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Madrugada numero 49 - Associazione Macondo

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p o e s i a & m u s i c a<br />

Tanti universi in una sola canzone<br />

Esegesi da un testo di Roberto Vecchioni<br />

di Gianni Priano<br />

Guarderò le stelle<br />

com’ erano la notte ad Arles<br />

appese sopra il tuo boulevard;<br />

io sono dentro agli occhi tuoi<br />

Vincent.<br />

Sognerò i tuoi fiori<br />

narcisi sparpagliati al vento<br />

il giallo immenso e lo scontento<br />

negli occhi che non ridono<br />

negli occhi tuoi,<br />

Vincent.<br />

Dolce amico mio<br />

fragile compagno mio<br />

al lume spento della tua pazzia<br />

te ne sei andato via,<br />

piegando il collo<br />

come il gambo di un fiore<br />

scommetto un girasole.<br />

Sparpagliato grano,<br />

pulviscolo spezzato a luce<br />

e bocche aperte senza voce<br />

nei vecchi dallo sguardo che non c’è<br />

poi le nostre sedie<br />

le nostre sedie così vuote<br />

così “persone”<br />

così abbandonate<br />

e il tuo tabacco sparso qui e là.<br />

Dolce amico<br />

fragile compagno mio<br />

che hai tentato sotto le tue dita<br />

di fermarla, la vita:<br />

come una donna amata alla follia<br />

la vita andava via:<br />

e più la rincorrevi<br />

e più la dipingevi a colpi rossi<br />

gialli come dire “Aspetta!”,<br />

fino a che i colori<br />

non bastaron più…<br />

e avrei voluto dirti Vincent,<br />

questo mondo non meritava<br />

un uomo bello come te.<br />

Guarderò le stelle<br />

la tua, la mia metà del mondo<br />

che sono le due scelte in fondo:<br />

o andare via o rimanere via.<br />

Dolce amico mio,<br />

fragile compagno mio,<br />

io, in questo mare,<br />

non mi perdo mai;<br />

ma in ogni mare sai<br />

“tous le bateaux<br />

vont à l’hazard pour rien”.<br />

Addio, da Paul Gauguin.<br />

Vincent<br />

(Roberto Vecchioni-Don McLean)<br />

Nell’angolo buio del<br />

bambino lasciato solo<br />

«Non bisogna dimenticare che un vaso<br />

rotto rimane un vaso rotto», scrive<br />

Vincent Van Gogh dal manicomio di<br />

St. Remy. Ci trema la mano a trattare<br />

di questa semplice canzone, per tutto<br />

ciò che nel sottosuolo della canzone<br />

si annida: Vecchioni-Gauguin<br />

guarda con malinconia la disperazione,<br />

l’angoscia di un uomo che dalla<br />

teologia passò - dopo un periodo in<br />

cui lavorò come commerciante di opere<br />

d’arte presso una galleria dell’Aja,<br />

la “Goupil & Co” - alla pittura, da<br />

un’infanzia taciturna all’ansia costante<br />

dell’abbandono. A Borinage mette nervi,<br />

vocazione, turbamento nella predicazione<br />

presso una comunità di minatori<br />

ma, regalati tutti i propri abiti<br />

ai poveri, venne sollevato dall’incarico,<br />

colpevole di fanatismo e allora giù,<br />

in fondo al pozzo. Nell’angolo buio<br />

del bambino lasciato solo. Ci trema<br />

la mano, dicevamo, a scrivere di quest’uomo<br />

i cui quadri, riprodotti in poster,<br />

ornano facciate tanto più misere<br />

di interiorità quanto più ricche di spensieratezza<br />

o di arroganza che nella pittura<br />

vedono solo colore e nel colore<br />

solo colore. Ma il giallo è “immenso”,<br />

giallo che - insieme al rosso - chiede<br />

alla vita di aspettarlo.<br />

E invece: l’amore che non è l’amo-<br />

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