Slides Governance del Territorio 2012-2013.pdf - Facolta' di Scienze ...

I Parte 

Sociologia e territorio 

15.11.2012 

Lessico sociologico: concetti e nozioni base 

Argomenti: 

- Territorio 

- Governance 

Testo di riferimento: 

- Osti G. (2002), Sociologia del Territorio, il Mulino, Bologna. 

Governance del Territorio a.a. 2012/2013 1 


Territorio e società 

Il concetto di territorio 

Territorio: importante fattore per la comprensione della società 

Perché 

Lettura delle capacità euristiche del territorio: 

Tendenze generali della società contemporanea 

Filoni di studio con marcata affinità ai fenomeni spaziali 

Criterio analitico elevato e molto forte nel discriminare i fenomeni 

concreti e del quotidiano 

Il territorio presenta quindi un’elevata capacità euristica 

(capacità intuitive e di analisi in grado di offrire chiavi di lettura, 

risultati che possono essere osservati e confermati empiricamente) 


Declinazione dello spazio in ambiti concettuali più limitati 

Ambiente (approcci ecologici) 

Territorio in senso stretto (approcci organizzativi) 

Luogo (approcci cognitivi) 

Locale (approcci relazionali) 


Forme sociali e spazio 

Chiavi di lettura (Assi) - 1 

Esistenza di svariate forme sociali nello spazio: 

Tendenze sociali possono essere quindi interpretate attraverso 

molteplici chiavi di lettura 

Sbagliato supporre che un singolo approccio o teoria possa offrire 

una visione totale dell’evoluzione della società nello spazio 


Le chiavi di lettura possono essere organizzate su tre assi caratterizzati da 

fenomeni posti in relazione inversa (trade-off): 

Primo asse: Decentramento – Integrazione economica 

(il potenziamento delle autonomie locali che contrasta con le esigenze di libero 

commercio e di integrazione su vasta scala: più poteri agli enti locali producono 

regolazioni differenziate che pongono un freno ai movimenti di merci e capitali). 

Secondo asse: Individualizzazione – Corporativismo 

(Individualismo esasperato – maggiore libertà individuale caratteristica propria della 

società moderna – contrasta con forme di appartenenza forte: gruppi etnico-religiosi, 

sette, ecc. La pluriappartenenza ad ambiti sociali non sovrapposti produce maggiore 

libertà, mentre al contrario l’adesione a sette produce appartenenza forte membro/non 

membro). 

Terzo asse: Razionalità strumentale – Razionalità ecologica 

(Progressiva razionalizzazione per l’incremento della produttività produce 

contestualmente molteplici effetti secondari indesiderati. 

Esasperata ricerca dell’efficienza provoca forte impatto ambientale (esternalità negative). 


1

Chiavi di lettura (Assi) - 2 

Relazioni di Trade-off - 1 

INDIVIDUALIZZAZIONE 

DECENTRAMENTO 

CORPORATIVISMO 

INTEGRAZIONE ECONOMICA 

RAZIONALITA’ STRUM. 

RAZIONALITA’ ECOLOGICA 

Quindi: 

Primo asse (Decentramento/Integrazione economica): il 

rafforzamento delle autonomie locali è anche considerato come un 

modo per limitare processi di centralizzazione su scala globale. 

Secondo asse (Individualismo-Corporativismo): la società 

moderna sembra avere imboccato la strada della maggiore libertà 

individuale (pluriappartenenza ad ambiti sociali diversi: famiglia, 

religione, associazionismo) 

Non sono rari però i casi di gruppi che richiedono fedeltà assoluta: 

gruppi settari non solo in campo religioso (sette sataniche) ma 

anche in campo politico (neonazisti) o ancora nelle tifoserie 

calcistiche (hooligans). 



Relazioni di Trade-off - 2 

Tendenze centripete e centrifughe 

Terzo asse (Razionalità strumentale/Razionalità ecologica), 

l’esasperata ricerca dell’efficienza senza considerazione per i fini 

ultimi porta ad un forte impatto ambientale di tutte le attività 

umane. 

Tutta la questione ambientale può essere letta come esasperante 

razionalizzazione di singole attività umane che non si coordinano 

producendo così effetti indesiderati. 

Esempio: ciascuna casa automobilistica mira alla produzione di 

macchine sempre più efficienti, ma nessuna si cura del fatto che la 

somma di tutte le produzioni porta all’intasamento delle strade o, 

ancora peggio, all’esaurimento delle risorse o fonti energetiche 

con cui le stesse auto si alimentano. 


La dinamica complessiva dei tre assi può essere interpretata anche 

in termini di: 

Tendenze centripete (frecce verso il centro) 

I fenomeni posti in relazione inversa tendono in qualche misura a 

convergere rafforzamento dei vincoli sociali 

Tendenze centrifughe (frecce verso l’esterno) 

Tra i fenomeni posti in relazione inversa c’è una esasperazione 

delle tendenze centrifughe: i contrasti tendono ad accentuarsi 

ulteriormente indebolimento dei vincoli sociali 


Assi , tendenze centripete e centrifughe 

Tendenze alla mediazione (centripete) 


DECENTRAMENTO 





Ciò non esclude però che vi siano tentativi, a livello dei singoli 

assi, di trovare una sorta di mediazione attraverso una riduzione 

del contrasto: 

Primo asse (Decentramento-Integrazione economica) 

Si potrebbe considerare, ad esempio, il ruolo dell’UE con la sua azione di 

incentivo allo sviluppo locale da un lato e le politiche antitrust dall’altro; 

Secondo asse (Individualizzazione-Corporativismo) 

Un tentativo di mediazione è considerato, ad esempio, l’affermazione di 

ideologie universaliste come quella fondata sui diritti umani; 

Terzo asse (Razionalità strumentale-Razionalità ecologica) 

Si considerano, ad esempio, le pratiche in campo energetico che cercano 

di conciliare il risparmio di energia con un uso più efficiente della stessa. 



2

Assi , tendenze, declinazione territoriale - 1 

Assi, tendenze, declinazione territoriale - 2 

Assi, trade-offs interni e tentativi di mediazione hanno una declinazione 

anche in senso territoriale: 

Primo asse: Decentramento – Integrazione economica 

Sul versante del decentramento troviamo: 

- Tendenza al decentramento amministrativo attraverso il potenziamento delle 

autonomie locali in termini legislativi e impositivi – federalismo fiscale; 

- Incentivo allo sviluppo locale da parte dell’UE attraverso la disposizione di 

metodi come la partnership e il bottom-up; 

- Sul piano politico il fenomeno più rilevante è considerata la partecipazione 

che non può che partire dal locale, dal piccolo, dal quotidiano. 

Sul versante opposto si trovano: 

- Le forze della globalizzazione economica: diffusione della grande azienda, 

grandi infrastrutture, Mktg territoriale. Globalizzazione intesa non solo 

come caduta delle barriere alla circolazione delle merci e dei capitali, ma 

anche come diffusione della grande azienda privata for profit come 

modello da applicare a tutti i contesti. 

DECENTRAMENTO 

Federalismo fiscale 

Agenda 21 locale/bilanci partecipativi 

Valorizzazione tipicità locali 

Politiche sviluppo locale 




Protagonismo economico città-regioni 

Integrazione telematica dei territori 

Marketing territoriale 

Tariffazione servizi pubblici locali 

Grandi infrastrutture 





Assi e tendenze, declinazione territoriale - 3 


Il secondo asse: Individualizzazione – Corporativismo ha nella 

declinazione territoriale molte manifestazioni, alcune anche 

contraddittorie: 

Sul versante dell’individualismo troviamo, ad esempio: 

- Il tema dell’anonimato degli individui nelle grandi città 

contrapposto alla corrente che vede nello sviluppo della mobilità 

l’occasione di incontro per molte persone proprio nelle metropoli. 

All’opposto, sul versante del corporativismo troviamo, ad esempio: 

- La sindrome Nimby, in genere interpretata come manifestazione di 

egoismo locale, che si contrappone all’enfasi posta sulla riscoperta 

delle radici locali. 

DECENTRAMENTO 






Anonimato residenziale 

Meetingness 

Mobilità professionale 


Imprese di comunità 

Sindrome Nimby 

Settarismo territoriale 

Senso appartenenza territoriale 













Sul terzo asse (Razionalità strumentale – Razionalità ecologica) 

si formano altrettanti fenomeni territoriali di grande importanza: 

Ad esempio sul versante della razionalità strumentale si formano, ad 

esempio: 

- I fenomeni territoriali che vedono le agglomerazioni di economie 

(economie regionali), i poli tecnico-industriali in contrapposizione 

Ai fenomeni sul versante della razionalità ecologica relativi, ad 

esempio: 

- Alle economie locali, alla rivalutazione delle attività primarie. 

Ma anche qui alcune contraddizioni sono evidenti: se da un lato 

l’economia regionale ha ormai sancito l’importanza di forme di 

conoscenza locale nella promozione dello sviluppo, dall’altro è anche 

vero che le economie locali hanno forti impatti ambientali che riescono a 

esportare in località disagiate creando ingiustizie fra i territori. 

DECENTRAMENTO 







Meetingness 














Economie agglomerazione 

Eccellenze locali servizi 

Poli tecnico-industriali 


Spinte autosufficienza locale 

Negoziazione centro-periferia 

Rivalutazione attività primarie 



3




In conclusione: 

In termini territoriali possiamo immaginare i tre assi in direzioni 

opposte: 

Forze che spingono verso una frammentazione delle società e 

forze che spingono verso l’integrazione su diverse scale 

territoriali. Legami che si relativizzano o legami che si coagulano 

su ben precisi territori 



Euroregioni (UE), L’Unione africana, il Mercusor, la rete delle 

città sostenibili, Cittaslow, ecc. 

Vi sono, dunque, svariati fenomeni territoriali che offrono chiavi 

di lettura altrettanto diversificate attraverso cui si cerca di fare 

sintesi di questioni di natura economica, politica e sociale. 



Spazio e società - 1 


La sociologia ha temattizzato la relazione spazio-società in 

svariati modi. Esiste un ampio apparato concettuale con cui 

studiare i fenomeni sociali 

Relazione di tipo circolare: Spazio Società Spazio 

Diverse interpretazioni tra cui Herbert Gans 

(classico della sociologia urbana) 

Gans distingue: spazio naturale, usi dello spazio naturale, 

utilizzatori, spazio sociale 

Aspetti centrali: uso dello spazio naturale; come lo spazio sociale 

condiziona la vita degli esseri umani 


Ciò che conta è la trasformazione dello spazio naturale in spazio 

sociale attraverso il suo uso: 

«Lo spazio naturale diventa un fenomeno sociale o spazio sociale 

una volta che si inizia ad usarlo, sono posti dei confini su di esso 

e vengono assegnati dei significati ivi inclusi i diritti di proprietà, 

il prezzo, ecc. A quel punto […] diventa un lotto o un piano e se 

gli utilizatori ottengono il controllo su uno spazio delimitato, esso 

diventa il loro luogo (place)» [Gans 2002]. 

Ma questo è solo un modo di tematizzare la relazione spazio e 

società, per cui esistono altri approcci che non collimano 

propriamente con questo. 


L’analisi ecologica - 1 


Il metodo di tematizzazione più antico della relazione fra spazio e 

società fa capo all’approccio ecologico. 

Per l’analisi ecologica vi è una specifica rappresentazione della 

realtà sociale vista in analogia con l’evoluzione degli ecosistemi. 

L’analisi ecologica indica un metodo per organizzare i dati sulla 

distribuzione spaziale dei fenomeni sociali. 

Prende come unità di analisi non i singoli individui o le 

organizzazioni bensì aree in cui risiedono esseri umani delimitate 

da confini amministrativi, geografici o culturali. 

L’approccio ecologico assume che le aree abbiano 

rilevanti differenze in termini di organizzazione e che 

tali differenze siano il risultato di una generale 

tendenza degli esseri umani all’adattamento 


La società viene equiparata ad una popolazione che si adatta ad un 

determinato ambiente, in cui l’adattamento avviene attraverso 

un’organizzazione interna. 

L’azione di adattamento vede due processi all’opera: 

Pressioni esterne dell’ambiente 

(dovute ad eventi naturali – inondazioni, terremoti, ecc. – o all’arrivo di altre 

specie/individui dotati di diversa capacità di fruire delle risorse) 

Tipico modo di organizzazione interna 

basata su solidi fattori di aggregazione che l’uomo condivide con gli animali 

(forza, attrazione sessuale, gioco) che danno luogo a diversi principi d’ordine 


4



L’organizzazione interna origina quindi diverse forme: 

La forza impone una gerarchia e una dinamica di tipo capogregario; 

Il legame di sangue forma unità domestiche basate su coppie 

madre/figli o genitori/figli; 

L’attrazione sessuale crea la coppia; 

Il piacere del gioco conduce alla formazione di gruppi senza fini 

strumentali (sport). 


Nel caso degli esseri umani, l’organizzazione interna è fortemente 

influenzata da un altro elemento che è la cultura. 

La cultura è intesa come specifica modalità umana di elaborare 

strumenti di adattamento all’ambiente da cui ne scaturiscono 

numerose e diversificate aggregazioni di individui nello spazio: 

Famiglie 

Chiese (comunità religiose) 

unità territoriali omogenee dal punto di vista culturale o normativo (aree 

naturali) simbiosi (sintonia, accordo, legame, fusione) 

L’area naturale è considerata come «un’unità spazialmente 

delimitata, contenuta in confini naturali e abitata da una 

popolazione sostanzialmente omogenea […] che si associa in 

base ad un rapporto simbiotico» (Zajczyk 1996). 


I caratteri dell’approccio ecologico 

L’organizzazione territoriale - 1 

Quindi i caratteri salienti dell’approccio ecologico sono 

rappresentati: 

L’approccio organizzativo incentra il rapporto fra società e spazio 

come relazione fra un sistema e il suo ambiente. 

Dalla declinazione del termine spazio in ambiente 

Il processo è quello dell’adattamento 

Il focus sono le aree naturali 

Il metodo di ricerca riguarda l’analisi in/fra unità territoriali 

L’attenzione è rivolta al sistema che più che adattarsi alle 

condizioni ambientali agisce e si organizza con strategie 

confacenti al proprio fine di controllo della situazione. 

Similitudine con l’approccio ecologico: 

interazioni fra un’organizzazione e il suo contesto 

Differenza con l’approccio ecologico: 

cambio di prospettiva (maggiore importanza data al punto di vista interno 

all’organizzazione. Essa è in grado di esercitare un’influenza 

sull’ambiente al fine di ridurre i margini di incertezza). 





L’approccio organizzativo introduce quindi il concetto di sistema 

territoriale. 

In base a questa prospettiva lo spazio diventa territorio, ambiente 

di numerosi sistemi impegnati a segnare i propri confini 

Si definisce sistema un’entità in grado di mantenere con successo 

i propri confini rispetto all’ambiente, che agisce allo scopo di 

consolidare la propria identità. 

Nel sistema emergono elementi volontaristici in un quadro 

generale in cui prevalgono nettamente maccanismi di interazione 

con l’ambiente. 

In termini spaziali si avranno ricadute rilevanti: vari sistemi che 

esercitano la propria azione sullo spazio imprimendo su questo la 

propria identità. 


Il territorio diventa la stratificazione dei sistemi che agiscono 

sullo spazio in base a specifici scopi. 

Alcuni esempi: 

Sistema Stato che mantiene i confini nazionali esercitando una 

vigilanza sulle merci e sulle persone che transitano; 

Sistema di nettezza urbana che provvede a mantenere una 

rigida distinzione spaziale fra aree pulite (spazi pubblici) e aree 

sporcabili (discariche). 


5

I caratteri dell’approccio organizzativo 

L’approccio culturale (visione cognitiva) - 1 

Quindi i caratteri salienti dell’approccio organizzativo sono 


L’approccio cognitivo guarda al rapporto fra spazio e società 

concentrandosi sui meccanismi percettivi e sulle modalità con cui 

gli esseri umani riconoscono il proprio ambiente. 

Dalla declinazione del termine spazio in territorio 

Il processo è quello della competenza 

Il focus sono i sistemi socio-tecnici 

Il metodo di ricerca riguarda lo studio di casi e comparazione 


L’approccio culturale abbandona la prospettiva oggettivistica propria 

degli approcci ecologici e organizzativi per approdare ad una visione 

cognitiva dello spazio. 

Lo spazio è qui inteso come luogo. Al fondo del concetto di non-luogo 

(Augé 1992) vi è l’idea che non vi sia condivisione simbolica degli 

spazi 

Lo spazio è quindi: 

una metafora della realtà 

un modo per rappresentare la realtà 

una cornice in cui inserire la realtà. 


L’approccio culturale (visione cognitiva) - 2 

I caratteri dell’approccio culturale 

Secondo l’approccio culturale il modo con cui conosciamo noi 

stessi passa attraverso l’ambiente e attraverso una collettività. 

Conosciamo il mondo attraverso metafore spaziali condivise con 

altri. 

La coppia lontananza-vicinanza è la metafora più generale ma 

anche più potente con cui interpretiamo la società. 

Esempi: 

Gli amici e i parenti ci sono vicini in un momento triste; 

Il ricco industriale risulta molto distante, in termini di potere, 

influenza e status, dal semplice operaio. 

Quindi i caratteri salienti dell’approccio culturale (cognitivo) sono 


Dalla declinazione del termine spazio in luogo 

Il processo è quello della simbolizzazione 

Il focus è l’ideologia 

Il metodo di ricerca riguarda l’analisi del discorso 



L’approccio relazionale - 1 

L’approccio relazionale - 2 

Weber (1922) definisce la relazione sociale come: 

«un comportamento di più individui instaurato reciprocamente 

secondo il suo contenuto di senso e orientato in conformità» . 

L’orientamento costituisce l’elemento base. Cioè un elemento 

cognitivo che permette di cogliere la condizione altrui e di agire di 

conseguenza. 

Nell’approccio relazionale prevale il concetto di ambito locale. 

Giddens (1984) intende, per ambito locale, uno spazio dove 

avvengono relazioni significative, ossia relazioni nelle quali gli 

attori in campo condividono almeno il significato del contesto in 

cui interagiscono. 


In termini spaziali l’approccio relazionale si incrocia in parte con 

l’approccio cognitivo poiché: 

lo spazio non è un mero contenitore o supporto della relazione, ma 

fornisce una cornice di senso alla relazione stessa. 

Ma (differenza con l’approccio cognitivo) 

La relazione ricrea lo spazio e lo plasma secondo un processo 

circolare fra spazi investiti di significati derivanti dall’interazione e 

spazi che vengono organizzati per l’interazione. 

Esempio: l’assidua frequentazione di un muretto o un parco da parte di 

immigrati o gruppi di giovani crea uno spazio dotato di un senso 

particolare; successivamente può accadere che, a causa di questi 

assembramenti, tale spazio viene organizzato dal comune con forme di 

animazione di strada o al contrario viene spogliato per impedire 

l’aggregazione. 


6

I caratteri dell’approccio relazionale 



Quindi i caratteri salienti dell’approccio relazionale sono 


Dalla declinazione del termine spazio in ambito locale 

Il processo è quello della reciprocità 

Il focus sono le reti sociali 

Il metodo di ricerca riguarda la network analysis 





Territorio e materiali di ricerca 

I metodi dell’analisi ecologica 

Lo schema sin qui adottato corrisponde al tentativo di organizzare 

l’ampia letteratura sulle analisi socio-spaziali all’interno di un 

certo numero di approcci. 

I quattro approcci (quatripartizione) servono a ridurre la vasta 

gamma di visioni e permettono, in qualche misura, di inquadrare i 

materiali di ricerca, per cui è possibile tracciare i caratteri salienti 

di ciascun approccio come segue: 

Declinazione adottata (spazio) 

Dinamica prevalente (processo) 

Carattere dominante (focus) 

Tipo di analisi più frequentemente utilizzata (metodo) 

Con riferimento al metodo, va precisato tuttavia che non esiste una 

corrispondenza univoca fra approcci e metodologia adottata, ma c’è 

ovviamente una sorta di preferenza verso l’uno o l’altro metodo. 


Per l’approccio ecologico prevalgono: 

Da un lato, le classiche ricerche in singole comunità attraverso 

una pluralità di strumenti di rilevazione (osservazione 

partecipante, storie di vita, analisi di testi) 

Dall’altro, lo studio di aree omogenee (in genere unità 

amministrative) per le quali si misurano caratteri sociali medi, 

come ad esempio il livello di istruzione, il tasso di fecondità, il 

livello del reddito, l’indice di vecchiaia, ecc. 

In questo secondo caso, trattandosi di variabili metriche, è possibile 

rappresentarle attraverso indici, grafici e mappe tematiche. 

In presenza di elevata numerosità dei casi osservati si può procedere 

anche con analisi multivariate (verifica di relazioni fra più variabili). 


Limiti dell’approccio ecologico 

I metodi dell’approccio organizzativo 

Per lungo tempo si sono utilizzati indicatori di sviluppo come i 

tassi demografici calcolati per singoli comuni; 

La crescita della popolazione è stata considerata un segnale 

univoco della crescita dell’economia e della società. 

Indicatori demografici possono condurre ad errori di 

interpretazione, ad esempio nel caso di centri urbani: 

La soglia dimensionale oltre la quale si può parlare di città può 

essere variabile (dotazione di servizi), oppure il fatto che la 

popolazione non cresca può dipendere da processi di 

suburbanizzazione piuttosto che da stagnazione economica; 

Altro aspetto contestato è che si inferiscono i caratteri dei singoli 

soggetti dai dati medi dell’unità territoriale. 


Le metodologie del secondo approccio consistono nello studio di caso 

(case studies) e nell’analisi comparativa. 

Lo studio di caso si accentra in genere su una singola organizzazione 

intesa come attore unitario. La singola organizzazione viene 

analizzata in ogni sua parte, compresa la sua storia, la divisione dei 

compiti, le relazioni con l’esterno e le appartenenze (ad esempio gli 

enti territoriali sono trattati alla pari delle organizzazioni). 

L’analisi comparativa è un metodo più complesso poiché implica la 

presenza di una ipotesi di lavoro esplicativa. In tal caso data l’elevata 

numerosità dei fattori in gioco, si rende necessario prendere due aree 

in tutto simili e divergenti per la sola variabile o gruppo di variabili 

per le quali si ipotizza un valore esplicativo rispetto a ciò che si 

vuole misurare. Esempio, se si ipotizza che per una data area un 

fattore di sviluppo è rappresentato dalla presenza di un centro di 

ricerca pubblico, allora si cercherà di confrontare due aree in tutto 

simili per caratteri sociopolitici ma diverse per l’università. 


7

I metodi dell’approccio cognitivo 

I metodi dell’approccio relazionale 

Le analisi di tipo cognitivo si basano sulla produzione di segni e 

simboli da parte di comunità territoriali. 

In questo approccio assume grande importanza l’analisi del 

discorso, ovvero l’analisi dei linguaggi, dei contesti in cui 

vengono usati, delle codifiche che subiscono. 

Ad esempio, parlando di luoghi, di notevole importanza sono le 

interpretazioni delle correnti artistiche ed architettoniche. 

Si studia il ruolo svolto dagli urbanisti nel pianificare, dato che 

anche i loro prodotti veicolano simboli, valori, mete e sentimenti 

collettivi (architettura griffata). 

La metodologia adottata nell’approccio relazionale è l’analisi delle reti 

(network analysis) all’interno della quale si delineano due filoni. 

 

 

Da un lato vi è un filone sviluppato in senso formale e matematico 

nel quale, misurate le frequenze di contatto fra attori, si sviluppano i 

relativi indici (ad esempio contatti effettivi su contatti possibili) per 

il network nel suo insieme come per i singoli partecipanti. 

Secondo un altro filone si chiede semplicemente quante volte si è 

incontrato/interloquito con la persona tal dei tali, o si punta alla 

conoscenza dell’altro, o ancora alla comune appartenenza a gruppi, 

associazioni, club,ecc. 

In entrambi i casi rimane un nodo di fondo legato a come misurare la 

relazione, essa ha una frequenza, una intensità emotiva, una gamma di 

ragioni per cui avviene, ecc. 



Riepilogo 

1. Assi e tendenze, declinazione territoriale 

Territorio come importante fattore per la comprensione della 

società 

Capacità euristiche del territorio: 

1. Tendenze generali della società contemporanea 

2. Filoni di studio (Approcci) 

Assi, Tendenze centripete e centrifughe, Declinazioni 

territoriali (Schema) 

DECENTRAMENTO 







Meetingness 














Economie agglomerazione 

Eccellenze locali servizi 

Poli tecnico-industriali 


Spinte autosufficienza locale 

Negoziazione centro-periferia 

Rivalutazione attività primarie 



2. Approcci e fenomeni spaziali 



 

 

Relazione Spazio società: relazione di tipo circolare (Gans: spazio 

naturale, usi dello spazio naturale, utilizzatori, spazio sociale) 

Quattro filoni di studio 

APPROCCIO 

CARATTERI 

SPAZIO PROCESSO FOCUS METODO 

ECOLOGICO Ambiente Adattamento Aree naturali 

ORGANIZZATIVO Territorio Competenza 

Sistemi 

socio-tecnici 

CULTURALE Luogo Simbolizzazione Ideologia 

Analisi relazioni 

in/fra unità terr. 

Studio di casi; 

comparazioni 

Analisi del 

discorso 

RELAZIONALE Ambito locale Reciprocità Reti sociali Network analysis 


- Folliero G. e Tocci G. (2006), Attori sociali oltre i saperi esperti. 

- FORMSTAT, Significati di governance, Osservatorio Progetto 

Governance. 



8



Reminder: 

Herbert Gans ha temattizzato la relazione spazio-società come 

relazione di tipo circolare 

Spazio Società Spazio 

In cui distingue tra spazio naturale, usi dello spazio naturale, 

utilizzatori, spazio sociale, per cui gli aspetti centrali riguardano 

l’uso dello spazio naturale; come lo spazio sociale condiziona la 

vita degli esseri umani. 

Quindi: 

Ciò che conta è la trasformazione dello spazio naturale in spazio 

sociale attraverso il suo uso: 

«Lo spazio naturale diventa un fenomeno sociale o spazio sociale 

una volta che si inizia ad usarlo, sono posti dei confini su di esso 

e vengono assegnati dei significati ivi inclusi i diritti di proprietà, 

il prezzo, ecc. A quel punto […] diventa un lotto o un piano e se 

gli utilizatori ottengono il controllo su uno spazio delimitato, esso 

diventa il loro luogo (place)» [Gans 2002]. 



Sociologia e territorio - 1 


La sociologia studia il territorio utilizzando la categoria analitica 

di “luogo”. 

Con luogo si intende quell’organizzazione del territorio risultante 

dall’interazione tra attori sociali (individui e gruppi) ed ecosistemi 

ambientali. Da ciò deriva tendenzialmente l’accento posto sul 

vissuto soggettivo. 

Parlare di luogo nell’analisi del territorio implica, quindi, partire 

dall’idea di un’organizzazione localizzata delineabile attraverso 

uno sguardo incrociato all’interno ed all’esterno dell’ambito 

territoriale stesso. 

Gli attori sociali rappresentano la forza che struttura i processi, 

localmente e nel sistema mondiale, e di conseguenza forniscono 

agli studiosi un potenziale legame tra il livello locale e quello 

globale. 

Il luogo così definito, dunque, risulta utile sia al fine di 

visualizzare i processi locali ed organici sia per cogliere le 

molteplici e determinanti interazioni del territorio con l’esterno. 

Rispetto allo spazio astratto ed omogeneo, il luogo permette di 

sottolineare la complessità e l’eterogeneità dei fenomeni nei 

contesti territoriali concreti 

Il luogo è qualcosa di più complesso del locale. 





In questo quadro di riconcettualizzazione della categoria di luogo, 

si colloca la prospettiva di Alberto Magnaghi (2000) che 

sottolinea l’importanza delle risorse localizzate ai fini dello 

sviluppo attraverso il concetto di “milieu” (concetto a sua volta 

ripreso da Dematteis): 

«Con questa espressione non intendo un semplice insieme di 

condizioni materiali, ma un insieme permanente (dotazione) di 

caratteri socioculturali sedimentatisi in una certa area geografica 

attraverso l’evoluzione storica di rapporti intersoggettivi, a loro 

volta in relazione con le modalità di utilizzo degli ecosistemi 

naturali locali» (Dematteis 1995). 

Riepilogando: 

Il concetto di “territorio” ha subito (soprattutto negli ultimi 

decenni) una trasformazione radicale: da semplice risorsa 

materiale suscettibile di sfruttamento, da spazio controllabile nel 

quale le differenziazioni sono viste come resistenze alla 

trasformazione, si è giunti ad una interpretazione in cui è 

riconosciuto il carattere relazionale e incerto proprio di un sistema 

complesso. 

Il territorio non è più il medium neutro su cui si dipanano gli 

eventi, ma è il frutto delle dinamiche interattive che si svolgono 

continuamente tra gli eventi stessi. 



9



Allora richiamando ancora a Magnaghi (2000): 

il territorio è un «soggetto vivente» in quanto prodotto dalla 

interazione di lunga durata tra insediamento umano ed ambiente, 

ciclicamente trasformato dal succedersi delle civilizzazioni; 

non è un oggetto fisico, piuttosto rappresenta l’esito di un 

«processo di territorializzazione», ovvero un processo di 

strutturazione dello spazio fisico da parte della società insediata. 

Il suolo, la terra, l’ambiente fisico, il paesaggio, l’ecosistema, 

l’architettura, le infrastrutture non sono ancora il territorio, essi ne 

rappresentano i supporti fisici e simbolici. 

La specificità del territorio consiste nel suo essere esito 

della capacità di strutturazione simbolica dello spazio, 

consentendo il riconoscimento di una correlazione fra 

luogo fisico e spazio culturale, simbolico, economico 

della società insediata. 

Il territorio è inscindibile sia dai suoi supporti materiali 

che dalle diverse forme di appropriazione che si sono 

succedute. 



II Parte 

Quadro storico: Trasformazioni e città - 1 

Governance e Governance Territoriale 

Argomenti: 

- Governance 

- Governance Territoriale 

- Concertazione 

- Strumenti di governance del territorio 

Le città preindustriali erano basate 

essenzialmente sulla politica; il potere 

politico rappresentava ciò che determinava 

la nascita di una città (Roma ed il suo 

impero), quindi l’egemonia politica. Il 

motore dell’economia era rappresentata 

dall’agricoltura. 

VI Millennio a.C 

Città Mesopotamiche 

CITTA’ PREINDUSTRIALE 

I Rivoluzione 

Industriale (1769) 

La città industriale nasce con la prima 

rivoluzione industriale in seguito 

all’invenzione della macchina a vapore e 

dura fino all’inizio della II Guerra 

mondiale. Il motore dell’economia urbana 

è rappresentato dalla produzione 

industriale. 

CITTA’ INDUSTRIALE MODERNA 

II Guerra Mondiale 

(1939) 



Quadro storico: Trasformazioni e città - 2 

Perché la governance 

Le città industriale contemporanea è 

caratterizzata dalla grande fabbrica la cui 

produzione si basa sul modello fordista 

(catena di montaggio), e dalla forte 

presenza dello Stato nell’economia (spesa 

pubblica) e nella società (stato sociale). 

La città post-industriale è caratterizzata 

dalla perdita della capacità direttiva dello 

stato-nazione e dalla maggiore autonomia 

acquisita dalle entità territoriali. Il motore 

dell’economia non è più la produzione 

industriale ma i servizi. 

Per comprendere le origini e le diverse accezioni del concetto di 

governance è necessario collocarlo entro la vicenda storica 

dell’impresa e del sistema capitalistico, da un lato, e dello Stato 

contemporaneo dall’altro. 

II Guerra Mondiale 

(1945) 

CITTA’ INDUSTRIALE 

CONTEMPORANEA 

(Città Fordista) 

Seconda metà anni 

Settanta (1975-80) 

CITTA’ CONTEMPORANEA 

(Città post-fordista) 

(Città post-industriale) 

(Città post-moderna) 

Entrambi interessati da un processo di crisi del modello gerarchico 

della regolazione delle relazioni. 

Sia il modello taylor-fordista all’interno delle imprese, sia il 

modello burocratico delle amministrazioni pubbliche non 

sembrano più adeguati a gestire la complessità del sistema attuale. 



10

La vicenda storica - 1 


I Trenta Gloriosi (1945-1975) e la crescita intensa 

dell’economia. 

Il modo di regolazione dei rapporti tra società, economia e 

politica: “patto keynesiano-fordista” 

(trae i sui principi strutturanti dall’organizzazione della produzione 

industriale su grande scala e dal ruolo dello Stato nella società) 

Sato Centrale: politica economica e infrastrutturazione 

(si occupava delle scelte più generali che determinavano le 

condizioni per lo sviluppo industriale) 

Governo locale: sfera delle politiche sociali 

(erogatore di servizi come istruzione, sanità, trasporti, ecc.) 


Passaggio da un’economia urbana di produzione all’economia 

dei servizi 

Si assiste al progressivo consolidarsi dell’intervento dello 

Stato sociale 

Lo Stato risponde ai crescenti bisogni delle nuove classi medie 

con l’espansione delle politiche sociali 

Ciò è ancora possibile grazie alle risorse fiscali accumulate dallo 

Stato nel precedente periodo di forte crescita economica 




 

 

 

 

Crisi del sistema (metà anni ’70): rallentamento della crescita 

economica e l’internazionalizzazione delle imprese che rende più 

difficile la tassazione dei profitti e delle rendite finanziarie. 

Si riducono le risorse a disposizione dello Stato, si amplia, allo 

stesso tempo, la necessità dell’intervento pubblico 

(competizione più elevata sui mercati internazionali e quindi incremento 

dei costi per le imprese, gli individui e l’ambiente). 

I governi locali vengono messi sotto tensione: domande crescenti 

della popolazione e capacità di intervento più limitate 

Necessità di risorse aggiuntive: orientamento verso politiche per la 

promozione dello sviluppo economico locale 

(attrazione di investimenti pubblici e, soprattutto, privati) 


Tutto ciò ha indotto l’autorità pubblica a svolgere un ruolo di 

timoniere (steering) e coordinatore, legando le risorse pubbliche a 

quelle private. 

L’idea dello «steering» ha prodotto una ridefinizione dei ruoli dei 

soggetti pubblici: 

all’autorità politica compete di operare ad un livello strategico, 

mentre l’azione politica ed amministrativa si aprono e 

favoriscono la concertazione tra pubblico e privato. 


Dal government alla governance - 1 


L’efficacia delle politiche di promozione dei territori dipendono 

dalla capacità del governo locale di coinvolgere altri attori e di 

mobilitare le risorse locali attorno a una strategia specifica di 

sviluppo. 

Accade sempre più frequentemente che i governi locali dipendano, 

oltre che dalle istituzioni formali, anche dal coinvolgimento di altri 

attori pubblici (rappresentanze dello Stato nelle varie articolazioni 

locali) e privati (grandi imprese, rappresentanti degli interessi e 

delle categorie produttive, centri di ricerca, associazioni). 

Nell’ambito di tali processi di mutamento (economia, politica, 

società) si configurano nuove modalità di governo che si esplicitano 

nel passaggio dal Government alla Governance. 


Questo passaggio si concretizza quindi con la trasformazione del 

governo: 

da un modello che vedeva al suo centro l’istituzione locale (in 

Italia il comune) come principale attore dell’attività di governo 

(government) 

ad un modello che comprende diversi attori, gruppi e sistemi di 

relazioni ovvero: 

Un nuovo modello la cui capacità di governo deriva da 

meccanismi di negoziazione e di coordinamento (forme di 

autoregolazione) tra diversi attori, pubblici e privati, in cui 

l’attore istituzionale (non più unico) assume un ruolo di 

facilitatore del processo (governance). 


11

Gli elementi della governance - 1 

Gli elementi della governance - 2 

In questa definizione sono contenuti, almeno implicitamente, tutti 

gli elementi che caratterizzano i modelli di governance: 

Pluralità di attori e di interessi 

Forme di autoregolazione sociale (coordinamento e 

collaborazione tra attori) 

Ridefinizione del ruolo dell’attore istituzionale: da provider ad 

enabler 

Da questa impostazione emerge un elemento normativo-prescrittivo che 

segnala questo nuovo stile di governo auspicabile e preferibile. 

Tale concezione si basa su diverse argomentazioni: 

 

Governo locale in difficoltà da solo ad affrontare una complessità 

di problemi e quindi la necessità di coinvolgere una molteplicità di 

soggetti ed interessi. 

In secondo luogo si sostiene che assetti di governance siano la 

risposta ad una crescente domanda di partecipazione ai processi 

decisionali. 

In terzo luogo politiche calate dall’alto (top-down) si sarebbero 

rivelate scarsamente efficaci; di conseguenza avrebbe acquistato 

maggiore legittimità un approccio dal basso (bottom-up). 



Ambiti di applicazione della governance 


Le ragioni della governance - 1 

I fenomeni che hanno determinato il mutamento strutturale e 

ideologico che ha favorito l’attuale rilevanza della governance 

sono molteplici. 




Fenomeni che vanno dalla crisi finanziaria dello Stato, 

all’affermarsi del paradigma del New Public Management, alla 

crescente complessità dei fenomeni sociali e politici. 

Tra questi quelli che maggiormente hanno inciso sull’affermarsi 

di politiche e strategie di governance si riconoscono: 

la diffusione della Teoria del NPM 

la differenziazione dei livelli di governo. 





1. Teoria del New Public Management 

La diffusione della teoria del NPM mette in discussione 

l’esistenza di forme di gestione specifiche della PA 

sostenendo la necessità di applicare ad essa i principi e le 

tecniche del management privato. 

L’applicazione dei principi dell’aziendalizzazione ha favorito 

lo sviluppo di alcuni dei tratti distintivi della governance 

(attenzione alla partecipazione degli stakeholders; 

coordinamento dei diversi interessi in gioco; applicazione 

sistematica dei principi di efficacia, efficienza, coerenza e 

trasparenza all’intervento pubblico). 


2. Il secondo fenomeno è da rintracciarsi nella moltiplicazione e 

differenziazione dei livelli di governo verso l’alto e verso il basso: 

Il processo di sovranazionalizzazione (in Europa si è manifestato nel 

passaggio di competenze dagli stati nazionali all’Unione Europea) 

Il processo di sub-nazionalizzazione, ovvero la devoluzione di poteri e 

competenze verso livelli di governo subordinati a quello nazionale 

(Regioni, Province, Enti locali). 

Molteplicità di livelli che interagiscono tra loro e che richiedono 

funzioni di coordinamento. 

La concertazione e l’apertura non riguarda esclusivamente i rapporti 

tra pubblico e privato, ma anche i rapporti tra i diversi livelli delle 

istituzioni pubbliche. 


12



Definizione del problema: 

Derivato dal francese antico (Gouvernance) e privo di un 

sostantivo corrispondente nella lingua italiana, il termine 

Governance (di matrice anglosassone) è diventato molto 

popolare nel dibattito politico e accademico negli ultimi decenni. 

La definizione del concetto ha subito cambiamenti e integrazioni. 

In generale, però, si può sostenere che economisti, politologi ed 

esperti di relazioni internazionali, lo hanno usato, innanzitutto, 

per marcare una distinzione, e una contrapposizione con il 

Government inteso quale istituzione, apparato e organizzazione. 


Tuttavia, manca ancora una definizione condivisa, perché, il concetto di 

governance va spesso a sostituirsi ad altri termini senza favorirne, però, 

una comprensione chiara dei meccanismi di interazione e 

regolamentazione considerati. 

Es.: la definizione dell’OECD suggerisce la sostituzione del termine 

government con quello di governance, in virtù dell’esistenza di un nuovo 

modo di organizzare e amministrare territori e popolazioni: 

«Governo non è più una definizione appropriata del modo in cui le popolazioni 

e i territori sono organizzati e amministrati. In un mondo in cui la 

partecipazione dei rappresentanti degli interessi economici e della società civile 

sta diventando la norma, il termine “governance” definisce meglio il processo 

attraverso cui collettivamente risolviamo i nostri problemi e rispondiamo ai 

bisogni della società…» (OECD 2001). 




Questa definizione non illustra, però, le caratteristiche distintive 

di questi processi di amministrazione, dando invece per scontato 

che esse siano differenti e in contrapposizione. 

Allora diventa essenziale specificare quali sono i tratti 

caratteristici dei processi di interazione e regolazione, proprio 

perché sono essi che giustificano l’utilizzo di un nuovo concetto 

analitico e ne determinano il significato. 

Quindi, si rende necessario, per una corretta definizione della 

governance, specificare il settore in cui il concetto è utilizzato e 

l’approccio teorico seguito per definirlo. 


Questa precisazione è doverosa, poiché l’espressione viene usata in 

settori diversi e ciò provoca spesso travasi impropri di significato tra gli 

stessi settori: 

Il concetto di governance usato in economia indica altro rispetto alla 

scienza politica ed ancora altro se riferito alla pubblica 

amministrazione. 

Naturalmente i concetti sono estremamente connessi, ma è evidente 

che il significato viene profondamente influenzato dal contesto cui 

essi si riferiscono 

Quindi, fermo restando che è possibile rintracciare un nucleo 

comune di significato, trasversale a tutti i contesti, le differenze che 

permangono sono tali da rendere necessaria una contestualizzazione 

del concetto stesso. 


Gli ambiti di applicazione 

L’ambito economico - 1 

In letteratura esistono diverse definizioni di governance. 

Ogni definizione è indirizzata all’ambito di applicazione di 

riferimento. 

Gli ambiti di applicazione della governance sono: 

Ambito economico (concetto di governance utilizzato con 

riferimento ai meccanismi di coordinamento interni). 

Ambito sociale (la governance indica una modalità attraverso 

cui una comunità politica persegue l’ordine sociale. 

Meccanismi per creare ordine sociale: gerarchie, mercati, 

network e comunità). 

Ambito politico (nazionale e internazionale). 

In ambito economico il concetto di governance venne 

utilizzato (nel 1937) per riferirsi ai meccanismi di 

coordinamento interni all’impresa per rispondere all’esigenza 

di controllo, verifica e responsabilizzazione nei confronti degli 

azionisti e dei consumatori. 

Il termine venne successivamente ripreso da Williamson (1979) 

nella sua teoria dei costi di transazione, per descrivere, più in 

generale, quelle forme di organizzazione economica alternative 

al mercato e alla gerarchia. 



13



In questa teoria, la governance indica le modalità di 

coordinamento delle azioni individuali e non solo 

organizzative, diverse dalle gerarchie e dal mercato, attraverso 

cui si realizza la costruzione dell’ordine sociale. Tra queste 

forme primarie di coordinamento sociale Williamson individua 

i clan, le associazioni e le reti (network). 

In questo settore, inoltre, il concetto di governance assume due 

ulteriori diversi significati che possiamo definire del Minimal 

State (Stato Minimo) e della Corporate Governance. 

La teoria del Minimal State (Rhodes 1996) è sostenuta dagli 

economisti liberali, secondo i quali la riduzione dell’intervento 

pubblico in economia non si traduce in una diminuzione dei 

servizi pubblici offerti, in virtù dell’aumento dell’azione dei 

soggetti privati, che soddisfano i bisogni della collettività 

attraverso l’organizzazione e la gestione del mercato. 

L’accezione di Corporate Governance (governo societario) 

indica l’insieme delle procedure connesse al processo di 

formulazione delle decisioni, alla performance e al controllo 

dell’impresa ( relazioni manager-azionisti). 



Il contesto sociale 

Il contesto sociale: i network - 1 

Il contesto sociale: 

La governance indica una modalità attraverso cui una comunità 

politica (sia essa una nazione, una regione o una città) persegue 

l’ordine sociale. 

I principali meccanismi attraverso cui si può creare ordine 

sociale sono: le gerarchie, i mercati, i network e le comunità. 

La gerarchia: la risoluzione dei problemi collettivi avviene attraverso 

strutture verticali dell’autorità pubblica; meccanismo considerato 

obsoleto e spesso inefficace e inefficiente. 

Il mercato: è considerato da taluni il più efficiente meccanismo di 

allocazione delle risorse che massimizza la libertà individuale e dà 

potere ai cittadini (empowernment) come consumatori di servizi. 


I network: in questa prospettiva assumono fondamentale importanza le 

reti che si consolidano tra una varietà di attori diversi (segmenti della 

Pubblica Amministrazione, interessi organizzati, imprese, attori non 

profit, ecc.) attorno ad un ambito di policy o anche semplicemente ad 

una questione specifica. 

(In tal senso i network sono meccanismi innovativi che vengono 

considerati come alternativa sia alla gerarchia sia ai mercati) 

Le reti si caratterizzano per un forte grado di auto-regolazione e di 

autonomia rispetto agli obiettivi e al controllo dell’autorità pubblica 

intesa nel suo complesso. 

Emergono da qui alcune caratteristiche del concetto di governance 




Rhodes (1996) individua 4 principali caratteristiche del concetto 

di governance: 

interdipendenza tra le organizzazioni; 

significativo grado di indipendenza della rete dallo Stato; 

continua interazione tra i membri della rete (necessità di 

scambiare le risorse e di negoziare gli obiettivi da raggiungere); 

possibilità di descrivere tali interazioni come “giochi”, basati 

sul riconoscimento di fiducia e credibilità reciproca e 

sull’accettazione di regole di comportamento negoziate e 

accettate da tutti i membri della rete. 


La partecipazione attiva dei diversi attori, all’interno della rete di 

rapporti che si formano intorno ad una politica specifica, porta a 

modificare la loro logica di azione predisponendoli ad un “gioco 

cooperativo”. 

La logica di cooperazione stabile, che si instaura, aumenta la 

motivazione e l’interesse dei diversi attori coinvolti al raggiungimento 

di soluzioni e risultati soddisfacenti per la policy in oggetto, anche a 

scapito delle proprie posizioni e interessi iniziali. 

In altri termini, in virtù della partecipazione al network, si 

verificherebbe (da parte di ciascun attore) una parziale ridefinizione 

dei propri obiettivi, favorendo, così il rapido raggiungimento di 

soluzioni comuni. 


14

Il contesto sociale: la comunità 



La Comunità: secondo questa prospettiva (comunitarista), la 

comunità che si autoregola è considerata la vera forma di 

governance , ovvero l’autogoverno, attraverso lo spirito civico 

della Comunità. 

Secondo i sostenitori è fondamentale, per la governance, la 

presenza di gruppi nella società civile (di natura politica o meno), 

che abbiano capacità organizzativa e con interessi ed identità che 

vadano al di là di quelli strettamente privati e familiari. 




È, però, evidente, come dalla posizione comunitarista traspare 

un’eccessiva enfatizzazione della diffusione e della desiderabilità 

del consenso. 



Il contesto politico 

Governance e contesto politico internazionale 

Il contesto politico. 

In ambito politico il conetto di governance viene utilizzato in due 

campi distinti (internazionale e nazionale): 

Il primo è quello relativo alle relazioni internazionali e alle 

modalità di intervento di istituzioni di livello mondiale (Banca 

Mondiale, Nazioni Unite, Unione Europea, ecc.). 

Il secondo è quello relativo allo studio dei poteri locali, con 

particolare riguardo al ruolo da essi assunto nella definizione e 

implementazione delle politiche pubbliche. 


Negli studi sulle relazioni internazionali, molti dei principi alla 

base del concetto di “buona amministrazione” sono diventati una 

parte importante del significato di governance. 

Il concetto nella sua accezione di “Good governance” viene 

utilizzato soprattutto dalle istituzioni internazionali come Banca 

mondiale e il Fondo di Sviluppo delle Nazioni Unite (UNDP) per 

indicare, ai Paesi in via di sviluppo, i prerequisiti da soddisfare per 

poter accedere ai finanziamenti internazionali. 

Banca mondiale: comprende la Banca Internazionale per la Ricostruzione e lo Sviluppo 

(BIRS) e l'Agenzia Internazionale per lo Sviluppo (AID o IDA), create per lottare contro 

la povertà e per organizzare aiuti e finanziamenti agli Stati in difficoltà 

UNDP: United Nations Development Program (Fondo o Programma di Sviluppo delle 

Nazioni Unite - PSNU) 


Banca mondiale e Governance 

UNDP e Governance - 1 

Per la Banca mondiale la governance consiste nell’esercizio del 

potere politico per gestire le risorse economiche e sociali della 

nazione. 

La definizione della Banca mondiale enfatizza maggiormente la 

dimensione economica della governance. 

La convinzione su cui si basa tale definizione è che: 

la libertà economica e politica è uno dei principali fattori che 

determinano la stabilità politica e lo sviluppo economico all’interno 

di un Paese . 

Il Fondo di Sviluppo delle Nazioni Unite, invece, definisce il 

concetto di governance collegandolo a quelli di 

democratizzazione, sviluppo sostenibile e partecipazione. 

Per l’UNDP la governance indica: 

«una struttura di amministrazione pubblica basata sul ruolo della 

legge, su un equo ed efficiente sistema giudiziario, e un’ampia 

partecipazione popolare al processo di governo nella sua 

dimensione attiva e passiva». 

Questo richiede l’istituzione di meccanismi a sostegno del sistema, 

che rafforzino e diano ai cittadini un vero senso di possesso del 

processo di governo. 



15

UNDP e Governance - 2 

Unione Europea e Governance - 1 

L’UNDP definisce la governance anche come: 

«l’esercizio dell’autorità politica, economica ed amministrativa nella 

gestione degli affari di un paese ad ogni livello. Governance comprende 

i complessi meccanismi, processi ed istituzioni attraverso i quali i 

cittadini e i gruppi articolano i loro interessi, mediano le loro differenze 

ed esercitano i loro diritti ed obblighi legali […] Governance include lo 

Stato, ma lo trascende includendo il settore privato e la società civile». 

L’UNDP identifica le principali caratteristiche della buona governance: 

- nella responsabilità e legittimità politica 

- nella libertà di associazione e partecipazione 

- nella responsabilità del servizio pubblico 

- nella libertà di informazione e di espressione 

- nell’efficace ed efficiente gestione del servizio pubblico 

- nella cooperazione con le organizzazioni della società civile. 


L’Unione Europea definisce il concetto di governance facendo 

riferimento alle dimensioni politica, sociale ed economica della 

governance. 

Il Libro Bianco della UE (White Paper on European Governance), 

definisce il termine governance come: 

«le norme, i processi e i comportamenti che influiscono sul modo 

in cui le competenze sono esercitate a livello comunitario» . 

In questa definizione il riferimento è, soprattutto, ai principi di 

apertura, partecipazione, responsabilità, efficacia e coerenza. 




Il dibattito sulla governance europea si sviluppa a partire dalla 

preparazione del libro bianco. Esso riguarda tutte le regole, le procedure e 

le pratiche relative all’esercizio del potere all’interno dell’Unione. 

Gli scopi: 

1. Incremento della qualità della legislazione europea, attraverso la 

partecipazione della società civile; il decentramento legislativo ed esecutivo da 

realizzarsi attraverso le agenzie; la convergenza delle politiche nazionali 

(metodo aperto di coordinamento); l’efficace applicazione della legislazione 

comunitaria. 

2. Favorire il decentramento geografico (dialogo permanente con le associazioni 

e le rappresentanze delle regioni e delle città). 

3. Rinforzare la democrazia e consolidare la legittimazione delle istituzioni 

europee (maggiore coinvolgimento dei cittadini e della società civile nella 

definizione e implementazione delle politiche). 


I cinque principi (apertura, partecipazione, responsabilità, efficacia e 

coerenza) mirano proprio al miglioramento di quest’ultimo aspetto. 

Apertura: Le istituzioni devono operare in modo più aperto con gli Stati membri 

(adoperarsi attivamente per spiegare, con un linguaggio accessibile a tutti, cosa 

fa l’Unione Europea e in che consistono le decisioni adottate). 

Partecipazione: La qualità, la pertinenza e l’efficacia delle politiche dell’Unione 

dipendono dall’ampia partecipazione che si saprà assicurare lungo tutto il loro 

percorso, dalla prima elaborazione all’esecuzione. 

Responsabilità: I ruoli all’interno dei percorsi legislativi ed esecutivi vanno 

definiti con maggiore chiarezza. 

Efficacia: Le politiche dell’UE devono essere efficaci e tempestive, producendo 

i risultati attesi in base a obiettivi chiari. 

Coerenza: Le politiche e gli interventi dell’Unione devono essere coerenti e di 

facile comprensione. 



Governance e contesto politico nazionale - 1 

A livello internazionale la governance si fonda nella precisa volontà 

dei singoli Stati di far parte di un sistema che si autodisciplina. 

La condivisione di intenti consente la creazione di procedure attraverso 

le quali interessi diversi, e talvolta in conflitto, possono essere mediati. 

L’aspetto innovativo di questa concezione consiste, quindi, 

nell’intuizione che in una società globale i fenomeni sociali ed 

economici sono più efficientemente gestibili attraverso una stretta 

interazione tra strutture pubbliche e attori sociali, quindi attraverso la 

costituzione di un ambiente favorevole e incoraggiante, dove attori 

diversi (anche con scopi differenti) possano, comunque, coordinarsi a 

favore dell’intera collettività. 


Nel contesto politico nazionale il concetto di governance si è diffuso 

per differenziazione con quello di “governo” (government). 

Il government indica gli assetti istituzionali del governo (le istituzioni 

legalmente proposte alla funzione di governare), la governance fa 

riferimento alle modalità e agli effetti dell’attività di governo 

(l’attenzione è posta alle relazioni e alle dinamiche tra i diversi attori 

sociali coinvolti nella politica). 

Il concetto di governance esprime l’idea secondo cui il ruolo delle 

istituzioni politiche e pubbliche non è più sufficiente a garantire 

modalità adeguate di sviluppo locale. Necessità di integrare l’azione 

del potere pubblico locale (più ampia mobilitazione di attori e presenza 

di un progetto capace di renderne sinergiche le iniziative. Costruzione 

di una visione del futuro condivisa e ritenuta auspicabile). 


16



In questa prospettiva una definizione efficace di governance può 

essere quella secondo cui la governance è: 

«un nuovo stile di governo, distinto dal modello del controllo 

gerarchico e caratterizzato da un maggior grado di cooperazione 

e dall’interazione tra lo stato e attori non statuali all’interno di 

reti decisionali miste pubblico/private» (Mayntz 1999) 

… in cui si instaurano interazioni di “gioco”, basate sulla fiducia e 

disciplinate da regole negoziate e concordate tra i partecipanti. 

Lo schema che segue prova a riassumere le caratteristiche di 

differenziazione tra i due concetti di government e governance. 


Attori 

Struttura del governo 

Legittimazione politica 

Rapporto fra la politica e gli 

interessi economici e sociali 

Gestione amministrativa 

Azione pubblica 

Rapporto con il governo statale 

Government 

Pochi e omogenei (politici e 

amministrativi) 

Gerarchica 

Consolidata 

Democratico-rappresentativa 

Fondato su rappresentanza, 

pressione e scambio 

Burocratica 

Routinizzata, simile fra i 

diversi settori, indisponibile 

alla innovazione 

Controllo gerarchico 

Dipendenza fiscale 

Governance del Territorio a.a. 2012/2013 

Governance 

Molti e differenziati (politici, 

amministrativi, economici, sociali) 

Decentrata e frammentata 

Fluida 

Democratico-rappresentativa 

Influenza diretta degli interessi 

Fondato sulla rappresentanza 

Inclusione diretta nel policy making 

Post - burocratica, con gradi variabili di 

orientamento al mercato 

Innovativa e differenziata 

Decentramento delle funzioni 

amministrative e delle risorse 

Negoziato 

98 



In questo contesto il concetto di governance evidenzia una 

riduzione del potere dello Stato ed un aumento 

dell’interdipendenza degli attori governativi e non governativi 

nell’affrontare i problemi economici e sociali. Cosa che si traduce: 

- Per alcuni in uno svuotamento dello Stato che trasferisce le 

proprie funzioni verso l’alto (Unione europea), verso il basso 

(governi locali) e verso l’esterno (agenzie specializzate) 

- Per altri, invece, in un diverso modo di essere dello Stato, che 

consiste in un nuovo processo di governo basato sul 

decentramento istituzionale e funzionale e sul riconoscimento 

della negoziazione e della contrattualizzazione come criterio 

fondamentale per la regolazione dei rapporti tra le parti. 


La governance, quindi, si caratterizza come un: 

«processo di elaborazione, di determinazione, di realizzazione e di 

implementazione di azioni di policies, condotto secondo criteri di 

concertazione e di partenariato tra soggetti pubblici e soggetti 

privati» (Segatori 2002). 

Tale processo presuppone due diverse forme di coordinamento tra 

gli attori sociali coinvolti: 

1. Coordinamento tra attori istituzionali (due diverse forme) 

2. Coordinamento tra autorità pubbliche e stakeholders locali. 




1. Il coordinamento tra attori istituzionali assume, a sua volta, due 

diverse forme: 

1a. Forma di carattere orizzontale (tra soggetti istituzionali di pari 

livello, ma che operano in differenti aree territoriali o in ambiti di 

competenza eterogenei). 

Il coordinamento orizzontale presuppone che, su scala locale, 

prevalgano modalità ispirate alla collaborazione tra amministratori e 

funzionari impegnati su diversi terreni (tra istituzioni comunali ed 

agenzie specializzate). Implica un atteggiamento di collaborazione su 

scala interlocale, per esempio, tra amministratori comunali che 

governano territori che attingono alle stesse risorse ambientali (un 

bacino idrografico, una area protetta, ecc.). 


1b. Forma di carattere verticale (tra autorità che esercitano i propri 

poteri su scale territoriali di diversa ampiezza). 

Il coordinamento verticale, invece, riguarda l’instaurazione di un 

principio di sussidiarietà* tra istituzioni nazionali e sopranazionali 

(in Italia, ad esempio, tra comuni, province, regioni, Stato, Unione 

Europea), anche con modalità non strettamente gerarchiche che 

ammettono, dunque, anche “salti di livello”. 

*Sussidiarietà: Principio per il quale un’autorità di livello gerarchico superiore 

si sostituisce ad una di livello inferiore in caso di incapacità a compiere gli atti 

di sua competenza . 


17


La Governance Territoriale 


Il Coordinamento tra autorità pubbliche e stakeholders locali 

(operatori economici e rappresentanti dell’associazionismo della 

società civile) si può realizzare solo attraverso un modello di 

azione che valorizzi il ruolo dei cittadini-amministrati, quindi 

attraverso tutti quei meccanismi che favoriscono: 

- la democratizzazione dell’azione amministrativa, mediante 

l’acquisizione del preventivo consenso dei cittadini 

- la responsabilizzazione degli stessi amministrati 

- il miglioramento della qualità dei provvedimenti e 

dell’attuazione delle decisioni adottate. 


- La Governance Territoriale, Appunti. 



La governance territoriale - 1 


La Governance territoriale può essere definita come un processo 

di coordinamento dei soggetti territoriali (istituzionali e non, 

pubblici e privati) e delle relative iniziative, finalizzato alla: 

La Governance territoriale promuove il potenziamento della 

capacità del sistema territorio di progettare, pensare ed operare 

come un attore collettivo verso uno scenario di sviluppo locale. 

Condivisione della visione di sviluppo (sostenibile) del 

territorio. 

Promozione dell’elaborazione e la successiva attuazione di 

iniziative territoriali coerenti rispetto a tale visione di 

sviluppo. 


La Governance territoriale rappresenta, quindi, una modalità di 

governo del territorio orientata al perseguimento degli obiettivi 

comunitari di: 

Coesione socio-economico-territoriale 

Sostenibilità dello sviluppo 

Competitività 


La coesione sociale 

La competitività 

Il termine coesione deriva dal latino cohaesus il cui significato 

letterale è “essere strettamente unito” 

Tale termine è stato introdotto per la prima volta dal sociologo 

francese Émile Durkheim nel suo primo importante lavoro “De 

la division du travail social” 

In sociologia coesione sociale indica : 

“l’insieme dei comportamenti e dei legami di affinità e 

solidarietà tra individui o comunità, tesi ad attuare in senso 

costruttivo disparità legate a situazioni sociali, economiche, 

culturali, etniche” 


La Competitività indica: 

“la capacità di competere, l’essere competitivi, 

specialmente sul piano politico e commerciale. 

Competitività, talvolta, erroneamente usato per 

Competizione 

La Competizione indica: 

“lotta, contrasto, gara di emulazione per il 

raggiungimento di uno scopo o il riconoscimento di una 

superiorità” 


18

Lo sviluppo sostenibile - 1 


La prima definizione di sviluppo sostenibile compare 

nel rapporto Brundtland del 1987 (Gro Harlem 

Brundtland, presidente della World Commission on 

Environment and Development, WCED): 

“lo sviluppo sostenibile è uno sviluppo che soddisfa i 

bisogni del presente senza compromettere la 

possibilità delle generazioni future di soddisfare i 

propri bisogni” 


Lo sviluppo sostenibile è una forma di sviluppo 

(economico, territoriale, delle comunità, ecc.) che non 

compromette la possibilità delle future generazioni di 

perdurare nello sviluppo, preservando la qualità e la 

quantità del patrimonio e delle riserve naturali (le 

riserve naturali sono esauribili; le risorse sono 

considerabili come inesauribili) 

Obiettivo: mantenere uno sviluppo economico 

compatibile con l’equità sociale e gli ecosistemi, 

operante quindi in regime di equilibrio ambientale. 




Da questa definizione scaturisce la cosiddetta regola 

dell’equilibrio delle tre “E”: Ecologia, Equità, Economia 

Critiche al concetto di sviluppo sostenibile: 

Questa concezione di sviluppo sostenibile viene aspramente criticata 

dagli studi e dai movimenti che fanno capo alla cosiddetta Teoria della 

Decrescita (Latouche, Pallante) 

Schema dello 

sviluppo sostenibile 


Secondo tali studiosi: non è possibile pensare uno sviluppo economico 

basato sui continui incrementi di produzione di merci che sia anche in 

sintonia con la preservazione dell’ambiente. 

Più in particolare la critica riguarda l’ammonimento dei comportamenti 

delle società occidentali che si trovano di fronte al paradossale 

problema di dover consumare più del necessario pur di non scalfire la 

crescita dell’economia, con conseguenti problemi ambientali. 




La Governance territoriale si può definire come il 

coordinamento di azioni e interventi di diverse 

organizzazioni pubbliche e private capaci di mobilitare 

risorse e attori per la realizzazione degli obiettivi di 

sviluppo. 

Da questa definizione scaturiscono tre osservazioni 

importanti 

La governance territoriale così definita consente di porre 

l’attenzione sulla coerenza tra l’individuazione degli 

obiettivi di sviluppo locale e le capabilities degli attori locali 

L’importanza dell’individuazione degli obiettivi di sviluppo 

locale che devono essere connessi ai problemi rilevanti, ma 

che siano affrontabili a livello locale 

Ciò non significa necessariamente autosufficienza degli 

attori locali, ma piuttosto che essi devono essere supportati 

dai livelli sovra-ordinati di governo in continuo processo di 

interazione. 



19

Governance e sistema locale 

La globalizzazione - 1 


- Pichierri A. (2011), Sociologia dell’organizzazione, Laterza, 

Bari. 

Nell’ultimo trentennio del secolo scorso si sono delineate alcune 

tendenze che sono state definite con il termine di 

globalizzazione: 

Grandi imprese multinazionali che accrescono il loro potere 

(aumentano i loro gradi di libertà nella scelta della 

localizzazione più favorevole per aggirare i vincoli di tipo 

nazionale; es. trattamento fiscale, organizzazione del lavoro); 

Sebbene l’esistenza di istituzioni di governo su scala 

mondiale appaia tuttora remota, aumenta il potere di 

condizionamento delle politiche nazionali da parte di 

organizzazioni sovra-nazionali come il IMF o la WTO. 



La globalizzazione - 2 

Globalizzazione e localismo - 1 

Nel caso dell’Europa e dell’Italia, gli effetti della 

globalizzazione sono per così dire mediati dall’esistenza 

dell’UE, alla quale gli stati comunitari hanno delegato poteri 

rilevanti: 

In casi macroscopici come la politica monetaria, ma anche in 

altri casi meno visibili, ad esempio nel campo delle politiche 

pubbliche e della vita quotidiana. La forte influenza esercitata 

dall’UE è visibile in molte leggi nazionali e regionali che 

utilizzano diffusamente il linguaggio europeo in materia di 

coesione sociale e sostenibilità ambientale (le caratteristiche 

delle abitazioni e del cibo dipendono spesso da standard edilizi e 

alimentari decisi a Bruxelles). 


A partire dagli anni ’70 del secolo scorso si delinea però un 

fenomeno inaspettato: 

Da una parte, processi di crescente internazionalizzazione, 

globalizzazione, europeizzazione, erosione delle prerogative 

degli stati nazionali. 

Dall’altra, sistemi territoriali di livello sub-nazionale (che 

diventano oggetto di attenzione in quanto sede di sviluppo 

economico e di innovazione sociale) e attori e istituzioni 

locali che assumono un risalto senza precedenti. 




Si tratta di una tendenza inaspettata e per certi aspetti 

paradossale: 

attori e sistemi locali di dimensioni relativamente piccole e con 

proprietà molto specifiche (regioni forti, distretti industriali di 

successo, metropoli regionali innovatrici e attrattive) acquistano 

(o recuperano) rilievo in un’epoca in cui globalizzazione ed 

europeizzazione sembrerebbero produrre la supremazia di attori 

e di sistemi sovra-nazionali e trans-nazionali. 

Il contemporaneo affermarsi di globale e locale è visibile anche 

nel processo di europeizzazione. 

Le istituzioni europee fin dall’inizio hanno avuto tra gli obiettivi 

la riduzione delle diseguaglianze regionali. 

La diversificazione interna dal punto di vista economico, sociale 

e culturale dei grandi stati europei ha comportato dal principio 

qualche tipo di intervento a livello sub-nazionale. È il caso della 

regionalizzazione o territorializzazione delle politiche europee 

(l’introduzione cioè della dimensione spaziale e regionale in 

politiche con obiettivi assai diversi). 



20



Il “declino industriale” rappresenta l’esempio più calzante: 

Fino agli anni ’80 la CE si è occupata della gestione degli effetti 

del declino e delle crisi industriali, con misure che riguardavano 

settori industriali minacciati o colpiti. Con la riforma dei fondi 

strutturali viene fissato un obiettivo specifico (in tal caso 

l’obiettivo 2) che riguarda non più imprese e settori, ma “aree” a 

declino industriale. 

I fondi strutturali sono strumenti finanziari usati dall’UE per 

promuovere il miglioramento economico e la coesione sociale, 

soprattutto nelle regioni meno sviluppate. 

Il principale tra questi è il Fondo Sociale Europeo, obiettivo 

generale è la creazione di nuovi e migliori posti di lavoro. 


Soprattutto a partire dagli anni ’80, attraverso un uso mirato dei fondi 

strutturali, questo intervento si è tradotto non solo nell’individuazione 

dei sistemi territoriali di riferimento, ma anche nell’indicazione delle 

modalità considerate ottimali per la loro regolazione e governance, 

prima fra tutte il partenariato, la cooperazione tra attori di diversa 

natura (pubblica, privata, associativa). 

In tal caso si parla di europeizzazione dei sistemi locali, tenendo conto 

del fatto che alcuni di questi sistemi (aree di antica industrializzazione 

in declino) sono state “costruite” dall’UE, mentre in un numero molto 

maggiore di casi si tratta di sistemi definiti dal punto di vista 

amministrativo (città, regioni) che l’azione europea in qualche modo 

rafforza. 


Il sistema locale - 1 


Il livello territoriale sub-nazionale rappresenta quindi un livello 

al quale si trovano maggiormente sistemi locali significativi. 

E’ opportuno allora definire con più precisione che cosa si 

intende per sistema locale. 

Nella letteratura sullo sviluppo locale si trovano definiti certi 

tipi di sistema produttivo locale (specialmente il distretto 

industriale) accanto a concetti provenienti soprattutto dalla 

geografia (regione funzionale, regione metropolitana); manca 

però una definizione generalmente condivisa. 

Una definizione comprensiva, che tenga conto del pluralismo di 

approcci e di temi che caratterizza il filone di studi sullo 

sviluppo locale, non può essere che composita. 


La definizione di “sistema locale” proposta da Pichierri (2011) si 

articola a tre livelli. 

A un primo livello, un sistema è un’area territoriale omogenea, 

secondo qualche tipo di variabile, soprattutto variabili di tipo 

economico, relative alla concentrazione territoriale di un tipo di 

impresa, o di prodotto; ma l’omogeneità dell’area può derivare 

dall’appartenenza a una stessa partizione amministrativa 

(comune, regione ecc.), o dalla condivisione di certi tratti 

culturali (lingua, dialetto, tradizioni) o altro ancora. 




Determinante per questo livello di definizione è che si possano 

chiaramente individuare dei confini oltre i quali l’omogeneità 

cessa. 

L’aspetto importante è che a questo livello la definizione del 

sistema è opera del ricercatore (o dell’amministratore o del 

politico), in funzione degli obiettivi della ricerca (o di quelli 

politico-amministrativi): il sistema viene “disegnato” 

indipendentemente dalla consapevolezza o dall’interesse delle 

persone che vi risiedono. 

Al secondo livello, infatti, la consapevolezza di essere nel 

sistema, ovvero di appartenere al sistema, diventa decisiva. 

Senso di appartenenza, cultura comune, rappresentazione 

condivisa delle proprietà caratteristiche del sistema (si tratti di 

un’eccellenza produttiva o della bellezza del paesaggio) formano 

una identità collettiva. 

A questo livello, quindi, ciò che assume particolare rilevanza 

sono gli atteggiamenti, le rappresentazioni e i sentimenti. 



21


La governance locale - 1 

Il terzo livello, infine è quello della regolazione del sistema. 

All’interno di un sistema territoriale si producono delle risorse, e 

queste risorse vengono distribuite. 

La produzione delle risorse richiede qualche tipo di 

coordinamento, la loro allocazione segue qualche criterio; i 

possibili principi di allocazione delle risorse sono diversi. 

Si parla di governo quando coordinamento e allocazione sono 

decisi da qualche forma di potere legittimo, di governance 

quando lo stesso risultato è ottenuto attraverso l’interazione di 

attori di varia natura (pubblici, privati, associativi). 


La definizione di “sistema locale” proposta comprende il livello della 

“regolazione”. 

Parlare dei principi di regolazione di una società, significa parlare non 

solo dei criteri sulla base dei quali beni e servizi vengono allocati, ma 

anche dei meccanismi di coordinamento dell’azione di chi li produce e 

di soluzione dei conflitti che possono verificarsi. 

La regolazione di una società può avvenire attraverso: 

la politica (le decisioni che contano vengono prese da un’autorità 

statuale, o comunque pubblica); 

il mercato (è la mano invisibile del mercato che coordina azioni 

socialmente rilevanti attraverso lo scambio); 

la comunità, che assicura la regolazione puntando sull’appartenenza 

(a una famiglia, un clan, un gruppo). 




Da quando i sistemi (produttivi) locali sono diventati oggetto di 

attenzione e di studio, il carattere “misto” della loro regolazione 

si è andato progressivamente accentuando. 

Proprio l’attenzione alle modalità di regolazione dei sistemi locali 

rappresenta una delle ragioni per le quali si è diffuso il concetto 

di governance. 

Mentre il government fa riferimento a un unico attore 

istituzionale, la governance indica una modalità di regolazione in 

cui le decisioni che interessano tutto il sistema sono il risultato di 

una complessa interazione tra attori di diversa natura 

istituzionale: politica, amministrativa, economica, associativa, 

comunitaria. 


Il tipo di governance locale che si è andato affermando in Europa negli 

ultimi trent’anni, sostenuto e promosso dalle istituzioni europee, ha 

caratteristiche accentuatamente cooperative. 

Si assume cioè che attori dagli interessi diversi, o addirittura 

contrastanti (es. associazioni di rappresentanza dei lavoratori e datori di 

lavoro), possano collaborare per il raggiungimento di obiettivi 

concordati: la formula utilizzata è quella del partenariato. 

Gli incentivi forniti dall’UE hanno carattere sia materiale (in 

particolare attraverso l’uso mirato dei fondi strutturali) sia immateriale 

(in particolare attraverso l’uso efficace di “discorsi” e “retoriche” che 

stabiliscono certe priorità e legittimano certi valori). 




In Italia La logica della concertazione locale caratterizza 

varie esperienze di programmazione negoziata, nell’ambito 

della quale ha avuto particolare rilievo il patto territoriale. 

Ma anche altre forme come la pianificazione strategica 

urbana, in cui gli attori chiave della governance urbana si 

accordano su obiettivi di lungo periodo e cercano 

meccanismi di monitoraggio e integrazione delle azioni 

necessarie per raggiungerli. 


I patti territoriali sono oggetto di una vasta letteratura, in parte 

per l’importanza pratica che hanno avuto, ma forse in misura 

ancora maggiore per il loro carattere idealtipico in materia di 

concertazione locale. Il patto disegna, infatti, un sistema locale il 

cui perimetro è dato dai confini dei comuni che lo compongono e 

che ne rappresentano gli attori pubblici principali. A i comuni si 

aggiungono altri attori via via più numerosi come le associazioni 

di rappresentanza (i sindacati), le “autonomie funzionali” 

(camere di commercio, fondazioni, università). 

I partecipanti e gli obiettivi da loro concordati (tipicamente 

obiettivi di sviluppo locale) sono formalizzati in un documento 

che indica anche risorse e scadenze. 


22

Concertazione e sviluppo locale 


La concertazione - 1 


- Pichierri A. (2002), La regolazione dei sistemi locali. Attori, 

strategie, strutture, il Mulino, Bologna. 

Tra i modi di regolazione economica, che gli studi sociali hanno 

definito, alcuni sono basati sulla cooperazione tra gli attori 

Con riferimento alla cooperazione basata sulle forme di 

associazione che si riscontrano nelle economie locali, Pichierri 

definisce la concertazione come: 

«l’accordo formalizzato (non solo implicito o tacito) su obiettivi 

concordati da attori i cui interessi sono tradizionalmente e/o 

potenzialmente diversi e/o contrastanti». 

Tra i più noti e ricorrenti tipi di cooperazione e concertazione 

figurano quello tra attori pubblici e privati e quello tra 

associazioni imprenditoriali e sindacati. 



La concertazione - 2 

Concertazione e istituzionalizzazione - 1 

C’è da dire che espressioni come cooperazione e concertazione locale, 

al pari di altri termini equivalenti come partnership o partenariato, non 

sono esenti da rischi e ambiguità. 

Tuttavia, nel linguaggio corrente la concertazione designa «un tipo 

sempre più diffuso di pratiche pattizie e di partenariato caratterizzato 

dall’individuazione di obiettivi da raggiungere o di comportamenti da 

tenere entro certi tempi, con certe modalità, sulla base di risorse 

dedicate; il tutto formalizzato in appositi pubblici documenti». 

In casi di regolazione economica fondata sulla cooperazione (esempi: 

distretti industriali, regioni e città forti) gli attori riconoscono 

esplicitamente o implicitamente l’esistenza di valori condivisi e di 

interessi comuni. In tal caso la regolazione avviene attraverso forme di 

governance piuttosto che di government. 


Con riferimento all’istituzionalizzazione delle pratiche, alcuni studi 

sostengono che un processo locale debba prescindere da forme di 

istituzionalizzazione e, quindi, basarsi prevalentemente su attori e su 

risorse interne all’area considerata (idea di sviluppo autonomo). 

D’altra parte però non si può ignorare il fatto che in diversi casi il 

processo di sviluppo è stato innescato grazie ad un intervento vigoroso 

di attori esterni senza il quale il processo non sarebbe neppure iniziato 

(esempio di industrie o aree in declino rivitalizzate in seguito a 

finanziamenti e programmi governativi o europei) 

L’istituzionalizzazione è quindi da intendersi in riferimento a processi 

per cui progressivamente certi comportamenti vengono promossi, 

richiesti, talvolta imposti, da attori diversi da quelli che li attuano e che 

mettono a disposizione di questi ultimi delle risorse (Programmi EU). 


Concertazione e istituzionalizzazione - 2 

Caratteristiche della concertazione locale - 1 

Già a partire dagli anni ’70 sono presenti in Europa iniziative di 

cooperazione formalizzata, che diventano più numerose negli anni ‘80 e 

soprattutto negli anni ‘90: moltiplicarsi dei patti sociali a base 

territoriale 

Un fenomeno in continua crescita negli anni ‘90 in diversi paesi europei 

che ha portato in Italia, ad esempio, un certo numero di amministrazioni 

provinciali ad istituire degli assessorati alla «concertazione territoriale». 

Una spinta decisiva in tal senso è avvenuta anche dalla CEE/UE con la 

promozione del processo di istituzionalizzazione, ad esempio, attraverso 

la generalizzazione delle good practices e dei risultati positivi di alcune 

esperienze locali di successo (esempio: i distretti industriali). 


In diversi paesi europei la concertazione locale si è, per periodi 

più o meno lunghi, accompagnata o ha seguito esperienze di 

concertazione a base nazionale. 

Esperienze che, anche negli anni ‘90, hanno conservato però un 

carattere fondamentalmente tripartito, ovvero di tipo 

neocorporativo (ad esempio la contrattazione collettiva, o relativa 

a problemi di tipo macroeconomico: contratti di lavoro, politica 

dei redditi) 

È necessario quindi sottolineare alcune caratteristiche tipiche 

della concertazione locale che la differenziano da quella nazionale 

e da quella europea. 


23

Caratteristiche della concertazione locale - 2 

Esperienze di concertazione locale - 1 

L’ambito territoriale è locale ( il locale ha una geometria variabile: 

regioni, città, distretti di diversa grandezza). 

La materia degli accordi è più ampia: negli accordi tripartiti la 

materia riguarda tipicamente la contrattazione collettiva e temi 

macroeconomici (politica dei redditi); nella concertazione locale la 

materia è assai varia: non solo politiche pubbliche, ma anche singoli 

problemi o progetti locali (esempio: costruzione di infrastrutture). 

Aumenta il numero degli attori: non solo gli attori diventano assai 

più numerosi, ma risultano anche di natura talvolta molto varia 

(associazioni di rappresentanza degli interessi, governo locale, 

camera di commercio, università, chiesa, volontariato). 

Negoziazione solo in senso lato: i partner concordano sin dall’inizio 

su una serie di richieste o progetti. 


Esistono diverse esperienze e casi concreti che rendono plausibile 

l’ipotesi della crescente diffusione, formalizzazione e 

istituzionalizzazione della concertazione come modo di regolazione 

delle economie locali. 

La prima forma di concertazione locale è quella relativa al partenariato 

pubblico/privato e pubblico/pubblico. 

Forme di concertazione locale tra attori pubblici (governo locale, PA), 

organizzazioni con funzioni di rappresentanza riconosciute dalla legge 

(Camere di Commercio), attori privati (imprese, associazioni di 

categorie) sono visibili già a partire dagli anni ’70-’80: iniziative degli 

attori pubblici nelle aree-problema in cui lo sviluppo locale assume la 

forma di strategie contro il declino (progetti di riqualificazione urbana, 

progetti di grande scala). 




Altra forma di concertazione locale è quella rinvenibile nei 

progetti finanziati da programmi europei. 

Nei documenti ufficiali dell’Unione Europea la concertazione (o 

partenariato) viene regolarmente richiamata come principio 

ispiratore fondamentale, accanto a quello di sussidiarietà, nonché 

come precondizione per il finanziamento e l’attuazione dei 

progetti. 

In questi programmi gli attori economici e sociali vengono infatti 

menzionati come partner. 

Partenariato significa in prima istanza stretta cooperazione con le 

autorità statali ma anche locali dello stato membro. 

L’UE interviene direttamente con mezzi finanziari, come nel caso 

dei fondi strutturali. 

I progetti locali finanziabili devono quindi essere costruiti sulla 

base di una partnership di cui l’UE è membro per definizione. 

Una formula suggerita dalla UE per l’allocazione dei fondi 

strutturali è quella del patto territoriale. 



I patti territoriali - 1 


I patti sociali a base territoriale si presentano in diverse versioni. 

L’espressione di patti sociali è stata usata per la prima volta con 

riferimento ai patti nati in Italia nei primi anni ’90 in maniera 

relativamente spontanea. 

Originariamente il patto territoriale si esplicita con l’azione di 

alcuni comuni che presentano progetti congiunti, e chiedono 

risorse aggiuntive, mobilitando allo stesso tempo attori e risorse 

locali. 

In seguito, però, i patti territoriali così concepiti vengono in un 

certo senso snaturati. 


La logica del patto territoriale viene in un certo senso snaturata poiché è 

intervenuto un processo di formalizzazione sul piano legislativo, 

facendo perdere loro il carattere di spontaneità. 

La materia è stata regolamentata legislativamente a partire dal 1995, e 

la legge ha previsto che, in base ad una formulazione tipo, il patto 

territoriale può essere promosso da Enti Locali, altri soggetti pubblici 

operanti a livello locale, rappresentanze locali delle categorie 

imprenditoriali, soggetti privati. 

Secondo queste direttive i sottoscrittori del patto individuano un 

soggetto responsabile o costituiscono un’apposita società mista e 

presentano un progetto contenente lo specifico obiettivo di sviluppo cui 

il patto è finalizzato e il raccordo con le linee guida della 

programmazione regionale. 


24



In base a tale logica i patti territoriali hanno assunto via via un carattere 

sempre più orientato dai patti stipulati dai livelli sovraordinati: 

Per esempio l’UE ha deciso di utilizzare i patti territoriali per 

l’occupazione come strumento privilegiato per lo sviluppo locale, 

concependo però il patto come naturale risultato del patto europeo per 

l’occupazione approvato dalla stessa Commissione Europea nel 1996. 

Una seconda variante è, invece, quella dei patti regionali per lo sviluppo 

e l’occupazione. 

Questa situazione ha evidenziato chiaramente, soprattutto in Italia, il 

carattere top down del processo che porta alla loro stipulazione 

(snaturazione dell’idea originaria del patto) 


In Italia, ad esempio, il patto per lo sviluppo e l’occupazione stipulato a 

livello nazionale contiene infatti una sezione dedicata al metodo della 

concertazione nella quale si stabilisce che: 

«la concertazione deve essere estesa e coinvolgere più direttamente 

Regioni, Province, Comuni, … 

In tal caso il governo si impegna a promuovere un apposito Protocollo 

nel quale vengono concordate le forme ed i modi della partecipazione 

delle istituzioni regionali e locali alla concertazione nazionale e 

all’attuazione degli obiettivi del patto…». 

Il risultato è che, patti di questo genere, dapprima stipulati a livello 

nazionale, sono stati quindi estesi a livello locale contando su risorse 

finanziarie di provenienza centrale. 



Il Sistema Turistico Locale 


Un ulteriore sviluppo dei patti territoriali riguarda la stipulazione 

di accordi e patti in quartieri di grandi città (possibilità prevista 

dai patti territoriali per l’occupazione che accedono ai fondi 

strutturali). 

Altri programmi europei (Urban, Urban II, ecc.) incoraggiano 

fortemente la gestione concertata di piani di recupero urbano. 

In tal caso la formula talvolta utilizzata è quella del contratto di 

quartiere, una sorta di programmazione negoziata a livello micro. 


- Il Sistema Turistico Locale, Appunti. 



Altre esperienze pregresse 


A livello nazionale, si sono susseguite, sotto varie forme di 

progettazione, diffuse esperienze di regolazione dei processi di 

sviluppo locale (Patti Territoriali, PIT, STL). 

Le strategie locali, come i STL ad esempio, hanno principalmente 

riguardato interventi tesi a valorizzare risorse del territorio e ad 

attivare tutti gli attori territoriali in quanto portatori di conoscenze 

localizzate e specifiche 

Gli elementi che contraddistinguono tali progetti sono 

l’integrazione e la partecipazione. La partecipazione viene 

intesa nel suo significato di apertura a nuove vie di 

comunicazione e di ascolto al fine di attivare e mobilitare le 

risorse del luogo. 


Il Sistema Turistico Locale costituisce uno strumento di 

governance che vede coinvolti sia attori istituzionali che attori privati 

(Enti locali, operatori privati, singoli o associati e altri soggetti 

pubblici), in qualità di protagonisti delle azioni di sviluppo turistico 

del territorio. 

Sul piano legislativo i STL vengono definiti nel 2001 con la legge 

Quadro sul turismo: 

Legge 29 marzo 2001, n.135 

“Riforma della legislazione nazionale del turismo” 

Articolo 5 

(Sistemi Turistici Locali) 


25

Art. 5 (Sistemi Turistici Locali) 

Caratteristiche del STL 

Comma 1: “Si definiscono sistemi turistici locali i contesti 

turistici omogenei o integrati, comprendenti ambiti territoriali 

appartenenti anche a regioni diverse, caratterizzati dall’offerta 

integrata di beni culturali, ambientali e di attrazioni turistiche, 

compresi i prodotti tipici dell’agricoltura e dell'artigianato 

locale, o dalla presenza diffusa di imprese turistiche singole o 

associate”. 

Comma 2: “Gli enti locali o soggetti privati, singoli o 

associati, promuovono i sistemi turistici locali attraverso forme 

di concertazione con gli enti funzionali, con le associazioni di 

categoria che concorrono alla formazione dell’offerta turistica, 

nonché con i soggetti pubblici e privati interessati”. 


Il STL come modello organizzativo si caratterizza per 

due aspetti fondamentali: 

L’esaltazione della dimensione territoriale 

dell’offerta turistica 

L’integrazione tra le componenti del sistema (attori 

pubblici e privati) nella fase di gestione e soprattutto 

della elaborazione progettuale 


Aspetti innovativi della LQ 

Il ruolo dei territori 

Tra gli aspetti maggiormente innovativi e qualificanti della 

riforma figura: 

l’introduzione di un nuovo modello organizzativo dell’offerta 

turistica 

Modello imperniato sul concetto di cooperazione sistematica tra 

tutti gli attori interessati (enti locali, operatori del settore, 

comunità locale) 

ovvero quegli attori che sono da considerarsi i primi 

responsabili e beneficiari dello sviluppo 


L’Art. 2, comma 1, prevede infatti che lo Stato e le Regioni 

riconoscano il ruolo dei territori con particolare riguardo: 

all’attuazione delle politiche intersettoriali ed 

infrastrutturali necessarie alla qualificazione dell’offerta 

turistica 

alla valorizzazione dell’apporto dei soggetti privati per la 

promozione e lo sviluppo dell’offerta turistica. 

Principio di sussidiarietà 


Forme di STL 

Il ruolo della Regione 

Tuttavia è possibile notare come l’ideazione dei STL nasca in un 

certo senso dall’alto: 

L’art. 5 della Legge 135/2001 demanda alle Regioni la facoltà di 

riconoscere i STL, con l’intento di garantire l’integrazione tra 

politiche del turismo e politiche di governo del territorio. 

Ciascuna Regione si è dotata di proprie leggi in materia turistica 

sulla base della riforma nazionale (Calabria: L.R. 8/2008) 

Gli adattamenti regionali alla Legge Quadro sul Turismo 

135/2001 hanno portato alla creazione di variegate forme di STL 


La Regione oltre a garantire l’integrazione tra politiche del 

turismo e politiche di governo del territorio, si occupa anche di: 

incentivare politiche di promozione e pubblicità 

programmare e coordinare lo sviluppo dei STL all’interno del 

territorio regionale (individuazione delle aree più adatte) 

programmare e pianificare le scelte 

attuare politiche d’attrazione 

La Regione dovrebbe eseguire ciò progettando dei Programmi di 

Sviluppo Regionale che determinino gli obiettivi, gli interventi e 

i criteri di ripartizione delle risorse 


26

Complessità del STL 

Creazione di un STL - 1 

Il STL è un sistema complesso, poiché caratterizzato da forze in 

gioco assai diverse tra loro 

è quindi indispensabile che tutti gli attori all’interno del STL 

operino in modo integrato, mirando ad elevare o preservare la 

qualità del sistema nella sua totalità. 

Per l’attuazione è necessario perciò che tutti gli attori (pubblici e 

privati) agiscano seguendo delle strategie comuni 

La pianificazione socio-territoriale è l’aspetto centrale che trasforma 

un programma in un progetto fattibile usando due collanti fondanti: il 

capitale sociale (coinvolgimento delle comunità dal basso) e i fattori 

di forza del contesto ambientale ed economico. 


Vi sono formalmente delle procedure standardizzate per creare 

un STL. 

Come precondizione si presume la presenza di una rete sociale 

tra i vari attori. 

Tale rete dovrebbe agire su differenti livelli: 

a livello meramente territoriale mediante le reti di trasporto; 

a livello economico-sociale attraverso l’integrazione tra settori 

diversi e di cooperazione sociale; 

a livello comunicativo (informazioni, strategie di marketing) 

La rete sociale dovrebbe svolgere una funzione di collegamento 

tra le variegate sfere 


Creazione di un STL - 2 

Tre Considerazioni 

In fase progettuale, i STL possono essere suddivisi in 

sottosfere, ognuna delle quali è una parte indispensabile 

del sistema stesso 

In tale fase, quindi, è fondamentale l’analisi dei punti di 

forza e dei punti critici 

Ciò permette di ottenere una visione chiara del contesto 

di riferimento per l’adozione di adeguate e giuste 

strategie di pianificazione 


1. Ogni elemento del Sistema Turistico Locale ha una 

funzione che nel contesto di riferimento è essenziale 

al fine del buon esito del progetto. 

2. È necessario che l’azione locale sia concertata, tra 

gli attori privati e quelli pubblici, in modo che tutto il 

territorio interessato possa trarre vantaggio da una 

concezione sistemica del settore turistico. 

3. È la concertazione che crea la strategia e determina 

gli obiettivi (di breve e di lungo periodo) ponendo la 

base su cui si devono muovere le singole iniziative. 




Il quadro nazionale - 1 


- Il Sistema Turistico Locale, Appunti. 


La legge quadro135/2001, pur con molte contraddizioni, è 

riuscita in qualche modo a mettere insieme e a sintetizzare 

“pezzi” di una innovativa cultura turistica, nel tentativo di 

costruire una nuova governance del turismo in Italia e una 

comune visione incardinata sull’offerta turistica come: 

sistema di qualità territoriale 

sul turismo come fattore intersettoriale di sviluppo 

sulla valorizzazione delle identità locali 

sul ruolo delle piccole e microimprese 

sulla centralità del turista 


27

Il quadro nazionale - 2 

L.R. Calabria 8/2008 - 1 

A livello nazionale il processo di applicazione della Legge 

135/2001 non ha seguito però un percorso univoco. 

Le risposte delle regioni non sempre hanno interpretato 

correttamente lo spirito della legge e, in alcuni casi, lo hanno 

addirittura contraddetto attraverso la riconfigurazione della 

propria organizzazione turistica basata su modelli centralistici e 

piramidali. 

Il recepimento dell’art. 5 è avvenuto con modalità diverse da 

regione a regione e gli adattamenti alla LQ hanno portato alla 

creazione di variegate forme di esperienze, tuttavia, riconducibili 

al concetto di STL, anche nelle regioni che non hanno 

formalmente recepito la legge nazionale. 


L. R. 5/04/2008, n. 8: Riordino dell’organizzazione turistica regionale 

Art. 6 (Sistema Turistico Locale) 

1. Per Sistemi Turistici Locali (STL) si intendono le aggregazioni dei 

soggetti pubblici e privati rappresentativi che operano per lo sviluppo 

della filiera economica turistica, attraverso la realizzazione di iniziative 

di promozione e valorizzazione turistica dei territori nonché di 

qualificazione e innovazione dei prodotti e dei servizi turistici locali e del 

sistema integrato di offerta turistica. I STL operano nell’ambito di 

contesti turistici omogenei caratterizzati dall’offerta integrata di luoghi, 

beni culturali ed ambientali, compresi i prodotti tipici dell’agricoltura e 

dell’artigianato locale, e dalla presenza diffusa di imprese e attività 

turistiche singole o associate. 




Art. 6 (Sistema Turistico Locale) 

2. Le Province promuovono, anche in accordo tra loro, 

i Sistemi Turistici Locali attraverso il coinvolgimento 

attivo di Comuni, Unione di Comuni, Comunità 

Montane, Camere di Commercio, Enti Parchi, altri Enti 

Locali, Associazioni di categoria di settore, nonché con 

altri soggetti pubblici e privati locali. 


Art. 7 (Funzioni del Sistema Turistico Locale) 

1. Il Sistema Turistico Locale è finalizzato a: 

Sviluppare moderne potenzialità turistiche; 

Irrobustire la qualità dei prodotti turistici esistenti; 

Integrare differenti tipologie e forme di turismo per valorizzarne la 

destagionalizzazione; 

Realizzare interventi infrastrutturali, di riqualificazione urbana e 

territoriale; 

Promuovere e sostenere l’innovazione tecnologica; 

Favorire la crescita della professionalità degli operatori e lo sviluppo delle 

competenze manageriali; 

Valorizzare il patrimonio naturalistico e dei parchi per un’elevata 

sostenibilità e qualità ecologica dello sviluppo turistico; 

Incrementare e sviluppare la domanda turistica. 


Le esperienze pregresse - 1 

Le esperienze pregresse - 2 

Nel panorama nazionale la combinazione 

maggiormente vincente é legata a forme crescenti di 

turismo di comunità in cui è il turismo rurale ad 

occupare il ruolo centrale. 

Una buona tradizione dell’attività agricola ne diventa 

segno esplicito (in queste esperienze si riscontra la 

maggiore pertinenza degli itinerari enogastronomici, 

strade del vino e dei sapori, ospitalità diffusa). 


Le esperienze pregresse: un’occasione storica per una riflessione 

sulla governance dello sviluppo locale 

Lo studio dei casi di successo assume una particolare importanza 

Le buone pratiche offrono l’opportunità di cogliere quei 

meccanismi sperimentati che indicano i possibili percorsi 

virtuosi di progettazione locale (modalità di strutturazione delle 

partnership, mutamento dei modelli organizzativi e progettazione 

di forme innovative di coordinamento). 


28

Il ST Po di Lombardia 

Unica grande eccezione in questo panorama è 

l’esperienza “ST Po di Lombardia” 

Il ST Po di Lombardia, ha eliminato, innanzitutto, la 

nomenclatura “locale” per sottolineare l’integrazione 

tra urbano e rurale 

La Convenzione 

Il Sistema Turistico Po di Lombardia nasce con la 

sottoscrizione di una convenzione, tra le province di 

Pavia, Lodi, Cremona e Mantova 

Il ruolo delle singole Province e degli attori economici 

è stato centrale 

Unico caso di ST che ha organizzato il sistema 

turistico partendo da quattro città di medie dimensioni 


Obiettivo: promozione di progetti integrati tra 

province attraverso azioni di natura economica 

coordinata 


Un caso vincente 

L’iter di realizzazione - 1 

Attraverso l’unione delle peculiarità culturali, artistiche, ambientali, 

gastronomiche e della tradizione queste quattro province hanno dato 

avvio ad una serie di progetti, proposte condivise e interventi concreti 

nella trasformazione del territorio il cui risultato è culminato nella 

costituzione del più grande Sistema Turistico italiano 

Il risultato: una proposta originale di Sistema unica nell’esperienza 

dei Sistemi Turistici nati in Italia dopo la legge quadro 135/2001. 

Tale esperienza, infatti, è stata ed è oggetto di particolare attenzione 

da parte degli esperti di marketing turistico e da gran parte dei STL 

sorti in Italia in questi anni. 

1986: Istituzione delle APT(esperienza di collaborazione decennale fino 

alle leggi regionali 27/1996 e 12/1997che attribuiscono alla regione un ruolo 

nella programmazione turistica territoriale) 

1998: Progetto di valorizzazione del Po “In bicicletta lungo il Po” 

(Proposta congiunta delle APT provinciali per lo studio di percorsi ciclabili per 

la valorizzazione degli aspetti naturalistici, storico-artistici, tipicità 

gastronomiche) 

1999: Accordo di programma che origina la Consulta del Po 

(accordo tra gli enti pubblici locali e l’autorità di governo centrale) 



L’iter di realizzazione - 2 

2002: Carta di valorizzazione del Po “un Po per tutti” 

(manifestazione promossa dalla consulta con l’obiettivo di sottolineare 

l’importanza dei temi della fruizione del fiume in tutte le sue forme ed 

espressioni) 

2004: Convenzione tra le 4 province per il 

“Programma di Sviluppo Turistico” (tale convenzione 

stabilisce la collaborazione reciproca fra le province per l’elaborazione di 

programmi congiunti) 

2005: Data ufficiale di riconoscimento del ST Po di 

Lombardia con l’approvazione del programma di 

sviluppo (i risultati positivi conseguiti e l’evoluzione legislativa – LQ 

135/2001 – ha condotto al consolidamento permanente della collaborazione). 


L’identità - 1 

Prima questione: il problema identitario, il sistema si 

è posto la necessità di trovare un logo che desse al 

sistema una identità originale ed in grado di 

rappresentare l’unione territoriale delle quattro province. 

Il marchio individuato mette in evidenza la specificità 

del territorio di riferimento caratterizzato dalle vie 

d’acqua (grandi fiumi - Adda, Ticino, Mincio - che 

attraversano l’area e di cui il Po ne rappresenta 

l’elemento di congiunzione e di continuità culturale e 

storica). 


29

L’identità - 2 

Un sistema omogeneo 

Il logo 

o Pavia 

Unione territoriale delle quattro province: 

o Lodi 

o Cremona 

o Mantova 

Elemento di congiunzione e continuità storico-culturale: Fiume Po 


L’area sulla quale si è sviluppato il Sistema Turistico Po di 

Lombardia racchiude un territorio omogeneo caratterizzato da: 

Ricco patrimonio artistico del territorio 

Continuità geografiche, storiche e culturali tra le province 

Il fiume Po filo conduttore degli elementi di continuità 

Il ST Po di Lombardia si presenta oggi come un sistema che 

coniuga l’arte alla natura, alla cultura e alle tradizioni mettendo 

insieme tutte le risorse presenti sul territorio 


L’offerta del ST - 1 


Il successo del Po di Lombardia: le numerose offerte che il 

sistema è riuscito a proporre in linea con le esigenze di un 

turismo caratterizzato da una domanda sempre più variegata 

ed esigente. 

La vasta gamma di attività proposte ha permesso di rispondere 

alle più ampie richieste del settore turistico con offerte legate: 

al turismo fluviale, culturale e naturalistico 

itinerari enogastronomici 

proposte legate alla musica, alla storia e all’archeologia 

possibilità di fruizione di percorsi e sentieri per viaggi a 

ritmo lento (piste cilcabili, percorsi pedonali ed equestri) 


Le quattro province hanno puntato: 

sul loro passato storico (rievocazione delle varie vicende 

da cui sono state interessate nei secoli come ad esempio il 

Palio delle contrade o la battaglia di Lodi del 1796) 

sulla tradizione artigianale (per esempio la costruzione 

degli strumenti musicali della secolare scuola liutaia di 

Cremona) 

sulla valorizzazione del panorama gastronomico (il 

progetto “Percorsi enogastronomici Po di Lombardia” 

relativo alle tipicità del territorio). 



I Progetti - 1 

In linea con la necessità di differenziazione dell’offerta turistica 

il Sistema Po di Lombardia ha avviato anche altri progetti 

innovativi: 

legati allo sviluppo del turismo congressuale 

del turismo termale 

sperimentazione di nuove forme di accoglienza e ospitalità 

(albergo diffuso) 

La comunità di San Benedetto Po, sull’idea dell’albergo 

diffuso, ha creato una rete di accoglienza e ospitalità che viene 

integrata con proposte ricreative, sportive e culinarie fortemente 

legate al territorio ed alla cultura locale dell’area Po. 


Nell’ambito degli obiettivi prefissi dal Programma di 

Sviluppo l’azione del ST Po di Lombardia ha 

principalmente seguito due direttrici: 

• La navigazione fluviale 

• Fruibilità slow del territorio 

Le due direttrici rappresentano l’elemento 

caratterizzante e specifico dell’offerta turistica del 

sistema stesso. 


30



1. La navigazione fluviale: “Valorizzazione 

turistica del fiume Po” 

Tale progetto si è sviluppato attraverso la realizzazione di 

strutture, compatibili con la tutela e la valorizzazione 

dell’ambiente, in grado di favorire la fruibilità slow del 

territorio per mezzo di un sistema intermodale che offre la 

possibilità di un uso integrato di mezzi di trasporto, come la 

barca, e di mezzi di movimento come la bicicletta. 


2. Fruibilità slow del territorio: “Un Po di 

Lombardia” 

Dal progetto sulla navigazione fluviale se ne sviluppa un 

secondo: tema principale è rappresentato dalla valorizzazione 

e tutela dell’ambiente lungo i percorsi ciclabili. 

Nasce così, all’interno del sistema, l’offerta di un prodotto 

denominato “Un Po di Lombardia”: un lungo percorso 

interamente percorribile in bicicletta. L’itinerario, che copre 

una distanza di 375 Km, si sviluppa lungo i corsi dei fiumi Po 

e Mincio che da Pavia, passando per il Lago di Garda, giunge 

fino a Mantova. 


I dati del sistema - 1 

I dati del sistema - 2 

Popolazione: 1.408.500 abitanti distribuiti in 

436 comuni su una superficie di 7.857 Kmq 

18.000 posti letti su circa 800 esercizi ricettivi 

800.000 arrivi e oltre un milione e mezzo di 

presenze (+ 45% rispetto al 2003*) 

*I dati si riferiscono all’anno 2007 


Consistenza Ricettiva 

2003 2005 2007 

Incremento 

2003-2005 

Incremento 

2003-2007 

Strutture ricettive 428 573 800 33,9% 86,9% 

Totale posti letto 13.124 15.788 18.000 20,3% 37,1% 

Flussi turistici 

Arrivi 536.883 602.526 778.480 12,2% 45,0% 

Presenze 1.429.483 1.481.183 > 1.500.000 (*) 3,6% nd 

Fonte: ns elaborazione su dati in Donelli 2006, p. 172 e dati http://www.podilombardia.it) 

Più del 75% dei trasferimenti riguardano gli spostamenti di 

turisti interni, e il 25% del totale è relativo al turismo estero 

(*) Il dato (Fonte: sito web del ST Po di Lombardia), è generico e non corrisponde 

puntualmente alla cifra esatta pertanto non è stato possibile calcolare l’incremento del 

2007 rispetto al 2003. 


La Pianificazione Strategica 


La pianificazione strategica 


- Tocci G. (2010), Città, politiche e strumenti di governance, 

Aracne, Roma. 


La Pianificazione Strategica è diventato un tema molto dibattuto nelle 

varie discipline. 

Tuttavia, è possibile circoscrivere il significato di questo concetto a 

due principali interpretazioni: 

La prima richiama il tema della pianificazione urbana (esperienze 

anni ‘80 e ’90 che si sviluppano nell’idea di superamento dei 

tradizionali strumenti di pianificazione urbanistica esclusivamente 

legati alla destinazione d’uso dei suoli). 

La seconda interpretazione (più propria delle scienze sociali) tende 

invece ad identificare la PS come un percorso di concertazione tra 

istituzioni e parti sociali attraverso il quale si arriva alla stesura 

formale del piano strategico, inteso come patto volontario e condiviso 

come progetto comune di azione. 


31

PS e politica del riuso 

PS e governance territoriale 

Le esperienze avviate in alcune città europee hanno evidenziato come, 

in base ai casi, la PS sia intervenuta per sanare situazioni di degrado 

sociale, ambientale o urbanistico: 

Gli interventi hanno riguardato, in alcuni casi, le risorse di tipo hard 

(riqualificazione dei waterfront o delle infrastrutture), in altri casi gli 

investimenti hanno interessato le risorse di tipo soft, dove alla 

ristrutturazione degli spazi fisici si sono accompagnati interventi di 

recupero sociale. 

La Pianificazione Strategica si afferma, infatti, proprio nel momento 

in cui comincia a farsi strada la politica del «riuso», cioè la tendenza 

ad abbandonare l’idea di sviluppo urbano esclusivamente legato 

all’espansione territoriale e a privilegiare una politica maggiormente 

orientata al recupero urbano. 


La Pianificazione Strategica costituisce un modello 

di governance territoriale che vede coinvolti nelle 

politiche di sviluppo del territorio la Pubblica 

Amministrazione, gli altri soggetti pubblici, gli 

Stakeholders, gli attori privati (singoli o associati), ecc. 

La Pianificazione Strategica è una disciplina che 

addestra all'impiego di metodi mirati a migliorare la 

razionalità delle decisioni (o delle azioni) nella 

gestione sistematica ed integrata degli affari pubblici. 


PS e Pubblica Amministrazione 

Le dimensioni della PS 

La Pianificazione Strategica può essere definita come 

un processo che si esplicita nell'impiego di metodi, 

strumenti e azioni per il raggiungimento di obiettivi 

prefissati, in una prospettiva di medio/lungo periodo 

Essa costituisce il fulcro di quella riforma che è alla 

base del New Public Management (ovvero "nuova 

gestione pubblica"), che vede l'introduzione nella 

Pubblica Amministrazione di una programmazione (o 

pianificazione) "strategica" fondata sulla realizzazione 

di qualsiasi intervento secondo "programmi". 


I temi che caratterizzano la redazione di un piano strategico (dimensioni 

maggiormente rilevanti) riguardano i temi della: Visione, Agenda dei Progetti, 

Partecipazione. 

Visione: il processo di pianificazione strategica deve mirare alla costruzione di 

una visione futura e condivisa: l’immagine del territorio proiettata in avanti nel 

tempo e costruita sulla base degli interessi comuni e percepiti come tali. 

La seconda dimensione riguarda la concreta applicabilità del piano (agenda dei 

progetti). Questa dimensione risulta molto importante poiché rappresenta tutto 

ciò che in previsione si deve mettere in atto per il raggiungimento degli 

obiettivi comuni prefissati. 

La terza dimensione riguarda i meccanismi della governance, ovvero della 

partecipazione. Il tema della partecipazione è strettamente legato alla 

dimensione della visione futura la quale può essere raggiunta solo attraverso la 

concertazione e l’interazione di tutti gli attori coinvolti. 


La visione - 1 

La visione - 2 

In primo luogo all’interno di un processo di pianificazione 

strategica è utile a costruire quella che comunemente viene 

chiamata visione, ovvero una proiezione al futuro della città o del 

territorio. 

Questa operazione rappresenta una delle tappe chiave dell’intero 

processo perché la visione, per essere davvero efficace, deve 

essere controintuitiva. 

Esempio di Torino che immagina di diventare una meta turistica: 

l’enfasi è sulla necessità di un approccio fortemente innovativo 

(non appare affatto ovvio che Torino, città da sempre legata ad 

un’immagine di città industriale e un po’ grigia, diventi una meta 

turistica. 

È importante quindi individuare gli elementi su cui 

puntare (ad esempio l’ambiente), di quali 

specializzazioni dotarsi (ad esempio il Museo del 

Cinema o il rilancio del Museo Egizio), a quali 

eventi legare il lancio turistico (Olimpiadi Invernali 

2006; celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia). 



32

L’agenda dei progetti 

La partecipazione - 1 

La seconda dimensione: l’agenda dei progetti che sostanziano e 

danno corpo ai piani strategici, articolati secondo la letteratura 

classica in linee strategiche, assi di interventi e azioni. 

L’individuazione di azioni e progetti concreti (traduzione nei fatti 

le linee di indirizzo per lo sviluppo del territorio). 

Tale operazione può facilitare la costruzione di partnership e di 

coalizioni di attori e consente inoltre di monitorare e valutare 

l’efficacia e il successo del piano stesso 

Se così non fosse la trasformazione dei meccanismi di governance 

rischiano di restare solo sulla carta. 


La PS evidenzia l’importante riflessione sulla questione della 

partecipazione: 

Nella PS c’è un elemento di forza che va oltre la concertazione e 

si concretizza nella promozione della partecipazione di tutti gli 

attori (quelli tradizionalmente organizzati e già interlocutori 

accreditati, quelli che vengono definiti categorie sensibili, fino a 

quelli più deboli, fino ai singoli cittadini non organizzati). 

Tale scelta ha presentato e presenta grandi elementi di forza, 

perché in questo modo la visione diventa una “costruzione 

sociale” e il piano diventa il piano “della” città e non “per” la 

città. 

Tra le diverse modalità di partecipazione un ruolo essenziale 

viene assunto dalle TIC. 


La partecipazione - 2 

Principali fasi della PS 

L’attenzione che la PS dà alla partecipazione dei cittadini si 

colloca nella tendenza a considerare essa sempre più come 

strumento necessario per permettere di prendere decisioni migliori 

e più efficaci (prevenire i conflitti e definire progetti 

contraddistinti da un maggior grado di consenso). 

L’idea è che un coinvolgimento diretto dei fruitori dei servizi 

pubblici e degli abitanti delle città sia essenziale ai fini di 

migliorare le basi informative, di prendere in conto le preferenze, 

di rafforzare la democraticità dell’azione politico amministrativa. 

La PS considera dunque la partecipazione oltre che come forma di 

consultazione e coinvolgimento degli attori e della cittadinanza, 

anche come momento di co-progettazione di interventi concreti da 

attuare per lo sviluppo delle città e dei territori. 


Il processo di Pianificazione Strategiaca è caratterizzato 

da alcune fasi fondamentali: 

Identificazione dei soggetti del processo di pianificazione e gestione 

(mandati, destinatari e stakeholders); 

Strutturazione del programma; 

Temporalizzazione del processo e l'introduzione connessa dei processi di 

valutazione inerenti ad esso; 

Predisposizione dei piani e dei programmi, la specificazione delle azioni e 

la gestione dei progetti; 

Analisi dei costi operativi e lo studio del loro finanziamento (bilancio di 

programma); 

Monitoraggio dei piani e dei programmi, la loro revisione e il feed-back del 

processo. 


Il Piano Strategico - 1 

Il Piano Strategico - 2 

La pianificazione strategica è un’attività orientata a costruire 

uno scenario di futuro del territorio. 

Il processo di pianificazione strategica si sviluppa attraverso un 

percorso di ascolto e di confronto con le posizioni degli attori. 

Il Piano Strategico è l’esito di questo processo. 

Il Piano strategico ha come finalità la costruzione di un 

documento che individui i problemi, le opportunità, gli obiettivi 

e gli scenari di sviluppo del territorio interessato. 


Il piano strategico è, quindi, un documento di 

programmazione, un atto volontario di costruzione e 

condivisione di una visione futura di un territorio, del suo 

posizionamento, di esplicitazione di obiettivi e strategie 

da conseguire mediante politiche ed interventi pubblici e 

privati. 

Il Piano Strategico è un processo di elaborazione 

programmatica concertata orientato a generare quelle 

decisioni e quelle azioni che si considerano fondamentali 

per realizzare la visione del futuro desiderato dai 

principali agenti sociali e economici del territorio. 


33

Sequenza tipica delle 3 componenti principali 

del processo di PS 

Tipologie di intervento di un piano strategico 

Caratteristica di un piano strategico è la multisettorialità: 

L’obiettivo principale del piano (lo sviluppo economico del 

territorio) è raggiungibile soltanto se corredato dalla 

riqualificazione ambientale, dalla qualità della vita, dal 

potenziamento delle infrastrutture, dal supporto sociale, dalla 

valorizzazione delle risorse esistenti, dalla promozione del turismo, 

ecc. 

Un piano strategico si sviluppa attraverso delle linee strategiche, 

ovvero le azioni da attuare che rispondono agli obiettivi 

prefissati: 

Posizionamento del territorio nel sistema internazionale; 

Sviluppo della formazione e della ricerca; 

Promozione dell’imprenditorialità e dell’occupazione; 

Promozione della città e del territorio (cultura, turismo, sport); 

Miglioramento della qualità urbana e condizioni di vita dei cittadini. 



La PS in Europa 

La pianificazione strategica si sviluppa in Italia alla fine 

degli anni ’90 sulla scia del successo di alcune esperienze 

europee (Torino la prima città italiana). 

Molte regioni e città europee hanno avviato un Piano 

Strategico con il quale hanno previsto interventi e 

procedure finalizzati alla progettazione e al governo di 

processi di forte trasformazione: 

Aree con forti esigenze di riconversione per la crisi di attività 

economiche (industria di base e portuale): Amburgo in Germania, 

Birmingham, Liverpool e Manchester in Inghilterra; 

Città dinamiche con problemi di prestigio e competizione 

internazionale (Lione, Barcellona, Amsterdam,Torino) 


34

Slides Governance del Territorio 2012-2013.pdf - Facolta' di Scienze ...

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

Delete template?

Save as template?