Materiali per Correggio - Liceomanara.it

CORREGGIO
L e a n d ro Ve n t u r a
Nota per l’autore.
In alcuni casi mancano delle
date, in didascalia.
In qualche caso abbiamo
segnalato con “C o m m e n t o” la
necessità di dedicare qualche
riga alle opere, o all’opera, di
quella pagina.
G r a z i e ,
la redazione
SOMMARIO
La formazione
tra Mantova e l’Emilia 4
n La fortuna di un “provinciale”
15
L’arrivo a Parma
16
Prospettiva e devozione
cittadina 24
Grazia e devozione privata
32
Epilogo nel mito
40
Quadro cronologico
48
Bibliografia
50
Nella pagina a fianco:
Ritratto di uomo
con libro
( d a t a ? ) ;
M i l a n o ,
Castello sforze s c o .
In copert i n a :
? ? ? ? ? ? ? ? ? ? ? ? ? ?
Qui sopra :
disegno
per l’Adorazione
dei pastori
(1522 circa);
C a m b r i d g e,
Fitzwilliam Museum.

LA FORMAZIONE
TRA MANTOVA E L’EMILIA
Antonio Allegri,
detto Correggio
dal nome della sua
città natale,
nei pressi di Reggio
Emilia, nacque
forse intorno
al 1490, da una
famiglia di modesta
condizione.
Nella pagina a fianco:
Madonna
di san Fr a n c e s c o
( 1 5 1 4 - 1 5 1 5 ) ;
D re s d a ,
G e m ä l d e ga l e r i e.
Vasari ricorda che il pittore morì nel 1534
a Correggio, «di anni quaranta o circa»,
consentendo di collocare la data di nascita
di Antonio verso il 1494. L’analisi del
contratto per la pala nella chiesa di San
Francesco a Correggio, del 1514, ha tuttavia
aperto la strada a un’altra ipotesi,
perché alla stesura dell’atto era presente
il padre dell’artista, che dovette dare il
suo consenso, e ciò permetterebbe di anticipare
la data di nascita di Correggio almeno
al 1489 ( 1 ) .
La questione dell’incerta data di nascita
di Antonio, in assenza di documenti da
C o r reggio (?),
San Matteo
(1506-1507 circa);
M a n t ova ,
S a n t ’ A n d re a ,
cappella funeraria
di A n d rea Mantegna.
Gli affre s c h i
m a n t ova n i , n o n o s t a n t e
le pessime condizioni
che impediscono
un’attribuzione
più decisa, m o s t ra n o
un’originalità
di invenzione che
p re a n nun cia le opere
più tarde di Corre g g i o .
5

6
Alta da vecchio libro
Qui sopra :
C o r reggio (?),
D e p o s i z i o n e
(1506-1507 circa);
M a n t ova ,
Museo diocesano.
A sinistra :
A n d rea Mantegna,
Madonna
della vittoria
( 1 4 9 5 - 1 4 9 6 ) ;
Pa r i g i , L o u v re.
porre in serie con continuità, porta con sé
la difficoltà di definire il suo itinerario
formativo e la sua attività giovanile. Secondo
alcuni studiosi, Correggio avrebbe
appreso i primi rudimenti del suo mestiere
nel paese natale, presso lo zio Lorenzo,
e poi avrebbe trascorso qualche tempo
nella bottega modenese di Francesco Bianchi
Ferrari. Quindi sarebbe passato a
Mantova prima del 1506, perché secondo
Ippolito Donesmondi l’artista avrebbe
dipinto i quattro evangelisti e due angeli
nella cappella funeraria di Andrea Mantegna
nella chiesa di Sant’Andrea a
Mantova, nonché due tondi ad aff r e s c o
nell’atrio della stessa basilica ( 2 ) . Donesmondi
è una fonte tarda, certo, ma in
fondo disinteressata e che poteva contare
su una tradizione locale recentemente
confermata, seppur indirettamente, dal
ritrovamento di documenti che provano
la presenza di Correggio a Mantova nel
1512, in contatto con il figlio di Andrea
Mantegna, Francesco. La tradizionale
attribuzione degli affreschi di Sant’Andrea,
accolta da molti studiosi, incontra
tuttavia notevoli difficoltà per le pessime
condizioni dei dipinti, anche se vi si nota
una prossimità con le prime opere certe
di Antonio, nelle quali è esplicito l’omaggio
alla pittura di Mantegna.
Quindi, se per ragioni anagrafiche rimane
il dubbio che Correggio possa aver frequentato
la bottega mantegnesca ancor
vivo Andrea, è comunque certo che il giovane
pittore avesse dei legami con gli eredi
del grande artista. Non possiamo però
sapere con precisione quando Correggio
si sia recato a Mantova, dove comunque
si trovava senz’altro, come si è appena
detto, nel 1512. Forse intorno al 1510 il
giovane pittore, all’incirca ventenne, può
essersi trasferito nella città dei Gonzaga,
dal momento che lo stile delle sue prime
opere certe dimostra l’eclettismo tipico
della cultura artistica mantovana nel
fecondo “interregno” che separa la morte
di Mantegna (1506) dall’arrivo di Giulio
Romano (1524). È, quello, un periodo
ricco di suggestioni e novità che coincide
con il ruolo di primo piano giocato
dalla marchesa Isabella d’Este nella definizione
del gusto della corte. Dal 1506 è
pittore di corte Lorenzo Costa, ma intorno
a lui operano molti artisti che denunciano
autonome scelte formali, come
Lorenzo Leonbruno, Dosso Dossi o i vero-

nesi Francesco e Girolamo Bonsignori, e
Isabella mostra anche attenzione per artisti
quali Leonardo, Perugino, Giovanni
Bellini e i veneti.
È in tale contesto, davanti a molte opere
e a molti maestri, che si forma Correggio
ed è dei caratteri formali della Mantova
isabelliana che il pittore dà testimonianza
nella sua prima opera datata con
sicurezza, la Madonna di san Francesco,
commissionata con un contratto del 30
agosto 1514, in esecuzione delle volontà
testamentarie di Quirino Zuccardi, ma
legata alle scelte iconografiche dei francescani
conventuali di Correggio ( 3 ) . Il lavoro
avanza rapidamente e può essere seguito
attraverso i documenti, fino alla conclusione
entro il mese di agosto dell’anno
successivo. La pala, destinata all’altar maggiore
di San Francesco, la più importante
chiesa di Correggio, è la più grande tra
quelle dipinte dall’artista. La Madonna sull’alto
trono, la posizione dei santi e diversi
dettagli, come lo scorcio della testa di
san Francesco, rinviano chiaramente alla
Madonna della vittoria di Mantegna; ma
qui sono ben visibili altre suggestioni formali,
che vanno da Leonardo da Vinci, forse
conosciuto attraverso l’opera dei suoi
imitatori, a Lorenzo Costa e Francesco
Francia, fino a Raffaello, tutti artisti le cui
opere potevano essere a portata di mano tra
l’Emilia e Mantova. Il san Giovanni Battista,
per esempio, si colloca tra Mante-
Da sinistra :
Madonna
col Bambino
(1510 circa);
Wa s h i n g t o n ,
National Gallery.
R a f fa e l l o ,
Madonna sistina
( 1 5 1 3 - 1 5 1 4 ) ;
D re s d a ,
G e m ä l d e ga l e r i e.
7

8
Alta da vecchio libro
In alto:
Andrea Mantegna,
Bottino e tori
sacrificali
(1501-1506),
tela IV dal Trionfo
di Cesare;
Hampton Court,
Her Majesty
The Queen Collection.
In basso:
Adorazione
del Bambino
con santa Elisabetta
( 1 5 1 2 - 1 5 1 3 ) ;
M i l a n o ,
B re ra .
Nella pagina a fianco:
D avid davanti
a l l ’ a rca dell’Alleanza
( 1 5 1 4 - 1 5 1 5 ) .
gna e Leonardo, mentre sant’Antonio da
Padova e santa Caterina d’Alessandria
richiamano esempi costeschi; l’apertura
sul fondo, poi, rompendo il legame con i prototipi
mantegneschi, rinvia alla M a d o n n a
s i s t i n a di Raffaello, appena giunta a Piac
e n z a .
Questa inclinazione a un eclettismo
misurato, ma su basi esplicitamente mantegnesche,
è confermata dalla M a d o n n a
col Bambino di Washington, nonché dalla
Adorazione del Bambino con santa Elisa -
b e t t a e dal David davanti all’arca dell’al -
l e a n z a, recentemente messo in relazione
con la commissione a Correggio delle portelle
dell’organo della chiesa abbaziale di
San Benedetto in Polirone (1514), nei pressi
di Mantova ( 4 ) . I richiami ai Tr i o n f i di Mantegna
sono qui evidenti, ma la struttura
delle figure e le tipologie dei volti - in particolare
quello di David - rinviano a opere
prodotte a Mantova negli stessi anni, come
il Giudizio di Mida di Lorenzo Leonbruno.
Altro contributo alla conoscenza della
prima fase di Correggio viene dal ciclo di
a ffreschi che decorano una delle pareti del
refettorio dell’abbazia di San Benedetto
in Polirone, la cui attribuzione non è condivisa,
benché anticipi molte soluzioni formali
delle opere più tarde dell’artista (5) .
A questa fase di difficile definizione,
per l’assenza di documenti, vanno ascritte
molte opere di destinazione privata. Il
Cristo giovane di Washington, per esempio,
è un’opera collegabile a un gusto diffuso
in area padana e testimoniato dalla
commissione di Isabella d’Este a Leonardo
da Vinci (1504) per un «Christo giovenetto
de anni circa duodeci […] quando
disputò nel tempio». Con la dolcezza emotiva
che la caratterizza, quest’opera costituisce
una fedele testimonianza del gusto
tutto isabelliano per una pittura “devota e
dolce”, anche perché qui troviamo la conoscenza
ormai ben assimilata di Leonardo
e dei suoi «moti dell’animo».
L’influsso di Leonardo su Correggio rientra
quindi sia nella linea evolutiva del percorso
artistico del pittore emiliano che nel
gusto dell’ambiente mantovano. Alla tipologia
della Madonna dei fusi di Leonardo,
per esempio, si rifanno alcuni dipinti giovanili,
come la Madonna e angeli degli Uff i-
zi, ma anche la Madonna del M a t r i m o n i o
mistico di santa Caterina, probabilmente
la prima pala d’altare dipinta da Correggio.
Altri motivi di derivazione leonardesca

Immagine da comprare
1 0 - B 0 0 5 3 6 3 c . j p g
Qui sopra :
L o re n zo Leonbruno,
Giudizio di Mida
(1515 circa); B e r l i n o ,
Staatliche Museen.
A destra :
Cristo giov a n e
(1515 circa);
Wa s h i n g t o n ,
National Gallery.
1 0
- ma tratti anche da Giovanni Bellini - troviamo
nella Madonna con Bambino e san
Giovannino di Chicago in cui è ripreso il
motivo del gruppo centrale della Ve r g i n e
delle rocce. In tutti questi dipinti di destinazione
privata, come anche nella delicata
Madonna Campori, Correggio elabora i
suoi raffinati strumenti di rappresentazione
delle emozioni, con attenzione particolare
all’infanzia e al rapporto madrefiglio
che costituiranno un leitmotiv della
sua opera. Un altro esempio di studio
delle emozioni lo troviamo nelle immagini
connesse alla Passione di Cristo, come
il Commiato di Cristo dalla madre, un tema
apocrifo raro in pittura, ma presente nei
testi devozionali nei quali si dava spazio
al dolore di Cristo o agli svenimenti di
M a r i a ( 6 ) . Correggio ne dà un’interpretazione
essenziale ed efficace, sottolineando
l’idea del distacco anche attraverso la
partizione simbolica dello sfondo.
In quegli stessi anni, forse prima del
dicembre 1517, Correggio dipinge per il
notaio Melchiorre Fassi la pala con I sa n -
ti Pietro, Marta, Maddalena e Leonardo ( 7 ) .
Il committente possedeva già da qualche
tempo una cappella dedicata a santa Marta
nella chiesa della Misericordia di Correggio
e ciò potrebbe spiegare la presenza
nel dipinto di Marta, con il drago al
guinzaglio, ma anche della sorella Maddalena,
riconoscibile dal vaso d’unguenti.
Pietro, con le chiavi del paradiso e il pie-

Alta da vecchio libro
In alto:
L e o n a rdo e aiuti,
Madonna dei fusi
( 1 5 0 8 ).
Qui sopra :
Madonna
col Bambino
e angeli mu s i c a n t i
(1512 circa);
F i re n ze, U f f i z i .
In alto:
Noli me tange re
(1518 circa);
M a d r i d ,
P ra d o .
Qui sopra :
Matrimonio mistico
di santa Caterina
(1512 circa);
D e t ro i t ,
Institute of A rt s.
1 1

D a l l ’ a l t o :
Madonna
col Bambino
e san Giov a n n i n o
(1516 circa);
C h i c a g o ,
A r t Institute.
Madonna
col Bambino
(Madonna Campori)
(1517 circa);
M o d e n a ,
Galleria estense.
de in evidenza su una pietra, va connesso
con le gerarchie ecclesiastiche e forse fu
imposto dai religiosi della Misericordia;
non è stato invece possibile comprendere
il ruolo di Leonardo, in abiti monastici e con
i ceppi quale patrono dei prigionieri. La
pala, con i santi davanti a un paesaggio,
riprende una tipologia diffusa in area padana
tra la fine del Quattrocento e i primi
del Cinquecento ma denuncia la diff i c o l t à
del pittore emiliano a sganciarsi dai consolidati
modelli mantegneschi, nel momento
in cui deve confrontarsi con le grandi
dimensioni. Una difficoltà che l’artista
dimostra anche nella paletta di Albinea,
oggi nota solo attraverso alcune copie (8) .
Sul finire di questo periodo giovanile,
forse in immediata contemporaneità con
i primi impegni parmensi, Correggio aff r o n t ò
le grandi dimensioni con un piglio sicuramente
più organico. Ciò si nota già nella
paletta del Noli me tangere, opera di
destinazione privata realizzata forse per
il nobile bolognese Vincenzo Hercolani.
La composizione giocata sulla diagonale
preannuncia analoghe soluzioni successive
e mostra un dinamico superamento delle
prove giovanili verso il pieno dominio
1 2

Q u a t t ro santi
( 1 5 1 6 - 1 5 1 7 ) ;
N ew Yo r k ,
M e t ro p o l i t a n
M u s e u m .
dello spazio dipinto e del contenuto simbolico,
teso a fornire spunti di meditazione
per le pratiche di orazione mentale sollecitate
dalla letteratura devota contemporanea.
Gesù, reso riconoscibile
dall’accenno agli accessori del giardiniere
visibili a destra, osserva intensamente
Maddalena, crollata in ginocchio davanti
a lui, e le indica il cielo per esortarla all’abbandono
delle cose terrene. Lo sguardo di
Maddalena denuncia il suo amore, ricordato
da varie fonti apocrife, mentre il corpo
di Cristo, in evidenza nella sua perfezione,
acquista un valore eucaristico. Il
riferimento alla Resurrezione, infine, oltre
che dall’assenza delle piaghe della Passione,
viene sottolineato dalla natura rigogliosa
che sembra ripresa da un dipinto
veneto ma che nello stesso tempo è antico
simbolo di vita.
Il Riposo durante la fuga in Egitto con san
F r a n c e s c o mostra esiti formali simili a quelli
del Noli me tangere. Il dipinto fu realizzato
forse verso il 1520 per il giurista Francesco
Munari e destinato alla sua cappella
intitolata all’Immacolata concezione nella
chiesa di San Francesco a Correggio. La
tela si ispira a un episodio narrato nel vangelo
apocrifo dello Pseudo-Matteo (XX):
durante il viaggio verso l’Egitto, la Ve r g i n e
stanca chiede di poter riposare all’ombra
di un’alta palma, mangiarne i frutti maturi
e poi bere; e così, miracolosamente la palma
si piega, perché Giuseppe possa coglierne
i frutti, e poi dalle sue radici sgorga acqua
l i m p i d a ( 9 ) . Qui Giuseppe tiene i datteri, mentre
il Bambino, guardando verso di noi,
allunga la mano per nutrirsi. La Ve r g i n e ,
assorta, sembra non accorgersi di san Francesco
che, inginocchiato sulla destra, è presente
sia perché titolare della chiesa cui la
tela è destinata, sia per omaggio al santo
eponimo del committente, sia infine come
“imitator Christi” che anela ai datteri simbolici.
La composizione richiama ormai l’esperienza
della camera della Badessa nel
convento di San Paolo a Parma e la Ve r g i-
ne assomiglia straordinariamente alla Diana
dipinta da Correggio per Giovanna da
Piacenza.
Simile impostazione monumentale troviamo
anche nel firmato Ritratto di donna
che risente della ritrattistica padano-veneta
contemporanea, in un contesto influenzato
dal clima letterario della corte dei signori
che governavano Correggio. La donna è
Commiato di Cristo
dalla Madre
(1517 circa);
L o n d ra ,
National Gallery.
Come dimostrato
dalla ra d i og ra f i a ,
in un primo tempo
il pittore aveva
impostato il dipinto
in base al modello
tedesco della stampa
di Dürer tratta
dalla serie
della M a r i e n l e b e n,
per poi gira re la tela
e scegliere
una soluzione più
“ i t a l i a n a ” .
L’attenzione
per l’incisione tedesca
sarà tuttavia
f requente nell’opera
di Corre g g i o .
1 3

probabilmente una delle virtuose signore
di Correggio ricordate da Ariosto (O r l a n d o
f u r i o s o, XLVI, 3-4), quella Ginevra Rangone
vedova, nel 1517, di Giangaleazzo da
Correggio e terziaria francescana. E sono
proprio la presenza dello scapolare e del
cordone francescano e il richiamo della scritta
sulla coppa al nepente che allevia il dolore
vedovile che consentono di identificare
la donna e di datare il dipinto tra 1517 e
1519, anno in cui Ginevra si risposò con
Luigi Alessandro Gonzaga di Castelgoff r e d o .
Nel periodo che si conclude verso il 1520,
Correggio porta avanti il proprio percorso
formativo nel quale entrano numerose
suggestioni: da Mantegna a Leonardo, da
Lorenzo Costa a Raffaello, il tutto rielaborato
con un prepotente spirito originale
che preannuncia i grandi exploit del terzo
decennio del Cinquecento.
(1) E. Monducci, Il Correggio. La vita e le opere nelle
fonti documentarie, Cinisello Balsamo 2004, pp. 23,
47. Secondo gli statuti di Correggio, un minore di
venticinque anni doveva avere il consenso del padre e
del giudice per poter stipulare atti giuridicamente
validi. Dopo i venticinque anni, e finché il giovane non
si fosse allontanato dalla casa del padre, rimaneva
obbligatorio solo il consenso paterno, ciò che accade
nel contratto per la pala di San Francesco.
(2) Per le notizie di base sui vari riferimenti di questo
testo, utile è la monografia più recente su Correggio: D.
Ekserdjian, Correggio, Cinisello Balsamo 1997.
(3) E. Monducci, op. cit., pp. 47-53; R. Goffen, A Bonaventuran
Analysis of Correggio’s «Madonna of St.
Francis», in “Gazette des Beaux-Arts”, CIII, 1984, pp.
11-18.
(4) G. Romano, Correggio in Mantua and San Benedetto
Po, in Dosso’s Fate: Painting and Court Culture
in Renaissance Italy, atti del convegno, a cura di
L. Ciammitti, S. F. Ostrow, S. Settis, Los Angeles 1998,
p. 25.
(5) P. Piva, Correggio giovane e l’affresco ritrovato di
San Benedetto in Polirone, Torino 1988. Al pittore
emiliano è stata attribuita l’ampia architettura che
risente di quanto Raffaello andava dipingendo a Roma
in quegli anni. Gli affreschi incorniciavano un’Ultima
cena su tela di Girolamo Bonsignori, una copia
dell’archetipo leonardesco a Milano, che conferma
l’interesse per Leonardo negli ambienti frequentati dal
Correggio.
(6) F. Colalucci, Lorenzo Lotto, don Pietro da Lucca,
Elisabetta Rota e il tema del Congedo di Cristo dalla
Madre, in “Venezia Cinquecento”, I, 1991, 1, pp. 27-61.
(7) Fassi, nel suo testamento del 16 dicembre 1517,
istituisce erede universale la fabbrica della chiesa di
San Quirino a Correggio con l’obbligo di erigere una
cappella; si cita la pala per l’altare ma non si precisa
che essa debba essere dipinta. Prima di quella data,
Melchiorre Fassi aveva una cappella nella chiesa di
Santa Maria della Misericordia, con una pala
sull’altare. Nell’ultimo testamento (1538), Fassi chiede
di essere sepolto in quest’ultima chiesa, nella sua
cappella intitolata a santa Marta. Sulla complessa
vicenda dei testamenti di Melchiorre Fassi, si veda E.
Monducci, op. cit., pp. 54-67.
(8) D. Ekserdjian, op. cit., pp. 63-68.
(9) Nella struttura della storia apocrifa sono presenti
già dei motivi simbolici: la palma è simbolo della
Vergine, perché è incorruttibile, ma anche di Cristo,
perché è uno dei legni della croce. Il dattero, poi, come
frutto della palma è un altro simbolo di Cristo.
1 4

LA FORTUNA DI UN PROVINCIALE
Correggio è l’unico tra
i grandi maestri del
XVI secolo a non aver
vissuto in uno dei centri
principali di produzione
artistica né ad aver
lavorato stabilmente per
una corte. Correggio era
sede di una piccola corte
aristocratica, mentre
Parma era una città periferica
del ducato di Milano
e, dal 1521, dello Stato
pontificio. Da quest’area
geografica tra
Parma, Modena e Mantova,
l’opera di Correggio
diffuse la sua influenza
in maniera straordinaria,
giungendo a
diventare modello per la
grande decorazione
barocca, il rigore neoclassico
e il sentimento
r o m a n t i c o (*) .
Nonostante l’assenza
del pittore dalle gerarchie
cortigiane stabilite da
Ludovico Ariosto nel
XXXIIII canto dell’O r -
lando furioso e da Baldesar
Castiglione nel C o r -
t e g i a n o, nel corso del Cinquecento
intorno al
pittore si inizia a delineare
un’aura leggendaria
basata sull’uso di
“topoi” retorici (* *) . Giorgio
Vasari assegna così
a Correggio l’onore, condiviso
da pochi altri artisti,
di una citazione nel
Proemio alla terza parte
delle Vi t e. Nell’edizione
del 1550 Vasari lo
ricorda con un carattere
schivo e melanconico,
e come colui che «fu
il primo in Lombardia
che cominciasse cose della
maniera moderna»;
ne elogia i «colori da lui
maneggiati», i «capegli
fatti con tanta facilità
tura italiana, che si colloca
alle origini della
grande decorazione
barocca. Dando credito
a due lettere tramandateci
da Carlo Cesare Malvasia,
Annibale avrebbe
visitato Parma nella primavera
del 1580 e, scrivendo
al cugino Ludovico,
parlò del suo stupore
per la«gran machina»
nella difficultà del farli»,
nonché la grazia, la morbidezza,
la delicatezza,
sottolineando inoltre che
«se l’ingegno di Antonio
fosse uscito di Lombardia
e venuto a Roma,
avrebbe fatto miracoli».
Simili elogi – e spesso
errori simili – tornano
nella seconda edizione
delle Vi t e ( 1 5 6 8 ) .
Un forte incentivo
a l l ’ a ffermazione del “provinciale”
Correggio sarà
anche l’elevazione di Parma
al rango di capitale
del ducato farnesiano
(1545). Soprattutto nella
seconda metà del XVI
secolo il forte legame tra
i Farnese di Parma,
Roma e l’entourage imperiale
garantì la diff u s i o-
ne di motivi formali correggeschi
fuori dai confini
dell’Emilia. Artefici
di questa diffusione furono
i pittori legati al “gran
cardinale” Alessandro
Farnese, chiamati per
lavorare alle varie imprese
farnesiane tra Roma
e Caprarola. I pittori parmensi
scesi a Roma al
servizio del cardinale portarono
con loro una cultura
figurativa che fino
ad allora non aveva avuto
particolari fusioni con
la maniera tosco-romana.
Il rapporto con Correggio
è poi fondamentale
per l’evoluzione dell’opera
di un artista come
Taddeo Zuccari, tramite
il quale suggestioni
correggesche giunsero a
Federico Barocci, probabilmente
in occasione
del suo giovanile soggiorno
romano.
L’incontro di Annibale
Carracci con Correggio
sarà poi determinante
per l’avvio della nuova
fase classicista della pitdella
cupola del duomo
e per le pale di Correggio
presenti nelle chiese
Nella pagina a fianco,
d a l l ’ a l t o :
Riposo durante
la fuga in Egitto
(1520 circa);
F i re n ze, U f f i z i .
Ritratto di donna
( 1 5 1 7 - 1 5 1 9 ) ;
San Pietro b u r g o ,
E r m i t a g e.
In questa pagina,
d a l l ’ a l t o :
Annibale Carra c c i ,
Matrimonio mistico
di santa Caterina
(1587 circa);
N a p o l i ,
C a p o d i m o n t e.
Città del Va t i c a n o ,
Pinacoteca va t i c a n a .
G i ovanni Lanfra n c o ,
Assunzione
della Ve r g i n e,
( 1 6 2 5 - 1 6 2 7 ) ;
R o m a ,
S a n t ’ A n d rea
della Va l l e, c u p o l a .
(*) Sulla fortuna di Correg -
gio, M. Spagnolo, C o r r e g-
gio. Geografia e storia della
fortuna (1528-1627), Ci -
nisello Balsamo 2005.
( * * ) Già nel 1528, tuttavia,
il pittore era noto nell’ambi -
to delle corti padane: descri -
vendo a Isabella d’Este una
perduta «Maddalena nel de -
serto», Veronica Gambara,
signora di Correggio, indivi -
dua l’espressione delle emo -
zioni come uno dei motivi
determinanti della fortuna
dell’artista.
cittadine, decretandone
la superiorità rispetto
alle opere di Raff a e l l o .
Quando Annibale arrivò
a Roma, chiamato dal
cardinale Odoardo Farnese,
era consapevole
degli esiti formali di Correggio
e la sua pittura
determinò una svolta nella
Roma di primo Seicento.
Una svolta confermata
dall’opera del
parmense Giovanni Lanfranco,
collaboratore di
Annibale in palazzo Farnese
e protetto dal cardinale
Odoardo, che negli
anni Venti del Seicento,
con la Assunzione della
Ve r g i n e di Sant’Andrea
della Valle, avviò la grande
stagione della decorazione
barocca.
1 5

L’ARRIVO A PARMA
Probabilmente sulla
scia della fortuna
che aveva ottenuto
presso i benedettini
del monastero del
Nella pagina a fianco:
Camera della badessa
( 1 5 1 9 ) ,
vo l t a ;
Pa r m a ,
c o nvento di San Pa o l o .
Polirone verso il 1519 Correggio dovette
giungere a Parma per dipingere la volta
di una delle camere dell’appartamento della
badessa del convento benedettino di
San Paolo. Pur in assenza di documenti,
la data è plausibile, considerando l’evoluzione
dello stile del pittore, nonché la storia
del convento parmense e della sua
badessa in quegli anni, Giovanna da Piacenza,
una donna colta e potente che avviò
Qui sopra :
La Castità,
( 1 5 1 9 ) ;
Pa r m a ,
c o nvento di San Pa o l o ,
C a m e ra della badessa.
1 7

A l e s s a n d ro A ra l d i ,
c a m e ra dipinta
( 1 5 1 4 ) ;
Pa r m a ,
c o nvento di San Pa o l o .
Nella pagina a fianco:
C a m e ra della badessa
( 1 5 1 9 ) ;
Pa r m a ,
c o nvento di San Pa o l o .
Nella volta di questa
c a m e ra , con un finto
oculo mantegnesco
al centro , le gro t t e s c h e
i n q u a d ran o scene
a l l e g o r i c h e, bibliche
e mitolog i c h e,
delineando
un complesso
messaggio simbolico.
un’importante impresa di rinnovamento
del convento di San Paolo e fu protagonista
di una strenua lotta per difendere le
libertà acquisite dal cenobio parmense,
frequentato da giovani aristocratiche che
ambivano a conservare i loro privilegi (10) .
La committenza di Giovanna vide una
prima importante espressione nel 1514,
con Alessandro Araldi che dipinse la volta
di una camera adiacente a quella in
cui avrebbe lavorato Correggio. Qui Araldi
tenta un aggiornamento su motivi di
derivazione antiquaria, sciorinando un
repertorio di grottesche ancora memori
della grande tradizione padana stabilita da
Mantegna. I complessi temi della decorazione
fanno riferimento alla sincretica
cultura della badessa, con un intreccio
di immagini tratte dall’Antico e dal Nuovo
testamento e dal mito antico che forniscono
“exempla” morali alle monache e
celebrano la figura della badessa.
Osservando la stanza dipinta da Correggio
un lustro più tardi, non si può fare
a meno di notare la radicale trasformazione
della cultura figurativa che corre
tra un ambiente e l’altro. L’apparato decorativo
realizzato da Correggio riguarda
esclusivamente la volta e la sommità delle
pareti. La volta è divisa in sedici spicchi
ed è completamente ricoperta da un’illusionistica
pergola vegetale con un’apertura
ovale per ogni spicchio, da cui
si affacciano dei puttini giocosi. I sedici
settori appoggiano su altrettante lunette
dipinte a monocromo, con immagini
allegoriche in buona parte tratte da monete
antiche. Sotto le lunette è una finta
cornice dipinta con capitellini a teste d’ariete,
dai quali pendono delle infule che
sorreggono patere, brocche, rami d’alloro,
una scure, tutti oggetti legati ai culti
sacrificali antichi. Sul camino, infine, si
vede Diana sul suo carro. Modelli accertati
per Correggio si trovano ancora in
Mantegna per la pergola ispirata alla
Madonna della vittoria e alla cupola della
sua cappella funeraria, ma sono stati
sottolineati anche i rapporti con la monumentalità
della pittura romana contemporanea
e con l’antico, anche se qui i finti
marmi sono lontani sia dagli esempi
mantegneschi che da quelli romani e i
monocromi richiamano, più che la pietra,
la carne viva.
Questo complesso decorativo, elaborato
da Giovanna probabilmente con il
1 8

1 9

2 0
G i u n o n e
( 1 5 1 9 ) ;
Pa r m a ,
c o nvento
di San Pa o l o,
Camera della badessa.
sostegno del letterato parmense Giorgio
Anselmi, è stato oggetto di numerosi tentativi
di interpretazione, ma fin qui non è
stato raggiunto alcun accordo sul significato
degli affreschi. Si tratta tuttavia di
un uso delle immagini consueto in questi
anni e finalizzato all’esibizione di dotte
posizioni culturali attraverso iconografie
dal significato velato, adatte all’attivazione
di un dialogo interpretativo tra
gli eletti ospiti della badessa.
È opportuno dare avvio alla lettura simbolica
a partire dal motivo decorativo più
evidente, ovvero dall’affresco sul camino
che, con la figura di Diana, tradizionale
simbolo di castità, ci introduce chiaramente
nel contesto delle virtù femminili.
Ovviamente, nell’appartamento di una
religiosa il richiamo alla castità può sembrare
superfluo, ma non è così, dal momento
che negli anni in cui Correggio dipinge
questi affreschi il convento è minacciato
da ipotesi di restrizione della clausura
monastica, poi attuate a partire dal 1524.
Sembra quasi che Giovanna da Piacenza,
in uno degli ambienti più importanti
del suo appartamento, abbia voluto
ribadire con questo affresco la virtù delle
monache benedettine, in aperta polemica
con i suoi avversari ( 1 1 ) .

M i n e rv a ,
( 1 5 1 9 ) ;
Pa r m a ,
c o nvento di San Pa o l o ,
C a m e ra della badessa.
Le tre Grazie
( 1 5 1 9 ) ;
Pa r m a ,
c o nvento di San Pa o l o ,
C a m e ra della badessa.
2 1

Nella pagina a fianco:
Diana
( 1 5 1 9 ) ;
Pa r m a ,
c o nvento di San Pa o l o ,
C a m e ra della badessa.
A destra :
M i n e rv a ,
(I secolo a. C.)
moneta
di C.Vibius Va ro .
A destra :
Putti con testa
di cervo e cane
( 1 5 1 9 ) ;
Pa r m a ,
c o nvento di San Pa o l o ,
C a m e ra della badessa.
La ra d i c a l e
t rasformazione
dello stile di Correggio
nella camera di San
Paolo è stata spiega t a
ipotizzando un viaggio
d e l l ’ a r tista a Roma,
da datare tra il 1514
e il 1521.
Tuttavia questo
v i a g g i o , n o n
documentato e nega t o
anche da Va s a r i , d ov r à
e s s e re considerato con
cautela fino alla sua
eventuale conferma,
m a gari documentaria.
La matura z i o n e
stilistica di Corre g g i o
può infatti essere
s p i e gata altrimenti:
o p e re di Raffa e l l o
e rano presenti in are a
padana già da qualche
a n n o , le gra n d i
i m p rese decora t i ve
romane erano ben
note attra ve rso le loro
t raduzioni gra f i c h e,
e a Parma le nov i t à
f i o rentine poteva n o
e s s e re introdotte dal
lucchese Michelangelo
A n s e l m i .
I n o l t re Corre g g i o
r i e l a b o ra gli eve n t u a l i
modelli con tale
autonomia
da consentirci
di pensare che possa
anche aver fatto
a meno di un contatto
d i retto con Roma,
perché interpreta
i possibili modelli
con la libertà
di un artista che riesce
a stempera re nella
g razia il gra n d i o s o
esempio di Raffaello
e Michelangelo.
Le lunette, poi, rappresentano varie
immagini allegoriche che apparentemente
non hanno rapporti tra loro e non seguono
una sequenza prestabilita, ma che
sono invece disposte in maniera da creare
frequenti corrispondenze e relazioni
simboliche. A nord, sulla parete del camino,
sono presenti le personificazioni delle
antitetiche forze universali che regolano
la vita umana (da sinistra Fortuna,
Bellona, le Grazie, la Virtus: ovvero la
fortuna, la discordia, la concordia, la
virtù); a ovest sono gli impulsi individuali
positivi e negativi (sempre da sinistra
Vesta o Diana Lucifera, Pan, la Purezza
e la Castità: ovvero il disordine e la
lascivia simboleggiati da Pan a confronto
con varie declinazioni della castità);
a sud sono visibili i limiti imposti agli
uomini e agli dei (Saturno, il tempio di
Giove, le Parche, Rea Silvia che mette in
salvo Giove); a est, infine, sono concentrati
i quattro elementi, con un riferimento
simbolico di carattere cosmologico
che va a integrare il senso morale
del ciclo (ancora da sinistra a destra,
vediamo un Genio o Ros-rugiada, simbolo
dell’acqua, la Tellus, ovvia personificazione
per la terra, Giunone punita,
l’aria, e Vesta, il fuoco).
La pergola della volta, infine, è un elemento
di separazione e trasforma la camera
in un ideale “hortus conclusus” al quale
non possono accedere i puttini che rinviano
ancora una volta alla caccia e ai
suoi miti, tra cui la punizione di Atteone,
colpito per aver violato, seppur involontariamente
e solo con lo sguardo, la
castità di Diana. Anche attraverso questo
dettaglio, l’interno dell’ambiente decorato
da Correggio si conferma spazio della
“virtus” e della castità adatto a una
committente colta come Giovanna da
P i a c e n z a .
(10) Il successo di Giovanna fu però provvisorio e,
pochi giorni prima della morte (19 settembre 1524),
dovette accettare la regola della clausura.
(11) L’immagine di Diana, o almeno il riferimento alla
dea, è peraltro al centro di altre due decorazioni rea -
lizzate nell’area padana in uno stretto giro di anni, come
quelle nella sala della Scalcheria, eseguite da Lorenzo
Leonbruno a Mantova per Isabella d’Este (1522) e
quelle nella saletta dipinta da Parmigianino per Paola
Gonzaga nella rocca di Fontanellato (1523), due com -
plessi che, pur in considerazione delle rispettive diff e -
renze, sono incentrati sui temi della “virus” femminile e
in particolare della castità. Cfr. L. Ventura, L o r e n z o
Leonbruno. Un pittore a corte nella Mantova di primo
C i n q u e c e n t o, Roma 1995, pp. 114-115.
2 2

2 3

PROSPETTIVA E DEVOZIONE
CITTADINA
Nella pagina a fianco:
Visione
di san Giov a n n i
ev a n ge l i s t a
( 1 5 2 0 ) ;
Pa r m a ,
San Giova n n i
E va n g e l i s t a , c u p o l a .
Sicuramente le due
cupole dipinte a Parma
rimangono tra le opere
di Correggio che
ebbero maggiori
conseguenze per la
successiva evoluzione
della pittura italiana.
La prima impresa decorativa viene avviata
ancora una volta in un contesto benedettino,
confermando il ruolo determinante
giocato dai membri dell’ordine monastico
per la fortuna dell’artista. La prima
cupola viene infatti dipinta da Correggio nella
chiesa benedettina di San Giovanni
Evangelista, appena ricostruita da Bernardino
Zaccagni. I documenti ci con-
San Giov a n n i
ev a n gelista
( 1 5 1 9 - 1 5 2 0 ) ;
Pa r m a ,
San Giova n n i
E va n g e l i s t a .
2 5

I n c o ronazione
della Vergine
( 1 5 2 2 ) ,
f ra m m e n t o ;
Pa r m a ,
Galleria nazionale.
Questo frammento
è quanto rimane
d e l l ’ o r i g i n a r i a
d e c o ra z i o n e,
dopo che nel 1586
l’abside
di San Giova n n i
E va n g e l i s t a ,
da cui prov i e n e,
fu ampliata.
s c o n t o r n a r e
2 6
sentono di definire l’impegno di Correggio
sia dal punto di vista cronologico che
quantitativo. I primi pagamenti risalgono
all’estate del 1520 e si riferiscono alla decorazione
della cupola della chiesa ( 1 2 ) . Nell’estate
1522 il pittore viene poi pagato per
l’affresco dell’abside e per la decorazione
dei piloni della cupola, mentre il primo
novembre dello stesso anno riceve la commissione
per il fregio della navata ( 1 3 ) . Il 23
gennaio 1524, infine, Correggio dichiara
di aver ricevuto il saldo dei pagamenti per
i lavori, completati probabilmente nell’estate-autunno
del 1523.
Forse prima dell’avvio dei lavori per la
cupola e probabilmente come dimostrazione
delle proprie capacità, sopra la porta
che dalla chiesa conduce nel convento
l’artista dipinse la lunetta con San Gio -
vanni evangelista, un affresco in cui lo scorcio
è ancora contenuto rispetto a quanto si
vede nella cupola, ma in cui il naturalismo
del santo e dell’aquila che lo accompagna
è già di grande effetto.
Nella cupola, poi, l’invenzione formale
dichiara la straordinaria originalità inventiva
dell’artista. Scomparsa ogni forma di
partizione prospettica di matrice architettonica,
sostituita da un più immateriale
velo di nubi, le figure si dispongono illusionisticamente
sulla superficie semisferica
delineando uno spazio aperto verso
un cielo dalla luminosità dorata. Lo scorcio
dimostra che lo statuario modello mantegnesco
è ormai pienamente superato e
la varietà delle pose declina in senso liberamente
naturalistico. San Giovanni, alla
base della calotta, emerge accompagnato
dall’aquila che, come il leggio di un pulpito
romanico, sostiene il libro dell’evangelista.
All’apparizione di Cristo che lo
chiama con un gesto della mano, il santo
alza gli occhi in un atteggiamento di stupore
e l’emozione si trasmette anche all’animale,
mentre gli altri undici apostoli,
tranne san Pietro che ha con sé le chiavi,
si mostrano senza concederci la possibilità
di riconoscerli, secondo una tendenza
iconograficamente “minimalista” tipica
di Correggio.
Il contenuto della decorazione della
cupola di San Giovanni Evangelista è piut-

C e s a re A re t u s i
I n c o ronazione
della Vergine
( 1 5 8 7 ) ,
copia da Corre g g i o ;
Pa r m a ,
San Giova n n i
E va n g e l i s t a .
L’ a f f resco fu re a l i z z a t o
da A retusi sul modello
del dipinto originario
di Corre g g i o .
tosto semplice e tradizionale: la calotta
è dedicata al santo titolare della chiesa
con la Visione di san Giovanni evangeli -
s t a, l’episodio narrato da Jacopo da Va r a z-
ze nella Legenda Aurea, secondo il quale
Gesù, con tutti gli altri apostoli, apparve
preannunciando la morte all’evangelista
che ormai vecchissimo viveva a Efeso.
Nei pennacchi viene poi ripreso un tradizionale
abbinamento tra evangelisti e
padri della Chiesa, considerati qui nel
loro ruolo di commentatori dei Va n g e-
l i ( 1 4 ) : san Giovanni è accompagnato da
sant’Agostino e san Matteo da san Girolamo,
mentre accanto a san Luca vediamo
sant’Ambrogio e con san Marco dialoga
san Gregorio. Alla base dei sottarchi,
infine, otto figure in finto bronzo
rappresentano personaggi dell’Antico
testamento abbinati secondo scelte iconografiche
sofisticate ( 1 5 ) : Daniele (o Enoch)
ed Elia sono sotto il pennacchio con
san Giovanni, Jesse e Mosè sotto san Matteo,
Giona e Sansone sotto san Marco, il
Sacrificio di Isacco e Caino che uccide
A b e l e sotto san Luca.
A integrare il significato simbolico dell’intera
decorazione va considerato anche
il punto di vista degli affreschi: dalla
navata i fedeli potevano vedere Cristo
apparire nella luce dorata ma non potevano
scorgere san Giovanni, la cui contemplazione
era riservata al sacerdote e
ai benedettini che partecipavano alle funzioni
religiose dal coro.
Dalla navata si vedeva anche l’aff r e s c o
dell’abside con l’Incoronazione della Ve r g i -
n e, un’iconografia “cittadina”, perché la
Vergine è la patrona principale di Parma
e l’I n c o r o n a z i o n e era presente sul sigillo e
sulle monete della città, mentre il 15 agosto,
festa dell’Assunzione e dell’Incoronazione
di Maria, era la sua festa più importante.
Inoltre, nel terzo decennio del Cinquecento,
a Parma il culto mariano trova importanti
momenti di conferma. Nel 1521, dopo
la liberazione dall’assedio francese, si decide
di costruire la chiesa della Steccata, per
ospitarvi un’immagine miracolosa della
Madonna, come ringraziamento per la protezione
accordata alla città. A seguito della
nuova fondazione, si susseguono molte
2 7

2 8
Madonna della scala
(1523 circa);
Pa r m a ,
Galleria nazionale.
Il dipinto conferma
la devozione mariana
di Pa r m a , perché
fu realizzato ve rso
il 1523 sulla fa c c i a t a
interna della port a
orientale della città.
commissioni importanti di opere che vedono
la Vergine protagonista, tra le quali vanno
ovviamente annoverate questa I n c o r o -
n a z i o n e e, soprattutto, l’A s s u n z i o n e d i p i n t a
da Correggio nella cupola del duomo, ma
anche la più modesta Madonna della scala
che decorava una delle porte cittadine.
Per completare la lettura iconografica
dell’abside di San Giovanni Evangelista,
grazie alla copia tardo-cinquecentesca
d e l l ’ a ffresco di Correggio sappiamo che
ai lati della Vergine si trovavano due santi
benedettini, Benedetto a sinistra, che
ci guarda e indica la Vergine, e Mauro a
destra, mentre più avanzati erano Giovanni
Battista a destra e Giovanni evangelista
a sinistra. Questo abbinamento
dei due Giovanni è tradizionale, ma qui
assume un particolare significato, perché
il Battista, dopo Maria, è il principale
patrono della città di Parma, mentre
l’evangelista è il titolare della chiesa.
Il successo ottenuto con la cupola di San
Giovanni Evangelista dovette convincere i
fabbricieri del duomo di Parma a incaricare
Correggio dell’ambizioso progetto di
decorazione della cupola della maggiore
chiesa cittadina, che rientrava in un più
ampio programma, probabilmente sostenuto
dal cardinale Alessandro Farnese,
vescovo di Parma dal 1509, nel quale già
entro la fine del 1522 furono coinvolti altri
artisti parmensi tra i quali il maturo Alessandro
Araldi e i giovani Michelangelo Anselmi,
Francesco Maria Rondani e Parmigianino.
Il 3 novembre 1522, due giorni dopo
l’accordo per il completamento della decorazione
ad affresco di San Giovanni Evangelista,
Correggio firma un contratto con
cui si impegna a dipingere la cupola, tutto
il presbiterio e l’abside del duomo per la
considerevole cifra di millecento ducati ( 1 6 ) .
Nel contratto non vengono stabiliti i
soggetti dell’imponente decorazione, ma

Correggio accetta di dipingere «quelle istorie
ge serano date». È probabile che la
selezione dei soggetti fosse già stata definita
nei suoi aspetti principali, anche se
per esigenze di sintesi non se ne dà conto
nell’atto notarile. La scelta dell’A s s u n z i o -
ne di Maria nella cupola era comunque
una scelta praticamente obbligata, non
solo perché la Vergine era la patrona della
città, ma anche perché il duomo era
dedicato alla sua assunzione in cielo e,
come abbiamo visto, a Parma in quegli
anni si era rafforzato il culto mariano nel
suo legane tradizionale con la città. E questo
significato cittadino viene sottolineato
dalla presenza nei pennacchi dei santi
co-patroni di Parma, Giovanni Battista,
Ilario, Giuseppe e Bernardo degli Uberti.
Nei due anni successivi alla firma del
contratto vennero realizzati importanti
lavori di consolidamento e preparazione
della cupola della chiesa romanica, per
la realizzazione della decorazione ad aff r e-
sco. Il primo pagamento all’artista risale
invece al novembre del 1526, confermando
che probabilmente la prima campagna
di lavori deve risalire proprio alla
primavera-estate di quell’anno. Il tempo
trascorso tra la firma del contratto e l’avvio
dei lavori fu evidentemente impiegato
dall’artista a preparare la grande macchina
pittorica che avrebbe dovuto allestire
in quello spazio imponente.
E il risultato sarà impressionante: nella
luce dorata e piena al centro della cupola,
vediamo sospeso un Cristo imberbe
che sta aspettando a mezz’aria l’arrivo della
Madre. La Vergine, sostenuta da un
nugolo di angeli, sta salendo al cielo con
il viso rivolto verso il Figlio, e tutto intorno
la corte celeste le fa da corona. Correggio
si è concentrato, più che sugli attributi
dei personaggi, sulla loro variabilità
emotiva, anche se si individuano alcune
Assunzione
della Ve r g i n e
( 1 5 2 4 - 1 5 3 0 ) ;
Pa r m a , d u o m o ,
c u p o l a .
2 9

D a l l ’ a l t o :
La Vergine A s s u n t a
( 1 5 2 4 - 1 5 3 0 );
Pa r m a ,
d u o m o , c u p o l a .
Apostoli ed efebi
con le torc e
( 1 5 2 4 - 1 5 3 0 );
Pa r m a ,
d u o m o , c u p o l a .
significative eccezioni. Di fronte a Maria,
dal gruppo delle figure femminili emerge
seminuda Eva con la mela in mano che
sta lì a mostrare il rapporto tra il peccato
e la redenzione. Più indietro è la vergine
Giuditta con il braccio teso a indicare la
Vergine Maria; l’eroina biblica, con la spada,
è accompagnata dall’ancella con la
testa di Oloferne. Dirimpetto a Giuditta
sta Davide con la testa di Golia; presso di
lui si vedono un Sansone con la mascella
d’asino e un vecchio Noè con un grappolo
d’uva, mentre Abramo ha presso di sé
il giovane Isacco con l’agnello sacrificale.
Subito alle spalle di Maria si riconoscono
alcuni precursori biblici di Cristo: il barbuto
Adamo che contempla Eva, Mosè con un
tratto di una delle tavole delle Legge che
sporge presso la sua spalla destra e Jesse
con il ramo fiorito che gli spunta dal petto;
più in basso si vede san Giovanni Battista,
l’ultimo dei profeti, dipinto come un
fanciullo con una lunga croce di canna.
Per il resto, la folla di personaggi si muove
libera in scorci illusionistici, sostenuta
da un macchinario fatto di nubi vaporose
che, come è stato osservato, richiama
le strutture sceniche delle sacre rappresentazioni
allestite a Parma in occasione della
festa dell’Assunzione, il 15 agosto.
Più in basso, alla base della calotta semisferica,
si vedono dei giovani seminudi,
alcuni dei quali portano delle torce, simbolicamente
connesse con il contenuto
stesso della scena. Infatti noi stiamo assistendo
all’epilogo delle esequie di Maria.
Anzi, l’invenzione di Correggio colloca noi
osservatori praticamente nel punto in cui
si troverebbe il sarcofago. Perciò le torce
accese e i rami, che i giovani stanno bruciando
per spargere fumi odorosi, sono
accessori della cerimonia funebre, quale
forma di onore per la defunta e quale simbolo
tradizionale di resurrezione e nuova
vita. Gli apostoli completano l’iconografia
dell’A s s u n z i o n e: sono privi di attributi
di riconoscimento, come di solito in
Correggio, e sono disposti quali stupiti
spettatori negli spazi lasciati liberi dalle
finestre del tamburo della cupola.
Anche nel caso della cupola del duomo,
come già era avvenuto a San Giovanni
Evangelista, l’affresco può essere letto in
base ai suoi molteplici punti di vista: dalla
navata i fedeli potevano osservare la
Vergine protettrice e i due santi patroni
di Parma, Ilario e Giovanni Battista, men-
3 0

tre i canonici vedevano la figura di Cristo,
quale immagine eucaristica che idealmente
scendeva verso lo spazio della chiesa,
e i due santi, Giuseppe e Bernardo
degli Uberti, che dai pennacchi ricordano
il lavoro e la gerarchia ecclesiastica.
Terminata la cupola, nel 1530, con il
consenso dei fabbricieri del duomo Correggio
lasciò i lavori senza aver messo
mano alla tribuna absidale ( 1 7 ) . Non sono
chiari i motivi della conclusione repentina
dell’impegno con il duomo di Parma.
È tuttavia probabile che le grandi
novità dell’affresco non fossero particolarmente
piaciute ai committenti, mentre
stupirono gli artisti: Girolamo da Carpi,
secondo Vasari, avrebbe compiuto un
vero e proprio pellegrinaggio per vedere
quel «lavoro straordinario», ammirato
dallo stesso Vasari per la «moltitudine
grandissima di figure lavorate in fresco
e ben finite […] nelle quali scòrta le vedute
al di sotto in su con stupendissima
maraviglia». Tiziano, poi, avrebbe dissuaso
i canonici dalla distruzione dell
’ a ffresco, osservando che, se fossero stati
in grado di riempire tutta la cupola di
monete d’oro, non avrebbero neanche
allora pagato adeguatamente l’artista.
Di fronte a questi giudizi così esplicitamente
positivi, dobbiamo riconoscere
che ancora oggi stupisce la soluzione adottata
da Correggio nella cupola, per mettere
in scena una complessa struttura figurativa
che coinvolge lo spettatore e lo rende
partecipe della storia sacra, con un
intento che si può senz’altro definire prot
o b a r o c c o .
I santi Ilario
e Giuseppe
( 1 5 2 4 - 1 5 3 0 );
Pa r m a ,
d u o m o , p e n n a c c h i
della cupola.
(12) Terminata la decorazione della cupola, quale forma
di onorifico riconoscimento per i servigi resi ai bene -
dettini, e in particolare al monastero di San Giovanni
Evangelista, Correggio, insieme ai suoi parenti, fu af -
filiato alla congregazione cassinese dell’ordine. Cfr. E.
Monducci, op. cit., pp. 26-27, 99-104.
(13) Questi fregi a “grisaille”, rappresentanti alter -
nativamente sacrifici ebraici e sacrifici pagani, così co -
me le parti di carattere più decorativo dell’impresa di
San Giovanni Evangelista sono stati realizzati in buo -
na misura da collaboratori di Correggio, tra i quali è
stato individuato anche il giovane Parmigianino che a -
vrebbe dipinto il finto bronzo con Caino che uccide
Abele in uno dei sottarchi della cupola.
(14) A. Muzzi, Il Correggio e la Congregazione
cassinese, Firenze 1982, p. 43.
(15) G. M. Toscano, Nuovi studi sul Correggio, Parma
1974, pp. 48-49.
(16) E. Monducci, op. cit., pp. 181-189.
(17) L’improvviso abbandono del lavoro è testimoniato
anche dal debito di centoquaranta lire che Correggio
avrebbe dovuto restituire alla fabbriceria del duomo e
che fu pagato dai suoi eredi dopo il 1551.
I santi Giov a n n i
ev a n gelista
e Bernardo
degli Ubert i
( 1 5 2 4 - 1 5 3 0 );
Pa r m a ,
d u o m o , p e n n a c c h i
della cupola.
3 1

GRAZIA E DEVOZIONE PRIVATA
Nella pagina a fianco:
Madonna
di san Giro l a m o
(o Il giorno)
( 1 5 2 3 - 1 5 2 8 ) ;
Pa r m a ,
Galleria nazionale.
Contemporaneamente
ai cantieri delle cupole,
probabilmente durante
i mesi invernali nei
quali era difficile
lavorare ad affresco,
Correggio realizza molte opere per vari
committenti di elevato rango sociale,
soprattutto giuristi, spesso legati tra loro
da rapporti familiari, o sociali, e spesso
di attenta cultura religiosa e aggiornati
sul dibattito devozionale più recente.
Così, mentre lavorava alla cupola di
San Giovanni Evangelista, Correggio fu
incaricato da Placido Del Bono di realizzare
due dipinti per la sua cappella di
famiglia situata nella navata destra della
stessa chiesa. Il committente era un
M a rtirio
di quattro santi
( 1 5 2 2 - 1 5 2 5 ) ;
Pa r m a ,
Galleria nazionale.
3 3

A destra :
Adorazione
dei pastori
(o La notte)
( 1 5 2 2 - 1 5 3 0 ) ;
D re s d a ,
G e m ä l d e ga l e r i e.
C o r reggio ripre n d e
varie leggende
apocrife per i ruderi,
che simboleggiano
la caduta
del paganesimo
nel momento
della nascita di Gesù,
e per la colonna,
alla quale si appog g i ò
Maria per part o r i re
senza dolore.
In basso:
Compianto
sul Cristo mort o
( 1 5 2 2 - 1 5 2 5 ) ;
Pa r m a ,
Galleria nazionale.
religioso che giocò un ruolo determinante
per la decorazione dell’intera chiesa di
San Giovanni, e nella sua cappella decise
di far dipingere un Compianto su Cristo
m o r t o e il Martirio dei santi Placido, Fla -
via, Eutichio e Vi t t o r i n o, da collocare sulle
pareti laterali. La posizione delle tele ha
un’importanza determinante sul loro aspetto,
perché il pittore tenne conto del punto
di vista dal quale sarebbero state osservate,
elaborando due composizioni nettamente
sbilanciate che riacquistano il loro
equilibrio se viste dalla navata. Nel M a r -
tirio si celebra il santo eponimo del committente,
Placido, un benedettino della
primissima ora, sottoposto al martirio in
Sicilia insieme alla sorella Flavia e ai fratelli
più giovani Eutichio e Vittorino. Correggio
interpreta la vicenda leggendaria
dando spazio all’emozione: dall’estasi che
precede la morte di Placido e soprattutto
3 4

di Flavia, al dettaglio cruento e protobarocco
dei corpi decapitati in secondo piano,
con la testa di uno dei martiri portata
via da un carnefice. Stesso clima nel
C o m p i a n t o, un soggetto simbolicamente
adatto a una cappella funeraria, in cui il
pittore accentua i particolari che sottolineano
la morte di Cristo e le violente reazioni
emotive di Maria, della Maddalena
o di san Giovanni.
Forse negli stessi anni, o appena più
tardi, Correggio dovette confrontarsi nuovamente
con una pala d’altare di impostazione
tradizionale per la confraternita
modenese di San Sebastiano. Forse Correggio
riuscì a ottenere la commissione
tramite il modenese Francesco Grillenzoni
che era membro della confraternita
e, secondo Vasari, «amicissimo» del pittore.
Anche se non esistono documenti,
si può collegare l’opera alla pestilenza
che colpì Modena nel 1523 e che probabilmente
indusse i devoti di san Sebastiano,
affermato protettore dal morbo,
a commissionare l’opera per il loro oratorio
terminato poco dopo il 1525.
Nella Madonna di san Sebastiano, l’abbinamento
dei santi Sebastiano, a sinistra,
e Rocco, a destra, è tradizionale per
la funzione apotropaica dei due santi
rispetto alle epidemie di peste. Al centro,
in basso, il patrono di Modena, san Geminiano,
si volge verso di noi e ci indica la
Madonna e il Bambino che guardano amorevoli
e protettivi verso il santo e verso
la città, simboleggiata dal modellino del
duomo offerto da un angelo a sinistra.
Nel 1523 la moglie del nobile parmense
Ottaviano Bergonzi, Briseide Colla,
commissionò a Correggio una pala per
l’altare di famiglia, definitivamente legata
alla cappella con il testamento della
donna nel 1528 ( 1 8 ) . Questa è in estrema
sintesi la storia della commissione di una
delle opere più celebri di Correggio, la
Madonna di san Girolamo. Il pittore qui
inserisce la tipologia tradizionale della
sacra conversazione in un paesaggio e la
ruota di quarantacinque gradi verso sinistra,
in ciò rifacendosi a una tradizione
padana, e in particolare veneta, di grande
fortuna proprio in quegli anni. Davanti
alla Vergine e al Bambino, san Girolamo,
titolare della cappella, tiene in mano
un rotolo scritto in ebraico, mentre un
angelo sta mostrando a Gesù un libro
aperto, evidentemente con il testo della
S c o n t o r n a r e
Madonna
di san Sebastiano
( 1 5 2 3 - 1 5 2 5 ) ;
D re s d a ,
G e m ä l d e ga l e r i e.
3 5

S c o n t o r n a r e
Madonna
della scodella
( 1 5 2 4 - 1 5 3 0 ) ;
Pa r m a ,
Galleria nazionale.
Vu l g a t a tradotto dal santo. Se Girolamo
viene mostrato nel suo ruolo di traduttore
della Bibbia, Maddalena preannuncia
con la sua posa l’unzione dei piedi di
Cristo. La Vergine dunque, come immagine
della Chiesa, è consapevole del sacrificio
di Cristo, cui rinvia il gesto di Maddalena,
e quindi partecipa del progetto
di salvezza, basandosi tuttavia sul magistero
dei padri della Chiesa, tra i quali
Girolamo assume un ruolo determinante.
Sempre negli stessi anni, ma per Reggio
Emilia, Correggio dipinse una A d o -
razione dei pastori ( o La notte), il cui contratto
è datato 24 ottobre 1522. Alberto
Pratoneri, forse per eseguire le volontà
testamentarie del padre Girolamo, incaricò
Correggio di realizzare il dipinto per
la cappella di famiglia intitolata alla natività
di Cristo, situata in San Prospero, la
chiesa più importante di Reggio. Nel 1522
la chiesa era interessata da lavori di ricostruzione
conclusi nel 1527, mentre la
cappella Pratoneri fu terminata nel 1530,
anno intorno al quale deve essere stata
consegnata la pala.
Secondo Correggio, Cristo è nato tra
ruderi di sapore antiquario con una colonna
in bella evidenza. Al centro del dipinto
è il Bambino da cui scaturisce l’abbagliante
luce che illumina tutta la scena.
Correggio si impegna a rappresentarlo
come un neonato e, di conseguenza, mostra
la Vergine rapita nell’ammirazione del
piccolo da poco partorito. La dolcezza
dello sguardo e la gioia che legano madre
e figlio creano un nucleo emotivo autonomo
rispetto alle reazioni degli altri personaggi,
dalla levatrice incredula, che non
riesce a sostenere il bagliore della luce
divina, ai due pastori che si avvicinano
curiosi, a san Giuseppe che sul fondo cerca
di calmare un asino riottoso; in alto,
poi, uno stormo di angeli ricorda gli scorci
della cupola del duomo di Parma. L’ a p-
parente semplicità dell’iconografia della
N o t t e mostra ancora una volta l’abilità
del pittore a costruire i suoi dipinti usando
le emozioni come fondamento dell’invenzione
pittorica.
Poco dopo queste due celebri pale, ma
entro il 1524, i confratelli di San Giuseppe
commissionarono a Correggio la
Madonna della scodella per la loro cappella
nella chiesa del Santo Sepolcro a
Parma. La scelta del tema era abbastanza
ovvia, ma a Parma assume un ulteriore
3 6

significato perché nel 1528 Giuseppe
diventò uno dei santi patroni della città.
In genere, in casi simili si preferiva lo
sposalizio della Vergine, qui invece si opta
per lo stesso episodio della fuga in Egitto
dipinto da Correggio per Francesco
Munari, un episodio che sottolinea il ruolo
di Giuseppe “nutritor Domini”. Correggio
tuttavia dipinge un Gesù più grande
dei due anni che avrebbe dovuto avere
durante la fuga dalla Galilea, intendendo
probabilmente ambientare l’episodio in
occasione del ritorno della famiglia a Nazareth,
un momento iconograficamente raro,
ma spesso interpretato come teologicamente
più significativo della fuga stessa.
Il dipinto, frutto di una mirabile sintesi
iconografica, è giocato su una diagonale
ascendente verso destra, con Giuseppe
che tiene con la sinistra i rami della palma
per coglierne i frutti, mentre con la
destra li offre a Gesù che prende a sua volta
la mano della madre per darglieli. Maria,
assorta nella contemplazione del Figlio,
porge con la destra una scodella perché
venga riempita d’acqua. L’episodio miracoloso
viene sottolineato dalla nutrita presenza
di angeli che mostrano l’abilità de l
pittore a dipingere la fanciullezza.
Tra il 1530 e il 1532 Correggio realizza
la sua ultima pala d’altare, la M a d o n -
na di san Giorgio, ordinata dall’antica e
a ffermata confraternita ospedaliera modenese
di san Pietro Martire, per l’altar maggiore
del suo oratorio. Il pittore progettò
il dipinto in continuità con la cornice
architettonica, creando uno schema spaziale
ormai perduto, con la Vergine in trono
al centro di un padiglione quadrato
coperto da una cupola vegetale. Ai lati
della Madonna sono san Geminiano patrono
di Modena, con il modello della città,
e san Pietro martire titolare della confraternita,
con gli strumenti del martirio
appena visibili sulla testa e sul petto. La
Madonna volge lo sguardo verso Pietro
martire, mentre il Bambino si gira eccitato
verso san Geminiano, quasi come se il
modello della città fosse un appetibile
giocattolo. In primo piano vediamo Giovanni
Battista a sinistra e Giorgio a destra
che calpesta la testa del drago e si volge ad
attirare la nostra attenzione, presenze
forse giustificate quali omaggi a eventuali
santi eponimi dei committenti. Il gruppo
dei putti che giocano con le armi di
Giorgio è l’ennesimo brano di grazia infan-
Qui sopra :
disegno pre p a ra t o r i o
per la Madonna
di san Giorgio
(1530 circa);
D re s d a ,
Ku p f e rs t i c h k a b i n e t t .
Il disegno dà un’idea
di quel che Corre g g i o
a veva pensato
per mettere
in ra p p o r to lo spazio
architettonico re a l e
con lo spazio dipinto
della Madonna
di san Giorgio.
A sinistra :
Madonna
di san Giorgio
(1530 circa);
D re s d a ,
G e m ä l d e ga l e r i e.
3 7

Qui a fianco:
Matrimonio mistico
di santa Caterina
(1525 circa);
Pa r i g i ,
L o u v re.
In basso a sinistra :
Ecce Homo
(1525-1526 circa);
L o n d ra ,
National Gallery.
tile nella pittura di Correggio e conferma
che la pala è ormai il frutto della piena
padronanza dei mezzi figurativi da
parte dell’artista.
Contemporaneamente alle due cupole
e alle grandi pale d’altare, Correggio dipinge
diverse opere di destinazione privata
che consentono di seguire, quasi in contrappunto
alle opere pubbliche, l’evoluzione
della sua pittura dolce e sentimentale.
Così, nella Madonna della cesta
sviluppa un tema ancora una volta apocrifo
dipingendo, forse per il parmense
Francesco Baiardi, un momento della
vita di Gesù in Egitto. È un tema, quello
del lavoro della Vergine e di Giuseppe,
già trattato da Mantegna e dagli artisti
del suo entourage sul finire del Quattrocento,
che Correggio interpreta come
al solito in termini di grazia emotiva. Ma
forse il momento più alto della meditazione
del pittore emiliano sul rapporto
tra madre e figlio lo troviamo nella M a d o n -
na in adorazione del Bambino degli Uff i-
zi, un dipinto ambientato in uno spazio
che ricorda quello della N o t t e.
Notevole attenzione alle emozioni si
trova anche nel Matrimonio mistico di
santa Caterina con san Sebastiano, dipinto
verso il 1525 per quel Francesco Grillenzoni
che abbiamo già incontrato par-
3 8

Qui a fianco:
Madonna della cesta
( 1 5 2 3 - 1 5 2 5 ) ;
L o n d ra ,
National Gallery.
In basso a destra :
Madonna
in adorazione
del Bambino
(1525 circa);
F i re n ze,
U f f i z i .
lando della Madonna di san Sebastiano.
Qui l’articolato fulcro emotivo sta nell’intreccio
di mani, che viene accompagnato
dagli sguardi dei personaggi, con i due
martiri resi riconoscibili dall’attributo della
spada per Caterina e le frecce per Sebastiano.
Perciò il paesaggio diventa un commento
quasi indispensabile, perché i due
santi vi trovano le loro morti violente.
L’altro importante nucleo tematico della
produzione di Correggio, la Passione
di Cristo, è testimoniato in questa fase
matura da varie opere, tra cui dobbiamo
segnalare almeno l’Ecce Homo a m m i r a-
to da Annibale Carracci che lo tradusse
in incisione nel 1587. Il dipinto è iconograficamente
anomalo, per la Ve r g i n e
semisvenuta e per il soldato compassionevole
che, se fosse Longino, mostrerebbe
i presupposti per la sua miracolosa
conversione sotto la croce. Lo svenimento
di Maria è un dettaglio raro, ma nella letteratura
devozionale coeva, come si è già
notato, il dolore della Vergine è un motivo
diffuso, per esortare l’osservatore alla
meditazione e all’orazione mentale.
Alta recuperata da libro
(18) Nel 1514 Ottaviano Bergonzi aveva acquistato il
patronato della cappella di San Girolamo nella chiesa
di Sant’Antonio a Parma, nella quale fu collocato il
dipinto di Correggio.
3 9

EPILOGO NEL MITO
Verso la metà degli
anni Venti del
Cinquecento, Correggio
riprende in mano i
temi mitologici, grazie
ai nuovi contatti con
l’ambiente mantovano.
I primi quadri
mitologici dopo la
decorazione della
camera del convento
Nella pagina a fianco:
Ve n e re, A m o re
e Merc u r i o
(o Educazione
di A m o re)
(1525 circa);
L o n d ra ,
National Gallery.
di San Paolo furono realizzati dal pittore
per Nicola Maffei, consigliere e sodale del
marchese di Mantova, Federico II Gonzaga.
Si tratta di due quadri dalle medesime
dimensioni che forse erano stati commissionati
insieme per essere esposti in
coppia, ma che probabilmente furono realizzati
in due momenti lievemente diversi.
Venere, Mercurio e Cupido fu dipinto
forse verso il 1525 e mostra Venere, alata
e armata di arco, insieme al piccolo Cupido
cui Mercurio sta insegnando a leggere,
secondo un’iconografia non insolita.
Nella grotta di Isabella d’Este, per esempio,
era esposto un bronzetto dell’Antico,
Ve n e re, Cupido
e un satiro
(1526 circa);
Pa r i g i ,
L o u v re.
4 1

A l l e goria della virt ù
(1530 circa);
Pa r i g i ,
L o u v re.
di cui oggi si conserva a Vienna (Kunsthistorisches
Museum) solo il Mercurio.
Venere, satiro e Cupido è invece di qualche
anno più tardo e vi si vede Venere addormentata
scoperta da un satiro; la dea ha
presso di sé l’arco e il turcasso con le frecce
d’oro in bella evidenza, mentre Cupido
dorme sopra una fiaccola d’amore ancora
accesa. Al di là del loro potenziale contenuto
erotico, dal punto di vista simbolico
i due quadri si completano reciprocamente,
mettendo in immagine due aspetti
di Venere derivati dalla tradizionale distinzione
neoplatonica tra Venere celeste e
Venere terrestre: in Venere, Mercurio e Cupi -
d o la dea ha un valore positivo di tutela
del matrimonio, come confermato dal nocciòlo,
pianta connessa simbolicamente
all’unione coniugale. Nella Venere, satiro
e Cupido, invece, il sonno, ovvero l’abbandono
ai sensi dell’attività speculativa,
dimostra che hanno il sopravvento la concupiscenza,
il piacere sensuale e il tema
della fecondità.
Probabilmente verso il 1530, Correggio
consegnò alla sua committente, Isabella
d’Este, due dipinti destinati a completare,
come pendant, lo Studiolo nel Palazzo
ducale di Mantova ( 1 9 ) . Sono due tele
dipinte a tempera non particolarmente
attraenti, probabilmente perché l’artista
dovette adattarsi, da un lato, ai dipinti già
presenti nello Studiolo, dall’altro, invece,
alle decise esigenze di Isabella d’Este. Nell
’Allegoria della virtù, Minerva, con la medesima
lancia spezzata che impugna nella
Minerva che scaccia i vizi di Mantegna, calpesta
vittoriosa un drago; le fanciulle alate
la onorano coronandola di alloro e palma,
simboli di vittoria, e suonando strumenti
a corda e la tromba della Fama. A
sinistra è una figura femminile con gli
attributi delle quattro virtù cardinali: la
pelle di leone della Fortezza, la spada della
Giustizia, le redini della Temperanza, e
il serpente della Prudenza. La donna a
destra guarda verso lo spettatore, indica
il cielo e tiene un compasso sospeso su un
globo. È una figura legata all’astrologia e
a lei è connesso anche il drago su cui siede
vittoriosa Minerva. Il mostro, infatti,
quale immagine dei punti astrali del Caput
e della Cauda draconis, rinvia alla previsione
astrologica, così che il dipinto sembra
indicare che la virtù e la sapienza possono
trionfare anche sul fato.
N e l l ’Allegoria del vizio, un uomo (forse Sile-
4 2

no) in una posizione ispirata dal L a o c o o n t e
del Vaticano è legato a un albero le cui
fronde si confondono con quelle di una
vite, simbolo dell’ebbrezza e della prigionia
dei sensi e dei desideri. La figura è tormentata
da tre Furie, simbolo delle passioni
che portano alla follia: una sta suonando
un rumoroso flauto, un’altra sta
avvicinando delle serpi al corpo del malcapitato,
mentre la terza lo sta scuoiando.
In primissimo piano, un bambino dal ghigno
ambiguo tiene un grappolo d’uva. Il
dipinto quindi, nel suo complesso, simboleggia
il tormento e la prigionia delle
passioni e del vizio di cui può soffrire l’uomo
privo delle armi offerte dalla virtù e
dalla conoscenza.
Di tutt’altro tenore sono i quattro dipinti
commissionati, forse dopo il 1530, dal
duca di Mantova, Federico II Gonzaga,
sulla cui originale destinazione e successive
peregrinazioni non vi sono ancora molte cert
e z z e ( 2 0 ) . Sappiamo da Vasari che sarebbero
stati eseguiti per Federico II Gonzaga
quale dono per l’imperatore Carlo V e, in
e ffetti, Vasari nel 1550 non li vide a Mantova,
mentre alla fine del Cinquecento sono
documentati in Spagna. Ma sappiamo
anche che tra il 1532 e il 1533 molti doni
partirono da Mantova alla volta della corte
imperiale e che nel 1534, dopo la morte
di Correggio, Federico II Gonzaga scrisse
più lettere al governatore di Parma, Alessandro
Caccia, per ottenere dagli eredi del
pittore la restituzione dei cartoni degli
Amori di Giove. Le ipotesi avanzate fin qui
sono diverse e, accanto al dono diplomatico,
è stato proposto che i dipinti fossero
stati pensati per un ciclo, magari più ampio,
destinato a palazzo Te, la nuova residenza
suburbana di Federico II Gonzaga, nella
cui decorazione il duca di Mantova viene
in più occasioni identificato in Giove. Questa
lettura è probabile, se pensiamo all’indole
e ai gusti di Federico, per il quale non
sembra una scelta inconsueta la commissione
di una serie di dipinti dal contenuto
esplicitamente erotico. Tuttavia è anche
probabile che i dipinti siano stati eff e t t i-
vamente inviati all’imperatore e che fosse
prevista in origine una seconda versione
che Correggio avrebbe dovuto realizzare,
se non fosse sopraggiunta la morte. E ciò
può spiegare l’insistenza di Federico II per
la restituzione dei cartoni, magari per farli
tradurre in pittura da un altro artista.
Sono però tutte ipotesi che non possono,
A l l e goria del vizio
(1530 circa);
Pa r i g i ,
L o u v re.
4 3

A sinistra :
G i ove e Ganimede
( 1 5 3 1 - 1 5 3 3 ) ;
V i e n n a ,
Ku n s t h i s t o r i s c h e s
M u s e u m .
Qui sopra :
copia da Leonardo
da V i n c i ,
Leda
( 1 5 0 6 - 1 5 0 8 ) ;
F i re n ze, U f f i z i .
Il dipinto di Leonard o ,
noto grazie alle molte
c o p i e , m o s t ra Leda
in un paesaggio
l u s s u re g g i a n t e ,
come figura simbolica
delle forze genera t r i c i
della natura .
4 4

allo stato attuale, trovare alcuna certezza
nelle notizie storico-documentarie.
Le quattro tele degli Amori di Giove s o n o
degli straordinari e precoci esempi di pittura
dal contenuto dichiaratamente erotico,
in cui la grazia delle pose dei corpi
sottolinea la sensualità delle immagini,
facendo passare in secondo piano il contenuto
iconografico e simbolico impostato
su un uso eclettico delle fonti, tipico
della cultura di corte ( 2 1 ) . Inoltre, in
assenza di una tradizione consolidata per
la pittura erotica, Correggio è costretto
ad abbandonare i modelli che aveva fino
ad allora tenuto in considerazione, a partire
da Leonardo, per rivolgersi decisamente
al repertorio formale antico.
Ganimede racconta la storia del giovane
pastore troiano rapito da Giove tramutatosi
in aquila, e portato sull’Olimpo
dove diventò coppiere degli dei, un
mito interpretato anche in chiave neoplatonica,
quale simbolo dell’anima che
si avvicina al dio. La figura di Ganimede
non è frutto di un’invenzione originale,
perché è tratta da uno degli angeli
del pennacchio con san Bernardo degli
Uberti della cupola del duomo di Parma;
nel G a n i m e d e, però, il modello viene modificato
per accentuarne la nudità, mentre
l’aquila-Giove apre il becco per leccare
con la lingua il polso del giovane, e il
Leda e il cigno
( 1 5 3 1 - 1 5 3 3 ) ;
B e r l i n o ,
Staatliche Museen.
4 5

4 6
Tiziano Ve c e l l i o ,
D a n a e
( 1 5 4 5 - 1 5 4 6 ) ;
N a p o l i ,
C a p o d i m o n t e .
cane, citato dalle fonti antiche, ricorda
l’attività terrena del fanciullo.
Nel Giove e Io, il dipinto che fa coppia
per formato con il G a n i m e d e, Correggio trasforma
Giove in una nube, scegliendo una
soluzione estremamente originale per dar
forma al testo di Ovidio (M e t a m o r f o s i, I,
597-600). Nell’espressione della giovane ninfa,
abbandonata all’estasi amorosa nell’abbraccio
del dio, il pittore mette alla
prova la sua abilità nella rappresentazione
delle emozioni.
La L e d a forma una coppia con la D a n a e
e mette in scena il momento in cui Giove,
trasformatosi in cigno, si unisce alla
figlia di Testio. Il dipinto è narrativamente
più complesso degli altri, perché
Correggio vi concentra tre fasi della storia:
a destra, i primi approcci del cigno
e l’allontanamento in volo dell’animale
mentre Leda si riveste aiutata da un’ancella;
al centro si vede il momento principale
dell’incontro tra Leda e Giovecigno;
a sinistra, infine, Cupido e due
amorini accompagnano la coppia amorosa
che darà alla luce Elena, Clitemnestra,
Castore e Polluce. La tradizione iconografica
di Leda, ben nota a Correggio
quanto meno attraverso l’interpretazione
che ne aveva dato Leonardo da Vinci, viene
abbandonata dal pittore emiliano in
favore di un erotismo esplicito e dolce
che avrà grande fortuna.
La D a n a e, infine, racconta la storia
della giovane figlia di Acrisio, re di Argo,
chiusa dal padre in una torre, perché un

Alta risoluzione
oracolo aveva previsto che il figlio di lei
lo avrebbe ucciso. Le precauzioni tuttavia
si rivelano inutili, perché Giove, innamoratosi
della bellezza della giovane, si
unisce a lei sotto forma di pioggia d’oro,
generando Perseo. La D a n a e di Correggio
è semisdraiata su un letto, mentre un
Cupido adolescente con una mano sta
sollevando il lenzuolo, mentre con l’altra
“sente” la pioggia indicando il pube
della fanciulla. Lei osserva con stupore
la sua nudità, in una dolce intimità che
rende questo dipinto così diverso dall’interpretazione
che ne darà di lì a qualche
anno Tiziano. Più in basso, due amorini
che saranno ricordati da Vasari: «Eranvi
alcuni Amori che de le saette facevano
prova su una pietra, quelle d’oro e di
piombo, lavorati con bello artificio». La
dolcezza e la grazia dell’infanzia, ancora
una volta, in quest’opera estrema, sono
motivo di ammirazione per la pittura di
uno dei maestri del Rinascimento italiano,
la cui fortuna sarà destinata a durare
a lungo, tanto a lungo che al principio
dell’Ottocento Stendhal potrà amarne
ancora la «grâce», la «volupté», il
«beau idéal moderne».
(19) Sui dipinti per Isabella e la loro cronologia, vedi.
ora S. J. Campbell, The Cabinet of Eros. Renaissance
Mythological Paintings and the Studiolo of Isabella
d’Este, New Haven-Londra 2004, pp. 221-249.
(20) E. Monducci, op. cit., pp. 211-226.
(21) L’erotismo dei dipinti ha provocato addirittura degli
eccessi moralistici distruttivi, quando al principio del Set -
tecento Luigi d’Orléans tagliò in più pezzi la L e d a, poi
restaurata dal pittore Charles Coypel.
D a n a e
( 1 5 3 1 - 1 5 3 3 ) ;
R o m a ,
galleria Borghese.
4 7

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Two Tiny Problems Concerning the Dome of Par -
ma Cathedral and Central Italian Art, in Gedenksch -
rift für Richard Harprath, a cura di W. Liebenwein,
A. Tempestini, Monaco 1998, p. 151-154; Id., Correg -
gio, le mitologie d’amore, Cinisello Balsamo 2000; C.
S. Hoeninger, The reception of Correggio’s Loves of
J u p i t e r, in Coming About...: A Festschrift for John
S h e a r m a n, a cura di L. R. Jones, L. C. Matthew,
Cambridge 2001, pp. 191-197; G. Dunphy Wi n d ,
Correggio, l’eroe della cupola, Cinisello Balsamo
2002; M. Spagnolo, L’Orazione nell’orto di Correggio
e la sua precoce fortuna lombarda, in “Arte lombarda”,
136, 2002, pp. 37-51; M. Vaccaro, Parmigianino
and l’officina parmense in San Giovanni Evangelista,
in Parmigianino e il manierismo europeo, atti del
convegno (Parma 2002), a cura di L. Fornari
Schianchi, Cinisello Balsamo 2002, pp. 97-103; D. A.
Brown, Una pietà del Correggio a Correggio, Cinisello
Balsamo 2003; M. Spagnolo, C o r r e g g i o ’s “Reclining
Magdalen”. Isabella d’Este and the Cult of St Mary
Magdalen, in “Apollo”, CLVII (2003), 496, pp. 37-45;
S. Ciroldi, I dipinti di Antonio Allegri nella chiesa di
Santa Maria della Misericordia di Correggio, in La ri -
cerca storica locale a Correggio: bilanci e prospettive,
atti del convegno (Correggio 2003), Correggio 2004,
pp. 132-158; M. F a b i a n s k i, Da Foppa a Correggio,
rapporti fra la cappella Portinari, la cupola del Duo -
mo di Parma e le sacre rappresentazioni, in “Arte
lombarda”, 140, 2004, pp. 64-69; M. Frazzi, Correg -
gio. La camera alchemica, Cinisello Balsamo 2004;
G. Periti, Il Noli me tangere di Correggio: dilectio et
d e l e c t a t i o, in “Notizie da Palazzo Albani”, XXXIII
(2004), pp. 51-69; M. Spagnolo, “Omnem imaginem
tristitiae”, la singolare fortuna del “Compianto” di
Correggio, in Parmigianino e la scuola di Parma, atti
del convegno (Casalmaggiore-Viadana, 2003), Vi a-
dana 2004, pp. 92-108; A. Musiari, Primus et novissi -
mus, considerazioni sul Fregio delle Profezie in S.
Giovanni Evangelista a Parma, in “Studi medievali e
moderni”, IX (2005), 2, pp. 141-170.
R E F E R E N Z E
F OTO G R A F I C H E
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Q UA D RO CRO N O L O G I C O
AVVENIMENTI STORICI
E ARTISTICI
VITA DI CORREGGIO
AVVENIMENTI STORICI
E ARTISTICI
VITA DI CORREGGIO
A Roma viene scoperto l'Ap o l l o
del Belvedere.
Cristoforo Colombo scopre l’Am
e r i c a . Viene eletto papa A l e s-
sandro VI (Rodrigo Borgia).
Muoiono Lorenzo il Magnifico e
Piero della Francesca.
Discesa in Italia del re di Francia
Carlo VIII.
A Milano Leonardo inizia l’U l t i -
ma cena nel refettorio di Santa
Maria delle Grazie.
Michelangelo si reca a Roma
per la prima volta.
A Firenze Girolamo Savonarola è
condannato al rogo.
Luigi XII muove guerra contro
Milano. Michelangelo termina la
Pietà di San Pietro.
Dopo la cacciata degli Sforza,
Leonardo da Vinci lascia Milano
e torna a Firenze, passando per
Venezia.
Dopo il brevissimo pontificato di
Pio III (Francesco Todeschini Picc
o l o m i n i ) , sale al soglio pontificio
papa Giulio II (Giuliano della
Rovere).
Raffaello è a Firenze dove il Da -
vid di Michelangelo viene collocato
in piazza della Signoria.
Bembo pubblica Gli Asolani.
A Mantova muore Andrea Mantegna.
A Roma inizia la ricostruzione
di San Pietro e viene ritrovato
il Laocoonte.
Lega di Cambrai contro Venezia.
Erasmo pubblica gli A d ag i a. A
Roma Michelangelo inizia gli affreschi
della volta della Cappella
sistina e Raffaelo avvia i lav o r i
nelle stanze dell’ap p a r t a m e n t o
di Giulio II.
L’esercito della lega di Cambrai
sconfigge le truppe veneziane
ad Agnadello.
Convocazione del concilio lat e-
ranense. Erasmo pubblica L’elo -
gio della follia.
A Roma Michelangelo termina
gli affreschi della volta della
Cappella sistina.I Medici rientrano
a Firenze.
Viene eletto papa Leone X (Giovanni
de’ Medici). Pietro Bembo
è segretario pontificio. Leonardo
da Vinci è a Roma.
1489
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1495
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Probabilmente Antonio nasce a
Correggio quest’anno, prima del
30 ag o s t o , da Pellegrino A l l e g r i
e Bernardina Ormani.
Probabile inizio di un soggiorno
di formazione a Modena, presso
Francesco Bianchi Ferrari.
Secondo Ippolito Donesmondi,
l avora alla decorazione della
c appella funeraria di A n d r e a
Mantegna nella chiesa di
Sant’Andrea a Mantova.
È a Correggio, dove fa da padrino
a un neonato. Durante l’estat
e , a causa di un’epidemia di
peste, si trasferisce a Mantova.
È a Mantova, d o c u m e n t ato in
relazione a Francesco Mantegna,
figlio di Andrea.
Realizza il ritratto del proprio
maestro nelle arti liberali, Giambattista
Lombardi.
A Venezia muore Giovanni Bellin
i . Ludovico Ariosto pubblica
l’Orlando furioso.
31 ottobre: affissione delle 95
tesi di Lutero a Wittenberg.
A Venezia Tiziano completa l’As -
sunta per la chiesa dei Frari.
Muore l’imperatore Massimiliano
I d’Asburgo; viene eletto al
suo posto il nipote, già re di
S p ag n a , col nome di Carlo V. A
Firenze Michelangelo Buonarroti
comincia a lav o r a r e , su commissione
di papa Leone X, a l l a
cosiddetta Sagrestia nuova della
chiesa di San Lorenzo (Cappelle
medicee). Jacopo Pontormo inizia
gli affreschi della villa medicea
di Poggio a Caiano. Ad Amboise,
in Francia, muore Leonardo
da Vinci.
Lutero scomunicato da Leone X.
A Roma muore Raffaello.
Dieta di Worms.
Viene eletto papa Adriano V I
(Adriano Floriszoon). I turchi
conquistano Rodi. Prima edizione
del Nuovo testamento tradotto
in tedesco da Lutero.
Viene eletto papa Clemente V I I
(Giulio de’ Medici). Parmigianino
decora la saletta con le storie di
Diana e Atteone nel castello di
Fontanellato (Parma).
1514
1516
1517
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1519
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1521
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1523
Il 30 agosto firma il contrat t o
per la Madonna di san Fr a n c e -
sco, destinata all’altare maggiore
della chiesa francescana conventuale
intitolata al santo, a
Correggio. L’8 settembre, a San
Benedetto Po , firma il contrat t o
per l’esecuzione delle porte e
del poggiolo dell’organo della
chiesa abbaziale, da consegnare
entro l’aprile 1515.
Da quest’anno, e fino al settembre
1519, è documentato con
continuità a Correggio.
L avora alla pala d’altare con la
Madonna col Bambino e le san -
te Maddalena e Lucia, destinata
alla chiesa di San Prospero ad
Albinea. Melchiorre Fassi stabilisce
nel testamento la realizzazione
di una cappella con una
pala raffigurante i santi Leonardo,
Marta, Pietro e Maddalena.
Intorno a questa data viene collocato
un ipotetico e non documentato
viaggio a Roma. Probabile
data del Noli me tangere del
Prado.
Probabilmente in quest’anno
sposa Gerolama Merlini. V i e n e
c o n s e g n ata la pala di A l b i n e a .
Viene dat ata in quest’anno la
decorazione della camera della
Badessa nel convento di San
Paolo a Parma.
Avvia la decorazione della cupola
e dell’abside della chiesa benedettina
di San Giovanni Evangelista
a Parma.
Viene accolto tra i “ s i n g u l a r e s
d e v o t o s ” della Congregazione
benedettina cassinese. Il 3 settembre
viene bat t e z z ato a Correggio
il suo primo figlio, Po m-
ponio Quirino, che sarà modesto
pittore.
Riceve da Alberto Pratoneri la
commissione dell’Ad o r a z i o n e
dei pastori, d e s t i n ata alla cappella
di famiglia nella chiesa di
San Prospero a Reggio Emilia.
Firma l’impegno per la decorazione
della cupola del duomo di
Parma.
Temina i lavori in San Giovanni
E v a n g e l i s t a . Briseide Colla, v e-
dova di Orazio Bergonzi, si impegna
a saldare il pag a m e n t o
per la Madonna con san Girola -
m o (Il giorno) , d e s t i n a ta alla
c appella gentilizia del marito in
Sant’Antonio a Parma.
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Q UA D RO CRO N O L O G I C O
AVVENIMENTI STORICI
E ARTISTICI
VITA DI CORREGGIO
Giulio Romano si trasferisce a
M a n t o v a . Il Parmigianino lav o r a
a Roma.
1524
Il 23 gennaio viene saldato il
compenso per i lavori in San
Giovanni Evangelista. Forse a
quest’anno risalgono le commissioni
della Madonna della
s c o d e l l a per la cappella di San
Giuseppe nella chiesa del Santo
Sepolcro e delle tele per la cappella
Del Bono in San Giovanni
Evangelista a Pa r m a . Sempre a
Parma viene bat t e z z ata sua figlia
Francesca Letizia.
Nella battaglia di Pavia, l’esercito
di Carlo V sconfigge e fa prigioniero
il re di Francia, Francesco
I.
1525
Il 26 agosto, insieme ad altri art
i s t i , tra cui Alessandro Araldi e
Michelangelo A n s e l m i , v i e n e
chiamato a fornire un parere sui
restauri alla chiesa della Steccata
a Parma.
1526
Completa il primo quarto dei lavori
della decorazione della cupola
del duomo di Parma e viene
pagato. Nasce a Parma la figlia
Caterina Lucrezia.
Sacco di Roma da parte dei lanzichenecchi
imperiali. Parmigianino
fugge da Roma e torna a
Parma, Sansovino va a Venezia.
1527
Nasce a Parma la figlia A n n a
Geria.
Baldesar Castiglione pubblica I l
cortegiano. Muore a Norimberga
Albrecht Dürer.
1528
28 Il 3 settembre Veronica Gambara,
vedova del signore di Corr
e g g i o , in una lettera a Isabella
d’Este cita la perduta M a d d a l e -
na leggente. Viene consegnat a
la Madonna di San Girolamo per
la quale riceve il saldo del pagamento
da Briseide Colla.
Pace di Cambrai. tra Spagna e
Francia.
1529
A Bologna Carlo V è incoronat o
re d’Italia e imperatore da papa
Clemente VII.
1530
Abbandona i lavori per la cupola
del duomo di Parma e ritorna a
C o r r e g g i o . Nello stesso anno
vengono terminate la M a d o n n a
della scodella e l’Adorazione dei
pastori per la cappella Pratoneri.
Sempre in quest’anno risulta un
pagamento di Federico II Gonzaga,
da riferire probabilmente alla
serie mitologica degli Amori di
G i o v e, eseguiti per il duca di
Mantova e donati nel 1532 all’imperatore
Carlo V.
Nella Firenze postrepubblicana
torna Alessandro de’ Medici. Lega
di Smalcalda. Alciati: Emble -
matum liber. Contratto di Parmigianino
per gli affreschi della
chiesa della Steccata a Parma.
1531
Dieta di Ratisbona e pace di Norimberga.
1532
Secondo diversi studiosi, n e g l i
ultimi anni del suo pontificat o
Clemente VII commissiona a Michelangelo
il Giudizio universale
nella Cappella sistina.
Viene eletto papa Paolo III (Alessandro
Fa r n e s e ) . Ignacio de
L o yola fonda la compagnia di
Gesù.
1533
1534
Il 5 marzo muore a Correggio e
viene sepolto nella tomba di famiglia,
nel chiostro della chiesa
di San Francesco.
Giove e Io
(1531-1533);
Vienna,
Kunsthistorisches
Museum.
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