28.01.2015 Views

Lorenzo Rossetti - L'altro Iran

Diario di viaggio in Iran. Acquista il libro su http://www.amazon.it/Laltro-Iran-Viaggio-pregiudizi-dellantica/dp/1518665373/

Diario di viaggio in Iran. Acquista il libro su http://www.amazon.it/Laltro-Iran-Viaggio-pregiudizi-dellantica/dp/1518665373/

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

L’altro<br />

<strong>Iran</strong><br />

Viaggio oltre i pregiudizi nelle<br />

terre dell’antica Persia<br />

<strong>Lorenzo</strong> <strong>Rossetti</strong>


L’altro <strong>Iran</strong><br />

«La vita non è che un viaggio, viaggiare significa vivere<br />

due volte»<br />

Omar Khayyam<br />

In copertina: particolare della Moschea Imperiale di Esfahan<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

2<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

Prefazione<br />

Fra i primi concetti che gli europei collocano nella sfera<br />

semantica dell’<strong>Iran</strong> vi sono la rivoluzione islamica, il<br />

governo del clero, il petrolio, la sharia, il mancato rispetto dei<br />

Diritti Umani, i barbuti Ayatollah, il programma nucleare, i<br />

Pasdaran e molte altre amenità.<br />

Potremmo dire in tal modo di avere un quadro completo<br />

e realistico di questo paese Niente affatto: la nostra visione,<br />

fortemente condizionata dai mezzi d’informazione, non è per<br />

nulla veritiera.<br />

È necessario recarsi sul luogo per entrare in contatto con<br />

la realtà delle persone comuni, che sono ben distanti dalla<br />

politica e dai palazzi del potere. L’<strong>Iran</strong> è ricco di monumenti<br />

e cultura che derivano dai suoi 2500 anni di storia: città<br />

come Esfahan, Yazd e Shiraz custodiscono numerosi siti<br />

patrimonio dell’UNESCO che in occidente non sono ancora<br />

noti a sufficienza. «L’altro <strong>Iran</strong>» rappresenta dunque la<br />

parte più bella e sconosciuta di quest’antica nazione, che<br />

desidero raccontare nelle pagine seguenti, senza trascurare i<br />

risvolti politici e le questioni sociali legate all’attualità.<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

3<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

15 marzo<br />

Verso terre ignote<br />

F<br />

a freddo, un debole sole buca la cortina della foschia<br />

che avvolge Torino. All’aeroporto di Caselle siamo in<br />

attesa del volo Turkish Airlines 1310 delle 14.35 per Istanbul.<br />

Dopo il decollo, la vista si apre sull’arco alpino occidentale<br />

con il Gran Paradiso, il Cervino e il Monte Rosa in primo<br />

piano. Giunti sopra l’Adriatico, avanzano dei banchi nuvolosi<br />

che celano la vista al panorama sottostante: poco o nulla si<br />

scorge lungo tutta la penisola balcanica. Dopo circa tre ore<br />

l’aeromobile inizia la lenta discesa: il traffico all’aeroporto<br />

Atatürk è assai intenso e il pilota è costretto ad effettuare un<br />

paio di virate sulla città, puntinata di luci, ormai immersa nel<br />

crepuscolo. Sono chiaramente distinguibili la torre di Galata,<br />

il Corno d’oro, Santa Sofia e le moschee dei sultani Ahmet e<br />

Selim.<br />

Atterraggio alle ore 19. Nelle prossime sei ore<br />

l’occupazione principale sarà d’ingannare il tempo nell’attesa<br />

della coincidenza per Tehran. Le prime due trascorrono tra<br />

i negozi duty-free ricchi di profumi, alcolici e riviste, ma<br />

anche dolci turchi come lokum e baklava. Poi, avvinti dalla<br />

stanchezza, troviamo una sistemazione sulle poltrone di un<br />

cancello d’imbarco semivuoto. Gli schermi delle partenze<br />

sono proprio di fronte a noi: ad un tratto è annunciato il<br />

volo Turkish Airlines 878 dell’1.20, previsto al cancello 208,<br />

esattamente nel posto dove ci siamo accomodati per riposare.<br />

Poco a poco gli altri partecipanti iniziano ad affluire<br />

nella sala, in arrivo da Roma, Milano e Venezia. I primi<br />

discorsi riguardano le questioni organizzative come cambio<br />

e contabilità della cassa comune.<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

4<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

16 marzo<br />

Primo impatto con l’<strong>Iran</strong><br />

L<br />

’aereo per Tehran è assai stipato: molti iraniani tornano<br />

in patria presso le loro famiglie in occasione della festa<br />

del Nowruz, il capodanno secondo il calendario persiano. Il<br />

volo, della durata di tre ore, è interamente notturno, anche<br />

se verso le quattro del mattino è già servita la colazione. I<br />

pasti a bordo della Türk Hava Yollari (Turkish Airlines)<br />

sono piuttosto soddisfacenti. Sorvolando il deserto buio,<br />

spicca solo la striscia dell’autostrada Tehran-Esfahan, un<br />

lunghissimo serpente d’asfalto, illuminato di luce arancione,<br />

che si snoda attraverso il nulla. Alle sei del mattino di<br />

sabato 16 marzo si atterra all’aeroporto internazionale<br />

“Imam Khomeini”. Il ritiro dei bagagli avviene in<br />

tempi relativamente brevi. Le ispezioni doganali non sono<br />

particolarmente severe, così come il controllo dei passaporti<br />

per la convalida del visto, che è svolto con fare svogliato da<br />

una guardia assonnata. Neppure noi siamo riposati: i nostri<br />

volti denunciano senza equivoco la veglia forzata.<br />

Già prima della discesa le donne debbono indossare il<br />

foulard, che in questo paese è obbligo di legge: su questo<br />

aspetto però, che tanto cruccia gli osservatori occidentali,<br />

avrò modo di soffermami in seguito.<br />

All’uscita è in attesa la guida di Tehran, dalla quale siamo<br />

condotti fino ad un pulmino parcheggiato appena fuori<br />

dall’aerostazione. Il sole sorge su un panorama abbastanza<br />

piatto e arido; l’atmosfera è polverosa e non lascia neppure<br />

intravvedere i rilievi a nord della capitale. Questo primo<br />

tragitto in autostrada non è breve: l’aeroporto “Imam<br />

Khomeini” dista ben cinquanta chilometri da Tehran ed<br />

è un’opera di recente costruzione. Nel 2004, dopo più di<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

5<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

trent’anni ed alcune perplessità in merito alla sicurezza<br />

della struttura, è stato finalmente inaugurato al trasporto<br />

dei passeggeri. Nelle intenzioni avrebbe dovuto sostituire<br />

il vecchio scalo di Mehrabad, situato quasi in centro città,<br />

mentre la sua apertura ha invece suscitato il bizzarro risultato<br />

dell’utilizzo indistinto di entrambi gli aeroporti sia per i voli<br />

nazionali che per quelli internazionali.<br />

Dopo qualche decina di chilometri, si scorgono verso est i<br />

minareti e le cupole del mausoleo dell’Imam Khomeini,<br />

luogo di sepoltura del grande Ayatollah che più di tutti ha<br />

influito sulla storia e la società contemporanea dell’<strong>Iran</strong>.<br />

Da oscuro e sconosciuto chierico qual era fino agli anni<br />

sessanta, la sua fama accrebbe per via delle dure parole<br />

pronunciate dalla sua roccaforte di Qom contro la monarchia<br />

di Mohammed Reza Pahlavi. Nel 1962, al grido de «lo scià<br />

deve andarsene», organizzò un fallimentare colpo di stato<br />

che lo costrinse ad un esilio lungo sedici anni. Durante<br />

questo periodo, che lo vide errante tra la Turchia, l’Iraq e<br />

Parigi, proseguì l’azione di disturbo contro il regime fino a<br />

quando quest’ultimo si sgretolò nel 1979 come un gigante<br />

dai piedi d’argilla: la “Grande Civiltà” dell’Impero pahlavide<br />

terminava in modo vile ed impietoso con la fuga all’estero<br />

dell’ultimo sovrano. Khomeini, rafforzato da un’indiscussa<br />

autorità morale, si mise a capo della nazione per guidarla<br />

fino al 1989, anno in cui morì di cancro. La sua figura è stata<br />

oggetto di un forte culto della personalità, che in certi casi<br />

ha sconfinato nella divinizzazione: alcune frange non hanno<br />

esitato ad identificarlo addirittura con il Mahdi, l’ultimo<br />

Imam dello sciismo duodecimano.<br />

Il pullman esce dall’autostrada, oltrepassa una garitta<br />

di cemento vuota e cadente e raggiunge un polveroso<br />

parcheggio. Molti pellegrini, giunti qui per venerare il<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

6<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

sepolcro dell’Ayatollah, sono accampati dappertutto nei<br />

dintorni: si possono addirittura vedere delle famiglie intere<br />

in tenda con al seguito vettovaglie e fornelli da campeggio.<br />

Le tende, date le scarse precipitazioni, vengono montate<br />

prive dello strato esterno impermeabile. Avvicinandosi<br />

al mausoleo, si nota con maggior chiarezza la sua natura<br />

d’opera incompiuta: il progetto, la cui costruzione prosegue<br />

da oltre vent’anni, prevede quattro minareti e varie cupole,<br />

oltre a portali ed elementi decorativi ricoperti d’oro ed<br />

argento. Nell’insieme l’edificio, costellato di ponteggi, appare<br />

oggi come un compendio d’artefatti di dubbio gusto, disposti<br />

apparentemente senza un disegno preciso.<br />

L’entrata maschile è divisa da quella femminile: è<br />

obbligatorio, dopo essersi levati le scarpe, depositare sia le<br />

borse che le macchine fotografiche. Le guardie non ispirano<br />

gran fiducia ma non è possibile evitarle. Sono costretto a<br />

togliere i documenti e il denaro dalla tracolla per infilarli<br />

alla rinfusa nelle tasche dei pantaloni e della camicia. Segue<br />

il momento della perquisizione: siamo analizzati col metal<br />

detector e perlustrati in modo approfondito persino nelle<br />

parti più nascoste.<br />

Superata la trafila, attraverso un corridoio foderato di<br />

teli da cantiere raggiungiamo la navata principale, sotto la<br />

cupola del mausoleo, ove riposano le spoglie dell’Ayatollah<br />

Khomeini. Il luogo vorrebbe denotare ampiezza e solennità,<br />

invece riesce a comunicare solo un’atmosfera d’incompiutezza<br />

dovuta ai lavori in corso.<br />

Nuovamente sull’autobus, riprendiamo la strada per<br />

Tehran (ab. 12 milioni, alt. 1300 m): ora s’intravvedono in<br />

lontananza i monti Alborz che, brillanti di neve, circondano<br />

la città sul lato settentrionale. La tangenziale è affollata e il<br />

parco automobilistico è assai vario: dalle moderne vetture<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

7<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

di fabbricazione europea e nazionale alle gloriose e storiche<br />

Paykan. Non è raro incontrare ancora queste vecchie carrette,<br />

la cui produzione fu avviata negli anni ‘60 sulla base di un<br />

modello inglese. La loro tecnologia però, rimasta fossilizzata<br />

a cinquant’anni fa, è altamente inefficiente e inquinante: il<br />

governo ha dovuto addirittura sovvenzionare la fabbrica<br />

per incentivarla non commercializzare più le Paykan.<br />

In passato questa vettura fu adatta ad avviare l’<strong>Iran</strong> al<br />

trasporto sulle quattro ruote: semplice, economica, robusta<br />

e avida di carburante, di cui non v’è mai stata penuria.<br />

L’attraversamento dei quartieri meridionali inizia a rivelare<br />

l’aspetto dell’hinterland cittadino: un denso agglomerato di<br />

condominî di cemento, alcuni abitati, altri ancora al rustico<br />

e mai terminati.<br />

Dalla strada afferiscono ad ogni palazzina delle grosse<br />

tubature di gas metano, articolo quasi regalato: la NIGC,<br />

società nazionale per il gas, con i suoi oltre 30.000 km di<br />

rete di distribuzione, rifornisce l’intero paese a prezzi irrisori.<br />

Essa è controllata dalla potente Sherkat-e Melli-ye Naft-e<br />

<strong>Iran</strong>, la compagnia petrolifera nazionale, anche conosciuta<br />

come NIOC o National <strong>Iran</strong>ian Oil Company.<br />

L’atmosfera è polverosa e si nota l’assenza di pioggia da<br />

parecchio tempo. Tehran è protetta dai venti settentrionali<br />

dalle vicine montagne, alcune delle quali di oltre 5000 metri<br />

d’altitudine, fattore che non favorisce il ricambio delle masse<br />

d’aria.<br />

Fra le prime necessità vi è quella del cambio di un’adeguata<br />

somma di denaro: l’unico accettato è quello contante, che<br />

si può reperire solamente in loco, poiché il rial iraniano<br />

non è una valuta convertibile. L’inflazione corre a livelli<br />

elevatissimi e la quotazione attuale, riferita alla banca statale<br />

Melli (primavera 2013) si attesta su 15.000 rial per euro. Il<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

8<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

divario con le quotazioni del mercato nero è però incolmabile:<br />

queste ultime, vicine invece ai 45.000 rial per euro, denotano<br />

lo scarso valore della moneta locale, quasi prossimo alla<br />

carta straccia. Dopo un tentativo di cambio, andato a vuoto<br />

per via delle botteghe ancora chiuse, proseguiamo a piedi in<br />

direzione del palazzo del Golestan. Il programma originario<br />

avrebbe dovuto includere il Museo Nazionale, seguito dal<br />

Museo dei Gioielli della Corona di Persia: la guida ha però<br />

deciso, a suo insindacabile giudizio, di variare il percorso.<br />

Il palazzo del Golestan (“giardino di rose”) è circondato<br />

dalle costruzioni d’un moderno quartiere dirigenziale, in<br />

origine un sobborgo incluso nell’Arg (cittadella) di Tehran.<br />

Iniziato nel XVI secolo, il complesso fu poi ingrandito e<br />

utilizzato come residenza ufficiale da parte dei sovrani della<br />

dinastia cagiara (1781–1925), ed infine parzialmente distrutto<br />

da Reza Scià per esigenze urbanistiche. È il palazzo più antico<br />

della capitale e uno dei pochi ad essersi conservati sino alla<br />

nostra epoca, poiché nel corso del XX secolo Tehran è stata<br />

oggetto di estesi progetti d’espansione, che ne hanno in larga<br />

parte cancellato la struttura originaria.<br />

Dall’ingresso si attraversano i giardini, ove campeggia<br />

una fontana priva d’acqua, arrivando fin sotto l’iwan (loggia)<br />

del “Trono di marmo”, monumentale scranno scolpito nella<br />

pietra bianca di Yazd, commissionato dello Scià cagiaro<br />

Fath Ali all’inizio del XIX secolo. Esso è ornato di figure<br />

antropomorfe, floreali ed animali di fine fattura, fra cui<br />

addirittura dei draghi, secondo un’iconografia più simile a<br />

quella dell’Asia centro-orientale che non a quella persiana.<br />

Poco oltre, sulla sinistra, si apre il padiglione conosciuto<br />

come Khalvat-e Karim Khani, costituito da un ampio<br />

porticato rivestito di tessere di mosaico, con un trono nel<br />

centro e delle fontane ai lati: qui gli Scià usavano rilassarsi<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

9<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

durante i pomeriggi e le serate di calura estiva, fumando la<br />

pipa ad acqua e dilettandosi a leggere poesie.<br />

L’attigua galleria del Negar Khaneh, accessibile da una<br />

porta sulla facciata meridionale del Palazzo, conserva una<br />

serie di dipinti di artisti locali ed europei: fra i primi sono da<br />

notare i ritratti degli imperatori della dinastia cagiara (più<br />

per il valore storico che per quello artistico), mentre fra i<br />

secondi non vi sono opere degne di attenzione.<br />

Da un altro ingresso si accede allo scalone d’onore, la cui<br />

volta è rivestita di tessere a specchio, una tecnica diffusa<br />

anche in altri edifici civili e religiosi. Al primo piano è situato<br />

il salone dei ricevimenti, riccamente decorato di stucchi e<br />

marmi, con un pavimento di piastrelle policrome. Lungo il<br />

percorso sono collocati numerosi doni (fra cui molte preziose<br />

porcellane e vasellame) che i sovrani hanno ricevuto dalle<br />

potenze straniere nell’arco di vari secoli. Al fondo della sala<br />

vi è una riproduzione del celeberrimo Trono del Pavone:<br />

l’originale, tempestato di decine di gemme vere, si trova<br />

presso il caveau della Banca Nazionale ed è visitabile con<br />

maggiori difficoltà.<br />

Nuovamente in cortile, terminiamo la visita del palazzo<br />

con i giardini e ci avviamo a piedi in direzione sud verso il<br />

Gran Bazar. La distanza è breve, appena cinque minuti<br />

di cammino per ritrovarsi immersi in un dedalo di stradine<br />

costellate di botteghe con merci di tutti i tipi: spezie, gioielli,<br />

metalli lavorati e molto altro. La classe dei bazari (bottegai<br />

del bazar) costituisce il fulcro della società conservatrice<br />

iraniana: nel trattare le questioni politiche essi sono da<br />

sempre alleati degli ulema (sacerdoti sciiti) e storicamente<br />

hanno saputo costituire delle notevoli forze d’urto, tali da<br />

costringere in molte occasioni il potere costituito alla resa.<br />

Come esempi si possono citare la Rivoluzione costituzionale<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

10<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

del 1906 o quella islamica del 1979, entrambe originatesi nel<br />

bazar con la benedizione del clero. In questi luoghi, più che in<br />

altri, conviene adeguarsi alle norme tradizionali in materia di<br />

comportamento e abbigliamento: mentre altrove è consentito<br />

rimanere col velo più lasco (per le donne) oppure più<br />

sbracciati (per gli uomini), qui le occhiate di disapprovazione<br />

rischiano di farsi più intense.<br />

Dopo mezz’ora di peregrinazione tra vicoli e<br />

caravanserragli, ci rechiamo in una fumeria: uno stretto<br />

uscio conduce, attraverso una ripida scala in discesa, ad un<br />

locale sotterraneo dove la clientela è intenta a bere tè e a<br />

fumare la pipa ad acqua. Gli avventori sono tutti uomini del<br />

luogo, ma l’ingresso non è precluso alle donne e agli stranieri:<br />

all’arrivo del nostro folto gruppo nessuno si è scomposto.<br />

Trovo anch’io una sedia libera e, dopo essermi accomodato,<br />

mi soffermo ad osservare la sala: l’aria è satura di fumo degli<br />

onnipresenti narghilè, mentre l’ambiente, di frequentazione<br />

popolare, è arredato in maniera semplice con un pavimento<br />

in piastrelle di marmo e delle volte ogivali decorate a stucco.<br />

Alle pareti sono appesi piatti lavorati, calligrafie e pitture<br />

che riproducono scene di vita della vecchia Persia rurale. È<br />

presente anche un ritratto idealizzato dell’Imam Ali, fatto<br />

che denota una sostanziale divergenza dalla tradizionale<br />

iconoclastia islamica. Il tè viene servito dentro dei comuni<br />

bicchieri di vetro insieme a degli zuccherini, montati su degli<br />

stuzzicadenti, dal colore e dal sapore di zafferano, che si<br />

possono sciogliere per qualche istante nella bevanda.<br />

Inizia a farsi tardi: usciamo dal bazar per riprendere<br />

l’autobus. Nel frattempo è stato effettuato il cambio della<br />

valuta che, per via del suo scarso valore, ci costringe a<br />

conservare nei portafogli un gran numero di mazzette di<br />

banconote a sei zeri. Fra le tasche di tutti siamo ora in possesso<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

11<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

di più di 50 milioni di rial, equivalenti a circa 1000 euro. Il<br />

tragitto verso l’aeroporto di Mehrabad, dove è prevista la<br />

partenza per Shiraz, trascorre contando a sei mani, non senza<br />

difficoltà, la grande massa di denaro contante.<br />

Complice un errore di valutazione dei tempi da parte della<br />

guida, stiamo accumulando un ritardo sempre maggiore<br />

sulla tabella di marcia. L’autista, per tentare di recuperare<br />

qualche minuto, s’immette su una corsia riservata ai mezzi<br />

pubblici, ma viene subito fermato dalla polizia, che gli infligge<br />

una multa piuttosto salata. Intanto le nostre occhiate agli<br />

orologi si fanno sempre più preoccupate, fino a quando non<br />

riprendiamo la strada con la dovuta rapidità. Non vi è neppure<br />

il tempo per fermarsi di fronte alla torre Azadi (“della<br />

Libertà”), monumento che fu inaugurato nel 1971 dallo Scià<br />

Mohammed Reza Pahlavi in occasione dei 2500 anni della<br />

fondazione dell’Impero Persiano. Questo edificio bianco e<br />

slanciato costituisce l’ingresso occidentale della città e, nel<br />

corso degli anni, ne è diventato il simbolo. All’epoca la sua<br />

posizione fu studiata un modo che i viaggiatori, in arrivo e in<br />

partenza coi voli internazionali, dovessero necessariamente<br />

transitargli accanto. In origine il suo nome era Shahyad<br />

Aryamehr, ovvero “Monumento dello Scià, Sole Ariano”:<br />

seguendo l’eco di vecchie teorie deliranti oggi discreditate,<br />

Mohammed Reza Pahlavi non esitò a identificare se stesso<br />

come capo del popolo ritenuto erede della cosiddetta “stirpe<br />

ariana”. I moderni studi antropologici hanno invece provato<br />

indiscutibilmente che fra le genti arie, indoeuropee o<br />

caucasiche (termini pressoché equivalenti) non vi è alcuna<br />

“razza eletta”, bensì una radice etnolinguistica comune.<br />

Quest’ultima si è originata circa cinquemila anni fa nelle<br />

steppe dell’Asia centrale, espandendosi nel corso delle età del<br />

bronzo e del ferro con l’uso dei cavalli e dei carri da guerra,<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

12<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

coprendo un vasto territorio dalle Alpi all’Himalaya. La<br />

parentela delle lingue indoeuropee evidenzia la somiglianza<br />

di moltissimi termini e costrutti: come esempio si può citare<br />

il latino mater, il persiano avestico matar ed il sanscrito<br />

mata (per approfondimenti vedasi F. Villar, gli indoeuropei<br />

e l’origine dell’Europa, Il Mulino).<br />

Il vicino aeroscalo di Mehrabad, fino al 2004 l’unico<br />

della capitale, è oggi prevalentemente utilizzato per i voli<br />

interni, ma vi sono anche vari collegamenti esteri per i<br />

paesi del Golfo. È molto tardi, lasciamo la guida che ci<br />

ha accompagnato solo per oggi, affrettandoci al checkin<br />

ed ai controlli. Il volo <strong>Iran</strong> Aseman delle 13.05 è assai<br />

gremito poiché Shiraz (ab. 1.300.000) è una delle mete<br />

preferite degli iraniani durante le festività di capodanno.<br />

Atterriamo dopo circa un’ora e all’apertura delle porte si<br />

presenta un’atmosfera nettamente più secca e calda, che<br />

denota il passaggio dal clima continentale del nord a quello<br />

subdesertico della parte meridionale del paese. Qui è in<br />

attesa la guida che seguirà il nostro gruppo fino al termine<br />

del viaggio: è laureato in lingua e letteratura italiana ed è un<br />

profondo conoscitore sia del proprio paese che del nostro. La<br />

prima esigenza concerne la sistemazione in albergo, l’hotel<br />

Eram, situato sul viale Zand nei pressi del centro storico.<br />

Le stanze sono dotate ovunque di prese di tipo “F”, che non<br />

necessitano di adattatori per le normali spine Europlug<br />

(caricabatteria, piccoli elettrodomestici). La tensione è di<br />

220 V / 50 Hz, compatibile con le apparecchiature europee.<br />

Il tempo di una doccia e siamo già a piedi sulla strada, in<br />

direzione del vecchio bazar. Durante il tragitto qualcuno ne<br />

approfitta per cambiare dell’altro denaro per le spese correnti.<br />

Camminando in direzione est, s’incontra sulla sinistra l’Arg,<br />

fortezza costruita dal sovrano Karim Khan intorno al 1767. Il<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

13<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

chiarore diurno va intanto affievolendosi, mentre le mura e<br />

le torri del bastione acquistano un risalto particolare sotto la<br />

luce arancione dei fari, con lo sfondo del cielo di colore blu<br />

intenso.<br />

Molte persone s’accalcano attorno e dentro il bazar:<br />

fortunatamente la serata è solo agli inizi ed il momento<br />

della grande ressa non è ancora arrivato. Da oggi le botteghe<br />

faranno gli straordinari e chiuderanno, contrariamente al<br />

solito, a serata inoltrata.<br />

Gli articoli offerti dai venditori di spezie provengono per<br />

la maggior parte dall’India e dal sud-est asiatico perché<br />

l’<strong>Iran</strong> quasi non ne produce, ad eccezione dello zafferano:<br />

quest’ultimo è assai pregiato, ma è necessario analizzarlo<br />

prima dell’acquisto. Fra le truffe più diffuse vi sono quelle<br />

che contemplano l’uso della barba di granoturco e dei fiori<br />

di carciofo essiccati. Lo zafferano autentico è facilmente<br />

riconoscibile dall’intenso aroma che ne deriva spezzandone<br />

uno stelo tra i denti, mentre quello falso ne ha solo l’aspetto<br />

e l’odore.<br />

Oltre le spezie, gran parte della merce esposta non è di<br />

produzione nazionale: da quando sono state imposte le<br />

sanzioni da parte degli Stati Uniti e dell’Unione Europea, la<br />

Cina non è rimasta ad osservare passivamente, subentrando<br />

nei rapporti commerciali che in precedenza l’<strong>Iran</strong><br />

intratteneva con l’Occidente. Ormai le case degli iraniani<br />

sono rifornite di elettrodomestici e mobili cinesi; il governo<br />

di Pechino è inoltre sempre più attivo nel settore delle grandi<br />

opere, con la partecipazione dei propri colossi industriali<br />

alla costruzione d’infrastrutture come centrali elettriche,<br />

elettrodotti ed autostrade. In campo economico il Celeste<br />

Impero sta velocemente colmando il vuoto lasciato dagli<br />

americani e dagli europei, rafforzandosi anche dal punto<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

14<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

di vista geopolitico. Nello storico bazar di Shiraz, persino<br />

le centinaia di lampade che lo illuminano quasi a giorno,<br />

siano esse elettroniche, al sodio o agli alogenuri metallici,<br />

sono di fabbricazione cinese. Fra i paesi esportatori verso<br />

l’<strong>Iran</strong>, dopo Cina e Giappone, l’Italia conserva comunque un<br />

ruolo preponderante, collocandosi al terzo posto con circa<br />

un quinto del totale delle merci. L’Italia è inoltre il primo<br />

importatore europeo di greggio iraniano, con più di 150.000<br />

barili al giorno.<br />

Dopo la visita dell’area mercatale, ci riposiamo qualche<br />

istante, attendendo l’ora di cena seduti su una panchina della<br />

piazza prospiciente l’ex hammam.<br />

Il ristorante, situato sul lato opposto, è un locale turistico<br />

che offre una discreta scelta di portate. S’inizia con un buffet<br />

di verdure crude e sott’aceto, zuppe di legumi, yogurt con erbe<br />

e cipolla, per proseguire con il piatto principale composto di<br />

carne: spiedini di vitello, spiedini di pollo e spiedini misti,<br />

bistecca ecc. Il tutto è accompagnato dall’immancabile pilav,<br />

il semplice riso bianco che non manca mai su qualsiasi tavola.<br />

Naturalmente non viene servita alcuna bevanda alcolica,<br />

proibita per legge: esistono però alcune birre analcoliche di<br />

produzione nazionale, parecchio costose, talvolta addizionate<br />

con aromi sintetici assai disgustosi. Il vino “di Shiraz” è ormai<br />

prodotto in altre parti del mondo, ma qui non esiste più da<br />

decenni. Dalle vigne ancora esistenti si ricava l’uva passa.<br />

La giornata è stata lunga: adesso è l’ora di rientrare in<br />

albergo per il giusto riposo.<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

15<br />

info@lorenzorossetti.it


Giappone per caso<br />

Trono di marmo (particolare), palazzo del Golestan<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

16<br />

info@lorenzorossetti.it


Giappone per caso<br />

Padiglione di Karim Khan, palazzo del Golestan<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

17<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

17 marzo<br />

Shiraz tra poeti e mausolei<br />

All’ora della sveglia la sala della colazione è ancora<br />

deserta. Siamo costretti ad attendere che il cameriere<br />

termini di apparecchiare i tavoli. Oltre le fette di pancarré<br />

con la marmellata, comuni in tutto il mondo, vi sono<br />

anche le specialità locali che comprendono il “minestrone<br />

del mattino” (un’ottima zuppa di legumi), le frittate, le<br />

spianate di pane, le salsicce, lo yogurt ed il formaggio fresco.<br />

Di fronte all’albergo, all’ora stabilita, ci attende un pulmino<br />

per la visita della città: la prima meta è la madrassa Khan,<br />

scuola coranica d’epoca safavide (XVII secolo), annoverata<br />

nell’elenco dei monumenti nazionali dell’<strong>Iran</strong>. Attraverso<br />

un’oscura anticamera, dotata di una finestra di pietra,<br />

si accede al cortile ove crescono varie piante di agrumi e<br />

palme da dattero. Anche se la madrassa non è più attiva,<br />

s’incontrano ugualmente molti religiosi a passeggio: alcuni<br />

portano il turbante nero, segno d’appartenenza al clan del<br />

profeta Maometto, mentre gli altri indossano quello bianco.<br />

Le pareti delle mura del cortile presentano una piastrellatura<br />

risalente all’epoca cagiara: la datazione è possibile mediante<br />

l’analisi dello stile, che reca i motivi e i colori caratteristici<br />

dell’epoca, come i disegni floreali e le tonalità rosate. Di<br />

ritorno verso la vicina strada principale, ne approfittiamo<br />

per acquistare della frutta fresca e secca: arance, banane,<br />

pistacchi per i pranzi al sacco.<br />

La tappa successiva è una casa-museo tradizionale, situata<br />

nelle vicinanze. Come spesso accade nei siti d’interesse<br />

turistico, anche qui è in vigore la politica del doppio<br />

prezzo, che obbliga i turisti stranieri a pagare dalle dieci alle<br />

venti volte di più rispetto ai visitatori locali. A noi è accaduto<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

18<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

varie volte di dover sborsare 100.000 rial a testa (circa 2 €),<br />

contro i 5000 rial (10 centesimi) dovuti dagli iraniani. È pur<br />

vero che, rispetto ai sistemi museali europei, queste cifre<br />

sono indubbiamente esigue, ma la questione di principio non<br />

è prescindibile: se il prezzo degli Uffizi fosse fissato a 5 € per<br />

gli italiani e a 100 € per gli altri visitatori, voi lo riterreste<br />

equo Il nostro gruppo all’unanimità condanna questa<br />

usanza: abbiamo affrontato un viaggio di varie migliaia di<br />

chilometri perché siamo amanti della storia e della cultura<br />

di questo paese, che dovrebbe essere accessibile a tutti alle<br />

medesime condizioni. Non comprendiamo i motivi di questa<br />

discriminazione che viene attuata nei nostri confronti e<br />

conveniamo di soprassedere alla visita come atto di protesta:<br />

«questo prezzo», sentenzia la guida, «è giustificato per<br />

entrare a Persepoli, ma per un museo come questo è<br />

esagerato». La prossima meta, non lontana, è la moschea<br />

di Nasir al-Mulk, risalente alla fine del XIX secolo.<br />

Sul lato nord del cortile si accede alla sala della preghiera<br />

invernale, un ambiente assai raccolto e silenzioso. Nella<br />

stagione fredda, questo ambiente viene riscaldato dai<br />

raggi solari che filtrano attraverso le vetrate policrome,<br />

creando dei giochi di luce assai raffinati, che si riflettono sul<br />

pavimento, sulle colonne e sul soffitto. In questo momento<br />

non è presente nessuno: entriamo scalzi ed in punta di piedi<br />

per non turbare la sacralità del luogo. I rumori sono attutiti<br />

dagli spessi tappeti su cui i fedeli s’inginocchiano durante la<br />

funzione religiosa. Solo un fotografo si aggira per cercare di<br />

ottenere, come noi, la prospettiva migliore. Sul lato opposto<br />

del cortile, rivolta a mezzanotte, vi è la sala della preghiera<br />

estiva, assai più fresca e disadorna, attualmente adibita a<br />

sede di un piccolo museo. Da un passaggio su questo lato si<br />

può inoltre accedere allo storico pozzo detto “delle vacche”.<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

19<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

Terminata la visita, il pulmino si avvia verso i margini<br />

nord-orientali della città, presso la tomba del poeta Saadi.<br />

L’arte della poetica in <strong>Iran</strong> è un fatto di cultura nazionale:<br />

molte persone, anche fra il popolo, sono in grado di citare<br />

a memoria le strofe degli autori più noti; non solo Saadi,<br />

ma anche Hafez, Firdusi, Omar Khayyam, Rumi e molti<br />

altri. La letteratura persiana è assai vasta e i generi classici,<br />

sviluppatisi a partire dal IX secolo, sono molteplici: dal<br />

panegirico all’epica, dal romanzo alla trattatistica, fino alle<br />

opere religiose e alla retorica.<br />

Il poeta Saadi è annoverato fra i massimi letterati della<br />

nazione, tanto da essere ben conosciuto anche all’estero.<br />

Nato a Shiraz nel 1210, fu costretto a lasciare il proprio<br />

paese in giovane età a causa dell’avanzata delle orde mongole,<br />

che lo spinsero a trovare rifugio verso occidente, in Turchia,<br />

Siria, Egitto ed Arabia. Dopo il ritiro dei mongoli viaggiò a<br />

lungo in Asia centrale, spingendosi fino in India. Negli ultimi<br />

anni di vita si ritirò nella propria città natale, ormai pacificata,<br />

a scrivere e ad insegnare. Fra le opere più note figurano il<br />

Bostan (Frutteto, 1257) e il Golestan (Roseto, 1258): mentre<br />

il primo, interamente in versi, tratta principalmente di<br />

argomenti attinenti la sfera morale, il secondo è in larga<br />

parte in prosa e contiene aneddoti personali e riflessioni sulla<br />

natura umana.<br />

Arrivati dinanzi al mausoleo, che per mancanza di tempo<br />

non possiamo visitare, alcuni di noi rimangono a bordo<br />

del bus, mentre altri si dirigono ad osservarne la struttura<br />

dall’esterno: da questa prospettiva spiccano la cupola azzurra<br />

e l’antistante porticato, dotato di colonne alte e squadrate.<br />

Riattraversato il viale, non senza una certa difficoltà per<br />

via della scarsa dimestichezza di molti automobilisti col<br />

codice della strada, proseguiamo in direzione della tomba<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

20<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

di Hafez, l’altro grande poeta sepolto a Shiraz.<br />

All’incirca contemporaneo del Petrarca, Hafez è forse<br />

l’artista più amato in <strong>Iran</strong>. Della sua vita poco si conosce: qui<br />

nato tra il 1315 ed il 1317, contrariamente al suo conterraneo<br />

Saadi, non intraprese molti viaggi ma spese gran parte della<br />

propria esistenza in questa regione, ove morì intorno al 1390.<br />

La sua opera principale, il Divan (Canzoniere), ha influenzato<br />

per secoli la poetica persiana ed è tuttora uno dei massimi<br />

componimenti della letteratura mondiale.<br />

Davanti all’entrata già s’incolonnano le persone giunte ad<br />

onorare le venerande spoglie. A causa della svalutazione, ad<br />

ognuno di noi è assegnato non un semplice biglietto, bensì un<br />

intero carnet, la cui somma corrisponde al prezzo fissato per<br />

il periodo corrente: probabilmente la settimana prossima, coi<br />

nuovi adeguamenti valutari, diventerà ancora più spesso…<br />

Il mausoleo è collocato all’interno di un lussureggiante<br />

giardino di pini, cipressi ed arbusti. Una breve scalinata<br />

conduce sino al porticato, dove si apre la vista sul padiglione<br />

ottagonale centrale, che ospita la tomba del poeta. Questa<br />

struttura non è antica ma è stata costruita nel 1935<br />

dall’architetto francese André Godard: questi fortunatamente<br />

non volle stravolgere i canoni dell’architettura tradizionale,<br />

né apportò elementi alloctoni all’estetica locale. Il giardino si<br />

armonizza efficacemente col monumento, la cui volta reca un<br />

mosaico con motivi geometrici di ottima fattura. La copertura<br />

di rame, movimentata e ben proporzionata, è stata modellata<br />

secondo il gusto dell’epoca cagiara.<br />

In molti si recano qui per tentare una singolare forma di<br />

divinazione: secondo una credenza assai diffusa, aprendo a<br />

caso una pagina del divan e leggendone i versi, si riuscirebbe<br />

a prevedere il proprio futuro. Questa meta è assai frequentata<br />

dagli iraniani, come lo è l’intera città di Shiraz, che viene presa<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

21<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

d’assalto durante le festività ufficiali: il giardino è gremito di<br />

turisti che passeggiano tra le aiuole, sostano sulle gradinate e<br />

scattano fotografie di gruppo.<br />

Dopo un momento dedicato a girovagare liberamente,<br />

l’itinerario riprende in direzione del mausoleo del Seyyed<br />

Aladdin Hussein, discendente del Profeta Maometto. L’Islam<br />

sciita è assai incentrato sul culto personale dei santi e dei<br />

martiri fin dai tempi dei suoi capostipiti, l’Imam Ali Abu Talib<br />

(599–661) e i figli Hassan (625–670) e Hussein (626–680),<br />

tutti periti di morte violenta a causa delle continue lotte tribali<br />

dell’epoca. Lo scisma con la confessione sunnita avvenne pochi<br />

anni dopo la morte di Maometto, poiché gli sciiti sostenevano<br />

che il potere religioso e quello politico sulla Umma (il popolo<br />

dei fedeli) dovessero coincidere nella persona dell’Imam Ali,<br />

genero del Profeta, e nei suoi discendenti. Alcune correnti<br />

come gli Ismailiti riconoscono solo sette successori (perciò<br />

detti settimani), mentre la corrente principale degli Imamiti<br />

o duodecimana ne riconosce il lignaggio fino a Muhammad<br />

ibn al-Hasan detto il Mahdi. Secondo i credenti, quest’ultimo<br />

non sarebbe stato assassinato nel 941 come vorrebbe la<br />

storia, bensì avrebbe scelto volontariamente di occultarsi<br />

per attendere di riapparire in un’epoca futura ed annunciare<br />

il regno dei cieli. I Sunniti invece, sostenuti dal potere<br />

politico del califfato Omayyade, divennero numericamente<br />

prevalenti e riconobbero nei soli califfi di Damasco la loro<br />

autorità. Ne nacque pertanto un conflitto ancora oggi irrisolto<br />

sul piano dottrinale, politico e sociale tra le due fazioni: lo<br />

sciismo divenne rapidamente la fede delle minoranze, degli<br />

emarginati, dei perseguitati e dei mistici, trovando nella<br />

regione iraniana un substrato socio-culturale adatto ad<br />

accoglierla. Questa forma d’Islam fu inizialmente adottata<br />

dagli strati più bassi della popolazione, da sempre insofferente<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

22<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

verso i poteri costituiti e le gerarchie, per diffondersi in<br />

seguito anche nelle altre classi: furono necessari circa nove<br />

secoli prima che lo sciismo fosse riconosciuto, ormai in epoca<br />

safavide, come religione ufficiale della Persia.<br />

La tomba del Seyyed Aladdin Hussein si presenta<br />

all’esterno come un edificio d’epoca cagiara di grandi<br />

dimensioni, ricoperto di piastrelle blu e gialle, sormontato<br />

da una cupola slanciata ed incorniciato da due minareti di<br />

sezione circolare. In teoria i non musulmani non potrebbero<br />

accedere a questi luoghi, ma per gruppi poco numerosi e<br />

discreti vengono fatte frequenti eccezioni: in tal caso il custode<br />

attenderà da parte vostra una generosa donazione. L’ingresso<br />

maschile e quello femminile sono separati già dal cortile, ove<br />

le donne sono tenute ad indossare una tunica appositamente<br />

fornita dal santuario. Gli uomini non devono presentarsi con<br />

sandali, pantaloni corti o maglie senza maniche. Le borse<br />

e le scarpe vanno depositate nel guardaroba. All’interno<br />

si cammina in silenzio sui tappeti, con attenzione a non<br />

disturbare le persone raccolte in preghiera. Le pareti e le volte<br />

sono interamente ricoperte di mosaici con tessere a specchio,<br />

una tecnica che rende la luce delle lampade omnidirezionale e<br />

multicolore, con un effetto studiato per simboleggiare la luce<br />

divina sul sepolcro del dotto sciita. Un particolare orologio<br />

indica a tutti i fedeli le ore canoniche, che variano in base<br />

alla durata stagionale del giorno. Il tempo è però tiranno:<br />

dopo mezz’ora siamo nuovamente per strada in direzione<br />

del centro storico. L’autobus ci lascia nei pressi dell’Arg, da<br />

dove prendiamo la direzione del bazar. Dopo un percorso<br />

impossibile da ricordare attraverso vicoli e stradine, si<br />

giunge presso la moschea dell’Atigh Jame, risalente al IX<br />

secolo, una delle più antiche dell’<strong>Iran</strong>. La struttura attuale, in<br />

corso di restauro, risale alla tarda epoca safavide (sec. XVII–<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

23<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

XVIII). Tratto caratteristico è costituito dal pregevole edificio<br />

della biblioteca presente al centro del cortile (Khodakhaneh).<br />

Questo luogo dà però l’impressione che i lavori vadano<br />

talmente a rilento da sembrare quasi fermi: la stessa moschea<br />

pare, se non abbandonata, perlomeno dismessa.<br />

Un forno nei pressi sta sfornando delle lunghe e morbide<br />

schiacciate di pane. Cogliamo l’occasione per fermarci<br />

qualche istante a pranzare velocemente, in piedi: un pane<br />

può essere lungo mezzo metro o anche più, ed è sufficiente<br />

per sfamare varie persone. Da qui s’intravvede la cupola del<br />

vicino santuario di Shah Cheragh, costruito nel XIII secolo<br />

con struttura attuale d’epoca cagiara. Esso conserva le spoglie<br />

di Ahmad (qui assassinato nell’835) e Muhammad, figli di<br />

Musa al-Kadhim e fratelli dell’Imam Ali Reza. L’ingresso è<br />

vietato ai non musulmani: si dice che qualche gruppo sia<br />

riuscito ad accedere con discrezione, ma noi non abbiamo<br />

avuto modo di visitarlo all’interno.<br />

Da questo punto si procede nuovamente attraverso il<br />

bazar, che nelle sue parti più antiche presenta una singolare<br />

architettura: in alcuni tratti le volte di mattoni che ne<br />

costituiscono il soffitto sono dotate di un pertugio al centro,<br />

in modo da far penetrare la luce solare all’interno senza<br />

riscaldarlo eccessivamente. Lungo il percorso si trovano<br />

alcuni caravanserragli abbastanza ben conservati, fra cui<br />

spicca il Serai Mushir, un ampio cortile su cui s’affacciano<br />

degli edifici a due piani che chiudono la struttura sui quattro<br />

i lati. L’ingresso ha un proprio cancello che viene chiuso sul<br />

far della sera, isolando il serraglio dal resto del bazar. Al<br />

pianterreno trovano posto le botteghe ed i magazzini mentre<br />

il piano superiore, oggi assai meno utilizzato, era un tempo<br />

adibito alle abitazioni.<br />

La vicina moschea del Vakil (ovvero “Reggente”, titolo<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

24<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

che il sovrano Karim Khan attribuì a se stesso in luogo di<br />

quello più impegnativo di Scià), fu costruita tra il 1771 ed<br />

il 1773 e restaurata nel XIX secolo. Presenta un’estensione<br />

di quasi 9000 m² ed è dotata di due soli iwan anziché dei<br />

consueti quattro. Anche qui il vasto cortile è attualmente<br />

soggetto a lavori di restauro. Interessanti sono i decori e le<br />

piastrellature d’epoca cagiara che lo ornano. La parte più<br />

notevole è però forse lo Shabestan, una sala per le preghiere<br />

al coperto di 2700 m² d’estensione, sostenuta da 48 colonne<br />

tortili recanti capitelli di foglie d’acanto. All’interno è collocato<br />

un mihrab (pulpito orientato in direzione della Mecca)<br />

ricavato da un blocco unico di marmo dell’Azerbaigian.<br />

A metà pomeriggio il gruppo si divide ed ognuno è libero di<br />

proseguire la giornata secondo i propri itinerari. Rimasti in<br />

due, ci dirigiamo verso la fortezza, che in questo momento<br />

è aperta al pubblico. La costruzione fu completata tra il<br />

1766 e il 1767 dal sovrano Karim Khan della dinastia Zand,<br />

nel tentativo di contrastare il potere della città rivale di<br />

Esfahan. All’interno si rivela un lussureggiante agrumeto<br />

inframmezzato da una lunga fontana, dotata di più di venti<br />

zampilli. Qui, seduti su un gradino all’ombra delle mura,<br />

troviamo un attimo di ristoro nel sorseggiare un succo di frutta<br />

acquistato presso un negozio vicino. Ci intratteniamo ancora<br />

un po’ presso il piccolo museo storico della città. Sono inoltre<br />

presenti numerose botteghe artigiane, dove alcuni maestri<br />

sogliono lavorare il metallo, l’avorio, le pietre dure ed altri<br />

materiali con grandissima perizia. Uno di essi sta intarsiando<br />

una scatoletta e, vedendo il nostro interesse, ci illustra<br />

volentieri la sua tecnica. Se desiderate acquistare qualche<br />

oggetto, considerate che in questa sede gli spazi di manovra<br />

per un’eventuale contrattazione sono piuttosto scarsi: come<br />

regola generale, la possibilità di trattare è inversamente<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

25<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

proporzionale alla qualità della merce in vendita.<br />

All’uscita dalla fortezza avremmo voluto visitare il vicino<br />

museo regionale di storia del Fars: purtroppo anche qui<br />

agli stranieri è richiesta una cifra di venti volte superiore<br />

rispetto a quella prevista per gli iraniani. L’irremovibilità del<br />

custode di fronte alle nostre osservazioni sulla disparità di<br />

trattamento ci ha costretto a soprassedere alla visita, non del<br />

tutto irrinunciabile. Al contrario invece, in molti altri luoghi<br />

ci è stato concesso un generoso sconto (es.: due ingressi al<br />

prezzo di uno).<br />

Dopo un’altra ora passata a peregrinare nel bazar tra<br />

rigattieri e caravanserragli, il pomeriggio volge al termine e<br />

la stanchezza per la lunga giornata inizia a farsi sentire. La<br />

solita panca di pietra sulla piazza dell’Hammam ci accoglie<br />

nuovamente per sostare un istante ad osservare la gente che<br />

passa. Nessuno viene ad importunarci, né ci lancia occhiate<br />

o tenta di venderci qualcosa: ognuno prosegue intento nel<br />

proprio daffare. Non si vedono mendicanti, né quelle torme di<br />

sfaccendati che sono assai comuni a vedersi in altri paesi del<br />

Medio Oriente. Le città, né ricche né povere, sono costituite<br />

perlopiù da anonimi edifici di cemento e sono mediamente<br />

pulite, a volte più di alcune loro sorelle europee. Dobbiamo<br />

inoltre capacitarci, di fronte ai fatti, che questo paese è<br />

assai differente da come lo descrivono i mezzi mediatici<br />

internazionali: prima del nostro arrivo immaginavamo che la<br />

polizia fosse appostata ovunque dietro gli angoli delle strade,<br />

intenta a controllare l’abbigliamento ed il comportamento dei<br />

passanti. Pensavamo che i turisti avrebbero dovuto esibire<br />

ripetutamente il passaporto alle milizie: invece i documenti<br />

sono sempre rimasti in custodia presso gli alberghi (altrove<br />

nessuno li ha mai richiesti). Qualche volta abbiamo anche<br />

visto all’opera le forze di sicurezza, indaffarate… a dirigere il<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

26<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

traffico nei centri cittadini. Le moschee, tralasciando quelle<br />

storiche, sono piccole e defilate, spesso senza minareti.<br />

Gli onnipresenti richiami alla preghiera degli altri paesi<br />

musulmani quasi non si odono. Anche l’obbligo del velo non<br />

è così restrittivo come si potrebbe pensare: nei centri più<br />

grandi, per le giovani donne si riduce ad un semplice foulard,<br />

non di rado colorato e vivace, portato in modo da lasciare<br />

scoperta gran parte della capigliatura senza infrangere<br />

le legge. In sostanza il lungo velo nero (chador), che gli<br />

europei associano all’immagine dell’<strong>Iran</strong>, assume qui una<br />

connotazione di tradizionalismo culturale, di cui la religione<br />

è solo un fattore subordinato. A Tehran, come anche in altre<br />

città “progressiste”, quasi non vi è ragazza che esca di casa<br />

senza una buona dose di trucco: fondotinta, rossetto acceso<br />

ed eye-liner sono praticamente obbligatori. Presso il pubblico<br />

femminile riscuote grande successo anche la chirurgia<br />

plastica, particolarmente quella relativa al setto nasale, per<br />

la quale è assai frequente scorgere degli improbabili nasi<br />

“alla francese” su dei volti sinceramente persiani. Talvolta il<br />

chirurgo ha la mano poco felice, lavorando eccessivamente<br />

di lima e riducendo il povero naso ad un piccolo spuntone<br />

spigoloso ed appuntito, di forme del tutto innaturali.<br />

Sono trascorsi oltre trent’anni dai tempi della Rivoluzione<br />

Khomeinista, periodo nel quale l’<strong>Iran</strong> non è rimasto<br />

immobile: come esempio analogo si può citare la Cina<br />

che, pur avendo conservato intatte le istituzioni del proprio<br />

regime, non è più quella dei tempi di Mao. In secondo<br />

luogo, l’immagine che noi cosiddetti “occidentali” (europei,<br />

americani) abbiamo di questo paese, deriva in larga parte<br />

dall’opera di molti esuli e dissidenti che fuggirono negli anni<br />

successivi al 1979: costoro, in genere ex fedeli della monarchia<br />

pahlavide, propugnano ancora oggi nelle loro opere letterarie<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

27<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

e cinematografiche una visione del tutto anacronistica, avendo<br />

ormai perso il contatto con la realtà della loro patria. A prima<br />

vista invece, l’<strong>Iran</strong> appare oggi come un paese assai più laico<br />

e moderno rispetto a molti altri della regione mediorientale.<br />

La sfera della politica internazionale risulta assai distante dal<br />

cittadino comune, che preferisce concentrarsi sui problemi<br />

quotidiani anziché ascoltare i proclami del clero e del<br />

governo, o preoccuparsi del programma nucleare. «In questo<br />

momento ciò che preoccupa realmente il popolo», afferma<br />

la guida, «non è tanto la politica, quanto la crisi economica<br />

che affligge la vita delle famiglie». Oltre alle sanzioni,<br />

l’onda della depressione globale non ha risparmiato<br />

neppure quest’angolo di mondo, causando l’inflazione ed il<br />

brusco aumento del prezzo del petrolio, che in precedenza<br />

era sempre stato convenientissimo. In tal modo l’apparato<br />

produttivo iraniano, già di per sé vetusto e sofferente per<br />

via della congiuntura internazionale, è stato ulteriormente<br />

soffocato.<br />

È tempo di rientrare in albergo per una doccia prima di<br />

recarci in taxi al ristorante, piuttosto lontano ma eccellente.<br />

Le portate non variano rispetto alla sera precedente: tutti i<br />

locali servono pressappoco le stesse pietanze. Il percorso del<br />

ritorno è movimentato per via del disgraziato stile di guida del<br />

nostro tassista. Arrivati incolumi alla meta, rimane ancora<br />

un po’ di tempo per studiare il programma dell’indomani,<br />

che prevede 450 km di tragitto verso nord-est fino a Yazd,<br />

con numerose tappe intermedie.<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

28<br />

info@lorenzorossetti.it


Giappone per caso<br />

Moschea di Nasir al-Mulk, sala delle preghiere invernali<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

29<br />

info@lorenzorossetti.it


Giappone per caso<br />

Il bazar di Shiraz<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

30<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

18 marzo<br />

Vestigia di antichi imperi<br />

S<br />

veglia presto questa mattina: alle sette l’autobus che<br />

ci accompagnerà fino a Tehran, al termine di questo<br />

viaggio, sta già attendendo dinanzi all’albergo. Chi fra noi è<br />

già sceso nella hall ne approfitta per navigare sull’internet e<br />

leggere la posta elettronica dal PC messo a disposizione per<br />

gli ospiti.<br />

Riguardo all’<strong>Iran</strong> si sente talvolta parlare di censura del<br />

web: noi non abbiamo però riscontrato alcuna restrizione<br />

nell’accesso ai servizi informatici. Anche i siti italiani<br />

considerati «poco sopportabili» (sic!) dal governo iraniano,<br />

come quelli dell’ANSA o de “La Repubblica”, sono sempre<br />

stati fruibili ovunque senza limitazioni. Intanto dall’Italia<br />

giungono notizie politiche poco incoraggianti: dopo i risultati<br />

delle recenti elezioni, si vocifera di un governo già morto<br />

prima ancora di nascere. Poco importa, al nostro ritorno ci<br />

aggiorneremo, adesso invece urge partire. Questi fatti, visti<br />

da qui, paiono piccoli e lontani.<br />

L’autobus, un grosso catorcio di fabbricazione cinese, si<br />

avvia arrancando sul pendio verso il limitare nord della città:<br />

qui si oltrepassa la porta detta “del Corano” per via di<br />

una copia storica, contenuta al suo interno, del libro sacro<br />

ai maomettani. Poi, attraversata una delle dorsali dei monti<br />

Zagros ed iniziata la discesa verso la zona subdesertica, il<br />

veicolo prende (si fa per dire) velocità, arrivando a sfiorare<br />

gli 80 chilometri l’ora. Una volta nella piana, è d’obbligo un<br />

momento di sosta per sgranchirsi qualche istante le gambe<br />

e per l’acquisto di frutta fresca in un mercato ai margini<br />

della strada. Dopo un’ulteriore ora di viaggio si raggiunge la<br />

città di Marv-e dasht, nei cui pressi sono situate le rovine di<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

31<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

Persepoli, capitale cerimoniale dell’impero achemenide,<br />

attualmente inclusa nel patrimonio mondiale dell’UNESCO.<br />

Persepoli fu edificata a partire dal 515 a.C. quando Dario I<br />

decise di trasferire qui la propria sede ufficiale da Pasargad. La<br />

città fu adibita per circa duecento anni alle celebrazioni civili<br />

e religiose dell’impero, non formando però un centro abitato<br />

vero e proprio: in questo luogo il sovrano achemenide usava<br />

solamente concedere le udienze e ricevere le ambascerie, ma<br />

la corte non vi dimorava in maniera stabile.<br />

Raggiunto il parcheggio, da un’ampia spianata si accede<br />

all’ingresso principale del sito archeologico, preceduto da<br />

una scalea di pietra. In cima ad essa troneggia la Porta<br />

delle Nazioni, che costituisce l’ingresso monumentale sul<br />

lato ovest. La struttura delimita una sala quadrangolare<br />

di circa 25 m di lato, la cui volta era sostenuta da quattro<br />

possenti pilastri: dinanzi ad essi sono collocate le statue<br />

dei lamassi, esseri con il corpo di animale e la testa umana,<br />

recanti le fattezze dell’imperatore. Proseguendo la visita in<br />

senso orario s’incontrano vari reperti ben conservati, come<br />

dei capitelli a forma di grifone e di toro: in questi esempi<br />

d’arte classica persiana si possono riscontrare degli alti gradi<br />

di stilizzazione e linearità, che ancora oggi sono ritenuti di<br />

gusto assai moderno. La vicenda di Persepoli, riscoperta<br />

solo in tempi recenti, ha inoltre consentito di preservare<br />

molti capolavori: dopo secoli di relativo abbandono, negli<br />

anni ’30 del XX secolo gli archeologi Ernst Herzfeld ed<br />

Erich Schmidt avviarono la prima campagna scientifica di<br />

scavi, riportando alla luce numerose opere rimaste sepolte<br />

sottoterra. Persepoli non sorse agli albori della dinastia<br />

achemenide, bensì durante il suo apogeo: nei monumenti si<br />

può già riscontrare una certa contaminazione di stili, dovuta<br />

ai contatti culturali con le estreme propaggini dell’impero;<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

32<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

a titolo d’esempio si possono citare l’introduzione della<br />

scanalatura delle colonne, di derivazione greca, e l’adozione<br />

dei capitelli a forma di loto, d’ispirazione indiana. Poco oltre<br />

si raggiunge l’Apadana, il palazzo più ricco e sontuoso di<br />

Persepoli, che ospitava la sala delle udienze del sovrano. Il<br />

fronte della scalea reca una serie di finissimi bassorilievi,<br />

fra i maggiori esempi dell’arte achemenide a noi pervenuti:<br />

il tema principale si compone di una teoria di dignitari e<br />

tributari nell’atto di porgere omaggio all’imperatore. Fra i<br />

vari popoli sottomessi, dall’analisi dei tratti iconografici si<br />

possono distinguere medi, elamiti, parti, battriani, gandhari,<br />

babilonesi, arabi, egiziani, greci, sciti, traci e molti altri. Per<br />

dimostrare la propria lealtà, ogni delegazione reca munifici<br />

doni quali montoni, tori, cammelli, incenso, spezie, vino,<br />

unguenti, metalli preziosi, monili e pietre dure. Primi fra<br />

tutti spiccano i guerrieri e i notabili persiani, padroni di casa,<br />

facilmente distinguibili dal copricapo cilindrico. La grande<br />

sala quadrata dell’Apadana misura all’incirca 60 metri di<br />

lato e un tempo presentava 72 colonne con capitelli di forma<br />

taurina, in gran parte andati perduti. Numerose iscrizioni in<br />

caratteri cuneiformi corredano le opere figurative con editti<br />

reali e proclami rivolti ai posteri. In uno di essi si legge:<br />

«Dario, grande re achemenide, re dei re, re delle nazioni,<br />

figlio di Istaspe, costruì questo palazzo». Su molti frontoni<br />

ed architravi si distingue il Faravahar, sacro simbolo del<br />

culto mazdeista: di questa religione tratterò più diffusamente<br />

in seguito, descrivendo la visita al tempio del Fuoco di Yazd.<br />

Assai diffusa è anche la rappresentazione del leone che morde<br />

il toro: alcuni storici la interpretano in modo strettamente<br />

religioso, ritenendo che il leone simboleggi la divinità benigna<br />

Ahura Mazda nell’atto d’attaccare Ahriman (lo spirito del<br />

male). Altri invece propendono per un’interpretazione più<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

33<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

ritualistica, identificando in essa il simbolo del Nowruz, il<br />

capodanno persiano, con l’allegoria dell’anno nuovo che<br />

annienta quello vecchio.<br />

Proseguendo lungo il percorso, sul lato meridionale<br />

sorgono i resti dei palazzi di Dario e Serse, mentre sul<br />

lato orientale trova posto la sala del trono, conosciuta anche<br />

come “sala delle cento colonne”. Più ad est ancora, inizia<br />

la salita sui pendii rocciosi circostanti che ospitano alcune<br />

tombe reali: da questo luogo la vista si apre su tutto il sito<br />

archeologico e sulla pianura circostante, piuttosto brulla<br />

e sfruttata con un’agricoltura di tipo estensivo. L’unica<br />

macchia d’alberi presente nei dintorni è un bosco artificiale,<br />

piantato nel 1971 per proteggere dal sole la tendopoli che<br />

ospitò gli invitati alle celebrazioni dei 2500 anni dell’impero<br />

persiano. In quell’occasione lo Scià Mohammed Reza Pahlavi<br />

volle stupire i sovrani e i delegati stranieri con alcuni giorni<br />

di festeggiamenti, rappresentazioni storiche e raffinati<br />

banchetti, conclusi con un grandioso spettacolo di suoni, luci<br />

e fuochi d’artificio. A testimonianza di ciò rimane solamente<br />

qualche struttura arrugginita in mezzo alla pineta.<br />

Prima di riprendere la strada vi è ancora il tempo d’inviare<br />

alcune cartoline, che sono arrivate a destinazione ben dopo<br />

di noi.<br />

La vicina Naqsh-e Rostam (la “e” non è congiunzione,<br />

bensì genitivo, in conformità ad antiche regole indoeuropee)<br />

si annuncia dopo una ventina di minuti di viaggio con una<br />

grande rupe calcarea, ove spiccano gli ingressi di quattro<br />

tombe monumentali d’epoca achemenide, appartenute a<br />

Dario I, Serse, Artaserse e Dario II. La loro costruzione<br />

richiese un periodo sicuramente non inferiore ad un secolo.<br />

Il luogo conserva inoltre dei notevoli reperti appartenenti ad<br />

un’altra epoca, quella sassanide (sec. III–VII), consistenti in<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

34<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

alcune grandi sculture rupestri. La più rilevante riguarda un<br />

episodio tanto glorioso per la storia persiana, quanto triste<br />

ed avvilente per la nostra: nel terzo secolo, mentre la potenza<br />

sassanide era al proprio apogeo, l’impero romano attraversava<br />

la peggiore crisi che si fosse verificata fino ad allora. Dopo<br />

l’estinzione della dinastia del Severi, la frammentazione<br />

politica e territoriale che ne derivò fu foriera della nomina<br />

d’una serie d’imperatori incapaci, che non seppero unire<br />

alle ormai anacronistiche ambizioni militari una politica<br />

che assicurasse loro la pace interna. Filippo l’Arabo, dopo<br />

la morte in battaglia del predecessore Gordiano, negoziò<br />

coi Sassanidi una pace sfavorevole che fu assai criticata dai<br />

contemporanei.<br />

Qualche anno più tardi Valeriano fu addirittura catturato<br />

dal re Sapore (Shapur), trovando la morte in terra straniera.<br />

Il bassorilievo alla base della necropoli rappresenta il trionfo<br />

di Sapore sui due imperatori romani: Valeriano in catene e<br />

Filippo l’Arabo nell’atto di sottomettersi al re sassanide.<br />

Il nome del sito, che significa “Immagine di Rostam”,<br />

rimanda alla figura del mitico eroe persiano narrato da<br />

Firdusi nello Shahnameh, da sempre associato dalla fantasia<br />

popolare a queste possenti figure equestri.<br />

Poche decine di metri sulla sinistra s’incontra l’edificio<br />

quadrangolare noto come “Kaaba di Zoroastro”, risalente al V<br />

secolo a.C. e probabilmente adibito a luogo di culto: si tratta<br />

di uno degli edifici meglio conservati dell’epoca achemenide.<br />

Dopo un millennio e mezzo di esistenza, la sua base si trova<br />

ormai qualche metro sotto l’attuale piano del terreno.<br />

L’ultimo punto d’interesse di Naqsh-e Rostam è costituito<br />

dal bassorilievo dell’investitura del re Ardashir da parte<br />

del dio Ahura Mazda: entrambe le figure presentano tratti<br />

iconografici simili e paiono assumere una posizione quasi<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

35<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

paritetica. In tal modo il sovrano evidenziava le proprie<br />

prerogative divine secondo una strategia di propaganda<br />

assai moderna, volta a suscitare l’ammirazione ed il timore<br />

del popolo.<br />

Un’altra ora di viaggio è necessaria per raggiungere<br />

Pasargad attraverso un brullo paesaggio di colline rocciose,<br />

intervallato qua e là da campi e cittadine. A metà percorso,<br />

raggiunto un centro di medie dimensioni, l’autobus si ferma<br />

per una breve pausa pranzo, consumato al volo con pane e<br />

frutta secca acquistati sul luogo.<br />

Il clima è caldo ma non insopportabile, con il cielo costellato<br />

di soffici nuvole che a tratti lasciano trasparire una luce<br />

solare assai vivida. Pasargad fu la prima capitale dell’impero<br />

persiano dal 546 a.C., sorta entro un’ampia pianura ricoperta<br />

solamente di erbe e cespugli. Dal terreno spuntano ancora<br />

pezzi di mura, colonne e perimetri degli antichi palazzi, che<br />

presentano le caratteristiche dell’arte achemenide degli inizi,<br />

come le colonne lisce e prive di scanalature. Le rovine sono<br />

diffuse su un’area assai vasta ed è necessario percorrere lunghi<br />

tratti a piedi tra un punto d’interesse e l’altro. Qui si conserva<br />

inoltre una statua di Ciro il Grande di gusto spiccatamente<br />

egiziano con qualche elemento babilonese, donata al<br />

sovrano dal popolo ebraico, riconoscente per la liberazione<br />

da Babilonia ad opera delle armate persiane. Il monumento<br />

principale di Pasargad è la tomba di Ciro: squadrata e<br />

possente, si erge come un monolito sulla piana circostante.<br />

Narra la leggenda che, all’arrivo degli invasori musulmani nel<br />

VI secolo, gli abitanti locali vollero proteggerla asserendo che<br />

fosse la tomba della madre di Salomone anziché quella di un<br />

re pagano. Probabilmente sotto l’erba di questa landa rimane<br />

ancora molto da scavare; sul luogo incombe però la pesante<br />

minaccia della costruzione del bacino idroelettrico di Sivand<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

36<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

che, se realizzato, sommergerebbe buona parte della zona<br />

archeologica, per un totale di oltre cento siti che andrebbero<br />

definitivamente perduti. Attualmente sono al lavoro alcune<br />

squadre di archeologi provenienti da varie parti del mondo,<br />

per tentare di portare alla luce quanto possibile prima che si<br />

creino danni irreparabili. I notevoli ritrovamenti stanno però<br />

ritardando i lavori della diga, inducendo qualcuno a sperare<br />

che si fermino del tutto. Anziché perseguire la costruzione di<br />

queste “grandi opere”, figlie della retorica di qualche decennio<br />

fa, sarebbe invece auspicabile lo sviluppo del turismo<br />

culturale e della ricerca mediante l’istituzione di un “distretto<br />

archeologico”, che potrebbe facilmente comprendere i siti<br />

di tutta l’area, da quelli maggiori a quelli minori tuttora in<br />

scavo. La politica rimane però sorda a queste istanze.<br />

È già tardo pomeriggio ma abbiamo davanti ancora<br />

parecchie ore di viaggio: durante il tragitto attraverso il<br />

deserto roccioso, molti di noi ne approfittano per assopirsi.<br />

Io non ho sonno e rimango ad osservare il paesaggio fuori dal<br />

finestrino, scattando di tanto in tanto qualche fotografia. In<br />

<strong>Iran</strong> le strade sono generalmente ben tenute e non destano<br />

eccessivi problemi di buche e sobbalzi. La superstrada che<br />

stiamo percorrendo è dotata di due corsie per senso di<br />

marcia, corsia d’emergenza e guardrail. Le barriere laterali<br />

sono quasi prive d’utilità: grazie all’abbondanza di spazio,<br />

il distanziamento tra i due sensi non è mai inferiore ad una<br />

ventina di metri.<br />

Dopo circa sessanta chilometri si lascia la strada n.65 per la<br />

n.78 in direzione nord-est. Sul far del tramonto raggiungiamo<br />

Abarkuh, cittadina nota per le antiche cisterne dell’acqua<br />

dotate di copertura in laterizi e per il suo imponente cipresso<br />

di 400 anni d’età (c’è chi, poco realisticamente, dice 4000).<br />

Mentre la luce diurna va affievolendosi, il fresco investe<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

37<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

l’atmosfera costringendo tutti a dotarsi d’un abbigliamento<br />

più pesante.<br />

Ormai la stanchezza inizia a farsi sentire, la notte sta<br />

calando ed ancora 150 chilometri ci separano dalla meta. Già<br />

in vista di Yazd, l’autista si accorge d’aver saltato per errore il<br />

posto di blocco obbligatorio: quasi un’ora è spesa per tornare<br />

indietro a convalidare l’itinerario. Ogni autobus di lunga<br />

percorrenza è tenuto a rispettare una tabella di marcia assai<br />

restrittiva, che viene controllata dalla polizia all’entrata e<br />

all’uscita dalle città per impedire che gli autisti guidino più<br />

del consentito.<br />

I mezzi sono dotati di rilevatore tachimetrico e di<br />

ricetrasmettitore satellitare: dall’analisi del tracciato GPS, se<br />

la lunghezza del tragitto oppure la velocità media non sono<br />

conformi alla legge, al conducente viene automaticamente<br />

inflitta una multa salatissima che include, nei casi più gravi,<br />

il ritiro della patente.<br />

Sono ormai le dieci di sera: inutile passare a depositare<br />

i bagagli in albergo ed allungare ulteriormente i tempi.<br />

Raggiungiamo direttamente il ristorante, già in attesa del<br />

nostro arrivo da due ore. La cena a buffet è assai ricca di<br />

carni, spiedini, riso, legumi e verdure. Gli altri avventori non<br />

sono ancora del tutto scemati ma, con il passare del tempo, la<br />

sala si svuota progressivamente.<br />

Il tragitto del ritorno è anch’esso difficoltoso per via<br />

del traffico intenso dovuto ai giorni di festività. All’entrata<br />

dell’hotel Dad è presente un tavolo che reca i sette simboli<br />

di buon auspicio del capodanno: germogli di frumento,<br />

minestra d’orzo germogliato, frutti secchi d’olivastro,<br />

aglio, mele, bacche di somacco ed aceto. Completano la<br />

composizione specchi, candele, uova dipinte, acqua di rose,<br />

pesci rossi, giacinti, tulipani ed altri oggetti. Nella sala attigua<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

38<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

è in corso un banchetto nuziale: qualcuno di noi si sporge dalla<br />

porta per osservare la scena e viene subito invitato a sedersi<br />

al tavolo per consumare un po’di pietanza. Le camere, ampie<br />

e pulite, sono un vero ristoro dopo le fatiche della giornata.<br />

Peccato che sia già mezzanotte: come di consueto domani è<br />

prevista una levata di buon’ora.<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

39<br />

info@lorenzorossetti.it


Giappone per caso<br />

Persepoli<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

40<br />

info@lorenzorossetti.it


Giappone per caso<br />

Dignitari assiri in un rilievo di Persepoli<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

41<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

19 marzo<br />

Da Yazd ad Esfahan: l’<strong>Iran</strong> del deserto<br />

M<br />

i sveglio la mattina dopo un sonno profondo: inutile<br />

aggiungere che avrei riposato ancora volentieri per<br />

qualche istante. Colazione con una scodella di minestrone,<br />

yogurt bianco, qualche dattero e una tazza di caffè.<br />

La prima meta della giornata, raggiunta sotto un cielo<br />

piuttosto grigio, sono le Torri del Silenzio (dakhma),<br />

imponenti strutture di pietra edificate ai margini della città.<br />

Entro il loro perimetro, gli zoroastriani solevano esporre i<br />

cadaveri alla mercé degli avvoltoi nel corso del loro funerale<br />

celeste, rituale che presenta similitudini apparenti con quello<br />

tibetano. I due culti divergono però notevolmente: in Tibet<br />

il funerale celeste traeva origine dalla natura geografica del<br />

luogo, caratterizzato da un suolo prevalentemente roccioso<br />

e congelato per buona parte dell’anno, rendendo difficoltose<br />

le sepolture, mentre le cremazioni non erano possibili per<br />

via dell’esiguità di legname. I fedeli di Zoroastro ritenevano<br />

invece che il corpo del defunto non dovesse venire a contatto<br />

con la terra, considerata sacra, né potesse essere cremato<br />

poiché il sacro fuoco sarebbe stato contaminato dalle spoglie<br />

impure.<br />

Nel XX secolo il funerale zoroastriano era ormai in<br />

declino, quando negli anni ’70 una legge lo proibì del tutto:<br />

i pochi seguaci di questo culto hanno ora adottato sia la<br />

sepoltura, sia la cremazione. Fuori dall’<strong>Iran</strong> rimangono<br />

ancora alcuni nuclei di tradizionalisti, dislocati soprattutto<br />

nel subcontinente indiano, che continuano ad utilizzare le<br />

torri del silenzio.<br />

Nell’area, assai vasta ed inserita in un contesto desertico,<br />

sono presenti un piccolo villaggio disabitato e due colline<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

42<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

brulle, su cui si ergono le torri vere e proprie: una riservata<br />

alle donne e l’altra agli uomini. Al nostro arrivo il recinto<br />

esterno è ancora chiuso: dobbiamo attendere i custodi presso<br />

un vasto piazzale polveroso. Nel frattempo l’autista se n’è<br />

andato, chissà dove, con l’autobus carico dei nostri bagagli…<br />

tornerà<br />

Dal villaggio, che ospita le rovine di alcune strutture tipiche<br />

dell’architettura del deserto come gli ab anbar, cisterne<br />

sotterranee provviste di torri d’aerazione, si prosegue a piedi<br />

fino alla collina più bassa, sede della torre delle donne. Salendo<br />

sul clivo, la vista si apre sulla città di Yazd (ab. 423.000, alt.<br />

1200 m) e sui dintorni aridi e rocciosi. S’intravvede anche<br />

il recinto del nuovo cimitero, ove i morti vengono ormai<br />

seppelliti da alcuni decenni. Le torri sono circolari, delimitate<br />

da uno spesso muraglione di pietra e fango; il pavimento<br />

interno è ricoperto da un lastricato su cui venivano deposti<br />

i cadaveri. Al centro vi è una fossa di scolo, che raccoglieva<br />

i resti del lavoro dei saprofagi, anche se al giorno d’oggi non<br />

è più visibile nulla poiché tutto è stato rimosso: se non se<br />

ne conoscesse la destinazione d’uso tramite le testimonianze<br />

storiche, queste costruzioni parrebbero fortezze. Lascio<br />

scemare il gruppo verso la pianura e rimango in solitudine<br />

qualche istante: il vento, le rocce, la fine dell’esistenza.<br />

«Ognuno sta solo sul cuor della terra», scriveva Quasimodo:<br />

in questo luogo tali parole paiono più vere che altrove. Ad un<br />

tratto, con uno sguardo all’orologio, mi accorgo di dovermi<br />

affrettare per raggiungere gli altri. Scendendo, scorgo degli<br />

altri compagni di viaggio a fil di cielo sull’altra collina, già<br />

di ritorno dalla torre degli uomini, una struttura assai simile<br />

ma più diroccata della precedente.<br />

La mattinata prosegue nell’ambito della cultura<br />

zoroastriana con la visita al tempio del Fuoco (Atashkedh)<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

43<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

di Yazd, fra i principali luoghi di culto che questa fede abbia<br />

conservato fino ai nostri giorni. La struttura attuale risale al<br />

1932 ma la fiamma che vi arde all’interno è assai più antica,<br />

con 1500 anni di vita alle spalle. Si tratta dell’unico Atash<br />

Behram (Fuoco della Vittoria) presente in <strong>Iran</strong>, caratterizzato<br />

dal massimo grado di sacralità, derivante dall’unione di sedici<br />

fuochi di diversa provenienza, che includono il fulmine, la<br />

pira funeraria, vari tipi di fornaci e di bracieri. Un passaggio<br />

del libro sacro dell’Avesta recita: «annuncio questa offerta<br />

a te, o fuoco, figlio di Ahura Mazda, insieme a tutti i fuochi,<br />

alle acque pure e alle piante create da Mazda» (Yasna, I, 12).<br />

Gli altri otto templi di questo tipo sopravvivono invece tutti<br />

in India.<br />

Da un ampio cortile, dotato di una fontana nel centro, si<br />

accede al porticato dell’edificio, che presenta uno stile assai<br />

sobrio. Sul frontone figura il Faravahar, sacro simbolo<br />

della fede zoroastriana. Questo culto di origini antichissime<br />

trae il nome da Zoroastro (o Zarathustra), personalità<br />

vissuta intorno al VI secolo a.C. tra la Persia orientale e<br />

la Battriana. Quell’epoca fu foriera di un grande fervore<br />

filosofico e religioso in tutta l’Asia centrale: molti erano<br />

i riformatori che predicavano il rinnovamento dei vecchi<br />

culti indoeuropei. Fra i contemporanei di Zoroastro, in<br />

India era attivo Buddha, impegnato a divulgare la propria<br />

teoria della Liberazione dalle cose terrene, ed a scalzare il<br />

predominio della casta brahmanica nella sfera religiosa.<br />

L’opera di Zoroastro fu invece volta alla trasformazione dei<br />

culti autoctoni in un sistema di pensiero più organico: egli<br />

operò una polarizzazione focalizzata su due principi basilari,<br />

quello del bene e del male, identificati nelle divinità di Ahura<br />

Mazda ed Angra Mainyu (Ahriman). Lo zoroastrismo (anche<br />

detto mazdeismo) si sviluppò sull’idea, rintracciabile nei<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

44<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

testi dell’Avesta, della contrapposizione tra queste due forze<br />

primigenie, con la promessa che alla fine dei tempi, dopo una<br />

lunga lotta, il bene avrebbe finalmente prevalso sul male. In<br />

epoche più tarde questa teoria si radicalizzò ulteriormente,<br />

escludendo gli aspetti estranei al dualismo bene/male,<br />

portando alla fondazione di una corrente autonoma che<br />

prese il nome di manicheismo. Entro tali paradigmi non è<br />

difficile riconoscere le basi dottrinali che contribuirono<br />

alla definizione delle tre grandi religioni monoteistiche:<br />

l’Ebraismo, il Cristianesimo e l’Islam. La nemesi storica volle<br />

però che, con l’arrivo delle armate musulmane in territorio<br />

persiano (VII sec. d.C.), il mazdeismo fosse progressivamente<br />

perseguitato e scoraggiato. Oggi questo culto è praticato<br />

nel mondo da circa un milione di persone e la sua eredità<br />

culturale è assai vasta: nel Medio Oriente, in Asia Centrale e<br />

nel subcontinente indiano sono numerosissime le persone,<br />

anche di altre religioni, che tuttora festeggiano il capodanno<br />

secondo l’antico rito del Nowruz.<br />

La fila per entrare nel tempio è lunga. Transitiamo<br />

velocemente di fronte al braciere del fuoco sacro, protetto<br />

da una spessa barriera di vetro, e lasciamo immediatamente<br />

il posto agli altri pellegrini, che già s’accalcano alle nostre<br />

spalle con le macchine fotografiche. L’osservanza indiana per<br />

i templi di questo rango è invece assai differente: l’accesso ai<br />

non zoroastriani è proibito, mentre il luogo dove si custodisce<br />

la fiamma è tenuto completamente all’oscuro.<br />

Da qui raggiungiamo con l’autobus il centro storico fino<br />

alla piazza di Amir Chakhmagh, che prende nome dalla<br />

moschea situata sul lato sudorientale. Questo complesso<br />

d’epoca timuride (XV secolo) presenta una facciata di oltre<br />

50 m di lunghezza con tre piani, due alti minareti e numerose<br />

arcate illuminate di notte dalla luce artificiale. Sotto ad esse<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

45<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

hanno trovato rifugio numerosi profughi afghani ed iracheni<br />

nel corso delle recenti guerre, le cui comunità si stanno<br />

lentamente integrando nel tessuto sociale urbano.<br />

Osservando le decorazioni degli edifici civili e religiosi,<br />

si può notare che ogni città vanta una propria tonalità di<br />

blu: quello di Yazd tende al verde acqua, mentre quello di<br />

Shiraz presenta riflessi d’ametista e quello di Esfahan è più<br />

scuro e brillante. Il blu di Yazd si sposa tradizionalmente<br />

col marrone chiaro delle terre locali. A lato della piazza<br />

è collocato il nakhl, grande struttura lignea che viene<br />

mobilizzata da parecchie persone durante l’Ashura, festa<br />

sciita celebrata in memoria del martirio dell’Imam Hussein<br />

e dei suoi seguaci. Sul lato opposto invece, attraversata la<br />

trafficata via intitolata a Khomeini, è presente l’ingresso<br />

del museo dell’acqua di Yazd. Le popolazioni del<br />

deserto hanno da sempre sfruttato ogni fonte idrica a loro<br />

disposizione, arrivando a creare dei veri e propri capolavori<br />

d’ingegneria con scarsi mezzi d’opera: questo museo vuole<br />

ricordare la fatica ed il merito di tutti quegli uomini che, nel<br />

corso dei secoli, hanno permesso alla città di svilupparsi dal<br />

nulla. Uno stretto passaggio conduce, dopo qualche gradino<br />

in discesa, ad un cortile dove sono esposte varie attrezzature<br />

per il pompaggio dell’acqua, oltre a giare di terracotta per<br />

il trasporto sulla breve distanza. All’interno l’esposizione<br />

prosegue con le tecniche ed i materiali di scavo dei qanat,<br />

canali sotterranei che convogliano l’acqua dalle sorgenti<br />

poste anche a molti chilometri dall’agglomerato urbano.<br />

Infine, al livello inferiore dell’edificio, scesa un’ulteriore<br />

rampa di scale, ci si può avvicinare all’imbocco di un tunnel<br />

per sbirciarvi all’interno: le dimensioni sono ridottissime,<br />

appena sufficienti al passaggio del minatore. Alcuni di questi<br />

qanat sono tuttora funzionanti e continuano ad alimentare<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

46<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

l’acquedotto della città.<br />

Dopo la visita al museo ci si addentra nel centro storico: la<br />

principale moschea di Yazd è quella del Jameh (venerdì),<br />

che si annuncia con un portale piastrellato, coronato dai due<br />

minareti più alti dell’<strong>Iran</strong>. Nella piazza antistante trova posto<br />

un mercato, rifornito di vari articoli: dalle derrate alimentari<br />

fino alle scarpe ed all’abbigliamento. Nel cortile interno<br />

invece, riservato alla preghiera e ricoperto di tappeti, vi è<br />

l’accesso alla parte interna della moschea, finemente rivestita<br />

di mosaici policromi e dotata di un mihrab di notevole fattura,<br />

risalente al 1365. Da questo punto si può apprezzare meglio<br />

il complesso, edificato in stile Azero tra il XII e il XIV secolo.<br />

Molte persone, incuriosite dalla presenza di turisti stranieri,<br />

si avvicinano a scambiare qualche parola in un’inglese<br />

piuttosto sgangherato. I sentimenti sono in genere di rispetto<br />

e curiosità, ma quando si cita l’Italia… è necessario essere<br />

preparati a qualche inevitabile allusione ad un certo nostro ex<br />

presidente del Consiglio e al suo «bunga-bunga», stereotipo<br />

ormai diffuso quanto «mafia-pizza-mandolino-osolemio»!<br />

Clichés a parte, non v’è certo disinformazione rispetto a ciò<br />

che accade nel mondo: parlando con la gente del posto, sono<br />

venuto casualmente a sapere che la moglie di Beppe Grillo è<br />

iraniana, fatto largamente noto, che personalmente ignoravo.<br />

Da qui ci inoltriamo nel dedalo di vicoli e stradine della<br />

città vecchia: gli edifici sono tutti di fango, pietra e mattoni<br />

e, nonostante le piogge scarse, tendono a deteriorarsi<br />

velocemente per via del vento e dell’incoerenza dei materiali.<br />

Le porte di alcune case presentano due batacchi simili, ma<br />

non identici: uno è riservato alle donne e l’altro agli uomini,<br />

in modo da stabilire a priori il genere del visitatore. A<br />

seconda dal suono, ad aprire la porta di casa sarà la moglie<br />

o il marito. Yazd, città tradizionalista, mantiene ancora vive<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

47<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

molte antiche usanze, che altrove parrebbero anacronistiche.<br />

Anche l’abbigliamento è piuttosto conservatore; non è<br />

infrequente incontrare donne vestite col chador, il lungo velo<br />

nero che lascia scoperto solo il volto. Un’altra particolarità<br />

architettonica è costituita dalla presenza dei bad gir, torri<br />

d’aerazione che fanno fluire l’aria dall’esterno delle case<br />

verso i cunicoli sotterranei dei qanat. Nelle condotte forzate<br />

il flusso si raffredda, afferendo agli edifici per mezzo della<br />

corrente creata dalle torri, che fungono da tiraggio: un<br />

efficace sistema di condizionamento ante litteram.<br />

Più avanti si raggiunge il perimetro della cosiddetta<br />

“prigione di Alessandro Magno”, con la sua cupola<br />

a tamburo ottagonale, che secondo la leggenda servì al<br />

grande condottiero macedone per detenere i suoi oppositori.<br />

L’edificio non è in realtà così antico, poiché si tratta di una<br />

scuola coranica risalente al XV secolo. Nei pressi è conservata<br />

la “tomba dei 12 Imam”, di cui un’iscrizione esterna riporta<br />

i nomi: com’è ovvio nessuno di essi riposa in questo sepolcro,<br />

che ha solamente la funzione di cenotafio.<br />

Intanto un bambino è seduto sulla soglia della propria casa,<br />

intento a controllare due pulcini che altrimenti fuggirebbero<br />

chissà dove: un attimo immortalato al volo in uno scatto<br />

fotografico del tutto fortuito ed inaspettato. Il nucleo antico<br />

della città pare sopravvissuto ai secoli, ed è probabilmente<br />

rimasto tale dai tempi in cui vi sostavano i mercanti in<br />

transito sulla via della Seta.<br />

Nel 1298 Marco Polo ne scrisse: «Iadis è una cittade di<br />

Persia molto bella, grande, e di grandi mercatantie. Quivi si<br />

lavora drappi d’oro e di seta, che si (chi)ama ias[d]i, e che si<br />

portano per molte contrade. Egli adorano Malcometto» (Il<br />

Milione, cap. XXXIII, «Della città di Iadis»).<br />

Rimane ancora un’ora prima di riprendere la strada<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

48<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

verso altre mete. Su un lato della piazza principale vi è una<br />

zurkaneh (lett. “casa della forza”), luogo ove si pratica il<br />

Varzesh-e pahlavani, un’antica forma di arte marziale che<br />

unisce lo sport alla spiritualità. Da un vicolo retrostante si<br />

accede alla porta d’ingresso, bassa a tal punto da doversi<br />

chinare per entrare. Questa particolarità è spiegata in<br />

modi differenti: c’è chi sostiene che essa derivi dai tempi in<br />

cui nelle zurkaneh si organizzavano riunioni clandestine,<br />

mentre altri propendono invece per una spiegazione che<br />

concerne la necessità dell’adepto di chinarsi di fronte a Dio<br />

in segno d’umiltà. All’interno si apre una vasta sala con il<br />

pavimento ribassato: in occasione degli allenamenti, gli<br />

atleti vi eseguono i loro esercizi, che comprendono flessioni,<br />

pesi, attrezzi e movimenti coordinati. Le sessioni sono<br />

accompagnate dagli strumenti rituali (campana, tamburo)<br />

e sono sempre terminate con una preghiera da parte del<br />

Maestro di Cerimonia. Non sono inoltre infrequenti le<br />

declamazioni di brani tratti dai poemi epici, primo fra tutti<br />

lo Shahnameh di Firdusi. In questo momento non è presente<br />

nessuno. Per terra si vedono un’ottantina di mil (pesi di<br />

legno) di varie grandezze, mentre appoggiati al muro vi sono<br />

una ventina di sang (scudi di legno con un buco al centro<br />

per l’impugnatura). Ai lati sono allineate alcune sedie per il<br />

pubblico, tradizionalmente maschile, che può assistere agli<br />

allenamenti serali. Mediante una scala si sale fin sul tetto,<br />

che offre un’ampia vista sulla trafficata piazza sottostante.<br />

L’accesso è libero e consente di avvicinarsi alla cupola ed ai<br />

quattro bad ghir (torri a vento). È però necessario prestare<br />

attenzione ai propri passi, poiché non è presente alcun<br />

parapetto.<br />

Trascorriamo l’ultima mezz’ora tra il bazar e la<br />

città vecchia, quando scatta infine l’ora della partenza.<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

49<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

Cinquanta chilometri a nord-ovest di Yazd vi è Meybod (ab.<br />

58.000), centro posto in mezzo al deserto lungo la statale<br />

71. Qui sorge l’antico castello di Narin, costruito in pietra<br />

e fango con delle fondazioni che si ritengono risalenti, se<br />

non all’epoca achemenide, perlomeno a quella sassanide.<br />

È circa metà pomeriggio e il sole, piuttosto franco, scalda<br />

parecchio l’atmosfera brillando in un cielo blu cobalto: per<br />

via della scarsa umidità il clima non risulta però soffocante.<br />

Dalla grande spianata esterna si raggiungono i bastioni del<br />

fortilizio fino ad un severo e massiccio portale. Sugli spalti<br />

del castello, delimitati qua e là da alcuni torrioni decorati<br />

con motivi geometrici, si ha una vista totale della città verso<br />

tutti i punti cardinali, spaziando fino alle montagne, 30 km<br />

verso occidente. Una parte dell’edificio è stata recentemente<br />

consolidata e restaurata con cura, ma la rocca rivela i pesanti<br />

segni inferti dal tempo, con alcune sue parti in definitiva<br />

rovina.<br />

Da qui, ulteriori 120 km ci separano da Na’in (ab.<br />

24.000), altra città del deserto. Durante il tragitto si solleva<br />

una tempesta di sabbia, che si acquieta entro qualche decina<br />

di minuti. Al nostro arrivo il sole, già al tramonto, spande<br />

una debole luce radente sui vecchi edifici del centro storico.<br />

La moschea del venerdì, ancora oggi in uso, è una delle<br />

più antiche dell’<strong>Iran</strong>, risalente all’epoca buyide (X sec.) e<br />

rimaneggiata in epoca selgiuchide (XI sec.). Essa costituisce<br />

uno degli esempi più significativi e meglio conservati di<br />

architettura religiosa protoislamica di stile khorasani, con<br />

influenze d’epoca anteriore. Sotto le arcate del portico si<br />

conserva un notevole pulpito ligneo decorato. Nel frattempo<br />

l’aria inizia a rinfrescarsi per via di una brezza pungente:<br />

proseguendo la visita è necessario dotarsi di giacca a vento.<br />

Poco oltre si scende lungo una scala per raggiungere la parte<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

50<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

più antica della moschea, la cripta, probabilmente realizzata<br />

già nei primi anni del dominio musulmano. In questi bassi<br />

cunicoli scavati nel tufo la temperatura è assai stabile: un<br />

tempo le persone vi si potevano rifugiare, oltre che per ragioni<br />

strategiche, anche per trovare sollievo dalla calura estiva.<br />

Dal piazzale esterno si ha una buona vista su questa<br />

parte della città, le cui case di fango paiono sciogliersi<br />

progressivamente per via dell’azione degli agenti atmosferici.<br />

In lontananza si scorge l’antico forte, anch’esso in stato di<br />

avanzata rovina. Sui viali d’accesso al paese è affissa una<br />

serie di gigantografie delle vittime del sanguinoso conflitto<br />

tra <strong>Iran</strong> e Iraq (1980–1988). Questo modo di celebrare<br />

i caduti di guerra è diffuso ovunque, dai piccoli centri fino<br />

alla capitale, dove i ritratti assumono la forma di grandi<br />

dipinti murali. Conformemente ai precetti dello sciismo, che<br />

vede nella morte violenta per giusta causa l’anticamera del<br />

paradiso, i caduti per la patria islamica sono venerati come<br />

santi e martiri. La guerra contro l’Iraq, combattuta dai due<br />

paesi per l’egemonia sull’area del golfo Persico, non vide<br />

né vincitori né vinti, ma lasciò sul suolo oltre un milione di<br />

cadaveri. Gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica avevano armato<br />

e finanziato più o meno segretamente i due contendenti, nella<br />

speranza che si annientassero a vicenda: la guerra invece unì<br />

il popolo iraniano nello sforzo bellico, rafforzando la giovane<br />

Repubblica Islamica. In Iraq invece, il regime di Saddam<br />

Hussein durò per altri tre lustri fino alla sua rimozione manu<br />

militari (2003).<br />

Ormai, mentre percorriamo l’ultima tratta della giornata<br />

di 140 chilometri, cala il buio. Sulle colline e nei campi<br />

si accendono i tradizionali falò della vigilia dell’ultimo<br />

mercoledì dell’anno, per celebrare un antico rituale di<br />

origine zoroastriana: le persone saltano sulle pire intonando<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

51<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

una formula («O fuoco, io ti lascio il mio giallo pallore, tu<br />

donami il tuo rosso vigore»), in cui si invocano le forze della<br />

natura affinché allontanino le malattie e la sfortuna nell’anno<br />

venturo.<br />

Purtroppo, in tempi recenti, molti giovani sciagurati<br />

hanno iniziato ad interpretare l’usanza in maniera assai più<br />

pericolosa, praticando il salto non attraverso le fiamme, bensì<br />

sui petardi.<br />

L’originaria e pittoresca cerimonia, ancora in auge nelle<br />

zone rurali, ha pertanto lasciato il passo nelle città ad<br />

un’anonima serata di baldoria e baccano.<br />

Arrivati a tarda sera ad Esfahan (ab. 1.600.000, alt. 1600<br />

m), raggiungiamo subito il ristorante, assai affollato per via<br />

delle festività in corso. Il mio pasto si compone di formaggio<br />

fresco con cipolle, minestra di legumi, cotoletta di vitello<br />

impanata e riso pilav.<br />

Dopo cena, il gruppo si divide in due alberghi a causa della<br />

scarsa disponibilità di camere. Il nostro, l’hotel Part, è situato<br />

in una tranquilla stradina a neppure 2 km dal centro storico<br />

(20 minuti a piedi), nella zona commerciale di corso Chahar<br />

Bagh-e Abbasi, non distante dal ponte Si-o-Seh. Le camere<br />

sono spaziose e pulite: qui dormiremo ben tre notti, poiché<br />

i prossimi due giorni sono interamente dedicati alla città di<br />

Esfahan.<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

52<br />

info@lorenzorossetti.it


Giappone per caso<br />

Yazd, Torre del Silenzio<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

53<br />

info@lorenzorossetti.it


Giappone per caso<br />

Yazd, moschea del Venerdì<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

54<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

20 marzo<br />

Capodanno 1392<br />

Q<br />

uesta mattina l’orario di levata è più clemente,<br />

consentendoci di dedicare qualche altro istante alla<br />

colazione. In questo albergo, oltre le portate locali, vi sono<br />

anche quelle “continentali”, con salsiccia, uova strapazzate<br />

ecc.<br />

La giornata è ben soleggiata e si annuncia lievemente afosa:<br />

meglio indossare un abbigliamento leggero e tenere nello<br />

zaino l’eventuale vestiario aggiuntivo. I bagagli rimarranno<br />

in albergo e noi usciremo solo con lo stretto indispensabile:<br />

da non trascurare l’acqua minerale e qualche spuntino di<br />

frutta e pane.<br />

La prima destinazione consiste nella serie di ponti<br />

storici sul fiume Zayande. Il più antico, quello di<br />

Shahrestan, risale all’XI secolo e presenta un’architettura<br />

poderosa e lineare, come si addice ad un monumento d’epoca<br />

selgiuchide. Il ponte è stato recentemente isolato dal resto<br />

del fiume per prevenire danni alla sua già fragile struttura:<br />

adesso giace in un bacino artificiale, che risulta secco per<br />

gran parte dell’anno. Qualche decina di metri più in là, oltre il<br />

moderno edificio della fiera internazionale, scorre lo Zayande<br />

nella sua nuova sede.<br />

Percorsi cinque chilometri verso est, si raggiunge il ponte<br />

Khaju, d’epoca più recente e di diversa fattura, costruito<br />

verso la metà del XVII secolo in piena epoca safavide. Qui<br />

le linee sono più raffinate: il notevole impegno artistico si<br />

estrinseca in un gioco assai complesso di archi e prospettive.<br />

Esso presenta anche un padiglione, che un tempo serviva da<br />

fumeria e sala da tè. Il fiume però, attualmente in secca, non<br />

offre più quegli scorci che erano stati pensati dai costruttori<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

55<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

del ponte: la regolamentazione delle acque dello Zayande<br />

per gli usi agricoli ha purtroppo decretato il sacrificio del<br />

paesaggio in nome dell’approvvigionamento idrico.<br />

Proseguendo sulla stessa strada per ulteriori due<br />

chilometri, si raggiunge il ponte Si-o-seh. Anch’esso d’epoca<br />

safavide, è conosciuto per i suoi 33 archi a sesto acuto, di<br />

grande pulizia stilistica, opera degli ingegneri militari dello<br />

Scià Abbas intorno al 1600. Con i suoi 300 metri di campata,<br />

è il ponte storico più lungo di Esfahan.<br />

Ripreso l’autobus, si percorre un breve tratto di strada<br />

fino al quartiere meridionale di Jolfa, che ospita una<br />

numerosa comunità armena, insediatasi in questo luogo<br />

quattro secoli fa per scampare alle persecuzioni ottomane.<br />

Fu lo stesso Scià Abbas (1587–1629) a concedere agli armeni<br />

il privilegio di restare, convinto che la loro presenza sarebbe<br />

stata preziosa per lo sviluppo delle attività commerciali. Il<br />

tempo gli diede ragione: Jolfa, col passare degli anni, divenne<br />

uno dei principali centri di lavorazione della seta di tutta la<br />

Persia.<br />

Agli armeni è stato inoltre permesso di mantenere la<br />

propria cultura e la propria religione, il Cristianesimo, di<br />

cui si conservano vari edifici di culto. Fra essi, la chiesa<br />

del Salvatore costituisce un esempio notevole d’arte<br />

armena: nel cortile trova posto un grande ciborio di pietra<br />

e mattoni, mentre all’interno si può ammirare un pregevole<br />

ciclo di affreschi sul tema della vita di Gesù Cristo. Assai<br />

notevole è inoltre il Giudizio Universale, che presenta<br />

delle figure di grande espressività e vivacità. Di questo stile<br />

colpisce la somiglianza con quello europeo del Quattrocento<br />

borgognone, anche se non vi è alcun rapporto diretto tra i<br />

due. La struttura della chiesa risponde invece a canoni più<br />

locali: dall’esterno parrebbe a prima vista una moschea,<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

56<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

eccezion fatta per l’aggiunta dell’abside e del campanile.<br />

Il complesso include l’antico monastero (da cui il nome<br />

in lingua armena, spesso citato, di Vank), che oggi è in parte<br />

adibito a museo. L’esposizione, assai vasta, comprende<br />

non solo oggetti e testi religiosi, ma anche fotografie e<br />

testimonianze storiche relative a questa comunità. Uno<br />

spazio è stato inoltre allestito per ricordare il genocidio<br />

armeno, perpetrato dall’impero Ottomano nel 1915.<br />

Alla memoria della tragica vicenda è dedicato<br />

un monumento installato in un angolo del cortile.<br />

Da questo punto si torna verso il centro della città fino alla<br />

Moschea del Venerdì, il luogo di culto più vasto dell’<strong>Iran</strong>,<br />

esempio supremo dell’architettura d’epoca selgiuchide. Pur<br />

avendo delle fondamenta risalenti all’VIII secolo, la struttura<br />

attuale risale in larga parte alla metà dell’XI secolo, quando<br />

Esfahan divenne la capitale dell’impero selgiuchide per<br />

volontà del sultano turco Toghrul Beg.<br />

L’ora della preghiera si avvicina e i visitatori non sarebbero<br />

più ammessi; dopo alcune insistenze il custode accetta di<br />

farci entrare, a condizione di mantenere un comportamento<br />

discreto. Un passaggio piuttosto dimesso dà l’accesso al grande<br />

cortile, su cui si affacciano quattro iwan, tutti diversi fra loro,<br />

collegati da un porticato a due ordini di arcate. All’interno si<br />

può apprezzare lo stile in laterizio per cui questa moschea è<br />

famosa. Attraversata una sala dotata di un ampio colonnato,<br />

si arriva sotto la cupola meridionale: edificata nel 1086 circa,<br />

presenta un’altezza di 30 m e un diametro di 15. Per scaricare<br />

il peso in maniera uniforme, la semisfera sommitale s’innesta<br />

sopra un tamburo quadrato mediante un sofisticato gioco di<br />

archi: dalla forma rotonda si passa gradualmente a quella<br />

esadecagonale, poi a quella ottagonale, terminando infine<br />

sulla base quadrata. La soluzione è ingegnosa, assai differente<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

57<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

da quelle che in Europa saranno adottate, secoli più tardi, dal<br />

Brunelleschi e da Michelangelo, per voltare rispettivamente<br />

le cupole di Santa Maria del Fiore (Firenze) e del Vaticano<br />

(Roma). Proseguendo attraverso le sale di preghiera, grande<br />

interesse riveste il trecentesco mihrab, ornato a stucco con<br />

elaborati motivi floreali e versetti delle Sacre Scritture.<br />

La cripta, assai spaziosa e ricoperta di tappeti, è anch’essa<br />

dedicata alle funzioni religiose.<br />

Nuovamente al pianterreno, si attraversa una sala<br />

inframmezzata da molte colonne, dotata di un soffitto con<br />

innumerevoli cupolette di varia fattura, i cui mattoni sono<br />

disposti a spina di pesce, ad opera quadrata e reticolata, a<br />

spirale ecc. Poco oltre si raggiunge la cupola settentrionale,<br />

gemella di quella descritta precedentemente. Le forme sono<br />

simili, ma non del tutto identiche: quest’ultima, di qualche<br />

anno posteriore, presenta una struttura più definita ed<br />

una maggiore coesione stilistica. È stata costruita con la<br />

medesima tecnica, probabilmente dalle stesse maestranze.<br />

L’idea della seconda cupola scaturì da un avversario politico<br />

del committente della prima, al fine di rivaleggiare con esso<br />

in splendore e munificenza.<br />

Sono le due del pomeriggio. Alcuni di noi desiderano<br />

acquistare un tappeto: ci fermiamo presso un negozio,<br />

conosciuto dalla guida, ove ne è esposta una ricca rassegna.<br />

Anche per coloro che non sono interessati a questo tipo di<br />

merce, risulta utile trascorrere mezz’ora ad analizzare i vari<br />

tessuti: dopo aver visto dei veri tappeti persiani, una volta<br />

tornati in patria, si potrà essere difficilmente imbrogliati su<br />

questo argomento. I prezzi di base sono piuttosto elevati e<br />

la possibilità di contrattazione è inversamente proporzionale<br />

alla qualità del manufatto.<br />

S’è fatta ormai fatta l’ora di raggiungere la piazza<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

58<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

dell’Imam, fulcro della città di Esfahan. Questo nome<br />

è però assai recente: prima della rivoluzione del 1979 era<br />

denominata “Piazza dello Scià”, anche se gli abitanti locali<br />

vi si riferiscono da sempre come Naqsh-e Jahan, ovvero<br />

“Immagine del Mondo” per via della sua vastità (circa 90.000<br />

m², equivalente a tredici campi da calcio).<br />

Torme di persone, sia in piedi che accampate, vi sono<br />

già affluite ad attendere l’ora del capodanno, che coincide<br />

sempre con l’equinozio d’ariete (primaverile) e può verificarsi<br />

in qualsiasi momento della giornata del 20 o del 21 marzo. Vi<br />

sono dunque stati anni in cui i festeggiamenti sono avvenuti<br />

in piena notte ed altri, come questo, in cui l’evento ha avuto<br />

luogo nel primo pomeriggio.<br />

Nell’attesa ci addentriamo tra le vie intorno alla piazza<br />

alla ricerca di qualcosa per il pranzo. I negozi non offrono<br />

molto: assai diffusa è una scura brodaglia calda, dall’aspetto<br />

poco invitante, che ribolle nei pentoloni fuori da alcuni<br />

bugigattoli. Varie persone sono sedute a sorbire la minestra,<br />

ma noi preferiamo ripiegare su un po’ di frutta.<br />

Il momento fatidico si avvicina: una crescente concitazione<br />

sfocia in un concerto di auguri e petardi. Buon anno, siamo<br />

finalmente passati dal 1391 al 1392! Ovunque la gente si<br />

abbraccia e si scambia convenevoli: siamo coinvolti da una<br />

persona che, incontrata per caso, desidera felicitarsi con noi,<br />

che volentieri contraccambiamo. Poi, esaurito il fragore dei<br />

primi istanti, ci soffermiamo con lui a scambiare qualche<br />

parola. Poco oltre ritroviamo il resto del gruppo, presso una<br />

famiglia indaffarata nel proprio picnic sulla grande distesa<br />

erbosa al centro della piazza. Tutti sono assai socievoli: alcuni<br />

colgono l’occasione per confrontarsi con degli stranieri, assai<br />

rari per via dell’assenza di turismo estero. Non di rado il<br />

colloquio inizia con la frase «cosa pensa dell’<strong>Iran</strong>». Il popolo<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

59<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

persiano è orgoglioso, ma sempre attento all’opinione che ne<br />

hanno gli altri: il problema dell’immagine internazionale di<br />

questo paese è assai sentito da tutti. Altri interlocutori ne<br />

approfittano invece per esercitarsi a parlare in inglese.<br />

Intanto la nostra famiglia ospite ha preparato il tè. Il<br />

padre trae il bollitore dal fornello e, distribuendo ad ognuno<br />

un bicchiere, ne offre a tutti. Mezz’ora più tardi ringraziamo<br />

e ci congediamo da queste squisite persone, che ci hanno<br />

consentito di trascorrere il Capodanno fra loro e come loro.<br />

La giornata prosegue con il periplo della piazza,<br />

percorrendola in senso antiorario, partendo dal lato sud ove<br />

sorge la moschea dell’Imam (di cui parlerò più diffusamente<br />

in seguito). I portici, lunghi oltre un chilometro, ospitano<br />

una parte del bazar, specializzata nelle lavorazioni dei<br />

metalli e nelle antichità. Ognuno prende una strada diversa,<br />

soffermandosi sugli articoli di proprio interesse, poiché<br />

abbondano anche altri generi di merci. Così trascorre il resto<br />

del pomeriggio, con il giorno che volge ormai all’imbrunire.<br />

Dopo il ritorno in albergo, seguito da una doccia ristoratrice<br />

e dalla cena, si prospetta l’opportunità di un’uscita notturna<br />

verso il ponte Si-o-seh. È la sera di Capodanno, moltissime<br />

persone indugiano nelle strade fino a tardi. Sul ponte,<br />

illuminato da numerosi fari di luce arancione (uno sotto<br />

ogni arcata), è addirittura difficoltoso farsi largo tra la gente.<br />

Ad un tratto un capannello di giovani, visibilmente alterati,<br />

inizia ad additare il nostro gruppo e a lanciare insulti: senza<br />

indugio allunghiamo il passo verso l’altra sponda. La guida,<br />

interpellata in proposito, non ha voluto riferire la natura<br />

delle ingiurie proferite, sostenendo che fossero «insulti<br />

non ripetibili». Purtroppo anche qui esistono l’alcolismo e<br />

la droga, fenomeni favoriti dalla crescente disoccupazione<br />

giovanile. Nonostante il divieto, l’alcool e gli stupefacenti<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

60<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

sono largamente disponibili sul mercato nero, che vede le<br />

sue principali piazze nei retrobottega e negli stretti giri di<br />

conoscenze. Anche se il proibizionismo vige per legge,<br />

secondo alcune statistiche non ufficiali l’<strong>Iran</strong> presenta, fra i<br />

paesi del Medio Oriente, un elevato consumo di alcolici pro<br />

capite. Fra la borghesia cittadina è assai diffusa l’abitudine di<br />

organizzare feste private fra le mura di casa, al riparo dagli<br />

occhi indiscreti e su invito di persone fidate. Il proibizionismo<br />

favorisce inoltre l’importazione di prodotti alcolici di bassa<br />

qualità, commercio esercitato principalmente da parte di<br />

cittadini non musulmani, in teoria non vincolati al rispetto<br />

delle prescrizioni islamiche.<br />

Preferiamo riguadagnare la riva nord del fiume<br />

attraversandone il greto secco; da questo punto si gode fra<br />

l’altro di una prospettiva assai pittoresca del ponte. Nelle<br />

vicinanze è allestita una vasta tavola simbolica del<br />

Nowruz, larga parecchi metri, dove tutti fanno la fila per<br />

mettersi in posa: vi sono esposti i già citati simboli rituali,<br />

insieme a due gigantografie degli ayatollah Khomeini e<br />

Khamenei.<br />

Si è ormai fatto tardi, dobbiamo tornare sui nostri passi:<br />

la serata, fresca e piacevole, consente un tranquillo ritorno a<br />

piedi verso l’albergo.<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

61<br />

info@lorenzorossetti.it


Giappone per caso<br />

Esfahan, mirhab della moschea del Venerdì (particolare)<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

62<br />

info@lorenzorossetti.it


Giappone per caso<br />

Capodanno in piazza Naqsh-e Jahan<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

63<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

21 marzo<br />

Esfahan imperiale<br />

L<br />

a mattina riprendiamo a piedi la strada, ormai<br />

conosciuta a memoria, fino alla piazza principale.<br />

Sul lato ovest sorge il palazzo di Ali Qapu, costruito<br />

per volere dello Scià Abbas al principio del XVII secolo. Esso<br />

si compone di sei piani e raggiunge un’altezza di circa 50<br />

m. La pianta quadrangolare e l’impiego di mattoni a vista<br />

con ampie arcate a sesto acuto gli conferiscono un’aura di<br />

possanza ed austerità, intento voluto deliberatamente da<br />

parte dei sovrani safavidi. Man mano che si salgono i piani, le<br />

stanze si fanno più larghe e decorate: qui operarono gli artisti<br />

più celebri dell’epoca, come il pittore Reza Abbasi e gli allievi<br />

della sua scuola. I motivi sono perlopiù geometrici, floreali ed<br />

a grottesca, con dei colori che tendono sovente alle tonalità<br />

pastello. Fra le strutture più evidenti del palazzo vi è la grande<br />

balconata orientale, affacciata sulla piazza e sostenuta da<br />

numerose colonne lignee di circa 20 m d’altezza. Da qui i<br />

sovrani si dilettavano a seguire le parate e le competizioni<br />

sportive che erano allestite nell’area sottostante, toccando<br />

con lo sguardo tutta la città, fino alle colline circostanti.<br />

L’ultimo piano, il sesto, ospita alcune superbe sale, fra cui<br />

quella della musica, decorata a stucco con motivi di strumenti<br />

musicali. Il resto del piano, che comprende gli ambienti di<br />

rappresentanza dello Scià, è purtroppo chiuso a causa di<br />

lavori di restauro.<br />

Tornati in basso, si raggiunge il lato sud della piazza fino<br />

alla moschea dell’Imam. Il cielo è coperto e pioviggina<br />

debolmente. L’atmosfera, assai grigia, riflette il suo colore<br />

sugli edifici. Sotto il porticato del bazar acquisto una bandiera<br />

iraniana, con la quale l’intero gruppo ha scattato una foto<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

64<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

commemorativa, dinanzi allo sguardo perplesso dei passanti.<br />

Alle nostre spalle vi è l’entrata della moschea, voluta<br />

anch’essa dallo Scià Abbas quale suggello del suo imponente<br />

piano urbanistico per la città. Edificata a partire dai primi<br />

anni del ‘600, fu completata in brevissimo tempo: verso il<br />

1629 la cupola risultava già voltata, mentre le decorazioni<br />

erano in fase avanzata di allestimento. L’ambizioso monarca<br />

poté vedere concretizzato il proprio progetto mentre era<br />

ancora in vita. Oltrepassato l’iwan d’ingresso, si svolta a<br />

destra di 45 gradi, senso nel quale è orientato il resto della<br />

costruzione. Con quest’ingegnosa soluzione gli architetti<br />

imperiali riuscirono a direzionare la moschea verso la Mecca<br />

senza creare degli sgradevoli effetti estetici rispetto alla<br />

geometria della piazza. Il grande cortile misura quasi 100<br />

metri di lato ed è incorniciato da una serie di porticati a due<br />

ordini di arcate: vi si affacciano quattro minareti alti quanto<br />

un palazzo di 14 piani. La cupola, ancora più alta, supera i 50<br />

metri. La maggior parte delle decorazioni è stata realizzata<br />

in piastrelle blu e gialle d’Esfahan, con motivi floreali ed<br />

iscrizioni tratte dal Corano. Molti particolari minori, ma di<br />

grande pregio, sono invece stati pazientemente composti per<br />

mezzo di tessere di mosaico. L’ambiente sotto la cupola non<br />

è buio nonostante il tempo nuvoloso grazie alla presenza di<br />

alcune grandi finestrature, che coadiuvano la capacità delle<br />

piastrelle di riflettere la scarsa luce ambientale. Volgendo lo<br />

sguardo verso l’alto, si può inoltre notare un curioso effetto<br />

luminoso a forma di coda di pavone sulla superficie interna<br />

della cupola.<br />

Gli iwan laterali del cortile conducono a due madrasse<br />

annesse al complesso, entrambe in disuso.<br />

La loro struttura rimane però integra, con i ricchi<br />

ornamenti che continuano a ricordare la grandezza e la<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

65<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

potenza d’un tempo: qui giungevano studenti non solo<br />

dalla Persia, ma anche dalle regioni limitrofe quali l’Impero<br />

ottomano, l’India, la Tartaria, il Turkestan ecc.<br />

Sul lato ovest della piazza sorge invece la moschea intitolata<br />

allo sceicco Lutfallah, conosciuta anche come “moschea delle<br />

Donne”. Questa è la meno appariscente e la più appartata<br />

fra le due: costruita negli stessi anni della precedente, fu<br />

destinata all’uso privato da parte della corte dello Scià<br />

Abbas. Anche gli spazi sono meno ampi della precedente, ma<br />

le opere decorative sono di altissimo livello, al punto che in<br />

molti la reputano artisticamente superiore. Si nota inoltre<br />

un particolare appariscente: l’assenza di minareti, che non<br />

furono costruiti, si dice, per non suscitare paragoni con la<br />

prospiciente moschea imperiale.<br />

Nei pressi dell’entrata si avvicina una persona sospetta,<br />

vestita in giacca e cravatta, parlando in un perfetto francese.<br />

Dopo gli abituali convenevoli di presentazione, il discorso<br />

inizia a prendere una piega diversa dal solito: con fare di finta<br />

cortesia, costui inizia a porre domande sempre più personali<br />

(«perché siete venuti in <strong>Iran</strong>», «lei che lavoro fa»).<br />

Non volendo riferire dettagli, rispondo con uno sbrigativo<br />

«siamo turisti, e io sono un impiegato». Lui incalza: «ah, un<br />

impiegato… e dove» Fornisco una risposta generica. Data<br />

la mia reticenza, l’individuo cambia argomento e passa alla<br />

politica: «cosa pensate del programma nucleare iraniano».<br />

A questo proposito avrei piacere di esprimergli un parere<br />

approfondito, ma preferisco ripiegare su un laconico «non<br />

siamo interessati alle questioni politiche».<br />

Poi, ancora non pago dell’interrogatorio, prosegue: «quali<br />

sono i principali prodotti d’esportazione dell’<strong>Iran</strong> verso<br />

l’Italia» Fingo di non sapere che il Bel Paese è il primo<br />

importatore europeo di greggio iraniano, e termino con un<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

66<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

lapidario «i pistacchi, credo…». Dopo quest’ultima battuta,<br />

complice un istante di perplessità del nostro interlocutore, ci<br />

allontaniamo con fare fulmineo, accelerando il passo verso<br />

l’ingresso della moschea dello sceicco Lutfallah.<br />

All’interno l’ambiente, piuttosto buio, è illuminato dalla<br />

luce artificiale anche di giorno. Sotto la cupola vi sono alcune<br />

finestre, ornate con motivi in pietra, assai decorative ma<br />

poco funzionali. Il colore predominante della volta è il giallo<br />

oro, contrariamente al blu della moschea dell’Imam. Se qui<br />

risaltano i particolari e le cesellature, nell’altra predominano<br />

invece le grandi volumetrie e le superfici estese. Di nuovo<br />

all’esterno, le pozzanghere della piazza riflettono il cielo<br />

azzurro tra le nuvole bianche: il tempo sta volgendo al bello<br />

e, nel giro di qualche decina di minuti, il sole inizia a scaldare<br />

l’atmosfera. Esfahan è posizionata alla latitudine di Tripoli:<br />

complice un clima di matrice continentale, le variazioni<br />

meteorologiche di questo periodo dell’anno possono<br />

costringere in breve tempo al passaggio dall’impermeabile<br />

alle maniche di camicia.<br />

In cinque minuti di cammino si arriva al palazzo di<br />

Chehel Sotun, anche detto delle “40 colonne”. Il complesso,<br />

che annovera un padiglione circondato da un ampio<br />

giardino, fu voluto dallo Scià Abbas II (1632–1666) come<br />

luogo di rappresentanza e di svago, oltre ad essere una valida<br />

alternativa estiva al più opprimente palazzo di Ali Qapu.<br />

All’entrata si scorge il fantoccio d’un personaggio vestito<br />

di rosso, con un alto cappello del medesimo colore, il volto<br />

pitturato di nero ed un tamburello in mano: si tratta di un Haji<br />

Firuz, l’araldo del Nowruz, che ha il compito di percorrere le<br />

contrade della città annunciando l’arrivo dell’anno nuovo,<br />

recitando brevi sentenze, filastrocche e canzoni per rallegrare<br />

l’umore in occasione della festa. Si ritiene questa figura<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

67<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

derivi dagli antichi custodi dei templi del fuoco che, vestiti<br />

anch’essi di rosso, presiedevano le cerimonie dell’equinozio<br />

di primavera.<br />

Costeggiando il viale lungo l’ampia vasca della fontana,<br />

si raggiunge l’edificio principale, dotato di un porticato<br />

sostenuto da 20 pilastri lignei. Il nome delle “40 colonne”<br />

è dovuto all’aspetto che assume il palazzo riflettendosi<br />

nell’antistante bacino artificiale. All’interno è presente una<br />

serie di affreschi raffiguranti battaglie e momenti della vita di<br />

corte d’epoca safavide. Gli stili artistici sono assai differenti:<br />

in alcune opere è distinguibile un chiaro influsso centroasiatico<br />

e mongolico, mentre in altre si riscontrano dei canoni<br />

derivanti dall’arte indiana, mentre in altre ancora figurano<br />

reminescenze europee.<br />

Da qui il gruppo si divide per proseguire liberamente<br />

l’itinerario. Rimasti in due, torniamo verso la piazza<br />

principale per dedicare la giusta attenzione al bazar. Una<br />

difficoltà consiste nel distinguere gli oggetti antichi dalle<br />

riproduzioni contemporanee, spacciate per autentiche:<br />

un esempio riguarda i coltelli, talvolta invecchiati ad<br />

arte mediante ossidazioni, battiture e bruniture. Alcuni<br />

negozianti vorrebbero addirittura vendervi il coltello “del<br />

proprio nonno”, in realtà fabbricato la settimana precedente.<br />

Gli oggetti si possono però distinguere e valutare facilmente:<br />

alcuni venditori, che inizialmente hanno tentato di spacciare<br />

un coltello come «risalente all’epoca safavide», sono in<br />

seguito stati costretti ad ammettere che l’oggetto era nuovo.<br />

Per gli articoli di un certo valore si può invece tentare la<br />

contrattazione, ma il prezzo non scenderà sensibilmente:<br />

se tentate di giocare eccessivamente al ribasso su un pezzo<br />

importante, potreste essere messi alla porta senza troppi<br />

complimenti. A tal proposito, ad un membro del nostro<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

68<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

gruppo è accaduto che, dopo un’offerta troppo bassa per<br />

un coltello autentico, il negoziante abbia opposto un ferreo<br />

«no», chiudendo la trattativa e riponendo l’oggetto sugli<br />

scaffali: l’anziano e battagliero bazari non ha voluto cedere<br />

di un millimetro. La parte più interna del bazar, il cui accesso<br />

è situato sul lato settentrionale della piazza, si sviluppa in<br />

un dedalo di stradine, piazzette e caravanserragli in cui, con<br />

un po’ di pazienza, si può anche scovare l’abile artigiano del<br />

metallo oppure la vera antichità d’epoca cagiara o safavide.<br />

Durante la visita è necessario porre attenzione ai frequenti<br />

borseggiatori, adottando tutte le precauzioni in merito (un<br />

membro del nostro gruppo ne ha fatto le spese, o meglio,<br />

qualcun altro s’è fatto la spesa al posto suo).<br />

Siccome la giornata si è progressivamente rasserenata<br />

dopo la pioggia mattutina, cogliamo l’occasione per tornare<br />

alla Moschea dell’Imam per scattare qualche fotografia<br />

con una luce migliore: ora le cupole, le logge e gli iwan,<br />

interamente decorati a piastrelle e tessere di mosaico,<br />

brillano d’un colore saturo che varia dal predominante blu<br />

al giallo, al bianco e al verde. Riguadagniamo poi la piazza,<br />

soffermandoci per una ventina di minuti su una panchina<br />

ad osservare la folla. Il sole tramonta dietro il palazzo di Ali<br />

Qapu, ed in breve tempo l’aria si raffredda, costringendoci<br />

ad indossare la giacca. Prima di rientrare ci rechiamo ancora<br />

una volta al negozio dell’anziano bazari, azzardando una<br />

nuova offerta per il coltello: il proprietario si lascerà ora<br />

convincere Nulla da fare: è irremovibile.<br />

Torniamo sui nostri passi: nella strada che s’immette sul<br />

lato sud-ovest della piazza vi è la bottega di un artigiano<br />

miniaturista di fama internazionale (Hossein Fallahi), le cui<br />

creazioni sono senz’altro da ammirare, se non da acquistare.<br />

L’arte della miniatura, con almeno otto secoli di storia alle<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

69<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

spalle, è assai tradizionale in <strong>Iran</strong> e spazia su molteplici stili<br />

che si sono affermati nel corso d’epoche differenti. Anche in<br />

questo campo si possono di volta in volta distinguere chiari<br />

influssi mongoli, indiani, turchi ed europei. L’artista di cui<br />

stiamo osservando le opere, degno erede di Reza Abbasi,<br />

aderisce principalmente alla scuola d’ispirazione classica,<br />

temperata da tratti e motivi centro-asiatici. Anche se lui non<br />

è presente di persona (la figlia ci informa che è in viaggio di<br />

lavoro negli Stati Uniti), la sua scuola è sempre frequentata<br />

dagli allievi. Questi ultimi si cimentano alacremente nella<br />

produzione di miniature, pur pregevoli, che però non reggono<br />

il confronto con quelle del maestro.<br />

Ormai fa buio: costeggiando i giardini del palazzo di Ali<br />

Qapu e la scuola teologica Chahar Bagh, si raggiunge l’albergo<br />

per un attimo di riposo dopo l’intera giornata trascorsa a<br />

camminare. Poi, di nuovo in strada: sul percorso verso il<br />

ristorante sostiamo presso il caravanserraglio dello<br />

Scià Hussein, costruito a cavallo tra il ‘600 e il ‘700 per<br />

fornire un adeguato riparo ai mercanti delle vie carovaniere.<br />

Fu restaurato negli anni ‘50 dall’architetto francese Godard<br />

(lo stesso che ideò il mausoleo di Hafez a Shiraz) per essere<br />

destinato ad ospitare un hotel di lusso. Questo è uno dei<br />

pochi giorni dell’anno in cui la visita è consentita anche ai<br />

visitatori esterni, poiché solitamente è accessibile solo da<br />

parte dei clienti. La facciata esterna non lascia intuire ciò<br />

che è celato poco oltre: varcata la soglia ed attraversata la<br />

hall, un’apertura s’immette nel giardino curatissimo e ricco<br />

di fiori e piante, da dove si può apprezzare adeguatamente<br />

la struttura del caravanserraglio, ampia e ben proporzionata.<br />

Sotto una debole pioviggina si raggiunge la piazza Naqsh-e<br />

Jahan ove è previsto l’incontro con il resto del gruppo. Questa<br />

condizione meteorologica crea un effetto ancor più pittoresco<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

70<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

per via del riflesso delle luci variopinte sul selciato: nell’attesa<br />

di tutti mi soffermo a scattare qualche fotografia notturna. La<br />

guida s’incammina in mezzo ad una folla assai fitta, fino al<br />

lato nord della piazza: ad un tratto la fiumana di persone si<br />

dirada e ci ritroviamo, quasi senza accorgercene, nel cuore<br />

del vecchio bazar, dove le botteghe sono ormai chiuse. Ci<br />

fermiamo un instante: il conto dei presenti non torna…<br />

qualcuno s’è perso durante il tragitto. Mentre la guida torna<br />

a cercare i latitanti, noi rimaniamo ad ingannare il tempo<br />

sotto il porticato deserto, illuminato da un fioco lampione.<br />

Le luci e la vita della piazza, pur non distanti, paiono lontani<br />

chilometri. Dal buio appare ogni tanto qualche passante, che<br />

prosegue per la strada polverosa senza neppure notare la<br />

nostra presenza. Finalmente, dopo una ventina di minuti, i<br />

ritardatari s’intravvedono all’orizzonte. Dopo un altro tratto<br />

di strada, non brevissimo, si annuncia finalmente l’ingresso<br />

del “Malek Sultan Jarchi Bashi”, un locale ricavato dentro<br />

un antico hammam restaurato ad arte. Il menù è simile a<br />

quello degli altri ristoranti, ma la preparazione del cibo è<br />

assai curata. La struttura del vecchio bagno turco non è stata<br />

stravolta, rimanendo fortunatamente com’era un tempo:<br />

dai padiglioni alle vasche, tutto è stato recuperato e lasciato<br />

dov’era. Transitando di sala in sala è addirittura necessario<br />

prestare attenzione ai propri passi per non ritrovarsi gambe<br />

all’aria dentro una piscina, piena o vuota. In alcune salette<br />

laterali, un tempo dedicate ai bagni di vapore, si può cenare<br />

alla maniera tradizionale persiana, seduti per terra su dei<br />

cuscini, servendosi da un grande tappeto apparecchiato. I<br />

tavoli normali, fra cui il nostro, costituiscono la maggioranza<br />

dei posti a sedere. Fra le portate classiche vi è il baghali polo,<br />

riso con aneto e fave, che può essere accompagnato da carni ed<br />

altre pietanze. Se presentato come piatto a sé, può facilmente<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

71<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

assumere la forma di timballo o di palla. Oltre alla consueta<br />

carne alla griglia (perlopiù bovini e volatili da cortile), vi sono<br />

anche gli stufati che si abbinano al riso bianco (chelo) oppure<br />

al riso cotto con altri ingredienti (polo).<br />

Terminato il pasto, si ritorna per la medesima via verso<br />

la piazza principale. Sono circa le dieci di sera e le persone<br />

in circolazione sono scarse. La prospettiva notturna,<br />

assai suggestiva, evidenzia i volumi ed i colori degli edifici<br />

illuminati: la moschea dell’Imam, quella dello sceicco<br />

Lutfallah ed il palazzo di Ali Qapu. Anziché utilizzare un taxi,<br />

preferiamo tornare verso l’albergo a piedi. Data l’ora tarda,<br />

la guida si raccomanda di non indugiare lungo il percorso,<br />

anche se le città iraniane non sono più pericolose di quelle<br />

europee. La giornata termina transitando nuovamente dal<br />

caravanserraglio dello Scià Hussein, per consentirne la visita<br />

anche a chi fra noi non era presente all’andata.<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

72<br />

info@lorenzorossetti.it


Giappone per caso<br />

Esfahan, moschea dell’Imam<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

73<br />

info@lorenzorossetti.it


Giappone per caso<br />

Cupola della moschea dello sceicco Lutfallah<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

74<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

22 marzo<br />

Villaggi, impianti nucleari e città sante<br />

D<br />

i buon mattino, l’autobus attende il gruppo per<br />

affrontare la lunga tratta di 500 km in direzione della<br />

capitale Tehran. L’autostrada corre attraverso il deserto piatto<br />

e roccioso, costellato di cespugli secchi e spinosi. Inizialmente<br />

si viaggia verso nord-est per 130 km, poi si costeggiano le<br />

falde del monte Karkas, di quasi 4000 m d’altitudine, che<br />

si vede nitidamente da una piazzuola di servizio. Da questo<br />

punto la strada svolta di 90 gradi in direzione nord-ovest, con<br />

la catena dei monti Zagros ad ovest ed il Grande Deserto<br />

Salato (Dasht-e Kavir) dalla parte opposta. Non distante si<br />

scorgono alcune installazioni militari, fra cui una batteria<br />

contraerea dotata di quattro cannoni mascherati con teli<br />

mimetici: siamo ormai in prossimità di alcuni siti strategici<br />

del programma nucleare iraniano.<br />

Ad un bivio dopo Natanz si lascia il percorso principale<br />

in pianura per raggiungere, dopo numerosi tornanti, il<br />

villaggio di Abyaneh, ad oltre 2200 m sul livello del mare.<br />

Quest’insediamento presenta delle peculiarità sociali ed<br />

antropologiche ormai scomparse nel resto del paese. Si<br />

narra che la comunità che lo abita fosse stata costretta<br />

a rifugiarsi su queste montagne ai tempi dell’invasione<br />

musulmana, conservando nei secoli alcune usanze<br />

antichissime, addirittura di origini sassanidi e preislamiche.<br />

Queste popolazioni montane sono sempre state bellicose<br />

e refrattarie nei confronti delle orde che sono transitate<br />

attraverso le pianure sottostanti: una situazione che<br />

presenta molte affinità con quella dei berberi marocchini.<br />

Le case, costruite in legno e fango rosso, sono adagiate su<br />

un clivo esposto a mezzogiorno, in un contesto di montagne<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

75<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

brulle e rocciose. Verso il fondovalle e lungo i corsi d’acqua<br />

crescono anche piante ad alto fusto (principalmente pioppi)<br />

e qualche orto di sussistenza. Raggiunto l’unico parcheggio e<br />

lasciatovi l’autobus, si prosegue a piedi per le strette strade<br />

in terra battuta. Un chiosco vende pane appena sfornato e<br />

tè caldo, assai graditi, dato il vento freddo e pungente. Oltre<br />

la popolazione locale vi sono alcuni turisti, esclusivamente<br />

iraniani. Probabilmente sono abitanti di Tehran che, diretti<br />

a Esfahan o a Shiraz per le vacanze, hanno effettuato questa<br />

digressione.<br />

Il panorama urbanistico di Abyaneh è piuttosto modesto<br />

ma tutte le costruzioni, anche quelle più simili a catapecchie<br />

che case, sono dotate di gas metano. Nei giardini celati dietro<br />

ai muretti a secco iniziano a fiorire i pruni e gli albicocchi,<br />

che conferiscono al paesaggio delle macchie bianche e rosa,<br />

ben armonizzate con il rosso della terra e delle rocce. Salendo<br />

sulla collina retrostante, la vista si apre su tutta la vallata, sul<br />

villaggio e, più in lontananza, sui monti spolverati di neve:<br />

un panorama che ricorda fortemente quello delle alte vallate<br />

himalayane. All’inverso è presente la mole di un antico forte<br />

sassanide, di cui si conservano solo le mura perimetrali. In<br />

lontananza, sui versanti alle nostre spalle, alcuni pastori<br />

menano al pascolo le loro pecore. Le donne indossano il<br />

costume tipico di questa regione, che include un grosso<br />

foulard bianco, decorato con motivi floreali.<br />

Da Abyaneh si ripercorrono in senso opposto i circa trenta<br />

chilometri (venti di tornanti) per riprendere l’autostrada n.7<br />

in direzione nord. Lungo il percorso verso Kashan, si transita<br />

non lontano dal sito nucleare di Natanz, dotato di varie<br />

migliaia di centrifughe per l’arricchimento dell’uranio. Gli<br />

edifici sono ben visibili dalla strada, ma dall’esterno appaiono<br />

come un complesso di capannoni industriali: la maggior<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

76<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

parte degli spazi operativi di 50.000 m² si colloca parecchi<br />

metri sotto il livello del suolo.<br />

Il programma nucleare iraniano non rappresenta<br />

una velleità esclusiva dell’attuale regime: già nel 1974 lo<br />

scià Reza Pahlavi costituì l’Organizzazione iraniana per<br />

l’energia atomica, finalizzata alla costruzione di reattori per<br />

la produzione di energia elettrica. Negli anni successivi alla<br />

rivoluzione islamica il progetto venne trascurato, per essere<br />

successivamente ripreso dopo la fine della guerra con l’Iraq.<br />

A partire dagli anni ’90, con gli occidentali ormai assenti da<br />

oltre un decennio, l’<strong>Iran</strong> si è avvicinato alla Russia, che ha<br />

fornito la tecnologia per il primo reattore a scopo civile del<br />

paese (Bushehr I, un VVER-1000 connesso alla rete nel 2011).<br />

Le problematiche politiche attuali non riguardano tanto gli<br />

impianti per il funzionamento delle centrali elettronucleari,<br />

che operano sotto l’egida dell’Agenzia Internazionale per<br />

l’Energia Atomica, bensì quelli che potrebbero essere<br />

potenzialmente utilizzati per la produzione di materiale<br />

bellico. L’<strong>Iran</strong> non ha però intenzione d’innescare alcuna<br />

guerra (dalla quale uscirebbe annientato), semmai è vero il<br />

contrario: mediante l’effetto deterrente creato dalla minaccia<br />

del possesso delle armi atomiche, esso persegue una politica<br />

volta a conquistare il tanto agognato ruolo di potenza<br />

regionale del Medio Oriente, che in passato gli è sempre stato<br />

negato dalle nazioni imperialiste.<br />

Ultimamente, dopo l’elezione alla presidenza del moderato<br />

Hassan Rohani al posto di Mahmud Ahmadinejad (agosto<br />

2013), la comunità internazionale ha iniziato a riallacciare i<br />

rapporti con l’<strong>Iran</strong>, coinvolgendolo nei colloqui sulla questione<br />

siriana e sullo Stato Islamico (ISIS). In contemporanea, il<br />

nuovo presidente ha annunciato notevoli aperture sul fronte<br />

della denuclearizzazione. Se il ruolo dell’<strong>Iran</strong> continuerà<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

77<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

ad essere riconosciuto dalle altre nazioni, la rilevanza del<br />

programma nucleare decrescerà progressivamente. In caso<br />

contrario, Tehran potrà tornare facilmente a perseguire una<br />

politica aggressiva. Da un punto di vista geopolitico non si<br />

comprende inoltre perché l’<strong>Iran</strong>, se si dotasse della bomba<br />

atomica, possa costituire una minaccia maggiore rispetto ai<br />

nove stati che già la possiedono (fra cui Pakistan, Cina, Corea<br />

del nord e altri). Non mi si fraintenda, non sto avallando alcuna<br />

corsa agli armamenti. Personalmente auspico l’abolizione<br />

di qualsiasi ordigno nucleare, in ogni luogo: sempre vivo è<br />

dentro di me il ricordo del sacrario di Hiroshima in Giappone,<br />

lugubre monito di un’inutile strage che non s’ha da ripetere.<br />

Da parte sua, l’<strong>Iran</strong> ha ribadito il diritto all’arricchimento<br />

dell’uranio per scopi pacifici, in ossequio al Trattato di non<br />

Proliferazione Nucleare, di cui è firmatario. Il governo ha<br />

inoltre dichiarato di aver costantemente adempiuto agli<br />

obblighi internazionali sanciti dall’Agenzia Internazionale<br />

per l’Energia Atomica.<br />

Il viaggio prosegue in questo soleggiato pomeriggio<br />

sull’autostrada n.7 fino alla periferia di Kashan (ab. 250.000,<br />

alt. 1600 m). La città è nota non solo per i giardini e le dimore<br />

storiche, ma anche per i notevoli ritrovamenti archeologici<br />

delle colline di Sialk, pochi chilometri fuori dall’agglomerato<br />

urbano (che per mancanza di tempo non abbiamo avuto<br />

modo di visitare). I reperti comprendono numerose terraglie<br />

decorate d’epoca preistorica, ora conservate al museo<br />

nazionale di Tehran, mentre sul luogo rimangono i resti di<br />

una costruzione a forma di ziggurat. Attraverso delle strade<br />

sterrate di campagna raggiungiamo i giardini Fin, fra i<br />

meglio conservati di Persia.<br />

Commissionati dallo Scià Abbas nel 1590, furono in<br />

seguito ingranditi dal nipote Abbas II. Intorno alla metà<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

78<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

del XIX secolo, il sovrano cagiaro Fath Ali volle ampliarli<br />

ulteriormente, aggiungendo alcuni elementi della propria<br />

epoca all’originario stile safavide. L’area copre oltre due<br />

ettari piantumati con cipressi, inframmezzati da viali, prati<br />

ed aiuole fiorite. Grande rilevanza è riservata all’elemento<br />

acquatico: una sorgente situata a monte alimenta una rete<br />

di canali, vasche e fontane, che si fanno strada attraverso<br />

i percorsi lastricati e la vegetazione. L’ambiente ricorda<br />

in modo assai fedele il concetto di Paradiso espresso nel<br />

Corano: «Iddio annuncia la lieta novella a coloro che hanno<br />

creduto e compiuto il bene: saranno padroni di giardini<br />

dove scorrono ruscelli» (Sura II, ver. 25). Che sia focalizzato<br />

sull’aspetto architettonico o su quello naturalistico, situato in<br />

un contesto pubblico o privato, di stile classico o moderno, il<br />

giardino persiano segue sempre uno schema fondamentale: la<br />

pianta è generalmente divisa in quattro quadranti, delimitati<br />

da camminamenti o da corsi d’acqua. Nel centro trova posto<br />

una fontana, mentre verso il fondo, sul lato opposto rispetto<br />

all’entrata, sorge un palazzo od un padiglione. I giardini Fin<br />

sono un raro esempio ancora esistente di chahar bagh, il<br />

giardino privato di tipo formale, un tempo accessibile solo<br />

dal padrone di casa e dai suoi ospiti.<br />

È metà pomeriggio, il sole è caldo e intenso. Dopo una<br />

breve sosta all’ombra delle piante per riposare qualche<br />

minuto, riprendiamo la strada in direzione della Casa<br />

Borujerdi, residenza di un ricco mercante, commissionata<br />

nel 1857 ad un famoso architetto dell’epoca. Oltrepassato<br />

l’ingresso, si apre un passaggio che conduce ad un cortile<br />

chiuso sui quattro lati. Nel centro vi è una fontana, circondata<br />

da alcune aiuole fiorite secondo lo schema testé descritto. Lo<br />

stile architettonico è quello caratteristico del periodo cagiaro:<br />

l’ampio porticato è sormontato da una facciata riccamente<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

79<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

elaborata con stucchi e laterizi. Gli esterni presentano<br />

tonalità avorio e mattone chiaro, mentre all’interno si svela<br />

una serie di affreschi variopinti con soggetti umani e motivi<br />

a grottesca. Fra i bassorilievi spicca il tema degli animali<br />

reali e fantastici: si riconoscono leoni, draghi, tori e cani,<br />

ivi compresa la classica rappresentazione del leone che<br />

aggredisce il toro, simbolo del rinnovamento perpetuo e<br />

della vittoria delle forze del bene su quelle del male. Sul tetto<br />

svettano i bad gir, camini per la ventilazione forzata della<br />

dimora. Prima di riprendere la strada sorseggiamo un tè<br />

bollente, che sarà d’aiuto per rimanere vigili fino al termine<br />

della giornata. All’approssimarsi di Qom il paesaggio diventa<br />

sempre più verde e pianeggiante, con la presenza di campi<br />

coltivati estensivamente. Alcuni pastori portano al pascolo le<br />

greggi di pecore e capre sulla striscia d’erba che intercorre<br />

tra l’autostrada e gli appezzamenti agricoli, larga una decina<br />

di metri. Il viaggio da Kashan dura da circa un’ora e mezza e<br />

ormai s’intravvede l’urbanizzazione di Qom (ab. 1.000.000,<br />

alt. 900 m), città santa della fede sciita. Le numerose<br />

madrasse ed i seminari sono popolati da decine di migliaia di<br />

studenti convenuti da tutto il mondo musulmano. Molte sono<br />

le figure religiose legate a questo luogo, prima fra tutte quella<br />

dell’Imam Khomeini, che qui spese gran parte della propria<br />

vita (quando non era in esilio), di cui si conserva ancora<br />

la casa. Il principale punto d’interesse, centro spirituale e<br />

materiale della città, è il mausoleo di Fatima Masumeh,<br />

figlia dell’Imam Musa al-Kazim e sorella dell’Imam Ali Reza.<br />

Costruito inizialmente nel IX secolo, fu in seguito distrutto<br />

dalle orde mongole e ricostruito nelle forme attuali nel XVI<br />

secolo, in epoca safavide, dopo l’adozione dello sciismo come<br />

religione di Stato. I pinnacoli del mausoleo si scorgono già<br />

da lontano. Lasciato l’autobus e rimasti a piedi, la guida<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

80<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

raccomanda di non perdere l’orientamento attraverso la calca<br />

assai fitta. Per le donne non è sufficiente il consueto foulard:<br />

prima di accedere al santuario viene loro fornito un lungo<br />

telo per coprirsi da capo a piedi, formalità che ha attirato la<br />

divertita attenzione degli altri pellegrini. Un guardiano del<br />

santuario, verificato l’abbigliamento ortodosso, acconsente a<br />

guidarci oltre il cancello. Il grande cortile, strutturato come<br />

spazio di preghiera, è utilizzato in occasione delle ricorrenze<br />

più importanti e costituisce l’unica parte del complesso<br />

accessibile dai visitatori non sciiti. Siamo condotti fino alla<br />

soglia del portale interno, il cui iwan è ricoperto di lamine<br />

d’oro e di mosaici. Da questo punto non possiamo spingerci<br />

oltre, e torniamo sui nostri passi.<br />

Qom è anche nota per essere la città natale di Hassan-i<br />

Sabbah (ca. 1050–1124), fondatore dell’ordine dei<br />

Nizariti, seguaci dell’Aga Khan. Questa corrente<br />

eterodossa è minoritaria nell’ambito sciita, ma prevalente<br />

fra gli Ismailiti. Mentre questi ultimi sono generalmente<br />

d’osservanza settimana, ovvero ritengono che la successione<br />

degli Imam storici termini al settimo e non al dodicesimo<br />

discendente del lignaggio, i Nizariti ritengono invece che la<br />

successione degli Imam non abbia subìto alcuna interruzione<br />

fino ai giorni nostri, riconoscendo l’Aga Khan come proprio<br />

attuale rappresentante. Nel corso dei secoli il suo ruolo si<br />

è progressivamente mondanizzato, per diventare in tempi<br />

recenti un capitano d’industria fra i più ricchi al mondo,<br />

assiduo frequentatore di salotti e uomini politici di caratura<br />

internazionale.<br />

Ormai sono circa le sette di sera, su Qom il sole è già<br />

tramontato. Tehran dista più di 150 chilometri (almeno<br />

due ore di viaggio alla nostra andatura). Difficile pensare<br />

di trovare, una volta arrivati a destinazione, un ristorante<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

81<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

ancora disposto a servire la cena: preferiamo sostare lungo<br />

l’autostrada presso una stazione di servizio, analoga ad<br />

un nostro autogrill, con un ricco self service comprendente<br />

antipasti, zuppe, carni, verdure e dolci. Dopo l’ottimo pasto<br />

si affronta l’ultimo tratto di strada: calate le tenebre, il<br />

paesaggio avvolto nella fitta oscurità non lascia più scorgere<br />

alcun particolare, tranne il lungo nastro d’asfalto, illuminato<br />

dai lampioni fino all’orizzonte. Il resto del viaggio trascorre<br />

sonnecchiando fino ai primi sobborghi di Tehran, che si<br />

annunciano con le luci dell’aeroporto, seguite dal mausoleo<br />

dell’Imam Khomeini ed infine dall’agglomerato urbano della<br />

metropoli.<br />

Il nostro albergo, l’hotel Enghelab, risale agli anni settanta<br />

e, pur pulito e spazioso, presenta gli inevitabili segni del<br />

tempo. Pare di essere tornati ai tempi dello Scià quando in<br />

queste strutture, allora classificate di lusso, venivano ospitati<br />

diplomatici, industriali ed affaristi stranieri. Di tutto ciò<br />

rimangono a testimonianza dei grandi saloni vuoti, sovrastati<br />

da monumentali lampadari spenti e camere arredate come<br />

quarant’anni fa. In compenso la sistemazione è tranquilla:<br />

fra gli interventi di ammodernamento, i serramenti sono<br />

stati recentemente rinnovati con materiale antirumore.<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

82<br />

info@lorenzorossetti.it


Giappone per caso<br />

Veduta del villaggio di Abyaneh<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

83<br />

info@lorenzorossetti.it


Giappone per caso<br />

Il mausoleo di Fatima Masumeh a Qom<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

84<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

23 marzo<br />

Tehran: ultimo giorno tra musei e montagne<br />

I<br />

l ristorante dell’hotel, situato al sedicesimo piano, è<br />

dotato di una piattaforma girevole che funziona solo di<br />

sera. Adesso, all’ora di colazione, è ferma. Il panorama che si<br />

ha da questa stanza spazia a 360 gradi sui dintorni: 70 km ad<br />

est s’innalza la piramide vulcanica perennemente innevata<br />

del monte Damavand (5610 m). A nord si estende la catena<br />

dei monti Alborz (circa 4000 m d’altitudine), che divide la<br />

conca di Tehran dal Mar Caspio, distante circa 100 chilometri<br />

in linea d’aria. Ai piedi delle montagne si situano i quartieri<br />

settentrionali, tradizionalmente abitati dalla borghesia e<br />

dalle classi abbienti (industriali, professionisti, dirigenti<br />

e politici). In direzione nord-est spicca la forma affusolata<br />

della torre Milad, che con i suoi 435 m d’altezza è una delle<br />

costruzioni più alte del mondo: un’ardita sfida ingegneristica<br />

in un territorio fortemente sismico. Verso la pianura (a sud)<br />

si estendono invece i numerosi quartieri popolari. Ovunque<br />

si guardi, risulta estremamente difficile scorgere un minareto<br />

od una moschea, così comuni nelle città degli altri paesi<br />

musulmani: anche i richiami alla preghiera sono rarissimi ad<br />

udirsi.<br />

La colazione, di stile continentale, è varia ed abbondante.<br />

La prima meta della giornata è il Museo Nazionale iraniano,<br />

che contiene la più vasta raccolta al mondo di reperti d’arte<br />

persiana dalla preistoria in poi. La zona in cui esso sorge, pur<br />

centrale, è moderna e presenta numerosi esempi d’architettura<br />

razionalista: verso la metà degli anni Trenta fu Reza Scià<br />

(1878–1944) ad ordinare lo sventramento di parte del centro<br />

storico per far posto a questo nuovo quartiere direzionale.<br />

Egli considerava l’antico impianto della città come un<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

85<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

ostacolo alla realizzazione del suo progetto per una capitale<br />

al passo coi tempi. Quegli anni non furono forieri solamente<br />

d’innovazioni urbanistiche, ma anche di cambiamenti<br />

culturali: il nuovo monarca, d’estrazione militare, dopo aver<br />

rovesciato la decadente dinastia cagiara, bandì le espressioni<br />

della “vecchia cultura”, considerata antiquata e inadatta al<br />

XX secolo. Per sua espressa volontà, il nome dello Stato mutò<br />

da «Persia» in «<strong>Iran</strong>», antico toponimo dal significato di<br />

“paese degli ariani”. Similmente al contemporaneo Atatürk,<br />

egli volle avviare un processo di laicizzazione della società, ma<br />

non seppe conciliare le velleità di modernizzazione con una<br />

politica che gli assicurasse l’appoggio della popolazione. Fra<br />

i suoi principali errori vi fu quello di sottovalutare il legame<br />

tra clero e classe mercantile, motore economico del paese.<br />

Quando nel 1928 Reza Scià umiliò pubblicamente un alto<br />

prelato di Qom, la frattura tra monarchia e società produttiva<br />

poté dirsi insanabile. Nell’arco di pochi anni la fortuna del<br />

sovrano dal pugno di ferro decadde e, abbandonato anche<br />

dagli alleati stranieri per sospette simpatie fasciste (in realtà<br />

per via dell’intransigenza sulle concessioni petrolifere), fu<br />

deposto ed esiliato in Sudafrica. Al suo posto fu insediato il<br />

figlio Mohammed Reza (1919–1980), considerato più duttile<br />

nei confronti delle potenze occidentali.<br />

A Reza Scià sopravvissero molte opere concrete da lui<br />

concepite, come il Museo Nazionale iraniano, costruito<br />

dall’architetto francese André Godard in un misto di stile<br />

razionalista e tradizionale. Il percorso espositivo inizia dalla<br />

preistoria, con una rassegna di manufatti di terracotta,<br />

idoli, armi e figure antropomorfe datate tra il 7000 e il 1000<br />

a.C. Su alcuni oggetti susiani ed elamiti sono chiaramente<br />

riconoscibili degli animali, fra cui uno stambecco con le sue<br />

lunghe corna arcuate, ma anche altri ungulati e bovini, simbolo<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

86<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

della transizione a metodi di agricoltura ed allevamento più<br />

efficienti. Con l’entrata nella storia, intorno al VII secolo a.C.,<br />

si riscontrano le prime produzioni artistiche classiche d’epoca<br />

achemenide, con la successiva assimilazione di canoni greci,<br />

babilonesi e indiani, dovuta all’espansione dell’impero<br />

persiano. Di questo periodo è notevole il cosiddetto “cilindro<br />

di Ciro”, un editto in caratteri cuneiformi, che il sovrano<br />

promulgò nei confronti dei babilonesi, in seguito alla presa<br />

della loro città. Esso è stato interpretato da alcuni storici<br />

come una dichiarazione dei diritti dell’Uomo ante litteram,<br />

poiché i vinti sono trattati con grande tolleranza. A loro è<br />

stato concesso di mantenere la propria cultura, la propria<br />

religione e le proprie consuetudini. Dalle parole dello stesso<br />

Ciro: «Il mio grande esercito ha marciato pacificamente su<br />

Babilonia e l’intero paese non ha avuto nulla da temere. Ho<br />

rispettato la città di Babilonia e tutti i suoi santuari. [...] io<br />

sono stato in grado di far vivere tutte le terre in pace».<br />

Quale grande stratega, egli era conscio che si governano<br />

meglio i popoli trattati con magnanimità che quelli<br />

oppressi. Fra gli altri reperti achemenidi spicca un grande<br />

bassorilievo in basalto raffigurante l’imperatore, circondato<br />

dai suoi dignitari, mentre riceve l’omaggio del re di Media,<br />

tradizionale alleato dei persiani. Poco oltre vi sono i resti di<br />

una statua colossale con il volto del monarca e il corpo dalle<br />

fattezze leonine, alla maniera assiro-babilonese. È presente<br />

inoltre una colonna, proveniente dal sito di Persepoli, che<br />

reca un capitello taurino di puro stile achemenide.<br />

Proseguendo nel percorso espositivo e nelle epoche, un<br />

baffuto guerriero partico di grandezza superiore al naturale<br />

scruta i visitatori col suo sguardo immobile. Un secolo più tardi<br />

avverrà in territorio persiano l’islamizzazione: l’arte cambierà<br />

allora radicalmente, lasciando uno spazio sempre maggiore<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

87<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

ai temi religiosi, all’architettura sacra e alle composizioni<br />

astratte. Anche se l’Islam è generalmente iconoclasta, tale<br />

assunto non è sempre stato rispettato con rigore. Nel corso<br />

della storia si sono avute varie rappresentazioni di santi,<br />

profeti, angeli, personaggi biblici e addirittura dello stesso<br />

Maometto, perlopiù sottoforma di miniature a corredo delle<br />

Sacre Scritture.<br />

Verso l’uscita si può vedere una copia del Codice di<br />

Hammburabi, il cui originale, scoperto nel 1901 a Susa, è oggi<br />

conservato al museo del Louvre di Parigi.<br />

Non distante dal museo nazionale vi è il museo dei vetri<br />

e delle ceramiche. Esso è ospitato in una vecchia villa<br />

d’epoca cagiara, riconvertita in spazio espositivo negli anni<br />

‘70 per volere dell’imperatrice Farah Diba. Dal pianterreno la<br />

visita inizia con una rassegna di oggetti, recipienti e bottiglie<br />

risalenti agli albori preistorici dell’arte vetraria e della<br />

ceramica, passando poi al periodo achemenide e a quello<br />

sassanide, epoche in cui furono perfezionate le tecniche di<br />

modellazione della creta, della soffiatura e del taglio del vetro.<br />

Al secondo piano trova posto la collezione d’epoca islamica,<br />

con fini esempi di cesellature in oro e turchesi, recanti<br />

iscrizioni sacre, poemi e miniature. Anche in quest’ambito<br />

si può distinguere la successione cronologica degli stili; in<br />

particolare si notano le influenze esogene dovute ai contatti<br />

della Persia con le altre culture: fra le opere di questo tipo<br />

spiccano quelle d’influenza mongolica dell’epoca ilkhanide<br />

(sec. XIII).<br />

Il museo dei tappeti non dista che qualche minuto<br />

d’autobus. La manifattura del tappeto è un’antichissima arte<br />

persiana riconducibile, secondo le indagini archeologiche,<br />

all’età del bronzo.<br />

Di quell’epoca si sono conservati pochi esemplari per via<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

88<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

della delicatezza dei tessuti utilizzati, principalmente lana e<br />

cotone. La maggior parte dei tappeti esposti risale al periodo<br />

compreso tra l’epoca selgiuchide e quella cagiara (secoli<br />

XIII–XIX), con un’esaustiva rassegna di tecniche di tessitura<br />

e di decorazioni tradizionali, fra cui motivi astratti, animali e<br />

vegetali, ma anche scene di vita di nobiluomini e della corte<br />

imperiale. La struttura del museo, spiccatamente moderna, è<br />

stata progettata da Farah Diba ed inaugurata nel 1978.<br />

Nel periodo di capodanno parecchi negozi della capitale<br />

sono chiusi, compreso il bazar. Gli abitanti sono partiti per le<br />

vacanze verso le località di villeggiatura e Tehran appare ora<br />

svuotata. Sulla strada è aperto un forno, dove acquistiamo<br />

delle schiacciate di pane e dei dolci all’aneto. Un’altra<br />

bottega vicina offre invece una discreta scelta di frutta secca.<br />

Procedendo a piedi in direzione sud, si raggiunge Piazza<br />

della Rivoluzione (Meydan-e Enghelab), luogo simbolo<br />

di tutti i moti contemporanei. Fra i più recenti si ricorda il<br />

Movimento Verde, colore adottato nel 2009 dai sostenitori di<br />

Mir-Hossein Mussavi, sfidante di Ahmadinejad alle elezioni<br />

presidenziali. La vittoria di quest’ultimo, che all’epoca si<br />

apprestava ad iniziare il secondo mandato, è stata sospettata<br />

di brogli a causa delle forti incongruenze nei risultati dello<br />

spoglio, come la partecipazione superiore al 100% (sic!) degli<br />

aventi diritto in alcuni distretti chiave, unita all’aumento<br />

eccessivo dei voti per i conservatori in collegi spiccatamente<br />

progressisti. La protesta ha avuto il largo supporto di studenti<br />

e intellettuali, che non proponevano il rovesciamento del<br />

velayat-e faqih (il governo del clero), bensì ne auspicavano la<br />

riforma, per renderlo adeguato alle esigenze del ventunesimo<br />

secolo. Alla maggior parte dei giovani mobilitati poco<br />

importava della forma di stato e di governo adottata,<br />

purché essa rispettasse i diritti civili, le libertà individuali e<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

89<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

garantisse i servizi pubblici fondamentali per un’esistenza<br />

dignitosa. I giovani iraniani inoltre, anche se molti non lo<br />

ammettono, si sentono fieri del proprio paese e della propria<br />

cultura: la maggior parte di essi sono musulmani credenti,<br />

ma in modo assai più laico dei loro avi; seguono le mode<br />

occidentali come fattore d’aggregazione sociale ma non<br />

amano necessariamente l’occidente; detestano soprattutto<br />

l’arroganza con cui molti altri paesi continuano a trattare il<br />

loro.<br />

Sempre viva è l’umiliazione del 1953, quando il tentativo<br />

del Primo Ministro Mohammed Mossadeq di emancipare<br />

l’<strong>Iran</strong> dal controllo anglo-americano fu stroncato da un colpo<br />

di stato, organizzato dalla CIA e dall’MI6 con il benestare<br />

dello Scià. Da allora il popolo non ha mai smesso di nutrire un<br />

certo malumore nei confronti del potere costituito, tendenza<br />

smentita neppure sotto l’attuale regime, quando gli alti<br />

rappresentanti del clero sciita sono stati accusati d’arricchirsi<br />

mediante la corruzione ed i proventi del greggio. Lo scandalo<br />

spianò a suo tempo la strada all’elezione di Ahmadinejad,<br />

primo Presidente d’estrazione laica dai tempi di Bani Sadr.<br />

Neppure quest’ultimo si é però salvato dal giudizio negativo<br />

della gente: rivelatosi populista ed incapace di risolvere i veri<br />

problemi del paese, ha suscitato l’onda lunga delle proteste<br />

del Movimento Verde, che si è protratta dal 2009 al 2012. I<br />

dimostranti, dopo gli ultimi raduni a favore della Primavera<br />

Araba, si sono infine diradati, complice sul fronte interno<br />

l’avvicinamento della fine del mandato di Ahmadinejad, e<br />

su quello estero la dissoluzione dei moti egiziani per mano<br />

militare.<br />

Esauriti i principali poli d’interesse della città, decidiamo di<br />

spendere l’ultimo pomeriggio in <strong>Iran</strong> con una scampagnata<br />

verso i monti Alborz. Dalla piazza raggiungiamo la più<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

90<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

vicina stazione della metropolitana. Il servizio di trasporto<br />

sotterraneo di Tehran è moderno e veloce, composto di<br />

quattro linee disposte a raggiera che servono in modo<br />

efficiente tutta la città. Dall’inaugurazione della prima tratta<br />

nel 1999 la rete si è rapidamente espansa fino a raggiungere<br />

anche i borghi più esterni, costituendo ad oggi la risposta<br />

più efficace ai problemi del traffico e dell’inquinamento della<br />

capitale. Le stazioni sono ampie e ben illuminate, mentre<br />

nelle carrozze non vi sono separazioni tra i generi, eccetto<br />

che per la presenza di un vagone, in testa o in coda al treno,<br />

riservato alla sola utenza femminile; negli altri spazi uomini<br />

e donne siedono gli uni accanto alle altre. Mediante la linea 4<br />

si raggiunge in tre fermate Darwazet Dowlat, dove si cambia<br />

per la linea 1. Da qui si percorre un lungo tratto di tredici<br />

fermate fino al capolinea di Tajrish, quartiere settentrionale<br />

adagiato sulle prime balze montuose. La fermata è assai<br />

profonda sotto il livello del suolo: è necessario affrontare<br />

una lunga serie di scale mobili per raggiungere la superficie.<br />

Dalla piazza fermiamo alcuni taxi per proseguire qualche<br />

chilometro in direzione di Darband, l’ultimo sobborgo di<br />

Tehran verso settentrione. Da un certo punto la strada, sempre<br />

più in salita, è chiusa ai veicoli a motore: lasciamo alle spalle<br />

l’urbanizzazione cittadina per addentrarci a piedi in una<br />

valletta dalle pareti scoscese e rocciose. Il percorso termina<br />

presso una borgata, piuttosto frequentata dagli abitanti locali<br />

come meta di scampagnate fuori porta: qui sono presenti<br />

numerosi ristoranti e alberghetti. Mentre il nostro gruppo<br />

si ferma in una casa da tè per riposare e fumare la pipa ad<br />

acqua, rimasti solo in tre, prendiamo la vicina seggiovia per<br />

raggiungere un punto ancora più elevato, a circa 2000 metri<br />

sul livello del mare. Il panorama verso la città è chiuso dai<br />

rilievi circostanti, ma da questa posizione la vista si apre verso<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

91<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

la catena dei monti Alborz, che incombono innevati a breve<br />

distanza. È circa metà pomeriggio, disponiamo ancora di<br />

parecchio tempo: per tornare in basso decidiamo di scendere<br />

a piedi lungo il sentiero. Il paesaggio è brullo e sassoso,<br />

non particolarmente attraente, ma assai rappresentativo<br />

dell’orografia locale, costituita in larga parte da formazioni di<br />

rocce sedimentarie risalenti al periodo post-cretaceo (circa<br />

60 milioni di anni fa).<br />

Tentiamo una digressione sul versante esposto a<br />

mezzogiorno, ma siamo purtroppo fermati da una cortina<br />

di filo spinato: l’area è sotto il controllo militare e non è<br />

possibile proseguire oltre. In meno di mezz’ora (circa 200 m<br />

di dislivello), raggiungiamo nuovamente il fondovalle. Dopo<br />

esserci ricongiunti con il resto del gruppo, torniamo in città<br />

mediante un taxi. La prossima notte saremo già sul volo<br />

verso Istanbul, dunque ne approfittiamo preparare i bagagli<br />

e riposare un paio d’ore. In occasione della nostra ultima<br />

cena in terra iraniana è prevista l’uscita in un ristorante<br />

di buon livello nella zona settentrionale della città. L’autista,<br />

in vena di festeggiare, ordina addirittura l’agnello, una<br />

delle portate più costose. Da buona forchetta qual é sempre<br />

stato, avrebbe dovuto divorarlo: purtroppo invece, vinto da<br />

una leggera indisposizione al coronamento delle proprie<br />

fatiche, non è riuscito a dar fondo al piatto. La sistemazione<br />

e l’arredamento sono in stile tradizionale: la tavola è<br />

apparecchiata sopra un grande tappeto disteso per terra,<br />

da cui ci si serve seduti, a gambe incrociate. Le portate sono<br />

simili a quelle descritte in precedenza per gli altri ristoranti.<br />

Terminato il pasto, salutiamo la guida che ci ha accompagnato<br />

con grande competenza durante questo viaggio alla scoperta<br />

dell’<strong>Iran</strong>. Tornati in albergo, rimangono a disposizione un<br />

paio d’ore di sonno prima della partenza.<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

92<br />

info@lorenzorossetti.it


Giappone per caso<br />

Museo Nazionale: statua di guerriero sassanide<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

93<br />

info@lorenzorossetti.it


Giappone per caso<br />

Panorama di Tehran<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

94<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

24 marzo<br />

Ritorno a casa<br />

A<br />

ll’una di notte già suona la sveglia in camera. Tutta<br />

la città è avvinta dal sonno e dalle tenebre, i corridoi<br />

dell’hotel sono vuoti, la hall è buia e silenziosa. Dopo aver<br />

consegnato le chiavi delle stanze al portiere di notte,<br />

carichiamo i bagagli sull’autobus. Solo noi siamo in procinto<br />

di lasciare questo paese Pare quasi di uscire dalla scena in<br />

punta di piedi, senza voler disturbare nessuno con la nostra<br />

presenza. I viali sono deserti, sulla tangenziale ogni tanto<br />

compaiono alle nostre spalle i fari di qualche automobile,<br />

che lentamente ci supera e scompare dopo qualche minuto<br />

in lontananza. Con l’approssimarsi dell’aerostazione<br />

internazionale “Imam Khomeini” dobbiamo ridestarci<br />

forzatamente dal torpore: ringraziamo ancora l’autista, con<br />

cui abbiamo percorso 1500 chilometri attraverso il paese.<br />

Il volo Turkish Airlines n.875 lascia il suolo iraniano alle<br />

4.35 diretto ad Istanbul. Da questa destinazione intermedia<br />

il gruppo si separa: chi rientra su Milano, chi su Venezia, chi<br />

ancora su Roma. In pochi siamo diretti a Torino, l’ultimo dei<br />

voli verso l’Italia. Al nostro arrivo il buio ha ormai sommerso<br />

la pianura Padana: è il momento di ritrovare la propria casa<br />

per un momento di meritato riposo, domani si torna già al<br />

lavoro… almeno fino al prossimo viaggio.<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

95<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

Postfazione<br />

G<br />

li stereotipi sono purtroppo duri a morire. La visione<br />

dell’<strong>Iran</strong> che si ha in occidente è pesantemente<br />

condizionata da molti pregiudizi senza fondamento. Anche<br />

i più informati tra noi, una volta arrivati, non hanno potuto<br />

che prendere atto d’una realtà ancora differente da quella<br />

immaginata. Basandomi su ciò che ho visto, posso constatare<br />

come la società iraniana sia di fatto più laica e moderna rispetto<br />

a quella di altri paesi del Medio Oriente che si proclamano<br />

secolari. Le apparenze, costituite dal velo e dai turbanti dei<br />

religiosi, nascondono invece una società orgogliosa, conscia<br />

della propria storia e desiderosa di trovare un posto nel<br />

mondo attuale. Se il Governo del Clero (Velayat-e Faqih)<br />

saprà cogliere questa sfida intraprendendo la strada delle<br />

riforme sarà un bene per tutti; in caso contrario il popolo<br />

iraniano ha da sempre dimostrato di mal tollerare i governi<br />

sordi e autoritari: sia la Rivoluzione Costituzionale del 1906<br />

che quella islamica del 1979 sono scaturite dal basso per<br />

rovesciare dei poteri considerati dispotici.<br />

Riguardo al futuro, molto dipenderà dalla volontà della<br />

classe dirigente, che dovrà innanzitutto fronteggiare<br />

le problematiche dovute alla crisi economica, come la<br />

disoccupazione, l’inflazione e la conseguente perdita di<br />

potere d’acquisto delle famiglie. Al fine di adottare un’efficace<br />

politica economica, l’<strong>Iran</strong> avrebbe innanzitutto la necessità<br />

di differenziare le proprie fonti energetiche, svincolandosi<br />

progressivamente dal petrolio (destinato ad esaurirsi nel<br />

lungo periodo), per incentivare invece la produzione di<br />

energie rinnovabili, quali l’eolico ed il fotovoltaico, di cui può<br />

disporre in abbondanza. I relativi proventi dovrebbero essere<br />

utilizzati per la realizzazione d’infrastrutture compatibili con<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

96<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

il delicato ambiente naturale, promuovendo il disincentivo<br />

dell’automobile, i mezzi di trasporto pubblici, l’istruzione,<br />

la sanità e la regolamentazione delle acque per espandere<br />

l’agricoltura nei territori attualmente incolti.<br />

La società dovrebbe poter essere in grado di esprimere<br />

la propria cultura nell’ambito di una costituzione laica e<br />

democratica, che non imponga obblighi di carattere religioso<br />

o morale. Il velo Né vietato né obbligatorio, lo porti chi lo<br />

desidera: la questione, rispetto ai problemi reali del paese,<br />

è pressoché irrilevante. Per incoraggiare le riforme sarà<br />

fondamentale il ruolo della Comunità Internazionale, in<br />

particolare dei paesi “occidentali”, che dovranno adottare<br />

un atteggiamento di dialogo e confronto con l’<strong>Iran</strong> anziché<br />

continuare a reputarlo una minaccia.<br />

Queste mie considerazioni hanno un carattere strettamente<br />

personale e non chiedo ad alcuno di condividerle: le ho esposte<br />

solo per amore di questo paese, al quale auguro un’epoca di<br />

pace e di prosperità, che la storia gli ha raramente concesso.<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

97<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

Dati riassuntivi<br />

Questo viaggio, effettuato dal 15 al 24 marzo 2013, è stato<br />

auto-organizzato da parte di un gruppo di quattordici<br />

partecipanti con l’operatore Avventure nel Mondo seguendo<br />

la traccia proposta dall’itinerario “<strong>Iran</strong> Suite”.<br />

Voli dell’andata: Torino–Istanbul (3 ore), Istanbul–Tehran<br />

(3 ore), Tehran–Shiraz (1 ora).<br />

Voli del ritorno: Tehran–Istanbul (3 ore), Istanbul–Torino<br />

(3 ore).<br />

Il percorso, a grandi linee, è stato: Tehran, Shiraz, Persepoli,<br />

Naqsh-e Rostam, Pasargad, Abarquh, Yazd, Meybod, Nain,<br />

Esfahan, Kashan, Qom, Tehran.<br />

Totale km percorsi:<br />

In aereo 8.300 (13 ore)<br />

In autobus 1.500 (ca. 30 ore)<br />

Con mezzi urbani 16 (ca. ½ ora)<br />

A piedi 50 (ca. 35 ore)<br />

Note: le informazioni pratiche presenti in questo racconto<br />

sono riferite al momento in cui è stato effettuato il viaggio<br />

(2013) e potrebbero risultare non più valide o attuali.<br />

Per una lettura meno ostica, in questo racconto ho<br />

preferito utilizzare la grafia più comune per indicare i nomi<br />

di cose, luoghi e persone, a scapito dell’esatta traslitterazione.<br />

Si troverà pertanto Tehran anziché Tehrān, Esfahan anziché<br />

Esfahān, Scià anziché Šāh, ecc. È inoltre necessario ricordare<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

98<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

che il persiano è una lingua tendenzialmente tronca, il cui<br />

accento tonico cade generalmente sull’ultima sillaba, con<br />

numerosi suoni non rappresentati nella nostra lingua.<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

99<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

Per viaggiare<br />

Guide<br />

• AA.VV., Lonely Planet–<strong>Iran</strong>, EDT, Torino, ultima<br />

edizione.<br />

• AA.VV., <strong>Iran</strong>, tesori di Persia, Abaco, Forlì, ultima<br />

edizione.<br />

Mappe<br />

• <strong>Iran</strong>, scala 1:1.500.000, Reise know-how verlag, Bielefeld,<br />

ultima edizione.<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

100<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

Bibliografia<br />

Storia<br />

• Abrahamian E., Storia dell’<strong>Iran</strong> dai primi del Novecento<br />

a oggi, Feltrinelli, Milano, 2013.<br />

• Axworthy M., Breve storia dell’<strong>Iran</strong>, Einaudi, Torino,<br />

2010.<br />

• Gelvin J. L., Storia del Medio Oriente moderno, Einaudi,<br />

Torino, 2009.<br />

• Redaelli R., L’<strong>Iran</strong> contemporaneo, Carocci, Roma, 2013.<br />

• Sabahi F., Storia dell’<strong>Iran</strong>, B. Mondadori, Milano, 2006.<br />

• Wiesehöfer J., La Persia antica, Il Mulino, Bologna, 2003.<br />

Cultura, politica, costume e società<br />

• AA.VV., Limes – L’<strong>Iran</strong> torna in campo, Editoriale<br />

l’Espresso, Roma, 2013.<br />

• AA.VV., Persian poems, Yassavoli, Tehran, 2008.<br />

• Guolo R., Il fondamentalismo islamico, Laterza, Bari,<br />

2002.<br />

• Guolo R., L’Islam è compatibile con la democrazia,<br />

Laterza, Bari, 2004.<br />

• Kapuscinski R., Shah-in-Shah, Feltrinelli, Milano, 2004.<br />

• Sabahi F., Un’estate a Teheran, Laterza, Bari, 2007.<br />

Religione<br />

• A cura di Peirone F., Il Corano, A. Mondadori, Milano,<br />

1979.<br />

• Branca P., introduzione all’Islam, ed. San Paolo, Alba,<br />

2005.<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

101<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

• Sul sito Avesta.org si può trovare la traduzione in inglese<br />

del libro sacro degli zoroastriani.<br />

Album fotografici<br />

• AA.VV., Tehran past & present, Yassavoli, Tehran, 2011.<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

102<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

Sommario<br />

Prefazione 3<br />

15 marzo. Verso terre ignote 4<br />

16 marzo. Primo impatto con l’<strong>Iran</strong> 5<br />

17 marzo. Shiraz tra poeti e mausolei 18<br />

18 marzo. Vestigia di antichi imperi 31<br />

19 marzo. Da Yazd ad Isfahan: l’<strong>Iran</strong> del deserto 42<br />

20 marzo. Capodanno 1392 55<br />

21 marzo. Isfahan imperiale 64<br />

22 marzo. Tra villaggi, impianti nucleari e città sante 75<br />

23 marzo. Tehran: ultimo giorno tra musei e montagne 85<br />

24 marzo. Ritorno a casa 95<br />

Postfazione 96<br />

Dati riassuntivi 98<br />

Per viaggiare 100<br />

Bibliografia 101<br />

<strong>Lorenzo</strong> <strong>Rossetti</strong>, classe 1984, è<br />

laureato in Relazioni Internazionali<br />

e tutela dei Diritti Umani (Scienze<br />

Politiche).<br />

Vive in Val di Susa e lavora<br />

presso l’Ufficio Stampa del Parco<br />

Nazionale Gran Paradiso.<br />

Fra i suoi interessi figurano i<br />

viaggi alla scoperta di altre civiltà<br />

e lo studio degli aspetti storici e<br />

culturali dei paesi visitati.<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

103<br />

info@lorenzorossetti.it


L’altro <strong>Iran</strong><br />

Questo diario è disponibile sul sito web<br />

http://www.lorenzorossetti.it/<br />

© 2013 <strong>Lorenzo</strong> <strong>Rossetti</strong>, tutti i diritti riservati<br />

www.lorenzorossetti.it<br />

104<br />

info@lorenzorossetti.it

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!