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Cassina - Bosoni Ranza Associati

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Rileggere gli eventi, gli oggetti, i pensieri che hanno dato vita, formato e svi-<br />

luppato un percorso produttivo, progettuale e culturale come quello della<br />

<strong>Cassina</strong> significa riflettere sul peso e sul valore di una serie di passaggi at-<br />

traverso i quali si è costruita una specifica eccellenza del “pensare” e del<br />

“fare” il design del mobile in Italia.<br />

Rispetto al valore generale di questa grande esperienza costruita in ottan-<br />

t’anni, si è voluto affrontare, in questo volume, la ricostruzione di tale per-<br />

corso mettendo in fila quella serie di “incontri”, tra l’azienda e i designer,<br />

che sono stati l’occasione per offrire delle “visioni”, che hanno segnato pro-<br />

fondamente l’evoluzione della <strong>Cassina</strong> e del design internazionale.<br />

€ 60,00<br />

<strong>Cassina</strong><br />

made in<br />

Skira<br />

<strong>Cassina</strong><br />

made in<br />

a cura di Giampiero <strong>Bosoni</strong>


Giampiero <strong>Bosoni</strong><br />

Design made<br />

in <strong>Cassina</strong><br />

Pensieri, oggetti, valori,<br />

incontri, visioni.<br />

Un percorso di “incontri”<br />

e “visioni” per il futuro<br />

Questi arredi, inoltre, rappresentavano<br />

in modo eloquente cosa s’intendesse<br />

per stile di vita italiano a terra e per<br />

mare. Che si trattasse di sale di lettura,<br />

di bar, o di ristoranti, fu l’esplosione di<br />

vitalità che caratterizzò gli anni.<br />

Rileggere gli eventi, gli oggetti, i pensieri che hanno dato vita, formato<br />

e sviluppato un percorso produttivo, progettuale e culturale come quello<br />

della <strong>Cassina</strong>, significa riflettere sul peso e sul valore di una serie<br />

di passaggi attraverso i quali si è costruita una specifica eccellenza del<br />

“pensare” e del “fare” il design del mobile in Italia. Ma più in generale<br />

è anche l’occasione per leggere sequenze insieme culturali, ideologiche<br />

e tecnico-produttive emblematiche della storia del design<br />

italiano, il quale, per tutti questi fattori, è ancora oggi considerato un<br />

indiscutibile modello di riferimento internazionale.<br />

Buona parte dei pezzi della collezione <strong>Cassina</strong> scandiscono regolarmente molti passaggi<br />

chiave delle numerose pubblicazioni internazionali dedicate alla storia del design, e tutti i musei<br />

al mondo, vecchi e nuovi, che sono stati dedicati al design non possono prescindere dall’avere<br />

in collezione alcuni dei suoi “capolavori”. Ma il percorso tracciato dalla <strong>Cassina</strong> è<br />

qualcosa di più di un elenco di pezzi di eccellenza figurativa, simbolica o produttiva: il suo valore<br />

cresce maggiormente, e si fa più interessante, se si cerca di leggere in filigrana quel mondo,<br />

che è stato ed è tuttora, il laboratorio progettuale-produttivo della <strong>Cassina</strong> che ha forgiato<br />

in ottant’anni, giorno per giorno, tantissime esperienze, sempre di alto livello, alcune delle<br />

quali hanno raggiunto gli allori e altre no, per quanto a volte, non meno meritevoli. Un piccolo-grande<br />

laboratorio dove, se da una parte si sono affinate ricerche sui materiali, antichi<br />

come il legno, o innovativi come i poliuretani espansi, dall’altra si sono confrontate idee ed<br />

esperienze diverse, tese sempre a cercare una qualità superiore, tanto nella perizia della costruzione,<br />

quanto nella originalità della sua espressione.<br />

Per questo si è voluto fare un libro che cerca di sfuggire alla strette regole della semplice<br />

ricostruzione storica (per quanto si è consapevoli di dovere un contributo importante anche<br />

in questa direzione, comunque già ben tracciata da Pier Carlo Santini nel suo bel libro del 1981 1 ),<br />

e si pone piuttosto un duplice obbiettivo: da una parte quello di riflettere, con diversi punti di<br />

vista, sul senso di questa esperienza, e dall’altra quello di fare emergere la vitalità ancora oggi<br />

sensibile di questa densa esperienza lì riposta. Un deposito di esperienze e di ricerche che<br />

affiora (grazie alla lungimirante responsabilità culturale di questa azienda che ha conservato<br />

buona parte della sua collezione storica), per consegnarci un quadro di riferimento che ci serve<br />

per fermarci e riflettere sul passato e sul futuro: ragionare su ciò che sono state magnifiche<br />

stagioni appartenenti al loro tempo, prendere la necessaria distanza critica e ragionare su<br />

quelli che possono essere oggi gli orientamenti più affini a questa esperienza rispetto ai linguaggi,<br />

ai sistemi, alle reti, ai mercati del nostro attuale “mondo-villaggio globale” in continua<br />

trasformazione.<br />

In tal senso, dopo un primo inquadramento culturale, con diversi punti di vista, rispetto<br />

al valore generale di questa grande esperienza costruita in ottant’anni, si è voluto affrontare,<br />

in questo libro, la ricostruzione di tale percorso mettendo in fila quella serie di “incontri”, tra<br />

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Questi arredi, inoltre, rappresentavano<br />

in modo eloquente cosa s’intendesse<br />

per stile di vita italiano a terra e per<br />

mare. Che si trattasse di sale di lettura,<br />

di bar, o di ristoranti, fu l’esplosione di<br />

vitalità che caratterizzò gli anni.<br />

Questi arredi, inoltre, rappresentavano<br />

in modo eloquente cosa s’intendesse<br />

per stile di vita italiano a terra e per<br />

mare. Che si trattasse di sale di lettura,<br />

di bar, o di ristoranti, fu l’esplosione di<br />

vitalità che caratterizzò gli anni.<br />

l’azienda e i designer, che sono stati l’occasione per offrire delle “visioni” (in altri ambienti le<br />

chiamerebbero, erroneamente rispetto a questo caso, “strategie”), che hanno segnato profondamente<br />

l’evoluzione di questa azienda. Grazie alla capacità di intercettare, con grande sensibilità<br />

certi autori, <strong>Cassina</strong> ha saputo coltivare nel suo laboratorio-vivaio queste possibili<br />

“pre-visioni” sino a farle maturare in nuovi scenari dell’abitare, rappresentati ogni volta da<br />

una famiglia di prodotti compiuti, innovativi, ma al contempo reali e molto spesso vincenti<br />

anche sul mercato, per quanto evidentemente non è stata solo questa la motivazione alla base<br />

di questa particolare “strategia” industriale.<br />

A questo punto, per entrare un po’ di più nel tema, viene spontaneo partire da ciò che ci<br />

hanno insegnato gli antichi e ci ricordano spesso i bravi maestri: dietro ogni buon progetto ci<br />

sono sempre un padre e una madre, il progettista e il committente-produttore. Da questo incontro,<br />

se felice, nasce il buon progetto e il buon prodotto, sia che si tratti di una architettura,<br />

sia che si tratti di un oggetto d’uso, soprattutto se prodotto industrialmente. La <strong>Cassina</strong> è<br />

stata certamente sempre una buona madre feconda e attenta alla crescita dei propri figli nati<br />

dal concepimento di un incontro cercato, voluto e vissuto con intensità. L’incontro con l’architetto<br />

o il designer non è mai stato casuale. Per lo meno si è trattato sempre di un incontro<br />

che ha potuto concretizzarsi realmente solo dopo una serie di verifiche su quelle che corrispondevano<br />

di fatto alle loro affinità elettive. Qualcuno ha scritto che compito del progettista<br />

è quello di qualificare la domanda progettuale, e tanto più la domanda è ben posta, tanto più<br />

il progettista alza il livello della propria risposta qualitativa e al contempo si può riconoscere<br />

all’imprenditore il ruolo di progettista “primo”, in quanto ispiratore di una chiara idea progettuale.<br />

Questo ideale incontro (di vero amore, sostiene Philippe Starck nell’intervista che abbiamo<br />

raccolto per questo libro) si è realizzato più volte durante il processo evolutivo condotto<br />

in ottant’anni dalla <strong>Cassina</strong>. Questo libro vuole essere quindi l’occasione per riflettere sul processo<br />

creativo e produttivo che la <strong>Cassina</strong> ha negli anni sviluppato, dove si sono intrecciati mirabilmente<br />

l’artigianato-evoluto e l’industria-flessibile. Un percorso virtuoso e innovativo che<br />

ha fatto e continua a fare scuola nel suo settore produttivo, ma non solo, e che, pur con i differenti<br />

livelli di scala e di prodotti, si pone sullo stesso piano di altri casi mitici, anche molto<br />

differenti fra loro, come sono stati, per esempio in Italia, la Olivetti o la Ferrari.<br />

I molti approfondimenti raccolti nei diversi saggi, alcuni dei quali posti ad apertura del libro,<br />

e altri disposti più avanti nello sviluppo delle puntuali vicende narrate (con altri saggi,<br />

documenti e interviste), relativi agli “incontri” dei progettisti con l’azienda, se letti insieme ci<br />

restituiscono un grande affresco pieno di colori, di scene e di dettagli, dal quale traspare un<br />

certa forza e un particolare valore del solco tracciato dalla <strong>Cassina</strong>.<br />

Qui proviamo ora a sintetizzare per fasi e cicli salienti questo percorso, rimandando naturalmente<br />

per più specifiche letture ai numerosi e puntuali contribuiti di valore che abbiamo<br />

scelto per comporre questa ricostruzione riflessiva sui passaggi culturali e imprenditoriali affrontati<br />

negli anni dall’azienda.<br />

Tutto ha inizio in un preciso territorio che da secoli esprime la particolare vocazione di<br />

costruire mobili: la Brianza. Dello spirito passato e presente di questo distretto, divenuto ormai<br />

torre di controllo di una piattaforma produttiva anche molto più estesa, ce ne parla diffusamente<br />

nel suo saggio Aldo Bonomi. In questa area produttiva spicca fra le altre cittadine,<br />

Meda, nodo nevralgico di questo tessuto, località storicamente nota per la produzione di sedie.<br />

In questo contesto il nome <strong>Cassina</strong> appare per la prima volta sotto la denominazione di<br />

“legnamari in Meda”, in un documento settecentesco. La nascita dell’azienda nel 1927 con la<br />

denominazione “<strong>Cassina</strong> Amedeo – Fabbrica Tavolini” e i suoi sviluppi sino ai primissimi anni<br />

dopo la seconda guerra mondiale, vengono ben delineati da Barbara Lehmann nel capitolo<br />

Le origini. Qui ci interessa soffermarci sulla entrata in scena di quelli che, secondo un certo<br />

principio, abbiamo già definito all’inizio di questo testo, i cosiddetti “progettisti primi”, i qua-<br />

Questi arredi, inoltre, rappresentavano<br />

in modo eloquente cosa s’intendesse<br />

per stile di vita italiano a terra e per<br />

mare. Che si trattasse di sale di lettura,<br />

di bar, o di ristoranti, fu l’esplosione di<br />

vitalità che caratterizzò gli anni.<br />

li in questa storia e per tutto ciò che ne è conseguito sono: Umberto <strong>Cassina</strong> (1901) e Cesare<br />

<strong>Cassina</strong> (1909-1979). È chiaro che questi personaggi non sono da ricordarsi solo come i fondatori<br />

dell’azienda, ma piuttosto meritano la massima considerazione per essere stati tra gli<br />

interpreti più sagaci e attenti, nel loro ambiente e non solo, delle continue trasformazioni del<br />

modo di “pensare”, di “fare” e di vivere le “cose” del proprio tempo: un’acutezza e una sensibilità<br />

la loro che ha permesso a questa azienda di divenire leader mondiale nel proprio settore<br />

e di affermarsi anche come modello di riferimento per molti altri indirizzi produttivi. È<br />

già stato scritto più volte della loro complementarietà: Umberto, fratello maggiore, più concreto<br />

e attento all’amministrazione (ma ricordiamolo anche per molti anni unico “disegnatore”<br />

dell’azienda, con risultati, a ben vedere, di un certo interesse), Cesare, formatosi, per volere<br />

di Umberto, ancor giovanissimo a Milano nel mestiere specialissimo della tappezzeria (il primo<br />

“tappezziere finito” di Meda), esprime subito un’indole più “leggera” rispetto alla cultura<br />

brianzola, uno spirito estremamente curioso portato a osservare con attenzione i mutamenti<br />

degli stili di vita e di conseguenza dei linguaggi e dei simboli di quelli che saranno poi i loro<br />

modelli sociali di riferimento: l’alta e la media borghesia. La storia, a volte un po’ troppo aneddotica,<br />

ci ha consegnato Cesare <strong>Cassina</strong> come l’autentica, e pressoché unica, anima creativa<br />

(per certi versi anche produttiva) di questa vicenda, ma a detta di molti che hanno conosciuto<br />

tali protagonisti in piena attività, tutto ciò che ha potuto esprimere e fare Cesare <strong>Cassina</strong>,<br />

non si sarebbe concretizzato se non ci fosse stato lo stimatissimo fratello Umberto a vigilare<br />

e a sostenere le sfide, a volte azzardate, suggerite con grande fiuto da Cesare.<br />

A partire dal nuovo e insolito nome adottato nel 1935, “figli di Amedeo <strong>Cassina</strong>”, alle commesse<br />

per forniture alle Colonie d’Oltremare, dai primi contatti con gli architetti arredatori,<br />

Luigi Vietti (Novara, 1903; Milano, 1998) e Paolo Buffa (Milano, 1903-1970), per la realizzazioni<br />

di poltrone, divani o interi ambienti assemblati, sino alle rivoluzionarie commesse navali,<br />

sicuramente le intuizioni di Cesare sono state sempre tra le prime scintille che hanno<br />

innescato tali processi virtuosi. Grazie all’intreccio di questi caratteri, va riconosciuta, in que-<br />

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Questi arredi, inoltre, rappresentavano<br />

in modo eloquente cosa s’intendesse<br />

per stile di vita italiano a terra e per<br />

mare. Che si trattasse di sale di lettura,<br />

di bar, o di ristoranti, fu l’esplosione di<br />

vitalità che caratterizzò gli anni.<br />

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sto periodo, la capacità dell’ancor piccola azienda <strong>Cassina</strong> di saper uscire dallo schema di semplici<br />

“intagliatori” di fusti per seggiole, per divenire realizzatori di sistemi completi di arredo,<br />

questo anche grazie all’acquisita esperienza di Cesare come tappezziere. Si nota nei diversi cataloghi<br />

dell’epoca una sempre maggiore aggiornamento intorno alle forme e agli stili emergenti:<br />

il futurismo stemperato di Depero e Prampolini apparentemente incrociato con dei<br />

riflessi cubisti, un certo razionalismo per quanto ingessato in una più rassicurante solida linea<br />

novecentista, qualche vago tema d’avanguardia intinto nell’imperante e diluito gusto art<br />

déco, tipico di quegli anni; comunque mai disegni di impronta pesantemente monumentale,<br />

ridondante o retorica.<br />

Si arriva così al dopoguerra, quando la ricostruzione e le nuove condizioni di libertà di<br />

pensiero e di mercato, sollecitano da una parte alla risposta più immediata rispetto all’urgenza<br />

di una domanda di arredi pratici ed economici per una società che deve ripartire, ma su<br />

un altro piano si sente anche il bisogno di rispondere a un’altra domanda emergente, per molto<br />

tempo repressa, di una rappresentazione libera e spigliata della nuova classe borghese intenzionata<br />

a collegarsi con i modelli più avanzati dell’Occidente, quello americano in testa. I<br />

fratelli <strong>Cassina</strong>, come era già stato nella loro capacità di sintonizzarsi con i segnali più immediati<br />

del loro tempo, iniziano a costruire quella sequenza di incontri che diventeranno via<br />

via i nodi di una rete che costituirà la trama e l’ordito della <strong>Cassina</strong> futura. Per un verso è significativo<br />

l’incontro nel 1946, forse prematuro, con Franco Albini, che purtroppo non diede<br />

per diversi motivi (si legga in proposito la bella testimonianza di Marco Albini) gli esiti che<br />

avrebbe potuto dare solo qualche anno più tardi, ma che tuttavia aprì la strada maestra nella<br />

direzione di quella che sarà poi la questione design in <strong>Cassina</strong>. Ricordiamo che in questo<br />

periodo inizia a lavorare in azienda il figlio di Umberto, Franco <strong>Cassina</strong> che avrà via via un<br />

ruolo sempre più autorevole sino a diventarne presidente dal 1982 al 2005. Su un altro piano,<br />

che si rivelerà estremamente importante per l’azienda, negli anni del dopoguerra inizia<br />

anche la grande scommessa delle forniture navali che fecero conoscere alla <strong>Cassina</strong> le possibilità<br />

di svilupparsi industrialmente attraverso un approccio progettuale e produttivo che di<br />

fatto ha significato l’ingresso dell’industrial design in azienda. In questo caso entrano in scena<br />

altri progettisti che porteranno le loro visioni maturate da questa particolare esperienza di<br />

ambiente domestico in movimento sul mare (ci avvaliamo in questo caso dell’espertissima lettura<br />

di Paolo Piccione nel suo saggio sul tema), per certi versi anche simbolico di nuove e stimolanti<br />

dimensioni dell’abitare: questi personaggi sono Nino Zoncada, Gustavo Pulitzer e<br />

soprattutto Gio Ponti. Con Ponti, personalità forte, brillante e dinamica, a suo modo anche in<br />

prospettiva imprenditoriale, i tempi sono maturi per intraprendere con vigore e scaltrezza quella<br />

strada che Albini aveva segnato forse con un programma troppo rigoroso rispetto a una sua<br />

visione etica del progetto. Per il binomio <strong>Cassina</strong>-Ponti si aprono grandi possibilità rispetto alla<br />

crescita economica del paese e di conseguenza alla domanda di una visione coraggiosa e<br />

spregiudicata della propria affermazione di paese intenzionato a riscattare il grande ritardo<br />

accumulato. Il ciclo pontiano in <strong>Cassina</strong> (brillantemente analizzato da Marco Romanelli con<br />

il suo saggio sul libro) è tanto intenso quanto ricco di eccezionali prodotti, alcuni dei quali veri<br />

e propri capolavori, come la sequenza di varianti sul tema della sedia da cui prenderà vita<br />

il solido modello denominato Leggera (1951), che arriverà a concludersi nella ancor più famosa<br />

e sintetica Superleggera (1957), oppure tutte le varianti sul tema della poltrona, dai modelli<br />

Distex alle avvolgenti o sfaccettate e oggi attualissime Loto, e Mariposa. Ponti assume in<br />

questo periodo quasi il ruolo di un art director in pectore, tanto è forte la sua impronta nella<br />

produzione dei primi anni cinquanta, non solo con i suoi pezzi, ma anche con l’ingresso di<br />

tutta una serie di suoi validissimi e diversi colleghi ai quali è molto legato, come Ico Parisi,<br />

Carlo De Carli, Alberto Rosselli e Gianfranco Frattini, per i quali i saggi di Flaminio Gualdoni,<br />

Gianno Ottolini e Francesco Scullica, presenti nel volume, ci restituisco un interessante pia-<br />

Questi arredi, inoltre, rappresentavano<br />

in modo eloquente cosa s’intendesse<br />

per stile di vita italiano a terra e per<br />

mare. Che si trattasse di sale di lettura,<br />

di bar, o di ristoranti, fu l’esplosione di<br />

vitalità che caratterizzò gli anni.<br />

no di lettura. Di questo periodo sono anche i puntuali contributi progettuali di Sergio Asti per<br />

una sedia girevole, Eleonora Peduzzi Riva per una poltrona con struttura metallica a vista e<br />

imbottitura capitonné, e un sistema di tavolini bassi di M.per esteso? Casalucci. Si può dire<br />

che pure su questo aspetto l’incontro tra la <strong>Cassina</strong> e Ponti si dimostrò lungimirante, vale a<br />

dire sul fatto di introdurre una visione aperta dei linguaggi e delle espressioni, non limitata a<br />

una sola risorsa per quanto ricca, quale poteva essere quella irrefrenabile di Ponti. L’umanesimo<br />

organico di De Carli, la sperimentazione figurativa di Parisi, la ricerca tecnologica di Alberto<br />

Rosselli, e la pacata razionalità di Frattini sono insieme allo “sfaccettato” modernismo<br />

di Ponti di quegli anni, il segno di un rinnovamento culturale e produttivo che ben si racconta<br />

nello splendido catalogo di produzione preparato nel 1958 da Ilio Negri e Giulio Confalonieri.<br />

A questa immagine si accompagna inoltre l’innovativo marchio (la C maiuscola che<br />

contiene una a minuscola) disegnato nel 1953 dall’architetto Giancarlo Pozzi, collaboratore<br />

storico di Gio Ponti e in quel momento anche redattore della rivista “Stile Industria” diretta<br />

dall’amico Alberto Rosselli. Sono questi gli anni del “boom economico” italiano, e la spinta<br />

rigenerativa partita dal basso accompagnata dagli aiuti economici e organizzativi del piano<br />

Marshall, porta il nostro paese a conoscere in breve tempo risultati impensabili solo qualche<br />

anno prima, sia sul piano del mercato interno, ma ancor più rispetto alla domanda dall’estero<br />

del prodotto italiano. Inizia a diffondersi in quel periodo la rinomata etichetta Made in Italy<br />

e la <strong>Cassina</strong> intuisce immediatamente l’occasione da non perdere. Sono anche gli anni di un<br />

accesissimo fermento creativo e culturale che si confronta con i forti piani ideologici che si<br />

scontrano nei salotti artistici e letterari, come nelle piazze politiche, nella vivacissima produzione<br />

cinematografica come, per certi versi, anche negli ambiti produttivi dell’intera penisola.<br />

Su questi importanti risvolti relativi al rapporto produzione-ideologie abbiamo raccolto<br />

l’importante saggio di Carlo Arturo Quintavalle che ci accompagna nella lettura di questo fondamentale<br />

aspetto problematico di alcune fasi centrali, anche molto recenti, della storia del<br />

design italiano.<br />

Alla fine degli anni cinquanta il mondo <strong>Cassina</strong> incontra l’architetto Vico Magistretti, il quale,<br />

portatore di una visione decisamente al passo con i tempi, spregiudicata, colta ed elegante<br />

insieme, diviene presto, per Cesare <strong>Cassina</strong> in particolare, il degno sostituto della figura di<br />

Ponti, per lo meno in quanto punto di riferimento rispetto a una nuova prospettiva verso cui<br />

indirizzare la <strong>Cassina</strong>. Questa eccezionale figura di architetto-designer ci viene ben inquadrata<br />

dalla verve dialettica di Beppe Finessi che nel suo saggio delinea la sua più autentica immagine<br />

di noblesse oblige del design italiano. Anche il contributo per questo libro della storica<br />

del design Penny Sparke ci offre un punto di vista molto interessante per apprezzare il grande<br />

impatto che ebbero le invenzioni di Magistretti a livello internazionale: dalla serie di sedute<br />

Carimate (nelle quali da una parte si rivisita con grande sapienza la tradizione della sedia<br />

impagliata, e dall’altra, utilizzando colori forti e brillanti, se ne amplifica l’immagine con un<br />

carattere decisamente pop), all’ovvietà spiazzante della libreria Nuvola Rossa, dalla fondamentale<br />

poltrona Maralunga, sino al divano Sinbdad, con la famosa coperta da cavallo, per<br />

citarne solo alcuni. Il percorso di Magistretti in <strong>Cassina</strong> è stato molto lungo, certo grazie anche<br />

alla particolare affinità elettiva che aveva con Cesare <strong>Cassina</strong>. Per più di vent’anni lo stile<br />

Magistretti è stato il modello di riferimento più forte di quella impronta tipicamente <strong>Cassina</strong>,<br />

fatta di prodotti eleganti e disinvolti al contempo: prova ne è la presenza in catalogo e il grande<br />

successo ancora oggi riconosciuto ai già citati Maralunga, Nuvola Rossa, e il sistema di poltrone<br />

e divani Veranda.<br />

Se a partire dagli anni sessanta e per tutti gli anni settanta, da una parte Magistretti, insieme<br />

al costante lavoro di Frattini, costituisce l’ala sicura, per così dire “classica” della <strong>Cassina</strong>,<br />

in quello stesso periodo, denso di promesse e di affascinanti proiezioni sociali e culturali,<br />

si registra, su un altro piano, una grande ventata di novità che fa entrare nel mondo <strong>Cassina</strong><br />

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Questi arredi, inoltre, rappresentavano<br />

in modo eloquente cosa s’intendesse<br />

per stile di vita italiano a terra e per<br />

mare. Che si trattasse di sale di lettura,<br />

di bar, o di ristoranti, fu l’esplosione di<br />

vitalità che caratterizzò gli anni.<br />

altri progettisti, con diverse personalità portatrici di nuove visioni, per certi versi anche rivoluzionarie.<br />

Captatore instancabile di queste nuove tensioni culturali, progettuali, artistiche e<br />

produttive è sempre Cesare <strong>Cassina</strong> che grazie al suo fiuto per il talento in nuce, e alla sua capacità<br />

di costruire incontri virtuosi, intercetta nel giro di pochi anni: Francesco Binfaré, (definito<br />

da Cesare <strong>Cassina</strong> il “designer dei designer”), arrivato nel 1961 in azienda senza un chiaro<br />

compito, ma tanta voglia di fare ricerca, che diventerà il fondamentale coordinatore del “mitico”<br />

Centro Ricerche (che poi lo porterà a svolgere il ruolo di art director per la <strong>Cassina</strong> dal<br />

1969 sino al 1991); Afra e Tobia Scarpa, conosciuti grazie al prezioso incontro con un’altra<br />

eccezionale figura di imprenditore di questi anni, Dino Gavina; Mario Bellini, incrociato proprio<br />

sul nascere dell’importante rapporto che l’allora giovanissimo designer stava costruendo<br />

con la Olivetti; Gaetano Pesce, che dalle sue prime ricerche nel mondo dell’arte si trasferisce<br />

totalmente sul fronte del prodotto industriale attraverso la particolare empatia creatasi con Cesare<br />

<strong>Cassina</strong>; il gruppo radical Archizoom, e in particolare la personalità di Paolo Deganello,<br />

il quale introduce (come Pesce, per quanto in maniera diversa) tematiche fortemente ideologiche<br />

che trovano tuttavia da parte di <strong>Cassina</strong>, affiancato in tal senso da Binfaré, un’apertura<br />

d’incontro fattivo e problematico che saprà dar vita a delle proposte sotto tutti i punti di vista<br />

innovative e vincenti. Forse più di altri questo passaggio storico è il momento giusto per<br />

rimandare i lettori all’interessante inquadramento sul rapporto trasversale arte e design, riflesso<br />

per certi aspetti in <strong>Cassina</strong>, offertoci dallo storico dell’arte contemporanea Marco Meneguzzo<br />

nel suo saggio. Alcune di queste nuove visioni dello scenario in forte mutazione di<br />

Questi arredi, inoltre, rappresentavano<br />

in modo eloquente cosa s’intendesse<br />

per stile di vita italiano a terra e per<br />

mare. Che si trattasse di sale di lettura,<br />

di bar, o di ristoranti, fu l’esplosione di<br />

vitalità che caratterizzò gli anni.<br />

quegli anni vengono affrontate in questo libro con approfondite interviste ai designer protagonisti<br />

di questa storia, i quali raccontano puntualmente le ricerche compiute per tutti i principali<br />

progetti. Risulterebbe per tanto inutilmente prolisso nominare anche in questa introduzione<br />

generale il lungo elenco di pezzi eccezionali creati in quegli anni. Ricordiamo che oltre ai celebri<br />

protagonisti già citati, daranno il loro contributo altri designer che in maniera puntuale<br />

hanno lasciato un prezioso segno della loro attività, quali il Gruppo A.R.D.I.T.I., Theodore Waddell,<br />

e altre interessanti ricerche, rimaste a livello di prototipi o di preserie, dove si incrociano<br />

anche autori del calibro di Angelo Mangiarotti, Marco Zanuso e Achille e Pier Giacomo<br />

Castiglioni.<br />

Ma gli anni sessanta sono anche un periodo di grandi innovazioni tecnologiche, che la <strong>Cassina</strong><br />

per quanto fortemente legata alla lavorazione del legno (dove detiene un indiscusso primato),<br />

non si lascia sfuggire, anzi affronta con grande decisione e coraggio. È difficile descrivere<br />

per parti separate l’intreccio di esperienze progettuali e produttive, apparentemente diverse<br />

fra loro, che si addensano in <strong>Cassina</strong> tra il 1961 e il 1969. Nel 1961 la <strong>Cassina</strong> decide di produrre<br />

con un’innovativa tecnologia industriale la scocca in polistirolo espanso della poltroncina<br />

Finlandese 1106/3 disegnata da Olli Mannermaa (l’ingresso di Binfaré in <strong>Cassina</strong> si lega<br />

in parte a questo episodio); nei primi anni sessanta Cesare <strong>Cassina</strong> inizia un intenso rapporto<br />

di scambio di vedute con alcuni imprenditori in sintonia con il suo stile, quali Roberto Poggi,<br />

Sergio Camilli di Poltronova, ma sarà soprattutto l’incontro con Dino Gavina che lo stimolerà<br />

particolarmente nella ricerca di nuove strade: fra le altre cose con lui parteciperà, anche finanziariamente,<br />

alla nascita della Flos, ma sicuramente molto importante fu per Cesare <strong>Cassina</strong><br />

scoprire il patrimonio del design lasciato dai maestri del Movimento Moderno, dei quali<br />

Gavina si era interessato, tra i primi al mondo, rieditando i più celebri pezzi di Marcel Breuer<br />

del periodo Bauhaus. Questa mossa di Gavina nutre in <strong>Cassina</strong> il forte desiderio di battere questa<br />

strada, e su indicazione di diversi “consiglieri” si indirizza verso un maestro dei maestri,<br />

per lo meno per la scuola di radice europea, vale a dire Le Corbusier, il quale, contattato nel<br />

1964 (data di acquisizione dei diritti), accoglie con grande interesse questa iniziativa. Nel 1965<br />

viene presentata (per fatale coincidenza il maestro viene a mancare pochi giorni prima) la prima<br />

collezione di quattro pezzi che sarà l’iniziale e prezioso tassello di quella che diventerà la<br />

grande collezione “i Maestri” che oggi comprende la riedizione di rinomate opere di autori<br />

del calibro di Gerrit Rietveld (acquisizione diritti 1971, prima produzione 1973), Charles Rennie<br />

Mackintosh (acquisizione diritti 1972, prima produzione 1973), Erik Gunnar Asplund (acquisizione<br />

diritti 1981, prima produzione 1983), Frank Lloyd Wright (acquisizione diritti 1985,<br />

prima produzione 1986), Charlotte Perriand (acquisizione diritti 2004, prima produzione 2005)<br />

e che dal 2008 vede l’ingresso del primo “maestro” italiano, Franco Albini. Questo importante<br />

capitolo viene ampiamente raccontato in questo volume da Filippo Alison, che da tanti anni<br />

è il consulente scientifico di questa fondamentale collezione nel catalogo <strong>Cassina</strong>. Su questo<br />

passaggio colgo l’occasione di citare l’importante contributo dello storico del design Bernard<br />

E. Bürdek, il quale nella sua analisi critica interessata all’intreccio dei fenomeni culturali e industriali<br />

del design, dedica particolare attenzione al valore di questa scelta culturale (prima<br />

che imprenditoriale) e ai suoi importanti riflessi internazionali. Una significativa testimonianza<br />

della partenza di questo programma di lavoro sui maestri è ben documentata nel primo<br />

numero (aprile, 1966) della rivista “Ottagono” – trimestrale di architettura, arredamento,<br />

industrial design – che nasce e si sviluppa grazie alla volontà comunicativa di alto livello di<br />

un gruppo di otto aziende, fra le quali non manca l’attivissima <strong>Cassina</strong>.<br />

Riprendendo la sequenza degli avvenimenti più legati alle scelte industriali della <strong>Cassina</strong>,<br />

si arriva al 1966 quando nasce, dall’incontro dei <strong>Cassina</strong> con l’intraprendente Pierino Busnelli,<br />

la C&B (<strong>Cassina</strong> e Busnelli), un nuova entità industriale proiettata decisamente nell’applicazione<br />

di materiali innovativi e di aggiornate tecnologie produttive, e soprattutto rivolta a un<br />

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mercato interessato a intercettare modelli di vita e di abitare in divenire. Tutto parte dalla “scoperta”<br />

di poter impiegare un nuovo materiale, il poliuretano espanso, schiumato, iniettato in<br />

stampi, per la fabbricazione in serie di imbottiti di nuova generazione. I <strong>Cassina</strong> intuiscono<br />

subito che quello è il futuro, per quanto evidentemente proiettato in una dimensione molto<br />

diversa da quella fino ad allora rappresentata dalla loro “cultura” di produttori di mobili prevalentemente<br />

in legno. Ma i tempi erano maturi e la tigre va cavalcata. Nel 1969 viene coinvolto<br />

in questa importante sfida industriale, in qualità di manager dedicato soprattutto al<br />

marketing, Rodrigo Rodriquez, già valente manager in una multinazionale americana e marito<br />

di Adele <strong>Cassina</strong>, figlia di Cesare (la sua storia all’interno dell’azienda proseguirà come vicepresidente<br />

e amministratore delegato della <strong>Cassina</strong> dal 1982 al 1991).<br />

L’accelerazione di questa realtà industriale è impressionante, e nel giro di pochi anni il fatturato<br />

della C&B raggiunge il triplo di quello della <strong>Cassina</strong>, che deteneva i due terzi della proprietà<br />

della C&B. Questo risultato certamente positivo crea comunque una certa inquietudine<br />

nella famiglia <strong>Cassina</strong>, che nel contempo vede diminuire gli utili della casa madre e questo,<br />

insieme ad altri intrecci derivati dalle diverse personalità coinvolte in questa intensa esperienza<br />

imprenditoriale, porterà alla scelta sofferta di consentire a Pierino Busnelli di rilevare l’intera<br />

proprietà della C&B, che dal 1973, data di questa separazione, inizierà a chiamarsi B&B,<br />

confermandosi, a fianco della <strong>Cassina</strong> e di pochi altri nomi di prestigio, una delle realtà industriali<br />

più brillanti della storia del design del mobile italiano a livello internazionale.<br />

Altro fronte di questo intreccio di eventi è la nascita del Centro Ricerche che si forma intorno<br />

alla forza propulsiva dell’esperienza C&B, la quale convince Cesare <strong>Cassina</strong>, anche su<br />

insistenza di Binfaré, a costituire dal 1969 un luogo di sperimentazione di design avanzato la<br />

cui conduzione viene affidata appunto a Binfaré. In questo centro (che dopo la chiusura della<br />

C&B, in buona parte si trasferirà nella nuova B&B, ma che per quanto riguarda <strong>Cassina</strong> si evolverà<br />

in altre forme ritornando a gravitare dentro e fuori l’azienda) si sono concentrate in pochi<br />

anni preziosissime ricerche, che sono parte fondamentale del deposito di esperienze raccolte<br />

in <strong>Cassina</strong>, tanto da riscuotere ancora oggi l’attenzione degli esperti del settore, ma anche quella<br />

dei numerosi acquirenti che continuano a chiedere molti dei prodotti nati in questo crogiolo<br />

di ricerca e sperimentazione.<br />

Non si può dimenticare in mezzo a questa eccitante stagione la nascita di un’altra, in questo<br />

caso piccola, realtà produttiva semiautonoma messa in piedi da Cesare <strong>Cassina</strong>, vale a dire<br />

la Bracciodiferro, definita da Gaetano Pesce una “compagnia pensata per andare in<br />

perlustrazione, in avanscoperta”. La storia di questa particolare, ma importante, vicenda, che<br />

ha come protagonisti Cesare <strong>Cassina</strong>, Francesco Binfaré, Gaetano Pesce e Alessandro Mendini<br />

viene approfondita nel libro da Barbara Lehmann. Ricordiamo di questa intensa esperienza<br />

sperimentale oggetti come la grande lampada da terra Moloch, e la serie di sedute Golgotha<br />

ideate da Gaetano Pesce, oppure il Monumentino da casa e la sedia Terra concepite da Alessandro<br />

Mendini.<br />

Il percorso di <strong>Cassina</strong>, dopo il fenomeno propulsivo, ma anche un po’ destabilizzante della<br />

C&B, riprende la sua strada con un pezzo d’eccezione quale è il Maralunga (1973) di Vico<br />

Magistretti, risultato della perfetta capacità d’intendersi tra Cesare <strong>Cassina</strong> e Vico Magistretti,<br />

con l’apporto in questo caso anche di Binfaré. Si affianca a Magistretti in questo primo rilancio<br />

della <strong>Cassina</strong> anche Mario Bellini che propone un nuovo tipo di concezione di poltrona,<br />

vuota dentro, che è il modello Le Tentazioni (1973). Bellini intuisce immediatamente il cambio<br />

di clima che si sta determinando dopo la grande passione “rivoluzionaria” espressa in quegli<br />

anni e porta, di riscontro, in <strong>Cassina</strong> quella che è una sua visione aggiornata del modo di<br />

vivere di una nuova area sociale più orientabile verso il tradizionale modello <strong>Cassina</strong>: per questo<br />

mette insieme un ambizioso programma dal titolo, vagamente ironico, Il libro dell’arredamento<br />

secondo Mario Bellini (1976). Omar Calabrese nella lettura complessiva del ruolo svolto<br />

Sale di lettura, di bar, o di ristoranti, fu<br />

l’esplosione di vitalità che caratterizzò<br />

gli anni.<br />

Questi arredi, inoltre, rappresentavano<br />

in modo eloquente cosa s’intendesse<br />

per stile di vita italiano a terra e per<br />

mare. Che si trattasse<br />

dalla produzione <strong>Cassina</strong> nel rappresentare i diversi modelli sociali succedutisi nell’evoluzione<br />

della nostra società, dedica particolare attenzione a questa visone di Bellini. Sotto questo<br />

cappello Bellini organizza un vasto, e totalmente rinnovato, sistema di elementi di arredo, dove<br />

sperimenta, con nuove tecniche e linguaggi ben calibrati, diversi materiali classici, dando<br />

vita a delle collezioni di prodotti di grande successo fra le quali le sedute Break, i tavoli Basiliche,<br />

Colonnato e Rotonda, tutte del 1976, sino a comprendere, anche se in un secondo tempo,<br />

le sedute della serie Cab (1979). In questi periodo ricordiamo anche il lavoro di altri autori<br />

molto attivi in questa fase, per così dire, di “ritorno all’ordine” (dopo l’estrema effervescenza<br />

del periodo a cavallo tra i sessanta e i settanta) quali Piero De Martini, soprattutto con il sistema<br />

di sedute e tavoli La Barca (1975), e Silvio Coppola con il sistema di contenitori della<br />

serie 909 (1980). Continuano comunque, ricche di sorprese e di successi, le ricerche di Gaetano<br />

Pesce (la poltrona Sit down del 1976, il tavolo Sansone e il divano Tramonto a New York<br />

del 1980) e di Paolo Deganello (la poltrona Torso del 1982), ai quali si affiancano per una certa<br />

sintonia sperimentale innanzitutto il designer giapponese Kita, il quale con la seduta Wink<br />

(1980), già sensibilmente postmoderna, apre un’altra stagione di ricerca sulle forme e i gusti<br />

di una società sempre più cablata e nomade; uno spirito nuovo al quale partecipa, con il suo<br />

stile e la sua tipica nonchalance anche il Magistretti della poltrona Sindbad.<br />

Nel 1979 muoiono a distanza di pochi giorni Cesare <strong>Cassina</strong> e Gio Ponti, e con loro scompare<br />

un modo di vedere il mondo e di interpretarlo. Si apre inevitabilmente all’interno della<br />

<strong>Cassina</strong> una fase delicata di assestamento, dove i ruoli di Franco <strong>Cassina</strong> e di Rodrigo Rodri-<br />

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Sale di lettura, di bar, o di ristoranti, fu<br />

l’esplosione di vitalità che caratterizzò<br />

gli anni. Sale di lettura, di bar, o di<br />

ristoranti, fu l’esplosione di vitalità che<br />

caratterizzò gli anni.<br />

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quez si compatteranno per condurre in nuovi mercati, soprattutto internazionali, le grandi potenzialità<br />

raccolte nel decennio precedente. A partire dal 1990 circa il 70% del fatturato dell’azienda<br />

proviene dall’esportazione, una percentuale che nel 1971 corrispondeva alla quota<br />

del mercato nazionale.<br />

Anche questa dimensione sempre più internazionale induce l’azienda a fare delle riflessioni<br />

strategiche maggiormente rivolte ai caratteri “fluttuanti” e “trascendenti” della produzione<br />

in epoca postmoderna, come ci spiega molto bene Clino Trini Castelli nel suo saggio<br />

dedicato alla storia dei materiali nell’intera evoluzione del percorso <strong>Cassina</strong>. In questo fluttuante<br />

mondo di valori affettivi e intimisti, troveranno spazio le diverse e molteplici visioni<br />

di un paesaggio domestico totalmente destrutturato come quello proposto da Andrea Branzi<br />

(intervistato per l’occasione), dove gli elementi di arredo vogliono rivendicare un’autonomia<br />

culturale rispetto all’insieme, come presenze carismatiche dotate di una forte personalità. A<br />

questo nuovo paesaggio delineato dal catalogo <strong>Cassina</strong> della fine degli anni ottanta e della prima<br />

metà degli anni novanta partecipano con le loro diverse sensibilità i prodotti disegnati da<br />

Massimo Morozzi, Gaetano Pesce, ma anche quelli proposti da Gianfranco Frattini, Achille Castiglioni,<br />

Sottsass <strong>Associati</strong>, Paolo Rizzato, Massimo Josa Ghini (non c’è), Piero De Martini e<br />

molti altri. Anche in questo caso soffermarsi con una descrizione, sia pur breve, sui numerosi<br />

e interessanti pezzi realizzati in questo periodo in <strong>Cassina</strong> risulterebbe troppo lungo per lo<br />

spazio di un saggio introduttivo, e pertanto si rimanda il lettore alle diverse schede preparate<br />

per presentare tutti questi percorsi progettuali. Tuttavia è evidente che oggetti come le poltrone<br />

i Feltri di Pesce, il divano Hilly di Achille Castiglioni oppure il sistema di tavolini Tangram<br />

di Morozzi, costituiscono modelli di riferimento e di tendenza di quegli anni.<br />

Nel frattempo l’azienda, dopo alcuni passaggi in cui si è offuscata una certa dinamicità imprenditoriale<br />

e propositiva, conosce negli anni novanta una fase di stasi legata anche all’ingresso<br />

di una poco animata società di controllo esterna. Dopo questo periodo di conduzione, verrebbe<br />

da dire in apnea, recentemente <strong>Cassina</strong> ha ricevuto un’iniezione ricostituente grazie all’acquisizione<br />

nel gruppo Frau, che di fronte alle sfide dei grandi mercati internazionali si propone di fare<br />

sistema con una pregevole gamma di aziende raccolte in questo gruppo: quali Cappellini, Alias,<br />

Gufram, Thonet, e naturalmente <strong>Cassina</strong> individuata come presenza leader di riferimento.<br />

Sale di lettura, di bar, o di ristoranti, fu<br />

l’esplosione di vitalità che caratterizzò<br />

gli anni.<br />

In un clima incerto e fluido dove nuove realtà produttive estremamente flessibili intercettano<br />

visioni che provengono sempre più spesso da centri di propulsione culturale internazionali,<br />

si conferma che la forza del design italiano è ancora radicata al territorio soprattutto grazie<br />

alla “qualità del fare” contenuta nel percorso evolutivo di alcune società di riferimento, quale<br />

è appunto <strong>Cassina</strong>. Una “qualità del fare”, che non è da leggersi solo nell’aspetto tradizionale,<br />

ancora validissimo, del buon lavoro “a regola d’arte”, ma è soprattutto da riferirsi a quel<br />

valore aggiunto depositato nel condensato di un laboratorio di ricerca teso soprattutto a percepire<br />

i segnali premonitori di nuovi stili di vita, dei quali la <strong>Cassina</strong> è sempre stata interprete<br />

e protagonista. Fra l’altro riemerge sempre più forte quella esperienza di progetto coordinato<br />

e su misura per grandi commesse, che oggi viene compreso sotto la denominazione di “contract”,<br />

che costituisce, con nuove prospettive, uno dei campi di maggior interesse per lo sviluppo<br />

di nuove sinergie tra la produzione di oggetti e le nuove strategie dei grandi sistemi<br />

immobiliari, oppure anche del rilanciatissimo sistema cantieristico-navale. Di questa prospettiva,<br />

ancora molto aperta e tutta da investigare, discute con grande acutezza Andrea Branzi<br />

nel suo saggio dedicato appunto alla nuova visione strategica del furniture design.<br />

Si arriva così alla fine degli anni novanta del XX secolo, sino a comprendere i giorni nostri<br />

del primo decennio del XXI (che qualcuno preferisce già chiamare terzo millennio), quando<br />

nuove generazioni di progettisti vengono a incontrasi con il modello <strong>Cassina</strong>, e si determinano<br />

nuove visioni: l’istrionico e metaprogettuale Philippe Starck, protagonista indiscusso del design<br />

degli anni novanta, individua per il nuovo millennio una serie di questioni centrali legate<br />

alla condizione dell’uomo contemporaneo nel sempre più frammentato e trasversale abitare<br />

domestico-nomadico che contraddistingue in particolare certe fasce di élite sociale; l’essenziale<br />

e rigoroso Piero Lissoni si propone di trovare un punto di equilibrio armonico tra “forma<br />

solidale” e “forma fluttuante” (sempre citando Clino Trini Castelli) in grado di offrire un<br />

paesaggio domestico “aperto”, efficiente e rassicurante, volendo sfuggire a qualsiasi forma di<br />

condizionamento formale preconcetto e limitativo. Per conoscere i pensieri e le pratiche di<br />

questi due autori abbiamo trascritto nel libro i passaggi più interesanti di conversazioni fatte<br />

con ciascuno di loro.<br />

A questo nuovo orizzonte di vedute, aperte sul divenire dello scenario espressivo e culturale<br />

della casa come luogo che contiene polarità in continua mutazione, a seconda dei ritmi<br />

che segnano i tempi di uso e di vita dei diversi spazi e oggetti in essi contenuti, si esercitano,<br />

inoltre, con diverse tecniche e sensibilità, le sintetiche ricerche plastiche di Rodolfo Dordoni,<br />

le fluide forme avvolgenti di Jean Marie Massaud, le tese forme plastiche o geometriche di<br />

Hannes Wettstein, la galassia di oggetti gravitazionali di Patrick Jouin e i corpi compatti e aniconici<br />

di Jehs + Laub.<br />

Il deposito di ricerche ed esperienze praticate in ottant’anni dalla <strong>Cassina</strong>, continua a pulsare<br />

nel suo cuore, ma nuove sfide industriali e commerciali impongono nuovi orizzonti creativi<br />

e produttivi che sappiano anche sciogliere i lacci che a volte la storia, se si fa nostalgia,<br />

rischia di stringere. Per tutto ciò che abbiamo sin qui raccontato vale quindi il discorso che la<br />

storia vive se sa essere letta come uno strumento di progetto, e in quanto tale atto a stimolarci<br />

a guardare al passato come a un “ambiente” vivo con cui continuamente confrontarci,<br />

ma mai a guardarci indietro come a cercare un modello cristallizzato da perpetuare con l’idea<br />

di un mito irraggiungibile.<br />

1 P.C. Santini, Gli anni del design italiano. Ritratto di Cesare <strong>Cassina</strong>, Milano 1981.<br />

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