28.12.2014 Views

n°7 - indiosmundo.reggio-emili..

n°7 - indiosmundo.reggio-emili..

n°7 - indiosmundo.reggio-emili..

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

Spediz. in abb. post. - Tab. C, art. 2/C – Art. 1 comma 2 - Art. 2 comma 1 d.l. 23-12-2003/ n. 353 - G.U. 29-12-2003 - Filiale R.E. - Tassa pagata taxe perçue - Anno XXXVII - N. 7 - Agosto-Settembre 2006 - In caso di mancato recapito rinviare all'Ufficio P.T. di Reggio Emilia detentore del conto per restituzione al mittente che si impegna a pagare la relativa tariffa.<br />

NOTIZIARIO<br />

MENSILE del Comitato Provinciale Associazione Nazionale Partigiani d'Italia di Reggio Emilia<br />

«FARE L’AMORE<br />

CON LA<br />

NON-VIOLENZA<br />

PER PARTORIRE<br />

LA PACE<br />

DAL GREMBO<br />

DELLA SOCIETÀ»<br />

(Angelo Frammartino,<br />

volontario per l’assistenza a bambini palestinesi,<br />

ucciso da un arabo a Gerusalemme<br />

il 10 agosto 2006)


Sommario<br />

pag.<br />

– L’Anpi davanti alle sfide del presente e del futuro,<br />

di Giacomo Notari .......................................................................... 3<br />

– “Con voi dell’Anpi mi sento una grande famiglia”.<br />

Intervista al neo segretario Ds Giulio Fantuzzi, a cura di<br />

Antonio Zambonelli ....................................................................... 4<br />

– Dario sempre con noi ..................................................................... 5<br />

– Non dimentichiamo la Palestina!, di Daniela Lorenzoni................ 6<br />

– L’Anpi di Reggio Emilia per i bambini Palestinesi........................ 7<br />

– È in gioco il futuro di Israele, di d.l. ............................................... 8<br />

– Chi è amico di Israele, di a.z......................................................... 9<br />

– I tristi strascichi della guerra, di Riccardo Bertani ......................... 10<br />

– Mondiali antirazzisti 2006, di Fabio Dolci ..................................... 11<br />

– Spagna 1936-2006. Ricordo della guerra civile,<br />

di Antonio Zambonelli ................................................................... 12<br />

– Estate 1936. I primi dodici reggiani volontari antifranchisti<br />

in Spagna, di a.z. ............................................................................ 13<br />

– Donne in guerra, donne di pace: libro e recital al Museo Cervi,<br />

di Gino Belli ................................................................................... 15<br />

– Tornare a Falcade, di Bruno Grulli................................................. 16<br />

– Un romanzo che ci tuffa nella storia sociale dell’Ottocento,<br />

di Antonio Zambonelli ................................................................... 18<br />

– Che lo spirito di Zapatero sia con noi, di g. b................................. 19<br />

– Convitto scuola di Rivaltella .......................................................... 20<br />

– La Resistenza vive nella Costituzione, di Alessandro Fontanesi ... 21<br />

– Visita delle classi III di Poviglio alla Benedicta ............................ 21<br />

– Nino Barazzoni, una vita tra due mondi, recensione di a.z. ........... 22<br />

– “Abbasso il Duce”, video resistente girato a San Polo d’Enza ...... 22<br />

– Il No al referendum: quant’è bella la nostra Costituzione,<br />

di Glauco Bertani ............................................................................ 23<br />

– 24-25 maggio ’44. L’assedio di Villa Minozzo nel racconto di<br />

una bambina di dieci anni, di Sandra Zambonini ........................... 24<br />

– Sono ancora necessarie le basi Usa in Italia,<br />

di Bruno Bertolaso .......................................................................... 25<br />

– In ricordo di Enzo Salsi, di Sidraco Codeluppi .............................. 26<br />

– Restaurata in Camporanieri la stele per i partigiani<br />

Malaguti e Simonazzi ..................................................................... 27<br />

– Un grave lutto a ha colpito Giannetto Magnanini .......................... 27<br />

– Guerra-Resistenza-Politica: Storie di donne,<br />

di Eletta Bertani .............................................................................. 28<br />

NOTIZIARIO A.N.P.I.<br />

Spedizione in abbonamento postale - Gruppo III - 70%<br />

Mensile del Comitato Provinciale<br />

Associazione Nazionale Partigiani d'Italia di Reggio Emilia<br />

e-mail: editoria@istoreco.re.it<br />

Proprietario: Giacomo Notari<br />

Direttore: Antonio Zambonelli<br />

Comitato di redazione<br />

Eletta Bertani, Glauco Bertani, Ireo Lusuardi<br />

Collaboratori: Massimo Becchi, Riccardo Bertani, Bruno Bertolaso,<br />

Sandra Campanini, Nicoletta Gemmi, Enzo Iori, Enrico Lelli,<br />

Saverio Morselli, Fabrizio Tavernelli<br />

Registrazione Tribunale di Reggio Emilia n. 276 del 2 Marzo 1970<br />

Stampa: Litograf 5 - Reggio Emilia<br />

Questo numero è stato chiuso in tipografia il 24 agosto 2006<br />

* * *<br />

Per sostenere il “Notiziario”:<br />

BIPOP CARIRE, piazza del Monte (già Cesare Battisti) - Reggio Emilia<br />

c.c. bancario n. 11819 ABI 5437 CAB 12811 (specificare la causale).<br />

pag.<br />

– Un partigiano di 16 anni: Bruno Friggeri, di g.f. ........................... 30<br />

* * *<br />

Le rubriche<br />

– Cittadini-Democrazia-Potere, di Claudio Ghiretti .......................... 31<br />

– Segnali di Pace, di Saverio Morselli .............................................. 32<br />

– Opinion leder, di Fabrizio “Taver” Tavernelli .............................. 33<br />

– L’informazione sanitaria. Le risposte del prof. Enzo Iori .............. 34<br />

– Conoscere gli altri: i Careli, di Riccardo Bertani ........................... 35<br />

* * *<br />

– I nostri lutti ..................................................................................... 36<br />

– Anniversari ..................................................................................... 37<br />

– Offerte ............................................................................................ 39<br />

2 - NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006


L’Anpi davanti alle sfide<br />

del presente e del futuro<br />

Al 14° Congresso della nostra associazione,<br />

gennaio 2006, fra tanti temi ci<br />

ponemmo una domanda: dopo i<br />

sessantesimi della liberazione dal fascismo<br />

e dalla monarchia, della conquista<br />

del voto alle donne, della nascita<br />

della Repubblica e della Costituzione,<br />

c’è ancora bisogno di un’associazione<br />

partigiana che incarni in sé i<br />

valori della resistenza, li difenda con<br />

altre forze democratiche, mettendo al<br />

sicuro i principi costituzionali A tale<br />

interrogativo rispondemmo di sì, che<br />

c’è ancora bisogno dei vecchi e nuovi<br />

resistenti. Le modifiche allo Statuto<br />

(sancite dal Congresso nazionale) che<br />

consentono ai giovani di entrare a pieno<br />

titolo nella nostra associazione sono<br />

soltanto la logica conseguenza di tale<br />

risposta.<br />

Riprendiamo il discorso in merito in<br />

un momento politico di non facile interpretazione,<br />

ma anche con segnali di<br />

chiara lettura. Vedasi il tentativo di<br />

attacco alla Carta costituzionale, si pensi<br />

ai venti di guerra che macinano<br />

uomini e ricchezze determinando uno<br />

stato di ansia generalizzata e in particolare<br />

fra le giovani generazioni. Giovani<br />

francesi hanno manifestato tale<br />

stato di ansia, forse di angoscia, devastando<br />

interi quartieri, senza precisi<br />

obbiettivi. I riferimenti culturali alla<br />

Comune di Parigi o alla Resistenza<br />

francese contro il nazismo paiono assopiti<br />

se non addirittura cancellati.<br />

In Italia la gran parte dei giovani sembra<br />

apparentemente vivere nella indifferenza.<br />

Ma se analizziamo meglio,<br />

troviamo che su precisi obbiettivi ci<br />

sono slanci generosi. La rivolta che si<br />

manifestò contro la riforma Moratti<br />

nella scuola, e quella ancora ben viva<br />

contro la guerra in Iraq, sono alcune<br />

delle possibili conferme. Slanci di solidarietà<br />

li troviamo nel volontariato,<br />

nell’impegno nel sociale anche verso i<br />

paesi più poveri dei vari continenti.<br />

Sono molti i giovani che, attraverso<br />

associazioni, comuni, parrocchie, prestano<br />

la loro opera gratuita costruendo<br />

ambulatori, scuole, ospedali, pozzi<br />

“L’Anpi di Reggio Emilia, sul tema<br />

del rapporto con le nuove generazioni,<br />

organizzerà in autunno un<br />

seminario aperto ai contributi dei<br />

giovani, di organizzazioni politiche,<br />

di circoli, associazioni culturali<br />

e ricreative con l’obbiettivo di<br />

contribuire a ricomporre un possibile<br />

discorso unitario di fronte ai<br />

grandi temi della pace e della giustizia<br />

sociale in un mondo che talvolta<br />

sembra avvitarsi in violente<br />

contraddizioni senza via di uscita.<br />

Ma come vecchi resistenti, abbiamo<br />

sempre presente il motto che fu<br />

caro a Gramsci: pessimismo dell’intelligenza,<br />

ottimismo della volontà”.<br />

dove manca l’acqua potabile, ecc., o<br />

facendo arrivare cibo, medicinali, vestiario.<br />

Questi impegni lodevoli e particolari,<br />

maturano in assenza di<br />

obbiettivi generali che la politica non<br />

riesce a proporre, una politica rinnovata,<br />

capace di coinvolgere la moltitudine<br />

dei giovani.<br />

D’altra parte si deve purtroppo registrare<br />

che, in mancanza di motivazioni capaci<br />

di mobilitare, c’è chi si rifugia<br />

nella droga, nell’alcol oppure in gruppuscoli<br />

velleitari che pensano di cambiare<br />

il corso della storia,magari rompendo<br />

qualche vetrina , incendiando<br />

qualche auto, e non andando a votare.<br />

Giacomo Notari.<br />

L’Anpi, aprendo ai giovani, manifesta<br />

una grande fiducia nelle nuove generazioni<br />

che dovranno prendere in mano<br />

il destino del nostro Paese nel tempo<br />

che verrà.<br />

La storia del secolo appena trascorso<br />

ci deve illuminare. Noi, e anche molti<br />

più vecchi di noi, cresciuti nell’angusta<br />

e soffocante cultura del fascismo,<br />

quando fu il momento non avemmo<br />

esitazioni a prendere le armi, nelle<br />

città e nelle campagne, contro i nazisti<br />

e i loro servi, contro la guerra. Si rifletta<br />

sugli elenchi dei partigiani caduti:<br />

oltre il 60 per cento di loro sono giovani<br />

dai 16 ai 25-30 anni. Eppure nessuno,<br />

al momento della scelta, aveva loro<br />

promesso una paga, una elegante divisa,<br />

confortevoli condizioni di alloggio<br />

e di nutrimento. Eppure l’aspirazione<br />

alla pace, alla libertà, fu come un grido<br />

che penetrò tante coscienze di giovani<br />

che seppero affrontare sacrifici<br />

inenarrabili. Grande fu poi l’impegno<br />

dei giovani nella ricostruzione morale<br />

e materiale del Paese.<br />

Alle elezioni politiche del 1953<br />

1.500.000 giovani votarono comunista<br />

dando un contributo determinante<br />

per battere la “legge truffa”.<br />

Ancora nel 1960, contro il governo<br />

Tambroni, troviamo nelle piazze i giovani<br />

delle magliette a strisce a difendere<br />

la libertà come vecchi partigiani, da<br />

Genova a Palermo a Catania, da Milano<br />

a Reggio Emilia, questa nostra città<br />

dove i cinque giovani uccisi in piazza<br />

il 7 luglio ancora sanguinano chiedendo<br />

giustizia.<br />

Grazie a quei giovani l’Italia riprese<br />

un cammino democratico.<br />

E infine come non aver presente l’impegno<br />

di tanti giovani nelle strade di<br />

Genova e di Firenze, e anche il loro<br />

contributo nel risultato elettorale alle<br />

politiche del 9-10 aprile 2006.<br />

Ecco perché l’Anpi ripone fiducia nelle<br />

nuove generazioni. Ed è per questo<br />

che assieme dobbiamo costruire percorsi<br />

che guardino al futuro, al bene<br />

dell’Italia e del mondo.<br />

Giacomo Notari<br />

NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006 - 3


“Con voi dell’Anpi mi sento<br />

in una grande famiglia”<br />

Nostra intervista a Giulio Fantuzzi, neo segretario Ds<br />

Caro Fantuzzi, hai alle spalle una lunga<br />

esperienza di pubblico amministratore,<br />

di parlamentare europeo, di dirigente<br />

politico e del movimento cooperativo e<br />

contadino. Che effetto ti fa trovarti da<br />

qualche tempo, e in questa situazione,<br />

segretario provinciale dei Ds di Reggio<br />

Emilia<br />

Mi dà la piacevole sensazione del ritorno<br />

a casa, entro le mura amiche di quel<br />

Partito in cui non ho mai smesso di<br />

“credere”. Un Partito che è sempre stato<br />

un riferimento ideale e politico di primissimo<br />

ordine in tutte le esperienze che<br />

ho potuto fare in questi anni e che hai<br />

richiamato. La sua vitalità, la sua serietà,<br />

il suo volto ragionevole e perbene li ho<br />

potuti sperimentare e collaudare sia nella<br />

militanza attiva che nel rapporto di<br />

vicinato vissuto in prima persona, in<br />

tutti questi anni, a Reggio e fuori. A<br />

favore di questo Partito, a tutti i democratici<br />

di sinistra di questa provincia,<br />

spero di poter ricambiare, almeno in<br />

parte, quello che, lui e loro, hanno dato a<br />

me. Davvero tanto. Sono ancora un po’<br />

incredulo. Tanta fiducia per un ruolo<br />

così delicato e in un momento tanto<br />

difficile, concentrarsi proprio sul sottoscritto…<br />

Cercherò di farne tesoro. C’è<br />

tanto lavoro da fare. Non siamo più ai<br />

tempi del vecchio Partito che pretendeva<br />

di “dettare la linea” un po’ su tutto.<br />

Tanta acqua è passata sotto i ponti. Anche<br />

sotto quello di San Pellegrino, che<br />

separa la storica sede del Pci Via Toschi<br />

da quella attuale dei Ds in Via Gandhi.<br />

Eppure un moderno partito di massa<br />

come il nostro nel Paese e a Reggio ha un<br />

ruolo essenziale da giocare. Dopo l’oscura<br />

parentesi berlusconiana, c’è da ridare<br />

alla politica il senso del progetto, del<br />

bene comune. Siamo stati contaminati<br />

dall’abuso politico dei poteri forti, degli<br />

interessi personali. Serve un robusto antidoto.<br />

E grazie ai Ds, è ancora disponibile.<br />

È il gusto, la voglia della partecipazione<br />

in prima persona per offrire un<br />

futuro migliore ai nostri figli. Io ne ho<br />

tre. Non vorrei sentirmi rimproverare da<br />

loro: ma papà, perché non ci hai provato<br />

quando avresti potuto<br />

In particolare, come vedi la prospettiva<br />

di un’unità del centro sinistra che dai<br />

livelli di governo (locale e nazionale)<br />

possa approdare alla costruzione del<br />

Partito democratico<br />

La vedo come una necessità storica<br />

ineludibile. Ho grande rispetto per chi,<br />

anche nel nostro Partito, vive questo<br />

percorso verso il nuovo Partito dell’Ulivo<br />

con molta ansia e preoccupazione.<br />

Però star fermi non si può. E serve il<br />

contributo di tutti, affinché quella prospettiva<br />

sia sicura e sostenibile. Le nuove<br />

generazioni chiedono alla politica, a<br />

quella onesta e disinteressata, un grande<br />

sforzo d’innovazione. I partiti di più<br />

consolidata tradizione perdono appeal,<br />

di fronte alle grandi sfide della modernità.<br />

Anche la tradizione socialista sconta<br />

le sue difficoltà. L’esito elettorale ce lo<br />

conferma. Crescere in consenso, così<br />

come si è, è un problema serio, già da un<br />

po’ di tempo anche per il nostro Partito.<br />

Nel vuoto d’indifferenza e di passività<br />

che si crea, possono sorgere tentazioni<br />

antipolitiche che inseguono leader dalle<br />

facili promesse. E il tessuto civile di<br />

solidarietà sociale, di partecipazione responsabile,<br />

di democrazia matura si corrompe.<br />

Il popolo delle primarie, invece,<br />

un messaggio preciso ce l’ha dato. Insieme<br />

si può. Tra partiti riformisti è meglio.<br />

Purché il tutto non si riduca ad un’operazione<br />

di vertice (meglio, di vertici). Ds e<br />

Margherita si intendono più che bene nel<br />

Governo nazionale, nei governi locali di<br />

Reggio e provincia. Dunque possono<br />

essere i motori di un grande rinnovamento<br />

della politica italiana. E con un<br />

grande partito riformista anche il<br />

bipolarismo made in Italy sarà meno<br />

precario.<br />

Poiché ti sto intervistando per il periodico<br />

dell’Anpi locale, sento il dovere di<br />

farti una domanda che attiene anche<br />

(ma non solo) alle tue radici familiari<br />

(penso in particolare a tuo nonno sen.<br />

Silvio Fantuzzi): quanto pensi debba<br />

pesare la “cultura dell’antifascismo”<br />

nella prospettiva del Partito democratico<br />

Viva le radici, familiari e non. Viva<br />

l’appartenenza alla causa dei deboli, degli<br />

oppressi. Viva la condivisione della solidarietà,<br />

della pace, della libertà. Queste<br />

sono tracce della mia vita. Sono cresciuto<br />

nella cultura politica<br />

dell’antifascismo e ne sono orgoglioso.<br />

È una grande fortuna che mi è capitata.<br />

Ebbene, se io penso, oggi, agli impegni<br />

forti su cui il Partito democratico si sta<br />

cimentando già nel suo farsi, non posso<br />

non pensare alla straordinaria attualità<br />

del sentimento antifascista. La difesa<br />

della Costituzione, l’unità della Repubblica,<br />

la costruzione della pace ai confini<br />

dell’Europa, i diritti di cittadinanza e<br />

l’integrazione degli immigrati non sono<br />

qualcos’altro rispetto ai valori per i quali<br />

l’Anpi impegna le sue energie con tanta<br />

passione. Il peso della cultura<br />

dell’antifascismo è oggettivo. È qui. Non<br />

altrove. Ecco con voi dell’Anpi mi sento<br />

in una grande famiglia, che non vive di<br />

ricordi, ma che guarda in avanti, a quel<br />

“nuovo raccolto” che viene dopo e a cui<br />

è bene prepararsi con animo ben disposto.<br />

Quel nuovo raccolto di cui parlava<br />

Papà Cervi. Lo conobbi da bambino.<br />

Un’altra grande fortuna.<br />

a cura di Antonio Zambonelli<br />

4 - NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006


Dario sempre con noi!<br />

Sono passati quasi dodici mesi dalla scomparsa<br />

di Giuseppe Carretti, avvenuta il 2<br />

ottobre 2005, dopo una breve quanto<br />

fulminea malattia.<br />

L’Anpi provinciale e la redazione del “Notiziario<br />

Anpi” ricordano con grande affetto<br />

e grande stima il Partigiano Dario, vice<br />

comandante di battaglione della 145 a Brigata<br />

Garibaldi, che ha diretto in qualità di<br />

presidente, per 25 anni, l’Associazione<br />

con equilibrio e nello stesso tempo con<br />

grande incisività e che, in veste di direttore,<br />

ha trasformato il “Notiziario Anpi” da<br />

semplice foglio dattiloscritto in una Rivista<br />

apprezzata anche fuori dai confini provinciali<br />

e regionali.<br />

Non è certo superfluo, allora, tracciare brevemente<br />

un suo profilo non tanto per chi lo<br />

ha conosciuto, ma per chi s’imbatta “casualmente”<br />

in queste righe commemorative.<br />

Nato nel 1923 a Villa Cella (RE), trascorre<br />

in povertà l’infanzia e la giovinezza a Villa<br />

Seta. Il 15 aprile 1944, insieme a una<br />

quarantina di altri giovani, sale<br />

sull’Appennino reggiano e diventa Partigiano.<br />

Dopo la guerra, Carretti, cogliendo<br />

le opportunità offerte dall’Anpi e da altri<br />

soggetti, consegue la licenza di terza media.<br />

Dal 1960 al 1977 è sindaco di<br />

Cadelbosco Sopra per il Partito comunista,<br />

al quale aveva aderito al termine del<br />

conflitto, partecipando come protagonista<br />

alla Ricostruzione.<br />

Nel 1964, e recentemente ripubblicato,<br />

aveva scritto una storia di Cadelbosco (I<br />

giorni della grande prova) in cui sono<br />

menzionati momenti della sua esperienza<br />

di partigiano. Nel ’77 è eletto presidente<br />

dell’Anpi, carica che lascerà all’inizio del<br />

2002 insieme a quella di direttore del “Notiziario”,<br />

con cui continuerà a colloborare<br />

fino all’ultimo (per una breve biografia si<br />

veda: a.z., Auguri affettuosi a Dario che ha<br />

compiuto ottant’anni, “Notiziario Anpi”,<br />

1-2/2003).<br />

Nel ricordare la figura di un uomo che dei<br />

valori civili e sociali ha fatto la sua ragione<br />

di vita, un affettuso saluto va anche alla<br />

vedova Maria Montanari, che con lui ha<br />

condiviso un’intera vita, e che nel numero<br />

di marzo 2006 del “Notiziario” ha ricordato,<br />

in un’intervista, il suo incontro con<br />

Giuseppe: “Quando è arrivato a casa dalla<br />

montagna, sarà stato il 26 o il 27 aprile, era<br />

vestito così (indica una foto in cui Caretti<br />

è vestito da partigiano, ndr). Sai, giovane,<br />

vestito così, in una moto… e baciava tutte,<br />

e a me mi ha baciata ma in un modo… in<br />

un altro modo, almeno così mi pareva”.<br />

Ciao Dario.<br />

NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006 - 5


Non dimentichiamo la Palestina!<br />

La drammatica situazione che si è creata<br />

in Medio Oriente con la guerra che Israele<br />

ha portato nel cuore del Libano rischia<br />

di far dimenticare l’altrettanto<br />

drammatica situazione di Gaza e della<br />

Cisgiordania.<br />

Mentre sui nostri teleschermi scorrevano<br />

le immagini delle città israeliane<br />

bombardate, dei morti e dei feriti<br />

libanesi, delle infrastrutture distrutte,<br />

dei quartieri di Beirut e di Tiro rasi al<br />

suolo, dei profughi in fuga dalle loro<br />

case, a Gaza l’esercito israeliano continuava<br />

la sua opera di devastazione e di<br />

uccisioni.<br />

Mentre sui nostri giornali si dava il<br />

giusto rilievo alla nuova emergenza umanitaria<br />

del Libano, a Gaza l’emergenza<br />

continuava facendosi di giorno in giorno<br />

più acuta.<br />

Anche la situazione in Cisgiordania è<br />

diventata insostenibile. Continuano le<br />

incursioni e i rastrellamenti nelle città<br />

palestinesi con arresti (perché non li<br />

chiamiamo rapimenti) e uccisioni mirate,<br />

a Nablus come a Ramallah. Gli<br />

spostamenti sono sempre più difficoltosi,<br />

la mancanza di lavoro sempre più<br />

grave e, per chi ancora lavora, come i<br />

dipendenti pubblici (insegnanti, impiegati<br />

delle amministrazioni, personale<br />

sanitario, polizia) non c’è salario da sei<br />

mesi.<br />

È evidente che in una situazione simile<br />

si rendono ancor più necessari concreti<br />

aiuti internazionali.<br />

È altrettanto evidente però che più la<br />

situazione peggiora, più diventa difficile<br />

realizzare progetti di sostegno e inviare<br />

aiuti.<br />

Difficile, perché i bisogni sono enormi,<br />

perché i blocchi, le chiusure, le intimidazioni<br />

dell’esercito israeliano impediscono<br />

incontri e contatti, perché Israele<br />

non fa entrare merci (medicinali, derrate<br />

alimentari, strumenti) se non a suo<br />

arbitrio e dopo interminabili attese, perché<br />

le Banche si rifiutano di “far girare”<br />

soldi destinati ai Palestinesi per timore<br />

di incorrere in sanzioni internazionali.<br />

E poi, in un paese dove si muore per<br />

mancanza di medicine salvavita e di<br />

cure e dove tra un po’ si potrà morire di<br />

fame o di sete (qualche morto c’è già<br />

stato tra le centinaia di palestinesi che<br />

tentavano di rientrare a Gaza dall’Egitto<br />

attraverso il valico di Rafah e che sono<br />

stati bloccati per giorni e giorni alla<br />

frontiera, accampati alla meglio nel deserto)<br />

con quale cuore si può pensare a<br />

realizzare progetti che guardano al futuro<br />

A costruire occasioni di crescita e<br />

sviluppo<br />

Eppure è di questo che i Palestinesi<br />

hanno bisogno, per preservare la loro<br />

dignità, per resistere all’occupazione,<br />

per non perdere la speranza nel futuro e<br />

continuare a credere in una pace possibile.<br />

E ne hanno bisogno adesso. In<br />

attesa che la diplomazia internazionale<br />

si decida finalmente ad intervenire, sono<br />

le “piccole”azioni solidali, frutto dell’impegno<br />

personale di chi nel mondo<br />

vuole essere vicino al dramma di questo<br />

popolo, che possono contribuire a rompere<br />

l’isolamento e a mantenere viva la<br />

speranza.<br />

Fra tutte le cose che potrebbero essere<br />

fatte me ne vengono in mente un paio,<br />

diverse fra di loro, ma accomunate dal<br />

fatto di essere rivolte ai bambini che<br />

rappresentano per eccellenza il futuro di<br />

un popolo.<br />

Il Centro di Riabilitazione di<br />

Ramallah<br />

Quando l’anno scorso il Presidente della<br />

Mezza Luna Rossa Palestinese è stato<br />

ospite di Reggio Emilia (e dell’Anpi)<br />

aveva presentato la richiesta di supporto<br />

per il Centro di Riabilitazione dei bambini<br />

con problemi dell’udito e del linguaggio<br />

a Ramallah.<br />

Durante il nostro viaggio in Palestina di<br />

qualche mese fa abbiamo visitato il Centro,<br />

abbiamo raccolto informazioni e<br />

documentazione.<br />

A Reggio ne abbiamo parlato con la<br />

dr.ssa Martini, direttore generale<br />

dell’Usl di Reggio e con professionisti<br />

esperti del problema.<br />

Alla luce di queste acquisizioni un<br />

intervento a favore di questo centro potrebbe<br />

articolarsi in:<br />

Un’immagine dell’Asilo di Seilat.<br />

A - Collaborazione scientifica<br />

• Formazione (sia in loco che in Italia)<br />

• Stages<br />

• Consulenze<br />

• Confronto di esperienze<br />

• Strumentario (sostituzione di strumenti<br />

obsoleti, manutenzione, forniture)<br />

B – Adozione di una classe della scuola<br />

speciale del centro<br />

Fin dalla fine degli anni ’90 il Centro si<br />

è dotato di una Scuola Materna e di una<br />

Scuola elementare nelle quali i bambini,<br />

attraverso programmi ed attrezzature<br />

speciali possono essere riabilitati e seguire<br />

un corso di studi “regolare”. Alla<br />

Scuola è annesso un Convitto dove alcuni<br />

bambini possono risiedere durante<br />

la settimana. Il Convitto non era inizialmente<br />

previsto, ma si è reso necessario<br />

per le gravi difficoltà di spostamento dei<br />

bambini che vivono fuori Ramallah. I<br />

check points, le frequenti e improvvise<br />

chiusure del territorio da parte degli<br />

israeliani, le incursioni dell’esercito israeliano<br />

rendono pericoloso e spesso impossibile<br />

qualsiasi spostamento.<br />

Per quanto riguarda la Scuola, vi è la<br />

necessità di aumentare il numero delle<br />

classi; si potrebbe dunque pensare alla<br />

“adozione” di una nuova classe nelle<br />

forme che i Responsabili del Centro<br />

riterranno più opportune (arredi, attrezzature<br />

speciali, materiale didattico…).<br />

L’Asilo di Seilat<br />

Seilat è un villaggio di circa seimila<br />

abitanti nella Provincia di Jenin. La sua<br />

economia si basava sull’agricoltura (20<br />

percento), su piccole imprese artigianali<br />

e commerciali (30 percento) e per il<br />

6 - NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006


esto sul lavoro in Israele. Negli ultimi<br />

anni questa importante risorsa si è completamente<br />

azzerata perché Israele non<br />

concede più permessi lavorativi ai<br />

Palestinesi.<br />

A Seilat abbiamo incontrato Taman,<br />

una piccola donna testarda e coraggiosa<br />

che, oltre ad essere consigliera comunale,<br />

è la Responsabile del Centro Donne<br />

del villaggio.<br />

A Seilat Taman ci ha fatto visitare l’Asilo<br />

che è stato realizzato alcuni anni fa<br />

dal Centro Donne, grazie anche agli<br />

aiuti delle Donne in Nero italiane, e che<br />

riesce ad accogliere una novantina di<br />

bambini in età prescolare.<br />

L’asilo è piccolo, disadorno. A noi che<br />

veniamo da Reggio Emilia (“le scuole<br />

più belle del mondo”) il cuore si stringe<br />

un po’.<br />

Grazie all’asilo, qualche mamma ha<br />

potuto dedicare parte del suo tempo a<br />

piccole imprese lavorative, unica fonte<br />

di sussistenza, a volte, per le famiglie.<br />

Sempre grazie all’asilo, 5 ragazze<br />

diplomate hanno potuto ottenere il posto<br />

di maestre e ricevere un modestissimo<br />

stipendio. Per consentire questo e<br />

per garantire la vita quotidiana dell’asilo<br />

i genitori dei bambini pagano una<br />

piccola retta mensile.<br />

Taman era orgogliosa dei risultati raggiunti,<br />

ma la situazione, invece di migliorare,<br />

si fa sempre più pesante. L’occupazione<br />

israeliana non allenta la sua morsa,<br />

anzi. È sempre più difficile trovare un<br />

lavoro, ricevere aiuti, sopravvivere.<br />

L’asilo ha subito dei danni, le linee<br />

telefoniche sono state tagliate, la struttura<br />

si deteriora se non si eseguono<br />

lavori di manutenzione e di parziale<br />

ristrutturazione. C’è bisogno di materiale<br />

didattico, di giochi; c’è bisogno di<br />

garantire una mensa ai circa 90 bambini<br />

che lo frequentano.<br />

Abbiamo promesso a Taman che ci saremmo<br />

ricordati di Seilat al nostro ritorno<br />

in Italia.<br />

Le donne<br />

I “Centri donne”, diffusi un po’ in tutti i<br />

Territori occupati, sono dei Comitati<br />

locali di assistenza socio sanitaria sostenuti<br />

dal Medical Relief, Ong<br />

palestinese il cui presidente è il dr.<br />

Mustafa Barghouti.<br />

La loro filosofia si incentra sull’idea di<br />

società civile, quale soggetto ricco di<br />

valori ed energie da mobilitare e valorizzare<br />

per garantire la crescita democratica<br />

del Paese.<br />

Le donne che hanno voluto questi Centri<br />

e che con determinazione ne sostengono<br />

lo sviluppo e le attività sono l’<br />

incarnazione (emblema…simbolo…)<br />

della Resistenza palestinese. Molte di<br />

loro hanno subito il carcere israeliano,<br />

arrestate senza ragione o semplicemente<br />

perché parenti di persone “sospette”;<br />

alcune portano i segni delle percosse e<br />

dei maltrattamenti subiti durante la detenzione.<br />

I loro uomini sono stati feriti,<br />

uccisi, imprigionati o costretti a vivere<br />

nascosti; quando gli è “andata bene”<br />

hanno comunque perso il lavoro. Queste<br />

donne si sono fatte carico di preservare<br />

e anzi di migliorare il tessuto sociale<br />

palestinese, sviluppando fitte reti di<br />

solidarietà, creando opportunità<br />

educative e di lavoro, sostenendo giorno<br />

dopo giorno il diritto alla libertà.<br />

Daniela Lorenzoni<br />

L’ANPI di Reggio Emilia<br />

per i bambini Palestinesi<br />

Nell’ultimo Congresso Provinciale è stata lanciata una campagna di solidarietà<br />

per il Popolo Palestinese rivolta al futuro di ogni popolo: i bambini.<br />

L’intervento si concentra sulle loro necessità quotidiane e sulle esigenze di<br />

riabilitazione.; la visita in Palestina di alcuni medici ha consentito di individuare<br />

obiettivi specifici e realizzabili in tempi brevi.<br />

Il Presidente della Mezza Luna Rossa Palestinese ospite dell’Anpi.<br />

L’ASILO DI SEILAT<br />

Seilat è un villaggio di circa 6.000 abitanti nella Provincia di Jenin.<br />

A Seilat c’è un Asilo realizzato dal Centro Donne del villaggio. L’asilo è<br />

piccolo, disadorno e lo frequentano circa 90 bambini.<br />

A noi che viviamo a Reggio Emilia (“le scuole più belle del mondo”) il cuore<br />

si stringe un po’.<br />

L’asilo ha subito danni, le linee telefoniche sono state tagliate e la struttura si<br />

deteriora se non sarà possibile eseguire lavori di manutenzione e di parziale<br />

ristrutturazione.<br />

C’è bisogno di materiale didattico, di giochi, di garantire una mensa ai bambini<br />

che lo frequentano: c’è bisogno di un gesto concreto di solidarietà<br />

In attesa che la diplomazia internazionale intervenga efficacemente, sono le<br />

“piccole”azioni solidali, frutto dell’impegno personale di chi nel mondo vuole<br />

essere vicino al dramma di questo popolo, che possono contribuire a mantenere<br />

viva la speranza. di pace.<br />

Foto del Centro di riabilitazione per bambini<br />

con problemi dell’udito e del linguaggio.<br />

Versamenti sul c.c.b. Anpi - RE n. 11819 - Abi 5437 - Cab 12811,<br />

causale: “pro asilo di Seilat - Palestina”.<br />

NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006 - 7


È in gioco il futuro di Israele!<br />

Nota: Ho scritto queste righe ai primi<br />

di agosto. Non so che cosa succederà<br />

da adesso al momento in cui verrà<br />

pubblicato l’articolo. La guerra continua<br />

e aggiunge morti e distruzioni<br />

giorno dopo giorno. Mi auguro che<br />

l’Europa, l’Onu, la Comunità Internazionale,<br />

riescano a porre fine a questa<br />

follia. Mi auguro che finalmente si<br />

riesca a dare agli eventi il loro giusto<br />

nome e se i razzi sparati da Hezbollah<br />

sul Nord di Israele vengono chiamati<br />

“atti terroristici” mi chiedo se le violenze<br />

che Israele ha fatto in Libano<br />

contro popolazioni civili in questi giorni<br />

non siano da considerarsi a loro<br />

volta non solo atti terroristici, ma veri<br />

e propri “crimini di guerra”. (d.l.)<br />

Questo è il titolo di un articolo di Michel<br />

Warschawski, comparso il primo agosto<br />

sul sito internet di Aic (Alternative<br />

Information Center), associazione pacifista<br />

israelo-palestinese.<br />

Warschawski è un ebreo israeliano, scrittore<br />

e giornalista, pacifista, fermo oppositore<br />

dell’occupazione israeliana della Palestina,<br />

autore di lucide e inquietanti analisi<br />

sulla società israeliana (si veda il suo<br />

libro A precipizio ed. Bollati Boringhieri).<br />

Conoscendo il pensiero dell’autore, non<br />

possono esservi dubbi (e la lettura dell’articolo<br />

lo conferma) che ciò che mette a<br />

rischio il futuro di Israele non sono i missili<br />

di Hezbollah, né la vittoria di Hamas<br />

alle elezioni politiche palestinesi, né le<br />

dichiarazioni del Presidente Iraniano<br />

Ahmedinejad. Ciò che mette a rischio Israele<br />

è la sua stessa politica. Una politica che<br />

vede come unica scelta possibile l’opzione<br />

militare e che fa dire al Ministro della<br />

giustizia israeliano Haim Pamort (Ha’aretz<br />

28 luglio 2006): “Dobbiamo ridurre in<br />

polvere i villaggi del Sud… Non capisco<br />

come possa ancora esserci l’elettricità in<br />

quei posti…”.<br />

Scrive Warschawski:<br />

“Ciò che l’opinione pubblica di Israele<br />

non capisce sono le drammatiche implicazioni<br />

della sua politica sulla sua stessa<br />

esistenza come Stato nel cuore del mondo<br />

Arabo e Musulmano. Con la sua illimitata<br />

brutalità e la retorica e strategia dello ‘scontro<br />

di civiltà ’ lo Stato di Israele sta dimostrando<br />

ai popoli della regione che è, e<br />

vuole rimanere, un corpo estraneo ed ostile<br />

nel Medio Oriente, nient’altro che il<br />

braccio armato degli Stati Uniti nella loro<br />

crociata antimusulmana del 21° secolo.<br />

L’odio generato dai bombardamenti di<br />

Beirut, con la distruzione delle infrastrutture<br />

libanesi, le centinaia di civili uccisi, le<br />

centinaia di migliaia di profughi, la politica<br />

della terra bruciata, è immenso…<br />

Olmert, Peretz e Haluz sono i leaders più<br />

pericolosi ed irresponsabili che Israele<br />

abbia mai avuto; giocano con un fuoco che<br />

potrebbe distruggere realmente la nostra<br />

esistenza nazionale in Medio Oriente.<br />

Sulle deboli spalle dello sparuto movimento<br />

pacifista israeliano grava non soltanto<br />

la sorte attuale della nazione e la<br />

decenza morale della nostra società, ma il<br />

futuro stesso dei nostri bambini. ‘Rifiutiamo<br />

di essere nemici’ è uno degli slogan<br />

delle nostre manifestazioni in piazza. Mai<br />

slogan è stato più importante, più urgente<br />

e più essenziale di questo”.<br />

Si potrebbe pensare che, poiché<br />

Warschawski appartiene a quello “sparuto<br />

gruppo” di oppositori alla guerra, egli non<br />

esprima il sentire diffuso nella maggioranza<br />

degli israeliani.<br />

Questo è fuori di dubbio. In quegli stessi<br />

giorni di fine luglio/primi di agosto, solo<br />

10 deputati della Knesset (su 120) erano<br />

apertamente contro la guerra nel Libano<br />

ed il 90 percento degli israeliani si pronunciava<br />

a favore della politica del Governo.<br />

Ce lo hanno scritto anche alcune donne<br />

israeliane, raccontandoci della loro coraggiosa<br />

manifestazione contro la guerra e<br />

degli insulti ricevuti dai passanti.<br />

Si tratta dunque soltanto della posizione di<br />

alcuni pacifisti “radicali” No, se anche<br />

Meron Benvenisti, opinionista del giornale<br />

“liberale” Ha’aretz, ancora prima della<br />

strage di Cana, che ha fatto inorridire il<br />

mondo senza peraltro renderlo loquace,<br />

scrive in un articolo del 26 luglio:<br />

“Nessuno è in grado di predire quando<br />

l’opposizione alla guerra e allo spargimento<br />

di sangue, da atto di tradimento si<br />

trasformerà in una posizione legittima e<br />

persino corretta, quando una condanna<br />

morale dei malefici effetti della guerra<br />

diventerà accettabile da un punto di vista<br />

“patriottico” (mie le virgolette) e quando<br />

slogan quali ‘sradicare il terrorismo’, ‘una<br />

guerra per le nostre case’, ‘una lotta per la<br />

sopravvivenza’ e cose simili non saranno<br />

più roboanti grida di guerra ma vuota retorica…<br />

presto (tuttavia) ogni cosa tornerà<br />

come era prima, a parte coloro che hanno<br />

perso la vita. Ma chi avrà perso più di tutti<br />

sarà il Popolo Israeliano che, attraverso una<br />

smisurata reazione ad una provocazione, ha<br />

dimostrato la sua posizione di elemento<br />

estraneo alla regione, di confinante prepotente,<br />

oggetto di odio impotente”.<br />

Anche Sandro Viola, sulla Repubblica del<br />

1/8/06 scrive di “paura per Israele” proponendo<br />

più o meno, anche se con maggior<br />

cautela, le stesse argomentazioni; e ancor<br />

prima Luciana Castellina, sul Manifesto,<br />

parlava di “solitudine di Israele”.<br />

Gli “amici” di Israele sono scesi in piazza<br />

contro le minacce portate allo Stato ebraico,<br />

hanno giustificato aggressioni, distruzioni<br />

e massacri in nome della “legittima<br />

difesa”, hanno condiviso la cieca furia<br />

guerrafondaia dei Governanti di Tel Aviv<br />

e di Washington. In un certo senso avevano<br />

ragione. Israele ha un grande bisogno di<br />

essere difeso. Ne ha bisogno il suo Popolo.<br />

Ma i veri amici di Israele sono quelli che<br />

hanno capito che Israele deve essere difeso<br />

da se stesso.<br />

E allora possiamo scendere in piazza anche<br />

noi, noi che siamo costantemente<br />

tacciati di antisemitismo quando osiamo<br />

tentare di dire qualche verità. Possiamo e<br />

dobbiamo scendere in piazza “per Israele”,<br />

l’Israele degli obiettori di coscienza,<br />

quelli che rifiutano di combattere nei territori<br />

palestinesi e, oggi, nel Libano aggredito,<br />

l’Israele delle Donne contro la guerra,<br />

dei Warschawski, degli Halper, degli<br />

Avneri, della gente che vuole vivere in<br />

pace, non l’Israele dei Sharon, dei Netaniau,<br />

degli Olmert… (d.l.)<br />

8 - NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006


Chi è amico di Israele<br />

A cavallo dei giorni di ferragosto se ne<br />

sono lette e sentite di tutti i colori, nel<br />

quadro delle polemiche interne tra centro<br />

destra e centro sinistra, circa il tasso di<br />

amicizia, o di inimicizia, con lo Stato di<br />

Israele, con sconfinamenti in accuse, da<br />

destra ma anche da qualche esponente<br />

della comunità ebraica romana, di<br />

antisemitismo a carico di Massimo<br />

D’Alema. In quest’ultimo caso per la ormai<br />

famosa “passeggiata” del ministro<br />

degli esteri italiano tra le rovine di Beirut,<br />

il 14 agosto, “a braccetto” con Fauzi Salluk,<br />

suo omologo libanese, e Hussein Haji<br />

Hassan, deputato libanese appartenente ad<br />

Hezbollah. Un D’Alema dall’aria tesa, in<br />

mezzo alle tragiche rovine di Beirut, è in<br />

realtà quasi trascinato, o sostenuto, dai<br />

due, mentre tra le macerie gente disperata<br />

sta ancora frugando alla ricerca di superstiti,<br />

o di cadaveri da recuperare. E d’altra<br />

parte D’Alema era in missione tra Libano,<br />

Egitto e Israele, per favorire una tregua<br />

alla disgraziata guerra scattata in seguito<br />

alle provocazioni di Hezbollah contro Israele.<br />

E dunque doveva parlare con tutti, a<br />

tutti stringere la mano, a nessuno rifiutando<br />

di essere preso sottobraccio, in nome di<br />

un obbiettivo di sia pur temporanea<br />

pacificazione.<br />

Ma da destra, per tacciare D’Alema di<br />

animus anti-israeliano, si è cucito assieme<br />

la foto della passeggiata (che poi era un<br />

tragica ricognizione tra luoghi di dolore),<br />

con le dichiarazioni dello stesso D’Alema<br />

all’inizio della reazione israeliana, considerata<br />

“non proporzionata”, alle provocazioni<br />

di Hezbollah.<br />

Ma anche in quella circostanza, e con quel<br />

giudizio, risulta ben chiaro, a chi voglia<br />

ragionare con animo sereno, che lo scopo<br />

era, ancora una volta, di “equivicinanza”<br />

Ecco l’immagine della famosa “passeggiata” di D’Alema tra le rovine di Beirut.<br />

tra due parti bisognose di essere aiutate (o<br />

persuase, o indotte) a compiere scelte di<br />

pace. Da un lato D’Alema era da subito<br />

chiaramente e dolorosamente colpito dalla<br />

distruzione di tante vite umane che i bombardamenti<br />

israeliani stavano provocando,<br />

dall’altro si faceva carico dell’isolamento<br />

in cui Israele rischiava di cadere per<br />

la durezza della sua reazione, e dalla crescita<br />

di consenso (che poi in effetti ci fu)<br />

verso il movimento estremista di Hezbollah<br />

tra la popolazione libanese ed anche tra i<br />

paesi arabi “moderati”.<br />

Dunque seria preoccupazione per la dissipazione<br />

di vite umane tra la popolazione libanese,<br />

ma anche per il male che lo stato di<br />

Israele stava facendo a se stesso con una<br />

reazione puramente e assai duramente bellica.<br />

E i veri amici di Israele sono quelli che<br />

sanno anche segnalare gli errori che lo<br />

stato ebraico commette.<br />

I finti amici, a partire dai post-fascisti di<br />

Alleanza nazionale, sono quelli che si agitano<br />

freneticamente a difendere ogni atto<br />

di Israele perché hanno molto da farsi<br />

perdonare (o da cancellare) per rifarsi una<br />

verginità assai dubbia.<br />

Infine sulla nozione di “equivicinanza”, da<br />

noi sostenute su questa pagine già da molto<br />

tempo e dalla solita destra considerata “equivoca”,<br />

ne ribadiamo qui la validità.<br />

A suo tempo ne accennammo circa il rapporto<br />

nostro, di democratici italiani ed<br />

europei, con le due parti in contrasto sul<br />

territorio dell’antica Terra santa. Vicini ai<br />

Palestinesi, ed al loro diritto ad avere uno<br />

Stato, vicini ugualmente al popolo di Israele,<br />

ed al suo diritto a vivere in pace entro<br />

confini sicuri. Due popoli, due stati. Non<br />

ci stancheremo di ripeterlo. Come non ci si<br />

deve stancare di denunciare con forza la<br />

repellente follia dei proclami dell’iraniano<br />

Ahmadinejad incitanti alla cancellazione<br />

di Israele (a.z.).<br />

Un blindato dell’Unifil entra a Naqura, in Libano.<br />

NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006 - 9


I tristi strascichi della guerra<br />

Tornano le rondini<br />

I giorni si susseguono l’un<br />

dopo l’altro... e nella piccola casa<br />

posta ai limiti del villaggio<br />

regna un triste silenzio.<br />

Là vivono un padre e una madre,<br />

il cui figlio non è più tornato<br />

da una guerra combattuta lontano<br />

in paesi di cui essi non sapevano<br />

nemmeno l’esistenza, lasciando ora<br />

un grande vuoto nel loro cuore.<br />

Ma ecco che al giungere della primavera<br />

le rondini tornano di nuovo a garrire<br />

nel nido che stava sotto il tetto<br />

della casa di quei due anziani genitori.<br />

Nel sentire quel gioioso garrire<br />

lo stanco cuore dei due vecchi<br />

si rivivifica, come fa l’erba sotto<br />

il caldo sole di primavera.<br />

Ed immensa era la loro gioia<br />

nel vedere quando i piccoli delle rondini,<br />

lasciavano il nido per librarsi<br />

felici nel limpido cielo azzurro;<br />

perché la spensierata vivacità<br />

di quei piccoli uccelli ricordava ad essi<br />

quella del giovane figlio perduto.<br />

Ma quando al giungere del freddo<br />

autunno, le rondini ripartivano<br />

verso i lontani paesi del sole,<br />

ecco allora i due vecchi tornare<br />

nella loro triste solitudine.<br />

Tornate presto garrule rondini,<br />

perché solo voi ora potete colmare<br />

l’immenso vuoto che la guerra,<br />

ha lasciato nel cuore di questi<br />

due poveri vecchi.<br />

di Anataj Omurkanov (poeta kirghizo)<br />

(traduzione di Riccardo Bertani)<br />

Sfogliando le pagine di una vecchia rivista<br />

letteraria kirghiza del periodo sovietico,<br />

mi è capitato di leggere una poesia di<br />

Anataj Omurkanov, intitolata Tornano le<br />

rondini, dove si dice della disperata solitudine<br />

di due anziani genitori kirghizi che<br />

hanno perso il loro unico figlio, nell’immane<br />

e sanguinosa seconda guerra mondiale.<br />

L’unica consolazione rimasta loro era<br />

quando ad ogni primavera le garrule rondini<br />

tornavano al nido che stava sotto il tetto<br />

di casa venendo in tal modo a colmare con<br />

la loro gioiosa vivacità l’immane vuoto<br />

che la morte del giovine figlio aveva lasciato<br />

nel cuore dei due anziani genitori.<br />

La storia di questi due anonimi genitori<br />

kirghizi, chiusi nella loro disperata solitudine,<br />

per il loro figlio perduto in una<br />

lontana terra straniera, porta alla mente la<br />

visuale di quei giovani soldati “mongoli”,<br />

facenti parte della famosa divisione<br />

“Turkestan” (infatti questa più che da<br />

mongoli era costituita da turchi mongolizzati,<br />

specialmente da kirghizi e<br />

Kazachi), i cui reparti furono usati dai<br />

tedeschi per reprimere la guerriglia partigiana<br />

nell’Italia Settentrionale.<br />

Che il figlio dei due poveri genitori kirghizi<br />

menzionati nella poesia facesse parte anch’egli<br />

a questi reparti “mongoli”, purtroppo<br />

resisi invisi per le violenze e le<br />

atrocità compiute contro anche l’inerme<br />

popolazione italiana<br />

Colpe che questi hanno pagato poi duramente,<br />

spesso con la morte, e forse anche<br />

più dei loro feroci padroni tedeschi. Ma il<br />

destino finale avuto da questi giovani<br />

dagli occhi obliqui, poco o nulla è stato<br />

detto, quindi per la maggior parte di essi,<br />

il loro ricordo è rimasto vivo solo in<br />

coloro che stanno laggiù nelle lontane<br />

steppe asiatiche, come appunto lo sono i<br />

due genitori menzionati nella suddetta<br />

poesia.<br />

Riccardo Bertani<br />

La steppa dei kirghizi. Linoleografia di K. Dzolocnev. ˇ<br />

Mattino nella steppa dei kirghizi. Linoleografia di K. Dzolocnev. ˇ<br />

10 - NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006


Mondiali Antirazzisti 2006<br />

Dieci anni di dialogo e lotta al razzismo<br />

Cinque giorni di festa che hanno visto la partecipazione complessiva<br />

di oltre 7.000 persone provenienti da tutte le parti d’Europa<br />

e in rappresentanza di 40 nazioni del mondo. Seicenticinquanta<br />

incontri sportivi, fra calcio, basket, pallavolo e cricket. Un centinaio<br />

di iniziative culturali fra mostre, dibattiti, proiezioni cinematografiche,<br />

workshop, incontri, concerti, happening ed esibizioni,<br />

organizzati anche dai partecipanti. Questi gli strabilianti numeri<br />

fatti segnare dai Mondiali Antirazzisti 2006, tenutisi al Parco<br />

Enza di Montecchio (RE) dal 12 al 16 luglio. Partiti 10 anni fa con<br />

l’idea di base che le diversità producono arricchimento, fertilità<br />

nel confronto e nella conoscenza, l’evento è oggi diventato un<br />

importante appuntamento contro il razzismo.<br />

La manifestazione è organizzata da Istoreco di Reggio Emilia e<br />

dal Progetto Ultrà-Uisp Emilia-Romagna, in collaborazione con<br />

la Rete Fare (Football Against Racism in Europe). Con il sostegno,<br />

tra gli altri, della Regione Emilia-Romagna, Provincia di<br />

Reggio Emilia, Sportenza, Comune di Montecchio. Hanno contribuito<br />

inoltre a quest’edizione Enìa, Cgil di Reggio Emilia,<br />

Coopsette, Coop Nordest, Commercio Equo e Solidale, Cisl<br />

Emilia-Romagna e altri.<br />

Fra i numerosi premi assegnati in quest’edizione ricordiamo il<br />

trofeo più importante, ovvero la Coppa Mondiali Antirazzisti,<br />

andata al gruppo Republica Internationale di Leeds che organizza<br />

un torneo simile al nostro ed è costantemente impegnata in attività<br />

a carattere sociale.<br />

Fin dall’inizio i Mondiali Antirazzisti hanno lavorato per il<br />

coinvolgimento diretto e la contaminazione di realtà che spesso<br />

nei media e nel dialogo istituzionale vengono vissuti come<br />

contrastanti e contraddittorie: i gruppi ultrà, etichettati come<br />

violenti e razzisti, e le comunità di immigrati, spesso considerate<br />

unicamente fonte di criminalità.<br />

Grande impegno come ogni anno nel sostenere progetti di carattere<br />

sociale, di sottolineare tematiche importanti come il sostegno<br />

ai prodotti fair trade (si gioca infatti con palloni etici, non cuciti<br />

da bambini) o come l’attenzione nei confronti dell’ambiente,<br />

diventando, a partire da tre anni fa, Ecofesta, che ci ha fatto segnare<br />

cifre da record nello smaltimento e nel riciclo dei rifiuti.<br />

Ma anche la Resistenza è stata protagonista, quest’anno più che<br />

mai, ai Mondiali Antirazzisti, occupando diversi momenti della<br />

festa con il coinvolgimento di molti partecipanti, a partire dalla<br />

mostra “Propaganda razzista Io non ci casco!”, realizzata da<br />

Incontro con i partigiani.<br />

studenti e grafici professionisti che hanno creato 10 manifesti in<br />

seguito al Viaggio della Memoria 2006 a Berlino, e allestita nella<br />

piazza del Municipio di Montecchio.<br />

E ancora, presso il nuovissimo spazio cinema della festa, la<br />

proiezione con traduzione multi-lingue dei film La liberazione di<br />

Reggio Emilia, pellicola del 1945, Guerrilleros, Maquisards,<br />

Partigiani, video-documento realizzato dall’Istituto Parri di Bologna,<br />

Sentieri partigiani 2005, sull’omonimo progetto d’Istoreco,<br />

e andato in onda sulla prestigiosa rete satellitare RAI news24.<br />

Claudio Silingardi, direttore dell’Istituto storico della Resistenza<br />

di Modena ha tenuto poi, di fronte a una giovane platea proveniente<br />

da diversi paesi del Mondo una lezione sulla Resistenza, dal<br />

titolo calzante di Partigiani in Europa. E non poteva mancare,<br />

anche per questa edizione, l’ormai consolidato e atteso appuntamento<br />

con una di quelle persone che in prima persona parteciparono<br />

alla Resistenza, portando il proprio contributo alla lotta<br />

contro il nazi-fascismo. Quest’anno, ospite delle Testimonianze<br />

partigiane, Ultimio Pagani di Montefiorino, che ha letteralmente<br />

commosso e affascinato l’affollatissimo spazio dedicato. Molte<br />

le domande, le curiosità, i ringraziamenti per il contributo esemplare<br />

di lotta per la libertà.<br />

Dieci anni di lotta al razzismo con la consapevolezza che i<br />

Mondiali Antirazzisti sono diventati un luogo e un evento dove<br />

sperimentare e dare vita nel concreto a dialogo, idee, pratiche di<br />

libertà, assieme a tantissime diverse realtà provenienti da ogni<br />

angolo del Mondo.<br />

Ringraziando i partecipanti e tutti coloro che hanno contribuito<br />

all’ottima realizzazione della manifestazione diamo a tutti appuntamento<br />

al 2007!<br />

Fabio Dolci<br />

(Istoreco Esteri)<br />

I vincitori del torneo di calcio mentre alzano la coppa.<br />

La festa al Parco Enza di Montecchio.<br />

NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006 - 11


Spagna 1936-2006<br />

Ricordo della guerra civile<br />

e rischi di eccesso di memoria<br />

Sul numero precedente abbiamo avviato il<br />

discorso sul “recupero di memoria storica”<br />

in atto nella Spagna di Zapatero, nel<br />

70° anniversario dell’inizio della guerra<br />

civile, e dopo una lunga rimozione. Abbiamo<br />

segnalato come lo stesso Zapatero indichi<br />

negli ideali e nell’eroica e sfortunata<br />

lotta della Repubblica contro il franchismo<br />

sostenuto da Hitler e da Mussolini le radici<br />

dell’attuale democrazia spagnola e del<br />

complesso moto di rinnovamento in atto<br />

nel Paese iberico.<br />

Accennavamo anche, sinteticamente, alle<br />

iniziative culturali in atto in Spagna in<br />

tema di riflessione sulla memoria della<br />

Guerra civile 1936-1939. Merita darne ora<br />

conto con qualche accenno più puntuale.<br />

Per esempio il 26 giugno (apprendiamo<br />

dal quotidiano “El Pais”), nel quadro del<br />

ciclo di trasmissioni “El laberinto español”,<br />

la 2 a rete TV ha trasmesso il documentario<br />

“Volontari da leggenda”, come omaggio<br />

ai volontari delle Brigate internazionali<br />

accorsi in aiuto della Repubblica spagnola.<br />

Si è trattato delle testimonianze dei<br />

dodici unici superstiti dei 2800 volontari<br />

statunitensi che furono inquadrati nella<br />

“Brigata Abramo Lincoln”. Di quei 2800<br />

circa la metà morì in terra di Spagna. I<br />

sopravvissuti, rientrati negli Usa, furono<br />

perseguitati durante la famigerata caccia<br />

alle streghe promossa dal sen. Mac Carthy.<br />

Il documentario intercalava alle testimonianze<br />

brani filmati tratti dagli archivi<br />

della televisione spagnola e dagli archivi<br />

dell’Associazione degli ex volontari<br />

antifranchisti di New York. Il 7 aprile<br />

2006 è stato trasmesso un dibattito tra<br />

Manuel Requesca Gallego, professore di<br />

storia dell’Università di Castiglia la<br />

Mancha e direttore del Centro studi e documentazione<br />

delle Brigate internazionali,<br />

che proprio in quella regione, nella città<br />

di Albacete, avevano avuto la sede del<br />

Comando centrale, alla cui testa erano<br />

l’italiano Luigi Longo e il francese André<br />

Marty. Con Gallego, il prof. Remy<br />

Shutelsky, della Sorbona, autore del libro<br />

Novedad en el Frente, con cui “demistifica<br />

il potere sovietico nelle file brigatiste”.<br />

Trasmesso ancora dalla TV, ed era una prima<br />

assoluta per la Spagna, il capolavoro del<br />

grande documentarista olandese Joris Ivens,<br />

Terra di Spagna, realizzato nel 1937 in collaborazione<br />

con Ernest Hemingway e girato<br />

prevalentemente durante i combattimenti<br />

nella Città universitaria, dove si difendeva<br />

Madrid, e sul Fronte del fiume Jarama.<br />

Il settimanale “Cambio 16”, dal canto suo,<br />

sul numero del 12 giugno, in un servizio<br />

sulla Fiera madrilena del Libro, intervista<br />

l’ispanista americano Ian Gibson, autore<br />

del volume Libero de equipage, una biografia<br />

del grande poeta Antonio Machado, uno<br />

degli autori, con Garcia Lorca, da riscoprire<br />

e valorizzare, secondo Gibson, nel quadro<br />

di “un recupero della memoria storica fondamentale<br />

per la salute di questo Paese che<br />

per la prima volta [con Zapatero] conosce<br />

una democrazia stabile, ciò che costituisce<br />

un’autentica rivoluzione”. Da notare che<br />

del libro di Gibson, in un solo mese dalla<br />

sua pubblicazione in Spagna, ne sono state<br />

vendute ben 40.000 copie.<br />

Non manca però chi mette in guardia da un<br />

“sovraccarico di memoria”, con tutti i rischi<br />

che ne possono derivare. Così lo scrittore<br />

Isaac Rosa, che su “El Pais” del 16 luglio<br />

avverte che tra le molte iniziative, editoriali<br />

e commemorative, che giudica buone e<br />

positive, si debba registrare anche una<br />

sovraproduzione di titoli riferiti alla guerra<br />

civile e al franchismo dovuta a opportunismo<br />

di alcuni editori e autori i quali, per così<br />

dire, cavalcano l’onda a scopi puramente<br />

commerciali. La sovrapproduzione, insiste<br />

Rosa, produce stordimento, indigestione e<br />

il rischio conseguente di una prossima liquidazione<br />

del tema come se in questo anno<br />

2006, proclamato appunto “Anno della<br />

Memoria”, si dovesse concludere l’argomento<br />

e che poi “qualcuno dica: Basta<br />

memoria per favore”. Un rischio, noteremo<br />

di passaggio, che anche in Italia si è<br />

ricorrentemente affacciato a proposito della<br />

resistenza antifascista.<br />

In sostanza, pare suggerire Rosa, (e il<br />

suggerimento vale anche per noi italiani) il<br />

punto è di non eccedere una tantum nelle<br />

rievocazioni – rischi di retorica compresi –<br />

ma di avere il riferimento alle radici repubblicane<br />

e antifranchiste (antifasciste) della<br />

moderna democrazia spagnola come una<br />

Barcellona nei primi<br />

tempi della guerra<br />

civile. La scritta, in<br />

lingua catalana,<br />

dice: “Il grido di<br />

guerra di Madrid<br />

eroica risuona fino a<br />

noi in Catalogna.<br />

Non passeranno!”.<br />

costante dell’operare politico e di una possibile<br />

educazione alla cittadinanza.<br />

Il dibattito coinvolge naturalmente non<br />

solo gli addetti ai lavori, come gli storici,<br />

ma anche semplici cittadini che scrivono<br />

le loro opinioni ai giornali. Così<br />

Miguel Angel Herrero Fernandez, che in<br />

una lettera a “El Pais” (18.07.06) si chiede<br />

perché “il Partito popolare, che è<br />

considerato come la destra democratica<br />

del Paese, si rifiuta di condannare il<br />

regime [quello franchista,NdR] che pose<br />

fine anche alla destra politica democratica<br />

repubblicana.<br />

Sullo stesso quotidiano, la risposta alla<br />

domanda di Herrero Fernandez viene indirettamente<br />

fornita da un cattolico che continua<br />

ad apprezzare il franchismo, il prof.<br />

Jordi Gracia, docente di letteratura spagnola<br />

all’Università di Barcellona, il quale<br />

nega apoditticamente che il regime di Franco<br />

fosse fascista e difende ad oltranza il<br />

ruolo della chiesa spagnola durante e dopo<br />

la guerra civile. Per difendere regime e<br />

chiesa il professore sostiene che durante il<br />

franchismo “non c’era censura, ma ragioni<br />

di profonda igiene morale e il rispetto della<br />

verità consigliavano di essere “estrictos en<br />

ese asunto” (rigorosi su questo argomento),<br />

infatti, aggiunge l’ineffabile professore<br />

“chi avrebbe desiderato vedere un proprio<br />

figlio a contatto con l’ateismo, il<br />

marxismo o la “aspera razon sempre tan<br />

desesperazadora” (“l’aspra ragione sempre<br />

tanto disperante”, nel senso del noto<br />

“Emilia sazia e disperata”, NdR)”.<br />

Quanto ai massacri (ma Gracia non li chiama<br />

così) compiuti dal franchismo anche<br />

dopo la fine della guerra “furono un prezzo<br />

amaro che si dovette pagare per redimere<br />

la Spagna”. Un Torquemada redivivo,<br />

questo professor Gracia.<br />

Antonio Zambonelli<br />

12 - NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006


Estate 1936. I primi dodici reggiani<br />

volontari antifranchisti in Spagna<br />

Settant’anni or sono, nell’estate 1936,<br />

già alcuni reggiani erano in Spagna<br />

come volontari per combattere a fianco<br />

dei repubblicani contro il golpe<br />

fascistizzante che il generale Franco<br />

aveva scatenato il 16 luglio, con l’appoggio<br />

di Hitler e Mussolini, contro il<br />

governo di centro sinistra nato da libere<br />

elezioni nella primavera. Adelmo<br />

Guidi, di Novellara, era già in Spagna<br />

prima dello scatenarsi della guerra<br />

civile. Arruolato nelle milizie popolari<br />

fin dal luglio, fu prima nel battaglione<br />

Meabe poi nel battaglione<br />

Rusia. Operaio comunista, arrestato<br />

nel 1921 assieme ad altri due compagni<br />

di Novellara per aver resistito con<br />

la armi in pugno alla violenza<br />

squadrista, subì varie persecuzioni che<br />

lo indussero ad espatriare in Francia<br />

poi in Belgio.<br />

Egidio Martini, giovane socialista a<br />

Montecchio, espatriò in Francia nel 1932<br />

aderendo poi ai gruppi di lingua italiana<br />

del Partito comunista francese. In Spagna<br />

dal febbraio 1936, fece parte del<br />

plotone di cavalleria della XIV poi della<br />

XV Brigata del V Corpo d’armata repubblicano.<br />

Enrico Zambonini, l’anarchico di<br />

Secchio di Villa Minozzo, che nel gennaio<br />

1944 sarà fucilato dai fascisti con<br />

don Pasquino Borghi e altri otto<br />

antifascisti, era espatriato nel 1922 per<br />

sottrarsi alle persecuzioni fasciste: esule<br />

in Francia e in Belgio, lavorando come<br />

Alberto Bartoli, detto “Moro”, in una istantanea<br />

del 1936, quando faceva parte del Battaglione<br />

“Garibaldi”.<br />

Gilberto Carboni, nel settembre 1936 inquadrato<br />

nella centuria “Gastone Sozzi”.<br />

minatore, fu attivo militante del movimento<br />

anarchico e già attorno al 1932 si<br />

era recato in Spagna. Combattente nelle<br />

milizie libertarie, ebbe anche ruoli politici<br />

e perfino di educatore in una colonia<br />

per orfani.<br />

Il 23 agosto 1936 un primo contingente<br />

di italiani scese in campo sul fronte di<br />

Huesca, nell’Aragona, inquadrato nella<br />

Colonna “Ascaso”, di cui fu animatore<br />

Carlo Rosselli. Al combattimento del 28<br />

agosto, a Monte Pelato, partecipò anche<br />

l’anarchico Camillo Berneri, che conserverà<br />

sempre un affettuoso ricordo di<br />

uno dei suoi primi maestri reggiani,<br />

Camillo Prampolini.<br />

Nella Colonna “Ascaso”, prevalentemente<br />

costituita da anarchici ma anche<br />

da socialisti e da aderenti a Giustizia e<br />

Libertà e qualche comunista, in ottobre<br />

furono inquadrati altri reggiani: Carlo<br />

Vinsani, Umberto Ferrari, Lebo Piagnoli<br />

e Ateo (o Alteo) Scorticati. Vinsani,<br />

comunista, aveva avuto qualche notorietà<br />

negli anni venti come pugile. Espatriato<br />

nel 1930 in Francia, con la “Ascaso”<br />

combatté sul fronte di Huesca. Più tardi<br />

farà parte del battaglione “Garibaldi”.<br />

Ferrari, bracciante di Scandiano, migrato<br />

a Parigi nel 1930, era entrato in contatto<br />

con ambienti anarchici. Piagnoli, falegname<br />

di Sant’Ilario, a Casablanca<br />

(Marocco) dove si era recato nel 1930,<br />

fu tra i fondatori del circolo antifascista<br />

“Svago e Progresso”. Partì per la Spagna<br />

con altri cinque compagni <strong>emili</strong>ani nell’agosto<br />

1936.<br />

Scorticati, giovane comunista di Rivalta,<br />

nel 1930, assieme al resto della famiglia,<br />

raggiunse in Francia il padre emigrato<br />

nei primi anni venti.<br />

Il 13 settembre 1936 ricevette il battesimo<br />

del fuoco la Centuria “Gastone Sozzi”<br />

formata quasi interamente da comunisti<br />

italiani ed inquadrata nella Colonna<br />

“Llibertat”, organizzata dal Partito socialista<br />

unificato di Catalogna. Ne fanno<br />

parte anche quattro reggiani: Alberto<br />

Bartoli ed Angelo Curti, i quali erano<br />

partiti insieme da Parigi entrando regolarmente<br />

in Spagna ma con nomi e passaporti<br />

spagnoli, nonché Gino Poli e<br />

Gilberto Carboni.<br />

Tutti e quattro militanti comunisti, erano<br />

stati protagonisti delle lotte contro lo<br />

squadrismo reggiano e delle vicende dell’emigrazione<br />

in Francia.<br />

Curti, primo segretario della federazione<br />

comunista reggiana nel 1921, già<br />

sottotenente del Genio durante la guerra<br />

15-18 (e degradato per propaganda pacifista),<br />

fu ferito in combattimento nella<br />

zona di Pelahustan, in prossimità della<br />

frontiera portoghese, in settembre. Sullo<br />

stesso fronte, e negli stessi giorni, in<br />

prossimità di Real Cenicientos, veniva<br />

ferito anche Poli.<br />

Assai avventurosa la vita di Gilberto<br />

Carboni, bracciante di Villarotta di<br />

Luzzara, che cadrà eroicamente nel 1938<br />

sul fronte dell’Ebro. La sua figura meriterà<br />

di essere rievocata per esteso in una<br />

prossima occasione (a.z.)<br />

Angelo Curti fotografato nell’estate 1972 nell’orto<br />

della sua casetta a Drancy.<br />

NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006 - 13


Noi e le Reggiane<br />

Storie di lavoro e di politica<br />

PRESENTAZIONE<br />

di Mirto Bassoli segretario generale<br />

CdLT di Reggio Emilia<br />

Altre testimonianze, altri percorsi di memoria<br />

e di riflessione sulla propria esperienza<br />

da parte di lavoratori che hanno<br />

vissuto le vicende del movimento operaio<br />

alle Officine Reggiane. Vicende che<br />

hanno avuto un significato straordinario<br />

nella storia del Novecento, a Reggio<br />

Emilia e nella dimensione nazionale.<br />

Questo nuovo volume, che fa seguito a<br />

quelli opportunamente ricordati nello<br />

scritto di Romeo Guarnieri, dimostra<br />

che la ricerca intorno a questa storia è<br />

lontana dall’aver esaurito il suo interesse<br />

e il suo valore. La trama collettiva<br />

delle vite che vengono cambiate con<br />

l’ingresso nella grande fabbrica, la realtà<br />

quotidiana del lavoro, la solidarietà e<br />

le lotte, i successi e le sconfitte appaiono<br />

sotto aspetti originali, mai scontati, con<br />

i contributi che sono via via pubblicati.<br />

Renato Ferraboschi, Simone Brega e<br />

Mario Sulpizio hanno seguito strade diverse,<br />

dopo aver lavorato alle Officine<br />

Reggiane.<br />

Questa esperienza è tuttavia rimasta un<br />

momento centrale e decisivo nella loro<br />

vita e nella definizione del loro percorso<br />

successivo.<br />

A distanza di tanti anni, la memoria<br />

torna con passione su quel periodo, ricostruisce<br />

situazioni ed avvenimenti, consegna<br />

al presente domande sulle quali<br />

riflettere.<br />

“È sempre stato difficile il ruolo del<br />

sindacato di rappresentare il lavoro” dice<br />

Guarnieri nella sua prefazione.<br />

Condivido questo giudizio, che trova<br />

conferma quando si guarda alla storia<br />

vera e reale del movimento operaio e<br />

non ci si lascia confondere dalle semplificazioni<br />

di comodo.<br />

È un giudizio che si propone in modo<br />

decisamente radicale nella condizione<br />

odierna delle lavoratrici e dei lavoratori,<br />

di fronte ai processi in atto e al modello<br />

sociale che si è imposto.<br />

Una realtà che svalorizza il lavoro, che<br />

non lo considera come un criterio di<br />

riferimento per le scelte economiche,<br />

sociali e politiche che danno il segno allo<br />

sviluppo.<br />

Se un insegnamento viene dalla storia<br />

dei lavoratori delle Officine Reggiane,<br />

ci dice che questo modo di funzionare<br />

della società non è un destino ineluttabile.<br />

Insieme con la difesa della loro condizione<br />

concreta, insieme con il rifiuto<br />

dell’alternativa tra disoccupazione ed<br />

emigrazione (la sorte che colpì tanti di<br />

loro, dopo la chiusura della fabbrica) era<br />

questa la convinzione che animò la straordinaria<br />

occupazione delle Reggiane<br />

del 1950-51.<br />

In una situazione e in un contesto diversi,<br />

si ripropone il legame, fondamentale<br />

per il sindacato, tra la capacità di rappresentare<br />

i lavoratori nella concreta condizione<br />

di lavoro e un progetto sociale che<br />

dia espressione ed un orizzonte alle esigenze<br />

di cambiamento.<br />

Come altri contributi, anche le memorie<br />

qui pubblicate ci parlano di problemi e di<br />

domande che interrogano ancora il presente.<br />

Un ricordo doveroso e dolente va alla<br />

memoria di Renato Ferraboschi, figura<br />

tra le più significative del sindacalismo<br />

e del movimento operaio reggiano, deceduto<br />

proprio mentre il presente volume<br />

sta andando in stampa.<br />

Dove l’uomo separò la terra dalle acque<br />

Con una locuzione destinata a diventare<br />

famosa, Carlo Cattaneo definì l’Italia<br />

padana una “patria artificiale”. Artificiale<br />

perché costituita dall’uomo in<br />

duemilacinquecento anni di escavazione<br />

di canali, erezione di argini, costruzione<br />

di ponti per il transito umano e per quello<br />

dell’acqua (le “botti”). Tra le regioni<br />

italiane, l’Emilia Romagna è quella in<br />

cui il confronto dell’uomo con le acque<br />

è stato più impegnativo e più tragico,<br />

consentendogli vittorie luminose, ma<br />

anche inferendo sconfitte crudeli. La<br />

storia di queste vittorie e sconfitte riconosce<br />

i propri protagonisti nelle migliaia<br />

di uomini senza nome che hanno tracciato<br />

canali ed eretto argini, che ne controllano<br />

e ne regolano il flusso.<br />

L’immane lavoro delle moltitudini senza<br />

nome è stato comandato, nei secoli,<br />

da principi e architetti, finanzieri e spregiudicati<br />

avventurieri: i primi attori della<br />

vicenda drammatica delle bonifiche<br />

<strong>emili</strong>ane. Ora da consorzi che ordinatamente<br />

vigilano su questa feconda terra<br />

di acque.<br />

Antonio Saltini, è giornalista e divulgatore<br />

scientifico di letteratura agroalimentare,<br />

storico e scrittore. Frutto di queste<br />

attività sono state, fra le molte cose, le<br />

collaborazioni a “Terra e vita”, il settimanale<br />

agricolo diretto da Luigi Perdisa,<br />

i quattro volumi della Storia delle scienze<br />

agrarie e il romanzo L’assedio della<br />

Mrandola. Vita, guerra e amore al tempo<br />

di Pico e di Papa Giulio.<br />

14 - NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006


Donne in guerra, donne di pace:<br />

libro e recital al Museo Cervi<br />

“Il segno della sofferenza unisce queste<br />

storie tragiche e grandi al tempo stesso,<br />

dalle quali sono nati tanti anni di pace; il<br />

rileggerle non serve solo a comprendere<br />

quale ruolo abbiano giocato nle donne per<br />

la Liberazione e la costituzione della Repubblica,<br />

ma anche a far sì che oggi, in<br />

tempi in cui di altre violenze ed esclusioni<br />

sono oggetto, le donne acquisiscano maggiore<br />

identità e soggettività politica”.<br />

Lo ha detto la presidente della Provincia di<br />

Reggio Emilia, Sonia Masini, intervenendo<br />

al Museo Cervi alla presentazione del<br />

libro “Guerra, Resistenza, politica. Storie<br />

di donne”, quasi quattrocento pagine contenenti<br />

35 saggi inediti di storiche italiane<br />

proprio sul ruolo delle donne nella Resistenza<br />

e nella costituzione della Repubblica,<br />

quelle donne che, armate o disarmate,<br />

“pagarono un prezzo altissimo – come ha<br />

detto la presidente del Consiglio regionale,<br />

Monica Donini – per un futuro di democrazia<br />

e libertà e, seppure numericamente<br />

poche tra i costituenti, certo incisero sulla<br />

carta costituzionale nell’affermazione del<br />

principio in cui l’Italia ripudia la guerra”.<br />

Con la pubblicazione del ponderoso volume<br />

(edito da Aliberti), l’Istituto Alcide<br />

Cervi – ha sottolineato il presidente Ugo<br />

Benassi – ha concluso un lungo percorso<br />

per le celebrazioni del 60° della Resistenza<br />

e della Liberazione; un cammino che ha<br />

voluto appositamente mettere in rilevo il<br />

contributo spesso sconosciuto o non riconosciuto<br />

che le donne hanno assicurato<br />

alla costruzione di una pagina storica così<br />

importante”. Questo percorso si è snodato<br />

attraverso un convegno sulla figura di<br />

Genoeffa Cocconi Cervi, poi con un con-<br />

vegno nazionale (ottobre 2004) che ha<br />

portato a Reggio cinquanta storiche e storici<br />

a parlare di donne, guerra e politica e,<br />

infine, con il convegno “Donne di guerra,<br />

donne di pace”, nel corso del quale è stato<br />

appunto presentato il volume curato da<br />

Dianella Gagliani (docente di storia contemporanea<br />

all’Università di Bologna) e<br />

del quale, insieme alla curatrice, hanno<br />

parlato le storiche Anna Bravo, Rosanna<br />

De Longis, Lucia Motti e Anna Scattino.<br />

Suddiviso in tre grandi capitoli (“Guerra e<br />

violenza”, “Resistenze” e “Patria/Patrie”),<br />

il volume dell’Istituto Cervi propone il<br />

risultato di studi che hanno indagato su<br />

questioni ed esperienze territoriali diverse,<br />

e che per Reggio Emilia propongono il<br />

tema dei “Gruppi di difesa delle donne fra<br />

garibaldini e Fiamme Verdi”. “Un libro di<br />

grande pregio – ha detto la presidente del<br />

Consiglio regionale – che ci stimola a<br />

riportare al centro del dibattito politico la<br />

Le felicitazioni dell’Anpi<br />

al presidente della Repubblica<br />

questione femminile, che di quel confronto<br />

non può essere uno del tanti temi, soprattutto<br />

in una stagione in cui – proprio<br />

come sessant’anni fa – i grandi problemi di<br />

natura economica, sociale e culturale si<br />

scaricano innanzi tutto sulle donne”.<br />

Analisi e approfondimenti al mattino al<br />

Museo Cervi, e nel pomeriggio testimonianze<br />

(Laura Mirka Polizzi,<br />

vicepresidente nazionale dell’Anpi) e poi<br />

grandi emozioni con il recital “Sebben che<br />

siamo donne…” scritto e interpretato da<br />

Ivana Monti con la partecipazione del coro<br />

delle mondine di Novi di Modena diretto<br />

da Giulia Contri. Un recital da donne per le<br />

donne, che parte dal loro impegno in politica<br />

fin dal Risorgimento e da lì avanza<br />

fino alla metà del secolo scorso, con la<br />

voce e il canto struggente di Ivana Monti e<br />

tanti canti della tradizione popolare proposti<br />

dalle mondine di Novi<br />

Gino Belli<br />

L’Anpi ha inviato un messaggio di<br />

felicitazioni e di auguri al Presidente<br />

Giorgio Napolitano il quale ha risposto<br />

con il seguente telegramma indirizzato<br />

al Presidente Giacomo Notari.<br />

Ringrazio sentitamente per le cortesi<br />

espressioni d’augurio rivoltemi in occasione<br />

della mia elezione e ricambio<br />

un cordiale saluto.<br />

Giorgio Napolitano<br />

Mittente:<br />

Segretariato Generale della Presidenza<br />

della Repubblica<br />

Palazzo del Quirinale<br />

00187 Roma<br />

NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006 - 15


Tornare a Falcade<br />

Sulle orme dello scultore partigiano Augusto Murer<br />

A Falcade di Belluno c’ero stato da ragazzo<br />

nel luglio del 1963 e fu quello il mio<br />

primo contatto con le Alpi, montagne che<br />

fino ad allora avevo visto solo al cinema<br />

e sulle cartoline in bianco e nero o colorate<br />

come si coloravano allora. Il viaggio avvenne<br />

in corriera con tutta la comitiva dei<br />

reggiani che avrebbero trascoso un turno<br />

di due settimane secondo la norma di quegli<br />

anni nelle vacanze organizzate dalla<br />

Camera del Lavoro. La corriera fece sosta<br />

a Bassano presso quella lunga fila di alberi<br />

sui quali erano stati impiccati i partigiani<br />

rastrellati sul monte Grappa, quindi imboccò<br />

la valle del Cordevole ed infine,<br />

risalendo il Biois, mi apparvero le cime del<br />

Focobon. Soggiornai alla pensione<br />

Negritella che era gestita dall’ Etli (Ente<br />

Turistico Lavoratori Italiani) di Reggio<br />

assaporando ingenuamente la meraviglia<br />

dei luoghi e la diversità degli abitanti. La<br />

pensione era frequentata da molti sindacalisti<br />

reggiani: Walter Marghignani, Ivano<br />

Pezzarossi, Rosa Galeazzi, Giacconi,<br />

Moscardini, al Mègher, Gabetto, Bléki e<br />

tanti altri di Modena, Bologna, Ancona,<br />

Roma ma non ricordo chi di loro scherzava<br />

sulle somiglianze del testone coricato riconoscibile<br />

nelle ombre del profilo del<br />

monte Mulaz. I reggiani al Negritella ci<br />

andavano già da alcuni anni se nel 1960,<br />

dopo i sanguinosi fatti del 7 Luglio, molti<br />

di essi si precipitarono a Reggio interrompendo<br />

bruscamente la vacanza.<br />

Bisognoso di fresco e di silenzio ci sono<br />

ritornato solo quest’anno ed appena giunto<br />

mi sono assurdamente stupito nel constatare<br />

che il Focobon, come qui chiamano<br />

alcune delle pale di San Martino, con<br />

la sua tazza innevata rinchiusa dalle guglie<br />

circostanti, era ancora lì come nel 1963<br />

assieme alle altre cime che nella loro<br />

maestosità vegliano su Falcade. Una delle<br />

prime cose che ho fatto è stata la ricerca<br />

della pensione Negritella ma in quarant’anni<br />

Falcade è cambiata ed è cresciuta<br />

nonostante i luoghi non siano stati<br />

snaturati dalla edilizia come purtroppo è<br />

avvenuto dalle nostre parti; non è stato<br />

facile ritrovarla perchè è stata trasformata<br />

nella locale sede dell’ufficio postale.<br />

Ho rivisto volentieri la fontana nella<br />

piazzetta di Falcade Alto della quale conservavo<br />

il benevolo ricordo d’una colossale<br />

bevuta d’acqua fresca tornando da<br />

una gita che passava per Somor. Lì vicino<br />

non ho invece trovato un’osteria nella<br />

quale avevamo passato una indimenticabile<br />

serata con gente del luogo. Scomparsa<br />

è anche la Casa Storica, che avevamo<br />

visitato a Pié guidati da una anziana<br />

Le tre cime del Focobon ed il Mulaz dietro Falcade.<br />

signora che ci raccontò di quando erano<br />

ritornati gli austriaci dopo la rotta di<br />

Caporetto ed alla quale, non ricordo chi,<br />

forse Magnanini di Fabbrico, pagò per<br />

noi ragazzi con una moneta d’argento da<br />

500 lire.<br />

Gli storici locali pare abbiano risolto la<br />

controversa questione etimologica sul<br />

nome del paese: non c’entrano i falchi ed<br />

il castello Falcone posto a guardia della<br />

valle non è mai esistito. Il toponimo deriverebbe<br />

dal “falciare” (localmente<br />

Falcade si chiama Falciade) della<br />

fienagione, attività basilare nella economia<br />

alpina. La prima antropizzazione risalirebbe<br />

attorno all’anno Mille indotta<br />

dallo sfruttamento delle fittissime foreste<br />

di abeti e di larici integrata in seguito<br />

dalla attività mineraria che venne esercitata<br />

per secoli nell’Agordino. Il dialetto<br />

parlato è un veneto molto particolare ma<br />

dalla toponomastica: ciasa, falciade, trapela<br />

il substrato ladino che era ancora<br />

diffuso nella valle del Biois alla fine dell’Ottocento.<br />

Mentre a Reggio, nell’ultima settimana di<br />

giugno, c’era un caldo torrido a Falcade<br />

c’era freschissimo anzi spesso pioveva e<br />

questo impediva di fare passeggiate nei<br />

bellissimi boschi e nelle praterie dai colori<br />

intensi. Addentrandomi nella valli laterali<br />

del Biois, come quella di Gares che di sera<br />

è particolarmente suggestiva, ho scoperto<br />

che Canale d’Agordo è il paese natale di<br />

Papa Luciani.<br />

In una mattinata particolarmente uggiosa<br />

ho visitato il locale museo dedicato ad<br />

Augusto Murer, il celebre scultore di<br />

Falcade deceduto nel 1985. Murer l’avevo<br />

visto di persona nel 1963 alla pensione<br />

Negritella che l’artista frequentava perché<br />

lì c’erano dei sindacalisti reggiani suoi<br />

amici i quali erano stati partigiani e con<br />

loro si sentiva compreso ed in buona compagnia.<br />

Se ben ricordo la Resistenza a<br />

Falcade era nel 1963 un argomento tabù<br />

ma dopo sessant’ anni non sembra sopito il<br />

pesante segno lasciato dal massacro perpetrato<br />

dai nazisti nella frazione di Caviola<br />

nell’agosto del 1944, dalle vicende che ne<br />

seguirono, dalle polemiche sui partigiani<br />

rinfocolate nella prima metà degli anni<br />

Cinquanta tratteggiate in una bibliografia<br />

che prosegue col recentissimo libro Al di<br />

là e al di qua del Piave. La mia impressione<br />

è che ancora il tutto covi nella memoria<br />

di un paese in cui il centro destra raggiunge<br />

il 65 percento e che fa fatica a raccogliersi<br />

a Caviola attorno allo struggente monu-<br />

Reggio Emilia 1974. Da sinistra: Augusto<br />

Murer col figlio Franco, Ulisse Gilioli, Bagni,<br />

Cesare Zavattini.<br />

16 - NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006


mento di Murer dedicato al caduto partigiano.<br />

Il museo sorge ai margini della frazione di<br />

Molino, all’inizio della via Tilman che lo<br />

collega all’altopiano di Asiago in un ideale<br />

contatto con Rigoni Stern, ed è collocato<br />

nell’ex laboratorio costruito secondo linee<br />

architettoniche moderne e discontinue con<br />

quelle tradizionali delle case alpine. Il<br />

museo è stato visitato da numerosissimi<br />

artisti e personalità tra le quali personaggi<br />

leggendari come Sandro Pertini. La visita<br />

al museo provoca delicate emozioni perché<br />

Murer ha saputo amalgamare i valori e<br />

la centralità del lavoro e della Resistenza<br />

con la sua opera fortemente legata alla<br />

natura, al legno delle sue foreste, ad una<br />

cultura piena di credenze pagane che,<br />

come Carlo Levi ad Aliano, laicamente<br />

inglobava e traduceva nella sua arte. Il<br />

rapporto con la cultura contadina, coi minatori,<br />

la immedesimazione nel lavoro e<br />

nella contemplazione della propria opera<br />

artigiana diventano con Murer una proiezione<br />

artistica della Repubblica Democratica<br />

fondata sul lavoro e della sua Costituzione<br />

del 1948 e proprio nei giorni del<br />

referendum, sotto l’effetto della vittoria<br />

del NO, ho lasciato scritto sul diario dei<br />

visitatori del museo: “come si fa ad essere<br />

contro le idee di Augusto Murer” quasi<br />

per rimproverare Falcade, periferia di un<br />

improbabile Lombardo-Veneto ridotto ad<br />

una manciata di provincie, che al referendum<br />

aveva appena votato massicciamente<br />

SI.<br />

Interprete di una cultura locale ma non<br />

folklorica che affonda le proprie radici nel<br />

territorio come le piante nelle foreste tra<br />

cui è nato e dove l’agitarsi del larice nel<br />

vento ricorda la sofferenza dell’uomo dei<br />

boschi, dove natura, tronchi, pietre ed uomini<br />

si confondono in un complesso ed<br />

arcaico groviglio ispiratore dell’arte del<br />

legno che oggi sembra affidata alla<br />

ripetitività di bottegai attenti soprattutto al<br />

portafoglio dei turisti, amico di Carlo Levi,<br />

di Guttuso, di Zancanaro, di Rigoni Stern<br />

che è autore di una commovente dedica<br />

posta sui muri del museo e di tantissimi<br />

altri, Murer era inserito nei massimi<br />

cenacoli artistici e culturali ma l’ ex partigiano<br />

non lasciò mai Falcade e sulla sua<br />

sepoltura, nel locale cimitero, domina una<br />

statua da lui appositamente scolpita per la<br />

sua tomba.<br />

I Falcadini sono emigrati in varie parti del<br />

mondo portando l’esperienza dell’attività<br />

muratoria e mineraria (disegni sui minatori<br />

di Murer, che non era solo scultore,<br />

verranno esposti nella mostra dedicata al<br />

50° del disastro di Marcinelle) ma molti<br />

sono stati sterminati dalle guerre mondiali<br />

ed i loro principali cognomi compongono<br />

una lunga lista di caduti sul cippo innalzato<br />

davanti alla chiesa nuova che conclude<br />

Augusto Murer: il monumento dedicato al partigiano a Caviola.<br />

Narrazioni intorno a Filippo Re<br />

L’intento di questo libro (con annesso<br />

Cd) è quello di restituire il senso di un<br />

percorso pluridisciplinare e didattico<br />

condotto assieme a una fitta rete di interlocutori<br />

e consulenti: segnatamente i<br />

docenti e gli studenti di alcune scuole<br />

superiori nella provincia di Reggio<br />

Emilia, e le università di Modena e<br />

Reggio Emilia e Bologna, intorno al<br />

poliedrico studioso.<br />

Le suggestioni a “mettersi in viaggio”<br />

con Flipàz – come Filippo Re veniva<br />

talvolta chiamato in tono canzonatorio<br />

in famiglia – costituiscono una precisa<br />

indicazione di lavoro. Lo “scrittore scienziato”,<br />

a due secoli di distanza, colpisce<br />

particolarmente per lo sguardo olistico<br />

che rivolge al paesaggio agrario italiano.<br />

In quel suo obliquo incedere dall’eternità<br />

dei testi classici al particulare<br />

delle consuetudini locali, si ritrova una<br />

posizione originale, meritoria di essere<br />

ricordata e trasmessa.<br />

Queste narrazioni intorno a Filippo Re<br />

nascono con l’intento dichiarato di restituirne<br />

il ritratto non tanto al suo, quanto<br />

al nostro tempo.<br />

Narrazioni intorno a Filippo Re - Ritratto<br />

poliedrico di uno scrittore scienziato,<br />

a cura di Gabriella Bonini e Antonio<br />

Canovi, Ed. Diabasis, Cor<strong>reggio</strong>,<br />

Maggio 2006.<br />

con un accenno ai caduti partigiani elencati<br />

poi nella targa posta attorno al 1990 nel<br />

parco comunale.<br />

Falcade, crocevia delle valli di Fassa, del<br />

Biois, del Cordevole e del Cismon è oggi<br />

tipica meta turistica nel cuore delle Dolomiti.<br />

Abbiamo avuto la fortuna di dormire<br />

in uno dei più vecchi alberghi nel cuore del<br />

paese, dove si mangia benissimo ed abbiamo<br />

scherzato con la titolare sul fatto che ai<br />

clienti proponeva il formaggio “Parmigiano”<br />

mentre noi, fedeli ambasciatori del<br />

nostro grana, insistevamo affinchè lo chiamasse<br />

“Parmigiano Reggiano”. Ma in<br />

tutta la valle e nei suoi rifugi si mangia<br />

molto bene: canederli, casunziei, ravioli di<br />

vari tipi, capriolo con polenta e altro, una<br />

cucina dolomitica ma con sue caratteristiche<br />

peculiari. Si beve poi ottimamente,<br />

non dimentichiamo che siamo nel Veneto<br />

e che il vino viene su dalla vicina Marca<br />

Trevigiana. Un tocco finale di reggianità:<br />

la Laccabue madre del pittore Antonio<br />

Ligabue è originaria di Cencenighe, il<br />

paese che chiude la valle del Biois.<br />

Bruno Grulli<br />

NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006 - 17


Un romanzo che ci tuffa<br />

nella storia sociale dell’Ottocento<br />

NORMANNA ALBERTINI , Isabella,<br />

ed. Chimienti , Milano-Taranto, 2006<br />

Alla sua seconda prova come romanziera,<br />

dopo Shemal, Albertini conferma le<br />

sue doti di narratrice che unisce fantasia<br />

creativa a recupero della dimensione storica,<br />

riuscendo ad intrecciare in modo<br />

persuasivo e coinvolgente le vicende di<br />

personaggi di pura fantasia a presenze<br />

sorprendenti di personaggi storici reali,<br />

diversi dei quali, dall’avventuriero Luigi<br />

Parmeggiani al patriota carbonaro<br />

Franceschini, reggiani. All’interno di una<br />

struttura consapevolmente recuperata dal<br />

feuilleton francese di fine Ottocento,<br />

l’Autrice trasmette al lettore la sua particolare<br />

sensibilità ai temi della libertà,<br />

della giustizia sociale e, in particolare,<br />

della condizione femminile.<br />

Complicato sarebbe riassumere in questa<br />

sede la trama del romanzo, i cui<br />

personaggi, storici e di fantasia, si muovono<br />

tra Parigi, Clermont Ferrand, la<br />

Rubiera della decapitazione di don<br />

Andreoli , la Milano di Bava Beccaris e<br />

di don Albertario (che fa pensare a don<br />

Pasquino Borghi) e “Casa degli Osti”,<br />

nome di fantasia di un borgo ai piedi<br />

della Pietra di Bismantova.<br />

Da Casa degli Osti partono i fili della<br />

complessa e coinvolgente vicenda, dipanandosi<br />

attraverso il tempo di circa un<br />

secolo e lo spazio di mezza Europa. A<br />

Casa degli Osti le varie trame si<br />

ricompongono a cavallo tra XIX e XX<br />

secolo, con il convergere lassù, da varie<br />

parti del mondo compresa l’America, di<br />

una serie di personaggi le cui storie<br />

personali hanno tutte, in vario modo, a<br />

che fare con il personaggio che dà il<br />

titolo al romanzo, Isabella appunto. Frutto<br />

di uno stupro, fanciulla sensibile e di<br />

delicata bellezza, soltanto in questa fase<br />

finale conoscerà la vera madre ed il<br />

padre stupratore finalmente pentito.<br />

Lungo tutta la storia, costellata di indizi<br />

e false piste , un ritornello tiene desta<br />

l’attenzione e la curiosità del lettore:<br />

“Ainsi font, font, font/Les petites<br />

marionettes,/Ainsi font, font,/Trois petits<br />

tours et puis s’en vont…”.Un ritornello<br />

che lega la Salpêtrière del celebre medico<br />

Charcot, dove la madre stuprata di<br />

Isabella viene in qualche modo curata, e<br />

la casa parigina di Leon y Escosura,<br />

dove la stessa madre accosterà Luigi<br />

Parmeggiani, fuggito da Reggio dopo<br />

l’attentato a Camillo Prampolini.<br />

Ecco, lo stupro,la violazione del corpo<br />

femminile è uno dei filoni che percorrono<br />

il libro, dal quale esce come un dolente<br />

grido di protesta per secoli di oppressione<br />

della donna, soprattutto della donna<br />

povera, come per alcune delle tante<br />

ragazzine del nostro Appennino andate<br />

per serve in città. Un grido che trova<br />

lucida espressione nella figura di Anna<br />

Kuliscioff, che l’A. immagina aver a che<br />

fare con Isabella ed essere capitata a<br />

Reggio, e a casa degli Osti, prima ancora<br />

di sapere che davvero la celebre rivoluzionaria<br />

russa dalle nostre parti era capitata<br />

davvero. Ma questo ha forse a che<br />

fare con una certa identificazione dell’Autrice<br />

con le “streghe” (o pretese tali)<br />

per secoli perseguitate in quanto dotate<br />

di “saperi” o di sensibilità diversi da<br />

quelli maschili, e tali da compromettere<br />

la superiorità maschilista. Streghe che<br />

sono anche protagoniste positive del romanzo,<br />

come “la Pagana” di Casa degli<br />

Osti. Come la stessa Isabella, che in una<br />

caso ha visioni di ciò che sta accadendo<br />

o per accadere.<br />

Intrigante poi il recupero, attraverso alcuni<br />

dei personaggi di rivoluzionari che<br />

giocano un loro ruolo nel romanzo, delle<br />

radici storiche degl’ideali di libertà e di<br />

giustizia incarnati nelle figure di personaggi<br />

reali come Gracco Babeuf o Filippo<br />

Buonarroti. E siamo così alle sorgenti<br />

dell’utopia comunista nell’Europa moderna.<br />

Ne scaturisce, nel complesso, una<br />

sorta di proposta per un appassionante<br />

dibattito sulla storia contemporanea, dalla<br />

Rivoluzione Francese alle lotte sociali<br />

di fine Ottocento - inizio Novecento.<br />

Con una intuizione, anche qui siamo<br />

forse alla “magaria” di Normanna<br />

Albertini, che ci fa compiere un balzo<br />

all’indietro fino al grande Blaise Pascal,<br />

citato un po’ misteriosamente dall’Autrice<br />

quando scrive che Giovannino, in<br />

fuga dallo sfruttamento bestiale cui era<br />

sottoposto a Saint Romain Le Puy per<br />

tornare a Casa degli Osti, passa da<br />

Clermont Ferrand e “non sa che […]è la<br />

patria di un grande pensatore cattolico, il<br />

quale sosteneva che l’uomo non deve<br />

negare la sua meschinità ma deve saper<br />

accogliere, limpidamente, la propria essenza<br />

e tutto ciò che essa racchiude”. Di<br />

una intuizione “proto-comunista” di<br />

Pascal, l’Autrice pare non essersi accorta,<br />

anche se in realtà ne anticipa il concetto<br />

dieci pagine prima quando cita il<br />

“terzo grado” della iniziazione della Massoneria<br />

storica (e rivoluzionaria): “Tutto<br />

ciò che c’è di sbagliato e di malvagio nel<br />

mondo aveva origine nella divisione della<br />

terra”.<br />

Che è quasi la perfetta parafrasi dell’articolo<br />

VI, n.53 di un pensiero di Pascal:<br />

«Mien, tien. – “Ce chien est à moi,<br />

disoient ces pauvres enfans; c’est là ma<br />

place au soleil”. Voilà le commencement<br />

et l’image de l’usurpation de toute la<br />

terre».<br />

Che, tradotto dal francese seicentesco<br />

suona: ««Mio, tuo» – «Questo cane è<br />

mio, dicevano quei poveri ragazzi, questo<br />

è il mio posto al sole». Ecco l’inizio<br />

e l’immagine dell’usurpazione di tutta la<br />

terra»» (Pensées, ed. Mignot, pag.97).<br />

Ulteriore indizio, con molti altri su cui<br />

non possiamo qui soffermarci, che la<br />

“tentazione comunista” (o egualitaria) dell’Autrice<br />

si nutre di succhi di un cristianesimo<br />

che ha in qualche modo a che fare<br />

con la Teologia della liberazione.<br />

Un libro davvero appassionante da leggere,<br />

questo della Albertini. E da discutere.<br />

Antonio Zambonelli<br />

Normanna Albertini è nata a Canossa<br />

nel 1956. Insegnante, vive e lavora<br />

nel comune di Castelnovo Monti, in<br />

vista di quella Pietra che nel romanzo<br />

appare quasi come protagonista.<br />

Impegnata in varie iniziative di pace<br />

e solidarietà, scrive da anni per<br />

“Tuttomontagna”.<br />

Con questo libro è alla sua seconda<br />

opera di carattere narrativo.<br />

18 - NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006


Che lo spirito di Zapatero sia con noi<br />

Una riflessione sull’aria fresca che arriva dalla Spagna<br />

È un’autentica boccata d’aria fresca leggere<br />

Zapatero. Il socialismo dei cittadini.<br />

Intervista al premier spagnolo di Marco<br />

Calami e Aldo Garzia (Feltrinelli, 2006).<br />

Nelle parole del primo ministro spagnolo e<br />

segretario del Psoe e in quelle di alcuni suoi<br />

collaboratori e collaboratrici risulta, in negativo,<br />

ciò che manca alla sinistra italiana:<br />

una chiara idea del futuro e la capacità,<br />

quindi, di suscitare nella società energie<br />

positive. Se Zapatero parla di “socialismo<br />

dei cittadini”, ossia di “crescita dei diritti<br />

dei cittadini”: “i diritti fanno più forte i<br />

cittadini – spiega Zapatero – e rendono più<br />

forte la società e la democrazia”, qui da noi<br />

la voce dei leader della sinistra è sostanzialmente<br />

atona.<br />

Zapatero, scrivono nell’introduzione i due<br />

curatori, quando parla di «socialismo dei<br />

cittadini”, sottolinea due temi centrali. “Il<br />

primo: la necessità che la “sinistra moderna”<br />

superi i limiti storici della socialdemocrazia,<br />

la quale, “nell’ultima fase del Ventesimo<br />

secolo ha dimenticato, concentrando<br />

il suo progetto nell’economia e nel<br />

settore pubblico statale, la società e il funzionamento<br />

democratico” […] Il secondo:<br />

l’importanza di recuperare, adattandoli alla<br />

situazione attuale, i valori “che stanno sulla<br />

facciata principale dell’edificio politico costruito<br />

dalla rivoluzione francese” […]. I<br />

nostri grandi obiettivi, sostiene il premier,<br />

sono il “rinnovamento democratico e lo<br />

sviluppo della cittadinanza”».<br />

La storia della sinistra italiana, in primis<br />

quella comunista, ma senza dimenticare<br />

quella socialista decompostasi “tragicamente”<br />

nel delirio di potenza e di corruzione di<br />

Craxi e di tanti suoi seguaci, ha perso<br />

tempo prezioso nel cercare la quadratura<br />

del cerchio, ossia rimanendo fedele a parole<br />

alla Rivoluzione d’ottobre mentre si<br />

cimentava con le domande e le esigenze<br />

della democrazia, che non ammettono scorciatoie.<br />

Il limite fondamentale del Pci è<br />

nato dall’arroganza taumaturgica di credere<br />

che il solo esserci avrebbe cambiato sia<br />

il funzionamento della burocrazia statale<br />

sia quello della politica democristiana. Il<br />

“flirt” con Rumor prima e con Andreotti<br />

poi, alla metà dei Settanta, nasce essenzialmente<br />

da questa suicida presunzione. E<br />

quando la storia del comunismo si è dissolta,<br />

gli stessi uomini che per anni hanno<br />

sventolato la bandiera del socialismo sovietico<br />

hanno deciso di ammainarla. Che<br />

andava bene. Ma il problema vero è che<br />

avrebbero dovuto farsi da parte, invece,<br />

hanno agito precludendo tanto il ricambio<br />

quanto l’innesto di energie nuove. Hanno<br />

agito come le più classiche delle élite,<br />

hanno conservato il potere anche nella<br />

nuova formazione politica.<br />

La storia del partito comunista italiano,<br />

almeno per quello <strong>emili</strong>ano, è una storia di<br />

socialdemocrazia non voluta riconoscere –<br />

con in più la presunzione di saper far meglio<br />

del Partito socialista quando questi<br />

diede vita, insieme alla Dc, al centro-sinistra<br />

– che gli ha impedito di attraversare il<br />

famoso guado finendovi, invece, annegato.<br />

Oggi, quello stesso stato confusionale continua<br />

ad essere il filo rosso della loro (nostra)<br />

storia: dal comunismo al partito democratico.<br />

Con l’intermezzo altrettanto<br />

della “Cosa”.<br />

Io credo allora sia necessario riflettere su<br />

una fase intermedia soprattutto per stimolare<br />

le fiacche energie che ruotano intorno<br />

ai partiti del centro sinistra, in particolare,<br />

penso, ai Ds, che continuano ad essere,<br />

almeno per chi scrive, il punto di riferimento<br />

a sinistra come lo spirito unitario che<br />

guida l’Anpi in tante sue prese di posizione,<br />

che si richiamano allo spirito costituente,<br />

dovrebbe ispirare il comportamento politico<br />

e morale dei partiti che rappresentano<br />

il centrosinistra, Ds compresi.<br />

Bisognerebbe avere il coraggio, allora, di<br />

parlare se non di “socialismo dei cittadini”<br />

di “piena attuazione delle norme costituzionali<br />

del ’48” che hanno avuto, con il<br />

referendum confermativo del 25 e 26 giugno<br />

scorso, l’incredibile conferma della<br />

loro attualità, ma soprattutto che continuano<br />

a essere vive nello spirito di milioni di<br />

cittadini italiani, non certo definibili “reduci”.<br />

Bisognerebbe avere il coraggio perché i<br />

cittadini contino veramente nella vita dello<br />

Stato e nelle sue articolazioni territoriali,<br />

preoccupandosi di allargarne i diritti di<br />

cittadinanza. Contrastando, monopoli,<br />

lobbies e privilegi di categoria, consentendo<br />

finalmente alla società italiana di essere<br />

aperta e di permettere a chi è meritevole di<br />

raggiungere i più alti gradi di studio e di<br />

ambire a posti di direzione e di poterli<br />

soprattutto ricoprire, indipendentemente<br />

dallo status di partenza.<br />

Certo, il partito democratico, che dovrebbe<br />

nascere dalla confluenza di culture diverse,<br />

è soggetto a compromessi, ma ciò che<br />

dovrebbe unire è la consapevolezza che<br />

solo la rottura di circoli chiusi dall’aria<br />

viziata è la premessa del suo possibile<br />

successo. Ma il problema è quello posto<br />

sopra: sono sempre gli stessi, giovani o<br />

vecchi che siano. Ci vorrebbe un bagno di<br />

umiltà creativa. C’è un’idea della politica<br />

troppo chiusa, riservata solo agli addetti ai<br />

lavori, e invece dovrebbe potenzialmente<br />

essere aperta a tutti. Moralità e sobrietà. Ci<br />

vorrebbe la chiarezza sul fatto che il rispetto<br />

intelligente delle regole è quella “riforma<br />

protestante” che oggi, in un Paese frantumato<br />

nel particulare qual è il nostro,<br />

darebbe il segnale che qualcosa sta cambiando.<br />

Bisognerebbe avere il coraggio di intervenire<br />

sui costumi e la televisione è un obiettivo<br />

sensibile da tenere sotto controllo per<br />

spezzare la sua potenza veicolante della<br />

“cultura”, in senso generale e con tutta la<br />

negatività attribuibile, berlusconiana. Si<br />

cambia realmente quando si è in grado di<br />

inserire elementi culturali diversi da quelli<br />

esistenti.<br />

Il problema non è, naturalmente, imitare<br />

Zapatero ma capire quali possono essere le<br />

corde da pizzicare perché i cittadini italiani<br />

trovino ancora ragione nella politica e nell’appartenenza<br />

ad una società che solo attraverso<br />

la solidarietà può trovare un futuro<br />

comune. (g.b.)<br />

IL NOTIZIARIO ANPI<br />

Periodico di politica,<br />

storia, cultura<br />

e informazione varia<br />

LEGGETE E DIFFONDETE IL NOTIZIARIO ANPI<br />

NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006 - 19


Un’esperienza educativa nata<br />

60 anni or sono per iniziativa dell’Anpi<br />

Del convitto scuola “Luciano Fornaciari”<br />

di Rivaltella abbiamo qua e là pubblicato<br />

qualche accenno su questa rivista. Quella<br />

straordinaria esperienza meriterà di essere<br />

ristudiata in modo approfondito anche<br />

per l’importanza che ebbe nel quadro della<br />

Ricostruzione morale e materiale della<br />

nostra provincia, e non solo.<br />

Qui riproduciamo alcune pagine dell’ormai<br />

introvabile opuscolo “2 anni di attività<br />

dell’Anpi di Reggio Emilia”, pubblicato<br />

nel 1947 a cura di Didimo Ferrari, Eros.<br />

Ritenuta indispensabile nel campo della<br />

scuola una riforma sostanziale, considerata<br />

l’impossibilità, data la situazione in cui<br />

si trovava il Paese allora, di raggiungerla<br />

con una certa rapidità, vista la posizione in<br />

cui venivano a trovarsi molti partigiani e<br />

reduci privi di una professione che loro<br />

desse garanzia per l’avvenire, si gettavano<br />

le basi per la creazione di un Convitto<br />

Scuola ove l’individuo avesse trovato nello<br />

studio, unitamente alle cognizioni culturali<br />

di carattere generale, anche una professione<br />

od un avviamento professionale,<br />

che fosse conforme alle proprie tendenze<br />

ed alle proprie capacità pratiche.<br />

Nacque così il Convitto che iniziò la sua<br />

attività fidando sull’aiuto dell’Anpi Provinciale.<br />

Più tardi, in seguito al sorgere di<br />

altri Convitti, entrò nel Circolo dei Convitti<br />

Nazionali ottenendo così la sovvenzione<br />

dell’Assitenza Post-Bellica.<br />

Il Convitto reggiano l’anno scorso ha svolto<br />

un Corso per capimastri muratori e un<br />

corso di perfezionamento edile al quale<br />

hanno partecipato inizialmente 40 allievi<br />

tra partigiani e reduci. Agli esami si sono<br />

presentati 32 allievi e i risultati sono stati<br />

più che soddisfacenti, come ha affermato<br />

lo stesso Provveditore agli studi della nostra<br />

provincia. Subito dopo si è iniziato il<br />

corso telegrafisti: dei 25 partecipanti solo<br />

12 hanno conseguito il brevetto.<br />

Ha poi indetto due corsi per ottenere le<br />

patenti di 2º grado e circa 50 sono stati gli<br />

iscritti e tutti hanno superato l’esame con<br />

esito favorevole.<br />

[...]<br />

Per ragioni sanitarie e scolastiche il Convitto<br />

Scuola che aveva la propria sede in<br />

Via S. Rocco si trasferì a Rivaltella dove<br />

più di 100 allievi frequentano i due corsi.<br />

La scuola è stata attrezzata modernamente<br />

ed ha mensa, dormitorio, Uffici, biblioteca,<br />

aula per esercitazioni pratiche e teoriche,<br />

campo sportivo ecc.<br />

L’Istituzione del Convitto Scuola, pur incontrando,<br />

come si è detto, enormi diffi-<br />

Scuola Convitto, sede di Rivaltella. Dormitorio.<br />

coltà, ha tuttavia incontrata il pieno desiderio<br />

dei partigiani, dei reduci e del popolo<br />

tutto, i quali vedono in esso non più la<br />

scuola meta solo dei privilegiati, ma la<br />

casa educativa del popolo e di tutti coloro<br />

che intendono progredire per il proprio<br />

benessere e per il benessere della collettività.<br />

[...]<br />

Nella nostra Scuola si mette in pratica la<br />

più stretta collaborazione fra insegnanti e<br />

allievi.<br />

Alla direzione di questa vi è il Consiglio<br />

dei Professori al quale partecipano gli studenti<br />

attraverso la loro Commissione di<br />

studi dei problemi didattici. Gli studenti si<br />

interessano, dell’organizzazione della<br />

Scuola e del Convitto. In tal modo si è dato<br />

vita ad un completo auto-governo del Convitto<br />

e della Scuola che permette di educare<br />

gli allievi allo spirito di iniziativa ed al<br />

senso di responsabilità.<br />

[...]<br />

Riportiamo qualche giudizio sul nostro<br />

Convitto Scuola.<br />

Reggio Democratica scrive: “Un grande<br />

entusiasmo pervade tutti i giovani che in<br />

questa Scuola convivono: e una prova di<br />

esso è il fatto che nelle ore di ricreazione<br />

essi si dedichino alla sistemazione del parco<br />

della Villa e ad altri lavori utili alla<br />

comunità. E tutto essi compiono con una<br />

serietà e una precisione che colpisce l’osservatore:<br />

idonei a portare tra il popolo un<br />

maggior numero di tecnici di cui in Italia vi<br />

è innegabilmente un grande bisogno.<br />

È infatti in stridente contrasto con i tempi<br />

ostinarsi e limitare la luce del sapere a<br />

pochi privilegiati, ma questa deve dilagare<br />

in tutte le case, dal più remoto villaggio<br />

di pianura e di montagna ai maggiori<br />

centri urbani. Lo Stato deve sorreggere<br />

finanziariamente e non lasciare affogare<br />

nel pantano del conservatorismo, esperienze<br />

acquisite giornalmente dal Comitato<br />

direttivo della Scuola e da tutti gli<br />

allievi.<br />

Democratizzazione della scuola e dei metodi<br />

di insegnamento, ferma volontà e<br />

umana aspirazione dei giovani lavoratori<br />

di impossessarsi delle cognizioni tecniche;<br />

riforma dei programmi e loro<br />

adeguamento alle esigenze create dai tempi<br />

e dalla storia in continuo divenire; possibilità<br />

di studiare a coloro che, pur avendo<br />

pozzi di intelligenza non ne hanno i<br />

mezzi: questo è quanto si deve fare in<br />

Italia.<br />

E le decine di Convitti Scuola per i partigiani<br />

e reduci esistenti nel nostro Paese<br />

hanno già creato le basi per questo rinnovamento,<br />

fornendo all’attuale e ai futuri<br />

Ministri della Pubblica Istruzione preziose<br />

esperienze che ogni democratico,<br />

anche se non eccessivamente progressivo,<br />

deve estendere nella Scuola italiana”.<br />

E il Giornale dell’Emilia: “Il Convitto<br />

Scuola per partigiani e reduci allestito a<br />

Rivaltella appunto a cura di queste due<br />

Associazioni, è in funzione fin dal novembre<br />

scorso per l’interessamento del Provveditorato<br />

agli Studi, è uno di quei collegi<br />

improntati alle norme della didattica più<br />

moderna”.<br />

Da Tempo Nostro: “Il nuovo regime democratico<br />

che sta realizzandosi in Italia ha<br />

fatto sorgere un po’ dappertutto nuovi Enti,<br />

nuovi Istituti che si preoccupano di soddisfare<br />

sempre più le esigenze popolari. Fra<br />

queste nuove realizzazioni, per le alte finalità<br />

che persegue e per il modo assolutamente<br />

encomiabile col quale è stata attuata,<br />

merita un particolare rilievo la<br />

Scuola-Convitto per Partigiani e Reduci”.<br />

Il Preside del Convitto, Prof. Valpot in<br />

occasione della conferenza stampa tenuta<br />

al Convitto alla presenza dei corrispondenti<br />

di vari giornali quotidiani e settimanali,<br />

ha affermato che “In questi nuovi<br />

sistemi pedagogici di insegnamento è l’avvenire<br />

della scuola italiana”.<br />

20 - NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006


La Resistenza vive nella Costituzione<br />

Alessandro Fontanesi, autore, col padre<br />

Denis, del volume “Volti di libertà”, non<br />

manca di commentare con passione e lucdità<br />

momenti importanti della vita locale e<br />

nazionale, anche con interventi sulla stampa.<br />

Pubblichiamo in ritardo (per motivi tecnici)<br />

alcuni brani di una sua bella lettera<br />

indirizzata al Presidente Notari in aprile.<br />

Stimatissimo Presidente, amici e compagni<br />

partigiani e fanno 61, 61 come gli anno<br />

trascorsi dal 25 aprile, giorno della Liberazione<br />

del nostro Paese. Sembra ieri, eppure<br />

oltre mezzo secolo è passato per voi<br />

ragazzi con i capelli bianchi, con il volto<br />

segnato dal tempo, ma che dentro agli<br />

occhi avete ancora la gioventù e l’entusiasmo<br />

dei vent’anni, che avete dato la vita<br />

per la nostra libertà. Tanti anni sono passati,<br />

molti di voi partigiani non ci sono più,<br />

ma non per questo sbiadisce il ricordo dei<br />

vostri sacrifici.<br />

Le idee per le quali avete combattuto e per<br />

le quali tanti ragazzi sono morti, non sono<br />

affatto morte con essi, tutt’altro, hanno<br />

messo radici, sono germogliate ed il 25<br />

aprile, data simbolo della Resistenza e<br />

della Liberazione, è più che mai attuale,<br />

così com’è attuale l’insieme dei valori<br />

storici, politici e morali che esso incarna.<br />

[...]<br />

Dopo 61 anni il cammino verso una democrazia<br />

piena è perlomeno messo in<br />

pericolo ed un altro esempio lampante è<br />

l’esito delle elezioni politiche. Ha vinto<br />

Prodi, certo di poco, eppure ad oltre una<br />

settimana dal voto, arroventando ancor<br />

più il clima politico come fosse ancora in<br />

campagna elettorale, lo sconfitto non<br />

ammette e non accetta il responso delle<br />

urne. Millantando brogli ed irregolarità,<br />

Berlusconi ed i suoi, ben sapendo che<br />

avrebbero perso, hanno confezionato la<br />

“porcata” (per loro stessa ammissione)<br />

della nuova legge elettorale per destabilizzare<br />

il voto e la futura governabilità ed<br />

alla fine sono rimasti vittime della loro<br />

stessa truffa. Ora piangono e sbraitano<br />

contro tutto e contro tutti, Berlusconi<br />

vorrebbe mantenere il proprio potere ad<br />

ogni costo e con qualunque mezzo, servendosi<br />

della sua “claque” politica e della<br />

pressoché totalità dei telegiornali, questi<br />

ultimi ossequiosamente e servilmente<br />

prostituiti in modo indecente, vorrebbe<br />

far credere che il vincitore non c’è.<br />

[...]<br />

Il 25 aprile, giornata simbolo dell’unità del<br />

nostro popolo, giunge come una boccata<br />

d’ossigeno per questa sorte di palude<br />

mediatico-politica, ma soprattutto dovrà<br />

essere il momento per rendere attuali gli<br />

insegnamenti ed i valori di chi ha liberato<br />

il nostro Paese, primo fra tutti la Costituzione,<br />

figlia di quella straordinaria stagione<br />

di lotta.<br />

Per certuni dunque, la nostra Carta<br />

fondativa è già vecchia, al punto da capovolgerne<br />

i capisaldi fondamentali, in quanto<br />

troppo intransigente e troppo garante degli<br />

interessi del popolo, piuttosto che dei privilegi<br />

di un megalomane che si crede Napoleone<br />

e si è paragonato a Gesù Cristo.<br />

Usando le parole del presidente Ciampi:<br />

“la Resistenza vive nella Costituzione”,<br />

quella Costituzione che come scrisse Pietro<br />

Calamandrei: “se può apparire alla<br />

decrepita classe politica che lotta vanamente<br />

per salvare i suoi privilegi, come<br />

un’inutile carta che si può impunemente<br />

stracciare; essa può diventare per le nuove<br />

generazioni, che saranno il ceto dirigente<br />

del domani, il testamento spirituale di<br />

centomila morti, che indicano ai vivi i<br />

doveri dell’avvenire”.<br />

Dopo 61 anni quindi, il 25 aprile si pone<br />

ancora una volta in prima linea per difendere<br />

quelle conquiste che credevamo ormai<br />

certe, per difendere la libertà degli italiani,<br />

i quali statene certi non esiteranno a scegliere<br />

irrevocabilmente la strada sicura della<br />

libertà, della giustizia, della Costituzione<br />

repubblicana, sulla quale edificare il futuro<br />

dei loro figli e sulla quale riprendere serenamente<br />

il percorso verso una democrazia<br />

piena e consapevole.<br />

W il 25 aprile, W la Resistenza, W la<br />

Repubblica.<br />

Con sentita e sincera amicizia, un grande<br />

abbraccio.<br />

Alessandro Fontanesi<br />

Anpi Poviglio<br />

Visita d’istruzione delle classi terze<br />

all’antico monastero della Benedicta<br />

Grazie all’aiuto dell’Anpi sezione di Poviglio e ai signori Sidraco<br />

Codeluppi e Giorgio Campanini che hanno accompagnato gli<br />

allievi, le classi terze della Scuola Media di Poviglio si sono<br />

recate, il 18 e 19 maggio, a visitare un commovente e particolare<br />

luogo della memoria: i ruderi dell’ antico monastero della<br />

Benedicta (Comune di Bosio, provincia di Alessandria).<br />

Intorno al Monte Tobbio nell’inverno ’43-44 si rifugiarono i<br />

primi nuclei di giovani partìgiani e renitenti alla leva che si<br />

opponevano al fascismo: questi collocarono il loro quartier<br />

generale nell’abbazia benedettina chiamata Benedicta. Male<br />

armati e privi di istruzione militare, questi giovani furono colpiti<br />

da un violento rastrellamento nazifascista nei giorni di Pasqua<br />

del 1944; il monastero, uno dei maggiori monumenti dell’<br />

Appennino, fu fatto saltare.<br />

Furono 147 i partigiani fucilati sul posto, altri trucidati al Passo<br />

del Turchino e 400 furono deportati in Germania: di questi 200<br />

riuscirono a fuggire, gli altri morirono nei campi di sterminio.<br />

I boschi, il silenzio che ora circonda questi luoghi, il sacrario<br />

commemorativo fra le piante hanno dato ai partecipanti la<br />

possibilità di una riflessione profonda e assolutamente non<br />

banale sulla lotta per la libertà. La visita si è conclusa con la<br />

deposizione di una corona d’alloro al monumento ai caduti.<br />

La visita di istruzione è stata preceduta da una lezione tenuta<br />

dalla professoressa Maria Assunta Ferretti, responsabile della<br />

sezione Didattica di Istoreco.<br />

La scuola, gli insegnanti, gli alunni, i genitori ringraziano di<br />

cuore l’Anpi che permette, con queste splendide iniziative diventate<br />

un appuntamento tradizionale per le classi terze, di<br />

mantenere i legami con la nostra storia per non dimenticarla e per<br />

avere sempre più occasioni per costruire e valorizzare la pace.<br />

Gli alunni<br />

e gli insegnanti accompagnatori<br />

Gli studenti e gli accompagnatori alla Benedicta.<br />

NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006 - 21


NINO BARAZZONI, Una vita tra due mondi<br />

Nino Barazzoni, Una vita tra due mondi<br />

(da Bibbiano al Perù e ritorno), Anpi e<br />

Comune di Bibbiano, pp.115, euro 5,00.<br />

Conservato per 70 anni tra le carte di famiglia,<br />

l’autobiografia manoscritta del medico<br />

bibbianese Nino Barazzoni, padre del<br />

nostro amico prof. Renzo, è stata pubblicata,<br />

(cura e introduzione di Loris Bottazzi),<br />

dall’Anpi di Bibbiano. Si tratta di un testo<br />

davvero eccezionale, come eccezionale è<br />

stata la vita del suo autore, nato nel 1870 e<br />

morto nel 1936. Emigrato poco dopo la<br />

laurea in Perù, là iniziò l’esercizio della<br />

professione medica, aprendo anche un ospedale,<br />

e diventando addirittura Sindaco della<br />

città di Callao. Rientrato in Italia, nella sua<br />

Bibbiano, dopo 17 anni, nel 1914, Nino<br />

Barazzoni fu ufficiale medico durante la 1 a<br />

Guerra mondiale. “Mi sono sempre chiesto<br />

– scrive Barazzoni – se Trento e Trieste<br />

valessero tanti morti e feriti, tante distruzioni.<br />

Oggi, a 10 anni dalla fine della guerra, le<br />

misere condizioni in cui versa il nostro<br />

paese mi confermano ancor più nelle mie<br />

convinzioni: quel piccolo aumento territoriale,<br />

ottenuto a così caro prezzo, non sarebbe<br />

stato possibile ottenerlo nel 1914 con<br />

trattative diplomatiche”.<br />

È soltanto una delle folgoranti osservazioni<br />

contenute nel testo, e vi troviamo la<br />

duplice ispirazione di matrice socialista e<br />

cristiana. Tanto più significativa quella<br />

osservazione in quanto espressa nel pieno<br />

dispiegarsi della retorica fascista sulla “vittoria<br />

tradita”.<br />

Del tutto godibili, e di notevole interesse<br />

anche storiografico, le descrizioni del paese<br />

natio e dei suoi dintorni sul finire del<br />

secolo XIX, quando Bibbiano era ancora<br />

luogo di villeggiatura, e per recarsi a Reggio<br />

“si viaggiava ancora con le vecchie diligenze<br />

a cavalli” e “si impiegavano, con la<br />

Corriera, non meno di due ore a stagione<br />

buona, e sempre più tempo quando le<br />

strade erano fangose e inghiaiate”.<br />

Oltretutto il testo, scritto da un medico che<br />

quando era universitario a Bologna amava<br />

talvolta seguire le lezioni di Giosue<br />

Carducci, è anche di ottima qualità letteraria,<br />

una qualità che il figlio Renzo ha<br />

decisamente ereditato.<br />

Avvincenti poi le narrazioni relative ai<br />

lunghi anni vissuti in Perù. Davvero meritoria<br />

l’iniziativa dell’Anpi di Bibbiano, di<br />

dare alle stampe questo diario che l’A.<br />

aveva scritto e concepito come una eredità<br />

spirituale esclusivamente destinata ai figli.<br />

E grazie all’amico Renzo per essersi<br />

lasciato convincere da Loris a rendere pubbliche<br />

le pagine del Padre (a.z.).<br />

Il dottor Nino Barazzoni in una foto del 1913.<br />

“Abbasso il Duce”, video resistente girato a San Polo d’Enza<br />

Il documentario è il prodotto di una serie di interviste a partigiani,<br />

staffette o semplici osservatori, protagonisti della Resistenza<br />

Sampolese. Alcune interviste sono state realizzate in casa, altre<br />

nei luoghi che hanno segnato la Resistenza Sampolese. Il documentario<br />

è corredato da fotografie e filmati d’epoca messi a<br />

disposizione dal Museo dell’Anpi locale, dalle famiglie Sampolesi<br />

e dall’Istoreco di Reggio.<br />

La percezione della guerra, la politica, la scelta del partigianato,<br />

il ruolo delle donne, ma anche le battaglie, gli umori e gli<br />

aneddoti. Questi i temi trattati nel documentario sotto forma di<br />

racconto.<br />

Gli autori<br />

Marco Righi, ventiduenne di San Polo, lavora come regista e<br />

montatore video presso una casa di produzione. Nel tempo libero<br />

realizza cortometraggi autoprodotti che hanno ricevuto premi e<br />

menzioni in alcuni festival.<br />

Cosimo Bizzarri venticinquenne di Reggio Emilia, lavora a<br />

Treviso al Dipartimento di scrittura Creativa di Fabbrica, (il<br />

centro di comunicazione del gruppo Benetton). A Reggio ha<br />

collaborato come giornalista, autore e copywriter con alcune<br />

testate locali.<br />

Circolo Arci “Indiosmundo” di San Polo d’Enza - Presidente<br />

Lodovico Bonfatti - circolo che si prefigge di promuovere attività<br />

culturali, musicali e ricreative.<br />

Per eventuali comunicazioni tel. 3683664273 ind. e.mail–<br />

<strong>indiosmundo</strong>@email.it (l.f.)<br />

Nella foto in allegato da sinistra: Mario Sulpizio Guerra, il sindaco<br />

Milena Mancini, Sonia Masini, presidente Provincia di Reggio Emilia,<br />

Ivo Mareggini, Marco Righi, Cosimo Bizzarri, Lodovico Bonfatti.<br />

Invito alla presentazione del video a suo tempo distribuito oltre ad<br />

una foto scattata durante la manifestazione.<br />

22 - NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006


Il No al referendum:<br />

quant’è bella la nostra Costituzione<br />

Ironia della storia: Vittorio Emanuele di<br />

Savoia, quello che sarebbe potuto diventare<br />

il nostro re, fino a pochi anni fa, come<br />

dettavano le norme transitorie della nostra<br />

“bella” Costituzione, non poteva entrare<br />

sul suolo italico, mentre oggi, per le note<br />

vicende giudiziarie che lo hanno visto coinvolto,<br />

non può lasciarla, l’Italia. Non sarebbe<br />

stato meglio, mi chiedo, lasciarlo<br />

fuori, così non si sarebbero peggiorate le<br />

già gravi condizioni in cui versa lo spirito<br />

pubblico nazionale In ogni caso, l’abbiamo<br />

scampata bella il 2 giugno 1946: ve lo<br />

immaginate come nostro re, simbolo dell’unità<br />

nazionale e dell’Italia nel mondo<br />

Però, abbiamo avuto un recente primo<br />

ministro… ma leggere che il 64,4 percento<br />

degli italiani, il 25 e 26 giugno scorsi, hanno<br />

detto NO allo stravolgimento della Costituzione<br />

del ’48 – quella, per intenderci, dei<br />

Ruini, dei Dossetti, dei Terracini, solo per<br />

citare i primi nomi che mi vengono in mente<br />

– proposta da raffinati politici e studiosi<br />

della Casa delle Libertà e pensata in quel di<br />

Lorenzago (), bè, è stata una bella iniezione<br />

di fiducia. Così, ancora più numerosi i<br />

reggiani che hanno rispedito al mittente<br />

l’indecente proposta: un bel 71,92 percento<br />

di NO, con punte di oltre l’80 percento a<br />

Campegine, Cavriago, Fabbrico.<br />

La speranza, a questo punto, è che il<br />

centrosinistra non abbia tanta fretta di riformare<br />

ciò che i cittadini hanno ritenuto<br />

ancora un ottimo “contratto sociale”. Probabilmente<br />

per arrivare a un governo stabile<br />

sarebbe sufficiente una buona legge<br />

elettorale come quella, ad esempio, a due<br />

turni francese: il primo serve a contare la<br />

forza di ciascun partito, cioè a tutelarne la<br />

pluralità; il secondo serve a riprodurre gli<br />

aspetti classici del collegio uninominale,<br />

ossia a garantire la governabilità. L’istituto<br />

del referendum: andrebbe sì riformato<br />

ma nel senso di togliere alla Corte costituzionale<br />

la discrezionalità di decidere quali<br />

siano i referendum ammissibili, restituendo<br />

all’art. 75 la sua completa efficienza.<br />

Il ruolo che svolge la Costituzione nel<br />

regolare la vita dello Stato, delle sue<br />

articolazioni fondamentali e dei cittadini<br />

potrebbe essere per il centro sinistra al<br />

governo una buona occasione per rimettere<br />

in movimento nell’esangue corpo sociale<br />

il significato e il ruolo culturale e<br />

politico ma anche, e soprattutto, etico e<br />

morale delle regole in una società ordinata,<br />

aperta e non autoritaria. Mettere al<br />

primo posto nell’agenda politica i diritti e<br />

i doveri dei cittadini, educazione civica, in<br />

una parola, potrebbe essere la strada per<br />

far crescere la società civile ma anche la<br />

stessa classe politica che sarebbe costretta<br />

a confrontarsi, e non allo specchio. Potrebbe<br />

essere l’occasione per riflettere sul rapporto<br />

che deve instaurarsi fra Stato ed<br />

autonomie locali e fra questi e i cittadini<br />

tutti, allargandone i diritti e allo stesso<br />

tempo rimarcando i doveri (pensiamo solo<br />

al dovere di pagare le tasse) reciproci. È<br />

necessario, insomma, ridare significato alla<br />

parola “società”.<br />

Le istituzioni rappresentate da sanità, uffici<br />

amministrativi locali e statali ecc. sono i<br />

luoghi in cui, spesso, l’onnipotenza della<br />

burocrazia, ad esempio, può frustrare i diritti<br />

che le leggi del Parlamento hanno riconosciuto<br />

ai cittadini. Rispetto delle regole è<br />

far “pulizia” di chi fra pubblici funzionari,<br />

amministratori, politici e parlamentari è<br />

coinvolto in reati penali e/o amministrativi.<br />

Allora “regola” diviene sinonimo di legalità<br />

e in parti del Paese la vessazione e la<br />

corruzione, invece, sono la legge.<br />

Se la classe dirigente del centrosinistra<br />

vuole realmente aprire dei canali di dialogo<br />

con la società e non limitarsi a mandare<br />

messaggi in codice agli altri addetti ai<br />

lavori e lanciare slogan a tutti gli altri che<br />

stanno fuori e che ogni cinque anni votano,<br />

il No al referendum costituzionale, può<br />

diventare il nostro “socialismo dei cittadini”,<br />

promosso in Spagna da Zapatero.<br />

Infatti, con le attività di governo, l’Unione<br />

dovrebbe indicare la strada della legalità,<br />

del rispetto delle regole e fare della politica<br />

alta il suo marchio di fabbrica, ispirandosi<br />

ai principi della Costituzione e a quelli<br />

che a sua volta la ispirarono, i venti mesi<br />

della Resistenza.<br />

Glauco Bertani<br />

Il 61° della battaglia di Albinea<br />

sulla rivista inglese “Trenchard”<br />

Sulla commemorazione della battaglia di Albinea del 26-27 marzo 1945 un reportage<br />

è stato scritto da Francesca Riccomini, nipote del tenente James Arthur Riccomini,<br />

uno dei tre inglesi (con il sergente Sidney Guscott ed il caporale Samuel Golden)<br />

caduti nell’attacco al comando germanico di Villa Rossi e Villa Calvi, e pubblicato<br />

(corredato da foto del nostro Mario Crotti) sul numero di giugno 2006 della rivista<br />

“The Trenchard”.<br />

Dopo aver riassunto le circostanze della battaglia, e accennato con gratitudine<br />

all’accoglienza fatta alla delegazione britannica, oltre che dalla sindaca Antonella<br />

Incerti, da Glauco Monducci, Gordon, che “ora è un anziano piuttosto fragile ma dotato<br />

di ammirevole forza vitale”, l’autrice rende omaggio a Mario Crotti per la “meravigliosa<br />

mostra informativa, anche per quelli di noi che non conoscevano l’italiano”.<br />

“Un aspetto memorabile del nostro viaggio – aggiunge Francesca Riccomini – è stato<br />

l’incontro con la vedova e la figlia di Giuseppe Casoni, il giovane che nella notte<br />

fatale guidò il gruppo composto dai britannici dello Special Air Service e da un<br />

centinaio di partigiani giù dalle colline verso il loro obbiettivo, conducendo poi i<br />

sopravvissuti in salvo nei loro nascondigli.<br />

Dopo la cerimonia principale, quale riconoscimento del suo impegno, una via è stata<br />

intitolata al suo nome.<br />

Claudia [la figlia di Casoni, NdR] ci ha gentilmente accompagnati al cimitero in cui<br />

in un primo tempo erano stati sepolti i tre soldati inglesi”.<br />

Una delle foto Crotti pubblicate su “Trenchard”.<br />

NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006 - 23


24-25 maggio ’44. L’assedio di Villa Minozzo<br />

nel racconto di una bambina di dieci anni<br />

All’assedio di Villa Minozzo del 24-25<br />

maggio 1944 Guerrino Franzini, nella sua<br />

Storia della Resistenza reggiana, dedica 5<br />

pagine (145-149) lungo le quali la vicenda<br />

viene ricostruita sulla base di fonti testimoniali<br />

e documentarie, sia di parte<br />

resistenziale che fascista.<br />

Qui pubblichiamo la testimonianza, scritta<br />

“a caldo” tra fine maggio e primi giugno<br />

del ’44, da una bambina che all’epoca<br />

aveva 10 anni (Sandra Zambonini, figlia<br />

del partigiano Sestilio) e abitava a<br />

Castiglione d’Asta, dove torna ogni estate<br />

in vacanza, da Modena, col marito Pietro<br />

Alberghi, storico della Resistenza.<br />

Scritta su un foglio protocollo, quasi come<br />

un compito in classe, la narrazione di<br />

Sandra ci offre un punto di vista assai<br />

interessante su un evento bellico visto, per<br />

così dire, “dal basso” e con lo sguardo di<br />

una bambina appunto. Come nel romanzo<br />

La Storia di Elsa Morante, dove gli eventi<br />

passano sulla testa della protagonista.<br />

Anche se, come precisa oggi Sandra<br />

Zambonini, i fatti le furono poi spiegati da<br />

suo padre.<br />

Il testo viene pubblicato così come ci è stato<br />

consegnato, senza correzioni. Lasciando in<br />

sostanza i piccoli errori di italiano che la<br />

maestra Sandra Zambonini da decenni ha<br />

smesso di lasciarsi scappare.<br />

Il 24 maggio 1944 era circa mezzanotte,<br />

quando mia madre sentì bussare più volte<br />

alla porta, s’alzò e andò ad aprire erano<br />

partigiani e volevano da bere e ristorarsi un<br />

poco. A mia mamma dissero pure che andavano<br />

finalmente ad attaccare il presidio di<br />

Villa Minozzo, loro le dissero di chi sono<br />

tutti quei carichini di carbone che avete<br />

davanti a casa Mia mamma le rispose:”sono<br />

barocciai di Vezzano che forniscono la<br />

nostra provincia di carbone, macchine non<br />

ne circolano più”. “Bene” fu la risposta , voi<br />

non dite nulla di quello che vi abbiamo<br />

confidato dato [che] se va il colpo bene<br />

quando sono giù a Villa Minozzo li fermeremo,<br />

le faremo scaricare il carbone e li<br />

manderemo indietro col nostro bottino di<br />

guerra!”.Lasciarono pure a mia mamma<br />

qualche lanterna e le dissero:”Se non avremo<br />

la fortuna di tornare saranno vostre”.<br />

Parlo per lo più della mia mamma perché<br />

mio padre fu arrestato dai fascisti per essere<br />

scappato l’8 settembre 1943.<br />

Proseguendo il discorso sopra interrotto,<br />

dopo un’ora circa che i partigiani se ne<br />

furono andati da casa mia per la prima volta<br />

sentimmo le armi da guerra in grande battaglia,<br />

c’era pure una mitraglia pesante che<br />

faceva addirittura spavento. Mia mamma<br />

che non aveva più dormito svegliò tutti quei<br />

Altre rovine di Villa Minozzo.<br />

barocciai che nel sentire un così grosso<br />

attacco tremavano a denti stretti. Io con la<br />

mia famiglia ci portammo tutti all’ultimo<br />

piano della casa e vedemmo giù Villa<br />

Minozzo quasi tutto illuminato dalle armi<br />

che sparavano, si vedevano pure dei razzi di<br />

diversi colori andare altissimi che li adoperavano<br />

i fascisti per chiamare soccorso. Io<br />

ogni tanto vedevo la mia mamma segnarsi<br />

e pregare. L’attacco continuava che non ci<br />

dava pace. Durò diverse ore fino a mattina<br />

inoltrata. Non si seppe più nulla, non circolava<br />

più nessuno, non si sapeva chi aveva<br />

vinto o perso, partigiani a venire indietro<br />

non se ne vedevano. Terminata la battaglia<br />

i barocciai partirono da casa mia. Circa<br />

mezzogiorno correvano voci che era giunto<br />

un grosso rinforzo ai fascisti e i partigiani<br />

dopo una lotta accanita avevano dovuto<br />

ritirarsi. Era però le undici del 25 maggio<br />

giorno seguente quando ormai si viveva<br />

tranquilli e quasi non si pensava più ai fatti<br />

successi il giorno prima, sentiamo una grande<br />

sparatoria giù poco distante al mio paese<br />

giù nella strada vicino al Secchiello. Non<br />

abbiamo ancora intuito cosa può essere<br />

successo che vediamo passare sette partigiani<br />

che andavano di una corsa pazza,<br />

laceri senza cappello quasi scalzi, mia mamma<br />

comprese tutto e cominciò a nascondere<br />

roba. Poco dopo comparve una vicina di<br />

casa in gran pianto! “I partigiani che ieri<br />

attaccavano Villa Minozzo oggi hanno attaccato<br />

una gran quantità di fascisti e tedeschi<br />

venite a vedere la popolazione del<br />

paese di sotto ha abbandonato le case e<br />

fugge via. Anche noi è meglio scappare”.<br />

No rispose mia mamma, è meglio rimanere,<br />

se trovano le case vuote ce le bruciano<br />

bisogna farsi coraggio.<br />

Intanto gli spari si udivano sempre più<br />

vicini e per la prima volta udimmo spari e<br />

colpi di mortaio. Poco dopo comparvero<br />

due ragazze del paese di sotto chiamato<br />

Governara col pianto agli occhi:”Bisogna<br />

scappare hanno ucciso una quantità di fascisti,<br />

una corriera piena è ruzzolata nel<br />

Secchiello, l’ha detto una vecchia che veniva<br />

dal mulino. La mia nonna che stava di<br />

sopra cominciò con un altro vecchio a<br />

recitare il S.Rosario, ma la mia mamma<br />

quando seppe che la peggio c’era toccata a<br />

loro il S.Rosario non lo volle dire. Intanto<br />

gli spari si udivano avvicinarsi sempre più,<br />

mia mamma ci fece andare in camera io e<br />

mio fratello e ci teneva sul letto. Ogni tanto<br />

io mi avvicinavo ai vetri della finestra e<br />

vedevo tanti soldati avanzare da tutte le<br />

parti, pestavano i campi di grano, sbucavano<br />

da ogni lato e li vidi giungere alla mia<br />

casa. Mia mamma allora scese come nulla<br />

fosse accaduto e le chiese cosa volevano<br />

“da bere” le fu risposto. Poi un fascista<br />

sentii che disse”Se incontrassi mio pare e<br />

mia madre non le perdonerei nemmeno a<br />

loro”. Bevete le disse mia mamma vi farà<br />

bene. Noi ci facemmo coraggio e stavamo<br />

zitti. In poco tempo la casa fu piena di<br />

fascisti ed un tenente volle pure perquisirla<br />

tutta era molto arrabbiato parlava poco.<br />

Era poco che questa quantità di fascisti<br />

circa duecento era partita per Villa Minozzo<br />

, entrò altri soldati vestiti col elmetto da<br />

guerra uguale a quelli di prima e chiesero<br />

quanto tempo era che gli altri erano partiti.<br />

Sarà dieci minuti le rispose mia mamma e<br />

come avete lasciato partire i vostri colleghi<br />

Allora alzarono tutti il rivolto della<br />

giacca e sotto c’era scritto in rosso “Viva<br />

Garibaldi”. Noi non siamo di quelli signora<br />

vede che paura abbiamo E fuggirono<br />

ridendo ad inseguire il nemico in ritirata.<br />

Il giorno dopo sapemmo che sette partigiani<br />

avevano ucciso circa quaranta fascisti<br />

senza contare i feriti.<br />

Mai potrò dimenticare questo episodio<br />

della lotta partigiana svoltosi nel mio<br />

paesello di montagna durante la guerra<br />

clandestina.<br />

Sandra Zambonini<br />

24 - NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006


Sono ancora necessarie le basi Usa in Italia<br />

È stata necessaria la richiesta del presidente<br />

della giunta regionale sarda Renato Soru<br />

di rendere pubblico l’accordo riservatissimo,<br />

che ha consentito di costituire la base<br />

Usa della Maddalena, chiedendone contemporaneamente<br />

lo smantellamento, per<br />

riportare in primo piano il problema della<br />

basi americane in Italia.<br />

Se si scorre il rapporto ufficiale del Pentagono<br />

“Base Structure Report 2003” ci si<br />

rende conto immediatamente delle notevoli<br />

dimensioni della presenza militare<br />

Usa in Italia. Nel nostro Paese le forze<br />

armate statunitensi posseggono oltre 2000<br />

edifici, che occupano una superficie di<br />

oltre un milione di metri quadri ed hanno<br />

in locazione altri 1100 fabbricati con una<br />

superficie di altri 780.000 mq. Il personale<br />

addetto alle basi ammonta a 15.000 militari<br />

ed a 4500 civili.<br />

L’esercito Usa dispone di proprie basi in<br />

Veneto ed in Toscana. Alla caserma Ederle<br />

di Vicenza è di stanza la 173° brigata<br />

aviotrasportata, operante nel quadro della<br />

Setaf cioè la task force del sud Europa, agli<br />

ordini del Comando europeo delle Forze<br />

armate Usa, la cui “area di responsabilità”<br />

include ben 91 Paesi e territori che vanno<br />

da Capo Nord al Capo di Buona Speranza.<br />

Nel marzo del 2003 fu proprio la 173°<br />

brigata ad essere inviata per prima nel<br />

Kurdistan iracheno.<br />

A Camp Darby (Livorno) è dislocata la<br />

base logistica, che rifornisce le Forze terrestri<br />

ed aeree, operanti nell’area mediterranea,<br />

nordafricana e mediorientale.<br />

L’aeronautica Usa ha proprie basi in Friuli-<br />

Venezia Giulia, in particolare ad Aviano<br />

(Pordenone) ove sono schierate la 31°<br />

Fighter Wing e la 16° Air Force, la quale,<br />

dotata di caccia F-16 e F-15 svolge compiti<br />

di pianificazione e conduzione di operazioni<br />

di combattimento aereo anche in<br />

Medio Oriente.<br />

La marina Usa ha il suo centro principale<br />

a Napoli, dove è stato trasferito il quartiere<br />

generale delle Forze Navali Usa in Europa,<br />

prima a Londra. La sua “area di responsabilità”<br />

include 89 Paesi di tre continenti<br />

(Europa, Asia ed Africa), da Capo<br />

Nord al Capo di Buona Speranza, mentre<br />

ad Est si estende fino al Mar Nero. La<br />

marina Usa dispone inoltre della base<br />

aeronavale di Sigonella e di quella della<br />

Maddalena la quale oltre essere base di<br />

appoggio per i sottomarini atomici è divenuta<br />

base logistica per le operazioni belliche<br />

in Medio Oriente e nei Balcani.<br />

Nelle fasi iniziali della guerra, scatenata<br />

contro l’Iraq, i sottomarini Usa di base<br />

alla Maddalena, all’insaputa dei Paesi<br />

europei circostanti, hanno bombardato<br />

Bagdad ed altri obiettivi, direttamente<br />

dal Mediterraneo, impiegando armi<br />

missilistiche da crociera.<br />

Le strutture Nato a disposizione, inoltre,<br />

degli Usa sono molteplici e prima fra tutte<br />

il Joint Force Command di Napoli con a<br />

capo un ammiraglio americano, il quale è<br />

contemporaneamente comandante delle<br />

Forze Navali Usa in Europa e comandante<br />

della “Forza di risposta della Nato”, che<br />

comprende oggi 17.000 uomini, pronta ad<br />

essere “dispiegata in qualsiasi parte del<br />

mondo nello spazio di 5 giorni”. A Taranto,<br />

poi, è dislocato il quartier generale della<br />

High Readiness Force una forza marittima<br />

speciale di rapido intervento, inserita nella<br />

catena di comando del Pentagono, che ha in<br />

programma la creazione in zona di un grande<br />

centro servizi per la Sesta flotta, dotato,<br />

fra l’altro, di un complesso sistema di comunicazione,<br />

controllo, computers e<br />

intelligence, che lo farà diventare un centro<br />

unico nel Mediterraneo di comando e spionaggio<br />

del Pentagono.<br />

Tutte le su elencate Forze e basi Usa,<br />

anche se ospitate su territorio italiano,<br />

sono inserite nella rete di comando del<br />

Pentagono e sottratte, quindi, a qualsiasi<br />

interferenza decisionale italiana, trasformando,<br />

in tale modo, l’Italia in un trampolino<br />

di lancio della “proiezione di potenza”<br />

statunitense verso sud e verso est, in<br />

un quadro di ridislocazione delle Forze<br />

Usa dall’Europa settentrionale e centrale a<br />

quella meridionale ed orientale.<br />

Una tale “esibizione” di potenza militare<br />

deve essere considerata, pertanto, non una<br />

semplice strategia militare ma una vera<br />

strategia politica, che si prefigge lo scopo<br />

di superare le resistenze di quella che<br />

Rumsfeld definisce la “vecchia Europa”,<br />

attraverso e per mezzo degli amici più<br />

fedeli fra i quali emerge l’Italia.<br />

Una siffatta strategia, peraltro, non può<br />

non scatenare una serie di risposte, che<br />

non lasciano intravedere niente di pacifico.<br />

La Russia, infatti, per rispondere alla<br />

installazione prevista di una base<br />

missilistica Usa in Europa, come recentemente<br />

dichiarato dal ministro della Difesa<br />

Serghei Ivanov, sta predisponendo adeguate<br />

misure militari ed ha aggiunto: “Si<br />

tratta di una questione sulla quale stiamo<br />

discutendo da tempo con gli Usa, entrando<br />

anche nei dettagli, anche se non ci è noto<br />

quale sarà il Paese scelto per l’installazione<br />

della base e quali saranno il numero ed<br />

il tipo di missile ospitato”. Il generale<br />

Henry Obering direttore del sistema<br />

antimissile americano, sostiene da<br />

tempo,che la base europea sarà semplice<br />

parte del Sistema di difesa antimissilistico,<br />

anche se deve essere evidente come la<br />

crescente pressione, anche in tal modo,<br />

esercitata dagli Stati Uniti e dalla Nato nei<br />

riguardi dell’area, cosiddetta “post-sovietica”,<br />

abbia spinto Mosca a modernizzare<br />

il suo scudo nucleare. Secondo quanto<br />

annunciato da Ivanov l’esercito russo riceverà<br />

nell’anno in corso sei nuovi missili<br />

balistici intercontinentali (Mbi), altrettanti<br />

apparati spaziali e dodici razzi vettori<br />

con una spesa prevista di 53.500 milioni di<br />

rubli e cioè 910 milioni di dollari in più di<br />

quanto stanziato nel 2005.<br />

Il presidente Vladimir Putin ha recentemente<br />

dichiarato che la Federazione russa<br />

ha adeguatamente perfezionato e potenziato<br />

i mezzi di dissuasione nucleare, aggiungendo<br />

che le Forze armate del Paese<br />

debbono raggiungere il massimo di efficienza,<br />

onde garantire la sicurezza globale<br />

e difendere il Paese stesso da qualunque<br />

tentativo di pressione o ricatto effettuato<br />

con mezzi politico-militari.<br />

Dichiarazioni tutte, che non possono lasciarci<br />

passivamente indifferenti, specie<br />

se risultassero veritiere le voci, che affermano<br />

come sarà l’Italia il Paese, nel quale<br />

verrà allestita la succitata base missilistica.<br />

D’altra parte una più o una meno che<br />

differenza fa E questa differenza può<br />

essere accettata dal movimento pacifista<br />

europeo, che oggi, nel contesto di una<br />

invasione mondiale del modello di “guerra<br />

giusta” e di “guerra umanitaria” vede<br />

spazzato via un qualsiasi “luogo-riparo”<br />

Il movimento pacifista ha, avrà, di fronte a<br />

sé grandi responsabilità, che non ammettono<br />

impazienze, disfattismi e/o<br />

massimalismi, ma che prevedano un forte<br />

e continuativo impegno, basato sulla convinzione<br />

che il futuro del mondo sarà un<br />

futuro tragico, se non verrà distaccato dalla<br />

logica della violenza, che le basi militari<br />

Usa in Italia rappresentano in pieno.<br />

Bruno Bertolaso<br />

Uno scorcio della Maddalena.<br />

NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006 - 25


In ricordo di Enzo Salsi<br />

Il 24 maggio scorso si è spento nella<br />

sua casa di Poviglio il compagno Enzo<br />

Salsi, lasciando nello sconforto i suoi<br />

cari e tutti i compagni che con lui hanno<br />

tanto intensamente collaborato.<br />

Enzo ha condotto, infatti, un’esistenza<br />

molto attiva, all’insegna dell’impegno<br />

sociale e civile.<br />

Nato in una famiglia di antifascisti – il<br />

padre Odoardo era iscritto al partito<br />

comunista clandestino negli anni del<br />

regime fascista – Enzo fu forgiato giovanissimo<br />

come collaboratore nella<br />

Resistenza. Casa Salsi era infatti una<br />

casa di latitanza, che ospitava partigiani<br />

del battaglione mobile della pianura.<br />

Questo gruppo che compiva avventurose<br />

e rischiose azioni di guerriglia<br />

durante la notte, di giorno trovava<br />

rifugio in case sicure come quelle delle<br />

famiglia di Enzo.<br />

I Salsi erano contadini; toccava al<br />

tredicenne Enzo andare al caseificio<br />

con il bidone del latte vuoto, dire al<br />

cascinaio che era caduto ed aveva rovesciato<br />

nel fosso quel latte che in realtà<br />

era servito a rifocillare i partigiani.<br />

Il suo funerale ci racconta molto di lui:<br />

una folla immensa, silenziosa e commossa<br />

nel dolore e nel ricordo. Gli<br />

stendardi che accompagnavano il feretro,<br />

nella loro potenza simbolica,<br />

parlavano più che un fiume di parole<br />

del suo impegno.<br />

C’era la bandiera dell’Anpi. Da sempre<br />

dirigente dell’associazione Enzo,<br />

ormai malfermo di salute, nelle ultime<br />

gocce della sua esistenza non ha ces-<br />

sato di lavorare per contribuire al rafforzamento<br />

della sezione povigliese.<br />

Anche la bandiera dei Democratici di<br />

sinistra lo ha accompagnato nel suo<br />

ultimo viaggio. Enzo è stato segretario<br />

della Fgci negli anni Cinquanta, e<br />

poi ha fatto parte del direttivo della<br />

sezione Pci di Poviglio. Quando ci fu<br />

la svolta della Bolognina mi disse:<br />

“Mi dispiace, sono sempre stato comunista,<br />

ma se c’è da cambiare si<br />

cambia!”. C’era una delegazione della<br />

Pubblica assistenza “Croce azzurra”<br />

con lo stendardo. Di questa associazione<br />

al servizio della salute dei<br />

cittadini Enzo era stato a lungo milite<br />

volontario.<br />

Rosseggiava la bandiera dello Spi-<br />

Cgil, il sindacato dei pensionati, nel<br />

quale Enzo rivestiva il ruolo di componente<br />

del comitato direttivo.<br />

A rappresentare l’Istituto Alcide Cervi<br />

c’era Maria Cervi con un gruppo di<br />

volontari del Museo Cervi di cui Enzo<br />

era un assiduo collaboratore. Nei giorni<br />

festivi lo si poteva incontrare come<br />

eloquente guida ad illustrare la storia<br />

di questa casa e del mondo contadino.<br />

Da contadino mezzadro, era divenuto<br />

operaio specializzato alle officine meccaniche<br />

Greco di Reggio Emilia. Di<br />

questa esperienza di crescita e di cambiamento<br />

Enzo era orgoglioso.<br />

Appassionato e raffinato conoscitore<br />

di musica, faceva parte degli “Amici<br />

della Lirica”. Tanti amici che condividevano<br />

con lui questa passione si sono<br />

stretti attorno al suo ricordo nel momento<br />

dell’estremo saluto.<br />

Ci manca molto la sua presenza, e<br />

riecheggiano nella memoria la sua parlata<br />

a voce alta, il suo timbro così<br />

potente, tipici delle persone schiette.<br />

A me resta il rimorso di non avere avuto<br />

la forza di comporre l’orazione funebre<br />

che il nostro Enzo si meritava. Il suo<br />

esempio vivrà però al di là delle parole<br />

come il solenne silenzio, più evocativo<br />

di mille discorsi che lo ha accompagnato<br />

nel suo ultimo viaggio, ci ha raccontato.<br />

L’essenziale, scarno racconto delle vicende<br />

della sua esistenza sono già un<br />

monito per le giovani generazioni. A<br />

noi, suoi compagni di mille avventure e<br />

mille battaglie, il compito di non disperdere<br />

la sua testimonianza.<br />

Alla moglie, compagna Silvana, ed alla<br />

figlia, amica Catia, le nostre più sentite<br />

condoglianze ed il nostro affettuoso abbraccio.<br />

Sidraco Codeluppi<br />

Segretario ANPI-Sezione di Poviglio<br />

Un aiuto all’Anpi<br />

in memoria di Elio Trolli<br />

Il Centro Sociale Autogestito “Orologio” di Reggio Emilia ci ha fatto pervenire<br />

la seguente lettera.<br />

Nella giornata di domenica 18 giugno, con l’organizzazione del nostro gruppo di<br />

cicloturisti, si è svolto il raduno della Resistenza intitolato “Memorial Elio Trolli”.<br />

La manifestazione ha registrato la presenza di numerosissimi amici cicloturisti e<br />

ha visto l’entusiastica partecipazione di tanti amici nella cura di ogni dettaglio<br />

organizzativo.<br />

L’occasione del “Memorial Elio Trolli” ci ha consentito anche momenti di<br />

riflessione e, insieme ai soci volontari che hanno curato l’iniziativa, abbiamo<br />

deciso di devolvere la somma di € 150,00 (centocinquanta) alla Vostra Organizzazione.<br />

L’attenzione e l’impegno della Vostra Organizzazione per la salvaguardia dei<br />

valori fondanti della nostra società, ci stimolano a proseguire nello sviluppo di<br />

attività che vedano la partecipazione attiva e democratica di tutti i cittadini.<br />

Vi porgiamo cordiali saluti.<br />

La Presidente<br />

Lina Montanari<br />

Ringraziamo gli amici del Centro Sociale “Orologio” e con loro rinnoviamo il<br />

ricordo del partigiano Elio Trolli, già comandante di battaglione nella 144ª<br />

Brigata Garibaldi, per tanti anni organizzatore del Trofeo ciclistico della Resistenza.<br />

Cogliamo l’occasione per manifestare solidarietà all’amica Lina per i<br />

danni subiti dal Centro sociale in seguito ad atti delinquenziali.<br />

26 - NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006


Restaurata in Camporanieri la stele<br />

per i partigiani Malaguti e Simonazzi<br />

La stele restaurata dopo le deturpazioni subite ad opera di ignoti vandali, è stata<br />

ricollocata, grazie alla volontà di Comuni ed Anpi di Castelnovo Sotto e Poviglio,<br />

all’interno dell’area verde dell’ex fornace Dall’Aglio, in comune di Castelnovo<br />

Sotto, e viene ora custodita dall’associazione Anziani del Laghetto Camporanieri”.<br />

Segnaliamo che Codeluppi e Righi hanno già in passato curato il restauro o il<br />

rifacimento di altri cippi dedicati a caduti partigiani nei comuni di Poviglio,<br />

Campegine e Novellara<br />

Nelle foto (sotto): 1° maggio 2006, un momento della inaugurazione. Erano presenti,<br />

assieme ai familiari dei due caduti, Orio Vergalli per l’Anpi provinciale, i sindaci di<br />

Castelnovo Sotto (Roberta Mori) e Raul Daoli (Novellara ), l’Assessore Fabio<br />

Montanari di Poviglio, un assessore di Guastalla e don Ercole Artoni.<br />

(a fianco): la stele come si presenta ora. La ragazzina seduta è la pronipote di<br />

Posacchio Malaguti (figlia di una figlia di Franco); a lei è stato affidato il compito<br />

del taglio del nastro.<br />

I fratelli Rosa e Franco Malaguti ringraziano<br />

vivamente l’assessore comunale<br />

Montanari di Castelnovo Sotto<br />

e i dirigenti dell’Anpi di Poviglio<br />

Sidraco Codeluppi e Germano Righi<br />

per l’impegno con cui hanno provveduto<br />

al rifacimento e alla ricollocazione,<br />

in località Campo Ranieri, del<br />

cippo dedicato alla memoria del loro<br />

padre Posacchio Malaguti e di Alvaro<br />

Simonazzi, partigiani della 77ª Brigata<br />

Sap, caduti in combattimento il<br />

24 aprile 1945.<br />

Nell’occasione hanno fatto un’offerta<br />

all’Anpi di Poviglio.<br />

Un grave lutto ha colpito<br />

Giannetto Magnanini, presidente di Istoreco<br />

Sabato scorso 19 agosto, è morta Norma Cagnoli, di anni 79,<br />

moglie di Giannetto Magnanini. Il decesso, in seguito ad<br />

attacco cardiaco, è avvenuto all’ospedale di Mirano, provincia<br />

di Venezia. Il funerale si terrà in quella località giovedì<br />

prossimo 24 agosto alle ore 12.<br />

La famiglia Magnanini si era trasferita a Martellago (Venezia)<br />

circa tre anni fa.<br />

Norma Cagnoli prese parte alla Resistenza entrando giovanissima<br />

nei Gruppi Difesa della Donna, partecipò alla lotta<br />

per la salvezza del pennellificio “Agazzani”, una delle poche<br />

fabbriche che nel dopoguerra occupava manodopera femminile.<br />

Aderì al Pci nel 1945 e, in seguito, al Pds e successivamente<br />

entrò nei Ds, ove era ancora iscritta.<br />

L’iscrizione al Pci avvenne assieme a gruppi di donne operaie<br />

di diverse fabbriche reggiane che scelsero quel partito per<br />

realizzare i loro ideali di giustizia sociale, di libertà e di pace<br />

trasmessi dalla Resistenza e che animarono tutta la loro vita.<br />

Il senatore Ugo Benassi, amico e compagno di militanza di<br />

Magnanini, nell’esprimergli la paretecipazione al suo dolore,<br />

gli ha scritto: “Norma come Lucia [moglie del senatore,<br />

NdR] sono state parti importanti della nostra vita personale<br />

e della nostra storia politica…”.<br />

Alla notizia della scomparsa di Norma Cagnoli, sono arrivate<br />

a Istoreco attestazioni di solidarietà e partecipazione da<br />

tante persone, compagni di partito, singole personalità e da<br />

organizzazioni tra cui l’Anpi provinciale e l’Anppia.<br />

L’orazione funebre è stata tenuta da Hermes Grappi. Il testo<br />

sarà pubblicato sul prossimo numero del “Notiziario”.<br />

NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006 - 27


Guerra-Resistenza-Politica:<br />

Storie di donne<br />

Pubblicati gli atti del Convegno dell’Istituto Cervi: un importante contributo alla ricerca storica<br />

È finalmente uscito (e presentato il primo<br />

giugno scorso al Museo Cervi in una giornata<br />

di studio no-stop ricca di riflessioni e<br />

di emozioni) il volume “Guerra-Resistenza-Politica:<br />

storie di donne (a cura di<br />

Dianella Gagliani, Aliberti Editore), che<br />

raccoglie gli atti del convegno nazionale<br />

omonimo promosso il 7-8-9 ottobre 2004<br />

dall’Istituto Alcide Cervi e dalla Società<br />

italiana delle storiche e tenutosi nella nostra<br />

città presso l’Università.<br />

Il Convegno e il volume sono stati dedicati,<br />

non a caso, a Genoeffa Cervi, rivalutandone<br />

il ruolo all’interno della famiglia:<br />

una figura “simbolica”, quella di Genoeffa,<br />

che riassume in sé tutte le donne che hanno<br />

vissuto la guerra e la Resistenza, e le donne<br />

contadine in particolare: la loro forza, la<br />

loro umanità, la loro capacità di sopportare<br />

il dolore e di reagire alle avversità, la loro<br />

consapevolezza e condivisione della lotta<br />

comune.<br />

Perché, come ricorda la nipote, Maria Cervi,<br />

nella sua lucida ed insieme commossa<br />

testimonianza: “L’immagine di lei che il<br />

tempo ci ha trasmesso, di una moglie e<br />

madre vissuta all’ombra del marito e dei<br />

figli, non le rende giustizia”.<br />

Tutto il Convegno del resto è teso, attraverso<br />

un impegno non facile, attento e<br />

rigoroso di ricerca e di interpretazione<br />

storica, a fare emergere il ruolo essenziale<br />

che innumerevoli donne, perlopiù nell’ombra<br />

ed in silenzio, hanno avuto in quel<br />

tragico periodo della nostra storia, contribuendo<br />

all’esito vittorioso della Resistenza<br />

e continuando ad impegnarsi poi, anche<br />

nella ricostruzione, per la conquista dei<br />

primi diritti e nella costruzione dello Stato<br />

sociale.<br />

Tutto questo è raccontato, nel Convegno,<br />

non solo attraverso i fatti, ma portando in<br />

primo piano le motivazioni, le ragioni, i<br />

vissuti, i caratteri e le forme diverse ed<br />

originali di una partecipazione attiva e<br />

corale delle donne a quella vicenda storica,<br />

che ha segnato una rottura radicale,<br />

culturale e politica rispetto al ruolo storicamente<br />

loro assegnato, in particolare nell’Italia<br />

del fascismo.<br />

Ciò avviene anche con un’esplicita critica<br />

alla storiografia ufficiale e con un’aperta<br />

rottura rispetto alla rappresentazione spesso<br />

agiografica della Resistenza prevalsa<br />

sino ad ora anche nelle forze antifasciste,<br />

che hanno in genere, taciuto, ignorato,<br />

sottovalutato quel ruolo e quella partecipazione,<br />

al massimo rinchiudendola e<br />

svilendola nella retorica sulle mater<br />

dolorosae o sull’esaltazione di singole<br />

“eroine” della guerra partigiana dotate di<br />

virtù “virili”.<br />

Dianella Galliani, la valente docente di<br />

storia Contemporanea all’Università di<br />

Bologna, che ha voluto e coordinato il<br />

complesso lavoro del Convegno, così riassume<br />

il senso del volume: “Pochi avrebbero<br />

pensato, sino a non molto tempo fa,<br />

che la storia delle donne e di genere<br />

avrebbe conferito nuovi significati alle<br />

categorie storiche di “Guerra” e di “Resistenza”...<br />

E ancora: “Lo sguardo rivolto<br />

al pianto dei bambini, insieme a quello di<br />

donne e di uomini, ha permesso di superare<br />

una visione della guerra prevalentemente<br />

incentrata sulle strategie e le operazioni<br />

militari o sugli strumenti bellici o<br />

le innovazioni tecnologiche, per porre al<br />

centro della scena la distruzione, la sofferenza,<br />

la morte. Anche la Resistenza, sottratta<br />

agli aspetti combattentistici, si è<br />

dispiegata in una varietà di presenza e di<br />

attività le quali consentono una sua ulteriore<br />

definizione”.<br />

È dunque, per citare una felice sintesi, il<br />

racconto e l’analisi di “una diversa guerra,<br />

una diversa Resistenza, un’altra politica”:<br />

quella delle donne in carne ed ossa.<br />

Il filo che lega i diversi interventi<br />

Il filo che lega i tanti diversi contributi è<br />

appunto volto ad analizzare e a fare emergere<br />

ciò che ancora della guerra e della<br />

Resistenza non è stato raccontato e ciò<br />

che differenzia, distingue il modo con<br />

cui le donne hanno vissuto quegli eventi<br />

e quelle circostanze, il loro peculiare<br />

modo di vivere ed affrontare la guerra e<br />

le sue devastazioni, di “fare” la Resistenza,<br />

di intendere e di sentire l’idea di<br />

“patria”.<br />

Ne esce un quadro complesso ed articolato,<br />

che si articola nel Convegno in tre filoni<br />

tematici: 1) Guerra e violenza; 2) Resistenze;<br />

3) Patria/patrie.<br />

Ciascuna di queste parti si compone di una<br />

pluralità di contributi specifici e di approfondimenti<br />

che mettono a fuoco temi ed<br />

aspetti sinora ignorati o poco trattati, da<br />

cui emerge la complessità, la diversità, la<br />

specificità di situazioni, di contesti e di<br />

vissuti e anche le differenze territoriali.<br />

Nella parte “Guerra e violenza” al centro<br />

sono le donne come principali “vittime”<br />

della guerra, le loro strategie di sopravvivenza<br />

e di reazione in situazioni estreme.<br />

Importanti i contributi sulle confinate politiche<br />

contro la guerra, sulle internate e<br />

deportate, sulle donne dei campi profughi<br />

in Puglia, l’approfondimento sulla<br />

memorialistica femminile e sul difficile<br />

tema degli stupri di massa nel basso Lazio<br />

ad opera delle truppe francesi, sugli abusi<br />

e le violenze sessuali lungo la linea gotica,<br />

sul tema della sessualità e della violenza<br />

nelle memorie delle resistenti.<br />

Nella seconda parte, “Resistenze”, si analizza,<br />

attraverso analisi riferite ai diversi<br />

contesti territoriali, come, perché e con<br />

quali percorsi, le donne, dalla ricerca di<br />

strategie di sopravvivenza nella guerra,<br />

giungono a partecipare attivamente, consapevolmente,<br />

seppure in forme diverse,<br />

alla Resistenza antifascista e antinazista,<br />

come matura in loro una coscienza collettiva,<br />

come si realizza una “rottura storica”<br />

rispetto al ruolo tradizionale.<br />

Contributi ulteriori a quelli che sinora<br />

erano stati portati in periodi precedenti<br />

vengono, per esempio, dalle comunicazioni<br />

sulle donne e la Resistenza in Emilia<br />

Romagna: si veda quella di Anna Appari<br />

sui Gruppi di difesa della donna a<br />

Reggio Emilia tra Garibaldini e Fiamme<br />

Verdi; di Caterina Liotti su Diventare<br />

partigiane: pratiche e culture politiche<br />

tra soggettività e percorsi collettivi; di<br />

Delfina Tromboni “Terribili contingenze-Inaspettate<br />

libertà”. Ma di grande interesse<br />

sono anche le comunicazioni sull’esperienza<br />

delle donne in Veneto (dove<br />

emerge il ruolo della Chiesa e delle donne<br />

cattoliche), nelle Marche, a Roma, e nel<br />

Sud.<br />

In modo specifico viene affrontato il tema<br />

dei riconoscimenti, dai quali gran parte<br />

della donne viene esclusa, anche perché<br />

molte, ritenendo “normale” ciò che avevano<br />

fatto non li chiesero, ma soprattutto per<br />

i “criteri” maschilisti individuati per l’assegnazione.<br />

La terza parte, “Patria/ patrie”, affronta il<br />

tema delle diverse culture e dei diversi<br />

modelli su cui le donne si sono formate ed<br />

anche divise e contrapposte prima e nel<br />

corso della guerra e il tema, ancora aperto<br />

del loro ruolo nel dopoguerra e dell’avvio<br />

alle prime esperienze di cittadinanza, nel<br />

periodo della ricostruzione. Sono affrontati<br />

diversi aspetti della militanza politica<br />

delle donne, tra i quali il tema delle<br />

antifasciste e la tradizione socialista, e<br />

ciò anche attraverso l’analisi delle biografie<br />

di alcune figure femminili (Frida<br />

Malan, Tina Merlin). Ma per la prima<br />

volta in modo approfondito, sono anche<br />

analizzate le motivazioni e le modalità di<br />

militanza delle donne che stavano dall’altra<br />

parte e del consenso femminile al<br />

regime (dalla storia delle collaborazioni-<br />

28 - NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006


ste della Rsi, alle collaborazioniste processate<br />

a Roma, al ruolo di riviste quale<br />

“Lumen”, al tema del patriottismo e della<br />

fede fascista nella biografia di una dirigente<br />

delle donne del regime: Angela<br />

Maria Guerra.<br />

Contributi significativi vengono infine dati<br />

su “silenzi e presenze nella storiografia<br />

italiana” (Maria Grazia Soriano) e sulla<br />

storia del movimento pacifista internazionale<br />

delle donne (Elda Guerra).<br />

Le prospettive dopo il Convegno<br />

Il volume si chiude affrontando il tema<br />

delle “prospettive” con un importante intervento<br />

di Anna Bravo (una valente storica<br />

cui si devono le prime ricerche storiche<br />

di “genere”) dal titolo Resistenze e riduzione<br />

del danno, che, con riflessioni<br />

innovative di grande interesse, trae alcuni<br />

spunti di valore generale su cui gli storici,<br />

ma anche la politica sono chiamati a riflettere,<br />

confrontarsi e a ricercare ulteriormente.<br />

Alla Bravo alcuni punti appaiono acquisiti,<br />

dopo il grande lavoro fatto: 1) la Resistenza<br />

è un oggetto plurale e differenziato<br />

su cui occorre scavare ancora; 2) lo studio<br />

delle lotte inermi, (la guerra senz’armi)<br />

delle donne è una tappa importante di<br />

questa ricerca; 3) l’opera femminile deve<br />

diventare più visibile.<br />

E fare ciò consente anche di rispondere ad<br />

un uso politico della storia (l’attuale ondata<br />

revisionista) che la riduce a pura violenza,<br />

alla guerra civile e alle vendette del<br />

dopoguerra, e di fare emergere la realtà e il<br />

ruolo della resistenza civile e di come la<br />

vissero le donne; consente di fare emergere<br />

valori e significati di umanità, di solidarietà,<br />

di lotta per la vita e per la pace, di<br />

riscatto e liberazione individuale e collettiva,<br />

di ricerca di un modo diverso di<br />

essere se stesse.<br />

Valori e significati “carichi di futuro”,<br />

oltre che autentici motori della partecipazione<br />

popolare femminile alla resistenza,<br />

valori carichi di “politicità”, di un modo<br />

diverso di intendere e vivere la politica.<br />

Dunque, un Convegno, un libro importante<br />

che ci auguriamo, tante e tanti vorranno<br />

leggere.<br />

Un Convegno che certo non partiva da<br />

zero, perché, soprattutto in alcune regioni,<br />

(in Emilia, per esempio), in particolare<br />

dalla metà degli anni ’70, è stato compiuto<br />

uno sforzo di ricerca storica sul ruolo delle<br />

donne, le cui fasi sono ricostruite nel Convegno.<br />

Recentemente, in particolare col<br />

60 o , le stesse protagoniste hanno cominciato<br />

a raccontarsi, dando ulteriori contributi<br />

di memoria storica.<br />

Ma la novità e il valore del Convegno è<br />

quello di collocare storicamente e nell’insieme<br />

il tema del ruolo delle donne in<br />

quegli anni cruciali e di affrontarlo, appunto,<br />

da un punto di vista “di genere”,<br />

cogliendo cioè il modo peculiare con cui<br />

esse hanno vissuto guerra e Resistenza,<br />

hanno gestito una quotidianità sconvolta,<br />

hanno reagito all’orrore, analizzando il<br />

percorso che le ha portate a compiere gesti<br />

e scelte anomali, a prendersi rischi e ad<br />

assumersi responsabilità nuove e maturando<br />

così un’idea diversa di sé stesse e del<br />

proprio ruolo sociale.<br />

A partire dal Convegno c’è motivo di<br />

riflessione e di ulteriore ricerca su molteplici<br />

temi, per il movimento delle donne,<br />

per gli storici, per la politica.<br />

È un importante stimolo a continuare il<br />

lavoro di ricerca, peraltro già avviato anche<br />

a Reggio nei singoli territori e sui temi<br />

ancora aperti (tra questi, il ruolo delle<br />

donne nel dopoguerra e negli anni seguenti).<br />

È di stimolo alle giovani donne a costruire<br />

un nuovo rapporto con le generazioni<br />

precedenti, ad attingere in modo creativo<br />

a quella memoria storica per ricavarne,<br />

nella concretezza del loro tempo, forza,<br />

consapevolezza, fedeltà ai valori universali<br />

che le donne di allora hanno saputo<br />

difendere e proporre.<br />

È uno stimolo e un segnale per la ricerca<br />

storica in senso più ampio, che deve assumere<br />

finalmente l’approccio di genere<br />

come un contributo determinante alla ricostruzione<br />

intera di quello e di altri processi<br />

storici, in cui gli aspetti politico,<br />

militari, istituzionali non possono più essere<br />

disgiunti dall’esperienza e dal vissuto<br />

quotidiano di coloro, donne e uomini appunto,<br />

che li vissero da protagonisti e non<br />

solo subendoli.<br />

È uno stimolo per la politica a ripensarsi,<br />

nei suoi valori e nelle sue forme, assumendo<br />

sino in fondo il tema ancora aperto della<br />

piena cittadinanza femminile, portando<br />

così a compimento il percorso iniziato,<br />

appunto, dalle donne che il Convegno del<br />

“Cervi” e delle storiche ha saputo raccontare<br />

in modo così efficace, lucido e pienamente<br />

partecipe.<br />

Eletta Bertani<br />

Ricordati i caduti dello Sparavalle<br />

Passo dello Sparavalle, 11 giugno 2006. Manifestazione in ricordo dei<br />

partigiani caduti in combattimento nel giugno 1944. Hanno pronunciato<br />

parole di saluto i sindaci di Castelnovo Monti (Marconi) e di<br />

Busana (Govi). I ragazzi delle scuole medie di Felina e di Busana<br />

hanno letto loro elaborati sul tema della Resistenza e dei suoi valori.<br />

(foto Fani)<br />

Un aspetto del corteo che si dirige verso il cippo eretto in memoria<br />

dei partigiani caduti Ennio e Marino Gilioli, Giulio Canedoli, Stelio<br />

Baisi, Primo Cilloni, Marino Dallari, Florio Mughetti, Walter Incerti<br />

Vecchi, Nello Lasagni, Almo Ferrari, Domenico Manfredi, Dino Morelli,<br />

Mentore Pagani, Giuseppe Notari, Adelmo Ferrari, Enzo Parenti,<br />

Ettore Simonazzi, Adolfo Tedeschi, Alberto Montanari.<br />

Dietro i gonfaloni della Comunità Montana e dell’ANPI provinciale<br />

sono visibili i sindaci di Busana (Govi), di Castelnovo M. (Marconi),<br />

Fiocchi di Villa Minozzo ; il vice sindaco di Carpineti, la prof. Clementina<br />

Santi, Assessore della Comunità Montana e due assessori di Collagna<br />

e Ligonchio.<br />

(foto Fani)<br />

NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006 - 29


Un partigiano di 16 anni<br />

Bruno Friggeri Classe 1928 - Nome di battaglia Trédes<br />

Partigiano nella 31ª Brigata Garibaldi e nella 76ª Brigata Sap (operante nel Reggiano)<br />

Essendo nato a Montecchio (Reggio<br />

Emilia) in ambiente famigliare contrario<br />

al fascismo e dopo aver sopportato la morte<br />

di un fratello per mano di questi, il<br />

Friggeri decise nell’autunno 1944 di aggregarsi<br />

alle formazioni partigiane che<br />

operavano nelle colline circostanti il paese<br />

di Ciano D’Enza già allora sede di distaccamenti<br />

dove però non venne accolto per<br />

la sua giovane età.<br />

Il suo carattere deciso lo spinse però a non<br />

rassegnarsi ed egli si diresse verso il territorio<br />

parmense ed attraversando i paesi di<br />

Tortiano, Basilicanova, Felino, Collecchio,<br />

giunse a Fornovo dove sostò per una notte<br />

da alcuni contadini che il giorno seguente<br />

gli indicarono la via per la Valceno senza<br />

seguire la strada provinciale che era sotto<br />

il controllo delle truppe nazifasciste<br />

Dopo aver percorso diversi chilometri,<br />

Bruno si imbattè in un posto di blocco<br />

partigiano che sorvegliava la strada, le<br />

sentinelle lo fermarono e lo accompagnarono<br />

ad un comando partigiano che si<br />

trovava nei pressi di Salsomaggiore e qui<br />

i comandanti dopo qualche attimo di incertezza<br />

lo accettarono nelle file partigiane<br />

dandogli il nome di battaglia di Trédes<br />

(13 in dialetto reggiano) e indirizzandolo<br />

al campo di concentramento di Vischeto<br />

presso Bardi nella ex fabbrica di talco.<br />

Nei mesi di fine ’44 inizio ’45 le forze<br />

nazifasciste stavano preparando un rastrellamento<br />

di vaste proporzioni e quando i<br />

primi giorni di gennaio si ebbero le prime<br />

Friggeri durante una manifestazione resistenziale accanto al Sindaco di Montecchio Iris<br />

Giglioli.<br />

avvisaglie gli addetti alla guardia del campo<br />

ebbero non poche difficoltà per occultare<br />

le anni e per lo sgombero dei numerosi<br />

prigionieri che potevano servire per effettuare<br />

scambi.<br />

Il comandante da cui dipendeva Trédes si<br />

chamava Fiorello Donelli nome di battaglia<br />

Pippo ordinò che metà degli uomini<br />

rimanesse sul posto per l’occultamento<br />

delle armi e l’altra metà si dirigesse con i<br />

prigionieri verso l’alta Valceno.<br />

Trédes restò ad occultare le armi ed a<br />

malincuore sotterrò il suo Bren quasi nuovo<br />

ma risparmiandosi alcuni caricatori che<br />

si portò dietro durante lo sganciamento.<br />

Il drappello dei partigiani rimasti al campo<br />

una volta concluso il lavoro si diresse<br />

anch’esso verso i confini dell’Appennino<br />

ligure/<strong>emili</strong>ano sopportando disagi indicibili<br />

per il freddo, la neve alta e la paura<br />

delle pattuglie di rastrellatori che grazie ad<br />

un equipaggiamento adatto avevano un<br />

notevole vantaggio da chi doveva fuggire<br />

con poco cibo ed un vestiario inadatto alle<br />

circostanze.<br />

Il gruppo sfuggì alla cattura in modo<br />

fortunoso per due volte e dopo aver incontrato<br />

un gruppo di altri fuggiaschi formato<br />

solo da ex militari russi corse un’altro mortale<br />

pericolo quando da lontano credette di<br />

aver trovato un altro gruppo di questa etnìa<br />

che invece era una pattuglia di rastrellarori<br />

appartenenti alla Divisione Turkestan dell’esercito<br />

tedesco tutti di etnìa mongola<br />

largamente impiegati nelle azioni di rastrellamento.<br />

Dopo queste peripezie lo sconforto<br />

si insinuò nel piccolo gruppo di partigiani<br />

e molti decisero di arrendersi presentandosi<br />

ai posti di blocco sulle principali strade, ma<br />

il giovane Trédes scelse di non andare con<br />

i compagni e si diresse invece verso il paese<br />

da cui erano partiti vedendo in questa località<br />

un posto accogliente. Era una scelta<br />

coraggiosa non priva di incognite ma il<br />

giovane partigiano si lasciò guidare dall’entusiasmo<br />

dei suoi 16 anni e dopo alcuni<br />

giorni di sofferenza giunse a Vischeto dove<br />

trovò il paese sconvolto, la gente impaurita<br />

e non più disponibile come prima del rastrellamento,<br />

ma nonostante tutto per quella<br />

notte trovò accoglienza.<br />

In quel tempo specialmente nel nostro<br />

appennino la gente viveva in condizioni<br />

misere e lo zaino contenente due coperte<br />

che Trédes portava con sé fecero gola a<br />

due ragazze che incontrò per strada che gli<br />

chiesero se poteva regalargliele ma quelle<br />

misere coperte erano tutto quello che poteva<br />

salvargli la vita ed oppose perciò un<br />

netto rifiuto. La strada che portava verso<br />

Bardi, Varsi, Varano era presidiata ancora<br />

dai rastrellatori e Trédes si rese presto<br />

conto che lo zaino e le coperte erano importantissime<br />

ma erano anche segno evidente<br />

della sua appartenenza alle formazioni<br />

partigiane e perciò se ne dovette<br />

disfare se voleva sperare di passare inosservato<br />

ad eventuali posti di blocco.<br />

Il suo senso del pericolo aveva funzionato<br />

ancora perché i posti di blocco erano ad<br />

ogni paese ma la sua giovane età e il non<br />

portare bagagli gli consentirono di passare<br />

senza problemi Bardi e Varsi e di arrivare<br />

in quel tardo pomeriggio alla periferia di<br />

Varano Melegari. Poco prima del paese si<br />

fermò in un gruppo di case posto sulla<br />

destra della strada, bussò e chiese ospitalità<br />

alla giovane donna che si presentò alla<br />

porta che intuendo che si trattava di un<br />

giovane partigiano lo fece entrare per<br />

rifocillarsi e per passare la notte. Trédes<br />

però non poteva immaginare che quella<br />

giovane donna custodiva un tragico segreto<br />

e dopo poco confidò fra le lacrime che i<br />

fascisti avevano fucilato il suo fidanzato<br />

partigiano appartenente alla 31ª Garibaldi<br />

con il nome di battaglia di Bistecca (Giulio<br />

Rovacchi) anch’egli nato a Montecchio<br />

come il giovane Trédes.<br />

Con questo triste fardello nel cuore egli<br />

abbandonò Varano per dirigersi verso la<br />

natìa terra dove gli ultimi mesi della guerra<br />

lo vedranno aggregato alla 76ª Brigata Sap<br />

operante nel territorio di Montecchio fino<br />

alla liberazione. La battaglia per la liberazione<br />

del paese è avvenuta il 23 aprile 1945.<br />

(g.f.)<br />

30 - NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006


CITTADINI-DEMOCRAZIA-POTERE<br />

Il porta a porta della discordia<br />

La polemica sulla sperimentazione della<br />

raccolta dei rifiuti urbani, chiamata “Porta<br />

a Porta”, sta diventando sempre più forte e,<br />

purtroppo, si sta radicalizzando, riducendo<br />

lo spazio per una valutazione serena e<br />

obiettiva di quanto sta accadendo. Al momento<br />

sono due i fatti accertati: il primo è<br />

che la sperimentazione, in corso nella 7 a<br />

Circoscrizione, non sta andando come i<br />

promotori si attendevano, il secondo è che<br />

i costi sono più elevati del previsto.<br />

Non aiuta nemmeno l’attivismo dei comitati<br />

anti-inceneritore che vedono, in questo<br />

sistema di raccolta l’alternativa alla<br />

costruzione dell’inceneritore e, nel disagio<br />

manifestato dai cittadini della 7 a Circoscrizione,<br />

un’esagerazione alimentata dai<br />

fautori del partito del termo-valorizzatore.<br />

È una posizione sbagliata perché i problemi<br />

che sono emersi nella sperimentazione<br />

ci sono e sono reali. Quando più di 1000<br />

cittadini, fruitori del servizio mettono la<br />

loro firma sotto una lettera di protesta,<br />

questa non può essere liquidata come faccenda<br />

irrilevante o come atto pilotato da<br />

forze politicamente ostili. La questione va<br />

presa sul serio, soprattutto dal Comune di<br />

Reggio che del “Porta a Porta” ne è promotore,<br />

E, allora, cominciamo col dire che la<br />

raccolta Porta a Porta, se funzionerà, farà<br />

innalzare in modo decisivo la quantità di<br />

rifiuti riciclabili. Come tutti servizi diretti<br />

al pubblico, però, esso deve, prima di ogni<br />

altra cosa, funzionare bene, poi costare un<br />

prezzo compatibile con le risorse disponibili.<br />

Nel caso del Porta a Porta, le condizioni<br />

del buon funzionamento sono, essenzialmente,<br />

quattro: la prima è che il nuovo<br />

sistema non può obbligare i cittadini a fare<br />

cose inadatte alla loro situazione abitativa<br />

e alle loro condizioni personali o famigliari.<br />

Non è nemmeno pensabile di privare i<br />

cittadini della possibilità di liberare la casa<br />

dai rifiuti quando lo ritenga necessario,<br />

soprattutto quelli “umidi”, soggetti a rapido<br />

deterioramento, né farli carico di troppo<br />

ingombro, che può essere causato dalle<br />

altre quattro categorie di rifiuti (carta, plastica,<br />

vetro e lattine e secco residuo). La<br />

seconda è che il risultato di un più alto<br />

livello di raccolta differenziata non può<br />

essere raggiunto abbassando il livello<br />

d’igiene privato, cioè quello dentro le abitazioni,<br />

né il livello d’igiene pubblico,<br />

cioè quello delle strade e dei punti di<br />

accumulo collettivi. Il rischio, a causa degli<br />

accumuli in casa e del deposito dei<br />

sacchetti lungo le strade è molto concreto.<br />

La terza è che occorre accompagnare il<br />

nuovo metodo di raccolta con un sistema<br />

incentivante in grado di premiare i comportamenti<br />

individuali virtuosi, in base al<br />

principio “chi più separa e collabora più<br />

risparmia”. Il quarto è quello di pervenire<br />

ad un’efficienza in grado di mantenere i<br />

costi ad un livello di compatibilità con le<br />

risorse disponibili;<br />

Con questa sperimentazione nessuna delle<br />

condizioni appare soddisfatta. Infatti, le<br />

lamentele più forti sono originate dal deterioramento<br />

delle condizioni igieniche sia<br />

nelle abitazione che nelle strade e dall’approccio<br />

troppo “spinto e integrale” che si è<br />

voluto dare alla sperimentazione. Da qui,<br />

sembrano trarre origine episodi di “esportazione”<br />

di rifiuti in altre zone della città e i<br />

più deplorevoli abbandoni lungo le strade<br />

di cui hanno dato conto i giornali nelle<br />

settimane scorse. Sulla necessità di un sistema<br />

incentivante e del deficit di tecnologia a<br />

suo supporto, torneremo in una prossima<br />

occasione. Importante, invece in questa fase<br />

assumere un giusto approccio ai costi.<br />

Dalla sperimentazione stanno emergendo<br />

alti costi. Ma, data la complessità del Porta<br />

a Porta, rispetto alla raccolta mediante<br />

cassonetti, il fatto non sorprende. I costi<br />

sono sensibilmente più alti rispetto alle<br />

previsioni. Qualcuno parla anche del doppio.<br />

Se così fosse sarebbe un prezzo eccessivo<br />

che la collettività non potrà, certamente,<br />

accollarsi. Ma, se fossero apportati<br />

aggiustamenti, improntati a maggiore realismo<br />

e semplificazione gestionale, anche<br />

un ragionevole maggior costo, potrebbe<br />

essere accettato dai cittadini.<br />

Un sistema che consente un altissimo grado<br />

di recupero e riciclaggio e capace di<br />

porre l’Italia in linea con gli obbiettivi<br />

dell’Europa, merita anche un sacrificio<br />

economico in vista di un più grande beneficio<br />

futuro. Ma come dicevamo all’inizio,<br />

il servizio deve funzionare e deve farlo<br />

senza imporre inutili e irragionevoli vincoli<br />

ai comportamenti privati dei cittadini<br />

ai quali è lecito chiedere, soltanto, il dovere<br />

della collaborazione.<br />

Per questi motivi, la possibilità di portare<br />

al successo il Porta a Porta, passa dalla<br />

capacità di risolvere i problemi che sono<br />

emersi e stanno ancora emergendo con la<br />

sperimentazione nella 7 a Circoscrizione.<br />

Bene ha fatto il Comune a procedere con la<br />

fase sperimentale, ma prima di estenderlo<br />

a tutta la città è necessario che ogni ragionevole<br />

insoddisfazione sia eliminata e che<br />

il piano tecnico e finanziario a sostegno<br />

del progetto complessivo sia più robusto e<br />

completo di quanto non lo sia stato quello<br />

della fase sperimentale. Infine, ma non per<br />

importanza, il servizio Porta a Porta esteso<br />

all’intera città, dovrà essere preceduto da<br />

una forte promozione partecipativa dei<br />

cittadini e di tutte le categorie sociali ed<br />

economiche, perché il più importante dei<br />

risultati non potrà venire che dalla loro<br />

partecipazione informata e convinta.<br />

Claudio Ghiretti<br />

Bidoni e cassonetti della raccolta differenziata in un cortile della zona di Via Adua.<br />

NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006 - 31


SEGNALI DI PACE<br />

di Saverio Morselli<br />

Una certezza annunciata: nessuno (a<br />

parte, forse, gli Stati Uniti) riesce a<br />

capire le ragioni dello Stato di Israele,<br />

nessuno è in grado di comprendere quella<br />

sorta di sindrome da accerchiamento<br />

e da annientamento capace di cementare<br />

in modo così forte e trasversale il suo<br />

popolo.<br />

Evidentemente, è così che Israele la<br />

pensa se, per l’ennesima volta, ha ritenuto<br />

legittima e assolutamente doverosa<br />

la durissima reazione militare (una<br />

vera e propria guerra) in Libano, seguita<br />

al sanguinoso agguato Hezbollah a<br />

una pattuglia di soldati e al rapimento di<br />

due di essi.<br />

Certo, non sfugge che la vera causa di<br />

quella che D’Alema ha definito “reazione<br />

spropositata” va ricercata nel clima<br />

politico che infiamma attualmente il<br />

Medio Oriente, ove ritrova vigore il<br />

pensiero integralista a favore della eliminazione<br />

fisica degli “sionisti” o, dall’altra<br />

parte, la convinzione che gli<br />

straccioni arabi vadano tenuti ad una<br />

adeguata distanza di “sicurezza”.<br />

D’accordo, per l’ennesima volta la diplomazia<br />

è in vacanza. Ma ciò che colpisce<br />

è la radicale diversità di vedute, la<br />

distanza abissale che separa le parti.<br />

Due esempi:<br />

Il governo libanese accusa Israele di<br />

voler imporre un nuovo ordine<br />

mediorientale, intimidendo i Paesi arabi<br />

attraverso la devastazione del Libano,<br />

e rilancia: “Hezbollah è la conseguenza<br />

di anni di occupazione israeliana,<br />

l’unico responsabile di quanto sta<br />

accadendo è Israele, uno stato che continua<br />

a martirizzare le popolazioni<br />

palestinese e libanese e a violare<br />

deliberatamente le risoluzioni Onu”.<br />

Non una parola sulla capacità di<br />

Hezbollah di colpire città israeliane;<br />

non una parola sulle dichiarazioni irresponsabili<br />

del Presidente iraniano in<br />

barba e giacchetta Ahmadinejad, non<br />

un accenno alla aggressività di Hamas.<br />

Ma tant’è: di fronte c’è solo morte e<br />

distruzione.<br />

Il vicepremier israeliano Peres rigetta<br />

ogni accusa di aggressione a uno Stato<br />

sovrano, ribadisce un curioso concetto<br />

di guerra di difesa (“Stiamo solo difendendoci<br />

da un attacco premeditato di<br />

Hezbollah, commissionato dall’Iran”)<br />

e testualmente afferma: “Penso che dobbiamo<br />

combattere, non indiscriminatamente<br />

e con ritegno. […] Così difendiamo<br />

la pace vera, quella in cui credo<br />

profondamente, quella che deve ancora<br />

venire e per cui continuerò sempre a<br />

combattere”. Ed ancora, sul concreto:<br />

“Tutti gli edifici su cui abbiamo sparato<br />

erano pieni di armi, nascondigli, magazzini<br />

ed uffici di Hezbollah”. E la<br />

strage di Cana (corteo funebre massacrato)<br />

“Un errore, come ne possono<br />

accadere in guerra”. Viene davvero da<br />

chiedersi come un Premio Nobel per la<br />

pace possa parlare così. Chissà cosa<br />

vorranno mai dire per lui gli aridi numeri<br />

del conflitto che, se la logica ha ancora<br />

un senso, ha devastato il Libano senza<br />

neppure una vera e propria dichiarazione<br />

di guerra: 1069 vittime civili accertate,<br />

oltre 1000 feriti, un milione di<br />

profughi, distruzione di aeroporti, strade,<br />

ponti, telecomunicazioni, acquedotti,<br />

impianti elettrici ed industriali per un<br />

costo di ricostruzione (per il quale<br />

occorreranno 3-4 anni) di almeno 2,5<br />

miliardi di dollari, 15.000 tonnellate di<br />

g<strong>reggio</strong> riversate in mare a seguito del<br />

bombardamento della centrale di Jiyye,<br />

per un costo di bonifica stimato in 100<br />

milioni di dollari. E chissà se l’elevato<br />

prezzo pagato anche dal suo popolo in<br />

termini di vite umane e di distruzione<br />

gli faranno sorgere qualche dubbio in<br />

più…<br />

La situazione mediorientale è e rimane<br />

estremamente complessa ed è pertanto<br />

arduo, forse presuntuoso, dare giudizi a<br />

tavolino (o, come detto da una donna<br />

nel rifugio per sfuggire ai razzi<br />

Hezbollah, “dottoreggiare su una guerra<br />

contro il terrorismo che dovreste almeno<br />

capire e in cui siamo lasciati così<br />

soli”), stabilire cosa è giusto e cosa non<br />

lo è da dietro lo schermo di un computer.<br />

Ma ciò che non quadra in questo<br />

contesto è che se da una parte è estremamente<br />

facile (e giusto!) condannare gli<br />

atti di terrorismo che colpiscono la popolazione<br />

civile israeliana, se la protesta<br />

e lo sdegno montano ogniqualvolta<br />

l’antisemitismo viene ignobilmente<br />

riproposto, dall’altra la sacrosanta condanna<br />

per gli atti di vero e proprio<br />

terrorismo di stato posti in essere dalle<br />

autorità israeliane è attenuata, ridimensionata<br />

da una sorta di timoroso<br />

giustificazionismo, di cattiva coscienza<br />

storica che impedisce di prendere una<br />

posizione netta e risoluta.<br />

Il fantasma del genocidio è sempre lì,<br />

aleggia in mezzo a noi. Un senso profondo<br />

di responsabilità collettiva ci impedisce<br />

di vedere e di credere che i<br />

discendenti dei massacrati siano ora in<br />

grado, talvolta, di rendersi responsabili<br />

di nefandezze e di infamità.<br />

Di eseguire esecuzioni mirate, di arrestare<br />

parlamentari o semplici cittadini e<br />

di tenerli in galera per anni senza alcun<br />

processo. Di radere al suolo case e villaggi,<br />

di creare muri divisori, di occupare<br />

arbitrariamente da decine di anni<br />

terre che non gli appartengono..<br />

Il mondo politico occidentale eccede in<br />

cautele, ricorda l’inviolabile diritto di<br />

Israele ad esistere e auspica, sì, auspica<br />

(da cinquant’anni) che questo diritto sia<br />

riconosciuto anche al popolo<br />

palestinese. Riconosce come legittimo<br />

il ricorso alla autodifesa, anche quando,<br />

come certa guerra di recente accezione,<br />

è “preventivo”, assolve i massacri di<br />

civili attribuendone la responsabilità alla<br />

feroce spregiudicatezza dei terroristi ed<br />

infine, forse in nome della “Soah”, accetta<br />

passivamente il mancato rispetto<br />

di decine e decine di Risoluzioni Onu.<br />

Eh sì, criticare Israele non è solo disdicevole,<br />

ma presta il fianco all’accusa di<br />

antisemitismo e di negazione delle ragioni<br />

storiche di un popolo che vive<br />

accerchiato dalla ostilità di milioni di<br />

arabi.<br />

Ma chiudere gli occhi di fronte alla<br />

realtà, per cruda e spiacevole che sia,<br />

non aiuta il negoziato e tantomeno la<br />

pace. Chiudere gli occhi sulle responsabilità,<br />

di chiunque siano, significa rendere<br />

un cattivo servizio alla giustizia e<br />

alla credibilità di chi continua ad impegnarsi<br />

per una equa ed accettabile soluzione<br />

del conflitto mediorientale.<br />

Ed allora, apriamoli questi occhi, e magari<br />

leggiamo il rapporto di Amnesty<br />

International sulla guerra in Libano, nel<br />

quale si accusa Israele di aver commesso<br />

“crimini di guerra” per aver<br />

deliberatamente preso di mira le infrastrutture<br />

del Paese con lo scopo di far<br />

rivoltare i civili e governo contro<br />

Hezbollah. Gli elementi raccolti starebbero<br />

ad indicare che “un tale livello di<br />

distruzione è stato premeditato e parte<br />

di una strategia militare”. L’aviazione<br />

avrebbe compiuto non meno di 7000<br />

raid tra il 12 luglio e il 12 agosto, provocando<br />

oltre mille morti, metà dei quali<br />

bambini.<br />

Potremmo aggiungere, con Regis<br />

Garrigues della associazione “Medecins<br />

du Monde” che è stato accertato l’uso di<br />

bombe a frammentazione e al fosforo<br />

bianco.<br />

Ma, a quel punto, l’accusa di antisionismo<br />

non ce la leverebbe nessuno.<br />

32 - NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006


OPINION LEDER<br />

Ladro di opinioni<br />

di Fabrizio "Taver" Tavernelli (Presidente Anpi Cor<strong>reggio</strong>)<br />

La linguistica è la scienza del linguaggio<br />

articolato. Attraverso la lingua e le sue<br />

diverse articolazioni possiamo creare e<br />

disfare un senso, possiamo edificare o<br />

abbattere una realtà. Il linguaggio come<br />

l’architettura può arrivare ad ergere ardite<br />

costruzioni che sembrano appoggiare sul<br />

nulla, solide o eteree, ridondanti o<br />

minimali. Mentre parliamo, mentre tutto<br />

nel mondo ci rivolge la parola, si elaborano<br />

concetti, si da una lettura ed un’interpretazione<br />

del circostante e del<br />

proiettabile. Il linguaggio è un potente<br />

strumento magico-alchemico capace di<br />

dare nuovi significati e come l’organo<br />

che la sostiene nel suo svolgersi in parole<br />

e pensieri, la lingua, può arrotolarsi in<br />

grandi verità ed in grandi mistificazioni.<br />

Ecco dunque qualche giochetto verbale<br />

estivo a cui dare una propria interpretazione.<br />

Questa è soltanto la mia personale<br />

traduzione di frasi, modi di dire, definizioni,<br />

etichette, aggettivi, neologismi che<br />

da modo di dire si sono tramutati in senso<br />

comune.<br />

Sinistra radicale – forse un tempo ormai<br />

lontano c’era solo la sinistra che si trovava<br />

ad essere radicale per sua stessa natura<br />

fondante. Poi con la storia e con il nascere<br />

della scienza politica ha cominciato ad<br />

assumere diverse connotazioni. Oggi tutti<br />

tendono a rimarcare le differenze e la<br />

distanza tra una sinistra moderata e<br />

riformista ed una radicale. Il giochetto,<br />

personalmente non mi appassiona ed anzi<br />

mi pare un’insidiosa trappola. Simpatizzando<br />

il sottoscritto per ciò che è “radicale”<br />

(ma non violento, devastante o<br />

autodistruttivo, che è altra cosa) credo<br />

che l’aggettivo “radicale” che nei tg, nei<br />

salotti buoni, ha assunto un carattere negativo<br />

si stia sempre più allargando sino<br />

ad includere pensieri, azioni, sentimenti<br />

che sino a ieri erano patrimonio della<br />

sinistra senza aggiunta di altre specifiche.<br />

Diventa dunque “radicale” (e quindi negativo)<br />

lo sciopero, diventa “radicale” (e<br />

quindi negativa) ogni forma di protesta<br />

che vada appena un pelo sopra le righe,<br />

diventano “radicali” le azioni che nascono<br />

spontaneamente dal basso ed in più si<br />

rispolverano ordinamenti d’emergenza,<br />

come il concorso morale del codice Rocco,<br />

per chi manifesta nelle piazze. Diventerà<br />

radicale forse esprimere pensieri forti e<br />

Perversi giochetti linguistici<br />

scomodi per il buon senso generale Poi<br />

mi chiedo, cosa c’è stato di più radicale in<br />

questi anni, del liberismo selvaggio ed<br />

inumano, cosa c’è stato di più radicale<br />

dell’antipolitico Berlusconi, cosa c’è stato<br />

di più radicale della guerra preventiva<br />

americana, cosa più radicale degli<br />

integralismi religiosi, cosa c’è di più radicale<br />

dell’antistato e del razzismo leghista<br />

Io di fronte a queste “radicali” offese alla<br />

giustizia ed all’intelligenza non posso che<br />

rispondere radicalmente. Dunque permettetemi<br />

l’indignazione, lasciatemi protestare<br />

seriamente, lasciatemi l’incazzatura,<br />

poi semmai ci posso ragionare sopra. Non<br />

il contrario, pensando se è meglio far finta<br />

di niente e cosa mi conviene, cosa ci<br />

guadagno se assumo una posizione moderata<br />

e d’attesa. Qui non si vogliono<br />

legittimare guerriglie urbane, auto incendiate,<br />

vetrine rotte ecc. si vuole soltanto<br />

smascherare il sottile trabocchetto grazie<br />

al quale un’opinione, una protesta decisa<br />

e ad alta voce è stata fatta diventare “terrorismo”.<br />

Possibile che tutto quello che<br />

sta al di fuori ed oltre i soporiferi teatrini<br />

politici televisivi sia così estremo<br />

Partito democratico – tanta strada, tante<br />

lotte, tante giuste differenziazioni per arrivare<br />

presto ad impersonare la parte della<br />

corrente di sinistra della democrazia cristiana<br />

Calciopoli e campioni – … a questo<br />

punto mi aspetto di ricevere una bordata<br />

di fischi… ma aldilà della comprensibile<br />

festa, del nazionale entusiasmo (attenzione<br />

però alla trasformazione in nazionalismo)<br />

e lasciatemelo dire della retorica,<br />

non appare eccessivo, se non isterico quello<br />

che ha seguito la vittoria dei mondiali<br />

Non è che per caso dietro a questo sfilare,<br />

urlare, dimenarsi della giovine Italia vi<br />

sia da un lato il nulla, il calcio ed i suoi<br />

testimonial-calciatori come ultimi eroi di<br />

un futuro che non promette niente e dall’altro<br />

il gioco, l’aspetto ludico che nelle<br />

epoche buie serve a fare dimenticare angosce,<br />

ansie, insicurezze. Qualcuno poi,<br />

propone di proseguire la festa, con un’amnistia<br />

generale che cancelli la vergognosa<br />

onta di calciopoli. Che si festeggi ad oltranza<br />

dunque!<br />

Liberalizzazioni – tutti invocano il mercato<br />

libero, tutti si dicono pronti alla<br />

competizione… poi quando qualcuno<br />

prende provvedimenti in tal senso ecco<br />

che rispuntano lobbies varie,<br />

particolarismi atavici, categorie che si<br />

barricano, eredi di titoli e professioni per<br />

albo genealogico che gridano allo scandalo.<br />

Si coalizzano farmacisti, taxisti,<br />

notai, avvocati, monopoli televisivi ecc.<br />

Tutti vogliono essere liberi di fare i loro<br />

interessi senza che nella gara vi siano altri<br />

concorrenti.<br />

I nostri soldati – i figli del popolo.<br />

Pasolinianamente parlando. Massima pietà<br />

e compassione, onore e gloria, lacrime,<br />

bare e bandiere. Possibile che ancora oggi<br />

i figli delle classi cosiddette popolari, i<br />

ragazzi dell’Italia più povera abbiano<br />

come unica chance per studiare, sposarsi,<br />

pensare ad una casa, soltanto la partenza<br />

per la guerra. Tutto questo<br />

pasolinianamente detto, se permesso, da<br />

uno che non è figlio di ricchi borghesi.<br />

Commerciale – si è riusciti infine a rendere<br />

questa categoria il massimo dell’aspirazione<br />

giovanile. Quindi è tutto un fiorire<br />

ed un richiedere, senza tante pretese e<br />

velleità intellettuali, di musica commerciale,<br />

cinema commerciale, immagine<br />

commerciale, cibo commerciale… “il<br />

commerciale” unisce, rassicurante e riconoscibile.<br />

Laicismo – il dizionario dice: atteggiamento<br />

ideologico di chi sostiene la piena<br />

indipendenza del pensiero e dell’azione<br />

politica dei cittadini dall’autorità ecclesiastica.<br />

I teocon all’amatriciana sottolineano<br />

l’aggettivo “ideologico” e parlano<br />

di deriva laicista. Noi allora possiamo<br />

sostituire la prima parte con “cosciente<br />

separazione di ruoli, tra sfera dell’intimo<br />

e ambito pubblico” in questo modo anche<br />

il presunto laicismo si può tranquillamente<br />

tradurre in laicità.<br />

NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006 - 33


L’INFORMAZIONE SANITARIA<br />

Le risposte del Prof. Enzo Iori<br />

Egregio prof. Iori,<br />

sono una donna nubile di 59 anni. Col<br />

caldo estivo faccio fatica a trovare il<br />

sonno (abito alla periferia di<br />

Cor<strong>reggio</strong>). I genere mi addormento<br />

verso le 2 di notte. Ma al mattino verso<br />

le 5 , 5,30 mi sveglio con una specie di<br />

smania addosso e non resisto più a<br />

stare a letto , anche se mi sento stanca<br />

e vorrei dormire ancora.<br />

Cosa posso fare Io non ho mai preso<br />

sonniferi, ma in questa mia situazione<br />

possono servire<br />

Attendo una sua cortese e competente<br />

risposta e la ringrazio.<br />

Francesca S.<br />

Cara Francesca, l’insonnia è un disturbo<br />

molto comune, circa il 14 percento<br />

delle persone lamenta disturbi del sonno<br />

e tale percentuale aumenta con l’età,<br />

raggiungendo il 33 percento dopo i<br />

60-65 anni.<br />

Nella antica Grecia il sonno era rappresentato<br />

come un adolescente che corre<br />

leggero per dare agli uomini il riposo del<br />

corpo e della mente con un papavero<br />

nella mano destra ed un vaso del suo<br />

succo nella sinistra. Il sonno era dunque<br />

visto come quiete e distacco dalle fatiche<br />

quotidiane per recuperare energie in<br />

vista di una nuova giornata.<br />

Cosa è l’insonnia È la sensazione soggettiva<br />

di non avere tratto sufficiente<br />

riposo dal sonno, perché non abbastanza<br />

lungo o non abbastanza ristoratore. Non<br />

è dunque molto significativa la sola durata<br />

del sonno, poiché vi sono molte<br />

differenze individuali in ciò. Vi sono<br />

persone che dormono poco più di tre ore<br />

per notte senza alcun disturbo (come<br />

Napoleone, Papa Giovanni 23º,<br />

Pirandello) ed altre che se dormono meno<br />

di dieci ore non stanno bene.<br />

Possiamo quindi concludere che è insonne<br />

chiunque, indipendentemente dalla<br />

durata del sonno, non dorme bene e<br />

perciò non si sente in buona efficienza<br />

fisica e mentale durante il giorno.<br />

Vi è una insonnia primaria, quando il<br />

paziente è sano e non ci sono apparentemente<br />

cause che giustifichino l’insonnia,<br />

ed una insonnia dovuta invece a<br />

malattie (come depressione, morbo di<br />

Parkinson, dolore cronico, asma) od abitudini<br />

(come uso di talune sostanze medicinali,<br />

abuso di droghe o alcolici); è<br />

chiaro che in tali casi si debba intervenire<br />

su queste cause per risolvere anche<br />

l’insonnia.<br />

Vi sono 3 tipi di insonnia: l’insonnia<br />

iniziale con difficoltà all’addormentamento,<br />

l’insonnia centrale con numerosi<br />

e prolungati risvegli, l’insonnia terminale<br />

con mancato ripristino del sonno<br />

dopo un risveglio precoce notturno.<br />

Se l’insonnia è occasionale è di solito<br />

legata a stati momentanei soprattutto<br />

di tipo ansioso legati a preoccupazioni,<br />

mentre l’insonnia cronica è un disturbo<br />

persistente che può diminuire il<br />

benessere e le prestazioni della persona.<br />

A seconda dell’età, delle cause dell’insonnia,<br />

dell’ambiente di vita il medico<br />

curante prescriverà una terapia adeguata<br />

alla situazione, concordandola con il<br />

paziente.<br />

Esistono due tipi fondamentali di terapia<br />

dell’insonnia: una terapia farmacologica<br />

ed una terapia non farmacologica.<br />

La prima si basa sulla somministrazione<br />

di determinati farmaci, detti ipnotici,<br />

che aiutano ad indurre o mantenere il<br />

sonno; tale terapia viene di solito preferita<br />

nei casi di insonnia a breve termine<br />

o acuta. In passato venivano utilizzati i<br />

barbiturici per indurre e mantenere il<br />

sonno, mentre attualmente vengono prescritti<br />

soprattutto due tipi di farmaci: le<br />

benzodiazepine utili per la fase di<br />

addormentamento e gli antidepressivi<br />

triciclici che regolano il sonno oltre ad<br />

avere un effetto sulla depressione. Entrambi<br />

questi farmaci devono essere assunti<br />

sotto controllo medico perchè non<br />

sono privi di effetti collaterali ed anche<br />

perché gli ipnotici possono perdere efficacia<br />

nel tempo.<br />

La terapia non farmacologica compone<br />

della correzione di abitudini sbagliate<br />

con una buona igiene del sonno e di vita;<br />

esistono anche tecniche di rilassamento<br />

muscolare e mentale, ed anche rimedi<br />

cosiddetti “naturali” come la cronoterapia,<br />

la fototerapia e la fitoterapia che si<br />

pongono come scopo quello di regolare<br />

nuovamente l’orologio biologico interno.<br />

Questi due tipi di terapia possono anche<br />

essere prescritti insieme, ma è in ogni<br />

caso importante parlarne con il proprio<br />

medico curante.<br />

Ecco infine alcune “regole d’oro” per<br />

dormire meglio: dormire in ambiente<br />

fresco, buio, silenzioso, ove non siano<br />

presenti stimoli antagonisti del sonno,<br />

come presenza di scrittoio e cyclette;<br />

astenersi da cene abbondanti, alcol, fumo,<br />

caffe e tè alla sera; evitare di dormire di<br />

giorno; ripetere gesti abitudinari prima<br />

di dormire, come mettere in ordine gli<br />

abiti dopo esserseli tolti, lavarsi i denti,<br />

puntare la sveglia; fare durante il giorno<br />

attività motoria moderata e regolare,<br />

come camminare, evitandola invece prima<br />

di coricarsi; evitare intenso esercizio<br />

intellettuale la sera; cercare di rilassarsi<br />

prima di andare a dormire con un bagno<br />

caldo, una tisana rilassante o leggendo<br />

un libro a letto.<br />

34 - NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006


CONOSCERE GLI ALTRI<br />

I Careli<br />

I Careli sono un popolo di stirpe finnica che usano chiamare se<br />

stessi karjalaiset, un etnonimo, questi, molto probabilmente<br />

derivato da garja = foresta, dalla quale presero nome anche gli<br />

originari abitanti delle zone boscose che si trovavano a nord-ovest<br />

del lago Ladoga, assieme all’altra tribù finnica dei Vepsi, con gli<br />

elementi della quale spesso si mischiarono. Furono i Russi a<br />

coniare l’etnonimo Korely o Karely, dando a questi il senso<br />

dispregiativo di: luridi briganti della foresta.<br />

Attualmente i Careli contano in tutto circa 130.000 individui la<br />

maggior parte dei quali (80.000) residenti nel loro omonimo<br />

territorio, mentre un altro gruppo di essi si trova nella regione Tver.<br />

Come tipo antropologico i Careli si presentano quali individui di<br />

alta statura, se non dei veri giganti, dalla corporatura slanciata e<br />

con viso dai lineamenti regolari. Hanno folta barba e capelli<br />

castani, ed immensi occhi grigio-azzurri, che rispecchiano il loro<br />

carattere mite e sognante che li dispone alla poesia. Vedi in tal<br />

caso il magnifico poema epico “Kalevala”, dove esprimono tutto<br />

il loro quieto vivere, tra sonnolenti foreste e luoghi romiti.<br />

L’economia dei Careli meridionali in passato si basava essenzialmente<br />

su un tipo di agricoltura settentrionale, mentre nelle regioni<br />

del nord prevaleva la caccia, la pesca e il taglio del legname, e il<br />

suo trasporto per via terra o per fluitazione.<br />

La quasi totalità dei Careli professa la fede cristiano ortodossa<br />

russa, pur rimanendovi inseriti alcuni elementi di antica provenienza<br />

sciamanica.<br />

Riccardo Bertani<br />

Kalevala. Illustrazione di T. Jufa.<br />

Fanciulle careliane alla raccolta di funghi nella foresta.<br />

Detti e proverbi careli<br />

– Il nemico non si combatte a parole, ma coi fatti.<br />

– Se hai una moglie chiacchierona, sai di tutto il villaggio.<br />

– Non sperare di ricevere consigli da un taciturno.<br />

– Ogni lampo di felicità, equivale ad un raggio di sole.<br />

– L’ardore dei giovani si spegne alla prima folata di vento.<br />

– La volpe furba è difficile che cada nella tagliola.<br />

– Considera come un fratello chi giace nell’indigenza.<br />

– Se vai nella foresta, non è con l’odio che puoi uccidere un<br />

orso.<br />

– L’astuto osserva senza mai darlo a conoscere.<br />

– Le brutte parole è meglio che ti rimangano avvolte nei baffi.<br />

– Non sono le preoccupazioni che ti uccidono, ma la tristezza.<br />

– Del tuo paese natale conosci perfino i cespugli.<br />

– Se ascolti la gente, ti accorgerai che non tutto quel che si dice<br />

è vero.<br />

– Basta una bella canzone per renderti gaia la vita.<br />

– La lingua non avendo ossa la puoi manovrare come vuoi.<br />

Traduzione di Riccardo Bertani<br />

NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006 - 35


I NOSTRI LUTTI<br />

SANTE<br />

SPAGNI<br />

(Spadino)<br />

GIOVANNI<br />

BATTISTA<br />

MARTINELLI<br />

(Cino)<br />

Il 2 agosto u.s. è mancata all’affetto dei<br />

suoi cari Alberta Buffagni.<br />

Per Alberta<br />

Con un sorriso, uno scherzo, una partita a<br />

carte, hai riempito le nostre vite.<br />

Hai portato a tutti noi, sereno e reale, il<br />

ricordo della tua vita partigiana e delle<br />

tue origini agresti.<br />

La mattina, ancora con la vestaglia, eri<br />

già con la scopa in mano, nel cortile o in<br />

strada a conversare e a scherzare con<br />

qualsiasi anima del creato.<br />

La tua simpatia e la tua curiosità per le<br />

cose della vita hanno sempre accolto la<br />

compagnia di amici e parenti e, nonostante<br />

fosse difficile avere la meglio facendoti<br />

cambiare idea, poi tutti tornavano assetati<br />

della tua compagnia.<br />

Ma lo scherzo ora ce lo hai fatto davvero<br />

grosso: non sei più qui con noi, ma ti<br />

promettiamo che faremo tesoro del tuo<br />

essere “Buffagna” e cercheremo di vivere<br />

come se tu fossi ancora qui con noi.<br />

Ciao zia<br />

Mirna<br />

Il 22 giugno 2006 è mancato all’affetto dei<br />

suoi cari Sante Spagni Spadino, di 83 anni,<br />

ex Partigiano.<br />

Aveva militato nel 3° battaglione della 76 a<br />

Brigata Sap “Angelo Zanti”, comandata<br />

da Paride Allegri Sirio, che operava dal<br />

Secchia all’Enza e dalla zona collinare alla<br />

via Emilia.<br />

Sante, figura semplice e generosa dedita al<br />

lavoro e alla famiglia, era amato e stimato<br />

da tutti. Negli ultimi anni, le ore di svago<br />

le trascorreva con gli amici e soci del<br />

Centro sociale “La Rocca” di Scandiano.<br />

Venerdì 23 giugno, al funerale in forma<br />

civile, era accompagnato dalle canzoni<br />

della Resistenza suonate dal Corpo<br />

bandistico di Albinea, da tante bandiere<br />

rosse e dell’Anpi, compresa quella della<br />

Val d’Enza, dove Sante ha sempre operato,<br />

portata da Ivo Mareggini.<br />

Alla moglie Lucia, ai figli Liseo e Silvana<br />

e ai parenti tutti va l’abbraccio affettuoso<br />

e le più sentite e profonde condoglianze<br />

dell’Anpi di Scandiano.<br />

Per onorarne la memoria e con profondo<br />

ricordo, la Famiglia sottoscrive pro “Notiziario”,<br />

come il loro Sante ha sempre fatto.<br />

Anpi-Scandiano<br />

ENZO<br />

SETTI<br />

(Ferruccio)<br />

L’8 giugno 2006 è deceduto Enzo Setti<br />

Ferruccio, di Rubiera, nato nel 1913, Partigiano<br />

e perseguitato politico durante il<br />

ventennio fascista, già dirigente dell’Anpi<br />

rubierese.<br />

Il figlio Davide con la sorella Ileana uniti<br />

ai parenti e compagni lo ricordano con<br />

affetto e ne onorano la memoria con un’offerta<br />

al “Notiziario Anpi”.<br />

Per ricordare la scomparsa del Partigiano<br />

Giovanni Battista Martinelli Cino, avvenuta<br />

il 5 maggio scorso, la sorella Nelde<br />

sottoscrive pro “Notiziario”.<br />

ULTIMIO<br />

CASSINADRI<br />

(Fra’ Diavolo)<br />

Ad alcuni mesi dalla scomparsa, avvenuta<br />

il 12 maggio 2006, del Partigiano Ultimio<br />

Cassinadri Fra’ Diavolo, la moglie Carla e<br />

i figli Alfeo, Caterina e Maria Grazia lo<br />

ricordano con tanto affetto e sottoscrivono<br />

pro “Notiziario”, che non mancava di leggere<br />

e sostenere.<br />

ALBERTA<br />

BUFFAGNI<br />

ved. Canepari<br />

GIUSEPPE<br />

RINALDINI<br />

(Spalla)<br />

Il 1° agosto u.s. è deceduto in età di 82 anni<br />

il partigiano della 145ª Brigata Garibaldi<br />

Giuseppe Rinaldini, Spalla (noto anche<br />

col soprannome di Pinca), di San Prospero<br />

Strinati. La moglie Ernesta e i figli<br />

Gianfranco e Aloma ne onorano la memoria<br />

con un’offerta pro Notiziario.<br />

ERMES<br />

TONDELLI<br />

L’11 agosto u.s. è deceduto il compagno<br />

Ermes Tondelli. Nato nel 1910 in una<br />

famiglia contadina, aveva compiuto 96<br />

anni il 3 maggio scorso. A suo tempo non<br />

ebbe il riconoscimento della qualifica di<br />

partigiano, ma durante la Resistenza fu<br />

impegnato in un lavoro politico assai rischioso<br />

nella zona di Villa Cavazzoli, a<br />

fianco di Paolo Davoli. Per molti anni<br />

attivista dell’ANPI, fu anche funzionario<br />

del Pci. Diede inoltre un prezioso contributo<br />

di testimonianza con i suoi interventi<br />

nelle scuole in collaborazione con Istoreco.<br />

Abile disegnatore, accompagnava le sue<br />

testimonianze, per una maggiore efficacia<br />

didattica, con una bellissima “mappa della<br />

memoria”: il territorio allora campestre di<br />

Villa Cavazzoli dalla periferia ovest di<br />

Reggio fino alla Valle di San Giulio,<br />

evidenziando case di latitanza, percorsi<br />

notturni dei partigiani, luoghi di incontro<br />

36 - NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006


I NOSTRI LUTTI<br />

ANNIVERSARI<br />

tra Paolo Davoli e giovani reclutati nelle<br />

file della Resistenza.<br />

La morte lo ha colto nella casa di riposo<br />

di Casina dopo due mesi dal suo ricovero.<br />

Molti lo ricordano, già ultraottantenne,<br />

quando in vacanza a Castelnovo<br />

Monti saliva quasi ogni mattina, con<br />

passo fermo, verso la Piera di Bismantova.<br />

Ai familiari del caro Ermes giungano le<br />

condoglianze dell’Anpi e della redazione<br />

del Notiziario.<br />

ALDO<br />

GIANOTTI<br />

(Furia)<br />

Il 21 agosto u.s. è deceduto, amorosamente<br />

assistito fino all’ultimo dalla signora<br />

Maria, Aldo Gianotti Furia, di Villa<br />

Gavassa. Nato nel 1925, operaio alla<br />

Lombardini, era stato partigiano della<br />

145.a Brigata Garibaldi. Lo annunciano<br />

addolorati e commossi i figli Pietro e<br />

Claudio, le nuore Carla e Alessandra, i<br />

nipoti Gabriele, Erik e Greta, le sorelle<br />

Amedea e Iside, unitamente a tutti i familiari.<br />

Essi ringraziano, per la partecipazione alle<br />

esequie, l’ANPI ed in particolare il suo<br />

Vice Presidente provinciale Orio Vergalli,<br />

che vi ha tenuto una toccante orazione<br />

funebre.<br />

In onore del caro scomparso offrono pro<br />

Notiziario.<br />

LUIGI<br />

CANTAGALLI<br />

(Fumo)<br />

1° ANNIVERSARIO<br />

Nel primo anniversario della scomparsa,<br />

avvenuta l'8 agosto 2005, del partigiano<br />

Luigi Cantagalli Fumo, rinnovano la memoria<br />

del caro congiunto i suoi familiari<br />

con un'offerta al “Notiziario Anpi”.<br />

PIETRO<br />

GOVI<br />

(Piretto)<br />

1° ANNIVERSARIO<br />

Il 24 luglio scorso ricorreva il 1° anniversario<br />

della scomparsa del Partigiano Pietro<br />

Govi Piretto, di Rio Saliceto. La moglie<br />

Umberta, le figlie Adriana e Lorena lo<br />

ricordano con immutato affetto e sottoscrivono<br />

pro Notiziario.<br />

* * *<br />

Il 24 luglio scorso ricorreva il 1° anniversario<br />

della scomparsa di Pietro Govi, partigiano<br />

combattente con il nome di battaglia<br />

Piretto nel distaccamento “G. Matteotti”<br />

della 144ª Brigata Garibaldi.<br />

Per onorarne la memoria e per ricordarlo<br />

con profonda nostalgia agli amici e ai<br />

familiari.<br />

“Dove sei tu non so<br />

pure mi è facile pensarti<br />

e credere al tuo viso, alla tua voce”.<br />

Lo ricordano con tanto affetto Katia, Adele,<br />

Silvano, Nadia, Simona, che sottoscrivono<br />

pro “Notiziario” per mantenere viva<br />

la sua memoria.<br />

BRUNO<br />

MARZI<br />

(Mem)<br />

6° ANNIVERSARIO<br />

Il giorno 14 luglio ricorreva il 6° anniversario<br />

della scomparsa di Bruno Marzi Mem,<br />

partigiano combattente del distaccamento<br />

“G. Matteotti” della 144ª Brigata Garibaldi.<br />

La mia ombra<br />

La mia ombra combacia<br />

lievemente, delicatamente,<br />

con la tua, padre mio,<br />

ma dove di è nascosto il sole<br />

/ raggiante del passato.<br />

Lo ricordano con tanto affetto Katia, Adele,<br />

Silvano, Nadia, Simona, che sottoscrivono<br />

pro “Notiziario” per mantenere viva<br />

la sua memoria.<br />

LINDA<br />

ORLANDINI<br />

in Manzotti<br />

2° ANNIVERSARIO<br />

Il 27 luglio ricorreva il 2° anniversario<br />

della morte di Linda Orlandini Manzotti,<br />

che durante la lotta di Liberazione, a soli<br />

14 anni, era organizzata come staffetta<br />

nella 77ª Brigata Sap.<br />

Per rinnovare la sua cara memoria, il marito<br />

e il figlio, con la nuora e i nipoti,<br />

offrono pro “Notiziario”<br />

CESARE<br />

MELIA<br />

8° ANNIVERSARIO<br />

Il 9 agosto scorso ricorreva l’8° anniversario<br />

della scomparsa del caro Cesare Melia.<br />

La moglie Silvia e i figli Cinzia e Ivano lo<br />

ricordano con immutato affetto ed offrono<br />

pro “Notiziario”.<br />

GINO<br />

SETTI<br />

(Susmel)<br />

2° ANNIVERSARIO<br />

Il 16 agosto u.s. ricorreva il 2° anniversario<br />

della scomparsa del partigiano Gino<br />

Setti (Susmel) di Reggiolo Commissario<br />

di Btg. della 26ª Brigata Garibaldi. Lo<br />

ricordano con profondo rimpianto i familiari<br />

offrendo pro “Notiziario”.<br />

Per un sostegno finanziario al<br />

"NOTIZIARIO"<br />

Tel. 0522/432991 (solo mattino)<br />

NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006 - 37


ANNIVERSARI<br />

MARIA<br />

BARBANTINI<br />

VILMA<br />

GALAVERNI<br />

ved. Verzelloni<br />

DANTE<br />

CALZOLARI<br />

(Spada)<br />

5° ANNIVERSARIO<br />

Il 5 luglio 2006 ricorreva il 5° anniversario<br />

della scomparsa di Maria Barbantini<br />

di Ligonchio. La ricordano con immutato<br />

affetto il marito Ennio Felici, i figli Giuseppe<br />

e Maria Grazia, i nipoti Roberto e<br />

Marco, la nuora Carla e il genero<br />

Tommaso e sottoscrivono per il “Notiziario<br />

Anpi”.<br />

DUILIO<br />

CARRETTI<br />

(Giuseppe)<br />

7° ANNIVERSARIO<br />

Cadeva nel mese di luglio il 7° anniversario<br />

della perdita del caro Duilio, pertanto<br />

la moglie Clite, la figlia Meris, il figlio<br />

Mauro ed i nipoti nel ricordarlo con tanto<br />

affetto, offrono un contributo a sostegno<br />

del “Notiziario”, consapevoli dell’interesse<br />

che lui nutriva verso questo strumento<br />

d’informazione sui valori della Resistenza<br />

e della libertà.<br />

DAVIDE<br />

VALERIANI<br />

(Formica)<br />

5° ANNIVERSARIO<br />

Il 25 settembre 2006 ricorre il 5° anniversario<br />

della scomparsa del partigiano Davide<br />

Valeriani Formica.<br />

La moglie e i figli nel ricordarlo con<br />

immutato affetto sottoscrivono pro Notiziario.<br />

7° ANNIVERSARIO<br />

Il 17 agosto 2006 ricorreva il 7° anniversario<br />

della scomparsa di Vilma Galaverni,<br />

amica dell’Anpi di Roncocesi, la ricordano<br />

con immutato affetto le famiglie<br />

Galaverni e in suo onore offrono pro “Notiziario<br />

Anpi”.<br />

VOLMER<br />

VERZELLONI<br />

14° ANNIVERSARIO<br />

Il 3 ottobre 2006 ricorre il 14° anniversario<br />

della scomparsa del Patriota Volmer<br />

Verzelloni di Roncocesi. Lo ricordano con<br />

affetto le famiglie Galaverni offrendo in<br />

suo onore pro “Notiziario Anpi”.<br />

SEVERINO<br />

MORI<br />

(Carnera)<br />

5° ANNIVERSARIO<br />

Il 21 luglio scorso ricorreva il 5° anniversario<br />

della scomparsa del Partigiano<br />

Severino Mori Carnera della 77 a Brig. Sap<br />

“F.lli Manfredi”.<br />

I figli Nadia e Claudio lo ricordano con<br />

immutato amore, conservando di lui un<br />

ricordo indelebile per i valori che ne hanno<br />

sempre ispirato l’opera e per tutto l’amore<br />

che ha riservato loro. In suo onore sottoscrivono<br />

pro “Notiziario Anpi”.<br />

1° ANNIVERSARIO<br />

Il 18 luglio 2006 ricorreva il 1° anniversario<br />

della scomparsa di Dante Calzolari<br />

Spada, Partigiano combattente della 26 a<br />

Brig. Garibaldi. Ferito in combattimento a<br />

Villa Codemondo, nella fase di “pianurizzazione”<br />

della lotta, Calzolari fu anche<br />

detenuto ai Servi e duramente torturato a<br />

Villa Cucchi. Operaio delle Reggiane, fu<br />

protagonista della epica occupazione della<br />

fabbrica nel 1950. Aveva sempre vissuto in<br />

via Cassala, nel quartiere operaio per eccellenza<br />

di Santa Croce Esterna. Ne ricorda la<br />

nobile figura, con un offerta al “Notiziario”,<br />

il nipote Luciano con la famiglia.<br />

FRANCO<br />

ROSSI<br />

27° ANNIVERSARIO<br />

Nel 27° anniversario della scomparsa di<br />

Franco Rossi, avvenuta l’8 settembre 1979,<br />

la mamma lo ricorda insieme al papà Dino,<br />

scomparso 6 mesi fa. In loro memoria<br />

sottoscrive pro “Notiziario Anpi”.<br />

GIOVANNI<br />

BERTOLINI<br />

(Paolo)<br />

4° ANNIVERSARIO<br />

Il 29 agosto cadeva il 4° anniversario della<br />

morte del partigiano Giovanni Bertolini<br />

Paolo, ex volontario antifranchista in Spagna.<br />

La moglie, i figli e i nipoti lo ricordano<br />

e sottoscrivono a sostegno dell’Anpi.<br />

38 - NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006


OFFERTE<br />

IL "NOTIZIARIO ANPI" E' UNA VOCE DELLA RESISTENZA E DELLA DEMOCRAZIA.<br />

PER VIVERE HA BISOGNO DEL TUO AIUTO<br />

– LEA FRANCIA ......................................................... € 20<br />

– ANNA TONDELLI e figli in memoria di Franco<br />

Cigarini ...................................................................... ” 50<br />

– ANSELMO BISAGNI e ANGIOLINA a ricordo di<br />

Casoli Renato e Valentina ......................................... ” 50<br />

– FAM. UGOLOTTI a ricordo del loro familiare<br />

scomparso .................................................................. ” 20<br />

– CESIRA GIBERTONI .............................................. ” 10<br />

– ANPI e UDI di Medicina ........................................... ” 100<br />

– BRUNO FANI ........................................................... ” 20<br />

– FAM.GOVI in memoria di Pietro Govi “Piretto” ..... ” 50<br />

– NADIA e CLAUDIO MORI in memoria del padre<br />

Severino “Carnera” .................................................... ” 50<br />

– ANPI di Campegine .................................................. ” 120<br />

– PAOLINA- WILLER e VALENTINA in memoria<br />

di Morabello Pinotti ................................................... ” 200<br />

– EX PARTIGIANI DIST. F.LLI ROSSELLI in memoria<br />

dei caduti ......................................................... ” 50<br />

– AGIDE CORRADI .................................................... ” 50<br />

– CENRO SOCIALE OROLOGIO .............................. ” 150<br />

– LUCIANO CALZOLARI a ricordo dello zio Dante . ” 100<br />

– ERMES LUSETTI..................................................... ” 15<br />

– PEPPINO CATELLANI ........................................... ” 100<br />

– DAVIDE e ELIANA SETTI a ricordo di Enzo<br />

“Ferruccio” ................................................................ ” 50<br />

– FAUSTO BERGIANTI e figlio................................. ” 5<br />

– FAM.SPAGNI per onorare la memoria di Sante<br />

Spagni ........................................................................ ” 100<br />

– ANPI SCANDIANO a ricordo di Sante Soragni<br />

“Spadino” .................................................................. ” 20<br />

– OSTILIANA PIPERI................................................. ” 100<br />

– FERNANDO IBATTICI – CARPINETI .................. ” 50<br />

– ENNIO FOLIERI – Ligonchio in memoria della<br />

moglie Maria Barbantini............................................ ” 40<br />

– DOMENICO SIMONELLI a ricordo del fratello<br />

Ulderico ..................................................................... ” 30<br />

– EMMA RAVAZZINI e fam. per onorare il marito<br />

Emilio “Miglietto” ..................................................... ” 20<br />

– LUIGI GALAVERNI in memoria della sorella e del<br />

cognato ...................................................................... ” 100<br />

– FAM. CARRETTI per la ricorrenza della scomparsa<br />

di Duilio Carretti........................................................ ” 50<br />

– NELDA MARTINELLI per ricordare il fratello<br />

Giovanni Battista “Cino” ........................................... ” 20<br />

– VALTER CROCI in memoria di Giulio Croci.......... ” 30<br />

– BRUNO e PIETRA CARLETTI ............................... ” 25<br />

– RENZO SPAGGIARI ............................................... ” 20<br />

– GIOVANNI geom.BELPOLITI per avere visionato<br />

il notiziario ANPI ...................................................... ” 50<br />

– CESARINO MORSELLI – Reggiolo ....................... ” 20<br />

– ADA BARTOLI ........................................................ ” 10<br />

– CLAUDIO GALLI per onorare il padre Secondo ..... ” 20<br />

– PAOLA TORINELLI GORI a ricordo del marito<br />

deceduto in un incidente sul lavoro ........................... ” 20<br />

– MARIA MATTIOLI a memoria di Franco Rossi ..... ” 100<br />

– DIMMA ROSSI in memoria di Franco Rossi ........... ” 100<br />

– NEALDA DONELLI a ricordo della mamma<br />

Maria Manzotti .......................................................... ” 25<br />

– CARLA CASSINADRI in memoria del marito<br />

Ultimio ....................................................................... ” 50<br />

– CESARE e EURIDE SORAGNI............................... ” 50<br />

– MARIA ROSA FRANCHI a ricordo della mamma<br />

Domenica ................................................................... ” 40<br />

– RICCARDO CAMPIOLI .......................................... ” 100<br />

– SANDRA PANINI .................................................... ” 20<br />

– SILVIA MELIA e figli a ricordo del marito Cesare<br />

nell’8° anniversario della morte ................................ ” 100<br />

– TIZIANA PIGOZZI in memoria della sorella nel<br />

1° anniversario della scomparsa ................................ ” 50<br />

– RINO TORREGGIANI e FANNI CARRI in memoria<br />

di Alberta Buffagni............................................... ” 20<br />

– EBE e FRANCO CANEPARI per ricordare Alberta<br />

Buffagni ..................................................................... ” 20<br />

– DELEDDA in memoria della madre Maria Manzotti ” 30<br />

– DEMUS MANZOTTI e fam per ricordare il 2°<br />

anniversario della scomparsa di Linda Orlandini ...... ” 150<br />

– FAM. VALERIANI per ricordare il marito Davide<br />

Valeriani .................................................................... ” 50<br />

– NERINA CODELUPPI in memoria della partigiana<br />

Alberta Buffagni ........................................................ ” 50<br />

– MAURO, LIDIA VIANI e famiglia a ricordo di<br />

Alberta Buffagni ........................................................ ” 100<br />

– BICE MONTANARI BERTOLINI e famiglia per<br />

onorare Giovanni Bertolini “Paolo” .......................... ” 50<br />

– FAM. GOVI e amici in memoria di Pietro Govi ....... ” 50<br />

– FAM. MARZI a ricordo di Bruno Marzi................... ” 50<br />

– ENNIO PISTONI “Jard” – Carpineti ........................ ” 25<br />

– LUCA BUFFAGNI per ricordare il nonno Marino<br />

Bertani “Massa”......................................................... ” 40<br />

– GIORGIO e ORNELLA BUFFAGNI in memoria<br />

di Alberta Buffagni .................................................... ” 50<br />

– PIETRO BUFFAGNI per onorare Alberta Buffagni. ” 25<br />

– BRUNA e RAFFAELLA in ricordo di Alberta<br />

Buffagni ..................................................................... ” 200<br />

– SILVIA CANEPARI in memoria della madre<br />

Alberta Buffagni ........................................................ ” 300<br />

– MIRNA CANEPARI a ricordo di Alberta Buffagni . ” 50<br />

– KATIA CANEPARI a ricordo di Alberta Buffagni .. ” 50<br />

– ANGIOLINA CASOTTI in memoria di Alberta<br />

Buffagni ..................................................................... ” 50<br />

– DOMENICO CANEPARI a ricordo di Alberta<br />

Buffagni ..................................................................... ” 30<br />

– MERCEDES CANEPARI in memoria di Alberta<br />

Buffagni ..................................................................... ” 50<br />

– LAURA CANEPARI a ricordo di Alberta Buffagni . ” 50<br />

– BENIAMINO CANEPARI in memoria di Alberta<br />

Buffagni ..................................................................... ” 30<br />

– DOMINICO INCERTI per ricordare Alberta<br />

Buffagni ..................................................................... ” 30<br />

– SILVANO DALLARI per onorare la memoria di<br />

Alberta Buffagni ........................................................ ” 50<br />

– KATIA SALSI a ricordo di Enzo Salsi ..................... ” 80<br />

– SIDRACO CODELUPPI – Poviglio ......................... ” 30<br />

– ERNESTA BONACINI in Rinaldini e famiglia<br />

a ricordo del marito ................................................... ” 100<br />

– FAM.SETTI – Reggiolo per onorare Gino Setti<br />

“Susmel” nel 2° anniversario della morte ................. ” 50<br />

– LUCIA ZANICHELLI in memoria di Alberta<br />

Buffagni ..................................................................... ” 25<br />

– GENOEFFA, PIERINA, FRANCO, TINA, TERE-<br />

SA VENTURI per Alberta Buffagni ......................... ” 75<br />

– BRUNO FANI per ricordare Aldo Gianotti .............. ” 15<br />

– BRUNO FANI e NORMA BONORI per onorare<br />

Norma Cagnoli Magnanini ........................................ ” 15<br />

– ANNA MARIA OLMI .............................................. ” 26<br />

– ELETTA CERVI, figli e nipoti per ricordare Walter<br />

Cervi nel 2° anniversario della morte ........................ ” 50<br />

– PIETRO GIANOTTI, figli, nuore e nipoti per onorare<br />

Aldo Gianotti ...................................................... ” 200<br />

– ANGELA FERRETTI in memoria del marito Luigi<br />

Cantagalli “Fumo” ..................................................... ” 500<br />

– LAILA e MIRIA GROSSI in memoria di Alberta<br />

Buffagni ..................................................................... ” 30<br />

– IVAN BEDOGNI ...................................................... ” 10<br />

NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006 - 39


Brescia<br />

e Reggio<br />

unite<br />

nel ricordo<br />

del 7 luglio<br />

e di<br />

Piazza<br />

della Loggia<br />

7 luglio 2006. Alcuni aspetti della<br />

commemorazione del 46° anniversario<br />

dell’eccidio in cui caddero<br />

Lauro Farioli, Ovidio Franchi,<br />

Emilio Reverberi, Marino Serri,<br />

Afro Tondelli.<br />

Anche quest’anno era presente il<br />

gonfalone dell’Anpi di Brescia,<br />

portato dal prof. Ermanno Redeghieri<br />

(bresciano di origine reggiana)<br />

in significativo gemellaggio<br />

ideale tra l’eccidio di Reggio e la<br />

strage di Piazza della Loggia.<br />

40 - NOTIZIARIO ANPI - n. 7 - 2006

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!