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di Danilo Ceccarelli Morolli - iura orientalia

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D. CECCARELLI MOROLLI – Sharî’a e Costituzioni nei paesi musulmani105realmente dai Musulmani la legge superiore ossia, la Šarī‘a islamyya e larivelazione coranica.***Infine, un’ultima questione ora <strong>di</strong> natura storico-giuri<strong>di</strong>ca. La civiltàoccidentale ritiene <strong>di</strong> aver “creato” il <strong>di</strong>ritto pubblico ed in particolare quellocostituzionale. Ciò è certamente esatto se si pensa che proprio il concetto – comecategoria astratta – <strong>di</strong> ius publicum e la sua definizione si deve al genio creativo deiRomani 80 e poi la nozione <strong>di</strong> “Costituzione” si deve senza dubbio alla riflessionegiuri<strong>di</strong>ca dell’età moderna 81 . Tuttavia l’Islam – o meglio i giureconsulti musulmaniritiengono in realtà che sia stato l’Islam a creare la “prima forma <strong>di</strong> costituzione”materiale e non già l’Europa. I dotti islamici ascrivono ciò ad un periodo benpreciso della propria storia, cioè allorquando si è formato il primo califfato; inparticolare l’istituto giuri<strong>di</strong>co richiamato – tutt’oggi sentito come valido edeffettivo – è quello della bay‘a 82 . Il lemma arabo bay‘a designa l’atto col qualein<strong>di</strong>vidualmente o collettivamente alcuno o alcuni riconoscono l’autorità <strong>di</strong>qualcun altro 83 . “Tracce” della bay‘a vi sono già nel Corano in relazione ai nuoviadepti 84 . La bay‘a è dunque – sul piano giuspubblicistico – connessa con l’elezionedel califfo ed implica con sé una “promessa” o “g<strong>iura</strong>mento” <strong>di</strong> obbe<strong>di</strong>enza. Labay‘a è dunque per i Sunniti uno dei mezzi per la designazione del califfo 85 ; mentreper gli Sciiti vige solo la pratica <strong>di</strong> designazione me<strong>di</strong>ante testamento (na¡¡,wa¡iyya). Da un punto <strong>di</strong> vista prettamente giuri<strong>di</strong>co la bay‘a è un accordo vero eproprio e come tale possiede natura contrattuale; in esso vi è una volontà deglielettori (ma può esservi anche un solo elettore) mirante a designare il can<strong>di</strong>dato lacui volontà, a sua volta, è protesa all’accettazione della nomina. Una volta eletto ilcan<strong>di</strong>dato, avvenuta l’accettazione, scatta il meccanismo della “promessa” o del“g<strong>iura</strong>mento”.Tuttavia la bay‘a è un actus voluntatis sui generis, cioè non va confuso con icontratti <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto privato; essa è un “contratto” <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto pubblico da cuiscaturiscono effetti legali ben precisi. Il primo effetto è quello della fedeltà alprinceps, la cui carica non risiede ex iure <strong>di</strong>vino, ma ex iure publico. Pertanto –altra conseguenza – il princeps islamico non è affatto a legibus solutus, ma anzi –come il princeps cristiano dell’età me<strong>di</strong>evale – è sottomesso alla Legge religiosa80 ULPIANO: «Publicum ius est quod ad statum rei Romanæ spectat (…)» (l.1§2. D. de iust. 1,1) ed ancora: «Nemoius publicum remittere potest» (l.5 §7 de admin. Tut. 26,7).81 Tuttavia l’Islam non <strong>di</strong>sconosce il <strong>di</strong>ritto pubblico, anzi il giurista IBN TAIMĪYA (morto nel 728 AH/1328 d.C.),seguace della scuola Hanbalita, nel suo Kitāb as-siy…sa ašar‘īya fī i¡l…| ar-r…‘i warra‘†ya (= “trattato <strong>di</strong> politicagiuri<strong>di</strong>ca per la riforma del pastore e della sua mandria”), scritto verso il 1309-1314 d.C., parla esplicitamente <strong>di</strong>“funzioni pubbliche” (in arabo wilāyāt). Ciò ritengo che sfati il fatto che l’Islam non conosca uno ius publicumcontrad<strong>di</strong>stinto dallo ius privatum. Ciò che invece resta nell’Islam è la coincidenza tra religione e <strong>di</strong>ritto,intendendo così negli or<strong>di</strong>namenti giuri<strong>di</strong>ci dei paesi musulmani la coincidenza tra etica religiosa e <strong>di</strong>ritto (i.e. il<strong>di</strong>ritto è improntato all’etica religiosa islamica).82 In merito ved. TYAN E., Bay‘a, in Encylopé<strong>di</strong>e de l’Islam, t. I, 1146-1147 (Leyden-Paris 1960); IDEM,Institutions du droit public musuman, Paris 1954, I, 315 ss.; 1957, II, 129 ss., 345 ss., 474 ss.83 Si è sintetizzato quanto definito mirabilmente da TYAN: «Terme désignant, en une formule très générale, l’actepar le quel un certain nombre de personnes, agissant in<strong>di</strong>viduellement ou collectivement, reconnaissent l’autoritéd’une autre paersonne. Ainsi, la bay‘a d’un calice est l’acte par le quel une persone est procalmée et reconnuecomme chef d’Etat musulman. Une expression synonyme est celle de mubāya‘a (cf. le verb bāy‘a: faire la bāy‘a)»(TYAN E., bay‘a, op. cit., 1146).84 Cfr. Corano XLVIII, 10, 18; LX, 13. Sul “<strong>di</strong>ritto pubblico” in età antica oltre al TYAN, ved.: LAOUST H., Letraité de Droit Public d’Ibn Taimīya, Beyrouth 1948 (Institut Français de Damas).85 L’altro mezzo è la successione me<strong>di</strong>ante designazione ere<strong>di</strong>taria per testamento.IURA ORIENTALIA II (2006), 92-109www.<strong>iura</strong>orienalia.net

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