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Scarica il comunicato stampa completo - Filomena Martorano

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F<strong>il</strong>omena <strong>Martorano</strong><br />

Presentata per la prima volta al Politeama di Napoli <strong>il</strong> 7 novembre 1946, F<strong>il</strong>umena Marturano è,<br />

delle commedie di Eduardo, la più rappresentata in tutto <strong>il</strong> mondo. Accanto ad Eduardo l’opera è<br />

stata infatti portata in scena da Titina quindi da Regina Bianchi e Pupella Maggio, dopo di loro si sono<br />

avvicendati stuoli di <strong>il</strong>lustri nomi italiani ed esteri, oltre alla famosa interpretazione cinematografica<br />

diretta da Vittorio De Sica con Sofia Loren e Marcello Mastroianni.<br />

Racconta Andrea Cam<strong>il</strong>leri che, in occasione della trasposizione televisiva della commedia, Eduardo<br />

disse a Regina Bianchi:«Regì, guarda che poi questo Titina se lo guarda». Regina Bianchi recitò con<br />

tutta l’anima dando tutta se stessa. Alla fine del primo atto - negli anni ‘60 non c’era montaggio, si<br />

registrava un atto intero - Cam<strong>il</strong>leri profondamente emozionato si precipitò ad abbracciare l’attrice<br />

che gli svenne tra le braccia per la tensione emotiva della recitazione che, con quelle parole, le aveva<br />

provocato Eduardo.<br />

Tradotta in molte lingue la forza del testo di Eduardo non si può perdere. Con coraggio affronto la perfezione<br />

convinto che un personaggio così forte possa rivendicare rispetto in tutti gli idiomi. Ci vuole<br />

un cuore grande per far vibrare le corde dell’autore. Io, in quest’opera che ho visto in diverse salse, ci<br />

butto <strong>il</strong> mio, per restituire, con la mia lingua, un po’ dell’amore che l’autore continua a dispensare grazie<br />

alle innumerevoli repliche di questo fortunatissimo capolavoro. (Andrea Monti)<br />

Recensione<br />

La sfida di questo spettacolo parte dalla r<strong>il</strong>ettura del testo, efficacemente tradotto dal napoletano al<br />

romanesco, ed adattato per trasformarlo in un atto unico di circa 90 minuti.<br />

Un lavoro sostanziale sul copione, che viene traslato dal dialetto originale (<strong>il</strong> napoletano storico di<br />

Eduardo De F<strong>il</strong>ippo) ad uno altrettanto espressivo come <strong>il</strong> romanesco: Operazione che, incredib<strong>il</strong>mente,<br />

avviene tutto sommato senza grande sconvolgimento: a cambiare è sostanzialmente <strong>il</strong> tipo di<br />

musicalità, mentre <strong>il</strong> senso vero e profondo della storia resta intatto. Quasi a compensare questa virata<br />

linguistica, le musiche sono vivaci ‘ballate’ contemporanee di matrice partenopea: uno stacco azzeccato,<br />

vivacizzato da passi di danza folkloristica rivisitata, a metà fra pizzica e tarantella. Sono momenti<br />

giocosi, godib<strong>il</strong>i e ut<strong>il</strong>i a spezzare la tensione drammatica del testo, che riportano in scena le sonorità<br />

di Eduardo facendone vibrare l’anima.<br />

Se gli attori, Maurizio Faraoni (Mimmo Soriano) e Tiziana Salvatori (F<strong>il</strong>omena <strong>Martorano</strong>) soprattutto,<br />

sono ottimi interpreti del nuovo carattere romanesco, anche nelle coreografie si difendono egregiamente,<br />

e <strong>il</strong> risultato è una sequenza di immagini e quadri in corretta ed equ<strong>il</strong>ibrata armonia. Accanto<br />

a questa invenzione scenica, interessanti la scenografia e gli elementi visivi st<strong>il</strong>izzati: semplici sagome<br />

bianche, che inondate dalla pioggia di luci fluo diventano pannelli variopinti.<br />

Una chiave di lettura che mira ad essenzializzare, sfrondare ed alleggerire la più articolata scrittura del<br />

testo, mettendone in risalto <strong>il</strong> nucleo: <strong>il</strong> compimento di una paternità.<br />

(© Donatella Codonesu)

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