo non<br />
ebbe il riconoscimento della qualifica di<br />
partigiano, ma durante la Resistenza fu<br />
impegnato in un lavoro politico assai rischioso<br />
nella zona di Villa Cavazzoli, a<br />
fianco di Paolo Davoli. Per molti anni<br />
attivista dell’ANPI, fu anche funzionario<br />
del Pci. Diede inoltre un prezioso contributo<br />
di testimonianza con i suoi interventi<br />
nelle scuole in collaborazione con Istoreco.<br />
Abile disegnatore, accompagnava le sue<br />
testimonianze, per una maggiore efficacia<br />
didattica, con una bellissima “mappa della<br />
memoria”: il territorio allora campestre di<br />
Villa Cavazzoli dalla periferia ovest di<br />
Reggio fino alla Valle di San Giulio,<br />
evidenziando case di latitanza, percorsi<br />
notturni dei partigiani, luoghi di incontro<br />
36 - NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006
I NOSTRI LUTTI<br />
ANNIVERSARI<br />
tra Paolo Davoli e giovani reclutati nelle<br />
file della Resistenza.<br />
La morte lo ha colto nella casa di riposo<br />
di Casina dopo due mesi dal suo ricovero.<br />
Molti lo ricordano, già ultraottantenne,<br />
quando in vacanza a Castelnovo<br />
Monti saliva quasi ogni mattina, con<br />
passo fermo, verso la Piera di Bismantova.<br />
Ai familiari del caro Ermes giungano le<br />
condoglianze dell’Anpi e della redazione<br />
del Notiziario.<br />
ALDO<br />
GIANOTTI<br />
(Furia)<br />
Il 21 agosto u.s. è deceduto, amorosamente<br />
assistito fino all’ultimo dalla signora<br />
Maria, Aldo Gianotti Furia, di Villa<br />
Gavassa. Nato nel 1925, operaio alla<br />
Lombardini, era stato partigiano della<br />
145.a Brigata Garibaldi. Lo annunciano<br />
addolorati e commossi i figli Pietro e<br />
Claudio, le nuore Carla e Alessandra, i<br />
nipoti Gabriele, Erik e Greta, le sorelle<br />
Amedea e Iside, unitamente a tutti i familiari.<br />
Essi ringraziano, per la partecipazione alle<br />
esequie, l’ANPI ed in particolare il suo<br />
Vice Presidente provinciale Orio Vergalli,<br />
che vi ha tenuto una toccante orazione<br />
funebre.<br />
In onore del caro scomparso offrono pro<br />
Notiziario.<br />
LUIGI<br />
CANTAGALLI<br />
(Fumo)<br />
1° ANNIVERSARIO<br />
Nel primo anniversario della scomparsa,<br />
avvenuta l'8 agosto 2005, del partigiano<br />
Luigi Cantagalli Fumo, rinnovano la memoria<br />
del caro congiunto i suoi familiari<br />
con un'offerta al “Notiziario Anpi”.<br />
PIETRO<br />
GOVI<br />
(Piretto)<br />
1° ANNIVERSARIO<br />
Il 24 luglio scorso ricorreva il 1° anniversario<br />
della scomparsa del Partigiano Pietro<br />
Govi Piretto, di Rio Saliceto. La moglie<br />
Umberta, le figlie Adriana e Lorena lo<br />
ricordano con immutato affetto e sottoscrivono<br />
pro Notiziario.<br />
* * *<br />
Il 24 luglio scorso ricorreva il 1° anniversario<br />
della scomparsa di Pietro Govi, partigiano<br />
combattente con il nome di battaglia<br />
Piretto nel distaccamento “G. Matteotti”<br />
della 144ª Brigata Garibaldi.<br />
Per onorarne la memoria e per ricordarlo<br />
con profonda nostalgia agli amici e ai<br />
familiari.<br />
“Dove sei tu non so<br />
pure mi è facile pensarti<br />
e credere al tuo viso, alla tua voce”.<br />
Lo ricordano con tanto affetto Katia, Adele,<br />
Silvano, Nadia, Simona, che sottoscrivono<br />
pro “Notiziario” per mantenere viva<br />
la sua memoria.<br />
BRUNO<br />
MARZI<br />
(Mem)<br />
6° ANNIVERSARIO<br />
Il giorno 14 luglio ricorreva il 6° anniversario<br />
della scomparsa di Bruno Marzi Mem,<br />
partigiano combattente del distaccamento<br />
“G. Matteotti” della 144ª Brigata Garibaldi.<br />
La mia ombra<br />
La mia ombra combacia<br />
lievemente, delicatamente,<br />
con la tua, padre mio,<br />
ma dove di è nascosto il sole<br />
/ raggiante del passato.<br />
Lo ricordano con tanto affetto Katia, Adele,<br />
Silvano, Nadia, Simona, che sottoscrivono<br />
pro “Notiziario” per mantenere viva<br />
la sua memoria.<br />
LINDA<br />
ORLANDINI<br />
in Manzotti<br />
2° ANNIVERSARIO<br />
Il 27 luglio ricorreva il 2° anniversario<br />
della morte di Linda Orlandini Manzotti,<br />
che durante la lotta di Liberazione, a soli<br />
14 anni, era organizzata come staffetta<br />
nella 77ª Brigata Sap.<br />
Per rinnovare la sua cara memoria, il marito<br />
e il figlio, con la nuora e i nipoti,<br />
offrono pro “Notiziario”<br />
CESARE<br />
MELIA<br />
8° ANNIVERSARIO<br />
Il 9 agosto scorso ricorreva l’8° anniversario<br />
della scomparsa del caro Cesare Melia.<br />
La moglie Silvia e i figli Cinzia e Ivano lo<br />
ricordano con immutato affetto ed offrono<br />
pro “Notiziario”.<br />
GINO<br />
SETTI<br />
(Susmel)<br />
2° ANNIVERSARIO<br />
Il 16 agosto u.s. ricorreva il 2° anniversario<br />
della scomparsa del partigiano Gino<br />
Setti (Susmel) di Reggiolo Commissario<br />
di Btg. della 26ª Brigata Garibaldi. Lo<br />
ricordano con profondo rimpianto i familiari<br />
offrendo pro “Notiziario”.<br />
Per un sostegno finanziario al<br />
"NOTIZIARIO"<br />
Tel. 0522/432991 (solo mattino)<br />
NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006 - 37
ANNIVERSARI<br />
MARIA<br />
BARBANTINI<br />
VILMA<br />
GALAVERNI<br />
ved. Verzelloni<br />
DANTE<br />
CALZOLARI<br />
(Spada)<br />
5° ANNIVERSARIO<br />
Il 5 luglio 2006 ricorreva il 5° anniversario<br />
della scomparsa di Maria Barbantini<br />
di Ligonchio. La ricordano con immutato<br />
affetto il marito Ennio Felici, i figli Giuseppe<br />
e Maria Grazia, i nipoti Roberto e<br />
Marco, la nuora Carla e il genero<br />
Tommaso e sottoscrivono per il “Notiziario<br />
Anpi”.<br />
DUILIO<br />
CARRETTI<br />
(Giuseppe)<br />
7° ANNIVERSARIO<br />
Cadeva nel mese di luglio il 7° anniversario<br />
della perdita del caro Duilio, pertanto<br />
la moglie Clite, la figlia Meris, il figlio<br />
Mauro ed i nipoti nel ricordarlo con tanto<br />
affetto, offrono un contributo a sostegno<br />
del “Notiziario”, consapevoli dell’interesse<br />
che lui nutriva verso questo strumento<br />
d’informazione sui valori della Resistenza<br />
e della libertà.<br />
DAVIDE<br />
VALERIANI<br />
(Formica)<br />
5° ANNIVERSARIO<br />
Il 25 settembre 2006 ricorre il 5° anniversario<br />
della scomparsa del partigiano Davide<br />
Valeriani Formica.<br />
La moglie e i figli nel ricordarlo con<br />
immutato affetto sottoscrivono pro Notiziario.<br />
7° ANNIVERSARIO<br />
Il 17 agosto 2006 ricorreva il 7° anniversario<br />
della scomparsa di Vilma Galaverni,<br />
amica dell’Anpi di Roncocesi, la ricordano<br />
con immutato affetto le famiglie<br />
Galaverni e in suo onore offrono pro “Notiziario<br />
Anpi”.<br />
VOLMER<br />
VERZELLONI<br />
14° ANNIVERSARIO<br />
Il 3 ottobre 2006 ricorre il 14° anniversario<br />
della scomparsa del Patriota Volmer<br />
Verzelloni di Roncocesi. Lo ricordano con<br />
affetto le famiglie Galaverni offrendo in<br />
suo onore pro “Notiziario Anpi”.<br />
SEVERINO<br />
MORI<br />
(Carnera)<br />
5° ANNIVERSARIO<br />
Il 21 luglio scorso ricorreva il 5° anniversario<br />
della scomparsa del Partigiano<br />
Severino Mori Carnera della 77 a Brig. Sap<br />
“F.lli Manfredi”.<br />
I figli Nadia e Claudio lo ricordano con<br />
immutato amore, conservando di lui un<br />
ricordo indelebile per i valori che ne hanno<br />
sempre ispirato l’opera e per tutto l’amore<br />
che ha riservato loro. In suo onore sottoscrivono<br />
pro “Notiziario Anpi”.<br />
1° ANNIVERSARIO<br />
Il 18 luglio 2006 ricorreva il 1° anniversario<br />
della scomparsa di Dante Calzolari<br />
Spada, Partigiano combattente della 26 a<br />
Brig. Garibaldi. Ferito in combattimento a<br />
Villa Codemondo, nella fase di “pianurizzazione”<br />
della lotta, Calzolari fu anche<br />
detenuto ai Servi e duramente torturato a<br />
Villa Cucchi. Operaio delle Reggiane, fu<br />
protagonista della epica occupazione della<br />
fabbrica nel 1950. Aveva sempre vissuto in<br />
via Cassala, nel quartiere operaio per eccellenza<br />
di Santa Croce Esterna. Ne ricorda la<br />
nobile figura, con un offerta al “Notiziario”,<br />
il nipote Luciano con la famiglia.<br />
FRANCO<br />
ROSSI<br />
27° ANNIVERSARIO<br />
Nel 27° anniversario della scomparsa di<br />
Franco Rossi, avvenuta l’8 settembre 1979,<br />
la mamma lo ricorda insieme al papà Dino,<br />
scomparso 6 mesi fa. In loro memoria<br />
sottoscrive pro “Notiziario Anpi”.<br />
GIOVANNI<br />
BERTOLINI<br />
(Paolo)<br />
4° ANNIVERSARIO<br />
Il 29 agosto cadeva il 4° anniversario della<br />
morte del partigiano Giovanni Bertolini<br />
Paolo, ex volontario antifranchista in Spagna.<br />
La moglie, i figli e i nipoti lo ricordano<br />
e sottoscrivono a sostegno dell’Anpi.<br />
38 - NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006
OFFERTE<br />
IL "NOTIZIARIO ANPI" E' UNA VOCE DELLA RESISTENZA E DELLA DEMOCRAZIA.<br />
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– LEA FRANCIA ......................................................... € 20<br />
– ANNA TONDELLI e figli in memoria di Franco<br />
Cigarini ...................................................................... ” 50<br />
– ANSELMO BISAGNI e ANGIOLINA a ricordo di<br />
Casoli Renato e Valentina ......................................... ” 50<br />
– FAM. UGOLOTTI a ricordo del loro familiare<br />
scomparso .................................................................. ” 20<br />
– CESIRA GIBERTONI .............................................. ” 10<br />
– ANPI e UDI di Medicina ........................................... ” 100<br />
– BRUNO FANI ........................................................... ” 20<br />
– FAM.GOVI in memoria di Pietro Govi “Piretto” ..... ” 50<br />
– NADIA e CLAUDIO MORI in memoria del padre<br />
Severino “Carnera” .................................................... ” 50<br />
– ANPI di Campegine .................................................. ” 120<br />
– PAOLINA- WILLER e VALENTINA in memoria<br />
di Morabello Pinotti ................................................... ” 200<br />
– EX PARTIGIANI DIST. F.LLI ROSSELLI in memoria<br />
dei caduti ......................................................... ” 50<br />
– AGIDE CORRADI .................................................... ” 50<br />
– CENRO SOCIALE OROLOGIO .............................. ” 150<br />
– LUCIANO CALZOLARI a ricordo dello zio Dante . ” 100<br />
– ERMES LUSETTI..................................................... ” 15<br />
– PEPPINO CATELLANI ........................................... ” 100<br />
– DAVIDE e ELIANA SETTI a ricordo di Enzo<br />
“Ferruccio” ................................................................ ” 50<br />
– FAUSTO BERGIANTI e figlio................................. ” 5<br />
– FAM.SPAGNI per onorare la memoria di Sante<br />
Spagni ........................................................................ ” 100<br />
– ANPI SCANDIANO a ricordo di Sante Soragni<br />
“Spadino” .................................................................. ” 20<br />
– OSTILIANA PIPERI................................................. ” 100<br />
– FERNANDO IBATTICI – CARPINETI .................. ” 50<br />
– ENNIO FOLIERI – Ligonchio in memoria della<br />
moglie Maria Barbantini............................................ ” 40<br />
– DOMENICO SIMONELLI a ricordo del fratello<br />
Ulderico ..................................................................... ” 30<br />
– EMMA RAVAZZINI e fam. per onorare il marito<br />
Emilio “Miglietto” ..................................................... ” 20<br />
– LUIGI GALAVERNI in memoria della sorella e del<br />
cognato ...................................................................... ” 100<br />
– FAM. CARRETTI per la ricorrenza della scomparsa<br />
di Duilio Carretti........................................................ ” 50<br />
– NELDA MARTINELLI per ricordare il fratello<br />
Giovanni Battista “Cino” ........................................... ” 20<br />
– VALTER CROCI in memoria di Giulio Croci.......... ” 30<br />
– BRUNO e PIETRA CARLETTI ............................... ” 25<br />
– RENZO SPAGGIARI ............................................... ” 20<br />
– GIOVANNI geom.BELPOLITI per avere visionato<br />
il notiziario ANPI ...................................................... ” 50<br />
– CESARINO MORSELLI – Reggiolo ....................... ” 20<br />
– ADA BARTOLI ........................................................ ” 10<br />
– CLAUDIO GALLI per onorare il padre Secondo ..... ” 20<br />
– PAOLA TORINELLI GORI a ricordo del marito<br />
deceduto in un incidente sul lavoro ........................... ” 20<br />
– MARIA MATTIOLI a memoria di Franco Rossi ..... ” 100<br />
– DIMMA ROSSI in memoria di Franco Rossi ........... ” 100<br />
– NEALDA DONELLI a ricordo della mamma<br />
Maria Manzotti .......................................................... ” 25<br />
– CARLA CASSINADRI in memoria del marito<br />
Ultimio ....................................................................... ” 50<br />
– CESARE e EURIDE SORAGNI............................... ” 50<br />
– MARIA ROSA FRANCHI a ricordo della mamma<br />
Domenica ................................................................... ” 40<br />
– RICCARDO CAMPIOLI .......................................... ” 100<br />
– SANDRA PANINI .................................................... ” 20<br />
– SILVIA MELIA e figli a ricordo del marito Cesare<br />
nell’8° anniversario della morte ................................ ” 100<br />
– TIZIANA PIGOZZI in memoria della sorella nel<br />
1° anniversario della scomparsa ................................ ” 50<br />
– RINO TORREGGIANI e FANNI CARRI in memoria<br />
di Alberta Buffagni............................................... ” 20<br />
– EBE e FRANCO CANEPARI per ricordare Alberta<br />
Buffagni ..................................................................... ” 20<br />
– DELEDDA in memoria della madre Maria Manzotti ” 30<br />
– DEMUS MANZOTTI e fam per ricordare il 2°<br />
anniversario della scomparsa di Linda Orlandini ...... ” 150<br />
– FAM. VALERIANI per ricordare il marito Davide<br />
Valeriani .................................................................... ” 50<br />
– NERINA CODELUPPI in memoria della partigiana<br />
Alberta Buffagni ........................................................ ” 50<br />
– MAURO, LIDIA VIANI e famiglia a ricordo di<br />
Alberta Buffagni ........................................................ ” 100<br />
– BICE MONTANARI BERTOLINI e famiglia per<br />
onorare Giovanni Bertolini “Paolo” .......................... ” 50<br />
– FAM. GOVI e amici in memoria di Pietro Govi ....... ” 50<br />
– FAM. MARZI a ricordo di Bruno Marzi................... ” 50<br />
– ENNIO PISTONI “Jard” – Carpineti ........................ ” 25<br />
– LUCA BUFFAGNI per ricordare il nonno Marino<br />
Bertani “Massa”......................................................... ” 40<br />
– GIORGIO e ORNELLA BUFFAGNI in memoria<br />
di Alberta Buffagni .................................................... ” 50<br />
– PIETRO BUFFAGNI per onorare Alberta Buffagni. ” 25<br />
– BRUNA e RAFFAELLA in ricordo di Alberta<br />
Buffagni ..................................................................... ” 200<br />
– SILVIA CANEPARI in memoria della madre<br />
Alberta Buffagni ........................................................ ” 300<br />
– MIRNA CANEPARI a ricordo di Alberta Buffagni . ” 50<br />
– KATIA CANEPARI a ricordo di Alberta Buffagni .. ” 50<br />
– ANGIOLINA CASOTTI in memoria di Alberta<br />
Buffagni ..................................................................... ” 50<br />
– DOMENICO CANEPARI a ricordo di Alberta<br />
Buffagni ..................................................................... ” 30<br />
– MERCEDES CANEPARI in memoria di Alberta<br />
Buffagni ..................................................................... ” 50<br />
– LAURA CANEPARI a ricordo di Alberta Buffagni . ” 50<br />
– BENIAMINO CANEPARI in memoria di Alberta<br />
Buffagni ..................................................................... ” 30<br />
– DOMINICO INCERTI per ricordare Alberta<br />
Buffagni ..................................................................... ” 30<br />
– SILVANO DALLARI per onorare la memoria di<br />
Alberta Buffagni ........................................................ ” 50<br />
– KATIA SALSI a ricordo di Enzo Salsi ..................... ” 80<br />
– SIDRACO CODELUPPI – Poviglio ......................... ” 30<br />
– ERNESTA BONACINI in Rinaldini e famiglia<br />
a ricordo del marito ................................................... ” 100<br />
– FAM.SETTI – Reggiolo per onorare Gino Setti<br />
“Susmel” nel 2° anniversario della morte ................. ” 50<br />
– LUCIA ZANICHELLI in memoria di Alberta<br />
Buffagni ..................................................................... ” 25<br />
– GENOEFFA, PIERINA, FRANCO, TINA, TERE-<br />
SA VENTURI per Alberta Buffagni ......................... ” 75<br />
– BRUNO FANI per ricordare Aldo Gianotti .............. ” 15<br />
– BRUNO FANI e NORMA BONORI per onorare<br />
Norma Cagnoli Magnanini ........................................ ” 15<br />
– ANNA MARIA OLMI .............................................. ” 26<br />
– ELETTA CERVI, figli e nipoti per ricordare Walter<br />
Cervi nel 2° anniversario della morte ........................ ” 50<br />
– PIETRO GIANOTTI, figli, nuore e nipoti per onorare<br />
Aldo Gianotti ...................................................... ” 200<br />
– ANGELA FERRETTI in memoria del marito Luigi<br />
Cantagalli “Fumo” ..................................................... ” 500<br />
– LAILA e MIRIA GROSSI in memoria di Alberta<br />
Buffagni ..................................................................... ” 30<br />
– IVAN BEDOGNI ...................................................... ” 10<br />
NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006 - 39
Brescia<br />
e Reggio<br />
unite<br />
nel ricordo<br />
del 7 luglio<br />
e di<br />
Piazza<br />
della Loggia<br />
7 luglio 2006. Alcuni aspetti della<br />
commemorazione del 46° anniversario<br />
dell’eccidio in cui caddero<br />
Lauro Farioli, Ovidio Franchi,<br />
Emilio Reverberi, Marino Serri,<br />
Afro Tondelli.<br />
Anche quest’anno era presente il<br />
gonfalone dell’Anpi di Brescia,<br />
portato dal prof. Ermanno Redeghieri<br />
(bresciano di origine reggiana)<br />
in significativo gemellaggio<br />
ideale tra l’eccidio di Reggio e la<br />
strage di Piazza della Loggia.<br />
40 - NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006