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Occhi azzurri ed iceberg di montagna

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Micromondo <strong>di</strong><strong>montagna</strong>Negli artropo<strong>di</strong>, a partire da un inizio moltosemplice, si è evoluta una stupefacente varietà <strong>di</strong>appen<strong>di</strong>ci versatili da un modello ancestrale <strong>di</strong> arto.Nella stessa singola specie si trovano <strong>di</strong>verse appen<strong>di</strong>ciche svolgono il ruolo <strong>di</strong> utili attrezzi o pericolosearmi. Osserviamo l’armamentario in dotazioneall’umile gambero: ha più attrezzi questo animale <strong>di</strong>un coltellino svizzero <strong>di</strong> lusso.G. Sean B. Carroll, Infinite forme bellissime,Co<strong>di</strong>ce <strong>ed</strong>izioni 2006A dx. La trappola per ragni <strong>di</strong> Osvaldo in una delle catture.A sin. Odoacre, il nostro rospo ‘fiutaragni’ da caccia.


i Entomologia a gran<strong>di</strong> lineelineeUn lavoro interessante in quattro mosse?Primo: trovarsi un’attività inconsueta;secondo: uso <strong>di</strong> una tecnica complicata;terzo: l’attività deve essere ad alto valore scientifico;quarto: il lavoro deve risultare poco appettibile, perevitare troppo concorrenza.Fotografare ragni nel loro habitat rispettaminuziosamente tutti i punti sovraesposti <strong>ed</strong> Osvaldosi aggiu<strong>di</strong>ca senza rivali l’appalto messo a <strong>di</strong>sposizion<strong>ed</strong>a un’università t<strong>ed</strong>esca per la parteiconografica sugli aracni<strong>di</strong> stanziali delle ‘südlichenAlpen’. Il <strong>di</strong>sciplinare <strong>di</strong> lavoro è complesso perché iragni, seppur descritti minuziosamente nelle loro caratteristichee <strong>di</strong>fferenze, a me appaiono fondamentalmentetutti uguali. Anche la <strong>di</strong>citura: ‘Alpi meri<strong>di</strong>onali’mi risulta un po’ generica, ma Osvaldo sembrasapere il fatto suo e in men che non si <strong>di</strong>ca miritrovo bardato come un albero <strong>di</strong> natale con una decina<strong>di</strong> bottigliette appese all’imbrago sulla cresta ch<strong>ed</strong>al Passo San Marco porta in cima al MonteVerrobbio. Naturalmente Osvaldo mi aspetta al lagodel passo essendo meglio attaccare su due fronti, datoche i ragni <strong>di</strong> <strong>montagna</strong> sono furbi e poco inclini afarsi notare. Visto dall’alto il suo percorso mi sembradecisamente più facile, ma può darsi sia un error<strong>ed</strong>i prospettiva, e poi il panorama da qui è bellissimo:lo sguardo spazia dalla Presolana al Disgrazia efa capolino anche il gruppo del Bernina sui punti piùalti della cresta. Di ragni però manco l’ombra. Insetti<strong>di</strong> ogni tipo, soprattutto infaticabili formiche chetrasportano cibarie e kit <strong>di</strong> montaggio per la loro tana.Come faranno a sopravvivere qui d’inverno? Con laricetrasmittente r<strong>ed</strong>arguisco Osvaldo dei miei scarsirisultati, mentre lui mi avvisa <strong>di</strong> essere impegnato aricatturare Odoacre, il nostro rospo ‘cercaragni’ cheappena ha fiutato il lago <strong>di</strong> Verrobbio si è giustament<strong>ed</strong>ato alla fuga, del tutto in<strong>di</strong>fferente alle nostreproblematiche scientifiche. Mi sta prendendo lo sconforto,sono tre giorni che facciamo su e giù da picchi


Ragni in fuga si sparpagliano per la casa. Ci vorrà un’interopomeriggio per ricatturarli vivi e vegeti.Ragni abitanti sopra i duemila metri sulla cresta del MonteCabianca (mt. 2600) nelle Orobie Bergamasche.


<strong>di</strong> ogni genere. Probabilmente i ragni sono meno stupi<strong>di</strong><strong>di</strong> noi e se ne stanno a caccia <strong>di</strong> moscerini inposti più como<strong>di</strong>.Sono quasi in cima al Verrobbio. Il terreno, in partefranato, mi obbliga ad una piccola variante. Nient<strong>ed</strong>i complicato ma mi tocca arrampicare con mani epi<strong>ed</strong>i <strong>ed</strong> è allora che proprio davanti al mio naso apparela magnifica visione: un Dolom<strong>ed</strong>es Plantariuso per lo meno dovrebbe essere lui. L’unico modo percatturarlo sarebbe inghiottirlo, visto che non possostaccare minimamente alcun arto. Se ne sta comunquetranquillo e ho tutto il tempo per tentare una manovra<strong>di</strong>versiva. Mi alzo <strong>di</strong> lato in Dülfer e liberouna mano ma la macchina fotografica è nello zaino.Potrei staccare una trappola a bottiglia ma la rocciafessurata darebbe troppe chances al ragno per unafuga precipitosa. Torno nella posizione iniziale colnaso a cinque centimetri dalla mia pr<strong>ed</strong>a che se lastarà ridendo <strong>di</strong> brutto visto che non si scompone pernulla. Ad appen<strong>di</strong>ci stabilizzatrici stiamo otto a quattroper il ragno. Lui sì che potrebbe tranquillamenteaprirsi uno zaino, cavarne fuori la ‘fotomachine’ econtemporaneamente soffiarsi anche il naso. Immagazzinar<strong>ed</strong>ati: ecco l’unica cosa che posso fare. Ricordarmiprecisamente dove l’ho visto così torno sucon Osvaldo, piantiamo un chiodo e mi faccio assicurare.Mentre parto in <strong>di</strong>scesa il ragno alza una zampaanteriore. Che mi stia sfottendo? Prendo appuntimentalmente su un’eventuale attività telepatica degliaracni<strong>di</strong>. Ad ogni buon conto gli mando via pensierouna parolaccia e lui si rintana in una fessura....Con Odoacre che se ne sta buono, buono sulla rivadel lago avviso Osvaldo della mia scoperta. Comeun vulcano prepara l’attrezzatura e partiamo in frettae furia verso la mèta. Ispezioniamo palmo, palmoogni minima fessura, buchetto, ra<strong>di</strong>ce. Troviamo solofili <strong>di</strong> ragnatela sparpagliati sulla roccia. E se man-In alto: la cima del Monte Verrobbio (mt. 2139) luogo ‘ideale’per andare a caccia <strong>di</strong> ragni....Sotto: Lago Verrobbio al tramonto.


La rugiada mattutina mette in evidenza l’intricata trappolatesa sull’erba sui monti <strong>di</strong> Albosaggia (so).dassimo un messaggio telepatico in ‘ragnese’ avvisandoche non abbiamo intenzioni bellicose? Funziona!A due metri da noi in una posizione un po’precaria eccolo passeggiare con ‘non chalance’alpestre. Osvaldo picchia come un forsennato sulmartello ma il chiodo suona proprio male e al momento<strong>di</strong> calarmi gli chi<strong>ed</strong>o se non è meglio che assicuriio e scenda lui. Pianta altri due chio<strong>di</strong> ‘<strong>di</strong> rafforzamento’.Dopo un’ora e mezza <strong>di</strong> penzolamenti sifa sera <strong>ed</strong> è ora <strong>di</strong> andarsene. Immagino il ragno sogghignantementre ragiona sull’han<strong>di</strong>cap <strong>di</strong> poss<strong>ed</strong>eresolo quattro miseri arti... Durante il ritorno Osvaldomi consola raccontandomi come funziona in geneticail kit degli attrezzi che dà sviluppo agli arti nelleforme viventi. Il modello a quattro zampe deivertebrati, che oggi ci ha fregato, è antico. Gli artihanno inizio come minuscole gemme che cresconosul fianco dell’embrione in corrispondenza <strong>di</strong> duecoor<strong>di</strong>nate specifiche lungo l’asse est-ovest. L’artoanteriore si forma in corrispondenza <strong>di</strong> somiti <strong>di</strong>fferentinei <strong>di</strong>versi vertebrati, ma si trova sempre a livellodel confine fra le aree cervicale e toracica. Unadelle caratteristiche più evidenti dell’organizzazion<strong>ed</strong>el corpo animale è la regolarità che si rileva a tuttele scale, a partire dallo schema generale del corpofino ai più piccoli dettagli della struttura in<strong>di</strong>vidualeo <strong>di</strong> una singola parte del corpo. Anche Odoacre gracchiacontento al crepuscolo ben piazzato con le zampesulla spalla <strong>di</strong> Osvaldo come se sapesse <strong>di</strong> essereun tetrapode. Chi oggi comunque si è rivelato il piùadatto alla sopravvivenza è stato il ragno. Onore allastategia vincente della sua specie a otto arti!


Ogni tanto, come capita ai pescatori, va male anche ai ragni... La pr<strong>ed</strong>a, stavolta, è solo una foglia.


Il lago <strong>di</strong> Verrobbio dall’omonima cima. Tutti i sassi lì intorno sono un condominio per una miriade <strong>di</strong> insetti.


Il lago Cabianca dalle rocce sommitali dell’omonima <strong>montagna</strong>, casa dei ragni più singolari della nostra ricerca: una volta catturatisi fingevano morti e appena ti <strong>di</strong>sraevi scappavano via!


Il ragno si è infilato proprio lì...Occorrerà sbancare mezza cresta per catturarlo.Ragno che ha usato il mio zaino come comodo mezzo <strong>di</strong> trasportoda S.Calimero in Grigna fino a Pasturo (lc).


Dalla cresta del Verrobbio vista sul bel bacino artificiale <strong>di</strong> Val Mora (m.1546).


Sulle rive del lago Verrobbio alla testata della valle <strong>di</strong> Bomino (m2026).


All’alba verso il rifugio F.lli Calvi sopra Carona (bg). Il passaggio dall’ombra al sole del mattino segna anche l’inizio <strong>di</strong> attività pergli insetti che escono dalle loro tane.


Un’altra alba in cerca <strong>di</strong> ragni guardati a vista dagli ‘occhi’ dei Laghi <strong>di</strong> Mezzo sopra Grumello (Bg). Ci passava davanti <strong>di</strong> tutto,mancava solo un drom<strong>ed</strong>ario, ma <strong>di</strong> ragni nemmeno l’ombra.


Nelle foto: verticalità e orizzontalità sulla neve della Valsassina


L’arte della fugaIl nocciolo dell’esperienza contrappuntistica èche ogni nota deve avere un passato e un futuro sulpiano orizzontale. Quando si inseriscono gran<strong>di</strong> blocchi<strong>di</strong> accor<strong>di</strong> in una struttura prevalentemente lineare,nelle toccate <strong>di</strong> Bach, ad esempio, si crea un effettodavvero sconvolgente. Quando scriveva le toccate,Bach non aveva ancora imparato a collegare leintenzioni verticali con quelle orizzontali, come è<strong>di</strong>mostrato dalle interminabili progressioni che sisusseguono in tutte quante.Glenn Gould,, L’ala del turbine intelligente,Adelphi 1998Η 2Ο


Turbini <strong>di</strong> neve al Lago Nero nei pressi del rifugio Carlo Emilio (nell’altra pagina) sullo spartiacque tra Valle del Drogo e ValleSpluga.


Larte ’della fugaIl vento ulula costante modulando suoni che simuovono in ambito <strong>di</strong> terza. Ce ne stiamo al calduccionei saccapelo al rifugio Carlo Emilio <strong>ed</strong> ho tutto iltempo <strong>di</strong> esaminare le armoniche <strong>di</strong>ssonanti che ognitanto si amalgamano nell’aria. Turbini <strong>di</strong> neve <strong>di</strong>segnanosul Lago Nero note inconsistenti. Lo spartitodella neve è effimero e provvisorio, ne seguo comunqueil ritmo cone per una sinfonia dodecafonica. Miopadre passò gli ultimi cinque anni della sua vita asondare il mondo armonico <strong>di</strong> Bach. Ricordo il fr<strong>ed</strong>dointenso della chiesa, completamente buia e lui sulloscranno davanti all’organo Serassi col mantice cheteneva a malapena l’aria come il budello <strong>di</strong> una biciforata. Una piccola abat jour illuminava gli spartitisu cui passava ore <strong>ed</strong> ore. Mi s<strong>ed</strong>evo accanto allaporta senza che lui si accorgesse che fossi lì e pensavoa quando Johann Sebastian, Musik<strong>di</strong>rector eCantor della Thomasschule un giorno a Lipsia, udendostrafalcioni sonori emessi da Carl Philipp Emanuelscese in chiesa dalla sua cucina per dare al figlio unsonoro ceffone. Un giorno presi la macchina <strong>ed</strong> andaia Lipsia. Ripercorsi con lo sguardo il tragitto <strong>di</strong>Bach padre che scendeva in chiesa per assestare alfiglio l’idea che la musica è armonia. Bach a Lipsiapassò ventisette anni privi <strong>di</strong> mutazioni appariscenti,<strong>di</strong> viaggi importanti, <strong>di</strong> traslochi e fortune: un quoti<strong>di</strong>anoritmico adatto a far esplodere dall’interno unmondo <strong>di</strong> creatività. Quello che Gould <strong>di</strong>ce nella notaad inizio capitolo è una <strong>di</strong>scriminante per intuire sesai muoverti su un piano tri<strong>di</strong>mensionale. Non c’èmolta <strong>di</strong>fferenza tra orizzontarsi nello spazio e comprensionemusicale. In base a come volavano i mieiallievi <strong>di</strong> parapen<strong>di</strong>o intuivo se avevano orecchio musicaleo meno. Su oltre cinquecento piloti non ho maisbagliato una previsione. Chi non riusciva a ‘intuire’il movimento orizzontale mentre scendeva con la velanon riusciva ad immaginare neanche lo svolgersicontrappuntistico incrociato dei suoni. Forse la part<strong>ed</strong>el cervello deputata al movimento spaziale è intimamenteconnessa al senso musicale.


Ora il vento picchia ritmicamente sulle imposte delrifugio. Mi appare l’immagine <strong>di</strong> Caikovskij che visitail violinista Iosif Kotek in cura per una graveforma <strong>di</strong> tubercolosi a Davos, in Svizzera. Giu<strong>di</strong>còil paesaggio delle Alpi tetro. Se fosse stato qui conquesto tempo da lupi alla base del Sasso Quadro sarebbeandato in depressione. Nel terzo atto della sinfonia“Manfr<strong>ed</strong>’ che scriverà qualche anno dopo riportacome titolo: “La Fata delle Alpi appare aManfr<strong>ed</strong> su un arcobaleno formato dalle gocciolin<strong>ed</strong>i una cascata”. Il movimento è in Si minore con laparte centrale caratterizzata da un Trio in Re maggiore.Atmosfere vagheggiate sulla visione <strong>di</strong> montagneestranee e fantasticate. Bach nei confronti <strong>di</strong>bufere e tempo da lupi era più prosaico e concreto: ilsuo magro stipen<strong>di</strong>o e quin<strong>di</strong> anche la sua vita <strong>di</strong>pendevain parte dai servizi musicali ai sepellimentie si lagnerà una volta chel’aria salubre <strong>di</strong> un certoanno, malauguratamente abbassando il numero deidecessi, riducesse d’un centinaio <strong>di</strong> talleri i suoi guadagnirispetto alla m<strong>ed</strong>ia abituale...La porta del rifugio si spalanca e una moltitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong>fiocchi turbina nell’aria. Mi viene in mente che nel1789 Mozart suonò l’organo della Thomaskirche,quello testimone del ceffone <strong>di</strong> papà Bach al figlio.Mozart continuerà a fuggire per tutta la vita <strong>ed</strong>emblematico del suo atteggiamento è “Il viaggioverso Praga” <strong>di</strong> Mörike. Non ho mai considerato ilmovimento come un modo <strong>di</strong> scappare <strong>ed</strong> ho ammiratol’arte della fuga <strong>di</strong> chi s<strong>ed</strong>uto su uno scrannoper anni ha costruito un mondo <strong>di</strong> regole fantasiosee rigorose. Forse anche per questo la tempesta non èun problema, che duri un giorno o un’intera settimana.La mente è sufficiente per trovare scappatoie inorizzontale.Traccia <strong>di</strong> sci nella neve sui monti <strong>di</strong> Premana.


Bufera primaverile sulla costa <strong>di</strong> Paglio. La Valsassina in basso è già in una <strong>di</strong>mensione <strong>di</strong> bel tempo.


La linea dell’inverno ad aprile inoltrato è decisa solo dalla temperatura e dalla coltre nevosa. In primo piano i Pizzi <strong>di</strong> Parlasco con


Aria <strong>di</strong> bivaccoViviamo senza più fiutare sotto <strong>di</strong> noi il paese, a<strong>di</strong>eci passi le nostre voci sono già bell’e perse.Elisabette Rasy, La scienza degli ad<strong>di</strong>i,Rizzoli 2005


Sopra: Tramonto al Pizzo d’Erna sopra Lecco. Sotto: primo ghiaccio al Lago Calosso in Val Grosina. Pagina a lato, sopra: tramontoal Passo <strong>di</strong> Verva. Sotto: bufera alla chiesetta <strong>di</strong> Chiarino in Alta Valsassina.


Aria <strong>di</strong> bivaccoSalendo ai laghi, adesso che Osvaldo <strong>ed</strong> ‘<strong>Occhi</strong><strong>azzurri</strong>’ non ci sono più, a volte ho la sensazion<strong>ed</strong>i essere un animale a cui un selvatico ha sbranato lacucciolata. Torno negli stessi luoghi col desiderio <strong>di</strong>v<strong>ed</strong>ere apparire da <strong>di</strong>etro un sasso il mio mondo anchese non può accadere. In autunno al limitare delbosco ho incrociato <strong>di</strong> colpo una volpe. Stranamentenon scattò <strong>di</strong> lato e restò ferma a guardarmi andandosenepoi senza fretta, come se percorressimo lastessa strada senza bisogno <strong>di</strong> essere feroci. Al bivacco<strong>di</strong> Chiarino sulla Costa <strong>di</strong> Bian<strong>di</strong>no un baccanoviolento mi portò dal sonno alla veglia. Uscii <strong>di</strong>corsa all’esterno sicuro che ‘loro’ mi stessero aspettando.La violenza del vento e dell’acqua mi obbligaronoad accovacciarmi a terra e per la prima voltadopo un anno mi accorsi <strong>di</strong> piangere. Pensai solo,con pudore, che la pioggia era così forte che nessunose ne sarebbe accorto, chiusi gli occhi e sentii la mano<strong>di</strong> ‘<strong>Occhi</strong> <strong>azzurri</strong>’ che mi accarezzava il volto.Mille miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> tonnellate <strong>di</strong> esseri viventi ogni gior-


no negli oceani al calar del sole migrano dagli abissiverso l’alto. È il più grande spostamento <strong>di</strong> animalidella terra e avviene in modo tanto silenzioso chenessuno <strong>di</strong> noi se ne accorge. Ho preso lo stesso ritmoe migro in continuazione tra acque <strong>di</strong> superficie,come un anfibio d’alta quota. Ho smesso <strong>di</strong> chi<strong>ed</strong>ermise tutto questo abbia un senso, seguo solo la cadenzadei passi <strong>ed</strong> affino ogni giorno l’istinto. Unavolta ‘<strong>Occhi</strong> <strong>azzurri</strong>’ già scavata dal male mi <strong>di</strong>ss<strong>ed</strong>i non riuscire a immaginarsi il suo morire senzache la tenessi in braccio. V<strong>ed</strong>eva in questo un’armoniache la rendeva serena. Capii che sarei rimastol’ultimo ad andarmene, con l’obbligo <strong>di</strong> cercare unastrada in salita, da solo.Partendo ogni giorno verso l’alto respiro a pieni polmonie sento che quest’aria, per ora, mi basta.Lago <strong>di</strong> Val Viola nell’omonima valle.Lago Maurino ai pi<strong>ed</strong>i della Cima Piazzi in Valtellina.


A sin.: lago anonimo nei pressi del rifugio Falk in Alta Val Grosina. A dx.: Lago Calosso. Sullo sfondo il Sasso <strong>di</strong> Conca in AltaVal Grosina.

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