25.02.2015 Views

Alcani

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

<strong>Alcani</strong><br />

1<br />

Gli alcani sono idrocarburi composti da carbonio ed idrogeno, noti anche come idrocarburi saturi<br />

caratterizzati unicamente da legami singoli. Gli atomi di carbonio sono ibridati tutti sp 3 ed hanno dunque<br />

struttura tetraedrica. Caratteristiche fondamentali:<br />

• Formula molecolare C n H 2n+2<br />

• Ibridazione sp 3 del carbonio<br />

• E' una serie omologa<br />

Esistono alcani a catena lineare o ramificata ed alcani ciclici o cicloalcani. L’alcano più semplice è il<br />

metano CH 4 nel quale il carbonio è legato a quattro idrogeni. Seguono quindi gli idrocarburi come l’etano<br />

CH 3 -CH 3 , il propano CH 3 -CH 2 -CH 3 , il butano CH 3 -CH 2 -CH 2 -CH 3 , il pentano CH 3 -CH 2 -CH 2 -CH 2 -CH 3 ,<br />

esano, eptano, ottano eccetera. Come si può vedere ogni catena inizia e termina con un CH 3 chiamato metile<br />

ed i CH 2 interni chiamati metileni. I nomi degli alcani semplici non ramificati sono costituiti da una radice che<br />

indica il numero di carboni che costituisce la catena e dalla desinenza ano (definita anche suffisso) che indica<br />

la classe di appartenenza. La tabella seguente riporta i nomi degli alcani lineari semplici.<br />

Si chiama primario un<br />

carbonio legato soltanto ad<br />

un altro carbonio per<br />

esempio un metile.<br />

Secondario un carbonio<br />

legato contemporaneamente<br />

ad altri due come il metilene.<br />

Terziario un carbonio legato<br />

contemporaneamente a tre<br />

altri carboni come il metino.<br />

Quaternario un carbonio<br />

legato contemporaneamente<br />

a quattro altri carboni. Man<br />

mano che la catena<br />

idrocarburica si allunga<br />

diventa sempre più laborioso<br />

scrivere la sequenza dei<br />

carboni.


Radicali alchilici<br />

Rimuovendo un idrogeno da una catena alchilica si ottiene un radicale alchilico. Il nome di un radicale<br />

alchilico si ottiene sostituendo il suffisso ano dell'alcano corrispondente con il suffisso ile. Il nome dei radicali<br />

alchilici è molto importante per la nomenclatura degli alcani ramificati.<br />

2<br />

Il fenomeno dell’isomeria<br />

Si definiscono “isomeri” i composti aventi identica formula molecolare (o formula bruta) ma che<br />

differiscono tra loro per una diversa disposizione degli atomi nella molecola. Obbediscono a questa<br />

definizione l’isomeria di posizione, quella conformazionale, quella geometrica e l’isomeria ottica.<br />

Isomeria di posizione<br />

Gli isomeri di posizione (o di struttura) hanno gli stessi atomi ma legati in modo diverso. Consideriamo<br />

per esempio il 2-metilpentano ed il 3-metilpentano oppure il 2-cloroesano ed il 3-cloroesano. I primi due<br />

hanno la stessa composizione C 6 H 14 però differiscono per il punto della molecola dove è posizionato il<br />

metile. I due alogenuri hanno composizione C 6 H 13 Cl e presentano il cloro in due diverse posizioni lungo<br />

la catena di atomi di carbonio. Quindi, il 2 ed il 3-metilpentano così come il 2- ed il 3-cloroesano sono<br />

definiti isomeri di posizione. Gli isomeri di posizione sono stabili e differiscono per proprietà fisiche<br />

ed anche chimiche.<br />

Pertanto butano e isobutano sono isomeri di struttura, e per l’alcano di formula C 5 H 12 possiamo scrivere<br />

3 possibili strutture. Ancora una volta una lineare, il pentano, e due ramificate. Allo stesso modo, esistono<br />

5 esani e ben 9 eptani isomeri. Al crescere del numero di atomi di carbonio cresce vertiginosamente il<br />

numero di possibili isomeri di posizione. Esistono infatti ben 75 decani e 4.347 pentadecani isomeri.


3<br />

Esercizio risolto 1. Disegnare i 5 isomeri di struttura di formula C 6 H 14<br />

Esercizio risolto 2. Disegnare i 5 isomeri di struttura di formula C 7 H 16<br />

Nomenclatura IUPAC<br />

Data l’elevatissimo numero di composti organici, l’assegnazione di un nome identificativo può generare<br />

confusione, perciò l’Unione Internazionale di Chimica Pura ed Applicata (IUPAC) ha introdotto delle<br />

norme per chiamare in modo corretto non solo gli alcani ma tutte le classi di composti chimici. Il nome<br />

IUPAC di un generico composto si compone di tre elementi:<br />

PREFISSO + RADICE + SUFFISSO<br />

(pos. sost.) (n° atomi di C) (famiglia di appartenenza)<br />

Per gli alcani, tutti i nomi terminano con il suffisso –ano: metano, etano, propano, butano, pentano ecc.<br />

Data la presenza delle ramificazioni, per evitare confusione ed ambiguità si devono seguire la regole<br />

seguenti:<br />

1. Individuare la catena carboniosa più lunga (può essere<br />

lineare o piegata, l’importante che sia continua).<br />

2. Numerare la catena da quella estremità che assegna al<br />

carbonio che porta la ramificazione il numero più basso<br />

possibile.


3. Il nome finale si costruisce scrivendo nell’ordine: posizione del sostituente, trattino, nome del<br />

sostituente, nome della catena principale (fusi in un’unica parola).<br />

Ulteriori regole<br />

4. Se la catena principale porta più sostituenti: numero più basso<br />

possibile al 1° sostituente. Il nome si assembla sistemando i sostituenti in<br />

ordine alfabetico.<br />

5. Quando ci sono più sostituenti uguali si usano prefissi di, tri, tetra etc.<br />

Le posizioni dei sostituenti si indicano con numeri separati da virgole<br />

posizionati sempre prima del nome del sostituente.<br />

4<br />

Proprietà fisiche<br />

I punti di ebollizione e di fusione crescono con il peso molecolare. I primi 4 termini della serie omologa<br />

metano, etano, propano e butano sono gassosi a temperatura ambiente e pressione atmosferica. Gli alcani<br />

da C5 a C20 sono liquidi mentre quelli con atomi di carbonio maggiore di venti sono solidi cerosi e si<br />

chiamano paraffine. Tutti gli alcani essendo poco polari sono insolubili in acqua e solubili in solventi<br />

apolari (benzene, CCl 4 etc.). Le paraffine sono utilizzate per la fabbricazione di candele e per<br />

impermeabilizzare la carta.<br />

Fonti<br />

Le fonti più importanti di alcani sono i giacimenti di gas naturale e di petrolio formatisi nei millenni<br />

dalla decomposizione di depositi di materiali vegetali e animali, prevalentemente di origine marina. Il gas<br />

naturale è costituito essenzialmente da metano, ma contiene anche etano, propano e butano. Il petrolio è<br />

una miscela complessa di idrocarburi, che prima di poter essere impiegata, deve essere separata in varie<br />

frazioni per distillazione frazionata. Gli idrocarburi liquidi a basso peso molecolare sono principalmente<br />

utilizzati per autotrazione (benzine e gasolio).


Reazioni degli alcani: combustione ed alogenazione<br />

Talvolta gli alcani vengono detti paraffine, dal latino “parum affinis” poco affine, cioè «poco reattivo». Il<br />

termine è molto appropriato in quanto questi composti manifestano scarsa affinità chimica per le altre<br />

sostanze e inerzia verso i più comuni reagenti di laboratorio. Tuttavia gli alcani, in condizioni appropriate,<br />

reagiscono con l'ossigeno, il cloro e poche altre sostanze. La reazione con l'ossigeno si verifica durante il<br />

processo di combustione, per esempio nei motori a scoppio o nei forni, dove gli alcani vengono usati<br />

come combustibili. I prodotti della combustione sono l'anidride carbonica e l'acqua, accompagnati dallo<br />

sviluppo di una grande quantità di calore. Il metano (gas naturale), per esempio, reagisce con l'ossigeno<br />

secondo l'equazione<br />

5<br />

La reazione di un alcano con il cloro (oppure bromo) si verifica quando una miscela delle due sostanze<br />

viene irradiata con luce ultravioletta (rappresentata da hv, dove v è la lettera greca minuscola nu). A<br />

seconda delle proporzioni relative dei due reagenti e del tempo in cui restano a contatto si osserva la<br />

progressiva sostituzione degli atomi di idrogeno dell'alcano con atomi di cloro. Il processo, noto come<br />

alogenazione, porta a una miscela di prodotti clorurati. In particolare, il metano reagisce con il cloro<br />

fornendo una miscela di clorometano (CH 3 Cl), diclorometano (CH 2 Cl 2 ), triclorometano (CHCl 3 ) e<br />

tetraclorometano (CCl 4 ).


Isomeria conformazionale<br />

Dato che il legame sigma C-C ha simmetria cilindrica, negli alcani i carboni tra loro legati sono liberi di<br />

ruotare intorno al legame che li unisce. Consideriamo l’etano: per rotazione di 360° intorno al legame C-<br />

C, per l’etano, ad esempio, sono possibili sei conformazioni, tre chiamate sfalsate e tre eclissate. Nelle<br />

conformazioni sfalsate i tre idrogeni sul primo carbonio non eclissano gli altri tre sull’altro carbonio.<br />

Nelle conformazioni eclissate, invece, i tre idrogeni del primo eclissano i tre idrogeni del secondo. Per<br />

visualizzare tutto ciò sono molto utili le strutture a cavalletto o le proiezioni di Newman. Nelle<br />

proiezioni di Newman si guarda lungo un legame C-C ed il carbonio che si trova lontano dall’osservatore<br />

è rappresentato da una circonferenza, mentre il carbonio che si trova vicino all’osservatore si rappresenta<br />

con un punto al centro della circonferenza.<br />

6<br />

Il contenuto energetico addizionale della conformazione eclissata è dovuta alla tensione torsionale (o<br />

tensione di eclisse) ovvero alla “repulsione che si stabilisce tra gli elettroni di legame di un sostituente<br />

quando viene a trovarsi vicino agli elettroni di legame di un altro sostituente” (angolo diedro uguale a<br />

zero). Nel caso dell’etano la tensione di eclisse vale 1 Kcal/mole per ogni coppia di legami C-H che si<br />

eclissano, e quindi globalmente 3 Kcal/mole. Gli isomeri eclissati sono dunque meno stabili. Tuttavia,<br />

essendo la differenza di energia molto piccola (3 Kcal/mole), essi si convertono a temperatura ambiente<br />

tanto velocemente da non poter essere separati.


Nel propano, a causa della presenza di un gruppo metile al posto di un atomo di idrogeno, si osserva<br />

oltre alla tensione torsionale anche la tensione sterica, ovvero “l'interazione repulsiva che interviene<br />

quando gli atomi sono costretti a giacere ad una distanza inferiore al raggio di van der Waals”. In questo<br />

caso, nella forma eclissata il metile e un atomo di idrogeno vengono a trovarsi molto vicini e quindi sono<br />

oggetto di una repulsione aggiuntiva di 0,4 Kcal/mole.<br />

7<br />

Nel butano le conformazioni sfalsate che si originano per rotazione intorno al legame C2-C3 non sono tutte<br />

uguali. La conformazione sfalsata anti è quella a minore energia dove i due gruppi metilici sono alla<br />

massima distanza. Per rotazione di 60° si passa alla conformazione eclissata che presenta due interazioni<br />

steriche metile-idrogeno che si fronteggiano di 0,4 Kcal/mole. Per rotazione ulteriore si ha la conformazione<br />

sfalsata gauche che presenta un contenuto energetico di 0.9 kcal/mole in più rispetto alla conformazione anti<br />

a causa della interazione sterica fra i due gruppi metilici che pur trovandosi ad un angolo diedro di 60° sono<br />

abbastanza vicini da respingersi. Infine, dopo rotazione di altri 60°, si ha la forma eclissata più instabile perché<br />

presenta una interazione sterica di due metili che si fronteggiano (interazione da 1,5 Kcal/mole).


Cicloalcani<br />

8<br />

I cicloalcani sono idrocarburi a catena chiusa con formula C n H 2n o (CH 2 ) n . Gli atomi di carbonio sono tutti<br />

ibridati sp 3 . Il più semplice è il ciclopropano formato da tre atomi di carbonio, segue il ciclobutano, con<br />

quattro atomi di carbonio, il ciclopentano con cinque ed il cicloesano con 6 atomi di carbonio nel ciclo.<br />

Naturalmente vi sono cicloalcani più grandi ma che hanno minore importanza. I cicli più diffusi sono invece<br />

quelli a 5 e 6 termini. Il modo più semplice per rappresentarli è quello di usare i poligoni regolari come il<br />

triangolo equilatero, il quadrato, il pentagono e l’esagono. Naturalmente a ciascun vertice del poligono si<br />

sottintende un gruppo metilenico CH 2 .<br />

Nomenclatura<br />

Il nome del cicloalcano deriva dall’analogo a catena aperta anteponendo la parola “ciclo”. I sostituenti<br />

sulla catena sono numerati se necessario seguendo l’ordine alfabetico.<br />

Isomeria geometrica nei cicloalcani.<br />

Un altro tipo di isomeria è quella Geometrica. Questa si verifica quando tra due carboni manca la libera<br />

rotazione (prima condizione), libera rotazione invece tipica degli alcani a catena aperta.


Una seconda condizione è anche necessaria: su ciascun carbonio i sostituenti devono essere diversi tra loro.<br />

L’isomeria geometrica, se sono verificate ambedue le condizioni, si ha negli alcheni e cicloalcani. Negli<br />

alcheni la libera rotazione è impedita perché i due carboni sono legati tra loro con un doppio legame. Nei<br />

cicloalcani, i carboni formano un ciclo che impedisce la loro libera rotazione. Quindi, se si verifica anche la<br />

seconda condizione, gli alcheni e cicloalcani presentano isomeria geometrica.<br />

Gli isomeri che presentano dalla stessa faccia del piano del cicloalcano (o dallo stesso lato del sistema π degli<br />

alcheni) i gruppi più voluminosi si chiamano isomeri cis o Z, quelli che hanno questi gruppi o sostituenti da<br />

parte opposta si chiamano isomeri trans o E.<br />

Si veda ad esempio l’ 1,2-dimetilciclopropano. I due sostituenti metilici potranno stare sulla stessa faccia<br />

(isomero cis) oppure sulle due facce opposte (isomero trans) del piano della molecola.<br />

9<br />

L’1-butene e ciclopentanolo soddisfano soltanto la prima condizione (non rotazione attorno ai carboni) ma<br />

non la seconda (sostituenti diversi) e quindi non presentano isomeria geometrica. Nei cicloalcani si verifica<br />

l'isomeria geometrica anche se i sostituenti diversi non giacciono su carboni contigui. Per esempio nel<br />

dimetilcicloesano esistono tre coppie di isomeri geometrici:<br />

Un modo per rappresentare più velocemente l’isomeria cis/trans sui cicli è quella di usare la notazione con i<br />

cunei.


Stabilità dei cicloalcani: teoria di Baeyer della tensione angolare<br />

Nel 1885 Baeyer studiando la stabilità dei cicloalcani formulò una teoria detta della “tensione angolare” che<br />

prevedeva la stabilità dei cicloalcani sulla base degli angoli di legame interni all’anello. Secondo Baeyer,<br />

maggior era il discostamento di tali angoli dall’angolo tetraedrico (109.5 °) maggiore era la “tensione di<br />

anello” che rendeva la molecola instabile (ovvero a contenuto energetico superiore rispetto all’alcano analogo<br />

a catena aperta).<br />

10<br />

Su questa base, Baeyer prevedeva che il ciclopentano dovesse essere quello più stabile (angoli interni di 108°<br />

molto vicini a quelli tetraedrici). Queste assunzioni si rivelarono vere solo in parte, perché partivano dal<br />

presupposto che le molecole dei cicloalcani sono planari, cosa non vera. In più, oltre alla tensione angolare,<br />

anche nei cicloalcani, come negli alcani a catena aperta, vanno considerate le altre interazioni repulsive che<br />

fanno aumentare l’energia. Qui di seguito riassumiamo il complesso di queste interazioni che sono tre:<br />

1. Tensione angolare (o di Baeyer): è la tensione che nasce dal discostamento dall’angolo di legame<br />

tetraedrico.<br />

2. Tensione torsionale (o di eclissi): dovuta all’eclissarsi dei legami sigma su carboni adiacenti.<br />

3. Tensione sterica: dovuta all’interazione repulsive nello spazio tra gruppi voluminosi che si avvicinano a<br />

distanze inferiori ai raggi di Van der Waals.<br />

Conformazioni dei cicloalcani<br />

Ciclopropano<br />

Il ciclopropano è l’unico dei cicloalcani nel quale tutti i carboni del ciclo giacciono in un unico piano. Il<br />

discostamento dall’angolo tetraedrico è massimo e perciò la tensione angolare è elevata. A causa di ciò, i<br />

legami sigma C-C dell’anello sono piegati giacché si formano non per sovrapposizione frontale, come accade<br />

negli alcani a catena aperta, ma obliqua che forma un legame più debole (banana bonds).<br />

Oltre alla forte tensione di Baeyer, nel ciclopropano vi sono anche ben 6 tensioni torsionali tra i 6 atomi di<br />

idrogeno che si eclissano al di sopra ed al di sotto del piano dell’anello. Tutto questo fa sì che il ciclopropano<br />

sia caratterizzato da una tensione totale (angolare + eclisse) di 27,5 Kcal/mole.<br />

ciclobutano<br />

Il ciclobutano ha una tensione angolare inferiore al ciclopropano. Tuttavia il conformero più stabile del<br />

ciclobutano non è planare come il ciclopropano. Se lo fosse avrebbe una tensione angolare minore ma una<br />

maggiore tensione di eclissi dato che ha due idrogeni in più.


11<br />

H<br />

H<br />

H<br />

H<br />

H<br />

H<br />

H<br />

H<br />

H<br />

H<br />

H<br />

H<br />

H<br />

H<br />

H<br />

H<br />

ciclobutano planare<br />

conformero ripiegato<br />

Per diminuire la tensione di eclissi esso assume una conformazione ripiegata con uno dei 4 atomi di carbonio<br />

che si solleva di 25° dal piano che contiene gli altri 3. La tensione totale è di 26 Kcal/mole.<br />

ciclopentano<br />

Il ciclopentano è più stabile dei primi due perché gli angoli interni sono di 108°, valore molto prossimo a<br />

quello canonico di 109.5°. Anche in questo caso abbiamo due conformeri, uno planare nel quale tutti gli<br />

idrogeni si eclissano ed uno cosiddetto a “Busta” nel quale un carbonio è sollevato rispetto agli altri quattro<br />

(come in una busta appunto) per evitare l’eclisse degli idrogeni:<br />

cicloesano<br />

Il cicloesano dovrebbe avere, se fosse planare, angoli di legami interni di 120°, maggiori del canonico angolo<br />

tetraedrico di 109.5°. Questo lo renderebbe meno stabile del ciclopentano. In realtà il cicloesano è il più<br />

stabile tra tutti i cicloalcani. Questo perché non ha una conformazione planare ma possiede una struttura nella<br />

quale solo 4 dei 6 atomi di carbonio giacciono nello stesso piano, mentre gli altri due sono disposti uno sopra<br />

e l’altro sotto tale piano. In tal modo, non solo tutti i 12 atomi di idrogeno idrogeni evitano l’eclissi, ma anche<br />

tutti gli angoli di legame restano di 109.5°. La conformazione assunta è detta a “sedia”..<br />

Rappresentazione del cicloesano. Per disegnare correttamente il cicloesano a sedia occorre:<br />

•Disegnare due linee parallele, inclinate verso il basso e sfalsate<br />

•Sistemare un quinto carbonio in alto a destra e unire i legami<br />

•Sistemare l'ultimo carbonio a sinistra in basso<br />

Per convenzione la sedia si rappresenta in una formula prospettica nella quale i tre legami in basso (rimarcati<br />

in figura) escono dal piano e i tre legami in alto puntano dietro il piano.<br />

I 12 legami sulla sedia sono di due tipi: 6 assiali (paralleli all’asse dell’anello, in rosso nella figura) e 6<br />

equatoriali (verso l’equatore, in azzurro nella figura).


12<br />

Per rappresentare i legami assiali ed equatoriali occorre ricordare che: 1) i sei legami assiali sono orientati in<br />

verticale alternativamente sopra e sotto il piano medio della molecola, e 2) i sei legami equatoriali sono<br />

orientati sempre verso l’esterno del ciclo a formare angoli di 109° con i legami assiali; inoltre sono paralleli<br />

tra loro a due a due, nonché paralleli ai legami C-C del ciclo come indicato in figura.<br />

i 6 legami assiali<br />

i 6 legami equatoriali<br />

Inversione di anello<br />

L'anello del cicloesano è conformazionalmente mobile a temperatura ambiente. Se immaginiamo che l’atomo<br />

di carbonio che è al di sotto del piano degli altri 4 viene sollevato, e allo stesso modo quello che è al di sopra<br />

viene portato al di sotto, si ottiene l’interconversione della sedia nota come inversione di anello. La barriera<br />

energetica di interconversione sedia-sedia è di solo 12 kcal/mole. Il processo è estremamente rapido e<br />

entrambe le sedie sono presenti all'equilibrio.<br />

Quello che avviene a livello dei legami è che i 6 legami assiali nella sedia di sinistra si trasformano nei 6<br />

legami equatoriali della sedia di destra e viceversa. Durante l’inversione il cicloesano assume una<br />

conformazione meno stabile che è quella a barca. Questa presenta oltre a 4 tensioni di eclisse degli<br />

idrogeni presenti nel piano formato dai carboni C2-C3-C5-C6, anche una tensione sterica di due idrogeni<br />

ai C1 e C4.


Il diagramma energetico per l’inversione di anello mostra anche due conformazioni a mezza sedia che si<br />

trovano su due massimi di energia a 12 Kcal/mole.<br />

13<br />

Cicloesani monosostituiti: interazione 1,3-diassiale<br />

I sostituenti sull’anello del cicloesano prediligono la posizione equatoriale anziché quella assiale. Si<br />

prenda ad esempio il metilcicloesano. Questo sarà soggetto all’equilibrio conformazionale di inversione<br />

di anello.<br />

Nel conformero a sedia di sinistra il metile sul C1 si trova in posizione assiale, mentre dopo l’inversione<br />

di anello si troverà in posizione equatoriale. Nelle conformazione di sinistra, però, il metile dà luogo ad<br />

un’interazione sterica con gli atomi di idrogeno assiali sulle posizioni 3 e 5, chiamata interazione 1,3-<br />

diassiale. Questa interazione si annulla nella conformazione di destra dove il metile è in posizione<br />

equatoriale. A causa di ciò, la conformazione di destra è più stabile di 1.8 Kcal/mole ed è perciò preferita<br />

nell’equilibrio.


Acidi e basi di Brønsted e di Lewis – Nucleofili ed elettrofili<br />

14<br />

Un acido di Brønsted è una sostanza che cede un protone (H + ).<br />

Una base di Brønsted è una sostanza che accetta un protone(H + ).<br />

HCl + H 2 O H 3 O + + Cl -<br />

Forza degli acidi e delle basi: pK a .<br />

Prendiamo un generico acido monoprotico HA. La sua forza è espressa dalla costante dell’equilibrio di<br />

protonazione dell’acqua che si esprime a sua volta dal valore di pK a così ricavato:<br />

HA + H 2 O H 3 O + + A -<br />

pKa dell’acqua<br />

Nel caso dell’acqua l’equilibrio è il seguente:<br />

H 2 O + H 2 O H 3 O + + OH -<br />

K eq =<br />

[H 3 O + ] [OH - ]<br />

[H 2 O]<br />

[H 2 O]<br />

[H 3 O + ][OH K eq<br />

[H 2 O]<br />

- ]<br />

=<br />

[H 2 O]<br />

=<br />

K w<br />

[H 2 O]<br />

K a<br />

10 -14 forza acida dell'acqua<br />

= pK a = - log K a = 15,7<br />

55.5 M<br />

Scala dei pKa:<br />

acido<br />

debole<br />

acido<br />

forte<br />

Acido pKa Base coniugata<br />

CH 3 CH 2 OH 16 CH 3 CH 2 O -<br />

H 2 O 15,7 OH -<br />

HCN 9,3 CN -<br />

CH 3 CO 2 H 4,7 CH 3 CO<br />

-<br />

2<br />

H 3 PO 4<br />

2,1 H 2 PO<br />

-<br />

4<br />

H 2 SO 4<br />

-2 HSO<br />

-<br />

4<br />

HCl -7 Cl -<br />

base<br />

forte<br />

base<br />

debole


Acidi e basi di Lewis<br />

La definizione di Lewis è più ampia.<br />

Un acido di Lewis è un accettore di una coppia di elettroni.<br />

Una base di Lewis è un donatore di una coppia di elettroni.<br />

Una base di Lewis deve possedere un orbitale pieno, l’acido di Lewis un orbitale vuoto a bassa energia. Il<br />

risultato è la formazione di un legame covalente.<br />

15<br />

Basi di Lewis<br />

Le basi di Lewis sono strutturalmente identiche alle basi di Bronsted-Lowry. Hanno densità elettronica<br />

disponibile come coppia elettronica solitaria di non legame oppure coppia elettronica di un legame π.<br />

Acidi di Lewis<br />

Tutti gli acidi di Bronsted-Lowry sono anche acidi di Lewis, ma il contrario non è sempre vero.<br />

Ci sono acidi di Lewis come i composti di elementi del gruppo 3 della tavola periodica, che non sono acidi di<br />

Bronsted-Lowry. Sono composti che possono accettare una coppia di elettroni perché non hanno un livello di<br />

valenza otteziale.<br />

Reazione acido-base secondo Lewis: simbolismo delle frecce<br />

Le specie elettron-ricche, basi di Lewis, reagiscono con le specie elettron-povere, gli acidi di Lewis. Una<br />

freccia ricurva mostra il movimento di elettroni. La freccia deve partire sempre dalla coppia elettronica<br />

della base e puntare verso la specie che accetta la coppia elettronica, l’acido di Lewis.<br />

Elettrofilo e nucleofilo<br />

Un acido di Lewis chiamato anche elettrofilo (attratto dall’elettrone), una base di Lewis, quando reagisce con<br />

un elettrofilo diverso dal protone, è definita anche nucleofilo (attratto dal nucleo).


16<br />

La basicità è una misura di quanto prontamente un atomo dona la sua coppia di elettroni al protone ed è una<br />

proprietà termodinamica in quanto caratterizzata dalla costante di equilibrio acido-base Ka.<br />

La nucleofilicità è invece la misura di quanto prontamente un atomo dona la coppia di elettroni ad atomi<br />

diversi da H+. E’ una proprietà cinetica in quanto legata alla velocità di reazione di una sostituzione<br />

nucleofila.<br />

Oltre alle reazioni acido-base ed alle reazioni di ossido-riduzione le molecole organiche danno luogo a tutta<br />

una serie di reazioni che possono essere catalogate in tre principali categorie:<br />

Meccanismi di reazioni<br />

I meccanismi di reazione rappresentano la descrizione dei possibili eventi che avvengono a livello molecolare<br />

quando i reagenti si trasformano in prodotti.<br />

Ogni meccanismo è proposto sulla base di studi cinetici, di analisi spettroscopiche e di identificazione degli<br />

intermedi di reazione.<br />

Ogni meccanismo proposto deve essere consistente con tutti i dati sperimentali<br />

Scissione del legame covalente<br />

Esistono solo due modi per rompere un legame covalente.<br />

Equa divisione degli elettroni di legame: scissione omolitica<br />

Non equa divisione degli elettroni di legame: scissione eterolitica.<br />

L’omolisi genera intermedi privi di carica con elettroni spaiati: i radicali.<br />

L’eterolisi genera intermedi carichi: anioni e cationi<br />

omolisi eterolisi


Carbocationi<br />

La scissione eterolitica di un legame C-Z (dove Z è un elemento diverso dal carbonio) può generare<br />

carbocationi o carbanioni.<br />

Se Z è più elettronegativo del carbonio la scissione eterolitica del legame fornisce un intermedio instabile e ad<br />

alta energia: il carbocatione. Nel carbocatione il carbonio non è otteziale.<br />

17<br />

I carbocationi sono elettrofili perché contengono un atomo di carbonio elettron-povero.<br />

I carbocationi reagiscono con i nucleofili e ne risulta la formazione di un legame covalente<br />

Carbanioni<br />

Quando Z è un elemento meno elettronegativo del carbonio, la scissione eterolitica del legame C-Z genera un<br />

carbanione. Carbocationi e carbanioni sono specie intermedie di molte reazioni organiche.<br />

I carbanioni sono nucleofili perché contengono un atomo di carbonio con un doppietto elettronico non<br />

condiviso.<br />

RICORDARE SEMPRE CHE LA REAZIONE AVVIENE SEMPRE TRA UN ELETTROFILO ED<br />

UN NUCLEOFILO. NON E’ MAI POSSIBILE CHE POSSA AVVENIRE UNA REAZIONE TRA<br />

DUE ELETTROFILI OPPURE TRA DUE NUCLEOFILI.


Termodinamica e cinetica<br />

Affinché una reazione sia efficiente, l'equilibrio reagenti-prodotti deve favorire i prodotti e la velocità di<br />

reazione deve essere elevata per consentire la formazione dei prodotti in tempi ragionevoli. Queste due<br />

condizioni dipendono dalla termodinamica e dalla cinetica di una reazione chimica.<br />

• la termodinamica descrive le proprietà di un sistema all'equilibrio.<br />

• la cinetica descrive la velocità di una reazione.<br />

Parametri termodinamici<br />

In una reazione all'equilibrio, le concentrazioni relative dei prodotti e dei reagenti all'equilibrio sono<br />

matematicamente espressi dalla costante di equilibrio, K eq .<br />

Quando in una reazione i prodotti sono favoriti all'equilibrio → K eq > 1<br />

Quando in una reazione i reagenti sono favoriti all'equilibrio → K eq <<br />

18<br />

Termodinamica<br />

La posizione dell'equilibrio dipende dalle stabilità relative dei reagenti e dei prodotti cioè dalle loro energie<br />

relative.<br />

La funzione di stato termodinamica che descrive l'energia di una molecola è l'energia libera di Gibbs,<br />

simbolizzata da G 0 .<br />

La differenza di energia libera tra reagenti e prodotti determina se all'equilibrio sono favoriti i prodotti o i<br />

reagenti:<br />

∆G 0 = (G 0 prodotti)-(G 0 reagenti)<br />

Il ∆G 0 è correlato alla Keq attraverso la seguente equazione.<br />

∆G 0 = - RT ln K eq


Cinetica<br />

La termodinamica non dice nulla sul tempo necessario a far avvenire i processi chimici. Questo riguarda<br />

invece la Cinetica Chimica<br />

La cinetica descrive la velocità della reazione, ossia la variazione della concentrazione dei reagenti nel tempo.<br />

La velocità di reazione dipende:<br />

• Numero di collisioni tra molecole in un determinato tempo<br />

• Numero di collisioni con energia maggiore della barriera energetica<br />

• Numero di collisioni con opportuna orientazione<br />

È direttamente proporzionale:<br />

• alla concentrazione dei reagenti<br />

• alla temperatura<br />

Per una generica reazione, la velocità di reazione “v” è legata alla concentrazione dei reagenti, alla<br />

temperatura ed alla energia di attivazione “Ea” dalle seguenti equazioni.<br />

19<br />

L’energia di attivazione rappresenta la differenza tra l’energia dello stato di transizione e quella dei reagenti.<br />

Lo stato di transizione è una specie ad elevato contenuto energetico, non isolabile, dove i legami sono<br />

parzialmente rotti e parzialmente formati.


Alcheni<br />

Gli alcheni (o olefine) appartengono alla categoria degli idrocarburi insaturi e sono caratterizzati dalla<br />

presenza del doppio legame carbonio-carbonio. La formula generale C n H 2n indica che vi sono due atomi di<br />

idrogeno in meno rispetto all’alcano corrispondente. L’alchene più semplice è l’etene (C 2 H 4 ).<br />

20<br />

Struttura<br />

Per formare i legami con altri tre atomi, il carbonio usa tre orbitali ibridi equivalenti, gli orbitali sp 2 , formati<br />

dall’unione di due orbitali 2p e dall’orbitale 2s, giacenti in un piano passante per il nucleo del carbonio e<br />

diretti verso i vertici di un triangolo equilatero (ossia a 120°). Con questo assetto trigonale gli orbitali ibridi<br />

risultano quanto più è possibile distanti tra loro e questo minimizza la loro reciproca repulsione.<br />

Se si sistemano i quattro atomi di idrogeno ed i due atomi di carbonio in modo da dare la massima<br />

sovrapposizione frontale dei rispettivi orbitali s ed sp 2 , si ottiene la struttura dei legami σ. Tuttavia la molecola<br />

non è ancora completa: i restanti orbitali 2p contenenti un singolo elettrone per ciascun carbonio, e non<br />

impegnati nell’ibridazione, possono sovrapporsi lateralmente per dare un nuovo tipo di legame, chiamato<br />

legame π , formato da due nuvole elettroniche che si trovano sopra e sotto il piano della molecola. L’etilene è,<br />

dunque, una molecola piana.<br />

Il doppio legame carbonio-carbonio è perciò formato da un forte legame σ e da un legame π più debole, e la<br />

forza totale del legame (146 Kcal/mole) è maggiore di quella del legame semplice nell’etano (88 Kcal/mole).<br />

Due importanti aspetti concordano con questa descrizione degli alcheni: a) il concetto di rotazione impedita,<br />

con il conseguente fenomeno dell’isomeria geometrica e b) la reattività caratteristica del doppio legame negli<br />

alcheni, vale a dire l’addizione elettrofila<br />

Isomeria geometrica<br />

Per avere libera rotazione attorno al doppio legame occorre rompere il legame π, fornire cioè circa 60<br />

Kcal/mole, una quantità di energia troppo elevata perché la rotazione possa avvenire spontaneamente a<br />

temperatura ambiente, come avviene invece per i legami semplici carbonio-carbonio negli alcani. Si chiamano<br />

isomeri geometrici quegli isomeri che devono la loro esistenza proprio alla mancanza di libera rotazione<br />

intorno al doppio legame.<br />

In generale, perché si abbia isomeria geometrica devono verificarsi contemporaneamente due condizioni: a)<br />

deve esserci mancanza di libera rotazione intorno al legame C-C, cosa che è riscontrabile per i due atomi di<br />

carbonio coinvolti nel legame π, e b) i due atomi di carbonio legati dal doppio legame (chiamati anche carboni<br />

vinilici) devono portare ciascuno due sostituenti diversi tra loro.


Un classico esempio è dato dai due isomeri geometrici del 2-butene, i quali sono distinti in cis e trans secondo<br />

che i due gruppi sostituenti più voluminosi sui carboni sp 2 (i gruppi metilici segnati in blu), si trovano dalla<br />

stessa parte (cis) o da parti opposte (trans) rispetto al doppio legame.<br />

21<br />

Questi due composti non possono essere trasformati l’uno nell’altro a temperatura ambiente, a causa<br />

dell’impedimento nella rotazione, ed hanno proprietà fisiche e chimiche differenti. Gli alcheni trans sono più<br />

stabili degli alcheni cis, e questo a causa della repulsione sterica tra i gruppi sostituenti che nel caso<br />

dell’isomero cis vengono a fronteggiarsi. Olefine con doppi legami terminali, o portanti su uno dei due<br />

carboni vinilici sostituenti uguali, non presentano il fenomeno dell’isomeria geometrica.<br />

Se su uno, o tutti e due, i carboni vinilici vi sono sostituenti diversi dall’idrogeno, per stabilire quali prendere<br />

in considerazione ai fini dell’isomeria cis/trans si ricorre alle regole di priorità di Cahn, Ingold e Prelog (vedi<br />

l’isomeria ottica). In alternativa al sistema cis/trans la nomenclatura IUPAC fa uso della notazione E-Z la<br />

quale assegna il prefisso E (dal tedesco entgegen) all’alchene che vede i due gruppi principali da parti opposte<br />

rispetto al doppio legame (analogo del trans) ed il prefisso Z (dal tedesco zusammen) per l’alchene con i due<br />

gruppi a maggiore priorità dallo stesso lato (analogo di cis).<br />

Nomenclatura<br />

Il nome IUPAC di un alchene si assegna seguendo le regole qui descritte:<br />

a) si sceglie come struttura base la catena di atomi di carbonio che contiene il doppio legame e si assegna il<br />

nome partendo dall’alcano corrispondente e sostituendo il suffisso –ano con il suffisso –ene;<br />

b) si indica con un numero la posizione del doppio legame nella catena, segnalando solo il primo dei due<br />

carboni vinilici che si incontrano numerando la catena;<br />

c) la numerazione della catena è fatta a partire dall’estremità più vicina al doppio legame;<br />

d) si indica con i relativi numeri la posizione sulla catena dei sostituenti;<br />

e) i prefissi cis e trans (oppure E/Z) vengono usati per indicare l’isomeria geometrica ove questa sia presente.<br />

e) se l’alchene è ciclico si sostituisce il suffisso –ano con il suffisso –ene del cicloalcano corrispondente,<br />

mentre i due carboni vinilici occupano sempre le posizioni 1 e 2.


22<br />

Sintesi<br />

Gli alcheni fino a cinque atomi di carbonio si ottengono puri dall’industria petrolifera, mentre quelli più<br />

complessi si ottengono essenzialmente con due metodi, la deidroalogenazione degli alogenuri alchilici e la<br />

disidratazione degli alcoli.<br />

1) Deidroalogenazione degli alogenuri alchilici<br />

Quando il bromuro di terz-butile viene trattato a caldo con una soluzione alcolica di una base forte come<br />

l’idrossido di potassio, si liberano isobutene, bromuro di potassio ed acqua.<br />

Questo reazione consiste nella eliminazione di una molecola di acido alogenidrico (HBr) da due atomi di<br />

carbonio adiacenti (eliminazione 1,2). Il meccanismo prevede tre principali eventi: i) l’estrazione da parte<br />

della base di un protone legato all’atomo di carbonio β rispetto all’alogeno, ii) il “ribaltamento” della coppia<br />

di elettroni del legame C-H che va a formare un legame π e iii) l’espulsione dell’alogeno con la sua coppia di<br />

elettroni.<br />

Tutti e tre questi eventi avvengono contemporaneamente, si dice, infatti, che la reazione è concertata ed<br />

avviene in un unico stadio (unico stato di transizione) che coinvolge tutte e due le specie: l’alogenuro e la<br />

base. Per questa ragione la reazione prende anche il nome di Eliminazione E2, ovvero Eliminazione<br />

bimolecolare.<br />

Tutti e tre questi eventi avvengono contemporaneamente, si dice, infatti, che la reazione è concertata ed<br />

avviene in un unico stadio (unico stato di transizione) che coinvolge tutte e due le specie: l’alogenuro e la<br />

base. Per questa ragione la reazione prende anche il nome di Eliminazione E2, ovvero Eliminazione<br />

bimolecolare.


2) Disidratazione degli alcoli<br />

Trattando un alcole con acido solforico concentrato si ottienela disidratazione con formazione dell 'alchene.<br />

La reazione è di equilibrio, infatti gli alcooli possono essere preparati per idratazione degli alcheni. La<br />

reazione avviene in tre stadi con la formazione di un carbocatione come intermedio (si tratta ovviamente di<br />

una eliminazione). L'acido solforico funge da catalizzatore . Il meccanismo di reazione è qui di seguito<br />

descritto:<br />

23<br />

Per spostare l’equilibrio verso la formazione dell’alchene occorre allontanare l’acqua mediante distillazione<br />

oppure attraverso l’uso di agenti disidratanti (es. H2SO4 conc.).<br />

REAZIONI DEGLI ALCHENI: ADDIZIONE ELETTROFILA<br />

La reazione caratteristica degli alcheni è l’addizione al doppio legame carbonio-carbonio da parte di agenti<br />

elettrofili. La “nuvola” π sopra e sotto il piano della molecola è una fonte di elettroni notevolmente esposta<br />

all’attacco di reagenti che presentano lacune elettroniche (elettrofili). Durante l’attacco, il legame π si rompe e<br />

si formano due nuovi legami σ sui carboni adiacenti (esattamente il processo inverso rispetto<br />

all’eliminazione). La nuvola π è esposta anche all’attacco di agenti ossidanti, i quali danno ancora reazioni di<br />

addizione ma formano prodotti di ossidazione, parziale (epossidi e glicoli) o di scissione completa del doppio<br />

legame (ozonolisi). Il quadro globale delle reazioni sugli alcheni è qui di seguito rappresentato:<br />

Reazioni di addizione<br />

Idrogenazione<br />

Reazioni di ossidazione


Addizione di acidi alogenidrici: regola di Markovnikov<br />

Gli acidi alogenidrici HCl, HBr ed HI si addizionano agli alcheni per dare gli alogeno alcani. Le reazioni si<br />

conducono con i reagenti puri, per esempio facendo gorgogliare HCl secco nell’alchene, oppure in solventi<br />

polari come ad esempio l’acido acetico. Ecco alcuni esempi:<br />

24<br />

Una caratteristica importante di queste reazioni è la regioselettività, una proprietà che è legata<br />

all’orientamento con il quale il protone e l’alogenuro si sommano alle due estremità del doppio legame. Tale<br />

orientamento, infatti, non è casuale ma avviene selettivamente come appare nei seguenti esempi:<br />

La regola con la quale avviene l’addizione è nota come “Regola di Markovnikov”, ed afferma che “quando<br />

H-X o H 2 O si addizionano ad un alchene, il protone si lega al carbonio del doppio legame che presenta un<br />

maggior numero di idrogeno legati ad esso”. La spiegazione di questa regola appare chiara se si considera il<br />

meccanismo della reazione: la particella che attacca per prima è l’elettrofilo H + (il protone), che darà luogo<br />

alla formazione di un intermedio carbocationico. Poiché dall’attacco alle due estremità del doppio legame<br />

possono formarsi due carbocationi, sarà favorito l’attacco che porta al carbocatione più stabile. Poiché la<br />

scala di stabilità dei carbocationi è 3 ario > 2 ario > 1 ario , si verifica facilmente che l’attacco sul carbonio più<br />

idrogenato conduce sempre alla formazione del carbocatione più stabile. In definitiva, nell’addizione<br />

elettrofila si ottengono principalmente i derivati più sostituti:


Addizione di acqua: idratazione<br />

L’acqua si somma agli alcheni, in presenza di acidi, portando agli alcooli. Data l’enorme importanza pratica<br />

degli alcooli, questo processo è estremamente utile sia per le semplicità operative che per la vasta disponibilità<br />

industriale degli alcheni di partenza, La reazione avviene con il meccanismo esattamente inverso a quello già<br />

visto per la disidratazione, e segue la regola di Markovnikov. Così ad esempio l'isobutene reagisce con acido<br />

solforico diluito per dare l'alcole terz-butilico.<br />

25<br />

Addizione di Borano: idroborazione-ossidazione<br />

Gli alcoli primari possono essere ottenuti dalla reazione di addizione di Borano agli alcheni seguita<br />

dall’ossidazione con acqua ossigenata in ambiente basico. Il borano BH3 (o idruro di boro) è un reagente<br />

elettrofilo (l’atomo di boro, infatti, ha solo sei elettroni sull’orbita esterna) e si somma facilmente al doppio<br />

legame formando un alchil borano. La reazione di addizione prosegue con la somma di altre due molecole di<br />

alchene all’alchil borano. Alla fine si forma un trialchil borano.


Si può facilmente osservare che la reazione è regioselettiva e che avviene con modalità anti- Markovnikov,<br />

giacchè l’idrogeno questa volta si somma al carbonio meno idrogenato, mentre il boro si addizione al carbonio<br />

più idrogenato. Se il trialchil borano è ossidato con H2O2 in soluzione basica per NaOH si ottiene l’alcool<br />

primario (prodotto anti-Markovnikov).<br />

26<br />

Il maggiore vantaggio della reazione di idroborazione consiste nell’apparentemente “anomala” direzione<br />

dell’addizione, che sembra avvenire in violazione della regola di Markovnikov. In effetti, così non è: la regola<br />

è ancora rispettata, poiché in questa reazione la particella elettrofila non è il protone bensì l’atomo di boro. A<br />

causa della minore elettronegatività di quest’ultimo, infatti, il legame boro-idrogeno è polarizzato in senso<br />

inverso rispetto agli acidi alogenidrici [ +δ B-H δ− ], e l’idrogeno ha carattere idrurico. Sarà pertanto l’atomo di<br />

boro il primo a sommarsi, in quanto particella elettrofila, e come vuole la regola di Markovnikov, andrà sul<br />

carbonio vinilico più idrogenato.<br />

Reazione di idrogenazione: riduzione ad alcani<br />

L’addizione di idrogeno H 2 al doppio legame C=C si verifica quando un alchene è esposto ad un’atmosfera di<br />

idrogeno gassoso in presenza di un catalizzatore metallico e fornisce un alcano.<br />

In questo caso il doppio legame è idrogenato, o “ridotto” (l’addizione di idrogeno o la rimozione di ossigeno<br />

da una molecola organica costituisce infatti una riduzione). Nella maggior parte dei casi come catalizzatore si<br />

impiega palladio metallico, oppure platino.<br />

L’idrogenazione catalitica degli alcheni si differenzia dalla maggioranza delle altre reazioni organiche per il<br />

fatto di essere un processo eterogeneo; vale a dire che la reazione di idrogenazione avviene sulla superficie<br />

delle particelle del catalizzatore solido, anziché in soluzione. L’iniziale adsorbimento di H 2 sulla superficie del<br />

catalizzatore è seguita dalla complessazione tra il catalizzatore e l'alchene, dato che un orbitale vuoto del<br />

metallo interagisce con l'orbitale π pieno dell'alchene. Successivamente l'idrogeno viene inserito nel doppio<br />

legame e il prodotto saturo viene allontanato dal catalizzatore per diffusione. La reazione avviene con<br />

stereochimica sin (cioè il contrario di anti), nel senso che entrambi gli atomi di idrogeno si addizionano dalla<br />

stessa parte del doppio legame.


Reazione di ossidazione con peracidi: formazione di epossidi.<br />

Gli epossidi sono eteri ciclici costituiti da un anello a tre termini. Se un alchene è trattato in soluzione eterea o<br />

in diclorometano con un peracido, come l’acido peracetico, si libera il corrispondente epossido e l’acido<br />

acetico.<br />

27<br />

La reazione di epossidazione avviene in un unico stadio ove il peracido addiziona l’atomo di ossigeno su una<br />

delle due facce del doppio legame. Per questa ragione, la stereochimica dell’alchene di partenza viene<br />

“mantenuta“ nell’epossido di arrivo (dall’alchene trans si ottiene l’epossido trans e viceversa).<br />

Reazione di ossidazione con KMnO 4 : formazione dei glicoli.<br />

Alcuni metalli di transizione nei loro stati di ossidazione più alti, particolarmente il Mn(VII), sono efficaci<br />

agenti ossidanti per la conversione di un alchene in glicole. La reazione si conduce con KMnO 4 alcalino<br />

freddo ed ha come sottoprodotto il biossido di manganese.<br />

Questa reazione è stereoselettiva ed avviene con modalità sin. Ciò significa che i due gruppi ossidrilici sono<br />

addizionati dalla stessa faccia del doppio legame. Ciò può essere compreso se si considera il meccanismo<br />

della reazione che vede la formazione di un estere ciclico intermedio che subisce idrolisi per dare il glicole<br />

necessariamente cis.


Alchini<br />

Gli alchini sono idrocarburi insaturi caratterizzati dalla presenza del triplo legame carbonio-carbonio. La<br />

formula generale C n H 2n-2 indica che vi sono quattro atomi di idrogeno in meno rispetto all’alcano<br />

corrispondente. L’alchino più semplice è l’acetilene (C 2 H 2 ).<br />

28<br />

Struttura<br />

Nell’acetilene l’atomo di carbonio usa due orbitali ibridi equivalenti, gli orbitali sp, formati dall’unione di un<br />

orbitale 2p e dall’orbitale 2s, e giacenti in un piano passante per il nucleo del carbonio e diretti a 180° l’uno<br />

dall’altro.<br />

Con un ragionamento analogo a quello degli alcheni si sistemano i due atomi di idrogeno ed i due atomi di<br />

carbonio dell’acetilene in modo da dare la massima sovrapposizione frontale dei rispettivi orbitali s ed sp: si<br />

ottiene la struttura dei legami σ. Tuttavia la molecola non è ancora completa: i restanti orbitali 2p contenenti<br />

un singolo elettrone per ciascun carbonio, e non impegnati nell’ibridazione, possono sovrapporsi lateralmente<br />

per dare due nuovi legami π ortogonali tra loro. La sovrapposizione però non porta a quattro lobi affacciati tra<br />

loro, come ci si attenderebbe sulla base della molecole dell’etilene, bensì ad un’unica nuvola elettronica di<br />

forma cilindrica che ha come asse il legame σ carbonio-carbonio. L’acetilene è, dunque, una molecola lineare.<br />

Il triplo legame carbonio-carbonio è perciò formato da un forte legame σ e da due legami π più deboli.<br />

Nomenclatura<br />

La nomenclatura IUPAC degli alchini segue esattamente le stesse regole degli alcheni con la differenza che il<br />

suffisso –ano dell’alcano corrispondente alla catena di atomi di carbonio è sostituito con il suffisso –ino.<br />

Ovviamente, gli alchini non presentano isomeria geometrica né possono esistere come composti stabili gli<br />

alchini ciclici (se non per anelli molto grandi), giacché la geometria lineare del triplo legame non è<br />

compatibile con un ciclo.


Sintesi<br />

L’alchino di maggiore importanza industriale è l’acetilene, che viene preparato per azione dell’acqua sul<br />

carburo di calcio (CaC 2 ), il quale a sua volta si ottiene per reazione tra l’ossido di calcio ed il carbon coke ad<br />

alta temperatura.<br />

29<br />

Gli alchini superiori si ottengono dall’acetilene per reazione del suo sale metallico (acetiluro) con un<br />

alogenuro alchilico, in un classico processo di sostituzione S<br />

N<br />

2.<br />

Questa reazione sfrutta l’acidità dei protoni legati ad atomi di carbonio sp (pK a ~ 22) che possono essere<br />

estratti agevolmente da basi forti come la litio ammide (LiNH 2 ), cosa che non può avvenire negli alcheni o<br />

negli alcani data la debolissima acidità dei protoni legati ad atomi di carbonio sp 2 o sp 3 .


Benzene ed aromaticità<br />

I composti aromatici<br />

In passato erano definiti composti aromatici quelli, generalmente ricavati dal mondo vegetale, forniti di odori<br />

o sapori caratteristici come la vanillina, l’acido caffeico e l’olio di cannella. Tutti hanno in comune un anello<br />

insaturo chiamato benzene. Le prime indagini effettuate sul benzene durante il secolo XIX indicavano che si<br />

trattava di un composto liquido ed infiammabile con formula grezza C 6 H 6 . Nessun composto sino ad allora<br />

noto possedeva un rapporto carbonio-idrogeno simile. Il grande chimico tedesco Augusto Kekulè propose una<br />

struttura come quella sotto riportata nella quale il benzene assumeva la struttura di un triene ciclico formato<br />

da sei carboni e tre doppi legami intervallati da tre legami semplici.<br />

30<br />

La struttura proposta da Kekulè fu accolta con scetticismo ed ironia dal mondo scientifico contemporaneo. La<br />

critica derivava dal fatto, sperimentalmente osservato, che il benzene pur avendo tre doppi legami non dava le<br />

reazioni tipiche degli alcheni quali l’addizione di bromo, di idracidi ed era più resistente degli alcheni alle<br />

reazioni di ossidazione e riduzione. Il calore di idrogenazione risultava inoltre minore di circa 36 kcal/mol<br />

rispetto a quello di un triene ciclico quale quello ipotizzato da Kekulè. Con l’avvento dei raggi X si dimostrò<br />

non solo che il benzene aveva la struttura proposta dal chimico tedesco ma anche che tutti i sei legami<br />

carbonio-carbonio avevano identica lunghezza di 1.39 A, che è intermedia tra quella di un legame semplice<br />

(1.54 A) e quella di un legame doppio (1.34 A), e gli angoli di legame tutti di 120°. Inoltre, non si riusciva<br />

nemmeno a spiegare la maggiore stabilità termodinamica del benzene rispetto ad un triene ciclico. La<br />

soluzione si ebbe con l’avvento della meccanica quantistica. Il benzene si può descrivere come un sistema<br />

planare di atomi di carboni tutti ibridati sp2 ciascuno contenente un elettrone nell’orbitale non ibrido p. In<br />

questo sistema, ogni orbitale p non si sovrappone con un solo e ben preciso orbitale p adiacente, bensì<br />

esso si sovrappone allo stesso modo con entrambi gli orbitali p adiacenti e questo da origine ad una<br />

struttura nella quale tutti e 6 gli elettroni pi greca sono liberi di muoversi su tutto l’anello. In questa<br />

struttura si dice che si ha la massima delocalizzazione degli elettroni p.<br />

In termini di risonanza si dice che il benzene è un ibrido di due forme equivalenti, delle quali nessuna è<br />

corretta individualmente: la vera struttura è un ibrido, cioè è intermedia tra le due forme chiamate di Kekulè.<br />

Questa delocalizzazione conferisce la maggiore stabilità termodinamica del benzene rispetto a qualsiasi triene.<br />

Questa energia viene definita energia di stabilizzazione (o energia di risonanza) ed è pari a circa 36<br />

kcal/mol. Attualmente un composto è definito aromatico se è ciclico, planare con un numero di elettroni in<br />

orbitali p definito dalla regola di Hückel: numero elettroni = 4n+2. Con n uguale ad un numero intero e<br />

positivo compreso lo zero. Per il benzene n=1, e così via. Secondo questa regola sono aromatici i composti<br />

con 6, 10,14, 18 elettroni p eccetera. Per esempio, il naftalene è formato da due anelli benzenici condensati<br />

mentre l'antracene ne ha tre anelli benzenici condensati. Gli idrocarburi che non seguono questa regola sono<br />

definiti antiaromatici.


31<br />

Nomenclatura<br />

I derivati monosostituiti si denominano semplicemente dando il nome del sostituente seguito dalla parola<br />

benzene (bromobenzene, clorobenzene, nitrobenzene, metilbenzene ecc). Tuttavia, nella nomenclatura dei<br />

composti del benzene (definiti appunto aromatici o anche areni), più che in qualsiasi altra classe di composti<br />

organici, sono entrati nell’uso nomi non sistematici come toluene, anilina fenolo, benzaldeide, acido<br />

benzoico, acetofenone. Nel caso di molecole complesse il benzene può essere visto come un sostituente ed è<br />

chiamato fenile.<br />

Nei benzeni disostituiti si usano i prefissi orto (o), meta (m) e para (p) a seconda se i sostituenti sono in<br />

posizione reciproca 1,2, 1,3 ed 1,4. Nei benzeni con più di due sostituenti si sceglie un punto di attacco come<br />

C1 e si numerano i sostituenti sull’anello in modo che il secondo sostituente abbia il numero più basso<br />

possibile.<br />

Reazioni del benzene: La sostituzione elettrofila aromatica<br />

La più importante reazione dei composti aromatici è la sostituzione elettrofila aromatica indicata con<br />

l’acronimo SEAr . In questo processo un elettrofilo E + che sia sufficientemente reattivo, reagisce con l’anello<br />

aromatico del benzene per sostituire uno degli atomi di idrogeno che viene espulso come H + .


Il meccanismo generale prevede un primo stadio, quello lento, in cui l’elettrofilo si addiziona al benzene<br />

utilizzando un coppia di elettroni del legame π e generando un carbocatione sul carbonio adiacente l’attacco.<br />

In questa situazione l’anello ha perso la sua aromaticità (cioè ha un contenuto energetico di almeni 36<br />

Kcal/mole superiore al reagente). Per tale ragione, nel secondo stadio, quello veloce, l’anello aromatico tende<br />

a ripristinare il sestetto aromatico espellendo il protone. La reazione prevede perciò un’addizione seguita da<br />

una eliminazione: quindi globalmente può essere vista come una reazione di sostituzione di un elettrofilo,<br />

l’H + , da parte di un altro E + .<br />

Alogenazione<br />

La maggior parte degli elettrofili come gli idracidi, gli alogeni ecc., che pure reagiscono facilmente con gli<br />

alcheni, non sono sufficientemente forti da reagire con il benzene. Perché l’alogenazione avvenga è necessario<br />

aggiungere un acido di Lewis come il tricloruro di alluminio AlCl 3 . Questo è necessario per attivare il cloro<br />

che altrimenti da solo non sarebbe in grado di reagire con il benzene. In modo simile si può bromurare il<br />

benzene per ottenere il bromobenzene utilizzando come acido di Lewis AlBr 3 . E’ qui esemplificata la reazione<br />

di clorurazione del benzene.<br />

32<br />

Nitrazione<br />

Altra reazione molto importante è la nitrazione del benzene con acido nitrico concentrato in acido solforico<br />

concentrato (miscela solfonitrica). Il prodotto di reazione si chiama nitrobenzene ed è importante per la sintesi<br />

dell’anilina, un’ammina aromatica importante per la sintesi di farmaci, fitofarmaci e coloranti.<br />

L’acido solforico è un acido più forte del nitrico che si comporta da base. L’acido nitrico protonato perde una<br />

molecola di acqua per dare l’elettrofilo ione nitronio che reagisce con il benzene per formare il nitrobenzene.<br />

Poiché l’eliminazione di acqua per formare lo ione nitronio è una reazione reversibile, bisogna eliminare<br />

l’acqua per spostare l’equilibrio e favorire la formazione dello ione nitronio. Per far questo è necessario usare<br />

acido solforico concentrato che si comporta da agente disidratante. Il nitrobenzene è un solvente polare usato<br />

industrialmente per condurre una varietà du reazioni chimicje. la suaimportanza però è legata alla produzione,<br />

mediante riduzione con ferro ed HCl, di un composto ancora più importanteche è l'anilina. L'anilina è il<br />

composto base di farmaci e svariati prodotti industriali di largo consumo. In particolare, mediante la reazione<br />

di nitrosazione (trattamento con acido nitroso ed HCl) produce i sali di diazonio che sono gli intermedi nella<br />

preparazione dei coloranti azoici attraverso la reazione di diazocopulazione con fenoli ed aniline.I<br />

diazocoloranti sono una tra le classi di coloranti e pigmenti più usate per il loro basso costo, la resistenza e<br />

l'ampia gamma di tonalità di colore. Sono usati per colorare fibre ed alimenti (ora molti sono messi al bando<br />

perchè ritenuti cancerogeni) e come inchiostri da stampa.


Alchilazione ed acilazione di Friedel-Crafts<br />

Importanti sono le reazioni di sostituzione con elettrofili al carbonio come i cloruri acilici ed i carbocationi. Il<br />

benzene reagisce con i carbocationi per dare una classe di composti chiamati Areni. Gli areni sono idrocarburi<br />

formati da un anello aromatico ed una catena alifatica e, tra questi importanti sono l’isopropilbenzene ed il<br />

feniletano o etilbenzene, intermedio per la sintesi del feniletilene o stirene utilizzato per preparare il<br />

polistirene. L’etilbenzene si prepara facendo reagire il benzene con l’etilene in presenza di un acido forte con<br />

anione poco nucleofilo quale l’HF o H 3 PO 4 .<br />

33


Isomeria Ottica<br />

Molti oggetti della vita di tutti i giorni sono chirali. Per esempio, gli esseri umani sono asimmetrici in quanto<br />

le nostre immagini allo specchio non sono sovrapponibili non avendo il nostro corpo elementi di simmetria.<br />

Le mani sono asimmetriche perché tra loro non sovrapponibili. Anche una scarpa è un oggetto asimmetrico.<br />

Gli oggetti asimmetrici sono chiamati anche chirali (dal greco cheir che significa mano). La simmetria che si<br />

osserva a livello macroscopico si ripete a livello molecolare. Esistono, infatti, molecole simmetriche, come il<br />

metano o l’etanolo, e molecole chirali come gli zuccheri, gli ammino acidi i fosfolipidi e molecole più<br />

semplici quali il 2-butanolo.<br />

Enantiomeri e carbonio tetraedrico<br />

La chiralità più comune si riferisce a composti del carbonio tetraedrico. Un carbonio è chirale se legato a<br />

quattro sostituenti tra loro diversi. In questo caso le due immagini della molecola non sono sovrapponibili.<br />

34<br />

Le due immagini speculari non sovrapponibili sono chiamate Enantiomeri. Sono riportati gli enantiomeri<br />

del 2-butanolo e dell’ammino acido Alanina.<br />

Chiralità ed elementi di simmetria<br />

Un altro modo per identificare una molecola chirale è quello di cercare elementi di simmetria. Se la molecola<br />

possiede almeno un piano di simmetria allora non può essere chirale, ma sarà achirale.


35<br />

(a) oggetti achirali<br />

(possiedono un piano di simmetria)<br />

(b) oggetti chirali<br />

(non possiedono un piano di simmetria)<br />

Attività ottica<br />

Il fisico francese Biot agli inizi dell’800 osservo che quando un fascio di luce polarizzata passa attraverso<br />

una sostanza chirale (es. zucchero, canfora, etc.) il piano di polarizzazione viene ruotato di un certo angolo α<br />

e la sostanza viene chiamata otticamente attiva. L’angolo di rotazione è misurato con uno strumento<br />

chiamato polarimetro.<br />

Gli enantiomeri hanno identiche proprietà chimico-fisiche ad eccezione del potere ottico rotatorio [α] D .<br />

Mentre le molecole simmetriche poste in un tubo polarimetrico non fanno ruotare il piano della luce<br />

polarizzata, quelle asimmetriche ruotano il piano della luce polarizzata. Tra i due enantiomeri, uno fa ruotare<br />

il piano della luce polarizzata verso destra (enantiomero destrogiro), l’altro (levogiro) lo fa ruotare dello<br />

stesso numero di gradi verso sinistra. Evidentemente, se abbiamo una miscela in parti uguali dei due<br />

enantiomeri, chiamata racemo, il potere ottico sarà nullo.<br />

Determinazione della configurazione assoluta (R) ed (S)<br />

La sistemazione degli atomi attorno ad un centro chirale che caratterizza un dato stereoisomero si chiama la<br />

sua configurazione assoluta.<br />

Usando la prova della sovrapponibilità si può concludere che vi sono, ad esempio, due 2-butanoli enantiomeri<br />

di configurazione I e II. Come facciamo a stabilire e a riconoscere, in qualunque momento e da qualunque<br />

prospettiva si guardi, la sistemazione degli atomi attorno al centro chirale di I e II?


36<br />

L’unico modo possibile per fare ciò è assegnare la configurazione assoluta con regole universali riconosciute<br />

da tutti, seguendo le quali si è certi di parlare sempre dello stesso oggetto. Per stabilire la configurazione<br />

assoluta occorre seguire le regole qui descritte:<br />

1) Stabilire la priorità. Si stabilisce la priorità tra i quattro gruppi legati al centro<br />

chirale utilizzando la convenzione di Cahn-Ingold-Prelog. Per far questo si<br />

esaminano i pesi atomici degli atomi direttamente legati al centro chirale<br />

attribuendo il numero 1 all’atomo più pesante e il numero 4 a quello meno<br />

pesante. Per esempio, nel 2-butanolo gli atomi legati al centro chirale sono<br />

l’ossigeno, due carboni e l’idrogeno. L’ossigeno, pesando più del carbonio, ha<br />

priotrità 1. Poi i due carboni, quelli del CH 3 e del CH 2 CH 3 hanno lo stesso<br />

peso, ed infine l’idrogeno ha ovviamente la priorità più bassa 4. Per stabilire a<br />

quale dei due carboni (quello del metile e quello dell’etile) va la priorità 2 e la<br />

priorità 3 occorre allontanarsi di un atomo dal centro chirale andando a valutare il peso degli atomi<br />

direttamente a questi carboni. Nel caso del metile ci sono tre 3 idrogeni legati, mentre nel caso dell’etile<br />

sono presenti due idrogeni ed un carbonio, e quest’ultimo è più pesante dell’idrogeno. Pertanto, al<br />

CH 2 CH 3 tocca il numero 2 ed al CH 3 il numero 3. Va osservato, inoltre, che se non fosse stato sufficiente<br />

guardare gli atomi direttamente legati ai due carboni, la regala dice di procedere allontanandosi di un<br />

altro atomo dal centro chirale, e poi di un altro ancora e così via, fino ad incontrare il primo punto di<br />

discriminazione tra i gruppi.<br />

2) Orientare la molecola lontano dal gruppo 4. Dopo aver assegnato la<br />

priorità, ci si assicura di guardare la molecola dal lato esattamente<br />

opposto rispetto al gruppo a minore priorità, vale a dire che il gruppo<br />

4 (l’idrogeno in questo caso) deve trovarsi il più lontano possibile<br />

dall’osservatore (cioè dietro il piano).<br />

3) Seguire la rotazione dei gruppi 1,2,3. Poste le prime due condizioni, se<br />

per passare dal gruppo 1 al 2 al 3 il senso di rotazione è orario,<br />

allora la configurazione assoluta è R. Se invece il senso è antiorario<br />

la configurazione è S.<br />

La stessa operazione può essere condotta sulle proiezioni di Fisher o a croce. In queste formule Il carbonio<br />

chirale si posiziona al centro della croce, le catene di atomi di carbonio si pongono sui bracci verticali (il<br />

carbionio più ossidato in alto) mentre gli altri due sostituenti sui bracci orizzontali. In questo caso le regole<br />

vanno applicate come di seguito illustrato:<br />

1) si stabilisce la priorità tra i quattro gruppi legati al centro chirale come<br />

già fatto in precedenza;<br />

2) ci si assicura che il gruppo a minore priorità sia posto in una delle due<br />

posizioni verticali della croce di Fisher (in tal modo si è certi che esso è<br />

dietro il piano del foglio, quindi lontano dall’osservatore);<br />

3) poste le prime due condizioni, se per passare dal gruppo 1 al 2 al 3 il<br />

senso di rotazione è orario, allora la configurazione assoluta è R. Se<br />

invece il senso è antiorario la configurazione è S;<br />

4) se il gruppo a minore priorità si trova su uno dei bracci orizzontali (cioè


in posizione non corretta perché vicina all’osservatore), prima di assegnare la configurazione (cioè prima<br />

di andare al punto 3) si deve eseguire un numero pari di scambi tra due gruppi qualsiasi legati al centro<br />

chirale in modo da portare il gruppo 4 in posizione corretta (cioè lungo la verticale).<br />

37<br />

E’ opportuno ricordare che dopo un numero pari di scambi (2, 4, 6 ecc), tra due qualsiasi gruppi legati ad un<br />

centro chirale, la configurazione assoluta a quel centro non varia.<br />

La configurazione assoluta di un centro chirale non implica il suo potere ottico rotatorio. Cioè, un enantiomero<br />

R può essere destrogiro o levogiro. Come abbiamo visto, gli enantiomeri presentando identiche proprietà<br />

fisiche, non possono essere separati con metodi fisici quali la distillazione o la cristallizzazione frazionata. I<br />

diastereoisomeri invece, avendo proprietà fisiche diverse, possono essere separate con metodi fisici.<br />

L’isomeria ottica è un fenomeno di cruciale importanza nei processi biologici. Infatti, la Natura, durante<br />

l’evoluzione, ha selezionato per i composti chirali soltanto uno dei possibili enantiomeri. Per esempio gli<br />

ammino acidi, tranne la cisteina, hanno configurazione assoluta S e le proteine, costituite in massima parte da<br />

ammino acidi S, hanno configurazione S. Da qui discende che una proteina S può esplicare le sue funzioni<br />

biologiche mentre, una proteina formata da ammino acidi R, è biologicamente inattiva. Il D-(+) glucosio è<br />

metabolizzato durante la glicolisi mentre l’ L-(-) glucosio non lo è.<br />

Molecole con più centri chirali<br />

Una molecola può possedere più di un centro chirale. In questo caso il numero degli isomeri ottici possibili è<br />

generalmente dato da: 2 n dove n è il numero dei carboni chirali. Per esempio, nel caso del 2,3-pentandiolo n=2<br />

gli isomeri sono quattro ed avremo due coppie di enantiomeri.


Ciascun enantiomero di una coppia non è l’immagine speculare di uno dell’altra coppia. Un enantiomero di<br />

una coppia si dice allora diastereoisomero dell’enantiomero dell’altra coppia. Due diastereoisomeri, non<br />

essendo l’uno immagine speculare dell’altro, hanno proprietà fisiche e talvolta chimiche diverse..<br />

Comunque la regola 2n non è sempre valida. Infatti, ci sono composti che pur avendo più centri chirali<br />

possono presentare un piano di simmetria. Gli isomeri ottici che hanno un piano di simmetria sono detti<br />

mesocomposti. Un mesocomposto ha potere ottico rotatorio nullo. Si riporta qui il caso del 2,3-dicloro butano<br />

che, pur avendo due centri chirali, ha una coppia di enantiomeri ed un mesocomposto. Come si vede gli<br />

isomeri ottici non sono quattro ma tre.<br />

38<br />

piano di simmetria<br />

H<br />

H<br />

HO<br />

OH<br />

cis-1,2-ciclopentandiolo<br />

meso composto<br />

Anche il cis-1,2-ciclopentandiolo è un composto meso dato che possiede un piano di simmetria.


39<br />

ALOGENURI ALCHILICI<br />

(Sostituzione nucleofila alifatica)<br />

Gli alogenuri alchilici (o alogeno alcani) sono composti contenenti un atomo di alogeno legato<br />

covalentemente ad un atomo di carbonio ibridato sp 3 . Il simbolo generale per indicarli è R-X, dove X può<br />

essere Fluoro, Cloro, Bromo e Iodio, mentre R è un generico raggruppamento alchilico.<br />

R-X<br />

alogenuro alchilico<br />

I composti appartenenti a questa classe possono essere preparati facilmente a partire da almeno tre categorie di<br />

reagenti: 1) dagli alcani, per alogenazione radicalica, 2) dagli alcheni, per addizione di acidi alogenidrici e 3)<br />

dagli alcoli, per sostituzione nucleofila. Proprio quest’ultima costituisce la principale categoria di reazioni<br />

date da questi composti. Mediante queste reazioni gli alogenuri, oltre che essere preparati, possono essere<br />

trasformati in alcoli, eteri, ammine, tioli, solfuri, nitrili etc. Inoltre, per β-eliminazione possono essere<br />

trasformati in alcheni.<br />

Nomenclatura<br />

Il nome IUPAC di un alogenuro deriva dal nome del corrispondente alcano (in accordo con la regola già<br />

descritta di individuare la catena più lunga di atomi di carboni) numerando la catena base in modo da<br />

assegnare all’alogeno il numero più piccolo possibile. Gli atomi di alogeno, come gli altri sostituenti, sono<br />

indicati dai prefissi fluoro-, cloro-, bromo- e iodo- e vengono indicati in ordine alfabetico. I nomi comuni,<br />

invece, si formano indicando il nome del raggruppamento alchilico preceduto dal nome dell’alogenuro come<br />

parola separata (nello schema seguente sono indicati fra parentesi).<br />

Infine, in base al tipo di raggruppamento alchilico a cui è legato l’alogeno, parleremo di alogenuro 1 ario , 2 ario e<br />

3 ario .<br />

Sostituzione nucleofila alifatica<br />

Quando il bromuro di metile reagisce con idrossido di sodio in un solvente che sciolga entrambi i reagenti, si<br />

forma metanolo e bromuro di sodio. Questa è una reazione di sostituzione: il gruppo –OH sostituisce il gruppo<br />

–Br del composto di partenza.<br />

Questo è un tipico esempio di sostituzione nucleofila alifatica ed è la reazione caratteristica degli alogenuri<br />

alchilici. Un nucleofilo è qualsiasi reagente che doni una coppia di elettroni non condivisa in un legame. Una<br />

sostituzione nucleofila è ogni reazione in cui un nucleofilo è sostituito da un altro. Gli alogenuri danno<br />

facilmente la reazione di sostituzione nucleofila (detta anche di spostamento nucleofilico) perchè gli<br />

alogenioni sono basi estremamente deboli, perciò tendono a lasciare l’atomo di carbonio a cui sono legati<br />

portandosi dietro la coppia di elettroni. Ciò avviene molto facilmente se vi è una base più forte (ad esempio lo<br />

ione idrossido) disposta a cedere la propria coppia di elettroni al carbonio per formare un nuovo legame.


40<br />

In generale, il composto che subisce la reazione è chiamato substrato, ed il gruppo che viene “spostato”<br />

(l’alogenione) è chiamato gruppo uscente. I reattivi nucleofili possono essere sia organici che inorganici,<br />

carichi oppure neutri, basi forti o basi deboli.<br />

Meccanismo della sostituzione nucleofila alifatica (S N 2)<br />

Il principale meccanismo con il quale avviene la sostituzione nucleofila è Il meccanismo SN2. Il nucleofilo<br />

attacca il centro di reazione dal lato opposto rispetto al gruppo uscente. Per descriverlo si prenda in<br />

considerazione la reazione modello tra l’(R)-2-bromobutano e l’idrossido di sodio che porta all’(S)-2-<br />

butanolo. Il carbonio nello stato di transizione assume un assetto planare, mentre i due legami, quello con<br />

l’OH che si va formando e quello con il Br che si va rompendo, sono posizionati a 180°. La reazione avviene<br />

in un unico stadio in cui sono coinvolte due specie (il substrato ed il nucleofilo), e perciò è detta<br />

bimolecolare, e la configurazione finale al centro di reazione risulta invertita.<br />

Profilo energetico della S N 2


Fattori strutturali che influenzano la SN2.<br />

Gruppo uscente: La natura del gruppo uscente è basilare. La “bontà” del gruppo uscente, vale a dire la<br />

capacità dello stesso di diventare un anione, favorirà la reazione di sostituzione. La linea guida è che le basi<br />

deboli sono i “migliori gruppi uscenti” e le basi forti sono “cattivi gruppi uscenti”. La scala di reattività<br />

dei gruppi uscenti sarà pertanto:<br />

41<br />

Cattivi gruppi uscenti<br />

Buoni gruppi uscenti<br />

Nucleofilo (o gruppo entrante): alcuni nucleofili sono più efficaci di altri nel sostituire un gruppo uscente.<br />

Più forte è il nucleofilo tanto più velocemente attaccherà il substrato favorendo il meccanismo SN2.<br />

Gruppo alchilico. La reazione SN2 è rallentata dall’impedimento sterico, che rende difficoltoso l’attacco dal<br />

“retro” della molecola, perciò avverrà facilmente sugli alogenuri 1 ari , molto lentamente sui 2 ari , mentre sui 3 ari<br />

non avverrà affatto.<br />

Reazione di beta-eliminazione. Cosa accade, allora, quando l’alogenuro è terziario ed è attaccato da un<br />

nucleofilo forte come l’OH - ? In questo caso ha luogo una seconda categoria di reazioni a cui sono sottoposti<br />

gli alogenuri alchilici cioè la β-eliminazione (nota anche come deidroalogenazione) che è già stata presentata<br />

come metodo di preparazione degli alcheni. L’OH- può comportarsi da nucleofilo se attacca il carbonio e da<br />

sostituzione, ma in questo caso non potendo agire come tale agirà da base attaccando il protone in posizione<br />

beta per dare eliminazione.<br />

La reazione di eliminazione può avvenire con un meccanismo E2 che presenta strette analogie con la<br />

sostituzione S N 2. Il prevalere del processo di sostituzione su quello di eliminazione dipende, in prima istanza,<br />

dal gruppo alchilico. Se è primario darà sostituzione mentre se è terziario darà eliminazione.<br />

Il meccanismo SN1.<br />

Esiste un secondo meccanismo di sostituzione che è molto raro ed avviene il nucleofilo è “debole” ed il<br />

substrato è terziario e si sostituzione S N 1. Una classica reazione S N 1 è quella tra un alogenuro secondario o<br />

terziario e l’acqua (nucleofilo). Poiché l’acqua è spesso anche il solvente (o anche il cosolvente) la reazione è


nota anche come solvolisi. Essendo una base debole, l’acqua è un “cattivo” come nucleofilo, di conseguenza<br />

non “attacca” subito il centro di reazione, ma “attende” che il gruppo uscente si “allontani”. Nel meccanismo<br />

S N 1, infatti, la rottura del legame tra carbonio e gruppo uscente viene completata prima che cominci a formarsi<br />

il legame tra carbonio e nucleofilo. La reazione avviene in due stadi dei quali il primo, che è quello ad energia<br />

di attivazione più alta (stadio lento), prevede la scissione del legame C-Br e la formazione di un carbocatione<br />

intermedio. Nel secondo l’acqua (un nucleofilo debole) attacca il carbocatione e porta alla formazione<br />

dell’alcole terziario.<br />

42<br />

H 3 C<br />

CH 3<br />

C<br />

CH 3<br />

Br<br />

Bromuro di terz-butile<br />

bromuro 3 ario<br />

lento<br />

H 3 C<br />

CH 3<br />

H<br />

CH 3<br />

O H<br />

C Br H 3 C C OH<br />

solvolisi<br />

CH 3 CH 3<br />

carbocatione 3 ario<br />

(più stabile)<br />

Profilo energetico della S N 2<br />

(debole<br />

nucleofilo)<br />

Alcole terz-butilico<br />

prodotto di<br />

sostituzione S N 1<br />

+ HBr<br />

Sintesi di Williamson degli eteri.<br />

Questa reazione è, insieme alla formazione degli alcooli già illustrata, un’altra diretta applicazione delle<br />

reazioni di sostituzione nucleofila sugli alogenuri alchilici. La reazione comporta la sostituzione di tipo S N 2<br />

condotta da uno ione alcossido su un alogenuro per formare un etere. Lo ione alcossido è preparato dall’alcool<br />

corrispondente per reazione con sodio metallico:


Alcoli<br />

Gli alcoli sono composti di formula generale R-OH, dove R è un gruppo alchilico qualsiasi, anche sostituito,<br />

che può essere primario, secondario o terziario, a catena aperta o ciclico. Gli alcoli si possono considerare<br />

formalmente derivanti dall’acqua per sostituzione di un atomo di idrogeno con un gruppo alchilico.<br />

44<br />

Struttura<br />

Il gruppo ossidrile degli alcoli è legato ad un atomo di carbonio sp 3 , così come sp 3 è anche l’ibridazione<br />

dell’atomo di ossigeno. L’alcool più semplice è il metanolo.<br />

Nomenclatura<br />

Il nome IUPAC di un alcool si forma dal nome del corrispondente alcano, dopo aver individuato la catena più<br />

lunga di atomi di carbonio che contiene l’ossidrile, sostituendo il suffisso -o con il suffisso –olo. La catena<br />

base deve essere numerata in modo da assegnare all’ossidrile il numero più basso possibile. I nomi comuni,<br />

invece, si formano indicando il nome del raggruppamento alchilico legato all’ossidrile preceduto dalla parola<br />

alcool. Un alcool è 1 ario , 2 ario o 3 ario se l‘atomo di carbonio che porta legato l’ossidrile lega a sua volta uno,<br />

due o tre atomi di carbonio.<br />

Proprietà fisiche<br />

Il gruppo ossidrilico è il principale responsabile delle proprietà fisiche degli alcoli, la sua presenza rende<br />

questi composti di gran lunga più polari rispetto ad alcani, alcheni, alchini, alogenuri ed eteri. Gli effetti di<br />

questa elevata polarità sono evidenziati dai punti di ebollizione e dalla solubilità in acqua, che negli alcoli<br />

sono nettamente superiori rispetto ai composti su citati di analogo peso molecolare. Queste differenze sono<br />

dovute formazione di un’estesa rete di legami idrogeno che tengono unite le molecole dell’alcole facendone<br />

aumentare il punto di ebollizione, e che in modo analogo permettono l’interazione attrattiva responsabile della<br />

miscibilità degli alcoli con l’acqua.


Sintesi<br />

Gli alcoli sono la classe di composti organici più utile dal punto di vista sintetico. Da essi si possono ricavare<br />

quasi tutti i composti alifatici: gli alcheni, gli alogenuri alchilici, gli eteri, le aldeidi, i chetoni, gli acidi, gli<br />

esteri e molti altri ancora. Sono utilissimi non solo come materia prima, ma anche come solventi di<br />

reazione e per cristallizzare un gran numero di prodotti organici.<br />

Per essere un materiale di partenza così importante nel panorama sintetico gli alcoli debbono essere<br />

disponibili in grande quantità e a basso prezzo. Gli alcoli più semplici sono ottenuti industrialmente<br />

attraverso due principali metodi: l’idratazione degli alcheni ottenuti per cracking del petrolio e la<br />

fermentazione degli zuccheri.<br />

45<br />

ossidrilazione<br />

Fermentazione degli zuccheri.<br />

E’ il più antico processo chimico sintetico usato dall’uomo ed ha ancora un’importanza enorme per la<br />

preparazione dell’alcool etilico e di alcuni altri alcoli. Gli zuccheri provengono da fonti diverse ma<br />

principalmente dalla melassa ottenuta dalla canna da zucchero o dall’amido di svariati cereali e dalla<br />

barbabietola da zucchero. L’alcool etilico, il più importante membro della famiglia degli alcoli, è tra i più<br />

antichi composti organici sintetici usati dall’uomo. Industrialmente è usato come solvente per lacche, vernici,<br />

profumi ed aromi, per svariate reazioni chimiche e per le ricristallizzazioni; inoltre, è presente in tutte le<br />

bevande alcoliche preparate per via fermentativa. In medicina è classificato tra gli ipnotici, anche se è meno<br />

tossico di altri alcoli come, ad esempio, il metanolo che, invece, è molto velenoso (berlo, respirarlo per lunghi<br />

periodi o lasciarlo a lungo a contatto con la pelle può portare alla cecità o alla morte).<br />

Reazioni<br />

Le proprietà chimiche degli alcoli sono determinate essenzialmente dal gruppo ossidrilico.


Le reazioni di un alcool avvengono o per rottura del legame C-O, con distacco del gruppo ossidrilico, o per<br />

rottura del legame O-H , con distacco dell’atomo di idrogeno come protone. La reattività dipende anche dalla<br />

struttura del gruppo alchilico R, che in qualche caso giunge persino a modificare l’andamento della reazione.<br />

Acidità<br />

Data la stretta analogia strutturale con l’acqua, gli alcooli sono acidi molto deboli di forza paragonabile a<br />

quella dell’acqua. Il metanolo è leggermente più acido dell’acqua (pKa leggermente inferiore), mentre tutti<br />

gli altri alcoli sono acidi più deboli dell’acqua. Data la loro debole acidità, gli alcoli possono essere salificati<br />

solo da basi molto forti, neppure l’NaOH è sufficientemente basico da formare quantitativamente l’alcolato.<br />

Le basi più usate per ionizzare gli alcoli sono gli idruri metallici (ad esempio idruro di sodio) oppure alcuni<br />

metalli attivi nello stato elementare come litio, sodio, potassio o magnesio. La reazione acido-base è messa in<br />

evidenza dallo sviluppo di bollicine di idrogeno molecolare che si libera. Si noti, inoltre, come il nome del<br />

sale si formi sostituendo il suffisso -ato al suffisso –e del gruppo alchilico.<br />

46<br />

Gli alcoli sono anche delle basi molto deboli e possono accettare protoni dagli acidi minerali forti come HX,<br />

H 2 SO 4 etc. Il prodotto della protonazione è uno ione ossonio.<br />

Questo equilibrio costituisce il primo stadio delle principali reazioni date dagli alcoli in ambiente acido:<br />

l’eliminazione ad alchene e la sostituzione con acidi alogenidrici per formare gli alogenuri.<br />

Conversione in alogenuri alchilici<br />

La conversione di un alcool in alogenuro alchilico comporta la sostituzione di un gruppo –OH con un atomo<br />

di alogeno. I reagenti più comuni sono gli acidi alogenidrici. Gli alcoli a basso peso molecolare, solubili in<br />

acqua, vengono trasformati in cloroalcani per trattamento con HCl concentrato. Gli alcoli terziari sono<br />

estremamente reattivi, per essi la reazione avviene a temperatura ambiente.


ll meccanismo di questa reazione è sostanzialmente una reazione di sostituzione nucleofila S N 1 che avviene<br />

sull’alcole protonato (ione ossonio). Il meccanismo si compone di tre stadi dei quali lo stadio lento è la<br />

formazione carbocatione terziario.<br />

47<br />

Ossidazione degli alcooli<br />

Un alcool primario può essere ossidato ad aldeide o ad acido carbossilico, a seconda delle condizioni di<br />

reazione. Gli alcoli secondari sono ossidati a chetoni, mentre gli alcoli terziari non sono ossidati.<br />

Gli ossidanti più usati per l’ossidazione degli alcoli sono l’acido cromico (H2CrO4) ed il permanganato di<br />

potassio (KMnO4). L’acido cromico è generato nell’ambiente di reazione da anidride cromica o bicromato di<br />

potassio in acido solforico acquoso.


Sia l’acido cromico che il permanganato di potassio sono ossidanti energici, e poiché l’aldeide è un composto<br />

più facilmente ossidabile dell’alcool di partenza, l’ossidazione procede portando direttamente all’acido<br />

carbossilico. In taluni casi è possibile isolare l’aldeide distillandola man mano che si forma.<br />

48<br />

Un’ossidazione più blanda può ottenersi impiegando ancora l’anidride cromica, ma in combinazione con HCl<br />

acquoso e piridina. In queste condizioni si forma il clorocromato di piridinio (PCC), il cui impiego permette<br />

di arrestare l’ossidazione degli alcoli primari ad aldeide.<br />

Gli alcooli secondari sono ossidati a chetoni sia dall’acido cromico che dal PCC, mentre gli alcooli terziari<br />

sono resistenti all’ossidazione.<br />

Molti alcoli sono biologicamente attivi. Alcuni come il geraniolo ed il mentolo son essenze o fragranze usate<br />

in profumeria o nell’industria dolciaria. Tra gli alcoli biologicamente attivi figura ovviamente il glicerolo che<br />

forma i trigliceridi ed i fosfolipidi.<br />

Con il termine glicerolo si intende esclusivamente la sostanza pura, mentre in commercio si trovano sotto<br />

forma di derivati, quali ad esempio la glicerina, che ne contiene quantità pari al 95%.<br />

A temperatura ambiente è un liquido incolore piuttosto denso, viscoso e dolciastro; la presenza di tre gruppi -<br />

OH lo rende miscibile con l'acqua in ogni proporzione. Ricavato industrialmente come sottoprodotto della<br />

lavorazione del sapone, trova impiego nella produzione di sciroppi, creme per uso farmaceutico e cosmetico,<br />

nonché come additivo alimentare,


Eteri, epossidi e fenoli<br />

Eteri<br />

Gli eteri sono composti di formula generale R-O-R, dove R può essere un gruppo alchilico od arilico.<br />

Formalmente possono essere considerati derivati dall’acqua per sostituzione di tutti e due gli atomi di<br />

idrogeno con gruppi organici. L’atomo di ossigeno è ibridato sp 3 e possiede due coppie di elettroni non<br />

condivisi in altrettanti orbitali ibridi sp 3 .<br />

50<br />

Il nome degli eteri viene generalmente formato facendo precedere la parola etere al nome dei due radicali<br />

legati all’atomo di ossigeno. Gli eteri ciclici hanno nomi propri; sono importanti soprattutto quelli a 5 e 6<br />

termini sia perché usati come solventi di reazione sia perché costituiscono le sub-unità di molte molecole di<br />

importanza biologica (zuccheri, acidi nucleici etc.). Dal punto di vista pratico l’etere a catena aperta più<br />

importante è l’etere dietilico, noto anestetico e solvente usato per le estrazioni.<br />

(fenilmetil etere)<br />

Proprietà fisiche<br />

Gli eteri sono composti dotati di una debole polarità ed hanno punti di ebollizione paragonabili a quelli degli<br />

alcani di analogo peso molecolare, questo perché non possono instaurare legami idrogeno tra le loro molecole.<br />

Tuttavia, gli eteri a basso peso molecolare presentano una discreta solubilità in acqua grazie alla possibilità di<br />

instaurare legami idrogeno in qualità di accettori.<br />

Sono composti in genere poco reattivi: questo li rende utili come solventi per molte reazioni. Alcuni eteri<br />

sono solventi particolarmente utili perché polari, quindi in grado di sciogliere composti polari e ionici, ma<br />

- a differenza di molti altri solventi polari - aprotici, cioè privi di idrogeni facilmente rimovibli come ione<br />

H + . Gli eteri utili come solventi polari aprotici comprendono eteri ciclici quali il tetraidrofurano e l'1,4-<br />

diossano nonché glicoleteri quali dietilenglicol dimetiletere (diglime). Una classe speciale di eteri è quella<br />

degli eteri corona, polieteri in cui più unità -CH 2 -CH 2 -O- si uniscono a formare un anello chiuso. Gli<br />

atomi di ossigeno, tramite i loro doppietti elettronici non condivisi possono formare composti di<br />

coordinazione con particolari cationi. Gli eteri corona trovano per questo impiego come catalizzatori di<br />

trasferimento di fase o agenti sequestranti di particolari cationi.


Sintesi degli eteri: la reazione di Williamson<br />

La più importante preparazione di laboratorio degli eteri è la sintesi di Williamson. La reazione comporta la<br />

sostituzione di tipo S N 2 condotta da uno ione alcossido su un alogenuro. Lo ione alcossido è preparato<br />

dall’alcool corrispondente per reazione con sodio metallico:<br />

51<br />

(o etossido di sodio)<br />

Epossidi<br />

Un epossido è un etere ciclico in cui l’ossigeno è uno degli atomi di un anello a tre termini. Sebbene<br />

appartengano alla classe degli eteri, questi composti possiedono una speciale reattività che gli è conferita dal<br />

piccolo anello. Gli angoli di legame dell’anello epossidico, infatti, sono in media di 60° e perciò di gran lunga<br />

inferiori rispetto ai normali angoli di un carbonio tetraedrico (109.5°) o dell’angolo dell’ossigeno bivalente<br />

(110°) negli eteri a catena aperta. L’anello è, quindi, in forte tensione ed i legami sono più deboli di quelli di<br />

un comune etere, perciò gli epossidi tendono facilmente a dare reazioni di apertura dell’anello.<br />

La nomenclatura corrente degli epossidi prevede di aggiungere la parola ossido all’alchene da cui deriva<br />

l’epossido. Il più semplice degli epossidi sarà perciò l’ossido di etilene. Questo, senza dubbio il più importante<br />

tra gli epossidi, si prepara industrialmente per ossidazione catalitica con aria dell’etilene. Gli altri epossidi si<br />

preparano a partire dagli alcheni per epossidazione diretta con un peracido (il più usato è l’acido peracetico)<br />

secondo una reazione già vista precedentemente per gli alcheni.


Reazione di apertura degli epossidi<br />

Le reazioni di apertura dell’anello epossidico sono catalizzate sia dagli acidi che dalle basi. Nella catalisi<br />

acida, l’epossido viene dapprima protonato sull’atomo di ossigeno e poi subisce attacco, da parte dei<br />

nucleofili, dalla faccia opposta del piano rispetto all’ossigeno stesso. La più classica apertura di questo tipo è<br />

quella data dall’acqua per formare i dioli anti.<br />

52<br />

Pertanto, l’apertura degli epossidi e l’ossidrilazione con permanganato sono due reazioni con stereoselettività<br />

inversa e permettono di preparare dioli vicinali con stereochimica opposta.<br />

Fenoli<br />

I composti che hanno il gruppo ossidrilico direttamente legato all’anello benzenico sono detti<br />

fenoli. Così, il fenolo è il nome specifico dell’idrossibenzene ed è il nome generale della famiglia<br />

di composti derivati dall’idrossibenzene.<br />

Nomenclatura<br />

Dato che nel termine fenolo il gruppo funzionale è considerato come un suffisso, la IUPAC ha deliberato che<br />

tutti i composti derivati possono essere chiamati come tali. I sostituenti sono indicati con i prefissi orto, meta e<br />

para. In molti casi i fenoli sostituiti prendono nomi propri. I gruppi acidi come il carbossilico sono considerati<br />

prioritari, per cui quando un fenolo contiene tali gruppi l'ossidrile è indicato con il prefisso idrossi- come nel<br />

caso degli altri alcool. Nel caso di anelli aromatici condensati si mantiene il suffisso olo, come per il naftolo.<br />

OH<br />

1-naftolo


Proprietà fisiche<br />

I fenoli sono composti polari, generalmente composti cristallini con punti di fusione relativamente bassi ed<br />

odore molto caratteristico. Hanno punti di ebollizione piuttosto elevati, dato che si forma il legame idrogeno<br />

intermolecolare. Il fenolo è poco solubile in acqua fredda ma totalmente miscibile con acqua calda. Sia fenoli<br />

che cresoli sono usati come disinfettanti commerciali.<br />

Sintesi<br />

Il fenolo è un prodotto chimico di grande interesse industriale; viene usato come sostanza di partenza per un<br />

gran numero di prodotti commerciali, dall’aspirina, a molte materie plastiche. La produzione mondiale annua<br />

è di più di 3 milioni di tonnellate. Tra i metodi industriali figura il Processo Dow a partire dal clorobenzene:<br />

53<br />

Acidità dei fenoli<br />

Pur essendo strutturalmente simili agli alcoli, i fenoli presentano un’acidità più spiccata. Mentre il<br />

cicloesanolo ha un pKa di circa 18, il fenolo ha un pKa di 10. La ragione di ciò risiede nell’equilibrio di<br />

dissociazione che è più spostato a destra nel caso del fenolo a causa della possibilità di delocalizzare la carica<br />

negativa dell’ossigeno del fenato nell’anello aromatico.<br />

Strutture di risonanza che stabilizzano lo ione fenato:<br />

Esercizi


Aldeidi e Chetoni<br />

Le aldeidi ed i chetoni sono composti caratterizzati dalla presenza del gruppo funzionale carbonile, e perciò<br />

sono anche chiamati composti carbonilici.<br />

54<br />

Gruppo carbonile<br />

Nei chetoni il carbonile si trova all’interno di una catena di atomi di carbonio, mentre nelle aldeidi il gruppo<br />

carbonile si trova alla fine.<br />

Chetone<br />

aldeide<br />

Nomenclatura<br />

Molti chetoni conservano il nome tradizionale. Tuttavia, conviene sempre utilizzare il nome IUPAC che si<br />

ottiene semplicemente individuando la catena più lunga che contiene il carbonile, numerando la catena<br />

dall’estremità che assegna al gruppo carbonilico il numero più piccolo ed usando la desinenza one sul nome<br />

dell’alcano corrispondente. Un modo alternativo è quello di elencare i gruppi alchilici legati al carbonile (in<br />

ordine alfabetico) facendo seguire la parola chetone.<br />

La presenza di ramificazioni nella catena non altera quanto detto. Per esempio il composto qui di seguito<br />

illustrato si chiama 5-metil-3-eptanone e non 3-metil-5-eptanone<br />

Le aldeidi sono caratterizzate dall’avere il carbonile all’estremità della catena carboniosa e quindi il C=O è<br />

legato ad una catena carboniosa ed ad un idrogeno. In questo caso il gruppo carbonilico prende di diritto il<br />

numero 1. La desinenza che indica un’aldeide secondo la nomenclatura IUPAC è ale. Sotto sono riportate<br />

alcune aldeidi. Come si può notare non è qui necessario indicare con un numero la posizione del carbonile.


55<br />

Struttura del carbonile<br />

Come per gli alcheni, nel carbonile il carbonio e l’ossigeno sono ibridati sp 2 e sono coplanari. I due orbitali 2p<br />

non ibridi si sovrappongono a formare il doppio legame. Pertanto, il carbonile ed i sostituenti ad esso legati<br />

sono coplanari e formano angoli di legame di 120° mentre la nuvola elettronica del doppio legame π giace<br />

sopra e sotto il piano del legame C-O. L’atomo di ossigeno possiede due coppie di elettroni non condivise<br />

(lone pairs) giacenti in due orbitali ibridi sp 2 orientati a 120° e coplanari con la molecola.<br />

A differenza però del doppio legame C=C, il legame C=O è polarizzato perché l’ossigeno è più<br />

elettronegativo del carbonio e per il carbonile si possono avere strutture in risonanza:<br />

Sintesi di aldeidi e chetoni<br />

Le aldeidi si preparano per ossidazione degli alcoli primari con triossido di cromo CrO 3 in piridina ed HCl<br />

(PCC). Gli alcooli secondari si ossidano a chetoni con permanganato KMnO 4 o bicromato di potassio<br />

K 2 Cr 2 O 7 . in condizioni blande di reazione.<br />

Le aldeidi si ossidano facilmente ad acidi carbossilici RCOOH mentre i chetoni sono molto più resistenti<br />

all’ossidazione (vedi le reazioni di ossidazione degli alcoli).


56<br />

Le reazioni di addizione nucleofila<br />

Il carbonio carbonilico ha carattere elettrofilo e quindi reagisce con i nucleofili mentre l’ossigeno ha carattere<br />

nucleofilo e reagisce con gli elettrofili. Quindi, le aldeidi ed i chetoni danno reazioni di addizione nucleofila.<br />

Durante l’attacco del nucleofilo (stadio lento) l’atomo di ossigeno carbonilico esplica simultaneamente<br />

l’effetto di richiamo della coppia di elettroni π (definito effetto “mesomerico” –M). Dopo l’attacco, si forma<br />

un alcolato intermedio che è tetraedrico (carbonio sp 3 ). L’ossigeno carico negativamente catturerà nello<br />

stadio seguente (stadio veloce) l’elettrofilo che accompagna come controione il nucleofilo (generalmente<br />

l’H + ). E’ importante notare che, essendo il carbonile di partenza planare (carbonio sp 2 ), l’addizione del<br />

nucleofilo può avvenire da ambedue le facce del piano. Ciò significa che, nel caso in cui si venga a formare un<br />

centro chirale, si otterrà un racemo.<br />

3<br />

I nucleofili possibili sono le basi forti (coniugate di acidi deboli) come lo ione idrossido, lo ione alcossido e lo<br />

ione idruro. Queste specie, essendo nucleofili forti, si sommano direttamente al carbonile senza bisogno che<br />

esso debba venire attivato (somma in ambiente basico).<br />

Al contrario, i nucleofili deboli (acqua, alcoli, ammoniaca ed ammine) non sono in grado di addizionarsi<br />

direttamente al carbonile. E’ necessario, in questi casi, che questo venga reso più elettrofilo da una preliminare<br />

protonazione dell’H + . L’addizione in questo caso avviene in ambiente acido ed è catalizzata dallo ione H + .


Addizione in condizioni basiche. Somma di idruro H - : riduzione di aldeidi e chetoni ad alcoli<br />

Un nucleofilo forte come lo ione idruro si somma in ambiente basico per dare gli alcoli. Questa reazione è alla<br />

base della formazione degli alcoli per riduzione dei corrispondenti composti carbonilici. Il reattivo usato è il<br />

boroidruro sodio (NaBH 4 ), un sale il cui anione, lo ione borotetraidruro, cede facilmente uno ione idruro<br />

liberando borano. Lo ione :H - si addiziona al carbonile per dare un alcolato che per neutralizzazione con acuq<br />

e acido fornisce l’alcole neutro.<br />

meccanismo:<br />

H<br />

57<br />

Na<br />

H<br />

B<br />

H<br />

H<br />

sodio boroidruro<br />

(donatore di ioni idruro,<br />

un riducente)<br />

Na H +<br />

ione<br />

idruro<br />

H<br />

B<br />

H<br />

H<br />

borano<br />

(-M)<br />

O<br />

R C R + H<br />

R<br />

O<br />

C<br />

R<br />

H<br />

R<br />

OH<br />

C<br />

R<br />

ione<br />

idruro<br />

H<br />

alcolato<br />

H<br />

alcole<br />

Esempi:<br />

Addizione in condizioni acide. Somma di alcoli: sintesi di emiacetali ed acetali<br />

Se il nucleofilo è debole (H 2 O, ROH, NH 3 ), esso non ha la forza sufficiente per attaccare il carbonile, che di<br />

per sè è un elettrofilo debole. Pertanto, è richiesta la catalisi acida per protonare preliminarmente il C=O<br />

rendendolo un migliore elettrofilo. La reazione di addizione di alcoli per dare emiacetali ed acetali è un<br />

classico esempio. In questo processo due molecole di alcole si addizionano ad un’aldeide (o un chetone) in<br />

ambiente acido (H 2 SO 4 dil.), per dare un acetale ed una molecola di acqua. La reazione è reversibile, ciò<br />

significa che un acetale può essere scisso dall’acqua in ambiente acido (idrolisi) per ridare l’aldeide (o il<br />

chetone) più l’alcole di partenza. La reazione può essere fermata ad emiacetale se si opera con un sola mole di<br />

alcole.


meccanismo:<br />

58<br />

Emiacetali ed acetali sono fondamentali in campo biologico dato che mono- e polisaccaridi, insieme ai<br />

glicosidi, sono emiacetali ed acetali biologicamente attivi.<br />

Addizione di ammoniaca ed ammine: formazione di aldimmine<br />

Altra reazione importante di addizione nucleofila al carbonile catalizzata dagli acidi è quella tra aldeidi (o<br />

chetoni) con ammoniaca (oppure con un’ammina 1 aria ) che porta alla sintesi di immine. L’acido impiegato<br />

deve essere diluito per evirare la totale protonazione dell’ammina che funge da nucleofilo.<br />

Meccanismo<br />

Questa reazione è importante in reazioni biologiche quali le transaminazioni catalizzate dall’aldeide<br />

chiamata vitamina B 6 che permette la sintesi di alcuni amminoacidi ed ammine con attività biologica. Altra<br />

aldimmina importante è quella tra l’aldeide della vitamina A (il retinolo) e la proteina opsina che regola il<br />

meccanismo della visione.<br />

Meccanismo della visione. La retinaldeide (detta anche retinale), che si forma dal retinolo tramite<br />

ossidazione, subisce isomerizzazione al doppio legame gamma rispetto al gruppo aldeidico. A questo punto<br />

reagisce con una proteina retinica, l'opsina, tramite un legame imminico con un residuo di lisina formando la<br />

rodopsina. Quando un fotone colpisce la rodopsina, il retinale isomerizza nella forma tutta trans e ciò<br />

determina un cambiamento conformazionale della rodopsina ed attivazione di una cascata molecolare che<br />

determina la generazione di impulsi elettrici che vanno al cervello. Il retinale tutto trans si stacca dall'opsina


per idrolisi e viene ridotto a retinolo tutto trans che viene poi ricaptato dall'epitelio della retina ed<br />

immagazzinato per un ciclo successivo.<br />

59<br />

La tautomeria cheto-enolica<br />

La tautomeria cheto-enolica è il trasferimento di un protone, legato al carbonio in alfa al carbonile, all’atomo<br />

di ossigeno: Questo processo, chiamato anche riarrangiamento prototropico 1,3, trasforma un’aldeide o<br />

chetone nella forma enolica mediante catalisi acida o basica. Il trasferimento del protone all’ossigeno è dovuta<br />

alla debole acidità degli idrogeni in α al carbonile, causato dall’effetto elettron-attrattore dell’ossigeno (effetto<br />

–M). Questo effetto viene esaltato dalla protonazione dell’ossigeno da parte di un acido forte. Tuttavia, i<br />

composti carbonilici sono acidi molto deboli (la Ka dell’acetone, per esempio, è circa 10 -20 ) per cui gli<br />

equilibri sono spostati verso le forme carboniliche più stabili delle enoliche. E’ un processo di grande interesse<br />

biologico in quanto permette la conversione di uno zucchero in un altro. Per esempio, nella glicolisi il<br />

glucosio si trasforma in fruttosio mentre nella sintesi degli zuccheri mediante il processo di fotosintesi, il<br />

fruttosio è convertito in glucosio. Nella glicolisi e nella fotosintesi la tautomeria è catalizzata dagli enzimi ed è<br />

una reazione concertata cioè il protone viene estratto dal carbonio e contemporaneamente trasferito<br />

all’ossigeno. Di seguito sono riportati i meccanismi di enolizzazione con catalisi acida e basica.<br />

Catalisi basica<br />

Catalisi acida


ACIDI CARBOSSILICI E DERIVATI<br />

Gli acidi carbossilici sono composti caratterizzati dal gruppo funzionale carbossilico, che si ottiene quando il<br />

carbonio carbonilico è legato ad un ossidrile.<br />

61<br />

Il gruppo R può essere un generico gruppo organico sia alifatico che aromatico (R= alchile o arile).<br />

I derivati degli acidi carbossilici sono gli esteri nei quali il carbonile è legato ad un gruppo alcossilico. Le<br />

ammidi sono derivati nelle quali il carbonile è legato ad un atomo di azoto sostituito. Derivati degli acidi<br />

meno importanti sono i cloruri acilici, le anidridi ed i nitrili. Il carbonio carbonilico in questi derivati prende<br />

il nome di carbonio acilico.<br />

nitrile<br />

Tutti questi composti quando sono trattati con acqua danno luogo alla reazione di idrolisi che li riporta<br />

all’acido carbossilico.<br />

Nomenclatura degli acidi carbossilici<br />

Gli acidi più semplici conservano il nome tradizionale: Formico (C1), Acetico (C2), Propionico (C3),<br />

Butirrico (C4). Questi nomi derivano dalle fonti naturali dai quali sono stati isolati. La nomenclatura IUPAC<br />

per gli acidi propone il suffisso oico. Pertanto, l’acido acetico si chiama etanoico; il butirrico butanoico;<br />

l’acido con C8 si chiama ottanoico mentre quello con C12 dodecanoico e così via.<br />

Nella nomenclatura IUPAC, il carbonio carbossilico prende il numero 1, e la posizione dei sostituenti è<br />

indicata a seguire. Nella nomenclatura corrente la posizione dei sostituenti è segnata con le lettere greche<br />

α, β, γ etc. Gli acidi carbossilici ciclici prendono il nome dal cicloalcano facendo seguire la parola<br />

carbossilico. L’acido carbossilico aromatico prende il nome proprio di acido benzoico.<br />

Nomenclatura dei derivati<br />

Nella nomenclatura corrente dei derivati degli acidi carbossilici si usa indicare il nome dell’acido<br />

carbossilico da cui derivano preceduta dalla parola estere (in questo caso si aggiunge il nome del gruppo<br />

alcossilico), ammide, cloruro, anidride, nitrile. Esempi


62<br />

Proprietà fisiche degli acidi carbossilici<br />

A causa della maggiore acidità il legame O-H del carbossile è più polarizzato che negli alcoli e quindi gli acidi<br />

carbossilici formano legami idrogeno molto forti. Il loro punto di ebollizione è dunque superiore a quello degli<br />

alcani ed a quello degli alcoli di pari peso molecolare. Così l’acido acetico bolle a 117 °C mentre l’etanolo a<br />

80 °C. Come per gli alcoli i primi 5 termini sono solubili in acqua mentre al crescere del residuo carbonioso<br />

diventano insolubili.<br />

Sintesi degli acidi carbossilici<br />

Gli acidi carbossilici sono diffusi ovunque in natura. L’aceto non è altro che una soluzione diluita di acido<br />

acetico, l’acido butirrico è responsabile dell’odore del burro rancido e l’acido esanoico (capronico) è la causa<br />

del cattivo odore che emanano le capre.<br />

Si producono industrialmente circa 5 milioni di tonnellate annue di acido acetico per vari scopi, per esempio<br />

per la preparazione dell’acetato di vinile che polimerizzato viene usato per vernici ed adesivi. L’acido acetico<br />

si ottiene per carbonilazione del metanolo catalizzata dal rodio e per ossidazione dell’acetaldeide (che si<br />

ottiene a sua volta per ossidazione dell’etilene). Gli acidi carbossilici superiori si ottengono per ossidazione<br />

degli alcoli primari con bicromato di potassio (vedi ossidazione degli alcoli).<br />

Reattività degli acidi carbossilici<br />

Acidità<br />

Come già visto per aldeidi e chetoni, anche per gli acidi e derivati, il carbonile è polarizzato perché l’ossigeno<br />

è più elettronegativo del carbonio. Questa polarizzazione influenza l’acidità dell’idrogeno legato all’ossidrile.<br />

Pertanto, questi acidi hanno un pK a pari a circa 5 e sono molto più acidi degli alcoli (pK a = 16-20). In termini<br />

di risonanza, l’effetto –M del carbonile provoca un notevole aumento di acidità dell’OH di un acido<br />

carbossilico rispetto all’OH di un alcole.<br />

Ad esempio, nell’acido acetico questo si può mettere in evidenza con le formule di risonanza per lo ione<br />

acetato che disperdono la carica dello ione e spostano a destra l’equilibrio di dissociazione:


63<br />

L’acidità del protone fa sì che i nucleofili con caratteristiche basiche non si addizionano al carbonile ma<br />

reagiscono come basi dando i sali degli acidi carbossilici. Per reazione con l’ammoniaca e le ammine si<br />

formano i sali di ammonio. La reazione con gli alcoolati porta alla formazione del carbossilato di sodio ed<br />

alcool.<br />

Esterificazione di Fisher<br />

È una reazione tipica degli acidi con gli alcoli. Normalmente gli alcoli non reagiscono con gli acidi<br />

carbossilici, tuttavia, l’aggiunta di quantità catalitiche di H 2 SO 4 , permette una reazione che porta alla sintesi di<br />

esteri.<br />

meccanismo:<br />

Attività biologica degli acidi grassi<br />

Tra gli acidi monocarbossilici importanti vi sono quelli a lunga catena, da C12 a C20, sia saturi che insaturi,<br />

chiamati acidi grassi. Questi acidi hanno catene a numero pari di atomi di carbonio perché derivano da<br />

un’unica unità a due atomi di carbonio, l’acetil-Coenzima A (Acetil-CoA). Quelli insaturi possiedono uno o<br />

più doppi legami con configurazione cis (o Z). Gli acidi grassi in ambito biologico non sono liberi ma si<br />

trovano esterificati con il glicerolo, a formare le classi dei trigliceridi e dei fosfolipidi (che vedremo tra<br />

breve) che sono i principali costituenti dei grassi animali e vegetali.<br />

Gli acidi grassi più importanti sono di seguito elencati:


64<br />

Saturi<br />

n. C Nome Formula Origine<br />

12 Laurico CH 3 (CH 2 ) 10 COOH Alloro<br />

14 Miristico CH 3 (CH 2 ) 12 COOH Latte<br />

16 Palmitico CH 3 (CH 2 ) 14 COOH Olio di palma<br />

18 Stearico CH 3 (CH 2 ) 16 COOH Grassi animali<br />

20 Arachico CH 3 (CH 2 ) 118 COOH Arachidi<br />

Insaturi<br />

n. C Nome Formula Posiz. C=C Origine<br />

16 Palmitoleico 9 cis Noci<br />

18 Oleico 9 cis Olio di oliva<br />

18 Linoleico 9 e 12 cis Olio di girasole<br />

18 Linolenico 9, 12 e 15 cis Pesce e oli vegetali<br />

20 Arachidonico 5, 8, 11 e 14 cis<br />

Grassi animali ed olio<br />

di pesce<br />

Si conoscono più di 100 acidi grassi diversi, di cui circa 40 sono molto diffusi. Gli acidi palmitico (C16) e<br />

stearico (C18) sono gli acidi grassi saturi più abbondanti; gli acidi oleico e linoleico (entrambi C18) sono<br />

quelli insaturi più abbondanti. L'acido oleico è monoinsaturo, poiché ha un solo doppio legame; mentre gli<br />

acidi linoleico, linolenico e arachidonico sono acidi grassi polinsaturi, perché nelle loro molecole ci sono più<br />

doppi legami. Gli acidi linoleico e linolenico si trovano nella panna e sono indispensabili nell'alimentazione<br />

umana: i bambini nutriti per lungo tempo con latte scremato manifestano un rallentamento nella crescita e<br />

vanno soggetti a lesioni della pelle. L’acido arachidonico è il precursore delle prostaglandine.<br />

Saponi<br />

Il sapone si conosce almeno dal 600 a.c., quando i Fenici prepararono una sostanza caseosa facendo bollire<br />

grasso di capra in presenza di ceneri di legno. Le proprietà detergenti del sapone non vennero però dovunque<br />

riconosciute e il suo impiego si diffuse soltanto nel Diciottesimo secolo. Dal punto di vista chimico il sapone è<br />

il sale di sodio o di potassio di acidi grassi a lunga catena. Se si tratta un acido carbossilico a lunga catena<br />

(acido grasso) con NaOH o KOH si ottiene il suo sale che è un sapone (come ad esempio il palmitato o<br />

palmitoato di sodio).<br />

Tuttavia, nella pratica i saponi sono ottenuti dall'idrolisi alcalina (saponificazione) dei grassi animali (vedi<br />

trigliceridi).<br />

I saponi presentano il fenomeno della “detergenza”, sono in grado cioè di rimuovere i grassi (l’unto) dagli<br />

oggetti (fibre etc.) grazie alle loro proprietà ambifiliche, essendo capaci cioè di sciogliersi (e di sciogliere) sia<br />

in acqua che nei grassi. L’azione detergente si esplica attraverso la formazione di aggregati molecolari detti<br />

“micelle” all’interno delle quali il sapone ingloba, sciogliendolo, il grasso rimosso dalla fibra (disponendo


verso l’interno della micella le code lipofile il sapone crea una fase apolare favorevole alla dissoluzione del<br />

grasso). La parte idrofila del sapone è esposta verso l’esterno della micella a contatto con la fase acquosa. In<br />

questo modo le particelle di unto e le goccioline di olio possono essere rimosse dalla fibra ed eliminate in<br />

acqua col risciacquo.<br />

65<br />

acqua<br />

grasso<br />

micella<br />

Un’altra caratteristica del sapone è la formazione di bolle in acqua, un fenomeno che è legato ad un’altra loro<br />

peculiare proprietà, quella di abbassare la tensione superficiale dell’acqua.<br />

Detersivi. Per quanto siano utili, i saponi hanno anche degli inconvenienti. In acque<br />

dure, ricche di ioni metallici come Mg 2+ , Ca 2+ e Fe 3+ , i carbossilati di sodio solubili si<br />

trasformano nei corrispondenti sali insolubili dei metalli, che vanno a depositarsi, sotto<br />

forma di anelli di schiuma, nelle vasche da bagno e nei lavandini e vanno a ingrigire i<br />

bucati. I chimici hanno aggirato il problema preparando tutta una serie di detergenti<br />

sintetici (i detersivi) tra i quali alcuni sali di acidi alchilbenzensolfonici a lunga catena.<br />

Il principio su cui si basa l'azione dei detersivi è lo stesso dei saponi: la porzione<br />

alchilbenzenica della molecola è affine all'unto da rimuovere, l'estremità anionica del<br />

solfonato è affine all'acqua. Tuttavia, a differenza dei saponi, i detersivi non formano<br />

sali metallici insolubili nelle acque dure e quindi non lasciano quei depositi di cui si diceva prima.<br />

Un detergente sintetico<br />

(R= una miscela di<br />

catene C12)


Lipidi<br />

66<br />

I lipidi appartengono ad una delle quattro classi principali di biomolecole che sono: lipidi, zuccheri, proteine<br />

ed acidi nucleici.<br />

Il nome lipide deriva dal greco “lipos” (grasso). Si tratta di molecole organiche naturali insolubili in acqua,<br />

isolabili da organismi viventi per estrazione con solventi organici non polari (esano, benzene, etc.). Oltre<br />

all’insolubilità in acqua, hanno anche un’altra caratteristica che li unisce: quella di derivare da un comune<br />

precursore naturale che è l’acetil Coenzima A, un molecola complessa che ha la struttura di un tioestere e che<br />

costituisce la molecola chiave del metabolismo cellulare. Per metabolismo si intende il complesso di reazioni<br />

chimiche di sintesi (anabolismo) e di scissione (catabolismo), che si svolgono in ogni organismo vivente e che<br />

ne condizionano l'accrescimento, il rinnovamento, il mantenimento.<br />

I lipidi si suddividono in alcune classi qui elencate:<br />

• Trigliceridi: triesteri del glicerolo costituenti dei comuni grassi animali e vegetali con funzione di riserva<br />

energetica e strutturale.<br />

• Fosfolipidi: fosfoesteri del glicerolo costituenti principali delle membrane cellulari e delle fibre nervose.<br />

• Cere: monoesteri di acidi ed alcoli a lunga catena con funzione naturale di protezione (formano il<br />

rivestimento protettivo che ricopre la maggior parte dei frutti, delle bacche, delle foglie e delle pellicce degli<br />

animali<br />

• Steroidi: molecole a struttura policiclica che hanno il ruolo di ormoni sessuali e di regolatori del<br />

metabolismo del glucosio e dei sali minerali.<br />

• Prostaglandine: Molecole complesse coinvolte nei processi infiammatori, regolatori della contrazione della<br />

muscolatura liscia, della secrezione gastrica e dell’aggregazione piastrinica.<br />

• Vitamine: molecole con svariate strutture organiche, con principale funzione di cofattori enzimatici ed altre<br />

ruoli metabolici.<br />

•<br />

I lipidi sono distinti in due classi generali: i) quelli “saponificabili”, come i trigliceridi, i fosfolipidi e le cere,<br />

che, contenendo legami esterei, sono idrolizzabili in ambiente basico e formano i sali degli acidi carbossilici<br />

corrispondenti (i saponi), e ii) quelli “non saponificabili”, come gli steroidi, le postaglandine e le vitamine<br />

che, non possedendo legami esterei, non sono idrolizzabili.<br />

Trigliceridi.<br />

I trigliceridi, o triacilgIiceroIi, sono i triesteri del glicerolo con tre molecole di acidi carbossiici a lunga<br />

catena (gli acidi grassi). Rappresentano i principali grassi animali e vegetali. Quelli solidi (che portano<br />

catene sature) si chiamano grassi, mentre quelli liquidi (formati prevalentemente da acidi grassi insaturi) sono<br />

detti oli e sono più abbondanti nei grassi vegetali.<br />

I tre acidi grassi di una data molecola di triacilglicerolo non sono necessariamente gli stessi, inoltre il grasso o<br />

l'olio ottenuto da una determinata fonte sarà, con ogni probabilità, una miscela di molti triacilgliceroli<br />

differenti. In genere, il primo acido legato al glicerolo è saturo, mentre il secondo ed il terzo sono mono- e<br />

polinsaturi.<br />

glicerolo


Le funzioni biologiche sono essenzialmente due: i) strutturali, i grassi hanno infatti funzioni meccaniche e<br />

di termoregolazione, ed ii) energetiche, poiché gli animali usano i grassi per immagazzinare energia a lungo<br />

termine, dato che questi sono molto meno ossidati dei carboidrati e perciò forniscono, a parità di peso, circa<br />

sei volte più energia. L’immagazzinamento energetico avviene nelle lunghe catene dell’acido grasso. Quando<br />

vi è bisogno di energia, i trigliceridi immagazzinati (o provenienti dagli alimenti) rilasciano le catene di acido<br />

grasso per idrolisi catalizzata da enzimi chiamate lipasi.<br />

67<br />

Saponificazione.<br />

Come già anticipato, i saponi sono ottenuti dall'idrolisi alcalina dei trigliceridi (in particolare quelli rivenienti<br />

dai grassi animali). Questa reazione è nota come saponificazione: per ogni mole di trigliceride si liberano tre<br />

moli di sapone ed una mole di glicerolo.<br />

trigliceride<br />

Questa reazione è generale ed è estendibile a tutti gli esteri. Si effettua trattando a caldo l’estere con una<br />

soluzione acquosa di NaOH ( il nucleofilo è OH - ). Dal punto di vista meccanicistico. Questo processo<br />

appartiene alla schiera delle reazioni di sostituzione nucleofila acilica. In queste reazioni, analogamente alle<br />

S N 2, vi è un nucleofilo che funge da gruppo entrante (il gruppo OH - , in questo caso) ed un nucleofilo che<br />

funge da gruppo uscente (il gruppo RO - ). Il substrato è però un carbonio acilico.<br />

Meccanismo: sostituzione nucleofila di tipo acilico


Fosfolipidi<br />

Come le cere, i grassi e gli oli sono esteri di acidi carbossilici, così i fosfolipidi sono esteri dell'acido fosforico,<br />

H 3 PO 4 Esistono due classi principali di fosfolipidi: i glicerofosfolipidi e le sfingomieline.<br />

I glicerofosfolipidi sono strutturati sull'acido fosfatidico, che ha uno scheletro di glicerolo congiunto da<br />

legami esterei a due acidi grassi e a un acido fosforico. Sebbene i residui di acidi grassi possano essere unità<br />

C12-C20 qualsiasi tra quelle tipicamente presenti nei grassi, il gruppo acilico sul C1 è di solito un gruppo<br />

saturo e quello sul C2 un gruppo insaturo. Il gruppo fosfato sul C3 è a sua volta legato a un amminoalcol,<br />

come la colina, l'etanolammina, o la serina (un amminoacido).<br />

Generica struttura di un fosfolipide<br />

68<br />

Largamente diffusi nei tessuti animali e vegetali, i fosfolipidi costituiscono dal 50% al 60% delle membrane<br />

cellulari. Dato che essi hanno, come i saponi, una lunga coda idrocarburica apolare e una testa ionica polare,<br />

nelle membrane cellulari i fosfolipidi si organizzano in un doppio strato lipidico avente uno spessore di circa<br />

5,0 nm. Le code apolari si aggregano nella parte centrale del doppio strato, in un modo che ricorda molto da<br />

vicino l'aggregazione delle code dei saponi al centro delle micelle. Il doppio strato costituisce una barriera<br />

efficace al passaggio di acqua, ioni e altre sostanze in entrata o in uscita dalla cellula.<br />

testa polare<br />

coda apolare<br />

doppio strato lipidico<br />

della membrana cellulare<br />

fosfolipide<br />

Il secondo gruppo di fosfolipidi in ordine di importanza è costituito dalle sfingomieline che sono<br />

particolarmente abbondanti nei tessuti cerebrali e nervosi come principali costituenti del rivestimento delle<br />

fibre nervose.


Ammidi<br />

Tra i derivati degli acidi carbossilici i più importanti dal punto di vista biologico sono gli esteri (trigliceridi e<br />

fosfolipidi che abbiamo già incontrato) e le ammidi. Queste ultime, infatti, costituiscono le unità strutturali<br />

delle proteine. Le ammidi si differenziano in tre principali categorie: le ammidi primarie, secondarie e<br />

terziarie.<br />

69<br />

Il carbonio acilico, l’ossigeno e l’azoto sono ibridati sp 2 e perciò giacciono in un solo piano. Particolarmente<br />

importanti sono le ammidi secondarie perché rappresentano lo scheletro base delle proteine. E’ importante<br />

considerare la struttura delle ammidi in quanto, la sua conoscenza ci permette di comprendere la struttura<br />

secondaria delle proteine. Per le ammidi si possono scrivere due forme di risonanza:<br />

Essendo il carbonio, l’ossigeno e l’azoto ibridati sp 2 , l’effetto –M dell’ossigeno provoca quello +M<br />

dell’azoto. In tal modo il legame dell’azoto con il carbonio possiede un certo carattere di legame doppio<br />

generando così un azoto con carattere positivo che rende l’idrogeno ad esso legato debolmente acido.<br />

Questo aspetto ha due importanti conseguenze: i) le ammidi primarie e secondarie, avendo carattere acido,<br />

reagiscono con le basi forti come la KOH, e ii) le ammidi sono composti molto polari, formano dei legami<br />

idrogeno molto forti tra l’N-H e l’ossigeno carbonilico di un’altra molecola (quindi hanno p. eb. molto<br />

elevati). Quest’ultimo aspetto è fondamentale nel determinare la struttura secondaria delle proteine.<br />

SINTESI<br />

Reazione tra i cloruri acilici ed ammine (SOSTITUZIONE NUCLEOFILA ACILICA)<br />

Le ammidi si preparano o per reazione dei cloruri acilici con le ammine. Se come ammina si usa<br />

l’ammoniaca si ottengono le ammidi 1 arie , se si usa un’ammina primaria si ottengono le ammidi 2 arie e con le<br />

ammine secondarie si preparano le ammidi 3 arie .<br />

Questa reazione, come la saponificazione degli esteri, è nota come sostituzione nucleofila acilica, ed è la<br />

reazione tipica di tutti i derivati degli acidi carbossilici. Nel caso della sintesi delle ammnidi a partire dai<br />

cloruri acilici, la reazione vede come nucleofilo entrante l’ammoniaca (o un’ammina) e come nucleofilo<br />

uscente il cloruro. Dopo l’attacco si forma un alcolato intermedio tetraedrico (come nell’addizione nucleofila<br />

ad aldeidi e chetoni), ma poi avviene l’espulsione del cloruro per dare il prodotto di sostituzione. I cloruri<br />

acilici sono i reagenti migliori perché il cloruro è un ottimo gruppo uscente.


Le reazioni di formazione del legame Carbonio-Carbonio<br />

Abbiamo già visto come il gruppo carbonilico delle aldeidi, chetoni, esteri ed ammidi si comporti da<br />

elettrofilo a causa dell’effetto elettron-attrattore (-M) dell’ossigeno. Quest’effetto si riflette sul carbonio in α al<br />

carbonile rendendo gli idrogeni legati a questo carbonio debolmente acidi come già osservato per la<br />

tautomeria cheto-enolica. Sperimentalmente si osserva che gli idrogeni sul carbonio α sono più acidi per le<br />

aldeidi e chetoni che non per gli esteri. Pertanto questi idrogeni possono essere strappati da basi opportune<br />

generando un carbanione suscettibile di reazione con il gruppo carbonilico. Tra le reazioni citiamo la<br />

Condensazione Aldolica che interessa le aldeidi e chetoni e le reazioni di Claisen che interessano gli esteri.<br />

La Condensazione aldolica<br />

Se si tratta un’aldeide o chetone con una soluzione acquosa di NaOH si hanno due reazioni. La prima, più<br />

veloce, vede l’addizione reversibile dell’OH - al carbonile e la seconda, più lenta, nella quale l’OH - agisce da<br />

base strappando un protone al carbonio α. Per esempio dalla reazione dell'aldeide acetica si ottiene:<br />

70<br />

Dalla prima reazione si ottiene l’anione di un glicole geminale instabile che si riconverte rapidamente<br />

nell’aldeide di partenza. Dalla seconda, si ha la reazione tra il carbanione ed il gruppo aldeidico con<br />

formazione del legame C-C (anione aldolato) che per reazione con acqua fornisce l’aldolo. Quest’ultimo<br />

subisce disidratazione per dare l’aldeide α,β-insatura:<br />

In modo simile si comportano i chetoni simmetrici come l’acetone. Tuttavia, i chetoni dissimmetrici, avendo<br />

due carboni in α al carbonile, per deprotonazione forniscono due carbanioni o enolati diversi e quindi per<br />

condensazione si ottengono due chetoni α,β-insaturi.<br />

La reazione di Claisen<br />

Questa reazione considera la condensazione tra esteri con un meccanismo simile a quello della condensazione<br />

aldolica. La reazione inizia con la deprotonazione da parte di un alcoolato, preparato dall’alcool come quello<br />

presente nell’estere, del carbonio in α al carbonile (come per le aldeidi e chetoni). L’acidità degli idrogeni sul<br />

carbonio α sono dovuti all’effetto elettron attrattore del carbonile. Viene qui riportata la reazione dell’acetato


di etile (estere etilico dell’acido acetico). La reazione si effettua sciogliendo l’estere in etanolo contenente<br />

etilato di sodio CH<br />

3<br />

-CH<br />

2<br />

-ONa.<br />

71<br />

Anche in questo caso si ha la formazione del legame carbonio-carbonio (indicato in rosso) ma, diversamente<br />

dalla condensazione aldolica, si ottiene un β-chetoestere e non un’aldeide o chetone α,β-insaturo. Inoltre,<br />

l’equilibrio si sposta verso i prodotti perché il CH 2 tra i due carbonili ha idrogeni più acidi dell’alcool etilico. Il<br />

metilene reagendo con l’alcoolato porta all’anione corrispondente spostando così l’equilibrio a destra.<br />

Per la reazione di un estere etilico si utilizza l’etilato di sodio, mentre, per esteri con parte alcoolica diversa si<br />

utilizzano alcoolati diversi. Per esempio, se si usa un estere metilico, l’alcoolato sarà il metilato di sodio. Se si<br />

usa un estere propilico, l’alcoolato sarà il propilato di sodio e così via.<br />

Come già osservato per la condensazione aldolica incrociata, questa era sinteticamente utile solo se una delle<br />

due aldeidi non possedeva idrogeni sul carbonio α. Anche la reazione di Claisen incrociata segue le stesse<br />

regole. Interessante dal punto di vista sintetico risulta la condensazione di Claisen incrociata tra l’acetato di<br />

etile ed un’aldeide che non possiede idrogeni sul carbonio α come l’aldeide benzoica. In questo caso si ottiene<br />

un estere α,β-insaturo, il cinnammato di etile, componente dell’olio di cannella.<br />

Per la reazione di Claisen la scelta della base per deprotonare l’estere è cruciale. Infatti, se si sostituisce<br />

l’alcoolato con un’altra base come NaOH, non si ottiene la condensazione di Claisen ma soltanto la<br />

saponificazione dell’estere (vedi sopra) che porta al sale di sodio dell’acido carbossilico che non può essere<br />

deprotonato dall’alcolato.


Ammine<br />

Le ammine sono derivati dell’ammoniaca in cui uno o più atomi di idrogeno sono sostituiti da gruppi alchilici<br />

o arilici. Sono classificate in primarie (1°), secondarie (2°) o terziarie (3°) secondo il numero di atomi di<br />

carbonio direttamente legati all’azoto.<br />

72<br />

Se all’atomo di azoto sono legati quattro gruppi alchilici o arilici, lo ione risultante è classificato come ione<br />

ammonico quaternario (4°).<br />

Le ammine sono ulteriormente suddivise in alifatiche ed aromatiche. In un’ammina alifatica tutti gli atomi di<br />

carbonio legati direttamente all’azoto derivano da gruppi alchilici, mentre in un’ammina aromatica uno o più<br />

gruppi legati direttamente all’azoto sono gruppi arilici.<br />

Quando l’atomo di azoto entra a far parte di un anello l’ammina è definita eterociclica, e se l’anello è<br />

aromatico si parla di ammina eterociclica aromatica.<br />

Nomenclatura<br />

Il nome delle ammine semplici si forma indicando il nome del gruppo o dei gruppi alifatici legati all’azoto e<br />

facendo seguire il suffisso ammina (l’ordine dei sostituenti è quello alfabetico). Nella nomenclatura IUPAC,<br />

invece, la desinenza ammina sostituisce la “o” finale del nome dell’alcano. Quando la struttura è più<br />

complessa si fa precedere la parola ammino al nome della catena principale.


Le ammine aromatiche hanno il nome derivante da quello dell’ammina aromatica più semplice, l’anilina.<br />

73<br />

Struttura e proprietà<br />

La geometria dell’atomo di azoto nelle ammine è trigonale piramidale. L’atomo di azoto<br />

è ibridato sp 3 e si trova al vertice della piramide, mentre i tre gruppi legati ad esso formano<br />

la base triangolare della piramide. Considerando anche la coppia di elettroni non condivisa<br />

come quarto sostituente, allora la disposizione dell’atomo di azoto è approssimativamente<br />

tetraedrica. La coppia di elettroni non condivisa conferisce alle ammine due principali<br />

proprietà chimiche: la basicità e la nucleofilicità. Come l’ammoniaca, tutte le ammine<br />

sono basi deboli e reagiscono con gli acidi diluiti per formare i corrispondenti sali di<br />

ammonio.<br />

I sali di ammonio reagiscono con le basi forti come NaOH per rigenerare l’ammina:<br />

A causa dell’effetto elettron-donatore dei gruppi alchilici le ammine alifatiche sono leggermente più basiche<br />

dell’ammoniaca (pKb= 3 ÷ 5).<br />

Le ammine sono anche dei buoni nucleofili in grado di dare reazioni di sostituzione S N 2, per esempio<br />

con gli alogeni alchilici, o reazioni di addizione al carbonile.<br />

Preparazione: ammonolisi degli alogenuri alchilici<br />

Gli alogenuri alchilici reagiscono con ammoniaca, in soluzione acquosa o alcolica, per dare il sale<br />

dell’ammina primaria. Questa reazione di sostituzione nucleofila di tipo SN2, apparentemente semplice e di<br />

elevate potenzialità, soffre di un notevole inconveniente: la formazione di più di una classe di ammine. Infatti,<br />

il sale dell’ammina primaria, prodotto dalla sostituzione iniziale, reagisce con l’ammoniaca formando<br />

l’ammina primaria libera, e questa è un nucleofilo migliore dell’ammoniaca e può reagire anch’essa con<br />

l’alogenuro alchilico per dare il sale dall’ammina secondaria. Questo, a sua volta, può essere deprotonato a<br />

dare l’ammina secondaria libera e quest’ultima può ancora agire da nucleofilo attaccando l’alogenuro alchilico<br />

e formando il sale dell’ammina terziaria.


74<br />

In modo analogo a quanto visto precedentemente, questo sale libera l’ammina 3° che attacca ancora<br />

l’alogenuro formando il sale di ammonio quaternario. In definitiva, se si usano quantità stechiometriche<br />

di reagenti si otterrà la formazione di una miscela contenente tutte le classi di ammine, compreso il sale di<br />

ammonio 4°. Solo operando in notevole eccesso di ammoniaca, rendendo così molto meno probabile<br />

l’incontro tra l’alogenuro e le altre ammine, si riescono ad ottenere rese più elevate in ammina primaria.<br />

Attività biologica: le ammine biogene<br />

Sono definite ammine biogene tutte le basi organiche, dotate di gruppi amminici, che sono reperibili in forma<br />

libera negli organismi viventi. La loro presenza nei tessuti animali e vegetali può essere dovuta a due<br />

principali ragioni:<br />

1. La prima ragione è che esse rappresentano metaboliti intermedi che si formano nel corso della<br />

degradazione biologica di sostanze strutturalmente più complesse. In particolare, derivano dalla<br />

decarbossilazione microbica degli amminoacidi.<br />

Dal momento che questi microrganismi sono comunemente presenti nell'ambiente, le ammine biogene<br />

possono essere contenute in alimenti e bevande. La loro concentrazione è<br />

maggiore nei cibi a rapida deperibilità, soprattutto se fermentati e ricchi di<br />

particolari amminoacidi, come pesci, carni, salumi, succhi di frutta, vino,<br />

cacao, latticini e formaggi. Un'elevata ingestione di queste ammine, specie se<br />

associata a farmaci che inibiscono gli enzimi intestinali deputati al loro<br />

catabolismo, può provocare intossicazioni e conseguenze dannose per<br />

l'organismo. I sintomi più comuni sono l'emicrania, il rossore in viso,<br />

l'orticaria, gli sbalzi pressori, gli attacchi asmatici e le alterazioni della frequenza cardiaca.<br />

Alcune amine biogene, il cui nome è tutto un programma (putrescina, cadaverina che sono diammina<br />

alifatiche), hanno un odore repellente, tale da scoraggiare chiunque fosse intenzionato a consumare gli<br />

alimenti che le contengono in grandi quantità. Altre, come l'istamina (presente nei<br />

pesci, "sindrome sgombroide") e la tiramina (provoca la "sindrome del<br />

formaggio"), non vengono avvertite con il gusto o con l'olfatto ma possono essere<br />

causa di intossicazioni alimentari, perché dotate di azioni psicoattive e/o<br />

vasoattive. Va detto che alcune di esse svolgono un importante ruolo biologico,<br />

come ad esempio l'istamina (derivante dall'amminoacido istidina), che è il più<br />

importante mediatore chimico delle allergie e per questo motivo l'assunzione di<br />

alimenti contaminati con grandi quantità di questa sostanza può provocare gli stessi<br />

sintomi di una reazione allergica. In condizioni normali l'organismo neutralizza le


ammine biogene grazie all'azione di particolari enzimi presenti nell'intestino e all'azione detossificante del<br />

fegato.<br />

2. Molte ammine biogene non sono tossiche e la loro presenza in ambito biologico è dovuta al fatto che esse<br />

svolgono importanti funzioni fisiologiche e biochimiche (sia strutturali che come ormoni e neurotrasmettitori)<br />

tra le quali la conduzione degli impulsi nervosi, l’eccitabilità cellulare nel sistema nervoso centrale e<br />

periferico, la regolazione chimica del comportamento e delle risposte emozionali. Esistono numerosi<br />

importanti esempi: i) l’adrenalina, detto "ormone combatti o fuggi", rilasciato in circolo dalla corteccia<br />

surrenale per far fronte ad una situazione di stress dell’organismo (in pochi istanti il cuore aumenta la<br />

frequenza cardiaca, i bronchi, la pupilla ed i vasi sanguigni dei muscoli si dilatano, mentre a livello epatico<br />

viene stimolata la glicogenolisi); ii) la feniletilammina (PEA), conosciuta come "love-drug" (droga<br />

dell'amore) perché in grado di produrre sensazioni come quelle sperimentate quando una persona è<br />

"innamorata" e si pensa sia responsabile degli effetti afrodisiaci che il cioccolato sembra possedere. Infatti la<br />

feniletilammina viene rilasciata nel cervello quando l'individuo sperimenta sentimenti di gioia e amore; iii) la<br />

serotonina, svolge un ruolo importante nella regolazione dell'umore, del sonno, della temperatura, della<br />

sessualità e dell'appetito (ormone dell'umore e del sonno).<br />

Importanti neurotrasmettitori 1 sono il GABA (l'acido γ-amminobutirrico, neurotrasmettitore del SNC) e<br />

l’acetilcolina (neurotrasmettitore del SNC e SNP). Alcune ammine biogene hanno importanti funzioni<br />

strutturali, come ad esempio l'etanolammina e la colina (quest’ultima è un sale di ammonio quaternario) che<br />

compongono i fosfolipidi di membrana.<br />

75<br />

Adrenalina Feniletilammina Serotonina<br />

GABA acetilcolina etanolammina<br />

colina<br />

1 Un neurotrasmettitore (o "neuromediatore") è una sostanza che veicola le informazioni fra le cellule componenti il sistema<br />

nervoso, i neuroni, attraverso la trasmissione sinaptica. Sono contenuti in vescicole addensate alle estremità distali del neurone<br />

nei punti in cui esso contrae rapporto sinaptico con altri neuroni. Nel momento in cui il neurone viene raggiunto da uno<br />

stimolo, le vescicole sinaptiche riversano il proprio contenuto nello spazio sinaptico e i neurotrasmettitori rilasciati si legano a<br />

recettori o a canali ionici localizzati sulla membrana post-sinaptica. L'interazione fra i neurotrasmettitore e il recettore/canale<br />

ionico scatena una risposta eccitatoria o inibitoria nel neurone post-sinaptico.


Carboidrati: mono e polisaccaridi<br />

I carboidrati si ritrovano in tutti gli organismi viventi. Lo zucchero e l'amido degli alimenti, la cellulosa<br />

del legno, la carta e il cotone sono carboidrati praticamente puri. Carboidrati modificati formano parte del<br />

rivestimento che circonda le cellule viventi, altri carboidrati si trovano negli acidi nucleici che sono<br />

responsabili dell'informazione genetica, altri ancora sono impiegati come farmaci.<br />

Il termine carboidrato ha origine storica nel fatto che il glucosio, il primo carboidrato a essere stato ottenuto in<br />

forma pura, avendo formula molecolare C 6 H 12 0 6 , era inizialmente considerato un «idrato di carbonio»,<br />

C 6 (H 2 O) 6 . Questo modo di vedere venne ben presto abbandonato, ma il nome rimase. Attualmente il termine<br />

carboidrati è riservato all'ampia classe di poliidrossi aldeidi e chetoni comunemente detti zuccheri o anche<br />

(saccaridi dal latino “saccharum” zucchero). Il glucosio, noto anche come destrosio in medicina, è l'esempio<br />

più familiare.<br />

I carboidrati sono sintetizzati dalle piante verdi con la fotosintesi, un processo molto complesso nel quale la<br />

luce del sole fornisce l'energia per convertire CO 2 e H 2 O in glucosio e ossigeno. La pianta lega poi<br />

chimicamente tra loro molte molecole di glucosio per immagazzinarle sotto forma di cellulosa o di amido. Si<br />

stima che oltre il 50% del peso a secco della biomassa terrestre, costituita dall'insieme delle piante e degli<br />

animali, consista di polimeri del glucosio. Una volta ingeriti e assimilati col metabolismo, i carboidrati<br />

forniscono agli animali una sorgente prontamente disponibile. In sostanza i carboidrati fungono da<br />

intermediari chimici per mezzo dei quali l'energia solare viene immagazzinata per essere poi usata a tempo<br />

debito a sostegno della vita.<br />

76<br />

luce solare<br />

6 CO 2 + 6 H 2 O 6 O 2 + C 6 H 12 O 6<br />

amido e cellulosa<br />

Classificazione dei carboidrati<br />

I carboidrati vengono distinti in semplici e complessi. Gli zuccheri semplici, o monosaccaridi, sono quei<br />

carboidrati che, come il glucosio e il fruttosio, non possono essere trasformati in molecole di zucchero più<br />

piccole per idrolisi. I carboidrati complessi sono composti da due o più zuccheri semplici legati assieme. Il<br />

saccarosio (il comune zucchero da tavola), per esempio, è un disaccaride costituito da una molecola di<br />

glucosio e una molecola di fruttosio legate tra loro. Il glucosio è il monosaccaride più comune, un altro<br />

monosaccaride di grande importanza e diffusione è il fruttosio, lo zucchero della frutta, che ha la stessa<br />

formula elementare, C 6 H 12 0 6 , del glucosio e, quindi, rappresenta un suo isomero strutturale. Analogamente la<br />

cellulosa è un polisaccaride costituito da migliaia di molecole di glucosio tutte legate tra di loro. Per idrolisi<br />

catalizzata da enzimi i polisaccaridi si scindono nei monosaccaride che li compongono.<br />

Monosaccaridi<br />

I monosaccaridi hanno formula generale C n H 2n O n (o anche C n (H 2 O) n ), dove n è un numero che va da 3 ad 8, e<br />

sono distinti in aldosi (poliidrossialdeidi) e chetosi (polidrossichetoni) a seconda che il gruppo carbonilico sia<br />

quello aldeidico o quello chetonico. Il numero di atomi di carbonio del monosaccaride si indica con<br />

l'appropriato prefisso numerico tri-, tetr-, pent-, es- e così via. Gli zuccheri più semplici sono i due triosi<br />

gliceraldeide e diidrossiacetone che sono rispettivamente un aldotrioso ed un chetotrioso. Quindi, il glucosio<br />

è un aldoesoso perché è uno zucchero aldeidico a sei atomi di carbonio; il fruttosio è un chetoesoso perché è<br />

uno zucchero chetonico a sei atomi di carbonio e il ribosio è un aldopentoso, cioè uno zucchero aldeidico a<br />

cinque atomi di carbonio. La maggior parte dei più comuni zuccheri semplici è costituita da aldopentosi e<br />

aldoesosi. Il modo più semplice ed utile per rappresentarli è quello di usare le proiezioni di Fisher<br />

rispettando la convenzione di scrivere il carbonio carbonilico in alto.


77<br />

La gliceraldeide, l'aldoso più semplice, ha un solo centro chirale sul carbonio 2, pertanto può esistere sotto<br />

forma di due enantiomeri (tra loro immagini speculari), dei quali però soltanto quello a configurazione<br />

assoluta R è presente in natura. Sappiamo, inoltre, che la (R)-gliceraldeide è quella che ruota il piano della<br />

luce polarizzata a destra di +13.5° e la (S)-gliceraldeide, di conseguenza, ruota il piano della luce polarizzata a<br />

sinistra: cioè i due enantiomeri sono rispettivamente la (R)-(+)-gliceraldeide e la (S)-(–)-gliceraldeide. Tutti i<br />

monosaccaridi superiori presenti in natura si ottengono dalla (R)-(+)-gliceraldeide per inserimento di uno o<br />

più gruppi H-C-OH tra il gruppo aldeidico ed il carbonio chirale.<br />

Come conseguenza glucosio, fruttosio, ribosio e praticamente tutti gli altri monosaccaridi di origine<br />

naturale hanno la stessa configurazione R della D-gliceraldeide nel centro chirale più lontano dal gruppo<br />

carbonilico. Allora, nelle proiezioni di Fischer di questi zuccheri naturali, il gruppo -OH dell'ultimo centro<br />

chirale (quello più in basso) sta a destra e perciò si dice che tali composti sono zuccheri della serie D.<br />

Va chiarito che il simbolo D non ha nulla a che vedere con il fatto che il composto sia destrogiro o levogiro,<br />

esattamente come la notazione R,S che di per sé non dà questa informazione.<br />

Degli otto aldoesosi della serie D, i più importanti sono il glucosio, il mannosio ed il galattosio che sono tra<br />

loro diastereoisomeri. In particolare, Il mannosio ed il galattosio sono epimeri del glucosio rispettivamente al<br />

carbonio 2 e 4, dove per epimeri si intendono quei diastereoisomeri che differiscono per la configurazione ad<br />

un solo centro chirale.


I chetosi superiori si ottengono dal diidrossiacetone per inserimento di uno o più gruppi H-C-OH tra il gruppo<br />

chetonico ed il CH 2 OH terminale. Il più importante ed ampiamente diffuso in natura è il fruttosio (lo<br />

zucchero della frutta). Il glucosio ed il fruttosio sono isomeri strutturali (stessa formula grezza ma atomi<br />

legami in modo diverso). I due isomeri a livello biologico, grazie alla catalisi enzimatica, possono<br />

interconvertirsi per tautomeria cheto-enolica grazie alla formazione di un enediolo intermedio. Questo<br />

processo è fondamentale nel metabolismo del glucosio, senza di esso non potremmo digerire il glucosio<br />

attraverso il processo noto come glicolisi.<br />

78<br />

Amminozuccheri<br />

Un’altra classe molto importante di zuccheri è quella degli amminozuccheri. La glucosammina è il più<br />

importante ed ampiamente diffuso, ed è uno dei principali precursori della sintesi delle proteine glicosilate e<br />

dei lipidi. È uno dei maggiori componente del guscio dei crostacei e di altri artropodi, nei funghi e molti<br />

organismi superiori ed è uno dei più abbondanti monosaccaridi. È prodotto commercialmente dall'idrolisi dei<br />

gusci dei crostacei. La glucosammina è comunemente usata come trattamento per l'osteoartrite.<br />

Struttura ciclica degli zuccheri<br />

Ad eccezione degli zuccheri a tre carboni, la gran parte dei<br />

monosaccaridi esiste prevalentemente in forma di emiacetale<br />

ciclico. Facciamo un passo indietro e ricordiamo che nella<br />

chimica del gruppo carbonilico abbiamo visto che le aldeidi e i<br />

chetoni reagiscono con gli alcoli in una reazione reversibile di<br />

addizione nucleofila che porta a emiacetali.<br />

Se il carbonile e il gruppo ossidrilico fanno parte della stessa molecola, può prendere corpo l'addizione<br />

nucleofila intramolecolare e il prodotto che si forma è un emiacetale<br />

ciclico. Poiché gli emiacetali ciclici a cinque e a sei termini sono<br />

particolarmente stabili, molti carboidrati esistono come miscele di equilibrio<br />

tra una forma aperta e una forma ciclica. Il glucosio, in soluzione acquosa,<br />

esiste prevalentemente come forma piranosica ad anello a sei termini,<br />

ottenuta per addizione nucleofila intramolecolare dell'ossidrile del C5 al<br />

gruppo aldeidico Cl. Il fruttosio esiste prevalentemente nella forma<br />

furanosica pentatomica ciclica, risultante dalla addizione del gruppo ossidrilico del C5 al gruppo chetonico<br />

C2. Il pirano ed il furano sono gli eteri ciclici rispettivamente a 6 e 5 atomi di<br />

carbonio. Il glucosio, dunque, è in realtà presente in natura in forma ciclica con un<br />

anello a 6 termini in cui è presente l’ossigeno. Uno dei modi per rappresentare gli<br />

zuccheri è quello di usare le proiezioni di Haworth, che sono proiezioni di un ciclo a 6<br />

rappresentato in forma planare prospettica. La convenzione da rispettare in queste proiezioni è la seguente: si<br />

scrive il ciclo a 6 con l’ossigeno intraciclico posto dietro sulla destra, mentre il CH 2 OH terminale (C6) è posto<br />

sempre dietro orientato ed orientato a sinistra verso l’alto. Durante la ciclizzazione, il carbonio aldeidico C1,<br />

che è prochirale, subisce l’attacco intramolecolare dell’OH in posizione 5 generando un nuovo centro chirale<br />

sul C1, che viene chiamato carbonio anomerico, nel quale il gruppo OH che si forma potrà essere orientato


verso l’alto, perciò dallo stesso lato del CH 2 OH terminale (e si parla di anomero beta), oppure verso il basso<br />

(anomero alfa). Esistono, perciò, due glucosi quello alfa e quello beta. Per i gruppi ossidrilici rimanenti vale la<br />

regola che puntano verso l’alto quelli orientati a sinistra nella forma di Fisher, mentre quelli orientati a destra<br />

puntano verso il basso.<br />

79<br />

Per comprendere come avviene la ciclizzazione e come si arriva alla rappresentazione di Haworth occorre<br />

seguire la ciclizzazione nello spazio. Innanzitutto, occorre effettuare una rotazione tra il C4 ed il C5 sulla<br />

proiezione di Fisher così da portare il CH 2 OH terminale a sinistra e l’OH in C5 in basso. A questo punto si<br />

piega la proiezione di Fisher di 90° verso destra, quindi la si immagina ripiegarsi su se stessa verso l’interno<br />

del piano del foglio onde premettere l’attacco dell’OH sul carbonio carbonilico C1. Dopo la chiusura l’OH<br />

che si origina sul C1 darà luogo ai due anomeri.<br />

α- e β-D-GLUCOPIRANOSIO: CONFORMAZIONI A SEDIA<br />

Forme furanosiche: aldopentosi e chetoesosi<br />

Quando si passa agli aldopentosi come il ribosio e l’arabinosio, la catena è più corta di un atomo di<br />

carbonio. Pertanto, nella ciclizzazione si formerà un anello a cinque, l’anello furanosico, che ha una struttura<br />

simile al ciclopentano con un atomo di ossigeno al posto di un atomo di carbonio. Il meccanismo per la<br />

ciclizzazione e la convenzione per scrivere questi zuccheri è la stessa vista prima. Sono qui rappresentati i due<br />

zuccheri D-ribosio e 2-deossi-D-ribosio presenti negli acidi nucleici.


80<br />

(presente nel RNA)<br />

(presente nel DNA)<br />

Anche nel caso dei chetopentosi l’anello furanosico è quello privilegiato. In questo caso la ciclizzazione<br />

coinvolge sempre il C5, il penultimo carbonio, ma il carbonile che subisce l’attacco è in posizione 2. È il caso<br />

del fruttosio che ciclizza prevalentemente nella forma a 5 termini.<br />

Anomeri α e β: mutarotazione<br />

Quando un monosaccaride in forma aperta ciclizza per dare una forma piranosica o furanosica, si crea un<br />

nuovo centro chirale in corrispondenza di quello che in origine era il carbonio carbonilico. Si producono due<br />

particolari diastereomeri, detti anomeri e il carbonio emiacetalico si chiama centro anomerico. Per esempio, in<br />

soluzione acquosa il glucosio ciclizza reversibilmente formando una miscela 37:63 dei due anomeri.<br />

L'anomero meno abbondante è quello con il gruppo -OH del Cl in posizione assiale. Esso prende il nome di<br />

anomero alfa (α), ma il nome completo è a-D-glucopiranosio. 1'anomero più abbondante è quello con l' -OH<br />

del Cl in posizione equatoriale. Esso prende il nome di anomero beta (β), ma il nome completo è β-Dglucopiranosio.<br />

Si noti che il β-D-glucopiranosio ha tutti i sostituenti dell'anello in posizione equatoriale.<br />

Pertanto esso, tra gli otto D-aldoesosi, è il meno il più stabile e per tale ragione il più diffuso in natura.<br />

È possibile cristallizzare e purificare entrambi gli anomeri del D-glucopiranosio. L' α-D-glucopiranosio puro<br />

ha punto di fusione 146 °C e rotazione specifica [αl D = +112°; il β-D-glucopiranosio puro ha punto di fusione<br />

148 - 155 °C e rotazione specifica [αl D = +18,7°. Quando si discioglie in acqua un campione puro dell'uno o<br />

dell'altro ano mero, la rotazione ottica cambia lentamente per convergere a un valore finale costante di +52,6.<br />

Quindi la rotazione specifica della soluzione dell'anomero α diminuisce da + 112,2 a +52,6; quella della<br />

soluzione dell'anomero β aumenta da +18,7 a +52,6. Questo spontaneo cambiamento della rotazione ottica,


noto come mutarotazione, è attribuibile alla lenta interconversione degli enantiomeri puri, α e β, che porta alla<br />

miscela di equilibrio 37:63 .<br />

La mutarotazione decorre mediante apertura reversibile dell'anello dei due anomeri, per dare la forma<br />

aldeidica a catena aperta e successiva richiusura di quest'ultima. 1'equilibrazione è un processo lento a pH<br />

neutro, ma può essere catalizzato sia da acidi sia da basi.<br />

81<br />

Proprietà fisiche dei monosaccaridi<br />

• solidi cristallini<br />

• solubili in acqua<br />

• moderatamente solubili in alcoli<br />

• insolubili in solventi apolari<br />

• potere dolcificante (edulcorante): saccarosio (100), glucosio (74), fruttosio (174). Vi sono dolcificanti<br />

sintetici che hanno un potere edulcorante centinaia di volte superiore al glucosio (aspartame, saccarina,<br />

sucralosio ecc.)<br />

Glicosidi<br />

Abbiamo visto che per trattamento di un emiacetale con un alcol in presenza di un catalizzatore acido si<br />

ottiene un acetale<br />

Alla stessa maniera, trattando l'emiacetale di un monosaccaride con un alcole e un catalizzatore acido, si<br />

ottiene il corrispondente acetale, nel quale il gruppo -OH anomerico è stato sostituito da un gruppo -OR. Per<br />

esempio, la reazione del glucosio col metanolo fornisce una miscela 2:1 di metil-D-glucopiranosidi α e β.<br />

Gli acetali dei carboidrati si chiamano glicosidi e li si denomina individualmente premettendo il nome del<br />

gruppo alchilico e sostituendo la finale -osio dello zucchero con la desinenza -oside. Al pari di tutti gli altri<br />

acetali, i glicosidi sono stabili in acqua; non si trovano in equilibrio con una forma a catena aperta e perciò<br />

non danno mutarotazione. Tuttavia, per idrolisi in ambiente acido, essi ridanno i corrispondenti monosaccaridi<br />

liberi.<br />

I glicosidi sono ampiamente diffusi nel mondo vegetale, dove rappresentano fonti di immagazzinamento<br />

degli zuccheri. L'uomo si serve di tali composti utilizzandoli principalmente in campo farmacologico o come<br />

additivi alimentari. Ecco alcuni esempi:<br />

• glicosidi prodotti dal genere salix sono una fonte di acido salicilico,<br />

• derivati dall'antrachinone presenti in piante come la senna hanno effetto lassativo<br />

• glicosidi cumarinici hanno la proprietà di dilatare le arterie coronariche.


• glicosidi digitalici digitossina e digossina furono i capostipite storici dei farmaci antiaritmici.<br />

• glucovanillina è un aromatizzante dolciastro,<br />

• Altre classi di glicosidi sono preminentemente tossici (ad esempio il fenilglicoside che è un glicoside di<br />

difesa di alcune piante o l'amigdalina che è una fonte di cianuro ed è formata da genziobiosio e<br />

mandelonitrile). E’ presente, ed ecco perché bisogna evitarne o perlomeno limitarne l'ingestione, nei semi<br />

di uva, mele e pere, ma anche nel nocciolo della pesca e dell'albicocca.<br />

La formazione di un glicoside determina una maggiore biodisponibilità, idrofilicità e stabilità di sostanze a<br />

carattere lipofilo, come ad esempio gli olii essenziali, permettendo la compartimentazione nel vacuolo e<br />

traslocazione nel citoplasma.<br />

Gli N-glicosidi sono gli analoghi dei glicosidi nei quali vi è un legame tra il carbonio anomerico ed un atomo<br />

di azoto. Per esempio se si fa reagire il D-ribosio con anilina con catalisi acida si ottiene l’N-fenil-D-riboside.<br />

I ribosidi sono di fondamentale importanza a livello biologico perché quelli del ribosio e del deossiribosio<br />

formano i nucleosidi che sono le unità strutturali degli acidi nucleici. Ad esempio l’N-riboside dell’uracile<br />

(una ammnina ciclica) forma il nucleoside uridina.<br />

82<br />

Reazioni dei monosaccaridi<br />

• Riduzione con NaBH 4 : Trattando un aldoso o un chetoso con boroidruro di sodio, NaBH 4 , si ottiene, come<br />

prodotto di riduzione, un polialcol detto alditolo. La reazione avviene sulla forma a catena aperta, che è<br />

presente nell'equilibrio aldeide .= emiacetale.<br />

Il D-glucitolo, l'alditolo ottenibile per riduzione del D-glucosio, è un prodotto naturale rinvenibile in molti<br />

frutti e molti tipi di bacche. Sotto il nome di D-sorbitolo trova impiego come dolcificante alimentare al posto<br />

dello zucchero.<br />

• Ossidazione. Sempre la forma aperta degli zuccheri può essere ossidata con comuni agenti ossidanti.<br />

L’ossidazione blanda con Br 2 /H 2 O porta agli acidi aldonici (acido gluconico nel caso del glucosio),


mentre un’ossidazione più energica con acido nitrico porta agli acidi aldarici (acido glucarico nel caso del<br />

glucosio).<br />

83<br />

I disaccaridi<br />

Abbiamo visto che per reazione dell'emiacetale di un monosaccaride con un alcol si ottiene un glicoside in cui<br />

il gruppo -OH anomerico viene sostituito da un gruppo -OR. Nel caso in cui anche l'alcol sia uno zucchero, il<br />

glicoside che si produce è un disaccaride. I disaccaridi sono composti che contengono un legame (acetalico)<br />

glicosidico tra il carbonio anomerico di una molecola di uno zucchero e il gruppo -OH di una posizione<br />

qualsiasi di un'altra molecola di zucchero. Particolarmente frequente è il legame glicosidico tra il Cl del primo<br />

zucchero e il C4 del secondo; tale legame è noto come legame 1→4. Il legame glicosidico col carbonio<br />

anomerico può essere alfa oppure beta. Con poche eccezioni (saccarosio) anche i disaccaridi danno il<br />

fenomeno della mutarotazione.<br />

Maltosio. Il maltosio, disaccaride ottenibile per idrolisi dell'amido<br />

catalizzata dagli enzimi detti α-amilasi, è costituito da due molecole<br />

di α-D-glucosio legate da un legame l→4-α-glucosidico. È presente<br />

nei semi germinanti come quelli dell'orzo quando scindono le loro<br />

riserve di amido da utilizzare come nutrimento. La produzione dai<br />

cereali germoglianti, come l'orzo, ha un ruolo importante nella<br />

produzione della birra. Quando l'orzo è germogliato, viene portato in Maltosio: legame 1→4-α-glucosidico<br />

una condizione in cui la concentrazione di amilasi maltogenica è massimizzata. Durante il processo di<br />

macerazione queste amilasi convertono gli amidi del cereale in maltosio. Il metabolismo del maltosio da<br />

parte dei lieviti durante la fermentazione porta quindi alla formazione di etanolo e biossido di carbonio.<br />

Cellobiosio. disaccaride ottenibile per idrolisi parziale della<br />

cellulosa, è costituito da due moleocle di β-glucosio congiunti<br />

da un legame 1→4-β-glucosidico. Si ottiene per idrolisi parziale<br />

della cellulosa da parte delle β-glicosidasi. l'assenza, nei<br />

mammiferi, di questi enzimi in grado di effettuare la<br />

degradazione del legame beta 1-4, rendono non assimilabile il Cellobiosio: legame 1→4-β-glucosidico<br />

glucosio proveniente dalla cellulosa e quindi dal cellobiosio.<br />

Solamente i ruminanti ed altri tipi di mammiferi, sono in grado di utilizzare il glucosio della cellulosa, grazie<br />

alla presenza, nel loro sistema digerente, di batteri che rompono tale legame. Noi non possediamo enzimi<br />

cellulosi in grado di riconoscere il legame beta glicosidico. (il disaccaride con legame 1→6-β-glucosidico si<br />

chiama genziobiosio)<br />

Saccarosio. Il saccarosio, il comune «zucchero» da tavola, è probabilmente la<br />

sostanza organica più diffusa al mondo in forma pura. Sia che provenga dalla<br />

canna da zucchero (20% in peso), sia che provenga dalla barbabietola (15% in<br />

peso), grezzo o raffinato, lo zucchero da tavola è sempre saccarosio.<br />

Il saccarosio è un disaccaride formato dall’unione di una unità di α-glucosio ed<br />

una unità di β-fruttosio unite da un legame 1→2-α-glucosidico. Per idrolisi,<br />

fornisce l equivalente di glucosio e l equivalente di fruttosio. Alla<br />

miscela 1:1 dei due monosaccaridi si dà il nome di zucchero invertito Saccarosio: legame 1→2-α-glucosidico


perché, durante l'idrolisi del saccarosio, il segno della rotazione ottica si inverte passando da [α] D = +66,5° del<br />

saccarosio a [α] D = - 22 ° della miscela glucosio/fruttosio. Alcuni insetti, come le api, dispongono di enzimi,<br />

invertasi, che catalizzano la reazione di idrolisi del saccarosio. Il miele, infatti, è essenzialmente una miscela<br />

di glucosio, fruttosio e saccarosio.<br />

A differenza della maggior parte degli altri disaccaridi, il saccarosio non dà luogo al fenomeno della<br />

mutarotazione. Ciò comporta che la sua molecola non abbia gruppi emiacetalici e che le unità di glucosio e di<br />

fruttosio siano entrambe sotto forma glicosidica. Ciò accede perché i due monosaccaridi sono tenuti insieme<br />

da un legame glicosidico tra i due carboni anomerici, il Cl del glucosio e il C2 del fruttosio.<br />

Lattosio. Il lattosio è un disaccaride contenuto principalmente nel latte dei mammiferi (specie umana<br />

compresa). E' formato dall'unione di β-galattosio e β-<br />

glucosio. Per essere digerito, il lattosio deve<br />

neccessariamente essere scisso in queste due unità più<br />

semplici. La lattasi è un enzima inducibile, presente nel<br />

neonato, in grado di idrolizzare il legame β-1,4-glicosidico<br />

del lattosio (β-galattosil-α-glucoside) e scindere, quindi,<br />

quest'ultimo in galattosio e glucosio. L'inducibilità di tale Lattosio: legame 1→4-β-galattosidico<br />

enzima può essere persa nel caso di non utilizzo di latte; se un<br />

individuo "perde" completamente il gene che codifica per la lattasi, diventa intollerante al lattosio cioè, il<br />

lattosio, quando ingerito, non viene degradato e non è quindi assimilabile dalle cellule: il lattosio si accumula,<br />

allora, nell'intestino e richiama liquidi. Questa inattivazione del gene che codifica per la lattasi è responsabile<br />

di un disturbo, conosciuto come intolleranza al lattosio, che insorge in seguito all'ingestione di latte o di altri<br />

cibi contenenti lattosio e si manifesta con diarrea, meteorismo ed altri disordini gastrointestinali.<br />

Il galattosio segue il metabolismo del glucosio, dopo che una sua forma attivata viene convertita da un enzima<br />

epimerasi (il galattosio è un epimero sul quarto carbonio del glucosio) ad una forma attivata del glucosio. Il<br />

galattosio è un componente delle glicoproteine del tessuto connettivo che entra nella composizione delle<br />

strutture organiche di supporto e di connessione, quali per esempio i tendini, le cartilagini, i legamenti, la<br />

matrice organica delle ossa, ecc. Negli animali superiori il collagene costituisce oltre 1/3 dell'intero<br />

contenuto proteico dell'organismo.<br />

Polisaccaridi<br />

I polisaccaridi sono carboidrati complessi nei quali decine, centinaia o finanche migliaia di unità di zuccheri<br />

semplici si trovano legate tra loro tramite legami glicosidici. Poiché questi composti hanno gruppi -OH<br />

anomerici liberi solo alla fine di una catena molto lunga, i polisaccaridi non danno apprezzabile<br />

mutarotazione. Cellulosa e amido sono i più diffusi tra i polisaccaridi.<br />

Cellulosa. La cellulosa è costituita da alcune migliaia di unità di D-glucosio legate tra loro con legami 1→4-<br />

β-glicosidici, come quelli del cellobiosio. Varie molecole di cellulosa possono poi interagire per formare<br />

grandi strutture aggregate, tenute assieme da legami idrogeno. La natura utilizza la cellulosa principalmente<br />

come materiale strutturale per conferire forza e rigidità alle piante. Foglie, erbe e cotone sono fatti<br />

prevalentemente di cellulosa. La cellulosa serve anche come prodotto di partenza per l'acetato di cellulosa,<br />

una fibra artificiale conosciuta col nome commerciale di raion acetato, e per il nitrato di cellulosa, conosciuto<br />

col nome di fulmicotone. Il fulmicotone è il principale componente della polvere da sparo.<br />

84


L'amido e il glicogeno<br />

Patate, mais e grano contengono grandi quantità di amido, un polimero del glucosio nel quale le unità di<br />

monosaccaride sono congiunte da legami 1→4-α-glicosidici, come quelli del maltosio. L'amido si può<br />

separare in due frazioni: l'amilosio e l'amilopectina. L'amilosio assomma a circa il 20% in peso dell'amido e<br />

consiste di varie centinaia di molecole di glucosio legate con legami 1→4-α-glicosidici. L'amilopectina<br />

assomma al restante 80% dell'amido e ha struttura più complessa dell'amilosio. A differenza della cellulosa e<br />

dell'amilosio, che sono polimeri lineari, l'amilopectina è caratterizzata da ramificazioni 1→6-α-glicosidiche,<br />

approssimativamente una ogni 25 unità di glucosio.<br />

85<br />

L'amido è digerito nella bocca e nello stomaco dagli enzimi α-glicosidasi, che catalizzano l'idrolisi dei legami<br />

glicosidici e mettono in libertà le singole molecole di glucosio. Al pari degli altri enzimi, le α-glicosidasi<br />

esercitano un'azione altamente selettiva, nel senso che sono in grado di idrolizzare soltanto i legami α-<br />

glicosidici dell'amido, mentre lasciano inalterati quelli β-glicosidici della cellulosa. Per questo l'uomo può<br />

nutrirsi di patate e di grano, ma non di erba e di foglie degli alberi.<br />

Il glicogeno è un polisaccaride che negli animali assolve lo stesso compito di accumulo di energia che<br />

l'amido svolge nelle piante. I carboidrati, assunti con l'alimentazione e che non sono necessari per<br />

un'immediata conversione in energia, vengono trasformati nell'organismo in glicogeno e in questa forma<br />

immagazzinati a lunga scadenza. A somiglianza dell'amilopectina dell'amido, il glicogeno è caratterizzato da<br />

una struttura ramificata complessa, con legami 1→4 e 1→6 α-glicosidici. Le macromolecole del glicogeno<br />

sono più grandi di quelle dell'amilopectina, raggiungendo anche le 100.000 unità di glucosio, e contengono un<br />

maggior numero di ramificazioni.<br />

Altre attività biologiche degli zuccheri.<br />

Per molti anni i carboidrati sono stati considerati composti la cui unica funzione biologica era quella di servire<br />

da materiali strutturali e fonti di energia. Non c'è dubbio che i carboidrati svolgano in natura questi due<br />

compiti, tuttavia essi svolgono anche molte altre importanti funzioni biologiche. Come osservato in<br />

precedenza, per esempio, i glicoconiugati hanno un ruolo centrale nel processo di riconoscimento tra un tipo e<br />

l'altro di cellule. Corte catene di polisaccaridi, legate con legami covalenti di tipo glicosidico ai gruppi -OH o<br />

–NH2 delle proteine, fungono da segnali biochimici sulla superficie cellulare, come nel caso degli antigeni<br />

dei gruppi sanguigni dell'uomo.


86<br />

AMMINOACIDI, PEPTIDI E PROTEINE<br />

Le proteine compaiono in tutti gli organismi viventi, ne esistono molti tipi diversi, ed esercitano le più svariate<br />

funzioni biologiche. La cheratina della pelle e delle unghie, la fibroina della seta e delle ragnatele e i circa<br />

50.000 enzimi che catalizzano le reazioni biologiche nell'organismo sono tutte proteine. A prescindere dalla<br />

loro specifica funzione, le proteine hanno fondamentalmente una struttura simile e consistono tutte di un gran<br />

numero di amminoacidi legati tra loro in lunghe catene. Gli amminoacidi, come si può facilmente desumere<br />

dal nome, sono composti bifunzionali. Essi contengono sia un gruppo amminico basico sia un gruppo<br />

carbossilico acido.<br />

L’importanza degli amminoacidi come unità costruttive delle proteine, discende dal fatto che essi si possono<br />

legare in lunghe catene formando legami ammidici tra l' - NH 2 di un amminoacido e il -CO 2 H di un altro<br />

amminoacido. Le catene con meno di 50 amminoacidi sono convenzionalmente classificate come peptidi,<br />

quelle più lunghe come proteine.<br />

AMMINOACIDI<br />

Gli amminoacidi sono composti che contengono il gruppo carbossilico ed il gruppo amminico. Sebbene vi<br />

siano alcuni amminoacidi importanti anche di struttura diversa, quelli che hanno maggiore importanza (perché<br />

costituenti delle proteine) sono gli alfa amminoacidi, nei quali il gruppo amminico ed il gruppo carbossilico<br />

sono legati allo stesso atomo di carbonio. La formula generale è la seguente, dove al variare del gruppo R si<br />

ottengono i diversi amminoacidi naturali.<br />

Proprietà fisiche<br />

H 2 N CHR COOH<br />

α-amminoacido<br />

che si forma attraverso l’equilibrio con la forma<br />

neutra come qui indicato<br />

H 2 N<br />

CHR<br />

COOH<br />

H 3 N<br />

CHR<br />

COO<br />

Gli amminoacidi naturali<br />

Gli α-amminoacidi naturali costituenti le proteine (chiamati amminoacidi proteici) sono 20. Diciannove dei<br />

venti amminoacidi sono ammine primarie, RNH 2 , dove l'unica differenza è nella catena laterale, ossia nel<br />

sostituente legato al carbonio α. La prolina. invece, è un'ammina secondaria nella quale l'azoto e il carbonio<br />

α fanno parte di un anello pentatomico pirrolidinico.<br />

I 20 amminoacidi comuni possono essere ulteriormente distinti in neutri, acidi o basici, a seconda della<br />

struttura delle loro catene laterali. Quindici su venti hanno catene laterali neutre, due (acido aspartico e acido<br />

glutammico) hanno una seconda funzione carbossilica acida nella catena laterale e tre (lisina, arginina e<br />

istidina) hanno in catena laterale dei gruppi amminici basici. Al pH fisiologico 7,3 esistente all'interno delle<br />

cellule, i gruppi carbossilici delle catene laterali dell'acido aspartico e dell'acido glutammico sono deprotonati<br />

e gli azoti basici della catena laterale della lisina e dell'arginina sono protonati. L'istidina, invece, che ha un<br />

anello eterociclico imidazolico nella sua catena laterale, non è abbastanza basica da essere protonata a pH 7,3.<br />

L'uomo è in grado di sintetizzare soltanto 11 dei 20 amminoacidi delle proteine, definiti amminoacidi non<br />

essenziali. I restanti 9, definiti amminoacidi essenziali vengono biosintetizzati solo nelle piante e nei<br />

microrganismi e devono essere assunti con la dieta. Tuttavia, la separazione tra amminoacidi essenziali e non<br />

essenziali non è netta. La tirosina, per esempio, a volte è considerata non essenziale, perché l'uomo può<br />

produrla dalla fenilalanina, ma la fenilalanina è essenziale e deve essere assunta con la dieta. L'arginina


può essere sintetizzata dall'uomo, ma gran parte di quella di cui abbiamo bisogno proviene dalla nostra<br />

alimentazione. Qui di seguito sono riportati i 20 alfa amminoacidi proteici classificati in base alla<br />

struttura ed alle caratteristiche del gruppo R (riportato in blu):<br />

alifatici<br />

87<br />

H<br />

CH COOH<br />

NH 2<br />

CH COOH<br />

CH 3<br />

NH 2<br />

CH 3<br />

CH CH COOH<br />

CH 3 NH 2<br />

CH 3<br />

CH<br />

CH 3<br />

CH 2 CH COOH<br />

NH 2<br />

CH 3 CH 2<br />

CH<br />

CH 3<br />

CH COOH<br />

NH 2<br />

glicina GLY<br />

alanina ALA<br />

valina VAL<br />

leucina LEU<br />

isoleucina ILE<br />

ossidrilici<br />

solforati<br />

HO CH 2 CH COOH CH 3 CH CH COOH<br />

NH 2<br />

OH NH 2<br />

serina SER<br />

treonina THR<br />

HS CH 2 CH COOH CH 3 S CH 2<br />

NH 2<br />

cisteina CYS<br />

CH COOH<br />

CH 2<br />

NH 2<br />

metionina MET<br />

acidi<br />

ammidici<br />

HO 2 C<br />

CH COOH<br />

CH 2<br />

NH 2<br />

HO 2 C<br />

CH 2<br />

CH 2 CH COOH<br />

NH 2<br />

H 2 N<br />

O<br />

C<br />

CH COOH<br />

CH 2<br />

NH 2<br />

H 2 N<br />

O<br />

C<br />

CH 2<br />

CH 2 CH COOH<br />

NH 2<br />

ac. aspartico ASP<br />

ac. glutammico GLU<br />

asparagina ASN<br />

glutammina GLN<br />

basici<br />

H 2 N CH 2 CH 2 CH 2<br />

CH COOH<br />

CH 2<br />

NH 2<br />

H 2 N<br />

NH<br />

C<br />

NH<br />

CH 2<br />

CH 2<br />

CH COOH<br />

N<br />

lisina LYS<br />

arginina ARG<br />

CH 2<br />

NH 2<br />

N<br />

H<br />

CH COOH<br />

CH 2<br />

NH 2<br />

istidina HIS<br />

aromatici<br />

eterociclici<br />

CH COOH<br />

CH 2<br />

NH 2<br />

fenilalanina PHE<br />

HO<br />

CH COOH<br />

CH 2<br />

NH 2<br />

tirosina TYR<br />

COOH<br />

N<br />

H<br />

prolina PRO<br />

N<br />

H<br />

CH COOH<br />

CH 2<br />

NH 2<br />

triptofano TRP<br />

Chiralità degli amminoacidi<br />

Fatta eccezione per quello della glicina, + H 3 NCH 2 CO 2 - , gli atomi di carbonio α degli amminoacidi sono centri<br />

chirali. Pertanto ciascun amminoacido può esistere sotto forma di due enantiomeri, ma la natura si serve di<br />

uno solo dei due per costruire le proteine. Nelle proiezioni di Fischer gli amminoacidi naturali si<br />

rappresentano col gruppo carbossilico in alto e la catena laterale in basso e poi sistemando il gruppo<br />

amminico a sinistra. A causa della loro somiglianza stereochimica con gli zuccheri della serie L, gli α-<br />

amminoacidi naturali sono definiti L-amminoacidi.


Per quanto riguarda la configurazione assoluta, tutti gli amminoacidi naturali sono della serie L ed hanno<br />

configurazione S. Fa eccezione la cisteina (a causa della priorità dello zolfo) che invece ha configurazione<br />

R.<br />

Punto isoelettrico<br />

In soluzione acida gli amminoacidi si protonano ed esistono prevalentemente in forma cationica. Viceversa, in<br />

soluzione basica gli amminoacidi si deprotonano ed esistono prevalentemente in forma anionica. Perciò deve<br />

esistere un valore intermedio di pH in corrispondenza del quale le due forme, anionica e cationica, si<br />

bilanciano esattamente e l'amminoacido è presente essenzialmente come zwitterione neutro. Tale pH si chiama<br />

punto isoelettrico, pI, dell'amminoacido.<br />

88<br />

Il punto isoelettrico dipende dalla struttura molecolare dell'amminoacido. I 15 amminoacidi con catena laterale<br />

neutra hanno punti isoelettrici prossimi alla neutralità, nell'intervallo tra pH 5,0 e pH 6,5. I due amminoacidi<br />

acidi hanno punti isoelettrici a pH più bassi, mentre i tre amminoacidi basici hanno punti isoelettrici a pH più<br />

alti.<br />

Così come gli amminoacidi hanno i loro punti isoelettrici individuali, anche le proteine hanno un pI<br />

complessivo, a causa dell'effetto cumulativo di tutti gli amminoacidi acidi o basici che contengono.<br />

Nell'enzima lisozima, per esempio, c'è una preponderanza di amminoacidi basici, pertanto il punto isoelettrico<br />

è alto (pI = 11,0). Al contrario, nella pepsina, c'è una preponderanza di amminoacidi acidi e il punto<br />

isoelettrico è basso (pI= 1.0). Non è sorprendente che le solubilità e le proprietà delle proteine con diversi pI<br />

siano fortemente influenzate dal pH del mezzo. La solubilità in acqua, di solito, è minima in corrispondenza<br />

del punto isoelettrico, dove la proteina non ha una carica netta, ed è più alta sia sopra che sotto il pI, dove la<br />

proteina è carica.<br />

Sintesi degli amminoacidi<br />

Vedremo sia un metodo chimico che il processo biochimico più importante per la sintesi degli amminoacidi.<br />

• Metodo chimico: ammonolisi degli alfa-alogenoacidi<br />

Biosintesi degli aa: transamminazione degli α-chetoacidi


89<br />

PEPTIDI E PROTEINE<br />

I peptidi e le proteine sono polimeri nei quali i singoli amminoacidi, i cosiddetti residui, sono legati assieme<br />

da legami ammidici, detti legami peptidici. Il gruppo amminico di un residuo forma un legame ammidico<br />

con il carbossile di un secondo residuo; il gruppo amminico del secondo residuo forma un legame ammidico<br />

con il carbossile di un terzo residuo e così via. Per esempio, la glicilalanina è il dipeptide prodotto dalla<br />

formazione di un legame ammidico tra il gruppo carbossilico della glicina e il gruppo amminico della alanina.<br />

O<br />

O<br />

H 2 N<br />

OH H 2 N<br />

OH<br />

glicina<br />

CH 3<br />

alanina<br />

legame peptidico<br />

(ammidico)<br />

H 2 N<br />

(- H 2 O)<br />

O<br />

N<br />

H<br />

CH 3<br />

glicilalanina<br />

(gly-ala)<br />

O<br />

OH<br />

O<br />

H 2 N<br />

OH<br />

CH 3<br />

alanina<br />

O<br />

H 2 N<br />

OH (- H 2 O)<br />

glicina<br />

H 2 N<br />

O<br />

N<br />

H<br />

legame peptidico<br />

(ammidico)<br />

CH 3<br />

O<br />

OH<br />

alanilglicina<br />

(ala-gly)<br />

Si noti che per reazione tra la glicina e l’alanina, si possono ottenere due dipeptidi, a seconda di quale sia il<br />

carbossile e quale sia il gruppo amminico che reagiscono. Nel caso in cui sia il gruppo amminico della glicina<br />

che reagisce con il carbossile della alanina, si ottiene la alanilglicina.<br />

La lunga sequenza atomica ripetitiva, -NH-CH-CO-, che costituisce una catena continua forma lo scheletro<br />

della proteina. Per convenzione i peptidi vanno scritti mettendo per primo a sinistra l'amminoacido N-<br />

terminale (quello con il gruppo –NH 2 libero) e a destra l'amminoacido C-terminale (quello col gruppo -<br />

CO 2 H libero). Il nome del peptide si scrive adoperando per ciascun amminoacido le abbreviazioni a tre<br />

lettere. Le abbreviazioni a una sola lettera sono più convenienti, anche se meno immediatamente<br />

riconoscibili, delle abbreviazioni a tre lettere.<br />

La struttura del legame peptidico<br />

Il legame ammidico che unisce tra loro i diversi amminoacidi nei peptidi non si differenzia da qualsiasi altro<br />

legame ammidico. L'azoto ammidico non è basico, perché il suo doppietto elettronico non condiviso è<br />

delocalizzato per interazione col gruppo carbonilico. La sovrapposizione dell'orbitale p dell'azoto con gli<br />

orbitali p del carbonile conferisce allegarne C- N un certo carattere di legame doppio che ne ostacola<br />

fortemente la rotazione. Pertanto il legame ammidico è piano e l'N-H è orientato a 180° rispetto al C=O.<br />

Nei peptidi si può avere un secondo tipo di legame covalente quando si viene a formare un legame disolfuro,<br />

RS-SR, tra due residui cisteinici. I disolfuri si formano dai tioli, RSH, per blanda ossidazione e ridanno i tioli<br />

per blanda riduzione.<br />

I legami disolfuro che si instaurano tra residui cisteinici appartenenti a due diverse catene peptidiche legano le<br />

due catene, che altrimenti sarebbero separate, mentre i legami disolfuro tra residui cisteinici appartenenti alla<br />

stessa catena formano degli anelli all'interno della catena. L'insulina, per esempio, è costituita da due catene,<br />

per un totale di 51 amminoacidi, unite da due ponti disolfuro tra residui di cisteina.


90<br />

Struttura delle proteine<br />

Le proteine hanno una organizzazione tridimensionale (struttura) molto complessa a cui è associata<br />

sempre una funzione biologica. Da questa considerazione deriva uno dei dogmi fondamentali della<br />

biologia: "Struttura Funzione", nel senso che ad ogni diversa organizzazione strutturale posseduta<br />

da una proteina (detta proteina nativa) è associata una specifica funzione biologica. Da questo punto di<br />

vista le proteine possono essere classificate in due grandi famiglie: le proteine globulari e le proteine a<br />

struttura estesa o fibrosa. Queste due organizzazioni riflettono le due grosse separazioni funzionali che le<br />

contraddistinguono:<br />

• Le proteine fibrose come il collagene dei tendini e dei tessuti connettivi e la miosina del tessuto<br />

muscolare, sono costituite da catene polipeptidiche disposte una a fianco dell'altra in lunghi filamenti.<br />

Dal momento che queste proteine sono resistenti e insolubili in acqua, sono impiegate in natura per i<br />

materiali strutturali, svolgendo generalmente funzioni biomeccaniche. Esse rientrano nella costituzione<br />

delle unghie, dei peli, dello strato corneo dell'epidermide, opponendo una valida difesa contro il mondo<br />

esterno.<br />

• Le proteine globulari sono di solito raggomitolate in forme compatte, pressoché sferiche. Queste<br />

proteine sono solubili in acqua e sono mobili all'interno delle cellule. Le proteine globulari sono<br />

coinvolte in specifiche e molteplici funzioni biologiche, spesso di notevole importanza per l'economia<br />

cellulare, sono proteine in maggioranza i circa 3000 enzimi caratterizzati finora, molti ormoni, le tossine,<br />

e gli anticorpi, responsabili della difesa immunitaria. Cibi particolarmente ricchi di proteine sono: carne,<br />

pesce, uova, formaggi e legumi.<br />

Le proteine sono così grandi che il termine struttura assume un significato più ampio rispetto ai composti<br />

organici più semplici. I chimici, infatti, nel descrivere le proteine, parlano di quattro diversi livelli di struttura:<br />

• La struttura primaria di una proteina altro non è che la sequenza degli amminoacidi.<br />

• La struttura secondaria descrive il modo con cui segmenti della catena proteica si orientano in una<br />

configurazione regolare.<br />

• La struttura terziaria descrive come l'intera molecola proteica si avvolge in una complessiva forma<br />

tridimensionale.<br />

• La struttura quaternaria descrive come diverse molecole proteiche si associano per formare strutture<br />

aggregate di grandi dimensioni.<br />

La struttura primaria determina l’identità della proteina.<br />

Le strutture secondarie più comuni sono quelle ad α-elica e a foglietto β-pieghettato.<br />

Un'α-elica è una spirale destrorsa della catena proteica, molto simile a una scala a chiocciola. Ogni giro<br />

dell'elica contiene 3,6 residui amminoacidici con una distanza tra le spire di 5,4 À. La struttura è stabilizzata<br />

da legami idrogeno tra i gruppi N-H ammidici e i gruppi C= O distanti quattro residui. L'α-elica è una<br />

struttura secondaria estremamente comune e quasi tutte le proteine globulari contengono molti segmenti α-<br />

elica. La mioglobina, una piccola proteina globulare contenente 153 residui di amminoacidi in una singola<br />

catena, è un buon esempio.


91<br />

Struttura a foglietto β-pieghettato<br />

Struttura ad α-elica<br />

Il foglietto β-pieghettato si differenzia dall' α-elica in quanto la catena peptidica è completamente estesa<br />

anziché avvolta e i legami idrogeno si instaurano tra residui di catene adiacenti. I peptidi e le proteine possono<br />

contenere locali regioni disordinate, dette random coil (in italiano potrebbe tradursi "avvolgimento casuale”).<br />

Come indica il nome, i peptidi e le proteine in random coil non mostrano alcuno schema distinguibile nelle<br />

loro conformazioni.<br />

Anche se sono note altre conformazioni per i peptidi, l'α-elica e il foglietto β sono le più comuni. Alcuni<br />

peptidi e proteine esistono interamente in una sola conformazione. Per esempio, le α-cheratine, le proteine<br />

più abbondanti dei capelli e della lana, sono presenti nella conformazione ad α-elica. In queste proteine,<br />

diverse α-eliche sono avvolte una attorno all' altra per formare delle "corde molecolari." Queste strutture<br />

hanno una considerevole resistenza fisica. Al contrario, la fibroina della seta, la fibra secreta dal baco da seta,<br />

adotta una conformazione a foglietto pieghettato β. Nonostante questi esempi, le proteine che contengono un<br />

singolo tipo di conformazione sono relativamente rare.<br />

Piuttosto, la maggioranza delle proteine consiste di regioni ad α-elica e a foglietto β separate da brevi regioni<br />

random coil. Si hanno cioè diversi motivi, cosicché, nel complesso, essa è formata da strutture più piccole,<br />

relativamente ordinate, connesse da brusche curvature. L’assetto completo della struttura tridimensionale delle<br />

proteine è detto struttura terziaria. Le forze che determinano la struttura terziaria sono le stesse forze che<br />

agiscono su tutte le molecole, indipendentemente dalla grandezza, per assicurare loro la massima stabilità.<br />

Particolarmente importanti sono le interazioni idrofile (che amano l'acqua) delle catene laterali polari di<br />

amminoacidi acidi o basici e le interazioni idrofobe (che odiano l'acqua) delle catene laterali non polari. Gli<br />

amminoacidi acidi o basici con catene laterali cariche tendono ad accumularsi all'esterno della proteina. Al<br />

contrario i gruppi non polari tendono a disporsi verso l’interno.<br />

Per stabilizzare la struttura terziaria di una proteina sono anche importanti la formazione di ponti di solfuro<br />

tra residui di cisteina, la formazione di legami idrogeno tra residui di amminoacidi adiacenti e le attrazioni<br />

ioniche, dette ponti salini, tra siti carichi positivamente e negativamente di varie catene laterali<br />

amminoacidiche all'interno della proteina. Questi tipi di forze stabilizzanti sono riassunti nella figura.


92<br />

La struttura quaternaria è l'organizzazione spaziale di più molecole proteiche in complessi multi-subunità.<br />

Le proteine, uguali o diverse tra loro, assumono ciascuna la propria struttura terziaria, ma possono<br />

organizzarsi in strutture ancora più complesse interagendo tra loro: le interazioni possono essere legami deboli<br />

come legami idrogeno e forze di Van der Waals, oppure forti ossia ionico o covalente. La prima, storica,<br />

proteina di cui è stata dedotta la struttura quaternaria è stata l'emoglobina che è composta da quattro subunità;<br />

una volta che esse sono state soggette a ripiegamento e hanno assunto la struttura terziaria, si associano<br />

a due a due (formando cioè due dimeri); i due dimeri a loro volta interagiscono tra loro tramite molteplici<br />

legami deboli e formano così un tetramero: la definitiva struttura quaternaria dell'emoglobina.<br />

Denaturazione<br />

La struttura definitiva in vivo di una proteina, detta stato nativo, è il risultato di un bilancio delicato fra forze<br />

attrattive e forze repulsive tra il biopolimero e l'ambiente acquoso che lo circonda. Qualsiasi cosa venga ad<br />

alterare questo bilancio può portare a distruggere tutto quanto si è realizzato tranne la struttura primaria del<br />

polipeptide stesso. Tale perdita del dettaglio strutturale è chiamata denaturazione. A seconda dell'entità<br />

dell'alterazione e della particolare proteina coinvolta, la denaturazione può essere sia reversibile che<br />

irreversibile. Un esempio classico dell'ultimo tipo di trasformazione è la coagulazione del bianco d'uovo<br />

quando si cuoce un uovo. In tal caso l'albumina dell'uovo (una proteina) è denaturata termicamente.<br />

La denatura zio ne può essere ottenuta (a) aumentando la temperatura, (b) variando il pH dell'ambiente, (c)<br />

aggiungendo agenti ossidanti o riducenti (che distruggono i legami -S-S-), (d) facendo intervenire sostanze<br />

detergenti (che disturbano le interazioni idrofobiche fra l'acqua e la proteina), (e) aggiungendo un efficace<br />

accettore di legami d'idrogeno (ad esempio urea) o (f) mediante disturbi di tipo fisico (vibrazioni<br />

ultrasoniche).


Cenni sul metabolismo e sull'energia biochimica<br />

L'insieme delle reazioni che avvengono nelle cellule degli organismi viventi prende il nome di metabolismo. I<br />

processi attraverso i quali le molecole di grandi dimensioni vengono degradate a molecole di dimensioni più<br />

piccole si chiamano catabolici e di regola sviluppano energia. I processi attraverso i quali le molecole piccole<br />

vengono assemblate per la sintesi di biomolecole più grandi si chiamano anabolici e di solito assorbono<br />

energia. Il catabolismo può essere suddiviso in quattro fasi.<br />

Nella prima fase catabolica, detta digestione, il cibo è degradato nella bocca, nello stomaco e nell'intestino<br />

tenue dall'idrolisi dei legami esterei, acetalici (glicosidici) e ammidici (peptidici), con formazione di acidi<br />

grassi, zuccheri semplici e amminoacidi. Queste piccole molecole vengono quindi assorbite dalle cellule e<br />

ulteriormente degradate durante la seconda fase del catabolismo, per dare gruppi acetilici legati con un legame<br />

tioestereo a una molecola carrier di coenzima A di grandi dimensioni. Il composto risultante, l'acetiI co<br />

enzima A (acetiI CoA), è una sostanza chiave per il metabolismo.<br />

93<br />

In seguito l'acetiI CoA entra nella terza fase del catabolismo, il ciclo dell'acido citrico, dove viene ossidato a<br />

CO 2 . Come nella maggior parte delle ossidazioni, durante questa fase vengono rilasciate grandi quantità di<br />

energia, che sarà utilizzata nella quarta fase, la catena di trasporto elettronico, dove si forma adenosina<br />

trifosfato, ATP. L'ATP è stata definita la «valuta energetica» della cellula. Le reazioni cataboliche comprano<br />

ATP utilizzando l'energia che viene rilasciata nella sua sintesi dall'adenosina difosfato (ADP) più ione<br />

idrogenofosfato, HPO4 - . Dopo di che le reazioni anaboliche, spendono ATP, trasferendo un gruppo fosfato a<br />

un'altra molecola, e rilasciano energia rigenerando ADP. La produzione e l'uso di energia, pertanto, ruotano<br />

attorno all'interconversione ATP = ADP.<br />

Quasu tutte le reazioni cellulari e i processi dell’organismo che richiedono energia vengono alumentati dalla<br />

conversione ATP=ADP. Tra essi vi sono: trasmissione degli impulsi nervosi, la contrazione muscolare, i<br />

trasporti attraverso le membrane, la sintesi proteica, la divisione cellulare etc.


GLI ETEROCICLI AROMATICI<br />

Gli eterocicli sono molecole cicliche composte da atomi di carbonio e contenenti uno o più atomi diversi dal<br />

carbonio come per esempio il tetraidrofurano e non sono planari. Gli eterocicli aromatici invece sono<br />

composti planari e contengono un numero di elettroni p che soddisfa la regola di Hückel. Possono essere più o<br />

meno reattivi del benzene alle SNAr. Sono presenti in molti composti naturali importanti quali le vitamine B1,<br />

B6, B12 gli acidi nucleici DNA e RNA e le porfirine.<br />

Gli eterocicli aromatici sono pentatomici, esatomici semplici o condensati con altri anelli aromatici.<br />

Eterocicli pentatomici<br />

94<br />

Pirrolo.<br />

Il pirrolo è un eterociclico aromatico pentatomico con un eteroatomo<br />

rappresentato dall’azoto. A temperatura ambiente è un liquido<br />

giallo, infiammabile, dall'odore tenue. È insolubile in acqua,<br />

ma è solubile in etanolo e nei più comuni solventi organici. La<br />

molecola del pirrolo è ciclica e planare, con tutti e cinque gli<br />

atomi ibridati sp2, rispetta la regola di Huckel avendo 6<br />

elettroni condivisi negli orbitali p dei cinque atomi: perciò è<br />

aromatico. Essendo il doppietto elettronico dell'azoto impegnato nell'anello aromatico, questi non è<br />

disponibile per essere ceduto a specie acide, quindi il pirrolo mostra una basicità molto bassa.<br />

L’atomo di azoto contiene un doppietto nell’orbitale p ed esercita il proprio effetto +M donando la coppia<br />

agli atomi di carbonio dell’anello. Ciò può essere messo in evidenza con delle forme di risonanza. Il<br />

pirrolo sarà perciò più reattivo del benzene verso la S E Ar.<br />

Il pirrolo è ampiamente presente in natura in varie molecole<br />

biologicamente attive:<br />

1. forma dei macrocicli aromatici composti da quattro<br />

anelli pirrolici chiamati porfirine che, variamente<br />

sostituite, complessano ioni metallici come il Mg ++ per<br />

formare la clorofilla, lo ione Fe ++ per formare l’eme<br />

presente nell’emoglobina o il Co 3+ per formare la<br />

vitamina B 12 . L’emoglobina è formata da una porzione<br />

proteica detta globina e un complesso ferro/porfirina<br />

detto eme. L’atomo di ferro deve essere nello stato di<br />

Fe(II) perché possa legare l’ossigeno. I gruppi emici che<br />

contengono Fe(III) non sono in grado di legarlo.<br />

L’emoglobina contiene 4 gruppi emici. La mioglobina<br />

contiene un gruppo emico e agisce come accumulatore di ossigeno nel tessuto muscolare.


2. E’ presente, fuso con l’anello benzenico, nell’eterociclo a nuclei condensati dell’indolo che forma<br />

il triptofano, uno dei 20 amminoacidi proteici e naturalmente le ammine biogene che da esso si<br />

originano come triptamina e serotonina.<br />

3. L’eterociclo saturo del pirrolo, la pirrolidina, è presente nell’amminoacido proteico prolina<br />

Furano e tiofene<br />

Il furano ed il tiofene hanno una struttura simile<br />

a quella del pirrolo ma in questi due eterocicli<br />

l’ossigeno (o lo zolfo che appartiene lo stesso al<br />

VI gruppo) possiedono due coppie di elettroni<br />

che sono dislocate in due tipi diversi di orbitali.<br />

Anche per furano e tiofene valgono le strutture<br />

in risonanza che dimostrano che l’anello è<br />

attivato per la SEAr.<br />

Il furano è presente in natura sotto forma del suo anello saturo, il tetraidrofurano, che rappresenta lo<br />

scheletro degli zuccheri pentosi (scheletro furanosico).<br />

Imidazolo<br />

L' imidazolo è un eterociclico con due eteroatomi<br />

rappresentati da due atomi di azoto in posizione<br />

reciproca 1,3. A temperatura ambiente si presenta come<br />

un solido da incolore a giallo dall'odore di ammina. È un<br />

composto nocivo, corrosivo. Presenta carattere<br />

aromatico poiché è ciclico planare con 6 elettroni p.<br />

Caratteristica è la distribuzione degli elettroni p che nei<br />

due atomi di azoto è differente. L'azoto 1 (quello a cui è legato anche un idrogeno) condivide il suo<br />

doppietto elettronico con il sestetto aromatico nella delocalizzazione. L'altro azoto, il numero 3, non<br />

condivide il suo doppietto nella delocalizzazione, ma la coppia non<br />

condivisa è allocata in un orbitale ibrido coplanate con l’anello e risulta<br />

quindi disponibile per gli acidi.<br />

L’imidazolo è un eterociclo abbondante in natura.<br />

1. E’ il componente dell’amminoacido proteico istidina. La diversa<br />

ibridazione sp2 dei due azoti fa sì che l’azoto 1 abbia carattere<br />

istidina<br />

debolmente acido mentre l’azoto 3 ha carattere debolmente basico. La presenza di queste<br />

caratteristiche rende l’anello dell’imidazolo un composto anfotero e quindi un catalizzatore<br />

bifunzionale. Queste proprietà sono utilizzate sia dagli enzimi che catalizzano le reazioni di idrolisi<br />

delle proteine, le proteasi, per dare gli ammino acidi sia quelle di idrolisi dei<br />

lipidi, le lipasi, che sono ricchi di istidina.<br />

2. L’amminoacido istidina rilascia per decarbossilazione l’istamina, la molecola che<br />

provoca numerosi effetti fisiologici come dolore, prurito, infiammazione etc.<br />

durante i fenomeni allergici. In questi casi le IgE (immunoglobuline che<br />

istamina<br />

sono anticorpi) si legano a recettori localizzati sui mastociti (recettori H1 ed<br />

H2) provocandone la liberazione di istamina. Questa, a livello bronchiale provoca broncospasmo, a<br />

livello cutaneo reazioni orticarioidi e in generale vasodilatazione che, in alcuni<br />

casi, può portare al collasso. Gli effetti anche gravi dell’istamina sono<br />

combattuti dai farmaci antistaminici con effetto bloccante sui recettori H1 che<br />

sono quelli che mediano la maggior parte dei sintomi presenti nei disturbi<br />

allergici.<br />

purina<br />

95


3. L’imidazolo lo si ritrova anche condensato con la pirimidina a formare le purine, componenti<br />

fondamentali degli acidi nucleici.<br />

Tiazolo<br />

Il tiazolo è un eterociclico aromatico con due eteroatomi<br />

rappresentati da un atomo di azoto ed uno di zolfo in<br />

posizione reciproca 1,3. È un liquido infiammabile,<br />

incolore leggermente<br />

tendente al giallo con un<br />

odore che ricorda la<br />

piridina. Il tiazolo è<br />

utilizzato per la fabbricazione di biocidi, funghicidi, farmaci e coloranti.<br />

L’ibridazione e la struttura elettronica dei due eteroatomi ricalca quella<br />

tiamina<br />

dell’imidazolo. Come sale di tiazolio costituisce uno dei due eterocicli che<br />

formano la vitamina B1 chiamata tiamina, di fondamentale importanza nel metabolismo del glucosio,<br />

perché è il cofattore enzimatico che presiede la trasformazione dell’acido piruvico in acetil CoA.<br />

L’assenza di questa vitamina provoca il Beri-beri.<br />

Eterocicli esatomici<br />

I due eterocicli esatomici più importanti sono la Piridina e la Pirimidina.<br />

Piridina<br />

La piridina è un composto eterociclico aromatico<br />

esatomico con un atomo di azoto. A temperatura<br />

ambiente si presenta come un liquido incolore dallo<br />

sgradevole odore caratteristico. Può considerarsi<br />

simile al benzene con un carbonio sostituito<br />

dall’azoto. L’assetto elettronico prevede l’ibridazione<br />

sp2 per tutti gli atomi con l’azoto che partecipa al<br />

sestetto aromatico con un solo elettrone, mantenendo una coppia non condivisa fuori dall’anello<br />

disponibile per gli acidi. Ciò conferisce alla piridina le sue proprietà basiche. L’azoto esercita il proprio<br />

effetto –M disattivando l’anello verso le SEAr, come si può dimostrare scrivendo le forme di risonanza.<br />

La piridina è presente nel mondo biologico dove svolge fondamentali attività:<br />

1. Nella vitamina B6, chiamata piridossale<br />

(perché porta un gruppo aldeidico in<br />

posizione 4; svolge la funzione di cofattore<br />

nelle transamminasi, gli enzimi coinvolti<br />

nel metabolismo degli amminoacidi.<br />

2. Come sale di piridinio è uno dei due<br />

eterocicli che formano il NAD + e il prodotto<br />

Vitamina B6 nicotinammide (NAD + )<br />

di riduzione NADH. Queste molecole sono<br />

impegnate nei processi ossido-riduttivi cellulari. In particolare come nicotinammide che deriva<br />

dall’acido nicotinico nota come vitamina B3, la cui carenza provoca la pellagra. Un esempio di<br />

azione del NAD + è mostrato qui sotto nell’ossidazione di un alcole a chetone:<br />

96


97<br />

NAD + (forma ox)<br />

NADH (forma rid)<br />

Pirimidina<br />

La pirimidina è un composto eterociclico aromatico esatomico con due atomi di azoto in posizione<br />

reciproca 1,3. L’assetto elettronico dei due atomi di azoto è identico a quello dell’azoto piridinico.<br />

L’anello è perciò fortemente disattivato alla SEAr. La pirimidina variamente sostituita è l’eterociclo<br />

presente nel DNA ed RNA a formare tre delle 5 basi azotate: la timina, l’uracile e la citosina.<br />

Eterocicli condensati<br />

Tra gli eterocicli condensati molto importanti sono quelli derivati dalla Purina, un eterociclo condensato<br />

formato da Pirimidina ed Imidazolo, che costituiscono due delle 5 basi azotate del DNA e RNA: Adenina<br />

e Guanina. Un cenno merita l’Indolo che costituisce la parte eterociclica dell’ammino acido Triptofano.


GLI ACIDI NUCLEICI E I NUCLEOTIDI<br />

98<br />

Gli acidi nucleici sono l'ultima delle quattro classi principali di biomolecole che tratteremo. E' stato scritto e<br />

detto tanto sul DNA dai mezzi di comunicazione che probabilmente conoscete già i rudimenti della<br />

replicazione e della trascrizione del DNA. Questo campo di ricerca si sta sviluppando così rapidamente che<br />

sicuramente avete ancora molto da imparare.<br />

Gli acidi nucleidi, acido deossiribonucleico (DNA) e acido ribonucleico (RNA) , sono i portatori chimici e i<br />

processori dell'informazione genetica della cellula. Infatti nel DNA si trovano codificate tutte le<br />

informazioni che determinano la natura della cellula, che ne condizionano lo sviluppo e la moltiplicazione e<br />

che comandano la biosintesi degli enzimi e delle altre proteine necessarie alle funzioni cellulari. In aggiunta<br />

agli acidi nucleici stessi, i derivati degli acidi nucleici, come l'ATP sono coinvolti in molti processi biochimici<br />

e alcuni coenzimi importanti, come NAD + , FAD e il coenzima A, hanno gli acidi nucleici come componenti.<br />

Come le proteine sono biopolimeri costituiti da amminoacidi, così gli acidi nucleici sono biopolimeri<br />

costituiti da nucleotidi legati insieme a formare una lunga catena. Ciascun nucleotide è composto da un<br />

nucleoside legato a un gruppo fosfato; mentre ciascun nucleoside è composto da uno zucchero aldopentoso<br />

legato tramite il suo carbonio anomerico all'atomo di azoto di una base eterociclica azotata.<br />

Lo zucchero dell'RNA è il ribosio; lo zucchero del DNA è il 2' -deossiribosio. (Nella denominazione e<br />

numerazione dei nucleotidi, i numeri con l'apice si riferiscono a posizioni dello zucchero, mentre i numeri<br />

senza apice si riferiscono a posizioni della base eterociclica. Pertanto, il prefisso 2'-deossi sta a indicare che<br />

sul C2' del ribosio manca l'ossigeno). Ci sono quattro diverse basi azotate nel DNA: due purine sostituite<br />

(l'adenina e la guanina) e due pirimidine sostituite (la citosina e la timina).


99<br />

L'adenina, la guanina e la citosina compaiono anche nel RNA, ma in questo acido la timina è sostituita da una<br />

base pirimidinica molto simile, l'uracile.<br />

DNA e RNA, pur essendo simili dal punto di vista chimico, differiscono drasticamente nelle dimensioni. Le<br />

molecole di DNA sono enormi, contengono fino a 245 milioni di nucleotidi e hanno pesi molecolari fino a 75<br />

miliardi. Al contrario le molecole di RNA sono molto più piccole, contengono anche solo 21 nucleotidi e<br />

hanno pesi molecolari fino a 7000, come valore minimo.<br />

I nucleotidi sono legati tra loro, nel DNA e nel RNA, da legami fosfodiesterei [RO- (PO 2 - ) -OR'] che si<br />

formano tra il fosfato, il gruppo ossidrile 5' di un nucleoside e il gruppo ossidrile 3' di un altro nucleoside. Una<br />

delle due estremità del polimero dell'acido nucleico ha un ossidrile libero in posizione C3' (estremità 3'), l'altra<br />

ha un fosfato in posizione C5' (estremità 5').<br />

La sequenza dei nucleotidi in una catena viene descritta iniziando dall'estremità 5' e identificando le basi<br />

nell'ordine di comparsa, facendo uso delle abbreviazioni: G, C, A, T (o U per l'RNA). Pertanto una tipica<br />

sequenza di DNA potrebbe essere scritta così: TAGGCT.


100<br />

L'ACCOPPIAMENTO DELLE BASI NEL DNA: IL MODELLO DI WATSON E CRICK<br />

Le proporzioni delle basi eterocicliche del DNA isolato da tessuti diversi della stessa specie sono le stesse;<br />

mentre le proporzioni nei campioni prelevati da specie diverse sono<br />

diverse. Il DNA umano, per esempio, contiene circa il 30% sia di adenina<br />

sia di timina e circa il 20% di guanina e altrettanto di citosina. Nel batterio<br />

Clostridium perfringens, invece, si trova circa il 37% di adenina e timina e<br />

il 13% di guanina e di citosina. È molto importante prestare attenzione al<br />

fatto che in tutti e due questi esempi le basi si presentano a coppie: A e T<br />

sono presenti in quantità uguali; lo stesso dicasi per G e C. Perché mai?<br />

Nel 1953 James Watson e Francis Crick formularono la storica proposta<br />

che il DNA è costituito da due filamenti polinucleotidici che si sviluppano<br />

in direzioni opposte, avvolti l'uno attorno all'altro a formare una doppia<br />

elica, a guisa dei corrimano di una scala a chiocciola. I due filamenti sono<br />

complementari, piuttosto che identici, e sono tenuti insieme da legami<br />

idrogeno tra specifiche coppie di basi, A con T e C con G. Questo significa<br />

che ogni qualvolta su un filamento compare la base A, sul filamento<br />

opposto compare la base T; quando su un filamento compare la base C,<br />

nell'altro filamento compare G.. È questo accoppiamento complementare<br />

delle basi che spiega perché A e T si ritrovino sempre in quantità uguali e perché la stessa cosa accada a G e<br />

C.<br />

La doppia elica è larga 20 Angstrom, ci sono 10 coppie di basi per giro e il passo dell'elica è di 34 A. Si noti<br />

come l'avvolgimento dei due filamenti della doppia elica porti alla formazione di due diversi «solchi»: un<br />

solco maggiore, largo 12 A, e un solco minore, largo 6 A. Il primo è anche un po' più profondo del secondo ed<br />

entrambi sono foderati da potenziali donatori e accettori di legami idrogeno. Perciò tutta una varietà di


molecole policicliche aromatiche dalla struttura piana è in grado di intercalarsi, ossia di inserirsi, fra le pile di<br />

basi. Un gran numero di agenti cancerogeni, e anche di agenti capaci di prevenire il cancro, agisce interagendo<br />

con il DNA in questo modo.<br />

L’informazione genetica di un organismo è racchiusa sotto forma di sequenza di deossiribonucleotidi legati<br />

nella catena del DNA. Affinché l'informazione venga preservata e trasmessa alle generazioni future deve<br />

esserci un meccanismo di replicazione del DNA. Inoltre, perché l'informazione venga utilizzata, deve esserci<br />

un meccanismo di decodificazione del messaggio del DNA e di esecuzione delle istruzioni che esso contiene.<br />

Sono tre i processi fondamentali che si realizzano:<br />

• Replicazione È il processo mediante il quale si riproducono copie identiche di DNA, che preserveranno<br />

!'informazione e la trasmetteranno alle generazioni future.<br />

• Trascrizione È il processo mediante il quale i messaggi genetici vengono letti e portati fuori dal nucleo<br />

cellulare ai ribosomi, dove avviene la sintesi proteica.<br />

• Traduzione. È il processo mediante il quale i messaggi genetici vengono decodificati e utilizzati per<br />

sintetizzare le proteine.<br />

101

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!