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260 il mondo. Nessuna sofferenza oramai gli è estra ... - La Biblioteca

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263Che un fenomeno così universale sia una manifestazionedi demenza o una aberrazione delsentimento, molti lo credono : noi, dice sempreSchopenhauer, crediamo invece ch'esso sia l'espressionedi un lato essenziale della natura umanae crediamo che <strong>il</strong> fenomeno più grande, più importantee significativo che la nostra terra possaprodurre non è <strong>il</strong> conquistatore del <strong>mondo</strong>, macolui che vince se stesso e <strong>il</strong> <strong>mondo</strong>, 1' um<strong>il</strong>e e s<strong>il</strong>enziosaesistenza di questi santi e di questi asceticon la loro pace profonda, con la calma e la serenitàch' essi hanno raggiunta : le biografie diquesti uomini sono per lo più scritte male e pienedi cose assurde, ma per la materia che trattanosono più istruttive di tutto quello che possonoraccontare Plutarco e Tito Livio.E come non è nuovo <strong>il</strong> fatto descritto, cosìnon si può dire nemmeno nuova la dottrina chepone come fine ultimo alla vita la rassegnazione,la rinunzia, quello che noi abbiamo chiamato lanegazione della volontà di vivere.« Questa, o fratelli, è la sublime verità ri-« guardo al dolore. <strong>La</strong> nascita è dolore, la vec-« chiaia è dolore, la morte è dolore, l' essere uniti« a ciò che non si ama è dolore, 1' essere separati« da ciò che si ama è dolore : e ogni desiderio« insodisfatto è anch' esso dolore.« E questa, o fratelli, è la sublime verità ri-« guardo all'origine del dolore. In verità è <strong>il</strong>« desiderio (la sete di esistere), che produce <strong>il</strong>• rinnovarsi delle esistenze, accompagnandosi col• d<strong>il</strong>etto sensuale e cercando sodisfazione or qua<strong>Biblioteca</strong> Comunale "Giuseppe Melli" - San Pietro Vernotico (Br)


264 ---« or là : ossia <strong>il</strong> desiderio di sodisfare alle pas-« sioni, sia in una vita futura sia nella vita« presente.« Ora questa, o fratelli, è la sublime verità«. riguardo alla distruzione del dolore. In verità« essa è la distruzione di quel desiderio, senza« che alcuna traccia di passione vi rimanga : <strong>il</strong>« porre in disparte quel desiderio, <strong>il</strong> rinunziarvi,« <strong>il</strong> liberarsene » (PAv0LINI. Buddismo, pag. 31-32).Queste sono le tre prime verità sante delBuddismo, alle quali corrispondono una per unaquelle che noi abbiamo esposte. Nel Buddismo,segue una quarta verità, quella che insegna lavia ottopartita che conduce alla liberazione : « que-« sto nob<strong>il</strong>e ottuplice sentiero consiste in retta« fede, retta volontà, retta parola, retta azione,« retta vita, retto sforzo, retto pensiero e retta« meditazione ». Noi che non abbiamo 1' ufficio diconvertire nessuno, sostituiremo questa quartaverità pratica con quella puramente teoretica la\quale dice che ci sono due vie per le quali sipuò giungere alla liberazione. L' una è quelladella quale abbiamo parlato finora, della conoscenzaintuitiva che superando i limiti dell' individualitàpropria, rende dapprima possib<strong>il</strong>e labontà pura e 1' amore e finisce col far considerarecome propri tutti i dolori del <strong>mondo</strong> questaè una via eccezionale, battuta di rado, riservataa poche anime priv<strong>il</strong>egiate che perciò son dettesante. Una seconda via e più frequente è quellache ci è aperta dall' avere noi stessi provato un<strong>Biblioteca</strong> Comunale "Giuseppe Melli" - San Pietro Vernotico (Br)


265grande dolore. Noi vediamo talvolta un uomo ,che ha percorso tutti i gradi della sventura edell' angoscia, dopo aver resistito con tutte le sueforze, quando sta per abbattersi nella dispera- ,zione, subitamente rientrare in sè, riconoscerese stesso e <strong>il</strong> <strong>mondo</strong>, cangiare tutto <strong>il</strong> suo essere,sollevarsi al di sopra di sè e di ogni dolore, ecome purificato e santificato da questo, con unacalma, una beatitudine, una elevazione di spiritoimperturbab<strong>il</strong>e, rinunziare liberamente a tuttociò che fin allora voleva con tanta violenza, easpettare con gioia la morte. <strong>La</strong> fiamma purificatricedel dolore fa splendere d' un tratto laluce della liberazione. Una rappresentazione poeticaincomparab<strong>il</strong>e di questo fenomeno ci è datanella Margherita della prima parte del Faust. Maanche nella vita reale non è raro trovare diqueste conversioni subitanee. Si è visto spessore, eroi, a v venturieri, in mezzo a' una vita agitatadalle passioni, convertirsi d' improvviso, darsialla rassegnazione e alla penitenza e divenir monacied eremiti. Ma <strong>il</strong> fenomeno è specialmentecaratteristico in alcuni disgraziati condannati amorte per delitti commessi : la vicinanza dellamorte e la perdita di ogni speranza produconoun effetto che pare miracoloso. I delitti del passatonon inquietano nemmeno più la loro coscienzaessi sono pronti ad espiarli. Divengonobuoni e puri hanno orrore sinceramente di commetterela più piccola azione cattiva o anchepoco caritatevole; perdonano ai loro nemici, anche<strong>Biblioteca</strong> Comunale "Giuseppe Melli" - San Pietro Vernotico (Br)


266a quelli che li avessero fatti soffrire ingiustamente:e non si tratta di semplici parole o di paure ipocriteper quello che li aspetta in un' altra vita:no, essi si sono spo<strong>gli</strong>ati realmente di qualunqueanimosità. Amano <strong>oramai</strong> i loro dolori e la morte :rifiutano spesso la fuga ch' è loro offerta, muoiono, volentieri, tranqu<strong>il</strong>li e beati. L' eccesso dell' anggoscia ha rivelato loro l'ultimo mistero dellavita : ne hanno toccato <strong>il</strong> fondo, hanno conosciutoed esperimen tato in se stessi, fino alla lororadice comune e ultima, i due aspetti del <strong>mondo</strong>,<strong>il</strong> male e <strong>il</strong> dolore : e li respingono da sè l'unoe 1' altro insieme, se ne sciolgono, se ne liberano, 7si sve<strong>gli</strong>ano dal sogno della vita. Schopenhauercita a questo proposito le ultime parole dette daalcuni di questi condannati all' ultimo supplizio;e a chi si maravi<strong>gli</strong>a ch' e<strong>gli</strong> ricorra a sim<strong>il</strong>itestimonianze, risponde che, secondo lui, <strong>il</strong> patiboloè realmente un luogo adatto a rivelazioniassolutamente speciali, un posto d' osservazioneda cui 1' uomo, se non perde la conoscenza, puòvedersi schiudere sull' eternità vedute più vastee più chiare di quelle che la maggior parte deif<strong>il</strong>osofi, mettono nei paragrafi delle loro psicologiee teologie razionali.Si potrebbe dire : senza tanti discorsi, c' èuna liberazione più semplice, pratica e alla portatadi tutti, una liberazione senza frasi, quelladi to<strong>gli</strong>ersi la vita. Questo è 1' ultimo malintesoe 1' ultima <strong>il</strong>lusione che bisogna dissipare. Il suicidionon è una liberazione. Esso non nega la<strong>Biblioteca</strong> Comunale "Giuseppe Melli" - San Pietro Vernotico (Br)


267 —volontà, anzi 1' afferma energicamente. <strong>La</strong> negazionenon consiste nel rifiutare i dolori dellavita, ma i piaceri. Il suicida vuole la vita, mapoichè le circostanze non <strong>gli</strong> concedono di affermarlacom' e<strong>gli</strong> vorrebbe, ei la rifiuta. <strong>La</strong> volontàdi vivere qui non nega se stessa, non sitrasmuta, non si converte, non si rigenera , maanzi, per eccesso di violenza, distrugge, annienta ,uno dei suoi fenomeni passeggeri, rimanendo essastessa intatta ed eterna nella sua affermazione.Piuttosto che lasciarsi spezzare dal dolore, essasi afferma sopprimendo <strong>il</strong> corpo. Il suicida cessa idi vivere appunto perchè non può cessare di volere: la volontà si afferma in lui per mezzo dellasoppressione del suo fenomeno non potendo affermarsiin altro modo. E<strong>gli</strong> si sottrae al doloreche mortificando la sua volontà poteva condurlo \\íalla rinunzia e alla liberazione ; è come un malato<strong>il</strong> quale rifiuta di lasciar finire un' operazionedolorosa già cominciata, che avrebbe potutoguarirlo radicalmente, e preferisce di tenersi <strong>il</strong>suo male. Il dolore viene a lui, <strong>gli</strong> apre la possib<strong>il</strong>itàdi negare la sua volontà ; ma e<strong>gli</strong> lo respingeed annienta <strong>il</strong> suo fenomeno perchè lavolontà resti intatta. Questa <strong>il</strong>lusione del suicida \<strong>il</strong> quale crede di aver negato la volontà di viverequando ha soppresso uno dei suoi fenomeni, è unerrore analogo a quello di chi credesse di ottenere<strong>il</strong> risultato della castità volontaria con altri imezzi ; per esempio impedendo i fini della naturanella fecondazione o procurando la morte del<strong>Biblioteca</strong> Comunale "Giuseppe Melli" - San Pietro Vernotico (Br)


-- 268neonato, invece di fare di tutto per assicurarela vita a tutto ciò che aspira a vivere. Una voltache la volontà di vivere è là, non c' è violenzadal di fuori che possa annientarla. Una sola cosapuò provocare dal di dentro la sua negazione,ed è la conoscenza. L' unica via di salvezza èche la volontà apparisca liberamente affinèhè inquesto suo fenomeno impari a conoscere la suapropria essenza. Solo in seguito a questa conoscenzala volontà può negare se stessa : la violenzamateriale, la ster<strong>il</strong>izzazione dei germi, ladistruzione dei neonati, <strong>il</strong> suicidio non possonofar nulla. <strong>La</strong> natura conduce precisamente la volontàalla luce, perchè solo mediante la luce essapuò trovare la sua liberazione. Per questo i finidella natura sono da favorire in tutti i modi,una volta che la volontà di vivere, ch' è la suaintima essenza, s' è decisa ad apparire.<strong>La</strong> negazione della volontà, come noi 1' abbiamodescritta, è <strong>il</strong> solo atto di libertà vero eproprio di cui l' uomo è capace:Nella., realtà empirica obbiettivamente consideratanon c' è posto per la libertà. Il <strong>mondo</strong> deifenomeni è regolato dal principio di ragione, ela legge di causalità non soffre eccezioni : sianocause fisiche in senso stretto, oppure stimoli, oppuremotivi conosciuti, le cause agiscono semprenecessariamente : tutto ciò che si produce in undato momento del tempo è rigorosamente determinato,e non potrebbe essere diversamente da<strong>Biblioteca</strong> Comunale "Giuseppe Melli" - San Pietro Vernotico (Br)


— 269 —quello che accade. L' uomo pare che si sottraggaa questa legge, perché è fornito di ragione : <strong>il</strong>che vuol dire che i motivi che agiscono sopradi lui non sono solamente quelli presenti eimmediati, ma anche motivi pensati ed astratti :<strong>il</strong> che rende possib<strong>il</strong>e la condotta premeditatae la scelta consapevole fra più motivi. Questa,se vo<strong>gli</strong>amo conservare 1' espressione kantiana,libertà comparativa o relativa, che importa mia ,certa latitudine nella scelta e quindi la possib<strong>il</strong>itàdi determinarsi a ragion veduta, esisterealmente nell' uomo, ma non distrugge la necessitàdell' azione. Giacché anche qui, come in tutto<strong>il</strong> resto della natura, 1' azione è determinata dadue fattori, dalla causa che qui si chiama motivo,e dalla natura dell' essere su cui <strong>il</strong> motivoagisce. Questa natura nel caso presente è <strong>il</strong> carattereindividuale, che si manifesta nelle singoleazioni, è conosciuto empiricamente, e rimanefinchè dura la vita, costante e immutab<strong>il</strong>e. I motivi,come tutte le cause, sono semplici causeoccasionali, e in tanto agiscono in quanto hannopresa su quel dato carattere, <strong>il</strong> quale si manifestae si dà a conoscere nelle sue azioni, col rigoredi una legge naturale.E se <strong>il</strong> <strong>mondo</strong> non fosse altro che realtà obbiettivae conosciuta, non ci sarebbe posto pernessuna specie di libertà che non fosse un' <strong>il</strong>lusione.Come pure la libertà sarebbe un' <strong>il</strong>lusione,se <strong>il</strong> <strong>mondo</strong> e l' uomo fossero cose fatte, chiamatead esistere da una forza <strong>estra</strong>nea, diversa<strong>Biblioteca</strong> Comunale "Giuseppe Melli" - San Pietro Vernotico (Br)


270 --da loro : in questo caso insieme con la loro esistenzasarebbe anche determinata dal di fuori laloro essenza, la loro natura, <strong>il</strong> loro carattere,quindi la loro maniera di agire. Giacchè, comedicono <strong>gli</strong> scolastici, operari sequitur esse.Intanto noi sappiamo che le cose non stannocosì. L'uomo non è un semplice oggetto (rappresentazione),nè una cosa fatta, ma è realtàin sè, che in tanto esiste in quanto afferma e<strong>gli</strong>stesso la propria esistenza. E quel carattere cheabbiamo detto costante e immutab<strong>il</strong>e e<strong>gli</strong> dal didentro lo conosce come volontà sua. Quando e<strong>gli</strong>agisce senza che ostacoli esterni lo impediscano(libertà fisica), e senza che la sua mente sia impeditao turbata da ostacoli interni, sicchè <strong>il</strong>gioco dei motivi si produca in lui liberamente (libertàintellettuale); quando dunque e<strong>gli</strong> agisce inuna maniera conforme alla sua natura, e<strong>gli</strong> dicedi volere o di aver voluto 1' azione, e non sisogna nemmeno di attribuire ad altri che a sestesso, alla sua volontà, 1' azione sua. Sicchè <strong>il</strong>carattere empiricamente conosciuto, e che si manifestanelle singole azioni, è esso stesso la manifestazionedella natura propria di colui cheagisce, della volontà individuale che costituiscela base costante e 1' unità di quel carattere; uestanatura propria della volontà individuIe èquello che Schopenhauer chiama <strong>il</strong> carattere intelligib<strong>il</strong>e,conservando anche qui 1' espressionekantiana ; ma è chiaro, da tutto quello che noisappiamo, ch' e<strong>gli</strong> si assim<strong>il</strong>a questa dottrina,<strong>Biblioteca</strong> Comunale "Giuseppe Melli" - San Pietro Vernotico (Br)


271.come quella della cosa in sè, come quella delleIdee platoniche, modificando queste e quella nelsenso della sua intuizione.' Kant intende per carattereintelligib<strong>il</strong>e <strong>il</strong> carattere che noi giudicandomoralmente le azioni attribuiamo all'uomocome essere razionale (come noumeno, come personanel <strong>mondo</strong> intelligib<strong>il</strong>e), in quanto e<strong>gli</strong>ha <strong>il</strong> potere di determinarsi liberamente in unamaniera conforme o dis forme alla legge mo-.rale : sicché, secondo questa dottrina, le qualitàe disposizioni naturali come tali (in quantocioè derivanti dalla natura sensib<strong>il</strong>e dell' uomo)non appartengono al carattere intelligib<strong>il</strong>e. Scho-,penhauer invece, con la stessa espressione, intendeprecisamente <strong>il</strong> fondo naturale del carattereeh' è esso stesso volontà, ossia quell'attounico di volontà con cui insieme con l'esistenzaè anche determinata 1' essenza dell' individuo, edi cui tutte le sue azioni sono come la parafrasie 1' obbiettivazione nel corso del tempo. Il carattereintelligib<strong>il</strong>e (intelligib<strong>il</strong>e perchè solamentepensab<strong>il</strong>e e non intuib<strong>il</strong>e) è dunque l' in sè delcarattere empirico, der W<strong>il</strong>le n s kern dell' individuo,la volontà individualizzata di cui <strong>il</strong> carattereempirico è la manifestazione fenomenale.Quando noi riflettiamo sull' incredib<strong>il</strong>e ma evidentedifferenza dei caratteri individuali, <strong>gli</strong> unigiusti, sinceri, buoni, accessib<strong>il</strong>i alla pietà, <strong>gli</strong>altri incorreggib<strong>il</strong>mente cattivi o crudeli, falsi,astuti, perfidi — differenze radicali, con nuancesinfinite — e cerchiamo di spiegarci empiricamente<strong>Biblioteca</strong> Comunale "Giuseppe Melli" - San Pietro Vernotico (Br)


272la cosa con le circostanze, 1' ambiente, 1' educazionee gl' influssi ereditari noi ci urtiamo daultimo contro qualche cosa di cui non possiamGpiù assegnare la ragione o la causa, la naturaoriginaria dell' individuo, quello eh' e<strong>gli</strong> è in sestesso per dato e fatto della sua esistenza. L'uomoI non nasce tabula rasa, nemmeno moralmente :ed è questo mistero qui del carattere individualeingenito, dal quale dipenderà poi la sua condottae <strong>il</strong> suo destino nel <strong>mondo</strong>, che Platone(nelle ultime pagine della Repubblica) cercavadi spiegare col mito di Er 1' armeno, come unalibera scelta dell' individuo, e che gl' Indiani concepisconocome la conseguenza di azioni compiutein un'esistenza precedente : miti inadeguati cometutti i miti, ma che esprimono questa verità profonda: che quello che noi diciamo la nostra natura,non è qualcosa di obbiettivo e di separato danoi, come un vestito che altri ci abbia ta<strong>gli</strong>atoe che noi siamo condannati a portare; ma siamonoi stessi, s' identifica appunto con quello che noiaffermando la nostra esistenza diciamo la nostra(-volontà. Per cui se 1' azione singola, in quantomotivata, si deve dire determinata d' altra parte,>' in colui che agisce, essa è accompagnata dallacoscienza di essere cosa sua, originaria, volutanon da altri che da lui. Quello eh' e<strong>gli</strong> dice lasua libertà non è altro che la coscienza della suavolontà, di questo fattore interno eh' è <strong>il</strong> suo caratteree che non meno dei motivi è condizionesine qua non perchè 1' azione si produca : per<strong>Biblioteca</strong> Comunale "Giuseppe Melli" - San Pietro Vernotico (Br)


273questo e<strong>gli</strong> sente e sa di certa scienza di esserneresponsab<strong>il</strong>e. Intanto, finché afferma lasua volontà, e<strong>gli</strong> non può agire diversamenteda quello che agisce : potrà modificare, correggere,arricchire, chiarire sempre me<strong>gli</strong>o la suaconoscenza, ma non cambiare la sua natura; perchée<strong>gli</strong> si modificasse nel suo intimo, bisognerebbeeh' e<strong>gli</strong> diventasse un altro da quello che è.Mi sia concesso di non omettere queste due citazioni: « Le nostre azioni si compiono sempre conformementeal nostro carattere intelligib<strong>il</strong>e, ma noi nonpossiamo dire di conoscere a priori <strong>il</strong> nostro carattere :solo a posteriori, mediante l'esperienza, noi impariamoa conoscere, come <strong>gli</strong> altri, cosi anche noi stessi. Se <strong>il</strong>nostro carattere intelligib<strong>il</strong>e è tale che noi non possiamoprendere una buona risoluzione se non dopo una lungalotta contro una cattiva inclinazione, bisogna che questalotta la preceda e noi dobbiamo aspettarne l'esito. <strong>La</strong>riflessione sull' invariab<strong>il</strong>ità del carattere, sulla sorgenteunica da cui derivano tutte le nostre azioni, non devesviarci a pregiudicare in un senso o in un altro ladecisione che prenderà <strong>il</strong> nostro carattere : dalla risoluzionenoi riconosceremo la nostra natura e potremoguardarci nello specchio delle nostre azioni.... Siccomenoi non sappiamo questo anticipatamente, ma lo esperimentiamodopo, ci appartiene di lavorare e lottarenella nostra esistenza temporale perchè <strong>il</strong> quadro cherisulterà dalle nostre azioni sia tale da lasciarci tranqu<strong>il</strong>lie non sia per noi un tormento » (I, 393). E quest'altra dal Saggio sulla libertà (III, 431 e seg.) : « Ilcarattere è immutab<strong>il</strong>e, i motivi agiscono necessariamente: ma essi debbono passare per la conoscenza, cheè <strong>il</strong> mezzo dei motivi. Ora questa è capace di un perfezionamentocontinuo, può diventare sempre più estesae più giusta : a questo lavora ogni educazione. <strong>La</strong> cul-18<strong>Biblioteca</strong> Comunale "Giuseppe Melli" - San Pietro Vernotico (Br)


274 --tura della ragione, mediante conoscenze e vedute d'ognispecie, è moralmente importante per questo, ch'essaapre l'adito a motivi, ai quali l'uomo senza di essa rimarrebbechiuso. Finchè e<strong>gli</strong> non poteva comprenderli,questi motivi erano come se non esistessero per la suavolontà. Di qui avviene che, presentandosi le stesse circostanzeesterne, la situazione di un uomo può, la secondavolta, essere nel fatto interamente diversa dallaprima : quando cioè e<strong>gli</strong> nel frattempo sia diventatocapace di comprendere giustamente e compiutamentequelle circostanze : per cui ora agiscono sopra di luimotivi ai quali e<strong>gli</strong> prima era inaccessib<strong>il</strong>e. »Sicchè succede questo: che ogni nostra azione,in quanto voluta, è accompagnata nella coscienzada questo commentario : tu avresti potuto agirealtrimenti : <strong>il</strong> che non è vero, perché dato <strong>il</strong>motivo e <strong>il</strong> carattere, 1' azione non poteva esserediversa. Per cui <strong>il</strong> significato vero di quel conimentarioè quest' altro : l' azione è tua, dipendedalla tua volontà, e questa non è una necessitàineluttab<strong>il</strong>e che pesi sopra di te, ma sei tu stesso,e tu potresti essere altro da quello che sei. E nelfatto, quando noi siamo scontenti di noi stessi,non è 1' azione singola come tale che ci tormenta,ma 1' azione in quanto è documento di quello chesiamo, lo specchio nel quale siamo obbligati ariconoscere noi stessi. Finché la volontà individualesi afferma, essa fa parte della natura, quindiè impi<strong>gli</strong>ata, col suo carattere immutab<strong>il</strong>e, nelnesso causale, e non può agire diversamente daquello che agisce dietro i motivi che operanosopra di lei. Ma può fare una cosa : to<strong>gli</strong>ere la<strong>Biblioteca</strong> Comunale "Giuseppe Melli" - San Pietro Vernotico (Br)


— 275 —base su cui i motivi agiscono, ossia negare sestessa, sopprimere radicalmente 1' atto originariodell'affermazione in cui consiste <strong>il</strong> suo caratterenaturale, non volere più, non affermarsi piùcome prima : è come se un corpo perdesse d'untratto le sue proprietà chimiche, sicchè i reagentinon avessero più presa sopra di esso,e questo mutamento si fosse prodotto non pereffetto di un' azione esterna, ma dal di dentro.In tutto <strong>il</strong> resto della natura questo mutamentointeriore, radicale e spontaneo, non è possib<strong>il</strong>e,ma nell'uomo sì. Tutti quelli che conoscono lavita sanno che <strong>il</strong> carattere non si modifica altroche in apparenza, e che 1' uomo sotto la suapelle rimane sempre lo stesso uomo ma d'altraparte è pure un fatto che <strong>il</strong> malfattore più induritopuò diventare un santo d' un tratto, rinunziareal <strong>mondo</strong>, non volere più quello cheha voluto prima: si produce allora <strong>il</strong> miracolo diquelle conversioni repentine, che realmente sonoinesplicab<strong>il</strong>i empiricamente, e che la Chiesa perciò,nel suo linguaggio, chiama una rigenerazioneper effetto della grazia. Il vecchio Adamoè morto, rinasce purificato, dopo ch' è morto al<strong>mondo</strong>. Questa è realmente la sola avventurametafisica che ci sia, l'unica manifestazione difatto immediata della libertà nel fenomeno, laquale è possib<strong>il</strong>e quando la volontà ricoscendo <strong>il</strong>proprio essere, attinge in questa conoscenza unquietivo cha la sottrae all' impero dei motivi cheacrivano t, sulla sua affermazione. È in questo mi-rv<strong>Biblioteca</strong> Comunale "Giuseppe Melli" - San Pietro Vernotico (Br)


276siero qui della rigenerazione, o come diciamonoi, della volontà che nega se stessa, la soluzionedell' enigma del <strong>mondo</strong>, <strong>il</strong> segreto della liberazione,la porta angusta da cui si esce dalInondo (Zeitlichkeit, Sansara). Che cosa ci siadietro quella porta, e se ci sia qualche cosa, nessunopuò saperlo. Schopenhauer rimanda chi nonsi appaga di questo alle Upanishad, all' Enneadidi Plòtino, a<strong>gli</strong> scrittori mistici di tutti i tempie di tutti i paesi, i quali, come abbiamo detto,nonostante la grandissima differenza della lorocoltura e dei loro dogmi, e senza sapere nulla1' uno dell' altro, descrivono talvolta con un accordosorprendente, e tutti con la più incrollab<strong>il</strong>econvinzione e sicurezza, le loro esperienzeinterne. Ma <strong>il</strong> vero è che qui siamo all' estremolimite delle cose conoscib<strong>il</strong>i e delle verità comunicab<strong>il</strong>ida coscienza a coscienza : la F<strong>il</strong>osofia devefinire, come ha cominciato, rimanendo immanente.Quello ch' è certo per <strong>il</strong> nostro f<strong>il</strong>osofo è che<strong>il</strong> fenomeno esiste, e getta la sua luce sulla naturadi tutte le cose. Se <strong>il</strong> <strong>mondo</strong> fosse un giocoeterno di atomi senza vita, o una sostanza comunqueconcepita i cui modi fossero soggetti auna necessità ineluttab<strong>il</strong>e, non ci sarebbe nè <strong>il</strong>bisogno nè la possib<strong>il</strong>ità della liberazione. Ma <strong>il</strong><strong>mondo</strong> non è questo : la realtà di cui esso è <strong>il</strong>fenomeno è un nelle, un' affermazione spontaneadell' esistenza, la quale finchè perdura è comel' impulso e la molla permanente che tiene inmovimento la macchina del <strong>mondo</strong>. Ma la ne-<strong>Biblioteca</strong> Comunale "Giuseppe Melli" - San Pietro Vernotico (Br)


277cessità che domina e regola tutte le parti e imovimenti della macchina non è così profondach' essa attinga <strong>il</strong> cuore delle cose, sicchè quellamolla non possa sopprimersi, perchè essa è vo-.lontà, e 1' essenza sua è di potersi affermare onegare. Quando essa è giunta nell' individuoumano a riconoscere se stessa e la natura ch' è<strong>il</strong> suo fenomeno, sia facendo suoi e prendendosopra di sè <strong>il</strong> dolore di tutti, sia vedendo neldolore proprio <strong>il</strong> dolore del <strong>mondo</strong> (le due viedella liberazione), essa può negare se stessa al-1' atto originario dell'affermazione corrisponde unnolle, la rinunzia volontaria, la rassegnazione, laliberazione dal <strong>mondo</strong>. Questa liberazione sol;---"mente all' uomo è possib<strong>il</strong>e, all' uomo che conoscerealmente e vuota e<strong>gli</strong> solo <strong>il</strong> calice della morte: -<strong>gli</strong> animali sono come i frutti acerbi della natura,destinati a vivere e a morire sull' alberosu cui nascono; 1' uomo per via della conoscenzaè <strong>il</strong> frutto maturo, che nel punto della sua compiutezza,si stacca spontaneamente dall' albero.Quando la volontà non si nega, essa ricade nelseno della natura, ogni nascita le fornisce unnuovo intelletto, sicché essa continua eternamentele sue esperienze, finché riconosciuta lanatura reale della vita, essa non la vo<strong>gli</strong>a più.Io non mi nascondo, dice Schopenhauer ter-:minando, la ripugnanza che moltiproveranno adaccettare una veduta delle cose che per esseresincera e leale e non oltrepassare i limiti postialla ragione umana, è obbligata a finire con una<strong>Biblioteca</strong> Comunale "Giuseppe Melli" - San Pietro Vernotico (Br)


— 278 —negazione. Tuttavia, riflettiamo che <strong>il</strong> nulla èsempre un termine relativo e che quest' orroredel nulla è esso stesso un' altra maniera di esprimereche noi vo<strong>gli</strong>amo ardentemente la vita, eche non siamo e non conosciamo altro se non lavolontà di vivere. Ma se noi storniamo per unmomento i nostri sguardi da noi stessi, e li portiamosu que<strong>gli</strong> spiriti vittoriosi del <strong>mondo</strong>, lacui volontà ha rinunziato liberamente a se stessa,e li vediamo in possesso di quella pace ch' è piùpreziosa di tutti i tesori della ragione, di quellacalma profonda, di quella sicurezza e serenità, lacui impronta Raffaello e <strong>il</strong> Correggio hanno dipintosulla figura dei loro Santi e paragoniamoa quello stato <strong>il</strong> tumulto dei nostri sforzi vani,le nostre inquietudini, le nostre speranze delusee sempre rinascenti, tutto <strong>il</strong> sogno agitato diquesta nostra vita allora noi guardiamo con unprofondo e doloroso sospiro verso quello stato, esentiamo anche più vivamente tutta la desolazionedella nostra esistenza. Sì, bisogna riconoscerloapertamente : ciò che resta dopo la soppressionetotale della volontà, per quelli che dellavolontà sono pieni, effettivamente è <strong>il</strong> Nulla. Maviceversa per coloro nei quali la volontà s' è negata,questo nostro <strong>mondo</strong> con tutta la sua realtà,con tutti i suoi soli e le sue stelle, è esso ch' èNulla.E con questa parola <strong>il</strong> sistema finisce.<strong>Biblioteca</strong> Comunale "Giuseppe Melli" - San Pietro Vernotico (Br)

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