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Consiglio dell’Ordine degli Architetti,Pianificatori, Paesaggisti eConservatori di Roma e Provincia(In carica per il quadriennio 2005-2009)PresidenteAmedeo SchiattarellaSegretarioFabrizio PistolesiTesoriereAlessandro RidolfiConsiglieriPiero AlbisinniAgostino BurecaOrazio CampoPatrizia CollettaSpiridione Alessandro CuruniRolando De StefanisLuisa MuttiAldo OlivoFrancesco OrofinoVirginia RossiniArturo Livio SacchiLuciano SperaDirettoreLucio CarbonaraDirettore ResponsabileAmedeo SchiattarellaComitato di Redazione:Valeria Caramagno, Luisa Chiumenti,Massimo Locci, Fabio Masotta,Claudia Mattogno, Tonino Paris,Giorgio Peguiron, Alessandro PergoliCampanelli, Carlo Platone,Pietro Ranucci, Christian Rocchi,Sergio Rossetti, Luca Scalvedi,Monica Sgandurra, Massimo ZammeriniSegreteria di redazionee consulenza editorialeFranca AprosioEdizioneOrdine degli Architetti di Roma eProvinciaServizio grafico editoriale:<strong>Prospettive</strong> <strong>Edizioni</strong>Direttore: Claudio Prestawww.edpr.it - info@edpr.itDirezione e redazioneAcquario RomanoPiazza Manfredo Fanti, 47 - 00185 RomaTel. 06 97604560 Fax 06 97604561http://www.rm.archiworld.itarchitettiroma@archiworld.itconsiglio.roma@archiworld.itProgetto grafico e impaginazioneArtefatto/Manuela Sodani, Mauro FantiTel. 06 61699191 Fax 06 61697247StampaDitta Grafiche Chicca s.n.c.Villa Greci - 00019 TivoliDistribuzione agli Architettiiscritti all’Albo di Roma e Provincia,ai Consigli degli Ordini provincialidegli Architetti e degli Ingegnerid’Italia, ai Consigli Nazionalidegli Ingegneri e degli Architetti,agli Enti e Amministrazioni interessati.Gli articoli e le note firmate esprimonosolo l’opinione dell’autore e nonimpegnano l’Ordine né laRedazione del periodico.Spediz. in abb. postale D.L. 353/2003(conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1comma 1.DCB - RomaAut. Trib. Civ. Roman. 11592 del 26 maggio 1967In copertina:Ampliamento Musei CapitoliniTiratura: 14.000 copieChiuso in tipografia il 25 marzo 2006ANNO XLIGENNAIO-FEBBRAIO 200663/06BIMESTRALE DELL’ORDINE DEGLI ARCHITETTI DI ROMA E PROVINCIAa cura di Massimo Locci - PROGETTIAmpliamento dei Musei Capitolini 8Massimo Loccia cura di Giorgio Peguiron - NUOVE TECNOLOGIEA R C H I T E T T U R AMediabuilding 12Mauro Corsettia cura di Carlo Platone - I M P I A N T IChi è l’Energy Manager? 16Giuseppe Pirasa cura di Giovanni Carbonara e Alessandro Pergoli Campanelli - R E S T A U R OProgettare dialogando con la storia 19Intervista a Marco PetreschiAlessandro Pergoli Campanellia cura di Lucio Carbonara e Monica Sgandurra - P A E S A G G I OTrasformazione del territorio periurbano 24Lucio CarbonaraViaggio nei territori del Libano 26Monica SgandurraMosaico 30Alessandra CapuanoEDITORIALEI prossimi quattro, cinque anni 7Pietro Ranuccisegue


I N D U S T R I A L D E S I G N - a cura di Tonino Paris36 Il designer:formazione e nuove professioniTonino ParisU R B A N I S T I C A - a cura di Claudia Mattogno36 Ripensare i waterfrontMassimo BertolliniO R D I N E41 Fascicolo del fabbricatoMassimo Bertollini Daniela MarzanoR U B R I C H E44 LIBRI46 ARCHINFO - a cura di Luisa ChiumentiMOSTRESiena-Roma: la via Francigena.Venturino Venturi: impronte di materia.200-2006: architettura recente in Alto Adige.A Salerno “Conflitti”.53 INDICI 2005


Editorialedi Pietro RanucciI prossimi quattro,cinque anniC’è una fortunata collimazione tra l’avviodelle nuove consiliature degli Ordiniprovinciali e quella del Consiglionazionale. Una coerenza temporale chelascia intravedere, in presenza di opportunecondizioni, una possibile programmazione unitariadelle iniziative locali e centrali volte a liberare la nostraprofessione dalla palude nella quale è immersa.Dovremmo saper cogliere l’occasione. E questa saràcolta solo se ambedue i livelli ordinistici, centrale elocale, saranno in grado di interagire positivamente, inmodo utile per le categorie che rappresentano. Sequesta sinergia non si sviluppa efficacemente sarannoaltri anni persi.Perché è necessaria una profonda sinergia tra il centroe la periferia?Perché, nella situazione attuale del Paese, nessuno deidue livelli può fare a meno dell’altro. L’efficaciadell’azione centrale nei confronti delle istituzioni statalinon può essere discussa così come la conoscenza deidati reali, locali, della professione e le sue notevolidifferenziazioni regionali, non può non appartenereagli Ordini provinciali. Pensare di mantenerereciproche autonome iniziative ritenendo possibilel’esaurimento, al proprio interno, di tutte leproblematiche della professione sembra una meraillusione.È vero invece che iniziative con buoni margini disovrapposizione tra i due livelli possono anche esserelegittime e fornire risultati utili perché il percorso versola conoscenza non sopporta limitazioni né orizzontaliné verticali ma esige, talvolta, riflessioni ed esiticompleti.Quali strumenti abbiamo per coordinare azioni ediniziative tra i due livelli?Per ora la sola Assemblea dei Presidenti. In tempi nonlontani sono state utilizzate anche le commissioni insede CNA. Ma l’Assemblea sembra ora mostrare lacorda e le commissioni non si sono dimostrateassolutamente all’altezza. La prima è stata un’utileesperienza, ha consentito l’incontro ma, proprio in vistadel serrato confronto che si intravede con lo Stato nellaprossima legislatura, sembra necessario che si innovinell’organizzazione e negli obiettivi.Non è facile innovare perché qualunque nuova strutturaordinistica deve muoversi in un ambito meramentevolontario almeno sino alla riforma della professione sulcui avvento ormai non possono farsi più serie previsionidopo oltre dieci anni di mancate promesse. Volontarietàcui deve sommarsi il riconoscimento in essa di tutti gliOrdini provinciali per ottenere il massimo di efficaciadelle iniziative. L’obiettivo sembra raggiungibile se siperseguono alcune finalità e si realizzano alcunecondizioni.Le finalità possono riassumersi nel dare vita, tra il livellocentrale e quello periferico, ad un sistema diconcertazione fondato sulla accettazione volontaria diruoli e responsabilità differenziate in evidente analogiaai sistemi rappresentativi del Paese costruiti sul ripartocostituzionale delle funzioni.Conseguentemente l’Assemblea deve essere degliOrdini e non dei Presidenti (non è solo una formalità),restando ovviamente i secondi la “voce” dei primi. Lasua funzione essenziale deve essere quella di elaborareindirizzi all’azione del Consiglio nazionale erappresentare l’insieme delle istanze provenienti dagliOrdini territoriali. Per questo, dovrà articolarsi al suointerno in forme e modi che consentano di affrontare evalutare, con metodo e con esiti efficaci al riparodall’Antitrust, l’insieme dei problemi che affliggono laprofessione.L’Assemblea deve perseguire anche l’obiettivo dell’autonomia finanziaria che sembra essere un parametroin grado di misurarne la maturazione socialeconseguita dal ‘97 ad oggi. Un’Assemblea degliOrdini autonoma non rappresenta un problemaeconomico né finanziario. Fatti due conti con tre,quattro, assemblee all’anno e la costituzione di unasegreteria funzionante, magari a Roma, gli oneri per gliOrdini provinciali, facendo anche le debite attribuzioniponderate dei costi, sono assolutamente minimieliminando quel sentore di possibile esclusione chepermeava indelicatamente il documento esaminatonella Assemblea di Padova.763/06


P R O G E T T Ia cura di Massimo LocciA R C H I T E T T U R AAmpliamento deiMusei CapitoliniMassimo LocciIn quello che era il Giardino Romanodel palazzo dei Conservatori, uno spaziosghembo intermedio tra il primocortile e quello più ampio che si affacciasul teatro di Marcello, Carlo Aymonino,proseguendo ed ampliando un lavoroche era stato impostato alla fine degli anni‘80 con Nino Dardi, ha realizzato una te-ca vetrata estesa all’intero vuoto per ospitareil Marco Aurelio, l’Ercole del ForoBoario e i frammenti della statua colossaledi Costantino. Descritto in questi terminil’intervento sembrerebbe consisterein una semplice copertura di uno spazio acorte; in verità l’opera è l’esito di un complessolavoro di riorganizzazione dell’interastruttura museale, la più significativadall’epoca di Michelangelo. Innanzi tuttole tre sculture “sono il signa imperii più famosidel mondo, sono le venerabili vestigiadi un’antichità che ancora intimidiscee commuove chiunque abbia occhi perguardare e un cuore capace di emozionarsi”(Antonio Paolucci). La nuova grandesala è il fulcro dell’intero sistema e di conseguenzariveste molteplici significati:nonostante l’apparente semplicità morfologicae geometrica (una porzione di ellissetagliata irregolarmente) la sagoma dell’addizioneriflette le stratificazioni del si-L’intervento è l’esito diun complesso lavorodi riorganizzazionedell’intera strutturamuseale e la nuovasala diventa il centrodelle connessioniinterne, uno spaziodenso e dinamico, uninterno che è esternoa se stesso.


P R O G E T T IPagina a fianco, all’alto in senso orario:• Testa di Costantino (Archivio fotografico deiMusei Capitolini, foto Lorenzo De Masi)• Fotografia dell’ Esedra di Marco Aurelio vistadall’alto (foto Maddalena Cima)• Statua di Marco Aurelio (foto di MimmoFrassineti)• Cratere con scene dionisiache dagli HortiTauriani (Archivio fotografico dei MuseiCapitolini, foto Araldo De Luca)A R C H I T E T T U R AIn questa pagina:• Diverse elaborazioni del progetto di coperturadel Giardino Romano, Architetto Carlo Aymonino(Archivio disegni dei Musei Capitolini)to, istituendo relazioni sia con gli elementiprossimi, in particolare i resti archeologicidel tempio di Giove, sia con la piazzadel Campidoglio, ed indirettamente conla città tutta. Rispetto all’invaso michelangiolesco,è posta sul suo asse trasversaledi cui rievoca i significati simbolici legatiall’uso della geometria ellittica ma anchee soprattutto perché ospita l’originaledella statua equestre dell’imperatore. Ilcelebre bronzo di Marco Aurelio, che PaoloIII Farnese nel 1538 aveva voluto mettereal centro di quello che pochi anni doposarebbe stato il più innovativo spaziourbano cinquecentesco, era stato rimossoper il restauro e da quasi 20 anni attendevauna nuova contestualizzazione, adeguatanell’immagine protetta dagli agentiatmosferici.Come il “trapezio antiprospettico e polidirezionato”della piazza si apre alla “cittànuova” del ‘500, così la nuova sala diventail centro delle connessioni interne. Facendodilatare i due corridoi perimetrali(per cui le opere di varie epoche in essiesposte stabiliscono inedite relazioni) ecoinvolgendo l’ambito archeologico neldialogo tra le parti si crea uno spazio densoe dinamico. Aymonino e Dardi hannoipotizzato un interno che è esterno a sestesso, citando un tema caro a Michelangelo,che lo aveva a lungo sperimentato, inparticolare nel vestibolo della bibliotecaLaurenziana di Firenze.Lo stesso significato della piazza del Campidoglio,che fu concepita dal Buonarroticome “una sala urbana” (Ackerman) incui le relazioni con le preesistenze archeologichesono nodali, rappresenta un ulterioreriferimento. E non poteva essere di-963/06


P R O G E T T IDall’alto:• Fontana a forma di corno potorio (Rhyton)(Archivio fotografico dei Musei Capitolini, fotoAraldo De Luca)• Ricostruzione ipotetica del tempio di Giove,assonometria in rapporto ai palazzi capitolini ealla piazza (Archivio disegni dei MuseiCapitolini, Ink Link, Firenze )• Venere Esquilina (Archivio fotografico dei MuseiCapitolini, foto Araldo De Luca)versamente in quanto l’idea di ristrutturaregli spazi dei musei capitolini deriva ingran parte dalla volontà di valorizzare lemonumentali ed entusiasmanti vestigiadel tempio di Giove Capitolino, postesotto il Palazzo Caffarelli, che ora sonostate messe in luce ed in evidenza fino allefondamenta.La stessa statua equestre, l’unica rimastadelle tante presenti nell’antichità, in passatoaveva rappresentato la continuitàideale tra il potere imperiale e quello dellaChiesa. Il Marco Aurelio appare oggi “liberato”dalla necessità di inverare un ruolocosì emblematico, si presenta quasi“umanizzato”. Posizionata su una semplicebassa pedana l’opera può essere meglio


P R O G E T T IDall’alto in senso orario:• Ricostruzione ipotetica del Campidoglio inetà arcaica con il Tempio di Giove(Archivio disegni dei Musei Capitolini,Ink Link, Firenze)• Veduta dello scavo del Tempio (Archiviofotografico dei Musei Capitolini, fotoRoberto Lucignani)• Pianta dell’area del Tempio di Giove conEsedra del Marco Aurelio, ArchitettoFrancesco Stefanori (Archivio disegni deiMusei Capitolini)A R C H I T E T T U R Aapprezzata in termini plastico-scultorei.Si può scoprire una inconsueta condizionedinamica che agita lo spazio circostante,e compiutamente apprezzare la tecnicadi realizzazione degli scultori del secondosecolo, che il sapiente restauro ha messo inevidenza.Architettonicamente la nuova sala è costituitadalla citata grande copertura vetratache presenta due livelli: un basamento,che sormonta lievemente il terrazzo delPalazzo Caffarelli, e una sorta di “tiburio”ellissoidale tagliato che formalmente caratterizzal’intero intervento.Le sei colonne metalliche alte 11 metri definisconouna simbolica esedra e sorreggonola trave perimetrale che, correttamente,non tocca le pareti preesistenti. Lastruttura della galleria trasparente è compostada un reticolo ad incastro di lastremetalliche (elementi ultrasottili alti unmetro che fungono anche da brise-soleil) eda una vetratura stratificata con forte capacitàdi rifrazione dei raggi solari.L’intera sala presenta una seconda pelle,costituita da una muratura di margine sovrappostaa quella esistente che consentedi realizzare un cavedio tecnico perimetraleper ospitare tutti gli impianti. Moltoimportante quello di climatizzazione, perovvi motivi di controllo igrometrico e dellatemperatura della sala soprattutto, anchein considerazione della ampia superficievetrata di copertura indispensabile perrendere lo spazio trasparente e fortementeilluminato come un esterno.AMPLIAMENTO ERIQUALIFICAZIONEDEI MUSEI CAPITOLINIRoma, Palazzo dei Conservatori1° progetto1989Costantino Dardi eCarlo Aymonino2° progetto 1993 - 2005- Carlo Aymonino- équipe di progettisti dell’EdiliziaMonumentale diretta daLucia Funari(Dip. Lavori Pubblici)- Antonio Barella(Soprintendenza Comunale aiBeni Culturali)- Massimo De Carolis(responsabile del procedimento)- Domenico Tocci(direttore lavori)1163/06


N U O V E T E C N O L O G I Ea cura di Giorgio PeguironA R C H I T E T T U R AMediabuildingNasce una nuova generazionedi edifici multimediali confinalità pubblicistiche epromozionali, grazie ad unasovrastruttura tecnologicaapplicata agli edifici per uffici.Mauro Corsettidell’architettura degliedifici multimediali si collocaall’interno del più ampio scenariodello sviluppo delle nuove L’evoluzionetecnologie di informazione e comunicazione(ICT) e della loro applicazione intutti i settori della società industrializzata.Oggi viviamo nella cosiddetta “civiltà dellereti”, in cui tutto è cablato ed ogni servizio– materiale ed immateriale – può esserereso disponibile all’utenza; essere“connesso” equivale a possedere l’informazioneed essere dunque costantementein relazione con il mondo.Allo stesso tempo le operazioni quotidianesi semplificano, il lavoro è più produttivo egli apparati tecnologici rendono l’habitatin cui viviamo più confortevole.Dall’alto:• Il grattacielo Four Times Square di New Yorkrappresenta l’archetipo di edificio multimedialeInformativo/Comunicativo, con il prospettoprogettato per diffondere immagini in movimento• L’Aegis Hypersurface, realizzata nel 1999 dadECOi Architects è una superficie dinamicamentericonfigurabile e capace di reagire in temporeale ad eventi che accadono all’internodell’edificio, esternandoli in facciata con lavariazione della sua configurazione1263/06


A R C H I T E T T U R AL’architettura occupa un posto di primopiano in questo processo di informatizzazioneglobale e la sua relazione con l’ICTsi esterna attraverso due linee di sviluppo:- una progettuale, ovvero nelle modalitàcon cui l’informatica influenza la praticaprogettuale ed attraverso la sperimentazionedi nuove metodologie meta-compositive,basate su sistemi informatizzati,che consentono nuovi processi di progettazione;- l’altra tecnologica, che si avvale cioè diapparati e componenti innovativi e sperimentalisugli edifici, applicandoli nellenuove costruzioni o in interventi di ristrutturazione,migliorandone le dotazioni.Lo sviluppo della ricerca in campo architettonicosi relaziona direttamente con lenuove esigenze che stanno sorgendo inconseguenza al cambiamento progressivodella società e dei nostri nuovi bisogni. Talirapidi aggiustamenti delle nostre abitudiniportano naturalmente a ripensare le dotazionitecnologiche degli edifici per renderliadeguati alla domanda prestazionale.Il mediabuilding nasce proprio per soddisfarela sempre crescente domanda di informazione,che storicamente si esternanell’apposizione di uno schermo video sullafacciata di un edificio. Sulla base di questoprimo tentativo di combinare architetturae mezzi di comunicazione alcuni pionieridel mediabuilding hanno contribuitoa creare le pietre miliari dell’architettura difrontiera: a partire dalle avanguardie deglianni Sessanta, pervase da utopie futuristiche,alle più concrete realizzazioni tecnologicamenteavanzate di Renzo Piano, JeanNouvel o Toyo Ito, la produzione architettonicapiù radicale della seconda metà delNovecento ha contribuito alla formazionedi una nuova schiera di giovani architettiche indagano sugli sviluppi della cosiddettanext architecture.Lo studio dei precursori e l’analisi delsempre più stretto rapporto tra architetturaed ICT conduce alla definizione dialcuni aspetti peculiari che intervengononell’architettura (smaterializzazione, informazione,personalizzazione, interattività,flessibilità, adattività) e che si riferisconodirettamente alla trasformazionedell’edificio in Smart Building, secondouna linea di progressiva virtualizzazionedell’architettura, che si caratterizza per lacapacità di informare ed interagire conl’utenza; i mediabuildings più avanzati sonodotati di sofisticati apparati che li rendonocapaci di adattarsi agli stimoli esterni,di essere flessibili alle diverse necessitàDall’alto:• Metacity/DataTown è una metodologia digitaledestinata alla definizione di progetti urbani,proposta nel 1998 dallo studio MVRDV puòessere considerata un preludio alle ulterioriesplorazioni future. DataTown è un sistemabasato esclusivamente su dati, ovvero una cittàche vuole essere descritta tramite informazioni• UN Studio, Galleria Dept. Store, 2003-04. Un“intervento soft su una facciata”, che viene resadinamica da un apparato tecnologico compostoda 4000 dischi di vetro su cui vengono proiettateimmagini colorate1363/06


N U O V E T E C N O L O G I EA R C H I T E T T U R ADa sinistra:• L’(Un)Plug Building è un Concept Buildingautosostenibie progettato da R&Sie nel 2001. Sitratta di un grattacielo commissionato dallasocietà energetica francese in grado diottimizzare le proprie risorse, di generareautonomamente energia ed immetterla, quandoin eccesso, nella rete cittadina• Dettagli relativi agli apparati che sono statiprogettati per rendere multimediali i prospettidella Kunsthaus di Graz (Peter Cook, ColinFournier, 2003) e del centro commercialeGalleria di Seoul (UN Studio, 2003-04)e personalizzabili dagli utenti nelle differenticonfigurazioni d’utilizzo.L’obiettivo finale e le linee di tendenzaevolutive sono quelle di realizzare edificiche possiedano una propria capacità sensoriale,edifici cyborg, che come organismiviventi siano automaticamente in grado diconformarsi ai bisogni della propria utenza;siamo al confine tra realtà e fantascienza,ma alcune recenti realizzazioni testimonianola reale fattibilità di tali teorie.Il mediabuilding si evolve così per gradiprogressivi divenendo simile ad un organismovivente ed intelligente; in alcuni casipuò addirittura conformarsi una ibridazionearchitettonico-bionica, una sorta disimbiosi tra utente ed edificio, come attestatoattraverso un esperimento umano dauno scienziato (Kevin Warwick, docentedi Cibernetica alla University of Reading)che si è impiantato un microprocessoresotto la pelle, in maniera da interagire inmodo efficace con il suo ambiente.La verifica degli effetti delle nuove tecnologiesulla produzione progettuale si effettuaalle diverse scale, a partire dal progettourbano, in cui è possibile individuareun nuovo modo di programmare la città,ispirato dai simulatori: dall’idea lanciatadal videogame Simcity, di progettare una“città computerizzata”, che nasce dall’analisidei dati che vengono inseriti nelcomputer ed elaborati da softwares dedicati,derivano, tra gli altri, i progetti deiLaboratori di Simulazione Urbana di MichaelKwartler, le Inductions Cities di MakotoSei Watanabe o Metacity/Datatowndel gruppo MVRDV.Un secondo livello di verifica si può riscontrarealla scala del quartiere, in cui è possibileanalizzare nel dettaglio come stannocambiando i servizi, nella Città dei Bits; lacitazione dal saggio di William J. Mitchellè indispensabile, in quanto proprio lo studiosodel MIT ha sistematizzato la questionedel cambiamento dei servizi della città,della loro trasformazione in funzione dellenuove tecnologie di comunicazione e dellaloro parziale virtualizzazione.Il terzo livello di verifica si applica direttamentesull’edificio, ovvero sul livello dievoluzione che il singolo edificio multimedialeha raggiunto; è questo il puntocardine del cambiamento, in cui l’accezionetradizionale di mediabuilding risulta superatae riduttiva: la sistematizzazione disette tipologie di prestazioni potenziali chel’edificio è chiamato a fornire (Informativo/Comunicativo,Segno urbano, Funzionale,Rapporto interno/esterno, Comfortambientale, Sostenibilità e controllo energetico,Interattività), che si riferiscono allatecnologia che viene in essi sperimentata edell’uso che di questa si fa in rapporto alcontesto, alla destinazione d’uso dell’edificioed alle prestazioni che fornisce, è comprovatada una serie di casi di studio e conducealla definizione della seconda generazionedell’edificio multimediale, il mediabuilding.Attraverso l’analisi di esempi costruiti oprogettati è possibile tracciare alcune lineedi tendenza e ipotizzare gli sviluppidelle tecnologie in corso, nonché dei loropossibili utilizzi alternativi; i possibili livellidi sviluppo sono riassumibili in trecategorie:1. Il concept building, prototipo assoluto,esempio di potenzialità e banco di prova.L’(Un)Plug Building, progettato da R&Sienel 2001 è un esempio, in quanto si trattadel progetto di un edificio unico, modellodi riferimento, equivalente alle conceptcars nell’industria dell’auto. Il conceptbuilding è un simbolo comunicativo econsente lo sviluppo di tecnologie da utilizzarealtrove.2. L’intervento soft su una facciata.La ristrutturazione dei grandi magazziniGalleria di Seoul realizzata da UN Studioè un caso in cui si utilizza una tecnologiainnovativa per migliorare le prestazioni diun edificio (nuovo o esistente), tramite unoperazione soft.3. L’utilizzo di tecnologie ad hoc per la riqualificazionedi edifici esistenti.Il progetto LobbiPorts, ideato dallo studioS.e.r.v.o. prevede l’apposizione di sovrastruttureper riqualificare il prospetto di1463/06


N U O V E T E C N O L O G I EA R C H I T E T T U R ADa sinistra:• La tabella esemplifica le tecnologie innovativeutilizzabili per garantire interventi ad elevataefficienza nel caso della progettazione di unConcept Building, a seconda delle differentitipologie di prestazione che l’edificiomultimediale è chiamato a soddisfare• Il progetto LobbiPorts proposto nel 2003 dallostudio S.e.r.v.o. è un sistema di sovrastrutturearchitettoniche per riqualificare i prospettidegradati e ammodernare gli edifici di grandealtezza esistenti, mediante la sovrapposizione infacciata di componenti industrializzate etecnologicamente avanzateun edificio esistente. Grazie ad esse è possibiledotare l’edificio di nuove funzionied apparati prima impossibili e dunquel’edificio è riqualificato grazie all’uso diuna tecnologia innovativa studiata ad hocper quell’intervento.Analizzando le tecnologie che sono generalmenteutilizzate nella progettazione diun mediabuilding, si individuano tipologiedi componenti sempre più sofisticate, apartire dagli apparati illuminotecnici, passandoper le tecnologie video (schermi, videowall,LEDwall…), fino ai materiali innovativi“intelligenti”, con caratteristichedi adattività. Le componenti studiate adhoc per i singoli interventi sono un ulterioresviluppo delle potenzialità applicativefornite da questo settore, che si sta spingendoverso la costituzione di apparati chepermettono di testare i primi casi di edificicontrollati da “intelligenza artificiale”.Tutte le informazioni raccolte e la sistematizzazionescientifica delle categorie tipologicheprestazionali trovano la loro ragioned’essere nei vantaggi che possono apportarenella loro applicazione in progettimirati, riconducibili alle operazioni di interventosull’esistente e di nuova edificazione,destinati al raggiungimento di elevatistandard qualitativi in materia di dotazionitecnologiche, comfort, controlloenergetico e sostenibilità ambientale.Attraverso l’analisi del tipo di progetto darealizzare e delle prestazioni richieste all’edificiosi è realizzato uno strumento operativo,concentrato in tabelle di riferimentodelle tecnologie innovative, utilizzabile pergarantire interventi ad elevata efficienza.Le tabelle forniscono ipotesi di applicazionedelle tecnologie innovative, nei casidelle tre categorie di intervento individuate,ed indicano al progettista le soluzioniadeguate a soddisfare una domandaspecifica, a partire dalle esperienze giàsperimentate; la lettura incrociata dei datiche si riferiscono alle tipologie di mediabuilding,schematizzate attraverso le categorieprestazionali ed alle componenti applicabiliai mediabuildings, raccolte permacroambiti tecnologici, consente di individuarecon chiarezza come operare nelledifferenti occasioni progettuali.La critica al mediabuilding è finora statarivolta principalmente al proprio costoenergetico, in relazione ai vantaggi oggettiviofferti all’utenza.Per mezzo di una serie di componenti tecnologicheinnovative selezionate, che possonoessere utilizzate in questi interventi èpossibile migliorare le prestazioni dell’edificioda riqualificare e, nel caso di nuoviedifici, costituire un valore aggiunto; il mediabuilding2utilizza gli apparati di cui èdotato per ottimizzare il consumo energetico,mutando la propria configurazioneenergetica in funzione delle condizioni,che tramite sensori e recettori individua erielabora adattandosi al nuovo stato.Attraverso dispositivi fotovoltaici o eolicivengono ad esempio ipotizzati edifici comel’(Un)Plug Building, capaci di generareessi stessi energia e, laddove in eccesso,immetterla nel sistema energetico nazionale,a disposizione degli altri edifici.Le potenzialità offerte dalle tecnologie innovativenegli edifici multimediali sonodunque estremamente ampie e la concretaintegrazione all’architettura consente diprodurre un’evoluzione non solo nel singoloprogetto, ma alla lunga nella manierastessa di progettare edifici in cui gli impiantinon si riducono più ad un layer in sovrapposizioneal progetto architettonico,ma diventano parte integrante di esso e lomodificano in funzione della loro presenza.1563/06


I M P I A N T Ia cura di Carlo PlatoneARCHITETTURAChi è l’EnergyManager?Profilo del responsabileper la conservazione el’uso razionaledell’energia chiamato adottimizzare le risorse energetiche di industrie edimprese, con un’attività di tipo promozionale,propositiva, fondamentalmente imprenditoriale efortemente innovativa.Giuseppe PirasLa figura del responsabile per la conservazionee l’uso razionale dell’energia,nasce nel mondo anglosassoneai tempi della prima grandecrisi petrolifera, quella del 1973.In Italia è un profilo piuttosto nuovo, anchese la legislazione sul tema è abbastanzadatata, diffuso solo negli ultimi anni dipari passo con l’incremento dei prezzi dell’energiae della necessità di contenere icosti legati alla spesa energetica.Risale infatti al 1982 con la legge 308 cheprevedeva, all’art. 22, che tutte le impresecon più di mille dipendenti e con consumosuperiore a 10.000 TEP, riferito all’annoprecedente, comunicassero annualmenteal Ministero dell’Industria il nomedel funzionario responsabile per la conservazionedell’energia; la legge non dava indicazionené di ruolo né di incarichi.Nel 1991 con la legge 10 sul risparmioenergetico vi è una chiara indicazionenormativa sul ruolo del “responsabile perla conservazione e l’uso razionale dell’energia”,comunemente noto come energymanager, chiamato ad ottimizzare le risorseenergetiche di industrie ed imprese; èinfatti stabilito che entro il 30 aprile diogni anno i soggetti che nell’anno precedenteavevano avuto un consumo superioreai 10.000 TEP (tonnellate equivalentidi petrolio) per il settore industriale ea 1.000 TEP per i settori civile e terziariodovessero comunicare al Ministero dell’Industriail nominativo del tecnico responsabiledell’uso dell’energia (il consumoenergetico di un Comune con oltre15.000 abitanti supera normalmente i1.000 TEP/anno).Secondo recenti studi, la figura dell’energymanager sta prendendo sempre piùpiede nel nostro paese; ma chi è il professionistadel risparmio energetico? È unafigura capace di combinare competenzetecniche in materia di energia e bilancio,con una visione strategica nel settore dellaprogettazione e dell’edilizia. Promuoveun uso razionale dell’energia e predisponebilanci per ottenere i contributi previstidalla legge, valuta le condizioni miglioriin un determinato scenario di mercato,realizza e gestisce sistemi energetici chegarantiscono la razionalizzazione dei consumi,migliorando impianti ed infrastrutturecon l’introduzione di tecnologie innovative.La funzione del responsabile dell’uso razionaledell’energia è da una parte quelladi comprendere ed evidenziare l’entità deiconsumi e le modalità con le quali l’energiaviene consumata, al fine di fornire agliamministratori un quadro completo dellasituazione (cioè fare bilanci e farli conoscere),dall’altra di aiutare, supportare estimolare i soggetti coinvolti quotidianamentenella gestione dell’energia perchénel perseguimento del loro obiettivo (riscaldamentodegli edifici, illuminazionenotturna, etc.) tengano in debito contol’efficienza d’uso delle risorse primarie. Sitratta, quindi, di un’attività del tutto trasversale,che va a caccia dell’energia nascostanei vari passaggi e dei possibili interventi,azioni, procedure e scelte in gradodi consentire un incremento dell’efficien-1663/06


I M P I A N T IA R C H I T E T T U R Aza, favorendo così il collegamento fra imomenti progettuali e le esigenze degliutenti. Si tratta perciò di una attività di tipopromozionale, propositiva, fondamentalmenteimprenditoriale e fortementeinnovativa.La nomina del Responsabile per la conservazionee l’uso razionale dell’energia (d’orain avanti Energy Manager), ai sensi dell’articolo19 delle Legge 10/91, va fatta datutti i soggetti consumatori di energia,pubblici o privati, persone fisiche o giuridiche,enti o associazioni, qualora i consumienergetici annui superino le soglie soprariportate. La valutazione dei consumiva riferita all’energia consumata per laproduzione di beni o per la prestazione diservizi (trasporto di persone o merci, illuminazionee climatizzazione), indipendentementedal fatto che detti beni e servizivengano utilizzati in proprio o destinatia terzi. Fra i consumi sono da includereanche i prelievi da fonti e risorse rinnovabili(energia solare, eolica, idraulica,biomasse, etc.). I consumi di energia fannoriferimento ai vettori energetici finali(benzina, elettricità, gasolio), generalmentemisurati in tonnellate (t), litri (l),metri cubi (Nm 3 ) o kWh. Questi vannoperò espressi in modo da poter sommareorganicamente le tonnellate equivalentidi petrolio (TEP) delle varie fonti, la CircolareMICA del 2 marzo 1992, n. 219/Friporta le modalità di conversione (veditabella a p. 18).Il primo passo dell’Energy Manager a seguitodella nomina è l’interfacciamentocon le diverse realtà che compongono lastruttura, è necessario conoscere gli edifici,gli impianti, i processi interni di pro-duzione, i responsabili delle strutture organizzative,nonché la creazione di un archiviotecnico dove disporre di disegni eschemi tecnici, libretti di centrale di uso emanutenzione, schede descrittive con lecaratteristiche energetiche di edifici, impianti,macchine ed apparecchiature.A seguire vi è la raccolta dei dati storici,l’Energy Manager acquisisce i dati relativia tutti i contratti, bollette e fatture di fornituradi energia elettrica e di combustibili,reperisce informazioni dalle caratteristichedelle varie utenze e dalle misure interne.Inizialmente la valutazione energeticasi basa sull’analisi dei dati di consumocomplessivo e sul risultato ottenuto, ciòpermette di conoscere la rilevanza dei costie dei consumi energetici nel bilanciodel soggetto preso in esame ovvero la percentualedei costi energetici sulle spese esul fatturato.I dati, vengono imputati per usi finali ecentri di costo, con misure, contabilizzazionie indici di consumo specifici, conuna valutazione dei costi dell’energia perfonte per usi finali, unitari totali e specificie con profili di consumo annuali, settimanalie giornalieri, parte di questi dati eaccessibile attraverso il distributore.In base all’osservazione dei consumi l’EnergyManager propone una serie di interventianche di tipo gestionale; questi nonrichiedono particolari costi e riguardano lemodalità di utilizzo delle apparecchiatureesistenti, centrali termiche, elettriche outenze diverse e sono rivolte ad evitareinutili sprechi e limitare le inefficienze.Importante rimane la predisposizione diprogetti con soluzioni che utilizzino le tecnologiepiù adeguate e tengano conto dei1763/06


I M P I A N T IQUANTITÀ PRODOTTO EQUIVALENZA––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––1t gasolio 1,08 Tep––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––1t olio combustibile 0,98 Tep––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––1t gpl 1,10 Tep––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––1t benzine 1,20 Tep––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––1t carbon fossile 0,74 Tep––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––1t antracite 0,70 Tep––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––1t carbone di legna 0,75 Tep––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––1t legna da ardere 0,45 Tep––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––1t lignite 0,25 Tep––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––1000 Nm3 gas naturale 0,82 Tep––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––1 MWh energia elettrica At-Mt 0,23 Tep––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––1 MWh energia elettrica Bt 0,25 Tep––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––dati desunti dalle diagnosi energetiche generalie specifiche: campagne di misura,valutazione dei rendimenti e consumi specifici.Non dimentichiamo infine che unapolitica di particolare interesse potrebbeessere quella di reinvestire in efficienzaenergetica parte dei risultati dei risparmiottenuti dalla gestione ottimizzata.A seguito dell’individuazione dei consumie dei profili di prelievo, l’Energy Managerpuò accedere al libero mercato perla valutazione delle diverse offerte. Oggil’attenzione è concentrata sulla scelta delfornitore e sulla forma di contratto piùappropriata fra le tante opzioni che pre-senta il mercato, con l’obbiettivo di spuntareil miglior prezzo. Per fare ciò è richiestauna precisa conoscenza dei fabbisogniattesi, con profili di consumo, non è dettoperò che una volta assestato il mercato, ilcalo dei prezzi sia inferiore all’attesa, inquel caso occorrerà riportare l’ attenzioneal contenimento dei consumi.Per quanto concerne il contenimento deiconsumi non dimentichiamo che l’EnergyManager dovrebbe altresì promuovere misureche permettano il controllo delleemissioni in ambiente. In effetti un primocambiamento nel mondo dell’energia, èstato il progressivo orientamento dell’attenzione,dalla scarsità delle risorse energeticheal tema ambientale delle emissioni inatmosfera e dell’effetto serra, tanto che oggii TEP risparmiati acquistano una valenzadi tonnellate di CO 2non emesse, anchein considerazione con gli impegni del Protocollodi Kyoto, che richiede ai paesi industrializzatidi ridurre, tra il 2008 e il2012, le loro emissioni di gas serra di circail 6% rispetto ai livelli del 1990, (N.B. nelperiodo 1996-2000 le emissioni in Italiasono aumentate del 7%).Metà della popolazione mondiale, di per séin costante crescita, vivrebbe negli insediamentiurbani e in Italia, dove in un diciassettesimodel territorio nazionale si concentraun terzo della popolazione e granparte delle attività, il 40% delle emissioniglobali di gas serra è da attribuire al settoreedile. Con riferimento a questo ultimopunto, la stretta correlazione tra i consumienergetici e l’emissione di gas serra (principalmentebiossido di carbonio, ma anchemetano, ossidi di azoto e CFC) indica comeuna delle azioni prioritarie da intraprenderesia la definizione di concrete strategieper la riduzione di tali consumi, tenendopresente che solo il 10% dell’energiaimpiegata nel settore edile viene utilizzatain fase di costruzione, mentre il restante90% è da ascriversi all’intero ciclo di vitadi un immobile. Tale dispendio può esseresensibilmente ridotto non solo con la limitazionedei consumi e quindi impiegandominori quantità di energia, ma attraversostudi ed applicazioni volti al miglioramentodell’efficienza energetica degli edifici,anche tramite il ricorso a fonti energeticherinnovabili e anche con l’aumento della efficienzadi trasformazione dell’energia.1863/06


a cura di Giovanni Carbonara e Alessandro Pergoli CampanelliProgettaredialogandocon la storiaR E S T A U R ONell’intervista a MarcoPetreschi in primo piano ilproficuo rapporto chel’architetto ha sempre cercatodi attivare fra premessestoriche e progetto del nuovo,fra esigenze d’uso e rispettodei valori culturali, permeandodi questa ricerca il suo lavoro.Alessandro PergoliCampanelliIn questo numero abbiamo scelto di ospitareall’interno della rubrica di restauro alcuneopere di Marco Petreschi, ma soprattuttole sue idee, espresse in un’ampia intervistarilasciata alla nostra rivista. Di particolareinteresse è il proficuo rapporto che egliha sempre cercato di attivare fra premesse storichee progetto del nuovo, fra esigenze d’uso erispetto dei valori culturali, permeando diquesta ricerca il suo lavoro.Il restauro è infatti una disciplina che ha bisognodi architetti raffinati e pazienti, capaci diascoltare le voci, spesso solo sussurrate e affievolite,delle preesistenze. Solo così è possibileriuscire, anche se si è dotati di una spiccatapersonalità, a coniugare il proprio impegnocreativo con le esigenze di tutela e di rispettodell’autenticità del monumento su cui siinterviene.Più in generale l’intero mondo dell’ar-chitettura si interroga ormai da molti annisulle difficoltà di interagire con l’esistente, siaesso un ambito edificato di pregio architettonicoo storico (e quindi più pertinente alla nostramateria) sia anche una periferia da riqualificareo un’area di nuova espansione,magari dotata di qualche pregio ambientalemeritevole di salvaguardia. I princìpi ispiratoriche guidano questo delicato processo interattivodevono necessariamente godere diun’ampia validità e avere un’origine comune;specialmente se, come crediamo, il restauroarchitettonico è ‘cosa’ da architetti, possibilmentebravi e, quindi, capaci anche di progettarearchitetture contemporanee. Probabilmente,se ci fermassimo a riflettere sullapossibile estensione dei principi del restauromoderno all’intero campo dell’architettura,ne avremmo la conferma. In tal modo l’interventodi restauro monumentale diverrebbe,professionalmente, il punto di arrivo di unalenta e maturata ricerca personale e non, invece,esclusivamente il punto di partenza diuna fra le tante, troppe, carriere specialistiche.La specializzazione deve, proprio per la suastessa natura, essere un arricchimento e un approfondimentodi un’identità progettuale eculturale comune e non una scelta esclusiva o,peggio ancora, alternativa al ‘fare architettura’.Nella stessa misura in cui la dottrina delrestauro potrebbe venire in aiuto dell’architetturacontemporanea, il mondo della tutelaavrebbe bisogno di molti bravi architetti, coltie professionalmente generosi, che contribuiscanoa rinforzare quelle basi necessarie percapire e conoscere l’antico (così come il nuovoa cui sia riconosciuto un eguale valore) ancorprima di conservarlo o restaurarlo.1963/06


R E S T A U R OMarco Petreschi è ordinario diComposizione architettonica nellaFacoltà di Architettura “ValleGiulia” dell’Università degli Studidi Roma “La Sapienza” epresidente del corso di laurea in“Architettura degli Interni eArredamento”. La sua complessaattività si divide fra didattica,ricerca (attestata da numerosepubblicazioni, da frequentipartecipazioni a convegni) el’attività più propria di unarchitetto, quella progettuale, conla partecipazione a numerosiconcorsi nazionali edinternazionali di architettura e larealizzazione di alcuneimportanti opere pubbliche. Fra lepiù recenti ricordiamo il Palco perla XV Giornata mondiale dellagioventù di Tor Vergata a Roma, ilnuovo Teatro di Pomezia neglispazi dell’ex Consorzio agrario eil centro direzionale allaCecchignola realizzato con laDirezione Generale dei Lavori edel Demanio della Difesa. Lascorsa primavera, incollaborazione con il nostroOrdine, ha curato, negli spazidella Casa dell’architettura, unamostra sui primi tre anni diattività del corso di laurea da luidiretto a Valle Giulia.Pagina precedente, dall’alto:• 1987 progress - Restauro e addizione della Torredell’Orologio (Porto S. Elpidio-AP), conG. Amadei e L. MoglianesiIn questa pagina:• 2001-2006 - Nuovo Centro Direzionale delMinistero della Difesa alla Cecchignola realizzatocon la Direzione Generale dei Lavori e delDemanio della DifesaD. L’architettura antica, di cui l’Italia èmolto ricca, è mantenuta spesso forzosamente,se non addirittura subita, quasifosse un intralcio inevitabile piuttostoche una grande risorsa. Professore, lei comevede il rapporto fra la storia e la progettazionedel nuovo?R. La storia, dal mio punto di vista, dovrebbeessere intesa come un itinerario dapercorrere al fine di scoprire e svelare gliinfiniti metodi di modificazione dellarealtà che si sono succeduti, nel tempo,nelle città e sul territorio. Tale percorsoaiuta a costruire i fondamenti della progettazionearchitettonica. Credo inoltreche la storia, per un architetto, non è maida intendersi in termini cronologici, bensìin termini diacronici. Del resto come sipuò, nell’atto della modificazione, agirese non si è in grado di attribuire valore allastoria della città, del paese e del luogoove si opera? Non credo, come ritieneGropius, che gli elementi che compongonola storia siano dati trascurabili per lacostruzione di un progetto. Tutt’altro,proprio la capacità di dialogare con lapreesistenza, che altro non è che la storia,è un segno di distinzione rispetto alla culturadi altre nazioni, che in un certo qualmodo ancora oggi ci invidiano. Piuttostofaremmo bene a curare questo metodo,invece di scimmiottare culture altre dallanostra, inseguendo improbabili immaginitecnologiche computerizzate, simili aeffetti speciali cinematografici, togliendocidalla mente una volta per tutte che rispettarela storia non significa ignorare orifiutare le tecniche più avanzate del costruire(il cosiddetto high tech). Al contrario,conoscendo la storia si possonoadottare più appropriatamente tali tecnicheinnovative.D. Una specie d’impegno per il futuro incontinuità col passato?R. Sì, il nostro compito, come docenti ecome architetti, ritengo sia quello di mantenerevivo il rapporto con il passato, sostenendola continuità con il nostro patrimonioculturale in termini di rinnovamentoconsapevole. Roma, ad esempio, èuna città che più di altre ha solidificato inpietra la sua storia, attraverso continueoperazioni di stratificazione, rese in connubio,in stravolgimento, in modificazioneo in sintonia con la preesistenza. Questeoperazioni sono avvenute a tutte le sca-


R E S T A U R Ole, da quella urbana (vedi la trasformazionedel quartiere Ludovisi dove è collocatouno dei progetti di restauro illustrati inqueste pagine, quello del “villino Meier”,ndr) a quella del singolo edificio, come adesempio il caso di Ridolfi a via Paisiello, inun modo del tutto simile a quanto sto realizzandonel nuovo teatro di Pomezia.D. Una tradizione illustre italiana quindi…R. Si, è così. È proprio a questa tradizione,o meglio identità culturale del tutto italiana,della quale bisogna andare orgogliosi,debbo le mie varie esperienze di insegnamentonegli Stati Uniti, per le quali sonostato più volte invitato in varie sedi e occasioni.La capacità dunque di dialogare conla storia è fondamentale, non solo dal puntodi vista teorico, ma soprattutto dal puntodi vista applicativo e, a mio avviso, taleconvincimento non basta enunciarlo,quanto piuttosto saperlo dimostrare sulcampo. Non a caso in quelle occasioni dicui parlavo poco fa, mi veniva spesso richiestodi illustrare, senza eccessive teorizzazioni,tali contenuti, proprio attraversol’esposizione dei miei lavori realizzati.D. In che cosa consiste questo rapportocon il lascito del passato?R. Penso che esista una sorta di “corrispondenzaarmonica” tra ciò che è stato eciò che è, e tale corrispondenza la si catturanel progettare affinando quello che iochiamo il “mestiere colto”, ovvero quellostrumento di lavoro in grado di coglierel’essenza di un’opera senza farsi attirare initinerari vernacolari e scenografici, dagliaffascinanti canti di sirena della storia, chespesso hanno fatto e fanno naufragare iprogetti. Bisogna dunque cercare la giustamisura e il modo in cui mettere ogni cosain proporzione, sia dal punto di vista economicoche architettonico, come avrebbedetto Leon Battista Alberti: mi riferiscoalla famosa lettera al marchese Ludovicod’Este per la costruzione del Sant’Andreadi Mantova.D. In un certo senso vorrebbe quindi risalireagli elementi “primi” che la storia citramanda e non alle sue “manifestazioni”?R. Forse sì, in quanto credo che l’uomo sirenda conto che nel creato esiste un’armoniache regola l’ambiente in cui egli vive e,presa coscienza di ciò, tenta in ogni mododi penetrare questo mistero, cercando, inaltre parole, di avvicinarsi consapevolmenteo inconsapevolmente ad una causaprima “non causata”, che è l’Armonia Suprema.Penso inoltre che, se ciò è vero, amaggior ragione ogni artista abbia saputocogliere quella corrispondenza da ciò chesi è trovato sottomano e questo rende ancorapiù facile comprendere perché taleprocesso sia avvenuto su una singola opera,in epoche diverse e con mani diverse,fino a completarne l’unità che attendeva• 2000 - Particolari del Palco per la XV GiornataMondiale della Gioventù di Tor Vergata a Roma,con P. Marciani e D. Pettidi essere finita. Come quando si costruivanole cattedrali. Decine di artisti hannomantenuto la continuità di quel messaggiorispettando ed esaltando ciò che venivaloro trasmesso dai predecessori. Lapreesistenza veniva così interpretata e riattualizzatadurante il corso del tempo, finoal suo totale compimento. Alla piccolascala avveniva lo stesso. L’Ares della collezioneLudovisi ora in palazzo Altemps,come pure il busto di Antinoo, ritenutiper secoli un ideale classico del bello, inun certo senso sono impuri perché manipolatiin diversi periodi da diverse mani,eppure nessuno potrà negare che proprioqueste stratificazioni abbiano raggiuntodei livelli altissimi di espressione artistica,contrariamente ad ogni interpretazione dicarattere classicista.D. Indubbiamente, ma oggi non potremmopiù fare queste operazioni proprioperché abbiamo perso il senso di spontaneacontinuità con la storia antica...R. No, secondo me è ancora attuale perchéil segreto sta in una sorta di ‘metempsicosi’insita nei manufatti, come dicevopoco fa, sia alla piccola che alla grandescala. L’abilità sta nel saperla individuarein ogni pietra, in ogni edificio, in un qual-


Dall’alto:• 2003 progress -Nuovo TeatroComunale, Museo e CentroCulturale di Pomeziacosa cioè che rinasca dalle ceneri di ciò cheè stato e si rinnovi. Una sorta di Araba Feniceche ha la capacità di essere diversa ealtra cosa da ciò che è stata, ma pur sempreconnessa e in continuità con la sua radiceoriginaria. Ho pensato sempre di agirecon questi convincimenti, ed ecco perchédovendo spesso lavorare su palinsesti,svuotati a volte del loro contenuto (sededella Confederazione Italiana Agricoltori- al Borghetto Flaminio, Torre dell’Orologio,villino Meier, teatro di Pomezia), hocercato di ricomporli secondo la logica,appunto, della “corrispondenza armonica”e della stratificazione. Altro è la storiaper la storia, ovvero il restauro filologico(Santa Caterina a Formiello a Napoli).Addirittura per un nuovissimo manufattotale concetto può essere adottato: si veda ilnuovo centro direzionale alla Cecchignola.Infatti, obbligato progettualmente all’internodi una imponente gabbia volumetricada plasmare architettonicamentee da inserire nel profilo della campagnaromana, ho fatto di tutto per farlo assomigliarequanto più possibile ad un frammentodi acquedotto romano.D. Un metodo interessante e che potrebbeaiutarci ad indagare eventuali possibilicorrispondenze fra i principi della teoriadel restauro e quelli della progettazionearchitettonica.R. Questo è il mio metodo e ogni operaalla quale lavoro è tesa alla ricerca di quell’armonia.Forse sono un pre-moderno, oun post-antico, ma penso invece di essereproprio per l’attenzione e il rispetto cheporto a ciò che è stato decisamente attualenella mia contemporaneità.D. Riconoscere il valore del passato e lasua ‘sicura distanza’ è un segno evidentedi modernità, non foss’altro per l’attostesso di ammettersi diversi. CesareBrandi vi avrebbe forse ravvisato il primoautentico atto di adesione al restauro.Tuttavia, è proprio della “professionecolta”, a lungo ignorata sia nella teoriache nella pratica architettonica, che sisente la mancanza…R. Ci dovrebbe esser molta più attenzioneper il mestiere “colto” dell’architetto che,per motivazioni varie, è stato inizialmentetrascurato e poi abbandonato da oltretrent’anni dalle nostre scuole, salvo rarissimeeccezioni. Si è preferito privilegiare ivalori ideologici, sociali e politici dell’architettura.Recentemente si è pensato dirisolvere il tutto con gli specialismi. Cosìfacendo si rischia di delegare ad altri il mestieredell’architetto.D. Il rischio è quello, pericolosissimonell’ambito del restauro, di porre la propriasola interpretazione della storia sututte le altre…R. La storia è quasi sempre costruita da unpunto di vista specifico: è estremamentedifficile anche solo studiare un edificio oun singolo comparto urbano senza divenireautobiografici nell’interpretazioneche se ne da, perché non esiste una storiaoggettiva. Ogni volta che un critico, unostorico, un architetto agisce lo fa secondola propria formazione culturale e secondogli obiettivi che intende perseguire; soloquando la storia si ‘massifica’ e tutti credonoalla stesse cose sorgono i guai, perché2263/06


R E S T A U R Onon esiste peggior disgrazia che quella diadagiarsi su un unico credo.D. Che cosa serve, allora, per fare unabuona architettura?R. Dobbiamo avere il coraggio di ricominciareumilmente, o quanto meno modificaresostanzialmente il processo formativo.Dobbiamo avere l’umiltà di recuperarela capacità di porci di fronte a un muro,sapendolo leggere, interpretare e far viveree parlare le sue pietre. Capire cosa esse citrasmettono, capire come tramandarle nelmodo più corretto, o addirittura avere ilcoraggio di non fare nulla, o, se decidere difare, di non nascondersi dietro a pavidi minimalismi.Tutto ciò si ottiene, a mio avviso,attraverso il recupero di un mestiere“colto” che si persegue apprendendo gradualmentela complessità del costruire. Ilgraduale apprendimento della complessitàdi miesiana memoria è oggi, nelle scuoledominate dall’autonomia e dunque dalleconduzioni manageriali, la cosa più difficileda recuperare. Dobbiamo convincerciche non si può insegnare architettura senon la si è praticata attraverso un lungo lavorodi studio e di iterazione. È demenzialecredere che comporre, restaurare, pianificare,modificare, tutte divisioni artificiosepiù legate a carriere universitarie che adaltro, si possano trasmettere solo attraversole famigerate e in gran parte inutili “pubblicazioni”di cui son piene le fosse. Sembraquasi che nessuno, per il proprio egoismo,si voglia rendere conto che, proseguendosu questa strada, si arrecano danniinestimabili alla società.D. Un percorso di ricerca, quindi, individuale.Qualcosa di molto simile a quantosi fa accostandosi a un monumento darestaurare che, innanzitutto, va conosciutoa fondo.R. Non mi sento di suggerire regole. Ancheperché chi ricerca deve tendere a superarele regole. Inoltre norme e formule oggettiverischiano di portare a processi meccaniciche non funzionano in architettura.Ogni volta che si affronta un progetto siinizia una nuova avventura, un nuovo itinerarioe si deve mettere a frutto ciò che siè guadagnato dalle precedenti esperienze.Con la convinzione che, se si vuol salvaguardareil rapporto con la preesistenza,bisogna saper cogliere quella carica vitalepiù ampia e dilatata di quella che in unmanufatto o in una porzione urbana o inun monumento necessita per il soddisfacimentodei bisogni immediati. Per fare• 1985-2006, particolare della Palestra dellascuola di Cave, con G. Amadeiquesto è necessario saper leggere il luogoove si interviene al fine di mantenere l’accordofra le componenti formali e funzionali,tenendo presente però che l’ordinedei fattori è l’opposto di quanto avvienenelle nuove costruzioni: in queste esisteuna realtà economica e sociale di partenzae si tratta di dar loro una forma; per gli ambientiantichi è data una forma fisica e sitratta di procurarle un fondamento economicoe sociale che sia compatibile con ivalori formali. Nell’un caso e nell’altro servonosempre architetti, dotati di quel “mestierecolto” di cui parlavamo prima.2363/06


a cura di Lucio Carbonara e Monica SgandurraP A E S A G G I OTrasformazionedel territorioperiurbanoAl centro del WorkshopInternazionale in Libano la periferiadi Saïda: una zona costiera ricca dipotenzialità per la realizzazione diprogetti di rigenerazione sostenibiledel paesaggio e della città.Lucio CarbonaraDal 17 al 26 novembre 2005 si èsvolto a Saïda, presso la sededella municipalità della città, ilterzo Workshop Internazionaledi Progettazione sul tema della trasformazionedel paesaggio periurbano (Workshop_Atelier/terraindella Chaire UNE-SCO di Montréal). Sono stati coinvolti38 studenti provenienti da Scuole e Facoltàdi Paesaggio e Architettura di Montréal(Canada), Marrakech e Rabat (Marocco),Beyrouth (Libano) e Roma con i dipartimentiDAAC e DPTU della Facoltà diArchitettura “Ludovico Quaroni”.Sono stati premiati i seguenti gruppi:1° premio - motto: “Du Dar au Radar” -Sébastien-Paul Desparois, Karim El Hassouni,Elisabetta Vitaletti, Alaeddine Ziadehe Nicolas Zoghby.2° premio - motto: “EnRACINEment” -Dall’alto:• Workshop Internazionale diProgettazione - Primo premio• Workshop Internazionale diProgettazione - Secondo premio(Per le attività del workshop vediwww.unesco-paysage.umontreal.ca)• Saïda, la collina-discarica della cittàsulla spiaggiaPagina a fianco, dall’alto:• Saïda, in primo piano ilcampo profughi palestinese, ilpiù esteso del Libano e sullosfondo la città contemporanea• La valle della Bekaa e sullosfondo la catena dell’AntiLibano, confine naturale conla Siria2463/06


P A E S A G G I OBechara Adam, Mireille Bou-Absy, MohamedAkram El Harraqui Luca Sartor.3° premio - motto: “Vert Sidon - Interrelationentre bâti et végétal” - KawtharAmmar Al-Ayass, Cheryl Arsenault,Hind Ottmani e David Rodier.Le questioni delle trasformazioni dei territorie dei paesaggi periurbani, sono i temipresi in esame nel workshop che ha elaboratoprogetti che hanno affrontato i meccanismidelle forme e dei processi di globalizzazionecontemporanea nello sviluppofisico del paese, cercando di produrreipotesi di “rigenerazione” sostenibile deipaesaggi coinvolti dalle trasformazioni.Il programma della Chaire UNESCO, direttada Philippe Poullaouec-Gonidec,fonda sullo scambio e la cooperazione internazionalela costruzione di punti di vi-sta multidisciplinari, per la comprensionee la costruzione di ipotesi di trasformazionedei paesaggi indagati.La scelta della periferia di Saïda come temadel workshop è nata dalla necessità didare delle risposte al processo di trasformazionein atto in una porzione di territoriocostiero che, come cerniera tra il maree le colline, diverrà l’espansione dellacittà a nord attraverso una urbanizzazionedal tessuto monostrutturale che non tieneconto né del rapporto con l’antica città,né del contesto paesaggistico né tanto menodella possibilità di generare una strutturacomplessa dove la qualità degli spazivuoti e la diversità delle funzioni possanocontribuire alla realizzazione di una tramasostenibile.Inoltre l’abbandono delle pratiche agricole,l’incremento delle aree “derelitte” e ilnegato rapporto con la costa, hanno fattosì che, attraverso pressioni da parte di finanziatoriprivati, e le speculazioni fondiarie,questa zona risultasse, da piano regolatore,una nuova espansione residenzialedal carattere intensivo.Le potenzialità del territorio sono molteplici.La presenza del sito archeologico diEchmoun (complesso templare del VIIsec. a.C.) del tutto estraneo alla città e pocovalorizzato, i brandelli del paesaggioagricolo degli agrumeti, la presenza dell’acquacon la ricchezza di sorgenti e piccolitorrenti, oltre ad un clima di eternaprimavera, possono essere trasformati inelementi di strategie d’azione per progettidove la costruzione di nuove sinergie dipaesaggio costituiscano la trama rigenerativadella città, quasi in una forma di nuovafondazione.


P A E S A G G I OVIAGGIONEI TERRITORIDEL LIBANOMonica SgandurraPaesaggio complesso quello del Libano,un microcosmo lungo 200chilometri e largo 85, un territoriocomplicato come complicata è la presenzaumana, un substrato fatto di culturee religioni differenti, una storia chesi perde nella notte dei tempi, ancor primache i Fenici colonizzassero la lungacosta intorno al 2500 a.C.La sua storia è quella del Mediterraneo,fatta di viaggi, di scambi, di invasioni etravasi di culture diverse e dove il movimento,quello delle merci, delle persone,di saperi differenti, ha fondato la civiltàdelle genti mediterranee.Piccolo paese il Libano, piccolo territoriodalla geografia fisica articolata, apparentementeostile perché nell’attraversarei pochi chilometri di profondità, lamorfologia cambia velocemente e chi loattraversa quasi non si rende conto deicambi repentini del paesaggio: si puòavere una sensazione di irritante stordimento,come essere catapultati dentrorealtà aliene dal proprio sguardo.Credo che per noi occidentali sia una questionedi velocità, abituati come siamo a“masticare” tutto rapidamente e contemporaneamente,abituati a sintetizzare espesso banalizzare le nostre percezioni equesto paesaggio, seppur “piccolo” madenso, ha bisogno di tempi lenti per esserecapito o più semplicemente vissuto.Ritornata dal viaggio, che ci ha portato aSaïda, l’antica Sidone, per un WorkshopInternazionale di progettazione sui temidel paesaggio organizzato dalla Chaire dupaysage di Montréal, ero quasi irritata, misembrava di aver effettuato un’esperienzaconvulsa, piena di elementi contrastantiche non avevano un ordine, come se la ricchezzadell’esperienza si fosse appiattita suun senso di inadeguatezza. Sicuramentein modo superficiale mi aspettavo di “incontrare”un paradiso, una terra da sogno,la visione di paesaggi da Mille e una notte,e ritornando ero rimasta delusa, attonita,mi era difficile raccontare senza provareirritazione ciò che avevo visto e in qualchemodo subito. Una frase mi è rimasta im-Dall’alto:• Saïda, frammenti di pianura costiera coltivata inattesa di prossima urbanizzazione• Tiro (Sour), le rovine del podio dell’ippodromoromano, lungo 480 metri accoglieva 20.000spettatori• Baalbek, il tempio romano di Venere la cui copiafu eseguita nel parco di Stourhead nel Wiltshirein Gran BretagnaPagina a fianco all’alto:• Baalbek, campi arati• La valle della Bekaa e la catena montuosa delMonte Libano• Saïda, le colline calcaree coltivate ad olivi e lanuova espansione residenziale


P A E S A G G I Opressa di questo viaggio, quella di Jean,l’autista che alle quattro del mattino ci accompagnòall’aeroporto di Beirut per lapartenza: ritornate presto, vi aspettiamo!Credo che per il prossimo anno ci sarà stabilitàe allora tutto vi sembrerà diverso…È evidente che le difficoltà politiche, sociali,gli equilibri fragili costituiscono unvero e proprio livello-struttura che si insinua,si sovrappone, modifica profondamentel’ambiente fisico; questo processo èmillenario e come spesso accade in luoghifortemente “mobili” si leggono faticosamentei segni del passato e chiaramentequelli del presente. Fenici, Greci, Romani,Arabi, Crociati, Mamelucchi, Ottomanied infine i Francesi hanno lasciatosegni su questa terra. Oggi il Libano devefare i conti con la sua complessità umana,un popolo abituato a vivere e lavorare al difuori del paese (quattro milioni di abitanticirca e dodici milioni di libanesi sparsiper il mondo), una condizione quasi daesule, che cerca di ricostruire attraverso ladistanza la sua terra.Il paesaggio o meglio i paesaggi subisconoquesta condizione, solidificando quasitutta la costa con una struttura artificialefatta di un’urbanizzazione dal modelloinadeguato, lasciando il resto del territorioin uno stato tra il deserto roccioso (ilcarsismo è molto diffuso) e la campagnainizio ‘900, il tutto immerso nello stratosonoro del paesaggio costituito dai cinquerichiami giornalieri dei muezzin. Il restantelo hanno fatto le guerre ed i bombardamentidegli ultimi trent’anni.Fisicamente il Libano si struttura in quattrounità territoriali distinte e disposte insequenza parallela alla linea del mare: lacosta pianeggiate, la catena dei Monti Libano,la valle della Bekaa e la catena dell’AntiLibano, vero e proprio confine naturalecon la Siria. La sezione trasversalerisulta quindi essere molto articolata, e lacapacità di passare da un clima temperatocostiero ad uno più freddo delle catenemontuose innevate con altitudini chesfiorano i tremila metri, si risolve nella distanzadi poche decine di chilometri.Pianura, montagna, valli ed altipiani ed ancoramontagna formano una struttura unicache potrebbe essere paragonata e descrittacon un’altra struttura, quella dell’Islam edella sua professione di fede: Non c’è Dio al-2763/06


Dall’alto e da sinistra:• Tiro, il porto • Biblo, complesso turisticocon spiaggia privata • Cedri del Libano• I monti ChoufPagina a fianco, dall’alto:• Saïda, il waterfront della città contemporanea• Piante di vite che si “arrampicano” sulleterrazze delle caseQuercus infectoria e calliprinus, Abies silicica,Juniperis excelsa, Pinus halepensis, pineae brutia e il Cedrus libani, il “monumentovegetale” del Libano 1 , sono le forme vegetaliche ancora oggi identificano le diversealtitudini, anche se le foreste, che un temporicoprivano questi territori, si sono ridottea pochi episodi sparsi. Infatti le anticheforeste che 5000 anni fa ricoprivanooltre 500.000 ettari, oggi ricoprono appena75.000 ettari.Queste foreste, soprattutto quelle costituitedai cedri del Libano, sono state oggettodi taglio fin dall’antichità proprioper l’impiego del legno pregiato nelle costruzioninavali, per la costruzione delleabitazione e dei palazzi imperiali. Fenici,Egiziani, Babilonesi, Greci e Romanihanno disboscato il paese nell’antichità finoall’emanazione da parte di Adriano(117-138 d.C.) di una legge per la protezionedelle foreste, soprattutto quelle costituitedai cedri. Ma fu durante la primaguerra mondiale che le autorità ottomaneportarono alla distruzione circa il 60%delle restanti superfici arborate per la costruzioneed il funzionamento della ferrol’infuoridi Dio e quindi semplificando, nonesiste una parte all’infuori del tutto. Il paesaggiodel Libano è proprio questo, non esisteuna dimensione ma tutte le dimensioni, etutte le dimensioni, le parti danno l’immagine,la struttura del territorio, restituendol’identità complessiva del paese.Il primo livello di questa struttura è costituitodalla piana costiera, quasi un nastroche si svolge dalla piana dell’Akkar a nordfino alla regione di Tiro a sud, con una larghezzavariabile da uno a cinque chilometri.Questa superficie è a sua volta costituitada diversi elementi morfologici, comele spiagge e le microfalesie rocciose checostituiscono i promontori rocciosi, i ras.La città di Beyrouth ha la formazione piùimportante di questo tipo di promontori.Una successiva striscia, verso l’entroterra,è costituita da una struttura di terrazzamentidi abrasione che oggi non sono facilmentedistinguibili perché l’urbanizzazioneli ha ricoperti e tutto il sistema dunale,da Tripoli a Tiro è completamentecompromesso. È qui che le città si sonoespanse, che sono state costruite le stradead alto scorrimento, che tutte le struttureindustriali trovano sede. Il rapporto con lacosta è negato e dove questo non avvienesorgono villaggi balneari tipo Club Medcome a Biblo, oppure come a Saïda, dovela discarica, cumulo alto cinquanta metri,di immagine infernale, fumante, si stagliasulla spiaggia della città.La seconda struttura che segue la pianadel litorale è composta dai Monti Libano,catena formata da rocce sedimentarie lacui maggiore formazione è quella calcarea(karst). La permeabilità di queste rocce ela capacità di immagazzinare l’acqua nefanno un vero e proprio serbatoio; sul versanteverso la costa, sorgenti e corsi d’acqua,che segnano il sistema più basso pedemontano,alimentano la piana, la qualerisulta coltivata per il 41% della superficietotale ad agrumi, banani e legumi a sud, acereali a nord (anticamente era uno deigranai di Roma). La catena, con un’altitudineche varia da 50 a 3000 metri si svolgein meno di venti chilometri di profonditàdi territorio ed è in questa regione e inquella dell’Anti Libano che troviamo lastruttura maggiore della vegetazione arboreadel paese: Cupressus sempervires,


P A E S A G G I Ovia. Le conseguenze oggi sono facilmentevisibili: erosione dei suoli con relativa perditadi materiale organico, fenomeni estesidi desertificazione, diminuzione delleriserve sotterranee di acqua, trasformazionedei microclimi. È per questo che nel2001 il Ministero dell’Ambiente del Libanoha organizzato e messo in atto un programma,il Piano Nazionale di Riforestazione(NRP) 2 che precedentemente erastato creato da organismi non governativiinsieme a gruppi di singoli cittadini.La terza struttura del paesaggio libanese èquella della valle della Bekaa, o meglio dell’altopiano,che si estende tra i Monti Libanoe la catena dell’Anti Libano ad un’altezzadi 1000 metri s.l.m. Questa superficie,pianeggiante di larghezza variabile, ènella parte settentrionale una superficiepressoché desertica mentre dalla città diBaalbek verso sud, grazie alle falde freatichepoco profonde, ad un clima più mite,e ai due fiumi Litani e Oronte, è una pianurafertile occupata da un paesaggio agricolocostituito dalla coltura della vite, dellepatate, verdure che negli ultimi anni,dopo l’intervento del governo hanno quasisostituito la coltivazione illegale dellaCannabis sativa. Il paesaggio di questa valleè surreale; la terra pianeggiate dal coloredella fertilità è racchiusa da una dolce sequenzadi colline che si trasformano quasimetamorficamente, in montagne innevatee lo spettacolo fantastico delle rovine romaneche si stagliano dal sito archeologicodi Baalbek 3 genera e completa l’immagine.L’ultima unità di questo territorio è la catenadell’Anti Libano e di Hermon, lineaoltre la quale si estende la Siria, una strutturarocciosa che incornicia il limite politicodel paese.Piccola superficie quella del Libano, dallacomplessità di morfologie di paesaggi fisicie umani che difficilmente si riesce abloccare con uno sguardo. La natura deiluoghi e della gente, che ci appare affabilee sorridente è solo uno degli strati del sistema,il quale oggi, si nutre di tante contraddizioniche nascono da modi millenari divivere questo territorio, fatto di costruzionifaticose, di tante vicende, non ultimel’importazione e la metabolizzazione dimodelli ed usi occidentali che spesso, mortificandola reale e potenziale ricchezza delterritorio, irrimediabilmente inquinanocon strutture materiali ed immaterialil’ambiente, senza costruire modi possibiliper la realizzazione di futuri sostenibili.1“Un baldacchino s’è fatto il re Salomone con legnodel Libano […]”, in Cantico dei Cantici, cap. 3.La riserva nazionale protetta più estesa (25% dellasuperficie delle riserve del paese) è quella dei Cedridei Chouf che comprende sei foreste. Vediwww.shoufcedar.org2fonte: www.moe.gov.lbIl piano, un progetto pioniere per quanto concerneazioni a lungo termine di riforestazione durevole, sifonda su una serie di strategie che mettono a sistemale capacità locali con i bisogni, le disponibilità finanziariee le priorità di intervento. Questa strategiacomprende un piano a breve termine di cinque annied uno a lungo termine di trent’anni con il fine diriuscire a portare la copertura forestale dal 13% al20% del territorio libanese.Baalbek, “la città del Sole” è la città romana più importantedel Medio Oriente, costruita dai Feniciverso la fine del III millennio a.C. (il tempio erettoin onore del dio Baal chiamato poi Hadad che hadato il nome alla città).Conquistata da AlessandroMagno e rinominata Helipolis, Baalbek oggi è unimportante sito archeologico dove ammirare i restie i templi di proporzioni gigantesche come il Tempiodi Bacco e quello di Giove, solo parzialmente distrutti.Vicini alle rovine dell’acropoli si può visitareil Tempio di Venere, un edificio a pianta circolarela cui copia fu costruita nel XVIII secolo nel parcodi Stourhead in Inghilterra, nel Wiltshire.


Pagina a fianco, dall’alto:• Conurbazione diffusa a nord di Beirut• Conurbazione diffusa in prossimità di Sidone (inprimo piano il campo palestinese)Questa pagina, dall’alto:• La selva di cavi elettrici volanti a Sidone• La medina di Sidonepolitiche, determinate dalla composizioneestremamente variegata della popolazione,mosaico di diverse etnie e di più didodici culti diversi. Oltre a causare instabilità,questa mescolanza religiosa e culturaleha reso il paese particolarmente seducente,vivace e molto contemporaneo, maha anche facilitato la crescita poco controllatadel tessuto urbano, che resta quindiespressione di un equilibrio estremamenteprecario.Provvisorio sembra anche il tessuto. L’ediliziaspontanea, l’incontrollata speculazioneedilizia, la carenza di servizi di base,l’incuranza dell’ambiente e l’indifferenzaper il patrimonio storico e naturale hannotrasformato il litorale in una grande conurbazionesenza forma e senza confini.Lungo questa fascia costiera urbanizzata,lo sviluppo presenta densità abitative diverse.La principale zona urbana è ovviamenteintorno a Beirut, dove gli spaziagricoli e naturali rappresentano un’infimaparte del territorio, mentre a nord esud della capitale la presenza di questearee costituisce ancora una parte essenzialedell’uso del suolo. Il territorio si sviluppapertanto in modo variegato, caratterizzatoda una morfologia orografica moltodiversificata, in un’alternanza di habitat,agricoltura e attività economiche, secondouno schema a mosaico, che riflette ilcollage della compagine sociale. Il mosaicosembra caratterizzare molte forme culturalidel Medio Oriente. Anche la tantodecantata cucina libanese sembra strutturatasu questa idea di molteplicità. Hummus,harissa, tabouleh, involtini di vite,kebab, baba ghannooj vengono serviticontemporaneamente formando una teoriadi pietanze senza una particolare gerarchia.Il baharat è un miscuglio di speziemolto usato nella cucina araba.Questo vitale miscuglio o, se si preferisce,questo caos metropolitano mette in crisinon solo le nostre durature nozioni di cittàeuropea, ma anche gli esempi del periurbanocontemporaneo, così dipendentedal sistema infrastrutturale, da rendereimpensabile che una qualche idea di cittàpossa svilupparsi in assenza di esso. Eppure,in questa zona urbana che è la fascia costieradel Libano contemporaneo, si ha lasensazione che manchino i cardini delconcetto di città: confuso il sistema stradale,quasi inesistente l’architettura modernao contemporanea che valga la penadi essere segnalata; scarse le infrastrutture,ancora ibride tipologicamente (l’autostradadiventa strada di quartiere senza cheuno nemmeno se ne accorga) o addiritturadel tutto mancanti (come sono ancoraoggi ferrovie e porti), sporadici gli spaziverdi e i parchi. Emergono, invece, nelloskyline di questa città lineare, moschee echiese, simboli sacri di un panorama etnicoin cui domina il fattore religioso. Totalmenteassenti sono i sistemi adeguati dismaltimento dei rifiuti o di depurazionedelle acque. La presenza di vasti vuoti, talvoltaancora agricoli, si mescola al costruito.Quasi ovunque, l’edilizia assomiglia almodello lecorbusieriano della maison –domino: struttura in attesa di completamento.Qui, le rovine non sono solo un


• Il lungomare di Sidoneconcetto o le vestigia di un glorioso passato(peraltro stupefacenti quelle di Baalbek),ma la tangibile presenza della guerra,ancora in agguato dietro l’angolo e lamanifestazione di un futuro in fieri. Nonche questo non capiti anche altrove. IlMediterraneo è pieno di edilizia spontaneanon finita. Qui, però assume la dimensionedi una condizione prevalente.Questo panorama si ripete con diversesfumature da nord verso sud, presentandosiin modo meno evidente in prossimitàdi Beirut, dove la vita sociale pullula neinegozi occidentali, nei bar, nei ristoranti enelle discoteche. Ma pochi chilometri anord o a sud della capitale, il minore manifestarsidei modelli globali mette maggiormentein luce le debolezze di questocrescere selvaggio. I tratti di paesaggioche emergono da questo contesto sembranolacerti di un passato ormai impossibileda recuperare.Se però la città è il luogo in cui prendonoforma i conflitti, allora non c’è città piùvera della metropoli lineare libanese. Iconflitti non sono solo quelli della guerrae nemmeno quelli sociali, ma riguardanoproprio la forma fisica dello spazio. Vengonoin mente le parole del ciclista, protagonistadell’omonimo racconto: “Più scoraggianteancora dell’esercito locale è lasuperstrada principale: una costante diumidità e clacson tremendamente intasata.Sopra la strada sta appeso un reticolo dicavi elettrici e cartelloni… Una minacciameno probabile è lo sporadico sacchettodi immondizia da quattro chili buttato daun balcone del settimo piano. Più di unavolta la quiete della pace è stata turbatadal rumore crepitante di un sacchetto diplastica che si schianta sui cavi elettricisottostanti”.Effettivamente, una passeggiata nella medinadi Sidone – un tratto della città linearea sud della costa libanese – confermaquesta sensazione di contrasti e dicaos: gli odori forti del Medio Oriente simescolano alla tecnologia contemporanea.Nel suq, tra stradine tortuose e palazzidilaniati, si può trovare un internet cafe,accanto alla bottega che vende stampiintarsiati in legno per la fabbricazione deibiscotti vi sono armerie che offrono kalashnikove proiettili, se ad altezza d’occhioti imbatti in carni macellate, caschidi banane o in negozi di sapone artigianale,quando alzi gli occhi al cielo appaionouna selva di cavi e una giungla di antenne.La stessa impressione si ha passando dallamicro alla macro scala della città. Il centrostorico medievale, molto danneggiatodalla guerra, conta più di 60 monumentistorici catalogati. Ad oriente, si sviluppanogli shopping mall e i quartieri residenzialicon palazzine alte talvolta anche ottoo dieci piani. La sensazione è di trovarsi inuna zona d’ombra, non ancora toccata dalflusso dei finanziamenti e degli investimentiche hanno promosso la rinascita e illusso di Beirut con Solidere. A Sidone, casee negozi sono modesti, locali notturni ealberghi praticamente assenti. Essendosolo a mezz’ora di distanza, è Beirut il centrocittàdi questa “espansione periurbana”.La municipalità della città vuole puntaresul turismo e sul porto per il rilancioeconomico di Sidone, oltre che sull’istruzioneessendo presenti numerose scuole euniversità. La caratterizzazione di questazona però, agricola in un recente passato,andrebbe considerata in rapporto al piùampio insieme urbano della fascia costiera.Se oramai essa costituisce un continuumurbanizzato senza soluzione, perchécosì hanno deciso coloro che la città lacostruiscono e la abitano, bisogna prenderneatto. Agli architetti e ai paesaggistinon resta altro che cercare di capire questomosaico, fissandone le tessere senza stravolgerel’essenza di quel mondo controversoe sfuggente che è il Medio Orientecontemporaneo. Se, come afferma il ciclistadel romanzo, il Medio Oriente “è statouno dei primi a riconoscere il primatoestetico del cerchio rispetto alla linea retta,delle curve rispetto agli angoli, dellemezzelune rispetto alle strisce, delle donneformose rispetto alle magre”, c’è da augurarsiche sia anche tra i primi ad accettarei caratteri particolari di questa condizione“generica” della città contemporanea,in cui edifici non connessi determinanocome scrive Koolhaas “una condizioneurbana per il semplice fatto di condividereuna certa prossimità e sono abitatisenza particolare ansia”. In una situazionemondiale instabile, in un momentopolitico come quello attuale, questa assenzadi ansia è da auspicarsi con forza.3263/06


a cura di Tonino ParisIl designer:formazionee nuoveprofessioniArchitetto e designer:l’importanza di una totaleautonomia ecomplementarità traprogetto architettonico eprogetto industriale.I N D U S T R I A L D E S I G NTonino ParisPoco più di dieci anni fa, nelle Universitàitaliane sono stati attivatipercorsi finalizzati a formare quellaparticolare figura professionaledel designer: e se al Politecnico di Milanoveniva attivato un vero e proprio Corso diLaurea trasformatosi poi in Facoltà, nellealtre Università – prima fra tutte proprio“La Sapienza” di Roma e lo IUAV veneziano– venivano istituiti dei DiplomiUniversitari all’interno dell’offerta didatticadelle Facoltà di Architettura.Da allora, eccezion fatta per Venezia, Milanoe Bolzano che hanno sviluppato l’esperienzacon l’istituzione di specificheFacoltà di design, negli altri casi si sonoconfigurati e consolidati corsi di LaureaTriennale e Specialistica sempre all’internodelle Facoltà di Architettura.Ma tale collocazione non ha impedito lamaturazione di una autonoma consapevolezzasulla precisa risposta che, la formazionenell’area del design, dovesse fornireall’ampio spettro di ambiti tematici eprofessionali coinvolti; ambiti che dipendonotutti dalla natura complessa e mutantedei “fatti produttivi”.È così avvenuto il radicamento di un’articolatacultura del progetto che va dallestrategie di definizione del prodotto industriale,allo sviluppo e al controllo dell’innovazione(di processo o di prodotto chesia), dalla gestione delle problematicheambientali così come a quelle di una sostenibilitàsociale ed economica della produzionestessa.Ciò che ci si è posti come obiettivo principale,al di là delle inevitabili quanto fertilidifferenze delle diverse impostazioni metodologiche,è stata e continua ad essereuna figura di tecnico preparato a svilupparee gestire proprio questa cultura del“progetto del prodotto”: dalla conoscenzadei processi di fabbricazione industriali,alla conoscenza del mercato e dei comportamentidi consumo, dalla capacità di interpretareil flusso di prodotti materiali eimmateriali che attraversano la vita quotidianaalla risposta, con nuovi prodotti, aibisogni sempre in evoluzione.Ma al tempo stesso, l’amplificarsi della riconoscibilitàe della credibilità che inquesti anni ha avuto l’area del design comearea disciplinare con un proprio corpus,ha ingenerato uno statuto sempre piùAbitare il tempo, 2005100 volti 100 designerInstallazioni di Franco Purini (in alto)e Marco Ferreri3363/06


elaborato arrivando ad essere, oggi, difficileda comprendere e governare all’internodi un perimetro ben delimitato.L’area del design è, nei fatti, diventata il“luogo collettivo” dove competenze e saperi,sviluppatesi in altri ambiti disciplinari,sono confluiti per esprimere specificitàe fertili deviazioni: dallo storico dell’arteche si afferma come storico del design;dall’ambito del disegno che qui si affermacome grafica o visual design o, ancora,c.a.d.; dal tecnologo o dall’ingegneremeccanico che si confermano comeesperti di materiali e processi; dall’economistache applica in quest’area le sue competenzedi marketing; ancora, dal sociologoche nell’area del design trova una specificitànel settore proprio della comunicazionedi massa.Tutto questo ha coinciso con una altrettantoarticolata individuazione di profiliformativi: dal più classico product designer,al car designer piuttosto che al graphicdesigner, all’interior designer o al fashiondesigner.Abitare il tempo, 2005100 volti 100 designerInstallazioni di (dall’alto e da sinistra):• Ettore Sottsass • Bruno Rainaldi• Gili-Mendini • Humberto e Fernando CampanaOgnuno che trova, non tanto nel percorsoformativo quanto nella collocazioneprofessionale, una sua autonomia metodologicae tecnica.In tal senso si pone in differenza, invece,l’interior designer che riveste, fra gli altri,una particolare criticità per collocazionesia professionale quanto disciplinare.Nei fatti questo professionista, le cui competenzesi delineano nell’area dell’interiordesign, dell’exhibit design, del public designfino al lighting design, si caratterizzanelle conoscenze specifiche, tecniche emetodologiche, necessarie a sviluppareproposte di prodotti industriali destinatiall’allestimento tanto degli spazi domesticiquanto dei luoghi del lavoro e degli spazipubblici in tutte le loro declinazioni,così come alla progettazione di quei sistemie componenti finalizzati alla realizzazionedi allestimenti temporanei.Appare subito evidente una forma di sovrapposizionecon le competenze, e dunquecon la formazione e la professione,dell’architetto; tanto più che, come detto,queste esperienze formative si trovano aconvivere sinergicamente, nello stessocontesto culturale dove le teorie e le pratichedell’interior design si svolgono accantoalle teorie e alle pratiche della progettazionearchitettonica e a quelle degli oggettid’uso. Ne scaturisce un costante confrontosul terreno della cultura del progettoche rappresenta il collante e il riferimentocomune.Tale “interferenza” non può e non deve esserené contrastata né ignorata, quantopiuttosto, compresa e precisata per noningenerare confusioni il cui risultato è unatotale disattesa delle aspettative dei giovanistudenti e futuri professionisti.Per prima cosa, questo attento e improcrastinabilelavoro di definizione, deve riaffermaretutte quelle competenze storicamenteconsolidate dell’architetto chehanno definito una specifica cultura delprogetto caratterizzatasi su un forte radicamentoal contesto, allo specifico luogodella concretizzazione progettuale e a tuttele sue peculiarità, fossero esse legate al“cucchiaio” quanto alla “città”.Insomma un progettista che può trovarsiad operare a tutto campo, “dalla piccolaalla grande scala”, e che per questo necessita,così come storicamente accade, di esserecorroborato da una formazione articolatae complessa (quella che oggi tendonoad esprimere compiutamente i corsi diLaurea quinquennali in Architettura denominatiUE).Al di là delle conoscenze, soprattutto dinatura tecnica, specificatamente investite


dal progetto architettonico – pensiamo allascienza delle costruzioni, così come all’estimoo all’urbanistica – ciò che caratterizzatale percorso di definizione è la condizione“topica” del risultato del progetto.Una topicità che anche quando negata daalcuni linguaggi e pensieri culturali – apartire dall’architettura utopista del Settecentofrancese così come le avanguardiecostruttiviste piuttosto che l’architetturaradicale del secolo scorso, e ancora tutta lacultura del grattacielo fino all’eclettismomorfologico dell’edificio/oggetto di questiultimi anni – si trova puntualmente affermatanell’atto della concretizzazionedel progetto in edificio/spazio che, se noninfluenzato dal luogo, si costituisce, nelsuo vissuto, segno imprescindibile dellasua sintassi.Proprio questa topicità sintagmatica rappresentala chiave distintiva della culturadel progetto architettonico che pone lecompetenze del designer, capace di misurarsiinvece con la progettazione industriale,il suo vero alter ego.Il designer pensa, definisce e realizza oggettiripetibili e ripetuti nella serie praticamenteinfinita della producibilità industriale:oggetti che sono prodotti, che divolta in volta si misurano con contestispecifici, influenzandoli ma non lasciandosiinfluenzare se non nell’attimo precisodell’uso, per essere pronti immediatamentee contestualmente ad altri infiniticontesti e dunque altre infinite semantichecomportamentali.Dunque due culture progettuali simili maprofondamente diverse che si cristallizzanoancor di più nella loro prassi professionale,precisamente confinate in limitanti recintinormativi (si pensi alla legittimazione affermatadagli Ordini professionali).Ma a questa chiarezza professionale hacorrisposto, negli ultimi anni, una preoccupantenebulosità delle offerte formativedenunciata dal moltiplicarsi di corsi diLaurea Triennale in Architettura degli Interni.Si tratta di esperienze che hanno ingenerato,nella loro seppur breve vita, una seriedi ambiguità soprattutto quando hannovoluto a tutti costi rivendicare un legamediretto con la formazione architettonicapiuttosto che con quella del disegno industriale(come quei corsi di laurea che, postiin Classe 4, sono poi stati ricollocati inClasse 42 dopo il riconoscimento, attraversol’esperienza fatta, della confusionegenerata nelle aspettative professionalidegli studenti) provando a coprire unospazio che si allontana, per le competenzefornite, tanto dalla compiutezza del percorsoquinquennale in architettura quantodalla specificità scientifico-tecnica cheil percorso triennale in disegno industrialeè riuscito a costruirsi.Ma altrettanta ambiguità si ingeneraquando all’interno della formazione deldesigner, nella specifica area dell’interior edell’exhibit design, si cerca di far affrontareallo studente esperienze progettuali cherichiederebbero tutte quelle conoscenze,storiche e scientifiche, proprie dell’architetturache, per ovvie opportunità non sonocomprese all’interno del percorso didatticodel disegno industriale.Va invece ribadita tutta l’importanza diuna totale autonomia e complementaritàtra i due percorsi, quello del progetto architettonicoe quello del progetto industriale,senza che queste inefficaci sfumature,che indeboliscono più che arricchireil quadro formativo e poi professionale, sipongano come zavorre ancorate a “vecchi”recinti accademici che frenano l’adeguamentoscientifico e culturale della formazionealle reali esigenze professionali.Abitare il tempo, 2005100 volti 100 designerInstallazioni di (dall’alto e da sinistra):• Karim Rashid • Marcello Vercelloni• Fabio Novembre • Franco Poli


a cura di Claudia MattognoU R B A N I S T I C ARipensarei waterfrontNella pratica del recupero e delriuso delle aree di waterfront èora che anche in Italia si guardial futuro delle città portuali conla volontà di riconciliare l’ambitourbano, il mare e il porto, conun preciso disegno di revisionegenerale del rapporto tra città efronte d’acqua.Massimo Bertollini3663/06


U R B A N I S T I C ANegli ultimi anni il tema dell’interazionetra città e portoè risultato assolutamente centralenelle politiche di trasformazioneche hanno riguardato il contestoeuropeo.Questo fervore, ma soprattutto gli interessieconomici in gioco, hanno posto al centrodell’attenzione dei governi e delle amministrazionilocali la pratica del recuperoe del riuso delle aree portuali in dismissione.Il fenomeno, in realtà, nasceva negliStati Uniti nei primi anni Sessanta del XXsecolo per poi approdare in Europa dopocirca un decennio in concomitanza aduna marcata crisi economica sia del compartocantieristico che del settore industrialein genere.Le problematiche legate al crescente degradodi parti di territorio urbano-portualehanno stimolato un percorso di rivitalizzazionedi tali aree, dando luogo allapratica del waterfront renewal.Una sfida affascinante ma che spesso haignorato molti aspetti legati all’identità diquesti luoghi: un errore ancora ripetuto• Rotterdam: immagine di struttura del distrettocentrale per il 2010. La scelta di legare il centrocittà con il fronte d’acqua è assolutamenteevidente. Il progetto coinvolge circa 15 km diasta fluviale e almeno 30 km di waterfronturbano-portualePagina a fianco, dall’alto:• Plastico di progetto di Rotterdam Water City2035 esposto nella seconda BiennaleInternazionale di Architettura di Rotterdam(2005). Funzioni portuali e urbane si integranolungo le sponde del fiume Maas e si estendononella città attraverso assi funzionali e canali verdi• Rotterdam: il porto come parte integrante delpaesaggio urbano della zona di Rijmond.Schema di assetto a cura del Bureau forUrbanism (1995)da molti è considerare la città ed il portocome due entità completamente avulse edistinte l’una dall’altra. È la città portualeche si differenzia – per caratteri costitutivi,di sviluppo e relazioni con il territoriocircostante – da quelle città che non hannoun diretto rapporto con il mare o il fiumee sono prive di una componente fondamentale:il porto.3763/06


U R B A N I S T I C ANegli ultimi venti anni, specialmente nelnord Europa, sono molteplici gli esempidi best practice nell’ambito di questo tipodi esperienze, peraltro non legati ad eventieccezionali, sportivi o culturali, ma scaturitida un preciso disegno di ripensamentogenerale del rapporto tra città efronte d’acqua.Anche in Italia i bacini di antico impiantodi alcune città sono stati oggetto di progettie di esperienze di recupero e trasformazione;Genova sicuramente rappresenta ilcaso pilota, forse l’unico caso di rilievo pertrasformazioni effettivamente portate atermine. Purtroppo una visione settorialeha prodotto una frammentazione degliesiti progettuali e non ha chiarito quale siala dimensione spaziale all’interno dellaquale sviluppare tale pratica, né qualestrumento urbanistico consenta di abbracciaree contenere tale dimensione.Tutto ciò deriva anche da un apparato legislativodi supporto assai carente che hafacilitato una specie di clonazione di progetti,e poche realizzazioni, con un imperativocomune: rendere appetibile il prodottowaterfront nello scenario del mercatoglobale.Nuovi spaziDopo le prime esperienze statunitensi edeuropee, i progetti che potremmo definiredi seconda generazione sono legati dauna sorta di fil rouge dichiarato: il nuovovolto, la nuova identità, il profondo effet-• Rendering di uno dei bacini del Sandtorhafen adestinazione mista (residenze, servizi urbani,attività turistiche e culturtali) nel Hafen Cityto di urbanità che il waterfront dovrebbeinfondere nell’intorno cittadino.Come pure la parola d’ordine di tutti iconcorsi di progettazione, moltiplicatisinegli ultimi anni, è stata la riconquista delfronte mare da parte della città, in antitesial porto.L’attenzione si è così concentrata su alcuniaspetti formali e su indicazioni funzionalida attribuire al fronte portuale storico, sullacapacità di questi nuovi spazi di scuoteredal torpore il contesto economico urbanoattraverso elementi catalizzatori di investimenti,ricettori di nuove figure urbane.In realtà gran parte di tali operazioni hamistificato il senso della parola identità, oalmeno ne ha fornito e proposto una versioneassai opinabile. Non si è compresa lareale portata della rivoluzione tecnologicadel comparto marittimo-navale, il qualeha dato vita ad una nuova concezione dispazio del waterfront, non più assimilabileai caratteri dimensionali tradizionali.È proprio nel continuo mutare e plasmarsiattorno alle nuove pressioni tecnologicheche le zone di interfaccia portuale rivendicanola loro identità spaziale secondo unanuova concezione di margine urbano.Il successo, se poi di successo si può parlare,delle operazioni di recupero del fronted’acqua non risiede nell’attrarre investimentifinanziari o nel creare e far coesistereun insieme di funzioni di rango metropolitano;idealmente esso comprende ancheuna serie di compromessi basati su una riunionepiù profonda tra la città ed il mare.Bisogna allora modificare il punto di vistadal quale guardare a questi territori, o piùsemplicemente riabituarci a guardarli comela storia ci ha insegnato. La dimensionedell’interfaccia acqua-terra cambia, siespande sino a definire un sistema costieroampliato, comprendendo il retroterra ed iluoghi integrati al sistema portuale, nuovispazi che esaltano il valore delle relazioni.Nuove rotteIn Italia i risultati di questa pratica sonopraticamente assenti rispetto alla realtàeuropea. Ad eccezione di Genova, non si ècompreso del tutto il valore e l’importanzadi questo processo e di quanto incidasul potenziale di sviluppo dell’intera areaurbana ed oltre.In Europa, al contrario, si è compresal’importanza dello sperimentare, del progredirerispetto alle prime esperienze edancora sono in atto nuovi modi di pensarel’interfaccia acqua-terra. Sono maturatediverse condizioni nel guardare al waterfrontsecondo una modalità che ne percepiscela componente spaziale, e non solo,in maniera ben più articolata e non circoscrittaal vecchio porto.Si è riscoperto così il sistema costiero dellacittà e lo scenario di riferimento è dive-3863/06


U R B A N I S T I C Anuto più vasto, perché inserito in un territorioben più ampio di un antico bacinoportuale.Una simbiosi critica, sempre in bilico, trafronte d’acqua e retroterra, che ci stimolaad uscire dai recinti delle competenze,dalla contrapposizione tra interessi che inItalia appare dominante.Bisogna riconoscere l’unitarietà di questinuovi spazi, trasversali ai confini amministrativi,sui quali lo sforzo di comunanza diintenti, e di progetto, è praticamente l’unicavia d’uscita, la rotta logica da seguire.Occorre ridare compiutezza e ruolo urbano,e non solo valore economico, alla fittarete di luoghi, usi, abitudini che hannocostruito questi tasselli urbani senza l’ipocrisiao la presunzione di assurgere a taumaturghio sciamani del planning in unoscenario complesso, che si è strutturatonei secoli. Significa non votare questinuovi, ma antichi, spazi alle cattedrali delconsumo, alle cittadelle del divertimento,a mondi conclusi nei quali si celebra la simulazionedi scenari legati all’immaginariocollettivo. Vuol dire rifiutare la spettacolarizzazione,l’incantamento della vitacollettiva, l’identità a breve termine deinon-luoghi del consumo.Ben venga uno sforzo finalizzato a favorirericuciture tra le parti, a ristabilire i contattiper riconciliare l’ambito urbano, ilmare e il porto.Dobbiamo imparare a guardare a città comeAmburgo, Göteborg, Oslo, Rotterdam,Nörrkeping, Malmöe, dove si sonosviluppati progetti che hanno inciso sull’assettodell’intera città portuale in ordinead obiettivi sociali, economici, urbanistici,senza peraltro disconoscere l’aspetto finanziarioma dove sono chiari i ruoli e condivise(da tutti gli attori) le scelte di fondo.Le ramificazioni di questo legame debbonosuperare l’isolamento dell’esercizioformale sul singolo pezzo, dell’idea di recinto,di enclave che gran parte dei tentativisino ad oggi realizzati o proposti hamanifestato: questa è la nuova rotta.• Veduta del plastico del progetto Hafen City adAmburgoSpazi condivisi e nuovi eserciziCondividendo questo concetto di spaziodel waterfront come elemento costantementein divenire è comunque necessariodeterminare alcune regole del gioco per lasua costruzione ed articolazione.Il nuovo esercizio che ci attende è quellodi testarci non più su ciò che è stato definitoborder line, bensì sul border space,uno spazio condiviso nella città portuale.Quale il limite fisico di questa simbiosi?Sicuramente non solo la scala locale, o ciòche oggi è trattato progetto urbano o progettodi waterfront. È proprio questo passaggioche ci impone lo sguardo unitario edi conseguenza uno sforzo progettualepiù articolato e ramificano all’interno dellacittà portuale. Ristabilire legami è peròoperazione lenta, a volte lunga, che deveessere scolpita attorno ad un corpo centraleforte e ben definito; i casi del nordeuropeisopra citati lo dimostrano secondotutti gli aspetti.Hanno dato vita a trasformazioni non solodel fronte-porto ma della città portualerilevanti, e non in pochi anni e soprattuttonon hanno ceduto al falso scopo dellamercificazione dello spazio urbano al migliorofferente, centrando l’azione di trasformazionesul ruolo di guida e coordinamentotra attori detenuto dall’operatorepubblico, su un’idea progettuale scaturitadal costante confronto con tutte lecomponenti sociali della città, ma originatada un disegno unitario di medio periodo(definito sempre in prima battutadall’operatore pubblico) che determina leregole delle convenienze localizzative equindi l’afflusso di capitali privati.Lo si può chiamare piano strategico, oschéma de reference, o master plan. Non èil nome di sicuro che rappresenta un problema,semmai sono i contenuti di questotipo di esercizio ad essere a fatica compresie condivisi da parte dei nostri amministratorie manager, sia pubblici che privati.Si è detto di Genova, unica eccezione italianaa questo rifiuto, anche se ancora infase embrionale; con la nascita dell’AgenziaWaterfront-Territorio, costituita daRegione, Provincia, Comune di Genova eAutorità Portuale si è capito che lo scenariodi riferimento è tutto il margine ac-3963/06


U R B A N I S T I C ADall’alto:• Alcune soluzioni progettuali scaturite dalForum e Workshop Marseille 2001 svoltosi aMarsiglia nel settembre 2001. L’integrazionetra città e area portuale è definita attraverso illegame tra antiche e nuove funzioni urbanomarittime.La trasformazione del waterfrontcontamina manufatti e spazi pubbliciretroportuali• Lo spazio pubblico ed il mix funzionale(residenza, negozi, uffici e servizi urbani)caratterizzano il recupero del waterfront diOslo (Aker Brygge). In questo caso ilcomplesso di Strandem A/S si appoggiaanche su un insieme di darsene e walkwaysqua-terra genovese e non solo le aree delPorto Antico, al di là dei caratteri specificidel progetto di Renzo Piano 1 .Questa nuova esperienza potrà risultaremolto utile ed importante per le altre cittàportuali italiane, potrà divenire laboratoriodi sperimentazione dove cogliere gliaspetti positivi o negativi e discutibili, diconseguenza migliorabili. È ora di abbandonarequesta fiera delle vanità, dove tut-to poi annega nell’oblio dell’immobilismopiù lacerante. Il futuro delle nostrecittà portuali si gioca su un terreno più articolato,dove è lo spazio pubblico che divienesempre matrice da cui derivare l’organizzazionedel tutto, lo scheletro chedeve unificare il centro e le aree più esternein una continuità che potrà riscoprirel’identità della città portuale.Non più emblema di frattura, ma sinonimodi relazione.1Anche altre città stanno maturando la praticadel recupero delle aree di waterfront: Ancona,Napoli (vedi sotto, ndr), Trieste, Salerno, Livorno,La Spezia, Civitavecchia, hanno indetto concorsidi idee, selezionato o prodotto autonomamenteprogetti ma hanno limitato questa esperienzaal cosiddetto waterfront storico, in granparte secondo una logica che guarda al Baltimorastyle come elemento guida, come esempio di riferimentoNAPOLI: IL CONCORSO VINTO DA ARCHITETTI ROMANICONCORSO PER LA RIQUALIFICAZIONEDELL’AREA MONUMENTALE DEL PORTODI NAPOLI (seconda fase)1° classificatoCapogruppo EBSG Michel EuvéGruppo di progettazione t-studioGuendalina Salimei e Francesca Contuzzi, 3c+tPierfrancesco Capolei e Fabrizio Capolei,Rosario Pavia, Raffaella Massacesi,Danilo Romani e Matteo Di Venosa,Modimar s.r.l. - VIA Ingegneria4063/06


FascicolodelfabbricatoL’ORDINEDaniela Marzano*Una panoramica sull’attivitàdell’Ordine e dei Comuni delLazio, sugli incontri inRegione, sulla situazione delterritorio e il punto suiproblemi ancora irrisolti.Cosa ha fatto l’OrdineL’Ordine Architetti P.P.C. di Roma eProvincia ha fornito e continua afornire consulenze ed informazioni tramiteil proprio sito, incontri, convegni e corsi epartecipa attivamente all’Osservatorio permanentedel Comune di Roma, ma soprattuttoè stato promotore del tavolo tecnico regionalesul fascicolo per la modifica del RegolamentoRegionale 14 aprile 2005 n. 6.Il 27 ottobre su iniziativa dell’Ordine degliArchitetti P.P.C. di Roma e Provincia è statoinaugurato il primo dei quattro tavoli tecnicicon gli otto rappresentanti dei Collegi edOrdini professionali, il CUP centro-sud, laRegione Lazio, i rappresentanti degli Enti(Comune ed ATER) e i rappresentanti delleAssociazioni (Arpe, Condomini, Inquilini,Proprietari ed Uria).Alla fine degli incontri è stata concordata lamodifica al regolamento con l’abolizionedell’anzianità d’iscrizione agli Ordini professionali.L’attività dei Comuni del LazioAnche il Comune di Roma ha proposto numerosemodifiche al Regolamento Regionaleper renderlo conforme ai fascicoli realizzatiin questi anni. Non si hanno ancora riscontridi quanto proposto.Altro Comune laziale che ha adottato il Fascicolodel Fabbricato, anche se non ancoraoperativo, è quello di Montecelio Guidonia.I Comuni di Villalba (Guidonia) e Bagni(Tivoli) a seguito di una indagine del 2001,constatando un abbassamento del suolo dimolti centimetri, hanno dichiarato a rischioben 140 edifici ed hanno richiesto alla Regionelo stato di calamità.Gli incontri in RegioneLa Regione è favorevole all’abolizione delregolamento regionale della L.31/02 sull’obbligatorietàdei dieci anni (o cinque concertificazione) di anzianità d’iscrizione all’Alboprofessionale per i tecnici, poichéuna seria preparazione, non garantita dall’anzianità,è sufficiente per la redazione delFascicolo, ma il percorso per la modifica delregolamento non è stato ancora completato.Nelle proposte del Coordinamento CUPTerritoriale Lazio (istituito con Legge Regionalen.19/02) che sono state approvate viè anche l’introduzione della figura del geologoe dell’agroforestale, in linea con quantoprevisto dal Comune di Roma.Saranno posti allo studio incentivi per i Comuniche vorranno adottare il Fascicolo delFabbricato come nuovi metodi per favorirela diffusione dell’informazione.Dall’alto:• Incidenza del suolo e sottosuolo sugli edifici e suolo• Interrelazione tra essenze arboree ed edifici• Superfetazioni e cattiva manutenzione


L’ORDINELa situazione del TerritorioL’esecuzione di scavi effettuati per la realizzazionedelle grandi opere stradali nel Lazio,hanno smentito la convinzione, durata finoal 2000, che l’attività vulcanica nella nostraRegione fosse completamente terminata.Questa risulta, invece, in una fase di quiescenza,che comunque non comporta unpericolo imminente.Il rischio sismico nella Capitale risulta medio– alto, pertanto risulta fondamentalestabilire con esattezza su quale terreno sifondano gli edifici, il tipo di struttura concui sono stati edificati e la loro vetustà, inmodo da valutare anche la loro resistenza allesollecitazioni sismiche.Questo spiega perché tutto il territorio diRoma sia stato dichiarato a particolare rischioe perché gli edifici più vecchi che hannodue fattori di rischio (la vetustà e la sismicitàdel territorio), avrebbero dovutodotarsi di fascicolo entro la prima scadenzadel 30 settembre 2005.IL 28 novembre 2005 il Convegno Nazionalesulla geologia ambientale “La IV Dimensione– Lo spazio sotterraneo di Roma”,ha visto partecipare 500 tra tecnici, professionisti,professori universitari e rappresen-tanti dello Stato e delle pubbliche amministrazioniinteressati alle opere ed alle loro interferenzecon l’ambiente.Gli architetti Vittoria Calzolari, AntonioMaria Michetti, Italo Insolera e l’autrice diquesta nota, hanno evidenziato le diversesfaccettature dell’urbanizzazione del territoriodi Roma in rapporto alla sua strutturafisica e storica.Problemi ancora irrisolti- Come aggiornare il fascicolo?Abbiamo indicazioni soltanto nell’articolo seidel Regolamento che prevede tra l’altro di“trasmettere in via informatica alla banca datidel Comune e della Regione gli aggiornamentiordinari e straordinari apportati alla schedadi sintesi”, anche se è noto che la Regione nonha ancora una banca dati e che il Comunenon l’ha ancora attivata pur registrando circa6900 fascicoli depositati (al 26.01.06).- Come fare per diffondere il fascicolo nel territoriolaziale?Occorre un’opera di sensibilizzazione regionale,degli incentivi non solo economici, maprocedurali, fiscali, amministrativi, perchésoltanto in questo modo si potranno sensibilizzarei piccoli Comuni che non hanno uffi-ci tecnici in grado di seguire attività straordinariee i Comuni che hanno pochi fondi e risorseda investire per il fascicolo.- Come fare per le DIA bloccate dal Comunedi Roma in mancanza del fascicolo dell’edificiointeressato?La Regione ha intenzione di trovare nuovistrumenti per sensibilizzare i proprietari ed iCondomini affinché redigano il fascicoloonde evitare il blocco delle DIA che puòportare ad eseguire i lavori in assenza di autorizzazionicon il conseguente aumento delsommerso e comporta inoltre problemi perla sicurezza degli immobili e dei lavoratori.- Come coordinare Regione e Comuni?- Come elaborare i dati raccolti nei fascicoli equali “considerazioni” trarne?- Come fare gli aggiornamenti?- Come procedere alla zonizzazione in base all’elaborazionedei dati dei fascicoli?- Come....Le domande sono ancora molte ma … cistiamo lavorando.(*) Consulente e Delegato dell’Ordine al Fascicolo delFabbricato dal 2002, componente dell’Osservatoriosul Fascicolo del Fabbricato del Comune di Roma ecomponente del Tavolo Tecnico regionale sul Fascicolodel Fabbricato.4263/06


L’ORDINE4363/06


L I B R IDiana AlessandriniRoma: Il futuro è in cantiereEDILAZIO Roma“Dall’archeologia industriale allanuova architettura. Cronache eimmagini della città eterna”, questoil sottotitolo del volume di DianaAlessandrini, con una prefazione diWalter Veltroni e contributi diRoberto Morassut, GiancarloD’Alessandro e Gianni Borgna.La lettura del testo porta adaffacciarsi idealmente sui piùimportanti tra i diversi cantieri dellacapitale, con una visione (per ora ingran parte “virtuale”) di una nuovaRoma, in certo modo “raccontata”dai protagonisti: da Meier a Fuksas,da Piano a Calatrava, da Hadid aDecq, da Baldeweg a Koolhaas.Di alta qualità è anche il corredoiconografico del volume, con foto acolori e rendering per poter meglio“immaginare” il futuro nuovo voltodella città. La prima parte del testoè un osservatorio sugli attuali“progetti, cantieri, realizzazioni”,considerando l’attuale fermento checerca di fotografare il “nuovodisegno” della città, confidando dipoterla vedere nel novero dellegrandi capitali europee, ponendo inevidenza non solo le nuovearchitetture, ma anche il recuperodell’archeologia industriale.Da nord a sud l’itinerario segue unasse che era già stato ipotizzato nelP.R.G. del ’31, dimenticato poi inquello del ’62 ed ora recuperato nelrecente Piano Regolatore Generale.Questa prima parte si articola a suavolta in sei capitoli, che sviluppanol’itinerario prescelto attraverso: “IlParco della Musica edell’Architettura del Flaminio”;“Ostiense-Marconi: da distrettoindustriale a villaggio globale”; “Ilcuore di Roma tra archeologia, artee cinema”; “Sport, affari, turismodall’Eur a Ostia”. Tutti capitoli chesi offrono al lettore come unostimolo vivace alla conoscenza,muovendo anche la speranza di unvero e proprio “Rinascimentoromano”, in una città chevisibilmente sta cambiando.La seconda parte del volume offreinvece alcuni interessanti “Punti diVista”. L’autrice, giornalista Rai, hainfatti intervistato personaggi dispicco della attualità romana, daLuigi Abete a Mauro Miccio, agliarchitetti come Giorgio Muratore oGiuseppe Pasquali; a designercome Stefano Pasquali, critici d’artecome Achille Bonito Oliva,sociologi come Domenico De Masie numerosi altri personaggi delmondo dello sport e dellospettacolo.Luisa ChiumentiRoberto Secchi (a cura di)Il pensiero delle forme traarchitettura e scienze della vitaOfficina <strong>Edizioni</strong>, Roma 2005Tracciare un percorso. Questo unodei punti di vista da cui guardare altesto curato da Roberto Secchi. Ilpercorso che porta a considerare ilsistema architettura non come unambito disciplinare autonomo, atratti autoreferenziale, ma come uninsieme in continua osmosi conaltre discipline, con il contestoculturale, storico, scientifico. Lotestimonia primo fra tutti il notevoleapparato bibliografico, esteso,aggiornato, trans-linguistico.L’architettura propone e realizzaoggetti concreti, utilizzabili ealienabili, trova soluzioni tecniche efigurative che sono risposte allestrategie di vita della società. Dalriconoscimento di questoindissolubile legame allaconsapevolezza del complessoprocesso insito nel fare architetturail passo è tutt’altro che ovvio.Proprio perché oltre al ricorso allefacili metafore biologiche egenetiche, riconoscibili in alcuneopere architettoniche, il testopropone una rilettura trasversale cherimanda agli aspetti processuali elogici (autorganizzazione,evoluzione, autopoiesi, adattività,entropia…) di altri campi. Il libro, ingran parte frutto degli spunti emersidal seminario di studi tenutosi aFrascati nel 2004 presso il MuseoTuscolano, non solo affronta edevidenzia una feconda interazionedell’architettura con contesti altri,ma la pone come disciplina capacedi trascendere i propri limiti econfini (e qui sta una sostanzialedifferenza con le classiche disciplinescientifiche) proprio in nome diquesta ricercata aderenza allamutevole sistematica della vita.Questo continuo spostamento dellimite non è altro che il tentativo diintravedere prospettive di senso alfare architettonico più vicine erispondenti all’attualità, alle suerichieste di flessibilità, versatilità,sostenibilità. Capirsi amplificando lapropria ricettività senza trovare unadefinizione univoca, senza uncorpus di dimostrazioni autoidentificanti.Ed allora diventachiaro il riferimento a scienze menoovvie, meno afferrabili nel sensocomune, alle teorie del caos, dellaframmentazione, dei frattali, dellagenetica contemporanea. La sezionedi apertura del libro evidenziaalcuni di questi punti di contattosoffermandosi sugli aspetti strutturalie generativi della forma e sulla suanecessità relazionale in rapportoalla storia del processo formativo edevolutivo legato allo spazio eall’ambiente: la metafora peresempio del DNA come testo incontinuo aggiornamento ed autovariazione si innerva nellaquotidianità mostrando possibilirichiami tra genetica, individualità emoltitudine, ambiente. Le due partiseguenti - Natura/Artificio eComunicazione/Fenomenologieurbane - scendono direttamente nelrapporto tra architettura e scienze,propongono interpretazioni, gettanoponti tangibili di questacontaminazione grazie anche alnumero delle riflessioni proposte e alcorredo iconografico che leaccompagna, proprio perché si staparlando di conformazioni, difigure, di forme come risultatodell’operare dell’architetto: la primainveste da vicino gli aspettirelazionali che si instaurano traedificio e corpo, tra forma statica edinamica d’uso dello spazio, mentrela seconda indaga più da vicinoforme di vita, forma dell’ambienteurbano ed espressione della libertànella metropoli contemporanea.Claudio De AngelisCarmelo G. SeverinoRoma mosaico urbano.Il Pigneto fuori Porta MaggioreGangemi Editore 2005Comunemente si intende per Pignetoil quartiere di Roma fuori PortaMaggiore posto tra le viePrenestina, Casilina ed AcquaBullicante, formatosi a partire dal1870 e costituito da un insieme ditrame insediative alquanto dissimilitra loro: il Casilino, il Prenestino, ilTorrione, la Marranella, la borgataGalliano, l’Acqua Bullicante ed ilPigneto vero e proprio. La ricerca,condotta avvalendosi di unadocumentazione prevalentemented’archivio, segue il filo rosso delletrasformazioni urbane, facendoemergere la dinamica delle forzesociali che si sono coagulate sulterritorio dando vita ad un quartierepopolare in cui sono confluiti nelcorso degli anni spezzoni di quelparticolare movimento operaioromano legato ai pubblici servizi -ferrovieri, tranvieri e netturbiniperlopiù - ma anche ceppi dioperaismo più legato alle dinamichedella lotta di classe - imetalmeccanici della Tabanelli, lemaestranze della farmaceuticaSerono, i pastai della Pantanella, leoperaie tessili della Viscosa… Aduno sviluppo asimmetrico dellacrescita, che ha generatocontraddizioni strutturali e rapportisociali di sfruttamento-profitto, si èaccompagnato anche unmoderatismo sociale più legato allapresenza delle comunità imperniateattorno alle parrocchie, diSant’Elena inizialmente, negli anni4463/06


del primo dopoguerra, di SanBarnaba, San Leone Magno e SanLuca, nei decenni successivi. Glianni del fascismo, con la politicarivolta ad acquisire consenso anchenel suburbio, rappresentano ilmomento in cui si consolidano lediverse parti del quartiere chepermangono comunque distinte edavulse dal contesto in attesa di unaomogeneità sempre perseguita, mamai realizzata. Il dopoguerra, conle difficoltà economiche connesse,porta con sé degrado urbano emarginalità sociale, in un contestodi sviluppo del territorio che non gliappartiene mentre il prevalere diinteressi immobiliari determina ildefinitivo venir meno dell’opzioneindustriale, senza apportare lanecessaria riqualificazione urbana.Soltanto in questi ultimi anni, graziead una diversa sensibilità urbana,si è avviato un lento e gradualeprocesso di rinnovamento chestenta, però, ancora a decollarenella pienezza della suapotenzialità. Un processo difficile,comunque, che se nonaccompagnato da adeguateistanze partecipative, puòcomportare la trasformazione deltessuto identitario del quartiere.Pier Andrea De Rosa,Paolo Emilio TrastulliRoma perenne<strong>Edizioni</strong> Studio OttocentoGli autori hanno progettato erealizzato il volume, basandosi suun approccio particolare a quellaRoma tra gli anni Trenta delSettecento e la fine dell’Ottocentoche essi hanno inteso proporre ailettori con un percorso visivo, un itinerarioiconografico attraverso iltessuto urbanistico, storico edanche sociologico della città, siapure accompagnato da alcuni brevitesti scritti, lasciati in eredità daletterati e viaggiatori.Il tacito impegno fra i due autori èstato quello di offrirerappresentazioni non comuni, poconote o inedite dell’Urbe secolare,attraverso l’interessante e tantoampia disponibilità dellemoltissime opere d’arte di altaqualità che hanno rappresentato lacittà nel tempo. Infatti una similepresentazione è stata resa possibiledal mondo dell’antiquariato ed èanche da notare come costituiscaun utile strumento per gli studiosiche si occupano di Roma e dellacampagna romana.Notava Stendhal come Romapossedesse un numero così elevatodi meraviglie, che egli suggeriva diammirarle “con moderazione”, perpotere godere delle sue bellezzesenza arrivare alla “fatica” oaddirittura alla “noiadell’ammirazione”!Ma Roma non è solo monumenti,bensì essa è pure un crogiolo di“atmosfere”, come quelle legate aicaffè, ad esempio, che sono statisempre parte integrante della vitadella città. Ne scaturisce unpanorama dalle prospettive nuovecon un campo d’immagine ancheallargato a luoghi inediti, sia incittà che nella campagna e quindiesteso alla provincia e alla regione.Il volume che, nella sua bellaedizione, ha saputo unire unasapienza antica alle possibilitàofferte dalle tecniche moderne,offre una chiave di meditazione,più che di lettura: un testo da tenereaccanto a sé, per consultarlo sulleorme del “grand tour”, in untranquillo vagabondaggio perRoma, con precisi riferimentitopografici e anche sociologici, allascoperta delle diverse “anime”della città, ponendo alla basel’impegno di “non turbare” il“fascino perenne“ di Roma, anchenella “valenza civile” che essorappresenta. Gli autori voglionocosì sottolineare come Roma,crogiolo di civiltà e di cicli storici edartistici, ha sempre visto anche losvolgersi di una realtà quotidianadi luoghi in una sorta di continuitàsecolare. Così i fasti monumentalidel passato partecipano del tessutoquotidiano, che ogni giorno sicontinua a percorrere e forse, avolte, senza rendersene conto: ed èquesto uno dei pregi innovativi efondamentale del volume, per unnuovo modo di approfondire laconoscenza della città. L.C.


A R C H I N F O a cura di Luisa ChiumentiM O S T R ESiena-Roma:la viaFrancigenaIn margine alla Mostra:“Siena e Roma.Raffaello, Caravaggio e iprotagonisti di un legameantico”, SienaUna interessante sezioneespositiva della mostra “Siena eRoma. Raffaello, Caravaggio e iprotagonisti di un legameantico”, allestita recentemente aSiena (Santa Maria della Scala.Palazzo Squarcialupi), è stataquella curata da TommasoStrinati e recante un titolo assaisuggestivo, dal punto di vista deirapporti fra Siena e Roma: “Lavia Francigena”.È noto a tutti come il movimentodi uomini e di cose lungo lestrade abbia sempre portato consé ripercussioni economiche,diffusione di culti, trasmissione diespressioni artistiche e culturali,perché, come affermava Braudel,la strada è una delle strutturefondamentali della storia.E la Francigena, in tal senso,rappresentò un vero e proprio“strumento di costruzione delterritorio “, come “prodottodell’azione umana e del suoespandersi nello spazio”,“crocevia di comunicazioni frapoli culturali diversi - adeterminare le modalità dievoluzione dei territori cheattraversa”.Una Cronaca dell’epoca, dallecui righe stralciamo questo brevepasso:… “la strada per Roma,dove ….capitava … tutta laforesteria di qualunque parte cheviene dalla città di Siena”…, edove passano “e’ forestieri chedanno loda a tutta la città”,chiarisce quanto fosse grandel’entità del fenomeno e comefossero sentite dalla collettività lenumerose necessità che venivanodeterminate appunto dallapresenza di tanti nuovi ospiti incittà e quindi da una sorta dinuova “economia turistica”, finoDall’alto e da sinistra:•Ambrogio Lorenzatti, Buon Governoe lupa allattante, tempera su tavola,1344, Siena, Archivio di Stato• Sano di Pietro, Predica di SanBernardino in piazza del Campo,olio su tavola, 1444-1450, Siena,Museo dell’Opera dellaMetropolitana.ad allora inimmaginabile! Ementre le amministrazioni siadoperavano, attraverso leistituzioni di carità, per creareposti letto e cibo gratuiti aiviandanti, i privati provvedevanoalla costruzione di alberghi lungola strada. Un noto cronista deltempo riferisce infatti come aSiena, nel 1350, …”diventò riccochi tene albergo, o chi traficò eusò le strade”. “Siena città distrada” viveva infatti, nel secoloXIV, quel forte periodo diincremento nei passaggi dal nordEuropa, determinato da tutticoloro che volevano raggiungereRoma per il Giubileo indetto dapapa Bonifacio VIII. È quanto sipuò evincere fra l’altrodall’interessantissimo “Libro delpellegrino”, una sorta di “registrodi contabilità” che riporta i nomi4663/06


A R C H I N F Odi 413 forestieri, provenienti datutta Europa che, in camminoverso Roma, erano morti inviaggio o avevano deviato dalpercorso previsto.Ed ecco, come sottolinea RobertaMucciarelli nel suo saggio incatalogo (Protagon editori, Siena2005), quanto divenisseimmediata conseguenza delmovimento su una strada, fra duecittà (Siena e Roma), latrasformazione del paesaggio, lacreazione di nuove concezionidello spazio. Tutto questo scambioche avveniva lungo la strada, sirisolveva infatti in una rete diinteressi determinata in particolaredal collegamento che si erainstaurato fra il Papa e il Bancodando vita agli “affari romani deimercatores senesi” (ivi).E attraverso il ruolo di questa“spina portante”, rappresentatadalla Francigena, nel rapportosecolare tra Siena e Roma,Tommaso Strinati ha effettuatouna ricognizione ad ampioraggio sulla produzione artisticalegata al territorio in cui sisnodava la via. Il percorsoartistico, analizzato soprattuttonell’arco di passaggio fra ilMedioevo e il Rinascimento,iniziato da Roma, si èimmedesimato “negli occhi di unpellegrino della fine delQuattrocento”. Sono state cosìselezionate opere particolarmentelegate al culto della BasilicaVaticana medievale (scomparsanel XVII secolo) documentatadall’album dei disegniacquerellati di GiacomoGrimaldi, come pure i frammentidi mosaico conservati al MuseoDall’alto e da sinistra:•Ignoto, Piazza San Pietro con lapavimentazione del Sergardi,acquaforte, 1760, Roma, Museo diRoma• Anonimo, Ecclesia romana,mosaico, 1198-1216, Roma, MuseoBarracco• Fenice, mosaico, 1198-1216,Roma, Museo di RomaBarracco e a Palazzo Braschi, ole testimonianze di grandicomplessi ospedalieri, comeSanto Spirito in Sassia, di originemedievale, da cui proviene adesempio il “Liber Regulae”, consplendide immagini miniate sullavita quotidiana della confraternitache ospitava ogni anno migliaiadi “romei”.Così, partendo dalla fondazioneromana di Siena, il grandeevento espositivo, curato daBruno Santi e Claudio Strinati, hadato l’occasione di ammirare unastraordinaria selezione di circa170 opere tra dipinti, stampe esculture provenienti da tutto ilmondo.L.C.Per informazioni:Infoline: 02 54911www.santamariadellascala.comVenturinoVenturi.Impronte dimateriaPer l’allestimento curato da MaoBenedetti e Sveva Di MartinoArchitetti Associati – StefanoScialotti (regista) è statarecentemente organizzata aRoma, presso il Complesso delSan Michele a Ripa, la mostra:4763/06


Dall’alto e da sinistra:• Pinocchio che ride 1958• Monotipo, Musei Vaticani, 1950• Invocazione• Matrice 1948• Ventre, Musei Vaticani, 1976A R C H I N F O(Catalogo della mostra - ed.“L’ERMA” di Bretschneider - saggidi A. Caleca, M. Forti, G.Chelucci, F. Boschetti), in cui siosserva giustamente come siararo che nei saggi critici relativiagli artisti, ci si occupi anchedegli aspetti tecnici delle loroopere e del loro rapporto con irisultati visivi dell’opera finita.Ecco quindi come vengaevidenziato in questarecentissima mostra comeVenturino Venturi, che pur sidefinisce “scultore”, ritenesse chela grafica e il disegno (da luistudiati all’Accademia disi osserva come la produzione diVenturino Venturi si sia tenuta inun interessante equilibrio trafigurazione ed astrazione, formeutilizzato ogni tipo di materia,per tracciare i suoi disegni; e senegli anni fra il ’36 e il ’42 siassiste ad una grandeproduzione di gouaches eseguitesulla carta gialla delle osterie(carta paglia), quando egli furicoverato in un ospedale militare(per le ferite subite sul frontegreco-albanese), si servì dellaparte interna di coperchi discatole, per eseguire, con lapenna stilografica blu, che poiritoccava con il dito umido, sceneappunto osservate in ospedale.“Venturino Venturi. Impronte dimateria. Matrici, monotipi disegnie sculture dal 1948 al 1986”.Inaugurata dalla FederazioneItaliana degli Amici dei Musei(F.I.D.A.M.), la mostra è statacurata da Micol Forti e AntoninoCaleca, che hanno presentato perla prima volta al pubblicoromano una selezione di circaottanta opere della produzionedell’artista toscano VenturinoVenturi (Loro Ciuffenna 1918-2002) noto senza dubbio comescultore, ma da considerare più afondo per il grande interesse cheriveste la sua notevolesperimentazione tecnica elinguistica nel rapporto specificotra supporto materico e superficiecartacea.Venturino Venturi ha sempreEd è particolarmente interessante,a questo proposito, la disanimaportata avanti da FrancescaBoschetti nel suo saggio “Ma co’i’ cucchiao!” Riflessioni sugliaspetti tecnici della produzionegrafica di Venturino Venturi“Firenze), fossero strumentoessenziale, sia per una propriapersonale ricerca che permeditazioni private, come “pianodi ricerca parallela”, comunquecollegati all’attività scultorea etuttavia mai considerati elementidi creatività a sé stante.Come ricorda infatti la Boschetti,non si ha notizia di alcunamostra di sola grafica, realizzatadal Venturi, ma si conosconosoltanto due esposizioni dedicateinvece ai soli “monotipi “(rispettivamente introdotte da duesaggi critici di C.L. Ragghianti eM.Luzi): nel ’61 a Pisa e nel 70 aFirenze.Queste le sezioni in cui si èarticolata la mostra del SanMichele: (1948-1956, Il Parco diCollodi e Pinocchio, 1960-1969,1970-1979 e 1980-1986) dovebiomorfe e geometriche, ritmo esimmetria, ma sempre sulla lineadi una grande “curiosità per imateriali di recupero”, consoluzioni tecniche particolari, inuna ricerca linguistica e matericaben evidenziata in mostraattraverso la sua interasperimentazione artistica.Ricordiamo ancora che la mostra(ideata sotto il patrocinio dellaPontificia Commissione per i BeniCulturali della Chiesa e delMinistero per i Beni e le AttivitàCulturali) e promossa da RegioneToscana TRA-ART Rete Regionaleper l’Arte Contemporanea,Direzione Regionale per i BeniCulturali e Paesaggistici del Lazio- Soprintendenza per i BeniArchitettonici e per il Paesaggioper il Comune di Roma,Soprintendenza ai Beni4863/06


Ambientali Architettonici Artisticie Storici per le Province di Pisa eLivorno, Comune di Pisa,Soprintendenza per i BeniArchitettonici e per il Paesaggiodelle Provincia di Arezzo,Provincia di Arezzo, Comune diS. Giovanni Valdarno, Comunedi Loro Ciuffenna e MuseiVaticani), verrà accolta in seguitoa Pisa (Museo Nazionale di SanMatteo,11 marzo-30 aprile2006) e a S. Giovanni Valdarno(Casa Masaccio 13 maggio-9 luglio 2006).L.C.2000-2006Architetturarecente inAlto AdigeI “60 anni del SüdtirolerKünstlerbund” e i “10 anni diMerano arte”, sono stati gli eventida cui è scaturita l’idea dellarealizzazione congiunta dellagrande mostra collettiva, “2000 –2006 Architettura recente in AltoAdige”, allestita al “Kunst Meran”- Merano arte” di Merano, curatadalla storica dell’arte austriaca(Innsbruck) Bettina Schlorhaufer.Diverse le tipologie (dai musei, lecase, gli edifici commerciali e gliimpianti di risalita), che hannocontraddistinto la scenaarchitettonica altoatesina negliultimi 15 anni, con interessantiprogettazioni in varie aree dellaRegione, con le quali un precisoimpegno è stato sostenuto versoun attento rispetto del paesaggio.Gli architetti, orientandosi pursempre verso scelte di assolutaavanguardia, hanno cercatoinfatti di mantenere elevato ildialogo con la tradizionepaesaggistica, edilizia edarchitettonica del paese.Nella provincia autonoma diBolzano vi sono inoltre una seriedi edifici dall’innegabilepatrimonio e valore storicoartistico,che necessitano diessere tutelati e che in alcuni casisi prestano ad essere utilizzaticon nuovi indirizzi d’uso. Inquesti casi gli architetti hannoavuto modo di confrontare la lorovisione personale ed i contestistorici a cui gli edifici stessiappartengono, con oculate operedi risanamento e restyling degliedifici dell’epoca fascista.A lungo la creativa scenasudtirolese non ha riscontratogrande attenzione fuori daiconfini regionali; il premiointernazionale “ArchitetturaContemporanea Alpina” indettoda Sesto Cultura ha condotto iltema della costruzione nelle zonemontuose al centro dell’interessepubblico e ha così orientatol’attenzione verso i nuovi edificicostruiti nella regione a Sud delBrennero.Per poter presentare lamolteplicità degli aspettidell’architettura e del paesaggiodell’Alto Adige, in occasione deirispettivi anniversari per i 60 e10 anni di attività, l’Associazionedegli Artisti Altoatesini e Meranoarte hanno deciso di collaborareper dare vita a una mostra chedocumenti l’attuale realtàarchitettonica in Alto Adige.Nell’interesse comune è statoscelto il titolo “2000- 2006Architettura Recente in AltoAdige” per cui una giuriainternazionale (Joseph Grima/Domus, Milano; RomanHollestein/NZZ, Zurigo, Schlöglarchitetto, Innsbruck e la curatricedell’intero progetto BettinaSchlorhaufer storica dell’arte,Innsbruck), ha scelto 48 progettiarchitettonici tra più di 300provenienti da tutte le zone dellaRegione che hanno preso partealla mostra e alla pubblicazionead essa correlata.La presentazione grafica dellamostra e del catalogo scaturiscedalla collaborazione con ilfotografo Robert Fleischanderl diInnsbruck.La riproduzione fotografica acura di Fleischanderl è nata daldesiderio dell’associazione artistidi Merano arte di dare vita a unamostra e un catalogo in grado diillustrare anche l’attuale contestopaesaggistico della Regione chepossa presentare, in una formafacilmente comprensibile, ancheai non esperti in materia, ilpanorama edile-architettonicoaltoatesino.Il catalogo (con testi in inglese,italiano e tedesco) avente lostesso titolo della mostra (chesarà itinerante), è pubblicatodalla casa editrice Springer(Vienna – New York ) ecomprende apparati critici esaggi a cura di BettinaSchlorhaufer, Joseph Grima,Roman Hollenstein e WalterZschokke. Una parte del catalogoè dedicata alla documentazionedi ogni singolo progettoarchitettonico attraverso brevidescrizioni, progetti, piantine eattraverso le riproduzionifotografiche di Fleischanderl.Alcuni di questi progetti sono statirimaneggiati da un interventoartistico da Robert Fleischanderl,attraverso un ritratto fotograficoed una particolare “intervista “agli addetti ai lavori.Ricordiamo inoltre come,nell’ambito della mostra è statoanche bandito un concorso per lagrafica e la fotografia dellearchitetture, i cui partecipanti(fotografi e grafici) sono statiinvitati a presentare “Architetturain Alto Adige dal 2000 al 2005”,in modo da ottenere un risultatoomogeneo e uguale per tutti iprogetti architettonici in gara.Dall’alto:• Floricultura/casa Schöpf,Werner Tscholl, Vezzan• Giardini del Castello TrauttmansdorffS.O.F.A. Architetti, Margit Klammer,Wolfram Pardatscher etc., MeranoA R C H I N F O4963/06


A R C H I N F ODall’alto:•Asilo Maria Rast, Lunz & ZöschgAppiano• Scuola professionale Studentato,Siegfried Delueg, Bressanone•Castel Tirolo, Scherer, Angonese,Hellweger, Castel TiroloLa mostra è stata realizzata consostegno di: Fondazione Cassa diRisparmio di Bolzano-AziendaEnergetica Bolzano – Merano-Comune di Merano - Assessoratoalla Cultura della ProvinciaAutonoma di Bolzano- RegioneAutonoma Trentino - Alto Adige -Cassa di Risparmio di Bolzano AG.L.C.Per informazioni:www.kunstmeranoarte.orgTel. + 39 0473 212643A Salerno:“Conflitti”Si è tenuta per la prima volta inItalia (nel prestigioso Complessomonumentale di S. Sofia diSalerno), una Mostra diArchitettura contemporanea, daltaglio inconsueto: “Conflitti”.Architettura Contemporanea inItalia”. Voluta e sostenuta dalComune e dalla Provincia diSalerno, con la partecipazionedell’Università, la mostra, findall’inizio del suo percorso,presenta l’architetturacontemporanea, come una sorta di“babele” di personaggi e dilinguaggi, su cui, a mano a mano,cerca di riflettere, attraverso alcunesue evidenti antinomie.Per portare avanti tali riflessioni lamostra cerca quindi di utilizzareotto nuove categorie che possanochiarire una serie di “cause” che“hanno provocato” l’architettura.La mostra pertanto non “parla diarchitettura o di singoli architetti”,come ha sottolineato l’arch.Francesco Repisthi (dello StudioNicolin – curatore), ma di “ottoantinomie, che possono esseredialettiche, ma di caratterefenomenologico. “Un allestimento”,come ha detto l’arch. PierluigiCerri (curatore appuntodell’allestimento e del progettografico), che è stato pensato “unpo’ eccentrico rispetto a quelliconsueti, che tendono a presentarein genere oggetti chesemplicemente si susseguono inuna semplice esposizionepressoché neutrale”.Dalla esposizione e dagli incontriche l’hanno accompagnata, èemerso un dato piuttostointeressante sulla consapevolezzadel fatto che l’Italia si è dimostrataun laboratorio speciale riguardo aifenomeni posti oggidall’architettura e se il nostro Paeseconserva molto del passato, altempo stesso (anzi forse proprioper questo), in esso si esperimentauna produzione architettonica benpiù difficile che in altri Paesi.E l’indispensabile “verifica” che daciò è sottesa, porterebbe, secondo icuratori dell‘evento, a tutta unaserie di fenomeni, tra cui, adesempio, una certa idea che inItalia sia radicata una sorta di“visione ottimistica di quanto stasuccedendo”! In tal senso eccoemergere la tendenza adapprofondire e ben comprenderecerti fenomeni e cause, prima diassumere particolari posizionicritiche che, attraverso alcune“voci”, presentano appunto le 8antinomie (esemplificate attraversopannelli, già fin dal grande atriodello spazio museale). Ai pianisuperiori del complesso, le 8antinomie sono invece analizzatein altrettante “stanze-celle”, il cuiallestimento è stato affidato ad ottodiversi Studi di Architetti.Questi i nomi degli architettiincaricati: Cino Zucchi, RobertoCollovà, Cherubino Gambardella,Giuseppe Marinoni, AlessandroScandurra, Raffaello Cecchi conVincenza Lima, Franco Purini,Marco Casamonti, che hannostudiato e riproposto al pubblico,secondo la propria esperienza,personalità e formazione(attraverso modelli, installazioni,video, fotografie e disegni)ciascuno il caso-simbolo prescelto.In una sorta di emblematicobinomio oppositivo vengono quindipresentati in mostra: “Vecchio eNuovo”; “Pedoni e automobili”;“Ordinario e Spettacolare”; “Highe Low tech”; “Volti e maschere”;Verde e Cemento”; “Casermoni eVillette”; Antichi e moderni”.E se, nella “stanza-cella” n.1, CinoZucchi medita sul tema del Vecchioe Nuovo osservando i nuoviinterventi architettonici a Venezia e5063/06


confrontandone gli esiti con ilsubstrato storico della città: dalrinnovo urbano della Giudecca alponte di Santiago Calatrava sulCanal Grande; ecco il caos e ildisagio del traffico con lastazione della metropolitana diPiazza del Municipio a Napoli,comunicati al visitatore attraversoframmenti di auto, che formano ilpavimento della stanza-cella n.2,allestita da Alvaro Siza e EduardoSouto de Moura. E ancora: iprogetti di Salerno con le opere diZaha Hadid e David Chipperfield,le trasformazioni in corso aMilano con il Polo esterno dellafiera di Rho e la riconversione delQuartiere storico della fieramilanese, il parco scientificotecnologico di Bergamo, e ilfamoso KilometroRosso di JeanNouvel, i progetti ditrasformazione dell’AreaGaribaldi Repubblica a Milano, ildibattuto destino del Corviale aRoma e infine l’area di Novoli aFirenze, con il tribunale diLeonardo Ricci e il polouniversitario di Adolfo Natalini,presentati nel “conflitto” dellevarie antinomie che suscitano.L’esposizione è accompagnata daun prezioso catalogo di grandeformato, con i saggi criticiintroduttivi ad ogni tema, firmatida autori di prestigio, quali:Giacomo Borrella, Pippo Ciorra,Paolo Desideri, Pierluigi Nicolin,Franco Purini, Francesco Repishtie Guido Viale (a cura di EditorialeLotus e con il progetto graficodello Studio Cerri & Associati, epubblicato dalla casa editriceSkira).L.C.Per informazioni:Complesso Monumentale diSanta Sofia SalernoLargo Abate Conforti089 5647056www.comune.salerno.itDall’alto:•Ricostruzione dell’angolo di unisolato su corso Porta Reno, Ferrara,1989-99, Adolfo Natalini• Banca Popolare di LodiHeadquarters, Lodi (Milano), 1992-2001, Renzo Piano BuildingWorkshop• Concorso internazionale Nuovasede della Regione Lombardia,Milano, 2004, progetto vincitore, PeiCobb Freed & Partners, CaputoPartnership, Sistema Duemila


P U B B L I C I T À R E D A Z I O N A L ENASCE A ROMAUNA NUOVAREALTÀNEL CAMPODELLAILLUMINAZIONEar,chitettura della luce staL' trovando un suo riconoscimentocome specifica competenza.Attualmente i lighting designersvolgono la loro attività direttamente,mentre le strutture commerciali nonsempre riescono a far fronte allacrescente domanda.Recentemente alcune aziendeproduttrici hanno creato una rete diconsulenza in grado di offrire unservizio qualificato, manecessariamente condizionato daimarchi di riferimento.La novità di LightCo consiste nelproporsi come un team di consulentiche affianca l'architetto, offrendoassistenza nelle diverse fasiprogettuali.L'obiettivo che LightCo si proponeè quello di offrire un servizio cheva dalla semplice consulenza allaproposta di nuovi materiali etecnologie, comprendendoprogetto e realizzazionedell'impianto elettrico e assistenzain cantiere fino alla suacertificazione.lightCosoluzioni per illuminareLightCo è un gruppo di lavoroche coniuga l' esperienzamaturata dell'arch. Donati conaziende leader del settore, aquella di Cristina Boldrini eFausto Proietti impegnati da anniin Three Light: una strutturacommerciale in continuaespansione e quanto mai attentaalle crescenti richieste delsettore.Competenze che ad oggi mancanodi un'unica regia e che, affrontate daun team di professionisti, danno aqualunque studio la possibilità divalersi della collaborazione di unvero e proprio consulente esterno.Per il progettista i benefici sonoevidenti, trovando al proprio fiancopersone competenti e specializzatein grado di proporre le soluzioni piùavanzate, di seguire tutto il processoe garantirne il buon esito.L'assenza degli oneri e dei vincoli diuna struttura commerciale consentedi usufruire di condizionieconomiche particolarmenteinteressanti e di godere di unamaggiore attenzione, flessibilità edisponibilità.Via della Stazione Vaticana, 5 00165 Romatel. 06 97 61 91 81 fax 06 97 25 28 85www.lightco.info


INDICIPER AUTORIE ARGOMENTI2005PERINDICIAUTORI2004INDICI ARELENCO DELLE VOCIARCHITETTURAAnalisi storico-criticaImpiantiNuove tecnologieProgettiATTIVITÀ DELL’ORDINESportellogiovaniCITTÀ IN CONTROLUCECONCORSI E GAREDESIGNEDITORIALIFONDI E FINANZIAMENTIINTERVISTELETTEREMANIFESTAZIONIConvegni, Seminari e WorkshopMostre itineranti ed eventiNORMATIVAPAESAGGIOPROFILIRECENSIONI DI LIBRI E RIVISTERESTAUROURBANISTICALegenda dell’IndiceIl primo e il secondo numero traparentesi si riferiscono al fascicolodella rivista e all’anno di uscita,il terzo al numero di pagina.


INDICI ARINDICIPER2005AUTORIAlfieri Massimo – Cooperazione italo-cilena(58/05, 43)Aureli Cristina – Edilizia sostenibile (58/05, 21)Baiani Serena – Beni culturali e ambientali:prevenzione e protezione (58/05, 27)Boaga Elena – La progettazione della trasparenza(57/05, 22)Burgio Eugenio – Trasformazione del diritto disuperficie in diritto di proprietà delle aree167/62 (60/05, 58)Caramagno Valeria – Il progetto di paesaggiocome strategia (58/05, 38); Premio Scarpa peril giardino (60/05, 38); Premio Vivai Torsanlorenzo(61/05, 27)Carbonara Lucio – Paesaggio senza paesaggisti:una specificità tutta italiana (58/05, 5)Cellamare Carlo – Rione Monti: salvato dallarete? (60/05, 44)Chiumenti Luisa - Asolo ArtFilmFestival(57/05, 52); Palazzo Zuckermann: nuovocomplesso museale a Padova (57/05, 53);Nolli, Vasi, Piranesi. Immagine di Roma Anticae Moderna (57/05, 54); Bice Lazzari e l’architettura(57/05, 55); Ottagoni, artigianato e industrianella ricerca della qualità, (57/05, 58);Andrea Palladio e la Villa Veneta (58/05, 34);Nuovi rinvenimenti alle Terme di Traiano(58/05, 57); Sottsass - Progetti 1946-2005(58/05, 57); Rileggere l’antico a Villa Adriana(58/05, 59); L’architettura del Canaletto(58/05, 61); Architettura sacra contemporanea(58/05, 62); Amalfi: due giornate di studio(58/05, 63); Interventi di largo impatto sociale:recupero funzionale dell’ex Cinema Aquila(59/05, 43); Buga a Monaco di Baviera(60/05, 41);Città delle Arti e Scienze a Valencia(61/05, 54); 30…40…50 anni di professione!(61/05, 56); Il nuovo Passante a nordovest(61/05, 56); Ariccia: riqualificazione delcentro storico e recupero del Parco di PalazzoChigi (61/05, 57); Zaha Hadid a Basilea(61/05, 59); L’archivio Carlo Scarpa (62/05,52); Santo Stefano di Sessanio: un antico borgorecuperato come “albergo diffuso” (62/05,53); Rocche e Castelli in terra di Romagna(62/05,54); L’istituzione della cappella musicale:convegno a Camaiore (62/05, 55); Perugia:a Palazzo Baldeschi mostra del CavalierPerugino (62/05,56); La misura del tempo:orologi monumentali e città (62/05,57)Crova Cesare – Tutela dei beni culturali dellaChiesa (61/05, 22); Architetti e giardinieri(62/05, 59)De Casa Claudia – Indici per autori e argomenti2004 (57/05, 59)De Giorgi Gabriele – Roma. Follie, deliri e contaminazioni(57/05, 9)de Rubertis Roberto –Elogio del disordine urbano(59/05, 55)de Vico Fallani Massimo – Topiaria e arte deigiardini (62/05, 33)Di Giovine Mirella – Periferie come risorsa(59/05, 29)Di Patti Isabella – Rischio rilevante e qualitàambientale (62/05, 24)Gatti Alberto – Un sottovia a San Pietro (60/05,47); Ara Pacis e Augusteo: pari dignità e fruibilità(52/05, 20)Lelo Keti – La città in crescita (59/05, 47)Locci Massimo – Cultura per la gente e fra lagente.Biblioteca “Bassani” a Ferrara (57/05,3); Mario Ridolfi architetto, 1904-1984 (57/05,14); Cupola bivalente alla Magliana: complessoparrocchiale S. Volto di Gesù (58/05, 8); Il sognoè segno: Jean Marc Schivo (58/05, 3); AntonellaCatini (59/05, 11);Programma Centopiazze(59/05, 39); Milano spicca il volo. Progettodel nuovo Polo Fieristico (61/05, 7); AraPacis, la poetica del frammento (62/05, 17)Maio Barbara – Cinema & Design: l’estetica significantedegli spazi (61/05, 37)Mancini Daniele – Leonardo unpacked (60/05,55)Mapelli Elisabetta – Un progetto pilota per Pechino(61/05, 39)Martegani Paolo – Tokyo Designer’s Week2004 (57/05, 40; Cooperazione italo-cilena(58/05, 43); Scenografia, TV e Cinema (61/05,32); Librerie in evoluzione (62/05, 37)Marzano Daniela – Costruzioni sicure nel Lazio(58/05, 52)Mattogno Claudia – Periferie e riqualificazioneurbana in Europa (59/05, 59)Mello Daniela – Parola d’ordine: flessibilità(62/05,40)Nigri Lucia – Nei nuovi scenari della scenografiatelevisiva (61/05, 33)Palazzo Anna – La città in crescita (59/05, 47)Pergoli Campanelli Alessandro – Architettura“minore” e restauro (59/05, 56); Tempio-cattedralea Pozzuoli (60/05, 8); Il progetto deiNuovi Uffizi (62/05,27)Petreschi Marco – Il futuro della città nel rispettodella continuità storica (59/05, 24)Pierantoni Giorgio – Il diritto di prelazione delpromotore nel Project Financing: come cambiadopo la Comunitaria 2004 (61/05, 53)Piroddi Elio – Futuri urbani: continuità e discontinuità(58/05, 49)Piscitelli Valentina – Beni culturali senza barriere(58/05, 63)Platone Carlo – Edilizia sostenibile (58/05, 21)Purini Franco – Una visione urbana (59/05, 21)Quici Fabio – La periferia in attesa di istruzioniper l’uso (59/05, 53)Reale Luca – Mario Ridolfi, cronaca del convegno(57/05, 20)Rinaldi Irene – Leonardo unpacked (60/05,55)Rocchi Christian – Storia di bonacce e di ventiin poppa (58/05, 17); Monitor-P, l’arca targataarchitettura (58/05, 53)Rossetti Sergio – Progetti Speciali: presente e futuro,intervista all’Assessore Minelli (62/05, 8)Rossi Piero Ostilio – Quartieri demoliti a Romanel dopoguerra (59/05, 12)Ruggiero Michele – Roma, una periferia interetnica?(59/05, 50)Sansi Alberto – Pechino tra modernità e passato(61/05, 44)Sartogo Francesca – L’Iran punta sull’architetturabioclimatica, intervista all’arch. Ghobadian(62/05, 11)Scarselli Giorgio – Illuminazione negli spazi urbani(61/05, 14)Schiattarella Amedeo – Oltre la Casa dell’Architettura(60/05, 7); Una conferma, un impegnodi crescita (62/05, 7)Sebastiani Zoli Cinzia – San Carlo al Corso(57/05, 27)Severino Carmelo G. – La rinascita di San Pietroburgo(57/05, 46)Sgandurra Monica – I paesaggi di Marrakeche le Majorelle: il giardino blu (57/05, 33)Trusiani Elio – Sao Paulo e il Minhocao(60/05,50)Valitutti Antonella – Vulnerabilità del suolo: mitigazionedel rischio (61/05, 18)Zammerini Massimo – Roma speciale periferie(a cura di, n. 59/05) Roma e Roma (59/05, 5)5463/06


PERINDICIARGOMENTI2005INDICI ARARCHITETTURAAnalisi storico-critica e sociale– Roma. Follie, deliri e contaminazioni, GabrieleDe Giorgi (57/05, 9)– Mario Ridolfi architetto. 1904-1984, MassimoLocci (57/05, 14)– La rinascita di San Pietroburgo, Carmelo G.Severino (57/05, 46)Roma. Speciale periferiea cura di Massimo Zammerini– Roma e Roma, Massimo Zammerini (59/05,5)– Quartieri demoliti a Roma nel dopoguerra,Piero Ostilio Rossi (59/05, 12)– Una visione urbana, Franco Purini (59/05,21)– Il futuro della città nel rispetto della continuitàstorica, Marco Petreschi (59/05, 24)– Il nuovo PRG, speciale periferie, MaurizioMarcelloni (59/05, 27)– Periferie come risorsa, Mirella Di Giovine(59/05, 29)– La città in crescita, Keti Lelo, Anna L. Palazzo(59/05, 47)– Roma, una periferia interetnica? Michele Ruggiero(59/05, 50)– La periferia in attesa di istruzioni per l’uso,Fabio Quici (59/05, 53)– Elogio del disordine urbano, Roberto de Rubertis(59/05, 55)Impiantia cura di Carlo Platone– Edilizia sostenibile, Cristina Aureli, Carlo Platone(58/05, 21)– Illuminazione negli spazi urbani, GiorgioScarselli (61/05, 14)Nuove tecnologiea cura di Giorgio Peguiron– La progettazione della trasparenza, ElenaBoaga (57/05, 22)– Beni culturali e ambientali: prevenzione e protezione,Serena Baiani (58/05, 27)– Vulnerabilità del suolo: mitigazione del rischio,Antonella Valitutti (61/05, 18)– Rischio rilevante e qualità ambientale, IsabellaDi Patti (62/05, 24)ProgettiA cura di Massimo Locci– Cultura per la gente e fra la gente. Biblioteca“Bassani” a Ferrara, Massimo Locci (57/05, 3)– Cupola bivalente alla Magliana. Complessoparrocchiale Santo Volto di Gesù, MassimoLocci (58/05, 8)– Largo ai giovani. Quartiere residenziale aMacomer (58/05, 14)– Storia di bonacce e di venti in poppa. “Balcònal mar” a Valencia, Christian Rocchi (58/05,17)– Programma Centopiazze, speciale periferie,Massimo Locci (59/05, 39)– Interventi di largo impatto sociale: il recuperofunzionale dell’ex Cinema Aquila, speciale periferie,Luisa Chiumenti (59/05, 43)– Milano spicca il volo. Progetto per il nuovo Polofieristico, Massimo Locci (61/05, 7)– Ara Pacis, la poetica del frammento, MassimoLocci (62/05,17)– Ara Pacis e Augusteo: pari dignità e fruibilità,Alberto Gatti (62/05,20)ATTIVITÀ DELL’ORDINE– Costruzioni sicure nel Lazio, Daniela Marzano(58/05, 52)– Monitor-P. L’arca targata architettura, ChristianRocchi (58/05, 53)30…40…50 anni di professione! (61/05, 56)– Appalto concorso Teatro civico a Nettuno,Sentenza TAR Lazio 12 maggio 2005 (62/05,49)Sportello giovania cura di Christian Rocchi– Leonardo unpacked, Daniele Mancini, IreneRinaldi (60/05, 55)CITTÀ IN CONTROLUCEA cura di Claudia Mattogno– Sao Paulo e il Minhocao, Elio Trusiani (60/05,50)– Pechino tra modernità e passato, AlbertoSansi (61/05, 44)CONCORSI E GARE– Premio “Open Living in Container”, PaoloMartegani (57/05, 42)– Programma Centopiazze, speciale periferie,Massimo Locci (59/05, 39)– Tempio-cattedrale a Pozzuoli, AlessandroPergoli Campanelli (60/05, 8)– Premio Scarpa per il giardino, Valeria Caramagno(60/05, 38)– Premio Vivai Torsanlorenzo, Valeria Caramagno(61/05, 27)DESIGNa cura di Paolo Martegani– Tokyo Designer’s Week 2004, Paolo Martegani(57/05, 40)– Cooperazione italo-cilena, Paolo Martegani,Italo Alfieri (58/05, 43)– Scenografia, TV e cinema, Paolo Martegani(61/05, 32)– Nei nuovi scenari della scenografia televisiva,Lucia Nigri (61/05, 33)– Cinema & Design: l’estetica significante deglispazi, Barbara Maio (61/05, 37)– Librerie in evoluzione, Paolo Martegani(62/05, 37)EDITORIALI– Paesaggio senza paesaggisti: una specificitàtutta italiana, Lucio Carbonara (58/05, 5)– Oltre la Casa dell’Architettura, AmedeoSchiattarella (60/05, 7)– Una conferma, un impegno di crescita, AmedeoSchiattarella (62/05, 7)FONDI E FINANZIAMENTIa cura di Marina Cimato e Andrea Nobili– Il diritto di prelazione del promotore nel ProjectFinancing: come cambia dopo la Comunitaria2004, Giorgio Pierantoni (a cura di)(61/05, 53)INTERVISTE– Progetti Speciali: presente e futuro. (Intervistaall’Assessore Claudio Minelli), Sergio Rossetti(62/05,8)– L’Iran punta sull’architettura bioclimatica. (Intervistaall’arch. Vahid Ghobadian), FrancescaSartogo (62/05,11)MANIFESTAZIONIConvegni, Seminari e Workshop– Mario Ridolfi architetto. 1904-1984, MassimoLocci (57/05, 14)– Mario Ridolfi. Cronaca del convegno, LucaReale (57/05, 20)I paesaggi di Marrakech, Monica Sgandurra(57/05, 33)– Un workshop sul paesaggio a Marrakech del-5563/06


PER2005INDICI ARINDICIARGOMENTIla cattedra Unesco (57/05, 33)– Beni culturali senza barriere, Valentina Piscitelli(58/05, 63)– Amalfi: due giornate di studio, Luisa Chiumenti(58/05, 63)– L’istituzione della cappella musicale: convegnoa Camaiore, Luisa Chiumenti (62/05, 55)Mostre, itinerari ed eventi– Asolo ArtFilm Festival, Luisa Chiumenti(57/05, 52)– Palazzo Zuckermann: nuovo complesso musealea Padova, Luisa Chiumenti (57/05, 53)– Nolli, Vasi, Piranesi. Immagine di Roma Anticae Moderna, Luisa Chiumenti (57/05, 54)– Bice Lazzari e l’architettura, Luisa Chiumenti(57/05, 55)– Ottagoni: artigianato e industrria nella ricercadella qualità, Luisa Chiumenti (57/05, 58)– Il sogno è segno: Mostra di Jean Marc Schivo,Massimo Locci (58/05, 31)– Andrea Palladio e la Villa Veneta, Luisa Chiumenti(58/05, 34)– Nuovi rinvenimenti alle Terme di Traiano, LuisaChiumenti (58/05, 57)– Sottsass. progetti 1946-2005, Luisa Chiumenti(58/05, 57)– Rileggere l’antico a Villa Adriana, Luisa Chiumenti(58/05, 59)– L’architettura del Canaletto, Luisa Chiumenti(58/05, 61)– Architettura sacra contemporanea, (58/05,62)– Antonella Catini, Massimo Locci (59/05, 11)– BUGA a Monaco di Baviera, Luisa Chiumenti(60/05, 41)– Città della Arti e delle scienze a Valencia, LuisaChiumenti (61/05, 54)– 30…40…50 anni di professione! (61/05, 56)– Il nuovo Passante a Nord-Ovest, Luisa Chiumenti(61/05, 56)– Ariccia: riqualificazione del centro storico erecupero del Parco di Palazzo Chigi, LuisaChiumenti (61/05, 57)– Zaha Hadid a Basilea, Luisa Chiumenti(61/05, 59)– L’archivio Carlo Scarpa, Luisa Chiumenti(62/05, 52)– Santo Stefano di Sessanio: un antico borgorecuperato come “albergo diffuso”, Luisa Chiumenti(62/05, 53)– Rocche e castelli in terra di Romagna, LuisaChiumenti (62/05, 54)– Perugia: a Palazzo Baldeschi mostra del CavalierPerugino, Luisa Chiumenti (62/05, 56)– La misura del tempo: orologi monumentali ecittà, Luisa Chiumenti (65/05, 57)– Architetti e giardinieri, Cesare Crova (62/05,59)NORMATIVA– Trasformazione del diritto di superficie in dirittodi proprietà delle aree 167/62, EugenioBurgio (60/05, 58)– Appalto concorso Teatro civico a Nettuno, SentenzaTAR Lazio 12 maggio 2005 (62/05, 49)PAESAGGIOA cura di Lucio Carbonara e Barbara Pizzo– I paesaggi di Marrakech, Monica Sgandurra(57/05, 33)– Le Majorelle: il giardino blu, Monica Sgandurra(57/05, 38)– Il progetto di paesaggio come strategia, ValeriaCaramagno (58/05, 38)– Premio Scarpa per il giardino, Valeria Caramagno(60/05, 38)– BUGA a Monaco di Baviera, Luisa Chiumenti(60/05, 41)– Premio Vivai Torsanlorenzo, Valeria Caramagno(61/05, 27)– Topiaria e arte dei giardini, Massimo de VicoFallani (62/05, 33)PROFILIUna lezione di progettazione di Giuliana Genta(62/05, 44)RECENSIONI DI LIBRI E RIVISTE– Isabella Di Patti, Criticità ambientale e rischiotecnologico. Dal risanamento alla riqualificazionedei sistemi territoriali industriali, GiorgioPeguiron (57/05, 50)– Cecilia Cecchini, Plastiche: i materiali del possibile.Polimeri e compositi tra design e architettura,Loredana Di Lucchio (57/05, 50)– Gabriele De Giorgi, Roma. Follie, deliri e contaminazioni,Antonio Romano (57/05, 51)– Mario Piccarreta ( a cura di), L’opera di MarioRidolfi a Terni nel panorama del Novecento,Luisa Chiumenti (58/05, 55)– Dirk Syndram, Antje Scherner (a cura di), Fastoprincipesco. La corte di Dresda 1580-1620,Alessandro Pergoli Campanelli (58/05, 55)– Luciano Finelli, Carlo Scarpa tra storia e mito,Luisa Chiumenti (58/05, 56)– Alessandro Castagnaro, La formazione dell’architetto,Alessandro Pergoli Campanelli(58/05, 56)– Trattato di restauro architettonico vol. VIII Atlante,Alessandro Pergoli Campanelli (60/05,57)– Carmelo G. Severino, Città d’Europa (60/05,57)– Pietro Cimino, L’Isola (60/05, 57)– Giovanni Garroni, Elogio dell’imprecisione,Cristiana Marcosano Dell’Erba (61/05, 50)– Luca Scalvedi, Francesco La Grassa. Architetturae urbanistica fra Roma e la Sicilia nella primametà del Novecento, Elio Trusiani (61/05,50)– Gabriele Borghini (a cura di), Del M.A.I. Storiadel Museo Artistico Industriale di Roma, RiccardoMontenegro (61/05, 51)– Alessandra Capuano, Temi e figure nell’architetturaromana 1944-2004, Luca Reale(61/05, 52)– Gabriella Di Vito - Rachele Nunziata (a curadi), Marcello Vittorini, professione e formazionemultidisciplinare per progetti di piano e architettura.I casi delle Colline Romane e dellaDarsena di città a Ravenna, Carlo Nuti (62/05,46)– Nicolò Sardo, La figurazione plastica dell’architettura,Modelli e rappresentazione, GiovanniTomassetti (62/05, 46)– Donatella Scatena – Gioia Seminario, GiancarloPriori, L’architettura sensibile, AlessandroPergoli Campanelli (62/05, 46)– Studi sul Settecento romano, Luisa Chiumenti(62/05, 47)– Giuseppe Ansovino Cappelli, Roma primaRoma dopo Roma, Luca Reale (62/05, 47)– Lorenzo Rotti, Giò Ponti a Palazzo Mezzanotte,Luisa Chiumenti (62/05, 48)– Giancarlo Palmerio (a cura di), Appunti di restauro,metodi e tecniche per l’architettura,Alessandro Pergoli Campanelli (62/05, 48)– Maurizio Oddo, La Chiesa di Padre Pio a S.Giovanni Rotondo, Luisa Chiumenti (62/05,48)5663/06


PERINDICIARGOMENTI2005INDICI ARRESTAUROa cura di Giovanni Carbonara e AlessandroPergoli Campanelli– San Carlo al Corso, Cinzia Sebastiani Zoli(57/05, 27)– Architettura minore e restauro, speciale periferie,Alessandro Pergoli Campanelli (59/05,56)– Tempio-cattedrale a Pozzuoli, AlessandroPergoli Campanelli (60/05, 8)– Tutela dei beni culturali della Chiesa, CesareCrova (61/05, 22)– Il progetto dei Nuovi Uffizi, Alessandro PergoliCampanelli (62/05, 27)URBANISTICAa cura di Claudia Mattogno– Futuri urbani: continuità e discontinuità, ElioPiroddi (58/05, 49)– Il nuovo PRG, Speciale periferie, a cura di M.Zammerini, Maurizio Marcelloni (59/05, 27)– Periferie come risorsa, Speciale periferie, acura di M. Zammerini, Mirella Di Giovine(59/05, 29)– Periferie e riqualificazione urbana in Europa,Speciale periferie a cura di M. Zammerini,Claudia Mattogno (59/05, 59)– Rione Monti: salvato dalla rete?, Carlo Cellamare(60/05, 44)– Un sottovia a San Pietro, Alberto Gatti(60/05, 47)– Un progetto pilota per Pechino, Elisabetta G.Mapelli (61/05, 39)– Parola d’ordine: flessibilità, Daniela Mello(62/05, 40)5763/06

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