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13 Luciano Galassi – Le zandraglie, 'A prevasa – vesuvioweb

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G. DF. - S. A. per www.<strong>vesuvioweb</strong>.com<br />

<strong>Luciano</strong> GALASSI, napoletano, manager a riposo, è docente presso<br />

l’Università della Terza Età “UNITRÉ” e presso l’Associazione Culturale vomerese<br />

“EURIÓS”, dove si occupa di letteratura italiana del ’900, di lingua e cultura<br />

napoletana, di lingua spagnola di base e del Cineforum.<br />

Già direttore dei corsi della LUETEC - Libera Università Europea per la Terza<br />

Età della Campania, collabora con il mensile “Il Vomerese”, dove tiene una rubrica<br />

fissa sui modi di dire napoletani, con il web magazine “napoliontheroad” (in cui<br />

pubblica racconti, poesie, saggi sulla lingua italiana e articoli sulla cultura<br />

napoletana),con la rivista on-line “<strong>vesuvioweb</strong>”, sempre in tema di linguistica<br />

napoletana, con il sito napolipuntoacapo, su vari argomenti cittadini, e con l’altra<br />

rivista informatica “ilmondodisuk”, dove pubblica racconti.<br />

Amante dei giochi di parole, da anni “La Settimana Enigmistica” gli pubblica,<br />

ne “La pagina della Sfinge”, zeppe, scarti, crittografie, palindromi, bifronti ecc.<br />

Con la casa editrice “Euriós” ha pubblicato il libro di racconti “Sigma più” nel<br />

2008 e tre saggi sul dialetto napoletano: «Wellerismi napoletani» (2008),« ’O<br />

mellone chino ’e fuoco » (2009)e«Acqua ’e maggio» (2010).<br />

<strong>Luciano</strong> <strong>Galassi</strong>. ’A <strong>prevasa</strong> 2


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<strong>Le</strong> <strong>zandraglie</strong><br />

’A <strong>prevasa</strong><br />

di<br />

<strong>Luciano</strong> <strong>Galassi</strong><br />

<strong>Luciano</strong> <strong>Galassi</strong>. ’A <strong>prevasa</strong> 3


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Come messo in luce acutamente da Francesco D’Ascoli,“nel corso dei secoli si<br />

è sempre rifuggito dal pronunziare il nome del cesso in tutte le sue forme. Anzi si è<br />

fatto ogni sforzo per dare ad esso la parvenza di non essere ciò che realmente era. Si è<br />

perfino ricorso all’uso di denominazioni straniere…e privatia era… il termine latino<br />

dal quale sono discesi vocaboli come privasa / <strong>prevasa</strong> / pruvasa” (ma anche<br />

pruasa), tutti indicanti il gabinetto di uso privato delle antiche abitazioni napoletane.<br />

Sicché, conclude il D’Ascoli, “quando si apostrofa una donna come <strong>prevasa</strong> si<br />

dice né più né meno che… è un cesso”, una latrina, un gabinetto di decenza: tale<br />

senso traslato ed offensivo, annota il Bracale,“fu [e viene ancora] usato per indicare<br />

una donna particolarmente volgare, lercia, sordida, abietta, corrotta, ripugnante,<br />

ributtante, disgustosa, tal quale un cesso o una latrina non nettati o ripuliti”, ed infine<br />

anche una donna di facili costumi morali, prostituta.<br />

Non riteniamo accoglibili le affievolite accezioni di “donna del popolino,<br />

ignorante e cafona” (Marco Zanni) e di “ragazza alquanto volgare”<br />

(forumfreepulcinella291).<br />

Il lemma compare nello scherzoso rifacimento dialettale de “La figlia di Jorio”<br />

(«’A figlia ’e Juorio»), di Angelo Rojo Mirisciotti:<br />

1.là dove Bice, nel primo atto, chiede asilo a Vanda e viene così apostrofata:<br />

«Gue’, zucculo’, mo nc’è rutto abbastanza! / Io te scarpeso la faccia e la panza! / ’O<br />

malagurio nce puorte ’int’ ’a casa, / brutta fetente, schifosa e pruvasa!»;<br />

2.quando, all’inizio del secondo atto,il mago Cosma, disturbato dal diverbio<br />

notturno fra Aligi e Mila, impreca:«È mai possibile ca dint’a ’sta grotta / nun se po’<br />

dòrmere tutta ’na notte! / È ’nu burdello..., nun è ’na casa, / fra chistu piècuro e ’sta<br />

pruvasa!».<br />

<strong>Luciano</strong> <strong>Galassi</strong>. ’A <strong>prevasa</strong> 4


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Un uso aggettivale in forma accrescitiva compare nell’ingiuria Prevasona<br />

iettechera, rinvenibile ne “L’Iliade in dialetto napoletano”, di Federico Salvatore,<br />

che significa «gabinettona tisica» e comunque molto malandata in salute:<br />

un’immagine veramente sconcertante.<br />

Segnaliamo che, in quello sterminato giacimento che è il web, abbiamo<br />

rinvenuto, nel più importante sito di interazione sociale, uno spazio che una formosa<br />

e procace ragazza, dall’aspetto creolo, si è ritagliato, denominandolo “Gli amanti<br />

della «pruasa»” e definendosi espressamente come tale: secondo le attese, non sono<br />

mancati i contatti, fra i quali citiamo “Damme ’nu vaso, bella pruasa!”, oltre allo<br />

scontato e goliardico “Evviva le pruasone!”.<br />

A prova del persistente uso di quest’antica parola, alla quale, come per tante<br />

altre, si fa frequente ricorso in determinati ambiti e circostanze, proponiamo anche<br />

quanto scherzosamente pubblicato sul blog che, senza andare per il sottile, si è dato il<br />

nome di «Siete la munnezza della gente»: “Titolo del trafiletto: «Scoop MDG!<br />

Zòccola infetta morde una pruasa del Pallonetto». Testo del breve scritto: «Abbiamo<br />

ricevuto questo importantissimo documento da un informatore. Una zòccola<br />

radioattiva probabilmente scappata dalla discarica di Terzigno morde una pruasa del<br />

Pallonetto: il risultato per la povera donna è devastante»”. Per non parlare della<br />

domanda, rimasta senza risposta, in un altro sito: “Cosa significa pruasa spruasata?”.<br />

Be’, rispondiamo noi: «puttana sputtanata».<br />

<strong>Luciano</strong> <strong>Galassi</strong>. ’A <strong>prevasa</strong> 5


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In proposito confermiamo che il significato di“puttana” è certamente quello più<br />

pesante che si può attribuire a questo termine: nel corso di una rilevazione del<br />

febbraio 2008, alla ragazza “Laura89” è stato chiesto qual era la parolaccia che non<br />

avrebbe mai voluto sentirsi dire, e lei ha risposto, appunto,“pruasa” proprio perché vi<br />

riconnetteva la specifica idea del meretricio.<br />

Ma, tornando all’accezione di donna volgare, prepotente e incivile, ne troviamo<br />

un gustoso ritratto nel breve scritto “Tipi napoletani: «la pruvasa col carrozzino»”,<br />

scritto il 6 maggio 2007 da Andrea, senza ulteriori identificativi: “La «pruvasa col<br />

criaturo nel carrozzino» è un tipo napoletano che appartiene alla sottocategoria dei<br />

«tipi da strada». Nel particolarissimo codice della strada napoletano la «pruvasa con<br />

il carrozzino» è in cima alla gerarchia delle precedenze degli utenti della pubblica<br />

strada. Non esistono vigili, semafori, polizia, vigili del fuoco, ... né santi e né<br />

madonne, che si possano frapporre tra la «pruvasa col carrozzino» e l’altro lato della<br />

carreggiata quando questa decide di attraversarla. La tecnica di attraversamento è<br />

sempre la stessa: la pruvasa decide di botto, dove e quando cazzo le pare e piace di<br />

attraversare, occupa la strada ponendo accuratamente la carrozzina a 90° rispetto alla<br />

direzione di marcia dei veicoli e, guardando con fare minaccioso, riesce a trasmettere<br />

un messaggio che noi napoletani riusciamo ormai a capire come per telepatia:<br />

«Férmate omm’ ’e merda, tengo ’o criaturo!». Se qualche malcapitato per sfortuna<br />

sua frena leggermente in ritardo e troppo vicino alla carrozzina con il criaturo, la<br />

pruvasa sfoggia tutto il suo scibile di male parole e iastemme di cui è capace, quasi<br />

sempre aiutata in questa sua performance da mamma, cognata, suocera e il resto della<br />

razzimma varia che sono parte integrante della «pruvasa col carrozzino».-Codice della<br />

strada napoletano- edizione maggio 2007, riveduto e aggiornato”.<br />

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Va anche peggio nella seguente descrizione che, nel luglio del 2008,<br />

“Disposable hero” [vale a dire “eroe usa e getta”] ha inserito in un blog: “Il<br />

pregiudizio non è nel mio DNA…Adoro parlare con gli sconosciuti, ma la pruasa è<br />

figlia del popolino superstizioso e rozzo. Parla solo in dialetto, in una variante<br />

talmente stretta da essere incomprensibile al di fuori del suo rione. … sogna di<br />

sposare un boss, un guappariello con una bella macchina. Crédimi, molte zone di<br />

Napoli sono affollate di questa umanità bassa a livelli inimmaginabili”.<br />

Ma non è finita qui: in un altro blog viene pubblicata la fotografia di un gruppo<br />

di giovani che, per festeggiare gli sposi durante il pranzo di nozze, si producono in un<br />

salto collettivo e contemporaneo; però l’istantanea mostra impietosamente che a una<br />

delle invitate, a causa del balzo, la gonna è salita fino alla vita, e lei non porta slip né<br />

collant né altro. Commento, alquanto singolare, di un blogger: “ Ma come si fa ad<br />

andare ad un matrimonio senza mutandine se non sei intima amica dello sposo?<br />

Aggettivo per lei? «Pruasa»”.<br />

Come testimoniato da un recente studio condotto dal Prof. Pasquale Pallotta,<br />

docente presso l’Istituto Magistrale “Eleonora Pimentel Fonseca” della nostra città,<br />

fra i “neologismi e modi di dire nel gergo giovanile” c’è anche pruasa, per intendere<br />

espressamente “prostituta”.<br />

Non manca peraltro il diminutivo pruasella, rinvenuto in un blog che riporta<br />

una minaccia espressa con un linguaggio duro e triviale: «Siente buono, pruase’...<br />

Lascia stare Michele [nome di fantasia] pecchè io e Michele aspettiamo un figlio, lui è<br />

l’uomo della mia vita e tu non me lo scipperai: hê ’ntiso, capucchie’? Ti volevo dire<br />

anche che, se non lo fai, te strascino pe’ tutte via Roma fino a piazza Plebiscito,<br />

vabbuo’? Statte bona, chiarchiolla!».<br />

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Segnaliamo infine che il ricordato forumfreepulcinella291 propone anche il<br />

sostantivo “pruasamma”, che indicherebbe l’insieme delle pruase che si raccolgono<br />

in un determinato posto; inoltre in un forum abbiamo trovato lo sprezzante “meza<br />

pruasa”, inserito in un riquadro dal titolo “Donna Concetta e la mala creanza”:<br />

questa spiccia donna napoletana, a proposito di una giovanissima di Casoria coinvolta<br />

in un pettegolezzo nazionale, dice: “Chella meza pruasa d’ ’a mamma l’ha purtata in<br />

televisione e l’ha fatto dícere tutt’ ’e fatte d’ ’a famiglia...”.Dove il meza (mezza),<br />

lungi dal voler alleggerire il concetto, esprime, come in altri casi del genere, un gran<br />

disprezzo verso una persona ritenuta così bassa e meschina da non riuscire ad<br />

esprimere in cifra compiuta neanche la propria abominevole negatività.<br />

Immagini: Attilio Pratella (1856 - 1949)<br />

Gioacchino Toma (1836 <strong>–</strong> 1891)<br />

<strong>Luciano</strong> <strong>Galassi</strong><br />

<strong>Luciano</strong> <strong>Galassi</strong>. ’A <strong>prevasa</strong> 8

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