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Tema: OGM: Scienza e Fantascienza - Filas

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Caffè scientifico - <strong>OGM</strong>: <strong>Scienza</strong> e <strong>Fantascienza</strong><br />

Relatore: Prof. Eddo Rugini - Preside Facoltà di Agraria - Università di Viterbo “La Tuscia”<br />

Moderatore: Anna Meldolesi - Giornalista (Darwin, Il Riformista)<br />

Una discussione accesa e stimolante che ha messo a confronto le due posizioni che oggi dividono<br />

mondo scientifico e opinione pubblica sulla tematica degli <strong>OGM</strong>. Questo ha offerto il secondo dei<br />

Caffè Scientifici organizzati da <strong>Filas</strong>, durante il Festival delle Scienze 2008 e dedicato alle<br />

biotecnologie è stato.<br />

Il dibattito ha messo infatti a confronto la concezione fiduciosa e ottimista che ritiene gli O.G.M.<br />

un'opportunità ed una risorsa da non trascurare, sostenuta dal professor Rugini, e quella scettica o<br />

pessimista che guarda con sospetto, se non con avversione, gran parte delle implicazioni relative<br />

alla ricerca sugli organismi geneticamente modificati e che serpeggiava tra il pubblico.<br />

Il professor Rugini si è proposto di fare chiarezza in materia. In primo luogo ha sottolineato che<br />

dopo 23 anni di ricerca (dal 1985) e 13 di consumo (dal 1995), gli <strong>OGM</strong> in commercio non hanno<br />

evidenziato problemi diversi da quelli posti dalle colture non <strong>OGM</strong>. Mentre, dal 1996 a oggi,<br />

l’informazione sul tema biotecnologie non ha fatto passi avanti, continuando a presentare evidenti<br />

lacune ed equivoci.<br />

Poi è passato a spiegare cosa si intende esattamente con la parola biotecnologie, cioè quelle tecniche<br />

che utilizzano organismi viventi, o parti di essi, al fine di ottenere beni o servizi. Questa definizione<br />

molto ampia raggruppa sia le biotecnologie “convenzionali”, che consentono di ottenere vino, birra<br />

e distillati, pane, formaggio (ovvero quei prodotti che derivano da alcuni microrganismi<br />

fermentatori); sia quelle “avanzate”. Insomma tra le “biotecnologie” rientrano quasi tutte le<br />

tecniche utilizzate per produrre le derrate alimentari che consumiamo.<br />

Con il termine Organismo Geneticamente Modificato – termine improprio da un punto di vista<br />

biologico in quanto tutti gli organismi caratterizzati da riproduzione sessuata sono, a rigor di<br />

termini, geneticamente modificati (nessun individuo è uguale ai propri genitori e nemmeno ai propri<br />

fratelli) – vengono invece intesi gli esseri viventi il cui DNA è stato modificato attraverso tecniche<br />

di “ingegneria genetica”.<br />

Tutto ciò che viene invece ottenuto con programmi di miglioramento genetico convenzionale è<br />

escluso dalla definizione di <strong>OGM</strong>, pur comportando modifiche spesso di gran lunga superiori.<br />

Questa riflessione sulle definizioni ha permesso di evidenziare che la differenza tra la<br />

manipolazione genetica e le “biotecnologie tradizionali” è molto minore di quanto comunemente si<br />

creda. Tutti gli esseri viventi possiedono geni il cui linguaggio è universale. Questo sta alla base<br />

della possibilità di trasferire un gene da un organismo a un altro. Le nuove tecnologie, mimando<br />

processi che avvengono già in natura (è possibile infatti ritrovare le tracce del trasferimento di DNA<br />

da batteri a piante e viceversa, così come in altri organismi), permettono modifiche mirate del DNA,<br />

prevedibili e controllabili.<br />

D’altro canto, la modifica del DNA degli organismi viventi ad opera dell’uomo, ha origini antiche e<br />

coincide con la nascita stessa dell’agricoltura e la domesticazione di piante e animali. L’intervento<br />

umano è stato tanto rilevante da rendere la maggior parte delle piante coltivate e degli animali<br />

allevati completamente inadatti a vivere negli ecosistemi naturali o dannosi, se non accuratamente<br />

controllati, per le specie selvatiche. Alcune specie sono state incrociate con altre molto distanti<br />

geneticamente per trasferire geni utili: il pomodoro è stato incrociato con almeno 4 specie<br />

selvatiche; la segale è stata incrociata con il frumento (specie piuttosto distanti nell’albero<br />

genealogico) per ottenere il triticale, un cereale che non esiste in natura, così come il tritordeum<br />

(ibrido tra orzo e frumento).


In questo contesto, se gli <strong>OGM</strong> sono da considerare innaturali, lo sono anche l’agricoltura e<br />

l’allevamento che nei secoli hanno invaso habitat prima dominati da specie selvatiche,<br />

rimpiazzandole con pochissime specie coltivate, frequentemente importate da altri continenti (nel<br />

caso dell’Europa si pensi alla patata, al mais, al pomodoro, alla soia, al kiwi, ecc). Va aggiunto<br />

inoltre che le modifiche introdotte dall’uomo nel genoma di specie utili sono state per lo più casuali<br />

e inconsapevoli, con effetti sulla pianta, sull’ambiente e sull’uomo largamente non prevedibili e non<br />

ancora studiati, ma comunque considerati “normali”.<br />

I problemi all’ecosistema e al patrimonio di biodiversità che possono essere creati dagli organismi<br />

<strong>OGM</strong>, sono quindi assolutamente analoghi da quelli creati da qualunque altro organismo<br />

selezionato dall’uomo e possono essere tenuti sotto controllo con gli stessi sistemi di monitoraggio.<br />

Rispondendo a quesiti dal pubblico, poi, il professor Rugini ha precisato che, nonostante la vasta<br />

eco mass-mediatica ottenuta da sperimentazioni su organismi chimera (ad esempio fragole, con geni<br />

estratti da pesci) gli <strong>OGM</strong> autorizzati per la coltivazione (soia, mais, cotone, colza e tabacco sono<br />

tra i più diffusi) sono ben diversi e sono stati sviluppati principalmente per tre scopi.<br />

Il primo è di rendere le piante resistenti ad avversità di tipo biologico come virus o insetti. La<br />

resistenza agli insetti è ottenuta trasferendo nelle piante geni in grado di produrre una proteina<br />

insetticida che proviene da un batterio largamente utilizzato in agricoltura biologica. Questo riduce<br />

l’uso di insetticidi nei campi coltivati con <strong>OGM</strong>, con conseguenti benefici ambientali, di sicurezza<br />

dei lavoratori (riduzione di casi di avvelenamento) e di garanzia del raccolto.<br />

La seconda caratteristica introdotta è la tolleranza a un erbicida. Le colture così possono essere<br />

trattate con l’erbicida dopo l’affioramento delle piante dal terreno, permettendo così un migliore<br />

controllo delle infestanti con uno o pochi trattamenti, ottenendo, quindi, una riduzione importante<br />

nell’uso di composti chimici in agricoltura.<br />

In terzo luogo colture <strong>OGM</strong> di nuova generazione, in avanzato stadio sperimentale, puntano invece<br />

a migliorare gli aspetti nutritivi del prodotto come la composizione proteica, il contenuto di<br />

vitamina A e l’accumulo di ferro.<br />

Sono stati sviluppati infine <strong>OGM</strong> rispondenti ad alcune esigenze particolari dell’agricoltura italiana<br />

e che potrebbero, ad esempio, aiutare la salvaguardia dei prodotti tipici, come kiwi modificati per<br />

resistere al gelo.<br />

Le conclusioni della conversazione sono state, quindi, che la maggior parte della ricerca sugli<br />

<strong>OGM</strong>, è solo una sorta di naturale sviluppo della pratica degli innesti e della selezione genetica<br />

vegetale che grande sviluppo ha avuto a partire dall’ottocento.<br />

Appare perciò assolutamente necessario fornire al pubblico una maggiore e migliore informazione<br />

per evitare panico immotivato e decisioni che potrebbero rivelarsi con il tempo assolutamente<br />

negative, come il blocco alla ricerca sugli <strong>OGM</strong> attualmente in vigore in Italia.<br />

La scelta, infatti, di inibire non solo la coltivazione, ma anche il lavoro specifico e controllato di<br />

ricerca in laboratorio, anche quello ad opera di organismi pubblici, i cui risultati sono assolutamente<br />

indipendenti e non pilotati da interessi economici, rischia di procurare gravi danni all’agricoltura<br />

nazionale nei prossimi anni. Anche perché la sperimentazione continua in tutti gli altri Paesi Ue.<br />

Non va infine dimenticato che gli <strong>OGM</strong> hanno portato a un incremento della produzione del grano<br />

di 1000 volte in 20 anni e potrebbero, dunque, fornire importanti strumenti per combattere il<br />

problema della fame nel mondo.<br />

Al dibattito ha partecipato anche Flaminia Saccà, presidente di <strong>Filas</strong>, società che è tra gli ideatori e<br />

promotori del progetto del Distretto Tecnologico delle Bioscienze del Lazio che è attualmente in<br />

avanzato stato di progettazione grazie al confronto tra Regione Lazio e Istituzioni nazionali.

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