nel nord ovest metropolitano - Federazione di Milano

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MILANO 

O 

POLITECNICO DI MILANO 

Facoltà di Architettura e Società 

Laboratorio di Urbanistica 

Prof. Giuseppe Boatti, Prof. Enrico Prevedello 

RELAZIONE ILLUSTRATIVA 

TUTORS: Prof. Arch. Osvaldo Lamperti 

Arch. Domenico Orlandi Arrigoni 

STUDENTI: Bonvecchio Matteo 207478 

Caligiuri Luigi 206955 

Ceccherini Marco 207840 

Ciuffi Davide 207479 

Dalle Carbonare Arianna 207415 

Livio Fabrizio 193800 

Raggi Sara 207967 

LA MOBILITA’ NEL NORD OVEST METROPOLITANO

______________________________________________________________________________I Comuni del Nord-Ovest Milanese 

I COMUNI DEL NORD-OVEST MILANESE 

Arese 

Popolazione: 18.740 abitanti 

Superficie: 6.53 km 2 

Densità di popolazione: 2929 ab/km 2 

Principali arterie stradali presenti: 

A 8/9 (Milano-Varese / Milano-Chiasso) 

SS N°233 (Varesina) 

SP N°150 (Rho-Arese) 

SP N°153 (Rho-Cusano Milanino) 

Bollate 





A 8 (autostrada dei laghi) 


SP N°46 (Rho-Monza) 


SP N°133 (Bollate-Lazzate) 

Cornaredo 


Superficie:19.96 km 2 



A 4 (Torino-Milano) 

SS N°11 (Padana Superiore) 

SP N°130 (San Pietro all’Olmo-Rho) 

SP N°162 (Gaggiano-San Pietro all’Olmo) 

SP N°172 (Baggio-Nerviano) 

1 

POGLIANO 

MILANESE 

VANZAGO 

PREGNANA 

MILANESE 

POGLIANO 

MILANESE 

VANZAGO 

PREGNANA 

MILANESE 

POGLIANO 

MILANESE 

VANZAGO 

PREGNANA 

MILANESE 

LAINATE 

CORNAREDO 

LAINATE 

CORNAREDO 

LAINATE 

CORNAREDO 

RHO 

SETTIMO 

MILANESE 

RHO 

SETTIMO 

MILANESE 

RHO 

SETTIMO 

MILANESE 

GARBAGNATE 

MILANESE 

ARESE 

PERO 

GARBAGNATE 

MILANESE 

ARESE 

PERO 

GARBAGNATE 

MILANESE 

ARESE 

PERO 

BOLLATE 

MILANO 

BOLLATE 

MILANO 

BOLLATE 

MILANO


Garbagnate Milanese 






SP N°119 (Garbagnate-Nova Milanese) 

SP N°133 (Bollate-Lazzate) 

Lainate 






SS N°33 (del Sempione) 

SP N°101 (Rho-Saronno) 

SP N°109 (Busto-Lainate) 

Pero 





A 4 (Torino-Varese) 


A 50 (tangenziale Ovest) 

Pregnana Milanese 




Principali arterie stradali presenti 


2 

POGLIANO 

MILANESE 

VANZAGO 

PREGNANA 

MILANESE 

POGLIANO 

MILANESE 

VANZAGO 

PREGNANA 

MILANESE 

POGLIANO 

MILANESE 

VANZAGO 

PREGNANA 

MILANESE 

POGLIANO 

MILANESE 

VANZAGO 

PREGNANA 

MILANESE 

LAINATE 

CORNAREDO 

LAINATE 

CORNAREDO 

LAINATE 

CORNAREDO 

LAINATE 

CORNAREDO 

RHO 

RHO 

RHO 

SETTIMO 

MILANESE 

SETTIMO 

MILANESE 

SETTIMO 

MILANESE 

RHO 

SETTIMO 

MILANESE 

GARBAGNATE 

MILANESE 

ARESE 

GARBAGNATE 

MILANESE 

ARESE 

PERO 

PERO 

GARBAGNATE 

MILANESE 

ARESE 

PERO 

GARBAGNATE 

MILANESE 

ARESE 

PERO 

BOLLATE 

MILANO 

BOLLATE 

MILANO 

BOLLATE 

MILANO 

BOLLATE 

MILANO



SP N°214 (Casorezzo-Arluno-Rho) 

SP N°239 (Sedriano-Vanzago-Rho) 

Rho 







E 35 (tangenziale Ovest) 


SP N°101 (Rho-Saronno) 

SP N°130 (San Pietro all’Olmo-Rho) 

SP N°150 (Rho-Arese) 




Vanzago 








SP N°229 (Arluno-Pogliano) 


3 

POGLIANO 

MILANESE 

VANZAGO 

PREGNANA 

MILANESE 

POGLIANO 

MILANESE 

VANZAGO 

PREGNANA 

MILANESE 

LAINATE 

CORNAREDO 

LAINATE 

CORNAREDO 

RHO 

SETTIMO 

MILANESE 

RHO 

SETTIMO 

MILANESE 

GARBAGNATE 

MILANESE 

ARESE 

PERO 

GARBAGNATE 

MILANESE 

ARESE 

PERO 

BOLLATE 

MILANO 

BOLLATE 

MILANO

____________________________________________________________________Un po’ di storia sui principali comuni dell’area 

UN PO’ DI STORIA …. 

Arese 

Con tutta probabilità il paese di Arese fu fondato nel 507 quando, dopo scorribande e 

saccheggi, una folta colonna di soldati ungari si stabilì in questa zona della Lombardia che 

chiamarono, in onore del loro re, Alessium. Per successive modifiche filologiche, Alessium 

divenne prima Arescium, quindi Aresium e, infine, Arexio e Arese. Questa la spiegazione 

data dallo storico Carlo Gianola. C'è però chi sostiene, come il Boselli e l'Olivieri, che il 

nome di Arese derivi da quello gentilizio romano di Arrius. Se sulla nascita del nome del 

paese persistono ancora dei dubbi, sulla storia le fonti documentali ci aiutano. Fino alla 

prima metà del Settecento Arese dipese direttamente dalla pieve di Trenno. Ma l'influenza 

di Bollate, alla cui pieve Arese viene in seguito aggregata, fu fortissima fin dall'inizio. 

Durante il Trecento il territorio fu sottoposto al dominio prima dei Visconti, quindi degli 

Sforza: questi ultimi, data la fertilità del terreno, ebbero il merito di incoraggiare la 

coltivazione del gelso. La successiva dominazione francese e poi spagnola, durata quasi 

due secoli, peggiorò l'economia del paese. Ma a partire dal Seicento un ruolo 

determinante fu giocato dalla famiglia comitale degli Arese. Le cose si mettono un po' 

meglio con l'arrivo degli austriaci, che intensificano la coltivazione del gelso e, di 

conseguenza, la produzione della seta. Nel 1891, dopo l'unità d'Italia, Arese entra a far 

parte del IX mandamento del circondario di Milano, che fa capo a Bollate. 

Nel 1926 viene fatto approntare il primo disegno dello stemma del paese, con il motto Ex 

gladis fruges, rappresentante su di un lato una tenda da campo barbarico, in ricordo della 

leggendaria fondazione, e dall'altro una spiga su fondo azzurro. 

Il 31 marzo 1946 si svolgono le prime elezioni amministrative democratiche cui 

partecipano tre liste: una socialcomunista, una democratica cristiana e una indipendente. 

La storia più recente del comune è profondamente segnata dalle vicende legate allo 

stabilimento dell’Alfa Romeo. All'inizio degli anni Sessanta l'Alfa Romeo si trasferisce dal 

Portello di Milano ad Arese. La famosa Giulia nasce ad Arese nel 1962: si inizia con la 

sola carrozzeria e a poco a poco si trasferisce tutta la meccanica. Uno stabilimento 

moderno, progettato da architetti di primo piano (significativo il Centro tecnico progettato 

dal famoso architetto Cardella), con una capacità produttiva potenziale attorno alle 150 

4


mila vetture all'anno e che occupa una superficie di circa due milioni e mezzo di metri 

quadrati. 

Con Giuseppe Luraghi, presidente dell'Alfa Romeo, gli anni '60 fino alla metà degli anni '70 

rappresentano un periodo di forte sviluppo produttivo e occupazionale. I dipendenti, fra 

operai e impiegati, sono circa 20.000. Con la crisi petrolifera del 1973 e l'estromissione di 

Luraghi nel '74, inizia un periodo difficile che, fra alti e bassi, porterà all'assorbimento 

dell'Alfa Romeo da parte della Fiat (1986). Con l'arrivo della Fiat in una prima fase le cose 

migliorano decisamente, sia sotto l'aspetto produttivo sia sotto quello occupazionale, ma 

con l'inizio degli anni '90 la strategia Fiat cambia. 

Inizia la crisi e la produzione dell'Alfa Romeo viene trasferita in altri stabilimenti del 

Marchio Fiat. Lo stabilimento ad Arese viene nel tempo fortemente ridimensionato in 

termine di produzione e di occupazione. 

L'area Alfa-Romeo è ora soggetto di progetti di reindustrializzazione da parte del C.R.A.A., 

resta comunque attivo e presente il museo storico della casa automobilistica è inserito in 

una palazzina di grande pregio architettonico studiata per questa finalità espositiva. 

Il museo si sviluppa su sei livelli con quattro sezioni tematiche che ospitano più di 100 

modelli. Una sezione è interamente dedicata alle auto prodotte dal 1910 ad oggi; un'altra 

agli studi stilistici e alle dream car; una terza al settore aeronautico e infine una quarta 

ospita modellini e trofei conquistati dai piloti in quasi novanta anni di attività. 

5


L'antica Vico Raudo 

Rho 

Rho è certamente uno dei comuni più antichi della Lombardia. 

L'origine del nome è incerta, infatti Raffaele Fagnani, nei "Commentari sulle famiglie 

milanesi", la fa risalire alla casata Rhaudense i cui antenati erano originari di Rodi. Altri 

fanno derivare il nome "Rho" da "Campi Raudi" dove il Console Mario sconfisse i Cimbri. 

Su un punto però concordano le diverse ipotesi, sull'origine sicuramente legata ai primi 

insediamenti celto-gallici stabilitisi nella Pianura Padana. 

Il primo documento nel quale si accenna a Rho risale all'anno 846: con la dicitura "Vico 

Raudo" vengono indicate un gruppo di abitazioni circondate da terre coltivate. 

A seguito delle invasioni barbariche Rho subisce un periodo di declino. 

La successiva rinascita dell'antica borgata viene attribuita ai Longobardi e ai Franchi, e 

alcuni studiosi fanno risalire il nome "Rho" a questo periodo riferendosi all'etimo 

longobardo "rode" che stava ad indicare una nuova terra. Alcuni, invece, lo fanno derivare 

dal latino "raudum". 

Negli antichi documenti si trovano diversi nomi: Rhode, Rodo, Raude, Raudo, Rhaudum, 

Rò, Rhò. 

Intorno al 1000 Rho è un importante borgo medioevale che rivendica le sue libertà 

Comunali e vuole sottrarsi ai gruppi nobiliari dominanti. 

Veduta del borgo di Rho da una stampa del 1880 

Nel 1004 l'imperatore Enrico II, soggiornando a Rho, vi costituì una Corte di Giustizia, la 

decorò col titolo di Borgo, conferì il diritto di tenere il mercato settimanale, cosa che 

6


avviene ancora oggi ogni lunedì, e fece costruire un canale per l'irrigazione dei campi con 

l'acqua del fiume Olona. 

Nell'epoca gloriosa dei Comuni, Rho seguì le sorti della vicina Milano partecipando 

attivamente alla vita pubblica dello Stato Milanese. Così, nel periodo intercorrente tra il 

1130 e 1215 figurano ben 9 Consoli Rhodensi, primo dei quali è Arnaldo da Rho che 

apparteneva all'ordine dei Capitanei. 

Nel mese di maggio del 1160, l'Imperatrore Federico Barbarossa tornò una seconda volta 

nella pianura Padana per assediare Crema e Milano: durante queste lotte il borgo venne 

distrutto dal Barbarossa impegnato in un'offensiva contro Milano. 

La ricostruzione avvenne tuttavia in breve tempo, poiché una sentenza del 2 ottobre 1196, 

pronunciata a Milano dal Console Alberto da Marliano, precisa che in Rho vivevano i 

membri dell'antica famiglia dell'ordine dei Capitanei. 

Attorno al 1300 risale l'origine del primo Ospedale esistente in Rho, questo è confermato 

da un documento conservato all'Archivio dell'Ospedale Maggiore di Milano. Nel 1481 i 

beni dell'Ospedale furono acquistati dai frati Agostiniani del luogo Pio di Santa Maria del 

Pasquerio di Rho. 

Nel 1305 si ha notizia che un certo Cressone Crivelli con i suoi soldati tentò di impadronirsi 

di Rho e Nerviano: la reazione della popolazione fu tale da costringerlo a desistere 

dall'impresa. 

Nel 1313 Rho venne assediata dai Milanesi e i suoi abitanti furono uccisi o fatti prigionieri. 

In un documento di convocazione del 1406 si legge dell'esistenza di una "Universitas 

nobilium dicti loci de Raude". L'abbondanza di acqua e la fertilità dei campi che 

circondavano il borgo fecero sì che nell'alto Medioevo si stabilissero a Rho molte famiglie 

nobili ed anche ricche, le quali costruirono castelli e ville sontuose come il Palazzo e il 

Castello Visconti, tuttora esistenti, realizzati dal ramo di Brignano della nobile famiglia con 

signoria in Milano. 

Nel 1500 fu eretto il Convento dei frati Agostiniani, seguìto nei primi anni del seicento da 

quello dei Cappuccini, distrutti entrambi durante l'invasione napoleonica. 

Nel 1511 le piccole forze rhodensi furono sopraffatte e il borgo venne saccheggiato e 

distrutto dai Lanzichenecchi sotto il comando di Matteo Schinner. 

Seguì la dominazione spagnola particolarmente nefasta per tutto il Ducato di Milano, a cui 

si accompagnò la peste del 1570.Nel frattempo, anno 1538, Carlo V aveva concesso a 

Francesco Girami il feudo di Rho che tenne appena un anno passandolo subito ai Visconti 

di Brignano poi Marchesi di Borgoratto. 

7


Nel 1583 avvenne il miracolo delle lacrime di sangue della Beata Vergine, a seguito del 

quale venne eretto il Santuario dell'Addolorata. 

Nel 1644 venne eretta "La croce della peste " a ricordo del 

luogo in cui i canonici di Rho celebravano la Santa Messa 

all'aperto. Nel rimuoverla per posizionarla ai piedi della torre 

campanaria della chiesa parrocchiale, era l'anno 1928, si 

scoprì una teca con la scritta "Questa Croce fu eretta da Padre 

Pietro Castelli di Milano. Guardiano dei Cappuccini di Rho, le 

reliquie ve le ha donate lui stesso con proprie mani. Il dì di S. 

Ambrogio dell'anno 1663. Allì 7 dicembre. Con festa, ed ha 

istituito la Compagnia della Croce". Dal 1998 la croce della 

La croce della peste 

peste si trova nel suo luogo originario, in piazza San Vittore alla 

confluenza delle vie Madonna, Matteotti e Garibaldi. 

Gli ultimi manifesti bilingue risalgono agli inizi del 1900. 

Nel 1932 venne riconosciuto il grado di Città e definito ufficialmente il nome "Rho". 

8


La toponomastica 

Lainate 

E' necessario sfatare subito tutte le errate convinzioni circa l'etimologia del nome 

"Lainate", che lo farebbero derivare da un osco-celtico "liena" (=luogo d'acqua) per la 

presenza sul territorio dei due torrenti Lura e Bozzente e di numerosi acquitrini e paludi 

ormai bonificati. 

Premesso che gli Osci occupavano il Centro e il Sud dell'Italia e non certo il Nord, dove 

invece si erano stanziate le popolazioni celtiche, se ne desume facilmente l'impossibilità di 

un'origine osco-celtica del nome in questione, che troviamo tra l'altro documentato solo a 

partire da epoche più recenti. 

Uno dei testi più autorevoli in fatto di toponomastica lombarda è senza dubbio quello di 

Olivieri che mette sull'avviso il lettore circa "tutte, o quasi tutte, le vecchie etimologie 

fondate... su quelle illusorie conoscenze del celtico che si avevano nei tempi andati" e 

circa il fatto che "l'erudizione storica comune accolse spesso con favore vere e proprie 

leggende, di origine prettamente fantastica, ... forse perchè più vistose e appariscenti". 

Nello studio dei nomi prelatini tra l'altro s'incontrano difficoltà maggiori rispetto a quelle che 

presentano tutti gli altri tipi di nome, anche perchè le possibilità di ricerca sono limitate: per 

tutto ciò Olivieri tende di solito a preferire l'origine neolatina. 

Alla voce "Lainate" sul "Dizionario di toponomastica lombarda" di D. Olivieri troviamo 

dunque: 

"Lainate, MI, dial. Lainaa; = locus Ladenate sec. XIII (da cud, in carta dal 867, una Via 

Latenasca, v. Rota, S. Ambr., 16); il territorio ne sarebbe "alquanto arenoso, ma fertile". 

Sarà certamente da LATINUS, ma forse nel signif. già notato per il n. di Ladino". 

Per quanto riguarda il significato se ne deduce quindi che si tratterebbe di zone fertile, di 

facile lavorazione, con una etimologia di chiara origine neolatina dell'età medioevale con 

riferimento ad una caratteristica espressa dall'aggettivo "ladin". 

Per quanto riguarda invece i due suffissi -ate e -asca il discorso e più lungo. 

Olivieri osserva che "questo suff. -ate, come atto a formare aggettivi d'ogni specie, nella 

nostra regione dovett'essere un tempo, ben vivo e vitale. Talora lo diremmo d'origine 

etrusca... ma esso fu fecondo di nomi locali in tutto il dominio italico, figure ed iberico". 

9


G. Rohlfs in "Studi e ricerche sulla lingua e dialetti d'Italia" afferma che i toponimi in -ate 

sono limitati quasi esclusivamente ai territori occidentali dell'Italia Settentrionale 

(Piemonte, Lombardia). Olivieri ritiene comunque di non dover postulare per questi nomi 

un vero suffisso -ate ma un semplice -ate afferma: "ad un certo tempo... si era ridotto ad 

un -a tronco, accentato; ed i notai vi aggiunsero di loro arbitrio quanto occorreva. 

Il Salvioni pensava anzi che tanto i nomi in -acus quanto quelli in -atus (non già quelli in - 

ate) siano passati nella pronuncia, attraverso quella fase -o... poi abbandonatasi... come 

troppo volgare per la forma più cittadinesca in -a... a sua volta integrata... ora in -ate, ora 

in -ago". 

Ed effettivamente il dialetto presenta la forma in -a per Lainate, relativamente vicina a 

Milano, e in -o per i paesi della Lombardia occidentale come Gallarate ( = Galaro) e 

Olgiate ( = Olgio). 

Anche il suffisso -ascus e di origine ligure e secondo Olivieri "aggiunto a nomi sia di 

persona sia di cosa... conservo qualche attitudine a formare delle derivazioni aggettivali" 

mentre per il Rohlfs "che esso esprima appartenenza risulta chiaro dai moderni esempi 

italiani "bergamasco"= di Bergamo, "comasco " = di Como" e "si può supporre che nei 

territori dove i Liguri rappresentavano l'antico elemento autoctono, questo suffisso figure 

sia stato assunto dalle popolazioni celtiche che li seguirono e dopo dai Romani". In realtà i 

documenti più antichi cui si può far riferimento per un'indagine sull'origine del nome 

"Lainate" e di cui più avanti parleremo più diffusamente sono i seguenti: 

1 - la antica pergamena dell'anno 867 (citata da Olivieri), in cui si parla di "Via Latenasca"; 

2 - un atto di vendita del gennaio del 1012 e un contralto di affitto del 12 maggio 1042 in 

cui troviamo "loco Ladenate"; 

3 - una pergamena datata 24 gennaio 1080 in cui si legge "Via Ladenasca"; 

4 - la bolla di Alessandro III del 2 aprile 1169 in cui si trova "Ledenate". 

Secondo il prof. Marinoni, già docente di filologia romanza all'Università Cattolica del 

Sacro Cuore di Milano, la scelta della desinenza era a cure del redattore, senza alcuna 

conseguenza glottologica, in quanto i contadini che si presentavano come testimoni alla 

stesura di un atto possedevano un lessico personale di non più di 300-400 vocaboli 

dialettali, perciò i notai traducevano con notevole difficoltà in lingua scritta la parlata di 

costoro e la completavano di desinenza a loro giudizio. 

Fatta salve l'origine della radice da un predio latino "Laten" con significato di "ladino", 

"latino", le diverse versioni dipendono da come venivano scritte le differenti fonetizzazioni. 

Possiamo quindi concludere che per lo stesso motivo il nome appare in forma diverse nel 

10


corso dei secoli e diventerà "Leina" in un atto del 1254 e addirittura "Lenna" in una carta 

del XVII secolo. 

Per chiarire infine il passaggio da "Latenasca" a "Ladenasca" e quello da "Ladenate" a 

"Lainate" ricorriamo a elementari leggi di glottologia e filologia romanza per cui per 

lenizione la consonante sorda intervocalica "t" si sonorizza in "d" (Latenasca ~ Ladenasca) 

e la "d", a sue volta fra vocali, si dilegua mentre la "e" si chiude in "i" (Ladenate ~ Lainate). 

Per quanto riguarda i nomi delle frazioni che in tempi diversi appartenne. Si può quindi 

affermare che nel no- ro a Lainate differenti sono le oligisto cave -asca e desinenza 

aggettiva- ni. Per il Serra "Grangia" è un nome di via, mentre -ate e desinenza di dei nomi 

di origine francese, atti ad luogo, località (accompagnato o me- indicare i limiti 

dell'influenza degli ordini monastici benedettini e cistercensi". 

Effettivamente in età medievale con il termine "grangia" si indicava il luogo di lavoro e 

domicilio di una comunità religiosa ad economia agricola: le strutture ancora evidenti di 

una fattoria con chiesa e lazzaretto, testimonierebbero la presenza di una comunità di 

questo tipo, probabilmente legata agli Olivetani del Monastero di Santa Maria Incoronata 

di Nerviano. È inoltre evidente che il nome "Pagliera" ricorda il pagliaio ubicato a debita 

distanza dalla fattoria di residenza, onde scongiurare pericoli e danni degli incendi 

provocati dalla autocombustione del fieno e cosi frequenti un tempo. 

In "Passirana" Olivieri ravvisa un aggettivo con suffisso -anus indicante possesso, che 

trae origine da un gentilizio "Passerius", antico possidente del luogo. Per "Barbaiana" 

infine rimandiamo allo studio completo ed esauriente di E. Gianazza in "Momenti di un 

incontro", pubblicato a cura del Banco Lariano nel 1983, che formula più ipotesi: che il 

nome derivi dall'unione del gentilizio "Barbilius" con il suffisso "-ana", che si sia formato 

invece da un prefisso "Bar" indicante "luogo sterposo" o che derivi invece dal latino 

"Barbarorum Janua" (= Porta dei Barbari). 

L’inizio della sua storia 

Per molti secoli il quadro della vita di un paese è dato dall'analisi di documenti redatti per 

conto di istituzioni clericali, in quanto l'autorità religiosa si era sostituita a quella civile fin 

dall'epoca del crollo dell'impero romano. Anche i primi documenti che abbiamo riguardo al 

territorio di Lainate sono di questa matrice. Il più antico è stato rinvenuto presso l'archivio 

del Capitolo del monastero di S. Ambrogio e trattasi di una pergamena ben conservata, di 

sette pelli, datata 867. II documento redatto per una divisione di beni tra la Basilica di S. 

11


Ambrogio e la chiesa dei Santi Nabore e Felice riguarda anche un appezzamento sulla 

"via Latenasca". Al termine dello scritto il notaio appone uno schizzo acquarellato ove 

sono riprodotti il percorso della Via Latenasca, congiungente Hudrugium (Origgio) a quella 

che riteniamo possa essere la cappella dell'antico abitato di Lainate, e, in verde, le 

macchie di quel complesso boschivo che si estendeva dalle Groane all'Olona. É quindi 

certo che il Monastero di S. Ambrogio in Milano, fondato alla fine dell'VIII sec., già aveva, o 

comunque cominciava ad avere da questo momento, possedimenti nel territorio di Lainate. 

Schizzo aquarellato con il percorso della Via Latenasca 

Abbiamo poi notizia di una vendita effettuata nel gennaio del 1012 da Ambrogio, prete dei 

Decumani della chiesa milanese, officiale della Basilica di San Vittore, di legge longobarda 

e figlio del fu Adraldo, del luogo di Lainate, e di un contratto di affitto stipulato il 12 maggio 

1042 fra la Badessa del Monastero Maggiore di Milano e il mugnaio Angelberto figlio del fu 

Angelberto di Lainate. 

Sempre dal monastero di S. Ambrogio proviene una mappa arrotolata, in cui si legge che 

in data 24 gennaio 1080 un tale "Bonizone del fu Amizone del luogo di Rho, di legge 

longobarda, vende ad Adamo prete, officiale della chiesa di S. Vittore di Rho e figlio delfu 

Pietro tutte le case che egli possiede nel castello del detto luogo". 

Poiché descrivendo case e campi di cui sopra si dice che uno di questi campi si trova "in 

via Ladenasca" in Rho, se ne deduce che l'antica via in questione congiungesse Origgio a 

Rho passando attraverso il territorio di Lainate da cui prendeva o a cui dava il nome 

(Trattasi di un tratto dell'antico Cardo maximus con direzione Nord-Sud). 

In una bolla, inviata da Benevento il 2 aprile 1169 da papa Alessandro III per concedere 

"alla Chiesa di Nerviano il privilegio di poter incontestabilmente ritenere tutti i beni e le 

proprietà (bona et possessiones) che detiene al presente e che avrebbe potuto ottenere in 

futuro per concessione pontificia, regia, di un princeps, di fedeli o comunque iuste et 

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canonice", si legge: "In quibus haec proprius duximus exprimenda vocabulis videlicet:... in 

Ledenate ecclesiam s. Victoris et s. Petri;...". 

Abbiamo qui conferma del fatto che Lainate esisteva come nucleo abitativo ("in Ledenate") 

e aveva una chiesa ("ecclesiam s. Victoris et s. Petri") che dipendeva dalla parrocchiapieve 

di Nerviano. 

Ne "Gli Atti del Comune di Milano nel secolo XIII" a cura di M. Franca Baroni e citato un 

documento datato 17 dicembre 1232. Consta della sentenza del Console di giustizia di 

Milano Lantelmo de Concorezo "nella lite fra Ambrogio de Lomatio sindaco della chiesa di 

s. Ambrogio da una parse e Giovannibello, Guglielmotto e Giovannino detti Ballerii e Marro 

Banfo di Caronno dall'altra" riguardo a terre "iacentes in territorio loci de Carono". 

Vi si legge: "...octavus campus dicitur ad Pescinam Ladonascam, cui est a mane Andrioli 

de Silva, a meridie territorium de Ladenate, a sero Obizonis Mainerii, a monte Petri de 

Udrugio, et est pertice septem;...". Questo atto ci sembra importante in quanto cominciano 

qui a prendere forma i confini fra i territori di Lainate e Caronno. 

Altre preziose informazioni sono reperibili in una serie di antichi testi che elencano chiese, 

cappelle e altari del milanese. 

Dal "Liber Notitiae Sanctorum Mediolani" attribuito a Goffredo da Bussero (XII-XIII secolo) 

apprendiamo che "in pago de ladenate plebis nerviani" sorgevano una chiesa dedicata a 

Sant'Andrea, una dedicate a San Vittore, una dedicate al Salvatore e una dedicate a San 

Pietro con altari dedicati a San Michele e a San Jacopo Zebedeo. 

Una "capella de S. Victore Martire" tassata di fire 5 soldi 3 denari 0, appare anche in 

"Elencus Cleri Mediolanesis" del 1300, mentre una "Capella S. Petri de Ladenate" è citata 

in "Notitiae Cleri Mediolanensis de anno 1398 circa ipsius immunitatem" per una 

tassazione di fire 6 Soldi 3 denari 1 (La moneta fin dall'epoca carolingia era rappresentata 

dalla lira divisibile in 20 soldi, divisibili a loro volta in 12 denari di 2 oboli ciascuno.) 

Infine nell'archivio di Stato di Milano sono conservate le pergamene che riportano i nomi 

dei notai che svolsero la propria attività in territorio di Lainate o qui venuti occasionalmente 

per redigere qualche atto. 

Lainate entra quindi nella storia: esiste ed esistono documenti che lo provano. 

E ancora probabilmente un piccolo villaggio di case sorte intorno a cappelle sparse nella 

campagna, ma i confini del nostro territorio sono ormai ben delineati e già si possono 

individuare i primi agglomerati che solo col tempo si trasformeranno nel comune vero e 

proprio e nelle frazioni. I campi coltivati sono aumentati, ma i boschi continuano a essere 

così vasti da spingere il notaio, cui dobbiamo la nostra prima citazione storica, a segnalarli 

13


nella sua mappa, dove Lainate e ancora tanto più piccola di Origgio. 

Non è però un quadro idilliaco: in quegl'anni bande di soldati e di sbandati piombavano 

come falchi incendiando, depredando e seminando morte e violenza. In una terra di 

confine e di passaggio come la nostra, quanto terrore dovettero provare gli abitanti 

durante le incursioni barbare o le guerre dei Comuni contro il Barbarossa? La povera vita 

del villaggio quante volte fu sconvolta dall'improvviso sopraggiungere di uomini armati che 

si impadronivano del raccolto, violentavano le donne, uccidevano chiunque si opponesse 

alla loro prepotenza? Quanti documenti sono andati persi in quelle scorrerie e quante volte 

gli uomini tornarono caparbiamente a riparare, costruire, seminare? 

Il paese diventa nel frattempo una realtà anche per la legge: ed è la legge economica la 

prima a "fare storia" perché sono contratti di affitto o atti di compravendita i primi 

documenti in cui appare il nome di Lainate, cosa che non ci deve stupire dato il carattere 

amministrativo e non militare che assunse il sistema feudale in Italia. 

Grazie alle poche e rare informazioni che ne ricaviamo, scopriamo che persino il grande 

monastero di S. Ambrogio possiede un terreno in zona e che il figlio del lainatese Adraldo 

divenne addirittura uno dei protagonisti della Chiesa milanese, se fece parse degli 

incaricati della riscossione della "decima", cioè la decima parte del reddito delle terre, che i 

cristiani a partire dall'VIII secolo versarono alla Chiesa come compenso per le proprietà 

che le erano state tolte. 

Nascosto dietro l'arido linguaggio burocratico intravediamo spaccati di vita quotidiana, ma 

soprattutto uomini veri, lontani nel tempo ma non per questo meno vivi: come il "mulinaio 

Angelberto", che rivive ancora oggi bianco di farina di fronte alla badessa del Monastero 

Maggiore di Milano, o come quei notai, che emergono con l'autorità di chi conosce la 

legge in un momento in cui la legge è solo un'utopia o un tentativo disperato di 

sopravvivenza di fronte alla prepotenza del più forte. 

Ma è sempre la Chiesa la grande protagonista di questi secoli: sostituitasi a uno Stato 

assente, a rappresentare il diritto e l'assistenza ai poveri, è la prima a creare comunità 

anche da noi intorno a quelle cappelle pronte a trasformarsi in parrocchie. 

14


I Borromeo e il periodo delle signorie 

L'esaltante periodo delle lotte per l'autonomia comunale e il terribile momento delle guerre 

contro il potere imperiale avevano portato a uno stato di tensione permanente, che fece 

sentire l'esigenza di un governo forte e potente: nacque in questo modo anche a Milano, in 

seguito alla vittoria sui Della Torre, la Signoria dei Visconti, legittimata in Principato nel 

1395 quando Gian Galeazzo ottenne dall'Imperatore il titolo di Duca. 

Fu proprio Gian Galeazzo a promuovere la costruzione del Duomo di Milano che vide 

anche un lainatese impegnato nell'arduo lavoro: la notizia ci giunge grazie alla richiesta di 

un prestito presentata da costui e registrata presso l'Archivio della Veneranda Fabbrica del 

Duomo di Milano. 

Esauritasi la dinastia dei Visconti, Francesco Sforza nel 1450 si impossessò del Ducato di 

Milano e immaginiamo quale entusiasmo dovette suscitare la visita pastorale che suo 

fratello Gabriele, Arcivescovo di Milano, fece alla Pieve di Nerviano il 18 agosto 1455, 

quando a Lainate la chiesa di Santa Maria e San Vittore (titolo questo che rimase sino al 

secolo XVI) era già parrocchiale e parroco era Anselmo Crivelli. 

Pochi sono i documenti che possono illuminarci riguardo alla vita della Lainate di quegli 

anni: si tratta per lo più di contratti d'affitto che mostrano come a poco a poco i Borromei si 

insediarono nel territorio per diventarne finalmente i feudatari. 

Il 12 dicembre 1430 il notaio Andreolo de Osnago redige l'atto con cui l'Ospedale 

Maggiore di Milano affitta, per la somma di lire 80 imperiali, al Conte Vitaliano Borromeo 

beni e possedimenti della Cascina della Pagliera e il notaio Franceschino Reina, in data 

27 novembre 1444, registra il pagamento di lire 80 a saldo dell'affitto di alcuni beni della 

Pagliera da parte di Andreolo Borromeo. 

Proprio a Lainate nella Canonica della chiesa di S. Maria e S. Pietro, alla presenza come 

testimone insieme ad altri di Franzio Volpe di Lainate, venne stipulato il 22 dicembre 1468 

il contralto di investiture a favore dei Conti Giovanni e Vitaliano Borromeo per tutti i beni 

posseduti dal Monastero di Sant'Ambrogio di Milano che, come tutti i monasteri, si 

distingueva per l'importo dei patrimoni ottenuti per via di donazioni. Il 20 marzo 1470 i conti 

Giovanni e Vitaliano Borromeo "con nuova investitura feudale" giurano fedeltà al duca 

Galeazzo Maria Sforza ed alla duchessa Bona, ottenendo conferma dei privilegi feudali 

per i luoghi di Lainate. 

15


Lo stemma dei Borromeo 

Quando poi il cardinale Pietro Riario, nipote di Papa Sisto IV, divenne abate del Monastero 

di S. Ambrogio di Milano, concesse a Giovanni Borromeo l'enfiteusi perpetua della 

"possessione" che il Monastero deteneva ad Origgio "tanto più che essa si trova vicino ad 

alcune altre tue possessioni". 

I delegati del Conte e quelli del Monastero si radunarono nella chiesa di Santa Maria in 

Origgio il 5 novembre 1473 per ascoltare la comunicazione che il notaio Pietro Paolo De 

Giochis doveva dare del fatto: era presente in qualità di amministratore e procuratore dei 

conti Borromei, Francesco di Isela, figlio di Paolo, abitante a Lainate, e al termine della 

riunione nella sue case fu poi concluso un altro affare. 

Il 22 aprile 1479 Bartolomeo Pagano registra la promessa e l'impegno di Alessandro Volpi 

di saldare ai Borromei la somma di Lire 200 per l'affitto dell'osteria del paese. 

Risulta comunque che i possedimenti dei fratelli feudatari del luogo nel 1479 

ammontavano a circa 13.881 pertiche stimate per un valve di circa 77.260 lire. 

Molte comunque dovevano essere le persone che in un modo o nell'altro a Lainate 

dipendevano da questa famiglia: il 20 maggio 1506 per esempio Ludovico Visconti 

Borromeo dichiarava di aver ricevuto da "Lorenzo Vimercato suo fattore" il pagamento dei 

fitti dovutigli. 

Iniziava per Lainate un legame molto particolare con i Borromei e non deve stupire il fatto 

che i cognomi presentino differenti desinenze (Borromeo, Bonromei, etc.) perchè bisogna 

16


tenere presente che anticamente venivano regolarmente declinati, per cui li troviamo al 

singolare e al plurale, ma anche al maschile e al femminile. 

Tutta l'antichità è caratterizzata dalla differenza tra persone libere e persone che non lo 

sono, in quanto schiavi, prima, o servi legati a un signore, poi. Dopo il X secolo questa 

differenza si attenua e la servitù è meno sentita, anche se la povera gente continua ad 

alienare la libertà personale pur di ottenere protezione. 

Quella di Lainate era una terra in cui la Signoria era di tipo rurale, con il "pagus" e i suoi 

"vici", quei villaggi in cui vivevano persone generalmente libere: artigiani, piccoli 

commercianti e contadini. La gente viveva del prodotto del proprio lavoro, del frutto di quei 

campi coltivati a fatica, dato che l'aratro pesante, la ferratura degli zoccoli e un nuovo tipo 

di bardatura per il cavallo, che permisero di coltivare più agevolmente la terra, furono 

introdotti solo con la rivoluzione agricola che si ebbe intorno all'anno 1000. La giornata 

iniziava all'alba e finiva al tramonto, seguendo i ritmi del sole e delle stagioni: gli uomini e i 

figli lavoravano la terra, badavano agli animali, tagliavano la legna; le donne, quando non 

aiutavano nei campi o al pascolo, si occupavano dei lavori domestici, raccoglievano 

ghiande e frutti selvatici, filavano e tessevano. 

Quella di Lainate era una terra in cui la Signoria era di tipo rurale, con il "pagus" e i suoi 

"vici", quei villaggi in cui vivevano persone generalmente libere: artigiani, piccoli 

commercianti e contadini. La gente viveva del prodotto del proprio lavoro, del frutto di quei 

campi coltivati a fatica, dato che l'aratro pesante, la ferratura degli zoccoli e un nuovo tipo 

di bardatura per il cavallo, che permisero di coltivare più agevolmente la terra, furono 

introdotti solo con la rivoluzione agricola che si ebbe intorno all'anno 1000. La giornata 

iniziava all'alba e finiva al tramonto, seguendo i ritmi del sole e delle stagioni: gli uomini e i 

figli lavoravano la terra, badavano agli animali, tagliavano la legna; le donne, quando non 

aiutavano nei campi o al pascolo, si occupavano dei lavori domestici, raccoglievano 

ghiande e frutti selvatici, filavano e tessevano. 

Era una società ad economia agricola, con un limitato commercio locale basato sul baratto 

delle merci. Gli scambi avvenivano raramente, in occasione di mercati o fiere, a cui i 

mercanti si recavano con grave pericolo per sè e per le proprie mercanzie, perchè le 

strade erano poche e insicure ed era facile essere assaliti dai briganti. In questo quadro 

statico e non ancora articolato della attività economica la vera ricchezza era rappresentata 

dalla terra: a Lainate doveva esserci un certo numero di allodieri, cioè liberi proprietari, e, 

come abbiamo visto, alcuni grandi proprietari milanesi, come il Monastero di S. Ambrogio 

o l'Ospedale Maggiore che, grazie all'istituto di origine feudale di cedere ad altri dietro 

17


pagamento o in cambio di un giuramento di fedeltà l'uso di terre, potevano concederle in 

beneficio o addirittura in proprietà. 

Nel momento in cui i Borromeo ricevono l'investitura per i beni di Lainate ne divengono 

Signori a tutti gli effetti e con il giuramento di fedeltà ottengono per questi luoghi conferma 

dei privilegi feudali, cioè della possibilità di esercitare di fatto poteri pubblici che non 

sarebbero loro spettati di diritto e che trascendono quelli del semplice proprietario terriero. 

Ciò significa che i Borromeo a Lainate potevano riscuotere tasse sul trasporto delle merci 

o in occasione di matrimoni o di morti; così come potevano esercitare il controllo dei diritti 

d'uso di quella parte di territorio che, in quanto proprietà del villaggio, era a disposizione di 

tutta la comunità e avere il monopolio nella costruzione del mulino e del frantoio per 

concederli in uso a pagamento ai coloni, a cui era vietato costruirli. 

Inoltre notevole parte della popolazione diventava in pratica di stato servile con obblighi 

ereditari, per cui anche i figli sarebbero poi stati servi, mentre i liberi coloni, pur 

mantenendo la libertà personale, sarebbero rimasti per sempre legati alla terra su cui 

erano nati: per tutti era comunque impossibile cambiare ceto e condizione, anche se fra i 

servi si stabilivano delle differenze e gli uomini di fiducia del signore divenivano "servi 

domestici" con incarico di gerente del mulino, del frantoio o dell'osteria. 

Poco o niente cambiò in realtà per gli abitanti che passavano, come la terra, da un 

proprietario all'altro e che probabilmente già dovevano prestare questi servizi al Monastero 

di S. Ambrogio e all'Ospedale Maggiore; ma non abbiamo documenti che ne parlino così 

chiaramente come il giuramento di fedeltà agli Sforza dei conti (cioè "comites", compagni 

d'arme del potente) Giovanni e Vitaliano Borromeo. 

Il Cinquecento 

Il Cinquecento fu per Milano un secolo di fuoco che vide sotto il ducato degli Sforza, 

sostituitisi ai Visconti, l'avvicendarsi del potere dei Francesi e degli Spagnoli. 

Anche in questo tormentato periodo le famiglie più in vista consolidano il loro potere con 

l'acquisto di beni e col legarsi al carro dei vincitori. 

Abbiamo visto come i Borromeo fossero già ben insediati a Lainate, cosa che risulta anche 

dall'inventario dei beni lasciati dal Conte Fabio Borromeo, dove sono elencati in dettaglio 

sia i mobili (sedie, botti, torchi, materassi, lenzuola, tovaglie, prodotti agricoli, etc.) 

contenuti nella loro dimora lainatese, sia i proventi che derivavano dagli immobili affittati. 

18


II palazzo non aveva ancora, allora, il carattere di villa che per primo volle dare al 

complesso Pirro I, figlio di Fabio e Costanza Trivulzio. 

A Lainate oltre ai Borromeo, troviamo la famiglia Girami, che vende ma soprattutto 

compera terreni, case, orti e alcune di quelle vigne che, completamente scomparse in 

tempi più recenti, così numerose erano nei secoli scorsi. 

Col passare degli anni una sempre maggiore estensione di terreno veniva bonificata: si 

tagliavano i boschi, si seminava, si piantava, cercando di contrastare il flagello ricorrente 

della carestia. Bastava poco per scatenare una terribile catena di morte: un cattivo 

raccolto, un periodo di siccità portavano inevitabilmente alla fame perchè mancavano 

adeguate scorte alimentari e la popolazione affamata era facile preda delle malattie e della 

peste, che si diffondevano con estrema rapidità anche per l'assoluta mancanza di igiene. 

Tutti quei campi che faticosamente venivano conquistati all'agricoltura erano l'unica 

possibilità di contrastare questo pericolo. 

I documenti relativi a questi passaggi di proprietà riportano persino il nome di alcune di 

quelle vigne o la posizione approssimativa dei terreni in quanto ancora non esisteva una 

mappa catastale precisa a cui far riferimento. 

Ecco quindi che, quando il 25 giugno 1593 i coniugi Croce vendono un campo a Matteo 

Ranzo, il documento relativo lo descrive come "una pezza di terra nel territorio di Leinate 

dove si dice nel malo dietro la strada d'Origgio". 

È questa una preziosa testimonianza relativa a quello che oggi è uno dei rioni del paese 

mentre una volta doveva essere una località lontana dal centro abitato per quanto vicina 

alla cascina di San Vittore o C&agravesin&egravett. Se risale addirittura alla fine del 

Cinquecento la prima documentazione scritta del nome del Malo, forse altrettanto antiche 

sono le denominazioni degli altri rioni: in Benefisi per esempio è evidente il richiamo 

all'istituto feudale del beneficio, mentre negli altri nomi si leggono legami col mondo 

agricolo (Sciloria = aratro), o si notano prerogative di carattere topografico (Strecia = via 

stretta) o riferimenti particolari (la presenza di una croce per La Cros, un piccolo sentiero o 

il fatto di essere in direzione di una cappella fuori del paese per senteeou o Santa Oeu - 

probabilmente da "foeura"-). 

Va anche sottolineato il fatto che sempre più spesso le persone vengono citate con tanto 

di cognome. Fino al XII secolo vi era stata una continua oscillazione tra discendenza per 

linea maschile (rapporto familiare agnatizio) e per linea femminile (rapporto familiare 

uterino), ma da allora i cognomi italiani, in gran parte patronimici, cominciarono a fissarsi 

ed è curioso che alcuni di questi si siano mantenuti inalterati a Lainate nel corso dei secoli. 

19


Parecchi sono i documenti ecclesiastici relativi al territorio di Lainate che abbiamo 

rinvenuto presso la sezione X dell'Archivio di Curia Arcivescovile di Milano, i cui volumi 

sono interamente dedicati alla Pieve di Nerviano. 

Risulta che il 7 febbraio 1523 un tale Antonio e suo figlio Jacopo, ambedue di Lainate ed 

abitanti in località Grancia, in virtù della loro fede, fecero dono alla chiesa di S. Vittore in 

Lainate di complessive 48 pertiche situate nel comune. 

Documento eclessiastico del Cinquecento 

È invece del 26 maggio 1555 una bolla di papa Paolo IV in cui si accenna ad una 

pensione gravante sul beneficio di Lainate. 

A partire dal 1560 si aprono anni determinanti per la vita dei cattolici milanesi e non 

dell'epoca, in conseguenza della nomina a cardinale di Carlo Borromeo (gennaio 1560) e 

della chiusura del Concilio di Trento (1563). 

Occorrendogli del denaro per costruire un seminario, S. Carlo tassò a questo scopo il clero 

che godeva di un beneficio ecclesiastico e quindi anche quello di Lainate. 

Dal "Liber Seminarii Mediolanensis" (ovvero "Catalogus totius cleri Civitatis et Diocesis 

Mediolanensis cum taxa a singulis solvenda pro sustentatione Seminarii inibi erigendi") del 

1564 apprendiamo che anche la "Reftoria de Sancto Petro de Ledenate de devotissimo 

Bernardino Pagano" fu tassata per "L (lire) 6 S (sold)) O D (denari) O". 

Ma S. Carlo giunse solo nel 1566 a Milano, che era state retta per 60 anni da vicari e che 

quindi vice con sorpresa l'arrivo dell'arcivescovo e il suo desiderio di conoscere le reali 

condizioni della diocesi. 

20


È forse proprio per questo che in data 18 settembre 1568 il "presbiter simon Moneta 

Rector sancti victoris loci Laynati" redige con estrema cura e ricchezza di particolari - 

"baldachino de rave cremisi con le hornamenta de argento"- un inventario di tutti i beni 

appartenenti alla chiesa. 

Nel 1570 S. Carlo visitò personalmente la pieve di Nerviano e il 23 aprile giunse ad 

Origgio dove affrontò il problema suscitato da alcune accuse riguardanti la moralità del 

parroco del luogo, che continuò ad inquisire anche quando si spostò a Caronno e a 

Lainate, dove giunse il 26 aprile. 

Il Concilio di Trento aveva prescritto che si tenessero aggiornati i registri con le note 

relative allo stato delle anime, ai battesimi, ai matrimoni e alle morti dei fedeli ed è per 

questo che, a partire dalla fine del 1500, più numerose e più complete sono le notizie che 

abbiamo circa la composizione di ogni famiglia, l'età media della vita di allora e le 

professioni ed i mestieri esercitati. 

La prima nota di questo tipo "de luogo et territorio di Leiynate" risale al 1570: vi sono 

nominati tali "Alessio Grassino, falegname; Ferdinando Castiglione, falegname; 

Bernardino Marliano, oste; Costantino Musazza, contadino" e in essa sono citati anche gli 

abitanti "della paij&egravera" e "della graja". 

Il tessuto sociale cominciava dunque ad essere un poco più articolato e forse quella del 

falegname era una professione che si era diffusa grazie alla notevole presenza di boschi 

da taglio e grazie alla richiesta di lavoro dei Borromeo. 

È del 28 settembre 1580 il testamento col quale Donato Girami, discendente della famosa 

famiglia che legò il suo nome a Barbaiana dove risiedeva, lasciava anche un legato a 

favore di due nubende povere della parrocchia di Lainate. 

Era questa un'usanza diffuse nel passato che consentiva alle ragazze più povere del 

luogo di disporre di una piccola dote senza la quale era per loro a volte impossibile 

sposarsi. In età feudale poi il matrimonio era soggetto al consenso del signore, che poteva 

proibire l'unione fra i suoi servi, legati indissolubilmente alla terra su cui vivevano, e quelli 

di un altro. 

Un'altra visita pastorale fu compiuta a Lainate dal segretario particolare di S. Carlo, mons. 

Bernardino Taurisio, nel 1583. Le successive visite furono compiute da quest'ultimo nel 

1595 e da mons. Antonio Albergato nel 1596, entrambi inviati dal cardinal Federico 

Borromeo, nuovo arcivescovo di Milano. Gli atti relativi sono contenuti in un volume 

calligrafico di 242 fogli complessivi, dotato di indice e di una carta topografica colorata ad 

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acquarello, in cui oltre a Lainate e ad altri paesi della pieve appare anche la certosa di 

Garegnano in Milano. 

Purtroppo le pagine del volume riferentisi a Lainate sono notevolmente danneggiate, ma 

ugualmente si può rilevare che vi erano in tutto 1300 anime, di cui 900 comunicate. Questi 

primi dati anagrafici, se pure abbozzati, sono importanti perchè, confrontati con quelli dei 

paesi vicini, mostrano come Lainate fosse ormai inferiore per numero di abitanti solo a 

Saronno. 

II nostro non era più, dunque, quel villaggio tanto più piccolo di Origgio, ma era cresciuto 

di pari passo con le esigenze della famiglia Visconti Borromeo, che avrebbe fatto della sua 

villa lainatese una delle case di campagna più rinomate e frequentate del Milanese. 

Il Seicento 

Il Seicento vede Milano sotto il predominio spagnolo e proprio a Milano si trovava il 

governatore assistito da un Consiglio Segreto e una Congregazione di Stato, mentre a 

Napoli e a Palermo risiedevano due Vicerè. È noto quanto deleteria sia stata la ottusa 

amministrazione spagnola per i paesi soggetti: un fiscalismo eccessivo essiccava le fonti 

della produzione; militari e funzionari si mostravano venali ed intenzionati solo ad 

arricchirsi; il governo centrale appariva lento e poco attento alla voce dei sudditi; un 

conformismo religioso bigotto e superstizioso soffocava ogni forma di libertà del pensiero; 

un costume ispirato a vuota ostentazione mostrava disprezzo per il lavoro manuale 

frenando lo sviluppo economico pubblico e privato. Anche se la mentalità spagnola era più 

incline ad accogliere lo spirito severo ed integralista della Controriforma, che combatteva il 

Protestantesimo con decisione e durezza, pure non mancarono anche in questo periodo 

figure della stature di Federico Borromeo, che agirono piuttosto nello spirito della Riforma 

Cattolica cercando la diffusione del Cattolicesimo con l'esempio e l'evangelizzazione. 

La vita del paese emerge ancora più chiaramente da una serie di testimonianze di 

carattere civile. Anche in questo secolo poche sono le famiglie notabili di Lainate. 

Oltre ai Borromeo e ai Girami troviamo ora i Simonetta, eredi di Margherita Galarata, e i 

Borro, che si imparentano coi Girami. (Quattrocento pertiche del territorio di Lainate 

costituiscono infatti parte della dote nello "scritto matrimoniale" del 20 gennaio 1600 

redatto per il matrimonio fra Anna Elisabetta Girama e Simone Borro). 

Dai documenti relativi ai numerosi acquisti effettuati dai Borro conosciamo il nome di 

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alcuni piccoli proprietari (famiglia Bosona, Ambrogio Taverna, fratelli Lomeni), che 

alienavano i loro beni, e la denominazione di alcune vigne ("vigna detta il Novellino", 

"vigna detta alla Novella o gia alla Morandina", "vignola apelata la Banfa"), che 

confermano quanto fosse allora diffusa la coltivazione della vite. 

Oggetto di vendita non erano soltanto terreni o beni immobili: il giorno 8 febbraio 1608 il 

Casello Curatore delI'eredità di Cristoforo Giramo vende a Simone Borro, fra l'altro, il 

reddito che veniva pagato dalla Comunità di Lainate e il 18 giugno 1649 la Regia Ducale 

Camera di Milano vendeva a Giovanni Battista Riva la facoltà di riscuotere il dazio sul vino 

al minuto e sul pane venale. 

La terribile pestilenza del 1630 non aveva colpito Lainate, stando a quanto affermavano in 

data 1° aprile 1647 Filippo Petraro e Pietro Rolfo, rispettivamente Console e Sindaco del 

Comune, con Steffano Cardano, che firma anche per il Rolfo "per non saper lui scrivere". 

I tre sostennero che "in detta terra non e stata peste once tanti sono li focolari adesso, 

quanti prima, cioe come centosessantauno, et tre case da Nobili con la Parrochiale. Alla 

Granchia sono focolari sette. Alla Paiera tre". 

I focolari, cioè le famiglie, erano quasi raddoppiati dunque rispetto agli 83 del 1585 e di 

nuovo si sostiene che la Comunità di Lainate non era infeudata ma direttamente 

sottoposta alla Regia Giurisdizione, nonostante il giuramento di fedeltà dei Borromeo del 

1470: a questo proposito bisogna tenere presente, oltre al succedersi delle diverse 

dominazioni, anche il fatto che non sempre e non dovunque valeva il principio della 

ereditarietà del rapporto feudale di vassallaggio (non del feudo), che manteneva perciò il 

suo carattere personale e valeva dunque solo per le persone che lo contraevano. 

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Delle "tre case da nobili" senz'altro la più importante era la Villa: Pirro I Visconti 

Borromeo, il figlio Fabio e il nipote Pirro II la ingrandirono e abbellirono a più riprese 

perchè facesse da degno sfondo agli sfarzosi ricevimenti che contribuirono a dilapidare il 

patrimonio della famiglia, tanto che alla morte del marito Pirro II, avvenuta nel 1676, la 

marchesa Bianca Spinola fu costretta a cederla ai Litta. 

Il Settecento e il Catasto Teresiano 

Quando nel 1706 gli Spagnoli furono sconfitti militarmente, lasciarono agli Austriaci un 

territorio impoverito ed umiliato da una politica ottusa sia sotto il profilo amministrativo sia 

sotto quello economico e produttivo. 

Gli Asburgo d'Austria diedero dunque l'avvio a quel rinnovamento totale che, con la 

riorganizzazione della rete viaria, la limitazione dei privilegi, il costante incoraggiamento 

delle iniziative economiche e culturali, fece della Lombardia la perla dell'lmpero. Le riforme 

di Maria Teresa e di Giuseppe II non mutarono comunque di molto la vita dei contadini, i 

quali, nonostante i nuovi sistemi di lavorazione dei terreni e la costruzione di locali 

d'abitazione più ampi ed ariosi finalizzati all'allevamento dei bachi da seta, dovevano fare 

sempre i conti con la fame, la povertà e le malattie. 

Dallo studio degli stati d'anime del 1708 risulta che Lainate contava 1326 abitanti contro i 

1300 del 1596: dopo più di un secolo le dimensioni del paese erano quindi immutate, 

anche se Lainate continuava ad essere anagraficamente inferiore solo a Saronno, 

nonostante la pestilenza del 1576 e l'incremento demografico dovuto alla vita della Villa 

nel XVII secolo. Ma ciò che più ci è utile, per scoprire la Lainate di allora, è l'esame di quel 

grande lavoro di conoscenza e riproduzione del territorio che fu il famoso Catasto 

Teresiano. 

Un'apposita Giunta istituita da Carlo VI nel 1718 aveva stabilito che, per ogni comune del 

ducato di Milano, alcuni incaricati imperiali raccogliessero informazioni precise sul posto e 

disegnassero delle mappe topografiche in scala 1/2000, nelle quali fossero registrate la 

forma, le misure, la proprietà e la destinazione di ogni appezzamento. II tutto sarebbe 

servito per stabilire il valore dei beni e determinarne la rendita netta, al fine di quella 

riforma fiscale che, proprio perchè fondata su una attenta e diretta misurazione oltre che 

sulle valutazioni tanto dei locali quanto di periti pubblici, e considerata la più perfetta del 

sec. XVIII, secolo in cui la terra continuava a essere per la stragrande maggioranza degli 

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abitanti l'unica fonte di sussistenza. Apprendiamo dunque che il territorio di Lainate, che si 

estendeva per un totale di 16471 pertiche (il Comune di Barbaiana aveva una mappa a sè 

stante), era per la maggior parte posseduto da pochi grandi proprietari, laici o enti 

ecclesiastici elencati ai margini delle tavole, per ognuno dei quali sappiamo quindi quanti e 

quali terreni possedeva. 

Di ogni appezzamento conosciamo anche la qualità delle 

colture. Molto comune era il cosidetto "aratorio", cioè il 

terreno arabile, atto ad essere coltivato in genere a 

cereali. Numerosissime pertiche di aratorio erano inoltre 

"avitate" (o "vitate"), cioè adibite insieme alla coltivazione 

della vite e all'aratura, o "amoronate" (o "con moroni"), 

sfruttate cioè oltre che per la semina anche per la 

coltivazione dei gelsi. I gelsi, chiamati "moroni" già 

all'epoca in cui Ludovico il Moro li aveva introdotti nel 

ducato di Milano, erano infatti fondamentali per 

l'allevamento dei bachi da seta che nel Settecento andava 

sempre più diffondendosi nelle nostre campagne. 

Le pertiche lasciate a prato non erano molte ed erano 

definite "liscose", a significare che in questi terreni 

cresceva la "lisca", una sorta di erba d'alto fusto tipica 

delle zone con abbondante acqua. 

I terreni destinati al pascolo coprivano all'incirca 400 

pertiche descritte sotto la voce "pascolo zerbido" a 

sottolineare la caratteristica di terreni duri e incolti, non 

dissodati (in dialetto milanese "serb" = acerbo). Per altri 

terreni compare poi la voce "ronco", un termine 

tipicamente lombardo (dial. "ronch") per indicare un 

campo dissodato. 

Le proprietà ecclesiastiche erano notevoli. 

Appare fra i maggiori possidenti ecclesiastici il "Santuario della Madonna delle Grazie di 

Lainate". Altri proprietari ecclesiastici erano: "S. Antonio Abate", la "parocchiale di Lainate" 

la "Scuola del SS. Sacramento di Lainate", la "Scuola dei Soci del nome di Dio di Lainate", 

la Scuola del SS. Rosario di Lainate, la chiesa della "Cassina del Pè" ( = S. Ilario di 

Nerviano), la "Scuola Angeli Custodi di Nerviano", I'Oratorio dell'Annunciazione di 

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Nerviano, la "Beata Vergine del Rosario di Caronno". Quasi tutte le proprietà 

ecclesiastiche, tranne le pertiche di appartenenza alle diverse Scuole o Confraternite, 

erano certamente di antica origine a partire da quelle registrate nell'867 per conto del 

Monastero di S. Ambrogio. 

Veniamo ora ai proprietari laici. 

Il principale possidente di Lainate era il conte "Don Ginglio Visconti" che appare in tutta la 

sua potenza al foglio XIII, dove è accatastata la famosa Villa con attorno numerosissimi 

orti e le terre descritte "a giardino" che dovevano servire per abbellire questa residenza 

estiva, o meglio di campagna, del casato milanese. 

Le proprietà lainatesi del Conte comprendevano circa 9000 pertiche di terreno, di cui più 

della metà erano destinate alla semina, mentre le restanti erano principalmente piantate a 

vite e a gelsi o coperte da boschi da taglio. Erano inoltre di sua proprietà "un torchio di 

oglio, una osteria, un prestino di pane bianco esente dai dazi per la cottura, una 

macelleria", di cui purtroppo non viene indicata l'esatta ubicazione, oltre che una fornace 

registrata al foglio XXIII in aperta campagna. 

Altri importanti possidenti erano un tale conte Borri ed una certa famiglia Bazzi che 

possedevano un sostanzioso complesso di pertiche. 

La Comunità di Lainate era ancora proprietaria di un appezzamento ad orto, residuo di 

quei beni comuni che nel medioevo dovevano essere di gran lunga maggiori e servivano 

alla popolazione povera, che non possedeva alcun terreno, per la raccolta di legna, 

bacche, ghiande e per il pascolo. 

Quattro soltanto sono le cascine registrate come tali: due appaiono ai fogli VIII e XIII come 

appartenenti al Visconti; una, "detta la Guenzada", e segnata al foglio XVII come proprieta 

del marchese Lucino e l'ultima, al foglio XXII, risulta tra i possedimenti del conte 

Ferdinando Castillione. 

Se la catastazione aveva come scopo l'accertamento dei beni per la tassazione degli 

stessi, I'indagine doveva essere completata da quello dei beni mobili. 

È forse a questo scopo che nel 1734 per l'inventario delle rendite del Conte Giulio Visconti 

Borromeo vengono convocati alla presenza di notai alcuni testimoni, fra cui il Console 

Baldassare Cozzo di professione "legnamaro" e i "massari" Carlo Antonio Grasso e Gio: 

Antonio Borrone. 

Dalle loro dichiarazioni sappiamo che il fattore del Conte era un tale Carlo Gerolamo 

Scappa; che tra i suoi massari figuravano Vittore Rastelli, Pietro Bazzo, Carlo Ambrogio 

Pedrazzo, Pietro Boniardi, Gio: Batta Bertololo, Giuseppe Maiocco, Gio: Batta Terravazzo, 

26


Matteo Oliva, Ambrogio Cattaneo, Giulio Grassi, Giuseppe Terravazzo, Nicolo Galagiola, 

Carlo Maria Frigerio, Antonio Perfetta e Antonio Borrone; che il Cancelliere della Comunità 

era Carlo Maria Maggienta e che i Sindaci erano Gio: Antonio Chignone, Pietro Moneta e 

Gio: Batta Pagano. 

Anche se il Cozzo dichiarò di non sapere dire chi fosse il feudatario del luogo, dalla lettura 

del documento si intuisce un sistema di rapporti di stampo feudale, tanto che i fitti 

venivano pagati in natura con frumento, avena, uva, capponi, polli, uova o con giornate di 

lavoro secondo l'antico istituto della corvèe. 

È interessante notare come i numeri di registrazione del Catasto Teresiano compaiano 

negli atti successivi al 1721. 

È quello che accade ad esempio per un "istrumento d'acquisto fatto di pertiche 42 sotto li 

numeri in mappa del territorio di Leinate cioè n. 260, 261, 262, 264, 372: +377 parte de 

beni di... della Beata Vergine di suddetto luogo e acquistate dall'Aquilino Baroggi a nome 

di persona da dichiararsi, che poi ha dichiarato la persona dell'Ill.mo Conte Antonio Borri e 

tali beni sono stati venduti alla pubblica asta rogato dal dottore Andrea Beloti notaio di 

Milano il giorno 13 ottobre 1778". 

L’età napoleonica e i primi passi verso la modernità 

L'epopea napoleonica, che costituì per la Lombardia solo una parentesi nel lungo dominio 

austriaco, vide la borghesia italiana misurarsi con i problemi concreti di governo e 

partecipare direttamente alla vita pubblica. Non abbiamo notizie dirette e complete 

riguardo alla Lainate di allora, ma possiamo immaginare un certo fervore politico nei 

notabili del luogo e una generale curiosità per la costruzione della strada statale del 

Sempione che passa a pochi chilometri. 

Quando poi Napoleone assunse il titolo di re d'Italia nominò vicerè il figliastro Eugenio di 

Beauharnais, che risulta tra i visitatori illustri della Villa. 

Risale a questi anni l'espletamento delle disposizioni testamentarie del religioso Giovan 

Battista Brioschi che, con le sue ultime volontà rogate il 1.6.1799 dal notaio Federico Pozzi 

di Milano, aveva istituito sei doti annue di L. 50 milanesi cadauna "da distribuirsi dai 

parroci e fabbricieri a sei povere figlie del Comune". Il legato ebbe inizio il 22 gennaio 1814 

grazie a un capitale impiegato presso il conte Borri: casa Borri versò annualmente L. 300 

fino al 1843 quando gli eredi restituirono il capitale, che venne impiegato per l'acquisto 

27


della cartella n° 73888 dell'Imperiale Regio Monte dello Stato, che ridusse ogni singola 

dote a lire austriache 39. La storia del legato ricalca la storia di Milano di quegli anni in 

quanto le doti vengono, in regime napoleonico, consegnate in lire milanesi, poi in lire 

austriache a seguito del ritorno degli Austriaci in Lombardia e finalmente in lire italiane a 

partire dal 1860. 

Le prime a usufruire del lascito furono, nel 1815, Teresa Pessina, Giovanna Cozzi, 

Anastasia della Porta e Rosa Maria Morlacchi: solo quattro e non sei le doti del primo 

anno perché parte del denaro fu usato per coprire le spese di gestione. In seguito, quando 

le ragazze che si sposavano e avevano diritto alla dote furono meno di sei, il denaro in 

esubero venne assegnato l'anno successivo. 

Le registrazioni continuarono anno per anno fino al 1891, quando ad usufruirne furono 

Camilla Cogliati, Virginia Giussani, Camilla Parini, Virginia Cribiu e Emilia Cribiu: infatti re 

Umberto I il 27 novembre 1891 decretò la concentrazione delle opere pie nella 

Congregazione di Carità a seguito della Legge n ° 6972 del 17.7.1890. 

Per dovere di cronaca dobbiamo dire che in alcuni anni (1821, 1826, 1831, 1857 e 1883) il 

legato venne consegnato per intero come dote ad alcune eredi del testatore: come si 

saranno comportate in quelle occasioni le ragazze che potevano aspirare al lascito? 

Decidevano di rimandare di un anno il matrimonio pur di poter usufruire della dote Brioschi 

o preferivano comunque sposarsi anche senza quei denari nonostante la povertà? 

Ai poveri di Lainate pensò anche l'abate Giuseppe Casati, che col suo ultimo testamento 

del 1813 destinò la case di famiglia in Passirana al ricovero gratuito, alla cure e al 

mantenimento degli infermi poveri dei comuni di Lainate, con le frazioni, e di Rho, solo per 

la frazione di Terrazzano. 

Quella che sarebbe diventata l'Opera Pia "Ospedale Casati" per disposizione 

testamentaria fu posta sotto la protezione dei Litta e amministrata da tre persone da 

scegliersi "fra gli estimati o parroci dei nominati luoghi". 

II fervore rivoluzionario del Risorgimento, che aveva coinvolto l'alta borghesia e i nobili 

italiani, portò il duca Antonio Litta e il fratello Giulio a partecipare attivamente alle Cinque 

Giornate di Milano e ad offrire in occasione della Battaglia di Magenta del 1859 i loro vasti 

palazzi, fra cui quello di Lainate, per il ricovero dei feriti: tanto che ne ebbero il 

ringraziamento del Cavour e che proprio a Lainate sostò il re Vittorio Emanuele II la notte 

precedente il suo ingresso in Milano al fianco di Napoleone III per la vittoria riportata a 

Magenta. 

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A questo proposito merita di essere sottolineato anche l'episodio riportato dal "Gazzettino 

Padano" del 13-3-1963 durante la rubrica "Cento anni fa": "A Milano il 13 marzo 1863, il 

duca Antonio Litta Visconti Arese si impegnava a corrispondere 100 lire annue, vita natural 

durante, ai suoi concittadini lainatesi che, a partire dal 1863, militando nell'esercito, 

fossero stati insigniti di una medaglia al valor militare. Il primo a ricevere il premio fu il 

bersagliere Antonio Clerici, per il quale il patrizio milanese fece però un'eccezione, 

essendosi egli guadagnato la decorazione prima della data fissata e più precisamente 

nell'assedio di Gaeta". 

Comunque l'avversione contro il dominio austriaco non si spense tanto facilmente neppure 

ad unificazione avvenuta, se nel 1895, in occasione della nomina a deputato per il collegio 

di Rho del barone Giuseppe Weil Weiss, i lainatesi protestarono ritenendo ancora un 

insulto il titolo di "Croati" apparso su un manifesto dove si leggeva "TI Briganta Taliana 

dover votar nostro collega Swai - I Croati di Lainate -". 

Gli ospedali a cui ricorrevano i Lainatesi erano quello di Passirana, di cui abbiamo già 

parlato, e quello Maggiore di Milano. È curioso e interessante esaminare le disposizioni di 

servizio con cui il Comune verso il 1860 impartiva l'incarico del trasporto, con carro a 

cavalli, dei malati indigenti, che venivano citati anche con tanto di soprannome nei registri 

comunali. Vi si trovano così pittoreschi "Piatee", "naggia", "Sciattino", "Mazetta", 

"Calcatura", "ratt", "gagieta", "pipa", "il grancia", soprannomi che in parte ancora troviamo 

tra i Lainatesi di oggi. Solo vent'anni dopo il Comune provvederà all'acquisto di un carro 

d'ambulanza e obbligherà il medico condotto a disporre di un cavallo. 

Secondo quanto testimoniavano nel 1875 i "più vecchi del Comune", risale al tempo 

dell'antica dominazione austriaca precedente al Primo Impero Napoleonico il legato 

disposto dal militare Achille Alessio Alessandro Venini per la distribuzione di sale da 

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cucina, per annue L. 26,40, a famiglie indigenti di Lainate. 

Quale motivo spinse quest'uomo ad elargire tale lascito e proprio a favore dei Lainatesi? 

Era forse stato da loro assistito o ospitato perché ferito, o aveva solo avuto modo di 

conoscere il luogo e di affezionarvisi? Non risulta infatti che abitasse nel nostro paese. E 

comunque commovente l'esame delle croci con cui i beneficiati siglavano di aver ricevuto il 

sale: mani incerte e tremolanti, non avvezze a usare penna e inchiostro, rivelano 

l'analfabetismo di chi doveva anche fare i conti con una miseria, per fortune, quasi 

inconcepibile oggi. 

Più dettagliate sono le notizie che si possono reperire sulla vita della nostra comunità a 

partire dal 6.10.1876, data a cui risale il primo dei verbali del Consiglio Comunale a noi 

pervenuti. 

L'Unità era ormai una realtà e il Paese era stato diviso amministrativamente in Provincie a 

loro volta suddivise in Comuni, i cui Consigli Comunali, pur essendo elettivi, furono 

presieduti in un primo momento da Sindaci nominati direttamente dal Re. Le elezioni 

erano ben lontane dall'essere a suffragio universale e poche erano le persone con diritto 

di voto. Sindaco di Lainate era nel 1876 1'ing. Luigi Meraviglia e gli elettori per le 

amministrative del 1878 furono solo 122, e per le politiche del 1880 solo 25 su 4322 

abitanti, per diventare ben 597 nelle politiche del 1893 dopo le riforme per l'estensione del 

diritto di voto volute dalla Sinistra, che cercò anche di combattere l'analfabetismo della 

stragrande maggioranza della popolazione. A seguito della legge Coppino del 1879 che 

aveva reso obbligatoria e gratuita l'istruzione elementare, anche Lainate fu invitata ad 

aumentare il numero delle classi; ma il Comune rifiutò nonostante i ripetuti inviti dall'alto, 

mantenendo le già esistenti sei classi elementari, di cui quattro nel capoluogo, una a 

Barbaiana e una a Passirana, per complessivi 425 alunni. Perché tanta reticenza? II 

Consiglio Comunale osteggiava il Governo di Sinistra, non ne capiva e condivideva le 

scelte o effettivamente a Roma non si comprendevano i problemi delle singole comunità? 

Erano anni in cui le epidemie le infezioni erano ancora un grave problema, se il Comune 

dovette affrontare a più riprese ingenti spese per vaccinazioni straordinarie e per suffumigi 

ai vaiolosi e ai difterici e per la cure di bambini con la tigna. 

La vita era sempre regolata dai ritmi dell'agricoltura e gli anni in cui i raccolti erano magri 

vedevano la reazione dei poveri contadini, la cui miseria si contrapponeva in maniera 

stridente al benessere dei nobili latifondisti, rappresentati a Lainate dal barone Ignazio 

Weil Weiss, che nel 1872 era subentrato ai Litta Arese con l'acquisto di quasi tutto il 

paese, cosa che gli permise di poter aggiungere al proprio cognome la denominazione "di 

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Lainate", a conferma della sue italianità nonostante la sua origine veronese e dunque 

austriaca. I contadini avevano imparato ad usare l'arma dello sciopero e ne fecero uso nel 

1883 e nel 1889 quando il parroco Don Gaetano Garzoli intervenne per calmare gli animi e 

per intercedere a favore dei coloni. Il Barone si difese ricordando di aver anche provveduto 

a distribuzioni gratuite di farina in occasione del fallito raccolto del 1879, alla costruzione di 

nuove abitazioni e al restauro di vecchie e all'impianto di due stabilimenti, l'uno di 

maglierie e l'altro di telerie, tutto sempre a favore dei suoi coloni e degli abitanti di Lainate. 

Quando poi nel maggio del 1898 scoppiarono a Milano i disordini duramente repressi dal 

Bava Beccaris, il Comune deliberò di abolire provvisoriamente il dazio sul pane e sulle 

farine, per poi ripristinarlo, destinandolo infine a favore della nuova società di mutuo 

soccorso sulla mortalità del bestiame. 

E, poiché si constato l'impossibilita di attuare un insegnamento pratico dell'agricoltura nelle 

scuole del Comune, si organizzarono conferenze agrarie per gli insegnanti. In paese era 

allora praticata anche la risicoltura se il Consiglio Comunale nel 1899 rifiutava di accettare 

le modificazioni del regolamento relative alla coltura del rive nella provincia di Milano che, 

imponendo di distanziare le risaie dai cascinali e dai centri abitati, ne avrebbero 

praticamente proibita la coltivazione a Lainate. 

Anche se il nostro continuava ad essere un comune prevalentemente agricolo, già vi si 

intravedevano comunque alcune realtà industriali: quelle impiantate dal Barone cui 

abbiamo precedentemente accennato e quella cui fa riferimento la delibera n. 123 

26.3.1888 del Consiglio Comunale dove, relativamente alle imposte dell'anno 1882, si 

parla di una ditta con filatoio e incannatoio in Barbaiana di proprietà del sig. Schulthey. Si 

trattava comunque di attività in qualche modo legate alla gelsibachicoltura, ampiamente 

diffusa nel territorio. 

Un divertente spaccato di vita quotidiana dell'epoca si ha rileggendo le pratiche relative al 

reclamo presentato nel 1880 dal sig. Ernesto Diotti contro l'Amministrazione Comunale 

che, avendo concesso al barone Weil Weiss di delimitare la sue proprietà con alberi 

piantati in piazza Litta, secondo il Diotti veniva a ledere il suo diritto di passaggio. La 

disputa continuò per anni e venne risolta solo nel 1885 quando il sopralluogo di un esperto 

della Provincia di Milano pose fine alla questione, anche grazie alla testimonianza di alcuni 

"individui fra i più vecchi del paese, e cioè i nominati Perini Giovanni falegname, altre volte 

rappresentante del fu signor Vitali gia proprietario della casa posseduta dal signor Diotti, 

Conti Giovanni fu Carlo d'anni 56, Rezzonico Pietro fu Giuseppe d 'anni 69 e Cecchetta 

Gio: Battista fu Domenico d'anni 78". Il Perini dichiaro di aver sempre pagato dal 1849 al 

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1872 "nel giorno di San Martino, per ordine del suo padrone Vitali, al Signor Scotti Carlo 

rappresentante della Casa Litta n ° 2 capponi oppure, in mancanza dei capponi, lire 

milanesi 4 dicendo d'aver sentito dire che questo pagamento era fatto pel passo 

suindicato". 

La dichiarazione fu confermata dagli altri testimoni e "finalmente un tal Ferrario Giovanni fu 

Leopoldo d 'anni 52, che da più di trent'anni" lavorava nei servizi stradali del Comune, 

dichiarò che "in quella porzione di terreno trovavansi gelsi e carpini di proprietà Litta e che 

il passaggio che metteva alle case Litta e Vitali non fu mai tenuto in manutenzione dal 

Comune". 

L'anno dopo comunque alla piazza della dispute fu cambiato il nome con quello di Piazza 

Vittorio Emanuele II che conserva anche oggi, mentre il nome di Via Litta fu assegnato alla 

ex Via Garbagnate. 

Nell'ultimo ventennio del secolo il Comune effettuò tutta una serie di interventi nel campo 

dell'edilizia pubblica: su richiesta del parroco si completò il campanile della Chiesa 

parrocchiale, che doveva servire per battere le ore, per indicare l'orario d'inizio e di fine 

delle lezioni, per convocare il Consiglio Comunale, per indicare la chiusura serale dei 

pubblici esercizi e per richiamare la popolazione in caso d'incendio; fu riparata la torre 

campanaria del Santuario; fu istituito un ufficio postale dandone incarico di commesso al 

farmacista e, successivamente, un ufficio telegrafico . 

Si provvide anche all'impianto d'illuminazione e quindi alla assunzione come "accenditori" 

di Primo Della Foglia per i tredici fanali di Lainate, di Carlo Grassi per i quattro fanali di 

Barbaiana e di Luigi Radaelli per i tre fanali di Passirana . 

Oggi rimpiangiamo ritmi e vantaggi della società contadina di un tempo, dimenticandone la 

miseria, la fatica, le malattie e i pericoli rappresentati anche dagli incendi che, in estate 

soprattutto, si scatenavano dai fienili. Proprio gli incendi scoppiati nelle notti del 17 e 30 

giugno e del 1° luglio 1894 spinsero la popolazione a presentare all'Amministrazione 

Comunale un regolamento, allo scopo di rendere più efficaci gli interventi in casi simili, e il 

Consiglio provvide a bandire un concorso per il reclutamento di otto pompieri per Lainate, 

tre per Passirana e tre per Barbaiana, oltre a un certo numero di aiutanti. 

In quegli anni Lainate ebbe anche il suo eroe: il 24 aprile 1898 un bimbo di 7 anni, Luigi 

Pedrotti, caduto nel pozzo di piazza Maggiore (l'attuale piazza Dante), fu salvato dalla 

prontezza di spirito e dal coraggio del muratore Giuseppe Bosoni di 28 anni, che fu 

insignito di medaglia d'oro al valor civile per essersi calato nel pozzo, in cui l'acqua era 

profondissima a causa delle infiltrazioni del Canale Villoresi. 

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L'Amministrazione aveva a suo tempo approvato la costruzione del Canale, ma nel 1881 

aveva chiesto alla società concessionaria che il tracciato passasse, anzichè a 

mezzogiorno, a nord dell'abitato, al fine di avere un pubblico lavatoio e acqua pronta in 

caso d'incendio. Costruito il canale ed immessavi l'acqua, il livello dei pozzi aumentò di 

circa tre metri e le cantine si allagarono, per cui il Comune invitò il Consorzio Villoresi a 

provvedere, temendo eventuali epidemie dato che oltr'Alpe si erano già verificati casi di 

colera. II problema si sarebbe ripresentato nel 1903, quando le infiltrazioni crearono 

difficoltà per la sepoltura dei morti e resero inservibili le cantine, dove l'acqua raggiungeva 

il metro e mezzo; si pretese allora che la Società Italiana per le Condotte d'Acqua 

provvedesse al rivestimento completo in cemento del letto del Canale e si decise di 

chiudere il famoso pozzo di piazza Maggiore, per sostituirlo con una "tromba". 

33


La storia 

Pregnana Milanese 

Pregnana è un piccolo comune a pochi chilometri da Milano che ha sempre vissuto 

all'ombra delle vicende che hanno segnato la storia dell'importante capoluogo. Benché il 

borgo sia di antica formazione non sono ancora state trovate valide documentazioni 

archeologiche. Tuttavia si può sicuramente ritenere che questa zona fosse già abitata in 

epoca romana. 

Così pure è prevedibile che anche qui il passaggio dei vari popoli barbari lasciò segni 

terribili. Unni, Visigoti, Goti e Longobardi sottoposero Pregnana allo stesso trattamento 

riservato a tutto il territorio lombardo. Poche ed incerte sono pure le notizie sul paese nel 

periodo del basso Medio Evo. 

Federico Barbarossa viene citato in qualche documento per aver saccheggiato Pregnana 

nel XII secolo. Come se non bastasse venne anche la carestia che , riportano le cronache 

dell'epoca, devastò tutto il territorio milanese negli anni 1242 e 1246. La carestia e 

l'improduttività delle terre aveva un'origine solo apparentemente legata 

all'approssimazione agronomica con cui venivano coltivati i campi. Causa maggiore era 

costituita da incendi, devastazioni, furti e ruberie, a cui erano vessati campi ed abitazioni 

nonché i ricoveri degli animali. Il lavoro nei campi era pertanto dei meno redditizi e dei più 

insicuri. 

I contadini abbandonavano allora le terre per rifugiarsi negli abitati dei villaggi maggiori. 

Inoltre venivano a mancare braccia per lavorare, a causa delle numerose e continue lotte 

che tenevano lontane gli uomini e li impegnavano nel più rischioso, ma più remunerativo 

mestiere del mercenario. 

Sintomatico segno della tristezza dei tempi è la cronaca della famosa battaglia dei 

Lanzechenecchi di Lodriso, avvenuta nel 1339 e che fu segiuta, soltanto due anni dopo, 

dalla devastazione dei campi per l'invasione di cavallette: un esercito feroce e famelico 

quanto quello dei mercenari. 

Allora la maggior parte del territorio di Pregnana era posseduto dalla chiesa e da essa fu 

acquistato da varie nobili casate. 

I documenti di compravendita segnano così lo sviluppo delle casate e il passaggio dall'una 

all'altra delle terre e delle ville. Qui ebbe beni Guido della Torre che fu signore di Milano 

dal 1302 al 1311. La famiglia dei marchesi d'Adda, nobile e potente finanziariamente 

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grazie ai commerci ed ai servizi bancari, possedette in Pregnana un palazzo sontuoso, 

degno della fama che godevano i grandi finanziatori del governo milanese. 

Ma la ricchezza di una famiglia era data anche dalle pertiche di terra agricola da essa 

posseduta. Il conte Barnaba Barbò ne possedeva 1319, il marchese Ercole d'Adda 925, 

don Mauro Orombelli 381. 

Per quanto riguarda invece la gente comune, nel 1590 Pregnana era composta da 288 

abitanti distribuiti per la maggior parte in 34 cascine. 

Ci pensò la grande peste del XVII secolo a limitare lo sviluppo della popolazione. I 

pregnanesi hanno conservato la memoria del triste evento, recandosi annualmente in 

pellegrinaggio ai resti del Lazzaretto, che era stato costruito in periferia per ospitare gli 

ammalati. 

Il paese cambiò spesso anche di padrone: dalla chiesa a Guido della Torre, poi gli 

spagnoli, da questi gli austriaci, quindi ci fu l'esperienza della repubblica Cisalpina, per poi 

ritornare, con il trattato di Vienna, in mano agli austriaci. 

Infine giunse l'annessione al regno d'Italia. A metà dell'ottocento inizia la lenta 

trasformazione del paese da agricolo ad industriale. Nel 1868 si inaugura il canale 

Villoresi, che si stacca dal Ticino a Somma Lombardo e sfocia nell'Adda, dopo un percorso 

di 83 chilometri. 

La funzione del canale è irrigua e le terre che vengono toccate dal corso d'acqua ne 

traggono notevole giovamento in termini di resa e di qualità della produzione. Anche 

Pregana vive questo felice avvenimento in quanto viene raggiunta da un ramo che si 

stacca dal canale. Contemporaneamente un'altra grande opera veniva realizzata sul 

territorio: la ferrovia Milano-Rho-Arona, ultimata proprio nel 1868. Questa ferrovia, che 

andava ad aggiungersi alla Milano-Rho-Magenta, è il segno del livello di velocità raggiunto 

dalle attività della zona, che abbisognava di trasporti sicuri e veloci per il commercio dei 

prodotti e dei manufatti. 

Il 20 Settembre 1900 il Consiglio Comunale, per decisione governativa, aggiunse al nome 

di Pregnana la denominazione "Milanese", che doveva distinguerlo da altri comuni 

omonimi. Nel 1922 arrivò la luce elettrica per le vie del paese e nel 1925 sorse un 

importante stabilimento di tessitura. La via dell'industrializzazione era ormai intrapresa. La 

popolazione cresceva in modo forte nel secondo dopoguerra e con essa miglioravano i 

servizi offerti dall'Amministrazione Comunale. Una tra le più importanti opere, è stata la 

costruzione del cavalcavia sulla ferrovia che ha liberato il paese consentendogli 

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un'adeguata espansione urbanistica ed un efficiente collegamento tra le località del paese 

con i comuni limitrofi. 

Le cascine 

Nelle cascine si è consumata la storia quotidiana di intere generazioni di pregnanesi. Al 

centro della costruzione c'era l'aia: punto di lavoro e di incontro. In un lato del cortile 

sorgeva la casa patronale, il più spesso abitata dal fattore. Tutto il fabbricato aveva forma 

di quadrilatero a corte chiusa con due uscite: una sulla strada e l'altra, l'altra direttamente 

sui campi. 

Appartenevano al comune di Pregnana numerose cascine. Ecco qualche curiosità sulle 

più rinomate. Cascina "La Fabriziana". E' detta anche "Cascina Rossa", si trova a metà 

strada tra Pregnana e Rho ed è di forma semicircolare. Qui in un grande forno, in tempi 

antichi, veniva cotto il pane per tutti i pregnanesi. E' caratterizzata da grandissimi porticati 

ad arco. Cascina "L'Isola dei Fiori". Ha antiche origine testimoniate da pitture e stucchi, 

appartenenti ad un'epoca di nobiltà. E chiamata così perché circondata da giardini ed 

aiuole fiorite. Cascina "Svizzera". E' così detta da un proprietario di origine svizzera. 

Cascina "Serbelloni-Salvetti". 

Qui era l'unico fornitissimo negozio, dove si trovava di tutto, per tutte le necessità. Cascina 

"Comune". Risale al XV secolo ed è ricca di storia e di tragici avvenimenti. Ai tempi delle 

pestilenze fu prestata al Comune per ricoverare gli ammalati. L'assistenza fu affidata 

anche ai monaci Cistercensi di Parabiago. La costruzione presenta ancora una torretta 

campanaria con campanella , un piccolo altarino e un antichissimo bassorilievo. 

La Toponomastica e lo stemma 

Sul "Dizionario di toponomastica lombarda", Olivieri interpreta il nome di Pregnana 

facendolo derivare da alcuni nomi romani di persona. E' noto infatti che spesso è la 

famiglia più potente, l'uomo più importante, a consegnare alla storia i propri territori 

contrassegnandoli con il nome del catasto di appartenenza. Per cui è accettabile la 

derivazione di Pregnana dai nomi "Proenius" o "Perennius". 

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Ecco la descrizione dello Stemma comunale e del Gonfalone, rilasciati al Consiglio 

Comunale nel 1954 dall'allora Presidente della Repubblica Luigi Einaudi: 

STEMMA: di color verde, allo scaglione d'azzurro sormontato dalle chiavi di San Pietro ed 

avente in punta la torre d'argento alla guelfa, aperta e finestrata di nero. Ornamenti 

esteriori da Comune. 

GONFALONE: Drappo di colore verde, riccamente colorato e ornato di ricami d'argento e 

caricato dello stemma sopra descritto con l'iscrizione centrata in argento: "COMUNE DI 

PREGNANA MILANESE". 

Le parti di metallo dei cardoni saranno argentate. L'asta verticale sarà ricoperta di velluto 

verde con bullette argentate poste a spirale.. 

Nella facciata sarà rappresentato lo stemma del Comune e sul gambo inciso il nome. 

Cravatta e nastri tricolorati dai colori nazionali frangiati in argento. 

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Lo stemma 

Pero 

D'argento, alla banda diminuita e ondata d'azzurro, accompagnata, nel 

cantone sinistro del capo, da un albero di pero sradicato al naturale e nel 

cantone destro della punta da un cerchio di rosso 

Questo stemma evidenzia chiaramente il desiderio di descrivere 

araldicamente la natura del territorio del Comune cui si riferisce e, nello 

stesso tempo, di sottolineare la denominazione delle località sulle quali si 

estende la sua giurisdizione. 

Lo stemma presenta, infatti, come figura principale, la banda ondata 

d'azzurro, che allude al fiume Olona che solca quelle terre. Per 

evidenziare il nome del Comune, nel cantone sinistro del capo dello 

stemma (il cantone sinistro, per l'araldica, corrisponde a quello destro 

per chi guarda lo stemma) è raffigurato l'albero di pero. Per ricordare poi 

anche il nome delle due frazioni - Cerchiarello e Cerchiate - nel cantone 

destro della punta dello stemma è raffigurato il cerchio di rosso, figura 

costituita da due piccoli cerchi concentrici. 

Lo stemma di questo Comune, quindi, 

può essere considerato uno stemma 

parzialmente "parlante", nel senso 

che i nomi delle figure che vengono 

riprodotte sopra il suo campo (il pero 

e il cerchio), coincidono con il nome 

del titolare dello stemma (nello 

specifico, Pero, Cerchiarello e 

Cerchiate). 

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Il toponimo 

Garbagnate 

Composto dalla radice "GARBAGN" e dalla desinenza "ATE" ha origini celtiche o romane. 

La radice "Garbagn" (Garben) celtica significherebbe manipolo - fascio di spighe e la 

desinenza "ate" luogo - contrada. 

Rohlfs lo farebbe derivare dal nome di persona "Carvanius" (probabile colono che 

collaborò con Cesare nella guerra gallica e a cui venne affidato il territorio) e dalla 

desinenza Ate. 

Altre ipotesi: la traduzione nella lingua tedesca: Garben (covoni) ed Ate (luogo); quindi 

"luogo dei covoni" ossia del grano e, per Olivieri, la voce garbum "cespuglieto", "terreno 

non coltivato o non fabbricato". 

Le necropoli 

Nel 1885 in località detta "Baloss" presso l'attuale Statale Varesina e sulla via per Cesate 

nel 1891 vennero scoperte due necropoli. I reperti sono nei sotterranei del Castello 

Sforzesco di Milano e nel Museo Archeologico di Corso Magenta. E' controversa 

l'appartenenza dei resti al popolo Celtico o a quello Romano. 

Il cristianesimo 

Fino al tempo di S. Ambrogio (IV sec. d.C.) la cattedrale milanese fu l'unico luogo di 

preghiera per i cristiani. S. Ambrogio strutturò la sua vasta diocesi ed I vescovi successori 

la frazionarono in "Plebes",cioè Pievi, centri dotati di chiesa battesimale. Garbagnate 

appartenne alla Pieve di Bollate, presente già nel 1092. La Pieve comprendeva anche 

Cesate, Novate, Baranzate, Vitalba, Senago, Pinzano e dal 1400 Arese. Nel XVI secolo la 

Diocesi era divisa in 57 Pievi. 

39


Dal medioevo alla dominazione spagnola 

Nel medioevo Garbagnate conobbe le strutture agricolo-feudali. Nel XI sec. non ebbe però 

il suo castello, dimora del feudatario, poichè centro di piccole dimensioni e privo di 

posizione strategica. Passò sotto il dominio dei Visconti tra il '300 ed il '400. Proprietario fu 

Danesio figlio di Giovanni della Città di Milano. Qui nacque Gaspare, che partecipò 

all'assedio contro i Torriani nel 1285. Al loro servizio vi fu inoltre Francesco da 

Garbagnate: illustre letterato, diplomatico,ambasciatore e uomo di guerra. Si stabilirono 

importanti Ordini Religiosi, ai quali Danesio Visconti cedette gran parte delle proprietà. 

Si ricordano due visite importanti alle chiese di Garbagnate: una di S. Carlo Borromeo nel 

1573 e l'altra del Cardinal Arcivescovo Federico Borromeo nel 1603. 

Nel 1580 Garbagnate si trovò infeudato con la pieve di Bollate. Feudatario il Marchese 

Giovanni Manriquez di Mendoza, venuto dalla Spagna con Carlo V. I Manriquez nel 1675 

vendettero il feudo ai "da Pado o da Po". Primo titolare fu Gaspero Prospero. Le 

vessazioni dei proprietari feudali causarono miseria e malattie fra i contadini, mentre 

bande di briganti li saccheggiarono. 

Si ebbe drastico calo demografico tra il 1573 ed il 1615 (da 900 a 550 abitanti). 

Dalla dominazione austriaca all'unita' d'italia 

Nel XVIII Maria Teresa d'Austria favorì il dissodamento ed il rimboschimento delle 

brughiere locali, riadattò molte strade impraticabili, potenziò i collegamenti e diede la 

caccia a malviventi. 

Nel 1732 i terreni del Comune erano di 34 Ditte Censorie, sette delle quali Ordini religiosi. 

Giuseppe II d'Austria cancellò gli Ordini e fece vendere i terreni all'asta. 

Nel 1786 vennero soppressi i feudi. Con la rivoluzione francese ed il periodo napoleonico 

la proprietà terriera si avviò al frazionamento ed ad acquisire forme moderne. I contadini si 

concentrarono di nuovo nelle campagne; si costruirono nuove abitazioni, lungo il torrente 

Guisa, disposte a corti. 

Nel periodo napoleonico i Comuni di Cesate, Arese e Castellazzo furono aggregati a 

Garbagnate, che faceva parte del Cantone di Rho e del Dipartimento d'Olona. 

Dopo il Congresso di Vienna Garbagnate fu assegnata al III Distretto di Bollate. Nel 1817 

venne aperta la prima Scuola Elementare Comunale. Dopo la proclamazione dell'Unità 

40


d'Italia (1861) primo Sindaco fu Giuseppe Uboldi. 

Il 18 febbraio del 1864 con decreto del Re Vittorio Emanuele II Garbagnate assunse la 

denominazione di Garbagnate Milanese. 

Garbagnate contemporanea 

Seguì nel 1885 in Sindaco Enrico Borlandelli. 

Nacque la vocazione industriale da quella agraria. Il frazionamento e l'acquisto dei terreni 

da parte della nuova borghesia, residente nello stesso comune e amministratrice della vita 

politica, portò da un lato a maggior sfruttamento dei contadini e dall'altro all'allontamento 

dei giovani e delle donne, che si impiegarono nelle filande e nelle industrie meccaniche e 

siderurgiche a sostegno della famiglia. 

Si costruì il Canale Villoresi con lo scopo di collegare il Ticino all'Adda. Nel 1888 passò per 

Garbagnate servendo i terreni agricoli di S. Maria Rossa e di Bariana. 

Nel 1879 passò il primo tratto della Ferrovia Nord Milano-Saronno e sorse la prima 

stazione ferroviaria. Si sviluppò la rete stradale ordinaria mediante tramvie a cavalli ed a 

vapore. Nel 1876 lungo la strada provinciale Milano-Varese passò la tramvia Milano- 

Cagnola-Saronno. Ne beneficiarono le prime industrie di laterizi locali: le fornaci Marazzi, 

Poggi e Litta, Beretta- Gianotti che sfruttarono il territorio ricco di "ferretto". 

Nei primi decenni del '900 Garbagnate rimase comunque prevalentemente agricola. La 

maggior parte dei cittadini viveva nelle "corti", abitazioni rurali, in condizioni malsane. 

Nei 1923 si costruì per la cura della tubercolosi il Sanatorio Vittorio Emmanuele III 

immerso nel verde delle Groane. 

Nel 1928 il Re concedette lo stemma al Comune che porta al suo interno in fascio di 

spighe (garben) parte etimologica del nome Garbagnate. Le 4 stelle rappresentano le 4 

località: S. Maria Rossa, Bariana, Barianella e Siolo. Il verde, che occupa la maggior parte 

dello scudo, significa speranza, gioia, abbondanza. Il rosso e il verde significano gioventù 

valorosa. La corona antica ricorda il Marchese Corrado, feudatario del luogo nel 17° 

secolo, che aveva la sua dimora nella Corte Nobile. 

Con il coinvolgimento dell'Italia fascista nel secondo conflitto mondiale Garbagnate 

organizzò la lotta partigiana. Nel 1944 Don Giacomo Gervasoni costituì le Brigate del 

Popolo, mentre presso l'Ospedale Sanatorio Salvini si compirono azioni di resistenza da 

parte delle Brigate Garibaldi: alcuni furono inviati nei campi di sterminio. Varie le azioni di 

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sabotaggio ed importante il contributo in vite umane alla lotta di liberazione dal 

nazifascismo. 

Con il dopoguerra si passò all'economia industriale con significativa ondata migratoria da 

altre regioni. Garbagnate assunse le sembianze attuali. 

Negli anni '40 venne ultimata la Chiesa Parrocchiale SS Eusebio e Maccabei; nel 

dopoguerra si costruirono nuovi edifici scolastici, il moderno Municipio, oratori per la 

gioventù. Sul viale Forlanini sorsero la maggioranza delle industrie e nel 1951 il Villaggio 

artigianale post-sanatoriale accanto all'Ospedale. 

Nel 1963 l'Alfa Romeo si insediò ad Arese utilizzando manodopera locale ed immigrata. Si 

favorì l'espansione edilizia. Le periferie diventarono importanti e crebbero i nuovi quartieri 

con vari servizi privati e pubblici, fra i quali nel 1975 la biblioteca civica. 

Lo sviluppo del terziario e del quaternario sottolineano gli ultimi decenni. 

42



Cornaredo 

Differenti e molteplici sono le ipotesi relative alle origini del toponimo Cornaredo, alcune 

delle quali dovute alle diverse trascrizioni del nome pervenuteci nel corso dei secoli. Una 

delle congetture più accreditate fa derivare il termine da un vocabolo del IX secolo: 

cornareto o cornalete che significa cornioleto, dal latino cornius mas, ossia porzione di 

terreno coltivata da cornioli, pinte di legno durissimo che crescono soprattutto nei boschi. 

Un'altra ipotesi è legata invece alla toponomastica delle strade e delle contrade romane. 

Una delle più importanti ed antiche arterie del Nord Italia realizzata dai Romani, l'attuale 

strada statale 11, partiva da Porta Vercellina e procedeva in linea retta fino a Quinto 

Romano. 

da questo punto la strada compiva una brusca virata per poi tornare retta, in latino cornua 

redo, torna a destra, lo spazio dove sorge cioè l'attuale Cornaredo. Infine è interessante 

riportare un'antica leggendapopolare alla quale pochi studiosi attingono per derivare il 

toponimo. 

un tempo Cornaredo era presente un mattatoio che riforniva di carne fresca la vicina 

Milano; gli animali giungevano vivi in paese e venivano macellati e rispediti ai milanesi, i 

quali controllavano l'esatta corrispondenza tra i capi inviati al macello e quelli uccisi, 

contando le corna degli animali che venivano restituiti: cioè cornua redo, da cui 

Cornaredo. in ogni caso il nome Cornaredo appare per la prima volta in un documento 

dell'anno 894. 

Lo stemma 

"Uno stemma d'azzurro terrazzato di verde al bue di bianco con zoccoli d'argento 

passante davanti ad un olmo al naturale, con capo di rosso caricato dell'immagine di San 

Pietro vestito d'azzurro, ritenuto che tale stemma non è né riconosciuto né documentato 

ma è uno stemma parlante entrato nelle consuetudini locali.." 

Anche la breve relazione storica che accompagna il documento torna a rimarcare che 

"questo stemma non ha alcuna giustificazione storica né gentilizia in quanto stemma 

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parlante". 

In araldica vengono definite "parlanti" le armi che con immagini e figure alludono al nome 

della famiglia o della città che le porta, non avendo un fatto glorioso cui richiamarsi per 

eternarlo nello stemma. 

Viene da pensare che chi lo disegnò nel 1882 trovò semplice raffigurare l'apostolo Pietro e 

l'olmo per la frazione di S.Pietro All'Olmo e Cornaredo, visto che alla fine dell'Ottocento si 

avevano allevamenti bovini di una certa consistenza e che la radice del nome era Corna-, 

di disegnarvi il bue, non considerando che le "corna" le hanno pure le Cornacee, famiglia 

di piante a cui appartengono i cornioli. 

Cenni storici: Cornaredo 

Cornaredo e San Pietro All’Olmo, sono località di antica fondazione, i primi insediamenti 

risalgono al 4000 a.C. , ma solo tra il 1500 e il 1000 a.C. possiamo parlare di popolazioni 

che stabilmente permangono in questa zona dedicandosi alla pastorizia e all’agricoltura. 

Queste popolazioni furono assogettate dagli eserciti romani e in quel periodo Cornaredo 

non fu un vero e proprio agglomerato urbano dotato di una certa consistenza demografica. 

Con la caduta dell’Impero Romano iniziarono le incursioni dei barbari, che portarono , con 

le loro dominazioni, ad uno sfaldamento totale delle istituzioni romane e 

dell’organizzazione sociale della zona. 

Nel 568 i Longobardi invasero l’Italia ed anche la loro presenza lasciò tracce incisive nel 

territorio cornaredese. 

All’epoca di Re Berengario I viene permesso ai privati di costruire castelli e mura difensive 

44


intorno ai villaggi. Esiste un documento in cui si menziona il “castri” di Cornaredo di 

proprietà dei Visconti, la cui edificazione risalirebbe almeno al X-XI secolo. 

Oggi dell’impianto originale del “CASTRUM” rimane soltanto qualche rudere inserito nella 

curta del Doss. 

Nel 1167 Federico Barbarossa assalì e devastò alcuni territori tra cui Cornaredo. Il ruolo 

giocato dagli ordini monastici fu molto importante; essi possedevano grandi estensioni di 

terra, frutto di donazioni, e contribuirono a migliorare le condizioni di vita delle popolazioni 

contadine, introducendo l’irrigazione e l’organizzazione dell’agricoltura. 

Tra il XI e il XII secolo fu edificata l’Abbazia di San Pietro All’Olmo. L’importanza 

dell’Abbazia e la sua bellezza architettonica ebbero sempre più risonanza insieme 

all’estensione delle terre di proprietà dei Lateranensi. Oltre ai Lateranensi , anche le 

UMILIATE possedevano un convento a Cornaredo, che ospitò per molto tempo i frati 

Certosini. 

Il passaggio dalla proprietà religiosa a quella laica avvenne nel 1647 quando Cornaredo, 

S. Pietro All’Olmo e Monzoro furono venduti a Gerolamo Dugnani. 

I Dugnani possedevano due palazzi a Cornaredo che hanno resistito agli attacchi del 

tempo, e uno di questi è la sede dell’attuale Municipio, in Piazza Libertà. L’altro edificio si 

trova in Piazzetta Dugnani, costruita in stile tipico del ‘600. 

La famiglia Dugnani si estinse nel 1945 con la scomparsa dell’ultima erede Nicolina, alla 

quale è dedicata la scuola elementare di via IV novembre. 

Nell’800 si assistette allo sviluppo del tessile, e allo scopo venne edificata la Filanda in 

Piazza Libertà. La famiglia Ponti contribuì a segnare positivamente la vita di Cornaredo, 

istituendo scuole, asili e avviando opere assistenziali. 

Anche San pietro all’inizio dell’800 ebbe la propria Filanda, richiamando manodopera da 

altri paesi. 

Nel ‘900 si assistette al definitivo declino dell’industria della seta naturale e alla 

conseguente chiusura della Filanda, per lasciare posto ad industrie di altro genere. A 

favorire lo sviluppo industriale della zona contribuirono gli insediamenti di via Merendi e via 

Monzoro dove sorsero aziende metalmeccaniche, chimiche ed alimentari. 

Negli anni ’70, insieme allo sviluppo industriale si assistette anche all’aumento 

demografico della popolazione. Il paese vene dotato di strutture: scuole, impianti sportivi, 

della biblioteca, del parco. 

45


Tuttavia, la crescita industriale e demografica non ha stravolto la struttura originaria del 

comune, che ancora oggi resta caratterizzato dalle sue corti, per le quali sono state 

previste opere di recupero e conservazione. 

Un altro aspetto funzionale al mantenimento dell’identità del paese, nonostante il suo forte 

sviluppo industriale, è la spinta aggregativa nelle attività di volontariato e associazionismo, 

mantenute nel tempo dalla popolazione costantemente impegnata nel sociale, in 

collaborazione con le strutture comunali oltre che con quelle tradizionali delle parrocchie e 

degli oratori. 

Cenni storici: San Pietro all’olmo 

Le origine non documentate ma leggendarie della frazione di San Pietro all’Olmo sono 

fatte risalire ad un racconto, famoso nell’intera zona. Si dice che durante l’impero di 

Diocleziano, che vide l’ultima persecuzione contro i Cristiani (303 d.C.), fu ritrovato il corpo 

straziato ed incorrotto di San Vittore, custodito da feroci leoni in una località selvosa detta 

ad ulmos, posta lungo la strada che da Milano conduceva ad Vercellas. 

Probabilmente la dicitura ad ulmos sta ad indicare una zona ricca di olmi, come in effetti è 

quella di San Pietro. Se la leggenda avesse un minimo di fondamento, sarebbe possibile 

affermare che la località Olmo esisteva già dal IV secolo d.C. 

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Vanzago 

Vanzago vanta origini antiche, forse celtiche come indicherebbe la radice "an” e la 

terminazione in "ac" del suo nome nella versione più antica. 

Ci si deve tuttavia accontentare, per le prime documentazioni scritte, di testimonianze 

risalenti all' anno 864. 

Vissuto per tanti secoli di economia essenzialmente agricola, conobbe l'avvicendarsi di 

tanti proprietari terrieri dai più illustri come i Simonetta a tanti meno noti come i Croce, i 

Besozzi, i Posterla, i Calderara, i Gattinoni e i Ferrario. 

Il paese non fu mai “infeudato”, essendo riuscito anche nei tempi più difficili a pagare al 

Ducato di Milano quel tanto da mantenere propria indipendenza almeno formale. 

La chiesa di San Ippolito e Cassiano - ricostruita nel 1859 in eleganti linee interne 

dell’architetto G.Muraglia - vanta origini molto antiche testimoniate in documenti a partire 

dal XII secolo. 

La Chiesa di San Ippolito e Cassiano 

Vanzago ebbe nel medioevo e fino al tardo Quattrocento un convento di monache, il cui 

nome è rimasto nel cortile ancor oggi detto “il Monasterolo". 

I suoi antichi padroni, le cui famiglie si sono tutte estinte, hanno lasciato tra l'altro due 

splendidi palazzi di origine cinquecentesca:il Palazzo detto “Gattinoni”, oggi sede della 

Fondazione Ferrario che l’ha riattato splendidamente nelle sue linee settecentesche ed il 

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palazzo Caldarara, recentemente acquistato e ristrutturato dal Comune e oggi sede del 

Municipio. 

Entrambi i palazzi sono circondati da grandi aree a verde: il primo con uno splendido 

parco ricco di alberi secolari e pregiati; l’altro con un area adibita a centro sportivo. 

L'aspetto generale del paese è assai gradevole e, abbondante, è ancora il verde: ma ciò 

che costituisce una perla in assoluto è la presenza, tra Vanzago e Mantegazza, del “Bosco 

di Vanzago", riserva naturale oggi di proprietà del WWF: un'area di un migliaio di ettari in 

cui l'aspetto originale dei boschi e della campagna lombarda delle nostre zone viene 

conservato e valorizzato con la presenza protetta della fauna locale, nonché con l'arrivo 

periodico di uccelli di passo, attirati anche dai laghetti esistenti. 

Mantegazza è una frazione del Comune che ha conservato un assetto edilizio della sua 

"contrada" principale di buon sapore anticheggiante. Interessante l'antica chiesuola di San 

Giovanni Battista al centro del paese 


Palazzo Gattinoni 

Vanzago vanta origini antiche, forse celtiche come indicherebbe la radice "an” e la 

terminazione in "ac" del suo nome nella versione più antica. 

Ci si deve tuttavia accontentare, per le prime documentazioni scritte, di testimonianze 

risalenti all'anno 864. 

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Lo stemma 

Una circolare del Presidente del Consiglio nel 

novembre 1931, sempre ispirata a esigenze di 

decoro formale, sollecitava i Comuni che non lo 

avessero a dotarsi di uno Stemma. 

Il 17 agosto 1933 il podestà diede un incarico al 

dottor Mario Ferraresi di Sedriano “esperto di 

questioni araldiche”, perché istruisse la pratica 

dello stemma comunale. 

Il Ferraresi produsse quella piccola e un po’ 

dozzinale ricerca storica su Vanzago, fatta su 

poche carte del fondo Censo dell’Archivio di 

Stato, e concluse con il suggerimento di adottare 

come stemma del Comune quello antico dei 

Simonetta, cambiandone però i colori come 

esigono le regole di araldica. 

Lo stemma di Vanzago, come ratificato dalla delibera podestarile del 29 dicembre 1933, 

viene quindi raffigurato da un leone d’oro rampante tenente una croce d’azzurro. 

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________________________________________________________________________________________Dati sulla popolazione 

DATI SULLA POPOLAZIONE 

I numeri 

Le tabelle sottostanti riproducono i dati più significativi (fonte ISTAT 2001) riguardanti la 

popolazione dei comuni del Nord-Est di Milano oggetto di studio. 

Comune Tot. abitanti Maschi Femmine Densità per Km² Nº famiglie Nº abitazioni 

Rho 51.181 25.025 26.156 2.293,1 20.570 20.972 

Bollate 46.244 22.784 23.460 2.908,4 18.269 19.038 

Garbagnate M. 27.293 13.395 13.898 3.080,5 9.897 10.284 

Lainate 23.308 11.487 11.821 1.802,6 8.817 9.269 

Cornaredo 19.664 9.680 9.984 1.451,2 7.686 8.160 

Arese 18.740 9.229 9.511 2.874,2 6.892 7.158 

Pero 10.355 5.155 5.200 2.071,0 4.100 4.380 

Vanzago 6.780 3.389 3.491 1.102,4 2.654 2.812 

Pregnana M. 6.003 2.955 3.048 1.225,1 2.242 2.314 

INDICATORI DEMOGRAFICI 

Dati gennaio 2001 

Popolazione 

Indice di Indice di Indice di 

Comune 

attiva 

Anni (15-64) 

di cui donne 

maggiori di 65 

anni 

di cui donne 

dipendenza 

(0-14+ 

65e+)/(15-64) 

ricambio 

(15-19)/(60-64) 

vecchiaia 

(65 e+)/(0-14) 

Arese 74 50 12 57 34,4 141,4 92,7 

Bollate 72 49 15 58 39,7 132,7 104,3 

Cornaredo 73 50 13 58 37,3 121,6 91,5 

Garbagnate 

Milanese 

73 50 12 59 37 107,7 84,7 

Lainate 72 50 14 58 38,8 137,7 94,6 

Pero 72 49 15 58 38,6 125,2 112,8 

Pregnana 

Milanese 

73 50 14 58 37,9 122,5 106,5 

Rho 70 50 18 60 42,9 139,3 149,3 

Vanzago 71 50 16 64 40,6 155,7 116,2 

È possibile notare (anche osservando le carte sottostanti che riproducono la densità della 

popolazione e la popolazione dei comuni del Milanese) come la densità di popolazione più 

elevata si registri nel comune di Garbagnate Milanese, seguito da Bollate ed Arese; 

mentre il comune con il maggior numero di abitanti sia Rho (quasi il doppio rispetto a 

Garbagnate, ma distribuiti su una superficie molto maggiore) e quelli con il minor numero 

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siano Pregnanza e Vanzago, che sebbene presentino un territorio molto meno vasto 

hanno anche una bassa densità di abitanti per Km². 

Dalla carta che riproduce la dinamica della popolazione nei comuni della provincia di 

Milano (basandosi sul confronto tra i dati ISTAT del censimento del 1991 con quelli del 

2001) si può notare come i comuni di Rho e Pero registrino una netta diminuzione della 

popolazione, tra -7% e -1%, Arese sia sostanzialmente stabile, mentre tutti gli altri comuni 

oggetto del nostro studio abbiano popolazione in aumento, addirittura oltre al +10% per 

Lainate e Vanzago. 

51


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L’occupazione della popolazione 

Nelle pagine seguenti sono riportate delle tabelle, una per ogni comune, indicanti la 

suddivisione delle diverse attività lavorative svolte e dati numerici relativi ad ognuna di 

queste da cui emerge chiaramente come la maggior parte della popolazione attiva si 

concentri nell’industria e nei servizi mentre l’agricoltura sia praticamente irrilevante. 

Dalla carta della provincia di Milano sottostante è possibile invece ricavare il rapporto tra 

addetti e popolazione per ogni singolo comune da cui emerge che la percentuale di addetti 

sul totale della popolazione supera il 55% per i comuni di Pero e Pregnana Milanese 

mentre è compresa tra il 44% e il 55% per Lainate, tra il 34% e il 44% per Rho, Cornaredo 

e Arese ed inferiore al 23% solo per il comune di Vanzago. 

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Comune: ARESE 

Comune di Arese 

Attività Maschi Femmine Totale Unità locali 

AGRICOLTURA, CACCIA E SILVICOLTURA 5 (0.1%) 1 (0%) 6 (0.1%) 4 

PESCA, PISCICOLTURA E SERVIZI CONNESSI 0 (0%) 0 (0%) 0 (0%) 0 

Agricoltura 5 (0.1%) 1 (0%) 6 (0.1%) 4 

ESTRAZIONE DI MINERALI ENERGETICI 0 (0%) 0 (0%) 0 (0%) 0 

ESTRAZIONE DI MINERALI NON ENERGETICI 0 (0%) 0 (0%) 0 (0%) 0 

Industrie Estrattive 0 (0%) 0 (0%) 0 (0%) 0 

INDUSTRIE ALIMENTARI, DELLE BEVANDE E DEL TABACCO 6 (0.1%) 6 (0.2%) 12 (0.1%) 7 

INDUSTRIE TESSILI E DELL'ABBIGLIAMENTO 4 (0.1%) 3 (0.1%) 7 (0.1%) 3 

INDUSTRIE CONCIARIE, FABBRICAZIONE DI PRODOTTI IN CUOIO, PELLE E 

SIMILARI 

4 (0.1%) 11 (0.4%) 15 (0.2%) 2 

INDUSTRIA DEL LEGNO E DEI PRODOTTI IN LEGNO 14 (0.2%) 2 (0.1%) 16 (0.2%) 3 

FABBRICAZIONE DI PASTA-CARTA, CARTA E PRODOTTI DI CARTA; STAMPA 

ED EDITORIA 

FABBRICAZIONE DI COKE, RAFFINERIE DI PETROLIO, TRATTAMENTO 

COMBUST. NUCLEARI 

FABBRICAZIONE DI PRODOTTI CHIMICI E DI FIBRE SINTETICHE E 

ARTIFICIALI 

135 (2.2%) 47 (1.5%) 182 (2%) 25 

0 (0%) 0 (0%) 0 (0%) 0 

80 (1.3%) 41 (1.3%) 121 (1.3%) 5 

FABBRICAZIONE DI ARTICOLI IN GOMMA E MATERIE PLASTICHE 10 (0.2%) 1 (0%) 11 (0.1%) 2 

FABBRICAZIONE DI PRODOTTI DELLA LAVORAZIONE DI MINERALI NON 

METALLIFERI 

24 (0.4%) 6 (0.2%) 30 (0.3%) 5 

PRODUZIONE DI METALLO E FABBRICAZIONE DI PRODOTTI IN METALLO 307 (5.1%) 79 (2.6%) 386 (4.2%) 42 

FABBRICAZIONE MACCHINE ED APPARECCHI MECCANICI; INSTALLAZIONE 

E RIPARAZIONE 

FABBRICAZIONE MACCHINE ELETTRICHE E APPARECCHIATURE 

ELETTRICHE ED OTTICHE 

328 (5.4%) 81 (2.7%) 409 (4.5%) 20 

277 (4.6%) 184 (6.1%) 461 (5.1%) 33 

FABBRICAZIONE DI MEZZI DI TRASPORTO 2,674 (44.1%) 838 (27.6%) 3,512 (38.6%) 3 

ALTRE INDUSTRIE MANIFATTURIERE 2 (0%) 0 (0%) 2 (0%) 2 

Inustrie Manifatturiere 3,865 (63.7%) 1,299 (42.8%) 5,164 (56.7%) 152 

PRODUZIONE E DISTRIBUZIONE DI ENERGIA ELETTRICA, GAS E ACQUA 80 (1.3%) 0 (0%) 80 (0.9%) 3 

COSTRUZIONI 161 (2.7%) 21 (0.7%) 182 (2%) 110 

Altre Industrie 241 (4%) 21 (0.7%) 262 (2.9%) 113 

Totale industrie: 4,106 (67.7%) 1,320 (43.4%) 5,426 (59.6%) 265 


COMMERCIO INGROSSO E DETTAGLIO; RIPARAZIONE DI AUTO, MOTO E 

BENI PERSONALI 

796 (13.1%) 513 (16.9%) 1,309 (14.4%) 422 

ALBERGHI E RISTORANTI 54 (0.9%) 62 (2%) 116 (1.3%) 37 

TRASPORTI, MAGAZZINAGGIO E COMUNICAZIONI 122 (2%) 45 (1.5%) 167 (1.8%) 75 

INTERMEDIAZIONE MONETARIA E FINANZIARIA 61 (1%) 33 (1.1%) 94 (1%) 43 

ATTIVITA' IMMOBILIARI, NOLEGGIO, INFORMATICA, RICERCA, PROFESS. ED 

IMPRENDIT. 

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E DIFESA; ASSICURAZIONE SOCIALE 

OBBLIGATORIA 

635 (10.5%) 446 (14.7%) 1,081 (11.9%) 426 

46 (0.8%) 83 (2.7%) 129 (1.4%) 2 

ISTRUZIONE 86 (1.4%) 379 (12.5%) 465 (5.1%) 22 

SANITA' E ALTRI SERVIZI SOCIALI 87 (1.4%) 87 (2.9%) 174 (1.9%) 89 

ALTRI SERVIZI PUBBLICI, SOCIALI E PERSONALI 67 (1.1%) 69 (2.3%) 136 (1.5%) 109 

Servizi 1,954 (32.2%) 1,717 (56.5%) 3,671 (40.3%) 1,225 

TOTALE: 6,065 3,038 9,103 1,494 

54


Comune: PREGNANA MILANESE 

Comune di Pregnana Milanese 


AGRICOLTURA, CACCIA E SILVICOLTURA 0 (0%) 1 (0.1%) 1 (0%) 1 


Agricoltura 0 (0%) 1 (0.1%) 1 (0%) 1 







SIMILARI 

2 (0.1%) 3 (0.3%) 5 (0.1%) 1 

INDUSTRIA DEL LEGNO E DEI PRODOTTI IN LEGNO 1 (0%) 0 (0%) 1 (0%) 1 


ED EDITORIA 




ARTIFICIALI 

137 (5.2%) 32 (3.1%) 169 (4.6%) 6 

49 (1.8%) 0 (0%) 49 (1.3%) 1 

116 (4.4%) 41 (4%) 157 (4.3%) 6 

FABBRICAZIONE DI ARTICOLI IN GOMMA E MATERIE PLASTICHE 223 (8.4%) 94 (9.2%) 317 (8.6%) 12 


METALLIFERI 

5 (0.2%) 0 (0%) 5 (0.1%) 1 



E RIPARAZIONE 



552 (20.8%) 83 (8.1%) 635 (17.3%) 15 

141 (5.3%) 60 (5.9%) 201 (5.5%) 3 

FABBRICAZIONE DI MEZZI DI TRASPORTO 8 (0.3%) 11 (1.1%) 19 (0.5%) 2 

ALTRE INDUSTRIE MANIFATTURIERE 3 (0.1%) 3 (0.3%) 6 (0.2%) 2 

Inustrie Manifatturiere 1,353 (50.9%) 378 (36.9%) 1,731 (47%) 82 

PRODUZIONE E DISTRIBUZIONE DI ENERGIA ELETTRICA, GAS E ACQUA 3 (0.1%) 1 (0.1%) 4 (0.1%) 1 

COSTRUZIONI 196 (7.4%) 40 (3.9%) 236 (6.4%) 82 

Altre Industrie 199 (7.5%) 41 (4%) 240 (6.5%) 83 

Totale industrie: 1,552 (58.4%) 419 (40.9%) 1,971 (53.5%) 165 



471 (17.7%) 145 (14.1%) 616 (16.7%) 110 

ALBERGHI E RISTORANTI 32 (1.2%) 82 (8%) 114 (3.1%) 23 

TRASPORTI, MAGAZZINAGGIO E COMUNICAZIONI 142 (5.3%) 55 (5.4%) 197 (5.4%) 38 

INTERMEDIAZIONE MONETARIA E FINANZIARIA 30 (1.1%) 28 (2.7%) 58 (1.6%) 10 


IMPRENDIT. 


OBBLIGATORIA 

389 (14.6%) 142 (13.9%) 531 (14.4%) 80 

12 (0.5%) 20 (2%) 32 (0.9%) 1 

ISTRUZIONE 9 (0.3%) 104 (10.1%) 113 (3.1%) 3 

SANITA' E ALTRI SERVIZI SOCIALI 12 (0.5%) 20 (2%) 32 (0.9%) 18 


Servizi 1,104 (41.6%) 605 (59%) 1,709 (46.4%) 315 

TOTALE: 2,656 1,025 3,681 481 

55


Comune: RHO 

Comune di Rho 


AGRICOLTURA, CACCIA E SILVICOLTURA 16 (0.1%) 5 (0.1%) 21 (0.1%) 8 


Agricoltura 16 (0.1%) 5 (0.1%) 21 (0.1%) 8 







SIMILARI 

1 (0%) 1 (0%) 2 (0%) 1 



ED EDITORIA 




ARTIFICIALI 

388 (3%) 120 (1.3%) 508 (2.3%) 57 

91 (0.7%) 14 (0.2%) 105 (0.5%) 6 

805 (6.3%) 408 (4.6%) 1,213 (5.6%) 28 



METALLIFERI 

25 (0.2%) 7 (0.1%) 32 (0.1%) 10 

PRODUZIONE DI METALLO E FABBRICAZIONE DI PRODOTTI IN METALLO 801 (6.3%) 176 (2%) 977 (4.5%) 132 


E RIPARAZIONE 



476 (3.7%) 125 (1.4%) 601 (2.8%) 83 

309 (2.4%) 91 (1%) 400 (1.8%) 93 



Inustrie Manifatturiere 4,554 (35.6%) 1,551 (17.3%) 6,105 (28.1%) 551 

PRODUZIONE E DISTRIBUZIONE DI ENERGIA ELETTRICA, GAS E ACQUA 0 (0%) 0 (0%) 0 (0%) 0 

COSTRUZIONI 1,422 (11.1%) 181 (2%) 1,603 (7.4%) 530 

Altre Industrie 1,422 (11.1%) 181 (2%) 1,603 (7.4%) 530 

Totale industrie: 5,976 (46.7%) 1,733 (19.3%) 7,709 (35.5%) 1,082 



2,220 (17.4%) 1,334 (14.9%) 3,554 (16.3%) 1,065 

ALBERGHI E RISTORANTI 209 (1.6%) 328 (3.7%) 537 (2.5%) 158 

TRASPORTI, MAGAZZINAGGIO E COMUNICAZIONI 988 (7.7%) 476 (5.3%) 1,464 (6.7%) 207 



IMPRENDIT. 


OBBLIGATORIA 

1,526 (11.9%) 1,693 (18.9%) 3,219 (14.8%) 919 

169 (1.3%) 185 (2.1%) 354 (1.6%) 10 

ISTRUZIONE 399 (3.1%) 1,062 (11.9%) 1,461 (6.7%) 52 

SANITA' E ALTRI SERVIZI SOCIALI 658 (5.1%) 1,576 (17.6%) 2,234 (10.3%) 197 


Servizi 6,792 (53.1%) 7,221 (80.6%) 14,013 (64.4%) 3,055 

TOTALE: 12,784 8,959 21,743 4,145 

56


Comune: CORNAREDO 

Comune di Cornaredo 


AGRICOLTURA, CACCIA E SILVICOLTURA 1 (0%) 0 (0%) 1 (0%) 1 


Agricoltura 1 (0%) 0 (0%) 1 (0%) 1 







SIMILARI 

6 (0.1%) 11 (0.3%) 17 (0.2%) 5 



ED EDITORIA 




ARTIFICIALI 

47 (0.9%) 44 (1.4%) 91 (1.1%) 13 

25 (0.5%) 9 (0.3%) 34 (0.4%) 1 

123 (2.3%) 18 (0.6%) 141 (1.7%) 6 



METALLIFERI 

22 (0.4%) 4 (0.1%) 26 (0.3%) 8 

PRODUZIONE DI METALLO E FABBRICAZIONE DI PRODOTTI IN METALLO 525 (10%) 212 (6.7%) 737 (8.7%) 66 


E RIPARAZIONE 



644 (12.2%) 117 (3.7%) 761 (9%) 29 

760 (14.4%) 352 (11.1%) 1,112 (13.2%) 42 

FABBRICAZIONE DI MEZZI DI TRASPORTO 2 (0%) 2 (0.1%) 4 (0%) 1 


Inustrie Manifatturiere 2,636 (50%) 1,039 (32.7%) 3,675 (43.5%) 241 

PRODUZIONE E DISTRIBUZIONE DI ENERGIA ELETTRICA, GAS E ACQUA 1 (0%) 2 (0.1%) 3 (0%) 1 

COSTRUZIONI 492 (9.3%) 48 (1.5%) 540 (6.4%) 211 

Altre Industrie 493 (9.3%) 50 (1.6%) 543 (6.4%) 212 




816 (15.5%) 636 (20%) 1,452 (17.2%) 385 





IMPRENDIT. 


OBBLIGATORIA 

559 (10.6%) 646 (20.3%) 1,205 (14.3%) 284 

35 (0.7%) 48 (1.5%) 83 (1%) 5 

ISTRUZIONE 20 (0.4%) 228 (7.2%) 248 (2.9%) 12 



Servizi 2,145 (40.7%) 2,090 (65.7%) 4,235 (50.1%) 1,041 

TOTALE: 5,275 3,179 8,454 1,495 

57


Comune: GARBAGNATE MILANESE 

Comune di Garbagnate Milanese 




Agricoltura 2 (0%) 0 (0%) 2 (0%) 1 





INDUSTRIE TESSILI E DELL'ABBIGLIAMENTO 146 (3%) 120 (3.2%) 266 (3.1%) 20 


SIMILARI 

3 (0.1%) 0 (0%) 3 (0%) 2 

INDUSTRIA DEL LEGNO E DEI PRODOTTI IN LEGNO 47 (1%) 6 (0.2%) 53 (0.6%) 13 


ED EDITORIA 




ARTIFICIALI 

161 (3.3%) 55 (1.5%) 216 (2.5%) 19 

0 (0%) 0 (0%) 0 (0%) 0 

314 (6.4%) 159 (4.2%) 473 (5.5%) 6 



METALLIFERI 

31 (0.6%) 13 (0.3%) 44 (0.5%) 8 



E RIPARAZIONE 



192 (3.9%) 40 (1.1%) 232 (2.7%) 19 

221 (4.5%) 112 (3%) 333 (3.9%) 30 

FABBRICAZIONE DI MEZZI DI TRASPORTO 0 (0%) 0 (0%) 0 (0%) 0 


Inustrie Manifatturiere 1,571 (32.2%) 631 (16.9%) 2,202 (25.6%) 199 


COSTRUZIONI 598 (12.3%) 43 (1.1%) 641 (7.4%) 266 


Totale industrie: 2,182 (44.8%) 678 (18.1%) 2,860 (33.2%) 467 



907 (18.6%) 571 (15.3%) 1,478 (17.2%) 406 


TRASPORTI, MAGAZZINAGGIO E COMUNICAZIONI 365 (7.5%) 70 (1.9%) 435 (5%) 117 



IMPRENDIT. 


OBBLIGATORIA 

436 (8.9%) 566 (15.1%) 1,002 (11.6%) 332 

85 (1.7%) 187 (5%) 272 (3.2%) 7 

ISTRUZIONE 128 (2.6%) 391 (10.4%) 519 (6%) 21 

SANITA' E ALTRI SERVIZI SOCIALI 524 (10.7%) 1,013 (27.1%) 1,537 (17.8%) 71 


Servizi 2,691 (55.2%) 3,064 (81.9%) 5,755 (66.8%) 1,191 

TOTALE: 4,875 3,742 8,617 1,659 

58


Comune: LAINATE 

Comune di Lainate 


AGRICOLTURA, CACCIA E SILVICOLTURA 14 (0.2%) 8 (0.2%) 22 (0.2%) 4 


Agricoltura 16 (0.2%) 8 (0.2%) 24 (0.2%) 5 







SIMILARI 

5 (0.1%) 4 (0.1%) 9 (0.1%) 3 

INDUSTRIA DEL LEGNO E DEI PRODOTTI IN LEGNO 9 (0.1%) 0 (0%) 9 (0.1%) 5 


ED EDITORIA 




ARTIFICIALI 

391 (4.8%) 142 (3%) 533 (4.1%) 33 

0 (0%) 0 (0%) 0 (0%) 0 

1,001 (12.4%) 770 (16.2%) 1,771 (13.8%) 25 

FABBRICAZIONE DI ARTICOLI IN GOMMA E MATERIE PLASTICHE 202 (2.5%) 95 (2%) 297 (2.3%) 25 


METALLIFERI 

65 (0.8%) 23 (0.5%) 88 (0.7%) 8 



E RIPARAZIONE 



1,022 (12.6%) 205 (4.3%) 1,227 (9.5%) 55 

176 (2.2%) 112 (2.4%) 288 (2.2%) 44 



Inustrie Manifatturiere 4,123 (51%) 1,952 (41%) 6,075 (47.3%) 325 

PRODUZIONE E DISTRIBUZIONE DI ENERGIA ELETTRICA, GAS E ACQUA 6 (0.1%) 2 (0%) 8 (0.1%) 1 

COSTRUZIONI 631 (7.8%) 94 (2%) 725 (5.6%) 245 

Altre Industrie 637 (7.9%) 96 (2%) 733 (5.7%) 246 

Totale industrie: 4,760 (58.8%) 2,048 (43%) 6,808 (53%) 571 



1,625 (20.1%) 1,001 (21%) 2,626 (20.4%) 504 





IMPRENDIT. 


OBBLIGATORIA 

635 (7.8%) 722 (15.2%) 1,357 (10.6%) 378 

37 (0.5%) 42 (0.9%) 79 (0.6%) 5 

ISTRUZIONE 35 (0.4%) 297 (6.2%) 332 (2.6%) 16 



Servizi 3,314 (41%) 2,708 (56.8%) 6,022 (46.8%) 1,340 

TOTALE: 8,090 4,764 12,854 1,916 

59


Comune: PERO 

Comune di Pero 




Agricoltura 1 (0%) 0 (0%) 1 (0%) 1 


ESTRAZIONE DI MINERALI NON ENERGETICI 12 (0.2%) 1 (0%) 13 (0.2%) 1 

Industrie Estrattive 12 (0.2%) 1 (0%) 13 (0.2%) 1 

INDUSTRIE ALIMENTARI, DELLE BEVANDE E DEL TABACCO 49 (0.9%) 51 (2%) 100 (1.2%) 8 



SIMILARI 

0 (0%) 0 (0%) 0 (0%) 0 



ED EDITORIA 




ARTIFICIALI 

90 (1.6%) 33 (1.3%) 123 (1.5%) 12 

52 (0.9%) 13 (0.5%) 65 (0.8%) 1 

306 (5.6%) 139 (5.4%) 445 (5.5%) 16 



METALLIFERI 

29 (0.5%) 4 (0.2%) 33 (0.4%) 5 



E RIPARAZIONE 



1,093 (19.9%) 257 (9.9%) 1,350 (16.7%) 31 

415 (7.5%) 108 (4.2%) 523 (6.5%) 36 



Inustrie Manifatturiere 2,879 (52.3%) 972 (37.5%) 3,851 (47.6%) 222 


COSTRUZIONI 474 (8.6%) 119 (4.6%) 593 (7.3%) 119 





908 (16.5%) 444 (17.1%) 1,352 (16.7%) 322 

ALBERGHI E RISTORANTI 166 (3%) 355 (13.7%) 521 (6.4%) 41 


INTERMEDIAZIONE MONETARIA E FINANZIARIA 56 (1%) 26 (1%) 82 (1%) 24 


IMPRENDIT. 


OBBLIGATORIA 

427 (7.8%) 280 (10.8%) 707 (8.7%) 163 

5 (0.1%) 41 (1.6%) 46 (0.6%) 5 

ISTRUZIONE 23 (0.4%) 129 (5%) 152 (1.9%) 7 



Servizi 2,095 (38.1%) 1,493 (57.6%) 3,588 (44.3%) 753 

TOTALE: 5,501 2,593 8,094 1,098 

60


Comune: VANZAGO 

Comune di Vanzago 




Agricoltura 0 (0%) 0 (0%) 0 (0%) 0 







SIMILARI 

0 (0%) 0 (0%) 0 (0%) 0 



ED EDITORIA 




ARTIFICIALI 

86 (11%) 29 (5.6%) 115 (8.9%) 5 

0 (0%) 0 (0%) 0 (0%) 0 

8 (1%) 3 (0.6%) 11 (0.8%) 1 



METALLIFERI 

0 (0%) 0 (0%) 0 (0%) 0 



E RIPARAZIONE 



45 (5.8%) 10 (1.9%) 55 (4.2%) 13 

17 (2.2%) 4 (0.8%) 21 (1.6%) 9 

FABBRICAZIONE DI MEZZI DI TRASPORTO 0 (0%) 0 (0%) 0 (0%) 0 


Inustrie Manifatturiere 219 (28.1%) 95 (18.3%) 314 (24.2%) 52 


COSTRUZIONI 138 (17.7%) 11 (2.1%) 149 (11.5%) 62 


Totale industrie: 357 (45.8%) 106 (20.5%) 463 (35.7%) 114 



107 (13.7%) 68 (13.1%) 175 (13.5%) 88 





IMPRENDIT. 

161 (20.6%) 127 (24.5%) 288 (22.2%) 70 


OBBLIGATORIA 

11 (1.4%) 14 (2.7%) 25 (1.9%) 1 

ISTRUZIONE 46 (5.9%) 76 (14.7%) 122 (9.4%) 7 



Servizi 423 (54.2%) 412 (79.5%) 835 (64.3%) 287 

TOTALE: 780 518 1,298 401 

61


Comune: BOLLATE 

Comune di Bollate 


AGRICOLTURA, CACCIA E SILVICOLTURA 8 (0.1%) 0 (0%) 8 (0.1%) 7 


Agricoltura 8 (0.1%) 0 (0%) 8 (0.1%) 7 


ESTRAZIONE DI MINERALI NON ENERGETICI 14 (0.1%) 1 (0%) 15 (0.1%) 1 

Industrie Estrattive 14 (0.1%) 1 (0%) 15 (0.1%) 1 




SIMILARI 

17 (0.2%) 16 (0.3%) 33 (0.2%) 13 



ED EDITORIA 




ARTIFICIALI 

461 (4.9%) 207 (3.6%) 668 (4.4%) 38 

0 (0%) 0 (0%) 0 (0%) 0 

925 (9.7%) 564 (9.7%) 1,489 (9.7%) 23 



METALLIFERI 

59 (0.6%) 13 (0.2%) 72 (0.5%) 11 

PRODUZIONE DI METALLO E FABBRICAZIONE DI PRODOTTI IN METALLO 1,024 (10.8%) 197 (3.4%) 1,221 (8%) 128 


E RIPARAZIONE 



775 (8.2%) 254 (4.4%) 1,029 (6.7%) 69 

274 (2.9%) 154 (2.7%) 428 (2.8%) 72 



Inustrie Manifatturiere 4,600 (48.4%) 1,915 (33%) 6,515 (42.6%) 465 


COSTRUZIONI 924 (9.7%) 94 (1.6%) 1,018 (6.7%) 474 

Altre Industrie 924 (9.7%) 94 (1.6%) 1,018 (6.7%) 474 




1,601 (16.9%) 873 (15%) 2,474 (16.2%) 778 



INTERMEDIAZIONE MONETARIA E FINANZIARIA 188 (2%) 140 (2.4%) 328 (2.1%) 73 


IMPRENDIT. 


OBBLIGATORIA 

827 (8.7%) 716 (12.3%) 1,543 (10.1%) 583 

57 (0.6%) 111 (1.9%) 168 (1.1%) 2 

ISTRUZIONE 217 (2.3%) 744 (12.8%) 961 (6.3%) 33 

SANITA' E ALTRI SERVIZI SOCIALI 314 (3.3%) 721 (12.4%) 1,035 (6.8%) 146 

ALTRI SERVIZI PUBBLICI, SOCIALI E PERSONALI 149 (1.6%) 172 (3%) 321 (2.1%) 201 

Servizi 3,954 (41.6%) 3,792 (65.4%) 7,746 (50.6%) 2,204 

TOTALE: 9,500 5,802 15,302 3,151 

62

_____________________________________________________________________________Il Nuovo Polo Fieristico di Rho-Pero 

IL NUOVO POLO FIERISTICO DI RHO-PERO 

Il nuovo sistema espositivo di Milano 2002-2005 sposta l’orizzonte dalla 

prospettiva locale allo sviluppo su scala globale 

Il progetto di trasformazione della Fiera di Milano sta ridisegnando i confini, sia in termini di 

strutture sia di infrastrutture, dell’area nord-ovest di Milano: sono confini geografici e 

sociali, ma soprattutto economici. 

Alla guida del progetto Fondazione Fiera Milano, soggetto economico privato, alla guida 

del gruppo Fiera Milano Spa e di Sviluppo Sistema Fiera, società di engineering e 

contracting per grandi opere. 

Fondazione Fiera Milano è inoltre proprietaria dell’attuale quartiere fieristico di Milano e 

dell’area di Rho-Pero su cui sorge il nuovo sistema espositivo. 

Quest’opera è nata per raggiungere tre obiettivi: 

• la crescita del volume d’affari portato in Lombardia. Attualmente le attività della 

Fiera di Milano generano una ricaduta diretta sul territorio di oltre due miliardi di 

euro l’anno; 

• la maggior vivibilità dell’area di Milano, in cui la fiera è storicamente insediata; 

• il mantenimento della leadership della Fiera di Milano all’interno del mercato 

fieristico internazionale. 

Le due polarità del nuovo sistema fieristico milanese: 

in blu il polo di Rho-Pero ed in rosso il vecchio recinto fieristico (Fiera Milano City) 

63


Il progetto si articola su due poli: il Nuovo Polo a Rho-Pero, e il Polo Urbano, ovvero lo 

spazio rimasto di proprietà della Fiera dopo la cessione e riqualificazione di una parte dello 

storico quartiere fieristico. 

Il primo passo di questo processo di rinnovamento è la costruzione del Nuovo Polo della 

Fiera di Milano nell’area bonificata dell’ex raffineria Agip di Rho-Pero. Una struttura 

imponente, con una superficie lorda di pavimento di 530.000 metri quadrati posti su 

un’area fondiaria complessiva di due milioni di metri quadrati. Può ospitare 

contemporaneamente più manifestazioni e consente maggiore comfort ed efficienza a 

organizzatori, espositori, visitatori, alle squadre di allestitori. 

Il progetto del Nuovo Polo è interamente autofinanziato da Fondazione Fiera Milano 

attraverso risorse proprie. Il finanziamento è stato concesso da un pool di istituti bancari 

guidato da Banca Intesa. 

Contemporaneamente al procedere dei lavori del Nuovo Polo, si è conclusa la gara 

internazionale promossa da Fondazione Fiera Milano per la cessione di una parte 

dell’attuale quartiere fieristico, finalizzata alla sua riqualificazione in ambito urbano. La 

restante parte verrà invece ristrutturata e costituirà il futuro Polo Urbano della Fiera di 

Milano.Uno spazio che continuerà a ospitare, in città, manifestazioni fieristiche e 

congressi. 

Opererando insieme su 710.000 metri quadrati di superficie lorda di pavimento, i due poli 

fieristici – Nuovo Polo e Polo Urbano - costituiranno uno dei sistemi fieristici più grandi del 

mondo. 

L'area della nuova struttura espositiva 

Il Nuovo Polo di Fiera Milano costituisce - insieme al Polo Urbano - uno dei più importanti 

sistemi fieristici al mondo. 

E' pensato per rispondere alle esigenze di efficienza e funzionalità richieste da chi lavora 

in fiera, da espositori e operatori e dai visitatori. La struttura è stata studiata per consentire 

lo svolgimento contemporaneo di più manifestazioni, anche di genere diverso da quello 

fieristico, e per agevolare l'enorme flusso di persone e merci. 

Il Nuovo Polo di Fiera Milano è dotato di quei servizi complementari che contribuiscono a 

integrarlo con il territorio circostante: l'area è servita da un articolato sistema di parcheggi, 

64


vaste aree verdi e un'ampia gamma di funzioni compatibili, quali alberghi, negozi, strutture 

per la ristorazione e il tempo libero. 

Le funzioni compatibili hanno una superficie complessiva di 60.000 metri quadrati: 37.500 

per occupati da strutture alberghiere di categoria 3-4 stelle in area sud, 9.000 per servizi 

correlati agli alberghi (ristorazione, fitness e spazi polivalenti), e 13.500 per la 

realizzazione di una galleria con 150/200 negozi per la vendita di prodotti tipici e 

d'eccellenza della Lombardia. 

Non mancano, inoltre, numerosi parcheggi: un lotto di ben 10.000 posti auto in aderenza 

la recinto espositivo, più altri 10.000 realizzati in un'area distante circa 1,5 chilometri, 

sempre di proprietà di Fondazione Fiera. 

Circondano i padiglioni espositivi un parco di circa 9 ettari, a nord-ovest del complesso, e 

un percorso interno nel verde, per un totale di circa 180.000 metri quadrati di verde. 

Il progetto del Nuovo Polo è interamente autofinanziato da Fondazione Fiera Milano 

attraverso risorse proprie. Il finanziamento è stato concesso da un pool di istituti bancari 

guidato da Banca Intesa. 

Le immagini dell’area di Rho-Pero prima che vi sorgesse il Nuovo Polo Fieristico 

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La bonifica 

Prima di cominciare la realizzazione del Nuovo Polo, sul terreno dell'ex raffineria Agip si è 

dovuto intraprendere un processo di bonifica secondo quanto stabilito dall’accordo 

sottoscritto alla fine del 2001, tra Fondazione Fiera Milano e Agip. La complessa 

operazione di risanamento dell’area, ad opera di Foster & Wheeeler, si è svolta in due fasi 

distinte. La prima, ovvero la ripulitura dell’area sud-est, è stata portata a compimento il 31 

dicembre 2001, così come previsto dal piano di lavoro, rispettando i tempi previsti 

dall’accordo. 

La rimanente area è stata completata il 30 giugno 2003. 

La Provincia di Milano, che svolge un ruolo di controllo, ha effettuato i collaudi emettendo 

la certificazione di avvenuta bonifica il 19 dicembre dello stesso anno. 

Le immagini della bonifica dell’area su cui sorgeva la raffineria dell’Agip 

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I numeri dell’opera di bonifica sono i seguenti: 

� Superficie bonificata: 1.500.000 metri quadrati di terreno 

� Tempo stimato per la durata dell’opera di bonifica con l’impiego di metodologie 

tradizionali: 7 anni. 

� Tempo effettivamente utilizzato: 30 mesi. 

� Metri cubi di terreno bonificati: 9,5 milioni con metodi tradizionali. Circa 300.000 

tonnellate di terreno sono state asportate e trattate termicamente a 300 gradi con 

un desorbitore termico (sempre all’interno dell’area). 

� Tutti i manufatti di calcestruzzo delle raffineria sono stati demoliti e frantumati per il 

loro successivo riutilizzo come materiale pregiato da costruzione. 

� Nessuna porzione di terreno è uscita dall’area; anche gli impianti sono stati 

interamente demoliti, bonificati e riutilizzati 

� Anche la bonifica della falda è stata completata. A maggior garanzia delle aree a 

valle del sito è stata realizzata una barriera idraulica che rimarrà operativa anche 

dopo la conclusione della bonifica. 

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Il progetto della nuova fiera 

Il Nuovo Polo di Fiera Milano: una delle più grandi opere realizzate in Europa. 

La costruzione del Nuovo Polo, nell’area dell’ex raffineria Agip di Rho-Pero nelle 

immediate vicinanze di Milano, sulla direttrice verso l'aereoporto di Malpensa, è il primo 

passo del processo di rinnovamento di Fiera Milano. Una struttura imponente, con una 

superficie lorda di pavimento di 530.000 metri quadrati su un’area fondiaria complessiva di 

due milioni di metri quadrati. L'intera opera, completamente autofinanziata è 

stata realizzata secondo il modello contrattuale del general contractor, individuando cioè 

soggetti appaltatori con una responsabilità unica nella progettazione, realizzazione e 

service, e uno schema contrattuale che prevede una chiara collocazione di rischi e 

responsabilità. 

Il progetto espositivo scelto per la realizzazione dei padiglioni del Nuovo Polo è stato 

ideato da Massimiliano Fuksas, uno degli architetti più autorevoli a livello internazionale 

nello studio dei problemi urbani delle grandi arre metropolitane, mentre il general 

contractor scelto è la cordata Astaldi, Pizzarotti & C, Vianini Lavori. 

Per quanto riguarda i parcheggi, invece, il primo lotto di 10.000 posti auto è 

stato realizzato da un general contractor composto dal raggruppamento di imprese 

Codelfa, Grassetto Lavori, Marcora Costruzioni, Apcoa Parking Italia. Il progetto è invece 

firmato da Mario Bellini, architetto che spazia dal disegno urbano e architettonico al 

design, già autore del quartiere Portello della Fiera di Milano. 

Il 31 marzo 2005 il Nuovo Polo è stato inaugurato ufficialmente, dopo 30 mesi di lavori, 

con una settimana di incontri e eventi. La prima pietra era stata posata il 6 ottobre 2002 

alla presenza di alcune delle più altre cariche della Chiesa e dello Stato. 

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I prospetti del progetto di Fuksas 

Rendering della “Vela” progettata da Fuksas 

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Il verde 

Il Master plan del Nuovo Polo prevede la 

creazione di ampi spazi verdi all'interno e 

attorno al Polo fieristico. In particolare, due 

grandi parchi, uno posto a nord-ovest e l'altro 

a sud, collegati tra loro lungo il lato ovest 

da un 'corridoio verde'. 

Un parco di circa 9 ettari sta per sorgere a 

nord-ovest del complesso, un altro a sud, e 

un percorso interno nel verde circonderà i 

padiglioni espositivi, per un totale di circa 

180 mila metri quadrati di verde. 

I parcheggi 

Il parcheggio più grande e più “intelligente” d’Italia così è stato definito da”Sviluppo 

sistema Fiera” di Milano il sistema di parcheggi integrato al Nuovo Polo Milanese. 

Per il Nuovo Polo di Fiera Milano sono stati realizzati, in project financing e con criteri 

innovativi, 10.000 posti auto immersi nel verde. 

Il progetto, che comprende 7.000 posti auto a raso e 3.000 in due strutture multipiano, 

rappresenta infatti l’avanguardia nel settore, non solo per l’organizzazione dei flussi di 

mezzi e di persone, ma anche per le innovazioni tecnologiche adottate. Ne sono un 

esempio: la segnaletica a messaggio variabile che informa in tempo reale i visitatori sulle 

migliori vie di accesso e di uscita; le porte predisposte per il telepass in entrata e in uscita; 

il servizio di vigilanza con telecontrollo 24 ore su 24. 

Il 1 agosto 2003, in seguito ad una gara internazionale, è stato scelto il progetto di Mario 

Bellini con il raggruppamento di imprese Codelfa, Grassetto Lavori, Marcora Costruzioni, 

Apcoa Parking Italia. 

I lavori dei parcheggi sono iniziati a novembre 2003. L’opera è stata consegnata in due 

tranche: la prima – di 2.000 posti auto - a febbraio e la seconda a luglio 2005, in piena 

sintonia con i tempi di inizio delle attività fieristiche. 

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I servizi 

Un sistema di alberghi, gallerie di negozi, strutture per ristorazione e tempo libero 

completa l'offerta dei servizi. 

Il progetto del Nuovo Polo di Fiera Milano prevede infatti un'ampia gamma di funzioni 

compatibili, quali alberghi, negozi, strutture per la ristorazione e il tempo libero. Sarà 

dotato di una serie di servizi complementari che contribuiranno a integrarlo con il territorio 

circostante e a rendere piacevole una visita d'affari. 

Il Master Plan prevede infatti: 

• Servizi alberghieri collocati in area sud e integrati con gli spazi a verde del "parco 

sud-ovest", per un totale di 37.500 mq di superficie lorda di pavimento; 

• Superfici per spazi di servizio connessi a tempo libero, fitness, ristorazione e altro 

(in area sud) fino a 9.000 mq; 

• Attività commerciali (prodotti regionali di eccellenza) fino a 13.500 mq in area nordest 

(compresa tra la porta orientale del quartiere fieristico e le 

stazioni metropolitana e dell'alta velocità) e in area sud, vicine agli alberghi. 

Le funzioni commerciali localizzate a est e a sud tengono conto del punto di maggior 

flusso dei visitatori che utilizzano i mezzi di trasporto pubblico, ma anche della posizione 

delle strutture di tipo alberghiero e ricettivo. 

Un'ulteriore, importante presenza sarà costituita da punti di rappresentanza, dove rendere 

disponibili informazioni e materiali relativi ad Enti ed Istituzioni della realtà lombarda o 

italiana (Enti locali, Musei, Pinacoteche, Centri di studio e Istituti di Ricerca ecc.). 

Le infrastrutture di collegamento 

Un'area strategica, perché molto vicina alla città e allo stesso tempo situata sulla direttrice 

stradale del Sempione e dell'Aeroporto internazione di Malpensa, che unisce Milano al 

nord Europa. 

Per connettere l’area del Nuovo Polo alla città di Milano, all’aeroporto internazionale di 

Malpensa e alle direttrici europee, si stanno potenziando le infrastrutture di collegamento e 

se ne stanno realizzando di nuove. 

Per quanto riguarda i collegamenti con la città di Milano, il 30 marzo è stata inaugurata la 

stazione Rho-Pero-Fiera, nuovo capolinea della linea 1 della metropolitana milanese e a 

metà settembre, anche la stazione di Pero ha aperto i battenti. 

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La rete viaria, di strade e autostrade, è stata potenziata in termini di capacità e di accessi. 

Questo per migliorare sia il collegamento con Milano e il resto d’Italia, sia per connettere la 

struttura alle vie di comunicazione internazionali, che si dirigono verso il nord 

dell’Europa. Nel marzo 2003 l’Anas ha dato il via libera alla realizzazione dei raccordi 

autostradali, per la quale sono stati investiti 262 milioni di euro: (182 milioni provengono da 

contributi pubblici e il rimanente è a carico delle società concessionarie). 

Il 29 marzo 2005 è stato inaugurato il primo tratto funzionale della nuova viabilità di 

accesso al Nuovo Polo. La fine dei lavori è prevista per la primavera 2006. 

Per quanto riguarda invece i collegamenti su rotaia, entro il dicembre 2006 sarà 

costruita la stazione Fiera sia sulla linea del passante ferroviario sia sulla linea ferroviaria 

ad alta capacità tra Torino e Milano. 

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Le foto del Novo Polo Fieristico di Rho – Pero: l’area, il cantiere e i 

padiglioni 

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______________________________________________________________________________________________L’Alfa di Arese 

La storia dell’Alfa 

L’ALFA DI ARESE 

All'inizio degli anni Sessanta l'Alfa Romeo si trasferisce dal Portello di Milano ad Arese. 

La famosa Giulia nasce ad Arese nel 1962: si inizia con la sola carrozzeria e a poco a 

poco si trasferisce tutta la meccanica. 

Uno stabilimento moderno, progettato da architetti di primo piano (significativo il Centro 

tecnico progettato dal famoso architetto Cardella), con una capacità produttiva potenziale 

attorno alle 150 mila vetture all'anno e che occupa una superficie di circa due milioni e 

mezzo di metri quadrati. 

Con Giuseppe Luraghi, presidente dell'Alfa Romeo, gli anni '60 fino alla metà degli anni '70 

rappresentano un periodo di forte sviluppo produttivo e occupazionale. I dipendenti, fra 

operai e impiegati, sono circa 20.000. 

Con la crisi petrolifera del 1973 e l'estromissione di Luraghi nel '74, inizia un periodo 

difficile che, fra alti e bassi, porterà all'assorbimento dell'Alfa Romeo da parte della Fiat 

(1986). 

Con l'arrivo della Fiat in una prima fase le cose migliorano decisamente, sia sotto l'aspetto 

produttivo sia sotto quello occupazionale, ma con l'inizio degli anni '90 la strategia Fiat 

cambia. 

Inizia la crisi e la produzione dell'Alfa Romeo viene trasferita in altri stabilimenti del 

Marchio Fiat. Lo stabilimento ad Arese viene nel tempo fortemente ridimensionato in 

termine di produzione e di occupazione. 

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Il museo storico dell’ Alfa Romeo 

Il museo storico della casa automobilistica è inserito in una palazzina di grande pregio 

architettonico studiata per questa finalità espositiva. 

Il museo si sviluppa su sei livelli con quattro sezioni tematiche che ospitano più di 100 

modelli. Una sezione è interamente dedicata alle auto prodotte dal 1910 ad oggi; un'altra 

agli studi stilistici e alle dream car; una terza al settore aeronautico e infine una quarta 

ospita modellini e trofei conquistati dai piloti in quasi novanta anni di attività. 

Il museo è aperto dal lunedì al venerdì, dalle 9.00 alle 12.30 e dalle 14.00 alle 16.30 

(telefono 02-939 28 111). 

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In allegato la relazione del prof. arch. Osvaldo Lamperti “Alfa Romeo di Arese verso la 

eco-citta’ dell’ambiente, della scienza e dell’industria (ECASI)” che riassume la storia 

di questa grande industria italiana e permette di comprendere quali siano le problematiche 

attuali dell’area a fronte della proposta di realizzare un Polo Logistico. 

Alfa Romeo di Arese verso la eco-citta’ dell’ambiente, della scienza e dell’industria 

(ECASI) 

1- Le origini non troppo esaltanti 

La società italiana di costruzioni meccaniche “Anonima Lombarda Fabbrica Automobili (ALFA)” nasce 

nel 1909 a Milano, in via Ruggero di Lauria, poco distante dalla sede storica del “Portello”, con un 

insediamento industriale di circa 300 dipendenti che agisce prevalentemente nel settore 

automobilistico. Solo nel 1918 assunse il nome “Alfa Romeo” quando la fabbrica passò sotto la 

gestione diretta del suo fondatore, l’ingegnere Nicola Romeo. 

Nel 1921 viene coinvolta nel “crack” della Banca di Sconto, che ne aveva promosso lo sviluppo e che 

ne era la vera “padrona”, detenendo il pacchetto azionario di maggioranza: l’Alfa, per uscire dalla crisi, 

viene costretta ad una riorganizzazione aziendale concentrando sull’area del “Portello” tutti gli impianti 

produttivi che nel frattempo erano sorti a Saronno, Roma, Gorizia e Trieste. 

Salvata una prima volta con l’intervento diretto dello Stato (ovvero coi soldi pubblici), nel 1933 passa 

definitivamente all’IRI, società a prevalente capitale pubblico, costituita dal regime fascista per 

amministrare e gestire le azioni rilevate con le operazioni di salvataggio di industrie meccaniche e 

siderurgiche in crisi. 

Dopo la seconda guerra mondiale, con l’avvento della Repubblica nata dalla “Resistenza”, i governi 

democristiani “centristi”, sotto la spinta e le pressioni della Fiat, indirizzano la politica nazionale dei 

trasporti e delle infrastrutture per la mobilità verso lo sviluppo della motorizzazione privata, rinunciando 

ad investire nel trasporto pubblico, in particolare su quello ferroviario. 

L’industria di Stato dell’Alfa Romeo assume così un ruolo fiancheggiatore delle varie case 

automobilistiche private, adeguandosi alle esigenze del mercato dell’auto privata fortemente in 

espansione sia per lo sviluppo della rete autostradale, sia per la soppressione nelle grandi aree 

metropolitane delle linee tranviarie extraurbane e il ridimensionamento di quelle urbane. 

Intorno agli anni 1958/1959, all’inizio del “miracolo economico italiano”, proprio per far fronte alla 

domanda straripante di automobili private, matura la scelta di decentrare gradualmente (ma in maniera 

accelerata) ad Arese l’attività direzionale e produttiva dell’Alfa Romeo svolta a Milano nel “Portello”, 

per provvedere alla necessità di un ammodernamento generale del complesso produttivo. Vengono 

così acquistati poco più di 200 ettari di terreno nei comuni di Arese, Garbagnate, Rho e Lainate per 

insediare il nuovo stabilimento. 

A determinare la scelta del luogo, che investe soprattutto Arese, concorrono diversi fattori: 

- la quantità di terreno disponibile, che assicurava la possibilità di successivi ampliamenti degli 

impianti produttivi; 

- la facilità di farvi affluire la vecchia manodopera operaia ed impiegatizia del “Portello” che già 

risiedeva a Milano e nei comuni confinanti col nuovo insediamento e le enormi possibilità di 

trovarne di nuova sul posto, per l’esistenza di una grande domanda d’occupazione; 

- una struttura territoriale con la presenza di un forte connettivo industriale ed artigianale nel 

nord/nord-ovest milanese, che rendeva fortemente appetibili i comuni del rhodense per le 

operazioni di decentramento industriale da Milano; 

- un alto grado di infrastrutture della mobilità, sia esistente (autostrada Milano-Laghi, la “Varesina”, 

la Ferrovia nord, ecc.) che di progetto (tangenziale ovest, canale Ticino-Mincio, ecc.). 

Ancora prima dell’acquisto dei terreni da parte dell’Alfa, le aree interessate finiscono però nelle mani di 

alcuni grandi proprietari immobiliari che fanno lievitare notevolmente il loro prezzo di mercato ben oltre 

il valore agricolo. Del resto fin dal 1953 il piano regolatore di Milano prevedeva l’allontanamento 

graduale dell’Alfa Romeo dal “Portello” destinando un consistente lotto dei suoi terreni, pari a circa 30 

ettari, situato tra le vie Scarampo, Traiano, Teodorico e piazza Accursio, a residenza e verde pubblico. 

La “buona uscita” che il comune di Milano offriva all’Alfa non era di poco conto: circa 20 ettari di 

residenza, con indici di edificazione altissimi, che permettevano di insediare 9.000 nuovi abitanti! 

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Ma l’Alfa Romeo non si accontentava: nel 1967 presentava una variante sull’area del “Portello” che 

prevedeva di costruire in due comparti edilizi ben 1,5 milioni di metri cubi residenziali, per circa 15.000 

nuovi abitanti, con una quantità di verde pubblico assolutamente risibile. Naturalmente il comune di 

Milano si fece “in quattro” per far approvare rapidamente tale variante. 

In questa vicenda è solamente la collettività a caricarsi sulle spalle gli oneri e i disagi conseguenti al 

trasferimento dell’Alfa. Il costo delle opere di urbanizzazione primaria (strade, fogne, acquedotto, ecc.) 

atte ad integrare nel contesto territoriale il nuovo insediamento industriale, è per lo più riversato sui 

bilanci dei comuni interessati. Le grandi aspettative d’incremento dei posti di lavoro fanno 

sensibilmente aumentare la quantità di aree fabbricabili - soprattutto residenziali – e i loro prezzi di 

mercato, specialmente nei comuni di Arese e Garbagnate ma anche a Lainate e Rho, con grande 

gaudio di una miriade di società immobiliari che nel frattempo hanno pure acquisito le aree agricole 

limitrofe alla fabbrica. 

I piani urbanistici generali vigenti nei comuni interessati anziché controllare queste sollecitazioni verso 

il dilagare delle spinte speculative sulle aree fabbricabili, le accolgono pienamente. Si hanno così piani 

eccezionalmente gonfiati per quel che riguarda le destinazioni d’uso private delle aree, soprattutto 

residenziali: nei quattro comuni coinvolti dall’insediamento Alfa le previsioni residenziali superano i 

300.000 abitanti insediabili. 

Ad Arese per esempio, il piano vigente sul finire degli anni sessanta, nonostante un suo 

ridimensionamento nel 1964, prevedeva l’insediamento di oltre 40.000 abitanti contro i 5000 esistenti. 

Ancora più gravi sono le spinte speculative nel comune di Garbagnate, dove le nuove aspettative 

occupazionali portarono ad uno sviluppo urbanizzativo abnorme e caotico, senza adeguati servizi 

pubblici, di certe frazioni come Bariana e S. Maria Rossa. 

L’incentivo all’espansione urbana dato dal trasferimento dell’Alfa, riguarda prevalentemente la 

trasformazione di una grande quantità di aree agricole in aree fabbricabili, soprattutto per la 

costruzione di una residenza con alti prezzi di vendita ed alti affitti, monopolizzata dall’iniziativa privata, 

mancando totalmente una politica alternativa di case economiche e popolari, di servizi pubblici ed 

attrezzature collettive. Tale incentivo, insieme all’allungamento del tempo giornaliero perso e non 

remunerato, per l’accentuarsi del pendolarismo casa-luogo di lavoro, si traducono in nuove forme di 

sfruttamento dei lavoratori, riducendo di molto gli effetti economico-sociali positivi dovuti alle nuove 

possibilità occupazionali. 

La realizzazione di insediamenti residenziali intensivi su parte delle aree del “Portello” se da una parte 

consente all’azienda di Stato di intascarsi la rendita fondiaria urbana necessaria per pagare gli oneri 

del trasferimento (con qualche significativa rimanenza), dall’altra inasprisce le condizioni ambientali di 

una zona di Milano, destinate a diventare assai critiche. 

Insomma, fin dalle sue origini l’Alfa Romeo di Arese, benché sia un’industria di Stato, fornisce una 

testimonianza esemplare dell’intreccio parassitario esistente nel capitalismo italiano tra le forze 

economiche del profitto industriale, della speculazione redditiera sulle aree fabbricabili e della 

speculazione finanziaria: intreccio che ancora oggi è tutto da sciogliere. 

2- Arriva la FIAT: distrutti 15.000 posti lavoro 

Nel 1987, al momento dell’acquisto (si fa per dire) dell’Alfa Romeo di Arese da parte della Fiat, i 

dipendenti occupati nella fabbrica erano circa 15.000. 

Siamo ormai entrati nel periodo delle “privatizzazioni” con la svendita dei “gioielli dello Stato” al grande 

capitale finanziario privato. “Più mercato e meno Stato” era allora il motto imperante che sottolineava 

una svolta neoconservatrice e controriformistica dei potentati politici ed economici del nostro Paese, 

tesa a liquidare le conquiste dello “Stato Sociale” e a riaffermare l’egemonia della redditività e 

competitività dell’impresa privata su ogni altro aspetto della società civile. 

I dipendenti dell’Alfa di Arese, che nei primi anni settanta del secolo scorso ammontavano a circa 

25.000 unità avevano già subito un primo processo di riduzione, ma la Fiat, dopo aver goduto di 

condizioni economiche favorevoli sia per l’acquisto del marchio, sia per il suo rilancio sul mercato, 

giungerà in pochi anni a distruggere quasi totalmente anche i 15.000 posti-lavoro del 1987. Non voglio 

qua fare la storia di questa distruzione; voglio solo sottolineare che dopo quell’infausto anno 

assistiamo ad un sempre più frequente ricorso alla cassa integrazione e al pre-pensionamento di 

migliaia di lavoratori da parte della Fiat portando alla chiusura di molte attività produttive svolte ad 

Arese. 

Nei primi anni novanta, per chi sa osservare le tendenze di un mercato sempre pi globale, diventa 

ormai chiaro che la Fiat, proprio come ha fatto nella città di Desio con l’Autobianchi (chiusa nel 1992), 

intende disimpegnarsi completamente dalla produzione di automobili nell’area milanese, puntando 

sullo sfruttamento degli alti livelli di rendita fondiaria che si sono accumulati sul suolo di sua proprietà, 

per autofinanziare i propri processi di ristrutturazione, riammodernamento e riorganizzazione 

aziendale. 

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Nel 1994, presso il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale a Roma, viene così stipulato un 

accordo tra la FIAT AUTO S.p.A. e le organizzazioni sindacali e territoriali FIM-CISL, FIOM-CGIL e 

UILM-UIL, per la reindustrializzazione delle aree dismesse nello stabilimento dell’Alfa Romeo di Arese. 

Questo accordo sanciva praticamente la fine della produzione Fiat, salvo il mantenimento di alcune 

attività (Centro Stile Alfa, meccanica e motore a sei cilindri, ecc.), e la possibilità di vendere, da parte 

della proprietà, aree ed immobili ad altre imprese manifatturiere, a patto che i nuovi acquirenti si 

impegnassero ad assorbire un numero di addetti ex- Alfa commisurato all’entità della superficie 

acquisita. 

A sostegno di quest’accordo interveniva anche la nuova legge regionale lombarda del 15/11/1994 n. 

30 dal titolo: “Interventi regionali per il recupero, la qualificazione e la promozione delle aree da 

destinare a nuovi insediamenti produttivi”. In base a questa legge, per favorire la ripresa produttiva in 

aree colpite da declino economico, si prevede la concessione di contributi in conto capitale, non 

superiori al 50 % delle spese preventivate ammissibili, a soggetti pubblici e privati, individuati mediante 

un “Accordo di Programma” (legge nazionale n. 142/1990), autori e attori dei progetti di reindustrializzazione 

di aree produttive dismesse. Con deliberazione del consiglio regionale n. V/1419 

del 7 marzo 1995, in effetti l’area Fiat-Alfa Romeo di Arese viene individuata tra le aree lombarde di 

declino industriale e la stessa deliberazione, a sostegno della ripresa produttiva dell’area, stanzia 6 

miliardi di lire. 

Così, in seguito all’accordo del 1994 e sfruttando la l.r. n. 30/94, nel febbraio del 1996 viene costituito il 

“Consorzio per la Reindustrializzazione dell’Area di Arese” (C.R.A.A. S.r.l.) composto dalla Provincia di 

Milano, dai comuni di Arese, Garbagnate, Lainate e Rho, da Fiat-Auto S.p.A. e da altri attori, al fine di 

promuovere ed agevolare il processo di recupero industriale dello stabilimento dell’Alfa. Il relativo 

“Piano di recupero intercomunale per la reindustrializzazione dell’area dello stabilimento di Arese” , 

approntato e sottoscritto dalla SIFI S.p.A. del gruppo Fiat, viene adottato nel 1997 dai consigli 

comunali dei quattro comuni interessati e approvato successivamente dalla regione Lombardia. 

L’area complessiva interessata dal piano è di mq 2.074.472, di cui mq 882.379 nel comune di Arese, 

mq 725.006 nel comune di Lainate, mq 301.695 nel comune di Garbagnate Milanese e mq 165.392 

nel comune di Rho. 

Senza entrare nei dettagli tutt’altro che esemplari del piano, mi limito a dire che esso, più che un piano 

di recupero con contenuti emergenti d’interesse pubblico, assomiglia molto ad un tradizionale piano di 

lottizzazione convenzionato (PLC) d’iniziativa privata, dove lo scopo principale è quello della vendita 

frazionata di immobili ed aree con la minore spesa possibile da parte della proprietà. 

I contenuti del piano e dei suoi atti integrativi (convenzione stipulata tra la SIFI S.p.A e i comuni 

interessati, accordo di programma e norme d’attuazione) sono completamente allineati ai “desiderata 

immobiliari” della proprietà e, a tale proposito, ne richiamo in sintesi alcune “perle” significative: 

- per quelli che avevano ancora qualche dubbio sulla “fuga” degli Agnelli da Arese, nelle premesse 

della convenzione si afferma in maniera chiara che la FIAT AUTO S.p.A cesserà la sua 

produzione; 

- il concetto di “recupero” di singoli fabbricati esistenti (o parte di questi), o di un complesso di 

fabbricati, viene interpretato in maniera molto “flessibile” come ristrutturazione, demolizione, 

ricostruzione, ampliamento e modificazione, rendendo così ammissibili tutti gli interventi edilizi 

sull’usato, senza nemmeno preoccuparsi per esempio, di vincolare ad interventi conservativi il 

palazzo direzionale, opera importante dell’architetto Ignazio Gardella, ormai parte della storia 

dell’architettura italiana; 

- insieme all’obbligo di assunzione delle ex maestranze Alfa, vengono riversati sugli eventuali 

acquirenti tutti gli interventi di bonifica e di riadattamento di fabbricati e aree, (oneri di 

urbanizzazione compresi), assicurando ad essi prezzi di vendita contenuti; 

- le aree a standard urbanistico (verde pubblico, parcheggi pubblici, ecc.) indicati dal piano (mq 

274.205) non vengono cedute gratuitamente ai comuni interessati all’atto della stipula della 

convenzione, come prescrivono le leggi urbanistiche vigenti in materia (in particolare le legge 

nazionale n.765/1968); 

- mentre si lasciano a casa gli operai Alfa, la proprietà ottiene che nel piano si indichi un’area di 

circa mq 113.000 per una nuova edificazione in aggiunta a quelle edificate, situata ad ovest della “ 

pista prove”, solo in parte (circa 33.000 mq) dedicata a servizi comuni (mensa, vigili del fuoco, 

ecc.); 

- le opere relative al sistema della mobilità necessarie per integrare organicamente l’insediamento 

nella rete della mobilità sovracomunale, sono caricate esclusivamente sui bilanci finanziari delle 

istituzioni pubbliche; 

- nessun intervento a carico della proprietà è previsto per opere di compensazione atte a tutelare la 

salvaguardia ambientale del contesto territoriale; 

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- i 6 miliardi di lire, stanziati dalla regione in base alla l.r. n.30/1994, vengono dati alla Fiat come 

contributo allo sviluppo della ricerca e produzione del motore a sei cilindri. 

I contenuti più che “buonisti”, nei confronti della Fiat, del piano citato, non potevano che portare al 

fallimento del tentativo di rilanciare la produzione industriale nell’area Alfa di Arese, col concorso della 

stessa Fiat. Del resto per quest’ultima, il C.R.A.A. e il piano di recupero non avevano altro scopo che 

quello di fornire una copertura politica, sindacale ed istituzionale ai propri intenti di speculazione 

immobiliare; intenti artatamente nascosti dietro la cortina fumogena della difesa dell’occupazione, 

alzata dai sindacati, dalla regione, dalla provincia e dai quattro comuni interessati dall’insediamento. 

Tra gli anni 1999/2000 infatti, la Fiat riesce finalmente a concretizzare, nel disinteresse quasi assoluto, 

il suo obbiettivo “vendi e fuggi”, alienando le sue proprietà immobiliari aresine ad alcune società: 

l’americana “Aig-Lincoln”, diventata poi “Abp S.p.A.”, che si occupa della promozione di “servizi 

logistici” (stoccaggio, movimentazione delle merci e attività compatibili); l’immobiliare bresciana “Estate 

6 s.rl.”, che acquisisce la maggior parte del patrimonio immobiliare Alfa; la tedesca “Munich Re”, che 

s’incamera le aree e gli immobili relativi al Centro Tecnico e al Centro Direzionale. 

Quanti siano stati i miliardi in lire italiane finite nelle voraci tasche della Fiat, non ci è dato di sapere 

esattamente e tutti i mass-media si sono ben guardati dall’entrare in questa faccenda. Poco si sa 

anche su chi sta dietro all’immobiliare Estate 6 (amministratore unico l’onorevole Riccardo Conti, che è 

stato vicesegretario del CDU di Rocco Buttiglione), che possedendo anche il 30 % delle azioni Abp, 

aveva conquistato il monopolio delle proprietà ex Alfa Romeo di Arese. Ultimamente è apparsa sulla 

scena un’ultima immobiliare, la “Duema” che forse ha sostituito Estate 6, senza però cambiare gli attori 

mascherati. 

C’è da chiedersi cosa centra questo balletto indecente di immobiliari con la reindustrializzazione e la 

ripresa occupazionale nelle aree ex Alfa e come mai il C.R.A.A., a suo tempo, non abbia fatto nulla 

per impedirlo. 

A dir la verità questi interrogativi se li è posti anche il pubblico ministero Claudio Gittardi della procura 

di Milano, che nel mese di aprile 2005, dopo un’indagine di circa sei mesi, ha aperto un’inchiesta - per 

ora contro ignoti – per truffa in erogazione di fondi pubblici e abuso d’ufficio, facendo intravedere 

anche la possibilità che sulle aree industriali dismesse dell’Alfa di Arese sia avvenuta una gigantesca 

operazione di speculazione edilizia. Dalle notizie trapelate sulla stampa, in questa inchiesta sarebbero 

coinvolti Fiat, C.R.A.A. e le società acquirenti già citate. 

Secondo una denuncia presentata alla magistratura milanese dal sindacato Slai-Cobas qualche tempo 

fa, l’azienda torinese avrebbe incassato alcune centinaia di miliardi di vecchie lire italiane dalle 

istituzioni pubbliche per produrre auto e motore a basso impatto ambientale; essa però non ha 

rispettato i patti in quanto ha invece gradualmente smantellato tale produzione ad Arese. Fin dal mese 

di febbraio 2005 infatti la Fiat, dopo aver risolto il contenzioso con i cugini americani della General 

Motors, ha reso noto ufficialmente la sua decisione di chiudere la meccanica e di trasferire entro la fine 

del 2005 tutte le attività produttive della Powertrain, inerenti alla produzione del motore a sei cilindri, in 

Australia. Si sanciva così definitivamente che i circa 1.800 dipendenti della Fiat e aziende collegate, 

che ancora permanevano sull’area ex Alfa Romeo di Arese, difficilmente avrebbero avuto un futuro 

occupazionale in quest’area. 

Il C.R.A.A. che, stando al suo statuto, aveva il compito di promuovere l’insediamento di nuove imprese 

industriali manifatturiere (in particolare metalmeccaniche) nell’area ex Alfa, ha lasciato invece -se non 

addirittura favorito- che fabbricati ed aree finissero nelle mani di una cordata di società immobiliari, 

interessate più alla rendita fondiaria che al profitto industriale e all’occupazione produttiva. 

In conclusione, se l’insediamento produttivo dell’Alfa Romeo di Arese ha avuto una nascita fortemente 

intrecciata con gli interessi parassitari di rendita sul suolo, sono stati questi stessi interessi a fornire un 

grande contributo alla sua morte, anche se la storia continua. 

3- Le attuali proposte di riuso 

Nonostante l’evidente ed irreversibile fuga della Fiat da Arese, non sono finite le lotte dei sindacati per 

far rientrare nell’insediamento aresino almeno una parte delle ex maestranze Alfa, in relazione alle 

nuove proposte di riutilizzo dello stesso insediamento che si sono configurate dal 2003 ad oggi. 

Nel maggio del 2004 i consigli comunali di Arese, Garbagnate, Lainate e Rho, approvano in via 

definitiva un nuovo “accordo di programma” relativo al “Piano di Recupero Intercomunale” (PRI) 

dell’area ex Alfa, variando il piano originario del C.R.A.A. e i rispettivi piani regolatori vigenti, per 

consentire l’insediamento di attività terziarie e logistiche non più strettamente connesse alla 

produzione industriale “in loco”. 

Il C.R.A.A. viene praticamente messo in liquidazione e il nuovo accordo di programma conclude un 

intenso confronto iniziato nel 2003 tra regione, provincia, amministrazioni locali, organizzazioni 

sindacali e proprietà delle aree, che porta a suddividere l’insediamento ex Alfa in tre parti: 

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1- la cosiddetta “area attuata” di circa 500 mila mq, che riguarda le aziende già insediate compresa la 

famigerata “Rotamfer”; 

2- l’area già completamente dimessa -detta “ambito A”- di circa 643 mila mq, di proprietà della Abp 

S.p.A., dove si prevede la formazione di un “polo logistico” per la movimentazione delle merci, 

ovvero attività di stoccaggio, trasporto e altri servizi compatibili; 

3- l’area non ancora totalmente dismessa -detta “ambito B”- di circa 1 milione di mq, di proprietà 

dell’immobiliare bresciana “Estate 6 s.r.l.” (oggi “Duema” ?), interessata dal progetto del “polo della 

mobilità sostenibile” e dalla permanenza di alcune attività Fiat in corso di dismissione. 

La proposta più interessante e positiva è certamente quella del “polo della mobilità sostenibile” che 

nasce nel 2003 dall’impegno della regione Lombardia di sostenere finanziariamente tale progetto, nel 

quadro del “programma Hycom” dell’Unione Europea, che aveva ed ha la finalità di promuovere la 

creazione di “comunità dell’idrogeno” in grado di utilizzare questo elemento come fonte d’energia pulita 

per il riscaldamento, l’elettricità e per il carburante degli autoveicoli. Proprio su incarico della regione, 

l’ENEA , dopo un anno di lavoro, ha portato a conclusione una ricerca sulla fattibilità della proposta, 

delineando sei linee d’indirizzo per gli insediamenti collocabili ad Arese, che si possono così 

sintetizzare: 

- il “distretto energetico”, per la ricerca di processi innovativi inerenti alla produzione, conservazione, 

distribuzione e gestione delle risorse energetiche alternative al petrolio, ad incominciare 

dall’idrogeno; 

- il “distretto della mobilità sostenibile”, col compito di rivedere e riorganizzare tutte le modalità del 

trasporto di persone e merci (omologazione di autoveicoli e combustibili ecologicamente innovativi, 

pista prova, “car sharing”, ecc.); 

- il “distretto per il governo del traffico”, col fine di definire decisioni e attività a supporto del sistema 

e di coordinare il monitoraggio ambientale (ovvero le conseguenze del traffico sull’ambiente) 

realizzato col concorso di laboratori interdisciplinari; 

- il “distretto per la diffusione commerciale del vettore idrogeno” per autoveicoli (produzione, stazioni 

di servizio, stoccaggio e sicurezza); 

- il “distretto auto ecologica”, riguardante le iniziative per lo sviluppo di mercati di nicchia in ambito 

locale (veicoli di pubblica utilità), per autoveicoli alimentati con idrogeno o ibridi; 

- il distretto per i combustibili alternativi”, col compito di sperimentare e produrre impianti pilota a gas 

naturale, biodiesel e bioetanolo. 

A sostegno della realizzazione di questa proposta, il Politecnico di Milano e altre Università milanesi, 

l’ENEA e l’ARPA (agenzia regionale per l’ambiente) hanno manifestato, a più riprese, la volontà 

d’insediarsi nell’area ex Alfa con propri distaccamenti e laboratori, per dar vita ad un “Centro di 

ricerca”. 

Nell’Ambito B del piano di recupero intercomunale viene anche prevista la costituzione di un 

“Consorzio dell’idrogeno” capace di mettere in sintonia istituti pubblici e aziende private che si 

occupano di questo elemento come carburante per autotrazione. 

La proposta del “polo della mobilità sostenibile”, coi suoi “annessi e connessi”, formulata fin dagli inizi 

del 2003, è rimasta però fino ad oggi “letteratura”. Benché essa venga sempre rilanciata e richiamata 

dal presidente regionale Formigoni, come se fosse un toccasana universale per le patologie 

occupazionali della Lombardia, la sua realizzazione tende a scivolare sempre più in là, ogni volta che 

le organizzazioni sindacali chiedono il rispetto dei patti sottoscritti, che prevedono il riassorbimento nel 

polo di una parte delle maestranze ex Alfa messe in cassa integrazione dalla Fiat. Formigoni, prima e 

durante la recente campagna elettorale regionale, ha assicurato che tra luglio e settembre del corrente 

anno si insedieranno ad Arese le prime aziende interessate a partecipare al “polo della mobilità 

sostenibile”: staremo a vedere se si tratta di qualcosa di più della solita “promessa da marinaio”. 

Bisogna anche aggiungere che tale progetto occupa nel PRI (compresi il “Centro ricerca” e il 

“Consorzio idrogeno” un’area di circa 170.000 mq e a parte il “Progetto sicurezza” che utilizzerebbe 

un’area di circa 91.000 mq e le aree occupate dalla centrale AEM per il teleriscaldamento, non è 

assolutamente chiaro il destino delle altre aree dell’Ambito B. 

L’unico progetto che, in sordina e con poca trasparenza, sta andando avanti è quello del “Polo 

logistico” localizzato sulle aree dell’Ambito A, di proprietà della Abp (Alfa business park). 

Si tratta di un progetto immobiliare della società americana Aig Lincoln, che prevede la ristrutturazione 

urbanistica ed edilizia di un’area edificata di circa 360.000 mq, per dar vita alla realizzazione di un 

“polo logistico intermodale”, con spazi da affittare a società ed imprese piccole e medie che si 

occupano di attività inerenti alla movimentazione delle merci, alla loro distribuzione e promozione 

commerciale, coi relativi servizi. Tale progetto, che viene chiamato “Innova Business Park” (IPB), è 

stato presentato a Milano nel febbraio del 2005 dai vertici di Aig Lincoln e Abp, ma in realtà i primi 

50.000 mq erano già stati completati alla fine del 2003 e affittati ad operatori privati attivi nella logistica 

e nella distribuzione delle merci. 

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I lavori per la realizzazione completa del progetto sono partiti nel gennaio 2005, dopo che la proprietà 

ha commissionato alla CAMPISA s.r.l. -azienda leader nel settore logistico- la fornitura di alcune 

centinaia di punti di carico con tecnologie d’avanguardia; il termine dei lavori è previsto entro la fine del 

mese di settembre 2007. Anche qua, gli impegni sottoscritti dalla proprietà delle aree sull’assunzione 

di ex tute blu dell’Alfa, sono rimasti per ora sulla carta. Anche qua, non si capisce che destino avranno 

le altre aree non interessate dal progetto del “polo logistico”. Questo progetto sembra anche ignorare 

le conseguenze negative degli impatti ambientali dovuti all’aumento del traffico pesante in tutto il 

territorio circostante. 

Del resto, il nuovo PRI prevede -a carico dei privati- opere di mitigazione ambientale che non hanno il 

necessario respiro di “area vasta”, per far diventare l’insediamento ex Alfa un effettivo “caposaldo”, 

intorno a cui ruoti una riqualificazione ambientale e sociale di carattere territoriale. Gli interventi previsti 

sono: 

- la risistemazione dei parcheggi ex Alfa Romeo su via Luraghi ad Arese; 

- la realizzazione di un attraversamento pedonale in sede propria della via Luraghi ; 

- la formazione di una pista ciclabile e di una barriera verde, intorno all’ex insediamento industriale, 

nel comune di Arese; 

- la riattivazione del raccordo ferroviario, oggi in disuso, della ex Alfa con la stazione FNM di 

Garbagnate. 

Questi interventi, sia pure necessari, sono però del tutto marginali in rapporto all’entità del “polo 

logistico” e le sue conseguenze ambientali negative, dovuti alla congestione del traffico e 

all’inquinamento atmosferico ed acustico. 

Urbanisti e docenti del Politecnico di Milano, avendo come riferimento altri Poli logistici già funzionanti 

(Trieste, Verona, Rovigo, Padova), hanno calcolato che ad Arese un polo logistico di circa 640 mila mq 

richiamerebbe in entrata circa 1800 Tir e 10.000 vettori medio-piccoli al giorno e altrettanti in uscita, 

con le conseguenze che possiamo ben immaginare. 

4 – L’ultima proposta: il progetto ADAM 

A sconvolgere ulteriormente la già confusa prospettiva di riuso dell’insediamento ex Alfa Romeo di 

Arese, viene presentato nel febbraio 2005, presso il palazzo Isimbardi della Provincia di Milano, il 

progetto ADAM (Accesso Diretto Ai Mercati). 

I promotori del progetto sono, Fin Porto di Genova, ComunImprese, Università Cattolica di Milano 

(prof. Luciano Venturini) e Banca Intesa. In concreto, si propone di spostare ad Arese il traffico dei 

container e le attività collegate del porto di Genova, per la quota che riguarda la Lombardia, stimata in 

circa il 40 % del traffico totale, sfruttando la centralità dell’area nell’hinterland milanese, situata 

all’incrocio dell’asse Lisbona-Kiev e la sua vicinanza con Malpensa. 

Il progetto dell’interporto delle merci dovrebbe coinvolgere circa 1,8 milioni di mq dell’insediamento 

aresino (su un totale di circa 2,07 milioni di mq) avvalendosi, per lo spostamento dei container, di un 

collegamento ferroviario col porto di Genova. Circa 800 mila mq dell’area ex Alfa sono dedicati alla 

logistica e 1 milione di mq ad attività produttive connesse, mentre vengono previsti 2500/3000 posti di 

lavoro. 

Il Presidente della Provincia dichiara subito, cogliendo di sorpresa anche gli altri partiti della sua 

coalizione, che il progetto può “…rappresentare una soluzione forte per il rilancio produttivo di Arese. 

Inoltre per la prima volta si riuscirebbe a spostare una consistente fetta del traffico merci dalla gomma 

al ferro, togliendo un terzo degli automezzi pesanti dalle strade lombarde da e per Genova”. 

Peccato che il collegamento ferroviario tra Arese e il porto di Genova non esiste, ma se anche ci 

fosse, bisognerebbe sempre trasportare le merci stoccate ad Arese nel resto della Lombardia, con 

automezzi più o meno pesanti e la stessa cosa succederebbe per il percorso inverso. Dal porto Di 

Genova partono ogni anno verso il nord del paese più di 1,6 milioni di container, quasi tutti trasportati 

su gomma: le previsioni stimate dicono che raddoppieranno nel 2010 (circa 3,24 milioni) e che 

supereranno i 4 milioni di container all’anno nel 2014. Il 40 % di questi container interessano la 

Lombardia, mentre, secondo il progetto ADAM, la quota relativa all’area milanese, che dovrebbe 

essere stoccata ad Arese, sarebbe pari al 25 %: secondo quest’ultima percentuale, arriverebbero 

perciò subito 400.000 container all’anno, 810.000 container/anno nel 2010 e 1.050.000 nel 2014, 

ammesso naturalmente che tale percentuale non cambi. 

Assumendo, per esempio, che le giornate effettivamente lavorative in un anno sono circa 270, da 

subito arriverebbero ad Arese circa 1480 container al giorno; 3000 cont./giorno nel 2010 e circa 3890 

cont./giorno nel 2014. 

Considerato che il container più piccolo a pieno carico (peso proprio + peso della merce) pesa circa 20 

tonnellate, che un automezzo “leggero” può trasportare fino a 2,5 t e che un vettore pesante di ridotte 

dimensioni (6,058 m di lunghezza) può trasportare non più di 20 t (un container intero), se il progetto 

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ADAM si realizzerà, rispetto alla situazione attuale potremmo avrere il seguente incremento giornaliero 

di automezzi sul nostro territorio e sull’intera area milanese: 

- in tempi brevi, 11.840 vettori leggeri in più, oppure 1480 vettori pesanti; 

- nel 2010, 24.000 vettori leggeri in più, oppure 3000 vettori pesanti; 

- nel 2014, 31.120 vettori leggeri in più, oppure dai 3890 vettori pesanti. 

Questi dati di previsione che raddoppiano, conteggiando i vettori sia in entrata che in uscita dall’area di 

Arese, basterebbero già da soli, per chi conosce la situazione ambientale dei comuni del rhodense, a 

farci rigettare senza ombra di dubbio un progetto di questo tipo, ma ritorniamo alla ferrovia, che ha 

tanto affascinato i sostenitori del progetto. 

Il tratto ferroviario esistente ed in disuso che collega l’insediamento ex Alfa con la linea della FNM ha 

un solo binario, mentre con la costruzione dell’interporto delle merci ne occorrerebbero almeno 8-10; 

ma questo è solo un problema secondario. 

Il vero problema sta nel fatto che la linea FNM di Garbagnate è si connessa con la stazione di Bovisa, 

ma quest’ultima è soltanto collegata con la tratta tronca di Cadorna e col Passante: un collegamento 

Arese-Genova, che passi per Milano per il trasporto delle merci, è del tutto improponibile, a meno che 

non si voglia “rivoluzionare” l’intero nodo ferroviario milanese. 

L’unica via ferrata possibile sembrerebbe essere quella per Saronno - Novara - Alessandria che, oltre 

ad avere una certa lunghezza, richiederebbe investimenti di rilievo proprio fra le stazioni di Garbagnate 

e Saronno (stazioni comprese). Vi sono poi problemi infrastrutturali non secondari, relativi all’altezza 

dei cavalcavia, al numero dei binari e ai sistemi attuali di controllo e sicurezza; condizioni 

infrastrutturali che sono inadeguate per i convogli adibiti al trasporto dei container. Quanti anni ci 

vorrebbero per affrontare e risolvere tutti questi problemi, ammesso e non concesso di trovare i 

“piccioli” necessari: dieci, quindici anni ? E chi paga ? 

Nel frattempo però, da quel che ci è dato di sapere, i vertici della Fin Porto di Genova, spalleggiati da 

Banca Intesa, premono sulle istituzioni, in particolare sulla Provincia di Milano, affinché il progetto 

ADAM parta subito e abbia l’OK prima dell’estate 2005, indipendentemente dall’esistenza della 

ferrovia. 

Dietro tutta questa fretta ci sarebbe in realtà la necessità di “liberare” la collina degli Erzelli a Genova 

dall’invasione dei container, che vanno e vengono dal porto, con l’obiettivo palese di costruirvi una 

“Città del sapere”, votata all’high tech. 

Dietro questa operazione immobiliare c’è Carlo Castellano, intraprendente manager dell’high tech, 

che ha riunito una sessantina di imprenditori costituendo la “Genova hi-tech”, candidata all’acquisto 

degli Erzelli grazie ad una opzione rilasciata dalla proprietà che, guarda caso, scade proprio alla fine 

del mese di luglio 2005. Renzo Piano è l’architetto chiamato ha realizzare questo progetto. Piano ha 

già ipotizzato di trasformare gli Erzelli in una grande isola verde, dentro la quale svettano una serie di 

grattacieli di 100-150 metri d’altezza, costituenti un grande “campus tecnologico”, che ospiterà più di 

200 aziende high tech, collegato alla città da una funicolare o teleferica. 

Erzelli a parte, anche le previsioni occupazionali fornite dal progetto ADAM fanno “acqua” da tutte le 

parti. Secondo il progetto, le ricadute occupazionali dirette sull’area di Arese sarebbero di circa 1650 

addetti, di cui 300 per la logistica vera e propria, 900 per la lavorazione/distribuzione della merce, 300 

per spedizionieri e 150 per servizi amministrativi e generali. Tutto il resto (1350 addetti) sarebbe 

invece dovuto all’indotto. In realtà, se teniamo conto che le operazioni di un polo logistico di questo 

genere sono fortemente automatizzate, il numero vero sarebbe di 300/400 persone, comprendendo in 

esse anche un centinaio di addetti alle mansioni amministrative. Il resto sarebbe da imputare tutto 

all’indotto, di cui però i promotori non sono in grado di fornire uno straccio di prova scientifica sul 

perché ciò si dovrebbe verificare. 

5- Conclusioni: la proposta di progetto per “La Eco-Città dell’Ambiente, della Scienza e 

dell’Industria” 

La realizzazione dei progetti di “polo logistico” proposti per il riutilizzo dell’area ex Alfa Romeo di 

Arese, mi sembra dettata quasi esclusivamente dalla volontà degli attuali proprietari di appropriarsi 

degli alti valori della rendita fondiaria di posizione, che si sono accumulati negli ultimi dieci anni in 

quest’area, grazie alla sua acquisita “centralità” nel contesto metropolitano. Essa è infatti collocata in 

una posizione privilegiata, sia rispetto alle grandi infrastrutture regionali e nazionali della mobilità, sia 

per quel che riguarda il “corridoio 5 europeo” e l’asse Lisbona-Kiev. 

Questa centralità è stata ulteriormente rafforzata dalla costruzione del polo fieristico Rho-Pero e dal 

Tav (treno ad alta velocità Milano-Torino e Milano-Venezia) in corso di realizzazione, con le relative 

infrastrutture (stazione di accesso al Tav, prolungamento della MM1 nel polo fieristico, nuove strade e 

svincoli, ecc.), che hanno fatto lievitare, in maniera significativa, il valore di mercato dei terreni nei 

comuni del rhodense. Accanto a questi interventi, proprio sul confine di nord-ovest del recinto fieristico 

Rho-Pero, tra Cerchiarello (Pero) e Pantanedo (Rho), se ne sta profilando un altro, di un certo rilievo, 

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sulle aree della CamFin (Tronchetti Provera) e dell’ENI: 100.000 mq di superficie lorda di pavimento 

(circa 300.000 metri cubi) destinata ad attività terziarie (uffici, commercio, residenza temporanea), su 

un’area di circa 140.000 mq, proposta con una bozza di programma integrato d’intervento, 

naturalmente in variante ai piani regolatori vigenti nei comuni di Rho e Pero. Cito quest’ultimo caso, 

appena abbozzato, per rendere evidente la tendenza, ormai consolidata, del mercato immobiliare di 

Milano (con valori delle aree che sono i più elevati d’Europa) di inglobare i comuni del nostro ambito 

territoriale, rendendo assai forte la pressione speculativa del capitale finanziario sulle aree dismesse. 

D’altronde non è un caso che anche le aree della ex Pirelli a Lainate siano sottoposte a questa stessa 

pressione redditiera. 

Il polo logistico è appunto una di quelle destinazioni d’uso del suolo che si possono realizzare in tempi 

brevi, sfruttando le “esternalità” già esistenti (dette anche “economie esterne”) costruite coi soldi 

pubblici. Esternalità che vengono poi capitalizzate nei livelli degli affitti e nei prezzi di mercato degli 

immobili finendo nelle tasche dei privati sotto forma di rendita e d’interesse del capitale immobilizzato 

(col concorso delle banche). 

Nel nostro caso, la destinazione funzionale a “polo logistico” di una parte più o meno rilevante dell’area 

Alfa di Arese è quindi organica agli interessi economici dei proprietari, ma cozza contro gli interessi 

pubblici per tutta una serie di motivi, sia che si tratti del progetto Abp, sia che si tratti del progetto 

ADAM. 

In primo luogo, il polo logistico si colloca in un contesto territoriale fra i più densamente abitati nella 

Provincia di Milano, con un consumo del suolo (risorsa scarsa) anch’esso elevato e dove i fattori di 

perturbazione ambientale (congestione del traffico, inquinamento del suolo, dell’aria, acustico, ecc.), 

che incidono negativamente sulla nostra qualità della vita, sono già a rischio e superiori alla media 

provinciale. 

Dai dati sul consumo del suolo (aree già urbanizzate e costruite), rilevati dal censimento Istat del 2001, 

risultava che mentre a livello provinciale il dato medio era pari a circa il 37 % dell’intero territorio della 

Provincia, a Rho, Lainate, Garbagnate il suolo consumato era compreso tra il 50 e il 60 % delle 

rispettive superfici comunali e ad Arese raggiungeva invece quasi il 68 %. 

Dalla “Relazione sullo stato dell’ambiente della Provincia di Milano” prodotta dalla stessa Provincia nel 

2003, si deduce che l’inquinamento atmosferico dovuto per esempio, al NO2 (biossido di azoto) e al 

PM10 (polveri sottili), nel 2001 superava già le concentrazioni medie annuali ammissibili nei quattro 

comuni interessati dall’area ex Alfa, tant’è che Arese, Garbagnate, Lainate e Rho apparivano inseriti in 

parte, nell’area critica del Sempione e in parte, nell’area critica di Milano. 

Del resto il “Rapporto sullo stato dell’ambiente nel Comune di Arese” , pubblicato dall’amministrazione 

comunale nel 2004, rendeva noto che l’ARPA aveva rilevato concentrazioni medie assai elevate di 

PM10 in atmosfera, con punte di 70-90 microgrammi al metro cubo per più di 35 giorni all’anno, mentre 

la normativa vigente indica che per la protezione della salute umana non si può superare i 40-50 

microgrammi/mc per più di 35 volte all’anno. Come si sa, gran parte delle emissioni di PM10 in 

atmosfera derivano dal traffico veicolare su gomma e tutti, per esperienza diretta, sappiamo anche 

come sia particolarmente feroce e stressante la congestione del traffico nel rhodense. 

Tralasciando altri aspetti importanti della “questione ambientale”, voglio qua sottolineare che studi e 

ricerche degli “addetti ai lavori” hanno ormai dimostrato che esiste una correlazione tra le varie forme 

d’inquinamento atmosferico e le patologie che colpiscono il sistema cardiovascolare e l’apparato 

respiratorio, soprattutto di bambini ed anziani. 

Non è quindi un caso che la Lombardia e, in particolare, l’area metropolitana milanese, abbiano il triste 

primato nazionale dei decessi per tumore ai polmoni. 

Portare dentro in questo contesto territoriale un polo logistico del tipo di quelli prospettati, non è 

esagerato dire, che è un deliberato attentato alla salute umana e alla salvaguardia di un ambiente già 

dolosamente provato. 

La carenza di poli logistici tecnologicamente avanzati è certamente un problema da affrontare, per 

diminuire la grande proliferazione spontanea di insediamenti per lo stoccaggio e la movimentazione 

delle merci di piccola dimensioni, che vegetano, promiscuamente e pericolosamente, accanto alle 

funzioni residenziali, in ogni angolo del territorio urbanizzato dell’area metropolitana milanese. Essi 

però vanno realizzati, fuori dalle zone densamente abitate e già congestionate, in quei punti del 

territorio più vasto dove si incrociano le grandi infrastrutture della viabilità su gomma con le linee 

ferroviarie e magari, con vie d’acqua navigabili, per favorire l’intermodalità del trasporto delle merci, 

senza sconvolgere l’ambiente. 

In secondo luogo, alla “questione ambientale” si sovrappone la sempre presente “questione sociale”, 

la cui complessità, come quella ambientale, travalica certamente i ristretti confini amministrativi dei 

quattro comuni interessati direttamente dall’insediamento Alfa. 

Anche sulla “questione sociale” non voglio entrare nel merito dei suoi vari aspetti; voglio solamente 

porre l’accento sulla drastica riduzione delle opportunità di un lavoro stabile, dovuta essenzialmente ad 

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un processo di de-industrializzazione al quale si accompagna il fenomeno della continua 

terziarizzazione della nostra economia. 

Questo processo che ancora si svolge, portando alla dismissione di molte attività industriali, si è fatto 

sentire anche nei comuni del rhodense (Arese, Bollate, Cornaredo, Garbagnate, Lainate, Pero, 

Pogliano, Pregnana, Rho, Settimo e Vanzago). 

Dai dati dei censimenti Istat sull’industria e sul commercio risulta che nel decennio 1991-2001, i posti 

di lavoro industriali (addetti) si sono ridotti del 25 % nell’ambito territoriale complessivo del rhodense, 

mentre nell’ambito provinciale la perdita media è stata del 15 %. 

Questa riduzione è stata più consistente ad Arese (-70,3 %), Pero (-35,24 %), Rho (-30,3 %), Settimo 

Milanese (-27,5 %) e più contenuta -si fa per dire- nei comuni di Cornaredo (-13,2 %), Bollate (-10,03 

%) e Garbagnate Milanese (-8,95 %). A Pregnana Milanese, Pogliano Milanese, Vanzago e Lainate, i 

posti di lavoro industriali si sono invece incrementati. 

E’ vero che nel decennio intercensuale considerato sono aumentati i posti di lavoro nel terziario (salvo 

che nel commercio per il crollo della piccola distribuzione al minuto), ma tale crescita non è riuscita a 

compensare totalmente le perdite nell’industria, tant’è che i posti di lavoro complessivi (industria + 

terziario) sono calati del 5,6 % nel rhodense (-4,3 % in ambito provinciale). 

Così alla data del censimento Istat del 2001 nella Provincia di Milano si è registrato un allargamento 

della forbice tra le attività terziarie (circa 1,033 milioni di addetti) e le attività industriali (circa 549 mila 

addetti), queste ultime concentrate in circa 58.245 imprese, con una media di 9,4 addetti per impresa; 

una dimensione molto piccola, segno di una grande dispersione territoriale. Questo squilibrio tra 

attività industriali ed attività terziarie rispecchia fedelmente la situazione generale del cosiddetto 

“Sistema Italia”, dove il nostro paese appare ormai un luogo dedicato prevalentemente ai consumi e ai 

servizi privati, senza il sostegno di un’adeguata struttura produttiva di beni materiali; un “paese 

terziario” dove il peso “parassitario” di categorie economiche “feudali” come la rendita e l’interesse 

finanziario, è enorme. 

Negli ultimi anni, per la mancanza di un piano generale sul rilancio industriale del paese, il processo di 

riduzione delle attività produttive industriali è proseguito. La questione sociale volge più al peggio che 

al meglio; la “torta da distribuire” non è creata dalle attività di servizio, ma dalla produzione industriale 

che langue miseramente. 

La stessa area metropolitana milanese che una volta costituiva, insieme alle aree torinese e 

genovese, uno dei vertici forti del “triangolo industriale”, appare oggi complessivamente in regresso 

nella competizione industriale con altre aree europee di pari ruolo. 

Gli ultimi dati sul Pil (Prodotto interno lordo) ci dicono che il “Sistema paese” è in regresso, grazie ad 

una politica governativa tutta tesa a favorire gli investimenti improduttivi: -0,6 %. 

Un progetto urbanistico di recupero dell’area ex Alfa, non può quindi dimenticare che la creazione di 

nuove opportunità di un lavoro stabile è fortemente connessa col problema del ri-equilibrio tra 

occupazione industriale e occupazione terziaria, dando la precedenza alla prima rispetto alla seconda. 

In terzo luogo, proprio per la “centralità” dell’area ex Alfa Romeo, dovuta alla sua dimensione e 

collocazione “strategica” nel quadro infrastrutturale ed insediativo dell’area milanese, un suo riuso per 

“poli logistici”, del tipo di quelli proposti, rappresenta un grande spreco di territorio e la negazione delle 

enormi potenzialità che tale area ha, ai fini di un rilancio innovativo, sia della produzione industriale, 

che della ricerca scientifica, rivolte soprattutto a promuovere uno sviluppo sostenibile. 

Un rilancio che sia capace di dare un contributo sostanziale e strumenti appropriati per incominciare 

ad affrontare, in maniera integrata e con buone possibilità di successo, le problematiche sociali ed 

ambientali a cui ho accennato, non solo nel rhodense e nell’area metropolitana milanese, ma anche in 

Lombardia e nell’intero paese. 

Dal punto di vista urbanistico infatti, l’area Alfa di Arese presenta tutte le caratteristiche necessarie per 

diventare un grande “caposaldo di riferimento strategico” di una trasformazione territoriale sostenibile, 

che risponda ai seguenti obbiettivi fondamentali: 

1- rilanciare l’occupazione industriale, duramente colpita dal disimpegno della Fiat, attraverso la 

creazione di nuove opportunità di lavoro qualificato, con sistemi produttivi e prodotti 

tecnologicamente avanzati ed ecologicamente innovativi; 

2- far diventare l’area Alfa un punto di riferimento di tutte le attività di ricerca e sperimentazione nel 

campo dell’energia rinnovabile, alternativa al petrolio (comprese quelle derivate dal sole, dal 

vento, dalle biomasse vegetali e dal recupero dei rifiuti), ma anche nel campo dei materiali 

biodegradabili e completamente recuperabili, da utilizzare nell’edilizia e per interventi di 

bioarchitettura; 

3- contribuire alla riduzione degli alti livelli d’inquinamento atmosferico, realizzando in tempi brevi il 

“Polo della mobilità sostenibile”, dove concentrare le attività di trasformazione e produzione di 

motori per autotrazione, ecologici o a basso impatto ambientale, incominciando dal rinnovamento 

92


di tutto il parco degli automezzi pubblici su gomma per il trasporto delle persone e dagli automezzi 

commerciali per il trasporto delle merci; 

4- ricavare spazi adeguati, per servizi alle imprese, per l’informazione e la formazione di personale 

qualificato in tecniche produttive eco-compatibili con l’ambiente e per attività culturali e ricreative 

nel verde; 

5- riqualificare tutto il sistema ambientale, naturale ed artificiale, circostante l’area, migliorando la 

qualità della vita degli abitanti con interventi rivolti a: 

- realizzare collegamenti metropolitani su ferro col resto del territorio milanese; 

- adeguare tutto il sistema della viabilità anche con interventi capaci di mitigare (Zone 30, passaggi 

pedonali protetti, piste ciclabili, ecc.) e rendere più sicuro il traffico veicolare; 

- creare una rete ecologica del verde che, partendo dalla fabbrica, colleghi, attraverso “corridoi 

ecologici”, giardini, parchi pubblici comunali e sovracomunali, nuclei edilizi antichi da recuperare e 

risanare, servizi, ecc.. 

Per raggiungere questi obiettivi il “Comitato Popolare contro il Polo Logistico e per la 

Salvaguardia dell’Ambiente”, che sintetizzo nella sigla “CPCPL”, ha formulato una proposta di 

progetto per il riutilizzo dell’area ex Alfa Romeo di Arese: “La Eco-Città dell’Ambiente, della Scienza 

e dell’Industria” (ECASI). 

Questa proposta è nata all’interno del grande lavoro di sensibilizzazione ed informazione fra i cittadini, 

che il CPCPL ha svolto nei quattro comuni, interessati direttamente dal futuro destino 

dell’insediamento Alfa: lavoro che ha visto la partecipazione di noi, Comunisti Italiani, soprattutto 

attraverso la Sezione di Rho “A. Gramsci”. 

Il CPCPL, nato spontaneamente fra cittadini non iscritti ai partiti, oltre a noi, ha saputo coinvolgere e 

raccogliere, nella giusta disputa contro il “Polo Logistico”, l’adesione e il sostegno di altri partiti, 

movimenti, associazioni e sindacati di base dell’Alfa Romeo, che sarebbe troppo lungo citare, 

promuovendo iniziative e assemblee pubbliche ad Arese, Lainate, Rho e Garbagnate. Oggi, dopo 

queste iniziative, sono quasi 1500 le persone coinvolte dal CPCPL. 

Noi, Comunisti Italiani del rhodense, sosteniamo il progetto ECASI, non solo perché abbiamo 

contribuito alla sua definizione, ma anche perché esso rappresenta una proposta costruttiva, aperta al 

dibattito e al confronto democratico con le istituzioni del Governo Pubblico del territorio e con altri 

soggetti sociali, sul piano delle idee finalizzate alla salvaguardia dell’interesse pubblico. 

Questa proposta non nasce dai soliti interessi particolaristici e privati, ma da parti importanti delle 

comunità locali del rhodense, che non vogliono più subire trasformazioni territoriali imposte dall’alto, 

non condivise e deleterie per la qualità della vita di tutti i cittadini. 

Il progetto ECASI è quindi una proposta che si può approfondire e affinare ulteriormente, perfino 

modificare, a patto che rimangano fermi sia l’opposizione ai “poli logistici” proposti, sia gli obbiettivi 

generali che ho richiamato. 

5. ALTERNATIVA PROGETTUALE PER “LA ECO-CITTA’ DELL’AMBIENTE, DELLA SCIENZA E 

DELL’INDUSTRIA” 

5.1 Premesse 

• Quella di Arese è una opportunità straordinaria per chi intende pianificare strategicamente la 

trasformazione del territorio, rispondendo a tre fondamentali obiettivi: 

• Realizzare un intervento strutturale per ridurre l’inquinamento atmosferico, attraverso 

un polo, che sia un punto di riferimento nelle attività sia di ricerca e sviluppo che 

culturali e dove si concentri l’attività di trasformazione e produzione di motori per 

autotrazione in senso eco-compatibile 

• Riqualificare il territorio circostante, salvaguardare l’ambiente e migliorare la qualità 

della vita degli abitanti attraverso l’adeguamento della viabilità, la realizzazione di 

collegamenti metropolitani e la creazione di aree verdi e di intrattenimento. 

• Contribuire a risolvere i problemi occupazionali causati dal disimpegno della Fiat e 

creare opportunità di lavoro qualificato e stabile 

93


5.2 Il Progetto 

• L’idea forte su cui si sviluppa questo progetto, è quella della realizzazione di una Eco-Città della 

Scienza, dell’Ambiente e dell’Industria, costruita volutamente attorno al Polo della Mobilità 

Sostenibile, che oltre ai 135.000 mq previsti per tale progetto, interessi l’intera area ex Alfa. 

• Si tratta di un’iniziativa finalizzata a creare un distretto ad alta tecnologia fondato sullo studio, ricerca 

e produzione di nuovi prodotti di eccellenza e eco-compatibili, questi ultimi mirati alla risoluzione dei 

problemi ambientali connessi con le esigenze di mobilità. In particolare si fa riferimento all’utilizzo di 

vettori energetici alternativi: metano, combustibili basati sugli olii vegetali, motori ibridi elettricimetano 

e in prospettiva idrogeno. 

• Si deve inoltre sviluppare ricerca e produzione dei sistemi tecnologici inerenti alla trasformazione 

dell’energia solare ed eolica in energia elettrica 

• La trasformazione urbanistica dell’area dell’Alfa Romeo di Arese è l’occasione per avviare nuovi 

rapporti tra le attività di ricerca, formazione professionale e innovazione produttiva su cui si sono già 

cimentati i gruppi industriali più dinamici e avanzati (Technocentre Renault a Guyancourt, Chrysler 

Technology Center di Oakland, CIMAP a Birmingham, persino Fiat a Melfi con il Learning Center e a 

Torino con l’ Environment Park, ecc.). 

• Il Progetto deve proporsi la continuazione e auspicabilmente l’estensione della presenza FIAT nelle 

attività di progettazione, sperimentazione, design, costruzione di prototipi e produzioni di nicchia. 

Esistono innegabili sinergie tra la mobilità sostenibile e la ricerca che FIAT deve portare avanti nelle 

aree dei propulsori e carburanti innovativi e eco-compatibili, specialmente ora che sta perdendo 

capacità di ricerca nei motori, dovuti al fallimento dell’allenza con GM in PowerTrain. Infatti, da un 

lato FIAT si potrebbe avvalere dell’innovazione risultante dalle attività di ricerca, dall’altro darebbe 

concretezza industriale alle ricerche, non smantellando l’unica azienda automobilistica rimasta in 

italia, continuando la sua tradizione industriale e aiutando a risolvere in positivo il problema 

dell’occupazione. 

• Oltre al core-business costituito dal polo e dalla presenza FIAT, la re-industrializzazione dovrebbe 

mirare a favorire l'insediamento di aziende (anche PMI di nuova formazione) ad alto contenuto 

tecnologico che possano garantire una prospettiva a lungo termine dell'occupazione e dello 

sviluppo, quali ad esempio: la farmaceutica, la meccanica di precisione, l'elettromeccanica, i 

materiali speciali, le biotecnologie, le nanotecnologie, ecc., in sintonia con le indicazioni risultanti dai 

dati regionali riguardanti lo sviluppo e la competitività dei vari settori industriali lombardi. Il progetto 

andrebbe quindi visto come punto focale a supporto dello sviluppo del Distretto tecnologico 

industriale dell'asse del Sempione. 

• Ovviamente dovrà essere considerato in maniera sinergica la presenza del nuovo polo fieristico di 

Rho-Pero 

• La redazione del progetto potrebbe essere affidata mediante convenzione o contratto di consulenza 

a enti indipendenti terzi (come ad esempio il Dipartimento di Architettura e Pianificazione del 

Territorio (DIAP) del Politecnico di Milano-Leonardo). 

• Le aree di intervento previste dal progetto riguardano: 

o La Mobilità sostenibile 

o La Ricerca e Sviluppo per nuove produzioni High Tech 

o Le Infrastrutture per il trasporto pubblico 

o La Cultura e l’Ambiente 

o La Ristrutturazione dell’area 

o I Servizi alle imprese 

o La Formazione e lavoro 

a) Mobilità sostenibile 

• Supportati da opportune normative regionali, finalizzate alla riduzione dell’inquinamento atmosferico 

(come l’Europa ci chiede), la trasformazione dei motori in senso eco-compatibile dovrebbe riguardare in 

prima battuta, i mezzi di trasporto pubblici su gomma, quindi i veicoli commerciali e poi le auto private. 

• Pianificando in tempi brevi (3-5 anni) la completa trasformazione di tutto il parco automezzi lombardo, le 

aziende municipalizzate (ATM, MM, ecc.) dovrebbero concentrare qui tutte le attività di riconversione dei 

mezzi di trasporto pubblico. Essendo gran parte degli autobus oggi a gasolio, già la semplice 

trasformazione di questi motori a metano porterebbe un beneficio ambientale straordinario. 

• L’altro aspetto fondamentale è la trasformazione dei veicoli commerciali, anch’essi quasi tutti a gasolio. 

Anche in questo caso opportune normative e incentivi economici potrebbero portare in tempo brevi una 

94


domanda straordinaria di intervento sui motori. Sia per i mezzi pubblici che per i veicoli commerciali sarà 

valutata la trasformazione a metano, elettrica o ibrida a secondo degli utilizzi. 

La trasformazione dei motori per l’utilizzo di combustibili a minor impatto ambientale dovrà prevedere 

l’implementazione della rete di distribuzione del metano; in questo potranno essere coinvolte le diverse 

società di distribuzione e di vendita di gas metano presenti sul territorio. Più in generale il tipo di attività 

previste può vedere facilmente il coinvolgimento delle società multi-utilities con interessi sia in campo 

energetico che in quello trasportistico 

b) Ricerca e Sviluppo 

� Centri di ricerca ed enti come Politecnico di Milano, ENEA e CNR, dovrebbero essere incentivati a 

raggruppare qui alcune delle loro attività di ricerca, innovazione tecnologica e formazione, in un Centro 

di Eccellenza per l’ambiente, l’energia e la mobilità. Diverse sono le idee a questo riguardo, come ad 

esempio: 

l’insediamento di infrastrutture e attrezzature di ricerca nelle tecnologie dell’informazione 

e della comunicazione e in quelle delle biotecnologie farmaceutiche 

lo sviluppo di nuove tecnologie di produzione e di uso dell’idrogeno 

• attività di promozione sulla bioarchitettura e l’autocostruzione. 

• un incubatore di imprese, con aule di formazione, sale convegni, un centro di design e 

prototipazione 

laboratori multifunzionali, dotati di grandi attrezzature di ricerca e sviluppo; 

c) Infrastrutture per il trasporto pubblico 

• Poichè siamo consapevoli che anche la totale eliminazione delle emissioni non ci libererebbe dal 

traffico, è indispensabile agire anche sul fronte del trasporto pubblico. 

• Nell’area sarà necessario creare un collegamento di metropolitana leggera che dalla stazione delle 

Nord di Garbagnate Serenella, arrivi al Polo fieristico di Rho-Pero (Stazione MM e Ferrovie dello 

stato) servendo Garbagnate, Lainate e Arese, queste ultime del tutto priva di collegamento su rotaia. 

Questo collegamento già proposto in passato, oltre a servire il pendolarismo verso e da Milano, 

fungerà da collegamento tra l’area fieristica Rho-Pero, il polo di Arese e Malpensa. 

d) Cultura e Ambiente 

Questo polo tecnologico, deve integrarsi e interagire col contesto ambientale, con le realtà storiche 

di Valera e Castellazzo, e con il valorizzato sistema ecologico e naturalistico del Parco delle Groane. 

• Per questo ha senso che una quota dello spazio disponibile sia anche dedicata a verde, con la 

creazione di un Parco, sul modello del “bosco in città”, con collegamenti attraverso percorsi ecologici ed 

un sistema di piste ciclabili 

Nell’ambito di questo progetto sono anche inseriti il Museo dell’Alfa e il Progetto “Guida Sicura”. 

Nella parte dell'attuale insediamento industriale limitrofo alla pista-prove, si può anche prevedere lo 

sviluppo di un sistema espositivo (Sustainable Motor Show) di veicoli e natanti sostenibili, e prototipi di 

ricerca con dimostrazioni, aperte ai visitatori (sul tipo del Motor Show di Bologna). 

e) Ristrutturazione dell’area 

L’intervento consiste nella trasformazione dell’attuale stabilimento in un’area attrezzata in modo 

innovativo per ospitare attività produttive in grado di generare occupazione e sviluppo. 

Per la realizzazione del progetto si dovranno eseguire interventi generali di risistemazione e 

predisposizione dei servizi collettivi, procedendo successivamente a mettere a disposizione i singoli lotti 

alle imprese richiedenti. 

Si dovranno inoltre pianificare: 

l’adeguamento degli strumenti urbanistici: variante PRG e definizione del Piano di 

Recupero 

la progettazione dell’area dal punto di vista urbanistico (viabilità, aree di sosta, 

distribuzione dei volumi, individuazione dei lotti, distanze di rispetto, ecc…) 

95


� 

interventi di ristrutturazione sui singoli immobili e realizzazione degli interventi 

infrastrutturali e di ristrutturazione immobiliare (per lotti), con emissione di ‘pubbliche offerte’ 

per l’assegnazione dei singoli lotti 

incentivazioni per la localizzazione di imprese per la gestione delle manutenzioni, dei 

servizi di pulizia, ecc.... 

ripristino, ristrutturazione o nuova realizzazione di: 

reti di distribuzione della energia elettrica e del metano 

linee telefoniche e rete telematica 

sistemi di trattamento e smaltimento delle acque industriali 

rete antincendio 

sistema di video-controllo dell’area 

rete centralizzata di vapore/calore. 

cablatura a fibre ottiche dell’intera area 

impianto di cogenerazione 

aree di stoccaggio 

ampi parcheggi per lavoratori e visitatori 

mensa pluriaziendale a servizio del complesso industriale 

alberghi 

un auditorium con una capienza di 250 posti, 

una foresteria di dimensioni adeguate, 

un’area attrezzata per impianti sportivi 

• centri sociali e culturali per i lavoratori. 

f) Servizi alle imprese 

• Il progetto prevede la realizzazione di un Centro integrato di servizi alle imprese ed alle persone, con 

l’obiettivo di migliorare la competitività, favorire l’adozione di nuove tecnologie di prodotto e di 

processo, accrescere la cultura tecnologica e manageriale nelle aziende, creare nuove imprese. 

• Questo centro potrà anche ospitare servizi tradizionali come servizi di informatica, sportello bancario 

e postale, aziende di spedizione, assicurazione e finanziamento, servizi per l’innovazione, ecc. 

g) Formazione lavoro 

• Si prevede la realizzazione di strutture pubbliche e aule per: 

• l’orientamento e la riqualificazione professionale, 

• la promozione dell'incontro fra domanda e offerta di lavoro, 

• la formazione mirata all’addestramento dei lavoratori da impiegare nelle aziende che si 

insedieranno nel sito. 

• l’assistenza intensiva ai lavoratori maggiormente in difficoltà. 

6. IL QUADRO OCCUPAZIONALE 

• Il territorio interessato dalla proposta è da tempo soggetto ad un calo occupazionale nell’industria, 

dovuto alla chiusura di diverse rilevanti aziende nei comuni di Arese, Rho, Garbagnate e Lainate, e 

aggravato dal disimpegno della FIAT nello stabilimento ALFA ROMEO, (passata dall’occupazione 

dei circa 20.000 addetti degli anni 80, ai poco più dei 1000 attuali). 

• Le nuove industrie insediatesi recentemente in questi comuni finora non hanno consentito un 

recupero dei posti di lavoro persi: solo Lainate presenta al momento un saldo di occupati 

leggermente positivo. Questa perdita di posti di lavoro è per certi aspetti l’ultima manifestazione di 

un processo di dismissioni che ha interessato da diversi anni le industrie localizzate sull’asse del 

Sempione, da Rho a Legnano e oltre, operanti nei tradizionali settori del tessile della 

metalmeccanica e della chimica di base. 

• I vari progetti di Polo Logistico finora presentati garantirebbero l’impiego di relativamente poche 

nuove unità di addetti, prevalentemente di livello medio-basso, con l’utilizzo di lavoratori nella 

maggior parte già impiegati in attività di logistica in altre zone. 

• Il progetto alternativo proposto intende invece mirare alla creazione di un’occupazione ad ampio 

spettro, con particolare riferimento a livelli di media-alta professionalità, in settori ad alto contenuto 

96


tecnologico che garantiscano una prospettiva di sviluppo di maggior durata e con un rapporto tra 

investimento occupati medio alto. L’obiettivo è di arrivare nel sito ad un numero di occupati che, tra 

addetti alla ricerca, dipendenti delle industrie e dell’ indotto, sia a regime nell’ordine di alcune 

migliaia. 

7. AGENZIA PUBBLICA-PRIVATA 

• Considerato il prevalente interesse pubblico che grava sul futuro dell’ex insediamento Alfa Romeo di 

Arese, il progetto urbanistico per il suo recupero e riuso non può essere semplicemente affidato ai 

proprietari e ai loro professionisti, ma deve essere guidato e controllato dalla mano pubblica. 

• Riteniamo che sia pertanto necessario creare una Agenzia Pubblica che in prospettiva possa aprirsi 

anche al settore privato e di cui facciano parte gli Enti Locali interessati (Regione, Provincia e 

Comuni), le Università, gli Enti di Ricerca, le Municipalizzate, ecc. 

• La Giunta Provinciale, con delibera n. 135 del 23 febbraio 2005 ha approvato un documento 

programmatico per trasformare l’Agenzia Sviluppo Nord Milano (ASNM) in una Agenzia per la 

Promozione e lo Sviluppo Sostenibile della Regione Urbana Milanese, che riguarda l’intera area 

metropolitana milanese, con compiti specifici di promozione, sostegno tecnico e di attuazione, di 

tutte quelle iniziative locali, o coinvolgenti più comuni, aventi come obiettivo principale la sostenibilità 

sociale ed ambientale dello sviluppo. La trasformazione della ASNM è già in corso e il Consiglio 

Provinciale sta procedendo verso la designazione degli organismi dirigenti dell’Agenzia (Presidente 

e Consiglio d’Amministrazione). A questa Agenzia potrebbero essere affidati i compiti previsti nel 

progetto, in quanto ciò permetterebbe l’inserimento di tale progetto in un disegno complessivo di 

sviluppo sostenibile per tutta l’area milanese. 

• Sappiamo inoltre che, su iniziativa della Regione Lombardia, la Società Sviluppo Italia sta 

prendendo in mano la parte del Polo Mobilità Sostenibile, e grazie anche ai finanziamenti stanziati 

da Regione e Legge Finanziaria intende acquisire anche una parte dell'area Ambito A. 

• Sembra inoltre che in un prossimo consiglio comunale di Arese, verrà messa in approvazione la 

costituzione di una agenzia del territorio (Sviluppo Arese) che dovrà coordinare le sue attività con 

Sviluppo Italia. 

• Questa Agenzia,qualsiasi essa sarà, secondo noi, deve garantire l'avvio e lo sviluppo del Progetto e 

creare le condizioni atte ad assicurare la gestione coordinata di finanziamenti comunitari, nazionali e 

regionali, destinati allo sviluppo economico ed alla incentivazione delle attività imprenditoriali, con 

particolare riguardo ad operazioni di coinvolgimento delle risorse pubbliche con quelle private; essa 

si rivolge sia ai soggetti locali istituzionali coinvolti nei processi di sviluppo economico-sociale, sia al 

singolo imprenditore, fornendo assistenza e servizi alle imprese già insediate ed a quelle che 

desiderano insediarsi. 

In specifico, questa Agenzia deve operare per : 

• raccogliere gli investimenti necessari 

• acquisire la proprietà dell’area 

• individuare i soggetti industriali e non, che partecipano al progetto 

• dotare l’area delle infrastrutture comuni necessarie, 

• definire le modalità di insediamento delle industrie e degli enti, determinando i prezzi di 

cessione o concessione delle aree per le varie categorie, 

• stabilire i canoni dei vari servizi. 

8. QUADRO NORMATIVO 

Gli enti locali e governativi devono facilitare il progetto attraverso una molteplicità di interventi in quattro 

aree principali: 

1. Creazione di una normativa regionale finalizzata a ridurre l’inquinamento atmosferico da traffico. 

La normativa dovrebbe agire sul trasporto pubblico imponendo la conversione del parco 

automezzi a metano e/o elettrici nell’arco di tre anni. A supporto di questa legge dovrebbero 

convergere i finanziamenti statali destinati alla lotta all’inquinamento per la Lombardia. Una 

seconda normativa dovrebbe riguardare la regolamentazione del trasporto commerciale su 

gomma che dovrebbe progressivamente essere limitato nelle città ai soli veicoli eco-compatibili. 

Anche in questo caso si tratterebbe di combinare restrizione negli accessi e incentivi alla 

trasformazione dei motori. 

97


2. Imposizione di vincoli di tutela ambientale al trasporto delle merci in Lombardia (orari, carburanti, 

ecc.) 

3. Incentivazione per gli operatori e le aziende che si insediano nell’area e rispettano i prerequisiti 

di cui sopra 

4. Delibera che impedisca la possibilità di utilizzare quest’area per la realizzazione di poli logistici 

svincolati dalle strette esigenze dettate dalla presenza di attività produttive industriali prevalenti 

“in loco”, da parte: 

• dei 4 Comuni interessati, con una variante al piano vigente di recupero intercomunale per la 

reindustrializzazione dell’area dello stabilimento ex Alfa Romeo di Arese, 

• della Provincia di Milano, relativamente al Piano territoriale di Coordinamento Provinciale 

9. FONTI DI FINANZIAMENTO 

• Tutti riconoscono che Arese era uno dei più importanti distretti industriali italiani. 

• Finora si è lasciata tutta l'iniziativa alla proprietà privata. Per riqualificare l’area, è’ invece necessario 

far convergere qui tutti gli investimenti pubblici e le risorse disponibili, come: 

o I finanziamenti previsti dalla legge finanziaria 2005, che ha stanziato 157 milioni € per 

favorire la reindustrializzazione di alcune aree fra cui Arese, 

o gli oneri di urbanizzazione, che per la sola area Ambito A, ammontano a oltre 16 Milioni di 

Euro. Sono risorse da finalizzare a riqualificare l’area e non a realizzare opere che nulla 

hanno a che fare con l’area ex-Alfa, come stabilito ora: ad Arese progetto nuova biblioteca, 

ristrutturazione piazza Dalla Chiesa e parcheggio interrato; opere varie sul percorso 

ferroviario in Comune di Garbagnate; a Lainate valorizzazione Villa Litta e interventi sul 

depuratore 

o finanziamenti europei per la ricerca tecnologica, 

o interventi regionali e statali per la lotta all’inquinamento atmosferico e a favore 

dell’innovazione tecnologica, 

o fondi provinciali per il sostegno all’occupazione, 

o finanziamenti privati delle banche e altri enti (Finlombarda). 

98

__________________________________________________________________________________________ Trasporto pubblico 

TRASPORTO PUBBLICO 

Il trasporto pubblico nel Nord-Ovest di Milano 

Nei comuni del Nord-Ovest di Milano oggetto di studio sono presenti 4 differenti tipi di 

sevizio di trasporto pubblico: 

• FS (TRENITALIA) con due stazioni sul territorio: Fiera e Rho 

• FNM (FEFFOVIE NORD MILANO) con tre stazioni sul territorio: 

Bollate Nord, Garbagnate Serenella e Garbagnate Centro 

• MM (METROPOLITANA MILANESE) con una stazione capolinea a 

Rho-Fiera 

• GTM (GROANE TRASPORTI E MOBILITA’) presente sul territorio con 

diverse linee di trasporto pubblico su gomma, sia urbane per la città di Rho 

che interurbane. 

Osservando la tavola del trasporto pubblico si può senza dubbio concludere che la località 

meglio servita è Rho, che possiede una stazione della metropolitana, una stazione 

ferroviaria e molte linee di autobus sia comunali che extracomunali. Anche Garbagnate 

grazie alla presenza delle due stazioni delle FNM può dirsi ben servita mentre in tutti gli 

altri paesi, sia per ciò che concerne i collegamenti per il capoluogo che quelli 

intercomunali, il servizio pubblico richiede senza dubbio quantomeno un’integrazione in 

modo da disincentivare il massiccio utilizzo che in queste aree si fa del trasporto privato su 

gomma. 

99


Il trasporto pubblico su gomma: Groane Trasporti e Mobilità S.p.A. 

Cenni storici 

La Groane Trasporti e Mobilità S.p.A. opera nell’ambito del servizio di trasporto pubblico 

nel territorio Nord-Ovest di Milano con molteplici autolinee suburbane di concessione 

Regionale ed urbane per Comuni limitrofi, offrendo il suo servizio ad un bacino di utenza 

composto da circa 350.000 abitanti. 

Sede del consorzio “Groane Trasporti e Mobilità” 

Il Consorzio tra Enti locali, a nord ovest di Milano, da cui trae origine la Società GTM 

S.p.A., nasce nel mese di maggio 1977 e diviene operativo nell’aprile dell’anno 

successivo, avendo ereditato, ad iniziativa della Regione Lombardia, “concessioni di 

trasporto pubblico locale” esercite precedentemente dalla Società Grattoni Autoservizi 

S.p.A., a suo tempo sottoposta a procedura di fallimento. 

L’avvio di tale attività è legata alla gestione di autolinee attestate alle porte di Milano 

(stazione metropolitana di Lampugnano) e a servizi di collegamento trasversale tra le 

stazioni delle Ferrovie Nord Milano (Garbagnate “tratta Saronno” e Palazzolo di Paderno 

Dugnano “tratta Asso Erba”); i fattori produttivi impiegati si identificavano in 35 dipendenti 

e 14 autobus; il fatturato dell’anno 1978 è pari a £ 2.035.000.000. 

Nel periodo 1979-1982, il Consorzio vive la stagione del suo massimo sviluppo: vengono 

infatti acquisiti molteplici servizi di pubblico trasporto precedentemente gestiti da altri 

vettori e da talune Amministrazioni Comunali aderenti al Consorzio. 

100


Il parco automezzi originariamente costituito da 14 autobus, si attestava a 47 unità ed il 

personale dipendente raggiungeva le 100 unità. Le percorrenze aumentavano da 500.000 

a 1.500.000 vett./km. Il fatturato gradualmente raggiungeva i valori indicati in calce: 

1979 2.904.000.000 

1980 3.344.000.000 

1981 3.908.000.000 

1982 4.869.000.000 

Dal 1983 ad oggi, la Società ha consolidato la propria presenza sul territorio ed ha 

conformato i suoi fattori produttivi alla domanda di maggiori prestazioni che, tempo per 

tempo, andava ad acquisire. L’attuale forza lavoro è di 136 unità ed il parco rotabile 

impiegato è composto da 81 autobus e 5 automezzi di servizio, con una anzianità media di 

poco superiore ai dieci anni, alla cui manutenzione è preposta l’officina della Società. 

Le autolinee ed i servizi di trasporto pubblico locale, alla cui produzione attualmente 

provvede la Società, comportano percorrenze di oltre 2.500.000 vett./km così ripartite: 

linee suburbane 72%, reti urbane 16,50%, servizi “fuori linea”, a domanda individuale, 

11,50%. 

Il valore della produzione al 31 dicembre 2001 (ultimo esercizio chiuso) è stato di circa £. 

13.325.000.000. 

Il parco autobus 

La Groane Trasporti e Mobilità S.p.A. dispone, ad oggi, di un parco autobus composto da 

81 mezzi, di cui 31 attrezzati per il trasporto disabili. L' età media degli automezzi al 31-12- 

2001 è di 10,05 anni. 

Categoria Mt. Nr. 

Corto 6,51 - 7,99 8 

Normale 10,00 - 12,00 34 

Lungo 11,50 - 12,00 27 

Snodato Oltre 12,00 12 

Totale 81 

101 

Tipologia Nr. 

Urbano 29 

Suburbano 47 

Interurbano 5 

Totale 81


La manutenzione degli automezzi avviene nell'officina di manutenzione la cui superficie 

coperta è pari a circa 1.700 mq. 

Officina del consorzio “Groane Trasporti e Mobilità” 

In officina sono operativi nr. 9 tecnici specializzati con funzioni diversificate. 

Le postazioni e le attrezzature disponibili consentono la lavorazione contemporanea di 

nr. 8 autobus. Le manutenzioni e le operazioni effettuate comprendono: 

• revisione motori 

• revisione cambi automatici 

• controllo sistema frenante, prova freni al banco 

• verifica sistemi idraulici e pneumatici 

• verifica sospensioni 

• verifica organi dello sterzo 

• verifica impianti elettrici 

• diagnosi elettronica 

• controllo e sostituzione pneumatici 

Tutti i mezzi sono sottoposti a manutenzione ordinaria con cadenza programmata (ogni 2 

mesi) ed a revisione annuale. 

Il magazzino ha una superficie di circa 230 mq dove sono stoccati i principali ricambi 

necessari alla manutenzione preventiva dei mezzi in dotazione. 

G.T.M. S.p.A è la prima Azienda di Trasporto Pubblico in Lombardia ad aver acquistato 

autobus a GPL da destinare al servizio di linea e si ritiene soddisfatta della scelta fatta 

perchè ritiene che la tutela dell’ambiente e la salvaguardia delle nostre città è uno dei 

102


principali e comuni obbiettivi, indispensabili per la salute dell’uomo e per migliorare la 

qualità della vita. 

È noto che i livelli di soglia di sicurezza relativi alla quantità di gas CO presente nell’aria è 

stato superato in diverse circostanze, anche nelle città dove questa Azienda esercita il 

servizio. Su questo fronte, il contributo della G.T.M. S.p.A al miglioramento delle condizioni 

ambientali è stato proprio quello di aver deciso per l’acquisto di autobus alimentati a GPL. 

Infatti, al mese di Agosto 2001, risultavano in servizio nr. 3 autobus a GPL ed entro il 

mese di Marzo 2003 è stato disponibile il 4° autobus. 

I vantaggi derivanti dall’impiego di autobus alimentati a GPL rispetto sono a quelli 

tradizionali alimentati a gasolio sono i seguenti: 

• L’emissione di gas CO è circa 5 volte inferiore 

• L’emissione di gas NOX è circa 20 volte inferiore 

• Diminuisce sensibilmente la rumorosità dell’autobus 

• Sparisce il fumo nero agli scarichi 

• Diminuiscono le vibrazioni in vettura con aumento del confort dei passeggeri 

Prima del marzo 2003 è stato installato un impianto di distribuzione gpl di proprietà 

all’interno del deposito della società a Garbagnate Milanese. 

Comuni serviti 

I comuni serviti da Groane Trasporti e Mobilità S.p.A sono: 

• Arese 

• Bollate 

• Cesate 

• Garbagnate Milanese 

• Lainate 

• Limbiate 

• Origlio 

• Paderno Dugnano 

• Pogliano 

• Pregnana Milanese 

• Rho 

• Saronno 

103


• Senago 

• Solaro 

Su un’area servita complessivamente pari a 14.235 Km² per un totale di circa 350.000 

abitanti. 

Linee extraurbane 

H 213 Arese-Milano 

H 213 Milano-Arese 

H 215 Garbagnate-Arese-Rho FS 

H 215 Rho Fs-Arese-Garbagnate 

H 215 / H 213 Rho FS-Arese-Bollate 

H 215 / H 213 Bollate-Arese-Rho FS 

H 220 Rho FS-Lainate-Origgio-Uboldo-Saronno 

H 220 Saronno-Uboldo-Origgio-Lainate-Rho FS 

H 230 Rho FS-Pregnana-Rho FS 

H 241 Arese-Lainate-Passirana-Rho FS 

H 241 Rho FS-Passirana-Lainate-Arese 

H 242 Garbagnate-Bariana-Arese-S.M.Rossa-Garbagnate 

H 243 Garbagnate-S.M.Rossa Arese-Bariana-Garbagnate 

H 306 Cesate-Garbagnate-Senago-Palazzolo 

H 306 Palazzolo-Senago-Garbagnate-Cesate 

H 307 Paderno Dugnano-Bollate-Milano Roserio 

H 307 Milano-Bollate-Paderno Dugnano 

104


Linee urbane di Rho 

Mazzo - 

Terrazzano 

Lucernate - 

San Martino 

Biringhello 

Stazione ferroviaria - Largo Mazzini - Mazzo (P.zza Chiesa)- 

Terrazzano (P.zza Chiesa)- Corso Europa - Stazione Ferroviaria 

Linea 1 e Linea 1 barrata 

Stazione ferroviaria - Corso Europa - via Pace - Mazzo (via 

Risorgimento, via Di Vittorio, via De Gasperi, via Amendola, via 

Grossi) - Terrazzano (P.zza Chiesa) - via Terrazzano - via 

Aspromonte - Corso Europa - Stazione ferroviaria 


Via Ratti - Corso europa- Stazione ferroviaria (sottopasso via 

Magenta) - Lucernate - quartiere San Martino- via Tevere - 

Stazione ferroviaria 

Linea 6 

Stazione ferroviaria - via Lainate - Biringhello - via Cadorna - via 

Capuana - via Molino Prepositurale - P.zza Visconti - Stazione 

ferroviaria 


Stazione ferroviaria - via Lainate - Biringhello - via Cadorna - via 

Capuana - via San Carlo - P.zza Visconti - Stazione ferroviaria 


Dal 5 dicembre 2005 inoltre è attiva una nuova linea bus che collega la stazione FF.SS. di 

Rho con la nuova fermata metropolitana MM1 “Rho Fiera”, realizzata completamente con 

le finanze dell’amministrazione comunale in collaborazione con la GTM S.p.A e gratuita 

sino a Natale 2005. 

Gli orari che interessano la nostra area di studio sono allegati nelle pagine seguenti e i 

percorsi urbani ed extraurbani con le rispettive fermate sono rappresentati in Tav 5.1. 

105

________________________________________________________________________________________Dati sull’inquinamento 

DATI SULL’INQUINAMENTO 

L'ARPA (Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente della Lombardia) gestisce sul 

territorio regionale una Rete di Rilevamento della Qualità dell'Aria (RRQA) di oltre 110 

stazioni. La qualità dei dati prodotti da tale Rete è supportata dalle attività ordinarie di 

gestione del processo di rilevamento e dall'Ufficio Metrologia della RRQA le cui attività 

sono orientate verso il miglioramento della qualità del dato attraverso due percorsi 

complementari. 

Perché si misura la qualità dell’aria? 

La misura della qualità dell’aria è utile per garantire la tutela della salute della popolazione 

e la protezione degli ecosistemi. La legislazione italiana, costruita sulla base della 

cosiddetta direttiva europea madre (Direttiva 96/62/CE recepita dal D.Lgs. 351/99), 

definisce che le Regioni sono l’autorità competente in questo campo, e prevede la 

suddivisione del territorio in zone e agglomerati sui quali valutare il rispetto dei valori 

obiettivo e dei valori limite. La Regione Lombardia con provvedimenti successivi ha 

zonizzato il territorio in zone ed agglomerati: 

106


Nelle zone e negli agglomerati la valutazione della qualità dell’aria deve essere condotta in 

modo integrato, mediante le stazioni fisse ma anche i mezzi mobili, le campagne con 

campionatori passivi, i modelli matematici di dispersione le stime obiettive, quali quelle 

fornite dall’inventario comunale delle emissioni INEMAR. 

Quante centraline servono? 

In realtà non serve un numero molto elevato di stazioni. Infatti l’inquinamento si diffonde 

nell’aria e la misura in un punto può essere ben rappresentativa anche di aree molto 

vaste. Il Decreto Ministeriale n.° 60 del 02/04/2002 definisce il numero di stazioni 

necessarie per la valutazione delgli Ossidi di Azoto e di Zolfo (NOx SO2), delle polveri 

sottili (PM10), Piombo (Pb), Benzene e Monossido di Carbonio (CO) ed il Decreto 

Legislativo n.° 183 del 21/05/04 per l’Ozono (O3). Il rispetto di tali criteri assicura una 

valutazione della qualità dell’aria utile per la protezione della salute umana e degli 

ecosistemi. Per la protezione della salute pubblica , il numero di stazioni per zona o 

agglomerato (definito come le aree con un numero di abitanti superiore a 250.000 o 

comunque con una densità di popolazione per km2 tale da rendere necessaria la 

valutazione della qualità dell’aria) sono le seguenti: 

Per i punti di campionamento destinati alla tutela degli ecosistemi la normativa prevede nel 

caso peggiore una stazione ogni 20.000 km 2 . 

107


Dove devono essere posizionate le centraline? 

La stazione di rilevamento deve essere posizionata in modo da essere il più possibile 

rappresentativa dello stato della qualità dell’aria dell’agglomerato o della zona in cui è 

posta, e della tipologia di stazione che interpreta. Infatti una rete di rilevamento deve avere 

stazioni posizionate sia in posizioni di fondo, capaci di rilevare l’inquinamento diffuso in 

modo generalizzato nel territorio, che in posizioni di picco, ad esempio in prossimità di vie 

di traffico, così da valutare la qualità dell’aria in casi critici (sebbene in ogni caso diffusi sul 

territorio e connessi alla reale esposizione della popolazione ), in aree o all’interno di zone 

dove si raggiungono i livelli più elevati di concentrazione a cui la popolazione sia esposta 

per un periodo di tempo significativo. I punti di campionamento destinati alla protezione 

degli ecosistemi dovrebbero essere rappresentative di aree di almeno 1000 km2 e 

dovrebbero essere ubicati a più di 20 km dagli agglomerati o a più di 5 km da aree 

edificate importanti, da impianti industriali o da autostrade. Tali stazioni dovrebbero essere 

impiegate per il monitoraggio dei livelli di concentrazione degli inquinanti determinati da 

sorgenti naturali e da fenomeni di trasporto sul lungo raggio. 

Classificazione e numero delle stazioni 

Secondo i criteri dell'Agenzia Europea per l'ambiente (EEA) le stazioni di misura della 

qualità dell'aria, per gli inquinanti considerati nel Decreto Ministeriale n.° 60 del 

02/04/2002, vengono classificate a seconda delle tipologia della stazione e dell'area e 

delle caratteristiche della zona: 

108


• Tipo di stazione: Traffico (T), Industriale (I), Fondo (o background, B) 

• Tipo di area: Urbana (U), Suburbana (S), Rurale (R) 

• Caratteristiche dell'area: Residenziale (R), Commerciale (C), Industriale (I), 

Agricola (A), Naturale (N). 

• Stazioni di traffico: considera la tipologia della strada e il flusso di traffico medio 

circolante sulla stessa. Deve essere rappresentativa della qualità dell'aria lungo la 

linea degli edifici. 

Le stazioni sono classificate tramite una combinazione delle caratteristiche sopraelencate. 

I valori limite 

Al fine della valutazione della qualità dell'aria, Il Decreto Ministeriale n.° 60 del 02/04/2002 

stabilisce per Biossido di Zolfo, Biossido di Azoto, Ossidi di Azoto, Materiale Particolato, 

Benzene e Monossido di Carbonio, i seguenti criteri: 

• I valori limite, vale a dire le concentrazioni atmosferiche fissate in base alle conoscenze 

scientifiche al fine di evitare, prevenire o ridurre gli effetti dannosi sulla salute umana e 

sull'ambiente 

• Le soglie di allarme, ossia la concentrazione atmosferica oltre il quale vi è un rischio per 

la salute umana in caso di esposizione di breve durata e raggiunto il quale si deve 

immediatamente intervenire 

• Il margine di tolleranza, cioè la percentuale del valore limite nella cui misura tale valore 

può essere superato e le modalità secondo le quali tale margine deve essere ridotto nel 

tempo 

• Il termine entro il quale il valore limite deve essere raggiunto 

• La soglia di valutazione inferiore, ossia una concentrazione atmosferica al di sotto della 

quale è consentito ricorrere soltanto alle tecniche di modellizzazione o di stima oggettiva 

• I periodi di mediazione, cioè il periodo di tempo durante il quale i dati raccolti sono 

utilizzati per calcolare il valore riportato 

109


Le centraline di rilevamento 

Le stazioni di campionamento, dove sono alloggiati gli analizzatori degli inquinanti 

atmosferici, si compongono di una struttura base, della strumentazione di misura e delle 

apparecchiature per la visualizzazione, l'elaborazione e la trasmissione dei valori relativi ai 

parametri misurati. 

Il modulo di alloggiamento è costituito da una cabina realizzata in vetroresina così da 

migliorare la coibentazione interna e ridurre le spese di manutenzione, ottenendo 

contemporaneamente una struttura robusta e resistente ai vandalismi e alle intemperie. La 

disposizione interna della strumentazione è modulare, così da poter facilmente aumentare 

o diminuire il numero dei parametri determinabili. In figura 1 viene riportata l'immagine 

dell'interno di una cabina di rilevamento: 

La caratteristica principale degli analizzatori degli inquinanti atmosferici è quella di 

determinare, in modo automatico e continuo sulle 24 ore, la misura della sostanza in 

esame con elevata sensibilità, anche quando presente in basse concentrazioni. Tali 

strumenti possiedono l'autosufficenza necessaria per limitare al massimo gli interventi di 

manutenzione e anche la calibrazione, per il controllo periodico del funzionamento 

strumentale, avviene in modo automatico. 

Gli strumenti presenti nelle cabine sono i seguenti: 

• Analizzatore di Biossido do Zolfo (SO2) 

• Analizzatore di Ossidi di Azoto (NO, NO2, NOx) 

110


• Campionatore di Polveri Sottili (PM10) 

• Analizzatore di Monossido di Carbonio (CO) 

• Analizzatore di Ozono (O3) 

• Analizzatore di Benzene, Toluene, Xileni 

Gli inquinanti 

Quali sono le principali fonti di emissione? 

Le fonti responsabili della produzione di sostanze inquinanti sono numerose e di varia 

natura. Alcune fonti emissive sono di origine naturale (ad esempio l'attività vulcanica, i 

processi di erosione del suolo, la decomposizione della materia organica) altre invece 

sono strettamente legate alle attività umane (i processi industriali, le combustioni in 

genere). 

L'inquinamento atmosferico interessa oggi principalmente le aree urbane la cui causa 

principale è il traffico veicolare. Seguono tutti i processi di combustione responsabili delle 

emissioni dei principali inquinanti, ovvero biossido di zolfo, ossidi di azoto, monossido di 

carbonio, anidride carbonica e polveri. 

Va detto però che a seconda degli inquinanti considerati cambia il contributo percentuale 

delle fonti; il traffico rimane la sorgente principale per le emissioni di NOx, CO, CO2 e 

polveri mentre per gli altri inquinanti, ad esempio, le emissioni maggiori di SO2 sono 

imputabili alle centrali termoelettriche, ammoniaca e metano sono emesse principalmente 

dall'agricoltura e dagli allevamenti, ed i composti organici volatili (COV) provengono invece 

soprattutto dall'uso dei solventi (verniciature, sintesi di produzioni chimiche, industria della 

stampa). 

111


Quali fattori influenzano le emissioni? 

Le emissioni dipendono da più fattori, per esempio dal profilo socio-economico d ell'area 

(numerosità, dimensione, tipologia di attività industriali, artigianali presenti, dalla densità 

abitativa), dalle caratteristiche viabilistiche e di mobilità, dalle condizioni di uso del suolo e 

del territorio (presenza di aree agricole, estensione e tipologia di colture praticate, aree 

boschive). Questi fattori determina no una distribuzione spaziale molto variegata delle 

emissioni, anche a livello provinciale, con contributi percentuali delle fonti che possono 

variare per i vari inquinanti in funzione delle porzioni del territorio in esame. 

Va detto inoltre che le emissioni sono generalmente caratterizzate da una certa variabilità 

112


oltre che nello spazio anche sia nel tempo sia nello spazio, legata all a modulazione 

temporale dei cicli produttivi e di funzionamento delle attività a da cui derivano, nonché 

dalla variazione stagionale e diurna di fattori climatici. caratteristiche del territorio su cui 

agiscono e delle specifiche fonti di emissione. Ad esempio le emissioni dovute al traffico 

stradale, come gli ossidi di azoto, presentano un tipico andamento giornaliero che 

rispecchia la variazione dei flussi di traffico, con valori elevati nelle ore di punta e diurne e 

valori molto ridotti nelle ore notturne. Un'altra variabilità stagionale tipica si riscontra nelle 

emissioni da riscaldamento oppure da agricoltura, o in quelle biogeniche associate al ciclo 

fotosintetico della vegetazione. 

Le emissioni sono influenzate altresì dalle specificità di alcune zone del territorio, legate 

soprattutto al tessuto produttivo esistente oppure a particolarità climatiche, e ciò ne 

determina una localizzazione molto variegata, anche a livello provinciale. 

Che cos'è un inventario di emissioni? 

In questo contesto, gli inventari delle emissioni si propongono come una raccolta, 

realizzata secondo procedure e metodologie verificabili e aggiornabili, di informazioni e 

dati tecnologici, economici, territoriali, che permette di individuare le fonti di inquinamento, 

la loro localizzazione con una disaggregazione provinciale e comunale, la quantità e la 

tipologia di inquinanti emessi. 

113


A chi spetta la redazione di un inventario regionale? 

In Italia la predisposizione da parte delle Regioni di inventari delle emissioni è stata 

inizialmente prevista a livello normativo dal D.P.R. 24 maggio 1988 n. 203 e dal D.M. 20 

maggio 1991. Successivamente il D.lgs. 4 agosto 1999 n.351 ha recepito la direttiva 

96/62/CE sulla qualità dell'aria ed il DM 1 ottobre 2002 n.261 ha definito le modalità di 

valutazione preliminare della qualità dell'aria ed i criteri per la stesura dei programmi di 

miglioramento e di mantenimento della stessa. In particolare all'art.4 di questo decreto 

vengono individuati, quale principale strumento conoscitivo per la redazione dei 

programmi di miglioramento, gli inventari delle sorgenti di emissione, e nell'Allegato 2 

vengono riportati i criteri per la redazione degli inventari, che devono essere seguiti in 

modo da garantire un adeguato livello di attendibilità e di uniformità dei dati raccolti. 

A che cosa servono? 

Un'approfondita conoscenza della natura degli inquinanti atmosferici unita alla disponibilità 

di dati delle emissioni permette di valutarne sia gli impatti sulla salute e sull'ambiente sia di 

formulare politiche ambientali sulla qualità dell'aria finalizzate alla riduzione 

dell'inquinamento atmosferico. A tal fine nel quadro delle attività di gestione della qualità 

dell'aria e dei limiti alle emissioni inquinanti in atmosfera si è sempre più rivolta attenzione 

alla necessità di informazioni anche quantitative sulle emissioni dei diversi tipi di sorgenti. 

L'inventario della Regione Lombardia, basato sul sistema INEMAR (INventario EMissioni 

in ARia) è stato realizzato all'interno del Piano Regionale per la Qualità dell'Aria (PRQA) 

dalla Fondazione Lombardia per l'Ambiente e dalla DG Qualità dell'Ambiente della 

Regione Lombardia. Recentemente con D.G.R. 30/05/2003 n.13176 è stata approvata una 

Convenzione tra Regione Lombardia e ARPA Lombardia per l'affidamento a quest'ultima 

per il triennio 2003-2005 della gestione, consolidamento ed ulteriore sviluppo 

dell'inventario delle emissioni all'anno 2001. 

Gli effetti sulla salute e sull’ambiente 

114


L'importanza della determinazione degli inquinanti atmosferici è conseguente all'influenza 

che tali sostanze hanno sulla salute degli esseri viventi e sull'ambiente in generale. 

Gli inquinanti atmosferici hanno effetti diversi sui vari organismi a seconda della 

concentrazione atmosferica, del tempo di permanenza e delle loro caratteristiche fisicochimiche. 

D'altro canto anche la sensibilità di piante ed animali agli inquinanti atmosferici è 

differente a seconda delle peculiarità degli organismi stessi e del tempo di esposizione cui 

sono sottoposti. Ne consegue la valutazione degli effetti sull'ambiente e sulla salute è 

complessa ed articolata. 

Gli apparati più soggetti agli effetti delle sostanze immesse in atmosfera sono quelli 

deputati alla respirazione e alla fotosintesi. Le sostanze più dannose sono quelle di tipo 

gassoso e le particelle più sottili che riescono ad arrivare nelle profondità dell'apparato 

respiratorio e fotosintetico superando le barriere di difesa presenti nelle vie aeree superiori 

e negli apparati fogliari. Le patologie conseguenti possono perciò interessare i bronchi, il 

parenchima o la pleura cosi come il floema fogliare. 

Gli effetti degli inquinanti possono essere di tipo acuto, quando insorgono dopo un breve 

periodo di esposizione (ore o giorni) ad elevate concentrazioni di inquinanti, o di tipo 

cronico, se si manifestano dopo un lungo periodo (anni o decenni) ad esposizioni non 

necessariamente elevate ma continue. 

La conoscenza dei meccanismi di azione degli inquinanti necessita ulteriori 

approfondimenti poiché, se da un lato si hanno informazioni sugli effetti acuti provocati da 

una singola sostanza, dall'altro non sono ben noti gli effetti cronici delle miscele di 

inquinanti a concentrazioni poco elevate. D'altronde recenti indagini segnalano un 

aumento proprio delle patologie bronchiali e polmonari e dei danni alla vegetazione 

conseguenti al peggioramento degli ambienti sottoposti alla pressione antropica. Questi 

segnali rendono evidente l'urgenza di approfondire le relazioni tra il degrado della qualità 

dell'aria e l'incremento delle malattie respiratorie e di esaminare la tossicità dello smog 

fotochimica sulle piante. 

L'inquinamento produce anche un danno sociale, relativo alla popolazione nel suo 

complesso: danni apparentemente trascurabili possono produrre un aumento della 

frequenza della malattia. La prevenzione diventa quindi imperativa sia a livello individuale 

(limitazione del fumo, minor utilizzo di automobili e moto, ecc.) sia a livello collettivo (ad 

esempio normative e sanzioni adeguate) così da indurre dei cambiamenti volti al 

miglioramento della qualità dell'aria nel comportamento dei singoli e dell'intera società. 

Tuttavia è molto difficile stabilire se e in che misura l'inquinamento dell'aria è responsabile 

115


di una malattia respiratoria o della morte di una pianta. Infatti è necessario calcolare 

l'influsso di tutti i fattori potenzialmente influenti come l'effetto combinato della miscela di 

sostanze presenti in atmosfera e lo stato di salute e sociale del paziente, piuttosto che il 

succedersi di eventi siccitosi che possono rendere più sensibile la vegetazione a certi 

inquinanti. 

Per misurare e caratterizzare la miscela di sostanze nocive presenti nell'aria si possono 

utilizzare diversi tipi di indicatore. La nicotina, ad esempio, è un indicatore molto specifico 

per l'intero miscuglio di sostanze tossiche prodotte dalla combustione del tabacco. 

Gli ossidi di azoto (NOx) sono indicatori non specifici, nel senso che quanto più elevata è 

la loro concentrazione, tanto è maggiore l'inquinamento atmosferico nel suo complesso. 

Dagli studi epidemiologici più recenti emerge un'evidenza medica e scientifica dovuta 

all'esposizione alla materia particolata fine (particelle di dimensione inferiore ai 10 µm) e 

ultrafine (particelle di dimensione inferiore a 0.1 µm). Il particolato atmosferico di queste 

dimensioni riesce a penetrare in profondità nell'apparato respiratorio. Si parla infatti di 

frazione "respirabile" per le particelle di diametro al di sotto di 10 µm, e toracica per quelle 

più piccole di 2.5 µm. 

Non essendo la salute un parametro misurabile si cerca di rilevare le conseguenze 

dell'inquinamento atmosferico, come il peggioramento della funzione polmonare o i giorni 

di attacchi di asma, la frequenza di emicranie e irritazioni agli occhi. Possono venire 

considerate anche la frequenza del ricorso a prestazioni mediche. 

Gli ostacoli nello stabilire dei nessi tra la qualità dell'aria e le sue conseguenze sulla salute 

degli esseri viventi e sugli ecosistemi è molto complessa; l'azione patologica di alcuni 

inquinanti è spesso amplificata dalla presenza in aria di altre sostanze; l'effetto 

dell'esposizione può manifestarsi anche con un ritardo di diversi anni; gli effetti 

dell'inquinamento atmosferico si manifestano spesso con la diffusione di patologie 

croniche, raramente caratterizzate da improvvisi picchi epidemici. 

Nelle pagine seguenti seguono dei dossier sulla qualità dell’aria per ogni paese oggetto di 

studio da cui si evince chiaramente come la sorgente emissiva preponderante per gran 

parte degli inquinanti sia rappresentata del traffico veicolare. 

116

________________________________________________________________________________________ Il traffico 

IL TRAFFICO 

Al giorno d'oggi il traffico è uno dei problemi più pressanti delle nostre città e soprattutto 

nell'area metropolitana milanese e in special modo nella sua congestionatissima parte 

Nord, dove sull'A4 al traffico di transito del corridoio 5 (stimato in circa 4.000 veicoli 

equivalenti nell'ora di punta) ogni giorno si vanno a sommare circa 10.400 veicoli 

equivalenti di traffico, originato o destinato nell'area metropolitana essendo destinato o 

originato fuori da essa e circa 10.800 veicoli equivalenti di traffico, originato e destinato 

all'interno dell' area metropolitana stessa. 

Dalla carta elaborata dal PIM nel 2001 riportata in una delle pagine successive è possibile 

comprendere quali siano i volumi di traffico che interessano l'area metropolitana milanese 

e come sono distribuiti. 

La situazione del traffico nell'area a Nord di Milano è senza dubbio oggi come oggi già 

critica, se poi pensiamo all'incremento di traffico che causerà la Nuova Fiera di Milano 

quando inizierà a funzionare a pieno regime, è più che comprensibile l'apprensione dei 

cittadini dei comuni del Rhodense al pensiero della realizzazione di un grande polo 

logistico nell'area dell'ex Alfa di Arese, che potrebbe essere piuttosto sfruttata a vantaggio 

della comunità sia in termini occupazionali che sociali ed ambientali. 

Un gruppo di cittadini ha formato il "Comitato Popolare contro il polo logistico e per la 

salvaguardia dell'ambiente proponendo per l'area ex Alfa di Arese "La Eco-Città 

dell'Ambiente della Scienza e dell'Industria" (ECASI). Già nel 1999 si discuteva dell'utilizzo 

di tale area e si ragionava della possibilità di un nuovo polo di produzione dell'auto italiana 

a basso impatto ambientale. 

Locandina di un progetto del 2000 che proponeva di utilizzare l’area dell’ex Alfa di Arese per la produzione di 

un auto ecologica 

117

________________________________________________________________________________________ Il traffico 

118 

Chiari segni di disaccordo rispetto ad azioni che 

probabilmente porterebbero ad accrescere il 

traffico nell’area del Rhodense

_______________________________________________________________________Nuova Rete Tranviaria leggera 

LINEA TRAMVIARIA LEGGERA TRA FIERA DI RHO E LAINATE 

Obiettivi 

L’idea di un collegamento tranviario leggero che unisse i comuni nella fascia a nord di 

Milano compresa tra la nuova fiera di Rho e l’area dell’ex Alfa Romeo di Arese, nasce per 

rispondere a diverse esigenze che possono essere così schematizzate: 

- fungere da completamento del servizio pubblico di trasporto milanese verso nord, 

avendo il proprio punto di partenza dal capolinea della MM1; 

- fungere da reale alternativa per tutti i pendolari dei comuni interessati, che 

quotidianamente devono recarsi a Milano facendo i conti con la congestione della 

rete stradale; 

- fungere da potenziamento del trasporto pubblico di ambito locale, rafforzando i 

collegamenti tra gli abitati di Arese, Garbagnate e Lainate; 

- potenziare la rete di trasporti che permette di raggiungere il nuovo polo fieristico 

internazionale di Rho e, in previsione futura, anche il polo logistico intermodale da 

realizzarsi negli stabilimenti della ex Alfa di Arese; 

- creare una rete di trasporto integrata, proponendo punti di interscambio con un 

nuovo sistema di piste ciclabili, in modo da costituire un’”alternativa ecologica” agli 

spostamenti in automobile. 

Caratteristiche tecniche del progetto 

Il percorso si sviluppa su di un tracciato di circa 15,5 km, con partenza in prossimità del 

nuovo polo fieristico di Rho e arrivo nell’abitato di Lainate. Sono previste fermate 

intermedie negli abitati di Arese, di Garbagnate (anche nei pressi della Serenella, per 

sviluppare un possibile collegamento con le Ferrovie Nord) e presso gli stabilimenti dell’ex 

Alfa Romeo, all’altezza della Cascina Valera. 

Il tempo medio stimato per coprire l’intero percorso è di circa 27 minuti. 

Il mezzo di trasporto proposto è una tramvia leggera della ditta Bombardier, modello 

Flexity Outlook. Le principali caratteristiche tecniche dello stesso possono essere cosi 

sintetizzate: velocità massima raggiunta di 70 km/h; raggio minimo di curvatura di 18 m; 

119


percentuale low floor del 100%; 68 posti a sedere e 124 posti in piedi (considerando 4 

passeggeri per mq); lunghezza del convoglio di 34m. 

Le principali linee guida che hanno orientato la dislocazione sul territorio del percorso sono 

state quelle di cercare di offrire un servizio usufruibile dal più alto numero possibile di 

utenti. Per fare questo si è cercato per quanto possibile di passare attraverso i centri 

abitati, spesso in aderenza ad esistenti tracciati stradali, e non ai margini degli stessi, in 

modo da creare un’alternativa credibile di trasporto. 

Ad Arese e Garbagnate il tracciato è stato inserito all’interno di assi stradali abbastanza 

ampi, spesso cercando di mantenerlo in sede protetta, una scelta più sicura per gli altri 

utenti della strada e che permette di risparmiare considerevolmente sulle tempistiche di 

viaggio. L’inserimento della rete tranviaria all’interno di centri abitati ha comportato una 

complessiva riorganizzazione della rete stradale interessata dal percorso, con 

realizzazione di nuovi incroci semaforici, di banchine per l’attesa passeggeri spesso 

schermate da alberature, con l’inserimento ove possibile di una parallela rete 

ciclopedonale e di accorgimenti per la moderazione del traffico, come dossi rallentatori o 

zone 30, in prossimità degli snodi piu pericolosi. 

Nei tratti extraurbani si è cercato di mantenere il percorso il più in aderenza possibile alla 

maglia del territorio agricolo, o seguendo il corso di canali e assi stradali esistenti. 

Nell’abitato di Lainate è stato ricavato lo spazio per il capolinea mentre all’interno di uno 

dei capannoni dell’ex Alfa lo spazio per un deposito/officina dove ricoverare i mezzi a fine 

servizio. 

Tipo di mezzo scelto 

120


Fermate previste in progetto e caratteristiche tecniche del mezzo scelto 

121


Alcuni rendering della tramvia in progetto 

122

______________________________________________________________________ Rete di piste e percorsi ciclabili 

RETE DI PISTE E PERCORSI CICLABILI 

Il progetto di massima di una rete di piste e percorsi cilcabili nasce dall’esigenza di una 

migliore gestione degli spostamenti, creando un sistema di intermobilità per favorire 

l’utilizzo del trasporto pubblico e l’uso della bicicletta. 

L’uso dell’automobile in città risulta essere scarsamente efficace e costituisce uno dei 

principali problemi del degrado della qualità della vita urbana. Il ricorso a sistemi di 

mobilità alternativa e con un minor impatto ambientale costituiscono la risposta ai problemi 

di traffico. 

L’uso della bicicletta per spostamenti inferiori ai 4-5 km in ambito urbano, consente di 

spostarsi con tempi analoghi a quelli automobilistici, con maggior libertà riducendo il 

traffico con un vantaggio notevole per i mezzi di trasporto collettivi, per i ciclisti stessi per 

la restante quota di automobilisti. 

Al fine di incentivare l’uso della bicicletta quale efficace alternativa al mezzo privato, è 

necessario operare sia dal punto di vista educativo, che economico e soprattutto 

infrastrutturale. A Rho ad esempio Lega ambiente per migliorare la qualità della vita nei 

centri urbani incentiva forme alternative di mobilità, scoraggiando in modo morbido la 

motorizzazione privata. 

123


Nello stesso comune di Rho, dove sono state organizzate diverse manifestazioni per 

incentivare l’utilizzo della bicicletta (vedi foto nella pagina precedente), alla stazione è 

stato istituito un ufficio biciclette La nuova struttura, inserita nell’organico del Comune 

all’interno del Servizio Mobilità, si occupa da una parte di promuovere l’uso della bicicletta 

come mezzo di trasporto e per il tempo libero. Dall’altra ha il compito di lavorare con gli 

altri uffici del Comune per realizzare progetti di viabilità e per i lavori pubblici, in cui siano 

contemplate soluzioni per favorire l’uso della bici (parcheggi, rampe, segnaletica dedicata, 

rastrelliere per mettere in sicurezza le bici…); di proporre progetti e piani integrati per la 

mobilità ciclabile, al fine di accedere a finanziamenti e rendere l’uso della bicicletta 

integrato con gli altri mezzi di trasporto (in particolare treno e autobus). 

Per questa ragione abbiamo ritenuto dover strutturare una rete di piste e percorsi ciclabili 

nel territorio rhodense, sfruttando l’esistente e procedendo nel completamento della 

maglia ciclabile. 

Pista ciclabile esistente nel comune di Cornaredo 

Le potenzialità dell’uso della bicicletta trovano una più ampia espressione in sistemi di 

mobilità che prevedono l’integrazione modale tra la bicicletta ed altri mezzi di trasporto in 

particolare i mezzi collettivi su ferro i quali offrono prestazioni maggiori e spazi per il 

trasporto delle biciclette. 

Per quanto riguarda l’uso della bicicletta in ambito extraurbano, questo si trova a dover 

confrontarsi con le preesistenze naturali ed antropiche presenti nel territorio. 

In misura minore l’uso della bicicletta nei tratti extraurbani è dovuto a necessità di 

spostamenti pendolari, ma prevalentemente si tratta di fenomeni legati al piacere ed al 

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relax, di conseguenza si prediligono percorsi che offrano condizioni al contorno migliori, 

rispetto alla minore distanza tra il punto di partenza e di arrivo. 

In questo caso la progettazione delle piste ciclabili si associa alla conservazione o alla 

riqualificazione di ambiti naturali. 

La situazione esistente delle piste ciclabili all’interno del territorio rhodense, si presenta 

frammentaria. 

Una visione d’insieme mostra tratti attrezzati per il traffico ciclabile svincolati tra loro che, 

di conseguenza, costituiscono un problema per la regolare circolazione dei ciclisti. 

Al contrario, in ambito extraurbano, la presenza di percorsi e sentieri campestri consente 

una libera e sicura circolazione delle biciclette, in tal caso la rete ciclabile non necessita di 

sedi protette ma è costituita dall’indicazione di percorsi preferenziali legati alla realtà 

territoriale, lasciando, comunque, libertà di percorso. 

Segnaletica secondo il Codice Stradale 

Esempi di tratti di pista ciclabile in progetto 

La segnaletica della ciclabile deve essere prevista secondo il Codice Stradale e viene 

posta nei luoghi di seguito elencati: 

presso gli incroci (segnali di Stop, Precedenza, Attraversamenti, ...) 

all'inizio e alla fine della ciclabile (Divieto di transito con eccezione autorizzati) 

in zone di pericolo (Traffico promiscuo, ...) 

come divieti (divieto di passaggio, ...) 

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Sezioni tipo delle piste ciclabili in progetto 

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nel nord ovest metropolitano - Federazione di Milano

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