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tecniche chirurgiche attuali nel carcinoma vulvare - MNL Publimed

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Riv. It. Ost. Gin. - 2007 - Vol. 15 - Tecniche <strong>chirurgiche</strong> <strong>attuali</strong> <strong>nel</strong> <strong>carcinoma</strong> <strong>vulvare</strong><br />

L. Micheletti et al. pag. 727<br />

Tecniche <strong>chirurgiche</strong> aTTuali <strong>nel</strong> <strong>carcinoma</strong> <strong>vulvare</strong><br />

Leonardo Micheletti, Federica Barberis<br />

Dipartimento di Discipline Ginecologiche ed Ostetriche Università di Torino<br />

Indirizzo per corrispondenza: Prof. Leonardo Micheletti<br />

Dipartimento di Discipline Ginecologiche ed Ostetriche Università di Torino<br />

Largo Mentana 11, 10133 Torino (TO) Italia<br />

tel: +39 011 3135879; fax: +39 011 6600252; e-mail: l.micheletti@libero.it<br />

ABSTRACT<br />

The aim of this review is to give an overview of the surgical management of Squamous Cell Carcinoma (SCC) of the vulva. Today the majority<br />

of patients with vulvar SCC can be safely treated by radical wide local excision or partial vulvectomy and bilateral inguinofemoral lymphadenectomy<br />

with triple incision technique avoiding the more aggressive classic radical vulvectomy with en bloc inguinofemoral lymphadenectomy. The<br />

groin lymphadenectomy should be a complete inguinofemoral lymphadenectomy with removal of at least all superficial lymphnodes and all<br />

medial deep femoral lymphnodes preferentially with preservation of femoral fascia or fascia lata. Unilateral groin lymphadenectomy, according<br />

to some authors, can be performed in patients with a lateralized tumor; however some controversies still exist regarding a universally accepted<br />

definition of laterality, and the role played by the tumor dimension, stromal depth invasion and capillary space like involvement. Finally, the<br />

senti<strong>nel</strong> node procedure is a promising conservative technique, but since its safety has not been proven yet, it should not be considered in the<br />

standard surgical approach to SCC of the vulva.<br />

Key words: invasive vulvar <strong>carcinoma</strong>; conservative surgery.<br />

RIASSUNTO<br />

Lo scopo di questo lavoro è fornire un aggiornamento sulle <strong>tecniche</strong> di chirurgia conservativa del <strong>carcinoma</strong> invasivo della vulva. Allo stato<br />

attuale la vulvectomia radicale con linfoadenectomia inguinofemorale in blocco secondo Taussig e Way può essere sostituita dalla vulvectomia<br />

totale o settoriale radicale con linfoadenectomia inguinofemorale mediante triplice incisione. La linfoadenectomia inguinofemorale deve essere<br />

totale, ovvero rimuovere tutti i linfonodi superficiali e femorali profondi preferenzialmente mediante preservazione della fascia femorale o fascia<br />

lata. Secondo alcuni Autori in presenza di un tumore laterale si può eseguire una linfoadenectomia inguinale monolaterale. Tuttavia, il mancato<br />

consenso sui parametri istopatologici del tumore primitivo (profondità di invasione, diametro e interessamento degli spazi capillaro simili) e<br />

la imprecisa definizione di quando un tumore debba essere considerato “laterale” , rendono tale proposta chirurgica una variante conservativa<br />

non ancora utilizzabile come approccio standard. Infine la metodica della biopsia del linfonodo senti<strong>nel</strong>la, nonostante sia molto promettente,<br />

necessita ancora di ulteriore sperimentazione e definizione accurata prima di entrare <strong>nel</strong>l’approccio chirurgico standard del <strong>carcinoma</strong> invasivo<br />

della vulva.<br />

Parole chiave: <strong>carcinoma</strong> invasivo <strong>vulvare</strong>; chirurgia conservativa.<br />

InTrodUzIone<br />

Le <strong>tecniche</strong> <strong>chirurgiche</strong> <strong>attuali</strong> per il trattamento del <strong>carcinoma</strong> invasivo<br />

della vulva sono il risultato di una nuova “filosofia oncologica” che a<br />

partire dal 1980 circa propone una differente interpretazione del termine<br />

“radicale”, conferendogli più un significato concettuale che strettamente<br />

tecnico di grande chirurgia demolitiva.<br />

Un esempio esplicativo di questo concetto è la conizzazione per <strong>carcinoma</strong><br />

in situ della portio uterina che può essere considerata un “intervento<br />

radicale” in termini di eradicazione della neoplasia ma chiaramente conservativo<br />

nei confronti dell’organo in cui è comparsa la neoplasia.<br />

Sull’onda di questa nuova filosofia oncologica, anche <strong>nel</strong> trattamento<br />

del <strong>carcinoma</strong> invasivo della vulva vengono proposte modificazioni <strong>chirurgiche</strong><br />

conservative e personalizzate che riguardano il tipo di incisione<br />

cutanea, il tempo della vulvectomia, ed il tempo della linfoadenectomia<br />

inguino- femorale.<br />

Tuttavia, ogni tentativo di deviare dall’approccio chirurgico standard,<br />

consolidato come miglior atteggiamento in termini di guarigione e sopravvivenza,<br />

necessita di una corretta conoscenza della storia naturale della<br />

neoplasia, di una corretta stadiazione clinico-chirurgica e di una precisa<br />

conoscenza anatomica delle strutture coinvolte, al fine di attuare un trattamento<br />

conservativo e personalizzato ma oncologicamente radicale.<br />

eLemenTI dI STorIA nATUrALe<br />

e STAdIAzIone<br />

Il <strong>carcinoma</strong> squamoso della vulva è caratterizzato da una crescita prevalentemente<br />

loco-regionale per cui a seconda del punto di insorgenza può


Tecniche <strong>chirurgiche</strong> <strong>attuali</strong> <strong>nel</strong> <strong>carcinoma</strong> <strong>vulvare</strong> - pp. 727-732 L. Micheletti et al.<br />

pag. 728<br />

interessare, il meato uretrale esterno, il vestibolo vaginale, o l’ano anche<br />

con tumore primitivo (T) di dimensioni non superiori ai 2-4 cm. La disseminazione<br />

metastatica è prevalentemente linfatica, rara è quella ematogena<br />

e quasi esclusivamente di pertinenza degli stadi avanzati.<br />

La prima stazione linfonodale è rappresentata dall’inguine, ove sono localizzati<br />

i linfonodi inguino-femorali. Da qui la linfa procede ai linfonodi<br />

pelvici superficiali (iliaci esterni, iliaci interni e iliaci comuni), quindi ai<br />

pelvici profondi (iliaci interni ed otturatori). E’ oramai acquisito e dimostrato<br />

che non esistono metastasi linfonodali pelviche in assenza di metastasi<br />

inguino-femorali. Quindi l’affermazione, talvolta ancora riportata in<br />

alcuni testi, che i tumori centrali (in sede clitoridea) drenano direttamente<br />

ai linfonodi pelvici saltando la stazione inguinale è falsa (1).<br />

La F.I.G.O. <strong>nel</strong> 1969 ha proposto la prima stadiazione clinica del <strong>carcinoma</strong><br />

invasivo della vulva. Tuttavia sulla base di studi che avevano dimostrato<br />

come la valutazione clinica dei linfonodi inguino-femorali fosse<br />

inaccurata <strong>nel</strong> 30% circa dei casi (2,3,4) <strong>nel</strong> 1988 la F.I.G.O. propone<br />

una nuova stadiazione clinico-chirurgica che riconosce alla linfoadenectomia<br />

inguino-femorale un fondamentale ruolo stadiativo e prognostico (5).<br />

F.I.G.O.<br />

Nel 1994 la F.I.G.O., recepite anche le raccomandazioni della I.S.S.V.D.<br />

(International Society for the Study of Vulvar Disease) di distinguere in<br />

base alla profondità di invasione del T,uno stadio Ia (6), pubblica la stadiazione<br />

(Tab.I) che a tutt’oggi è in vigore ed annulla tutte le precedenti (7).<br />

Viene definito come stadio Ia o <strong>carcinoma</strong> superficialmente invasivo della<br />

vulva una lesione singola del diametro ≤ 2 cm con profondità di invasione<br />

≤ 1 mm e con regioni inguinali clinicamente negative.<br />

La profondità di invasione va definita come la distanza che intercorre<br />

tra la giunzione epitelio-stromale della papilla dermica più superficiale<br />

adiacente al tumore ed il punto più profondo di invasione del tumore<br />

stesso. Indagini strumentali quali la cistoscopia, la rettoscopia, la TAC<br />

addomino-pelvica e l’urografia vengono riservate solamente a pazienti<br />

selezionate in cui vi sia il fondato sospetto clinico di interessamento di<br />

organi vicini alla neoplasia. La TAC pelvica può essere utile per quelle<br />

pazienti che presentano metastasi inguino-femorali clinicamente evidenti<br />

e che saranno candidate alla radioterapia pelvica, in quanto questo esame<br />

potrà essere utilizzato <strong>nel</strong> follow-up della paziente.<br />

Tabella I. Carcinoma invasivo della vulva – stadiazione clinico- chirurgica 1994<br />

STAdIo deFInIzIone Tnm<br />

0 Carcinoma in situ- VIN III T is<br />

Ia<br />

Ib<br />

II<br />

III<br />

IV A<br />

IV B<br />

Tumore di ∅ ≤ 2 cm confinato alla vulva e/o<br />

perineo, invasione stromale ≤1 mm, assenza di<br />

MTS linfonodali<br />

Tumore di ∅ ≤ 2cm confinato alla vulva e/o<br />

perineo, invasione stromale > 1 mm, assenza di<br />

MTS linfonodali<br />

Tumore di ∅ > 2 cm confinato alla vulva e/o<br />

perineo, assenza di MTS linfonodali<br />

Tumore di qualunque ∅ con:<br />

interessamento uretra e vagina e/o ano e/o MTS<br />

linfonodali inguinali monolaterali<br />

Tumore che invade le seguenti strutture: uretra<br />

superiore mucosa vescicale- rettale ossa pelviche e/o<br />

MTS linfonodali inguinali bilaterali<br />

MTS a distanza, ivi comprese le MTS linfonodali<br />

pelviche<br />

eLemenTI dI TermInoLogIA e AnATomIA<br />

ChIrUrgICA<br />

A metà degli anni ’90 Levenback e coll (8) avevano chiaramente puntualizzato<br />

l’esistenza di una importante confusine <strong>nel</strong>la definizione delle<br />

<strong>tecniche</strong> <strong>chirurgiche</strong> conservative, dovuta principalmente ad un mancato<br />

accordo su una corretta terminologia e conoscenza anatomica. A seguito<br />

di questo problema emergente il nostro gruppo pubblicò <strong>nel</strong> 1998 (9)<br />

un lavoro che definiva punti e strutture anatomiche dell’area <strong>vulvare</strong> ed<br />

inguinale la cui conoscenza è indispensabile non solo per un corretto<br />

approccio chirurgico ma anche per una buona comunicazione terminologica.<br />

Riguardo all’area <strong>vulvare</strong> di fondamentale importanza chirurgica è la fascia<br />

perineale media, nota anche come diaframma urogenitale, in quanto<br />

rappresenta il limite profondo della dissezione chirurgica. Tra la fascia<br />

perineale media e la fascia superficialis o fascia di Colles sono alloggiate<br />

strutture (corpi cavernosi, ghiandole del Bartholin, muscoli ischiocavernosi<br />

e bulbo spongiosi, uretra membranosa) che devono essere asportate<br />

quando si deve procedere ad una chirurgia radicale in presenza di una<br />

neoplasia francamente invasiva. Mentre in presenza di una neoplasia<br />

intraepiteliale o superficialmente invasiva (stadio Ia) si può fermare la<br />

dissezione alla fascia superficialis.<br />

Per quanto concerne la disposizione dei linfonodi <strong>nel</strong>l’area inguinale o<br />

triangolo di Scarpa, la definizione anatomotopografica che meglio risponde<br />

alle esigenze <strong>chirurgiche</strong> è quella che divide i linfonodi superficiali<br />

(disposti al di sopra del piano della fascia femorale) in un gruppo<br />

inguinale lungo il legamento inguinale ed in un gruppo femorale superficiale<br />

lungo il decorso della vena safena, dai linfonodi femorali profondi.<br />

Relativamente alle controversie tra anatomici e chirurghi sulla disposizione<br />

dei linfonodi femorali profondi, una rivisitazione anatomica (9)<br />

ed embriologica (10) ha dimostrato, in accordo con tutti i trattati di<br />

anatomia, che i linfonodi femorali profondi si trovano sempre e solo <strong>nel</strong><br />

contesto della fossa ovale e solo medialmente alla vena femorale. Non<br />

esistono linfonodi al di sotto della fascia femorale, lateralmente ai vasi<br />

femorali e distalmente al margine inferiore della fossa ovale.<br />

Infine è stato recentemente dimostrato che non esistono linfonodi lateralmente<br />

ai vasi circonflessi iliaci superficiali, per<br />

cui questi rappresentano il limite topografico-chirurgico<br />

lungo il legamento inguinale oltre il quale<br />

non è necessario prolungare la dissezione chirurgica<br />

(11).<br />

T1a N0 M0<br />

T1b N0 M0<br />

T2 N0 M0<br />

T3 N0 M0<br />

T1 N1 M0<br />

T2 N1 M0<br />

T3 N1 M0<br />

T1 N2 M0<br />

T2 N2 M0<br />

T3 N2 M0<br />

T4 N1-2 M0<br />

T1-2-3 N0-1-2 M1<br />

Legenda: T = Tumore primitivo, N0 = Assenza istologica di metastasi (MTS) linfonodali, N1 = Presenza<br />

istologica di MTS linfonodali monolaterali, N2 = Presenza istologica di MTS linfonodali bilaterali<br />

eLemenTI dI STorIA<br />

deLL’APProCCIo ChIrUrgICo<br />

CLASSICo<br />

Non si possono prendere in esame le proposte di<br />

chirurgia conservativa senza un breve cenno sulla<br />

chirurgia radicale classica e la sua storia.<br />

Antoine Basset <strong>nel</strong> 1912 propose la dissezione in<br />

blocco della vulva, dei linfonodi regionali inguinali<br />

e pelvici <strong>nel</strong> trattamento del <strong>carcinoma</strong> invasivo<br />

della vulva (12). Negli anni ’40 questo tipo<br />

di approccio fu applicato su larga scala da Way in<br />

Inghilterra (13) e da Taussig negli Stati Uniti (14).<br />

Questi autori ottennero con la vulvectomia radicale<br />

associata alla linfoadenectomia inguino-femorale<br />

e pelvica una sopravvivenza a cinque anni<br />

del 60-70% rispetto ad una sopravvivenza del 20-<br />

25% delle pazienti sottoposte solo a vulvectomia.


Riv. It. Ost. Gin. - 2007 - Vol. 15<br />

Sulla base di questi risultati l’intervento di Way e Taussig, fino alla fine<br />

degli anni ’70, rappresentò il trattamento di scelta per il <strong>carcinoma</strong> invasivo<br />

della vulva.<br />

L’intervento classico di Way consiste in un’ampia escissione a farfalla che<br />

prevede l’asportazione del tessuto linfoadiposo inguinale-pelvico e delle<br />

strutture vulvari in blocco. Il tempo della linfoadenectomia inguinofemorale<br />

comprende: l’incisione della fascia del muscolo sartorio lateralmente<br />

con totale asportazione del tessuto linfoadiposo del triangolo<br />

dello Scarpa comprendente un tratto della safena, il denudamento del<br />

fascio vasculo-nervoso femorale e procedendo medialmente l’asportazione<br />

della fascia del muscolo grande adduttore. A protezione dei vasi<br />

femorali viene consigliata la traslocazione in senso mediale del muscolo<br />

sartorio mediante disinserzione del suo capo prossimale e sutura al legamento<br />

inguinale.<br />

Il tempo <strong>vulvare</strong> prevede l’asportazione dell’intera regione <strong>vulvare</strong> giungendo<br />

in profondità fino alla fascia perineale media. A questi due tempi<br />

chirurgici viene abbinata contemporaneamente anche la linfoadenectomia<br />

pelvica.<br />

L’accesso ai linfonodi pelvici avviene generalmente con una incisione a<br />

partenza dal legamento inguinale con direzione craniale e lungo i vasi<br />

femorali per via extrapelvica.<br />

Dopo aver utilizzato la linfoadenectomia pelvica di routine, lo stesso<br />

Way, rivalutando la propria casistica, osservò che rarissime erano le metastasi<br />

linfonodali pelviche in assenza di quelle inguino-femorali (15).<br />

Alla stessa conclusione giunse anche una revisione della letteratura su<br />

più di 1500 casi (16). Inoltre l’osservazione che solo il 5% circa di tutti<br />

i carcinomi invasivi vulvari mostra metastasi pelviche (17,18,19) e che<br />

solo <strong>nel</strong> 20% circa di questi casi la linfoadenectomia pelvica è in grado<br />

di eradicare la malattia (17,19-21) ha portato Thomas e coll. a calcolare<br />

che la linfoadenectomia pelvica eseguita indistamente a tutte le pazienti<br />

portrebbe un beneficio in termini di migliorata sopravvivenza, pari solo<br />

all’1% (20% del 5%); mentre se venisse eseguita solo <strong>nel</strong>le pazienti con<br />

linfonodi inguinali metastatici, che rappresentano circa il 15-20% di<br />

tutti i casi, porterebbe ad un beneficio pari al 4% (20% del 15-20% con<br />

linfonodi inguinali positivi) (22). Anche in quest’ultimo caso il costo<br />

clinico, in termini di rischi e complicanze, della linfoadenectomia pelvica<br />

viene considerato troppo alto per cui la maggior parte degli Autori<br />

preferisce sostituire al tempo chirurgico pelvico la radioterapia pelvica in<br />

presenza di linfonodi inguinali metastatici (22-23).<br />

Tuttavia questo tipo di intervento benché privato della linfoadenectomia<br />

pelvica rimase pur sempre gravato da un alto tasso di complicanze<br />

sia sotto forma di mortalità perioperatoria (18-19,24) che di morbilità<br />

fisica e psicologica (25-26) per cui a partire dagli anni ’80 in letteratura<br />

comparvero i primi studi che proposero un approccio chirurgico più<br />

conservativo (17, 27-33).<br />

FondAmenTI deLL’APProCCIo<br />

ChIrUrgICo ConSerVATIVo<br />

Le proposte di un approccio chirurgico più conservativo riguardano il tipo<br />

di incisione cutanea, il tempo <strong>vulvare</strong> ed il tempo inguino femorale.<br />

Tipo di incisione<br />

La frequente impossibilità di suturare i margini dell’incisione “a farfalla”<br />

secondo Way, unitamente all’alta percentuale di deiscenza della sutura<br />

nonché al danno psicologico derivante da questa tecnica alquanto mutilante,<br />

ha portato alcuni Autori (27, 34-35) a rivalutare le incisioni separate<br />

per il tempo inguinale <strong>vulvare</strong>, proposte per la prima volta già <strong>nel</strong><br />

1930 da Stoeckel (36).<br />

L’inutilità di un ampia asportazione cutanea come momento importante<br />

di radicalità oncologica veniva dimostrata già <strong>nel</strong> 1960 da Parry-Jones<br />

pag. 729<br />

con uno studio sul drenaggio linfatico della regione vulvo-perineale (37).<br />

Pertanto negli anni successivi, pur mantenendo il concetto della dissezione<br />

in blocco, veniva ridotta l’area di cute asportata modificando le linee<br />

di incisione. Ulteriore evoluzione è stato l’utilizzo di incisioni cutanee<br />

separate per i tempi inguinali e vulvari.<br />

Questo approccio, quando applicato a tutti gli stadi di <strong>carcinoma</strong>, ha<br />

portato ad un aumento significativo di recidiva fatale sia <strong>nel</strong> tratto di<br />

cute preservata tra vulva ed inguine che <strong>nel</strong>l’inguine stesso (38). Per cui<br />

attualmente si ritiene che le incisioni separate debbano essere utilizzate<br />

solamente in presenza di neoplasie vulvari agli stadi iniziali e con inguini<br />

clinicamente indenni (39).<br />

Tempo <strong>vulvare</strong><br />

Il razionale dell’impiego di <strong>tecniche</strong> più conservative (tumorectomia,<br />

ampia escissione, vulvectomia settoriale o emivulvectomia) si fonda su<br />

dati della letteratura che indicano come il fattore predittivo più importante<br />

per la comparsa di recidiva locale sia un margine di resezione libero<br />

da tumore di non meno di 1 cm (22, 40).<br />

Secondo alcuni Autori, infatti, rispettando tale indicazione si possono<br />

sottoporre a tumorectomia o emivulvectomia non solo lesioni al I, ma<br />

anche al II stadio (28-29, 41-43). Il rischio di recidiva locale dipende anche<br />

dalla tendenza alla multicentricità del <strong>carcinoma</strong> <strong>vulvare</strong> che secondo<br />

alcuni Autori varia dal 20 al 28% dei casi (44-46). Per questo motivo<br />

Hacker consiglia di riservare l’approccio chirurgico conservativo a lesioni<br />

unificali, a localizzazione laterale, insorte in donne non eccessivamente<br />

anziane, e che non presentino alterazioni neoplastiche intraepiteliali e /o<br />

dermatosiche associate alla neoplasia invasiva (41).<br />

Tempo inguino femorale<br />

L’omissione della lifoadenectomia inguinale proposta da alcuni Autori, in<br />

presenza di carcinomi con diametro ≤ 2cm e profondità di invasione<br />

stromale ≤ 5 mm (47-49) viene oggi utilizzata solamente in presenza di<br />

tumori con invasione stromale ≤ 1 mm (41).<br />

Il razionale della linfoadenectomia inguinale selettiva o superficiale <strong>nel</strong><br />

trattamento dei carcinomi al I Stadio e con invasione stromale ≤ 5 mm<br />

è stato definitivamente da uno studio del G.O.G. che ha dimostrato una<br />

frequenza di recidiva inguinale pari al 7% <strong>nel</strong>le pazienti sottoposte a linfoadenectomia<br />

selettiva o superficiale rispetto allo 0% di quel e sottoposte<br />

a linfoadenectomia totale (50).<br />

L’impiego della linfoadenectomia monolaterale si basa sull’osservazione<br />

di alcuni Autori che in presenza di tumori unilaterali al I stadio non<br />

esistono quasi mai metastasi linfonodali inguino-femorali controlaterali<br />

in assenza di metastasi omolaterali (32,48-49,51-52). Più avanti <strong>nel</strong> testo<br />

verrà approfondita questa opzione terapeutica evidenziando le controversie<br />

ancora non risolte.<br />

TeCnIChe ChIrUrgIChe ATTUALI<br />

L’attuale orientamento chirurgico al <strong>carcinoma</strong> invasivo della vulva si<br />

basa su un approccio conservativo e personalizzato i cui capisaldi possono<br />

essere così riassunti e specificati:<br />

1) L’incisione cutanea unica può essere sostituita da incisioni separate<br />

in presenza di neoplasie ai primi stadi e quindi con inguini clinicamente<br />

indenni (39, 53-54).<br />

2) La vulvectomia totale può essere sostituita, in base ad alcune caratteristiche<br />

cliniche del tumore (diametro e focalità) e della vulva (dimensione<br />

e presenza di eventuale dermatosi), dalla tumorectomia o<br />

ampia escissione o emivulvectomia/vulvectomia settoriale, purché<br />

la dissezione arrivi in profondità fino al piano della fascia perineale<br />

media o diaframma urogenitale e vengano mantenuti margini liberi<br />

da neoplasia non inferiori ad 1 cm (38, 42-43).


Tecniche <strong>chirurgiche</strong> <strong>attuali</strong> <strong>nel</strong> <strong>carcinoma</strong> <strong>vulvare</strong> - pp. 727-732 L. Micheletti et al.<br />

pag. 730<br />

3) La linfoadenectomia pelvica può essere sostituita dalla radioterapia<br />

in base alla osservazione che circa il 20-30% delle pazienti con <strong>carcinoma</strong><br />

invasivo della vulva presenta metastasi linfonodali inguinali<br />

mentre solo il 5% mostra metastasi linfonodali pelviche (2,17-19).<br />

Si può preferire la via chirurgica alla radioterapia in presenza di una<br />

eventuale tumefazione linfonodale pelvica isolata chiaramente dimostrabile<br />

alla TAC o RMN. In questo caso l’approccio chirurgico<br />

pelvico serve a ridurre la massa tumorale linfonodale per favorire<br />

l’azione terapeutica di una successiva irradiazione.<br />

4) La linfoadenectomia inguino-femorale deve essere totale o completa,<br />

con la rimozione di tutti i linfonodi superficiali e profondi, e bilaterale.<br />

E’ oramai dimostrato che la totale rimozione dei linfonodi<br />

inguinofemorali è fattibile anche con la preservazione della fascia<br />

femorale o fascia lata (55).<br />

Questa tecnica permette una riduzione dell’aggressività chirurgica con<br />

conseguente diminuzione di incidenza delle maggiori complicanze<br />

post-operatorie, pur mantenendo la radicalità oncologica della tecnica<br />

classica secondo Way (55).<br />

Secondo alcuni Autori in presenza di un tumore laterale si può eseguire<br />

una linfoadenectomia monolaterale (22, 28, 31, 50). Gli stessi<br />

Autori discordano tuttavia sui criteri di inclusione quali il diametro<br />

del tumore, la profondità di invasione e l’interessamento degli spazi<br />

capillaro simili. Infatti Burke e coll. (28) utilizzano questa variante<br />

chirurgica per tumori di diametro fino a 6 cm e profondità di invasione<br />

anche > 5 mm, mentre il G.O.G. (50) e Hoffman e coll.<br />

(31) la sconsigliano per neoplasie di diametro > 2 cm e profondità<br />

di invasione > 5 mm o in presenza di interessamento degli spazi<br />

capillaro simili.<br />

Il mancato consenso sui parametri istopatologici del tumore primitivo<br />

(profondità di invasione, diametro, interessamento degli spazi<br />

rIFerImenTI BIBLIogrAFICI<br />

capillaro simili) e la imprecisa definizione di quando un tumore<br />

debba essere considerato “laterale” rendono la linfoadenectomia inguinale<br />

monolaterale una variante conservativa a nostro avviso non<br />

utilizzabile come approccio standard.<br />

ProSPeTTIVe FUTUre<br />

A conclusione di questa trattazione si vuole accennare brevemente a<br />

metodiche di stadiazione linfonodale non invasive o mini invasive che<br />

potrebbero contribuire a ridurre l’applicazione della linfoadenectomia<br />

inguino femorale completa, ad oggi irrinunciabile per la sua funzione<br />

stadiativa, prognostica e terapeutica.<br />

Al momento attuale i risultati delle <strong>tecniche</strong> ultrasonografiche (56-57)<br />

e della PET (58) sono deludenti. Anche l’agobiopsia linfonodale sotto<br />

guida ecografia, per la stretta dipendenza dall’abilità dell’operatore e per<br />

la difficile riproducibilità, non ha trovato diffusione <strong>nel</strong>la pratica clinica<br />

(59).<br />

Interessanti ma ancora sperimentali sono i risultati di un lavoro in cui<br />

la RMN ha mostrato una sensibilità del 40-50% con una specificità del<br />

90-100% <strong>nel</strong> segnalare la presenza di linfonodi metastatici (60). Sempre<br />

secondo dati ancora sperimentali sembra che la tecnica di linfografia con<br />

RMN mediante utilizzo di particelle ultrapiccole supermagnetiche di ossido<br />

di ferro possa in futuro migliorare la sensibilità e la specificità <strong>nel</strong>la<br />

dimostrazione di micrometastasi linfonodali (61-62).<br />

La metodica di stadiazione linfonodale più promettente al momento resta<br />

la tecnica della biopsia del linfonodo senti<strong>nel</strong>la. Nonostante il tasso<br />

di successo di questa tecnica sia molto alta (63-67), avvicinandosi al 100<br />

% di falsi negativi, concordiamo tuttavia con de Hullu e coll. (68) <strong>nel</strong><br />

ritenere che questa metodica non possa ancora far parte dell’approccio<br />

terapeutico standard, necessitando di ulteriore sperimentazione e definizione<br />

accurata.<br />

1. Micheletti L, Bogliatto F, Levi AC. Il problema del drenaggio linfatico. In Micheletti L, Bogliatto F, Levi AC: La linfoadenectomia inguino-femorale.<br />

Fondamenti embriologici, anatomotopografici, anatomochirurgici sulla preservazione della fascia femorale. CIC Edizioni Internazionali, Roma,<br />

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