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LE OIL BOTTLES FENICIE - Missione Archeologica a Mozia

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<strong>LE</strong> <strong>OIL</strong> BOTT<strong>LE</strong>S <strong>FENICIE</strong> :ANALISI DEI CONTESTIE CONSIDERAZIONI CRONO-TIPOLOGICHEAdriano OrsingherL’oil bottle 1 è una delle forme più note delrepertorio vascolare fenicio, diffusa dallametà circa dell’viii 2 al terzo quarto delvi sec. a.C. in tutto il Mediterraneo. Con questocontributo si pone l’obiettivo di individuare, attraversol’analisi della documentazione edita, gliesemplari che – per l’affidabilità del contesto dirinvenimento e lo stato di conservazione – consentonodi definire i limiti cronologici di questaforma e delle sue varianti, premessa necessariaper successivi studi finalizzati alla determinazionedel contenuto e dei centri di produzione/distribuzione,entrambi inevitabilmente da conseguirecon il ricorso ad analisi fisico-chimiche.1. DefinizioneLe numerose varianti per le diverse parti dell’oilbottle – riconosciute ed elencate già da J. Ramón 3– non permettono una definizione univoca diquesta forma chiusa. L’elemento morfologicocaratterizzante questa tipologia di vasi è – almenoin origine – la forma del collo, che presentauna marcata riduzione del diametro a circa metàdell’altezza. Questa conformazione, che si perdetalvolta con il tempo, potrebbe avere una spiegazionefunzionale, ovvero – analogamente aquanto è stato da tempo ipotizzato per la broccacon orlo cosiddetto “a fungo” o “espanso” 4 – potrebbeessere legata alla necessità di ridurre il volumee quindi la velocità del liquido in uscita. Laconformazione del fondo di questi vasi è stata datempo riconosciuta come discriminante per ladistinzione di due varianti : 5 una – più antica (documentataad oggi dal 760 al 650 a.C. ca.) – conpiede ad anello ed umbone centrale convesso ;l’altra – posteriore (650-550/525 a.C. ca.) – apodae con fondo convesso.Gli esemplari di questa classe di vasi sono solitamente6 acromi, talvolta con trattamento dellasuperficie esterna mediante la tecnica della politurao l’applicazione di un rivestimento argilloso,più o meno diluito. 72. Storia degli studiLa definizione di oil bottle per questo tipo ceramico– conosciuto anche attraverso altre espressioni(ampolla, bottiglia, brocca piriforme, unguentario)– è stata introdotta da W. Culican, che gliha dedicato un articolo, 8 preceduto e seguito dadiversi lavori di A.M. Bisi, 9 cui si deve – dopo ledisamine di P. Cintas, 10 G. Vuillemot 11 e A. Jodin12 – la definitiva attribuzione di questa formaal repertorio ceramico fenicio. 13 Al 1982 risalgonodue studi monografici : quello di A. González1 Desidero ringraziare il prof. P. Bartoloni per aver accoltoin questa sede il presente contributo, oltre che per icommenti e l’interesse dimostrato verso questo studio.Esprimo inoltre la mia riconoscenza al prof. L. Nigro, peri suggerimenti offerti durante la stesura dell’articolo. I mieiringraziamenti vanno anche alla dott.ssa R. Giura, cui sonograto per la perizia e la velocità dimostrate nella lucidaturadelle oil bottles raccolte, e al dott. A. Conti, cui sono debitoredi preziosi consigli bibliografici. Una sintesi preliminare diquesto studio, con il titolo “Le oil bottles fenicie : cronologia edistribuzione”, è stata presentata al vii ème Congrès Internationaldes Études Phéniciennes et Puniques. Per l’abbreviazione delleriviste si è fatto riferimento all’Archäologische Bibliographie ;quelle non presenti in questo repertorio sono state citateper esteso.2 La datazione della comparsa di questa forma ceramicasi basa sulla cronologia dello strato iii di Tiro, ancora oggidiscussa dagli studiosi (si veda la nota 22).3 Ramón Torres 1982, pp. 21-23.4 Bartoloni 1996, p. 93.5 Bartoloni 1983, p. 497.6 Sono però noti tre esemplari – due dalla Spagna (Culican1970, p. 8, fig. 1, e ; tav. i, b-c) e uno da Malta (VidalGonzález 1996, pp. 41-42, n. 26) – con decorazione dipintasulla superficie esterna.7 Nella letteratura archeologica il grado di densità delrivestimento non determina differenze terminologiche : initaliano si utilizza solitamente il termine ingobbio (Cuomodi Caprio 2007, p. 294), corrispondente al francese engobe.Solo in inglese si distingue, a volte (Yon 1981, p. 30, badigeon,p. 83, engobe ; contra Rice 1987, p. 151 ; Anderson 1988, p.344), tra slip e wash, differenza che chi scrive preferisce mantenere,nella lingua italiana, mediante il ricorso ai terminiingobbio e velatura. 8 Culican 1970.9 Bisi 1966, pp. 65-69, fig. 8, q, u ; Bisi 1974.10 Cintas 1954, pp. 43-44, figg. 48-50.11 Vuillemot 1954, p. 325, fig. xx ; Vuillemot 1955, p. 19,tav. ix, 18-19 ; Vuillemot 1965, p. 68, tipo R18-19, fig. 18, 18-19.12 Jodin 1957, pp. 31-32, fig. 10, a-b ; Jodin 1966, pp. 141, 143,fig. 22, a, tav. xxxvii.13 C. Tronchetti, Sant’Antioco (Cagliari) - Scavi nelle necropolipuniche, « nbas », 2 (1985), p. 286 ; Bisi 1970, p. 47, forma3, tavv. ii, 3 ; iii, 8 ; xii, 2, 5, 8 ; xiv, 6 ; xviii, 4, 7 ; xxv,5-6 ; xxix, 7.


38Prats, 14 nel quale i quattro esemplari rinvenutinegli scavi di Peña Negra vengono inquadrati nelcontesto della documentazione nota dagli altricentri del Mediterraneo, e, soprattutto, il lavorodi J. Ramón, 15 che, con la sua sistemazione tipologica,rappresenta ancora oggi il riferimentoprincipale per lo studio di questa forma vascolare.16A partire da quella data la discussione di questaclasse di vasi è stata ripresa, con aggiornamentibibliografici, soprattutto nei rapporti di scavo, 17con l’eccezione di alcuni studi specialistici 18 e dibrevi commenti all’interno di classificazioni ceramiche19 e repertori critici. 203. Distribuzione e datazioneLe indagini condotte nel bacino del Mediterraneodopo il lavoro di J. Ramón consentono didisporre di una nuova messe di dati che agevolauno studio crono-tipologico dell’oil bottle. Adoggi abbiamo notizia del rinvenimento di 37121esemplari, dei quali gli editi verranno analizzati,adriano orsingherdi seguito, secondo un criterio geografico e noncronologico, con particolare attenzione alle formecomplete e ai contesti più significativi.3. 1. Mediterraneo orientale (Fig. 1)3. 1. 1. Siria-PalestinaNella regione siro-palestinese sono noti ottoesemplari di questa forma. Il contesto più importanteè il sondaggio effettuato da P. M. Bikaia Tiro, dal cui strato iii (760-740/730 a.C.) 22provengono tre unguentari integri. 23 Analoga èla cronologia del level of abandonment di Beirut,nel quale è stata rinvenuta un’altra oil bottle. 24Di tre esemplari non è noto il contesto : uno èstato recuperato da M. Dunand in una tomba diBiblo, 25 un altro proviene da Akhziv 26 e dell’ultimo– conservato all’American University of BeirutArchaeological Museum – non si conosce laprovenienza. 27Un unguentario 28 è stato rinvenuto nellatomba xxiv di Akhziv, il variare del cui corredo14 González Prats 1982a.15 Ramón Torres 1982.16 Da ultimo, per simili considerazioni, si veda : Campanella2009 (ringrazio il dott. M. Botto per la segnalazionedi questo contributo).17 Bartoloni 1987, p. 241, fig. 8 ; Vegas 1989, p. 245 ; Bartoloni1990, pp. 47-48, tav. V, 5 ; fig. 8, 105-106, 111-112 ; GómezBellard 1990, pp. 140-141 ; Bartoloni 1996, pp. 95-97 ;Vegas 1999, pp. 170-172 ; Bartoloni 2000a, p. 109 ; Mayet- Tavares da Silva 2000, p. 52 ; Habibi - Aranegui Gascó2005, p. 171, fig. 8, 6 ; Briese 2007, pp. 324-326 ; Torres Ortiz2008 ; Campanella 2009.18 Groenewoud - Vidal González 1996 ; Groenewoud- Vidal González 2000.19 Belén - Pereira 1985, pp. 312-313, tipo II.2. A.b.1., fig. 3 ;Lehmann 1996, p. 407, forma 251, tav. 42, 251/1-2. Lo studiosotedesco include tra gli esemplari di questa forma anchedue brocchette dagli strati ix-viii di Arad, che presentanoperò evidenti differenze morfologiche e fisiche (entrambesono realizzate con un’argilla grigio-nera, con steccatureverticali sulla superficie esterna, si veda : Herzog et alii 1984,figg. 18, 12 ; 22, 15), e una brocca dalla tomba 26 di Sarepta(Culican 1970, fig. 3, 5), che sembra preferibile ricondurrealla tipologia neck-ridge.20 Guirguis 2004, pp. 95-97, fig. 9, 48-49 ; Sagona 2002, pp.138-139 ; López Pardo - Mederos Martín 2008, pp. 246-249.21 Considerata la grande diffusione geografica di questaforma, il numero totale delle oil bottles segnalate (nel qualesono inclusi anche gli unguentari di cui è data notizia, madei quali non abbiamo, ad oggi, né foto né disegni) deve essereritenuto, nonostante l’ampia ricerca bibliografica condotta,solo indicativo.22 Dopo la pubblicazione del rapporto di scavo, nel qualegli strati iii-ii, solitamente considerati insieme (in quanto ritenutiappartenere ad una stessa facies), erano attribuiti all’intervallo740-700 a.C. (Bikai 1978a, pp. 67-68), la cronologiaassoluta degli strati superiori della sequenza tiria è stata piùvolte modificata dalla stessa Bikai. La datazione degli stratiIII-II è stata dapprima rialzata all’intervallo 760-700 a.C. (Bikai1978b, p. 54 ; Bikai 1981, p. 33), ed in seguito – in uno studiodegli anni Ottanta del secolo scorso, edito solo di recente(Bikai 2003, p. 234) – limitata ai decenni 750-700 a.C., forbicecronologica che corrisponde al “Kition Horizon” di Cipro(Bikai 1987a, pp. 68-69). Anche in altri studiosi si osserva unatendenza a rialzare la cronologia della sequenza tiria, comeavviene anche nel lavoro di N. Schreiber sulla Black-on-Red(Schreiber 2003, p. 208), relativamente però agli strati xiii/1-vi. In tutti gli studi recenti gli strati iii e ii della periodizzazionedi Tiro sono stati distinti. Lo strato iii è stato datato aglianni 775-735 a.C. da Mederos Martín (Mederos Martín 2005,p. 33, tabla 16) e all’intervallo 760-740/730 a.C. da M. Botto(Botto 2005, pp. 598-599). Alla definizione della cronologiafenicia F. J. Nuñez Calvo ha dedicato tutta la sua produzionerecente (da ultimo Nuñez Calvo 2008b, con bibliografiaprecedente). In uno dei suoi ultimi interventi (“Sequenzial referencesfor metropolitan Phoenician ceramics”, in occasionedel convegno International Conference « The Phoenician CeramicRepertoire between the Levant and the West 9 th - 6 th century BC ».viii Giornata Romana di Studi Moziesi Antonia Ciasca, SapienzaUniversità di Roma, 26 febbraio 2010) lo studioso spagnolo haassegnato lo strato iii alla forbice 745-720 a.C. ca.23 Bikai 1978a, tav. v, 9-11 ; Ramón Torres 1982, pp. 26,28, nn. 58-60, fig. 3 ; Lehmann 1996, p. 407, Form 251, tav.42, 252/1.24 Badre 1997, p. 74, fig. 37, 14.25 Culican 1970, p. 10, fig. 1, D (sinistra) ; Bisi 1974, fig. i,6 ; Ramón Torres 1982, p. 26, n. 61, fig. 3 ; Lehmann 1996,p. 407, Form 251.26 Culican 1970, pp. 8, 10, tav. ia (destra) ; Bisi 1974, p. 20,fig. I, 5 ; Ramón Torres 1982, p. 26, n. 63) ; Lehmann 1996,p. 407, Form 251.27 Talvolta a questo unguentario (Culican 1970, pp. 10-11, fig. 1, D, destra ; Lehmann 1996, p. 407, Form 251) è stataattribuita erroneamente una provenienza gublita (Bisi 1974,fig. I, 7 ; Ramón Torres 1982, pp. 26, 30, n. 62, fig. 4).28 Culican 1966, p. 101, fig. 111 ; Culican 1970, pp. 8, 10,fig. 2, b, tav. ia (sinistra) ; Bisi 1974, p. 20, figg. i, 4 ; ii, 3 ;Ramón Torres 1982, p. 26, n. 64, fig. 4 ; Lehmann 1996, p.407, Form 251 ; Dayagi-Mendels 2002, pp. 72, 132, n. j5, figg.4.18, 2 ; 5.11, 12.


– negli oltre trent’anni trascorsi tra la prima edizionead opera di W. Culican 29 ed il rapporto discavo curato da M. Dayagi-Mendels 30 – sollevaalcuni dubbi sull’affidabilità di questo contesto.Le differenti componenti del corredo non determinanovariazioni nell’attribuzione cronologicadella tomba, assegnata al VII sec a.C. dall’ultimoeditore, 31 datazione molto ampia, ma che trovacorrispondenza nell’ultima fase di utilizzo dellatomba T.A.72 della necropoli meridionale diAkhziv, che presenta un analogo corredo. 323. 1. 2. CiproA Cipro sono attestate quattro oil bottles. Due 33le oil bottles fenicie 39provengono dalla tomba 8 34 della necropoli “amare”di Ayia Irini-Paleokastro, con datazionealla seconda metà dell’viii sec. a.C. 35 e duedalla necropoli di Amatunte : una 36 dalla tomba357 37 (fine del vii sec. a.C.) e l’altra 38 dallatomba 25, 39 databile alla seconda metà del visec. a.C. 403. 2. Mediterraneo centrale (Fig. 2)3. 2. 1. MaltaDa Malta, ad oggi, provengono 11 oil bottles.Per tre 41 di esse non si conosce la provenienza,mentre gli altri otto unguentari sono stati29 Nella prima edizione il corredo, oltre all’unguentario,comprende due brocche con orlo espanso, una (mancantedel fondo) in Bichrome, l’altra (mancante dell’orlo) in RedSlip ; un piatto in Plain Ware e due attingitoi (Culican 1970,pp. 8, 10, tav. I, A, sinistra, fig. 2b).30 Il corredo è formato da : un’anfora da trasporto, tipoSJ1 della locale classificazione ; un piatto (considerato nellapubblicazione un coperchio ; per una simile valutazione siveda : Núñez Calvo 2008a, p. 234), con confronti soprattuttonello strato III di Tiro ; uno scarabeo in pasta vitrea ;una perla di cornalina ; un chiodo di ferro ; otto orecchini ;un braccialetto di bronzo e due aghi in bronzo (Dayagi-Mendels 2002, pp. 72, 132, figg. 4.18 ; 5.11, 12).31 Nella datazione di questo contesto lo studioso israelianoincorre però in un ragionamento circolare. Elementi datantidi questa tomba, infatti, sono stati considerati l’oil bottlee lo scarabeo (Dayagi-Mendels 2002, p. 72), ma quest’ultimoera stato datato in precedenza (Keel 1997, p. 34, n. 36)proprio in base al corredo, poiché il cattivo stato di conservazionerende irriconoscibile l’iconografia sulla base.32 Mazar 2001, pp. 134-143.33 Rocchetti 1978, p. 30 ; Bikai 1987a, p. 29, nn. 344-345,tav. x ; Lehmann 1996, p. 407, Form 251.34 La tomba, con pavimento a 1,80 m dal piano di campagna,aveva una camera quadrangolare (2,10 × 1,70 m ; h.max. 0,85 m), con dromos a tre gradini (l. 2,60 m) su unodegli angoli. L’ingresso, davanti al quale sono state rinvenutele oil bottles, era chiuso da due lastre di calcare, in partesmosse (Rocchetti 1978, pp. 28-32).35 Nel rapporto preliminare la tomba è attribuita al Cipro-Arcaicoi-ii (750-475 a.C. ca.). Il corredo, che comprende,oltre ai due unguentari, una lucerna monolicne, quattrocoppe in Black-on-Red ii(iv), una brocca neck-ridge in Grey Polishedii (iv), un orlo di piatto, una brocca in Plain White ii,una brocca ( ?) frammentaria, un orlo di brocca a fungo e unorlo di brocca trilobata in White Painted iii, trova confrontiin altre tombe della stessa necropoli (T.11, T.15, T.28, T.47)e nelle tombe 23 e 24 della necropoli di Ayioi Omologitesdi Nicosia (Flourentzos 1986, 151-155), che suggerisconouna datazione alla fase iniziale del periodo Cipro-Arcaico i,verso la seconda metà dell’viii sec. a.C., come indicano leanalogie con lo strato iii di Tiro, dove ritroviamo le stessevarianti delle brocche neck-ridge, tipo Briese iv.5-6 (Briese1985, fig. 1, 106-109), corrispondente allo stage f della classificazionedi Núñez (Núñez Calvo 2008b, fig. 6, 58-65).36 Bikai 1987a, p. 29, n. 343, tav. x ; Bikai 1987b, p. 16, T.357/37, tav. ii, 16 ; Lehmann 1996, p. 407, Form 251.37 Non si hanno notizie sulla stratigrafia di questa tomba,che sappiamo - dalla datazione preliminare (Tytgat 1989,p. 202) e dai pochi materiali editi - aver avuto due fasi di utilizzo.La più antica corrisponde alla fine del periodo Cipro-Arcaico I, ad essa sono da riferire l’oil bottle, un alabastron(Chavane 1990, p. 79, n. 615) e una coppa ionica (Karageorghis1982, p. 703, fig. 55 ; Coldstream 1987, p. 30, n. 29),cui si deve la datazione alla fine del vii sec. a.C. La tombavenne riutilizzata in epoca romana, come testimonia unalucerna della seconda metà del i sec. a.C. (Abadie-Reynal1987, p. 50, n. 357/55, tav. xxxiii, 7). Non è ascrivibile con certezzaa nessuna delle due fasi di utilizzo un utensile in bronzo(Chavane 1990, p. 26, n. 192), documentato a Cipro siadurante il periodo Cipro-Arcaico che in epoca romana.38 Gjerstad et alii 1935, p. 135, n. 11, tav. xxix, 8 (fila inferiore,1° da destra).39 La tomba 25 era formata da una camera rettangolare,orientata in senso est-ovest, con lo stomion (di cui rimanevanoin situ gli stipiti formati da due ortostati verticali) ed il dromos(non esplorato) in corrispondenza dell’angolo sud-ovest. Latomba presentava due fasi di utilizzo : la prima, testimoniatadalle quattro pilgrim flasks e dalle due brocche in Black Slip I,si data al Cipro-Geometrico I, mentre alla seconda, assegnataal Cipro-Arcaico ii (600-475 a.C.), è attribuibile il resto delcorredo vascolare (Gjerstad et alii 1935, pp. 133-135, fig. 46, 13).40 Nel corredo della seconda fase di utilizzo è presenteuna brocca con orlo espanso in Red Slip (Bikai 1987a, p. 24,n. 276), inserita da P. M. Bikai nell’« Amathus Horizon » (post700 - post 600 a.C.) della sua sequenza cronologica della ceramicafenicia rinvenuta a Cipro (Bikai 1987a, pp. 62, 69), conuna datazione quindi anteriore di circa un secolo rispetto allacronologia assegnata dalla missione svedese. La maggior partedel corredo trova però i confronti più vicini in contesti delCipro-Arcaico iib, come le tombe 214 e 215 di Agios Athanasios,vicino Limassol (Flourentzos 1993, in particolare tavv.xxii, 10 ; xxiii, 20 ; xxiv, 25, 27 ; xxvi, 42 ; xxvii, 58, 67 ; xxxiii,120 (12) ; xxiv, 120 (22) ; xxxvi, 20, 25 ; xxxviii, 38 ; xli,79, 81), e la tomba 251 di Amatunte (Petit 2007, in particolaretavv. ii, 5 ; iv, V, 9-0, 13). Pur ricordando che diversi studiosi(Tytgat 1979, p. 19, nota 41, con bibliografia precedente) hannosottolineato che le datazioni basate sul sistema elaboratodalla Swedish Cyprus Expedition tendono ad essere troppobasse per i periodi Cipro-Arcaico e Cipro-Classico, si ritieneverosimile una datazione alla seconda metà del vi sec. a.C.41 Una è conservata al National Museum of Archaeology,a La Valletta (Culican 1970, p. 7 ; Bartoloni 1988a, p. 505,sinistra, p. 667, n. 493, sinistra ; Aa.Vv. 1998, p. 122, destra ;Sagona 2002, p. 139, forma i :2b, 705-706, figg. 275, 2 ; 276,9 ; 341, 16 ; Stampolidis - Karageorghis 2003, p. 237, n. 49 ;Sagona 2003, fig. 3, 16 ; Sagona - Vella Gregory - Bugeja2006, fig. 3, 16 ; Bondì 2009, p. 344, fig. 18), gli altri due nellaBaldacchino Collection (Sagona 2002, p. 139, forma i :2b, p.706, fig. 276, 10, 13).


40Fig. 1.adriano orsingherrinvenuti nelle necropoli della regione di Rabat,ma solo in quattro casi 42 – Ghajn Klieb[98], 43 Mtarfa [293], 44 Ghajn Qajjet [105], 45 BuskettGardens [63] 46 – sono noti i corredi delletombe. 47La datazione della ceramica fenicia di Maltae, di conseguenza, della prima presenza fenicianell’arcipelago maltese è una questione problematica,recentemente riproposta al dibattitodella comunità scientifica dai lavori di C. Sagona.48 La maggior parte degli studiosi ha attribuito– sulla base della ceramica greca – l’arrivodei Fenici all’inizio del vii sec. a.C., individuandoun terminus ante quem nella tomba di GhajnQajjet [105]. 49 Contro questo approccio (chesottovalutava l’apporto della ceramica fenicia)A. Ciasca propose un rialzamento della cronologiaall’viii sec. a.C., confrontando, con latipologia di H. Schubart, 50 alcuni orli di piattirinvenuti in giacitura secondaria e provenientida scarichi nel santuario di Tas Silg. 51 Da ultimoC. Sagona – sulla base dell’esame dei corredidelle tombe scavate prima del 1990 – haproposto una periodizzazione della cronologiadi Malta nel i millennio a.C. (precisamente perl’intervallo 1000 a.C.-post 50 d.C.), distinguendosei fasi, la prima delle quali, variamente denominata,corrisponderebbe ad una frequentazionefenicia dell’arcipelago prima della metàdell’viii sec. a.C. 52In questa sede per le tombe di Mtarfa [293] 53e Ghajn Qajjet [105] 54 si considera datante la ce-42 Le tombe sono indicate con la numerazione assegnatada C. Sagona (Sagona 2002).43 Sagona 2002, pp. 139, forma I :2b, 802, n. 3, fig. 18, 10.44 Sagona 2002, pp. 139, forma I :2b, 883, n. 8, fig. 58, 2.45 Baldacchino 1953, p. 36, fig. 4, D3 ; Bisi 1970, tav. xxix,7 ; Culican 1970, p. 7, fig. 1, B ; Bisi 1974, fig. ii, 2 ; Ciasca1982, pp. 146-147, fig. 7, c ; Ramón Torres 1982, p. 26, n. 59 ;Belén - Pereira 1985, pp. 312-313, tipo ii.2.a.b.1, fig. 3, 3 ;Vidal González 1996, p. 213, fig. 37, D3 ; tav. 1, a ; Sagona2002, pp. 139, Form i :2b, 686, figg. 23, 5 ; 26, 1 ; Bonanno2005, p. 27 (in basso) ; Sagona 2005, p. 926, fig. 1, 3 ; Sagona2008, p. 513, fig. 9, 1.46 Culican 1970, p. 7, tav. ii, b ; Bartoloni 1988a, pp. 505,destra, 667, n. 493, destra ; Aa.Vv. 1998, p. 122, destra ; Sagona2002, pp. 139, forma i :2a, 685, 704-706, figg. 7, 4 ; 275, 1 ;276, 8 ; 341, 15 ; Sagona 2003, fig. 3, 15 ; Sagona - Vella Gregory- Bugeja 2006, fig. 3, 15 ; Sagona 2008, p. 517, fig. 10, 3.47 Da Rabat sono detti provenire tre unguentari oggi conservatipresso il St. Agatha’s Historical Complex di Rabat(Vidal González 1996, pp. 42-43, nn. 27-29, tav. 21, 28-29 ;Groenewoud - Vidal González 1996, p. 198, nn. 1-3, figg.1-3 ; Groenewoud - Vidal González 2000, p. 370, nn. 1-3,figg. 1-3 ; Sagona 2002, pp. 139, forma 1 :2b, 706, fig. 276, 12 ;Sagona 2003, p. 359, note 69-71) ; un’oil bottle provenientedall’area di Bahrija, ad ovest di Rabat, è conservata al WignacourtMuseum di Rabat (Vidal González 1996, pp. 41-42, n. 26 ; Groenewoud - Vidal González 1996, p. 198, n.4, fig. 4 ; Groenewoud - Vidal González 2000, p. 370, n.4, fig. 4 ; Sagona 2003, p. 83, n. 183, fig. 24, 7.).48 Sagona 2002 ; Sagona 2003, Sagona et alii 2006 ; Sagona2008.49 La cui cronologia in un primo momento era stata fissata,in base ad un errato esame delle importazioni greche,alla metà dell’viii sec. a.C., datazione poi abbassata al secondoquarto del vii sec. a.C. (Gras 1985, pp. 299-300).50 Schubart 1976.51 Ciasca 1999, p. 75, fig. 6.52 Si vedano in proposito le osservazioni esposte in : Vella2005.53 La tomba era formata da una camera circolare (diam.1,067 m), con ingresso rettangolare (0,762 × 0,457 m), ancorasigillato – al momento della scoperta (22 marzo 1927)– da una lastra di chiusura. Secondo la studiosa australianal’ipogeo – che conteneva 35 vasi – presentava quattro fasidi utilizzo, l’ultima in epoca “romano-punica”, cui sono daassegnare due coppe (cat. nn. 14-15). Le altre tre fasi sonoriferite dalla studiosa alle tre sottofasi del periodo cosiddetto“Early Punic”, corrispondente ad un intervallo cronologicocontinuo da prima del 750 a.C. al 600 a.C. (Sagona 2002, pp.882-886, figg. 52, 2-4 ; 54-56 ; 58-59 ;60, 2-8).54 La tomba, con orientamento NO-SE, presenta un dromosrettangolare, di cui è stata esplorata solo la parte terminale,uno stomion (1,295 × 0,559 m ; h. 1,701 m) chiuso dauna lastra rettangolare e un ipogeo rettangolare (3,66 × 3,05m ; h. 1,701 m), nel cui angolo nord-orientale era posizionatauna lastra rettangolare (1,951 × 1,727 × 0,121 m) di calcare,


le oil bottles fenicie 41Fig. 2.ramica greca presente nei corredi, recentementeriesaminata da G. Semeraro. 55 Dalla primatomba proviene una kotyle protocorinzia datataall’inizio del vii sec. a.C., 56 nella seconda sonostate rinvenute una coppa rodia ad uccelli 57 euna kylix tipo Thapsos del Protocorinzio Medio,58 che consentono un’attribuzione al secondoquarto del vii sec. a.C.su cui originariamente erano deposti i corpi dei defunti. Ilcorredo comprende : due anfore da trasporto, un’anfora dadispensa, una brocca trilobata, una brocca neck-ridge, unalucerna bilicne, un’oil bottle, un attingitoio, due olle monoansate,tre piatti ombelicati, due coppe carenate, un mortaio-tripode,un sostegno per anfore, una kylix tipo Thapsosprotocorinzia, una coppa rodia ad uccelli, un torciere dibronzo (Sagona 2002, pp. 808-812, figg. 22, 1, 3 ; 23, 1-9 ; 24,1-10 ; 25, 1-13 ; 26, 1-9).55 Semeraro 2002.56 Semeraro 2002, p. 492, n. 1, fig. 2.57 Semeraro 2002, p. 494, n. 7, fig. 2.58 Semeraro 2002, p. 492-493, n. 2, fig. 2.


42Nella tomba di Buskett Gardens [63], 59 del cuicorredo rimane solo una fotografia, si ipotizza –in base alla presenza della stessa forma vascolarein numero doppio o triplo – l’esistenza di due/tredeposizioni, che la scarsa variabilità morfologicadei tipi ceramici spinge a considerare circoscrittead un breve lasso di tempo. Le analogie con ilcorredo della tomba di Ghajn Qajjet, nella qualeritroviamo, in forme simili, olle monoansate,una brocca trilobata, piatti ombelicati e attingitoi,inducono ad assegnare alla tomba una datazioneaffine, al secondo quarto del vii sec. a.C. oalla seconda metà dello stesso secolo, qualora ledue kylikes fossero di imitazione (piuttosto chedi produzione protocorinzia), come potrebberoindicare i confronti con la necropoli di <strong>Mozia</strong>. 60Nella tomba di Ghajn Klieb [98] 61 le forme datanti– in assenza di ceramica greca – sono l’anforadi impasto (da ricollegare a prototipi di tradizionegeometrica 62), con confronti in alcunesepolture (T. 518, T.522) 63 del tgii di Pitecusa edi un tipo attestato a <strong>Mozia</strong> sia nella necropoli 64che negli strati vii-vi del Tofet (dove si trova solola variante realizzata al tornio, con decorazionebicroma a metope e triglifi ) ; 65 olle monoansate(con confronti a <strong>Mozia</strong> 66 e a Sulky, nel Cronicario,67 con datazione all’intervallo seconda metàadriano orsingherviii-prima metà vii sec. a.C.) ; la coppa carenata(con un confronto dal Cronicario, 68 con datazioneall’intervallo secondo metà viii-primi decennidel vii sec. a.C.) ; la coppa con labbro introflesso(con un confronto dalle tombe A.136 69 e A.192 70di Byrsa, con datazione al secondo quarto delvii sec. a.C.) ; piatti ombelicati. In conclusionesi propone per questa tomba una datazione allafine dell’viii-inizio vii sec. a.C.3. 2. 2. SiciliaIn Sicilia ognuno dei tre principali insediamentifenici ha restituito esemplari di questa forma ceramica.71 Una sola attestazione, ancora inedita,è nota da Solunto, 72 due unguentari provengonodalla necropoli di Palermo : uno 73 dalla tomba170, il cui corredo non è edito, l’altro 74 di cui nonsi conosce il contesto. Ad essi, di recente, si è aggiuntoun esemplare 75 dalla tomba 35 (secondametà del vii sec. a.C.) della necropoli di Birgi. 76<strong>Mozia</strong> – come era stato già notato da J. Ramón 77– è uno dei centri con il maggior numero di attestazioni.Il principale contesto di rinvenimentoè la necropoli. Oil bottles sono state rinvenutein occasione di tutte le diverse indagini di cui èstata oggetto : almeno quattordici unguentariprovengono dagli scavi di J. Whitaker, 78 due da59 Sagona 2002, pp. 783-784, fig. 7, 1-19.60 Briese - Docter 1998, pp. 199, 212-213, in particolare siveda : 212, n. 145 (tomba 34).61 Si tratta di una tomba a camera rettangolare (1,645 ×0,610 m), scavata nella roccia. Al momento della scoperta– il 25 ottobre 1937 – la sepoltura era stata già violata. Il corredocomprende : un’anfora di impasto, due olle monoansate,una brocca trilobata, tre piatti ombelicati, due coppecarenate, un unguentario, una lucerna bilicne. C. Sagonaconsidera la sepoltura anteriore all’viii sec. a.C. (Sagona2002, pp. 801-802, figg. 16, 7-8 ; 18).62 Ciasca 1979, p. 209, nota 6.63 Buchner - Ridgway 1993, pp. 519, n. 581-1, 521, n. 522-1,tavv. cci, 220. Le due sepolture corrispondono ai livelli 21-23e 22-26 del matrix organizzato da V. Nizzo per le tombe editedella necropoli ischitana (Nizzo 2007, p. 186).64 Questa tipologia di anfora è documentata nella necropolimoziese in due varianti : una realizzata al tornio e condecorazione geometrica sovradipinta, l’altra modellata amano e priva di decorazione, testimoniata dagli esemplaridelle tombe 11 (Tusa 1972, tav. xxiv, 2) e 164 (Ciasca 1978, p.209, tav. lxxii, 2).65 Pugliese 1964, p. 75, tav. lvi, 2 ; Ciasca 1970, p. 78, tav.xlvii, 2 ; Ciasca 1983, fig. 1.66 L’olla monoansata è tra le forme ceramiche più frequentinei corredi della necropoli moziese ad oggi noti(Tusa 1978, fig. 2, 3 ; si veda in proposito : Ciasca 1979, p.212, nota 17). Nella tomba 11 di <strong>Mozia</strong> ritroviamo, in formeanaloghe, l’associazione tra l’olla monoansata e l’anfora diimpasto documentata nella tomba di Ghajn Klieb [98].67 Bartoloni 1990, pp. 42-43, 63, n. 164, fig. 4, 65, n. 297,fig. 5. 68 Bernardini 1990, p. 84, fig. 3, c.69 Lancel 1979, p. 259, n. A.136.6, fig. 132, 6 ; 143 (in basso).70 Lancel 1982, 291, n. A.192.4, figg. 420-421.71 A questi si può aggiungere un esemplare inedito, rinvenutonel 1956 nel Santuario della Malophoros di Selinunteed in esposizione presso l’Antiquarium dei santuari dellaMalophoros (comunicazione personale, in data 10-11-2009,della dott.ssa G. Mammina, che qui si ringrazia).72 Si tratta del fondo di un unguentario, datato all’iniziodel vi sec. a.C., ma di cui non è indicato il contesto (Termini2005, p. 700).73 Tamburello 1978, pp. 45-46, fig. 8, sinistra.74 De Simone 1998, pp. 307, 311-313, n. P 5 ; Spanò Giammellaro2000, p. 324, fig. 49.75 Panvini - Sole 2009, p. 93, n. vii/63. Si ringrazia ildott. P. Vecchio per la segnalazione di questo unguentario.76 Griffo 2009. 77 Ramón Torres 1982, 31.78 Dodici unguentari sono attualmente in esposizionenell’ala vecchia del Museo G. Whitaker, undici dei quali,tutti probabilmente provenienti dagli scavi della necropoli,sono inclusi nello studio (in preparazione) della ceramicacomune della Collezione Whitaker. Ringrazio l’autore, ildott. Pierfrancesco Vecchio, per avermi messo a disposizioneil manoscritto del volume, con foto e disegni degliunguentari. Gli altri due unguentari appartengono al lottodi materiali attualmente non in esposizione. In precedenzaerano noti soli pochi esemplari : due dal volume di J. I. S.Whitaker – di cui uno proveniente dalla tomba 7 (Whitaker1921, p. 253, n. D, fig. 34, dietro l’anfora) e un altro (o lostesso ?) visibile in una foto di insieme di ceramiche moziesi(Whitaker 1921, fig. 74, fila superiore, 1° da sinistra= Toti 2008, fig. 4) – ed alcuni disegni stilizzati contenutinei lavori dedicati da A. M. Bisi e W. Culican allo studio diquesta forma ceramica (Bisi 1966, tav. v, 2 ; Culican 1970,pp. 6-7, fig. 2, A ; Bisi 1970, tav. xxv, 5-6 ; Bisi 1972, fig. ii, 3).La foto di un unguentario è stata edita di recente dalla dott.


quelli di P. Cintas e J. Jully (“sépulture c”) 79 e duedagli scavi di V. Tusa (tombe 32 80 e 66 81). Inoltrealla necropoli sembrano riferibili anche gli esemplariin giacitura secondaria rinvenuti durante gliscavi della zona industriale (otto dal cosiddetto“luogo di arsione” 82 e quattro dalla zona K 83) edel settore nord-occidentale delle mura (quattrodal “fossato di fondazione” 84 e due dalla Torre4 85), la cui edificazione deve aver intaccato unaparte dell’area cimiteriale moziese.Inoltre, un unguentario proviene dal cosiddetto“Quartiere di Porta Sud”, 86 due dalla ZonaA 87 e uno dall’humus (us 902) del Tempio del Kothon.88Nonostante il numero elevato di attestazioni,i soli esemplari provenienti da contesti affidabilisono l’unguentario dalla tomba 66, il cui corredo– che comprende anche uno scodellone di impasto,un’olla monoansata e una lama di pugnaledi ferro – è inquadrabile prudenzialmente nellale oil bottles fenicie 43prima metà del vii sec. a.C. 89 e l’esemplare dallafase ic della zona A, che – con una cronologiaintorno alla metà/seconda metà del vi sec. a.C.– rappresenta uno degli esiti finali di questa produzione.3. 2. 3. Italia centro-meridionaleDall’isola di Ischia, antica Pithekoussai, provengonoalmeno 90 quattro oil bottles. Gli unici esemplariintegri sono stati restituiti dalla necropoliindividuata nella valle di S. Montano (uno 91 dallatomba 284 92 e uno 93 dalla tomba 31294), pressol’odierna località di Lacco Ameno, mentreun orlo, 95 insieme a due frammenti di un unicoesemplare inedito, 96 provengono dalla cosiddetta“stipe dei cavalli”, scoperta fortuitamente, durantelavori edilizi, nel 1966 a Pastóla. Entrambele tombe si datano al Tardo Geometrico ii locale,corrispondente al Protocorinzio Antico, solitamenteassegnato all’intervallo 720-690 a.C. 97ssa M.P. Toti (Karageorghis - Stampolidis 2003, p. 237, n.48), cui si deve anche la pubblicazione di alcune immaginidell’Archivio fotografico della Collezione Whitaker, in cuisono visibili diversi esemplari di questa forma (Toti 2008,figg. 3-4, 10).79 Entrambi gli esemplari provengono dalla stessa tomba,che – come anche la tomba 32 degli scavi di V. Tusa – era giàstata indagata dal Whitaker ed il cui corredo quindi è statorinvenuto sconvolto, con conseguenti dubbi sull’originariacomposizione. Degli altri elementi del corredo citati nelrapporto di scavo non abbiamo illustrazioni (Cintas - Jully1980, pp. 41-42, fig. 6, 3-4).80 Tusa 1972, p. 73, tav. lv, 1.81 Tusa 1972, p. 59, tav. xl (fila superiore, 2° da destra).82 Dallo strato ii : Tusa 1973, p. 36, tav. xix, 2 ; 55, tav. xxxix,2 : a-b ; Tusa 1978, p. 66, tav. l, 1 (fila superiore, 1° dadestra) ; dallo strato rossastro compreso tra il ii ed il iii :Tusa 1978, p. 69, tav. liii, 1 (fila inferiore, 1° da destra, 1° dasinistra) ; senza specificazione dello strato di provenienza :Tusa 1978, p. 68, tav. lii, 2 (1°-2° da sinistra).83 Falsone et alii 1980-1981, p. 921, nn. 27-30, fig. 10 ; tav.ccxlv.84 Tusa 1972, p. 59, tavv. xxxix, 2 (al centro, a destra) ; xl(fila superiore, 1°-2° da destra).85 Ciasca 1978, pp. 231, 236, tav. lxv, 4 ; Ciasca 1979, p.208, fig. 18, 5, tav. lxxvii, 2.86 Culican 1958, p. 24, type 15, fig. 10.87 Vecchio 2002, p. 256, tipi 149-150, tav. 50, 1-2.88 Nigro 2005, p. 330, tav. xcviii, mc.04.902/6.89 Lo scodellone di impasto non è un elemento diagnostico.L’olla monoansata è assente nello strato vii del Tofetdi <strong>Mozia</strong> e trova i confronti migliori negli strati vi (secondametà del vii sec. a.C.) e v (prima metà del vi sec. a.C.), maè documentata nella necropoli in tombe databili anche anteriormentealla metà del vii sec. a.C. (Ciasca 1983, fig. 1, siveda anche la nota 66). Per il pugnale non sono noti allo scriventeconfronti precisi, la ricerca dei quali è difficoltosa inassenza del disegno. In generale sulle armi a <strong>Mozia</strong> si veda :Famà 2006, con bibliografia precedente (dove, alla nota 7,questa tomba è erroneamente indicata come tomba 60). Unconfronto per questo corredo può forse essere identificatonella tomba 85, nella quale ritroviamo un frammento di pugnaledi ferro (segnalato, ma non pubblicato) ed un’olla conanaloga forma biconica del corpo, insieme a una kotyle protocorinziache ne assicura la datazione alla fine dell’viii-inizivii sec. a.C. (cfr. Botto 1996, p. 140, nota 25).90 In attesa della pubblicazione dei volumi Pithekoussai iiiii(annunciata ad esempio in : Ridgway 1979, pp. 67-68).91 Bisi 1974, p. 20, fig. i, 2 ; Ramón Torres 1982, pp. 26-27,n. 27 ; Buchner 1982, p. 283, fig. 3, b ; Belén - Pereira 1985,pp. 312-313, tipo ii.2.a.b.1, fig. 3, 2 ; Buchner - Ridgway 1993,pp. 341, 343, n. 284-9, 732, tavv. cli ; 110 ; Docter - Niemeyer1994, p. 112, n. 44 ; Bartoloni et alii 2000, p. 122, n. 61 ; Stampolidis- Karageorghis 2003, p. 236, n. 47 ; Aa.Vv. 2007, p.324, n. 103 (centro) ; Nizzo 2007, p. 120, tipo b10(ai-o)b.92 La tomba 284 è una sepoltura a fossa, a pianta rettangolare(1,80 × 0,75 m) e con orientamento NO-SE. Contenevai corpi di due bambini, di sesso maschile, inumatisimultaneamente. Il corredo della deposizione inferiore,appartenente ad un bambino di 5 anni, comprendeva – insiemeall’unguentario fenicio – un kantharos corinzio, duechytrai miniaturistiche, un anello di ferro, una fi bula dibronzo a sanguisuga, due sigilli scaraboidi, in serpentinorosso, del Lyre-player Group e dieci pietre naturali (Buchner- Ridgway 1993, pp. 341-344, pianta a iii : 8-9ef, tavv. xliv,d-e ; cli ; 110).93 Bisi 1974, p. 20, fig. i, 1 ; Ramón Torres 1982, pp. 25,27, n. 26 ; Buchner 1982, p. 283, fig. 3, c ; Belén - Pereira1985, pp. 312-313, tipo II.2.A.b.1, fig. 3, 1 ; Buchner - Ridgway1993, pp. 369, n. 312-2, 732, tavv. clv ; 118 ; Docter - Niemeyer1994, p. 112, n. 44 ; Bartoloni et alii 2000, p. 122, n. 62 ;Nizzo 2007, p. 120, tipo b10(ai-o)b, tav. 5.94 La tomba 312 è l’inumazione di un individuo adulto disesso maschile. Lo scheletro, supino, era orientato in sensonord-sud, con il cranio a sud, l’avambraccio destro piegatosul bacino ed il sinistro sul petto. Del corredo, forse incompletoa causa del torrente formatosi in età romana, cui sideve l’asportazione della metà inferiore dello scheletro, rimangonoun’oinochoe e l’oil bottle fenicia (Buchner - Ridgway1993, pp. 368-369, pianta a iii : 12c, sezione a-b ; tavv.clv ; 118).95 D’Agostino 1994-1995, pp. 64-65, n. 111, tav. xl, 111.96 D’Agostino 1994-1995, p. 43.


44Una simile forbice cronologica (la seconda metàdell’viii sec. a.C.) – ricavabile dall’analisi dei materialiceramici 98 – corrisponde alla prima frequentazionedell’area dove – attorno al secondoquarto del vi sec. a.C. 99 – venne deposta la stipevotiva.Dalla necropoli di Pontecagnano provieneun altro unguentario intero, 100 che costituiscel’unico elemento edito del corredo della tomba1520, 101 non consentendo di verificare le datazioniassegnate prima da B. D’Agostino 102 (ultimoquarto dell’viii sec. a.C.) e, di recente, daM. Cuozzo (ultimo quarto dell’viii-metà del viisec. a.C.), 103 che, nel suo riesame della necropolidi Pontecagno, segnala altre due oil bottles provenientidalle tombe 4484 e 4691, 104 nel settoresud-orientale della necropoli, in via Piacenza(Chiancone ii). 105In Etruria 106 due esemplari più tardi provengonodalla necropoli della Banditaccia di Cerveteri: 107 uno 108 dalla tomba 185 di Laghetto ii(terzo/ultimo quarto del vii sec. a.C.), l’altro 109dalla tomba xxxix della Via Sepolcrale Principale(secondo quarto del vi sec. a.C.). 110adriano orsingher3. 2. 4. SardegnaA Sulky sono noti, ad oggi, quattro unguentari,111 tutti rinvenuti nell’area del Cronicario : 112uno solo 113 in giacitura primaria (dall’us 257, unpiano pavimentale di argilla pressata nel vanoiid), gli altri fuori contesto (uno 114 dallo sterro,un’altro 115 dall’us 114, la preparazione del basolatodi epoca romana della strada A, l’ultimo 116dall’us 190, la colmata nella porzione orientaledel cortile antistante il pozzo del settore ib).Tutti sono stati attribuiti alla fine dell’viii-primametà del vii sec. a.C., cronologia confermata perl’us 257 da un orlo di anfora tipo Bartoloni B1(cron f46 = 257/1) 117 e da un frammento di orlocon attacco superiore dell’ansa di una brocca trilobatain Red Slip (cron f116 = 257/12), 118 mentregli altri frammenti editi di questo strato sonopiù antichi : un orlo di coppa Aetòs 666 (cron2 = 257/1), 119 con datazione all’intervallo 750-730 a.C. ; una imitazione fenicia di questa forma(cron f18 = 257/4), 120 di cronologia verosimilmenteposteriore, ma non lontana.La necropoli di Bitia 121 ha restituito venti-97 Questa datazione è stata recentemente sottoposta arevisione. Le tombe 284 e 312 corrispondono rispettivamenteai livelli 17-19 e 23-26 del diagramma stratigrafico elaboratoda V. Nizzo (Nizzo 2007, p. 181). In termini di cronologia assolutail primo contesto si dovrebbe datare alla prima metàdell’ultimo quarto dell’viii sec. a.C., mentre il secondo allaprima metà del primo quarto del vii sec. a.C. (Bartoloni -Nizzo 2005, pp. 423-424 ; Nizzo 2007, pp. 83-85).98 D’Agostino 1994-1995, pp. 65-66.99 D’Agostino 1994-1995, p. 40.100 D’Agostino 1977, p. 50, fig. 31E, tav. xxx ; Rizzo 1991,p. 1181 ; Cuozzo 2003, pp. 71, 183.101 Durante lo scavo condotto (5 giugno - 12 luglio 1968)nella proprietà Babino - corrispondente al settore centraledi via Poseidonia - sono state individuate venti tombe e duegruppi di oggetti. La tomba 1520, con camera a pianta rettangolareorientata in senso NE-SO, era la sepoltura di unindividuo adulto di sesso maschile. Il corredo comprendevauna lancia, strumenti in ferro (asce, spiedi), skyphoi tipoThapsos e uno scodellone con ansa a cavallini (Cuozzo2003, pp. 43, 183, tav. viii).102 D’Agostino 1977, p. 50, fig. 31E, tav. xxx.103 Cuozzo 2003, p. 190, nota 8.104 Cuozzo 2003, p. 71, nota 43.105 Cuozzo 2003, p. 41, tav. I.106 B. D’Agostino (D’Agostino 1977, nota 252), basandosisu un’informazione di Brigitte Friendel, menziona ununguentario conservato al Museo Nazionale Archeologicodi Civitavecchia. Le ricerche condotte da M. A. Rizzo neimagazzini del museo non hanno consentito il recuperodell’esemplare, ma solo di precisare l’inesattezza del numerod’inventario (65230) riportato nella precedente pubblicazione(Rizzo 1991, p. 1181).107 Vedi da ultimo : Drago Troccoli 2006, in particolarepp. 127-129.108 Cavagnaro Vanoni 1966, p. 180, n. 37, tav. 1 ; GranAymerich 1983, p. 78, fig. 1 (sopra) ; Rizzo 1991, p. 1172 ;Gran Aymerich 2008, p. 106, fig. 6, b.109 Rizzo 1991, p. 1179, fig. 5, b-c.110 Per una descrizione delle tombe, con analisi dettagliatadei corredi, si veda : Rizzo 1991, pp. 1172-1173, 1179-1181.111 Ad essi si può aggiungere un’oil bottle dagli scavi piùrecenti presentato dalla dott.ssa Antonella Unali al VII èmeCongrès International des Études Phéniciennes et Puniques. Siricorda inoltre la presenza di un numero non precisato diesemplari nella collezione Biggio di Sant’Antioco (Tore1980, p. 508), della quale, ad oggi, sono edite solo alcuneclassi di materiali (stele, scarabei, gioielli, amuleti, monete,terrecotte e una statuina di legno). Sulla formazione dellaraccolta si veda : Acquaro - Moscati - Uberti 1977, pp. 13-15.112 Sulla stratigrafia del Cronicario si veda : Bernardini2000, p. 37, note 18-19 ; Bernardini 2006, pp. 114-121, 123,125.113 Bartoloni 1990, pp. 47-48, 60, n. 111, fig. 8, tav. v, 5 ;Bernardini 1991, p. 671, fig. 8d ; Bartoloni 1992, p. 198, fig.3, 16 ; Bernardini 2006, p. 120, fig. 9, 257/4 ; Bernardini2008, p. 549, fig. 9, 15.114 Bartoloni 1990, pp. 47-48, 59, n. 105, fig. 8.115 Bartoloni 1990, pp. 47-48, 59, n. 106, fig. 8 ; Bernardini2006, p. 120, fig. 8, 114-B2/1 ; Bernardini 2008, p. 552,fig. 10, 6.116 Bartoloni 1990, pp. 47-48, 60, n. 113, fig. 8.117 Bartoloni 1988b, p. 93, n. 46, fig. 3, a.118 Bartoloni 1990, pp. 52, 60, n. cron f116, fig. 11.119 Bernardini 1988, p. 77, nota 3, 78, fig. 1b, tav. xx, 19.120 Bernardini 1988, p. 81, nota 30, fig. 2a, tav. xxi, 1.121 La provenienza dell’esemplare della Collezione Pispisa(Marras 1995a, pp. 447, 449, n. 10, fig. 9 ; Marras 1995b,pp. 221, fila a destra, al centro, 222) è incerta. Esemplari diquesta forma ceramica sono stati rinvenuti sia nel Tofet chenella necropoli di Bitia. Il contesto più probabile rimane ilTofet, che lo stesso Vincenzo Pispisa esplorò parzialmente,in collaborazione con Giuseppe Lai e Antonio Zara, nel novembre1964 (Bartoloni 1996, 26).


quattro unguentari, dei quali – tralasciando gliesemplari delle prime esplorazioni 122 – dieci sonosporadici, 123 mentre gli altri 124 consentonodi ricostruire una sequenza crono-tipologica diquesta forma per l’intervallo dall’ultimo quartodel vii alla metà del vi sec. a.C.Da Monte Sirai sono noti quattro esemplari.Due frammenti provengono dai recenti scavi(1999-2000) nella Zona B dell’abitato : uno, 125residuale, dallo strato di crollo (us 1018) delvano B2 della fase tardo-punica (260-110 a.C.),l’altro 126 dallo strato di cenere (us 1016) del vanoB1 della fase fenicia (600-520 a.C.). 127 Nellanecropoli un unguentario quasi integro è statole oil bottles fenicie 45rinvenuto sporadico (quadrato R/17), 128 mentreun altro, 129 frammentario, proviene dallatomba 246.249.Gli scavi di cui è stata oggetto Nora negli ultimiventi anni hanno portato al rinvenimento ditrentadue 130 frammenti di oil bottles, i quali però,sia per lo stato frammentario che per il loro rinvenimentoin giacitura secondaria, sono di scarsautilità ai fini di uno studio crono-tipologico.Un contesto di particolare importanza è il“santuario” 131 di Cuccureddus, 132 dal cui vanoL2 provengono due oil bottles, 133 che rappresentanogli esemplari più tardi (intorno al 545/535a.C.) 134 di questa produzione.122 Un unguentario è noto dalle indagini di A. Taramellidel 1933 (Pesce 1968, p. 343, n. 13, fig. 7c), due oil bottlesprovengono dal pozzetto 17, esplorato nel 1955 da G. Pesce(Pesce 1968, p. 326, fig. 19, destra, sinistra ; Bartoloni 1983,p. 497, fig. 3, h ; Bartoloni 1989, pp. 156-157, fig. 2). Ad essepuò essere aggiunto l’unguentario rinvenuto da F. Barrecanel Tofet, sotto lo strato di humus (Barreca 1965, p. 150).123 Si tratta dei numeri : bth 57 (Bartoloni 1988c, p. 17,fila inferiore, 1° da sinistra ; Bartoloni 1996, p. 232, n. 517,fig. 29, tavv. xxxiv, 9 ; xlvi, 3) ; bth 61 (Bartoloni 1988c, p.17, fila inferiore, al centro ; Bartoloni 1996, p. 232, n. 520,fig. 29, tavv. xxxiv, 4 ; xlvi, 3) ; bth 100 (Bartoloni 1988c, p.17, fila centrale, 2° da destra ; Bartoloni 1996, p. 233, n. 524,tavv. xxxiv, 6 ; xlvi, 3) ; bth 167 (Bartoloni 1988c, p. 17, filainferiore, 1° da destra ; Bartoloni 1996, p. 235, n. 548, fig. 31,tav. xxxiv, 11 ; xlvi, 3 ; Bartoloni 2009, pp. 112-113, fig. 141,sinistra) ; bth 206 (Bartoloni 1988c, p. 17, fila superiore, 1°da sinistra ; Bartoloni 1996, pp. 236-237, n. 557, fig. 31, tavv.xxxiv, 13, xlvi, 3) ; bth 581 (Bartoloni 1988c, p. 17, fila inferiore,2° da sinistra ; Bartoloni 1996, p. 243, n. 615, fig. 33,tavv. xxxiv, 7 ; xlvi, 3) ; bth 280 (Bartoloni 1988c, p. 17, filasuperiore, al centro ; Bartoloni 1996, p. 238, n. 575, fig. 32,tavv. xxxiv, 8, xlvi, 3) ; bth 497 (Bartoloni 1988c, p. 17, filasuperiore, 2° da destra ; Bartoloni 1996, p. 242, n. 609, fig.32, tavv. xxxiv, 5, xlvi, 3 ; Bartoloni 2009, pp. 112-113, fig. 141,destra) ; bth 396 (Bartoloni 1988c, p. 17, fila superiore, 1° dadestra ; Bartoloni 1996, p. 241, n. 601, tavv. xxxiv, 10, xlvi, 3).124 All’ultimo quarto del vii si datano gli esemplari dalletombe 67 (Bartoloni 1988c, p. 17, fila centrale, al centro ;Bartoloni 1996, p. 204, n. 298, tavv. xxi, 4 ; xlvi, 3), 75 (Bartoloni1996, p. 208, n. 320, fig. 19, tav. xxiii, 4), 89 (Bartoloni1988c, p. 17, fila superiore, 2° da sinistra ; Bartoloni1996, p. 217, n. 385, fig. 23, tavv. xvii, 6 ; xlvi, 3) e 102 (Bartoloni1983, p. 497, fig. 3, 1 ; Bartoloni 1996, p. 226, n. 452,fig. 28, tav. xxxiii, 3) ; alla fine del vii sec. a.C. gli unguentaridalle tombe 82 (Bartoloni 1988c, p. 17, fila centrale, 1° dadestra ; Bartoloni 1996, p. 213, n. 352, fig. 21, tavv. xxv, 3 ;xlvi, 3), 87 (Bartoloni 1996, p. 216, n. 380, fig. 22, tav. xxvii,5), 101 (Bartoloni 1988c, p. 17, fila centrale, 2° da sinistra ;Bartoloni 1996, p. 225, n. 447, fig. 28, tavv. xxxii, 6 ; xlvi, 3)e 135 (Bartoloni 1997, p. 256, n. 133) ; alla prima metà del visec. a.C. l’oil bottle della tomba 77 (Bartoloni 1988c, p. 17,fila inferiore, 2° da destra ; Bartoloni 1996, p. 209, n. 329,fig. 19, tav. xlvi, 3) e alla metà del vi sec. a.C. l’unguentariodella tomba 24 (Bartoloni 1988c, p. 17, fila centrale, 1° dasinistra ; Bartoloni 1996, p. 186, n. 177, fig. 10, tavv. xiv, 7,xlvi, 3). 125 Finocchi 2002, 57, 72, fig. 7, 36.126 Finocchi 2002, 57, 72, fig. 7, 37.127 Sulla stratigrafia dell’area, si veda : Campanella - Finocchi2002.128 Bartoloni 1982, p. 294, fig. 2, g ; Bartoloni 2000a, p.109, forma 19, 185, n. 221, fig. 41.129 L’unguentario, di cui è conservato l’orlo e tre frammentidel corpo (Guirguis c.d.s., figg. 151, 155), appartienead una sepoltura (T. 246) riaperta per la deposizione di unsecondo individuo (T. 249). La datazione della prima sepoltura,dato il carattere frammentario del corredo (di cui,insieme all’oil bottle, si conserva il collo di una brocca cosiddettaad orlo espanso ed un anello d’argento), si basa sullaseconda deposizione (accompagnata da due piatti ombelicatie da una brocca ad orlo espanso), la cui cronologia allametà del VI sec. a.C. è da considerare quindi come terminusante quem per la datazione della prima deposizione. Ringrazioil dott. M. Guirguis per aver messo a mia disposizione lefoto e il disegno dell’unguentario, insieme ai dati sul contestodi provenienza.130 Due frammenti – un orlo e una parete con ansa (Oggiano2000, 215-216, 224, tav. v, 2-3 ; Oggiano 2002, 274, fig.2, 4-5) – provengono dal settore F, l’area sacra ai piedi dell’alturadel Coltellazzo, la cui edificazione si data alla secondametà del vi sec. a.C. (Bondì 2005, pp. 582-583), mentre per iframmenti è stata proposta una datazione alla fine del vii ealla prima metà del vi sec. a.C. Trenta frammenti (13 orli, 8fondi, 4 anse e 5 pareti), provenienti dagli scavi nell’area P (ilsettore del foro romano), sono attribuiti, in base a confronti,all’intervallo dalla fine dell’viii al vi sec. a.C. (Campanella2009), ma nessuno dei reperti si trova in giacitura primaria,provenendo infatti da unità stratigrafiche relative ai periodiii (fine del vi-metà del ii sec. a.C.), iii (seconda metà del ii-40/20 a.C.), iv (40/20 a.C.-200/225 d.C.) e vii (post 450 d.C.)della sequenza elaborata per quest’area.131 L’interpretazione dei vani l1-l4 come annessi di unedificio sacro (non ancora messo in luce) dedicato al cultodi Astarte è basata sul rinvenimento di ceramiche di produzioneetrusco-corinzia e laconica, di cinque cretulae e di unfallo di grandi dimensioni, forse impiegato come doccionedell’edificio, e sull’edificazione nello stesso luogo in epocaromana di un edificio religioso (da ultimo si veda : Marras1999, p. 15 ; contra Conti 1998, pp. 9-10, nota 6, con replicain : Bartoloni 2000b), questo attestato da una stipe votiva(Marras 1999).132 Per un inquadramento storico e topografico del sito,si veda da ultimo : Marras 1999, pp. 13-18, con bibliografiaprecedente.133 Bartoloni 1987, p. 241, fig. 8 ; Marras 1991, p. 1043,fig. 5, e ; Marras 1997, pp. 77, 252, nn. 113-114.134 Questo insediamento, fondato nella seconda metà delvii sec. a.C., subisce una forte distruzione, testimoniata dalletracce di bruciato e incendio evidenti nello strato di crolloche separa la fase fenicia dalla ricostruzione in epoca roma-


46Per diversi unguentari conosciamo la provenienza,ma non il contesto. Un esemplare, oggiperduto, 135 è considerato originario di Olbia ; 136un altro dalla necropoli di Pani Loriga 137 è ancorainedito ; uno proviene dagli scavi di G. Patroni138 alla necropoli ad incinerazione di Nora,inquadrabile cronologicamente tra il vii e lametà del vi sec. a.C. 139 Fuori contesto, ma consideratopertinente al vicino tempio “a pozzo”(fine viii-metà/fine vi sec. a.C.), 140 è l’esemplarerinvenuto da E. Atzeni sulle pendici del colle diSettimo San Pietro. 141Gli scavi dell’avvocato Efisio Pischedda alla necropolisettentrionale di Tharros, sulle scoglieredel villaggio di S. Giovanni di Sinis, nella localitàdi Santu Marcu, 142 consentirono il recupero diun numero imprecisato 143 di oil bottles, due 144soli esemplari delle quali sono ad oggi editi neicataloghi dell’Antiquarium Arborense di Oristano,dove si trovano in esposizione. Di probabileorigine tharrense sono anche due unguentari, direcente pubblicazione, conservati al Museo ArcheologicoNazionale G. A. Sanna di Cagliari. 145Infine un frammento di oil bottle 146 proviene dauna raccolta di superficie nel sito di S. Maria diVillagreca-Nuraminis.adriano orsingher3. 2. 5. TunisiaIn Tunisia solo due siti hanno restituito questaforma ceramica. Ad Utica due unguentari provengonodalla necropoli : uno 147 dalla tomba xxxivdella necropole de la berge, con datazione allafine del vii sec. a.C., 148 l’altro 149 dalla tomba 4della necropole de l’île, con datazione all’ultimoquarto del vii sec. a.C. per analogia con il corredodella tomba 1 della stessa necropoli, la cui cronologiaè assicurata dalla presenza di un aryballosdel Corinzio Antico. 150A Cartagine si inverte il rapporto che vede solitamenteprevalere il numero degli unguentariprovenienti dalle necropoli su quello delle attestazionidagli abitati. Ad oggi, tre soli esemplariprovengono dalle necropoli cartaginesi. Un unguentario,151 noto da un disegno schematico,proviene dalla tomba 316 degli scavi di P. Gauckler,il cui corredo non è inquadrabile in manieraprecisa, a causa della stilizzazione dei disegni deireperti. Nella necropoli di Junon le tombe 1 e 2hanno restituito un esemplare ciascuno : la primaoil bottle 152 si data all’inizio del vii sec. a.C. per lapresenza di una kotyle protocorinzia ; 153 mentrela seconda 154 è di difficile datazione, perché ilna. La distruzione è datata dai materiali al terzo quarto delvi sec. a.C. ed è messa in relazione alla spedizione di Malcodurante gli anni 545/535 a.C.135 Il disegno originario (Panedda 1952, p. 68, fig. 5) – nonostanteun tentativo di ricostruzione grafica (Tore 1980,fig. 4, 4) – risulta inutilizzabile ai fini di una disamina tipologica(per simili considerazioni si veda : Bartoloni 1990, pp.47-48, note 55-56).136 Nel volume di D. Panedda è inserito tra i materialidella necropoli di Olbia (Panedda 1952, p. 68, fig. 5 ; sullatopografia di questa necropoli si veda : D’Oriano 1994). Diversamente,il prof. P. Bartoloni ritiene probabile per questounguentario, come per gli altri due vasi editi di questa collezione(una brocca trilobata e una brocca ad orlo espanso,si veda : Tore 1980, pp. 499, 501, 505-507, figg. 2, 1-2 ; 4, 1-2),una provenienza tharrense (comunicazione personale indata 1-6-2010).137 La presenza di questa forma nella necropoli ad incinerazionedi Pani Loriga, a Santadi, è ricordata dallo stessoscavatore (Tore 1980, p. 508), ma non è chiaro se il riferimentosia alla “brocchetta dal corpo piriforme, frammentalesuperiormente” (n. inv. 55478), proveniente dalla raccoltasuperficiale, o al “balsamario” (n. inv. 55415) della tomba 142,entrambi citati nel rapporto preliminare (Tore 1973-1974, p.366, nota 5). Nei successivi studi sulla necropoli (Tore 1995= Tore 2000) questa forma ceramica non è menzionata.138 Patroni 1904, coll. 167-171, fig. 19 ; Bartoloni 1981,p. 16, fig. 1, 1.139 Bartoloni 1981, pp. 16-17. L’unguentario era statorinvenuto insieme ad un’olpe (Patroni 1904, col. 168, fig.18), riedita in seguito alla sua riscoperta nei magazzini delMuseo Nazionale di Cagliari e datata alla fine del vii sec.a.C. (Bartoloni 1979-1980, pp. 376-377, n. 1, 378).140 Ugas - Zucca 1984, p. 9.141 Tore 1980, p. 508 ; Tore 1981, p. 275, nota 32 ; Ugas- Zucca 1984, pp. 9, 95 ; Barreca 1986, p. 320 ; Bernardini -Tore 1987, p. 304, n. 1, tav. iii, 1.142 Zucca 1997, con bibliografia precedente.143 Tore 1994, p. 272.144 Santoni - Zucca - Pau 1988, pp. 27-28, fig. 21 ; Zucca1998, p. 50, fig. 17 (sinistra).145 Guirguis 2004, pp. 95-97, fig. 9, 48-49.146 Forci 2003, p. 7, nota 26.147 Cintas 1951, tavola sinottica ; Cintas 1954, p. 43, fig.49 ; Culican 1970, p. 5 ; Ramón Torres 1982, pp. 25, n. 5, 31.148 Sulla datazione di questo contesto si veda : Peserico1996, pp. 63, nota 172, 65, 215, 219, nn. ut 8-9, tav. vii.149 Colozier 1954, p. 161, n. d, fig. 24 ; Culican 1970, p. 6 ;Ramón Torres 1982, pp. 25, n. 6, 31.150 Per la datazione della tomba 1 della necropole de l’îlesi veda : Peserico 1996, p. 65. Nei due corredi ritroviamola stessa forma della brocca cosiddetta “a fungo” e di unabrocca con bocca trilobata di piccole dimensioni.151 Gauckler 1915, p. 137, tav. xcviii ; Culican 1970, 6 ;Ramón Torres 1982, pp. 25, n. 3, 30.152 Cintas 1954, p. 43, fig. 49 ; Cintas 1976, p. 292, tav.xciii, 1 (3 a da sinistra) ; Culican 1970, p. 5 ; Ramón Torres1982, p. 25, n. 1.153 Il corredo – che comprende anche un bruciaprofumia doppia coppa, una lucerna bilicne, un piatto (frammentarioe in secondo piano nella foto), una brocca trilobata euna brocca “a fungo” – trova confronti nella necropoli diByrsa, si veda ad esempio la tomba A.142 (Lancel 1982, pp.334-341).154 Cintas 1970, tav. xviii, 85 (destra) ; Cintas 1976, p. 292,tav. xciii, 2 (destra) ; Ramón Torres 1982, pp. 25, n. 1, 30.


corredo conservato era composto solo dall’unguentarioe da una coppa del tipo cosiddetto “acalotta”, la cui evoluzione tipologica prevede unaumento nel tempo delle sue misure, ma in questocaso le dimensioni non sono facilmente ricostruibilidalla foto. 155Non è possibile indicare con precisione il numerodelle oil bottles rinvenute durante gli scavitedeschi di Cartagine (1975-1997). Come è statosottolineato di recente, 156 dato l’impiego neirapporti di scavo di un criterio tipologico nellapresentazione dei reperti, risulta complicato ricostruireil contesto di provenienza, soprattuttoin ragione di una forte selezione dei reperti editi.Di conseguenza per la datazione è necessario fareriferimento alla sequenza cronologica riconosciutaper la metropoli nord-africana. 157In ordine cronologico i contesti noti per le oil bottlessono : Rue Ibn Chabâat, Raum K4, K91/62 158(seconda metà dell’viii sec. a.C. 159) ; Oststraße,Schicht iiai (i), K93/497 160 (750-725 a.C.) ; Haus2, Raum K, Schicht iii-2a1, K91/189 161 (700-675a.C.) ; Rue Ibn Chabâat, Raum T1, K94/1 162 (primametà del vii sec. a.C. 163) ; Rue Ibn Chabâat,unter Kardo xiii, K88/5 164 (vii sec. a.C. 165) ; RueIbn Chabâat, unter Kardo xiii, K88/6 166 (viile oil bottles fenicie 47sec. a.C. 167) ; unter decumanus maximus, Haus 1,Raum C/D, K91/496 168 (675 a.C. 169) ; Oststraße,Schicht iiib1, K93/489 170 (675 a.C.) ; Haus 8,Raum U, Schicht iv-8a1, K93/548 171 e K93/543 172(675-645 a.C.) ; Magon, Raum P57, K78/68 173 (secondametà vii sec. a.C. 174) ; Haus 2, Raum K,Schicht iv-2c1, K88/54 175 e K91/167 176 (630-575a.C.) ; Haus 2, Raum K, Schicht iv-2c1, K91/168 177e K91/181 178 (630-575 a.C.) ; Oststraße, SchichtVa1 (ivc1), K93/480 179 (575-480 a.C.).In giacitura secondaria è l’esemplare 180 daRue Septime Sévère, sondage iv E. Punic Street,K87/141 181 (fine v sec. a.C.), mentre non èpossibile stabilire, dalle pubblicazioni note alloscrivente, la datazione di : Rue Ibn Chabâat,K93/23 182 e Kardo x, Röm ii, 183 K93/513. 184Infine un esemplare 185 di provenienza cartagineseè conservato nella Ferenc Hopp Collectionpresso il Szépmuªvészeti Múzeum di Budapest.1863. 3. Mediterraneo occidentale (Fig. 3)3. 3. 1. Penisola IbericaNella penisola iberica numerosi siti hanno restituitoesemplari di questa forma, ma il numerodei contesti affidabili è ridotto.155 Se si accetta un’altezza media di 9,3 cm per la varianteapoda delle oil bottles, come è stato osservato per la necropolidi Bitia (Bartoloni 1996, p. 96), si arriva a determinare– pur con l’ovvia cautela per l’impiego di una foto nellemisurazioni – un diametro della bocca di 10 cm circa. È statoosservato che nelle forme più tarde il diametro è maggiore,pari nei due esemplari di Cuccureddus (contesto stratigraficamenteben datato al 545/535 a.C.) a 13,5-15,5 cm (Bartoloni1987, p. 238, figg. 3-4). A <strong>Mozia</strong> un esemplare con diametrodella bocca di 10 cm si ritrova nella tomba 172, datata allaseconda metà del vii sec. a.C. (Ciasca 1979, p. 213, fig. 17, 13 ;da ultimo sul contesto si veda : Spagnoli 2007-2008, p. 326,fig. 5). 156 Docter 2007, p. 37.157 Solo le oil bottles incluse nel rapporto finale degli scavitedeschi (Briese 2007) presentano il riferimento alla periodizzazionedi Cartagine, in assenza del quale è possibile risalire,dal numero di inventario, alla cronologia del contestodi provenienza utilizzando il lavoro di R. Docter (Docter2007).158 Da cui proviene : Vegas 1999, p. 172, n. 4, fig. 74, 4 ;Vegas 2000a, p. 1240, fig. 4, 27.159 Docter 2007, p. 43, n. 5.160 Da cui proviene : Briese 2007, p. 325, n. 1877, fig. 145.161 Da cui proviene : Briese 2007, p. 325, n. 1879.162 Da cui provengono gli unguentari : Vegas 2000b, p.362, fig. 7, 43-45. Dal vano T1 provengono in totale 35 esemplari,tutti di importazione, tra i quali dovrebbe figurare ancheun esemplare con iscrizione dipinta : Vattioni 1995, tav.121, 1-2 ; Rakob 1998, p. 28, tav. ix, 1-2.163 Con alcuni frammenti residuali (Docter 2007, p. 49,n. 82).164 Da cui proviene : Vegas 1989, p. 245, n. 129, fig. 7.165 Docter 2007, p. 50, n. 88.166 Da cui proviene : Vegas 1989, p. 245, n. 128, fig. 7 ; Vegas1999, forma 38, p. 172, n. 1, fig. 74, 1.167 Docter 2007, p. 50, n. 89.168 Da cui provengono gli unguentari : Niemeyer - Docteret alii 1993, pp. 220-222, n. 8-9, fig. 10a, tav. 57, 2 ; Niemeyer- Docter et alii 1998, p. 77, nn. 8-9, fig. 18, a, tav. x, 2 ;Docter et alii 2007, p. 94, fig. 7 ; Briese 2007, pp. 325-326, nn.1881-1883, fig. 145, tav. 35.169 Docter 2007, p. 51, n. 101.170 Da cui proviene : Briese 2007, p. 325, n. 1880, fig. 145.171 Da cui proviene : Briese 2007, p. 325, n. 1878, fig. 145.172 Da cui proviene : Briese 2007, p. 326, n. 1884.173 Da cui proviene : Vegas 1991, p. 149, fig. 30, 113 ; Vegas1999, forma 38, p. 172, n. 2, fig. 74, 2.174 Docter 2007, n. 103.175 Da cui proviene : Briese 2007, p. 326, n. 1886.176 Da cui proviene : Briese 2007, p. 326, n. 1888, fig. 145.177 Da cui proviene : Briese 2007, p. 326, n. 1889.178 Da cui proviene : Briese 2007, p. 326, n. 1890, fig. 145.179 Da cui proviene : Briese 2007, p. 326, n. 1891, fig. 145.180 Da cui proviene : Vegas 1989, p. 245, n. 130, fig. 7.181 Docter 2007, p. 58, n. 154, dove si ricorda la presenzadi frammenti residuali di vii sec. a.C.182 Da cui proviene : Vegas 1999, p. 172, n. 3, fig. 74, 3.183 Forse accostabile ad un altro contesto (KA93/515, Kardox, Röm ii), edito da R. Docter (Docter 2007, p. 69, n.310), con datazione al secondo quarto del ii sec. a.C.184 Da cui proviene : Briese 2007, p. 326, n. 1892, fig. 145.185 Bisi 1971, pp. 14-15, n. 9, fig. 16.186 Si veda anche : http ://www2.szepmuveszeti.hu/antik_gyujtemeny/evszak_mutargya/evszak.php ?id=682,con foto a colori dell’esemplare. Sono visibili anche alcunebrocche di piccole dimensioni che dimostrano, in alcunicasi, la difficoltà di distinguere tra oil bottles e brocche neckridge.Si ricorda inoltre che J. Ramón (Ramón Torres 1982,30-31) ha segnalato la presenza di alcuni esemplari di questaforma anche nei magazzini del Musée National du Bardo.


48adriano orsingherFig. 3.Particolare importanza ha il sondaggio effettuatoa Cadíz 187 nella Calle Cánovas del Castillo38, dove è stata individuata una sequenza stratigraficarelativa alla prima occupazione feniciadel sito (seconda metà del ix-viii sec. a.C.), conil sovrapporsi – in 0,35 m – di cinque strati, condue piani pavimentali (ue 2f, ue 2d) alternati adaltrettanti livelli di occupazione (ue 2e, ue 2c),seguiti da un livello di abbandono (ue 2b). 188 Nelrapporto preliminare i materiali sono pubblicatiper classi, senza riferimento alla stratigrafia,quindi non è possibile determinare con precisionela datazione stratigrafica delle due oil bottlesdi questo sondaggio, 189 anche se – per analogiacon la documentazione più antica di questa formaceramica – una datazione alla seconda metàdell’viii sec. a.C. sembra la più verosimile. 190Le numerose esplorazioni (soprattutto di187 A questa classe di vasi è stato assegnato anche l’unguentariodalla tomba 13 di Cádiz (Perdigones Moreno -Muñoz Vincente - Pisano 1990, p. 23, n. 13.3, p. 56, fig. 33,4 ; tav. xv, 1), che – considerata la tipologia della sepoltura edel corredo e la posizione stratigrafica – si data agli inizi delvi sec. a.C. (Perdigones Moreno - Muñoz Vincente -Pisano 1990, pp. 47-48). In questa sede, prudenzialmente, sipreferisce segnalare l’esemplare, senza però includerlo tra leoil bottles, in considerazione della particolare morfologia delvaso (soprattutto in base al profilo del labbro e all’assenzadel restringimento mediano del collo).188 Córdoba Alonso - Ruiz Mata 2005, pp. 1276-1277,fig. 3.189 Córdoba Alonso - Ruiz Mata 2005, pp. 1283, 1287,tipi G1a-G2a, fig. 8, 3-4.190 M. Pellicer Catalán ha invece esteso a questa formaceramica l’intero intervallo cronologico della fase fenicia diquesto sondaggio (Pellicer Catalán 2006, p. 23, fig. 7, i ;Pellicer Catalán 2007, p. 37, fig. 40, N).


emergenza) condotte a Huelva negli ultimi decennihanno restituito cinque 191 frammenti di oilbottles : uno dal livello 1a (725/700-650 a.C.) dellaCalle Méndez Núñez 4, 192 uno 193 dal livello I (viisec. a.C.) 194 della Corte O.R. (Onésimo Redondo)nel Cabezo de San Pedro, uno dal livello 1 (650-625/600 a.C.) della Calle Puerto n. 29, 195 uno dalquadrato 4A dello scavo al civico 10 della CallePuerto (fase iii : seconda metà del vi sec. a.C.) 196 euno, 197 in giacitura secondaria, 198 dal livello ii delsettore del Basurero nel Cabezo de La Esperanza.Significativa è la documentazione da Las Chorreras,in quanto – nonostante il contesto di rinvenimentodei cinque esemplari 199 non sia semprespecificato – il sito presenta un’unica fase dioccupazione di breve durata (seconda metà viiiiniziovii sec. a.C.), 200 intervallo cui sono quindiriconducibili tutti gli esemplari.le oil bottles fenicie 49Da Toscanos provengono 5 oil bottles : due rinvenutenella Corte 1 (una 201 dallo strato ii : ultimoquarto dell’viii sec. a.C. ; l’altra 202 dallo stratoivd : fine vii sec. a.C.), 203 una 204 nella Corte2, di cui non è possibile stabilire la datazione inassenza di dati sul contesto, e due nella Corte 44(una dal livello 1 : fine viii-inizio vii sec. a.C. ; 205l’altra dal livello 2 : vii sec. a.C. 206).Cinque unguentari sono noti dal Castillo deDoña Blanca, quattro 207 sono assegnati all’viiisec. a.C., il quinto 208 al vii sec. a.C. L’assenza diinformazioni sui contesti di rinvenimento nonconsente di inserire questi esemplari in uno studiocrono-tipologico, nonostante la sicura attribuzione,almeno per l’unico esemplare intero, 209alla tipologia più antica. Ugualmente non abbiamonotizie sui contesti dei sei unguentari 210 diMorro de Mezquitilla. 211191 Ad essi può forse essere aggiunto il frammento delcorpo, dal livello 1b (725/700-680 a.C.) della Calle Puerto 6(Fernández Jurado 1988-1989, p. 34, tav. xiii, 10).192 Fernández Jurado 1988-1989, pp. 182, 246, tav. cxix, 5.193 Del Amo - Belén 1981, pp. 72, 137, fig. 6, 19.194 La datazione di questo strato è basata sulla presenzadell’oil bottle (Del Amo - Belén 1981, pp. 137-143).195 Fernández Jurado - Rufete Tomico - GarcíaSanz 1990, pp. 24, 44, n. 11, tav. v, 11.196 Garrido - Orta 1994, p. 82, n. P/80/4A/41-249, fig.38, F.197 Belén - Fernandez Miranda - Garrido 1977, p. 253,fig. 125, 4.198 Il Basurero (ovvero “deposito”) è così chiamato perchésembra essere il riempimento di una fossa scavata perlo scarico degli scarti. Sono stati distinti tre strati, caratterizzatidal non essere in successione cronologica : il livello iè l’unico in giacitura primaria ; il livello ii è uno strato consporadici frammenti ceramici formatosi dall’erosione dellasommità della collina ; il livelo iii è un accumulo dovuto amovimenti di terreno di epoca moderna (Belén - FernandezMiranda - Garrido 1977, pp. 249-259).199 Tre esemplari provengono dagli scavi condotti nel 1973da Gran Aymerich (Gran Aymerich 1973, p. 77, fig. 7, filasuperiore ; Gran Aymerich 1981, p. 339, fig. 20, lc73 j08 xii5318, lc73 j08 xii 5319, lc73 00 0 2816 ; tav. iv, in alto ; Aubet1983, pp. 820, 822-823, fig. 2, a-b ; Belén - Pereira 1985, pp.312-313, tipo ii.2.a.b.1, fig. 3, 6-7) un solo unguentario è notodalla successiva indagine di M. E. Aubet del 1974 (Aubet -Schubart - Maass-Lindemann 1975, pp. 154-155, fig. 10, 136),mentre due esemplari sono stati rinvenuti nell’ultima campagnadi scavi che, sotto la guida di G. Maass-Lindemann,ha interessato il sito nel 1980 (Maass-Lindemann 1983, pp.79, 99, fig. 2, 10, 15). Oltre agli esemplari indicati bisognaricordare il frammento lc 73 00 0 2815 (Gran Aymerich1981, p. 328, fig. 20), di cui non è possibile determinare consicurezza la pertinenza alla tipologia neck-ridge piuttosto chealla forma in esame. Si ritiene utile segnalare anche un altroframmento (Aubet - Schubart - Maass Lindemann1975, pp. 154-155, fig. 10, 137) – che se rinvenuto privo di ansa(impostata sull’orlo) – potrebbe indurre, per la morfologiadell’orlo, ad una attribuzione a questa classe.200 La prima sequenza cronologica del sito venne elaboratada M. E. Aubet (Aubet 1974, pp. 82, 88), che distinseuno strato superficiale di terra smossa (i), uno strato diabbandono (ii), uno strato di abitazione (iii), uno strato diterreno sterile molto spesso sovrapposto al paleosuolo discisto. Questa sequenza ha trovato in seguito conferma nelrapporto degli scavi condotti da Gran Aymerich (Gran Aymerich1981, p. 327), con il riconoscimento di quattro strati :uno strato di humus (i/ia), l’impianto fenicio (ii), da cui èdistinto, talvolta, un livello di abbandono/distruzione ; ilterreno sterile, livellato in alcuni punti (iii), sovrapposto alpaleosuolo di scisto (iv).201 Schubart - Niemeyer - Pellicer Catalán 1969, p.61, n. 533, tav. xvi ; Niemeyer - Schubart 1969, p. 46, n. 533,tav. 16.202 Schubart - Niemeyer - Pellicer Catalán 1969, p.80, n. 1113, tav. xvi ; Niemeyer - Schubart 1969, p. 62, n.1113, tav. 16.203 Sulla cronologia di Toscanos si veda : Schubart - Maass-Lindemann2007, fig. 1.204 Schubart - Niemeyer - Pellicer Catalán 1969, p.91, n. 1298, tav. xvi ; Schubart - Niemeyer 1969, p. 212, fig.9 (fila inferiore, a destra) ; Niemeyer - Schubart 1969, p. 71,n. 1298, tav. 16.205 Arteaga - Schulz 1997, p. 116, fig. 11, c.206 Arteaga - Schulz 1997, pp. 116-117, fig. 12, d.207 Ruíz Mata 1985, p. 248, fig. 3, 9-11 ; Ruíz Mata 1986, p.95, fig. 4, 14-15 ; Ruíz Mata - Pérez 1995, pp. 56-57, fig. 18, 4.208 Ruíz Mata 1985, p. 259, fig. 7, 8 ; Ruíz Mata 1986, p.101, fig. 6, 7 ; Ruíz Mata - Pérez 1995, p. 66, fig. 21, 7.209 Ruíz Mata 1991, p. 91, tav ii, 2 ; Ruíz Mata - Pérez1995, pp. 56-57, fig. 18, 4 ; Stampolidis - Karageorghis 2003,p. 238, n. 52.210 L’unico esemplare con forma completa (Schubart1983, p. 121, fig. 9, g ; Schubart 1985, p. 74, fig. 9, g ; Maass-Lindemann 1985, p. 239, fig. 2, 19 ; Schubart 1986, p. 74, fig. 9,g ; Maass-Lindemann 1986, p. 239, fig. 2, 19 ; Schubart 1997,p. 34, fig. 9, g ; Maass-Lindemann 1999, pp. 130-131, fig. 3,1c ; Maass-Lindemann 2000, p. 229, fig. 2, 8 ; Maass-Lindemann2005, p. 1146, fig. 2f ; Maass-Lindemann 2006, p. 298,tav. 4, 5 ; Maass-Lindemann 2009, p. 482, tav. 2, 5) appartienealla tipologia più antica delle oil bottles. Per le altre si veda :Maass-Lindemann 1999, pp. 130-131, fig. 3, 1a, 1d ; Schubart1977, p. 50, fig. 10d ; Schubart 1983, p. 121, fig. 9, f, h.211 Con l’eccezione di due unguentari per i quali non èriportato il numero d’inventario, è possibile, attraverso la siglatura,conoscere l’anno della campagna di scavo in cui gliesemplari sono stati rinvenuti e il nome del contesto di pro-


50Un unguentario proviene dalla tomba 82/15Bdella necropoli di Medellín, 212 che – nonostantesia stata solo in parte scavata ed i materiali delcorredo rinvenuti siano in stato frammentario –è datata al primo quarto del vii sec. a.C. in basealla posizione stratigrafica. 213La Fonteta ha restituito sei esemplari. Dueprovengono dagli scavi condotti da A. GonzalezPrats. In attesa della pubblicazione definitiva,non si conosce il contesto di provenienza : uno 214– di produzione orientale – è attribuito alla faseFonteta iii (670-635 a.C.), l’altro 215 – consideratodi provenienza cartaginese – è assegnato allafase Fonteta vi (600-580/560 a.C.). Dagli scavicondotti negli anni 1996-2000 dall’équipe francospagnolaprovengono quattro unguentari : 216 attribuitialle fasi ii (700-650 a.C.), 217 ivb (575-550a.C.), 218 va (550-525 a.C.), 219 vb (525-500 a.C.). 220Due oil bottles sono note dal Cerro del Villar :una 221 proviene dallo strato iib del settore 2, l’altra222 è stata rinvenuta nello strato IIb, del vanoA2 del settore 3/4, entrambe si datano all’ultimoquarto del vii sec. a.C. 223La parte inferiore del corpo di una oil bottles224 proviene dal sito di Cerro de los Infantes.adriano orsingherIl contesto non è specificato, ma il frammentoè attribuito allo strato 9 del settore E nella fasev (725/700-600 a.C.), denominata Proto-Iberica,con datazione alla seconda metà del vii sec.a.C. 225Ventisei esemplari, due dei quali editi, provengonoda La Pancha. 226 Il contesto degli esemplarinon è noto, ma in base all’analisi dei materialila frequentazione di questo insediamento industrialesi data all’intervallo dalla metà del vii alprimo quarto del vi sec. a.C. 227Un unguentario 228 proviene dalla sottofase iiic(metà vii sec. a.C.) del sondaggio 3 (4,0 × 2,5 m)di Cerro de la Mora 229 e due frammenti di orliprovengono dalle fasi I-B1 (675-660 a.C. ca.) 230 edi-b2 (660-650 a.C. ca.) 231 di Los Saladares. 232A La Peña Negra sono attestati quattrounguentari : 233 un orlo è stato rinvenuto nelsondaggio A del Settore ii (Fase ii : 650-550a.C.), 234 gli altri tre esemplari 235 provengonodagli strati Ic/Id del settore vii (Fase iib : 600-550 a.C.). 236Ad Ibiza sono note 18 oil bottles. La gran partedelle attestazioni (12 esemplari) provengonodalla necropoli, ma il contesto è ignoto 237 (o invenienza.Non abbiamo però la corrispondenza tra gli stratie le diverse fasi in cui è distinta la sequenza cronologica delsito (da ultimo si veda : Schubart 2006, figg. 10-11).212 Almagro-Gorbea et alii 2006, p. 122, n. 15b-1, fig. 147,1 ; Torres Ortiz 2008.213 Si trova in un settore intermedio della necropoli, ovveronella zona di contatto tra le sepolture in urna e quellea fossa (dette “los busta”). Dal momento che era inserita inuna sorta di pozzetto scavato nel riempimento della tomba82/15A viene considerata, nonostante il mancato rinvenimentodel cinerario, una deposizione in urna (Torres Ortiz2008, p. 626).214 González Prats 1997, fig. 34 ; González Prats 1998,p. 220, fig. 7, F-10002.215 González Prats 1997, fig. 30 (in alto) ; GonzálezPrats 1998, p. 220, fig. 7, F-280 ; González Prats 1999b, p.119, fig. 5 (in alto) ; Ramón Torres 2006, p. 78, fig. 4, F-280 ;Ramón Torres 2008, p. 239, fig. 4, F-280.216 Nella tipologia della ceramica elaborata da questamissione l’oil bottle corrisponde alla forma 14 (Rouillard- Gailledrat - Sala Sellés 2007, fig. 319 ; il sottotipo 14.2non può però essere ricondotto a questa classe di vasi).217 Rouillard - Gailledrat - Sala Sellés 2007, p. 248,fig. 181, 6.218 Rouillard - Gailledrat - Sala Sellés 2007, p. 278,fig. 206, 31.219 Rouillard - Gailledrat - Sala Sellés 2007, p. 298,fig. 219, 25.220 Rouillard - Gailledrat - Sala Sellés 2007, p. 316,fig. 237, 10.221 Aubet 1990, p. 313, fig. 5, B ; Aubet 1991, p. 47, fig. 16,b.222 Barceló et alii 1995, p. 154, fig. 4, h ; Aubet et alii 1999,p. 173, n. G, figg. 107, G ; p. 114, G ; p. 188, a.223 Per la cronologia del sito, basata sui risultati del settore5, si veda : Aubet et alii 1999, pp. 146-147. Gli scavi delsettore 2 sono noti, ad oggi, solo dai rapporti preliminari(Aubet 1990 ; Aubet 1991) e da brevi sintesi (Aubet et alii1999, pp. 13-14).224 Mendoza et alii 1981, p. 182, fig. 17, l ; Molina et alii1983, p. 696, fig. 7, l.225 Mendoza et alii 1981, p. 187, tabella, 193-195.226 Martín Córdoba - Ramírez Sánchez - Recio Ruiz2006, p. 271, fig. 15 (al centro, a sinistra).227 Martín Córdoba - Ramírez Sánchez - Recio Ruiz2006, p. 283.228 Carrasco Rus - Pastor Muñoz - Pachón Romero1982, pp. 126-127, fig. 47, p. 223 ; tav. iv, b.229 Dei tre sondaggi scavati nel 1979 nel sito del Cerrode la Mora la corte 3 ha restituito una sequenza stratigraficacontinua di cinque secoli (x-v sec. a.C. ca.), articolata incinque fasi (i-v) e quattordici sottofasi (Carrasco Rus - PastorMuñoz - Pachón Romero 1982, pp. 25-32, 156-160).230 Arteaga - Serna 1974, p. 111, fig. 3, g ; Arteaga - Serna1975, p. 41, n. 80, tav. xi231 Arteaga - Serna 1975, p. 45, n. 135, tav. xviii.232 Nel 1971 in tre aree (Sectores i-iii) del sito di Los Saladaressono stati condotti quattordici sondaggi (Cortes 1-12,4a, 6a), dei quali sono editi solo quelli (Cortes 6-8, 6a) scavatinel settore ii, che ha restituito la sequenza stratigraficapiù completa. Nel resoconto preliminare non sono forniteindicazioni sul contesto dei due frammenti di oil bottles (Arteaga- Serna 1975, pp. 23, 28-32).233 González Prats 1982a.234 González Prats 1979, p. 194, fig. 174, 1317.235 González Prats 1982b, p. 342, fig. 18, 5572, 5423, 5409 ;González Prats 1986, pp. 285, 288, fig. 4, 5409, 5572, 5423.236 González Prats 1982b, pp. 379-381.237 Due esemplari (Ramón Torres 1983, p. 115, nn. 3-4,fig. 1, 3-4 ; Gómez Bellard 1990, p. 20, nn. 6-7, fig. 5 ; RamónTorres 1994, pp. 337, 340, fig. 6, 3, tav. V, 6 ; Gómez Bellard2000, pp. 179, 188, fig. 7, 5-6) sono stati rinvenuti all’interno diuna cantina di un’abitazione in Via Romana.


certo 238) oppure il corredo delle sepolture noncontiene elementi datanti. 239 La datazione deicontesti è basata sulla cronologia di questa formaceramica (attribuita all’intervallo dalla finedel vii all’inizio del vi sec. a.C.) piuttosto chesu elementi interni. Altri due unguentari, conservatial Museo Arqueológico de Ibiza, sonodi provenienza sconosciuta. 240 L’insediamentodi Sa Caleta ha restituito quattro oil bottles, dellequali tre pareti 241 rinvenute in spazi aperti(E.b. ; E.p. ; E.d.) ed un unguentario lacunoso,dall’ambiente xiii. 242 Sono tutte attribuite allafase finale dell’insediamento (630-590 a.C.), malo stato frammentario dei reperti – tutti mancantidell’orlo – non ne consente l’impiego in un discorsocrono-tipologico.Disturbata è la stratigrafia della Cueva de Gorhamda cui proviene un orlo di oil bottle, 243 la cuidatazione al vii sec. a.C. – proposta, non senzale oil bottles fenicie 51riserve, dagli editori – è basata su confronti piuttostoche su dati di scavo e sembra piuttosto indicarela volontà di confermare con la documentazioneceramica una frequentazione arcaica dellagrotta, che, ad oggi, sarebbe testimoniata soloda alcuni scarabei. 244Quattro esemplari 245 provengono dal période« phénico-punique » (niveaux ia-ib) del settore delTéâtre sulla collina di Alcazaba a Málaga, la cuidatazione ad un ampio intervallo cronologico(590-480 a.C.) 246 non ne consente l’inserimentoin uno studio crono-tipologico. 247Un’altra oil bottle 248 proviene dal sito di Turòde la Font de la Canya, 249 che presenta un’occupazionecontinua dall’vii al iii sec. a.C. I materialiediti di questo sito 250 sembrano ascrivibiliall’orizzonte più antico, cui dovrebbe essere riferitoanche l’unguentario.Un unguentario intero 251 proviene dalla ne-238 Tre esemplari (Fernández 1983, p. 48, fig. 5, in alto ;tav. xli, destra ; Gómez Bellard 1984, pp. 100, 105, 133-135,figg. 45, 1 ; 63, 1-2 ; Fernández - Gómez Bellard - GurreaBarricarte 1984, pp. 789, 794, figg. 4A-B, 5 ; Gómez Bellard1990, pp. 32-33, nn. 25-27, fig. 10 ; Gómez Bellard 2000,pp. 179, 188, fig. 7, 3-4, 7) sono tra i materiali provenienti dagliscavi condotti nel 1946 da José M. a Mañá de Angulo. In tutti icontesti (la tomba 42 e le anfore 4 e 12-16 del settore 4, dettoanche “delle anfore”) gli unguentari - essendo in associazionecon materiali di v-iv sec. a.C. - sono da considerare ingiacitura secondaria. Un quarto esemplare (Ramón Torres1994, pp. 337, 340, fig. 6, 2, tav. v, 5 ; Costa - Fernández Gomez1997, p. 402, fig. 5 ; Ramón Torres 2002, fig. 8, 3) è dettoprovenire dagli scavi del 1946, ma non è incluso nella pubblicazionedi questo scavo e non si conosce il suo contesto.239 Per le oil bottles delle incinerazioni 1982/i (Fernández- Gómez Bellard - Gurrea Barricarte 1984, pp. 789, 794,fig. 6A ; Gómez Bellard 1990, p. 39, n. 30, fig. 14 ; CostaRibas - Fernández Gómez - Gómez Bellard 1991, p. 769,fig. 5a ; Gómez Bellard 1991, p. 23, fig. 1, 1 ; Ramón Torres1994, pp. 337, 340, fig. 6, 6, tav. v, 7 ; Costa - FernándezGomez 1997, p. 402, fig. 5 ; Gómez Bellard 2000, pp. 179,188, fig. 7, 10), 1982/ii (Gómez Bellard 1990, p. 40, n. 35, fig.14), 1982/v (Fernández - Gómez Bellard - Gurrea Barricarte1984, pp. 789, 794, fig. 6B, tav. 3 ; Gómez Bellard1990, p. 44, n. 47, fig. 18 ; Costa Ribas - Fernández Gómez -Gómez Bellard 1991, p. 769, fig. 5b ; Gómez Bellard 1991,p. 23, fig. 1, 1 ; Ramón Torres 1994, pp. 337, 340, fig. 6, 7, tav.v, 2 ; Costa - Fernández Gomez 1997, p. 402, fig. 5 ; GómezBellard 2000, pp. 179, 188, fig. 7, 11) e 1985/I (GómezBellard 1990, p. 94, n. 348, fig. 84) lo stato frammentariodegli altri vasi dei corredi non consente di determinare lacronologia dei contesti. In altri due casi – le incinerazioni1985/vi (Gómez Bellard 1990, p. 112, n. 392, fig. 102, tav.lvii ; Ramón Torres 1994, pp. 337, 340, fig. 6, 5, tav. V, 4 ;Costa - Fernández Gomez 1997, p. 402, fig. 5 ; Gómez Bellard2000, pp. 179, 188, fig. 7, 8) e 1985/xii (Gómez Bellard1990, p. 107, n. 382, fig. 91, tavv. xlviii-xix ; Ramón Torres1994, pp. 337, 340, fig. 6, 4 ; Costa - Fernández Gomez 1997,p. 402, fig. 5 ; Gómez Bellard 2000, pp. 179, 188, fig. 7, 9.) –l’unguentario è l’unico elemento superstite del corredo.240 Si tratta dei numeri m.a.i. 6331 (Gómez Bellard 1990,p. 20, n. 4, fig. 5 ; Gómez Bellard 1992, p. 100, fig. 80 ; GómezBellard 1993, p. 94, fig. 94, 4 ; Gómez Bellard 2000,pp. 179, 188, fig. 7, 2) e m.a.i. 6338 (Fernández 1983, p. 53, n.eb 12, fig. 6, tav. xli, sinistra ; Gómez Bellard 1990, p. 20, n.5, fig. 5 ; Gómez Bellard 1993, p. 94, fig. 94, 5 ; Ramón Torres1994, pp. 337, 340, fig. 6, 1, tav. v, 3 ; Costa - FernándezGomez 1997, p. 402, fig. 5 ; Gómez Bellard 2000, pp. 179,188, fig. 7, 1 ; Ramón Torres 2006, p. 79, fig. 6, 4 ; RamónTorres 2008, p. 240, fig. 6, 4).241 Ramón Torres 1999, pp. 184-185, fig. 17, p-57, d-2 ;Ramón Torres 2007, pp. 33, 42, 52, figg. 10, d-2 ; 24, p-57 ;46, b-14.242 Ramón Torres 1999, pp. 165-166, fig. 6, xiii-8 ; RamónTorres 2002, fig. 5, 3 ; Ramón Torres 2007, p. 42, fig. 21,xiii-8. 243 Belén-Perez 2000, p. 532, fig. 6, 1.244 Belén-Perez 2000, p. 532.245 Gran Aymerich 1991, pp. 66-67, 218, nn. 6-9, fig. 37.246 Gran Aymerich 1991, pp. 54-55.247 In base ai numeri di inventario e all’elenco degli stratiattribuiti a ciascuno dei due livelli che formano il « périodephénico-punique » si potrebbe assegnare al niveau ia (590-552 a.C. ca.) l’esemplare ma 83.bc 22.14.22 (Gran Aymerich1991, p. 218, n. 9, fig. 37) e al niveau ib (552-480 a.C. ca.) glialtri frammenti (Gran Aymerich 1991, p. 218, nn. 6-8, fig.37). L’assenza di informazioni sui contesti di rinvenimentodegli esemplari e la presenza – affermata dagli scavatori(Gran Aymerich 1991, p. 55) – di frammenti residuali dallafase precedente non ne consente l’impiego in uno studiocrono-tipologico.248 Asensio i Vilaró 2005, p. 561, fig. 5B (in basso, al centro).249 Sugli scavi di questo sito si veda : García Targa 2004 ;Asensio i Vilaró et alii 2007.250 Una kylix in bucchero, tipo Rasmussen Cup 3b, condatazione all’intervallo dall’ultimo quarto del VII al primo/secondo quarto del vi sec. a.C. (Rasmussen 1979, pp. 119-120,tavv. 38-39), un’anfora tipo Cruz del Negro (su questo tipo siveda : Botto 2000, pp. 27-28, fig. 4), anfore da trasporto deltipo Ramón Torres 10.1.1.1., con datazione all’intervallo dallametà/secondo quarto dell’viii al primo quarto/terzo delvii sec. a.C. (Ramón Torres 1995, pp. 229-230, figg. 108, 195 ;Mapa 108) e 10.1.2.1., con datazione all’intervallo 675/650-575-550 a.C. (Ramón Torres 1995, pp. 230-231, figg. 109, 196-198, Mapa 109).251 Maluqer de Motes 1969, p. 248, fig. 2, tav. i ; Sanmartí- Padró 1976-78, p. 162, fig. 2, 1 ; Maluqer de Motes


52cropoli di Mas de Mussols, il cui utilizzo è statodatato all’intervallo 580-530 a.C. 252Almeno 253 due oil bottles 254 sono note dalCerro Solomón, un insediamento sorto pressole miniere d’argento del Riotinto, indagato nelbiennio 1966-1967. Gli esemplari provengono dalsondaggio A (10 × 10 m), nel quale il paleosuolosi trovava a 0,49 m dal piano di campagna e nonsono state individuate strutture murarie, ma sololastre di ardesia, che per analogie con le strutturemeglio conservate del settore D sono stateconsiderate come parti di una pavimentazionelastricata. 255 La stratigrafia disturbata di questosondaggio non consente di attribuire ai due unguentariuna cronologia sicura.Un unguentario 256 proviene dall’insediamento(“poblado bajo”) di El Carambolo, nel cui periododi occupazione (seconda metà VIII-III sec. a.C.ca.) sono state distinte quattro fasi architettoniche(i-iv), 257 ma – come è stato già sottolineato 258 –non è possibile dai dati editi ricondurre i frammenticeramici rinvenuti alle fasi riconosciute.Si ricordano inoltre due esemplari dipinti, 259oggi all’Hispanic Society of America di NewYork, appartenenti alla collezione di G. Bonsor eprovenienti 260 dagli scavi da questi condotti allanecropoli di Cruz del Negro negli anni 1898 261 e1900-1903. 262adriano orsingherIn Portogallo sono noti due soli siti che hannorestituito questa forma ceramica. A Tavira, inuno scavo d’emergenza del 1997, è stato messoin luce un tratto di fortificazioni (13,0 × 9,5 m)attribuite al periodo fenicio. Sono state distintedue fasi (m.f.1 e m.f.2), entrambe assegnate allaseconda metà dell’viii sec. a.C. Dal primo pianopavimentale, in fase con la più antica cintadi fortificazione provengono due oil bottles 263attribuite alle seconda metà dell’viii sec. a.C.,ma i pochi materiali editi 264 di questo contesto,come è stato già sottolineato, 265 suggerisconopiuttosto una datazione intorno alla metà del viisec. a.C.Ad Abul sono attestati quattro esemplari diquesta forma 266 : due dalla fase ic, uno (inedito)dalla fase ic-iia e uno dalla fase iic, tutti condatazione tra l’ultimo quarto del vii ed il primoquarto del vi sec. a.C. 267. Lo stato frammentariodei reperti non ne consente l’inserimento in unadisamina crono-tipologica.3. 3. 2. Africa nord-occidentaleIn Marocco le attestazioni sono limitate a Mogadore Lixus. L’isola di Mogador (odierna Essaouira)ha restituito un numero imprecisato 268di esemplari, rinvenuti sia nel corso degli scavidi P. Cintas, da cui provengono due esemplari1984, pp. 65-67, 103-104, fig. 11, tav. v (la consultazione di questotesto mi è stata possibile grazie alla cortese disponibilitàdelle dott.sse R. Gullì e T. Pagnani, cui va la mia riconoscenza); Costa Ribas - Fernández Gomez 1997, p. 402, fig. 5.252 L’oil bottle in esame appartiene ad un lotto di materialiconsiderati il corredo di un’incinerazione. I dubbi sullaloro originaria associazione hanno portato lo scavatore alladenominazione di “tomba x”, piuttosto che all’impiego dellaserie numerica della necropoli. La datazione del periodod’uso di questa necropoli è problematica. Sono stati consideratidiagnostici cinque elementi : i piatti in cerámica gris delletombe 3 e 24, nonché gli scarabei (Padró i Parcerisa 1978,p. 258), l’oil bottle e l’aryballos (Maluqer de Motes 1984,pp. 103-104) della “tomba x”. Nel rapporto finale è lamentatal’assenza tra i reperti rinvenuti delle coppe ioniche, considerateparticolarmente utili per un più preciso inquadramentocronologico (Maluqer de Motes 1984, p. 103). In precedenza,però, era stato ricordato il rinvenimento del piede di unakylix ionica dalla tomba 4 (Sanmartí-Grego 1973, p. 233).253 Il numero totale non è specificato (Blanco Freijeiro- Luzón Nogué 1969, p. 130).254 Blanco Freijeiro - Luzón Nogué 1969, pp. 130, 133,tav. xxiii, a ; fig. 11 ; Blanco Freijeiro - Luzón Nogué -Ruiz Mata 1969, p. 133, tav. ii, b (destra) ; Blanco Freijeiro- Luzón Nogué - Ruiz Mata 1970, pp. 18-19, nn. 46,49, tav.xvii ; Blanco Freijeiro - Luzón Nogué 1974, p. 246, tav.223 ; Stampolidis - Karageorghis 2003, p. 237, n. 51.255 Blanco Freijeiro - Luzón Nogué - Ruiz Mata1970, pp. 8-9.256 Carriazo 1969, p. 326, tav. xiv (in alto) ; Carriazo1973, p. 630, figg. 488-489 ; Ramón Torrres 1982, p. 26, n. 52,fig. 4 ; Maass-Lindemann 1990, p. 192, fig. 6, b.257 Carriazo 1970, pp. 69-79.258 Florido Navarro 1985, p. 489.259 Culican 1970, p. 8, fig. 1, E ; tav. i, b-c ; Bisi 1974, fig.ii, 1 ; Ramón Torres 1982, p. 26, n. 49-50, 28, fig. 3 ; Aubet1976-1978, pp. 275, 286, nn. 13-14, figg. 7-8 ; Belén - Pereira1985, pp. 312-313, tipo ii.2.a.b.1, fig. 3, 4-5 ; Aubet 1987, p. 238,fig. 50 (in basso).260 Per uno di essi è indicata una provenienza genericadalla Spagna meridionale, ma - facendo parte del lotto dimateriali della collezione Bonsor - M. E. Aubet ritiene verosimileuna sua provenienza da Cruz del Negro (Aubet 1976-1978, p. 275, nota 22).261 Nella pubblicazione relativa alle prime indagini –come già è stato sottolineato da W. Culican (Culican 1970,p. 8) – questa forma ceramica non viene menzionata né èillustrata (Bonsor 1899, in particolare pp. 300-325).262 Aubet 1976-1978, pp. 267-268.263 Pereira Maia 2000, p. 123, fig. 6 (1°-2° da sinistra) ;Arruda 2005, p. 289, fig. 14 (1°-2° da sinistra).264 I soli elementi datanti sono un piatto ombelicato e unorlo di coppa (Pereira Maia 2000, fig. 6, fila superiore e filainferiore, a destra). Gli altri due orli di piatto (Pereira Maia2000, fig. 6, fila inferiore, 2°-3° da destra) non sono diagnosticiperché il profilo della tesa non è completo.265 Arruda 2005, p. 289.266 Mayet - Tavares da Silva 2000, p. 52.267 Mayet - Tavares da Silva 2000, p. 52, n. 124, p. 77,n. 316, figg. 24, 124 ; 42, 316 ; Tavares da Silva 2005, p. 753,figg. fig. 11, 14 ; 12, 12.268 López Pardo indica un numero minimo di 34 attestazioni,senza specificare però su quali dati sia basata la stima(López Pardo 1992b, p. 281). Da ultimo si aggiungano, dairecenti scavi, due pareti del corpo, datate alla seconda metà


editi, 269 sia durante le indagini di A. Jodin, dallequali sono noti almeno venti frammenti, di cuisolo tre pubblicati. 270 Sul contesto dei primi rinvenimentinon si hanno notizie, mentre durantele esplorazioni di Jodin furono distinti cinquelivelli, corrispondenti al paleosuolo, formato dasabbia sterile (v), alla fase fenicia (iv), ad un periododi abbandono (iii) e all’occupazione primaromana (ii) e poi araba (i). La cronologia del periodofenicio (650-550/525 a.C.), a lungo basatasullo studio delle anfore di importazione grecacondotto dal Villard, 271 ha trovato conferma inseguito al riesame della attestazioni ceramichefenicie. 272Lixus ha restituito almeno nove oil bottles. Durantegli scavi di M. Ponsich quattro – inedite– sono state rinvenute nello strato inferiore delsondaggio scavato nel Tempio F 273 e altre due 274nel riempimento della cisterna (9,50 × 9,50 m ; h.3,00 m) sotto lo stesso edificio. Il lotto ceramicopiù antico della cisterna – che nel rapportodi scavo era datato al vii-vi sec. a.C. 275 – è statoin seguito attribuito, sulla base di confronti consiti della penisola iberica, sia all’intervallo fineviii-inizio vii sec. a.C. 276 sia alla forbice cronologicafine vii-vi sec. a.C. 277 Un riesame di questile oil bottles fenicie 53materiali consente una datazione ad un ampiointervallo cronologico (seconda metà dell’viiiprimoquarto del vi sec. a.C.), che confermaentrambe le datazioni attribuite in precedenza.Un orlo di anfora, 278 di cui è disponibile solouna foto dall’alto, è attribuibile genericamenteai tipi Ramón 10.1.1.1. (775/750-670/650 a.C.) 279o 10.1.2.1. (675/650-575/550 a.C.), 280 un mortaiotripode, 281 sempre in foto, trova confronto in unframmento da Cartagine, 282 con datazione allaprima metà del VII sec. a.C. Due orli di pithoi 283sono riconducibili a tipologie del vi sec. a.C. 284All’intero arco cronologico proposto sono riferibilisia i piatti 285 che le coppe. 286 Non sonoconsiderati diagnostici i frammenti di lucernebilicni e le pareti di forme chiuse (brocche ?) inRed Slip. 287Nei recenti riesami dei materiali dai saggi condottida M. Tarradell sono stati identificati altridue esemplari. Uno 288 proviene dallo strato 3(vii sec. a.C.) di un sondaggio, noto come “C.Montalbán”, che non è possibile considerare uncontesto affidabile in assenza dei dati di scavo edata l’incertezza sulla sua precisa ubicazione (nelsettore templare o in quello delle abitazioni preromane?). 289 Una seconda oil bottle proviene daldelvii sec. a.C. (Marzoli - El Khayari 2009, p. 90, figg.8, a ; 9, f ).269 Cintas 1954, p. 43, fig. 48 ; Jodin 1966, pp. 141, 143, tav.xxxvii ; López Pardo - Mederos Martín 2008, p. 246, fig.84.270 Jodin 1957, pp. 31-32, fig. 10, a-b ; Jodin 1966, p. 112, fig.22, a, pp. 141-143, tavv. xxxvii-xxxviii (in alto, a destra) ; Bisi1966, fig. 8, u ; Bisi 1970, tav. xiv, 6 ; Culican 1970, p. 5, fig.i, a-b ; Bisi 1974, fig. i, 8-9 ; Ramón Torres 1982, p. 26, nn.40-41, fig. 5, 34 ; Aubet 1987, p. 251, fig. 54 (in alto, 1° da sinistra).271 Villard 1960, pp. 1-10, 14.272 Da ultimo : López Pardo - Mederos Martín 2008,pp. 206-268, 313, con bibliografia precedente.273 Citate in : Ponsich 1981, p. 65.274 Ponsich 1981, pp. 65-66, fig. 17 (in alto, a sinistra), tav.xxiv (in alto, a sinistra e a destra) ; López Pardo 1992a, p.90, fig. 6 ; Maass-Lindemann 1990, p. 192, fig. 6, a ; Maass-Lindemann 1992, p. 180, fig. 6a.275 Ponsich 1981, p. 65.276 López Pardo 1992a, pp. 89-90.277 Maass-Lindemann 1992, pp. 178-180.278 Ponsich 1981, tav. xxv.279 Ramón Torres 1995, pp. 229-230, figg. 108, 195, 281(Mapa 108).280 Ramón Torres 1995, pp. 230-231, figg. 109, 196-198, 282(Mapa 109).281 Ponsich 1981, tav. xxv.282 Vegas 2000b, p. 362, fig. 8, 59.283 Ponsich 1981, fig. 21 (fila inferiore, al centro e a destra).284 Ruíz Mata - Pérez 1995, fig. 24, 14.285 Confronti stringenti si trovano nel sito di La Fonteta.Per alcuni orli (Ponsich 1981, fig. 20, fila superiore efila centrale, a destra) si veda, nella fase Fonteta ii (710-670a.C.) : Gonzalez Prats 1998, figg. 12-13 ; per un frammentodi tesa (Ponsich 1981, fig. 20, fila inferiore, al centro), siveda, in Fonteta iii (670-635 a.C.) : Gonzalez Prats 1998,fig. 14, f-10001 ; per un frammento di orlo con profilo bifido(Ponsich 1981, fig. 20, fila inferiore, destra) si veda, inFonteta vi (600-580/560 a.C.) : Gonzalez Prats 1998, fig.15, F-10010, con un confronto anche a Cartagine nel tipo P3(645-550 a.C.) : Peserico 2007, p. 277, fig. 110, 1614. Per unaltro orlo (Ponsich 1981, fig.17, fila inferiore, sinistra) troviamoun parallelo in Huelva I (700-650 a.C.) : Rufete Tomico1989, p. 387, fig. 7.286 Alla seconda metà del vii-vi sec. a.C. è attribuibileuna coppa completa (Ponsich 1981, fig. 21, in alto), con unconfronto in Red Slip (Rufete Tomico 1989, p. 389, fig. 8, 6)nella fase Huelva ii-iii (650-600 a.C.) e un parallelo (datatoal vi sec. a.C.) nel Castillo de Doña Blanca (Ruíz Mata -Pérez 1995, fig. 23, 12). Due orli (Ponsich 1981, fig. 17, filainferiore, al centro e a destra) trovano confronti a Cartagine(Peserico 2007, fig. 117, 1634, 1637) nelle fasi iiia (700-675a.C.) e IVb (645-575 a.C.), oltre che nel Cronicario, a Sulky(Bernardini 1990, fig. 1, a, c).287 Ponsich 1981, tavv. xxiv-xxv.288 Belén et alii 1996, pp. 350, 352, fig. 3, 16.289 Il lotto ceramico, accompagnato dalla indicazione“C. Montalbán, 1958”, è stato recuperato nel MuséeArchéologique de Tétouan. Era diviso in tre gruppi, conl’indicazione dello strato di provenienza e della quota dirinvenimento. In base ai confronti, è stata proposta l’attribuzionedegli strati 5 e 4 alla seconda metà dell’viii sec. a.C.e dello strato 3 al vii sec. a.C. Essendo i materiali attribuitiallo strato 4 più antichi di quelli assegnati allo strato 5, è statoipotizzato vi sia stato un errore o durante lo scavo o, piùverosimilmente (data la coerenza dei materiali), durante laschedatura nell’assegnazione della numerazione (Belén etalii 1996).


54adriano orsingherla “Cata de Algarrobo”, un sondaggio condottoa più riprese (negli anni 1951, 1957, 1958) nel settorecentrale dell’insediamento. L’orlo di unguentario290 proviene dallo strato 24 del livello 5, 291con datazione : ante 750-ultimo quarto dell’viiisec. a.C. 292Durante le indagini condotte negli anni 2000-2003 un frammento di unguentario 293 è stato rinvenutonell’us 3049, ovvero uno strato di pareggiamentodella pendenza del paleosuolo su cuivenne poi edificata un’unità abitativa, in uso dalprimo quarto del vii all’inizio del vi sec. a.C. Laprima frequentazione del settore – rappresentatasecondo gli scavatori dalle US.3056 e 3049 294 – èattribuita all’intervallo inizio/metà viii-primoquarto del vii sec. a.C. Tra i materiali editi si riconosconoperò forme ceramiche pertinenti adun arco di tempo posteriore, come alcuni orli 295di anfora tipo Ramón 10.1.2.1. (675/650-575/550a.C.), che potrebbero abbassare la datazione diquesta fase oppure testimonierebbero l’esistenzadi materiali intrusivi, forse infiltrati al momentodella costruzione dell’abitazione. Queste problematichenon permettono quindi l’attribuzionedel frammento di oil bottle all’intervallo piùantico, datazione peraltro anomala rispetto allaconsueta attestazione della variante apoda solo apartire dalla metà del vii sec. a.C. 296In Algeria, nella nécropole du phare a Rachgounè stato rinvenuto un numero imprecisato di attestazionidi questa forma, corrispondente aitipi R18-19 297 della locale classificazione. Dall’inventariodei corredi sembrano presenti quattroesemplari (dalle tombe 9, 10, 22 e 108), ma l’assenzadi illustrazioni (sia foto che disegni) nonconsente l’inquadramento cronologico di questesepolture. 298 Sempre in Algeria, l’insediamentodi Mersa Madakh ha restituito un’altra oil bottle,299 rinvenuta nello strato di crollo che copre ilpiù antico piano pavimentale della Maison M, unambiente rettangolare (6,00 × 3,50 m) nel qualelo scavatore distinse due fasi occupazionali. 300La prima è databile al vii-inizi vi sec. a.C. in baseal rinvenimento di alcune anfore del tipo Ramón10.1.2.1., 301 insieme a forme non valide come indicatoricronologici : una lucerna monolicne inRed Slip, ceramica di impasto (una scodella e diversiframmenti di pignatte), un orlo di broccaneck-ridge, la punta ed il tallone in ferro di unalancia. La seconda fase è inquadrabile nel pienovi sec. a.C.4. FunzioneA questa forma da tempo è stata attribuita lafunzione di unguentario, 302 non per olii utilizzatinelle lucerne, come ipotizzato in un primotempo 303 in base al rinvenimento di queste dueforme in associazione, ma piuttosto per l’igienepersonale, 304 impiego analogo a quello degli aryballoigreci, ai quali, come è stato ricordato spesso,305 sarebbero accumunati (probabilmente,almeno, a partire dalla seconda metà del vii sec.a.C.) 306 anche dall’uso di essere trasportati legati290 Belén et alii 2001, p. 93, fig. 8, 360.291 Nei sondaggi sono state distinte cinque fasi (i-v), intervallateda fasi intermedie e articolate in 26 livelli, che inassenza di piani pavimentali corrispondono a livelli arbitralidi 0,20 m (Belén et alii 2001, pp. 83-84).292 Belén et alii 2001, p. 94.293 Habibi - Aranegui Gascó 2005, p. 171, n. f, fig. 8, 6.294 Il paleosuolo è coperto dall’us 3056, che un livello difrequentazione (us 3055), conservato solo in alcuni punti, separadall’us 3049. Questo battuto induce ad attribuire le dueus ad attività distinte, pertinenti però alla stessa fase, comesembrerebbe confermare l’analisi della cultura materiale(Habibi - Aranegui Gascó 2005, p. 157, fig. 1).295 Habibi - Aranegui Gascó 2005, p. 168, fig. 6, 3049-1402, 3049-1407, 3049-1408, 3056-1560.296 Habibi - Aranegui Gascó 2005, pp. 155-161, 171, fig.8, 6.297 Vuillemot 1955, p. 19, tav. ix, 18-19 ; Vuillemot 1965,p. 68, nn. r18-r19, fig. 18, 18-19 ; Culican 1970, p. 6 ; RamónTorres 1982, p. 26, nn. 38-39, 34 ; Krandel-Ben Younès2002, pp. 381-382, tav. xxxvi, 2-3.298 Vuillemot 1955, pp. 19, 47 (tombe 9-10), 50 (tomba22), 61 (tomba 108), tav. ix, 18-19 ; Vuillemot 1965, p. 68, fig.18, 18-19.299 Vuillemot 1954,pp. 325-326, figg. xix, 14, xx (destra) ;Vuillemot 1965, p. 149, fig. 54 ; Bisi 1966, fig. 8, 9 ; Bisi 1970,tav. xii, 8 ; Culican 1970, p. 6 ; Ramón Torres 1982, p. 26, n.37, 34. 300 Vuillemot 1954, pp. 306-312, 323-327.301 Ramón Torres 1995, pp. 101, 230-231, T-10.1.2.1, figg.109 ; 197, 416.302 L’ipotesi di contenitore per liquidi sembra trovareconferma anche in un’analisi morfologica del vaso. Il ridursi,verso l’imboccatura, del diametro del collo, è statogià (vedi §1) messo in relazione alla necessità di rallentareil corso del fluido prima dell’uscita, e la forma dell’orlo, ilcui profilo in alcune attestazioni è ingrossato e introflesso,a sezione triangolare (Ramón Torres 1982, p. 22, fig. 2C,1-2), doveva impedire la dispersione della sostanza contenuta,probabilmente con l’aiuto di un sistema di chiusura (untappo in materiale deperibile ?), analogamente a quanto documentatoper la pilgrim flask, nella quale ricorrono le stessevarianti morfologiche dell’orlo (Venturi 1996, fig. 2, 2).303 Blanco Freijeiro - Luzón Nogué 1969, p. 130 ; Culican1970, p. 6.304 Ramón Torres 1982, p. 17. Di recente – in attesa dieventuali analisi di residui – una conferma a questa ipotesiè stata vista in un’iscrizione dipinta su un esemplare rinvenutoa Cartagine, di cui l’editore – F. Vattioni – ha propostola seguente trascrizione : linea 1 mrr[ ; linea 2 ‘bdmlqrt, attribuendoal primo termine il significato di “mirra” (Vattioni1995).305 Bartoloni 1987, p. 241 ; Guirguis 2004, p. 95 ; Campanella2009, p. 518.306 A partire da questo momento l’oil bottle fenicia subiscele principali variazioni morfologiche : diminuisconole dimensioni (quindi la capacità) e la forma della base da


al polso mediante lacci, abitudine documentatada fonti iconografiche sia per il mondo greco 307che per quello fenicio. 3085. Produzionele oil bottles fenicie 55In assenza di analisi petrografiche l’identificazionedei centri di produzione e distribuzione puòbasarsi solo su dati quantitativi e sulle osservazionidegli archeologi, che – in base alla propriaesperienza sul campo – abbiano qualificato, adun esame autoptico, un’argilla come locale.L’esistenza di uno o più centri di produzionenell’area siro-palestinese è assicurata dalla cronologiadelle prime attestazioni di questa forma,almeno quindi per la sua fase più antica, quandol’oil bottle è caratterizzata dal piede ad anellocon umbone centrale convesso. Questo assuntosarebbe confermato dalle analisi condotte da S.Pringle, secondo i cui risultati, riferiti da M. Vegas,309 la pasta di alcuni esemplari rinvenuti aCartagine troverebbe confronti con le argille didiversi piatti in Red Slip di Sarepta ed Acco. Questostudio è ancora inedito e l’impossibilità di conoscerequali siano gli esemplari utilizzati per leanalisi (in particolare la loro forma e cronologia)limita molto la portata delle considerazioni chepossono essere tratte da questa ricerca.Ad una produzione del Mediterraneo orientalesono state ricondotte le oil bottles dalla necropolidi S. Montano, 310 un unguentario di LaFonteta 311 e due esemplari da Sa Caleta, 312 il cuistato frammentario non consente di determinarela forma del fondo. La presenza a Cipro e adAkhziv anche della variante apoda potrebbe indicarela prosecuzione di una produzione orientaleoppure, alternativa non priva di significato, l’importazionedal Mediterraneo centro-occidentaledi questa forma vascolare.Una produzione locale, di difficile inquadramentocronologico, è stata localizzata a Maltasulla base delle paste ceramiche di alcuni esemplaridi provenienza sconosciuta, 313 tesi che potrebbeessere confermata anche da altri elementi,come le varianti della base non attestate in altreregioni (con fondo piatto e con piede a disco epiano di posa concavo) e l’impiego di una decorazionedipinta. 314Per la variante apoda una produzione localeè stata localizzata a Cartagine, sulla base di unesemplare da Puig des Molins 315 e di un altroda La Fonteta, 316 e nella penisola iberica : ad Ibiza,in considerazione di alcuni esemplari dellanecropoli di Puig des Molins ; 317 nell’Andalusiaorientale, da cui è detto provenire un esemplarerinvenuto a Sa Caleta, 318 e occidentale. 319 Inoltreda tempo 320 J. Ramón ha proposto di collocarein Sardegna un altro centro di produzione,eventualmente da identificare con Tharros, dovel’impasto giallastro caratterizzante questi unguentarisi ritrova impiegato nella manifatturadi altre forme vascolari. 321È stato ipotizzato che questa forma venisse distribuitacome merce di accompagnamento stipatatra le anfore delle navi onerarie, 322 ipotesipiana diventa convessa, acquisendo quindi una forma piùadatta al trasporto. Sarebbe interessante capire se esiste unarelazione tra questi cambiamenti e la circolazione degli unguentarigreci e se tali variazioni rappresentino un tentativodi riorganizzazione della produzione fenicia per resisterealla crescente diffusione degli aryballoi.307 Ad esempio la “Stele degli Alcmeonidi”, formata da diversiframmenti, divisi tra il Metropolitan Museum di NewYork (Picón et alii 2007, pp. 45, 74, n. 71) e lo Staatliche Museenzu Berlin (Scholl - Platz-Horste 2007, p. 144, n. 82).308 Un unguentario è rappresentato legato al polso sinistrodi un personaggio maschile incedente (di interpretazionediscussa), altorilievo scolpito sul pilastro centrale dellatomba 7 della necropoli punica di Sulky (Bernardini 2005,p. 75, fig. 10, 11-12).309 Vegas 1999, pp. 171-172, note 199, 208.310 Docter - Niemeyer 1994, p. 112.311 González Prats 1998, p. 220, fig. 7, F-10002.312 Ramón Torres 1999, pp. 184-185, fig. 17.313 Groenewoud - Vidal González 1996, p. 200 ; Groenewoud- Vidal González 2000, p. 372 ; Sagona 2002, p.138 ; Stampolidis - Karageorghis 2003, p. 237, n. 49.314 Una decorazione dipinta è attestata, ad oggi, solo sudue altre oil bottles, provenienti dalla necropoli di Cruz delNegro. In entrambi i casi è testimoniata l’influenza di motividecorativi iberici sul repertorio vascolare di tradizionefenicia, documentata anche per altre forme (Martín Ruiz1995, p. 138, fig. 126). In un caso (Culican 1970, p. 8, fig. 1E,destra) la pittura potrebbe essere stata applicata su un esemplaredi manifattura fenicia, mentre nel secondo (Culican1970, p. 8, fig. 1e, sinistra) sia la decorazione che la forma(anomali sono il profilo dell’orlo e del fondo, come le dimensioniabnormi dell’ansa) inducono ad ipotizzare unaproduzione locale (indigena ?).315 Ramón Torres 2006, p. 79.316 Ramón Torres 2006, p. 78.317 Gomez Bellard 1990, p. 141 ; Gomez Bellard 2000,p. 179. 318 Ramón Torres 1999, pp. 165-166, fig. 6.319 Non è chiara la localizzazione precisa di questaeventuale produzione. Nel catalogo di una recente mostra(Stampolidis - Karageorghis 2003, p. 237, n. 51), infatti, F.Fernández Gómez si riferisce ad un esemplare dal pobladobajo di El Carambolo, nel Basso Guadalquivir, ma l’unguentariodella foto è una delle oil bottles rinvenute nel Cerro Salomón,nella regione del Riotinto (si confronti la foto delcatalogo con : Blanco Freijeiro - Luzón Nogué 1969, tav.xxxiii, a ; Blanco Freijeiro - Luzón Nogué - Ruiz Mata1969, tav. ii, b a destra ; Blanco Freijeiro - Luzón Nogué- Ruiz Mata 1970, tav. xvii). Rimane quindi il dubbio sel’errore sia nella foto utilizzata o nel commentario annessoall’immagine. 320 Ramón Torres 1982, p. 36.321 Campanella 2009, p. 518.322 Bartoloni - Moscati 1995, p. 37 ; Bartoloni 1996,p. 95 ; seguito da : Guirguis 2004, p. 95 ; Campanella 2009,p. 518.


56che sembrerebbe trovare conferma nel rinvenimentodi alcune oil bottles nel relitto di Bajo deLa Campana, 323 con datazione preliminare al viisec. a.C.Un numero elevato di esemplari di produzionenon locale è attestato a <strong>Mozia</strong>, 324 Nora, 325 Puigdes Molins, 326 Bitia. Per questi siti è possibile ipotizzareun ruolo centrale nelle rotte percorse daicarichi anforici, delle quali dovevano costituire iterminali oppure centri intermedi, con funzionedi smistamento. 327 Anche Cartagine, dove in ununico ambiente (Rue Ibn Chabâat, Raum T1) sonostati rinvenuti 35 esemplari di importazione,deve aver svolto un ruolo nella redistribuzionedi questa forma ceramica, già a partire dalla primametà del vii sec. a.C., datazione assegnata alcontesto.6. ConclusioniNel condurre uno studio crono-tipologico dell’oilbottle bisogna avere presente che “il contenutoconta più del contenitore”, 328 altrimenti – operandocome se si trattasse di una produzione vascolaredi serie – si potrebbe arrivare all’identificazionedi un numero di tipi pari alle attestazioni.In questa analisi solo due degli elementi morfologicicostituenti questa forma ceramica sonoconsiderati diagnostici come indicatori cronologici(e forse anche per l’identificazione di produzioniregionali) : l’orlo ed il fondo.adriano orsingherNella disamina si mantiene la dicotomia traunguentari con piede ad anello ed umbone centraleconvesso ed esemplari apodi. Per la variantepiù antica (760-650 329 a.C. ca.) i contesti principali330 sono lo strato iii di Tiro (Tav. i, 3, 15,16), il level of abandonment di Beirut (Tav. i, 14),la tomba 8 di Ayia Irini-Paleokastro (Tav. i, 5-6),nel Mediterraneo orientale ; le tombe 284 331 e 312di S. Montano (Tav. i, 10) e la “stipe dei cavalli”(Tav. i, 26) a Pitecusa, la tomba di Ghajn Qajjet[105] 332 a Malta (Tav. i, 13), la tomba 66 di <strong>Mozia</strong>(Tav. i, 28), l’us 257 del Cronicario (Tav. i, 18), aSulky, la tomba 1 di Junon 333 e la sequenza stratigraficadell’abitato arcaico a Cartagine (Tav. i,1, 12, 19-20, 25, 29-30, 32-33), 334 nel Mediterraneocentrale ; i sondaggi nella Calle Cánovas del Castillo38 a Cadíz (Tav. i, 2, 7) e nella Calle MéndezNúñez 4 a Huelva (Tav. i, 11), Las Chorreras(Tav. i, 8-9, 17, 22-23, 31), lo strato ii della Corte1 (Tav. i, 27) e lo strato 1 della Corte 44 (Tav. i,24) a Toscanos, la fase Fonteta iii (Tav. i, 34), lostrato 24 del livello 5 della Cata de Algarrobo aLixus (Tav. i, 4), nel Mediterraneo occidentale.Tra gli esemplari di questi contesti si distinguonoquattro 335 tipi di orli : a sezione amigdaloide(Tav. i, 1) ; 336 ingrossato e introflesso con solcointerno (Tav. i, 2-13, 21), la variante più diffusa ;ingrossato e arrotondato (Tav. i, 14-25) ; a brevetesa con superficie superiore convessa (Tav. i,26-29). 337323 Ringrazio il dott. M. Guirguis per questa segnalazione.Sul relitto e una parte del suo carico si veda : MederosMartín - Ruiz Cabrero 2004. Il numero degli unguentari,ad oggi, è sconosciuto. Un esemplare è visibile sul web :http ://foroterraeantiqvae.ning.com/profiles/blogs/un-tesoro-fenicio-en-la-manga.La forma apoda dell’unguentariopotrebbe circoscrivere la datazione del carico alla secondametà del vii sec. a.C.324 De Simone - Falsone 1996, p. 307 ; Stampolidis - Karageorghis2003, p. 237, n. 48. I due esemplari dalla Zona Asono attribuiti all’impasto c, considerato di produzione nonlocale : Vecchio 2002, pp. 256, 269.325 Campanella 2009, p. 519.326 Ramón Torres 1982, p. 36.327 Questi dati quantitativi potrebbero anche essere consideratiindicativi di un forte consumo locale del prodottocontenuto nelle oil bottles.328 Guirguis 2004, p. 96.329 Il limite inferiore di questo arco cronologico è superatosolo dall’oil bottle della tomba 357 di Amatunte (Tav. i,32), il cui corredo, ancora in attesa di una completa edizione,si data alla fine del vii sec. a.C. I numerosi paralleli dacontesti della seconda metà dell’viii sec. a.C. inducono aconsiderare residuale questo unguentario.330 Dall’elenco sono stati esclusi (oltre ai casi riferiti allenote 331-333) i vasi con datazioni non determinabili (perchéin giacitura secondaria o il contesto non è noto) oppureassegnate solo in base ad elementi interni (stratigrafici) oviziate da problemi di circolarità (talvolta la cronologia deicontesti dipende proprio dalla presenza di oil bottles). In altricasi sono stati assegnati intervalli cronologici troppo ampiper consentire l’impiego delle attestazioni in uno studiocrono-tipologico.331 Il disegno di questo esemplare (con la bocca rappresentatadi tre quarti e con visione prospettica del resto delvaso) non è utilizzabile in questa analisi.332 Considerata la loro datazione, ad essa si potrebberoaggiungere le tombe di Mtarfa [293] e Ghajn Klieb [98], malo stato frammentario delle oil bottles nei loro corredi non neconsente l’inserimento in questa disamina.333 L’oil bottle di questo corredo è però nota ad oggi soloda una foto che consente di ascrivere l’esemplare alla tipologiapiù antica, ma non di declinare con precisione la morfologiadel vaso.334 Non per tutti gli esemplari editi si dispone di raffigurazioni.335 Un’ulteriore variante (con orlo ingrossato all’esterno,a profilo arrotondato o triangolare) è riconoscibile tra gliesemplari non inseriti nelle tavole (perché non consideratiutili alla definizione cronologica di questa forma) ed è attestata,ad oggi, solo nel Mediterraneo occidentale, ad ElCarambolo e Lixus (per i riferimenti bibliografici si vedanole note 256, 274, 288).336 Attestato anche in un esemplare quasi completo dalMorro de Mezquitilla (per i riferimenti bibliografici si vedala nota 210).337 Con l’eccezione di un esemplare da Toscanos (Tav.i, 27), questa variante sembra circoscritta al Mediterraneocentrale. All’elenco si possono aggiungere anche il frammentod’orlo, in giacitura secondaria, dal Tempio del Ko-


le oil bottles fenicie 57L’esemplare di Ghajn Qajjet [105] mostra comegià nel secondo quarto del vii sec. a.C. inizi a diminuirela capacità del vaso, anche se, poiché laproduzione ceramica maltese sembra contraddistintada caratteri autonomi rispetto al resto delMediterraneo, 338 questo dato potrebbe non essereindicativo.Per la variante tarda (650-terzo quarto delvi sec. a.C. ca.) i contesti fondamentali sono :la tomba 25 di Amatunte, 339 nel Mediterraneoorientale ; la tomba 185 di Laghetto ii 340 e la tombaxxxix della via Sepolcrale Principale a Cerveteri(Tav. ii, 56), la tomba di Buskett Gardens[63] a Malta (Tav. ii, 36), la fase ic della ZonaA di <strong>Mozia</strong> (Tav. ii, 58), la necropoli di Bitia(Tav. ii, 42-45, 47-49, 52, 57), l’us 1016 del vano b1di Monte Sirai, 341 il “santuario” di Cuccureddus(Tav. ii, 60), 342 la tomba xxxiv della necropole dela berge, 343 la tomba 4 de la necropole de l’île, 344la sequenza stratigrafica dell’abitato arcaico diCartagine (Tav. ii, 38, 51), nel Mediterraneo centrale; il livello 1 del sondaggio della Calle Puerto29 (Tav. ii, 35), la fase iii della Calle Puerto 10(Tav. ii, 59), lo strato ivd della Corte 1 di Toscanos(Tav. ii, 46), la fase Fonteta vi (Tav. ii, 50),lo strato iib di Cerro del Villar (Tav. ii, 40-41),lo strato 9 della Fase v di Cerro de los Infantes(Tav. ii, 39), la fase ii di La Peña Negra (Tav. ii,37, 51-53), nel Mediterraneo orientale.A partire dalla metà circa del vii sec. a.C. – oltrealla diminuzione della capacità (con la riduzionedell’altezza dei vasi da 12 a 9 cm circa) ealla scomparsa del piede ad anello con umbonecentrale convesso – si assiste ad una variazionedel profilo dell’orlo : solitamente ingrossatoe con sezione a T (Tav. ii, 45, 48-49, 59-60) ;ingrossato all’esterno e a sezione triangolare(Tav. ii, 37, 40, 42-44, 46-47, 56, 58) ; introflesso(Tav. ii, 38, 51) ; raramente arrotondato e conlabbro indistinto (Tav. ii, 52, 57). Si registranoalcune sopravvivenze della forma precedente(circoscritte alla seconda metà del vii sec. a.C.),ravvisabili sia nel profilo dell’orlo (Tav. ii, 35,41) sia nelle dimensioni, come testimoniano dueesemplari : uno frammentario da Cerro del Villar(Tav. ii, 41) e uno completo da Malta (Tav.ii, 36).La scomparsa di questa forma dai circuiti commercialidel Mediterraneo – nel terzo quarto delvi sec. a.C. – coincide con il manifestarsi dellapolitica imperialista di Cartagine. Tra le problematichesollevate da questa classe di vasi rimaneancora da chiarire se vi sia un collegamento traquesti due eventi, e di conseguenza i contornidel ruolo svolto dalla metropoli nordafricana,che – distrutti, asserviti o eliminati gli altri centriproduttori – potrebbe aver assunto una posizionedominante nel mercato degli unguenti.Abbreviazioni bibliograficheAa.Vv. (1998), Along the routes of the Phoenicians. Surles routes des Phéniciens. 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L’unguentario inoltre è privodell’orlo, come anche di parte del fondo, impedendo ilsuo impiego in questo studio.341 Dal momento che è conservato solo un frammentodella spalla dell’unguentario, con l’attacco inferiore dell’ansa,non è possibile inserire questo esemplare tra le attestazioniutili in una disamina crono-tipologica.342 Uno dei due esemplari è noto solo da una foto.343 Il disegno utilizzato nel rapporto di scavo consentedi ascrivere con certezza l’esemplare a questa variante, masembra troppo schematico per permettere il suo impiego inquesta analisi.344 L’unguentario di questo corredo è noto solo da unafoto, nella quale i diversi elementi morfologici del vaso nonsono riconoscibili in modo chiaro.


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68adriano orsingherTav. i.


le oil bottles fenicie 69Tav. ii.


Sardinia, CorsicaET BalearesantiqvaeAn International Journal of Archaeologyviii · 2010pisa · romaFABRIZIO SERRA EDITOREmmXI


SOMMARIOPaola Basoli, Alba Foschi Nieddu, Gli albori dell’Eneolitico in Sardegna e Toscana 9Damià Ramis, Lluís Plantalamor, Joan Carreras, Miquel Trias, Gabriel Santandreu,S’arenalet de Son Colom (Maiorca) : nuovi dati sulla fine del iii millennio a.C. nelle Isole Baleari 15Elisa Pompianu, I Fenici a Sulky : nuovi dati dal vano iie dell’area del “Cronicario” 27Adriano Orsingher, Le oil bottles fenicie : analisi dei contesti e considerazioni crono-tipologiche 37Piero Bartoloni, Una brocca fenicia da Sulky 71Cinzia Loi, Mauro Montalto, Cippi funerari a capanna da Ardauli (Or) 75Annarita Punzo, Ierodulia e prostituzione sacra in Sardegna 81Michel Christol, Elena Pirino, Inscriptions latines sur la vie municipal dans les îles de l’Archipelmaltais 95Roberto Concas, I leoni di Sulky. L’arte : uno strumento di rappresentazione del pensiero filosofico.da una metodologia applicata sulle opere pittoriche quattro cinquecentesche per una nuova teoria delrestauro, un contributo alla ricollocazione originaria e museale 109Abstracts 143

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