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PERIFERIE

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Il broccato e il compensatoL’istituzione e il laboratorio convivononella stanza 24 del primo pianodi Palazzo Giustiniani (G124), l’ufficioassegnato al senatore Renzo Piano.Da qui è partito un viaggio ai bordidelle istituzioni. Qui s’immaginail futuro della città osservandolodal presente dello Stato.Questo progetto è dedicato al mio amico e senatore a vita ClaudioAbbado: anche lui aveva un suo progetto per il Senato, ma non haavuto il tempo di realizzarlo.Aveva un grande desiderio, quasi un’idea fissa: che venga insegnatala musica nelle nostre scuole. Bisogna farlo perché la musica è ungiardino straordinario ma va frequentato da bambini.Vi è sempre stata una profonda consonanza tra il suo impegnocivile e la musica: musica come riscatto per i carcerati, musica pervalorizzare i giovani, musica come modo per togliere i ragazzi dallastrada. Mosso da questa aspirazione, collaborava con José AntonioAbreu e ogni tanto spariva e andava in Venezuela.Lui è sempre stato convinto di una cosa, di cui sono convintoanch’io: la bellezza salverà il mondo e lo salverà una persona allavolta. Una persona alla volta, ma lo salverà.L’intero stipendio da senatore di Renzo Piano è stato utilizzatoper le retribuzioni dei giovani architetti e per il progetto G124.Per il dettaglio delle spese: renzopianog124.com2 , 3


PeriferieGiorgio NapolitanoPresidente della RepubblicaRitornoalle originiIl ruolo creativo di un senatore“La Repubblica promuovelo sviluppo della culturae la ricerca scientificae tecnica.Tutela il paesaggioe il patrimonio storicoe artistico della Nazione.”Articolo 9,Costituzione della Repubblica ItalianaNovembre 2014L’attività messa in piedi da Renzo Pianocostituendo un apposito gruppo dilavoro, dedicato in particolare al temadelle periferie urbane, ha rappresentatouna concreta e originale applicazionedel suo impegno di Senatore a vita.Quando nominai lui insieme conaltre egualmente molto affermatepersonalità della cultura e della scienza,volli riprendere i primi esempi dinomine di Senatori a vita da parte delPresidente Luigi Einaudi. Furono quellele prime applicazioni dell’articolo 59della Costituzione appena entrata invigore; rispetto alle scelte compiuteda Einaudi, prevalentemente diversefurono quelle dei suoi successori, spessoorientate a valorizzare “altissimi meriti”acquisiti “nel campo sociale” attraversol’esercizio di rilevanti funzioni politicoistituzionali.In quel mio ritorno alle origininell’applicazione dell’istituto previstodall’articolo 59 della Carta, forsesottovalutai le difficoltà di presenzaa Roma e in Senato di personalitàlargamente impegnate, nei rispettivicampi, continuamente e a lungolontane dall’Italia. Ma continuoa credere che stimoli importantisi potessero egualmente riceveredall’appartenenza al Senato digrandi scienziati e artisti. E unadimostrazione l’ha data Renzo Pianocon la sua iniziativa, la cui consistenzae la cui pubblica utilità risultano dalladocumentazione che il Sole 24 Orepubblica. Piano ha così interpretatocreativamente il suo ruolo, e desiderocomplimentarmene vivamente conlui. C’è in effetti bisogno di creativitàin questi casi, in cui non basta tenerpresente la normale attività di un ramodel Parlamento.E forse ci sarà più in generale bisognodi creatività nel caratterizzare di vitapropria il nuovo Senato previsto dallariforma costituzionale tuttora indiscussione.Per tutte queste sollecitazioni, e per lagenerosità e qualità del suo impegno,un grazie di cuore, perciò, a Renzo Piano.Il Presidente Napolitano e Renzo Pianoal tavolo della stanza G1246 , 7


PeriferieUna bottegain SenatoDalla stanza G124il seme di un futuro possibilePietro GrassoPresidente del SenatoIl laboratorio della fondazione di Piano a Vesima, Genova.© Fondazione Renzo Piano - Foto di Fregoso & BasaltoUna “scuola del fare”dove condividere sfidee soluzioni come facevanoi grandi artisti e artigianidel passatoNovembre 2014Quando, accompagnato dal SenatorePiano, sono entrato in quel laboratoriodi idee, analisi e concrete prospettivedi intervento e di cambiamento che è lastanza G124, ho avvertito la sensazionedi avere davanti a me il seme di unfuturo possibile. Una grande stanzacoperta di pannelli di compensato consopra foto, appunti, progetti: unamoderna “bottega” in cui condivideresfide e soluzioni che ricorda quelledei grandi artisti e artigiani dei secolipassati.Le parole delle ragazze e dei ragazziche hanno affrontato il primo annodi questa sfida, con la loro energia, leloro competenze e il loro entusiasmo,mi hanno restituito il senso di quantoimportante per il nostro Paese possaessere la figura di Senatori a vita cheprovengano dalle arti, dalle scienzee dalla cultura, e che vedano la loroazione in Senato come un impegnoserio, a servizio del Paese, a partire dalleloro competenze specifiche.Lo studio del “rammendo delleperiferie” in pochi mesi è entrato atal punto nell’immaginario collettivoitaliano da essere stato già presocome spunto per una delle tracce dimaggior successo dell’Esame di Stato,realizzando così in parte uno degliobiettivi primari evocati da Piano e dalsuo gruppo di studio: coinvolgere lescuole e i giovani nel cambiamento delPaese, a partire dal loro territorio e dallabellezza che si trova in esso.Nella mia vita ho conosciuto le peggioriperiferie italiane. Sono luoghi natispesso con le migliori intenzionima trasformati dall’incuria e dalladisattenzione in moderni infernimetropolitani. Il lavoro del gruppoG124 sembra seguire la lezione di ItaloCalvino che proponeva, al terminedel suo Le città invisibili, di “cercare esaper riconoscere chi e cosa, in mezzoall’inferno, non è inferno, e farlodurare, e dargli spazio”.Sono convinto che se le idee di questorapporto avranno la possibilità diconcretizzarsi e diventare un modellodi intervento per tutti i sindaci,otterremmo il risultato di dare spazioe durata a una nuova idea di periferia e,quindi, di città e di Paese.8 , 9


In periferia, è soprattutto con i tramche la vita arriva al mattino.Louis-Ferdinand Céline, Viaggio al termine della notteLA VERSIONE DI PianoLa missione di un architetto-senatoreCi sono frammenti di città feliciche continuamente prendono formae svaniscono, nascoste nelle città infelici.Italo Calvino, Le città invisibili10 , 11


Diversamentepoliticodi Renzo PianoArchitetto e senatoreIl nostro futuro è nella parte fragiledelle città. Così è nato il G124Quando il presidente Giorgio Napolitano mi ha nominatosenatore a vita non ho chiuso occhio per una settimana.Mi domandavo: io, un architetto che la politica la leggesolo sui giornali, cosa posso fare di utile per il Paese? UnPaese bellissimo e allo stesso tempo fragile. Sono statenotti di travaglio ma alla fine si è accesa una lampadina:l’unico vero contributo che posso dare è continuare a fareil mio mestiere anche in Senato e metterlo a disposizionedella collettività. Mi sono ricordato di una scena del filmIl postino con Massimo Troisi, quando il personaggio diPablo Neruda spiega: sono poeta e mi esprimo con questolinguaggio. Io invece sono un geometra genovese che girail mondo e costruisco usando il linguaggio che conosco,quello dell’architettura. Ecco cosa posso fare.Mi son detto: l’architetto è un mestiere politico,dopotutto il termine politica deriva da polis che è la città.La risposta come la intendo io è questa: quello che farò èun progetto di lungo respiro, come la carica di senatore avita impone. Ma quale progetto?Dagli studi liceali è affiorato alla memoria il giuramentodegli amministratori agli ateniesi: prometto di restituirviAtene migliore di come me l’avete consegnata. Pertutte queste ragioni ho pensato di lavorare sullatrasformazione della città, sulla sua parte più fragile chesono le periferie dove vive la stragrande maggioranzadella popolazione urbana. Credo che il grande progettodel nostro Paese sia quello delle periferie: la città delfuturo, la città che sarà, quella che lasceremo in ereditàai nostri figli. Sono ricche di umanità, qui si troval’energia e qui abitano i giovani carichi di speranze evoglia di cambiare. Ma le periferie sono sempre abbinatead aggettivi denigranti. Renderli luoghi felici e fecondi èil disegno che ho in mente. Questa è la sfida urbanisticadei prossimi decenni: diventeranno o no parte della città?Riusciremo o no a renderle urbane, che vuole anche dire“Il grande progettodel nostro Paesesono le periferie:la città che sarà,la città chelasceremo ai figli15 mesi di attività30 agosto 2013 Il Presidente dellaRepubblica Napolitano nominal’architetto Renzo Piano senatore avita. Con lui il direttore d’orchestraClaudio Abbado, il fisico Carlo Rubbiae la ricercatrice Elena Cattaneo.29 ottobre 2013 Renzo Pianopassa dalla Commissione 8° Lavoripubblici e comunicazioni (alla qualeera stato assegnato inizialmente)alla Commissione 13° Territorio,ambiente e beni ambientali.3 novembre 2013 Parte il bandodi selezione per l’assunzione disei giovani architetti (tre uomini etre donne) che si occuperanno distudiare il rammendo delle periferieitaliane. I candidati che inviano icurricula sono oltre 600.19 dicembre 2013 Riunione aGenova con i tre tutor, i sei giovani euna squadra di consulenti.Si individuano sei temi di lavoro:1 consolidamento e restauro edificiesistenti, 2 trasporto pubblico,3 luoghi di incontro e di scambio,4 processi partecipativi,5 verde come connettivo,6 bellezza nascosta.12 , 13


La versione di Piano Periferie<strong>PERIFERIE</strong>Tremende nelle rivoluzioni.Gustave Flaubert, Dizionario dei luoghi comuniI tre tutor e i sei giovani architetti del gruppo G124© 2014 Fotografico, Senato della Repubblicacivili? Al contrario dei nostri centri storici, già protetti esalvaguardati, esse rappresentano la bellezza che ancoranon c’è.Poi la periferia fa parte del mio vissuto, da sempre. Sononato e cresciuto a Pegli, nella periferia di Genova versoPonente vicino ai cantieri navali e alle acciaierie. Nel’68 quando ero studente al Politecnico di Milano vivevoa Lambrate e andavo rigorosamente in periferia per farepolitica e anche per ascoltare jazz al Capolinea, in fondo aiNavigli come dice il nome stesso.E anche oggi i miei progetti più importanti sono lariqualificazione di periferie urbane, dalla ColumbiaUniversity ad Harlem, al nuovo palazzo di giustizianella banlieue di Parigi al polo ospedaliero di Sesto SanGiovanni che sorgerà dove un tempo c’era la Falck.Un’area che gli anglosassoni chiamano brownfield, ovveroun terreno industriale dismesso.Questo è un punto importante nel nostro progetto dirammendo. Oggi la crescita delle città anziché esplosivadeve essere implosiva, bisogna completare le ex areeabbandonate dalle fabbriche, dalle ferrovie e dallecaserme, c’è un sacco di spazio a disposizione. Si deveintensificare la città, costruire sul costruito, sanarele ferite aperte. Di certo non bisogna costruire nuoveperiferie oltre a quelle esistenti: devono diventare cittàma senza espandersi a macchia d’olio, vanno ricucite efertilizzate con strutture pubbliche. È necessario mettereun limite a questo tipo di crescita, non possiamo piùpermetterci altre periferie remote, anche per ragionieconomiche. Diventa insostenibile portare i trasportipubblici, realizzare le fogne, aprire nuove scuole e persinoraccogliere la spazzatura sempre più lontano dal centro.Per questo con il mio stipendio da parlamentare homesso a bottega sei giovani architetti che si sono occupatinell’ultimo anno di rendere più vivibili lembi di città aRoma, Torino e Catania. E il prossimo anno saranno altriragazzi a raccoglierne il testimone e a continuare.Mi piace parlare di giovani perché sono loro e non io ilmotore di questa grande opera di rammendo e sono loroil mio progetto. Le periferie e i giovani sono le mie stelle“Parlo di giovaniperché sono loroe non io il motoredi questa grandeopera6 gennaio 2014 Si decide dichiamare il gruppo di lavoro G124dal numero della stanza di PalazzoGiustiniani dove ha l’ufficio RenzoPiano e dove si svolgono le riunioni.Nell’ufficio sono stati portati pannellie un tavolo di compensato, come inuno studio di architettura.10 gennaio 2014 Va online suTumblr la piattaforma che raccogliee documenta il lavoro del G124:renzopianog124.com23 gennaio 2014 Renzo Pianocommemora nell’aula del Senatol’amico e senatore a vita ClaudioAbbado scomparso il 20 gennaio:“Vi è una sorta di complicità trail musicista e l’architetto, tra chicompone lavorando con la materiapiù immateriale e più leggera cheesista, cioè il suono, e chi invececostruisce”.2 febbraio 2014 vengono individuatele tre periferie che saranno oggettodi studio e degli interventi del G124:Librino a Catania, il Viadotto deiPresidenti e il Municipio III di Roma, ilquartiere Borgata Vittoria a Torino.25 febbraio - 13 marzo 2014In una serie di riunioni e sopralluoghisul posto (con il coinvolgimentodi abitanti e associazioni locali)vengono definiti gli interventi dirammendo nelle tre periferie.14 , 15


La versione di Piano Periferie“Si tratta solo discintille, che peròstimolano l’orgogliodi chi quei luoghili viveguida in questa avventura da senatore, e non solo. Mipiace anche il concetto di bottega che ha una nobile eantica origine, una sorta di scuola del fare che in questocaso significa fare per il nostro Paese.Anche perché i nostri ragazzi devono capire quanto sonostati fortunati a nascere in Italia. Siamo eredi di unastoria unica in tutto il pianeta, siamo nani sulle spalle diun gigante che è la nostra cultura.Qualcosa noi del G124 abbiamo fatto, come potete leggerein questa pubblicazione: si tratta di piccoli interventidi rammendo che possono innescare la rigenerazioneanche attraverso mestieri nuovi, microimprese, start up,cantieri leggeri e diffusi, creando così nuova occupazione.Si tratta solo di scintille, che però stimolano l’orgogliodi chi ci vive. Perché come scriveva Italo Calvino “ci sonoframmenti di città felici che continuamente prendonoforma e svaniscono, nascoste nelle città infelici”. Questiframmenti vanno scovati e valorizzati. Ci vuole l’amore,fosse pure sotto forma di rabbia, ci vuole l’identità, civuole l’orgoglio di essere periferia.Manca poco alla cena;brillano i rari autobus del quartiere,con grappoli d’operai agli sportelli […]e, non lontano, tra casetteabusive ai margini del monte, o in mezzoa palazzi, quasi a mondi, dei ragazzileggeri come stracci giocano alla brezzanon più fredda, primaverilePier Paolo Pasolini, Le ceneri di Gramsci27 marzo 2014 Renzo Pianoincontra Barack Obama presso VillaTaverna a Roma e gli illustra anche ilprogetto di rammendo portato avantidal G124.5 aprile - 8 maggio 2014 Giovaniarchitetti e tutor del G124prendono contatti e incontrano leamministrazioni comunali guidate daIgnazio Marino, Piero Fassino e EnzoBianco. Non sempre la reazione deifunzionari è immediata.18 giugno 2014 Tra le tracce deitemi proposti alla maturità una èsul rammendo delle periferie. Glistudenti sono chiamati a riflettere suuna frase di Renzo Piano: “Siamo unPaese straordinario ma fragile”. Saràscelto da oltre 60mila studenti.19 e 20 settembre 2014 Passeggiataesplorativa a Borgata Vittoria(Torino) con i bambini delle scuoleelementari del quartiere, attivitàall’orto e dibattito con gli abitantisulla rigenerazione urbana.24 e 25 settembre 2014 Riunionea Roma con il G124. Renzo Pianoincontra il Presidente del SenatoPietro Grasso e il Presidente dellaRepubblica Giorgio Napolitano perillustrare il lavoro svolto con i giovani.29 settembre 2014 Presentato aCatania il progetto baL (buone azioniper Librino) sul come “rammendare”il campo di San Teodoro: trasformarela struttura (resa fruibile dagli sforzidei volontari) in un grande centrosportivo.11 e 12 ottobre 2104 Consegna allacittadinanza dello spazio pubblicoSotto il Viadotto nel quartiereNuovo Salario. “Riattivazione” diuna parte della stazione Serpentaracon l’inaugurazione di una piazzaecologica, un laboratorio di quartiere,un deposito attrezzi e un percorsocon giochi per i bambini.27 novembre 2014 Presentazionein Sala Zuccari a Palazzo Giustinianidel lavoro del G124 svolto dal giornodella nomina di Renzo Piano.28 Novembre 2014 Conferenza diRenzo Piano al Quirinale davantial Presidente della Repubblica e a120 ragazzi dei licei di tutta Italiaselezionati per l’occasione dalMinistero dell’istruzione.16 , 17


Io ero contento di abitare in questa periferiapopolana e laboriosa.Luciano Bianciardi, La vita agraIL SENSO DEL RAMMENDOTredici letture e due visioniDicono che in periferial’aria è più buona, che si vive meglio.E verranno a strapparne straccetti,a butterarla di sbarre.Marina Cvetaeva, Poema della montagnaNel Centro Iqbal Masih di Librino, a Catania,i volontari organizzano attività e laboratori per il quartiere.Sopra: il campo della vicina area San Teodoro18 , 19


1,Un centro anziani in Borgata Vittoria, la zona su cui si concentrail G124 a Torino. A destra e nella pagina accanto, altre immaginidel quartiereCambia la periferia,cambiano i modi per capirlaUn intervento di “innesco” non può chepartire dagli abitanti e dalle loro domande.Come riuscire ad ascoltarle?di Mario AbisProfessore allo IULM, esperto di ricerca socialeIn Italia circa il 60% della popolazione vivenelle periferie. Periferie molto diversetra loro per struttura economica, sociale,demografica, e anche per livelli di degradourbanistico e architettonico.Queste differenze, radicate storicamente,si complicano con l’allargarsi delle cittànelle aree metropolitane. Le periferie sonoperiferie della città, ma diventano nuovicentri nodo nelle aree metropolitane.Toccare questi punti critici con unrammendo architettonico e innescare unprocesso virtuoso non riguarda soltanto laqualità estetica e funzionale di un oggettofisico. Significa generare un processosociale ed economico nel momento in cui,anche a livello amministrativo, il territorioviene ridefinito.In questo quadro sembrano due lequestioni rilevanti per indirizzare ilmodello d’intervento sulle periferie.La prima interessa la definizione delletipologie di periferia. Quali sono gliindicatori sensibili che, oltre a descrivere,aiutano a comprendere le leve su cuiagire? Non parliamo solo degli indicatoriclassici con cui spiegare una periferia (lastruttura socio-demografica, la mobilità,la struttura socio-professionale, ecc.) maanche di nuovi indicatori qualitativi comeil livello di salute, il malessere psicologicoo l’uso del tempo: fattori che descrivono inmodo indiretto la forma sociale e quindila “domanda” che una certa periferiaesprime, e che riguarda innanzitutto ilcome la periferia sia percepita da chi laabita.Sapere per esempio se una periferia èa forte popolazione anziana (di normamalata cronica e depressa) porterà areinterpretare i luoghi pubblici di incontroe di animazione culturale che possono dareuna risposta alla malattia e all’isolamentoanche in termini di welfare.Individuare una periferia a fortecomponente giovanile inoccupata vuoldire ridisegnare luoghi e situazioni fisicheorientandoli alla creazione di start up, osemplicemente per valorizzare attività emestieri artigianali legati alla tecnologia.Un modello di piccoli laboratori (craft andtechnology) che nei territori metropolitani,soprattutto se connessi con centriuniversitari, hanno spesso avviato processidi forte innovazione e con effetti a rete sututto il contesto.Lavorare sulle periferie isolate significainnescare una mobilità virtuosa, verso il“fuori” ma anche di richiamo dall’esterno,capace di sanare elementi di marginalitàpericolosi anche per la sicurezza.Per non parlare poi degli interventisull’atmosfera generale, legati soprattuttoal verde e alla sostenibilità ambientale,che incidano anche sotto l’aspetto esteticosulla precarietà e il malessere.Tutto ciò ha a che fare inoltre con unametodologia che prevede di costruireprocessi partecipativi — e questa è laseconda questione.Da una parte, questa necessità richiedenuovi modelli di ricerca d’ascolto socialesul campo (sull’esempio dei bilanci socialid’area), molto più evoluti delle semplicisurvey che spesso non intercettano bisogniindiretti e latenti. Dall’altra, questistrumenti individuano già modalitàLe microcomunitàe le loro esigenze.La partecipazioneda attivare. A guidareil G124 è una visioneplurale dei luoghiconcrete e creative di partecipazione aipercorsi ideativi e progettuali da parte dellecomunità.Questa visione della pluralità e delladiversità delle periferie ha già ispiratole attività del G124 e i progetti di Torino,Roma e Catania.Per il progettista questi processi hannoa che fare con la ricerca di punti fisici diinnesco (una scuola, una caserma, unvecchio cinema, un oratorio, una ferroviaabbandonata, un campo sportivo…), anchemarginali ma sensibili per la loro capacitàdi estendere il valore della rigenerazione.Punti che spesso riguardano situazionigià costituite, quasi sempre in modospontaneo, in termini di microcomunitàsul territorio: un circolo sportivo,una comunità di servizi, un centro dianimazione culturale (anche multietnica),per non dire i luoghi tradizionali diintegrazione, dall’oratorio alla parrocchia.In sostanza piccole situazioni, luoghi fisicispecifici in cui l’intervento architettonicodi rammendo può accendere una scintillae propagare l’effetto nel più ampio sistematerritoriale.20 , 21


Il gruppo G124 a Roma durante un sopralluogo tra le struttureabbandonate del Viadotto dei Presidenti nel Municipio III13 letture e 2 visioni PeriferieAl mercato romano di Val MelainaForever young:a lezione da PianoCon G124 continua la missione del maestro“ragazzaccio”: insegnare il mestiereai giovani progettisti, chiamandoall’impegno sulle città2,di Stefano BucciGiornalista del Corriere della SeraLa prima volta che ho incontrato Piano(sarà ormai una quindicina di anni fa) èstato nel suo studio parigino, al Marais.E ancora adesso il ricordo più netto diquell’incontro sono i tanti ragazzi, oforse dovrei dire i giovani-professionisti,che ho visto al lavoro nella sua bottega.Perché tutto mi sarei aspettato tranne chetrovare, nell’antro del grande progettistache aveva ridato vita al Beaubourg, un taleassemblaggio di facce, di razze, di colori“di nuova generazione”. Facce, razze,colori che sembravano quasi voler mimarela stessa complessità del nostro mondo edel nostro futuro.Oggi posso dire che non poteva esserediversamente, perché ogni volta chel’incontro con Renzo si è ripetuto, lasensazione di “novità” e di “freschezza”è ricomparsa implacabile: i giovaniprofessionisti, insomma, c’erano sempree comunque. Nello studio di PuntaNave o in quello a New York, durantegli incontri della Fondazione che avevacreato per promuovere la professione diarchitetto o durante l’esame dei progettiper la ricostruzione di Cavezzo dopoil terremoto del 2012. Mentre tenevaun’affollatissima lectio magistralis nell’aulamagna dell’Università di Padova o mentreinaugurava il Muse di Trento.“Un architetto —dicePiano— dovrebbe camparefino a 150 anni, perchéi primi 75 servono soloper imparare”Poteva essere altrimenti? Oggi pensoproprio di no: il cuore e la testa di Pianosono ancora giovani, e soprattuttoguardano e pensano al futuro di questigiovani. Con passione ma anche conironia, tanto che quando parla di sé e delsuo compagno di progetto Richard Rogersama ripetere: “Eravamo e siamo ancoradue ragazzacci, il progetto del CentrePompidou ce l’hanno fatto fare solo perchénon l’avevano capito”. La sua non è peròuna passione egoista o la piccola grandeinvidia che prende chi, come tutti, vedegli anni passare. Piuttosto è la voglia difare da maestro, di lasciare una tracciache non sia solo quella fortissima dei suoiprogetti realizzati ovunque. È il desideriodi lasciare un’eredità di bottega, qualcosache apra ai giovani la giusta strada versoil futuro. Qualcosa che si possa tradurrein un mestiere da imparare e nellaconsapevolezza che la partecipazione(anche quella politica) è fondamentale perscoprire noi stessi. E che essere italianinon è una colpa ma piuttosto l’orgogliodi fare parte di quel “Paese straordinario,bellissimo eppur fragile”, lo stesso cheda tempo Piano evoca con assiduità. Unmessaggio che evidentemente i giovanisono ormai pronti ad accettare vistoche quest’anno, per la prima volta, trale innumerevoli tracce dell’esame dimaturità ha finalmente trovato spazioanche una traccia d’architettura firmataproprio da Piano: quella sul recupero delleperiferie da trasformare in vere città delfuturo, in frammenti da considerare consempre maggiore attenzione e da guardareandando oltre le apparenze.Nel gruppo G124 lavorano con contrattoannuale sei giovani architetti (tre donnee tre uomini) pagati con lo stipendioparlamentare di Renzo Piano, che è statointeramente destinato a questo progetto:anche questo è un segnale che invitale nuove generazioni di progettisti aimpegnarsi per rendere sempre più bella lapolis. “Un architetto dovrebbe campare finoa 150 anni, perché i primi 75 sono necessarisolo per imparare”, ama dire Renzo. Qualemigliore augurio si potrebbe fare allanostra “meglio gioventù”?23


Momento di pausa e immaginazione tra gli spazidel Municipio III a Roma13 letture e 2 visioni PeriferieCatania. La Piccola Orchestra di Librino,progetto di volontariato per bambini,durante le provedi Paolo CrepetPsicologo, psichiatra e scrittoreIn un mondo fluido,le novità possono nasceresolo ai bordi, negli spazidi margine. Proprio comein economiaChi dice periferianon dice una parolacciaIl rapporto centro-bordi va ribaltato.A partire dai pregiudizi fissati nel lessico3 ,Nella nostra cultura occidentale, ilrapporto centro-periferie è viziato dapregiudizi positivi e negativi.Da una parte, il significato della parola“centro” riceve un valore positivo in quantocentralità, importanza, potere, cuore,anima, legittimazione. Tutto convergeal centro, il centro del programma, lacentralità di una certa operazione: “inmedio stat virtus”. Anche gli edificihanno celebrato il centro, da quellodelle “istituzioni totali” (tipicamente ilpanottico di alcune costruzioni carcerarie,come diceva Foucault) ai centri direzionali.L’idea è che centralizzare significhimaggiore efficacia ed efficienza.Dall’altra parte, il significato di “periferia”intesa come confine, margine, bordoestremo o esterno. In questo caso ilsignificato è quasi sempre inteso insenso negativo. Confinare qualcunoo qualcosa significa marginalizzare,rendere meno importante, delegittimare.Periferico diventa sinonimo di subalterno,confinato, svantaggiato. La periferiaacquisisce in quest’ottica il significatodi territorio alienato/alienante, poverostrutturalmente e culturalmente.Mentre il centro si restaura e abbellisce,la periferia tende a crescere senzaprogramma. Da un lato la razionalità,dall’altro il caotico: ordine vs. disordine.Periferia intesa come cornice (dal grecoperí, “intorno”) di un luogo prezioso; centrocome luogo di “accentramento” culturaleed economico.Per riabilitare il concetto di periferiaoccorre quindi rovesciare il pregiudizio.Periferia diventa così il luogo eccentrico,non soltanto perché lontano, fuori dalcentro, ma soprattutto come luogo aperto,sperimentale, non condizionato.Del resto, dal punto di vista politico edeconomico, i grandi cambiamenti incorso a livello globale negli ultimi decennistanno sovvertendo ogni pregiudizio sulrapporto centro-periferia, accordando aquest’ultima il ruolo di traino, crescita etransizione positiva: i paesi “emergenti”(quelli con il Pil a due cifre) sono i paesiperiferici, mentre i paesi storicamenteconsiderati “centrali”, in termini valorialie monetari, sono quelli in cui vieneancora con-centrato il potere economicopoliticomondiale in aperta resistenza alletendenze in atto.Se come è ormai evidente la mappa delpotere economico si avvia a diventareliquida, ovvero priva di centralità e senzaperiferie predestinate, anche la politicanon può che riflettere un destino analogo.Non più destra, centro e sinistra, doveil centro equivaleva a moderazione edequilibrio, ma uno spostamento continuotra innovazione e conservazione.Un movimento non più imperniato suequidistanze, ma fluidamente spinto versoil cambiamento o attestato sulle resistenzead esso.La periferia assomiglia dunque semprepiù a un grande suk necessario e dinamicodove nulla può essere pregiudizievole,ma tutto potenzialmente fruibile. Laperiferia diventa così sinonimo di cernieratra il possibile e il dato a priori, tra vecchio enuovo, tra rigidità e flessibilità, fra storiae futuro.In quest’ottica le periferie tendono adiventare i nuovi centri-non-centri delfuturo. Luoghi di scambio e di attrazioneper merci e idee. Periferie intese comeborder-line osmotico, di libero scambio traetnie, religioni, culture, come “terre diqualcuno”. Fabbriche non già di tolleranza(termine incline al mantenimento delpotere costituito) ma di nuova convivenza.Luoghi non più gravitazionali, maorizzontali, fluidi, liberati dalla necessitàdi una collocazione satellitare.25


Attraversare corso Grosseto. Il progetto del G124a Torino interviene su un’area a cavallo del viale13 letture e 2 visioni PeriferieTra i cortili delle case popolari di Borgata Vittoria, Torino4 ,L’impresa di Ponte LambroPassare dall’assistenza alla promozionepersonale. Dall’emergenza al lavoro.L’esperimento del Laboratorio Unesconel quartiere milanesedi Ottavio Di BlasiArchitettoIl Comune di Milano offre nei quartieriperiferici una rete capillare di serviziper assistere le fasce sociali più deboli:anziani, adolescenti, immigrati, famigliedisagiate.Anche se indispensabili, questi sforziriescono solo in parte a migliorare laqualità dei luoghi. Se da un lato assicuranouna tutela importante a chi è piùvulnerabile, spesso le attività non dannoinfatti prospettive vincenti rispetto alprogresso generale della vita in periferia,proprio per il loro carattere emergenzialee assistenziale. Problemi come lacriminalità, l’emarginazione, la mancanzadi lavoro o di qualità della vita restanofuori dal loro raggio d’azione.L’idea alla base del Laboratorio Unescodi Ponte Lambro, zona ai marginidi Milano, è superare la dimensionepuramente assistenziale tipica di molticentri civici, per affiancarle un’idea dipromozione personale attraverso il rilanciodella microimpresa, la riqualificazioneprofessionale, il supporto al lavoro.È un cambio di prospettiva importante.Si tratta di passare da una strategia di tipore-attivo, in qualche modo difensiva, a unastrategia pro-attiva, generativa, che puntaa rilanciare le periferie partendo dallaricchezza di funzioni. Per rinascere, laUn incubatore e spaziodi co-working fra le casepopolari. Sperando siail primo di una retedi “anticorpi” in cittàperiferia deve smettere di essere “quartieredormitorio” e diventare luogo “ricco”, incui lavorare, crescere e condurre una vitaurbana completa e arricchente.Il passaggio dall’assistenza sociale allapromozione sociale segna anche unospostamento decisivo del ruolo pubblicosul territorio: da soggetto fornitore diservizi assistenziali a soggetto promotoredi cambiamento, attraverso attività“nobili” legate al lavoro.Gli architetti hanno spesso creduto che permigliorare le periferie bastasse disegnarepiazze, viali e centri civici. Nulla di piùfalso! Le città sono piene di piazze eanfiteatri vuoti, viali non frequentati,centri di aggregazione spettrali, incapacidi creare vero coinvolgimento nellapopolazione.Per riqualificare le periferie serve vitavera, ricca e pulsante, servono funzionivitali, giovani che lavorano, comunicanoe scambiano. Non è dunque una questionedi forma urbana, ma piuttosto di funzioni.In un tessuto fragile come la periferia, laforma non può precedere la trasformazionesociale ma deve essere la sua conseguenzanaturale.Il Laboratorio di quartiere Unesco si insediaproprio nel cuore degli stecconi di casepopolari simbolo del degrado di PonteLambro. Accanto alle attività tradizionalidi assistenza (centro anziani, ludoteca,accompagnamento sociale) il laboratorioospita le nuove funzioni che puntano avalorizzare le forze imprenditoriali e lepotenzialità umane presenti in nuce sulterritorio ma non ancora espresse.Si tratta di un incubatore di impresa,un centro di consulenza, orientamento eriqualificazione professionale e una sede dico-working per un totale di quasi duemilametri quadrati.Il progetto, realizzato da Ottavio Di Blasi& Partners in collaborazione con LambertoRossi e su iniziativa dell’allora assessorealle Periferie Paolo Del Debbio, ha vistopartecipare gli abitanti e il coinvolgimentodi Aler e del Comune di Milano. Il nomenasce da una provocazione lanciata nellontano 2000 da Renzo Piano: dichiarare leperiferie urbane patrimonio dell’umanità.Da allora molto tempo è passato: 14 anni.Troppi. Ma il cantiere è quasi concluso eil Comune sta per lanciare un bando perselezionare le nuove imprese che sarannoospitate al suo interno.L’ambizione del Laboratorio è far scattareuna scintilla sociale la cui capacità dicambiamento sia maggiore dell’energiainvestita. È quel che è successo a PonteLambro, dove si può dire che il cantiereha già cambiato il quartiere, centrandol’obiettivo di allontanare alcuni problemidi criminalità per i quali il quartiereandava famoso.Gli abitanti hanno percepito il laboratoriocome la prova di un interesse attivodell’amministrazione e in definitiva comeil segno di un cambiamento. Questo,insieme a piccoli ma decisivi interventisulle aree verdi e lo spostamento della lineadegli autobus, ha portato alcuni privati ainvestire nelle aree limitrofe, generando difatto una trasformazione nel percepito delquartiere da parte degli abitanti.Con la sua apertura Ponte Lambrodiventerà un polo di attrazione per l’areacircostante e, se l’esperimento avràsuccesso, è facile immaginare una retedi laboratori posizionati nei punti chiavedei quartieri della città: anticorpi perrigenerare le periferie.27


5 ,Roma, Municipio III. La palestra popolare di Colle Salario.A sinistra: un condominio nel quartiere SerpentaraStoria essenzialedel cantiere leggeroViene da lontano ma è sempre più attuale.L’idea di un laboratorio flessibile, che si faevento e unisce recupero e innovazionedi Gianfranco DioguardiIngegnere, professore al Politecnico di BariNuove tendenze concettuali e operativesi impongono oggi per recuperare leperiferie, luoghi del possibile degradourbano.Renzo Piano ha indicato con largo anticipoquali linee strategiche seguire: è delgiugno 1979 il suo intervento conservativosul centro storico di Otranto, realizzatocon la partecipazione attiva degli abitantisenza che fossero temporaneamenteallontanati dai luoghi dei lavori —azione anticipata peraltro da un primoesperimento progettuale sull’isola diBurano. Piano teorizzò poi le sue idee inun libro, Antico è bello. Il recupero della città(pubblicato nel 1980 da Laterza), diventatouna pietra miliare nella storia dei progettiurbani.Il filo conduttore era l’idea di porsi“all’ascolto” dei problemi e delle esigenzeche emergevano direttamente dalterritorio, così da rispondere in temporeale e con la massima flessibilitàcantieristica e imprenditoriale. Lapartecipazione, la comunicazione el’informazione assumevano dunqueun’importanza fondamentale, imponendoall’impresa operatrice di realizzare un“cantiere leggero”, capace di adattarsi inmodo immediato alle mutevoli circostanzeambientali.Il grande sociologo francese Michel Crozieravrebbe analizzato il tema scrivendo nel1989 un trattato di successo, L’entreprise àl’écoute, apparso in Italia nel 1990 con iltitolo L’impresa in ascolto (Il Sole 24 Ore).Negli anni successivi sia le organizzazioniimprenditoriali sia le tecniche diintervento si sono conformate a questisuggerimenti. L’impresa ha assuntosempre più la forma di “impresa rete”,ovvero di Network Enterprise (titolo nel 2010del mio saggio per Springer), e il cantiereleggero ha sposato il concetto di restaurocome metodo d’azione: sia in terminiconservativi, per il recupero degli antichicentri storici; sia per “rammendare” le piùrecenti periferie urbane e restituirle a unanuova esistenza attraverso —per ricordareItalo Calvino spesso citato da Piano— la“leggerezza” della cultura, interpretatacome strategia per riportare alla civiltà ildeprimente degrado urbano.Così, all’inizio del terzo millennio andavaformandosi una grande alleanza fra i centristorici di città oramai “metropolitane”e le periferie emarginate da recuperaremediante rammendo. Rispetto ai nucleicittadini più antichi, l’attenzione sifocalizzava sul recupero e il riuso deglielementi relativamente nuovi sul territorio(le periferie degradate tipiche delle areemetropolitane e in particolare le struttureindustriali dismesse) con l’obiettivo dirivitalizzare il contesto urbano grazieal coinvolgimento di tutti gli attoriinteressati — soprattutto sviluppandoprocessi di “formazione professionale” sulOggi il ruolo delle impreseche operano sul territorioè porsi “in ascolto”, aprirsi,trasferire il proprio saperecampo (scuole cantiere rivolte ai giovani) e di“educazione civile” per tutti gli abitanti.Oggi le operazioni di cantiere leggeroimmaginate da Renzo Piano sono confluitein un metodo d’intervento nuovo e allostesso tempo antico: il Laboratorio delRestauro Nuovo Sostenibile. Al suointerno si coniugano utili alleanze fratradizioni consolidate e innovazione,attuate grazie a una cultura nuova cheproprio le imprese, nella loro funzione di“imprese enciclopedia”, sono chiamate atrasferire sul territorio. In particolare aigiovani, primi interpreti di una posteritàa cui è affidato il prossimo futuro, eutilizzando appunto il concetto di cantiereleggero, ovvero di uno spazio apertoche si configura come “cantiere eventoavvenimento”.Strategie e metodi, dunque, che hannoorigine dalle antiche intuizioni di RenzoPiano e che oggi l’architetto riproponein una lezione costante rivolta ai nuoviprogettisti — insegnamenti adattati allarealtà attuale anche attraverso l’analisi cheteorizzo in un nuovo libro, Nuove Alleanzeper il terzo millennio. Città metropolitane e periferierecuperate (Franco Angeli, 2014).La scuola Brancati di Librino è tra i soggetticoinvolti dal G124 a Catania28 , 29


13 letture e 2 visioni PeriferieElogio dell’architettura timidaLa medicina per le nostre periferie?Progettare con umiltà e attenzione.Un invito al dubbio, per un nuovoumanesimo dell’abitare6 ,Un ragazzo si allena nell’area sportiva gestita dai Brigantidi Librino (Catania). A destra: il doposcuola del vicino centro di quartieredi Marco ErmentiniArchitettoSe siamo capaci di rammendare qualcosa,saremo capaci di riparare anche i rapportiumani. È una necessità terapeutica perricucire le separazioni delle periferie chelacerano la nostra comunità, una cura cheripara le ferite dell’abitare.Forse è giunto il tempo di riscoprirepreziosi saperi dimenticati: adattare,rattoppare, riusare, mantenere. Tutteoperazioni attente a non sprecare, autilizzare con intelligenza ciò che èdisponibile con parsimonia senza ricorrerea comode scorciatoie, senza produrrerifiuti.Se l’abitare è un’incessante fondazionedi senso, questa può darsi solo in unarelazione di dono con la cura dei luoghi.Ne consegue che il nostro compito èproprio quello di convertire la vulnerabilitàin valore, di stabilire una nuova etica dellafragilità che può avvalersi dell’architetturatimida.L’architettura timida dà voce a ciò cheresta silente, presta attenzione allecose minime, ai luoghi dimenticati eperiferici, ai materiali poveri, agli abitantiemarginati, al silenzio, alla penombra.Questa attenzione ci libera dall’arroganzadel nostro io, dal suo troppo pieno eci suggerisce l’umiltà e la timidezza,compagne necessarie di ogni cammino diconoscenza.La timidezza non è una malattia bensì unavirtù preziosa che ci insegna a maneggiareil mondo con delicatezza, ponendoci moltidubbi e chiedendo permesso prima diagire.La vera ricchezza dell’architetto timidoviene dal saper intervenire con poco —delquale non vi è mai penuria— utilizzando laconoscenza, la conservazione dell’esistentee la stratificazione della nuova architetturacon cautela, attenzione, affetto, umiltàe intelligenza. Non vuol dire non fareniente, ma fare in maniera delicata eriservata: fare di più non significa faremeglio.Il pensiero timido è una sfida costanteall’architettura pesante, egoista,spettacolare e grossolana che tende acalpestare con prepotenza la vita cheincontra. La sua essenza è la semplicità,allora si potrà fare ogni cosa facilmente egioiosamente.Il pensiero timido propone una via al difuori di criteri fissi e di stereotipi, fedeleall’intento di attuare un’architettura viventedisposta a confrontarsi con la materia econ l’essere umano nella sua interezza.È l’atteggiamento proprio di chi nonsa escludere e quindi è aperto a ognisollecitazione.Così l’architettura deve riprendere la suafunzione medicinale, di balsamo che curai lembi delle ferite dei nostri luoghi comeBasta qualche dosedi Timidina per ritrovarela semplicità di farecon poco. Un antidotoai progetti più arrogantile periferie che, seppure spesso degradatee dimenticate, sono tuttavia la preziosariserva della bellezza. Certo non la bellezzaaulica, astratta e retorica, ma quellamescolata e impura della vita vera.Per questo è importante per l’architettocondotto (viene da lontano, da Renzo Pianoa Burano nel 1980: una specie di medicodi famiglia che si prende cura in qualitàdi apprendista esperto e che sperimentainsieme la pratica dell’abitare) assumereogni tanto qualche dose di Timidina perlimitare i suoi gesti eccessivi.La Timidina è un finto farmaco miracolosoe ironico: un antidoto alla bulimiadell’esagerazione che ci ha, per tantotempo, sedotti.Forse il nostro compito è proprio ritrovareun’amicizia perduta con le cose del mondo.Forse bisogna cercare di attivare la capacitàdell’architettura di ascoltare la vita e digettare i semi che gli eventi e la vita deisingoli faranno lievitare.Forse serve un grande cambiamento: unumanesimo gentile, un nuovo inizio.30 , 31


13 letture e 2 visioni PeriferieA Torino, la sede del centro anzianinelle case di via Sospello (Borgata Vittoria)l’affermarsi di una nozione più duttiledi “piano-progetto”, che restituisceall’architettura della piccola scala la suacentralità nel configurare uno spaziourbano adeguato ai nuovi bisogni.Nella palestra romana di Colle Salariosi prepara un allenamento di boxedi Fulvio IraceStorico dell’architettura,professore al Politecnico di MilanoSi sta affermandoun’attenzione alla piccolascala e ai vuoti frail costruito, che riprendele lezioni di van Eyck,De Carlo, degli SmithsonLe dismissioni industriali, la revisionedel rapporto centro-periferia, il fenomenodelle shrinking cities (le città che sirestringono) hanno fatto risaltare i vuoti,gli spazi residui, gli interstizi del costruitocome luoghi strategici per una visione piùcomplessa e organica della città.La nozione di “arcipelago urbano” partedalla constatazione del pluralismo e delpolicentrismo come caratteri della nuovaterritorialità, e individua nell’interazionespaziale una strategia di progettoinnovativa ed efficace. Siamo così chiamatia misurare il metabolismo urbano in baseall’analisi della sua “granulometria”,imparando a distinguere i segmenti cheformano il corpo urbano e a mettere inevidenza la sua natura “spugnosa”, dove ivuoti sono altrettanto importanti dei pieni.Dateci spazio,ma che sia pubblicoDopo gli anni del Moderno, l’architetturariscopre la necessità di agire sui luoghicollettivi per rigenerare la società7 ,Il movimento degli “ombrelli” a HongKong, gli Indignados di Puerta del Sol aMadrid, Occupy Wall Street a New York,la Primavera araba di piazza Tahrir alCairo: sono sempre di più i segnali diun’inversione di tendenza rispetto aldeclino dell’idea di spazio pubblico sotto lapressione dell’euforia digitale. La “piazzatelematica” in fondo non ha mai sostituitodavvero l’agorà urbana: la riscoperta dellavitalità dello spazio pubblico come arenasociale testimonia che la solidarietà siaccompagna necessariamente al contatto el’irruzione della fisicità rivela i limiti dellarealtà virtuale. L’esaltazione della societàliquida ha fatto dimenticare la necessitàdel limite; mentre l’apologia movimentistadei flussi ha paradossalmente messo inluce l’urgenza di individuare i nodi entro iquali la rete trova i suoi naturali punti diconsistenza.Tutto questo obbliga la cultura dello spazioa misurarsi con la scala della geografiaterritoriale, costringendola a rivederecerti assunti che hanno radici nell’originestessa del Moderno.Se è vero che l’idea dello spazio collettivo èstata centrale per il cosiddetto MovimentoModerno, il modo in cui questo l’hadeclinata nei suoi progetti può essereconsiderato per molti versi astratto.La nozione è stata affrontata nella suadimensione sociale, politica e ideologicama, tranne pochi casi, non ha maiprodotto una definizione concreta di unospazio pubblico dal punto di vista del suodisegno e della sua funzione specifica.Eppure, se si guarda alla storia piùrecente, possiamo intravvedere nellagenerazione che si incaricò per primadi rivedere criticamente i princìpifondatori dei Congressi Internazionali diArchitettura Moderna (gli Smithson, Aldovan Eyck, Giancarlo De Carlo, ecc.) unaserie di segnali e indicazioni concrete,poi messe da parte a fronte dei grands récitsdel discorso urbanistico. La “life in thestreet” di Alison e Peter Smithson, adesempio, o i playgrounds di Aldo van Eycknell’Amsterdam del dopoguerra: esempidi “piccole storie” che hanno proposto disuperare il disagio delle generalizzazionimoderniste e l’inadeguatezza del pensaresolo alla grande scala.Oggi consideriamo i loro strumenti diprogetto come precursori di una nuovasensibilità alla piccola dimensione, diuna rinnovata visione empirica e menodogmatica nella costruzione della città.Soffocati dalla burocratizzazione dellospazio pubblico, questi tentativi hannoprecorso la mutazione avviata nellaseconda metà degli anni ottanta conL’agopuntura urbana oppone alla visionedall’alto la percezione fisica dei luoghinella loro dinamica sociale e fisica: siinsedia sulla piccola scala e proponedi operare con innesti e tecniche dimanipolazione minimali, capaci distimolare il metabolismo urbano eprodurre l’autorigenerazione dellacittà e dei suoi spazi pubblici. Risultaparticolarmente efficace nelle periferie,considerate per molti decenni come ladegenerazione anemica del centro città:limbi, nella migliore ipotesi, di vitesospese in una precaria sopravvivenza o inuna costante insoddisfazione. Il concettodi periferia va dunque superato da unadiagnosi più accurata delle diversità,imparando a distinguere e a percepirele specificità, le stratificazioni e anchele vocazioni esistenti nell’arcipelagometropolitano.L’idea che al chirurgo si sostituisca ilpranoterapeuta o l’agopuntore è unametafora semplificata, ma tutto sommatoutile a capire i cambi di paradigma. Cucire,tagliare e riannodare diventano praticherealistiche per mettere in evidenza labiodiversità urbana. Non sono ovviamentestrumenti taumaturgici e sostitutivi diuna “visione” a largo raggio: ma sonoindispensabili per superare la stagnazionedei tessuti altrimenti destinati anecrotizzarsi in attesa dell’evento decisivo.33


San Teodoro, area della città quartiere di Librino. Il muro dipintodel complesso sportivo e (a destra) gli orti autogestiti.Nella pagina accanto, un allievo della scuola BrancatiLa ricostruzione parte dalla menteSenso civico e pensiero critico.La proposta di una filosofia elementareper formare da subito i nuovi cittadini9 ,di Armando MassarentiDirettore della Domenica del Sole 24 OreL’architetto Renzo Piano con la suaconcretissima, pervasiva metafora delrammendo delle periferie e la biologa ElenaCattaneo con il suo programma improntatoall’einaudiano “conoscere per deliberare”dimostrano quanto sia stata fertile l’ideadel Presidente della Repubblica GiorgioNapolitano di nominare senatori a vitapersonalità capaci di incidere sulle sceltepubbliche a partire da precise strategieculturali. È l’inizio di quella complessiva“ricostruzione mentale” di cui ha bisognoil nostro Paese, che implica una riflessionesui saperi e gli strumenti per pensare.Settant’anni fa Alberto Savinio scrisse undiario, poi intitolato Sorte dell’Europa, in cuiproponeva un’arguta analisi “mentale”degli italiani. Non lo preoccupava tantol’ignoranza (oggi, detto per inciso, l’Italiaè prima in classifica tra i Paesi Ocse per“analfabetismo funzionale”): si puòessere coltissimi, avere il cervello zeppodi nozioni, senza perdere “il diritto altitolo di ignorante”, annotava Savinioironicamente. Ciò che era grave, ciò chegli faceva “paura” —scriveva il 31 luglio1943, quando iniziava il diario e terminavail ventennio fascista— era “la mancanzadi pensiero e di giudizio”. “Le cognizioniin fondo non valgono se non come guidedel giudizio, e poiché il giudizio eliminale cognizioni che non gli servono, bastaun numero limitato di cognizioni a farecolta una mente, illuminata, feconda. Ilproblema dell’istruzione pubblica richiedeuna radicale revisione”.In questo spirito, dalle pagine dellaDomenica, ho lanciato una propostastrategica. Rendere obbligatorio,arricchendolo e riformandolo,l’insegnamento di quella materiaderelitta che un tempo si chiamavaeducazione civica e che oggi è Cittadinanzae Costituzione. Accanto allo studiodelle norme fondamentali della nostraconvivenza civile è necessario svilupparenei ragazzi la capacità di pensare in modoconsapevole e responsabile, attraverso glistrumenti ormai ampiamente codificati inciò che gli anglosassoni chiamano criticalthinking, il pensiero critico: un mix efficacedi strumenti di logica, retorica e teoriadell’argomentazione basati sul rispetto deifatti, oltre che dei diversi punti di vista,e che inducono a elaborare opinioni benfondate e difendibili e a smascherare quellefallaci o fuorvianti.Senza una cultura umanistico-filosoficadel genere, ha sostenuto la filosofaamericana Martha Nussbaum, unademocrazia non può funzionare. Seguendoquesta proposta, la filosofia, oltre che neilicei, verrebbe insegnata nei suoi elementidi base in ogni tipo di scuola, divenendo lostrumento cardine nella costruzione di unpiù sviluppato senso civico.“Mi fa paura —scriveva SavinioSulle tracce di Savinio,la scuola dovrebbe“dare agli italiani un pesospecifico moralee mentale”. Iniziandocon la logicasettant’anni fa— l’inerzia dello strumentopensante e giudicante, e il numerospaventosamente grande degli uominiche non pensano né giudicano con lapropria testa, ma per imposizione, o perispirazione, e sia pure per invito o perconsiglio di un capo, di un superiore, diun sacerdote, di un mago”. Queste persone“credono più facilmente il falso del vero”,“accettano con maggiore fiducia l’assurdoche il verosimile”. Per ripartire, l’Italia habisogno di addestrare le persone normali“a determinare da sé quello che è benee quello che è male, quello che è belloe quello che è brutto”. Si tratta di “dareagli italiani un peso specifico morale ementale”, di fare di ognuno di loro unindividuo pensante e giudicante: uncittadino.37


13 letture e 2 visioni PeriferieNel centro in via Sospello a Torino. Ogni giorno la sala incontriapre le porte una trentina di abitanti del quartiereChi scommette sul Periferia PrideContro la retorica del bel degrado c’è solol’orgoglio, e la rabbia positiva, di chi lo vivegiorno per giorno10 ,di Francesco MerloEditorialista di la RepubblicaNelle mani della politica e degli architetti“progettattori”, che in Italia sono piùnumerosi dei consiglieri comunali,rischia di diventare retorica anche la feliceintuizione di Renzo Piano sulla bellezzanascosta nell’orrore dei catoi, dei bassi,dei sottani, delle borgate e dei quartieridegradati del Nord.Sono stato testimone della nascita delgruppo di lavoro al Senato, il G124, e hovisto quanto possa scaldare il cuore ilrammendo di una scuola, che genitorie insegnanti puliscono e attrezzano, ela trasformazione in piazzetta di un purpiccolo tratto di viadotto abbandonato. Hocapito però che cucire il muro di un asiloè emozionante solo se lo fanno le mammee i papà in collera. Di sicuro mettere unapezza a un tetto, sistemare un cortile oimpossessarsi di un giardino e ripulirlonon servono alla politica declamatoriadell’annuncio, ma accendono il fuocodell’identità e, sotto forma di rabbia,quell’orgoglio di essere periferia che,secondo Piano, proprio l’architetto,come un medico del territorio, dovrebbestimolare. “Sarebbe ora di organizzareil Periferia Pride”, disse Renzo Piano aRepubblica quando andammo insieme avisitare “la terra di frontiera che accendel’immaginazione, eccita il desiderio eI pullman assaltati aRoma. Il dramma di rioneTraiano. È la realtà chefa da sfondo ai piccolicantieri virtuosiquella vita che sta ai margini della vita,ma è più vita della vita”. E però, comespesso succede in Italia, la politica si èappropriata anche dell’idea di periferiacome stato d’animo, e non mi riferiscosolo a Renzi che ha inserito la parolarammendo dove ha potuto, senza pensareche l’orgoglio nel degrado è comunqueeversivo. È infatti oltre la legalità anchel’incitamento di Piano ai maestri, aiprésidi e alle famiglie a farsi squattervirtuosi, “a diventare abusivi e ad abusaredi quei ‘frammenti di città felici che —hascritto Calvino— continuamente prendonoforma e svaniscono, nascoste nelle cittàinfelici’”.E chissà se la rabbia del rammendoinnescherebbe un processo virtuoso anchenei budelli dell’eroina del rione Traianodove Davide Bifolco è morto: un fallimentourbano disegnato dai migliori architettidi Napoli perché, come ha insegnatoColin Rowe in un memorabile (ma chi neha memoria?) classico, non c’è niente dipeggio dell’Architettura delle buone intenzioni(Pendragon, 2005). L’Accademia dell’Utopiaè di nuovo al lavoro: non c’è dipartimentodi urbanistica che non “architetti” riusi,riciclaggi e riconversioni, dimenticandoche Bagnoli, nella città dell’immondizia,è morta di accanimento progettistico. Alcontrario, la scommessa del rammendo èche bastino i piccoli cantieri dell’orgoglioa togliere un po’ di inferno a Corcolle, dovei neri assaltano i bus e i bianchi assaltanoi neri, o a Tor Pignattara dove sono eroi gliassassini di un pachistano ucciso a pugni.Il rischio adesso è che anche del rammendosi approprino la sociologia e la retorica delbel degrado, con gli architetti accanto airapper che scimmiottano Notorious B.I.G.,al cinema che rimpiange Rossellini, allaletteratura che continua a riscrivere Ragazzidi vita senza capire che Riccetto oggi èDavide Bifolco, quello che è morto perchéin tre sul motorino rende bello il più bruttoposto del mondo.39


11 ,Se la città è un laboratorio comuneChe sia un workshop artigiano o uno spazioalchemico, è questo il luogo in cui mettereassieme territorio, persone e saperiMunicipio III. A casa di Francesca Piccoletti, giornalista escrittrice che promuove l’autoproduzione domesticaLa palestra Valerio Verbano al Tufello, borgata a Roma norddi Lamberto RossiArchitettoRiuso e Partecipazione sono un binomioinscindibile. Rimandano a un’areadi pensiero secondo cui il recupero(edilizio, architettonico, urbano) non èun tema strettamente disciplinare ma lagrande occasione per ripensare la cittànella sua interezza. La “città” appunto,intesa come il più completo registratorefisico —un grande palinsesto— su cuiviene continuamente scritta e riscrittala storia di una comunità. Gli architettidevono “solo” imparare a leggerla,per condividerla con i cittadini e faredel progetto urbano un’occasione diriappropriazione collettiva del luogo.A questo approccio vanno annoveratealcune esperienze molto diverse,accomunate dal termine “laboratorio”.Ho avuto il privilegio di essere testimonedi questo confronto. L’idea di laboratoriosperimentata da Renzo Piano a Otrantoè molto diversa da quella di GiancarloDe Carlo ma i due approcci sonoassolutamente integrabili, come hocercato di dimostrare nelle mie esperienzesuccessive.Innanzitutto i temi comuni: lapartecipazione attiva degli utenti allafase progettuale come alla realizzazione;la totale integrazione tra analisi, piano eprogetto; la concezione del recupero comegrande occasione di ridisegno urbano;l’approccio olistico alla conoscenza fisicadella città.Per il resto differivano anche nel nome.Per De Carlo era un laboratory con unaconnotazione semantica e un saporevagamente chimici: scoprire l’alchimiache è alla base del rapporto tra la cittàfisica e la comunità che nel tempo l’haespressa, tra Spazio e Società, tra legerarchie interne che regolano questosistema di relazioni e la morfologia urbanache ne discende.Per Piano invece è un workshop, un luogodi lavoro collettivo che indaga i segnifisici impressi nella storia materica delluogo ma anche nel suo sapere collettivo,magari solo latente, in cui la cultura delfare si è espressa. L’idea di fondo è che lacultura del fare sia la cultura tout court; cheil mondo dei saperi artigiani, artistici,scientifici risponda a una legge unitaria diarmonia —Il giuoco delle perle di vetro, direbbeHerman Hesse— che prescinde dal campo acui viene applicata. È la regola d’arte, chesovrintende alla costruzione di un oggetto,un manufatto, un’architettura, ma anchealla composizione di una sinfonia diBeethoven.Due concezioni speculari del caratteredell’architettura dunque (eteronoma oautonoma), che proprio nell’applicazionealla città dimostrano la propriainterdipendenza. È ancora attuale questavisione didattico-partecipativa?L’espandersi di un fronte dell’urbanisticapartecipata sembra rispondere di sì. È unUn progetto partecipato èl’occasione per integrarediscipline divise ma affini,dall’arte alla sociologiasegnale importante per cui culture affini(architettura, urbanistica, sociologia,economia del territorio, land art) esconodal proprio specifico per individuareterreni di confronto comuni.Al contrario gran parte dell’attualeimpotenza della cultura architettonicae urbanistica italiana risale proprioalla separazione in “discipline”, per cuil’intervento sul territorio è frazionato in“specialismi”, a tutto vantaggio dellaburocratizzazione, della rapina delpaesaggio o —per motivi speculari—della conservazione integrale.40 , 41


13 letture e 2 visioni PeriferieCon il gruppo G124 collabora la catanese Chiara Borzì,giornalista attiva sul quartiere di LibrinoNel quartiere Serpentara, Roma nordIl verde che ci salveràIl suolo va strappato al consumoinsostenibile, al pari di aria e acqua.Una lotta contro il “grigio”, che meritauna rivoluzione culturale12 ,di Andrea SegrèAgronomo, economista,professore all’Università di BolognaIl “rammendo verde”, mi verrebbe dachiamarlo. Quello delle tante comunitàche in giro per il mondo —sempre piùurbano e meno rurale— provano a occuparei crescenti spazi urbani inverdendoli con lepiante: orti, alberi, fiori. Il contrasto fra ilgrigio del cemento e il verde della piantasi fa sempre più forte: il primo copre ilsecondo, per sempre; il secondo cerca dioccupare degli spazi lasciati vuoti, ma netrova sempre di meno. Una sorta di nemesinel processo di sviluppo e di scambiouomo-pianta. Prima erano gli uomini cheabbandonavano le campagne per la città,inurbandosi. Adesso sono le piante chedevono entrare e gli uomini che, dove e sepossono, se ne vanno.Ma sono anche due “economie”, quellaverde della natura (viva, rinnovabile)e quella grigia del cemento (morta,non rinnovabile) che si confrontano escontrano, neppure tanto cromaticamentema fisicamente. Due visioni opposte,anche nel nostro Paese dove gli esempipoco edificanti (termine appropriato) sisprecano. Perché?Nel pianeta dove siamo ospiti, la Terra,il rapporto verde-grigio, con la prevalenzadel secondo sul primo, ben rappresenta ilmodello di crescita illimitata che il mondocosiddetto sviluppato si è dato via via inDobbiamo recuperareil legame con la terra ericonoscere il paesaggioper quel che è: un benelimitatotutto il globo — da cui la globalizzazionedell’economia appunto. Limiti cheinvece ci sono per tutto, a partire dallerisorse naturali: suolo, acqua, energia.“Nulla di troppo” (medén ágan) sostenevala morale classica basata sulla misura equindi sulla condanna della violazionedei limiti. Superato il limite, la casa(òikos) di tutti noi che è la terra, ovverol’ambiente di vita del nostro ecosistema,si degrada. E oggi l’impatto che deriva daquesto superamento viene ampiamentericonosciuto e i suoi danni si possonovalutare e, volendo, anche contenere.Ma si tratta di un riconoscimento virtuale,non seguito da una condotta reale che sitraduca in un cambiamento del modo dipensare la nostra “casa”, il nostro pianeta.A partire dalla piccola casa, che è la nostraeconomia.La risorsa suolo, componente essenzialedella terra e base del “verde”, è un casoemblematico. Produce una serie di benie servizi ecosistemici e socioeconomici:approvvigionamento di cibo, regolazionee controllo della stabilità del territorio;è primario elemento della biodiversitàe degli equilibri ecologici; producevalori culturali ed estetici (il paesaggio)espressivi dell’identità dei popoli; forniscebeni sociali come fruizione territorialee aggregazione sociale. Eppure anche ilconsumo di suolo segue le stesse regoledella nostra società ormai sazia e bulimica,risentendo delle dinamiche omologantidella globalizzazione: un paradigmache pone al centro un’errata relazionedi dominio fra il soggetto dominante(consumatore) e l’oggetto dominato (bene,anche se naturale).Del resto “consumare”, verbo che indicaun’attività comune dell’uomo, ereditadal latino due accezioni diverse: portarea compimento (da consummare) e ridurreal nulla, distruggere (da consùmere). Èevidente che in rapporto al suolo è laseconda accezione che caratterizza megliol’azione del consumatore odierno. Ilconsumatore tende a comportarsi come undistruttore di risorse, contrastando in parteil pensiero economico classico secondo cuil’homo oeconomicus utilizza al meglio (quindirazionalmente) ciò che possiede (le risorse)per la sua soddisfazione.Tuttavia, distruggere ciò che èindispensabile e non riproducibile nonè un atteggiamento razionale. Tantoche questa irrazionalità nei confrontidel suolo e dell’ecosistema ha portato auna domanda mondiale di risorse delpianeta che supera di un terzo la capacitàrigenerativa del pianeta stesso: un trendinsostenibile.Nella società dei consumi globali il suolonon è percepito come un bene comunené fondamentale, poiché la sua costanteperdita non viene avvertita dai più comeun’emergenza planetaria o nazionale ein definitiva neppure come un problema.Non si registrerebbe un’edilizia cosìgaloppante, che continua a offrirenuovissimi capannoni industriali quandoquelli inutilizzati (ma recuperabili) sonomigliaia e si sprecano. Per non parlaredegli edifici residenziali che sorgono spessosu suolo fertile, dove peraltro ora vengonocollocati sempre di più anche i pannellifotovoltaici.Il suolo viene invece percepito comeuna risorsa da impiegare nei processiproduttivi, secondo le leggi del liberomercato. Tuttavia esso, al pari dell’acquae dell’aria, non può essere sempreassoggettato a queste leggi, come sefosse una qualsiasi materia prima dalavorare. Perché è un elemento basilareper la vita e l’equilibrio del pianeta. Nondimentichiamo che, seppure un centrocommerciale o un edificio incidano sulProdotto interno lordo più di un’aziendaagricola o di un parco naturale, spessoquesti non producono ricchezza, se laintendiamo come benessere. Oltretutto,il Pil è un pessimo indicatore del livello dibenessere.Occorre una rivoluzione culturale per farpercepire il suolo (il paesaggio, il verde)come un bene comune. Un bene cioè dicui la comunità si avvantaggia senzaaccorgersi del suo valore (economico),almeno finché non si esaurisce. Perottenere un cambio di marcia, è necessariauna modifica dell’attuale rapporto frasoggetto dominante (consumatore) eoggetto dominato (suolo). Bisogna farcapire al dominante che continuareun atteggiamento insostenibile nuoceinnanzitutto a sé stesso. Questo è possibilenella misura in cui si riesca a trasmettereal soggetto-consumatore la percezionedel suo legame con l’oggetto-suolo. Infondo l’uno è l’altro e viceversa: fannoparte di un unico ecosistema. Un “gene”dell’intelligenza ecologica aiuterebbequesta consapevolezza. Consumare si direbbeallora fruire. Che è tutt’altro.Così il “rammendo verde” ci salverà.43


Roma. L’associazione Defrag tiene corsi di sartorianel quartiere TufelloA Catania, tra i condomini di LibrinoA chi veniva dallacampagna l’alloggiopareva un sogno. Ma negli“alveari” è arrivata prestol’insofferenzadi Gian Antonio StellaInviato speciale del Corriere della SeraQuei quartieri in prima paginaI palazzoni del boom, le utopie sbagliate.Le tante speranze tradite dalla periferiapopolare. Tra le notizie, il tema èda sessant’anni sotto i nostri occhi13,“Erano sposi. Lei s’alzava all’alba /prendeva il tram, correva al suo lavoro./ Lui aveva il turno che finisce all’alba/ entrava in letto e lei n’era già fuori”.Forse nessuno è riuscito a raccontarel’alienazione della periferia come ItaloCalvino che scrisse, sulla musica di SergioLiberovici, Canzone triste. Dove l’unicomomento di serenità è quel breve incrocioin cucina: “Soltanto un bacio in frettaposso darti / bere un caffè tenendoti permano. / Il tuo cappotto è umido di nebbia./ Il nostro letto serba il tuo tepor”.Erano periferie operaie, di fuliggine, ditute di tela grezza color carta di zucchero,di palazzoni coperti di mattonellegiallastre, “mattina e sera i tram deglioperai / portano gente dagli sguarditetri; / fissar la nebbia non si stancanmai / cercando invano il sol fuori daivetri…” E non si può capire l’orrore dicerte periferie di oggi, dove ormai nonci son quasi più operai e men che menooperaie e la povertà decorosa è affogata neldegrado, nel vandalismo, nella sporcizia,nella microcriminalità, nello spaccio didroga se non si torna al momento in cuifurono costruite. E al carico di sogni cheaccompagnò spesso la loro progettazione,sogni che finirono per schiantarsi quasisempre nella realtà di cantieri che, fattol’alveare e finiti i soldi, ignorarono lanecessità di corredare i dormitori di tuttoil resto. Il verde, gli spazi collettivi, i puntidi ritrovo e di sintesi della comunità. Tuttociò che avrebbe consentito ai “detenuti”dei nuovi palazzoni, in parte deportati deicentri storici, di vivere. Si pensi al NuovoCorviale, il serpentone forse immaginatodall’architetto Mario Fiorentino come unacittadella che potesse avere una sua vitaautonoma dignitosa e presto diventatoun mostro di rara bruttezza: migliaia dipersone assediate e intimidite che vivonotra finestroni spaccati, ascensori defunti,campanelli rotti, spazzatura… O a Librino,l’alveare disegnato da Kenzo Tange che icatanesi chiamano “Libbrìnu” o meglioancora “’u quatteri”, dove mai si è visto ilgran parco immaginato dall’architettogiapponese e dove una cronaca da incuboregistra da decenni morti ammazzati,stupri di gruppo, agguati ai poliziotti,guerre tra pusher decisi a imporsi suglialtri al punto che nel luglio del 2014 incasa di un aspirante re dello spaccio è statotrovato un trono lamellato d’oro.O ancora alle case popolari di viaSelinunte, a Milano, dove la signoraGiorgia con due disabili in famiglia haraccontato al Corriere: “Una sera inizianoa dar botte sulla porta, stavamomangiando, sembrava che volesserosfondarmela. Apro, terrorizzata. Tre arabiurlano: ‘Dove sta il negro?’. Non so chicercassero, forse erano robacce di droga.Quella sera hanno ‘perquisito’ anche altrecase del palazzo. Ma che vita è questa?”.Certo, per molti di quelli che si insediarononei nuovi palazzoni ai tempi del boom,prima era peggio. Lo dicono certi racconticalabresi di Corrado Alvaro (“I pastoristanno nelle case costruite di frasche edi fango, e dormono con gli animali…”)ma anche certe cronache del Gazzettinosulle condizioni dei contadini polesani chevivevano in casoni di canna. “C’è un caso45


I Briganti di Librino gestiscono dal 2012 il centrodi San Teodoro per avviare i giovani allo sportL’orto collettivo dell’associazione torinese Casematte ha recuperatoun terreno abbandonato di Borgata VittoriaIl Serpentonedi Corviale, via Selinuntea Milano, le Coreedi Cinisello Balsamo.Gli intellettuali piùattenti capirono subitoche i quartieri costruitisenza amore sarebberodiventati polverieredi 15 persone costrette in una sola stanza:otto adulti e sette bambini…” Lo conferma,tra gli altri, un reportage di Piero Ottonesulle “Coree” di Cinisello Balsamo dovemolti immigrati fuggiti da quelle periferiemedievali del Paese si erano accampatiin vecchie cascine diroccate: “La primaimpressione che mi colpisce è un puzzoinsopportabile; di muffa, di feci, divecchio e di sporco. Mi guardo in giro:un armadio in rovina, un gran lettodi ferro, con rozze coperte a brandellie senza lenzuoli, un letto più piccolo euna indicibile confusione di casse, dirottami. Due finestrelle, alte nella paretedi fronte, sono ermeticamente chiuse.Sul pavimento di mattonelle slabbrate edisuguali, fra le pozzanghere di orina edi altro sudiciume, sono seduti i bambiniseminudi, sporchi e pallidi, che di bellohanno soltanto i grandi occhi neri”.L’appartamento, con l’acqua corrente, la lucee il bagno, per chi aveva vissuto nei tuguri,faceva brillare gli occhi quanto le cartolinedegli emigrati coi giganteschi tacchinidella festa del Ringraziamento. Bastaronopochi anni, però, a far crescere nell’animodi ciascuno delusione, angoscia,insofferenza… Scriveva nel 1960 DaniloMontaldi in Milano, Corea, grande libro sulleperiferie firmato con Franco Alasia: “Pertutti la speranza si arena al capolinea del15, del 16, dell’8, del 28…”.Non ci misero molto, gli intellettualipiù attenti, a capire che quelle periferiecostruite senza amore, quei carnaidi cemento armato (“case-canili”, lechiamava Antonio Cederna) tirati sutra una poltiglia di baracche abusive,stavano diventando polveriere di rabbia, dirancore, di odio. Tra i pionieri, c’era PierPaolo Pasolini, che ne traeva spunto perpoesie su quei palazzi, “quasi mondi” dove“ragazzi leggeri come stracci giocano allabrezza”. “Per lui l’emarginazione era unaCi sono quasi trentamilioni d’italiani “assetatidi bellezza”. È ancoraquesta la strada per ilrisanamento moralecategoria letteraria”, ricorda don RobertoSardelli, il prete che lasciò la parrocchiaper vivere nelle baracche dell’AcquedottoFelice. “Lui era un uomo dedito alla ricercaartistica, non gli interessava vedere larealtà. Anche lui, io me lo ricordo inborgata, era prigioniero di uno schema”.Fatto sta che il tema del risanamento delleperiferie, percorse dai cronisti nella scia diquesto o quell’episodio di cronaca, questoo quella inchiesta di costume, è manmano uscito dal dibattito intellettuale epolitico. Certo, di tanto in tanto, forse peri sensi di colpa, c’è stato un soprassaltodi attenzione. Come una paginata sulSole 24 Ore del luglio 1991 intitolata: Daiquartieri un Sos per la rinascita. “Riqualificareè inevitabile perché la periferia comel’abbiamo costruita non conviene piùa nessuno”, scriveva Francesco Perego.“Ma in che cosa la riqualificazione debbaconsistere, non è scontato. Le luminosecertezze dell’urbanistica moderna si sonodimostrate infatti un fallimento”. E nuovifallimenti sarebbero seguiti alle promessedi risanamento dettate da motivi dibottega elettorale. “Investiremo 100milamiliardi di lire!” Sì, ciao.Per questo quando Renzo Piano ha messosul tavolo il tema del rammendo delleperiferie (quel gran tavolo di compensatoessenziale e operativo montato nel suostudio in Senato), si è levato intorno uncerto stupore: ah, sì, giusto, è vero, leperiferie! Eppure il tema era lì, sotto gliocchi di tutti: il risanamento edilizio,urbanistico, civile delle periferie dovevivono almeno 28 milioni di italiani,spalancherebbe la porta al risanamentomorale. Perché, come dice GiancarloBregantini, a lungo vescovo di Locri, “unragazzo che cresce in un posto brutto èpiù facile che cresca brutto”. E sempre lìsi torna: c’è bisogno di bellezza. Siamoassetati di bellezza.46 , 47


13 letture e 2 visioni PeriferieAccattone di Pasolini (in alto a sinistra),Rocco e i suoi fratelli di Visconti (a destra)e Le mani sulla città di Rosi (a sinistra)in tre immagini tratte dai filmPiù della tv ha fattola macchina da presa,raccontando i simboli dellosviluppo urbano d’Italia.Su tutti, il “luogo-logo”delle Vele a ScampiaSale di periferiaDa Pasolini a Sky, il cinema continuaa fissare nell’immaginario i cambiamentidelle nostre città.Un invito a un’architettura miglioreLe Vele di Scampia secondo Gomorra.Fotografia di Mario Spadadi Igor StaglianòInviato speciale della RaiÈ una scudisciata in pieno boomeconomico, quella che apre il film Lemani sulla città di Francesco Rosi, scrittocon Enzo Forcella e Raffaele La Caprianel 1963. “Eccolo là. Il 5000 per cento diprofitti. Quello è l’oro oggi!”, esclama ilcommendator Edoardo Nottola (sulla scenaRod Steiger), indicando ai politici amicile colline partenopee divorate dai palazzi.Il Comune, asservito allo speculatoreNottola, porta a sue spese “strade, fogne,acqua, gas, luce e telefono” sui terreniagricoli da edificare. E le periferie dimolte nostre città nascono inospitali eslabbrate come le vediamo ancora oggi.Un meccanismo perverso disvelato per laprima volta dalla macchina da presa.Molto più di quanto facesse l’inchiestatelevisiva ancora nascente, il raccontocinematografico filtra in quegli anni letrasformazioni urbane e la composizionesociale delle nostre città. Il saccourbanistico raccontato da Rosi segueAccattone di Pier Paolo Pasolini. “Semoomini finiti, noialtri. Tutti ce scarteno”,dice il pappone interpretato da FrancoCitti. Qui i riflettori illuminano lacondizione umana di un “mondo a parte”,arrivato ai margini di Roma da tutte leperiferie geografiche e sociali del Paese.Un sottoproletariato che sopravvivecon feroce ingenuità al tumultuosoinurbamento della capitale.L’“esodo biblico” da una periferia all’altrad’Italia, era già finito sotto i riflettoridi Luchino Visconti. In Rocco e i suoifratelli una famiglia di contadini lucanisi disgrega nell’impatto con la Milanodegli anni cinquanta. Trasformazioniantropologiche profonde neanche scalfitedagli sforzi dell’anziana madre per tenereuniti i cinque figli in un seminterrato diLambrate. E tutti i protagonisti restanotravolti, chi dalla vita cittadina, chi daivizi della metropoli. Un fiume migratoriodal Sud al Nord, impetuoso ancora tredicianni dopo. Nel ’73, in Trevico-Torino, viaggio nelFiat-Nam di Ettore Scola i protagonisti sonoi nuovi operai meridionali che arrivanoa frotte nella città-fabbrica, stipati nellesoffitte del centro e nelle baracche diperiferia. Fenomeni dirompenti, su cui latelevisione scaverà a fondo con reportagee inchieste. Sulle lotte per la casa, prima;i troppi ghetti di edilizia popolare, poi.In questi, dagli anni novanta, finisconoanche i migranti extracomunitari, dopoessere passati dai “vuoti a perdere” diindustrie dismesse ed edifici abbandonati.È quel che racconta Francesco Munzi inSaimir, opera prima premiata alla Mostra diVenezia del 2004.Realtà e finzione si rincorrono in Gomorragirato da Matteo Garrone nel ghetto diSecondigliano, già invaso dalle telecameredella televisione per la sanguinosaguerra di camorra. Alle Vele, il disegnourbanistico e architettonico utopicodiventa uno stigma per gli abitanti, e sitrasforma in quinta scenica perfetta pertraffico di droga e criminalità organizzata.Attraverso la fiction televisiva di Skydiretta da Stefano Sollima, Scampiadiventa alla fine un “luogo-logo” — èstato detto acutamente. Una locationa buon prezzo, per raccontare periferieirredimibili.Urbanistica, architettura e cinema sisfiorano anche in Good Morning Babilonia deifratelli Paolo e Vittorio Taviani. “Io non sose il lavoro nostro, quello dei vostri figli, ilmio, sia bello come quello di chi costruì levostre meravigliose cattedrali romaniche”,dice all’anziano padre dei due giovaniscenografi il regista del film Intolerance.“Io sono convinto che i vostri figli,Bonanni, siano come quegli oscuritagliatori di pietra che hanno inciso iloro capolavori sulle cattedrali che voionorate”, aggiunge D.W. Griffith, magnatedella nascente industria cinematograficaamericana.Questo ha fatto il cinema d’impegno civilenel nostro Paese, quando ha raggiunto lasua meta: “ha aiutato il prossimo a crederee a vivere meglio”, per usare le paroledi Griffith rivolte al vecchio Bonanninell’offrirgli una buona ragione al distaccodei propri figli dall’antica bottega discalpellini. Un inno al cinema che è ancheun inno alla buona architettura e allabuona urbanistica, alla bellezza e all’arte.48 , 49


13 letture e 2 visioni PeriferieTorino. Una lezione di Viet Vo Dao, disciplina vietnamita,in una palestra di Borgata VittoriaL’economia del rammendoIn uno scenario critico, ogni europer i microcantieri è un investimentosul territorio e le imprese. I numeridelle città italiane e la ricadutasull’occupazionedi Paolo BriccoInviato del Sole 24 OreL’effetto (salvifico) del chirurgo.L’abilità (manuale) dell’artigiano. Laconcettualizzazione (sorprendente)dell’orafo. Quando l’architettura non è soloarchitettura.L’utopia (pratica) del rammendo uniscepiù dimensioni. Il tessuto urbano italianoè slabbrato. I suoi colori sfumano nelletinte della necrosi. Le periferie italiane,ma anche i centri storici, sono corpiaddormentati e insieme scossi. Pieni dibuche, che non fanno sobbalzare soltantole automobili. Segnati da vuoti, chedisegnano profili in cui i sogni diurni delvivere civile si trasfondono negli incubinotturni del vivere (in)urbano.L’esperienza dei “microcantieri” si ponea complemento delle grandi opere e,anzi, a compensare la loro assenza intempi di contrazione della liquidità edi perdita del senso (se non quasi epico,almeno di respiro lungo e profondo) di unattivismo urbanistico e infrastrutturale,contraddittorio ma vitale nel pendolo framodernizzazione e sviluppo. Tanti piccolitasselli, a comporre un mosaico articolato eflessibile, fragile e resistente.L’importanza economicaLe prime ipotesi italiane di microcantiere—da Torino a Catania, fino a Roma— sicollocano in uno scenario economico cheancora oggi attribuisce alle costruzionie all’edilizia una centralità strategica.Secondo l’Ance, nell’ultimo anno e mezzosono stati promossi bandi, soltanto pergli edifici scolastici, per 400 milioni dieuro. Le operazioni sulla scuola dovrebberovalere, sul medio periodo, 1 miliardo dieuro. Sommando quelle di riqualificazioneurbana (difficili da conteggiare, perchénon sottoposte a monitoraggi sistematiciSecondo i Comuni,gli interventi sulle scuoledal 2013 a oggi avrannoda soli un impattoda 1 miliardo di eurodallo Stato) si arriva a cifre considerevoli.Numeri sparsi che danno il sensodell’importanza del comparto e di ogniipotesi di sua rivitalizzazione, soprattuttonella sinergia fra sfera economica esociale, imprenditoriale ed etica.Stando al report dell’Ance La trasformazioneurbana sostenibile, che analizza una seriedi buone pratiche italiane, le città delnostro Paese non hanno una particolarecapacità attrattiva di investimenti: perl’Emerging Trends in Real Estate Europe 2013,citato nello studio, Milano e Roma sonorispettivamente al 16° e al 21° posto comecapacità di catalizzare le grandi risorsefinanziarie internazionali. Il tessutoproduttivo italiano è composto al 90% da(moltissime) piccole e da (alcune) medieimprese. Si contano sulle dita i grandigruppi, che ormai lavorano soprattuttoall’estero. Di fronte a questa strutturaindustriale, ecco che la pratica deimicrocantieri e il pensiero del rammendosono un combinato di benefico contrastoa una recessione ormai patologica, cheall’intera filiera delle costruzioni —dal2008, anno del fallimento di LehmanBrothers e del contagio dalla finanzaall’economia reale— ha provocato in Italiauna perdita di 800mila posti di lavoro:da 3 a 2,2 milioni di occupati.In un contesto del genere, nel drammadella crisi che accentua i fenomeni didisgregazione delle comunità, ogniipotesi di intervento omeopatico è utile.Dal punto di vista concreto, è favorevoleanche soltanto un euro in più immessoin un corpo sociale ed economico esaustocome quello italiano. Dal punto di vistaimmateriale, ogni goccia di common goodsha un senso. Oggi. E domani. Ma, anche,l’altro ieri.Nel resto del mondo e l’esempiofranceseLa traiettoria storica dell’intuizione e deiprogetti di rammendo è di lungo periodo.L’Europa del Nord degli anni cinquanta.I playgrounds per i bambini e i ragazzi adAmsterdam non hanno solo suturato leferite della seconda guerra mondiale,ma si sono gradualmente trasformatianche in arterie del vivere civile. Dalpensiero e dall’estetica di Aldo van Eyckalla gioia dei bambini e al piacere dellemamme. Lo stesso è accaduto in Svezia e inNorvegia. Negli anni ottanta, la definitivarinascita della Spagna dall’ibernazionedel franchismo si è concretata anche con ipiccoli progetti di qualità firmati da OriolBohigas, per esempio, nelle periferie diBarcellona.E poi il Sud America. Dagli anni novantaè qui che si verificano alcune esperienzerischiose e quasi poetiche. In Colombia,a Bogotà e a Medellín, ecco le bibliotechee le piste ciclabili, le università e i centriper gli anziani che, impiantati negliorganismi urbani, diventano qualcosa disimile agli stent, gli impianti inseriti negliorgani vitali perché continuino a vivere:in questo caso il ponte è fra le parti ricchee povere delle città, per cercare di ridurrequel differenziale che in America Latina haforme e intensità quasi oscene.Nella complessità del caso italiano,che potrebbe rischiararsi grazie auna capillare diffusione dal bassodi microcantieri condotti da giovaniprofessionisti, è interessante quantocapita nella vicina Francia. La manopubblica francese è robusta. Tra il 2003 eil 2013 il finanziamento di 12 miliardi dieuro dell’Anru (l’Agence nationale pourla rénovation urbaine, che ha utilizzatocontributi versati allo Stato dall’Associationdes Patrons, la Confindustria francese)ha fatto da volano per un investimentocomplessivo di 45 miliardi in 400convenzioni con enti locali e interventiin 600 quartieri. Da Parigi a Marsiglia,da Lille a Orly. Ovunque, nella Franciadel meticciato vitale e a volte esplosivo,e di uno Stato magari invadente masistematico e desideroso di attuareprogetti.E così, che cosa resta al nostro Paese?Nella ricerca di una nuova grammatica delvivere e dell’abitare, che riesca a conciliaremeglio le nuove costruzioni e il recuperodel patrimonio storico, gli spazi pubblicie le proprietà private —insomma, l’eternodilemma del pieno e del vuoto—, nel nostroPaese restano tante cose.I giovani architetti. Le mamme chespingono i passeggini. I bimbi nei parchigiochi. Gli operai edili stranieri cheparlano in bergamasco e in bolognese.I piccoli e i medi imprenditori. Ilrammendo. Delle strade e degli edifici. Infondo, anche delle nostre anime. Perché,come scrive nel 2004 Carlo Maria Martiniin Verso Gerusalemme, in ogni caso, anchequando piove ed è notte, “non occorrenecessariamente avere davanti agli occhiuna città ideale, ma almeno un ideale dicittà”.In dieci anni la Franciaha finanziato progettiper 12 miliardi di euro:un investimento quasiquadruplicato sul territorio50 , 51


La città mi ha insegnato infinite paure:una folla, una strada mi han fatto tremare,un pensiero talvolta, spiato su un viso.Cesare Pavese, Lavorare stancaTORINOLa città bene comuneL’alba ai vetri. E, fuori, le lineedi circonvallazione povere, quellefrequentate dai proletari, dai lavapiatti arabi,da persone con il sudore addosso.Hans Tuzzi, Un posto sbagliato per morireNella sede di Plinto, il collettivo che interverràinsieme a G124 su un piccolo parco senza nome.In alto: l’orto gestito dall’associazione Casematteinsieme agli abitanti del quartiere52 , 53


Periferie / TorinoINTRODUZIONEAREA di interventoTorino / PeriferieLungo gli strappidi un quartierenato in frettadi Maurizio MilanTutor del progetto G124 / Torinosinergico le realtà strutturatedella comunità ed è proprioDon Angelo che ha coagulatointorno ai giovani del G124 alcunemicrorealtà economiche e sociali,come l’associazione Casematteche gestisce gli orti urbani el’associazione Sport di Borgata,responsabile di alcune strutturesportive.Il progetto si è concentrato suuno spazio residuale, il “parcosenza nome”: sarà il Parco G124,un piccolo lembo di terreno dacui far partire la scintilla delrammendo con la collaborazioneattiva di Plinto, associazione digiovani architetti torinesi, e lacooperativa sociale Agridea.Il caso studio di Torinointeressa il quartiere di BorgataVittoria, un’area in prevalenzaresidenziale densamentepopolata, che insieme a Madonnadi Campagna e Parco Dorasi incastra tra il degrado diBarriera di Milano, Rebaudengoe Basse di Stura, da un lato, e leproblematiche di Lucento e dellanuova immigrazione dall’altro.A Torino la periferia è stataoccupata con estrema rapidità,secondo un programma diespansione che diede una rispostaall’urgente fabbisogno di casesenza un vero progetto globale.Il risultato è un’edificazionepiù o meno razionale, cheseguì i criteri generici deivecchi piani regolatori senzaun’efficiente distribuzione deiservizi: trasporti, scuole, retitecnologiche, spazi collettivi eurbani organizzati.Borgata Vittoria fu zonaagricola fino ai primidell’Ottocento, poi la presenzad’acqua attirò le fabbriche. Losviluppo demografico, dovutoall’immigrazione interna, iniziònegli anni cinquanta e continuòfino a metà degli anni settanta.La popolazione del quartiere èrimasta comunque stabile fino aoggi grazie all’arrivo di europei edextracomunitari.L’immigrazione italiana è diseconda e terza generazione:persone nate e vissute in questiluoghi, affezionate al quartierein cui abitano, gente che hamigliorato la qualità della vitae mantiene in buono stato leproprie abitazioni. Per contronon è mai stato affrontatoin modo radicale il problemadell’integrazione tra italiani estranieri e di conseguenza si èfinito per ghettizzare migliaiadi “nuovi” e “vecchi” torinesi,producendo una sorta dipolveriera sociale.Il vivace tessuto associativo diquartiere, con la presenza diuna ricca attività partecipativa,ha reso più facile ascoltaree raccogliere le istanze dellapopolazione, elemento essenzialedell’analisi iniziale ma anchedella fase realizzativa, cheprevede interventi di piccolascala.Baricentro del progetto sonole due scuole elementari chepossono e devono diventare,oltre che spazi educativi, anchecentri di ritrovo e luoghi civici dicondivisione. Gli studenti sonostati i primi portavoce delle attesedel quartiere: le richieste sonospesso di facile realizzazione,come per esempio rendere piùvivibili gli spazi del tempo liberoe qualificare la mobilità conpiste ciclabili e percorsi pedonalisicuri.Idee e proposte sono statesuggerite anche da Don AngeloZucchi, parroco della parrocchiadi San Giuseppe Cafasso, nonchépreside dell’omonima scuolaelementare, importante edenergica figura di riferimento perl’intera borgata. Era importantefar collaborare in modoUn piccolo parcosenza nome è il puntosu cui far convergerele energie del luogo,con l’obiettivo di ridareidentità allo spazioFormato da un giardino pensilesopra un parcheggio interrato,lo spazio si presenta davantialla chiesa e alla scuola comeuna zona semi-abbandonatache rischia di cadere in un gravestato di degrado, ma che puòacquisire facilmente una migliorefruibilità.Il gruppo dei giovani architettidel G124, con l’aiuto di qualchevolonteroso, ha rivitalizzatola zona con piccole strutturein legno, oggetti di recupero,tessuti usati per i pannelliinformativi del Comune, chevanno a creare un percorso conluoghi di ritrovo. L’intervento,di per sé molto semplice, vuolerestituire allo spazio un caratteredignitoso, attivando energie, ideee iniziative.54 , 55


Periferie / TorinoCONTESTOCONTESTOTorino / PeriferieBorgata Vittoriabene comuneI presuppostiTesti di Michele Bondanelli e Federica RavazziProgetto G124 / TorinoA Torino siamo arrivati per contrasto, convinti cheuna “vera” periferia non l’avremmo trovata, che lagrande storia di rigenerazione urbana e di processipartecipativi che ha segnato la gestione dell’urbetorinese avesse in qualche modo ridefinito i contorni delsignificato comune di periferia. La città industriale eproduttiva è infatti entrata in una fase di dismissione etrasformazione, per non dire abbandono, in cui il tessutourbano quale sottoprodotto dell’economia fondata sultraffico automobilistico è lacero e indebolito da vuotidi significato prima ancora che da assenze di servizi oinfrastrutture.DORATANGENZIALECittà consolidataCollegnoGrugliascoMPARCO DELLA STURASTURA DI LANZOM M M M M M M MMirafiori NordMirafiori SudBasse di SturaM“La città qui è fatta perlavorare, non per vivere”.La prima voce raccolta facapire bene quale sia oggiil volto del quartiereMMDISCARICA AMIATMRACCORDOTORINO - CASELLEMMBarriera di MilanoFALCHERA NuovaFALCHERA Borgo VecchioLINEA TO-MIPOSTAZIONE STURAREBAUDENGO-FOSSATASPINA 4TRINCERONEPASSANTE FERROVIARIOSCALO VANCHIGLIAStazione PORTA SUSAStazione PORTA NUOVAQuesto è ciò che succede nelquartiere di Borgata Vittoria,quadrante nord di Torinoall’interno della Circoscrizione5, un’area nata per ospitare legrandi Case FIAT e insieme undiffuso sistema produttivo: unquartiere formato e accresciutodi servizi e luoghi pubblicifinalizzati a un’operositàoggi inadatta e non piùeconomicamente competitiva.“La città qui è fatta per lavorare,non per vivere” è la primatestimonianza che abbiamoraccolto da chi vive nel quartiereda sempre, ed è forse il pensieropiù fertile da cui partire percapire a pieno quale sia oggi ilvero volto di questa periferia.L’aspetto peculiare è l’assenza disignificato che lo spazio pubblicoassume: qui è impossibile dareun nome alle cose. Le stradesi chiamano corsi e hanno ledimensioni di tangenziali,più che unire dividono. Learee verdi pedonali, dove ibambini giocano, sono spazidi risulta sottratti al sistema diinfrastrutture e vie, elementiisolati nati a “scomputo deglioneri di urbanizzazione”.In questo reticolo di stradeordinate, in apparenza tutteuguali le une alle altre —ma tuttetroppo larghe per prendere vita—abbiamo trovato persone ostinateche in questi luoghi cercanoquella dimensione umana delvivere quotidiano in periferia noncome unica scelta possibile macome vera opportunità. Lo spaziopubblico reclama dunque unanuova centralità, costruita sullaconsapevolezza che la qualitàdella vita è proporzionale allaqualità degli spazi pubblici e dellerelazioni che sussistono tra loro.Su questa centralità, sulfarsi “bene comune” dellospazio pubblico, siamo andatimetaforicamente e anchefisicamente alla ricerca di unascintilla umana, aggregativa edi sincera ostinazione. L’energiacapace di raccogliere e portareavanti un microinterventodi rammendo, allargato allacogestione e alla manutenzionecondivisa tra amministrazionelocale, privati cittadini e soggettiimprenditoriali portatori diinteresse economico.area d’intervento34,5 km12centro cittàEx Discarica Amiatarea di bonificaParco della Sturacintura verdeAbbiamo incontrato personeostinate che qui cercanouna dimensione umanadella periferia. Con loroil tema di uno spaziocomune torna centrale123Borgata Vittoriatessuto residenziale e produttivo56 , 57


Periferie / TorinoOPPORTUNITàOPPORTUNITàTorino / PeriferieAssociazioni e scuole:poche relazioni, molteopportunitàIl luogo e le realtà coinvolteCome progetto di rammendo, l’azione del G124 inBorgata Vittoria vuole colmare un’assenza di significatocreata più da una mancanza di appartenenza che daun vero abbandono. Abbiamo individuato un puntodi intervento: uno spazio residuale a cavallo di corsoGrosseto, un’antica via che collegava due cascineai margini di Torino e che oggi ha perso il propriosignificato urbanistico e sociale. Elementi senza identitàdove la cronaca è fatta di vandalismo, di distruzione deglioggetti e delle “cose pubbliche”.Lo abbiamo chiamato il “parco senza nome”, un’areapedonale attrezzata vicina a una serie di attività, polie attori socioeconomici con grandi potenzialità diintegrazione. Un piccolo spazio da cui innescare unprocesso di coinvolgimento e rammendo di tutta l’areainsieme all’associazione di giovani architetti Plinto,con il ruolo di coprogettazione e realizzazione dell’opera— anche perché il rapporto instaurato possa garantireuno sviluppo concreto e un seguito alla cura dello spaziopubblico nel tempo. In tutte le azioni il gruppo è infattistato attento a coinvolgere attori che potessero raccoglierela sfida e continuare il processo avviato con il G124.Gli attori localiUna figura molto presente e interessata allariqualificazione dell’area è Don Angelo Zucchi, parrocodi quartiere e preside della scuola San Giuseppe Cafasso.Il parroco ha sostenuto le tante iniziative con grandeentusiasmo, proponendosi in prima persona comecittadino attivo nell’adottare e curare lo spazio pubblico.Insieme alla cooperativa sociale Agridea (con sede nelquartiere) porterà gli alunni della scuola paritaria aoccuparsi direttamente di uno spazio residuale di viaGandino, dove con il G124 ha già sperimentato un piccololaboratorio di street art sui muri dell’oratorio. L’intentoè piantare alberi là dove oggi parcheggiano macchine emotorini, con la ferma ostinazione che tutti i residentivedano crescere sotto casa un albero, un albero ribelle.Ma attraversare l’immenso corso Grosseto, che dividein due il quartiere, significa anche avvicinarsi aipiccoli ma fondamentali orti urbani creati e gestitidall’associazione Casematte. Una realtà già strutturata,che dovrà diventare parte attiva anche nelle relazionicon quanto la circonda, in particolare collaborando conle scuole presenti nel quartiere. Poco distante si troval’associazione Sport di Borgata, che gestisce il grandepolo sportivo Massari, con piscina, palestra, palaghiaccioe altri spazi per i ragazzi, come una ludoteca e gli ortididattici nati da un progettodi Save The Children(“Pronti, partenza e via”) perla corretta alimentazionedelle nuove generazioni.Le prime azioniTanti soggetti, pocherelazioni. Tante realtàeconomiche che formanouna nuova operosità delquartiere, ma una difficoltànel superare le barrierecreate nel tempo e cheancora oggi, più di altrifattori, incoraggiano ladisaffezione e l’abbandono.Le opportunità sonoquindi tantissime. Certomancano regole, strumentie (prima ancora che fondie investimenti) la voglia discommettere e mettersi ingioco.Un risultato, però, l’azionedel G124 lo ha già ottenutoe deriva dalle due giornateorganizzate in via Gandino.La prima il 19 settembre conuna passeggiata urbana cheha coinvolto i bambini dellescuole Cafasso e Franchetti(4 classi primarie, 80bambini). La seconda il20 settembre, quandoattorno al piccolo tavolodi lavoro portato dal G124sull’asfalto della via si sonoseduti tutti gli attori e leassociazioni del quartiere.Con loro c’era anche unarappresentanza della Cittàdi Torino, con l’assessorealla Rigenerazione urbanaIlda Curti, l’assessoreall’Ambiente EnzoLavolta, i rappresentantidell’assessorato all’Ediliziascolastica e politicheLa partenza:una passeggiatacon le classie un tavolo instrada, controi vuoti disignificato dellamancanza diappartenenzaeducative, oltre cheil presidente dellaCircoscrizione 5 Rocco Florio.La discussione sul tema“Torino - Spazio pubblicoBene comune” ha intantoportato a fissare per il 5novembre un workshoptecnico aperto anche adaltre realtà italiane (Cittàdi Bologna, Città di Roma,Città di Ferrara) per definireregole e procedure perla partecipazione dellacittadinanza alla cogestionee manutenzione dello spaziopubblico (con riferimentoall’art. 24 del Decreto legge133/2014). Sul tavolo delworkshop ci sarà come casopilota il microinterventodi rammendo urbano cheG124 ha realizzato nel parcodi via Fossata insiemeall’associazione Plinto, allascuola Cafasso e a tutti icittadini attivi che vi hannopreso parte.residenza pubblica casa-bottega distretto ex ex discarica Amiat amiat- Basse basse di Stura di sturaSPAZI IN ATTESASPAZI DA ATTIVARESPAZI ATTIVATIproduzione1234561 2 3 4 5 6discaricaorti urbaniabusiva1582area demolitausata comediscaricaabusivacorso Reiss Romolicorso GrossetoCASCINA BOSCAGLIAProprietà privata, azienda ancora in attività,inserita nella Rete delle Strutture Rurali di PregioCOOP. SOCIALE ARCOBALENOProgetto CARTESIOServizio di raccolta differenziata di carta e cartoneper conto di Amiat S.p.A.DINAMO S.R.LInstallazione impianti fotovoltaiciSocietà controllata da Coop. ArcobalenoTRANSISTOR S.R.L.Trattamento elettronica dismessaSocietà controllata da Coop. ArcobalenoCOOP. SOCIALE AGRIDEAManutenzione del verde e dell’arredo urbanoCICLESArtigiani/Designer2EX CAMPO CALCIO V.I.stato di abbandonoORTI COLLETTIVIutilizzo in concessione 5 anni3CASCINA FOSSATAprogetto approvatoimpianto didepurazionemetano24351PARCO GIOCHI 6 PARCHEGGIO 7 PARCO VIA FOSSATA4 LOTTO PRIVATO EDIFICABILEoccupato da orti spontaneieducazione12345612XSTRADA AD ALTO SCORRIMENTOarea agricolacoltivata a prato,mais, orzo e colzaCOMPELESSO L. RADICE-Scuola secondaria I grado-Scuola primaria 1COMPLESSO R. ZERBONI-Scuola secondaria II grado-Scuola secondaria II grado (serale)1COMPLESSO PARITARIOS. GIUSEPPE CAFASSO-Scuola d’infanzia-Scuola primariaSCUOLA D’INFANZIA DE PANISCOMPLESSO E. FRANCHETTI-Scuola primariaSCUOLA D’INFANZIA E141* 18223335 2* 36674sport accessibilitàspazi verdi54312323123campo nomadiNUOVA STAZIONE F.S. FOSSATASTAZIONE F.S. MADONNADI CAMPAMGNACAPOLINEA LINEA TRAM n.10IMPIANTO SPORTIVO VICTORIA IVESTCampi da calcioPALAGHIACCIOIMPIANTO SPORTIVO MASSARIPiscina1ORTO COLLETTIVOGestito da ass. CasemattePARCO GIOCHI VIA GANDINOGIARDINO ISTITUTO MASSARI-Giardino per attività all’aperto-Orto didattivo4X6XN58 , 59


Periferie / TorinoPROGETTOProgettoTorino / PeriferieIl progettoMasterplan per il parco in via Fossatabanner pubblicitarirecuperatiMasterplan per via Gandino#6#1banner bianchiper proiezioni e videoi bambini chiedono piùcolore perchè grigio èbruttopittura delle dellestrutture a servizio delparcheggio interrato#2#3100 cm90 cm#7#3#545 cm45 cm30 cm#4pittura acrilicaper bambini#760 cm45 cm30 cm#345 cmsistema diancoraggio a terradegli elementi#1#6copertoni recuperati#3#270 -110 cm200 cm#490 cm190 cm100 cmassi di legnorecuperato#1 L’inizio del percorsoUna struttura in legno aformare una porta d’accessoverso un luogo di sosta,incontro e condivisione.Attraverso il sistema dipannelli e banner la strutturapotrà ospitare allestimenti eproiezioni.#2 Piccole azioni dimanutenzioneIl parco di via Fossata serviràa sperimentare nuove formedi gestione partecipata e diautomanutenzione degli spazipubblici in collaborazionecon i cittadini interessati adadottarli.#3 Mobilità sostenibileDall’esplorazione urbana ibambini hanno evidenziato latotale assenza di piste ciclabilie di elementi per il parcheggiodelle bici. È emersachiaramente la necessitàdi potenziare i sistemi dimobilità lenta e sostenibile,creando percorsi ciclabili eripensando l’intero sistemadi attraversamento di corsoGrosseto.#5#4 Giardino aromaticoVasche per coltivare erbearomatiche, attorno a cuiavviare un percorso educativoe informativo con il supportodidattico e strumentale dellacooperativa sociale Agridea.L’associazione Casematte,che si occupa già dell’ortocollettivo di via Massari,accompagnerà la gestionedello spazio.#5 Laboratorio di borgataUn laboratorio di idee, unluogo fisico in cui riunirsi eprogettare la trasformazione.La sede operativa degliarchitetti accompagnatori, iprofessionisti che seguirannola sperimentazionee coordineranno latrasformazione condivisadell’area.#6 Verde pubblico benecomuneGrazie agli alberi piantatidagli allievi della scuolaCafasso, uno spazio residualeoggi usato per il parcheggiodiventerà un’area verderecuperata. Un interventoin collaborazione con lacooperativa sociale Agridea,voluto dal parroco Don AngeloZucchi. Qui il G124 ha giàsperimentato un piccololaboratorio di street art lungoi muri dell’oratorio.60 , 61


Periferie / TorinoPROGETTOPROGETTOTorino / PeriferieIl microintervento:una strategiadi cogestione#1 Logica compositiva degli elementi di riusoL’installazione per il parcolayer compositivo - forato #1Il rammendo delle periferie è unalunga marcia e si compie passodopo passo attraverso piccoleazioni concrete che, nel quadrogenerale, portino a una nuovavisione dello spazio pubblico.Per Torino e Borgata Vittoriaabbiamo fondato il nostroMasterplan delle Opportunità suuna strategia di riqualificazionedettata dalle caratteristiche giàpresenti e ancora riconoscibilipiù che da una vera rivoluzioneurbana, troppo costosa e pocopercorribile. È sulle peculiaritàdel tessuto esistente, e inparticolare sulla commistionetra residenziale e produttivo, cheinfatti crediamo si possa vincerela sfida della rigenerazione delfuturo, soprattutto nella visionedi una Città metropolitana. Macome?Avviare strumenti di cogestionedello spazio pubblico checoinvolgano gli operatorieconomici, indirizzandone gliobiettivi e le soluzioni (cosìcome avviene a Berlino conil “Biotope area factor” perle aree residenziali, o comesperimentato nel VillaggioArtigiano di Modena), porterebbea chiamare in causa quellaparte di cittadinanza attivache a Torino ha già dimostratogrande avanguardia in varieforme e metodologie. Non solo:consentirebbe anche di attivareun livello superiore di gestionecondivisa attraverso il mondoproduttivo, non semplicementein un modo monodirezionale (incui l’apparato amministrativoburocraticoimpone e chiedesoltanto) ma con uno scambiobidirezionale che consentareciproche economie di scala.Così non si produrrebbero grandie macchinosi cantieri, ma piccoletrasformazioni a favore di unamicroimprenditorialità artigianacapace di autosostenersi eprodurre un indotto commercialevitale per il quartiere.Autocostruzione e artepubblicaÈ proprio da un piccolissimointervento e dalla sua gestionecondivisa nel tempo che,seguendo questa visione, siamovoluti partire per l’interventodi G124, sperimentando quellaforma ancora da delinearedi piccola imprenditorialitàaltamente qualificata, cheprogetta e realizza oggetticoncreti.Insieme all’associazionePlinto, specializzata appuntonell’autocostruzione, abbiamointrapreso un cammino —fittodi ostacoli burocratici e di serrateconcertazioni— per progettare ecreare un’installazione artisticada realizzare nell’area pedonaleattrezzata Fossata come primotassello della riqualificazione.Scopo dell’installazione saràospitare nel tempo attività legatea progetti del ContemporaryArts Service. Sarà il punto diriferimento per bandi rivolti aigiovani artisti che nei prossimianni vorranno cimentarsinel rammendo del parco, inun’ottica più di ampio respiroche si inserisca nel sistema d’artepubblica della Città di Torino, giàarticolato e all’avanguardia.Una struttura in legno, una portad’accesso verso ciò che sarà unluogo di sosta e condivisione diidee e progetti per il quartiere.Sarà un oggetto per mettere allaprova nuove pratiche di gestionee manutenzione, in cui la societàcivile e la parte istituzionale(la Circoscrizione 5 e soprattuttola Città di Torino) definiscanoinsieme strumenti e praticheper la cura e rigenerazione deibeni comuni urbani. Strumentioggi adottati da città comeBologna e Siena e che a Torinopossono trovare ulteriore impulsoe percorrere vie innovative,strutturando e rendendo flessibilile tante opportunità che ilcorposo panorama di regolamentidella città già offre.La porta d’accessoal parco è il tasselloiniziale dellarigenerazione.Farà da ingresso a un’areapensata per ospitareprogetti futuriLa realizzazione dell’opera è prevista nellesettimane successive alla stampa del reportlayer connessione - forato #2layer percorso - pieno #3#2 continuità della promenade#3 riparo da sole e pioggia#4 panchine come nodi focali62 , 63


Periferie / TorinoPROGETTOPROGETTOTorino / PeriferieCollaborazione,cura, rigenerazioneUna manutenzione “trasformativa”Le prime azioni 19 settembre 2014La “camminata urbana”insieme ai bambini dellescuole elementari, eventoiniziale per coinvolgere ilquartiere.20 settembre 2014Il tavolo da lavoro del G124scende in via Gandino: unariunione con le istituzioni e lerealtà del quartiere.Il luogo fisico non può esserealtro, almeno per Torino, cheil pretesto concreto di unarigenerazione. Ma lo spaziopubblico reclama oggi una nuovacentralità tanto rispetto aglispazi reali, quanto rispetto allerelazioni sociali che intercorronoal loro interno.Se gli aspetti di inclusione socialee progettazione partecipatasono a Torino ormai prassi, imicrointerventi di rammendohanno bisogno di una nuovagenerazione di strumentiamministrativi capaci diadeguarsi a un contesto mutato.È stato dunque chiaro dasubito che, oltre a coinvolgerei cittadini attivi, il luogo fisicodel rammendo deve allargarsia strategie di cogestione e dimanutenzione condivisa.Superare l’impasse burocraticoamministrativoche attualmentelimita e frena qualsiasi iniziativa“nata dal basso” (e siamo sicurinon sia soltanto un problemadella Città di Torino, anzi) ciha portati a porre l’accentosu una necessità. La qualitàdello spazio pubblico non stanell’abbellimento —a volte sonoi difetti a rendere folgorante labellezza— quanto nella cura enella manutenzione degli ambiti.Nella periferia questo concettodiviene sinonimo di continuatrasformazione, una ferventeenergia che viene dalle nuovegenerazioni che abiteranno ilquartiere.Con un processo di mutazionecostante, in cui “opereprovvisorie” cambianocontinuamente l’aspettoestetico del luogo, vogliamodunque raggiungere una nuovaforma di manutenzione egestione nel tempo dello spaziopubblico, attraverso un pattodi collaborazione tra pubblicaamministrazione e attori sociali(giovani artisti, collettivi didesigner, ecc.) che riesca, divolta in volta attraverso percorsiprogrammati, a manutenere egestire il bene comune grazie auna continua trasformazionedello spazio.La temporaneità del progettorispecchia la logica delmutamento che la periferia haconnaturata in sé. Attraversoquesta opportunità “naturale”,il nostro obiettivo è faredel continuo riuso e dellatrasformazione dell’opera unaforma alternativa di cogestione,in modo da mantenere sempreviva l’attenzione, sia di chiogni giorno vive il quartieree lo spazio comune, sia di chitransita velocemente e attraversala periferia. Un modo quindiper dare significato allo spaziopubblico.La manutenzione e la gestionedell’opera diventano così parte diun processo temporale che dovràcoinvolgere la Città di Torino e lasua più grande risorsa, i giovani.Attraverso numerose iniziativee progetti il Contemporary ArtsService ha da tempo avviatoprocessi di rigenerazionelegati all’arte contemporanea.Affiancare un nuovo modo diprodurre e gestire azioni dirigenerazione urbana che nonincoraggi l’abbandono poiché chile progetta le realizza, le vive ese ne prende cura: è questa unadelle vie percorribili e sostenibili,anche in termini economici,per la trasformazione della cittàfutura.Ora servonostrumenti nuoviperché istituzioni,attori e cittadinisi occupinodei luoghiinsieme, anchetrasformandolidi continuo64 , 65


Periferie / TorinoWorkshopgruppoTorino / PeriferieUn risultato:il workshop “La Cittàbene comune”Il gruppodi lavoro a TorinoIl programma del 5 novembreQui di seguito la traccia presentata per il workshop tecnico“La Città bene comune. Il Rammendo urbano attraverso lacondivisione, la cogestione e l’automanutenzione: nuovi strumenti percostruire la Città come bene comune”, in programma il 5 novembre 2014.La periferia nord di Torino è stata scelta dal G124, ilgruppo di lavoro del senatore Renzo Piano sulla cittàche sarà, come caso studio nel quale sviluppare idee eproposte per gli interventi di rammendo urbano.G124 ha trovato nell’amministrazione, e in particolarenel settore della Rigenerazione urbana, un interlocutoreinteressato e propositivo come testimoniano le varieesperienze intraprese dalla Città su questi temi.Insieme, abbiamo maturato una consapevolezza: lospazio pubblico urbano reclama una nuova centralità,costruita sulla consapevolezza che la qualità della vita incittà è in diretta proporzionalità con la qualità degli spaziurbani.Su questa centralità, sul farsi “bene comune” degli spazipubblici urbani si gioca una possibilità di rigenerazioneurbana (riguardante tanto gli spazi che le relazioni socialiche intercorrono all’interno di quegli spazi) che necessitadi una nuova generazione di interventi amministrativicapace di adeguarsi e di agire nel nuovo e mutatocontesto.L’inclusione sociale e la partecipazione si allargano allacogestione, alla manutenzione, alla promozione di queimicrointerventi destinati al rammendo urbano, a tenereinsieme un tessuto urbano altrimenti indebolito da vuotidi significato prima ancora che da assenze di servizi oinfrastrutture.Il 5 Novembre un seminario a Torino. Una giornatadi confronto e di lavoro sui problemi che abbiamo difronte più che una vetrina di buone pratiche. I temiche vorremmo affrontare nascono, anche ma nonsolo, dal confronto avviato a Torino, in particolare nelQuartiere di Borgata Vittoria nella Circoscrizione 5, tral’amministrazione della città e il gruppo G124, all’internodell’iniziativa “Spazio pubblico Bene comune”.In particolare• la necessità di individuare nuove forme e strumentiadeguati per l’amministrazione condivisa dello spaziopubblico. Si pone, quindi, l’accento su una questione diestrema attualità: la qualità dello spazio urbano non silimita all’abbellimento o al decoro, ma risiede nella cura,nella socializzazione, nella rigenerazione di edifici e areepubbliche. Si sottolinea, inoltre, l’importanza di creareuna rete di collaborazione che coinvolga, da un lato, leamministrazioni locali e dall’altro, oltre ai singoli privaticittadini, anche i soggetti imprenditoriali portatori diinteresse economico.• l’opportunità diintervenire sugli strumentiattuativi che attualmenteregolano la trasformazioneurbana per renderli ingrado di offrire un efficacesupporto per la promozionedi iniziative di gestionecondivisa dello spaziopubblico. Il tema dellospazio pubblico all’internodel tessuto urbanoconsolidato apre nuove einteressanti prospettiveche riguardano, oltre aquelli precedentementeindicati, gli aspettilegati alla sostenibilitàambientale degli interventisviluppati in contestidi trasformazione, conun’attenzione particolare aicasi di riconversione di areeproduttive dismesse.Obiettivi della giornata• censire e valutare i processiin atto;• sperimentare un modellodi gestione dello spaziopubblico nell’area di studio eintervento del gruppo G124,in particolare attraverso unaforma di “adozione” per laco-gestione e manutenzionedell’installazionerealizzata nel parco Fossatadall’associazione Plinto esostenere le iniziative dicura e gestione del verdein fase di avvio da partedegli istituti scolastici delquartiere;• definire i ruoli e lefunzioni che l’istituzioneassume per il presidio e lagestione sul territorio deiprocessi di rigenerazioneattraverso la cogestione ecomanutenzione;• favorire cogestione,autocostruzione eautomanutenzione;• contribuire ad avanzare propostelegislative e amministrative, avviandouna sostanziale relazione con il gruppoG124 e il senatore Renzo Piano.I partecipanti invitatiPiero Fassino Sindaco di TorinoIlda Curti Ass. Città di TorinoEnzo Lavolta Ass. Città di TorinoMariagrazia Pellerino Ass. Città di TorinoClaudio Lubatti Ass. Città di TorinoStefano Lo Russo Ass. Città di TorinoPaolo Masini Ass. Roma CapitaleArch. Rossella Caputo Dirigente dell’U.O. Qualitàurbana e certificazione energetica/ambientale,responsabile del progetto Tutur, Roma CapitaleLuca Rizzo Nervo Ass. Città di BolognaGiovanni Ginocchini Dir. Urban Center BolognaGiacomo Capuzzimati Dir. Gen. Comune di BolognaChristian Iaione LabsusUgo Mattei Vice Sindaco di ChieriI risultati e l’esperienza del workshop non sono quiriportati perché in fase di svolgimento al momentodella stampa di questo resocontoMichele BondanelliFederica RavazziTutor di progettoMaurizio MilanPartnerAssociazione Plinto, Plurality in Torino plinto.orgHanno sostenuto il progettoCittà di TorinoCircoscrizione 5, Città di TorinoCittà di Torino, Assessorato Progetti di RigenerazioneUrbana e qualità della vita e relativi progetti comunitariCittà di Torino, Assessorato Arredo e Decoro UrbanoCittà di Torino, Assessorato Materie relative all’istruzionee all’edilizia scolasticaCittà di Torino, Assessorato Verde pubblico, viali alberati,parchi e sponde fluvialiCittà di Torino, Istituzione per una EducazioneResponsabile, Laboratorio Città SostenibileCittà di Torino, Contemporary Arts ServiceParrocchia San Giuseppe CafassoIstituto Scolastico San Giuseppe CafassoAssociazione CasematteAssociazione Sport di BorgataCooperativa Sociale ArcobalenoCooperativa Sociale AgrideaHanno collaborato attivamente al progettoGian Maria Mazzei dell’associazione PlintoMarco Grazioso dell’associazione PlintoDon Angelo Zucchi, preside della Scuola San GiuseppeCafassoarch. Piergiorgio Turi del Laboratorio Città Sostenibilearch. Cecilia Guiglia di Luoghi Possibiliarch. Paola Sacco di Luoghi PossibiliHanno contribuito alla realizzazionedel microinterventoMilan IngegneriaEdilizia Verri CostruzioniParrocchia San Giuseppe Cafasso66 , 67


Avevo preso il primo treno suburbano perpresentarmi al deposito. Ero sceso a unastazioncina. Non c’era anima viva, lì.Vladimir Makanin, UndergroundROMAIncontrarsi Sotto il ViadottoL’impeto di grandezza umana che rispondealla carità e al dolore. Santità. Le zoneremote della città — gli ospedali, i cimiteri ele banchine che dimentichiamo.John Cheever, Una specie di solitudineL’inizio di un percorso. Con i lavori del G124 lo spazio abbandonatosotto la linea tranviaria diventa una piazza laboratorio.Sopra: una delle tante aree verdi del Municipio III68 , 69


Periferie / RomaINTRODUZIONEAREA DI INTERVENTORoma / PeriferiePer un ponteche riavvicinile personedi Massimo AlvisiTutor del progetto G124 / RomaL’ipotesi di riqualificare ilViadotto dei Presidenti peril tratto che avrebbe dovutocollegare le aree periferiche anord-est del quartiere Montesacronasce da una necessità: rimetterein comunicazione, e direi incontatto vitale, principalmentele persone. La necessità di creareuna linea di congiunzione tramodi di vita diversi, posti aimargini della città e spessodimenticati o abbandonati, edare vita a quella “vicinanza”fondamentale per iniziarnela rigenerazione: conoscereil proprio vicino per lavorareinsieme, socializzare percostruire le città del futuro, chesono le nostre periferie.Il chilometro e 800 metrirecuperato per un percorsociclo-pedonale, per realizzarepiccole piazze, officine perle biciclette o laboratori diquartiere dove coltivare idee,permette di ricreare un flussofisico longitudinale diretto e unoumano trasversale alla tanteetnie, che popolano con circa100mila abitanti un’area paria 2500 ettari e rappresentanol’enorme ricchezza del luogo.Oggi in Italia la fotografiadello stato infrastrutturale,per quanto in miglioramento,restituisce un’immagine digrande disparità tra Nord, Centroe Sud, ma soprattutto un livellodi sicurezza e qualità in alcunicasi preoccupante. Sapere cheun viadotto tranviario è statosostanzialmente completato condue stazioni e poi abbandonatoè desolante, e oltre al costoreale e sociale che ha generato,la sua eventuale demolizioneaggraverebbe questo impatto.L’idea giusta è dunquerigenerarlo, dargli una nuovavita e quindi anche un nuovosignificato: una passeggiata, unluogo che accolga e protegga chilo frequenta, capace di incubarenuove idee per la trasformazioneprogressiva dell’area.A dare vita a una piccola parte diquesta trasformazione sono statiattivisti, cittadini, architetti,street artist in collaborazionecon l’amministrazione diRoma, conducendo insieme unasilenziosa rivoluzione culturale inuna città dominata per anni dallaspeculazione: il recupero e lavalorizzazione dell’identità delleperiferie ricche di vita e di storieattraverso la riqualificazioneurbana.I giovani architetti del teamG124 hanno studiato, analizzato,condiviso sensazioni e idee contutti. Hanno autofinanziato eautocostruito un progetto “sottoil viadotto”, mettendo cosìuna prima pietra per il passosuccessivo che avverrà “sopra ilviadotto”.Recuperareuna strutturain disuso perrigenerarsi:una rivoluzione,in questa città70 , 71


Periferie / RomaCONTESTOOPPORTUNITàRoma / PeriferieViadotto deiPresidenti,incompiuta delMunicipio IIIDall’opera alla propostaTesti di Francesco Lorenzi eEloisa SusannaProgetto G124 / RomaIl Viadotto dei Presidenti sitrova all’interno del MunicipioIII, un territorio che si estendetra il fiume Aniene e la RiservaNaturale della Marcigliana nellaparte nord-est di Roma. Nasce suun tracciato previsto dal PRG del1962 e avrebbe dovuto formare latesta nord di un sistema viario adalto scorrimento.Nel 1996 venne realizzato il trattoche unisce via della Bufalottaal quartiere di Colle Salario conal centro il viadotto. Di questoasse di trasporto leggero furonoperò realizzati con doppia sedetranviaria solo 1800 metri e duestazioni complete di banchine erampe di accesso per i disabili.Ritroviamo qui uno deitemi che caratterizza le cittàcontemporanee in continuacrescita: la creazione di nonluoghi, ovvero di spazi privi diidentità, relazioni e storia.Dal momento della suacostruzione lo spazio destinatoalla ferrovia è stato trascuratoe lasciato in abbandono, gliaccessi sono rimasti incompiutie le strutture già realizzatehanno subito il degrado e utilizziimpropri.Oggi questo percorsolongitudinale, barriera fisicatra quartieri molto popolati,potrebbe diventare un tracciatostrutturante e unificante traenclaves indipendenti, favorendoun collegamento ciclabile epedonale a scala territoriale.Strategia a consumo di suolo zero,l’idea di un parco lineare nasceper dare una funzione a un’operapubblica rimasta incompleta einutilizzata, trasformando cosìun problema in risorsa. Unagreen line, quindi, come percorsodi connessione tra il Parco delleSabine e il quartiere Talenti, inmodo da valorizzare il potenzialedi verde inutilizzato e i parchiurbani esistenti e convertirel’infrastruttura abbandonata inun asse di mobilità verde che limetta in connessione.La corsia centrale del viadottoconsentirebbe un sistemadi trasporto alternativoall’automobile, convertendo lasede costruita per i binari maimessi in opera in una pistaciclabile e un percorso pedonalecosteggiato da alberi e panchine,inserendo nella struttura servizipubblici e privati.“Non è un mondodismesso, ma un mondoche non è nato. Perciònon bastano gli spazzini,bisogna portarci la gente,i valori comuni, l’urbanità”la Repubblica, 12 maggio 2014La visionedi una green lineL’orizzonte dell’interventoQuesto vuoto urbano dall’atmosfera sospesa e incompiutadeve essere recuperato dai cittadini e per i cittadini,creando uno spazio pubblico lineare: non solo unaconnessione fisica tra i quartieri, ma un percorso diiniziative sociali, culturali e commerciali che trasforminoil Viadotto in un segno identitario del territorio.L’inserimento di funzioni e servizi, per l’assistenza,la sicurezza della mobilità ciclabile e l’uso temporaneodi alcuni spazi interstiziali, può generare una ricucituraurbana tra quartieri e ambiti territoriali che oggirisultano indipendenti.L’idea: un parco linearesenza altro consumodi suolo, cosìda trasformare unabarriera in risorsa1. 2.STAZIONE SERPENTARAuso tematico e temporaneo degli spazi1.STAZIONE VIGNE NUOVEinfomobilità e assistenzaIl tracciato favorirebbela mobilità leggera conuna passeggiata per bicie pedoni, connessa ai nodilocali del trasporto2.TRATTO INTERRATO I TUNNELspazio creativo3.3.72 , 73


Periferie / RomaopportunitàopportunitàRoma / PeriferieUna green line che unisce ilParco delle Sabine e il ParcoTalenti valorizzando le tantearee verdi esistentiOggi elementodi divisione, il viadottopuò diventare un simboloidentitario di un territoriomolto popolato, ancheattraverso culturae commerciomSSmSTAZIONESERPENTARASCCSicCSicHSTAZIONEVIGNE NUOVEnSCChieseSsScuola superioreSScuola elementare e mediaSmScuola maternaSsnAsilo nidoHServizi sanitari di basemMercatoAcicAttrezzature commercialiInteresse comunemnNriduzione spaziocarrabileinfrastrutturaecologicariduzione spaziocarrabileUn’infrastruttura ecologica La rete ciclo-pedonale Le connessioni trasversali Uso temporaneo degli spazi interstiziali74 , 75


Periferie / RomaPROGETTOProgettoRoma / PeriferieSotto il Viadotto:il progettoL’intervento d’innescoSERPENTARASTAZIONE BUSLARGO LABIAPARCO DELLESABINEPARCO DELLESABINEPRU FIDENEVALMELAINASERVIZIPOLIZIA/ INPSL’incontro al Municipio III con il Gruppo diSupporto Locale. Fra gli attori coinvolti ci sonoinoltre le associazioni Viadotto dei Presidenti -Greenapsi e Interazioni UrbaneEMME PIÙBUS STOPSotto il Viadotto nascedall’iniziativa del gruppo G124 aRoma, in sintonia con la pubblicaamministrazione e le realtàpresenti e attive sul territorio.Obiettivo è raccogliere lavoglia sempre più crescente diriappropriarsi del territorio daparte delle persone, attraversoun intervento sulla microscalache rivitalizzi uno spazioabbandonato e inneschi poi unprocesso di trasformazione piùampio, che coinvolga l’interainfrastruttura.SERPENTARAPERCORSICICLABILIIPER COOPDopo una fase preliminare in cuiabbiamo coinvolto la comunitàlocale nell’ambito del progettoeuropeo Tutur (Temporary Use asa Tool for Urban Regeneration),il gruppo ha formulato unaproposta progettuale: lariattivazione di una porzionedi spazio sottostante al sistemainfrastrutturale del Viadotto deiPresidenti, in corrispondenzadella stazione Serpentara.AREA CANIAREA CANIIl progetto prevede latrasformazione di uno spaziourbano degradato in un luogodi scambio e di partecipazioneattiva della cittadinanza, perfavorire un concreto riusodell’infrastruttura. L’idea èabitare gli spazi interstizialie innestarvi delle funzionispecifiche, che permettano lafruibilità e l’utilizzo di almenouna parte di queste aree a oggicompletamente abbandonate.La partecipazione attiva dellacittadinanza assumerà un ruolodi rilievo anche nella cura enella manutenzione dello spaziostesso, in linea con le moltepliciesperienze di automanutenzioneche stanno emergendo in tutto ilMunicipio.Due container sottola vecchia stazioneriattivano un luogoabbandonato creandouna piccola piazzaattrezzataPrimaUn laboratorio e un’officina per la manutenzione dello spazio: al loro interno, attività per sostenerela piazza di Sotto il Viadotto come risorsa per il territorio (e non più come luogo di degrado e abbandono)Dopo76 , 77


Periferie / RomaprogettoprogettoRoma / Periferie4. Percorso pedonale 160 mq)4.3. Pavimentazione da realizzarein legno (200 mq)Le fasidi realizzazioneLe tappe dell’intervento1. Lab del Viadotto (14 mq)Container 2.40x6 mt h= 2.401.3.#1 La pulizia dell’areaLa pulitura e la bonifica dell’area sono le prime attivitàindispensabili per realizzare le lavorazioni successive.2. Officina del Viadotto (14 mq)Container 2.40x6 mt h= 2.402.#2 Materiali e pavimentazioneTerminata la pulizia dell’area, avviene il trasporto deicontainer. Si procede costruendo la pedana in legno(di circa 200 mq) per la “piazza”: pallet di recupero emateriali inutilizzati sono trasformati in moduli dipavimentazione opportunamente trattati, favorendo cosìil riuso e il rispetto dell’ambiente.N#3 L’allestimento dei containerUna volta trasformati, i due container possono ospitareun laboratorio urbano e un’officina per la manutenzionedel microparco, in cui organizzare attività specifiche.#4 Il percorso e la pittura dei piloniL’accesso alla “piazza attrezzata” avviene attraversoun percorso in ghiaietto largo circa 2 metri, che tagliatrasversalmente l’area e facilita la connessione trai quartieri ai lati del viadotto. La fruibilità dell’areaè garantita anche dalla presenza di idonee rampe dicollegamento, mentre per ottenere una netta definizionedel percorso e degli spazi verdi si creeranno dei cordoli diperimetro riutilizzando materiali di scarto. Il progettoprevede di completare gli accessi alla parte sopraelevatadel viadotto, integrando con alcuni elementi le scale e lerampe già esistenti ma rimaste incompiute.#5 Il workshop di autocostruzioneIl sentiero è progettato come un vero percorso attrezzato,per rendere colorata e divertente una passeggiata oggigrigia e difficoltosa. Per invitare la gente ad attraversarequi, ma anche a sostare sotto il viadotto, sarannorealizzati elementi di arredo urbano con materiali direcupero.Il percorso attrezzato, realizzato attraverso un workshopdi autocostruzione che coinvolgerà studenti, giovaniprofessionisti, bambini e cittadini di tutte le etàAllestito con materialidi recupero,il percorso è un invitoall’attraversamento,al gioco e alla sosta78 , 79


Periferie / RomaprogettoprogettoRoma / PeriferieL’inaugurazionedella piazzaDue giorni di incontriL’11 e 12 ottobre 2014 sono stati giorni di festa: musica,laboratori didattici, una passeggiata in bici per ilquartiere, uno spettacolo teatrale, oltre a una tavolarotonda sul tema della dimensione temporale nelcambiamento della città.È stato l’inizio di un processo di trasformazione in cuil’uso temporaneo consente non solo di vivere luoghiabbandonati da lungo tempo, ma anche di sperimentareed eventualmente cambiare funzioni, sviluppando unprogetto in continua evoluzione, pur mantenendo unavisione strategica del territorio.Il lascito del gruppo G124 consiste non solo nellariqualificazione fisica dei luoghi, nell’accompagnamentoe nella creazione di una comunità di cura dello spazioritrovato, ma anche in una sinergia con la pubblicaamministrazione, nella definizione di nuovi schemidi governance che favoriscano una semplificazione delleprocedure amministrative.La ruota è l’elemento principale del percorso: pneumaticiusati che si trasformano in cordolo, fioriera, seduta,rastrelliera per le bici, altalenaL’evento di Sottoil Viadotto è solo l’iniziodel cambiamento di tuttala struttura, un processoaperto al coinvolgimentodi chi mostrerà interesseLa tavola rotonda Spazio Pubblico Bene Comune, sulla trasformazione urbanae la dimensione temporale80 , 81


Periferie / RomaprogettogruppoRoma / PeriferieFrancesco LorenziEloisa SusannaTutor di progettoMassimo AlvisiIl gruppodi lavoro a RomaEnte PromotoreMunicipio III, Assessorato alla Trasformazione Urbana,Dipartimento Programmazione e Attuazione UrbanisticaU.O. Qualità Urbana, Assessorato allo Sviluppo dellePeriferie, Infrastrutture e Manutenzione Urbana di RomaCapitale nell’ambito del progetto europeo TuturCon la collaborazione diAssociazione Viadotto dei Presidenti-Greenapsi:Alessandro Lungo, Massimiliano FoffoAssociazione Interazioni Urbane: Elisa Maceratini,Lorenzo FauvetteLa realizzazione del progetto è avvenuta grazie alsupporto di tanti volontari e dei partecipanti al WorkshopRehabilitactionSponsor tecniciImpresa BaglioniArredopalletCIPA S.p.A.Media partnerHexaVideoSowhatLe fotografie che documentano il progetto sono di Agnese Samà (fotografa diInterazioni Urbane), Moreno Maggi, HexaVideo (foto aeree) e del gruppo G12482 , 83


Nei quartieri dove il sole del buon Dionon dà i suoi raggi / ha già troppi impegniper scaldar la gente d’altri paraggiFabrizio De Andrè, La città vecchiaCATANIABuone azioni per LibrinoL’uomo e la donna che vogliono vivere il loroBattesimo devono andare verso le periferie,verso le periferie geografiche, le periferieculturali, le periferie esistenziali, devonoandare con questa proposta evangelica.Jorge Mario Bergoglio, Papa FrancescoQuartiere di Librino. Tra le costruzioni degradate dell’areadi San Teodoro, i volontari del Centro Iqbal Masih si impegnanoper i più giovani. Il G124 parte anche da loro84 , 85


Periferie / CataniaContestocontestoCatania / PeriferiePerché Librino,ultima zonadi sopravvivenzaIl Palazzo di CementoI presupposti e l’areaTesti di Roberto Corbiae Roberta PastoreProgetto G124 / CataniaLa scelta di occuparci di Librinonasce dalla volontà iniziale diapprocciarci alle realtà figlie dellegrandi utopie urbanistiche legateall’idea delle “città satellite”,che hanno generato dinamicheurbane fallimentari.Librino, a differenza di altriquartieri simili, spesso oggettodi sperimentazioni progettuali,non ha ancora conosciuto unareale volontà di rigenerazione eci è apparso da subito un ottimocampo d’azione per mettere allaprova il nostro lavoro. Siamopartiti alla ricerca della bellezzain un quartiere in cui la visionedi Kenzo Tange è diventatauna triste realtà di degrado emalessere sociale, e la bellezzal’abbiamo trovata nelle storiedi volontariato che ogni giornoassociazioni religiose e laicheportano avanti.Tra le storie che più ci hannocolpito c’è quella coraggiosa di ungruppo di volontari, i Briganti,che avviano al rugby i piùpiccoli per sottrarli alla malavitaorganizzata.I Briganti ci hanno condottonell’area di San Teodoro, unadelle zone di Librino, dove cihanno raccontato il loro percorso:una storia di grande impegnosociale e di innumerevolirichieste (tutte inascoltate)per l’affidamento della palestracomunale San Teodoro, che sitrova nel cuore del quartiere e chenel 2012 i Briganti hanno decisodi occupare.Oggi la palestra, il campo e l’areaesterna sono vissuti ogni giornoda gruppi di ragazzi e ragazzeche si allenano a rugby e daglianziani che curano i loro orti,coltivati su un’area pubblicadimenticata e ancora occupata.Oltre ai Briganti e agli ortolani, aSan Teodoro abbiamo conosciutola realtà della scuola VitalianoBrancati, un istituto comprensivo(con scuola materna, elementare,media) dall’aspetto di uncarcere, senza strutture sportivedi supporto, che affaccia su unampio piazzale assolato e senzaverde, dove gli alunni giocanodisegnando sul pavimento giochidi strada.Siamo partiti da qui, da questerealtà vive e consolidate chepresidiano il quartiere, peroperare quel rammendo tra leparti capace di innescare unprocesso virtuoso di rigenerazioneurbana: un percorso che oggi,in questi contesti, può partiresoltanto dall’ascolto dei bisognidelle persone.Storia di LibrinoPrevisto dal PRG di LuigiPiccinato nel 1964, Librinonasce per rispondere allaconsiderevole domanda di alloggipopolari che proveniva sia dagliabitanti espulsi dal quartiereSan Berillo Vecchio, sia dacatanesi interessati a realizzarecooperative edilizie. Il progettodel Piano di Zona fu affidato nel1970 all’architetto giapponeseKenzo Tange, che disegnò unacittà ideale bella, autosufficiente,ricca di verde e di servizi.Erano state previste università,ospedali, centri commerciali,parchi e collegamenti diretti conil cuore della città.Tra gli edificidegradatiabbiamo trovatola bellezza nellestorie portateavanti daivolontariPurtroppo l’utopia pensata allora si scontra con larealtà oggi sotto ai nostri occhi. Librino è un quartiereirrisolto, dove sono assenti luoghi di relazione; dovela mobilità è garantita solo da immensi assi stradali,capaci di dividere più che unire; dove c’è una grandequantità di verde (sulla carta) che si palesa solo (nellarealtà) con spartitraffico curati e fiumi di verde incolto;dove i bambini giocano tra le macerie di un teatromai utilizzato; dove la segnaletica stradale è messa insicurezza da reti di ferro e dove gli spacciatori, spessoragazzini, hanno il loro fortino presso il Palazzo diCemento, simbolo infelice di un quartiere che non vivema sopravvive.A onor del vero Librino ha diverse anime, ma quellaappena descritta è così forte che purtroppo offusca tuttele altre. Questa è la Librino di viale Moncada, la periferiadella periferia: un fallimento non solo progettuale masociale e politico.In un quartiere dove il 55% della popolazione ha meno di33 anni è palese che si debba ripartire dai più piccoli. Unpiccolo gruppo di volontari che avviano allo sport i ragazzie un piccolo angolo con una trentina di libri, dove alcunibambini cercano di sfuggire al degrado: questi ci sonosembrati i due buoni punti di partenza per un processodi rigenerazione urbana, ma prima di tutto sociale,che possa accompagnare i bambini a essere i cittadiniconsapevoli di domani.Qui la maggioranzadegli abitanti ha menodi 33 anni: come nonpartire dai più giovani?La scuola Vitaliano Brancati88 , 89


Periferie / CataniacontestocontestoCatania / PeriferiePartecipazionee diritto alla cittàL’analisi dei bisogniUn contributo di Carlo CollocaDocente di Analisi sociologica e metodi per la progettazionedel territorio, Università di CataniaQuando parliamo di diffusione urbana facciamo riferimentoa un processo di sviluppo che interessa ambiti territorialiampi, fino a comprendere aree suburbane, determinandouna dispersione insediativa oltre i margini dellacittà. Ne nascono risultati molto diversi in termini disostenibilità, poiché si prefigurano soluzioni differentirispetto all’edilizia residenziale, e più in generale allosviluppo architettonico, ai trasporti, al verde pubblico ealla gestione delle risorse energetiche.Il quartiere di Librino è la conseguenza di un processosimile, di sprawl per l’appunto, che evidenzia un usoalterato dello spazio: un fenomeno che ha generatoun paesaggio interrotto, che allontana la periferia dalcentro, oltre che dinamiche segregative all’interno delquartiere.A farsi interpreti delle criticità sociali nate nellospazio urbano di Librino sono essenzialmente le scuole(dall’infanzia sino alla secondaria di primo grado) el’associazionismo di matrice cattolica e laica impegnatocon giovani e giovanissimi in attività di sostegnoscolastico, musica, arte, sport.Le realtà coinvolteL’analisi dei bisogni, funzionale a definire l’interventodi rammendo, ha interessato in particolare l’area di SanTeodoro, dove è possibile registrare l’operato di attorisociali e istituzionali specifici. Si tratta del Centro IqbalMasih, nato nel settembre 1995, che si avvale di unospazio autogestito e autofinanziato (in un locale di vialeMoncada) e promuove incontri, laboratori, attivitàsociali insieme alle persone che abitano e frequentanoil quartiere di Librino, iniziative destinate soprattutto abambini e adolescenti.All’interno del centro prende forma nel febbraio 2006,sempre con attività a favore dei minori, l’AssociazioneSportiva Dilettantistica Rugby I Briganti di Librino che,insieme ad altre organizzazioni sociali e sindacali delquartiere e della città, avvia allo sport gruppi di ragazzi(dagli under 6 agli over 35).Intorno agli spazi del campo da rugby si è aggiuntada pochi anni la presenza di circa trenta ortiautoregolamentati, spazi che alcuni residenti diLibrino (e non) si sono attribuiti per coltivare ortaggie frutta. A pochi passi dagli orti, più a nord, sorgel’istituto scolastico Vitaliano Brancati, plesso con circaquattrocento studenti, privodi spazi per praticare attivitàsportive o fruire di aree verdi.Gli strumenti e l’approccioAttraverso l’osservazionepartecipata, i focus group,le interviste ed esercizidi co-design che hannocoinvolto individui di variaestrazione sociale e culturale(ma comunque legati agliattori citati) è stato possibilericostruire la domanda diprogettazione che questiavevano in mente per l’areadi San Teodoro.Con gli strumentidell’approccio socioterritorialeè stato possibilericomporre aspettative,bisogni e paure di quantivivono questa porzionedel quartiere e nutronoancora speranze diriqualificazione, di uncambiamento all’insegnadella fruizione aperta eregolamentata di spazi per losport e l’agricoltura sociale— naturalmente fruibilianche per gli studenti dellaBrancati e in generale perl’intero quartiere. Con ibambini il gruppo ha fattoricorso anche al disegno,perché potessero esprimere iloro desiderata.Così impostato, il percorsodi rammendo ha permessodi fare emergere un“diritto alla città” che nonsi esaurisce nel consumodi spazio, ma esprime ilbisogno di riappropriarsidel contesto urbano. Questobisogno svela la naturapiù intima della città —inquesto caso di un’area adalto rischio di marginalitàed esclusione sociale— comeluogo di socializzazionee di creatività culturale,come fonte inesauribile diinnovazione. Un dirittoche porta in sé quello allacentralità, ovvero a nonessere periferizzati e segregati:per questo l’iniziativa dirammendo, prima ancorache un’azione progettualepartecipata, ha avuto unapproccio sul territoriotale da fare esprimere aicittadini un’aspirazione allasocialità, ai momenti ludici,alla fruizione di simboli edi immagini. Un bisognodi urbanità troppe voltenegato.L’area di San Teodoro hamostrato inoltre alcunecomplessità sul ruoloesercitato dagli attori socialie non, a cui è opportunoaccennare per rifletteresu quanto l’eterogeneitàdelle popolazioni incidasulle pratiche nello spazio.L’analisi coglie in particolarecome il capitale socialepossa consentire a unacomunità di aprirsi confiducia, gettando pontiverso l’esterno (bridging), maanche quanto possa causarechiusure e discriminazioniper chi non faccia parte diquella comunità (bonding).Al campo San TeodoroLa scuola, l’associazionesportiva, un gruppodi ortolani: anche in un’areaad alto rischio ognunoesprime una domandaessenziale di socialitàe urbanità90 , 91


Periferie / CataniaopportunitàopportunitàCatania / PeriferieUn percorso(fisico e non)di rigenerazioneCONCEPTGli interventi possibili+1000 alberiUn grande rammendo urbano eancora prima sociale: un percorsopedonale che raccordi i progettiprevisti dall’amministrazione(la riqualificazione del Palazzodi Cemento e del teatro, larealizzazione della spina verde)con i bisogni e i desideri di chiabita il quartiere. Un tracciatoche attraversando la parte altadi Librino, la più problematica,diventi l’asse portante di unarete di spazi pubblici oggiinesistente. Infine un percorsoeducativo “sostenibile”, siadal punto di vista sociale siada quello ambientale, chemetta in connessione gli spazidell’istruzione e della formazionegià presenti —i motori dellatrasformazione— tra di loro e conil sistema della residenza.Partendo da questa prospettiva,il gruppo ha individuato unaserie di possibili interventiche, come fossero pezzi di unpuzzle, insieme formerebberomaterialmente questo percorso.#1 Le scuole che “si aprono” alquartiereLa scuola primaria VitalianoBrancati (a nord) e l’istitutoFontanarossa, sede dellascuola alberghiera, possonorappresentare i capisaldi da cuiil percorso fisico parte e si snodaattraverso Librino. Studiaree progettare le modalità concui le scuole svolgono attivitàextrascolastiche appare unelemento centrale da cui iniziareun percorso di riqualificazione.#2 Gli orti sociali e didatticiNell’area di pertinenza dellapalestra di San Teodoro sono giàpresenti piccoli orti didatticiautogestiti dall’associazionesportiva che gestisce il campo.Il progetto può aumentare learee da destinare all’orticolturadidattica, pensando auna gestione integrata traassociazioni e scuole, e aiutandol’interazione tra i diversilivelli educativi. Potrebberoinoltre crescere gli spazi dadare in gestione agli abitanti,favorendo così il ruolo socialedell’attività e la trasmissionedei saperi tra generazioni. Ilrecupero delle acque piovane e lafitodepurazione delle acque refluepotrebbero garantire l’irrigazionedegli orti.#3 Le strutture dello sportLa riqualificazione dell’impiantosportivo di San Teodoro e ilripensamento delle palestre:sia sotto l’aspetto funzionale(prevedendo ad esempio attivitàdi carattere educativo e socialeoltre a quelle sportive), siarispetto alla qualità energetica eambientale, puntando a renderela struttura autosufficiente ecapace di generare benefici per ilquartiere.#4 Le sezioni stradali dariprogettareLe grandi stradesovradimensionate appaionocome elementi che dividono,vere e proprie barriere.Ridimensionare la sezionestradale, rallentando il flusso deiveicoli e favorendo la pedonalità,servirebbe a costruire un sistemadi spazi pubblici continui e sicuriche sia realmente fruibile daicittadini.#5 Microinterventi suglielementi urbaniStrutture come ad esempio ilcavalcavia che attraversa vialeMoncada o il sistema di scale(realizzato e abbandonato) cheavrebbe garantito l’accesso daviale Moncada allo stadio (mairealizzato) e gli elementi diarredo urbano. Piccoli interventicome questi, magari realizzatiin autocostruzione insieme agliabitanti, possono diventare“generatori di bellezza” e allostesso tempo aumentare neicittadini il senso d’appartenenzae di protezione verso gli spazicomuni.#6 Luoghi per il giocoSpazi di divertimento per ibambini che, non avendone adisposizione, oggi sono costretti agiocare in luoghi non sicuri.#7 Ripensare piazza MoncadaSimbolo attuale del degradourbano e sociale di Librino,piazza Moncada può diventare ilprincipale centro di socialità delquartiere. Una “piazza del sapere”che, partendo dal recupero delteatro e del Palazzo di Cemento(come previsto dal Piano Casadella città), diventi il luogo elettoa ospitare la biblioteca (elementoessenziale del rammendo), lesedi delle associazioni culturalinel quartiere e nuove attivitàpubbliche e private.#8 Il verde e il paesaggioStruttura portante del progetto,i grandi spazi destinati averde e mai realizzati sonoun’opportunità per aumentarein modo esponenziale la qualitàdella vita nel quartiere, dal puntodi vista sociale e ambientale. Unaprogettazione del verde attenta aquesti aspetti è essenziale per lariuscita dell’intervento.Masterplan delle OpportunitàOtto direzionipraticabili per metterein rete le realtà presentie integrare le azionisul quartiere, dai cantieridel Comune all’arredoe al verde92 , 93


Periferie / CataniaopportunitàopportunitàCatania / PeriferieLa sceltadi SanTeodoroIl focusgroupsull’areaAnalisi dei bisogniPERCORSOSOSTENIBILEDai bisogni alla propostaDopo aver rivolto uno sguardoampio di analisi e di progetto sulquartiere, è apparso naturale unsalto di scala che si focalizzasseprincipalmente sull’area di SanTeodoro, spazio attorno a cuigravitano le realtà sociali legateai Briganti, al gruppo degliortolani e ai bambini della scuolaBrancati.La proposta progettuale è fruttodi più incontri con chi realmentevive quei luoghi, a partiredall’analisi dei loro bisogni e deiloro desideri.Convinti che un progetto calatodall’alto avrebbe riproposto gli“errori” e gli “orrori” generatidagli interventi precedenti, ilgruppo G124 ha riunito attornoa un tavolo di progettazionepartecipata tutti i soggettiche a vario titolo erano e sonoimpegnati in diverse attività perla rigenerazione socio-territorialenell’area di San Teodoro. Cosìfacendo con istituzioni, partisociali, cittadini residenti e non,è stato possibile costruire unprogetto fondato su un obiettivosistematico e condiviso.La fruizione del luogoLa ricerca curata da Carlo Collocapropone una mappatura delle pratichesociali secondo quattro quadranti.San Teodoro come cittadellaÈ la condizione prevalente nellafase iniziale dell’insediamentodei Briganti, che nel 2012occupano la palestra e il camposportivo dell’area.L’occupazione rivendica undiritto negato alla centralitàed è l’occasione per preservareil quartiere da azioni esterneche minaccino la coesione delgruppo. Ne deriva un processodi autosegregazione (una sortadi cittadella), che alimentalegami di reciprocità e sensodi appartenenza territorialesoprattutto fra i giovani.San Teodoro come spazioapertoÈ la condizione prevalente nellafase recente di creazione degli ortiurbani su iniziativa dei Briganti.Matura l’idea di un microsistematerritoriale integrato dove trovinospazio adulti, donne e anziani(non sempre residenti a Librinoo coinvolti in attività sportive).L’area di San Teodoro acquisiscedal punto di vista sociale,simbolico ed emotivo, il profilo diuno spazio aperto dove recuperarele componenti di socialità negatedall’assenza di spazi pubblici(ad esempio le piazze).San Teodoro come spaziodi sosta breveÈ la condizione alimentatadal vicino istituto scolasticoVitaliano Brancati, che nonmostra di cogliere le potenzialitàd’uso e socializzazione dell’area.L’attività che accomuna chirisiede in via temporanea inquesto luogo è la breve sosta perle attività didattiche. Si coglieuna forte difesa della privacydell’istituzione scolastica.San Teodoro come spaziodi riservaÈ la condizione che caratterizzaquesta porzione del quartierein occasione di eventi sporadicicome le partite di rugby. Unvissuto basato sulla contingenzae sulla saltuarietà, senza chea questo seguano forme diaggregazione durature. Unospazio di riserva, dove i cittadinitrascorrono del tempo senza farsicoinvolgere nel medio-lungoperiodo.“vorrei che san Teodorodiventasse un centrodi eccellenza”Piero“vorremmo un porticatoche faccia ombra”Stefano“vorrei un campoda rugby nuovo”Alessiopalestra San Teodoroporticato copertocampo rugbyorti sociali“vorrei più verde emeno spine” Sara“vorrei uno spazio perfar giocare i miei figlimentre io curo l’orto”Domenicoorti didattici“vorrei più orti perpoter scambiare iprodotti tra di noi”GiovanniScuolaV. Brancatiarea giochiarea relaxbbq areaspazioverdeorti sociali“vorremmo instaurareun dialogo tra noiBriganti e la scuola”Marco“vorrei che le areelimitrofe alla palestrafossero più illuminate”Valentinafrutteto“vorrei luoghi diaggregazioneper anziani” Salvatore“vorrei spazi dovepoter fare pic niccon le famiglie delquartiere” GiovanniPer non ripeteregli errori del passato,il progetto si fondasu un percorsopartecipato conistituzioni, partisociali e cittadiniLegalizzazionedell’area del campoSan Teodoro ecostruzione di unprogetto condivisoRAMMENDOSOCIALEObiettivIRiqualificazionedell’area e“ricucitura” tra lascuola Brancatie il campo SanTeodoro, attraversola realizzazionedi un percorsopedonaleRAMMENDOFISICOScuolaCittadiniG124Associazionidi categoriaAttori coinvoltiObiettivoComuneUniversitàAmministrazionecomunaleAssociazioniPartnershipprivateAlla base dell’interventoci sono le richiestee le diverse percezionidello spazio registratesull’area94 , 95


sistemazioneterrenopercorsopedonalealberi parcheggioPeriferie / CataniaprogettoprogettoCatania / PeriferieSTARTbaL, buone azioniper LibrinoMasterplan area San Teodoroio gioco qui!io cresco qui!Il progettoio mi alleno qui!io coltivo qui!TO BE CONTINUEDIl progetto baL, acronimo di “buone azioni per Librino”,vuole lasciare sul territorio una prima traccia delrammendo. Una traccia che parli di come varie realtà,perseguendo un obiettivo comune, hanno voluto dareprova insieme di come la collaborazione e la solidarietàsiano gli strumenti più importanti per non cedere allarassegnazione.Il progetto, frutto di più azioni virtuose, ha definitocinque priorità da cui partire.#1 Messa in sicurezza dell’areaL’urgenza di realizzare uno spazio sicuro e fruibile èapparsa come la priorità da cui far scaturire le altre scelteprogettuali. La scarpata esistente, che copre un dislivellodi oltre 7 metri tra l’area del parcheggio e l’area degli orti,sarà oggetto di un intervento dell’impresa di costruzioniTecnis S.p.A. attraverso un’azione di sponsorizzazione(strumento previsto dall’amministrazione comunale).Nello specifico l’intervento consisterà nella messa insicurezza della scarpata mediante un terrazzamento,nella creazione di un impianto per la corretta gestionedell’acqua piovana, oltre al compimento della cordolaturadel manto stradale realizzato in precedenza.#2 Un percorso che diventa parco giochiGrazie a un primo intervento ad opera della pubblicaamministrazione sono stati realizzati l’accesso all’areadella palestra e un collegamento pedonale sicuro, cheunisce la scuola Brancati alla palestra San Teodoro earriva agli orti sociali. Il tracciato di circa 1000 mq èsubito apparso come una grande “lavagna” su cui creareun parco giochi a due dimensioni, dove i bambinipossano giocare riappropriandosi dello spazio pubblico.Questa opportunità è stata condivisa con 25 giovaniprogettisti (grafici, architetti, ingegneri e designer)durante il workshop “Giochi di Strada” organizzatoinsieme all’Accademia Abadir (Arts Between ArchitectureDesign & Interdisciplinary Research) grazie alla preziosacollaborazione della direttrice Lucia Giuliano e conil patrocinio dell’Ordine degli Architetti di Catania.Coordinatore del workshop è stato Giorgio Laboratore,designer freelance siciliano di base a Milano.Il risultato sono 16 giochi: sportivi, educativi e interattivi.Verranno realizzati dagli stessi progettisti coadiuvati dagruppi di cittadini, con il contributo di Ance Catania chefornirà vernici e materiali utili.#3 Finalmente il pergolatoIl pergolato che fronteggia la palestra San Teodoro oggiè solo uno scheletro, che non ombreggia né ripara dallapioggia. Con il contributo dell’Ance e di ConfindustriaGiovani Catania sarà realizzata la copertura di parte delpergolato davanti alla club house. Saranno utilizzatiteloni di riciclo per creareuno spazio coperto, chepotrà essere vissuto da chigravita intorno alla palestra:un’area colorata che ospiteràgiochi e sedute prodotte inautocostruzione.#4 Orti sociali e didatticiQuella degli orti è unarealtà già attiva e presentenell’area a valle dellapalestra: ogni giornogruppi di cittadini di etàdiversa curano piccolilotti di terreno destinatiall’orticoltura. Una sanacompetizione tra gliortolani, e la volontà didestinare aree sempre piùampie a questa attività,hanno permesso l’aumentodel numero di orti, chedisegnano ora uno spaziogradevole e vivo.Da qui l’idea di affiancarea questa realtà spontaneae virtuosa di orti socialiun’attività di orti didatticiper far vivere l’area ancheai bambini della scuolaBrancati (e non solo), chepotranno imparare i ciclistagionali dell’orto e aprendersi cura delle piante.#5 Un nuovo volto verdeA oggi l’area esterna ècontraddistinta dall’assenzaquasi totale di alberi:portare a San Teodoropiù verde è apparsosubito indispensabile pervitalizzare il nuovo spaziopubblico.Grazie al contributo diConfagricoltura saràpossibile rinverdire il nuovoterrazzamento e piantumarenuove alberature. Un nuovovolto per l’area esterna dellapalestra, più verde e piùcurato.Con gli alberie il pergolato,fra gli interventivirtuosi c’è unlaboratorio distrada pertrasformarein una lavagnagiocoil nuovopercorso pedonaleIl parco giochi di stradaIl pergolato100 alberi per San TeodoroOrti sociali e didattici96 , 97


Periferie / CataniaprogettogruppoCatania / PeriferieLe prospettivedi sviluppoe l’EuropaL’eredità di baLL’esperienza del gruppo G124 su Librino è uno spunto permolte riflessioni sulle prospettive future di rigenerazionedi un quartiere con grandi problemi urbanistici e sociali,dovuti a una stagione di inequivocabile distanza tra cittàe cittadini.Il progetto di rammendo ha avuto come obiettivocentrale proprio il riavvicinamento tra le parti sociali,identificando in questo il punto di partenza di quelpercorso di costruzione di identità essenziale a innescareun vero processo di rigenerazione urbana.Lo ha fatto fisicamente, partendo dall’area del campoSan Teodoro: un luogo straordinario di aggregazione esocialità generata dal basso, che ha avuto la capacità diintercettare persone di varie fasce sociali e di età (anche aldi fuori del quartiere stesso) creando uno spazio pubblicovissuto, unico nella zona.In questi mesi il gruppo G124 ha avuto un ruolo essenzialedi vera governance, intercettando tutte le parti socialiinteressate a raggiungere un obiettivo condiviso: lariqualificazione e la legalizzazione dell’area del campo diSan Teodoro. Un risultato che non si esaurirà con questaesperienza, ma che guarda decisamente oltre.Questa sperimentazione vuole tracciare la strada perinterventi futuri più ampi, in grado di contaminaresempre più persone nel quartiere e non solo, costruendouna piattaforma di relazioni sempre più complessa fino adare una nuova identità al quartiere.Per perseguire questo obiettivo è essenziale che in futurouna realtà prenda il testimone del gruppo G124: un“laboratorio di quartiere” stabile, capace di ascoltare,costruire reti, elaborare idee e progetti, e individuare ipercorsi migliori per concretizzare un processo virtuoso dirigenerazione urbana realmente basato sulle esigenze deicittadini.Gli strumenti e le opportunità per innescare questosviluppo non mancano: le possiamo individuaresoprattutto all’interno della programmazione nazionaleed europea, come ad esempio il Programma OperativoNazionale Città Metropolitane 2014-2020 (che prevedeinterventi nei settori dell’agenda digitale, dell’efficienzaenergetica, della mobilità sostenibile, del disagioabitativo e dell’economia sociale) finanziato con iFondi strutturali europei (FSE, FESR). Se utilizzatocorrettamente per Librino, il programma appare unostrumento fondamentale per guardare alla rigenerazioneurbana in maniera concreta.Il percorso intrapreso dal G124 a Catania vuole essereun esempio possibile e replicabile in contesti similiper caratteristiche e peculiarità. Un modus operandi cheparte dalla definizione dei bisogni e delle esigenzedei cittadini, per costruire obiettivi condivisi,responsabilizzare gli attori coinvolti e superare cosìdivisioni e settorializzazioni, da sempre un limiteimportante nei processi di partecipazione.I fondi europei sonoun’opportunità perportare avanti l’operadi ricucitura.Un laboratoriodi quartiere puòraccogliere il testimoneIl gruppodi lavoroa CataniaRoberto CorbiaRoberta PastoreTutor di progettoMario CucinellaHanno collaborato alla realizzazione del progettoEnzo Bianco, la Giunta comunale, l’apparatoamministrativo e tutta la città di CataniaI BrigantiCentro Iqbal MasihScuola primaria Vitaliano BrancatiGruppo degli ortolani di San Teodoro e gli abitanti diLibrinoUniversità degli Studi di CataniaCarlo CollocaChiara BorzìTecnis S.p.A.Ance CataniaConfagricoltura CataniaConfindustria Giovani CataniaFablab CataniaAccademia AbadirStudio MonometricaOAPPC Provincia di CataniaGiorgio LaboratoreI partecipanti del workshop “Giochi di Strada”98 , 99


Don Angelo Zucchi, preside della scuola Cafasso,coinvolto nel progetto del G124 a TorinoE primm luc ra matin e nu cafèe liegg o Mattin, o primm mit re panchingent aurit e sguard chinme ne jess a loc basc a da speranzmor primm ca nasc, adul primm e l’infanzijRocco Hunt, Spiraglio di periferiaPASSAGGIO ALLA MaturitàLa parola agli studentiAnna come sono tante / Anna permalosaAnna bello sguardo / Sguardo che ogni giornoperde qualcosa / Se chiude gli occhi lei lo saStella di periferia / Anna con le amicheAnna che vorrebbe andar viaLucio Dalla, Anna e Marco100 , 101


Passaggio alla Maturità PeriferieUn architettonella busta18 giugno 2014. Per la prova di italiano dell’Esame di Statoi maturandi di tutte le scuole superiori sono chiamati a svolgereuna traccia a scelta fra più tipologie di test.Il tema d’ordine generale, di norma legato a politica, culturao economia a partire da una citazione, propone un brano daun articolo di Renzo Piano.In queste pagine, cinque estratti da alcuni compiti consegnati.La traccia del tema«Siamo un Paese straordinarioe bellissimo, ma allo stessotempo molto fragile. È fragileil paesaggio e sono fragili lecittà, in particolare le periferiedove nessuno ha speso tempo edenaro per far manutenzione.Ma sono proprio le periferie lacittà del futuro, quella dove siconcentra l’energia umana equella che lasceremo in ereditàai nostri figli. C’è bisogno di unagigantesca opera di rammendo eci vogliono delle idee. […]Le periferie sono la città delfuturo, non fotogeniched’accordo, anzi spesso un desertoo un dormitorio, ma ricche diumanità e quindi il destinodelle città sono le periferie. […]Spesso alla parola “periferia” siassocia il termine degrado. Michiedo: questo vogliamo lasciarein eredità? Le periferie sono lagrande scommessa urbana deiprossimi decenni.Diventeranno o no pezzi di città?»Renzo Piano, Il rammendo delleperiferie, Il Sole 24 Ore del 26gennaio 2014Rifletti criticamente su questaposizione di Renzo Piano,articolando in modo motivato letue considerazioni e convinzionial riguardo.Filippo P., 5ª BS, Liceo Carlo Rinaldini, Ancona1Passeggiando per le città cerchiamo semprele vie principali, i luoghi d’interesse, learchitetture storiche, i parchi e le zoneturistiche, i lungomari, là dove arriva luce eIn quanti hannoscelto il temanelle varie scuole2.605LiceoSocio-psico-pedagogico2.323Liceo Classico5.000Altri compiti stimati16.038Istituto ProfessionaleSolo la bellezzapuò dare dignitàai luoghi emigliorare laqualità della vitabellezza.Ma mai ci spingiamo oltre, nelle zoneperiferiche, là dove delle persone ci sonosolo auto in strada ed il volume alto delletelevisioni proveniente dalle finestre, e dovel’unica folla sta alle file dei supermercati.Se c’è un bisogno in queste zone è quello7.492Liceo Scientifico1.889Liceo Linguistico953Liceo Artistico1.243Istituto di ArteDati: Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca22.535Istituto Tecnico60milaTotale compiti svoltiSu oltre 400milastudenti maturandi nel 2014“Costruire bene,ricostruire e convertirenon è solo sinonimodi spesa pubblica, maanche di qualità dellavita, di benessere eapertura di attivitàcommerciali”di ritrovare la dignità dei luoghi; solola bellezza può ristrutturare i quartieridegradati delle nostre città, costruendo areeverdi, monumenti, piazze, luoghi d’incontroe d’interesse: luoghi identitari. Portare labellezza significa anche portare alla luce earginare quegli atteggiamenti di criminalitàche spesso in questi quartieri trovano unterreno fertile.102 , 103


Passaggio alla Maturità Periferie23Mariasilvia C., 3ª D, Liceo Ginnasio Tito Livio, PadovaLa periferia è ricca di energia umana, mamanca di un lavoro di rinnovamento cheRosa A., 5ª G, Liceo Classico Quinto Orazio Flacco,Portici (NA)Non ci resta che scegliere se assisterepassivamente al tragico spettacolo di spaccioparta dal piano urbanistico, e che fornendoladi droga, violenza e criminalità organizzatadi università, di scuole, di uffici, di luoghitipico delle nostre periferie oppure scegliereLa cittàcome un corpovivente, in cuile energie vannoredistribuitedi ritrovo e di condivisione, di opere d’arte,la renda autosufficiente, di pari importanzaartistica ed economica, una città nella città,o meglio “un pezzo di città”.Così facendo, infatti, senza annullare lalogica del centro e della periferia, si toglie aL’umanità dacui l’Italia puòripartire si trovanei quartieri piùumilila strada più dura, quella della ricostruzione edel risanamento architettonico e soprattuttosociale.Bisogna prendere coscienza del fatto che quandole luci del Duomo si spengono, Piazza di Spagnanon è più popolata da turisti ed il Maschioquest’ultima l’etichetta di luogo marginaleAngioino è lontano di qualche km prende“Rendere più efficientee più forte il propriocorpo accrescele possibilità disopravvivenzadell’individuo”per farla diventare sia centro di sé, che partedi un organismo unico.Dando dignità a una zona così vasta epulsante di vita, si valorizza anche l’interastruttura.“Tocca a noi in quantocittadini […] cambiare lecose e, citando Gandhi,essere noi stessi ilcambiamento chevogliamo ottenere”vita una città parallela, quella che si suolecomunemente associare alla degenerazione mache contiene in sé aspetti positivi, come animedi ragazzi, donne ed anziani che vivono anche disperanza e voglia di riscatto.È proprio questo quel che serve al Bel Paese perrimettersi in moto, rischiare scommettendosulla parte più umile e difficile perché è da lì chepotrebbe venir fuori la nostra parte migliore.104 , 105


Passaggio alla Maturità Periferie45Giovanni C., 5ª B, Liceo Classico Giuseppe Beccaria,MilanoL’uomo per sua natura è fatto per la felicità ela bellezza e quello dei ragazzi delle periferieLuca F., 5ª HT, Liceo Classico Luigi Galvani, BolognaLa prima cosa da fare è creare una rete diinfrastrutture che colleghi le periferie, tra loroè uno straziante grido per la rivendicazionee col centro, per favorire gli spostamenti e perdel loro diritto ad essere felici, in futuro,attrarre i residenti del centro verso di esse, chePer chi vive nelgrigiore dellecase popolari,il riscatto puòpassare dallamusicama soprattutto nel presente, e da unatale “fame” di felicità, nata dal disagio,sbocciano talvolta talenti e personalità chesono d’ispirazione per i ragazzi dei quartieri.A tal proposito è immediato il collegamentocon il mondo del rap che cantando il disagiodelle periferie costituisce un ideale diServizi earchitetturaper attirare lepersone, comealla Villette diParigidovranno dotarsi di “centri attrattori” comemusei, strutture sportive e ludiche, aree verdi,esercizi commerciali e uffici.Tali strutture porteranno nuova linfa aiquartieri, che potranno essere vissuti digiorno e di notte. Non bisogna tralasciare cheil passaggio continuo di persone garantisceelevazione catartica dall’angustia di certeautomaticamente maggiore sicurezza e aiuta“Il problema principaledei palazzoni è cheessi non educano igiovani, ma neanche gliadulti, al bello”realtà. Ma quella della musica è una stradaimpervia e per chi non è portato ci sono benpoche strade che possano far compiere il saltodi qualità, la scalata in così poco tempo, ela trappola della malavita è sempre pronta ascattare.“L’architetto deve sapercombinare tecnica,arte e conoscenzenell’ambito delsociale per garantireil benessere delcittadino”a allontanare il degrado. Un altro fattore digrande importanza è la qualità architettonica.Un edificio progettato con attenzione sia nellastruttura che nella forma non è solo più sicuro,ma migliora anche l’aspetto del quartierefungendo da “landmark”, che rende la zonasubito riconoscibile.106 , 107


PeriferieIl metodo G124in venti punti1. La crescita della città perimplosione e non per esplosione.Basta alla crescita ormaiinsostenibile a “macchia d’olio”.2. Greenbelt. Difesa del suolo agricoloattorno alla città.3. Greenbelt. Difesa dei valoripaesaggistici attorno alla città.4. Costruire sul costruito conun’opera di rammendo delleperiferie.5. Trasformare i brownfield ingreenfield. E non l’opposto come si èfatto fino a oggi.6 Trasformare le aree dismesse(industriali, ferroviarie, militari,ecc.).7. Le aree costruite (abusivamente!)in zone a rischio.8. Trasporto pubblico nel rapportocentro/periferia/periferie.Smettere di costruire parcheggi,favorire un uso dell’automobileintelligente attraverso i sistemi dicar sharing e rendere sostenibile iltrasporto pubblico.9. Consolidamento strutturale degliedifici, a partire da quelli pubblicicome le scuole: le scuole a rischiosparse per l’Italia sono 60mila.10. Adeguamento energetico: sipotrebbero ridurre in pochi anni iconsumi energetici degli edifici del70-80%.20.Ambiente, consumodel suolo, energia.I fondi pubblici ela partecipazione.La vita delle periferie,dal trasporto ai luoghisimbolo. I temi da cuipartire11. L’autocostruzione. Promuoverecantieri leggeri e forme cooperativeper il rammendo degli edifici.12. Il cambiamento delle periferienon può essere imposto dall’altoma occorre prevedere processipartecipativi degli interessati.13. L’identità delle periferie: cosìspesso trascurate, dimenticate,trasformate in luoghi senzanessuna identità. In una stessacittà ci sono periferie con identitàdifferenti tra loro.14. Le procedure da seguire per lariuscita del progetto. L’attività dipianificazione.15. Il verde urbano dentro la cinturacome verde agricolo/orti urbani.16. Il verde urbano dentro la cinturacome sorgente di bellezza e dimigliori condizioni climatiche.17. La microimpresa, ifinanziamenti pubblici diffusie il regime fiscale dei progetti dirammendo.18. I finanziamenti europei a cuinon si accede per ignavia.19. I luoghi iconici della città,luoghi dell’urbanità che mancanonelle periferie: piazze, strade,ponti, parchi, fiumi.20. Gli edifici iconici che fecondanola città, ma di rado le periferie.Scuole, università, musei, spazimusicali, biblioteche, ospedali,municipi, tribunali, carceri, ecc.108 , 109


il gruppo G124PeriferieI sei giovani architettiI tutor dei tre progettiMichele Bondanelli, architetto(Argenta, FE, 1974). Dopo la laureaa Venezia, svolge dal 2004 l’attivitàdi architetto, con attenzione alrestauro e al miglioramento sismico.Menzione speciale al PremioInternazionale Domus Restauro eConservazione.TORINO“Il nostro metodo lavorativo non è basatosulla professionalità del singolo ma sullapluralità di apporti disciplinari, con unamoltitudine di temi che spaziano dalverde sociale alla sostenibilità ambientaledegli edifici, passando per la mobilità e lavalutazione dei vari rischi.”Roberto Corbia, pianificatoreterritoriale (Alghero, SS, 1984).Laureato a Firenze, sta ottenendoun master all’UPC di Barcellona inArchitettura del paesaggio. Espertoin pianificazione territoriale eurbanistica.CATANIA“Comprendere il territorio e ipotizzaresoluzioni, partendo anche dalle piccolecose, con un approccio ribaltato, dal basso,che parta dalla interpretazione dei bisogni edei desideri delle persone e dei soggetti cheanimano e vivono i luoghi.”Francesco Lorenzi, architetto(Roma, 1984). Si laurea a Romacon una tesi sul modello di ediliziasostenibile degli ecovillaggi. Secondopremio ad Archisostenibile 2009.ROMA“In questo momento storico questaesperienza è un’occasione unica per poterdare il mio contributo a cambiare le cose.È un onore essere in contatto con ungrande architetto che con questa iniziativadimostra di essere anche un politico insenso nuovo.”Massimo Alvisi, architetto(Barletta, 1967). Dopo l’esperienzacon Renzo Piano Building Workshop,fonda lo studio Alvisi Kirimoto+ Partners, con cui si occupa diarchitettura, urbanistica e recuperourbano in Italia e all’estero.Mario Cucinella, architetto(Palermo, 1960). Fondatore dellostudio MCA a Bologna e di BuildingGreen Future, associazione non-profitper la progettazione sostenibile,insegna oggi all’Università Federico IIdi Napoli.Maurizio Milan, ingegnere(Milano, 1952). Collaboratore storicodi Renzo Piano, dagli anni settantaha realizzato più di mille progetti nelmondo (oggi con Milan Ingegneria).è docente all’Istituto Universitario diArchitettura di Venezia.ROMA“Il nostro lavoro è spingere i sei giovaniarchitetti a far emergere opportunità epotenzialità nascoste: mettere alla lucel’invisibile ricchezza dei luoghi di margine.”“L’obiettivo per i giovani architetti ècomprendere che si deve fare il nostrolavoro partendo dall’ascolto profondo dellarealtà che ci circonda. Studiando pezzidi quartiere, se non addirittura angoli distrada, parlare con le persone che li vivonoe infine restituire nel progetto, grande opiccolo, l’identità propria di quel luogo,senza tuttavia dimenticarci che farearchitettura significa anche immaginarci unaltro mondo possibile.”CATANIA“G124 porta con sé un’anima non soloprogettuale ma principalmente sociale,poiché mira a mettere in discussionei processi ideativi e i procedimenti perla pianificazione e la realizzazione dellearchitetture che hanno costituito il tessutourbano delle nostre città.”“Siamo arrivati al punto in cui i giovanilaureati in architettura iniziano acomprendere che difficilmenterealizzeranno il loro ‘Guggenheim’, mentrela possibilità di restituire identità a unluogo da troppo tempo abbandonatoè un’opportunità concreta, attuale e dicrescente interesse.”TORINO“Lo scambio culturale tra noi tutor e igiovani architetti è entusiasmante ebiunivoco. Vi è un passaggio non solo diconoscenze ed esperienze, ma soprattuttodi energia, nel voler trovare una possibilerisposta a tutte quelle domande inevase.”“È arrivato il momento di fare qualcosa:abbiamo tanti problemi da risolvere, spaziabbandonati, luoghi bellissimi, spunticreativi. Tanto lavoro da fare e tanti ragazzisenza lavoro. Ci sono anche i soldi stanziatidalla Ue. Ci sarà il modo di mettere insiemei pezzi?”Federica Ravazzi, architetto(Alessandria, 1984). Dedica la tesidi laurea a Ferrara al tema dellaricostruzione post-tsunami in Cile.Si è occupata all’Universitàdi Santiago di salvaguardia erigenerazione dei territori soggetti arischi naturali.TORINO“Un lavoro particolare di rammendo èavvenuto per comprendere perché i fondiche l’Ue mette a disposizione non vengonoutilizzati dalle amministrazioni italiane.Abbiamo riscontrato la frammentarietà dicompiti istituzionali e, in qualche caso, unasovrapposizione di competenze.”Roberta Pastore, architetto(Salerno, 1981). Laureata a Napoli,lavora a Salerno per Runa, società diingegneria e urbanistica con cui starealizzando il nuovo auditorium dellacittà. Dal 2011 è designer di arredourbano per Lab 23.CATANIA“Rammendare è il termine che utilizziamospesso per la nostra iniziativa e si adattanon solo per i luoghi, ma anche perle relazioni umane: il nostro compitoprincipale è quello di coinvolgere le variefigure professionali che spesso non siparlano, valorizzando la professionalità ditutti.”Eloisa Susanna, architetto(Cosenza, 1981). Dopo la laurea aRoma, ha collaborato con gli studidi John McAslan in Inghilterra e diMassimiliano Fuksas. Interessataall’impatto ambientale degli edifici,dal 2010 è consulente CasaClima.ROMA“È fondamentale garantire unaprogettualità locale diffusa: agire coninterventi puntuali che siano da volano peril rilancio delle economie locali, attraversoil coinvolgimento degli abitanti nei processidi trasformazione, stimolando il loro sensodi appartenenza.”110 , 111


stampaPeriferieHanno parlato del G124ottobre 201422/10 La Sicilia, A Librino un parco giochi di strada21/10 Corriere della Sera, Il viadotto e la stanzaG124 di Giuseppe Pullara18/10 Edilizia e Territorio, Viadotto dei Presidentia Roma, i giovani G124 firmano il recupero16/10 Il Quotidiano di Calabria, “Cucire lo strappocon le periferie”14/10 Ottagono, Progettare tra pragmatismoed empatia di Stefano Lento (intervista a MarioCucinella)14/10 Vogue, II sogno di uno sviluppo urbanocontinuo è finito di Carlo Ducei13/10 Marketpress, Urbanistica: al viarigenerazione Viadotto dei Presidenti, diventerà“Green Street”12/10 Corriere della Sera, Viadotto dei Presidenti:una ciclabile e una piazza12/10 Il Tempo, Al Viadotto dei Presidenti lasperimentazione “green”12/10 La Sicilia, Intervento09/10 La Repubblica, Viadotto dei Presidenti partela “cura Piano” nasce una piazza verde di PaoloBoccacci09/10 Il Nuovo Cantiere, Le città del domani.Un’iniziativa per il futuro delle periferie urbanedi Corrado Colombo e Monica Iezzi09/10 Il Nuovo Cantiere, I tutor09/10 Il Nuovo Cantiere, I giovani architetti08/10 L’Eco del Chisone, “Ricuciamo gli spazi”sulle orme di Piano01/10 La Sicilia, “A gennaio 2015 s’inizia dalparcheggio. Più attenzione alle funzioni pubbliche”01/10 Quotidiano di Sicilia, Scuola e Palazzodi Cemento: come ricucire le ferite di Librinosettembre 201430/09 La Sicilia, Ieri, a Librino, nel CampoSan Teodoro Liberato, è stata presentata lasperimentazione del progetto di “rammendo delleperiferie” del Gruppo G124 di Renzo Piano30/09 La Sicilia, Prove di rammendo delle periferie.L’esperienza dell’area San Teodoro29/09 La Sicilia, Progetto per Librino dell’architettoPiano29/09 Giornale di Sicilia, Progetto per Librinodell’architetto Piano26/09 La Sicilia, Progetto per Librino in visionea Napolitano26/09 Il Secolo XIX, Napolitano e i giovanidi Piano26/09 Il Centro, Piano illustra al Capo dello Statole sue periferie25/09 Wall Street Italia, Napolitano a riunionecon Piano su riqualificazione periferie25/09 Wall Street Italia, Senato: Napolitano conPiano a riunione giovani progettisti05/09 Viver Sani e Belli, Periferie: Un video per“rammendarle” di Letizia Sofia Comolo02/09 La Sicilia, Rammendo urbano nel tessutodi Librinoagosto 201429/08 La Nuova Venezia, “Avanti con la Cittàmetropolitana”22/08 QN - La Nazione, Periferie da rammendare,tra urbanistica e nuove socialità: è questo il tema22/08 Corriere di Romagna, Meeting, da padrePizzaballa a Marchionne21/08 Il Tirreno, Rammendare le periferie piaceanche all’assessore18/08 La Repubblica, Un premio al miglior temasulla periferia alla maturità di Sara Grattoggi12/08 Quotidiano di Sicilia, “Rammendare”i quartieri degradati10/08 El Pais Semanal, La Periferia del SenadorPiano di Milena Fernandez09/08 Giornale di Sicilia, Orti e illuminazione:la rinascita di Librinoluglio 201416/07 La Gazzetta del Mezzogiorno, Politicadi Piano per rammendare le periferie06/07 Corriere della Sera, Quella cena romana.E Obama preferì l’arte ai noiosi fatti di Kievdi Paolo Valentino06/07 Giornale dell’Umbria, Rammendarele periferie per restituire spazio alle personedi Giovanni Bocco01/07 Avvenire, Renzo Piano preferisce“rammendare”giugno 201428/06 Pagina99, Il rammendo delle periferiequando falliscono le politiche urbanistichedi Bruno Zanardi26/06 La Sicilia, Partire dal progettodi Renzo Piano per “rammendare” le zoneabbandonate25/06 La Sicilia, Renzo Piano e il modello Librinoper salvare la periferia siracusana24/06 Il Messaggero, Maturità, i ragazziapprezzano la storia e il saggio scientifico22/06 Corriere del Trentino, I temi della maturitàtra passato e presente di Adriano Buccella22/06 Il Mattino di Padova, Il Papa e l’architetto,il futuro parte dalle periferie22/06 L’Adige, Germogli di speranza. Uno sguardodiverso sulle periferie di Giancarlo Bregantini21/06 La Provincia di Lecco, La Maturità, RenzoPiano e Lecco in Periferia di Giorgio Marchini21/06 Il Secolo XIX, Nella bottega dei sartidi Piano di Ilario Lombardo19/06 Il Sole 24 Ore, Le Periferie nella coscienzacollettiva di Renzo Piano19/06 La Repubblica, Il mio tema sulle periferie19/06 La Repubblica, Via all’operazionerammendo. “Pezzi di città da rinnovare dall’Isolottoal Galluzzo” di Ernesto Ferrara19/06 La Repubblica, Il podio della Maturitàvincono la tecnologia e le periferie di Piano diCorrado Zunino19/06 La Repubblica, Maturità, la traccia su Pianoconquista tutti di Liborio Conca e TommasoCrocoli19/06 Il Secolo XIX , Il “Rammendo” di Piano, viad’uscita dall’Italia dell’abuso edilizio di FrancescoMargiocco19/06 La Stampa, “Se fossi stata ancora sui banchiavrei scelto le parole di Piano” di Federico Taddia19/06 La Stampa, Periferie, molti maturandiraccolgono l’appello di Piano19/06 Il Messaggero, Primavalle “punta”sulle nuove periferie19/06 QN - Il Resto del Carlino, Al secondo postoil tema sulle periferie urbane con un testo di RenzoPiano19/06 QN - Il Resto del Carlino, “Le periferie,degradate come i nostri portici”09/06 Corriere della Sera, Inconcepibili i senatoria tempo perso, devono essere eletti e remuneratidi Aldo Cazzullo03/06 Politico, Obama’s plans for a late night inRome were shrouded in secrecy di Jennifer Epsteinmaggio 201420/05 La Sicilia, Il futuro di Catania si gioca a Librino18/05 Speciale TG1, Il Piano delle Periferiedi Igor Staglianò13/05 La Repubblica, Caudo: “Roma al lavorocon Piano per la high line verde di Talenti”di Paolo Boccacci13/05 Il Mattino, L’architetto diversamente politicoe gli autorevoli12/05 La Repubblica, In viaggio con Piano aiconfini della città di Francesco Merlo08/05 QualEnergia, La sfida e la riqualificazionedi Leopoldo Freyrie e Edoardo Zanchinimarzo 201421/03 Corriere della Sera Sette, Basta costruire,“rammendiamo” le città di Beppe Severgnini18/03 Corriere della Sera, Vivere meglio in periferiadi Massimo Rebotti17/03 Il Fatto Quotidiano, Così salveremo le nostreperiferie di Ferruccio Sansa16/03 Il Gazzettino, “Bisogna ripartire dalleperiferie, lavoro al piano di Renzi sulle scuole”16/03 Il Gazzettino, “Periferie e giovani, così puòcambiare il volto della città” di Caterina Cisotto16/03 Il Mattino di Padova, Piano, bagno di folla.“Priorità periferie”14/03 Il Secolo XIX, L’idea di Piano: un bando per igiovani architetti, così rifaremo le scuoledi Ilaria Lombardo01/03 Corriere di Bologna, Dove “rammendare”la periferia01/03 Corriere di Bologna, La sfida delle periferieda “ricucire”febbraio 201427/02 Il Giornale della Liguria, In attesa deisottosegretari liguri Renzi incorona Renzo Pianodi Massimiliano Lussana07/02 Corriere di Bologna, Nuove e vecchie ideeurbane di Renato Barilligennaio 201428/01 The Guardian, Lend me your earsdi Lizzie Davies26/01 Il Sole 24 Ore, Il rammendo delle periferiedi Renzo Piano26/01 Il Sole 24 Ore, Piano di lavoro al Senatodi Fulvio Irace26/01 Il Sole 24 Ore, Addio all’amico Claudiodi Renzo Piano25/01 LA 7, Otto e mezzo, intervista a Renzo Pianodi Lilli Gruber e Beppe Severgninidicembre 201320/12 La Repubblica, Piano: lo stipendio dasenatore a vita per giovani architetti di CurzioMaltese20/12 Il Secolo XIX, Piano riunisce a Vesimai sei “G124”19/12 AGI, Piano: regalo stipendio senatore performare 6 giovani architettinovembre 201311/11 Le Figaro, Renzo Piano, l’archi-sénateurdi Richard Heuzéottobre 201331/10 Corriere della Sera, Piano: lo stipendioper i giovani31/10 Il Mattino, Renzo Piano incontra il capodello Stato: “Darò il mio stipendio ai giovaniarchitetti”31/10 L’Unità, “Il mio stipendio da senatorea giovani architetti”31/10 Corriere Mercantile, Piano: “Il mio stipendioper i giovani architetti”30/10 Wall Street Italia, Senato: Napolitanoincontra Piano, stipendio senatore a giovaniarchitetti30/10 ADN Kronos, Senato: Napolitano incontraPiano, stipendio senatore a giovani architettidi Enrico Arosio19/10 Milano Finanza, Ora al lavoro per l’Italia18/10 L’Espresso, Un Piano per l’Italiadi Enrico Arosio14/10 Il Secolo XIX, Lo stipendio del Senatore faràlavorare un giovane di Elena Nieddu13/10 Rai 3, Che tempo che fa, intervista a RenzoPiano di Fabio Faziosettembre 201314/09 Repubblica.it, Renzo Piano “Economia verdee periferie le mie sfide da senatore a vita”di Curzio Maltese12/09 L’Espresso, Fiducia nei partiti ai minimistorici di Roberto Saviano12/09 L’Espresso, Ottimo Pianodi Massimiliano Fuksas07/09 Corriere della Sera, Il digiuno di Piano“Da laico seguo la linea del Papa” di Aldo Cazzullo04/09 Wall Street Italia, Napolitano riceveCattaneo, Piano e Rubbiaagosto 201331/08 Il Sole 24 Ore, Napolitano nomina quattrosenatori a vita di Lina Palmerini31/08 Corriere della Sera, L’Archistar Campionedell’italianità nel Mondo di Stefano Bucci31/08 Il Secolo XIX, Napolitano nomina quattrosenatori a vita di Carlo Gravina112 , 113


colophonReport del G124 - 2013/2014Da un’idea del senatore Renzo PianoDirettore responsabile: Carlo PianoCondirettore: Walter MariottiDirettore creativo: Luca BallariniCaporedattore: Edoardo BergaminCoordinamento: Giovanna GiustoContributi speciali: Jacopo GuerrieroFotografie: Claudio MorelliGruppo G124: Massimo Alvisi, Mario Cucinella, Maurizio Milane Michele Bondanelli, Roberto Corbia, Francesco Lorenzi,Roberta Pastore, Federica Ravazzi, Eloisa Susanna.Hanno collaborato: Mario Abis, Paolo Bricco, Stefano Bucci,Carlo Colloca, Paolo Crepet, Ottavio Di Blasi, GianfrancoDioguardi, Marco Ermentini, Fulvio Irace, Franco Lorenzoni,Armando Massarenti, Francesco Merlo, Lamberto Rossi,Andrea Segrè, Igor Staglianò, Gian Antonio Stella.<strong>PERIFERIE</strong> is a concept by RANEviale Elvezia 18, 20154 MilanoGraphic design by Bellissimo / Luca Ballarinivia Regaldi 7 int.12/A, 10154 TorinoPer approfondire il lavoro e i progetti del gruppo G124:renzopianog124.comStampato da ELCOGRAF S.P.A. via Mondadori 15, 37131 VeronaChiuso in redazione il 5 novembre 2014L’Editore ha compiuto ogni sforzo per contattare gli autori delle immagini.Qualora non fosse riuscito, rimane a disposizione per rimediarea eventuali omissioni.Testata iscrittaal Registro Stampa del Tribunale di Genova,n. 16/2014rammèndo [der. di rammendare] s. m.• L’operazione, il lavorodi rammendare, e la parte stessa rammendata: fare un r.;ago da r.; r. invisibile; una giacca piena di toppe e di rammendi;punto r., nel ricamo su rete (mòdano), il punto più semplice,eseguito su un numero determinato di quadretti,nei quali si fa andare e tornare il filo tante volte quantene occorrono per riempirli. Dal vocabolario TreccaniIl progetto G124 non sarebbe possibile senza il supporto,l’attiva partecipazione e la collaborazione di molte persone.A queste va il ringraziamentodel senatore Renzo Piano:il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano,il Presidente del Senato Pietro Grasso,il direttore de Il Sole 24 Ore Roberto Napoletano.Il gruppo G124: Massimo Alvisi, Mario Cucinella, Maurizio Milan,con Michele Bondanelli, Roberto Corbia, Francesco Lorenzi,Roberta Pastore, Federica Ravazzi, Eloisa Susanna.I consulenti: Mario Abis, Massimo Andolfi, Luigi Benevolo,Fabio Casiroli, Giovanni Consonni, Paolo Crepet, Ottavio Di Blasi,Marco Ermentini, Lamberto Rossi, Andrea Segrè,Alessandro Traldi.Con: Alessandro Bensi, Stefano Bucci, Antonio Capalbo,Iolanda Cardarelli, Aldo Cazzullo, Luciano Cherubini,Paolo Colonna, Roberto Croce, Dino De Cesare, José De Falco,Nicolò De Salvo, Marco De Santis, Gianfranco Dioguardi,Patrizia Dottori, Giovanna Giusto, Andrea Grignolio,Mauro Fioroni, Ursula Frigeri, Fulvio Irace, Junko Kirimoto,Franco Lorenzoni, Curzio Maltese, Tonino Mancini,Mario Mazzantini, Francesco Merlo, Alessio Pasquini,Milly Rossato Piano, Carlo Piano, Marco Piantini, Giuseppe Rolli,Luigi Sampò, Ferruccio Sansa, Viviane Louise Schmit,Peter Schneider, Mario Settimi, Igor Staglianò,Gian Antonio Stella, Paolo Torazza, Claudio Tosi, Sylvie Vitalise gli addetti alla Portineria di Palazzo Giustiniani.Per il lavoro sulla periferia diRoma: Giovanni Caudo, Paolo Masini, Paolo Marchionne;Torino: Associazione Plinto; Don Angelo Zucchi,Parrocchia e Scuola San Giuseppe Cafasso;Cecilia Guiglia e Paola Sacco, Luoghi Possibili; Piergiorgio Turi,Laboratorio Città Sostenibile di ITER Città di Torino;Catania: Enzo Bianco, la Giunta comunale,l’apparato amministrativo e tutta la città di Catania.I Briganti, il Centro Iqbal Masih, la Scuola Brancati,il gruppo degli Ortolani di San Teodoro e gli abitanti di Librino,Università degli Studi di Catania, Carlo Colloca,Chiara Borzì, Tecnis S.p.A., Ance Catania, ConfagricolturaCatania, Confindustria Giovani Catania,Fablab Catania, Accademia Abadir, Studio Monometrica,OAPPC Provincia di Catania, Giorgio Laboratoree i ragazzi del workshop “Giochi di strada”.115


116 ,“In genere, la politica temeil talento perché il talentoti regala la libertà e la forzadi ribellarti”—Renzo Piano

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