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Commento agli artt. 27, 28 e 29 - Scienze giuridiche

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Indice - Sommario del fascicolo III - IVLe attualitàProcreazione assistita e Corte costituzionale: presupposti e conseguenze(dirette ed indirette) del recente intervento della consultasulla disciplina della legge n. 40/04 (Corte cost. 1 o aprile - 8 maggio2009, n. 151)di Riccardo VillaniSommario: 1. Introduzione. – 2. La diagnosi (genetica) preimpianto. – 2.1. Segue:la « chiusura » nei confronti della DGP (la sentenza del Tribunale di Catania 3maggio 2004 e le sentenze del Tar Lazio, sez. III ter, 5 maggio 2005, n. 3452 e 23maggio 2005, n. 4047). – 2.2. Segue: verso la « apertura » alla DGP (l’ordinanzadel Tribunale di C<strong>agli</strong>ari del 16 luglio 2005 e l’ordinanza della Corte cost.n.369del 24 ottobre 2006. – 2.3. Segue: la « liceità » della DGP (la sentenza del Tribunaledi C<strong>agli</strong>ari del 22 settembre 2007; l’ordinanza del Tribunale di Firenze del17 dicembre 2007 e la sentenza del Tar Lazio, sez. III quater, del 21 gennaio2008 – sotto il profilo della DGP – ). – 3. Le nuove Linee guida del 2008. – 4.Verso l’incostituzionalità dell’art. 14, commi 2 o e3 o (le sentenze del Tar Lazio,sez. III quater, del 21 gennaio 2008 – sotto il profilo del numero di embrioniproducibili, della necessità di un unico e contemporaneo impianto e del divietodi crioconservazione –; le ordinanze del Tribunale di Firenze del 12 luglio 2008e del 26 agosto 2008). – 5. L’incostituzionalità dell’art. 14, comma 2 o e3 o : la sentenzadella Corte cost. n. 151 dell’8 maggio 2009. – 6. Le conseguenze dell’interventodella Corte, con particolare riferimento alla sorte degli embrioni c.d. « soprannumerari». – 7. Conclusioni ........................................ pag. 475NLCC 3/4-2009


VIIndice-sommario del fascicolo III - IVI commentariRegolamento CE n. 593/2008 del Parlamento europeo e del Consigliodel 17 giugno 2008 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali(« Roma I »)Commentario a cura di Francesco Salerno e Pietro FranzinaNote introduttiveI<strong>Commento</strong> di Francesco SalernoSommario: 1. Il valore innovativo del reg. CE n. 593/2008 rispetto alla Convenzionedi Roma del 1980. – 2. L’influenza del processo di integrazione comunitariasull’unificazione delle norme di conflitto nazionali in materia contrattuale. – 3.L’incidenza della prevedibilità del diritto applicabile sulla fisionomia dei criteridi collegamento. – 4. Segue: ... e sulla struttura ed il funzionamento del richiamointernazionalprivatistico. – 5. La coerenza del diritto internazionale privato comunitarioe la sua impronta «legeforistica». – 6. L’integrazione del regolamentocon norme generali di diritto internazionale privato comunitario e nazionale. –7. L’impatto del regolamento sul sistema italiano di diritto internazionale privato.– 8. Segue: limiti all’utilizzazione «estesa» del regolamento ............... pag. 521II<strong>Commento</strong> di Fabrizio Marongiu BuonaiutiSommario: 1. Conseguenze della «comunitarizzazione» della Convenzione di Romarispetto alla disciplina italiana dei conflitti di leggi in materia di contratti: ilrinvio operato dall’art. 57 della legge di riforma del sistema italiano di diritto internazionaleprivato e la sua riferibilità al reg. «Roma I». – 2. Conseguenze derivantida un’estensione al regolamento del rinvio operato dall’art. 57. – 3. Il venirmeno della riserva all’art. 10, par. 1, lett. e), relativamente alle conseguenzedella nullità del contratto e la conseguente estensione della materia regolata. –4. I rapporti con le altre convenzioni applicabili in materia e le competenzeesterne della Comunità. – 5. Profili di diritto intertemporale ................ pag. 534NLCC 3/4-2009


Indice-sommario del fascicolo III - IVVIICapo I - CAMPO D’APPLICAZIONEArt. 1. - Campo d’applicazione materialeI<strong>Commento</strong> di Paolo BertoliSommario: 1. Le tecniche utilizzate dall’art. 1 al fine di delimitare l’ambito di applicazionedel reg. «Roma I». – 2. Le esigenze sottese alla definizione di tale ambitodi applicazione e i loro riflessi interpretativi. – 3. Le «circostanze che comportinoun confitto di leggi». – 4. La qualificazione delle «obbligazioni contrattuali».– 5. La limitazione dell’ambito d’applicazione del regolamento alla materiacivile e commerciale .............................................. pag. 547II<strong>Commento</strong> di Giacomo BiagioniSommario: 1.L’art. 1, par. 2, lett. a): l’esclusione concernente lo stato e la capacitàdelle persone fisiche. – 2. La lett. b): i rapporti familiari e le registered partnerships.– 3. La lett. c): i regimi patrimoniali tra coniugi. – 4. Segue: le successioni................................................................ pag. 560III<strong>Commento</strong> di Anna GardellaSommario: 1.L’art. 1, par. 2, lett. d): cambiali, assegni e v<strong>agli</strong>a cambiari. – 2. Glialtri strumenti negoziabili. – 3. Ambito di applicazione dell’esclusione: sottoposizioneal reg. «Roma I» dei contratti sottostanti .......................... pag. 568IV<strong>Commento</strong> di Anna GardellaSommario: 1.L’art. 1, par. 2, lett. e): motivazioni dell’esclusione delle clausolecompromissorie e delle convenzioni sul foro competente. – 2. Ambito dell’esclusione.– 3. Le fonti della disciplina degli aspetti sostanziali delle convenzioniarbitrali e degli accordi di scelta del foro; il caso italiano. – 4. Le convenzioniarbitrali. – 5. Gli accordi di scelta del foro .......................... pag. 572V<strong>Commento</strong> di Anna GardellaSommario:1.L’art. 1, par. 2, lett. f): ratio dell’esclusione; la legislazione comunitariae nazionale sugli aspetti internazionali del diritto societario. – 2. Distinzionipreliminari: aspetti istituzionali e aspetti contrattuali delle società e degli altrienti. – 3. Ambito dell’esclusione ratione personae e ratione materiae. – 4. Aspettiricompresi nella lex contractus e limiti: offerte pubbliche di acquisto; emissionedi obbligazioni sui mercati finanziari; trasferimenti di azioni. – 5. Segue: i pattiparasociali ........................................................... pag. 577VI<strong>Commento</strong> di Pietro FranzinaSommario: 1.L’art. 1, par. 2, lett. g) ....................................... pag. 586NLCC 3/4-2009


VIIIIndice-sommario del fascicolo III - IVVII<strong>Commento</strong> di Pietro FranzinaSommario: 1.L’art. 1, par. 2, lett. h). – 2. La nozione di trust <strong>agli</strong> effetti del reg.«Roma I» ............................................................ pag. 589VIII<strong>Commento</strong> di Paolo BertoliSommario: 1.L’art. 1, par. 2, lett. i): l’esclusione della responsabilità precontrattualedall’ambito di applicazione del regolamento. – 2. Segue: la natura giuridicadella responsabilità precontrattuale secondo la giurisprudenza della Corte digiustizia CE. – 3. La responsabilità precontrattuale fra i reg. «Roma I» e «RomaII» ................................................................ . pag. 594IX<strong>Commento</strong> di Giuseppina PizzolanteSommario: 1.L’art. 1, par. 2, lett. j): ragioni dell’esclusione ivi prevista. La qualificazionedelle fattispecie comprese nell’ambito di applicazione della norma qualiobbligazioni contrattuali. – 2. Il rapporto tra l’art. 1, par. 2, lett. j), del reg. CEn. 593/2008 e il diritto internazionale privato comune. L’ambito di operativitàdell’art. 57 della l. n. 218/95 ........................................... pag. 601Art. 2. - Carattere universale<strong>Commento</strong> di Pietro FranzinaSommario: 1. Ragioni e implicazioni della scelta «universalistica» adottata dal regolamento.– 2. Applicabilità della legge di uno Stato terzo e «corretto funzionamentodel mercato interno» .......................................... pag. 606Capo II - NORME UNIFORMIArt. 3. - Libertà di sceltaI<strong>Commento</strong> di Anna GardellaSommario: 1. Introduzione. – 2. La volontà delle parti come criterio cardine delladisciplina internazionalprivatistica dei contratti. – 3. Ambito di applicazionedella libertà di scelta: carattere universale del reg. «Roma I» e situazione checomporta un conflitto di leggi. – 4. Segue: ildépeçage. – 5. Segue: modificabilitàdella scelta della legge applicabile. – 6. La scelta di una legge statale e la lex mercatoria.– 7. Segue: il valore del richiamo ai Principi Unidroit e ai PECL. – 8.Segue: il valore del richiamo a convenzioni internazionali. – 9. Il coordinamentocon le materie escluse dal reg. «Roma I»: la legge applicabile alle lettere d’intenti.– 10. Segue: il rapporto con le convenzioni internazionali di diritto internazionaleprivato uniforme. – 11. Le modalità della scelta di legge: scelta espressae scelta tacita. – 12. Il momento della scelta della legge applicabile. – 13. Il negoziodi scelta della legge applicabile .................................... pag. 611NLCC 3/4-2009


Indice-sommario del fascicolo III - IVIXII<strong>Commento</strong> di Giacomo BiagioniSommario: 1.Optio iuris e «frode alla legge». – 2. La frode alla legge nei contrattipuramente interni. – 3. L’individuazione delle norme inderogabili. – 4. La rilevanzaattribuita alle norme inderogabili. – 5. I contratti interni all’ordinamentocomunitario. – 6. Profili applicativi delle norme inderogabili comunitarie ..... pag. 6<strong>29</strong>Art. 4. - Legge applicabile in mancanza di sceltaIComento di Antonio LeandroSommario: 1. Piano del commento. – 2. L’art. 4 della Convenzione di Roma. – 3. Icontenuti della Proposta della Commissione; aspetti critici e suggerimenti di modifica.– 4. Quadro sintetico dei contenuti dell’art. 4 del reg. «Roma I». – 5. Icontratti «nominati». – 6. I contratti non nominati e i contratti «misti». – 7. Lanozione di residenza abituale. – 8. La clausola di eccezione. – 9. Il richiamo invia residuale del criterio del collegamento più stretto. – 10. Un esempio nel qualele regole dell’art. 4 sono tutte suscettibili di operare: il contratto relativo ai dirittidi proprietà intellettuale. – 11. Il coordinamento con la scelta di legge. – 12.Il dépeçage ad opera del giudice. – 13. La neutralità della disposizione rispettoad obiettivi materiali. – 14. Conclusioni .................................. pag. 637II<strong>Commento</strong> di Pietro FranzinaSommario: 1.L’art. 4, par. 1, lett. a). – 2. La portata applicativa: la nozione di«vendita». – 3. Segue: la nozione di «bene». – 4. Il criterio della residenza abitualedel venditore. – 5. La Convenzione dell’Aja del 15 giugno 1955: l’ambitodi applicazione. – 6. Segue: le norme di conflitto. – 7. Segue: il coordinamentocon la disciplina regolamentare. – 8. Segue: argomenti che depongono in favoredella denuncia della Convenzione dell’Aja da parte dell’Italia. – 9. La rilevanzadel regolamento (e della Convenzione dell’Aja) rispetto alla disciplina materialeuniforme della vendita. – 10. L’art. 4, par. 2, lett. g) ....................... pag. 671III<strong>Commento</strong> di Fabrizio Marongiu BuonaiutiSommario: 1.L’art. 4, par. 1, lett. b): ruolo della categoria dei contratti di prestazionedi servizi nell’ambito della nuova disciplina della legge applicabile inmancanza di scelta. – 2. Esigenza di un parallelismo rispetto alla corrispondentenozione adottata nel reg. CE n. 44/2001. – 3. Rilevanza, al fine della qualificazionedella nozione adottata, di un riferimento alle norme comunitarie in materiadi libertà di circolazione dei servizi. – 4. Rapporti con le due categorie specifichedei contratti di affiliazione (franchising) e di distribuzione, di cui allelett. e) edf). – 5. Finalità perseguite dalle regole adottate con riferimento a ciascunaipotesi ......................................................... pag. 691IV<strong>Commento</strong> di Pietro FranzinaSommario:1.L’art. 4, par. 1, lett. c). – 2. Segue: ragioni sottese al richiamo della lexrei sitae. – 3. Segue: la portata applicativa della norma. – 4. L’art. 4, par. 1, lett. d) . pag. 705NLCC 3/4-2009


XIndice-sommario del fascicolo III - IVV<strong>Commento</strong> di Anna GardellaSommario: 1.L’art. 4, par. 1, lett. h): origine e ratio della norma. – 2. Criterio dicollegamento e prossimità. – 3. Nozione di mercati finanziari. – 4. Nozione dicontratti finanziari .................................................... pag. 713Art. 5. - Contratti di trasporto<strong>Commento</strong> di Giacomo BiagioniSommario: 1. La norma di conflitto in materia di trasporto. – 2. Il rapporto con leconvenzioni internazionali. – 3. Il campo di applicazione della regola speciale diconflitto. – 4. Il contratto di trasporto di merci. – 5. Il contratto di trasporto dipersone. – 6. Il criterio residuale del collegamento più stretto ............... pag. 717Art. 6. - Contratti conclusi da consumatori<strong>Commento</strong> di Giuseppina PizzolanteSommario: 1. Le ragioni delle modifiche in materia di contratti conclusi dai consumatori.– 2. L’ambito soggettivo di applicazione della norma; in particolare,la nozione giuridica di «consumatore» accolta nel reg. «Roma I». – 3. Segue: lepersone fisiche ed i consumatori «finali» quali unici destinatari della nozione.– 4. Segue: l’individuazione del requisito dello scopo non professionale dell’attività.– 5. L’ambito oggettivo di applicazione della norma. Il criterio dell’«attivitàdiretta». – 6. L’applicazione del criterio di collegamento della residenzaabituale del consumatore. – 7. La scelta della legge applicabile ed il divieto diprivare il consumatore della protezione garantita dalle disposizioni imperativedella legge di residenza abituale. – 8. I rapporti con altri atti di diritto comunitarioderivato. – 9. La soluzione del conflitto tra il reg. «Roma I» e gli strumentisettoriali aventi un’incidenza sulla legge applicabile. – 10. L’effettivitàdella tutela riconosciuta al consumatore. – 11. Il rapporto con le norme di applicazionenecessaria .................................................. pag. 7<strong>27</strong>Art. 7. - Contratti di assicurazione<strong>Commento</strong> di Giuseppina PizzolanteSommario: 1. La legge applicabile al contratto di assicurazione tra Convenzione diRoma e sistema comunitario. – 2. Gli strumenti di diritto comunitario settoriale.– 3. L’ambito di applicazione dell’art. 7 del reg. «Roma I». Il rilievo delle situazionistrettamente infracomunitarie. – 4. Il «rinvio» operato dalla norma al dirittocomunitario speciale. La qualificazione dei contratti di assicurazione e lalocalizzazione del rischio. – 5. La disciplina dei contratti di assicurazione relativiai grandi rischi. – 6. La disciplina dei contratti di assicurazione che assicuranorischi di massa comprese le assicurazioni sulla vita. – 7. La nozione di «contraenteassicurato». – 8. Le norme imperative rilevanti in materia assicurativa ela nozione di interesse generale. – 9. Conflitti di leggi in materia assicurativa emercato interno. – 10. Il coordinamento tra il reg. «Roma I» e gli strumenti settorialiaventi un’incidenza sulla legge applicabile. – 11. Considerazioni conclusive................................................................ . pag. 750Art. 8. - Contratti individuali di lavoro<strong>Commento</strong> di Paolo VenturiSommario: 1. Continuità con la disciplina convenzionale. – 2. Considerazioni sullascelta della legge applicabile. – 3. Segue: il rilievo delle norme non derogabiliNLCC 3/4-2009


Indice-sommario del fascicolo III - IVXIconvenzionalmente. – 4. I criteri sulla legge applicabile in mancanza di scelta: illuogo della prestazione abituale. – 5. Segue: la sede di assunzione. – 6. Segue: laclausola del collegamento più stretto. – 7. Il rilievo delle norme di applicazionenecessaria nel contesto dei contratti di lavoro alla luce di una recente giurisprudenzadella Corte di giustizia. – 8. Sul compromesso tra tutela del lavoratore eprevedibilità della disciplina applicabile .................................. pag. 771Art. 9. - Norme di applicazione necessaria<strong>Commento</strong> di Giacomo BiagioniSommario: 1. Le norme di applicazione necessaria. – 2. La definizione di « normedi applicazione necessaria »: profili generali. – 3. Gli interessi protetti dalle normedi applicazione necessaria. – 4. Il carattere autolimitato. – 5. Il rapporto conle libertà di circolazione comunitarie. – 6. Le norme di applicazione necessariadel foro. – 7. Le norme di applicazione necessaria del luogo di esecuzione delcontratto. – 8. L’elemento dell’illiceità dell’esecuzione del contratto. – 9. L’attribuzionedi efficacia alle norme di applicazione necessaria di Stati terzi. – 10.La discrezionalità del giudice e i criteri di valutazione indicati dall’art. 9 ...... pag. 788Art. 10. - Consenso e validità sostanziale<strong>Commento</strong> di Bernardo CorteseSommario: 1. Rapporti con le altre disposizioni del regolamento. – 2. L’esistenzadel contratto. – 3. Il secondo paragrafo: l’assenza del consenso secondo una leggediversa dalla lex contractus. – 4. La validità del contratto. – 5. Interferenzecon il problema della qualificazione. – 6. Invalidità di una parte del contratto;dépeçage. – 7. Esistenza e validità della scelta di legge ...................... pag. 804Art. 11. - Validità formale<strong>Commento</strong> di Bernardo CorteseSommario: 1.Laratio della norma. – 2. Rapporti con altre disposizioni del regolamento.– 3. Il rapporto tra l’art. 10 e l’art. 11: alcuni problemi di qualificazione.– 4. Le leggi alternativamente rilevanti: la legge che regola la sostanza. – 5. Segue:la legge del luogo di conclusione del contratto. – 6. Il contratto conclusotra parti che si trovano in Paesi differenti ed il ruolo della legge della residenzaabituale di una delle parti. – 7. Il tempo (e non solo il luogo) della conclusionedel contratto e la delimitazione tra par. 1e2.– 8. Il contratto concluso tramiteintermediari. – 9. Gli atti giuridici negoziali unilaterali. – 10. I contratti dei consumatori.– 11. I contratti aventi ad oggetto gli immobili ................... pag. 809Art. 12. - Ambito della legge applicabile<strong>Commento</strong> di Antonio LeandroSommario: 1. La portata della disposizione. – 2. L’interpretazione del contratto. –3. L’esecuzione delle obbligazioni che discendono dal contratto. – 4. Adempimentoe responsabilità contrattuale. – 5. L’estinzione delle obbligazioni, le prescrizionie le decadenze. – 6. Le conseguenze della nullità del contratto ...... pag. 817Art. 13. - Incapacità<strong>Commento</strong> di Fabrizio Marongiu BuonaiutiSommario: 1. Continuità della soluzione accolta rispetto alla convenzione di Roma.– 2. Le origini della regola: l’arrêt Lizardi della Cassazione francese e la suaNLCC 3/4-2009


XIIIndice-sommario del fascicolo III - IVpresenza anche nel sistema italiano di diritto internazionale privato. – 3. Prevalenzadella regola dell’art. 23, par. 2, della legge italiana di riforma sul richiamooperato dall’art. 57 della legge. – 4. Presupposti dell’applicazione dell’art. 13del regolamento: mero miglioramento terminologico rispetto all’art. 11 dellaconvenzione. – 5. Dubbi irrisolti: limitazione dell’ambito di applicazione dellaregola all’incapacità delle persone fisiche. – 6. Segue: portata del riferimento adaltra legge: operatività del rinvio. – 7. Segue: rilevanza dell’incapacità derivanteda provvedimenti emanati nel Paese la cui legge regola la capacità della parte oivi efficaci. – 8. Perdurante giustificazione della soluzione accolta, alla luce delpiù evoluto contesto dei rapporti contrattuali internazionali ................ pag. 830Art. 14. - Cessione di credito e surrogazione convenzionale<strong>Commento</strong> di Antonio LeandroSommario: 1. La nozione di «cessione del credito». – 2. I «rapporti» tra cedentee cessionario. – 3. La legge della cessione. – 4. Le competenze della legge delcredito: a) la cedibilità. – 5. Segue: b) i«rapporti» tra cessionario e debitore ela posizione di quest’ultimo. – 6. La questione ancora aperta dell’opponibilitàai terzi. – 7. Segue: i problemi derivanti dalle cessioni in blocco, dalle cessionidi crediti futuri e dalle cessioni inserite in operazioni economiche complesse. –8. Segue: la necessità di elaborare una disposizione che tenga conto delle peculiaritàdi cessioni diverse da quella ordinaria. – 9. La surrogazione convenzionale................................................................ pag. 841Art. 15. - Surrogazione legaleArt. 16. - Obbligazioni solidali<strong>Commento</strong> di Antonio LeandroSommario (<strong>artt</strong>. 15 e 16): 1. L’àmbito della disposizione sulla surrogazione legale.– 2. Il coordinamento tra legge della surroga e legge del credito. – 3. La trasferibilitàdel credito. – 4. Le obbligazioni solidali ........................... pag. 866Art. 17. - Compensazione legale<strong>Commento</strong> di Antonio LeandroSommario: 1.L’àmbito materiale dell’art. 17. – 2. Le soluzioni prospettate in dottrinarispetto alla compensazione legale. – 3. La soluzione accolta dal reg. «RomaI». – 4. L’àmbito della legge individuata dall’art. 17. – 5. Il coordinamentocon altre disposizioni del regolamento in tema di cessione del credito, di surrogazionelegale e di obbligazioni solidali. – 6. Il trattamento della compensazionein base ad altri strumenti comunitari: il reg. CE n. 1346/2000. – 7. Segue: ...eilreg. «Bruxelles I». – 8. Cenni sulle forme di compensazione sottratte all’art. 17:la compensazione volontaria e la compensazione giudiziale ................. pag. 873Art. 18. - Onere della prova<strong>Commento</strong> di Antonio LeandroSommario:1.L’oggetto e l’onere della prova. – 2. L’ammissibilità dei mezzi di prova.– 3. L’efficacia probatoria .......................................... pag. 886NLCC 3/4-2009


Indice-sommario del fascicolo III - IVXIIICapo III - ALTRE DISPOSIZIONIArt. 19. - Residenza abituale<strong>Commento</strong> di Fabrizio Marongiu BuonaiutiSommario: 1. Apparente novità della disposizione. Sua sostanziale corrispondenzacon le regole in proposito contenute nell’art. 4 della Convenzione di Roma. – 2.Caratteristiche del criterio di collegamento della residenza abituale ed elementiidentificativi dell’abitualità, con riferimento alle persone fisiche. – 3. Identificazionedella residenza abituale di società, associazioni e persone <strong>giuridiche</strong> con illuogo in cui si trova l’amministrazione centrale. Rapporti con la determinazionedel domicilio ai fini della competenza giurisdizionale nell’art. 60 del reg. CE n.44/2001. – 4. La residenza abituale intesa come sede principale dell’attività professionaledi persone fisiche. – 5. La regola speciale concernente i contratti conclusitramite filiali, agenzie o sedi di attività e i suoi rapporti con l’art. 5, n. 5, delreg. CE n. 44/2001. – 6. Momento determinante della residenza abituale: confermadella soluzione accolta nell’art. 4 della Convenzione di Roma .......... pag. 892Art. 20. - Esclusione del rinvio<strong>Commento</strong> di Pietro FranzinaSommario: 1. La scelta antirinviistica dei redattori del reg. «Roma I» e le sue giustificazioni.– 2. La portata della esclusione del rinvio: la «eccezione» di cui alsecondo capoverso dell’art. 7, par. 3, del regolamento. – 3. Segue: il riferimentooperato da alcune norme del regolamento alle valutazioni operate da un determinatoordinamento giuridico e la possibilità di far venire in gioco, ai fini di similiriferimenti, il meccanismo del rinvio ................................. pag. 903Art. 21. - Ordine pubblico del foro<strong>Commento</strong> di Giacomo BiagioniSommario: 1. La presenza di una disposizione sull’ordine pubblico. – 2. L’ordinepubblico degli Stati membri. – 3. L’ordine pubblico comunitario ed europeo. –4. Il funzionamento del limite dell’ordine pubblico. – 5. La necessità di un’interpretazionerestrittiva. – 6. Le conseguenze dell’incompatibilità con l’ordinepubblico ............................................................ pag. 911Art. 22. - Stati con più sistemi giuridici<strong>Commento</strong> di Pietro FranzinaSommario: 1. Ragioni della soluzione accolta dal regolamento in tema di richiamodi ordinamenti plurilegislativi. – 2. Segue: la possibile residua rilevanza, nell’ambitodel regolamento, del diritto interlocale. – 3. L’applicazione del regolamentoai conflitti di leggi che interessino unicamente le diverse unità territoriali diun medesimo Stato membro ........................................... pag. 919Art. 23. - Relazioni con altre disposizioni del diritto comunitario<strong>Commento</strong> di Fabrizio Marongiu BuonaiutiSommario: 1. Raffronto con la disposizione contenuta nell’art. 20 della Convenzionedi Roma: mutamento di prospettiva derivante dalla mutata natura giuridicadello strumento. – 2. Individuazione della categoria di disposizioni allequali la norma si riferisce: disposizioni relative a settori specifici, che disciplininoi conflitti di legge; inidoneità della norma a riferirsi a principi generaliNLCC 3/4-2009


XIVIndice-sommario del fascicolo III - IVdell’ordinamento comunitario, che contengano regole di conflitto implicite. –3. Segue: inidoneità della norma a ricomprendere norme di diritto materialecontenute in atti comunitari; eventuale rilevanza, riguardo a queste ultime, dialtre disposizioni del regolamento. – 4. Eventuale incidenza del mancato riferimentoalle norme contenute nelle legislazioni nazionali armonizzate in attuazionedi atti comunitari. – 5. L’eccezione relativa all’art. 7: mutamento di prospettivaper quanto attiene alla disciplina della legge applicabile ai contratti diassicurazione ......................................................... pag. 923Art. 24. - Relazioni con la convenzione di Roma<strong>Commento</strong> di Pietro FranzinaSommario: 1.La«sostituzione» della Convenzione di Roma ad opera del regolamento.– 2. Segue: La residua efficacia della Convenzione di Roma sul piano internazionalee il problema della sua applicazione nei rapporti fra gli Stati membrivincolati dal regolamento e la Danimarca ............................. pag. 931Art. 25. - Relazioni con convenzioni internazionali in vigoreArt. 26. - Elenco delle convenzioni<strong>Commento</strong> di Pietro FranzinaSommario (<strong>artt</strong>. 25 e 26): 1. Il reg. «Roma I» e il diritto dei contratti internazionalidi origine convenzionale. – 2. Il problema dei rapporti con le convenzioni di dirittomateriale uniforme. – 3. Il rapporto tra il regolamento e le convenzioni didiritto internazionale privato uniforme esistenti. – 4. Le relazioni esterne dellaComunità nel settore del diritto internazionale privato dei contratti: cenni .... pag. 935Art. <strong>27</strong>. - Clausola di revisioneArt. <strong>28</strong>. - Applicazione nel tempoCapo IV - DISPOSIZIONI FINALIArt. <strong>29</strong>. - Entrata in vigore e applicazione<strong>Commento</strong> di Fabrizio Marongiu BuonaiutiSommario: 1. Distinzione tra entrata in vigore ed applicazione. – 2. Regime di dirittointertemporale del regolamento. – 3. Clausola di revisione ............. pag. 947APPENDICEREGOLAMENTO (CE) N. 593/2008 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DELCONSIGLIO DEL 17 GIUGNO 2008 sulla legge applicabile alle obbligazionicontrattuali (Roma I) (Preambolo) ...................................... pag. 955NLCC 3/4-2009


REGOLAMENTO CE N. 593/2008 DEL PARLAMENTO EUROPEOE DEL CONSIGLIO DEL 17 GIUGNO 2008SULLA LEGGE APPLICABILE ALLE OBBLIGAZIONICONTRATTUALI (« ROMA I ») (*)Commentario a cura diFrancesco Salerno, professore nell’Università di Ferrara,e Pietro Franzina, ricercatore nell’Università di FerraraCon la collaborazione di: Paolo Bertoli, ricercatore nell’Univ. dell’Insubria; Giacomo Biagioni,ricercatore nell’Univ. di C<strong>agli</strong>ari; Bernardo Cortese, prof. nell’Univ. di Padova; Anna Gardella,ricercatrice nell’Univ. Cattolica del Sacro Cuore di Milano; Antonio Leandro, ricercatorenell’Univ. di Bari; Fabrizio Marongiu Buonaiuti, ricercatore nell’Univ. di Roma « La Sapienza»; Giuseppina Pizzolante, ricercatrice nell’Univ. di Bari; Paolo Venturi, ricercatore nell’Univ.di SienaNote introduttiveISommario: 1. Il valore innovativo del reg. CE n. 593/2008 rispetto alla Convenzione di Roma del 1980. – 2.L’influenza del processo di integrazione comunitariasull’unificazione delle norme di conflitto nazionali inmateria contrattuale. – 3. L’incidenza della prevedibilitàdel diritto applicabile sulla fisionomia dei criteridi collegamento. – 4. Segue: ... e sulla struttura ed ilfunzionamento del richiamo internazionalprivatistico.(*) Si segnala al lettore che i seguenti documentiverranno citati unicamente nella forma abbreviata riportatadopo ognuno di essi: a) Relazione riguardantela convenzione relativa alla legge applicabile alle obbligazionicontrattuali del prof. Mario Giuliano, docenteall’Università di Milano, e del prof. Paul Lagarde, docenteall’Università di Parigi I (in G.U.C.E. n. C <strong>28</strong>2del 31 ottobre 1980, p. 1 ss.): Relazione Giuliano-Lagarde;b) Libro verde sulla trasformazione in strumentocomunitario della convenzione di Roma del 1980applicabile alle obbligazioni contrattuali e sul rinnovamentodella medesima (doc. COM/2002/654 def. del14 gennaio 2003): Libro verde; c) Proposta di regolamentodel Parlamento europeo e del Consiglio sullalegge applicabile alle obbligazioni contrattuali (RomaI) (doc. COM/2005/650 def. del 15 dicembre 2005):Proposta della Commissione. Il preambolo del regolamentoè riprodotto in appendice. Il commentario èaggiornato al 23 aprile 2009.– 5. La coerenza del diritto internazionale privato comunitarioe la sua impronta « legeforistica ». – 6. L’integrazionedel regolamento con norme generali di dirittointernazionale privato comunitario e nazionale. –7. L’impatto del regolamento sul sistema italiano didiritto internazionale privato. – 8. Segue: limiti all’utilizzazione« estesa » del regolamento.1. – Il Parlamento europeo ed il Consigliohanno adottato, il 17 giugno 2008, il reg. CE n.593/2008 (« Roma I ») sulla legge applicabilealle obbligazioni contrattuali. Con tale strumento,applicabile a partire dal 17 dicembre2009 ( 1 ) ed efficace nei confronti di tutti gli Statimembri, esclusa la Danimarca ( 2 ), la Comuni-( 1 )V.l’art. <strong>28</strong> e l’art. <strong>29</strong>, par. 2. V. al riguardo MarongiuBuonaiuti, infra, commento sub <strong>artt</strong>. <strong>27</strong>-<strong>29</strong>.( 2 ) Ai sensi del protocollo relativo alla posizionedella Danimarca, allegato al Tratt. UE e al Tratt. CE,tale paese non partecipa all’adozione delle misure intema di visti, asilo, immigrazione e altre politicheconnesse con la libera circolazione delle persone dicui al titolo IV del Tratt. CE; le disposizioni del titoloIV e le misure adottate dalle istituzioni in forza di essenon sono vincolanti per la Danimarca, né ivi applicabili.Regno Unito e Irlanda, in virtù del protocolloNLCC 3/4-2009


522reg. CE n. 593/2008tà europea ha assorbito all’interno del propriotessuto normativo la disciplina contenuta nellaConvenzione di Roma del 19 giugno 1980 ( 3 ).Tale passaggio, peraltro non destinato di per séa comportare l’estinzione del regime convenzionale( 4 ), appariva ormai ineludibile in ragionedell’incalzante processo di comunitarizzazionedel diritto internazionale privato e processualeseguito all’attribuzione alla Comunità europeadi specifiche competenze nel settore della cooperazionegiudiziaria in materia civile ai sensidell’art. 65 Tratt. CE ( 5 ). Si tratta di un processocollaterale (ma non per questo meno significativo)all’obiettivo di agevolare la circolazionedelle decisioni in seno allo spazio giudiziario europeo,cui si riferiscono, fra gli altri, il reg. CEn. 44/2001 del 22 dicembre 2000 sulla competenzagiurisdizionale ed il riconoscimento delledecisioni in materia civile e commerciale (« BruxellesI ») ( 6 ) e il reg. CE n. 805/2004 del 21aprile 2004 sul titolo esecutivo europeo per icrediti non contestati ( 7 ). Definendo tra gli Statimembri regole uniformi in tema di diritto applicabilesi riduce il fenomeno forum shopping esirafforza la reciproca fiducia degli Stati membriquanto all’esercizio della funzione giurisdizionaleda parte dei rispettivi giudici.Alla luce di questo mutato quadro giuridico,la sostituzione della Convenzione di Roma conil regolamento non ha solo rilievo per la diversanatura dell’atto ( 8 ), ma anche per il suo contenuto.Al tempo della sua adozione, la Convenzionedi Roma non aveva alcun raccordo formale conil Tratt. CE, neppure in base all’allora art. 220(cui corrisponde l’attuale art. <strong>29</strong>3), sulla basedel quale era stata invece negoziata ed adottatala Convenzione di Bruxelles del <strong>27</strong> settembre1968 sulla competenza giurisdizionale e l’efficaciadelle decisioni in materia civile e commerciale(strumento predecessore, come è noto, delreg. « Bruxelles I », sopra menzionato). La stessaConvenzione di Roma si riconosceva comedistinta dal diritto comunitario, di cui peraltroassicurava il « primato » ai sensi del suo art.20 ( 9 ). La prassi applicativa della disciplina conadessi relativo, hanno invece una facoltà di opting in:la possibilità, cioè, di dichiarare volta per volta l’intenzionedi partecipare all’adozione degli atti riguardantii predetti settori, e di esserne dunque, ad ognieffetto, destinatari. Mentre l’Irlanda ha reso noto divolere partecipare al reg. « Roma I » sin da primadell’adozione dell’atto (v. il 44 o considerando), il RegnoUnito si è risolto in tal senso solo in epoca successiva.La Commissione, con decisione 2009/26/CEdel 22 dicembre 2008, in G.U.U.E. n. L 10 del 15gennaio 2009, p. 22, ha stabilito – richiamandosi inparticolare all’art. 11 A del Tratt. CE, in tema di cooperazionerafforzata – che il reg. CE n. 593/2008 siapplica anche al Regno Unito, con effetti identici, ancheratione temporis, a quelli valevoli nei confrontidegli altri Stati membri vincolati da tale strumento.( 3 ) La versione consolidata della convenzione, elaborataa seguito dell’adesione di Repubblica Ceca,Estonia, Cipro, Lettonia, Lituania, Ungheria, Malta,Polonia, Slovenia e Slovacchia (avvenuta con convenzionedel 14 aprile 2005) e completa dei protocollimenzionati infra, nel testo, può leggersi in G.U.U.E.n. C 334 del 20 dicembre 2005, p. 1 ss. La Convenzioneè entrata in vigore sul piano internazionale, fra glioriginari Stati contraenti (Belgio, Danimarca, Francia,Germania, Irlanda, Italia, Lussemburgo, PaesiBassi), il 1 o aprile 1991. La Grecia vi ha aderito conconvenzione del 10 aprile 1984, anch’essa in vigoredal 1 o aprile 1991; Spagna e Portogallo con convenzionedel 18 maggio 1992, in vigore dal 1 o settembre1993; Austria, Finlandia e Svezia con convenzione del<strong>29</strong> novembre 1996, in vigore dal 1 o ottobre 1998; Romaniae Bulgaria vi hanno aderito, conformemente aquanto previsto nell’atto di adesione alla Comunitàeuropea, in forza della decisione del Consiglio 2007/856/CE dell’8 novembre 2007 (in G.U.U.E. n. L 347del <strong>29</strong> dicembre 2007, p. 1 ss.), e ne sono vincolati dal15 gennaio 2008. Ulteriori informazioni relative a dichiarazionie riserve emesse d<strong>agli</strong> Stati contraenti sonoreperibili nell’Agreements database del Consigliodell’Unione (http://www.consilium.europa.eu). L’Italiaha dato esecuzione alla Convenzione del 19 giugno1980 con l. 18 dicembre 1984 n. 975; alla Convenzionedi adesione del 1984 con l. 14 ottobre 1985, n. 613;alla Convenzione di adesione del 1992 con l. <strong>28</strong> luglio1993, n. 307; alla Convenzione di adesione del 1996con l. 8 ottobre 2001, n. 393.( 4 )V.Marongiu Buonaiuti, infra, Note introduttive,II, par. 1, e Franzina, infra, commento subart. 24.( 5 ) Su tali competenze, v. in generale Kohler, Lospazio giudiziario europeo in materia civile e il dirittointernazionale privato comunitario, inDiritto internazionaleprivato e diritto comunitario, a cura di Picone,Padova, p. 65 ss.( 6 )InG.U.U.E. n. L 12 del 16 gennaio 2001, p. 1ss.( 7 )InG.U.U.E. n. L 143 del 30 aprile 2004, p. 15ss.( 8 )V.infra, par. 5.( 9 ) « La presente convenzione non pregiudicaNLCC 3/4-2009


Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 523l’applicazione delle disposizioni che, in materie particolari,regolano i conflitti di leggi nel campo delle obbligazionicontrattuali e che sono contenute in attiemanati o da emanarsi dalle istituzioni delle Comunitàeuropee o nelle legislazioni nazionali armonizzatein esecuzione di tali atti ».( 10 )V.supra, nt. 3.( 11 ) Sulle matrici – specie inglesi e svizzere – dellesoluzioni accolte dalla Convenzione di Roma in temadi collegamento obiettivo v. Leandro, infra, commentosub art. 4, par. 1.venzionale non ha potuto neppure usufruiredell’opera di interpretazione uniforme dellaCorte di giustizia comunitaria: gli appositi protocollifirmati a Bruxelles il 19 dicembre1988 ( 10 ) sono entrati in vigore solo il 1 o agosto2004 senza determinare – almeno finora – alcunapronuncia giudiziaria sullo strumento convenzionale.La Convenzione aveva dichiaratamente un’efficacia« universale »: le norme ivi racchiuse potevanocioè determinare, negli Stati contraenti,anche l’applicazione della legge di uno Statoterzo (art. 2). Coerentemente con le soluzioniaffermatesi in alcuni sistemi internazionalprivatisticinazionali, anche estranei all’area comunitaria,da cui la Convenzione traeva in parte ispirazione( 11 ), il suo approccio conflittuale era piùincline a sottolineare il valore della effettivitàdel legame fra la situazione da regolare e la disciplinamateriale ad essa applicabile, piuttostoche quello della formale prevedibilità di tale disciplina.Lo attestava la formulazione dell’art. 4,che indicava il diritto applicabile in assenza diuna scelta delle parti. La disposizione ruotavaintorno al principio – sancito nel par. 1 – in forzadel quale il contratto è regolato dalla leggedel paese con cui presenta il collegamento piùstretto. Solo in via presuntiva si identificava talelegame con l’ordinamento di residenza del prestatorecaratteristico (par. 2). Ne conseguivano,in piena coerenza funzionale, il valore presuntivodi taluni criteri di collegamento specificamenteindicati nei parr. 3e4,rispettivamenteper i contratti aventi ad oggetto diritti reali epersonali su beni immobili e per i contratti ditrasporto.La forza attrattiva del collegamento più strettoera così assorbente che lo stesso l’art. 4, par.1, consentiva – sia pure eccezionalmente – di« frammentare » la fattispecie contrattuale, prevedendoin modo espresso l’applicazione di piùleggi ove le varie parti della fattispecie o i variprofili ad essa relativi presentassero un collegamentopiù stretto con ordinamenti distinti. Il fenomenodel dépeçage si ribadiva nell’art. 7, par.1, della convenzione dedicata alle cc.dd. « disposizioniimperative di uno Stato terzo », differentida quelle configurate nell’ordinamento delforo adito (oggetto del par. 2) ed in ogni casoestranee alla lex causae. L’istituto, sancito in alcuneleggi nazionali, era soprattutto rispettosodi quel filone dottrinario incline a valorizzare letecniche di « autocollegamento », volte a soddisfarele esigenze normative espresse d<strong>agli</strong> Statiin rapporto alla specifica fattispecie concreta( 12 ).La flessibilità della disciplina di conflitto consentivaalle soluzioni ivi previste di adeguarsi alleesigenze regolatorie della situazione di voltain volta considerata. L’obiettivo della certezzadel diritto era rimesso ad un impianto normativoche agevolava tale esito senza precostituirloin modo astratto.2. – Il reg. CE n. 593/2008 mantiene solo inparte questo approccio, condizionato da un dupliceordine di esigenze. Anzitutto la pressioneesercitata dal processo integrazione comunitariarispetto al sistema di diritto internazionale privatouniforme ( 13 ). L’art. 65 Tratt. CE esplicitamenteasserisce che, in questo campo, la normativacomunitaria deve corrispondere alle necessitàdel « corretto funzionamento del mercatointerno » e dunque concorrere, nelle forme chesono proprie del diritto internazionale privato econ i peculiari strumenti di cui questo dispone,al perseguimento dei fini dell’integrazione europeae alla realizzazione dei valori (anche economici)ad essi sottesi ( 14 ). Ma anche ove non vifosse una formulazione del genere (che peraltrosostanzialmente perdura nel testo risultante dal( 12 ) Quadri, Lezioni di diritto internazionale privato3 , Napoli, 1961, p. 177 ss.( 13 ) Picone, Diritto internazionale privato comunitarioe pluralità dei metodi di coordinamento tra ordinamenti,inDiritto internazionale privato e diritto comunitario,a cura di Picone, Padova, 2004, p. 485 ss.( 14 ) In argomento v. già Fallon, Les conflits delois et de juridictions dans un espace économique intégré,inRec. Cours, 1996, vol. 253, p. 9 ss.NLCC 3/4-2009


524reg. CE n. 593/2008Trattato di Lisbona) ( 15 ), sarebbe oltremodo difficile– se non impossibile – sottrarre l’unificazionedelle norme di conflitto nazionali ai condizionamentipropri dell’ordinamento comunitario. Laquestione non è più quella di riconoscere il « primato» del diritto comunitario sul modello diquanto stabilito dall’art. 20 della Convenzione diRoma, relegando le allora scarne disposizioni deldiritto derivato concernenti i conflitti di leggi alruolo di norme speciali dotate di una particolarevalenza precettiva rispetto alla stessa convenzione( 16 ). Si tratta piuttosto di coordinare il caratterepervasivo del processo di integrazione comunitariacon la perdurante logica « universale » che ilreg. « Roma I » ribadisce all’art. 2 ( 17 ).Diversamente dalla Convenzione, nel regolamentosono presenti sia la precedente prospettivadi diritto internazionale privato uniforme chemirava ad un coordinamento « orizzontale »della competenza legislativa degli Stati, anchenon membri dell’Unione, sia la nuova logica didiritto internazionale privato uniforme sottesaall’emergere progressivo del diritto comunitarioquale autonomo polo ordinatorio distinto d<strong>agli</strong>ordinamenti nazionali e sovraordinato rispettoad essi ( 18 ). Quando si affermano le esigenzeproprie di questa seconda logica di tipo « verticale», esse inevitabilmente prevalgono sul modello« orizzontale ».La competenza che l’art. 65 riconosce alla Comunitàin materia di diritto internazionale privatoe processuale è finalizzata a garantire (ancheverso l’esterno) l’acquis communautaire nelladimensione propria dei conflitti di leggi e digiurisdizione.La prospettiva dello spazio giudiziario europeoentro cui si colloca il reg. CE n. 593/2008impone anzitutto soluzioni speciali riferite airapporti infracomunitari. Significativo, in questosenso, l’art. 3, par. 4, il quale prende in considerazionele sole norme imperative « interne »di uno Stato membro al fine far valere il loro carattereinderogabile ad opera della volontà delleparti ( 19 ). In maniera ancor più esplicita – e pococondivisibile – il regolamento rifiuta la logicadella « equivalenza » con Stati extracomunitariallorché prospetta la possibilità di evincere lavolontà implicita della optio iuris solo dalla prorogaa favore del giudice di uno Stato membro(12 o considerando), rifiutando negli altri casianalogo valore « indiziario ».Infine, l’art. 25, par. 2, stabilisce il primatodel regolamento sulle convenzioni concluseesclusivamente tra due o più Stati membri mentreall’art. 26 profila l’eventualità che gli Statimembri denuncino le convenzioni pregresse didiritto uniforme – di cui siano parti ( 20 ). Conl’adozione del regolamento, la Comunità diventacompetente in via esclusiva anche nel campodelle relazioni esterne ed è quindi anche nellacondizione di imporre in quella sede <strong>agli</strong> Statimembri il rispetto delle proprie esigenze ordinatorie( 21 ). In tale prospettiva potrebbero ancheessere convenuti nuovi obblighi internazionalisuscettibili di imporre <strong>agli</strong> Stati membri didenunciare le convenzioni pregresse o di considerarletacitamente abrogate.Sarebbe però semplicistico valutare il processodi unificazione delle norme di conflitto secondolo schema del « diritto interlocale », qualesperimentato negli Stati federali. Piuttosto, lalogica « integrata » permea contenuto e strutturadella norma conflittuale quando questa comportil’applicazione di norme nazionali extracomunitarie.A proposito del contenuto, è emblematicala soluzione indicata dall’art. 4, par. 1,lett. h), relativo alla legge applicabile ad un contrattodi compravendita di titoli finanziari conclusonell’ambito di un « sistema multilateraleche consente o facilita l’incontro di interessi( 15 )L’art. 81, par. 2, del Trattato sul funzionamentodell’Unione europea parla delle misure che la Comunitàpuò, adottare, nel settore della cooperazionegiudiziaria in materia civile « in particolare se necessarioal buon funzionamento del mercato interno ».( 16 ) V. al riguardo Marongiu Buonaiuti, infra,commento sub art. 23.( 17 ) Al riguardo, v. più ampiamente Franzina, infra,commento sub art. 2.( 18 ) Sulla maggiore rigidità rispetto alla convenzione,vedi anche infra, nt. 57.( 19 ) Su tale argomento v. più ampiamente Biagioni,infra, commento sub art. 3, II.( 20 ) Sui rapporti intercorrenti fra il reg. « Roma I »e le convenzioni concluse d<strong>agli</strong> Stati membri, v.Franzina, infra, commento sub <strong>artt</strong>. 25-26.( 21 ) In generale, sulle relazioni esterne della Comunitàeuropea nel campo del diritto internazionale privato,v. Bariatti, Lo sviluppo delle competenze comunitariein materia di diritto internazionale privato e processuale,inBariatti,Casi e materiali di diritto internazionaleprivato comunitario 2 , Milano, 2009, p. 46 ss.NLCC 3/4-2009


Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 525multipli di acquisto e di vendita »: in forza di taledisposizione, si potrà anche applicare la leggedi uno Stato terzo purché correlata ad un mercatofinanziario della stessa natura di quellooperante e regolato nell’ambito della Comunità.( 22 ) Cfr. il 4 o eil6 o considerando del regolamento.( 23 )Loè, tra l’altro, in tema di validità sostanziale:v. Cortese, infra, commento sub art. 10.( 24 ) Così l’11 o considerando.( 25 ) Cfr. il 15 o considerando el’art. 3, par. 3; inproposito, anche per i necessari riferimenti, v. Bertoli,infra, commento sub art. 1, I, par. 3, e Gardella,infra, commento sub art. 3, I, par. 7.3. – L’impatto più significativo dello spazionormativo integrato è tuttavia sulla strutturadella disciplina conflittuale, avendo il reg. « RomaI » fortemente risentito dell’obiettivo di certezzadel diritto che impegna programmaticamentel’attività comunitaria nel campo del dirittointernazionale privato. I legami con il quadrogiuridico comunitario impongono, come esplicitamenteasserisce il 16 o considerando del regolamento,la certezza del diritto nello spazio giudiziarioeuropeo, da perseguire garantendo« un alto grado di prevedibilità»del diritto applicabileai rapporti a carattere transnazionale.Tale esigenza si svolge nella duplice prospettivadi assicurare al soggetto privato condizioni uniformidi godimento del diritto e di rafforzarel’approccio uniforme dei giudici nazionali nelladeterminazione del diritto applicabile, in funzionedi contrasto al forum shopping ( 22 ).In alcuni casi resta valido l’approccio seguitodalla Convenzione di Roma nel perseguire il finedella prevedibilità ( 23 ). Lo è in particolareper la preferenza accordata al diritto scelto dalleparti, tanto che il reg. CE n. 593/2008 definiscela optio iuris « una delle pietre angolari del sistemadelle regole di conflitto di leggi in materia diobbligazioni contrattuali » ( 24 ). Anzi, tale indirizzorisulta accentuato, dal momento che con ilregolamento non ha più ragione di porsi l’orientamentorestrittivo da taluni manifestato circal’idoneità della sola volontà delle parti di « internazionalizzare» una fattispecie altrimenticollegata con un solo ordinamento ( 25 ).I fini di effettività e prevedibilità sottesi al dirittoscelto dalle parti avrebbero dovuto indurreil legislatore comunitario a valorizzare, entrocerti limiti e con i necessari correttivi, l’eventualitàche le parti facessero riferimento ad un « dirittonon statale » o ad una convenzione di dirittomateriale internazionalmente uniforme. Ilpreambolo del regolamento si limita invece astabilire, nel 13 o considerando, che il regolamentostesso non impedisce ai contraenti di integrare,tramite rinvio, il contenuto di tali norme nell’accordo( 26 ). Nel 14 o considerando, peraltro, siprefigura per le parti la scelta di assoggettare illoro rapporto alle norme materiali sui contrattienunciate in un « idoneo strumento giuridico »che la Comunità potrebbe adottare all’esito dellariflessione, ancora in corso, sul c.d. QuadroComune di Riferimento del diritto contrattuale( <strong>27</strong> ). In un caso come nell’altro si consente alleparti di incorporare – tramite semplice rinvio– regole materiali afferenti ad un sistema normativodiverso da quello che regola il contratto,al quale in ogni caso l’architettura del regolamentoimpone di risalire ( <strong>28</strong> ).Il valore della prevedibilità ha inciso profondamentesulla determinazione del diritto applicabilein mancanza di scelta delle parti, anzituttoassegnando al reg. « Roma I » un connotatomaggiormente specialistico rispetto alla Convenzionedi Roma. Vi si ritrovano classi astrattedi fattispecie contrattuali già regolate dalla Convenzione,ma che ricevono una disciplina autonoma(come in materia di cessione di credito esurrogazione) ( <strong>29</strong> ) talora più articolata della precedente(è il caso, ad es., dei contratti di trasporto)( 30 ), e soprattutto una serie di fattispecie( 26 ) Sul tema v. più diffusamente Gardella, infra,commento sub art. 3, I, par. 6 ss.( <strong>27</strong> ) V. in proposito, per tutti, Somma, Verso il dirittoprivato europeo? Il Quadro comune di riferimentonel conflitto tra diritto comunitario e diritti nazionali,inRiv. trim. dir. e proc. civ., 2008, p. 1097 ss.( <strong>28</strong> ) Sulla dottrina del « contratto senza legge » v.peraltro di recente Carella, Il diritto applicabile aicontratti: norme di conflitto e norme materiali, inIrapporti economici internazionali e l’evoluzione del lororegime giuridico, a cura di Boschiero e Luzzatto,Napoli, 2008, p. 169 ss. Il regolamento peraltro nonconsidera l’eventualità di agganciare il contratto aldiritto (« interno ») di organizzazioni internazionali,in specie di quelle operanti nel campo delle relazionifinanziarie internazionali, come accade per la Bancamondiale e gli organismi che vi afferiscono.( <strong>29</strong> )V.Leandro, infra, commento sub art. 14 eId., infra, commento sub art. 15.( 30 )V.Biagioni, infra, commento sub art. 5.NLCC 3/4-2009


526reg. CE n. 593/2008( 31 ) Questa tendenza era, per certi aspetti, ancorpiù marcata nella Proposta di regolamento, che contenevaregole specifiche anche in materia di contratti diintermediazione e di contratti « riguardanti la proprietàintellettuale o industriale » (su tale tematica, v.Boschiero, voce Beni immateriali (diritto internazionaleprivato e processuale),inEnc. dir., Annali, II, t. 2,Milano, 2008, p. 150 ss., v. altresì Leandro, infra,commento sub art. 4, I, par. 10). Per contro, nel corsodei lavori preparatori la lista delle categorie contrattuali« nominate » regolate dall’art. 4 si è arricchitadi « tipi » originariamente non previsti, come lavendita all’asta e la cessione di strumenti finanziarinell’ambito di sistemi multilaterali preposti all’incontrodi interessi multipli di acquisto e vendita.( 32 ) Cfr. il 16 o eil20 o considerando.( 33 ) In tal senso v. anche l’art. 5, par. 3 sui contrattidi trasporto e l’art. 8 sul contratto individuale di lavoro.La rigidità sottesa a tale scelta appare tanto piùnetta se posta a raffronto con l’art. 4, par. 2, del reg.CE n. 864/2007 sulla legge applicabile alle obbligazioniextracontrattuali: Lando e Nielsen, The RomeI Regulation, inCommon Market Law Rev., 2008, p.1700 s.( 34 ) V. anche il 20 o considerando.contrattuali specificamente nominate nell’art. 4,par. 1, assai più numerosa della precedente,perché vi sono inclusi contratti non contemplatidalla Convenzione, quali la vendita di beni, laprestazione di servizi, il franchising e la distribuzionecommerciale ( 31 ).Questo accresciuto grado di specializzazionedella norma comunitaria di diritto internazionaleprivato ne determina un più elevato grado dirigidità rispetto alla Convenzione di Roma, caratterizzatainvece dalla centralità del criterio« empirico » costituito dal collegamento piùstretto. Nel « nuovo » art. 4, il collegamento piùstretto, pur presente come clausola di salvaguardia( 32 ), perde la sua centralità per diventare,a seconda dei casi, o una regola speciale (art.4, par. 3) derogatoria delle regole stabilite per icontratti nominati e per quelli non nominati inbase al collegamento con la legge del prestatorecaratteristico ( 33 ), o una regola meramente sussidiariaper quei contratti (nominati e non) rispettoai quali non sia stato possibile individuarela prestazione caratteristica (art. 4, par.4) ( 34 ). Del resto, già in applicazione delle « presunzioni» di cui all’art. 4 della Convenzione, lagiurisprudenza aveva tendenzialmente mostratodi preferire l’impiego di formule « precostituite» a una ricerca empirica, se non talora aleatoria,del collegamento più stretto ( 35 ). Il 19 o considerandodel reg. « Roma I » stabilisce, oramai,che la « legge applicabile dovrebbe essere determinataconformemente alla regola previstaper lo specifico tipo di contratto ».L’innovazionerispetto alla Convenzione di Roma è radicaleperché i criteri di collegamento indicati hannovalore costitutivo e non semplicemente presuntivodel legame più stretto costituito dalla prestazionecaratteristica.Le esigenze di prevedibilità sono altresì rafforzatein relazione alla disciplina internazionalprivatistcadei rapporti che coinvolgano deicontraenti « deboli ». Per i contratti conclusidai consumatori è meglio precisata la teoria della« focalizzazione » delle attività del professionistaverso il paese del consumatore, come sievince sia dal 24 o considerando sia dall’art. 6,par. 1 ( 36 ). Per il contratto individuale di lavorosi estende l’accezione del luogo di prestazioneabituale del lavoratore, dando espressamente rilievoal luogo « a partire dal quale » il dipendentesvolge abitualmente il proprio lavoro, edescludendo in modo esplicito che la esecuzionetemporanea di prestazioni all’estero integri unamodifica del luogo di abituale svolgimento dellaattività lavorativa (art. 8, par. 2) ( 37 ).Il carattere maggiormente puntuale e specialisticodel regolamento unito allo sviluppo di nozioniautonome consente in alcuni casi di allargareil campo di applicazione della disciplinamateriale applicabile. Significativa l’espansioneindicata nel <strong>29</strong> o considerando circa la legge applicabilealla vendita dei titoli mobiliari nel mercatofinanziario, tesa ad assicurare che « tutti irelativi aspetti contrattuali di un’offerta che vincolanol’emittente o l’offerente al consumatoresiano disciplinati da un’unica legge ». Quandoperò manchi una simile indicazione, la rigiditàrichiesta dall’applicazione di regole distinte perspecifici profili può dar luogo ad una contraddizionenon sempre facilmente risolvibile comenell’ipotesi della cessione di credito valida secondola legge del contratto ma inefficace nei( 35 ) Cfr. Lopes Pegna, Il rilievo del collegamentopiù stretto dalla convenzione di Roma alla proposta diregolamento « Roma I », inRiv. dir. internaz., 2006,p. 756 ss.( 36 )V.Pizzolante, infra, commento, sub art. 6.( 37 )V.Venturi, infra, commento, sub art. 8.NLCC 3/4-2009


Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 5<strong>27</strong>confronti del debitore secondo la legge del credito( 38 ).( 38 )V.Leandro, infra, commento, sub art. 14.( 39 ) Cfr. Barile, Lezioni di diritto internazionaleprivato 2 , Padova, 1980, p. 1<strong>27</strong>.( 40 ) Cfr. Marrella, Prime note circa la scelta deldiritto applicabile alle obbligazioni contrattuali nellaproposta di regolamento « Roma I », inLa legge applicabileai contratti nella proposta di regolamento « RomaI », a cura di Franzina, Padova, 2006, p. 33.4. – Ragioni di prevedibilità influenzano, nelreg. CE n. 593/2008, anche la struttura e il funzionamentodel richiamo internazionalprivatistico.Come la Convenzione di Roma (art. 15),anche il regolamento, all’art. 20, esclude la rilevanzadelle norme di diritto internazionale privatodell’ordinamento richiamato, sulla falsarigadi quanto normalmente avviene nelle convenzioniuniformi di diritto internazionale privato,nelle quali gli Stati trovano comuni parametrinormativi di riferimento capaci di precludere,nella misura in cui l’uniformità viene daesse effettivamente realizzata, lo stesso insorgeredel problema del « rinvio ». L’obbligo di applicarela legge materiale designata dalle normedel regolamento, anche se afferente ad uno Statoextracomunitario, concorre ad assicurarel’astratta prevedibilità el’agevole determinazionedel diritto applicabile alla fattispecie, riproponendonei fatti il modello di certezza sostenutoin passato dalla dottrina italiana a giustificazionedell’abrogato art. 30 disp. prel. ( 39 ), cheappunto escludeva, nella soluzione dei conflittidi leggi, l’impiego delle norme di diritto internazionaleprivato della legge straniera richiamata.A rafforzare la prevedibilità sovviene, poi,l’unitarietà del diritto applicabile, la cui garanziaappare più marcata nel regolamento rispettoalla precedente disciplina convenzionale. Il regolamentoprefigura testualmente il dépeçagesolo nel campo della optio iuris (art. 3, par. 1,seconda frase), valorizzando l’idoneità dell’autonomianegoziale a promuovere l’agevole determinazionedella legge regolatrice anche in relazionead una parte soltanto del contratto. Sitratta di un meccanismo eccezionale ( 40 ), che –in assenza di una analoga e specifica disposizione– appare difficilmente riproponibile nel campodei criteri di collegamento a carattere oggettivo,tanto nell’art. 4 (che sembra designare unalegge unica per ciascuna delle categorie nominateivi previste) ( 41 ), quanto per gli <strong>artt</strong>. 5, 6, 7e 8, relativi ai contratti di trasporto, ai contratticonclusi dai consumatori, ai contatti assicurativie individuali di lavoro.Questa impostazione si discosta concettualmentedall’approccio « analitico » che aveva caratterizzatola prima fase di codificazione del dirittointernazionale privato e processuale in ambitoeuropeo e trova riscontro anche in regolamentiaffini ( 42 ). Lo sottolinea il 19 o considerandodel reg. CE n. 593/2008, avvertendo che nell’ipotesidi un « contratto costituito da uninsieme di diritti e obblighi che possono essereconsiderati rientrare in più di uno dei tipi « nominati», la prestazione caratteristica del contrattodovrebbe essere determinata in funzionedel suo baricentro ». Considerato che la prestazionecaratteristica è un criterio giuridico di collegamento,l’espressione « baricentro » (« centreof gravity »; « centre de gravité »; « Schwerpunkt») imporrebbe la ricerca della prestazionecaratteristica unitaria e nel contempo « prevalente» in relazioni contrattuali miste, sempreutilizzando parametri giuridici obiettivamente( 41 ) Per una più ampia (e diversamente orientata)disamina del problema, v. Leandro, infra, commento,sub art. 4, par. 12.( 42 ) Significativa, al riguardo, la vicenda del forumdestinatae solutionis. Nella sua originaria configurazione,stabilita dall’art. 5, n. 1, della già citata Convenzionedi Bruxelles del 1968, esso designava comecompetente il giudice del luogo in cui la « obbligazionededotta in giudizio »èstata o deve essere eseguita,potendo dunque concorrere, in relazione al medesimorapporto contrattuale e sulla base della medesimotitolo astratto, la competenza di tanti giudici di Statidiversi quante fossero le obbligazioni assunte dalleparti, suscettibili di dar luogo a una lite; cfr. Cortegiust. CE 6 ottobre 1976, causa 14/76, De Bloos, inRaccolta, 1976 p. 1497 ss., punti 11 ss. L’art.5n.1del reg. CE n. 44/2001, pur mantenendo il riferimentoal luogo di adempimento dell’obbligazione litigiosa,lo declina – quanto meno per la « compravenditadi beni » ela« prestazione di servizi »–in modo unitario,stabilendo che, nei casi ora indicati, si debbaavere riguardo, rispettivamente, al luogo in cui i benisono stati o avrebbero dovuto essere consegnati e alluogo in cui i servizi sono stati o avrebbero dovutoessere forniti; cfr. Corte giust. CE 3 maggio 2007,causa 386/05, Color Drack, ivi, 2007 p. I-3699 ss.,punto 26.NLCC 3/4-2009


5<strong>28</strong>reg. CE n. 593/2008( 43 ) Non sembrerebbe dunque esservi spazio perl’impiego della logica economico-quantitativa utilizzatadalla Corte di giustizia CE a proposito dell’art. 5n. 1, lett. b), del reg. CE n. 44/2001 nella sent. 3 maggio2007, cit., punto 40.( 44 ) Corte giust. CE 23 novembre 1999, cause riunite369/96 e 376/96, Arblade, inRaccolta, 1999, p.I-8453 ss., punti <strong>29</strong> ss.( 45 )V.Biagioni, infra, commento, sub art. 9, par.2.determinabili ( 43 ). Il ridimensionamento strutturaledella regola sul collegamento più strettoinduce a sostenere il carattere altamente controvertibiledel dépeçage ad opera del giudice, cheandrebbe dunque escluso tanto in relazione allefattispecie nominate quanto a quelle non nominateper le quali tuttavia sia individuabile laprestazione caratteristica.L’importanza attribuita dal regolamento alla« unità »del regime giuridico del contratto contribuiscea spiegare anche le scelte restrittiveoperate in relazione alla nozione ed all’impiegodelle norme di applicazione necessaria destinatead « insinuarsi » in tale regime. L’art. 9, par. 1,del reg. CE n. 593/2008 contiene una « definizione» delle norme di applicazione necessaria,in larga parte ricalcata su precedenti orientamentigiurisprudenziali ed incardinata sulla salvaguardiadegli interessi pubblici dello Stato( 44 ). Il carattere restrittivo, denunciato daiprimi commentatori della norma ( 45 ), si comprendese funzionalmente orientato a ridimensionareil fenomeno di « autocollegamento »,sopra ricordato. L’impatto concettualmente piùsignificativo della disposizione, alla luce di ciò,non è tanto sulle norme di applicazione necessariadello Stato (membro) del foro, per le qualinon si configura – almeno testualmente – una limitazione(par. 2), quanto sulle norme imperativedello Stato terzo (par. 3). La disposizione delregolamento al riguardo non si esprime in terminianaloghi a quelli utilizzati dall’art. 7, par. 1della Convenzione di Roma. Questo strumento,come si è visto, valorizzava l’istituto nella logica« strutturale » ed analitica del collegamento piùstretto, facendo così coesistere le norme imperativedi Stati terzi a fianco a quelle della lex forie naturalmente alla lex causae, col risultato di« frammentare » distinti profili della medesimafattispecie contrattuale. Nel regolamento, invece,la possibilità di dare rilievo alle norme imperativedi Stati terzi, oltre ad essere confinata allenorme dello Stato « in cui gli obblighi derivantidal contratto devono essere o sono stati eseguiti», è subordinata alla circostanza che le stesserendano illecito il contratto in quanto tale, determinandocioè delle conseguenze rispetto alrapporto considerato nel suo insieme.5. – Il 40 o considerando del reg. « Roma I »esprime la necessità di « evitare la dispersionedelle regole di conflitto di leggi in molteplicistrumenti », oltre che « le divergenze tra tali regole». Pur non essendo esclusa l’eventualitàche specifiche regole di conflitto operino con riguardoa materie particolari, emerge dunquel’orientamento del regolamento di ricercare, inlinea di principio, la propria coerenza con altrenorme comunitarie. Tale approccio – assentenella Convenzione di Roma – si dipana in variedirezioni.In primo luogo, l’esplicita preferenza versoformule di coordinamento intertestuale con altriatti normativi comunitari tesi ad armonizzareil diritto internazionale privato e processualedegli Stati membri. Il regolamento lo richiede ingenerale (7 o considerando) per il reg. « BruxellesI » e per il reg. CE n. 864/2007 dell’11 luglio2007 sulla legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali(« Roma II ») ( 46 ). Ma la coerenzaè ancora più netta quando il raccordo con altriregolamenti avviene allo scopo di delimitareil campo di applicazione ratione materiae delreg. CE n. 593/2008. Lo si riscontra in specieper la responsabilità precontrattuale ( 47 ), esplicitamenteesclusa dal reg. CE n. 593/2008 incoerenza con la pregressa scelta di comprenderlonella disciplina relativa alle obbligazioni extracontrattuali(art. 12 del reg. « Roma II »), inlinea con l’indirizzo emerso nella sentenza Tacconidella Corte di giustizia ( 48 ); un raccordo,questo, funzionale a garantire una sorta di continuità«orizzontale» nell’applicazione degli atticomunitari di diritto internazionale privato eprocessuale. La coerenza interpretativa « intertestuale» permette altresì di definire il significa-( 46 )InG.U.U.E. n. L 199 del 31 luglio 2007, p. 40ss.( 47 )V.Bertoli, infra, commento, sub art. 1, VIII.( 48 ) Corte giust. CE 17 settembre 2002, causa 334/00, in Raccolta, 2002, p. I-7357 ss., punti 21 ss.NLCC 3/4-2009


Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 5<strong>29</strong>to uniforme ora di specifiche classi di fattispeciecontrattuali (come la « vendita di beni » ela« prestazione di servizi », per le quali – lo ricordail 17 o considerando – occorre avere riguardoalla nozione accolta nel reg. CE n. 44/2001 ( 49 )),ora di criteri o principi generali unitari da utilizzarenel diritto internazionale privato e processualecomunitario (ad es. in materia di contratticonclusi dai consumatori e di norme imperative« semplici », come attestano il 15 o eil24 o considerando).Il risultato più significativo di questo« allineamento » fra gli atti delle istituzioniadottati sulla base dell’art. 65 del Trattato consistenel consolidare determinati principi di dirittointernazionale privato comunitario. Si pensi,tra tutti, alla accezione « sostanziale » dellequestioni inerenti all’onere della prova ed allepresunzioni legali, ormai sottratte alla materiaprocessuale per essere assorbite nell’ambito dellalex causae ( 50 ).Altre volte, la coerenza del reg. CE n. 593/2008 è con nome comunitarie « materiali », rinvenibiliin altri atti di diritto comunitario derivato.Da esse talora discendono indicazioni destinatead illuminare il significato delle espressioniutilizzate nel regolamento. È quanto avvieneper la nozione di « sistemi multilaterali di negoziazione» (18 o considerando), di servizi estrumenti finanziari (26 o e30 o considerando),per i contratti di time-sharing (<strong>27</strong> o considerando)o per i contratti di assicurazione « grandi rischi» (art. 7). Il richiamo alla disciplina materialecomunitaria si spiega, da un diverso puntodi vista, per quelle situazioni nelle quali siano ingiuoco norme di applicazione necessaria come ilper il distacco del lavoratore in un altro Statomembro (34 o considerando).La « contaminazione » del diritto internazionaleprivato comunitario ad opera di altre regolecomunitarie contribuisce in vario modo a stabilirel’impronta autonoma del sistema, tantoverso l’esterno quanto nei confronti degli Statimembri. Rispetto al primo profilo, questa accresciuta« identità ordinatoria » della Comunità( 49 ) Circa la nozione di « prestazione di sevizi », v.Corte giust. CE 23 aprile 2009, causa 33/07, Falco,non ancora pubblicata in Raccolta ma consultabilenel sito della Corte di giustizia (http://curia.europa.eu),punti 42 ss. V. Marongiu Buonaiuti, infra,commento sub art. 4, III, par. 2.( 50 )V.Leandro, infra, commento, sub art. 18.europea complica oltremodo la possibilità di valorizzareil suo modello « uniforme » alla streguadi un modello effettivamente universale. Neè prova la circostanza che la Comunità europea,pur aderendo alla Conferenza dell’Aja di dirittointernazionale privato ( 51 ), mutui le soluzioniuniformi elaborate all’interno di essa solo secoerenti con la propria politica di armonizzazione( 52 ).Quanto alle ricadute sugli ordinamenti nazionalidegli Stati membri, l’aspetto più rilevantedell’evoluzione sopra segnalata consiste nell’accresciutarilevanza del significato autonomo attribuitoo da attribuire alle espressioni tecnico<strong>giuridiche</strong>impiegate nelle uniformi. All’uopo ilregolamento non si limita a fruire di quelle giàenunciate in atri testi comunitari, ma ne indicapuntualmente delle proprie che vengono ad arricchirel’acquis communautaire. È così, ad es.,per la nozione di « residenza abituale » (cui si riferiscono,in continuità con l’art. 23 del reg.« Roma II », il39 o considerando el’art. 19 delreg. CE n. 593/2008), per il concetto di « mittente» nel contratto di trasporto (22 o considerando)e per l’espressione « rapporti » tra cedentee cessionario ex art. 14 (38 o considerando).Nei casi in cui la qualificazione non sia volutamentecircoscritta al solo reg. CE n. 593/2008(come accade con il <strong>28</strong> o considerando, in temadi contratti su strumenti finanziari, e con il 39 oconsiderando per la nozione di « residenza abituale»), essa è destinata ad espandersi all’interoquadro normativo comunitario di diritto internazionaleprivato sempre che non ostino limitazionipuntuali ad opera di altri atti ( 53 ). È plau-( 51 ) Decisione n. 2006/719/CE del 5 ottobre 2006(in G.U.U.E. n. L <strong>29</strong>7 del 26 ottobre 2006, p. 1 ss.).La Comunitàèmembro della Conferenza dal 3 aprile2007.( 52 ) V., ad es., l’art. 15 del reg. CE n. 4/2009 del 18dicembre 2008 relativo alla competenza, alla leggeapplicabile e al riconoscimento delle decisioni in materiadi obbligazioni alimentari (in. G.U.U.E. n.L7del 10 gennaio 2009, p. 1 ss.), in forza del quale lalegge applicabile alle obbligazioni alimentari «èdeterminatasecondo il Protocollo dell’Aia del 23 novembre2007 relativo alla legge applicabile alle obbligazionialimentari negli Stati membri vincolati da talestrumento ».( 53 ) Si consideri, ad es., la diversa risposta che riceve– nel reg. « Bruxelles I » e nel reg. CE n. 593/2008 – il problema della identificazione della « se-NLCC 3/4-2009


530reg. CE n. 593/2008sibile, ad es., che la nozione estensiva data alluogo di prestazione abituale del lavoro dipendentequale formulata dall’art. 8 del reg. CE n.593/2008 si riverberi sulla disciplina paralleladel « foro del lavoratore » contemplata dall’art.19 del reg. CE n. 44/2001, col risultato di rafforzarela coerenza delle soluzioni tra i due testi.E, così, pure la scelta del reg. « Roma I » di includerei servizi finanziari nell’ambito dei contrattidei consumatori dovrebbe riversarsi sullacorrispondente disciplina del reg. « BruxellesI », riconducendo le pertinenti controversie all’internodel foro « protettivo » del consumatore( 54 ). Sempre nell’ambito dei contratti conclusidai consumatori, rileva in questo senso la regola,dettata dall’art. 6, par. 4, lett. c), che escludel’applicabilità della disciplina « protettiva »ai contratti aventi per oggetto un diritto realeimmobiliare o la locazione di un immobile, diversidai contratti di multiproprietà di cui alladir. 1994/47/CE del 26 ottobre 1994 (nel frattemposostituita dalla dir. 2008/122/CE del 14gennaio 2009), per i quali invece varrà anchel’utilizzazione del foro protettivo del consumatore( 55 ).Analogamente potrebbe asserirsi per la vexataquaestio relativa alla estensione del foro del contrattoex art. 5 n. 1 del reg. CE n. 44/2001 allecontroversie in cui si facciano valere delle preteserestitutorie connesse all’accertamento dell’originariainvalidità di un contratto. Dal momentoche l’art. 12, par. 1, lett. e), del reg. CE n.593/2008 sembra assorbire senza deroghe similisituazioni all’interno della lex contractus, inquanto rientrino fra le « conseguenze della nullitàdel contratto », appare ragionevole che unasoluzione parallela si affermi anche sul versantedella competenza giurisdizionale ( 56 ).La « trasformazione » della Convenzione diRoma in regolamento comunitario concorre diper sé stessa ad agevolare questo stato di cose; eciò, da un lato, perché –in ragione della sua attualeveste formale – la disciplina in discorsonon tollera più quelle puntuali « deviazioni »dall’obiettivo dell’uniformità che il regime pattiziocontemplava ammettendo l’apposizione diriserve ( 57 ); dall’altro, perché l’obiettivo dell’interpretazione« autonoma » del nuovo regime(di un’interpretazione, cioè, che prescinda dallecategorie proprie di questo o quell’ordinamentonazionale, e si basi principalmente sulla considerazionedegli scopi del regolamento stesso edel contesto in cui questo è inserito) potrà essereperseguito anche attraverso la procedura diinterpretazione pregiudiziale propria della Cortedi giustizia CE, sia pure, attualmente, coi limitidi cui all’art. 68 Tratt. CE ( 58 ).6. – La circostanza che il reg. CE n. 593/2008risenta del condizionamento « legeforistico »de », in senso lato, delle persone <strong>giuridiche</strong> I criteriposti dall’art. 60 del reg. CE n. 44/2001 (per i qualiuna società oun’altra persona giuridica deve ritenersidomiciliata nel luogo in cui si trova, alternativamente,la sua sede statutaria, la sua amministrazione centraleo il suo centro d’attività principale) non coincidonocon quello (l’amministrazione centrale) accoltodal reg. « Roma I », all’art. 19. Sul tema, v. MarongiuBuonaiuti, infra, commento sub art. 19.( 54 ) Nel 26 o considerando del regolamento si leggeche, ai fini del regolamento, « i servizi finanziari qualii servizi e le attività di investimento e i servizi accessoriprestati da un professionista a un consumatore,di cui alle sezioni AeBdell’all. I della dir. 2004/39/CE, e i contratti concernenti la vendita di quote negliorganismi di investimento collettivo, rientranti o menonel campo di applicazione della dir. 1985/611/CEE » dovrebbero essere soggetti all’art. 6, relativoai contratti di consumo. Sul tema, v. più ampiamentePizzolante, infra, commento, sub art. 6, par. 5, eGardella, infra, commento, sub art. 4, V, par. 5.( 55 )V.Franzina, infra, commento, sub art. 4, IV,par. 3 s.( 56 ) V. al riguardo, anche per quanto concerne ilcoordinamento della previsione contenuta nel reg.« Roma I » con l’art. 10 del reg. « Roma II », in temadi arricchimento senza causa, v. Leandro, infra,commento, sub art. 12, par. 6.( 57 ) Diversi Stati contraenti della Convenzione diRoma si sono avvalsi della facoltà di formulare riserveprevista dall’art. 22 della Convenzione stessa. L’Italiastessa vi ha fatto ricorso in rapporto all’art. 10, par. 1,lett. e), sulle conseguenze della nullità del contratto.È peraltro significativo che nel campo del diritto internazionaleprivato sia il reg. CE n. 593/2008 che ilreg. CE n. 864/2007 non contengano deroghe ad hocper singoli ordinamenti nazionali, come diversamentesi riscontra per i regolamenti comunitari afferential diritto processuale civile internazionale (v., ad es.,gli <strong>artt</strong>. 63, par. 2, e 65 del reg. CE n. 44/2001).( 58 )L’idea che la transizione da un regime pattizioa un regime sovranazionale implichi un’accresciutaesigenza di uniformità interpretativa si trova espressa,ad es., in Corte giust. CE 8 novembre 2005, causa443/03, Leffler, inRaccolta, 2005, p. I-9611 ss., punti43 ss.NLCC 3/4-2009


Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 531dell’ordinamento comunitario facilita la soluzionedi un certo numero di problemi concernentiregole generali di diritto internazionaleprivato su cui manchino puntuali indicazioni regolamentari.Ma tale impostazione non è sempresufficiente, mancando tuttora, nella Comunità,un sistema unitario di diritto internazionaleprivato. Sovvengono a tal fine le norme nazionali,in quanto idonee ad assicurare l’effetto utiledella disciplina sovranazionale.Tale approccio funzionale si dipana anzituttovalorizzando principi generali di diritto comuni<strong>agli</strong> Stati membri. Nel campo del diritto internazionaleprivato lo attestano alcune pronuncedella Corte di giustizia CE relative all’interpretazioneautonoma della Convenzione di Bruxellesdel 1968 ( 59 ). Il richiamo avviene solitamenteal modello prevalente negli ordinamenti nazionalidegli Stati membri, se idoneo al miglioresvolgimento dell’oggetto e dello scopo della regolacomunitaria da « integrare ». L’utilizzo ditali principi può essere agevolato da opportuneed autorevoli « ricognizioni » svolte sia pure inmodo non ufficiale a livello comparato, comesta avvenendo, sul piano del diritto materiale,proprio per la materia contrattuale ( 60 ). Questofenomeno di « osmosi » tra livello nazionale e livellocomunitario è reso possibile non solo peril continuum che caratterizza la rilevazione deiprincipi generali di diritto nell’esperienza giuridicacontemporanea, ma anche per le caratteristicheproprie del fenomeno di integrazione comunitariatuttora strutturalmente condizionatodalla coesistenza di sfere di sovranità nazionale,quelle degli Stati membri, caratterizzate da unaperdurante « vitalità».Tuttavia vi sono situazioni nelle quali l’impiegodei principi generali di diritto non permettedi colmare le lacune del regolamento. Del resto,proprio il fatto che su certi istituti le divergenzefra i sistemi nazionali siano particolarmentemarcate costituisce la ragione che ha precluso laformulazione di regole comunitarie uniformi. Èil caso – piuttosto emblematico – della regolaiura novit curia, che implica, come è noto, l’accertamentod’ufficio del diritto straniero applicabile.All’interno della Comunità si registrauna tendenziale contrapposizione tra quei sisteminazionali in cui il trattamento processualedel diritto straniero è tuttora equiparato a quellodei fatti storici, che le parti hanno l’onere diprovare, e quegli altri sistemi – tra cui l’italiano– per i quali invece il giudice deve in linea diprincipio procedere d’ufficio all’accertamentodel diritto straniero richiamato ( 61 ). Nella fasedi elaborazione del reg. « Roma II » era sembratoquasi prevalere questo secondo orientamento,poi però abbandonato nella versione definitivadel testo. Per il momento, la sola traccia rimastadi quella sensibilità consiste in una dichiarazioneallegata al reg. CE n. 864/2007, incui la Commissione, preso atto delle « pratichediverse » seguite d<strong>agli</strong> Stati membri circa il trattamentoprocessuale della legge straniera richiamata,si impegna a presentare uno studio comparativosull’argomento ed a prendere, se necessario,opportune misure. Nel reg. CE n. 593/2008 non vi è neppure traccia di tale impegnoprogrammatico nell’assunto – evidentemente –che la soluzione « sistemica » sia rimessa al reg.« Roma II ». Pertanto – de lege lata – la leggestraniera richiamata dal reg. CE n. 593/2008 saràoggetto di soluzioni diverse negli Stati membri,con sicuro pregiudizio per l’applicazioneuniforme dello stesso regolamento e soprattuttodello scopo da esso perseguito di « offrire un altogrado di prevedibilità »in relazione al dirittoapplicabile (16 o considerando).È però da chiedersi se il diritto comunitariosia del tutto insensibile alla soluzione perseguitanell’ordinamento nazionale. Anzitutto, sul pianostrettamente dommatico, potrebbe sovvenirela teoria ricettizia secondo cui il diritto stranierorichiamato è«materializzato » dalla norma dirinvio assumendone la stessa valenza formale.Se si abbracciasse questa teoria, ne discenderebbenegli ordinamenti nazionali una totale eformale equivalenza tra norma straniera richiamatae diritto comunitario, con la conseguenzache l’obbligo per il giudice di conoscere ed applicareil diritto comunitario si estenderebbe( 59 ) V., fra le altre, Corte giust. CE 1 o aprile 1993,causa 72/91, Sonntag, inRaccolta, 1993, p. I-1963 ss.,punto 18.( 60 )V.supra, par. 1.( 61 ) Una ricognizione comparatistica delle soluzioniaccolte in questo campo in diversi ordinamenti nazionalisi rinviene in Jänterä-Jareborg, ForeignLaw in National Courts: A Comparative Perspective,in Rec. Cours, 2003, vol. 304, p. 181 ss.NLCC 3/4-2009


532reg. CE n. 593/2008automaticamente anche alla norma straniera.Tuttavia questa teoria, oltre a determinare unaforzata assimilazione del diritto straniero richiamatoal diritto comunitario, è inconciliabile conl’esigenza, insita nello stesso rinvio, di applicarela legge del paese in questione, quale essa è nell’ordinamentodi origine, senza procedere a una« incorporazione » nell’ordinamento richiamanteche altrimenti ne altererebbe natura e significato.La questione si sposta allora sulle regole processualinazionali, di cui va verificata la compatibilitàcon il diritto comunitario. In applicazionedella Convenzione di Bruxelles e del reg. CEn. 44/2001, la Corte di giustizia comunitaria hamostrato di voler flettere regole e istituti processualinazionali là dove il loro impiego alteravail principio dell’applicazione uniforme dellaregola comunitaria. Ne sono stati episodi significativile pronunce riguardanti la dottrina britannicadel forum non conveniens ( 62 ) e la prassidelle c.d. anti-suit injunctions ( 63 ). Rilevato chel’unael’altra rischiano di compromettere il dirittod’azione dinanzi al giudice nazionale delloStato membro adito, la Corte ne ha asserito l’incompatibilitàcon la disciplina comunitaria, precludendonel’impiego all’interno della sfera applicativadelle norme uniformi. Un’analoga considerazionepotrebbe manifestarsi con riferimentoal problema del regime processuale deldiritto straniero e suggerire un generale accoglimento– con i temperamenti del caso – delle soluzionibasate sul principio iura novit curia, vistala loro sicura idoneità ad esplicare correttamentel’effetto utile della disciplina sovranazionaledei conflitti di leggi.( 62 ) Corte giust. CE 1 o marzo 2005, causa <strong>28</strong>1/02,Owusu, inRaccolta, 2005, p. I-1383 ss., punti 37 ss.( 63 ) Corte giust. CE <strong>27</strong> aprile 2004, causa 159/02,Turner, inRaccolta, 2004, p. I-3565 ss., punti 24 ss.( 64 ) Cfr. Corte cost. 14 marzo 2008, n. 63, reperibilenel sito della Corte costituzionale (http://www.cortecostituzionale.it).7. – Il regolamento gode del trattamento privilegiatoche è dovuto ad ogni obbligo comunitario.Nell’ordinamento italiano, ciò comportala disapplicazione delle norme interne incompatibilie la qualificazione di « noma interposta »ai sensi dell’art. 117, comma 1 o , Cost. ( 64 ). Lanorma comunitaria funge dunque anche da parametrodi legittimità costituzionale delle leggidello Stato. Questa collocazione gerarchicamentesovraordinata, oltre ad essere coordinatacon l’art. 11 Cost., obbliga l’interprete a preferire,tra le varie interpretazioni possibili della leggenazionale, quella che risulti maggiormentecompatibile con l’obbligo comunitario, così daescludere il giudizio di illegittimità costituzionale.Sennonché, facendo « ruotare » il significatodella norma ordinaria dello Stato in senso conformeal diritto internazionale o comunitario,inevitabilmente si affievolisce l’identità assiologicadel diritto nazionale.Ciò si riflette anche sulle norme materiali e diconflitto interessate dai regolamenti comunitaridi armonizzazione delle leggi nazionali di dirittointernazionale privato. Il vincolo all’interpretazioneconforme e soprattutto all’effetto utiledella norma comunitaria obbliga l’operatoregiuridico a ricercare la coerenza del sistemanormativo nazionale intorno al modello prefiguratodal diritto comunitario, rimuovendoogni soluzione ad esso alternativa. I principi generaliormai consolidati nel diritto internazionaleprivato comunitario sono, così, destinati ad« espandersi » nell’ordinamento italiano là dovemanchino prescrizioni ostative. Si pensi allascelta di far dipendere dalla lex causae la disciplinadell’onere della prova e delle presunzionilegali: l’allineamento in tal senso dei due principaliregolamenti comunitari di diritto internazionaleprivato –«Roma I » e « Roma II » ( 65 ) –li configura come idonei ad integrare l’assenzadi una prescrizione al riguardo nel sistema italianodi diritto internazionale privato. In questaprospettiva, l’indirizzo espresso a livello comunitariocirca la natura extracontrattuale dellaculpa in contrahendo potrebbe rivelarsi idoneo aricomporre le controverse valutazioni dottrinarieche si registrano su questo terreno negli ordinamentinazionali di diversi Stati membri ( 66 ).Rispetto <strong>agli</strong> istituti in cui il dato positivo dovesserisultare irrimediabilmente avverso allaqualificazione comunitaria, la divergenza ditrattamento tra fattispecie soggette al diritto nazionalee fattispecie soggette al norma comuni-( 65 )V.l’art. 18 del reg. CE n. 593/2008 e l’art. 22del reg. CE n. 864/2007.( 66 ) V. in proposito, con accenti diversi, MarongiuBuonaiuti, infra, Note introduttive, II, par. 2.NLCC 3/4-2009


Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 533taria conflittuale potrà eventualmente rivelarsiincompatibile con il principio di ugu<strong>agli</strong>anzanei rapporti tra privati, risolvendosi – se del caso– nella illegittimità della norma interna ( 67 ).Resta da stabilire se questa tendenziale omologazionevalutativa del diritto nazionale rispettoal diritto comunitario incontri dei limiti. Ildubbio riguarda soprattutto istituti o regole generaliattraverso cui si esprime il nucleo essenzialedi sovranità nazionale. Si pensi al funzionamentodelle norme di applicazione necessariao dei principi di ordine pubblico. Tanto le primequanto i secondi possono assumere concretocontenuto « comunitario », ma coesistendocon quello nazionale. Lo ha confermato la stessaCorte di giustizia CE a proposito della invocabilitàdel limite dell’ordine pubblico nei confrontidella circolazione di decisioni giudiziarieall’interno della Comunità in chiave di « difesa» dei valori giuridici irrinunciabili dello Statodel foro richiesto per l’esecuzione ( 68 ). A fortioritale limite risulta utilizzabile rispetto all’applicazionedi norme straniere di Stati extracomunitari,nei cui confronti non sembra plausibile richiamarequel clima di « reciproca fiducia » sucui sovente la giurisprudenza comunitaria hafatto leva per allentare gli ostacoli alla cooperazionegiudiziaria infracomunitaria.8. – Il reg. CE n. 593/2008 costituisce un attocomunitario direttamente applicabile per il qualenon occorre un provvedimento italiano chene dia puntuale attuazione. Anzi un tale attonon sarebbe neppure legittimo in ragione dellanota posizione assunta dal giudice comunitarioper il quale sono illegittimi provvedimenti nazionalimeramente riproduttivi di norme comunitarieimmediatamente esecutive ( 69 ). Quindi ilreg. CE n. 593/2008 si attua nell’ordinamentoitaliano per forza propria senza che sia corredato– anche a solo titolo dichiarativo – di norme( 67 ) Sono noti, sul punto, gli insegnamenti del giudicedelle legge; v., fra le molte pronunce, Corte cost.30 dicembre 1997, n. 443, in Foro it., 1998, I, c. 697ss.( 68 ) Corte giust. CE <strong>28</strong> marzo 2000, causa 7/98,Krombach, inRaccolta, 2000, p. I-1935 ss., punti 38ss.( 69 ) Corte giust. CEE 10 ottobre 1973, causa34/73, F.lli Variola,inRaccolta, 1973, p. 981 ss., punti10 s.nazionali che richiamino l’attenzione dell’operatoregiuridico sulla sua applicazione. Il giudicenazionale – in specie –ètenuto a conoscere ildiritto comunitario. La Corte di giustizia ha peraltrogià ammesso che il legislatore nazionalepossa richiamarsi alla disciplina comunitaria perestenderne la portata a fattispecie da essa escluse,purché ciò non comprometta il significatouniforme di quella ( 70 ).È alla luce di tali considerazioni che va valutatol’art. 57 della l. 31 maggio 1995, n. 218, di riformadel sistema italiano di diritto internazionaleprivato, nel quale si formula il noto rinvio« in ogni caso » alla Convenzione di Roma perdeterminare il diritto applicabile alle obbligazionicontrattuali. L’estensione della disciplinaconvenzionale, di per sé di tenore universale,valeva ovviamente rispetto a quelle classi di fattispeciecontrattuali alle quali la Convenzionenon si applica. Al momento della sua formulazioneesso rispondeva dunque a due obiettivi:uno puramente « narrativo », per richiamarel’attenzione dell’operatore giuridico sulla disciplinaconvenzionale; l’altro invece prescrittivo,per estendere l’efficacia ratione materiae diquella disciplina all’insieme delle obbligazionicontrattuali, secondo le esigenze regolatorieproprie della legge italiana. Mentre quindi ilprimo obiettivo era puramente ricognitivo diuna disciplina già operante nell’ordinamentoitaliano in base all’ordine di esecuzione, il secondoveniva perseguito « nazionalizzando »per quanto necessario quella disciplina.L’ipotesi che il rinvio dell’art. 57 alla Convenzionedi Roma possa valere ora per il reg. CE n.593/2008 pare alquanto controvertibile sottodiverse visuali ( 71 ). Anzitutto non lo sarebbe nelrichiamo puramente « narrativo » per la già ricordataincompatibilità di atti nazionali meramenteriproduttivi della norma comunitaria. Ma( 70 ) La Corte si è del resto dichiarata competente apronunciarsi in via pregiudiziale sull’interpretazionedi norme comunitarie che risultassero applicabili allafattispecie considerata dal giudice a quo solo in virtùdi norme nazionali che ad esse facessero rinvio, o chene riproducessero il contenuto; v. ad es. Corte giust.CE 17 luglio 1997, causa 130/95, Giloy, inRaccolta,1997, p. I-4<strong>29</strong>1 ss., punti 16 ss.( 71 ) Tale ipotesi viene più dett<strong>agli</strong>atamente esaminata,in chiave invece adesiva, da Marongiu Buonaiuti,infra, Note introduttive, II, par. 1.NLCC 3/4-2009


534( 1 ) V. in tal senso la relazione ministeriale esplicativadel disegno di legge di riforma, presentato il <strong>29</strong>aprile 1993, in appendice a La riforma del diritto internazionaleprivato e processuale. Raccolta in ricordodi Edoardo Vitta, a cura di Gaja, Milano, 1994, p.404. Interpretano la formula « in ogni caso » adoperatadal legislatore in senso estensivo dell’ambito diapplicazione delle convenzioni richiamate, tra gli alreg.CE n. 593/2008non lo sarebbe neppure sotto il profilo « costitutivo» della estensione del regime comunitariosotto il profilo materiale, in quanto la nazionalizzazionedi quella disciplina convenzionale èavvenuto – nell’art. 57 – attraverso un rinvio« fisso » al testo della Convenzione, la cui disciplinamateriale era peraltro più ristretta di quelladel regolamento ( 72 ). Per poterla assorbire sarebbestato quanto meno necessario che l’art.57 avesse formulato un espresso richiamo alle« successive modificazioni » della Convenzione,sulla falsariga di quanto avvenuto con l’art. 3,comma 2 o , della stessa legge di riforma a propositodella estensione ratione personae della Convenzionedi Bruxelles. Ne discende che – almenofino a quando resti in vigore la Convenzionedi Roma sul piano internazionale – l’art. 57 potràriferirsi solo a quest’ultima disciplina per laregolamentazione di obbligazioni contrattualidiverse da quelle per cui opera il reg. CE n.593/2008.La preoccupazione che, perdurando il riferimentoalla disciplina materiale della Convenzione,si « spezzi » in materia contrattuale l’uniformitàdi soluzioni conflittuali nello spazio è piuttostoartificiosa. In primo luogo, il regolamentova in ogni caso applicato proprio vigore, sia puresenza trascurare i non facili problemi di coordinamentoche si possono profilare nelle relazionicon la Danimarca ed i territori d’oltremare dellaComunità nelle parti in cui la nuova disciplinanon coincide con quella precedente ( 73 ). In secondoluogo, l’opzione tutta interpretativa diforzare il senso testuale dell’art. 57 altererebbela volontà legislativa che ne era all’origine, fondatasulla congruità del modello convenzionalequale modello « universale » compatibile con ilmodello italiano di diritto internazionale privato.Si è invece constatato che il modello internazionalprivatisticoproprio del reg. CE n. 593/2008 si discosta variamente da quello convenzionale;né il legislatore ha lasciato intendere divolerne accettare le implicazioni avendo volutamenteignorato le eventuali modificazioni chesarebbero sovvenute rispetto al testo convenzionale.Francesco Salerno( 72 ) Si pensi ad es. ai contratti assicurativi, che rinvengononel regolamento una disciplina organica,non riscontrabile nella Convenzione. ( 73 ) In argomento, v. Franzina, infra, sub art. 24.Note introduttiveIISommario: 1. Conseguenze della « comunitarizzazione» della Convenzione di Roma rispetto alla disciplinaitaliana dei conflitti di leggi in materia di contratti:il rinvio operato dall’art. 57 della legge di riforma delsistema italiano di diritto internazionale privato e lasua riferibilità al reg. « Roma I ». – 2. Conseguenzederivanti da un’estensione al regolamento del rinviooperato dall’art. 57. – 3. Il venir meno della riserva all’art.10, par. 1, lett. e), relativamente alle conseguenzedella nullità del contratto e la conseguente estensionedella materia regolata. – 4. I rapporti con le altre convenzioniapplicabili in materia e le competenze esternedella Comunità. – 5. Profili di diritto intertemporale.1. – La trasformazione della Convenzione diRoma sulla legge applicabile alle obbligazionicontrattuali nel reg. « Roma I », comporterà alcunericadute sul sistema italiano di diritto internazionaleprivato, quale trova espressioneprincipalmente nella l. 31 maggio 1995, n. 218.La prima questione che si pone è se il rinviooperato dall’art. 57 della legge di riforma allaConvenzione di Roma, che era stato in dottrinaprevalentemente ritenuto di carattere in parteformale, in parte ricettizio ( 1 ), possa essere rite-NLCC 3/4-2009


Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 535tri, Davì, Le questioni generali del diritto internazionaleprivato nel progetto di riforma, ivi, p. 71 ss.; Id.,Il diritto internazionale privato italiano della famigliae le fonti di origine internazionale o comunitaria, inRiv. dir. internaz., 2002, p. 864 ss.; Giardina, Il rinvioalle convenzioni di diritto internazionale privato eprocessuale, inConvenzioni internazionali e legge diriforma del diritto internazionale privato, a cura di Salerno,Padova, 1997, p. 11 ss.; Forlati Picchio, Leobbligazioni contrattuali, ivi, p. 123 ss.; Boschiero,voce Obbligazioni contrattuali (diritto internazionaleprivato), inEnc. dir., Agg., IV, Milano, 2000, p. 801ss., spec. p. 843 ss.; Villani, La convenzione di Romasulla legge applicabile ai contratti 2 , Bari, 2000, p. 57ss. Nel senso, invece, di escludere alcun effetto estensivodell’ambito di applicazione della disciplina convenzionalerichiamata al di fuori dei casi – art. 42 conriguardo alla Convenzione dell’Aja del 1961 e art. 59con riguardo alle Convenzioni di Ginevra del 1930 e1931 – in cui ciò sia espressamente previsto dalla normarichiamante, v. Picone, Le convenzioni internazionalinella legge italiana di riforma del diritto internazionaleprivato, inConvenzioni internazionali e leggedi riforma, cit., p. 397 ss.; Damascelli, Il rinvio« in ogni caso » a convenzioni internazionali nellanuova legge sul diritto internazionale privato, inRiv.dir. internaz., 1997, p. 78 ss.( 2 ) La quale, conformemente all’apposito protocolloallegato al Tratt. CE e al Tratt. UE ed adottatocontestualmente al Trattato di Amsterdam, non partecipaall’adozione degli atti in base al titolo IV dellaparte III del Tratt. CE, come ricordato nel preamboloal regolamento, 46 o considerando.( 3 ) Si allude al problema dato dalla coesistenzadella disciplina recata dal reg. CE n. 44/2001 e diquella, in parte non corrispondente, risultante dallaConvenzione di Bruxelles, la quale ha continuato adessere applicabile nei riguardi della Danimarca, laquale non partecipa dell’adozione di atti ai sensi deltitolo IV della parte III del Tratt. CE. Il problema datodalla mancata corrispondenza delle due disciplineè stato al momento risolto con la stipulazione diun’apposita convenzione tra la Comunità e la Danimarca,la quale estende a quest’ultima le disposizionidel reg. CE n. 44/2001: si veda al riguardo la decisionedel Consiglio del 20 settembre 2005, relativa allafirma a nome della Comunità di tale accordo, innuto estensibile al reg. « Roma I », una voltache esso sarà applicabile nel nostro ordinamentocome in tutti gli altri Stati membri della Comunità–eccettuata la Danimarca ( 2 ) – in luogodella Convenzione. Deve al riguardo essere tenutopresente che, così come è avvenuto per laConvenzione di Bruxelles una volta entrato invigore il reg. CE n. 44/2001 ( 3 ), l’entrata in vigore– rectius, l’applicazione ( 4 ) – del reg. « RomaI » non comporterà l’estinzione della Convenzionedi Roma, considerato che essa continueràad essere applicabile nei riguardi dellaDanimarca, che non partecipa all’adozione diatti ai sensi del titolo IV del Trattato ( 5 ), oltrechédei territori d’oltremare di alcuni Statimembri, che non sono soggetti all’applicazionedelle norme comunitarie ( 6 ).La soluzione prospettata, che comporta l’attribuzioneal rinvio operato dall’art. 57 del caratteredi rinvio mobile, suscettibile di adattarsialle vicende subite dalla fonte richiamata ( 7 ),G.U.U.E. n. L <strong>29</strong>9 del 16 novembre 2005, p. 61, e lasuccessiva decisione del Consiglio del <strong>27</strong> aprile 2006,che approva tale accordo in nome della Comunità, inG.U.U.E. n. L 120 del 5 maggio 2006, p. 23. Il testodell’accordo è pubblicato in G.U.U.E. n. L <strong>29</strong>9 del16 novembre 2005, p. 62 ss., e il medesimo è entratoin vigore il 1 o luglio 2007, come da comunicazione inG.U.U.E. n. L 94 del 4 aprile 2007, p. 70.( 4 ) Il reg. « Roma I » distingue, all’art. <strong>29</strong>, tra entratain vigore, fissata al ventesimo giorno successivoalla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unioneeuropea, avvenuta il 4 luglio 2008, e applicazione,che avrà luogo, eccettuato l’art. 26, a decorrere dal 17dicembre 2009. V. Marongiu Buonaiuti, infra,commento sub <strong>artt</strong>. <strong>27</strong>-<strong>29</strong>.( 5 ) Come ricordato nel preambolo del regolamento,46 o considerando. V.supra, nt. 3. Ciò comporterà,in pratica, che i giudici danesi continueranno ad applicarela Convenzione di Roma, mentre quelli deglialtri Stati membri dovranno comunque applicare ilregolamento, anche qualora la situazione da regolarepresenti legami con la Danimarca tali da individuarela legge di tale paese come applicabile, conformementeal carattere erga omnes proprio del regolamento, ilquale, ai sensi dell’art. 2, si applica anche ove la leggedesignata sia quella di uno Stato non membro, ivi inclusi,ai sensi dell’art. 1, par. 4, gli Stati membri in cuiil regolamento non si applica. In argomento, v. piùampiamente Franzina, infra, commento sub art. 24.( 6 ) In base all’art. <strong>29</strong>9 del Tratt. CE.( 7 ) Alla figura del rinvio mobile si erano richiamati,con riferimento alla diverso contesto del rinviooperato dall’art. 3, comma 2 o , della stessa l. n. 218/95ai criteri di competenza giurisdizionale contenuti indeterminate sezioni della Convenzione di Bruxellesdel 1968, Gaja, Il rinvio alla convenzione di Bruxellesin tema di giurisdizione,inConvenzioni internazionalie legge di riforma, cit., p. 21 ss., spec. p. <strong>27</strong>; Starace,Il richiamo dei criteri di giurisdizione stabiliti dallaconvenzione di Bruxelles nella legge di riforma del dirittointernazionale privato, in Riv. dir. internaz..,1999, p. 5 ss., spec. p. 21 s., seppur traendo spunto,NLCC 3/4-2009


536reg. CE n. 593/2008potrebbe trovare giustificazione alla luce dell’esigenzadi uniformità nella disciplina internazionalprivatisticadella materia, che il legislatore,dichiarando « in ogni caso » applicabile adalcune materie la disciplina recata da determinateconvenzioni internazionali, ha inteso perseguire( 8 ). La stessa esigenza impone infatti chedal momento in cui, per quanto riguarda l’ordinamentoitaliano, il regolamento in esame avràsostanzialmente preso il posto di preminenzanella disciplina della legge applicabile alle obbligazionicontrattuali oggi occupato dalla Convenzionedi Roma, il rinvio che la legge effettuaa quest’ultima debba essere riferito al regolamentoe non più alla Convenzione, la quale, purrestando formalmente in vigore, occuperà unposto in definitiva alquanto limitato nell’economiadella disciplina internazionalprivatisticadella materia ( 9 ).È proprio alla luce del ruolo meramente residualeche la Convenzione di Roma rivestirà nelladisciplina della legge applicabile alle obbligazionicontrattuali una volta divenuto applicabileil reg. « Roma I », che il rinvio operato dall’art.57 della legge di riforma alla convenzione devea rigore, in assenza di un’opportuna modificazionelegislativa, ritenersi destinato a restareinoperante, in quanto non si rivelerebbe piùidoneo a perseguire il fine di uniformità nelladisciplina internazionalprivatistica della materiacui la norma appare ispirata. Ed è in considerazionedell’incongruenza che si verrebbe in talcome si rileverà infra, nel testo, dalla presenza nellanorma rinviante di un riferimento alle « successivemodificazioni in vigore per l’Italia ». Alla figura delrinvio mobile fa riferimento anche Franzina, La giurisdizionein materia contrattuale, Padova, 2006, p. 11ss., per sostenere la riferibilità del rinvio operato dall’art.3, comma 2 o , della legge alle corrispondenti disposizionidel reg. CE n. 44/2001.( 8 ) Si veda in questo senso Davì, Le questioni generalidi diritto internazionale privato nel progetto diriforma, cit., p. 75.( 9 ) Come si avrà modo di osservare più avanti, laConvenzione di Roma appare destinata a conservarevigore, alla stregua di quanto avvenuto per la Convenzionedi Bruxelles del 1968 a seguito dell’entratain vigore del reg. CE n. 44/2001, nei rapporti con laDanimarca, che non partecipa dell’adozione degli attirelativi al titolo IV, e per quanto concerne i territorid’oltremare di alcuni Stati membri, non soggetti all’applicazionedelle norme comunitarie.modo a creare nella disciplina recata dalla leggedi riforma che appare giustificato ipotizzare cheil rinvio operato dall’art. 57 si estenda al regolamentoin esame in luogo della Convenzione ( 10 ).Al riguardo, sempre in assenza di un’auspicabilemodificazione legislativa che potrebbe interessare,a fini di opportuna chiarificazione, anchel’art. 3, comma 2 o , della legge nella parte in cui richiamadeterminati criteri di competenza giurisdizionaleaccolti dalla Convenzione di Bruxelles, unatale interpretazione estensiva del richiamo effettuatodall’art. 57 della legge italiana di riforma, nelsenso di considerarlo applicabile alla disciplina recatadal reg. « Roma I » in luogo della Convenzione,potrebbe trovare un ostacolo nell’assenza di alcunriferimento all’ipotesi di successive modificazionidella disciplina richiamata, quale invece figuranell’altra norma da ultimo ricordata ( 11 ). Lapresenza nell’art. 3, comma 2 o , della legge di un riferimentoalle successive modificazioni in vigoreper l’Italia ha consentito, infatti, alla dottrina di ritenereestensibile il richiamo operato dalla normaalle disposizioni corrispondenti – le quali presentanoalcune non trascurabili modificazioni – recateora dal reg. CE n. 44/2001 ( 12 ), malgrado leobiezioni sollevate da altra parte della dottrina inordine alla diversa natura giuridica dei due strumenti( 13 ).( 10 ) Si veda in senso contrario Salerno, Le conseguenzedel regolamento « Roma I » sulla legge italianadi diritto internazionale privato, inIl nuovo diritto europeodei contratti: dalla convenzione di Roma al regolamento« Roma I », Milano, 2007, p. 179 ss., spec. p.184 s., il quale ritiene che l’effetto estensivo propriodell’art. 57 della legge italiana non possa essere riferitoal regolamento, in considerazione della differenzastrutturale dei due strumenti. L’A. non manca, nondimeno,di rilevare che l’opposta soluzione, di ritenereche il rinvio operato dalla norma possa continuarea riferirsi alla Convenzione anche una volta entrato invigore il regolamento, potrebbe dare luogo ad interferenzecon la diretta ed uniforme applicazione delladisciplina contenuta nel regolamento. Si veda ancheSalerno, supra, Note introduttive, I, par. 8.( 11 ) Sottolinea questa differenza rispetto all’enunciatodella norma di cui all’art. 3, comma 2 o , dellalegge Forlati Picchio, Le obbligazioni contrattuali,cit., p. 126 ss.( 12 ) Si veda in questo senso Davì, Il diritto internazionaleprivato italiano della famiglia, cit., p. 864;Franzina, La giurisdizione in materia contrattuale,cit., p. 10 ss.( 13 ) Perplessità al riguardo, sulla base del rilievoNLCC 3/4-2009


Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 537Ciò nondimeno, all’assenza nella formulazionedell’art. 57 della legge di riforma di quel riferimentoalle « successive modificazioni » che invececompare nell’art. 3, comma 2 o , della stessalegge non sembra doversi attribuire un’importanzadecisiva. Da una parte, infatti, si deve tenereconto dei profili di differenziazione delrinvio operato dall’art. 3, comma 2 o della leggedi riforma dai casi di rinvio a convenzioni internazionalidichiarate « in ogni caso » applicabilidalla legge. Detti profili consistono in primoluogo nel carattere selettivo del rinvio operatodalla norma indicata, che richiama solo alcunespecifiche disposizioni della Convenzione diBruxelles che prevedono determinati criteri digiurisdizione, limitando espressamente all’applicabilitàratione personarum l’effetto estensivoperseguito e, ancor più significativamente, nellediverse caratteristiche delle norme richiamate.Infatti, le norme di conflitto contenute nellaConvenzione di Roma ed ora nel reg. « RomaI » sono destinate ad applicarsi per loro naturaerga omnes, mentre la disciplina della competenzagiurisdizionale contenuta nella Convenzionedi Bruxelles del 1968 ed ora nel reg. CE n.44/2001, coerentemente con l’oggetto che le èproprio, opera di per sé unicamente inter partes( 14 ). Dall’altra, deve anche osservarsi che, seil riferimento alle « successive modificazioni »appare solamente nella disposizione dell’art. 3,comma 2 o della legge, ciò èverosimilmente daritenersi dovuto al fatto che, al momento in cuile norme in questione sono state concepite, laConvenzione di Bruxelles del 1968 era la soladelle convenzioni interessate che subiva periodicamentedelle modificazioni in occasione dellesuccessive convenzioni di adesione ( 15 ).La tesi qui sostenuta della estensibilità in viaanalogica del richiamo operato dall’art. 57 dellalegge italiana di riforma alle disposizioni recatedal reg. « Roma I », anche in assenza di un’appositamodifica legislativa della norma richiamante,trova un ulteriore argomento a suo favorenella considerazione delle conseguenze sicuramenteindesiderabili sul piano dell’uniformitàdella disciplina internazionalprivatistica dellamateria che discenderebbero dall’opposta soluzione,per cui il richiamo in questione continuerebbead intendersi riferito alla Convenzione diRoma anche una volta divenuto applicabile ilregolamento che la sostituisce. In base a tale ricostruzione,infatti, le questioni non ricompresenell’ambito di applicazione del regolamento,ma rientranti nella categoria delle « obbligazionicontrattuali » ai sensi del nostro ordinamento,resterebbero disciplinate dalla Convenzionedi Roma per effetto del rinvio operato dall’art.57 della legge, posto che ad esso, secondo la tesialla quale si aderisce, possa attribuirsi efficaciaestensiva dell’ambito di applicazione di quest’ultima( 16 ). Ne deriverebbe il risultato, sicuramenteforiero di incertezze applicative, di farcoesistere due separate discipline di conflittoper le questioni rientranti nell’ambito di applicheil regolamento comunitario non potrebbe sostituirein senso proprio una convenzione internazionale,trattandosi di un atto di natura diversa, sono stateespresse da Bonomi, Il regolamento comunitario sullacompetenza e sul riconoscimento in materia matrimonialee di potestà dei genitori, inRiv. dir. internaz.,2001, p. 307, in nota.( 14 ) Si veda ancora, sul rinvio operato dall’art. 3,comma 2 o , della legge di riforma a determinati criteridella Convenzione di Bruxelles, Starace, Il richiamodei criteri di giurisdizione, cit., p. 5 ss. Il carattere peculiaredi tale rinvio e l’impossibilità di porlo sullostesso piano delle altre ipotesi di rinvio a convenzioniinternazionali contemplate dalla legge di riforma èsottolineato, in particolare, da Gaja, Il rinvio allaconvenzione di Bruxelles in tema di giurisdizione, cit.,p. 21 ss.; Picone, Le convenzioni internazionali, cit.,p. 381 ss. Sul problema del coordinamento dei criteridi giurisdizione richiamati dalla Convenzione di Bruxellescon gli altri criteri contemplati dalla legge di riforma,Salerno, Il coordinamento dei criteri di giurisdizionenella legge di riforma, inRiv. dir. internaz.,1996, p. 885 ss.( 15 ) Con particolare riguardo alla Convenzioneper l’adesione di Danimarca, Irlanda e Regno Unito,conclusa a Lussemburgo il 9 ottobre 1978, in G.U.C.E. n. L 304 del 30 ottobre 1978, p. 1 ss., su cui v. laRelazione Schlosser, ivi, n. C 59 del 5 marzo 1979, p.71 ss., ed alla Convenzione per l’adesione della Spagnae del Portogallo, conclusa a Donostia-San Sebastianil 26 maggio 1989 (ivi, n. L <strong>28</strong>5 del 3 ottobre1989, p. 1 ss.), con la quale sono state introdotte nelladisciplina recata dalla Convenzione di Bruxelles lemodificazioni occorrenti al fine di adeguarla alla disciplinaadottata con la parallela Convenzione di Luganodel 16 settembre 1988. V. al riguardo la Relazionede Almeida Cruz, Desantes Real, Jenard, ivi, n.C189 del <strong>28</strong> luglio 1990, p. 35 ss.( 16 ) Si rimanda, in particolare, alle critiche a taleinterpretazione estensiva formulate da Picone, Leconvenzioni internazionali, cit., p. 399 ss.NLCC 3/4-2009


538reg. CE n. 593/2008( 17 ) La formula utilizzata dall’art. 24 è al riguardopiuttosto generica (« ogni riferimento a tale convenzione»), non precisando la norma se i riferimenti daessa presi in considerazione debbano essere contenutiin norme comunitarie ovvero anche in norme nazionali.( 18 ) Si veda al riguardo anche Franzina, infra,commento sub art. 24.( 19 ) Ai sensi dell’art. 249 del Tratt. CE.cazione del regolamento e per quelle, pur limitate,che ne rimangono escluse, con ciò vanificandosiil già indicato obiettivo perseguito dallegislatore.Il regolamento disciplina, all’art. 24, i suoi rapporticon la Convenzione di Roma. La norma, dopoaver affermato, al par. 1, che il regolamento sostituiscela convenzione nei rapporti tra gli Statimembri, da intendersi ai sensi dell’art. 1, par. 4, equindi ad esclusione della Danimarca, oltreché deiterritori d’oltremare, aggiunge, nel par. 2, che ogniriferimento fatto alla Convenzione deve intendersicome fatto al regolamento. La norma, nondimeno,precisa che tale effetto di sostituzione del regolamentoalla Convenzione nei riferimenti che altrenorme ( 17 ) facciano a quest’ultima è destinatoad operare unicamente nella misura in cui il regolamentosostituisce la Convenzione. In questa precisazioneappare doversi leggere un implicito richiamodell’interprete ai limiti che il regolamentostesso pone al suo ambito di applicazione, richiamoperaltro meramente pedagogico ove si osserviche la disposizione stessa, in quanto contenutanel regolamento, non può trovareapplicazione al di fuori dell’ambito in cui questoa propria volta si applica. Pertanto, appare più correttoritenere che la regola contenuta nell’art. 24del regolamento non influisca a rigore sul richiamoche norme interne facciano alla Convenzioneper disciplinare materie che fuoriescono dall’ambitodi applicazione del regolamento stesso ( 18 ).Infine, mette conto di considerare gli eventualiostacoli ad un’estensione del richiamo operatodall’art. 57 della legge italiana di riforma alladisciplina contenuta nel reg. « Roma I » chepotrebbero derivare dai caratteri propri dellostrumento, in quanto direttamente applicabilein ciascuno degli Stati membri soggetti alla suaapplicazione ( 19 ). Si intende alludere, in proposito,alla rilevanza della giurisprudenza dellaCorte di giustizia comunitaria la quale ha affermatol’inammissibilità di atti interni di recepimentodei regolamenti comunitari, quand’anchemeramente riproduttivi, in quanto suscettibilidi incidere sull’uniforme applicazione ed interpretazionedei regolamenti stessi ( 20 ). Al riguardo,ci sembra che tale giurisprudenza nonpossa applicarsi con riferimento alla diversaipotesi di una norma interna come l’art. 57 dellalegge di riforma, il quale non riproduce affattola disciplina contenuta nello strumento richiamato,bensì si limita a rinviare ad essa non giàallo scopo di disciplinare le questioni rientrantinell’ambito di applicazione dello strumentoconsiderato, alle quali questo si applica per forzapropria, bensì al fine di disciplinare, per autonomavolontà del legislatore interno, questioniche fuoriescono dall’ambito di applicazionedella disciplina comunitaria ( 21 ). In relazione a( 20 ) V. Corte giust. CE 7 febbraio 1973, causa 39/72, Commisione c. Italia, inRaccolta, 1973, p. 101 ss.,punto 17, ove la Corte precisa che devono considerarsiincompatibili i provvedimenti interni di attuazione« che possano avere la conseguenza di ostacolarel’efficacia diretta dei regolamenti comunitari e dicomprometterne quindi la simultanea ed uniformeapplicazione nell’intera Comunità». V. altresì Cortegiust. CE 10 ottobre 1973, causa 34/73, F.lli Variola,ivi, 1973, p. 981 ss., punti 10 s., in cui la Corte individuacome incompatibili i provvedimenti nazionali« atti a sminuire la competenza della Corte a pronunciarsisu qualsiasi questione di interpretazione del dirittocomunitario o di validità degli atti emanati dalleistituzioni della Comunità». Nello stesso senso, Cortecost. 17 dicembre 1973, n. 183, in Riv. dir. internaz.,1974, p. 130 ss., punto 7, e Corte cost. 22 ottobre1975, n. 232, ivi, 1975, p. 766 ss., punto 4. La rilevanzadella giurisprudenza in questione nel senso dicondizionare potenzialmente un’estensione del richiamooperato dall’art. 57 della l. n. 218/95 al reg.« Roma I », in quanto, pur essendo tale operazionefunzionale all’obiettivo di realizzare più ampiamentela certezza del diritto, potrebbe presentare il rischiodi compromettere l’interpretazione uniforme delladisciplina comunitaria nel suo proprio ambito di applicazione,è adombrata da Salerno, Le conseguenzedel regolamento « Roma I », cit., p. 181 ss.; Id., supra,Note introduttive, I, par. 8.( 21 ) La diversità dell’ipotesi di una norma internache rinvia ad una norma convenzionale allo scopo didesumerne la disciplina da applicarsi relativamente asituazioni che fuoriescono dal suo ambito di applicazionerispetto a quella di una norma interna che allostesso fine riproduca in parte il contenuto della normaconvenzionale è sottolineata, con riferimento aldiverso contesto del rinvio operato dall’art. 3, commaNLCC 3/4-2009


Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 539tali questioni deve ritenersi peraltro sussistere,pur nel rispetto dell’effetto utile degli atti adottatidalle istituzioni comunitarie ( 22 ), una sostanzialeautonomia normativa del legislatoreinterno, fino all’emanazione di nuovi atti comunitariche disciplinino la legge applicabile relativamentealle obbligazioni contrattuali non rientrantinell’ambito di applicazione del reg. « RomaI » o ne estendano ad esse l’applicazione.Per di più, la finalità di realizzare una più ampiauniformità di disciplina, perseguita dal legislatoreinterno nell’operare a mezzo di un rinviol’estensione della disciplina comunitaria a fattispecieche di per sé non vi sarebbero soggette, èstata riconosciuta come legittima dalla stessa2 o , della l. n. 218/95 a determinati criteri di competenzagiurisdizionale contemplati dalla convenzionedi Bruxelles, da Gaja, L’interpretazione di norme interneriproduttive della convenzione di Bruxelles daparte della Corte di giustizia, inRiv. dir. internaz.,1995, p. 757 s. con riferimento a Corte giust. CE <strong>28</strong>marzo 1995, causa 346/93, Kleinwort Benson, inRaccolta,1995, p. I-615 ss., punti 16 ss., in cui la Corteaveva escluso la propria competenza a pronunciarsiin via pregiudiziale in base al Protocollo di Lussemburgodel 1971 relativamente alle norme del Civil Jurisdictionand Judgments Act del 1982 che riproducevanoin parte le disposizioni della Convenzione diBruxelles del 1968 al fine di ripartire la competenzagiurisdizionale tra i giudici delle diverse ripartizioniterritoriali del Regno Unito.( 22 ) Il quale impone <strong>agli</strong> Stati membri di astenersidall’adottare misure, ovvero di disapplicare le normeche abbia in precedenza emanato, che possano avereper effetto di pregiudicare il perseguimento degli effettimateriali perseguiti d<strong>agli</strong> atti adottati dalle istituzionicomunitarie. V., al riguardo, tra le altre, Cortegiust. CE 12 dicembre 2002, causa 470/99, Universale-Bau,inRaccolta, 2002, p. I-11617 ss., punto 72 ss.,e Corte giust. CE <strong>27</strong> febbraio 2003, causa 3<strong>27</strong>/00,Santex, ivi, 2003, p. I-1877 ss., punto 51 ss. La rilevanzadel principio dell’effetto utile quale parametroalla cui luce valutare le iniziative del legislatore internocon riferimento all’applicazione della disciplinacontenuta nei regolamenti è sottolineata da Salerno,Le conseguenze del regolamento « Roma I », cit., p.182. Al riguardo, ci pare che la decisione unilateraledel legislatore interno di estendere mediante rinviol’applicazione della disciplina contenuta in un regolamentoa fattispecie diverse da quelle cui esso si applicaproprio vigore non sia, quantomeno nei termini incui ciò avverebbe rispetto al reg. « Roma I » per effettodel rinvio operato dall’art. 57 della l. n. 218/95,suscettibile di ledere tale principio.Corte di giustizia comunitaria, la quale si è inpiù occasioni dichiarata competente a pronunciarsiin via pregiudiziale sull’interpretazione diespressioni contenute in atti normativi comunitari,tra cui i regolamenti, anche quando esse rilevavanoai fini del caso di specie in quanto richiamateda disposizioni del diritto interno delloStato membro considerato ( 23 ). L’orientamentoadottato dalla Corte di giustizia al riguardoappare, peraltro, funzionale ad assicurare unpiù frequente ricorso da parte delle giurisdizioninazionali allo strumento del rinvio pregiudiziale,dal quale, salve le eventuali considerazioni di ordinepratico inerenti al carico di lavoro dellaCorte, è suscettibile di derivare un effetto beneficoper l’interpretazione uniforme delle normecomunitarie, a tutto vantaggio di una loro correttaapplicazione da parte degli operatori giuridicinazionali anche relativamente alle questionirientranti nel rispettivo ambito applicativo ( 24 ).2. – La prospettata estensione del rinvio operatodall’art. 57 della legge di riforma al regolamentoin esame non modifica in misura moltosignificativa quanto si è riscontrato con riguardoalla Convenzione. Infatti, quanto all’ambitosoggettivo di applicazione, il regolamento mantiene,all’art. 2, lo stesso approccio erga omnesche caratterizza la Convenzione, prevedendoche la legge da esso designata debba applicarsianche qualora sia la legge di uno Stato terzo, cosicchénon potrà configurarsi alcun effetto( 23 ) V., tra le altre, Corte giust. CE 17 luglio 1997,causa <strong>28</strong>/95, Leur-Bloem, inRaccolta, 1997, p. I-4161ss., punti 32 ss.; Corte giust. CE 17 luglio 1997, causa130/95, Giloy, ivi, 1997, p. I-4<strong>29</strong>1 ss., punto 23, incui la Corte osserva, in particolare, che disposizioniinterne del tipo in esame non possono dirsi aver limitatol’applicazione delle norme comunitarie, contenute,nella specie, in un regolamento; Corte giust. CE3 dicembre 1998, causa 247/97, Schoonbroodt, ivi,1998, p. I-8095 ss., punti 14 s.; Corte giust. CE 11gennaio 2001, causa 1/99, Kofisa Italia, ivi, 2001, p.I-207 ss., punti 21 ss., spec. punto 32. Si vedano al riguardoBartoloni, La competenza della Corte di giustiziaad interpretare il diritto nazionale « modellato »sulla normativa comunitaria, in Dir. Unione eur.,2001, p. 311 ss., e Davì, Il diritto internazionale privatoitaliano della famiglia, cit., p. 901 s.( 24 ) Secondo quanto osservato espressamente dallastessa Corte di giustizia nella sentenza del 17 luglio1997, Leur-Bloem, cit., punto 32.NLCC 3/4-2009


540reg. CE n. 593/2008( 25 ) Si veda al riguardo Franzina, infra, commentosub art. 2.( 26 ) Da notare che il regolamento, all’art. 23, nelprevedere che le sue norme non pregiudicano l’applicazionedelle disposizioni del diritto comunitario cherecano regole di conflitto in relazione a materie particolari,fa tuttavia salva la disciplina speciale recatadall’art. 7 in materia di contratti di assicurazione. Sivedano Pizzolante, infra, commento sub art. 7 eMarongiu Buonaiuti, infra, commento sub art. 23.In ordine alle disposizioni sulla legge applicabile recatedalle direttive comunitarie in materia di assicurazione,si vedano, tra gli altri, Pocar, Conflitti di leggie di giurisdizioni in materia di assicurazioni nella Comunitàeconomica europea, inRiv. dir. internaz. priv.e proc., 1987, p. 417 ss.; Celle, Le nuove norme di dirittointernazionale privato applicabili ai contratti diassicurazioni merci relativi a rischi localizzati nellaCEE, inDir. comm. internaz., 1995, p. 165 ss.; Id., Icontratti di assicurazione grandi rischi nel diritto internazionaleprivato, Padova, 2000; Frigessi di Rattalma,Il contratto internazionale di assicurazione,Padova, 1990; Id., La legge applicabile al contratto diassicurazione nell’attuazione delle direttive comunitarie,inRiv. dir. internaz. priv. e proc., 1996, p. 19 ss.;Seatzu, Insurance in Private International Law. AEuropean Perspective, Oxford, 2003, in particolare,per quanto attiene ai rapporti con la Convenzione diRoma, p. 91 ss. Da notare, peraltro, che il regolamentoprevede, all’art. 1, par. 2, lett. j), l’esclusione dalproprio ambito di applicazione dei contratti di assicurazionediversi da quelli soggetti alla dir. 2002/83/CE relativa all’assicurazione sulla vita ma aventi comunqueuna finalità previdenziale: v. al riguardo Pizzolante,infra, commento sub art. 1, IX.estensivo dell’ambito di applicazione della disciplinain esame sotto tale profilo ( 25 ).Quanto all’ambito materiale di applicazione,in relazione al quale la effettiva portata del rinviocompiuto dall’art. 57 della legge apparivamaggiormente controversa in considerazionedelle questioni che l’art. 1, par. 2, della Convenzioneesclude dal suo ambito di applicazione, itermini del dibattito possono dirsi mutare soloin relazione a quelle materie rispetto alle quali siregistra una divergenza nell’ambito di applicazionetra la Convenzione e il reg. « Roma I ».Tale differenziazione del regolamento dallaConvenzione quanto all’ambito di applicazionemateriale riguarda i contratti di assicurazionerelativi a rischi localizzati negli Stati membri,dato che il regolamento non ripropone l’esclusionedi cui all’art. 1, par. 3, della Convenzionedi Roma ( 26 ), e le questioni relative alla responsabilitàprecontrattuale, che, in spirito di coerenzacon la soluzione – peraltro discutibile –accolta dalla Corte di giustizia in punto di giurisdizione( <strong>27</strong> ), vengono invece ad esserne escluse.La materia della responsabilità precontrattualeè infatti ricompresa, coerentemente con la qualificazioneextracontrattuale adottata dalla Cortedi giustizia ai fini della giurisdizione nellasentenza Tacconi, nel parallelo reg. CE 864/2007 (« Roma II ») sulla legge applicabile alleobbligazioni extracontrattuali ( <strong>28</strong> ). L’esclusionedella responsabilità precontrattuale dall’ambitodi applicazione del reg. « Roma I » potrebbe effettivamenterisollevare la questione se il richiamo« in ogni caso » operato dall’art. 57 dellalegge di riforma – posto che, come qui si sostiene,esso possa essere riferito al regolamento inluogo della convenzione – possa operareun’estensione dell’ambito materiale di applicazionedella disciplina richiamata a tutte le questioniche secondo l’ordinamento italiano sarebberoqualificabili in termini di « obbligazionicontrattuali », come appare potersi desumeredalla lettera della relazione esplicativa dell’inizialedisegno di legge di riforma ( <strong>29</strong> ). In tale ca-( <strong>27</strong> ) Si veda Corte giust. CE 17 settembre 2002,causa 334/00, Tacconi,inRaccolta, 2002, p. I-7357 ss.Al riguardo, v. tra i commenti apparsi, Franzina, Laresponsabilità precontrattuale nello spazio giudiziarioeuropeo, inRiv. dir. internaz., 2003, p. 714 ss.; Bertoli,Criteri di giurisdizione e legge applicabile in temadi responsabilità precontrattuale alla luce della sentenzaFonderie Meccaniche Tacconi, in Riv. dir. internaz.priv. e proc., 2003, p. 109 ss. Al riguardo v. ancheBertoli, infra, commento sub art. 1, VIII.( <strong>28</strong> )InG.U.U.E. n. L 199 del 31 luglio 2007, p. 40ss. L’art. 12 di tale regolamento, relativo appunto allaculpa in contrahendo, assoggetta peraltro le obbligazioniextracontrattuali derivanti dalle trattative precontrattualialla legge applicabile al contratto, ovveroalla legge che sarebbe stata a questo applicabile ove ilcontratto fosse stato concluso. Sottolinea l’esigenzadi coerenza con la soluzione adottata in punto di giurisdizionecome ratio della scelta operata dal legislatorecomunitario anche Salerno, Le conseguenze delregolamento « Roma I », cit., p. 188 s. In proposito v.ancora Bertoli, infra, commento sub art. 1, VIII.( <strong>29</strong> ) Loc. cit., sub art. 2, nella parte in cui la relazioneafferma: « [s]i ha dunque, sotto quest’ultimo profilo– con riferimento alla recezione materiale operatadalle norme che effettuano il detto rinvio « in ognicaso » alle convenzioni internazionali –, una estensionedell’applicabilità di tali norme a tutta la materiaNLCC 3/4-2009


Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 541so, infatti, la disciplina recata dal regolamentopotrebbe essere resa applicabile per effetto delrinvio di cui all’art. 57 della legge anche allequestioni attinenti alla responsabilità precontrattuale,ammesso che, come è stato persuasivamentesostenuto, tali questioni siano da qualificarsiai sensi del nostro ordinamento comeaventi natura contrattuale ( 30 ).In realtà, per quanto specificamente riguardala responsabilità precontrattuale, il problemadell’individuazione della legge ad essa applicabileè stato comunque superato, venendo menola giustificazione per un’applicazione estensivadel reg. « Roma I » in base al richiamo operatodall’art. 57 della legge italiana di riforma, dalmomento che, a decorrere dall’11 gennaio2009, si applica in proposito il reg. « RomaII » ( 31 ) relativo alla legge applicabile alle obbligazioniextracontrattuali, nel quale, per unacoerente, anche se nel merito discutibile, sceltadel legislatore comunitario, la responsabilitàprecontrattuale è stata ricompresa. L’art. 12 diquest’ultimo regolamento disciplina la legge applicabilein materia di responsabilità preconcontemplatada ciascuno dei citati articoli del disegnodi legge ». Si rimanda alla dottrina in precedenzacitata (supra, nt. 1) a sostegno di questa interpretazionecome pure della soluzione opposta che nega taleeffetto estensivo sul piano oggettivo. Si veda, peraltro,Boschiero, Obbligazioni contrattuali, cit., p.845 s., la quale osserva che la qualificazione adottataa livello convenzionale di determinate questioni comeaventi natura non contrattuale è destinata inevitabilmentead influire anche sulla qualificazione chel’interprete dovrà operare al fine dell’applicazionedella disciplina interna, pena il rischio di disarmoniee potenziali conflitti di qualificazione. Secondo l’A.,quindi, l’effetto estensivo in parola si produrrebbesolamente nei riguardi di quelle obbligazioni bensìqualificabili come contrattuali ai sensi della Convenzione,ma escluse dall’ambito di applicazione di questaper altre ragioni, quali l’esistenza di altri strumenticonvenzionali che rechino regole più specifiche alriguardo. Nel senso di un’inevitabile influenza dellaqualificazione operata dal legislatore comunitariosulla applicazione anche della disciplina di conflittointerna si esprime anche Salerno, Le conseguenzedel regolamento « Roma I », cit., p. 188 s.( 30 ) Nel nostro ordinamento, notoriamente, laquestione della qualificazione della responsabilitàprecontrattuale è controversa. Per una ricostruzionedei termini essenziali della problematica, nell’otticainternazionalprivatistica, incline ad ammetterne perragioni sistematiche la qualificazione in termini contrattuali,si veda Davì, La responsabilità extracontrattualenel nuovo diritto internazionale privato italiano,Torino, 1997, p. 91 ss. Da notare che la questionedella ricomprensione o meno della responsabilitàprecontrattuale nell’ambito di applicazione dellaconvenzione di Roma non si presenta chiaramentedelineata. Si vedano, per alcune opinioni favorevoliad una sua ricomprensione nell’ambito di applicazionedella convenzione, alla luce soprattutto dell’esigenzadi perseguire un’uniformità nella disciplina internazionalprivatisticadella questione, Malatesta,La legge applicabile ai contratti di cooperazione tra impresesecondo la convenzione di Roma, inLa convenzionedi Roma sul diritto applicabile ai contratti internazionali2 , a cura di Sacerdoti e Frigo, Milano, 1994,p. 172 ss.; Bianca, sub art. 1, I, in Convenzione sullalegge applicabile alle obbligazioni contrattuali (Roma,19 giugno 1980) - Commentario, a cura di Bianca eGiardina, in questa Rivista, 1995, p. 903 s., ove l’A.rileva che, pur non contenendo la Convenzione unadisciplina riguardante in termini generali la responsabilitàprecontrattuale, nondimeno essa reca alcunedisposizioni che appaiono indicative nel senso di unatendenziale ricomprensione di tale materia nell’ambitodi applicazione della Convenzione, come l’art. 8,par. 1, che prevede che l’invalidità del contratto siavalutata in base alla legge che sarebbe ad essa applicabilese il contratto fosse valido, o l’art. 10, par. 1,lett. e) – peraltro, come si vedrà più avanti, oggetto diriserva da parte dell’Italia –, che prevede che la leggeapplicabile al contratto regoli anche le conseguenzedella sua nullità. La questione è discussa, sotto lospecifico profilo della coerenza tra l’approccio daadottare nella proposta « Roma I » in rapporto alladisciplina recata dal reg. CE n. 44/2001, da Pertegás,The Notion of Contractual Obligation in BrusselsI and Rome I, inEnforcement of InternationalContracts in the European Union. Convergence andDivergence between Brussels I and Rome I, a cura diMeeusen, Pertegás e Straetmans, Antwerp, 2004, p.186 s., la quale ammette che la soluzione adottatadalla Corte di giustizia nella sentenza relativa al casoTacconi, sopra ricordata, per quanto apprezzabile cometentativo di apportare chiarezza su di una questionealquanto controversa, non deve tuttavia essereconsiderata alla stregua di un’esclusione categorica ditutte le obbligazioni di carattere precontrattuale dallasfera delle obbligazioni contrattuali.( 31 ) Per utilizzare la terminologia adottata nell’art.32 del regolamento, che indica la data a partire dallaquale il regolamento si applica, anziché quella nellaquale il medesimo entra in vigore. Per un raffronto ditale soluzione con quella più articolata adottata nell’art.<strong>29</strong> del reg. « Roma I », si veda Marongiu Buonaiuti,infra, commento sub <strong>artt</strong>. <strong>27</strong>-<strong>29</strong>.NLCC 3/4-2009


542reg. CE n. 593/2008( 32 ) Con riguardo alla soluzione adottata nell’art.12 del reg. « Roma II », v. la comunicazione dellaCommissione al Parlamento europeo del <strong>27</strong> settembre2006 (doc. COM/2006/566 def., p. 5 s.), in cui laCommissione si è limitata ad osservare, in terminipiuttosto generici e scarsamente indicativi, che la disposizionecosì come inserita dal Consiglio esprime lavolontà già manifestata dalla Commissione di ricomprenderela materia della responsabilità precontrattualenell’ambito di applicazione dello strumento inesame, rilevando, quanto al merito della soluzioneadottata, che essa mira allo stesso risultato perseguitodalla Commissione, consistente nell’applicazione dellalegge del paese con il quale il rapporto presenta icollegamenti più stretti. Con riguardo alle precedentiprese di posizione della Commissione in materia, larelazione esplicativa dell’originaria proposta di regolamentoconcernente la legge applicabile alle obbligazioniextracontrattuali (« Roma II »), presentatadalla Commissione il 22 luglio 2003, cit., p. 8 s., precisache, conformemente all’approccio adottato dallaCorte di giustizia con riguardo all’interpretazione deicriteri di competenza giurisdizionale speciali, di cui<strong>agli</strong> <strong>artt</strong>. 5, n.1e5,n.3della Convenzione di Bruxellesed ora del reg. CE n. 44/2001, la materia della responsabilitàextracontrattuale presenta carattere residualerispetto alla responsabilità contrattuale, con laconseguenza che dovranno ritenersi rientrare nell’ambitodi applicazione del futuro reg. « Roma II »tutte quelle questioni di responsabilità che rimarrannoescluse dal futuro reg. « Roma I ». Tale interpretazioneappare confermata dalla proposta modificata,presentata dalla Commissione il 21 febbraio 2006, al5 o considerando, in cui si afferma che il campo d’applicazionenonché le disposizioni del futuro regolamentodovranno essere interpretati in maniera da risultarecoerenti con il reg. CE n. 44/2001, con laConvenzione di Roma del 1980 « e con lo strumentocomunitario che la sostituirà».trattuale, tentando in realtà un difficile compromessotra i due orientamenti manifestatisi inmateria. La norma prevede infatti al par. 1, chela responsabilità precontrattuale debba, comeregola generale, essere disciplinata dalla lex contractus,mentre il par. 2 adotta in via sussidiariadei criteri mutuati, all’opposto, dalla disciplinagenerale della legge applicabile in materia di responsabilitàextracontrattuale, contenuta nell’art.4 dello stesso testo ( 32 ).Eciò anche se con riguardo alla materia delleobbligazioni extracontrattuali la legge di riformareca autonome disposizioni di conflitto, data,notoriamente, l’assenza, al momento in cui lalegge è stata adottata, di uno strumento convenzionaledi portata corrispondente alla Convenzionedi Roma per la materia extracontrattuale.Infatti, il reg. « Roma II » adotta, quanto al suoambito di applicazione soggettivo, lo stesso approccioerga omnes che caratterizza la Convenzionedi Roma ed ora il reg. « Roma I », cosicchétutte le questioni rientranti nell’ambito diapplicazione materiale del primo regolamentosaranno soggette ad esso, e le norme comuni didiritto internazionale privato troveranno applicazioneunicamente con riguardo alle materieescluse ( 33 ).Ad una prima impressione, potrebbe dirsi chel’esclusione dall’ambito di applicazione del reg.« Roma I » delle questioni attinenti alla responsabilitàprecontrattuale e la contestuale ricomprensionedi tali questioni nell’ambito di applicazionedel reg. « Roma II », comportino un trasferimentoforzato, specie dal punto di vista di quegli Statimembri che apparivano maggiormente orientativerso una qualificazione di tali questioni in terminicontrattuali, delle questioni attinenti alla responsabilitàprecontrattuale nell’ambito della responsabilitàextracontrattuale, anche se, come siè visto, la disciplina recata in materia dal reg. « RomaII » riflette sostanzialmente una perduranteoscillazione tra le due soluzioni.Agli Stati membri resta infatti precluso, pervia del carattere erga omnes dei due regolamenti,di applicare una diversa disciplina di conflittonei casi che presentino collegamenti con Statiterzi. Ciò, del resto, corrisponde a quanto avvieneper effetto dell’inclusione nel reg. « Roma I »di quei contratti di assicurazione ( 34 ), che attualmenteesulano dall’ambito di applicazionedella Convenzione di Roma. Tali fattispecie, dalmomento in cui il regolamento sarà applicabile,saranno infatti soggette alla disciplina recata daquesto, la quale si applicherà in luogo delle autonomenorme di conflitto degli Stati membri –salvo quanto si dirà con riguardo alle convenzioniinternazionali cui questi siano parte – an-( 33 ) V. la disposizione dell’art. 3 del reg. « RomaII », corrispondente all’art. 2 del reg. « Roma I ». Siveda Franzina, supra, commento sub art. 2.( 34 ) Si rimanda a quanto osservato supra, par. 2, inmerito al venir meno nel regolamento dell’esclusionedei contratti di assicurazione relativi a rischi localizzatinella Comunità prevista dall’art. 1, par. 3, dellaconvenzione di Roma.NLCC 3/4-2009


Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 543che ove si presentino collegate con Stati terzi( 35 ).( 35 ) Tale conseguenza appare necessariamente insitanell’approccio erga omnes adottato dal legislatorecomunitario, il quale trova giustificazione, comeespressamente indicato nella relazione esplicativadell’iniziale proposta di reg. « Roma II », presentatail 22 luglio 2003, cit., p. 10 s., nella necessità di garantirela parità di trattamento quanto alla legge applicabiletra situazioni puramente « intracomunitarie » ed« extracomunitarie », avuto riguardo al fatto che leune come le altre possono essere sottoposte ai giudicidegli Stati membri della Comunità. Osserva in particolarela relazione che, ove si mantenessero norme diconflitto differenti all’interno degli Stati membri conriguardo a controversie che presentino collegamenticon Stati terzi, ciò sarebbe suscettibile di determinareun effetto distorsivo della concorrenza, incoraggiandotecniche di forum shopping che la stessa adozionedi norme di conflitto comuni mira ad evitare. Oltre aciò, la stessa distinzione tra controversie « intracomunitarie» ed « extracomunitarie » appare semprepiù difficile da tracciare, cosicché il mantenimento didue regimi distinti, oltre a vanificare la finalità di uniformitànella disciplina internazionalprivatistica, sitradurrebbe in un inopportuno fattore di complicazioneper gli operatori e gli interpreti. A questo riguardosi possono richiamare le considerazioni formulatein un parere del Servizio giuridico del Consigliodel 2 marzo 2004, doc. n. 7015/04 (reperibile,per la parte resa pubblica, sul sito http://www.consilium.europa.eu),relativamente alla base giuridica dellaproposta di reg. « Roma II », supra richiamata,spec. par. 2, in cui il Servizio osservava che il requisitodella rilevanza delle misure da adottare per il correttofunzionamento del mercato interno osterebbeunicamente ad un’applicazione del regolamento afattispecie puramente esterne alla Comunità, non impedendoper il resto l’adozione di regole di conflittoche possano portare anche all’applicazione della leggedi un paese terzo. Tale impostazione trova consensianche in dottrina: si vedano, tra gli altri, Kohler,Lo spazio giudiziario europeo in materia civile e il dirittointernazionale privato comunitario, inDiritto internazionaleprivato e diritto comunitario, a cura di Picone,Padova, 2004, p. 91 ss.; Kreuzer, La comunitarizzazionedel diritto internazionale privato in materiadi obbligazioni extracontrattuali (« Roma II »), ivi,p. 426 s. Esamina specificamente la questione, in relazioneal presupposto della rilevanza delle misure daadottare per il buon funzionamento del mercato interno,di cui all’art. 65 del Tratt. CE, Fallon, Approchesystémique de l’applicabilité dans l’espace de BruxellesI et de Rome I, inEnforcement of InternationalContracts in the European Union, cit., p. 131 ss.3. – Lo stesso effetto di estensione dell’ambitooggettivo di applicazione della disciplina comunitariae di conseguente riduzione dello spaziolasciato alle norme di conflitto proprie deisingoli sistemi nazionali di diritto internazionaleprivato deriva dal venir meno, insito nella naturastessa del regolamento in quanto obbligatorioin ogni sua parte e direttamente applicabilein ciascuno degli Stati membri ( 36 ), della facoltàdi escludere l’applicazione di alcune sue disposizionimediante l’apposizione di riserve, che èinvece prevista dall’art. 22 della Convenzione diRoma ( 37 ). L’Italia, tra l’altro, si è notoriamenteavvalsa di tale facoltà con riguardo all’art. 10,par. 1, lett. e) della Convenzione, relativo all’applicazionedella legge regolatrice del contrattoalle conseguenze derivanti dalla nullità di questo,intendendo mantenere un’autonoma disciplinadi conflitto con riguardo a tale questione,di cui era stata ritenuta da parte della dottrina lanatura extracontrattuale ( 38 ).Dal momento in cui il regolamento troveràapplicazione, le conseguenze della nullità delcontratto saranno necessariamente sottopostealla lex contractus, divenendo irrilevante l’eventualedifferente qualificazione che esse possano( 36 ) Come chiaramente enunciato dall’art. 249 delTratt. CE.( 37 ) Si veda in questo senso chiaramente la Relazionealla Proposta della Commissione, sub motivazione,punto 4.1, la quale annovera espressamente tr<strong>agli</strong> adattamenti della disciplina derivanti dalla mutatanatura dello strumento il venir meno della possibilitàdi apporre riserve (contemplata dall’art. 22 dellaConvenzione), così come di adottare nuove norme diconflitto dopo apposita notifica (ai sensi dell’art. 23della Convenzione), ed infine il superamento delladurata limitata della Convenzione (stabilita dall’art.30 di questa).( 38 ) Si vedano al riguardo, tra gli altri, Baratta,sub art. 22, in Convenzione sulla legge applicabile alleobbligazioni contrattuali (Roma, 19 giugno 1980) -Commentario, cit., p. 901 ss.; Id., Conseguenze internazionalprivatistichedelle riserve apposte dall’Italia alleconvenzioni applicabili « in ogni caso » nella leggedi riforma, inConvenzioni internazionali e legge di riforma,cit., p. 351 ss., spec. p. 358 ss.; Boschiero,Obbligazioni contrattuali, cit., p. 84 s.; Villani, Laconvenzione di Roma sulla legge applicabile ai contratti,cit., p. 11 s. e, per quanto attiene specificamentealla legge applicabile alle conseguenze della nullitàdel contratto, p. 189 s.NLCC 3/4-2009


544reg. CE n. 593/2008ricevere nei singoli ordinamenti degli Statimembri ( 39 ).4. – La medesima tendenza verso un’estensionesempre maggiore dell’ambito di applicazionedella disciplina uniforme di diritto internazionaleprivato adottata dalle istituzioni della Comunitàpuò intravedersi nella nuova disciplinadei rapporti con le altre convenzioni internazionaliche recano regole di conflitto in materiacontrattuale, di cui all’art. 25 del regolamento.Tale norma si presenta sensibilmente più restrittivadell’art. 21 della Convenzione di Roma,il quale, come è noto, fa salva l’applicazione dellealtre convenzioni internazionali di cui uno opiù Stati contraenti siano o divengano parti. Ditale apertura della disciplina recata dalla Convenzionedi Roma nei riguardi delle altre convenzioniapplicabili in materia è stato, tra l’altro,tenuto conto anche nell’art. 57 della leggedi riforma, che fa salva l’applicazione delle altreconvenzioni internazionali, in quanto applicabilievidentemente proprio vigore. A questo riguardo,merita osservare che nel caso in cui, comeavviene nella Convenzione dell’Aja del 1 oluglio 1985 sulla legge applicabile al trust ealsuo riconoscimento, si presenti una situazionedi conflitto negativo tra i due strumenti, ove,per l’appunto, la Convenzione potenzialmenteconfiggente dichiari a propria volta di non volerregolare le questioni che formano al contempooggetto di altre convenzioni, il richiamo operatodall’art. 57 alla Convenzione di Roma potrebbeconsentire di risolvere il conflitto unilateralmente,per quanto attiene all’ordinamento italiano.Per effetto del rinvio operato dall’art. 57,( 39 ) Si possono richiamare in proposito le considerazionigià svolte in conclusione del par. 1 sulle conseguenzedell’approccio erga omnes adottato dal legislatorecomunitario, ed all’inopportunità di mantenereun regime distinto per le fattispecie che presentinocollegamenti con Stati terzi. Osserva al riguardo Salerno,Le conseguenze del regolamento « Roma I »,cit., p. 189, che la ricomprensione delle conseguenzedella nullità del contratto tra le questioni soggette allalegge designata in base al reg. « Roma I »èdestinatainevitabilmente ad influire anche sulla qualificazionedella fattispecie in esame in base al diritto comune,nel senso che quest’ultima si troverà ad esseresoppiantata da quella uniformemente individuata dallegislatore comunitario. Si veda anche Leandro, infra,commento sub art. 12.infatti, le questioni che ricadano potenzialmentenell’ambito applicativo dei due strumentivengono ad essere sottoposte alla Convenzionedi Roma ovvero, accogliendosi la tesi qui proposta,al reg. « Roma I » a decorrere dal momentoin cui questo sarà applicabile ( 40 ).Pur sempre, nell’ipotesi in cui, come qui sostenuto,il richiamo operato dall’art. 57 dellalegge di riforma debba estendersi al regolamento,la nuova disciplina da questo recata in materiadi rapporti con altre convenzioni appare destinatainevitabilmente a restringere la portataconcreta della previsione recata dall’ultima partedell’art. 57 della nostra legge.Infatti, deve innanzitutto essere sottolineato chel’art. 25 del regolamento, fin dalla sua stessa rubri-( 40 ) Si veda l’art. 25 della Convenzione sulla leggeapplicabile al trust e al suo riconoscimento, aperta allafirma all’Aja il 1 o luglio 1985, testo disponibile coni relativi lavori preparatori sul sito della Conferenzadell’Aja di diritto internazionale privato (http://www.hcch.net). La tesi dell’effetto estensivo dell’applicazionedella Convenzione di Roma derivante dall’art.57 della legge italiana di riforma in presenza diun’altra convenzione che dichiari a propria volta dinon voler pregiudicare gli altri strumenti internazionalidi cui gli Stati contraenti siano parte e che contenganodisposizioni su materie regolate dalla convenzionestessa è sostenuta, con specifico riferimentoalla convenzione in esame, da Contaldi, Il trust neldiritto internazionale privato italiano, Milano, 2001,p. 77 s., il quale ritiene, in particolare, che la Convenzionedi Roma debba regolare, in virtù del richiamoin questione, la legge applicabile al negozio costitutivodel trust, ove quest’ultimo, evidentemente, sia costituitoin via negoziale; nello stesso senso, si vedanoanche Benedettelli, sub art. 57, in Legge 31 maggio1995, n. 218, Riforma del sistema italiano di diritto internazionaleprivato - Commentario, a cura di Bariatti,in questa Rivista, 1996, p. 1360 ss., spec. p. 1378 s.;Baratta, La convenzione di Roma sulla legge applicabilealle obbligazioni contrattuali, inDir. Unione eur.,1997, p. 633 ss., spec. p. 649, in nota; sostiene inveceDamascelli, Il rinvio « in ogni caso » a convenzioniinternazionali, cit., p. 88 ss., che un’estensione dell’ambitodi applicazione della Convenzione di Romaper effetto dell’art. 57 della legge italiana non sarebbenecessaria in proposito, in quanto l’esclusione dellequestioni inerenti ai trust disposta dall’art. 1, par.2, lett. g) della Convenzione sarebbe da interpretarsirestrittivamente, non ricomprendendo il contratto ditrasferimento dei beni intercorrente tra il costituentee il fiduciario. V. al riguardo anche il commento diFranzina, infra, commento sub art. 1, VII, par. 2.NLCC 3/4-2009


Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 545ca – che si riferisce ai « rapporti con convenzioniinternazionali in vigore »–prende in considerazioneunicamente le convenzioni internazionali giàin vigore, o, comunque, già stipulate d<strong>agli</strong> Statimembri, dovendo ritenersi in linea di principiopreclusa la possibilità per questi ultimi di concluderenuovi accordi nella materia disciplinata dalregolamento. Ciò in quanto l’adozione di questodetermina l’insorgere di una competenza esclusivadella Comunità a concludere accordi nella materiaoggetto del regolamento stesso, in base aquanto recentemente affermato dalla Corte di giustizia,segnando un’ulteriore tappa nell’evoluzionedel proprio orientamento che aveva trovato primaespressione nella sentenza AETS ( 41 ), nel parere1/03 relativo alla conclusione della nuovaConvenzione di Lugano ( 42 ).Inoltre, anche con riguardo alle convenzionigià in vigore o già stipulate autonomamente d<strong>agli</strong>Stati membri, il regime di piena aperturaadottato dalla Convenzione di Roma viene adessere ridimensionato. Infatti, l’art. 25 del regolamentolimita la prevalenza alle convenzionistipulate d<strong>agli</strong> Stati membri con paesi terzi, facendoprevalere invece quest’ultimo, nei rapportitra gli Stati membri, sulle convenzioniconcluse unicamente tra questi ultimi, nella misurain cui riguardino materie da esso discipli-( 41 ) Corte giust. CE 31 marzo 1971, causa 22/70,Commissione c. Consiglio, inRaccolta, 1971, p. 263ss.( 42 ) Parere 1/03 del 7 febbraio 2006, in Raccolta,2006, p. I-1145 ss. Nel senso che dal momento dell’adozionedi un regolamento comunitario la competenzacomunitaria a concludere accordi nella materiaconsiderata presenti carattere esclusivo si può leggereanche il parere del Servizio giuridico del Consigliodel 2 marzo 2004, relativo alla proposta di reg. « RomaII », specie p. 9 s. Nondimeno, in un successivoparere del 22 marzo 2006, doc. 7645/06 (reperibile,per la parte resa pubblica, sul sito http://www.consilium.europa.eu),relativo ai rapporti tra la stessa proposta« Roma II » e le convenzioni internazionali esistenti,il Servizio giuridico del Consiglio si è espressofavorevolmente all’ipotesi della conclusione di accordicon Stati terzi da parte degli Stati membri, nellamisura in cui ciò sia previsto dal legislatore comunitarioe gli Stati membri agiscano in consultazione conle istituzioni della Comunità, purché tali accordi sianolimitati a quanto è strettamente necessario al buonfunzionamento della disciplina introdotta con il regolamentocomunitario. Al riguardo, il Comitato sullequestioni di diritto civile aveva proposto un nuovopar. 3 da aggiungere all’art. 25 della proposta « RomaII », nel quale si prevedeva tale possibilità. La formulazioneproposta, tuttavia, non è stata ritenuta compatibiledal Servizio giuridico del Consiglio con uncorretto rapporto interistituzionale e non è stataquindi ricompresa dalla Commissione nella propostamodificata presentata il 21 febbraio 2006, cit. Inoltre,in sede di discussione in seno al Comitato sulle questionidiritto civile, il <strong>27</strong>-<strong>28</strong> marzo 2006, è stata presentatada parte della delegazione tedesca una nuovaformulazione della integrazione proposta, nel sensodi assoggettare comunque la conclusione di tali accordiall’approvazione preventiva della Commissione,la quale avrebbe potuto rifiutarla ove le regole didiritto internazionale privato contenute nel propostoaccordo differissero dalla disciplina risultante dal regolamento,facendo insorgere il rischio di pregiudicarel’uniformità perseguita con l’adozione di questo.Nessuna di tali proposte è stata accolta nel testo delregolamento. Si vedano, in generale, con riguardo allaproblematica relativa alle competenze esterne dellaComunità nelle materie rientranti nel settore dellacooperazione giudiziaria in materia civile, Borrás,Diritto internazionale privato comunitario e rapporticon Stati terzi, inDiritto internazionale privato e dirittocomunitario, cit., p. 449 ss.; Id., The Frontiers andthe Institutional Constitutional Question, inInternationalCivil Litigation in Europe and Relations withThird States, a cura di Nuyts e Watté, Bruxelles,2005, p. <strong>27</strong> ss.; si vedano anche, tra i commenti al parere1/03, Franzina, Le condizioni di applicabilitàdel regolamento (CE) n. 44/2001 alla luce del parere1/03 della Corte di giustizia, inRiv. dir. internaz.,2006, p. 948 ss., Lavranos, Opinion 1/03, LuganoConvention, (Full Court) of 7 February 2006, inCommonMarket Law Rev., 2006, p. 1087 ss.; per una ricostruzionedell’evoluzione dell’orientamento dellaCorte di giustizia in materia, Cannizzaro, Le relazioniesterne della Comunità: verso un nuovo paradigmaunitario?, inDir. Unione eur., 2007, p. 239 ss.;Rossi, Conclusione di accordi internazionali e coerenzadel sistema: l’esclusività della competenza comunitaria,inRiv.dir. internaz., 2007, p. 1008 ss.; con riguardoalle ulteriori prospettive di sviluppo della legislazionecomunitaria nei settori del diritto di famiglia edelle successioni, Pocar, The « Communitarization »of Private International Law and its Impact on the ExternalRelations of the European Union, inThe ExternalDimension of EC Private International Law in Familyand Succession Matters, a cura di Malatesta, Bariattie Pocar, Padova, 2008, p. 3 ss.; Malatesta,The Lugano Opinion and its Consequences in Familyand Succession Matters, ivi, p. 31 ss.; Santini, TheDoctrine of Implied External Powers and Private InternationalLaw Concerning Family and SuccessionMatters, ivi, p.31ss.NLCC 3/4-2009


546reg. CE n. 593/2008nate. Inoltre, il regolamento impone <strong>agli</strong> Statimembri l’obbligo di comunicare alla Commissionel’elenco delle convenzioni stipulate conStati terzi, così come le eventuali denunce cheabbiano luogo successivamente alla data indicatacome termine per il compimento della comunicazione( 43 ). Il valore di tale previsione non ècompletamente chiaro. È certo plausibile cheessa persegua un opportuno fine di trasparenza,volto ad evitare il rischio, presente specialmentenelle relazioni commerciali internazionali di unaqualche complessità, di potenziale applicazione« a sorpresa » di norme contenute in convenzionirelative a materie particolari scarsamente conosciuted<strong>agli</strong> operatori meno specializzati.Tuttavia, resta il dubbio se la eventuale mancatainclusione in tale elenco di una convenzione dicui uno Stato membro sia parte determinil’inapplicabilità nei riguardi di essa del regimedi prevalenza previsto dalla norma ( 44 ).5. – Un ultimo accenno merita la questionedel regime di diritto intertemporale relativo allasuccessione del reg. « Roma I » alla Convenzionedi Roma, specialmente nella prospettiva, chesi è ritenuto di poter adottare, di un’estensioneal regolamento del richiamo operato dall’art. 57della legge di riforma. A questo proposito, la regolarecata dall’art. 17 della Convenzione, secondocui essa si applica ai contratti conclusisuccessivamente alla sua entrata in vigore ( 45 ), sipresenta riprodotta dal regolamento, con alcuniadattamenti, dettati in parte dalla diversa naturagiuridica dello strumento, all’art. <strong>28</strong> ( 46 ).Al riguardo, pur dovendo tale regola in lineadi principio applicarsi al fine di determinarel’applicabilità del regolamento proprio vigore,potrebbe discutersi se la riferibilità al regolamentodel richiamo operato dall’art. 57 dellalegge italiana possa comportare un’applicazioneanticipata di quest’ultimo alle questioni cui essotroverebbe applicazione in forza del richiamo inquestione. A rigore, un tale effetto di applicazioneanticipata della disciplina recata dal regolamentonon sembra si possa produrre per effettodel richiamo di cui all’art. 57 della legge italiana.Infatti, considerato che il richiamo in questionerimane pur sempre diretto alla Convenzionedi Roma in quanto tale, sembrerebbe difficilmenteammissibile un’interpretazione voltaa sostituire il regolamento alla Convenzione primaancora che questo ne prenda il posto, almenodal punto di vista dell’ordinamento italiano edegli altri Stati membri soggetti alla sua applicazione,secondo quanto previsto dall’art. 24 delregolamento stesso ( 47 ).Piuttosto, appare doversi ritenere che le stesseesigenze di uniformità di disciplina interna-( 43 ) Dopo diverse oscillazioni nei lavori preparatoridei due strumenti, un regime analogo è previsto d<strong>agli</strong><strong>artt</strong>. <strong>28</strong> e <strong>29</strong> del reg. « Roma II ». Si veda Franzina,infra, commento sub <strong>artt</strong>. 25-26.( 44 ) La Relazione alla Proposta della Commissione,sub art. 23, indica come mero fine della previsionedella pubblicazione delle convenzioni internazionalidi cui gli Stati membri sono parti quello di migliorarela trasparenza del regime giuridico in vigore.La stessa indicazione si desume dal preambolo del regolamento,41 o considerando, come pure, con riferimentoall’analoga previsione contenuta nell’art. <strong>29</strong>del reg. « Roma II », dal preambolo di quest’ultimoregolamento, 36 o considerando.( 45 ) Con riferimento all’ambito di applicazione rationetemporis della Convenzione di Roma si vedaVillani, La convenzione di Roma sulla legge applicabileai contratti, cit., p. 61 ss., il quale osserva che laprevisione di un autonomo criterio di diritto intertemporaleda parte della convenzione non impedisce<strong>agli</strong> Stati contraenti di darvi applicazione anticipatamente,sia mediante recepimento nella legislazionenazionale, sia in via giurisprudenziale a titolo di ratioscripta. Tale questione si era notoriamente posta conriguardo <strong>agli</strong> effetti del rinvio « in ogni caso » operatodall’art. 57 della legge di riforma, per effetto delquale la Convenzione avrebbe potuto applicarsi ancheai contratti conclusi anteriormente alla sua entratain vigore: si veda in questo senso Forlati Picchio,Le obbligazioni contrattuali, cit., p. 122 ss., laquale osserva nondimeno che l’eventuale effettoestensivo dell’ambito di applicazione temporale delladisciplina convenzionale richiamata non possa andareal di là di quanto previsto dall’art. 72 della legge,escludendosi, quindi, che la Convenzione di Romapossa trovare applicazione con riguardo alle obbligazionicontrattuali sorte prima della sua entrata in vigoree completamente esauritesi prima dell’entrata invigore della legge italiana di riforma; sostiene inveceche quanto all’ambito di applicazione temporale sidebbano preservare i limiti fissati da ciascuna convenzione,conformemente al principio generale affermatodall’art. 2, comma 2 o , della legge di riforma,Giardina, Il rinvio alle convenzioni, cit., p. 19 s.( 46 )V.Marongiu Buonaiuti, infra, commentosub <strong>artt</strong>. <strong>27</strong>-<strong>29</strong>.( 47 )V.Franzina, infra, commento sub art. 24.NLCC 3/4-2009


[Art. 1] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 547zionalprivatistica che hanno ispirato la soluzionedi dichiarare applicabile « in ogni caso » laConvenzione, così come giustificano un’estensionedel richiamo alla disciplina recata dal futuroregolamento, ugualmente possano giustificareuna generalizzazione della soluzione daquesto recata in punto di diritto intertemporale,anche con riguardo a quelle fattispecie in cui essosi applichi in forza del richiamo operato dall’art.57 della legge italiana ( 48 ).Fabrizio Marongiu Buonaiuti( 48 ) Quest’ultima interpretazione, che ci appare indefinitiva più persuasiva, trova sostegno mutatis mutandisanche in quanto osservato da parte della dottrinanel senso che, sulla base anche delle indicazionidi ordine generale di cui all’art. 2, comma 2 o , dellalegge di riforma, le convenzioni internazionali dovrannoessere applicate rispettando i loro propri criteridi interpretazione e di applicazione. Si veda inquesto senso, tra gli altri, con riferimento al profiloora in esame, Giardina, Il rinvio alle convenzioni,cit., p. 20; nel senso che lo stesso principio debbaispirare anche la soluzione delle altre questioni generaliposte dall’applicazione del diritto richiamato dallasingola convenzione internazionale che formi oggettodi rinvio ricettizio ad opera del legislatore nazionale,Davì, Le questioni generali di diritto internazionaleprivato, cit., p. 76 ss. – si veda in senso contrario,per cui nella misura in cui le convenzioni richiamatenon si applichino per forza propria ma in virtùdel rinvio ricettizio operato dal legislatore italiano lequestioni generali poste dall’applicazione delle regoledi conflitto recate dalla data convenzione debbanoessere risolte secondo le norme della legge italiana,Bariatti, Le norme generali della legge n. 218 e leconvenzioni internazionali applicabili « in ogni caso »,in Convenzioni internazionali e legge di riforma, cit.,p. 369 ss. Nel senso che, per quanto attiene alla risoluzionedi questioni che non trovano espressa soluzionenella disciplina uniforme adottata a livello comunitario,come quella dell’accertamento del dirittostraniero richiamato, possano essere prese in considerazionele soluzioni adottate dal sistema interno didiritto internazionale privato, in quanto compatibilicon la natura precettiva della disciplina uniforme, Salerno,Le conseguenze del regolamento « Roma I »,cit., p. 186. Nel senso che per quanto attiene all’ambitodi applicazione temporale della convenzioni richiamatesia inevitabile doversi rifare alle soluzioniindicate dalle convenzioni stesse, non ammettendosialcun effetto estensivo al riguardo, v. anche Picone,Le convenzioni internazionali, cit., p. 402 ss.; Boschiero,Obbligazioni contrattuali, cit., p. 848 s., laquale osserva che ammettere un’applicazione estensivaanche sotto il profilo temporale si rivelerebbe pregiudizievoleper la certezza del diritto.Capo ICAMPO D’APPLICAZIONEArt. 1.(Campo d’applicazione materiale)1. Il presente regolamento si applica, in circostanze che comportino un conflitto di leggi, alleobbligazioni contrattuali in materia civile e commerciale.Esso non si applica, in particolare, alle materie fiscali, doganali o amministrative.2. Sono esclusi dal campo d’applicazione del presente regolamento:a) le questioni di stato e di capacità delle persone fisiche, fatto salvo l’articolo 13;b) le obbligazioni derivanti dai rapporti di famiglia o dai rapporti che secondo la legge applicabilea tali rapporti hanno effetti comparabili, comprese le obbligazioni alimentari;c) le obbligazioni derivanti da regimi patrimoniali tra coniugi, da regimi patrimoniali relativia rapporti che secondo la legge applicabile a questi ultimi hanno effetti comparabili almatrimonio, nonché dalle successioni;d) le obbligazioni derivanti da cambiali, assegni, v<strong>agli</strong>a cambiari e da altri strumenti negoziabili,nella misura in cui le obbligazioni derivanti da tali altri strumenti risultano dal lorocarattere negoziabile;NLCC 3/4-2009


548reg. CE n. 593/2008[Art. 1]e) i compromessi, le clausole compromissorie e le convenzioni sul foro competente;f) le questioni inerenti al diritto delle società, associazioni e persone <strong>giuridiche</strong>, su aspettiquali la costituzione, tramite registrazione o altrimenti, la capacità giuridica, l’organizzazioneinterna e lo scioglimento delle società, associazioni e persone <strong>giuridiche</strong> e la responsabilità personaledei soci e degli organi per le obbligazioni della società, associazione o persona giuridica;g) la questione di stabilire se l’atto compiuto da un intermediario valga ad obbligare difronte ai terzi il mandante, o se l’atto compiuto da un organo di una società, altra associazioneo persona giuridica valga ad obbligare di fronte ai terzi la società, altra associazione o personagiuridica;h) la costituzione di « trust » e i rapporti che ne derivano tra i costituenti, i « trustee » eibeneficiari;i) le obbligazioni derivanti da trattative precontrattuali;j) i contratti di assicurazione che derivano da operazioni effettuate da soggetti diversi dalleimprese di cui all’articolo 2 della direttiva 2002/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio,del 5 novembre 2002, relativa all’assicurazione sulla vita, aventi lo scopo di erogare ai lavoratori,dipendenti o non, riuniti nell’ambito di un’impresa o di un gruppo di imprese o di un settoreprofessionale o interprofessionale, prestazioni in caso di decesso, in caso di vita o in caso di cessazioneo riduzione d’attività, o in caso di malattia professionale o di infortunio sul lavoro.3. Il presente regolamento non si applica alla prova e alla procedura, fatto salvo l’articolo 18.4. Nel presente regolamento, per « Stato membro » si intendono gli Stati membri ai quali siapplica il presente regolamento. Tuttavia, all’articolo 3, paragrafo 4, e all’articolo 7 per « Statomembro » si intendono tutti gli Stati membri.ISommario: 1. Le tecniche utilizzate dall’art.1alfinedidelimitarel’ambito di applicazione del reg. « Roma I ». –2. Le esigenze sottese alla definizione di tale ambito diapplicazione e i loro riflessi interpretativi. – 3. Le « circostanzeche comportino un confitto di leggi ». – 4. Laqualificazione delle « obbligazioni contrattuali ». – 5. Lalimitazione dell’ambito d’applicazione del regolamentoalla materia civile e commerciale.( 1 ) Gli <strong>artt</strong>. 23 e 25 del regolamento relativi, rispettivamente,alle relazioni con altre disposizioni deldiritto comunitario e con convenzioni internazionaliin vigore operano indirettamente e in senso restrittivosull’ambito di applicazione delle sue disposizioni,che rimangono pertanto « suppletive » con riguardo1. – L’art. 1 delimita il campo di applicazionemateriale del reg. « Roma I » ponendo, in primoluogo, tre condizioni generali d’applicabilità e,in secondo luogo, elencando un insieme di fattispeciee questioni che esulano dall’ambito dioperatività delle norme uniformi ( 1 ). Tali fattispeciee questioni verranno esaminate in seguito,in apposite sezioni del commento all’art. 1.(i) alle disposizioni dell’ordinamento comunitarioche, con riferimento a settori specifici, disciplinino iconflitti di legge in materia di obbligazioni contrattualie (ii) alle convenzioni internazionali di cui uno opiù Stati membri sono parti contraenti al momentodell’adozione del regolamento e che disciplinano iconflitti di leggi inerenti ad obbligazioni contrattuali,eccetto quelle concluse esclusivamente tra due o piùStati membri nella misura in cui esse riguardano materiedisciplinate dal regolamento. In merito v. MarongiuBuonaiuti, infra, commento sub art. 23, eFranzina, infra, commento sub art. 25; la citazione èda Pocar, Campo di applicazione della convenzione diRoma 19 giugno 1980 sulla legge applicabile alle obbligazionicontrattuali, inForo pad., 1987, II, p. 3. V. altresìBonfanti, Le relazioni intercorrenti tra il regolamentoRomaIeleconvenzioni internazionali (in vigoree non),inLa nuova disciplina comunitaria della leggeapplicabile ai contratti (Roma I), a cura di Boschiero,in corso di pubblicazione.NLCC 3/4-2009


[Art. 1] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 549( 2 ) Benedettelli, La legge regolatrice delle obbligazionicontrattuali tra convenzione di Roma e dirittointernazionale privato comune, inDir. comm. internaz.,1996, p. 715 ss., spec. p. 726 ss.; Id., sub art. 57,in Legge 31 maggio 1995, n. 218 - Riforma del sistemaitaliano di diritto internazionale privato - Commentario,a cura di Bariatti, in questa Rivista, 1996, p. 1360ss.( 3 ) Si tratta di questioni di stato e di capacità dellepersone fisiche (par. 2 lett. a), delle materie inerential diritto societario (par. 2 lett. f); della « questione distabilire se l’atto compiuto da un intermediario valgaad obbligare di fronte ai terzi il mandante, o se l’attocompiuto da un organo di una società, altra associazioneo persona giuridica valga ad obbligare di fronteai terzi la società, altra associazione o persona giuridica» (par. 2 lett. g) circa il fatto che l’esclusione del temadei rapporti fra rappresentato e terzi indichi la« comune intenzione degli Stati contraenti di non ricondurretale questione tra quelle qualificabili comeattinenti alla materia contrattuale » v. Benedettelli,La legge regolatrice delle obbligazioni contrattuali,cit., p. 735, e delle obbligazioni derivanti da trattativeprecontrattuali (par. 2 lett. i).Le tre condizioni generali d’applicabilità, chedevono essere soddisfatte cumulativamente, sonocostituite, ai sensi del par. 1 della disposizionein commento, dalla necessità che: (i) ricorrano« circostanze che comportino un conflitto dileggi », (ii) si sia in presenza di « obbligazionicontrattuali », (iii) si insista in « materia civile ecommerciale ».Il par. 2 della medesima disposizione prosegueelencando talune fattispecie obbligatorieespressamente escluse dall’ambito di applicazionedel regolamento. Ciò, secondo una distinzionegià proposta in dottrina e adattabile al testoparzialmente novellato della disposizione, inragione di un limite « qualificatorio » ovvero« materiale » all’operatività delle norme uniformi( 2 ). Si tratta, nel primo caso, di fattispecie(implicitamente) qualificate dal legislatore comunitariocome estranee alla materia delle obbligazionicontrattuali civili e commerciali ( 3 )e,nel secondo, di fattispecie che, seppur attinenti(anche solo potenzialmente o parzialmente) alleobbligazioni contrattuali in materia civile ecommerciale, sono escluse dall’ambito di applicazionedel regolamento per altri motivi (qualil’esistenza di convenzioni internazionali o atti didiritto comunitario derivato in materia, o l’impossibilitàdi raggiungere un accordo circa la disciplinauniforme) ( 4 ).Il par. 3 precisa che il regolamento non disciplinala prova e la procedura, fatte salve le questioniespressamente contemplate all’art. 18(presunzioni legali, onere della prova e mezzi diprova di contratti e atti giuridici) ( 5 ). La normaè ispirata alla finalità di escludere la materiaprocessuale da quelle disciplinate dal regolamento( 6 ).Infine, il par. 4 specifica che i riferimenti auno Stato membro nel regolamento si intendo-( 4 ) Si tratta di obbligazioni derivanti dai rapportidi famiglia o dai rapporti che secondo la legge loroapplicabile hanno effetti comparabili, comprese leobbligazioni alimentari (par. 2 lett. b); obbligazioniderivanti da regimi patrimoniali tra coniugi, da regimipatrimoniali relativi a rapporti che secondo la leggeapplicabile a questi ultimi hanno effetti comparabilial matrimonio, nonché dalle successioni (par. 2lett. c); obbligazioni derivanti da cambiali, assegni,v<strong>agli</strong>a cambiari e da altri strumenti negoziabili (par. 2lett. d); compromessi, clausole compromissorie econvenzioni sul foro competente (par. 2 lett. e); questioniinerenti i trust (par. 2 lett. h) contratti assicurativimenzionati al par. 2 lett. j).( 5 ) In merito v. Leandro, infra, commento subart. 18. Circa il coordinamento fra l’ambito di applicazioneproprio vigore del regolamento e l’art. 57 dellal. 31 maggio 1995, n. 218 che opera un rinvio « inogni caso » alla Convenzione di Roma v. MarongiuBuonaiuti, supra, Note introduttive, II; Id., Conseguenzedella trasformazione della Convenzione di Romain regolamento comunitario per il sistema italianodi diritto internazionale privato,inLa legge applicabileai contratti nella proposta di regolamento « Roma I »,a cura di Franzina, Padova, 2006, p. 141 ss.; Boschiero,voce Vendita (dir. int. priv.), inDizionariodi diritto privato, a cura di Irti (in corso di pubblicazione);Salerno, Le conseguenze del regolamento« Roma I » sulla legge italiana di diritto internazionaleprivato, inIl nuovo diritto europeo dei contratti: dallaconvenzione di Roma al regolamento Roma I, Milano,2007, p. 182 ss.( 6 )L’esclusione potrebbe porre taluni difetti dicoordinamento nel caso in cui, ai sensi del diritto nazionale,una questione non sia considerata attinentela materia processuale ma altre materie rientranti invecenel campo di applicazione del regolamento: perun esempio relativo alla c.d. parol evidence rule, chepotrebbe essere considerata attinente l’interpretazionedel contratto e quindi rientrare nell’ambito di applicazionedel regolamento ai sensi dell’art. 12, par.1, lett. a), v. Plender e Wilderspin, The EuropeanContracts Convention 2 , London, 2001, p. 80 s.NLCC 3/4-2009


550reg. CE n. 593/2008[Art. 1]no <strong>agli</strong> Stati membri cui lo stesso si applica, inragione della circostanza che lo stesso non si applicaalla Danimarca per effetto dell’opt out aisensi del protocollo n. 5 allegato al Tratt.CE ( 7 ), eccezion fatta per i riferimenti di cui all’art.3, par. 4, relativo alle disposizioni imperativecomunitarie, e all’art. 7, in materia di contrattidi assicurazione ( 8 ).2. – Il regolamento non fornisce alcuna definizioneo altra indicazione puntuale relativamenteal modo in cui debbano essere interpretatele condizioni generali d’applicabilità elefattispecie e questioni volte a delimitare il suoambito d’applicazione ratione materiae. Quest’ultimo,pertanto, non potrà che essere definitofacendo ricorso alle tecniche interpretativegeneralmente applicabili al regolamento. Puresulando dall’oggetto del presente studioun’analisi dett<strong>agli</strong>ata di tali tecniche ( 9 ), parenondimeno utile richiamare brevemente alcunefra le più rilevanti in termini generali ai finidell’interpretazione dell’art. 1. Fra di esse, assumerilievo centrale il principio di interpretazionesistematica e teleologica, ai cui sensi lenorme del regolamento devono essere interpretatealla luce della ratio e delle finalità da esse( 7 ) In merito v. Bonfanti, Le relazioni, cit., overiferimenti ulteriori.( 8 ) In merito v. Biagioni, infra, commento subart. 3, II, e Pizzolante, infra, commento sub art. 7,nonché Piroddi, I contratti di assicurazione tra mercatointerno e diritto internazionale privato,inLa nuovadisciplina, cit.( 9 ) In merito v. per tutti Carbone, Base giuridica ecriteri interpretativi delle norme comunitarie sullo spaziogiudiziario europeo, in Contr. e impr./Europa,2003, p. 183 ss.; Salerno, Giurisdizione ed efficaciadelle decisioni straniere nel regolamento (CE) n.44/2001 3 , Padova, 2006, p. 47 ss.; Bariatti, Interpretazionee qualificazione nel diritto internazionaleprivato comunitario. Prime riflessioni, inRiv. dir. internaz.priv. e proc., 2006, p. 361 ss.; Bertoli, Cortedi giustizia, integrazione comunitaria e diritto internazionaleprivato e processuale, Milano, 2005, p. 403 ss.;Id., Il ruolo della Corte di giustizia e l’interpretazionedel futuro regolamento « Roma I », inLa legge applicabile,a cura di Franzina, cit., p. 9 ss. (e, in versioneampliata, in Riv. dir. internaz. priv. e proc., 2006, p.999 ss.); Baratta, The Process of Characterization inthe EC Conflict of Laws: Suggesting a Flexible Approach,inYearboook of Private International Law, 2004,p. 155 ss.perseguite, nonché del sistema e degli obiettividell’atto che le contiene, e che meglio ne garantisconol’« effetto utile » ela« piena efficacia» ( 10 ).A questo riguardo, l’oggetto e lo scopo delreg. « Roma I » devono essere identificati, inprimo luogo, internamente all’atto stesso, con laconseguenza, ad esempio, che le « autonome finalitàdel regolamento » rispetto alla Convenzionee dirette « alla maggiore certezza e prevedibilitàdel diritto applicabile » costituisconoun’utile indicazione interpretativa ( 11 ).Oggetto e scopo del regolamento, ulteriormente,devono essere valutati anche esternamenteallo stesso, vale a dire alla luce della dupliceesigenza di (i) mantenere e sviluppare ilparallelismo e la coerenza fra tale strumento egli ulteriori atti comunitari diretti all’unificazionedel diritto internazionale privato e processuale,e (ii) contribuire alle più generali finalitàd’integrazione economica e giuridica propriedell’ordinamento comunitario ( 12 ).Entrambe tali esigenze sono richiamate neiconsiderando del regolamento. La prima lo èanche con specifico riferimento al « campo diapplicazione materiale » che, unitamente alle altredisposizioni del regolamento, « dovrebberoessere coerenti » con il reg. CE n. 44/2001 del22 dicembre 2000 sulla giurisdizione e il riconoscimentodelle decisioni in materia civile e commerciale(c.d. « Bruxelles I ») ( 13 ) e con il reg.( 10 ) Giurisprudenza costante. Ad es., v. Cortegiust. CE 16 febbraio 2006, causa 3/05, Verdoliva, inRaccolta, 2006, p. I-1579 ss., punto 25; Corte giust.CE 9 febbraio 2006, causa 473/04, Plumex, ivi, 2006,p. I-1417 ss., punto 21; Corte giust. CE 20 gennaio2005, causa 464/01, Gruber, ivi, 2005, p. I-439 ss.,punto 31.( 11 ) Salerno, Le conseguenze, cit., p. 180. In meritocfr. altresì Kenfack, Le règlement (CE) n. 593/2008 du 17 juin 2008 sur la loi applicable aux obligationscontractuelles (« Rome I »), navire stable aux instrumentsefficaces de navigation?, inJournal dr. int.,2009, p. 18 ss.( 12 ) Sul punto v. Carbone, Base giuridica, cit., p.195; Salerno, Giurisdizione, cit., p. 47 s.; Bertoli,Corte, cit., p. 405; Ballarino e Mari, Uniformità ericonoscimento. Vecchi problemi e nuove tendenze dellacooperazione giudiziaria nella Comunità europea, inRiv. dir. internaz., 2006, p. 7 ss., spec. p. 11, p. 22 ss.( 13 )InG.U.C.E. n. L 12 del 16 gennaio 2001, p. 1ss., modificato da ultimo dal reg. CE n. 1791/2006/NLCC 3/4-2009


[Art. 1] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 551CE del 20 novembre 2006, in G.U.U.E. n. L 363 del20 dicembre 2006, p. 1 ss.( 14 )InG.U.U.E. n. L 199 del 31 luglio 2007, p. 40ss. Sul punto cfr. altresì Francq, Le règlement « RomeI » sur la loi applicable aux obligations contractuelles,inJournal dr. int., 2009, p. 44.( 15 ) Al riguardo v. Bariatti, Interpretazione, cit.,p. 361 ss.; Bertoli, Il ruolo della Corte, cit., p. 9 ss.;Salerno, Le conseguenze, cit., p. 180. Per un’interessanteapplicazione v. Corte giust. CE 8 novembre2005, causa 443/03, Leffler, in Raccolta, 2005, p.I-9611 ss.( 16 ) Analoga esigenza, infatti, si pone con riferimento<strong>agli</strong> ulteriori atti appartenenti al sistema comunitariodi diritto internazionale privato e processuale,fra cui quelli citati in nt. 65.( 17 ) Non diversamente da quanto diffusamente sostenutocon riferimento alla Convenzione di Romadel 19 giugno 1980 sostituita dal reg. « Roma I », cherappresentava « il naturale prolungamento » dellaConvenzione di Bruxelles del <strong>27</strong> settembre 1968 », asua volta sostituita dal reg. « Bruxelles I » (la citazioneè dalla Relazione Giuliano-Lagarde, par. 3).CE n. 864/2007 dell’11 luglio 2007 sulla leggeapplicabile alle obbligazioni extracontrattuali(c.d. « Roma II ») (7 o considerando)( 14 ). L’esigenzadi coerenza interpretativa e la conseguenteopportunità di ricorso a una tecnica interpretativaintertestuale ( 15 ) si pongono con ovviaevidenza (in particolare) ( 16 ) fra tali tre atti,stante lo stretto e intimo collegamento fra lematerie disciplinate d<strong>agli</strong> stessi ( 17 ), e tale coerenza,come logico, dovrà manifestarsi anche ein primo luogo al fine di definire e delimitarecoerentemente i rispettivi ambiti di applicazione.Il collegamento del regolamento con ilTratt. CE e dunque la sua « funzionalità» acontribuire alle più generali esigenze di integrazionegiuridica ed economica inerenti la costruzionecomunitaria sono invece parzialmente richiamatial 6 o considerando, ove si specifica che« il corretto funzionamento del mercato internoesige che le regole di conflitto di leggi in vigorenegli Stati membri designino la medesima leggenazionale quale che sia il paese del giudice adito,onde favorire la prevedibilità dell’esito dellecontroversie giudiziarie, la certezza circa la leggeapplicabile e la libera circolazione delle sentenze».L’applicazione del criterio interpretativo teleologicogenerale si è tradotta nell’enunciazione,da parte della Corte di giustizia, di vari criteriinterpretativi più specifici, fra i quali ci limitiamoa menzionare lo scopo e quindi la necessitàdi interpretare le norme in maniera tale dagarantirne « l’applicazione uniforme... in tuttigli Stati contraenti » ( 18 ), « la certezza del diritto» ( 19 ), « la parità dei diritti e dei doveri delleparti » e la loro « tutela giurisdizionale » ( 20 ).Ulteriormente, l’art. 1, come varie altre disposizionidel regolamento, utilizza termini edespressioni <strong>giuridiche</strong> il cui esatto significatodeve essere individuato, ponendosi, pertanto, iltema della relativa qualificazione (o, secondouna diversa terminologia proposta in dottrina,« classificazione ») ( 21 ). In merito, è notoriamenteaffermato nella giurisprudenza dellaCorte di giustizia il principio secondo cui leprincipali alternative che si pongono per la definizionedel significato di termini e concetticontenuti negli atti comunitari sono il riferimentoalle norme statali, che a sua volta puòessere diretto ( 22 ) od operare nei confronti deldiritto internazionale privato del giudice adito( 23 ), e la ricerca di un significato autonomo ereso quindi « comun[e] all’insieme degli Stati( 18 ) Corte giust. CE 8 novembre 2005, cit., punto46; Corte giust. CE 19 gennaio 1993, causa 89/91,Shearson Lehman Hutton, inRaccolta, 1993, p. I-139ss., punto 13; Corte giust. CE 14 luglio 1977, causeriunite 9 e 10/77, Bavaria, ivi, 1977, p. 1517 ss., punto4.( 19 ) Ad es., Corte giust. CE 8 novembre 2005, cit.,punto 63.( 20 ) Ad es., Corte giust. CE 22 novembre 1978,causa 33/78, Somafer, inRaccolta, 1978, p. 2183 ss.,punto 8; Corte giust. CE 8 marzo 1988, causa 9/87,Arcado, ivi, 1988, p. 1539 ss., punto 10; Corte giust.CE 19 febbraio 2002, causa 256/00, Besix, ivi, 2002,p. I-1699 ss., punto 24.( 21 ) Baratta, La natura della culpa in contrahendosecondo la sentenza Tacconi, inInt’l lis, 2004, p.133 ss.( 22 ) Corte giust. CE 15 maggio 1990, causa365/88, Hagentur, inRaccolta, 1990, p. I-1845 ss.,punto 17; Corte giust. CE 7 giugno 1984, causa 1<strong>29</strong>/83, Zelger, ivi, 1984, p. 2397 ss.; Corte giust. CE 2 luglio1985, causa 148/84, Deutsche Genossenschaftsbank,ivi, 1985, p. 1981 ss.; Corte giust. CE 14 marzo1996, causa <strong>27</strong>5/94, van der Linden, ivi, 1996, p.I-1393 ss., punto 17.( 23 ) Corte giust. CE 22 novembre 1978, causa 33/78, Somafer, cit., punto 5; Corte giust. CE 6 ottobre1976, causa 12/76, Tessili, inRaccolta, 1976, p. 1473ss., punto 10.NLCC 3/4-2009


552reg. CE n. 593/2008[Art. 1]( 24 ) Corte giust. CE 6 ottobre 1976, cit., punto 10.( 25 ) Corte giust. CE 19 gennaio 1993, cit., punto13; Corte giust. CE 13 luglio 1993, causa 125/92, MuloxIBC, inRaccolta, 1993, p. I-4075 ss., punto 10;Corte giust. CE 9 gennaio 1997, causa 383/95, Rutten,ivi, 1997, p. I-57 ss., punti 12 s.; Corte giust. CE3 luglio 1997, causa 269/95, Benincasa, ivi, 1997, p.I-3767 ss., punto 12; Corte giust. CE <strong>28</strong> settembre1999, causa 440/97, Groupe Concorde, ivi, 1999, p.I-6307 ss., punto 11; Corte giust. CE 20 gennaio2005, causa <strong>27</strong>/02, Engler, ivi, 2005, p. I-481 ss., punto33.( 26 ) Ad es., Corte giust. CE 17 giugno 1992, causa26/91, Handte, inRaccolta, 1992, p. I-3967 ss., punto10; Corte giust. CE 22 marzo 1983, causa 34/82, Peters,ivi, 1983, p. 987 ss., punto 10.( <strong>27</strong> ) Corte giust. CE 15 maggio 2003, causa266/01, Préservatrice foncière TIARD, in Raccolta,2003, p. I-4867 ss., punto 20; Corte giust. CE 26maggio 1981, causa 157/80, Rinkau, ivi, 1981, p.1391 ss., punto 11. In merito v. Lenaerts, Le droitcomparé dans le travail du juge communautaire, inRev. trim. dr. eur., 2001, p. 487 ss.; Id., InterlockingLegal Orders or the European Union Variant of E PluribusUnum, in Law and Justice in a Multistate World.Essays in Honour of Arthur T. von Mehren, a curadi Nafziger e Symeonides, New York, 2002, p. 751ss.( <strong>28</strong> ) Corte giust. CE 30 novembre 1976, causa 21/76, Mines de potasse d’Alsace, inRaccolta, 1976, p.1735 ss., punto 23; Corte giust. CE 7 giugno 1984,cit., punto 13.membri » ( 24 ). La scelta fra l’unael’altra opzioneè compiuta dalla Corte nella consuetaprospettiva funzionale e teleologica volta a garantireche le norme unificate siano applicateuniformemente e raggiungano il proprio scopoed effetto utile. Non stupisce, pertanto, che laCorte abbia esplicitato la propria preferenzaper la definizione autonoma, ritenuta maggiormenteidonea a garantire tali obiettivi ( 25 ). LaCorte, ulteriormente, ha esplicitato alcuni criteriche devono essere tenuti in considerazioneal fine di sviluppare le definizioni autonome,quali l’esigenza di garantire « l’applicazioneuniforme in tutti gli Stati contraenti » e « lapiena efficacia » degli strumenti comunitari( 26 ), l’opportunità di riferirsi « ai principi generalidesumibili dal complesso degli ordinamentinazionali » ( <strong>27</strong> ) e di « istituzionalizzaresoluzioni già acquisite, in linea di principio, inquasi tutti gli Stati contraenti » ( <strong>28</strong> ).Tali indicazioni di carattere generale sonosenz’altro utili ai fini dell’interpretazione dell’art.1einparticolaredelle due condizioni generalid’applicabilità relative alla sussistenza diun’obbligazione contrattuale e alla « materia civilee commerciale ». Non pare in alcun mododubitabile che tali espressioni debbano, nellamassima misura possibile, ricevere un’interpretazioneautonoma e dunque essere costruite indipendentementedal significato che le stessepotrebbero assumere nel diritto nazionale, ciòsia in ragione del menzionato orientamento giurisprudenziale,sia in quanto le espressioni e lenorme che svolgono la funzione di delimitarel’ambito di applicazione di un atto o, più in generale,del diritto comunitario (o criteri di applicabilità)( <strong>29</strong> ) dovrebbero essere interpretatein maniera autonoma, non potendosi ammettereche il diritto comunitario rimetta ai singoliStati membri la definizione del proprio ambitodi applicazione, con conseguente rischio dimancanza di uniformità applicativa ( 30 ).Analoga esigenza di interpretazione autonoma,inoltre, si pone anche con riferimento alladefinizione delle materie escluse dall’ambito diapplicazione del regolamento, al duplice fine digarantirne l’applicazione uniforme e il coordinamentocon gli altri atti comunitari in materiadi diritto internazionale privato e processuale( 31 ).( <strong>29</strong> ) Su tale nozione v. Benedettelli, ConnectingFactors, Principles of Coordination Between ConflictSystems, Criteria of Applicability: Three Different Notionsfor a « European Community Private InternationalLaw », inDir. Unione eur., 2005, p. 421 ss.( 30 ) Bariatti, Interpretazione, cit., p. 372; cfr. giàBoschiero, voce Obbligazioni contrattuali (dirittointernazionale privato), inEnc. dir., Agg. IV, 2001, p.801 ss., spec. pp. 818, 840-841, la quale, con specificoriferimento alla definizione dell’ambito di applicazionedella Convenzione di Roma del 1980, ammettela possibilità di una qualificazione lege causae (ovveroutilizzando il significato di cui all’ordinamento la cuilegge sarebbe applicabile in base alle norme di conflittouniformi) come extrema ratio, ove non sia in alcunmodo possibile l’elaborazione di una nozione autonoma.In tal senso anche Benedettelli, La leggeregolatrice delle obbligazioni contrattuali, cit., p. 7<strong>29</strong>.( 31 ) Lagarde, Le nouveau droit international privédes contrats après l’entrée en vigeur de la Conventionde Rome du 19 juin 1980,inRev. crit. dr. internat. privé,1991, p. <strong>29</strong>3 (pur in termini non generali); Ballarinoe Bonomi, Sulla disciplina delle materie esclusedal campo di applicazione della convenzione di Roma,in Riv. dir. internaz., 1993, p. 940; Boschiero, Ob-NLCC 3/4-2009


[Art. 1] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 5533. – Il regolamento si applica esclusivamente« in circostanze che comportino un confitto dileggi ». Pur riferendosi a « circostanze » inveceche a « situazioni », la condizione d’applicabilitàpare in piena continuità con quella già postaalla Convenzione di Roma ( 32 ), richiedendodunque « unoopiù elementi di estraneità rispettoalla vita sociale interna di un Paese, lapresenza dei quali è suscettibile di rendere inastratto applicabili le leggi di più ordinamentigiuridici » ( 33 ).Il regolamento non richiede invece che il contrattosia internazionale, riferendosi, infatti, piùgenericamente, alla necessità che le circostanzepresentino legami con più di un ordinamentogiuridico tali da determinare un potenziale conflittodi leggi ( 34 ). Ne consegue che sono inclusinel suo ambito di applicazione sia i contratticc.dd. internazionali, sia quelli cc.dd. interni,vale a dire in relazione ai quali l’optio legis èl’unico elemento di estraneità ( 35 ). A tale ultimoriguardo, infatti, l’art. 1 par. 1 deve essere lettoin combinato disposto con l’art. 3 par. 3, ai sensidel quale « qualora tutti gli altri elementi pertinentialla situazione siano ubicati, nel momentoin cui si opera la scelta, in un paese diversoda quello la cui legge è stata scelta, la scelta effettuatadalle parti fa salva l’applicazione delledisposizioni alle quali la legge di tale diversopaese non permette di derogare convenzionalmente». Come esattamente osservato, pertanto,« non si tratta di determinare se l’optio legis siao meno idonea da sola a trasformare un contrattointerno in internazionale. Il contratto rimanecertamente interno ma esso, per effetto dellascelta di legge, risulta collegato a un ordinamentodiverso... è la situazione che, in virtù di talecollegamento, si modifica e, nella misura in cuicomporta un conflitto di leggi, risulta in quantotale ricompresa nell’ambito di applicazione» ( 36 ). In altri termini, i contratti interni conscelta di legge straniera sono inclusi nell’ambitodi applicazione del regolamento per effetto delchiaro disposto dell’art. 3 par. 3 ( 37 ), ma soggetbligazioni,cit., pp. 820, 841; cfr. altresì Treves, Art.57, inRiv. dir. internaz. priv. e proc., 1995, p. 1180.( 32 ) Anche in quanto analoga modifica non è riscontrabilein altre versioni linguistiche, quali quellainglese, francesce e spagnola. In merito v. Wilderspin,The Rome I Regulation: Communitarisation andModernisation of the Rome Convention, inERA Forum,2008, p. 262, il quale rileva altresì che talunemodifiche apportate alla versione inglese, che si riferiscea « situations involving a conflict of laws » inveceche a « any situation involving a choice betweenthe laws of different countries », siano meri adattamentilinguistici privi di implicazioni interpretative.( 33 ) Boschiero, Obbligazioni, cit., p. 821.( 34 )L’art. 22 par. 1 chiarisce che anche i conflittiinterni <strong>agli</strong> ordinamenti plurilegislativi su base territorialeintegrano una circostanza implicante un conflittodi leggi ai sensi dell’art. 1 par. 1 del regolamento,con la conseguenza che il regolamento medesimoindividua direttamente la legge applicabile fra quellepresenti nelle varie unità territoriali. Il par. 2 dellastessa disposizione chiarisce, peraltro, che gli Statimembri non sono tenuti ad applicare il regolamentoai conflitti di leggi che riguardano unicamente taliunità territoriali. In merito v. Franzina, infra, commentosub art. 22, par. 3, e in generale sul tema Ricci,Il richiamo di ordinamenti plurilegislativi nel dirittointernazionale privato, Padova, 2004, p. 1 ss. ancheper riferimenti ulteriori.( 35 ) Per questa conclusione v. Treves, Norme imperativee di applicazione necessaria nella Convenzionedi Roma del 19 giugno 1980, inVerso una disciplinacomunitaria della legge applicabile ai contratti, a curadi Treves, Padova, 1983, p. <strong>27</strong>; Boschiero, Obbligazioni,cit., p. 821 s.; contra Villani, L’azione comunitariain materia di diritto internazionale privato, inRiv. dir. eur., 1981, p. 396; Vitta, La convenzioneC.E.E. sulle obbligazioni contrattuali e l’ordinamentoitaliano, inRiv. dir. internaz. priv. e proc., 1981, p.838.( 36 ) Boschiero, Obbligazioni, cit., p. 822. V. uncenno anche in Lando e Nielsen, The Rome I Regulation,inCommon Market Law Rev., 2008, p. 1718.( 37 ) La soluzione mantenuta dal regolamento evolta ad estendere il più possibile il suo ambito di applicazionerappresenta ancora un’eccezione nell’ambitodel diritto internazionale privato uniforme: perlimitarsi a un esempio recente, la Convenzione dell’Ajadel 30 giugno 2005 sugli accordi di elezioneesclusiva del foro (consultabile nel sito della Conferenzadell’Aja di diritto internazionale privato: http://www.hcch.net)limita il proprio ambito di applicazionea casi « internazionali », specificando all’art.2 che « a case is international unless the parties areresident in the same Contracting State and the relationshipof the parties and all other elements relevantto the dispute, regardless of the location of the chosencourt, are connected only with that State ». Comeillustrato dalla relazione di Hartley e Dogauchi,pertanto, « if a case is otherwise wholly domestic, thechoice of a foreign court does not make it international» (punto 11, al sito citato).NLCC 3/4-2009


554reg. CE n. 593/2008[Art. 1]ti a una disciplina (parzialmente) ( 38 ) differenterispetto a quella cui sono soggetti i contratti internazionali,in quanto la scelta di legge nonpuò recare pregiudizio alle disposizioni imperativedel paese cui tutti gli altri elementi si riferiscono( 39 ).Analoga soluzione si impone anche qualora lalegge scelta sia quella di uno Stato terzo, con laprecisazione che in tal caso potrà altresì operarel’art. 3, par. 4, del regolamento, ai sensi del quale« qualora tutti gli altri elementi pertinenti allasituazione siano ubicati, nel momento in cui siopera la scelta, in uno o più Stati membri, lascelta di una legge applicabile diversa da quelladi uno Stato membro ad opera delle parti fa salval’applicazione delle disposizioni di diritto comunitario,se del caso, come applicate nello Statomembro del foro, alle quali non è permessoderogare convenzionalmente ». Tale disposizionesi applicherà dunque congiuntamente all’art.3, par. 3, in presenza di circostanze presentantipunti di contatto con un solo Stato membro, ead esclusione dello stesso ove il contratto sia infracomunitarioma non puramente interno (valea dire, presenti legami con più di uno Statomembro) ( 40 ).Si registrano opinioni differenti circa il ruolosvolto dall’autonomia delle parti nel caso dicontratti puramente interni. Da un lato, è statosostenuto che la scelta del diritto straniero in talicasi valga come mera recezione negoziale dellostesso (c.d. materiellrechtliche Verweisung,vale a dire, in sintesi, incorporazione nel contrattodelle disposizioni della legge straniera,che risulterebbe conseguentemente in tutto eper tutto equiparata a qualsiasi altra obbligazioneassunta dalle parti e pertanto soggetta alle disposizioniimperative della legge dello Stato cuitutti gli altri elementi si riferiscono secondo ipropri criteri di applicazione) ( 41 ). Secondo unadifferente opinione, l’autonomia delle partisvolge funzione di richiamo internazionalprivatistico(c.d. kollisionsrechtliche Verweisung) anchein presenza di contratti (altrimenti) puramenteinterni, pur incontrando limiti diversi epiù intensi rispetto al richiamo internazionalprivatisticoin caso di contratti internazionali ( 42 ).Ciò ha indotto ulteriore parte della dottrina asostenere che, in tali casi, si sia in presenza di« un fenomeno che non necessariamente è assimilabilein toto alla c.d. recezione negoziale, néalla electio iuris » ( 43 ). Al di là degli aspetti meramentedefinitori, pare evidente che da un( 38 ) Troveranno infatti applicazione norme chenon lo sarebbero ove si ritenesse che i contratti interniesulino dall’ambito di applicazione del regolamento,quali quelle in materia di esistenza e validità delconsenso delle parti sulla legge applicabile (art. 3,par. 5); conseguenze dell’inadempimento e liquidazionedel danno (art. 12, par. 1, lett. c); onere dellaprova (art. 18).( 39 ) In merito v. Biagioni, infra, commento subart. 3, II.( 40 ) In merito v. Biagioni, infra, commento subart. 3, II e per considerazioni condivisibilmente critichecirca l’utilità della disposizione e la sua effettivaportata v. Boschiero, I limiti al principio d’autonomiaposti dalle norme generali del regolamento RomaI, inLa nuova disciplina, a cura di Boschiero, cit.; cfr.altresì De Cesari, « Disposizioni alle quali non è permessoderogare convenzionalmente » e « norme di applicazionenecessaria » nel regolamento Roma I, inNuovi strumenti del diritto internazionale privato. LiberFausto Pocar, a cura di Venturini e Bariatti, Milano,2009, p. 267. In generale circa la disciplina internazionalprivatisticadei contratti infracomunitari v.Rossolillo, Territorio comunitario, situazione internaall’ordinamento comunitario e diritto internazionaleprivato, inRiv. dir. internaz., 2004, p. 695 ss.; Michaels,The New European Choice-of-Law Revolution,inTulane Law Review, 2008, p. 1607 ss., spec.p. 1635 ss.( 41 ) Lando, International Situations and « SituationsInvolving a Choice Between Different Legal Systems», in Harmonization of Private InternationalLaw by the E.E.C., a cura di Lipstein, London, 1978,p. 21 ss.; Villani, L’azione, cit., p. 395 ss.; GarcimartínAlférez, The Rome I Regulation: Much AdoAbout Nothing?, inEuropean Legal Forum, 2008, p.64 s.; de Lima Pinheiro, Choice of Law on Non-contractualObligations between Communitarization andGlobalization: a First Assessment of EC RegulationRome II, inRiv. dir. internaz. priv. e proc., 2008, p.14.( 42 )Treves, Norme imperative, cit., p. 30; Boschiero,Obbligazioni, cit., p. 823; Lagarde, Les limitesobjectives de la convention de Rome (conflits delois, primauté du droit communautaire, rapports avecles autres conventions), inLa convenzione di Romasulla legge applicabile alle obbligazoni contrattuali, II,a cura di Ballarino, Milano, 1994, p. 58.( 43 ) Baratta, La convenzione di Roma sulla leggeapplicabile alle obbligazioni contrattuali, inIl dirittoprivato dell’Unione europea 2 , a cura di Tizzano, Torino,2006, p. 1912.NLCC 3/4-2009


[Art. 1] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 555punto di vista applicativo l’optio iuris in presenzadi contratti interni non sia interamente assimilabilea una mera recezione negoziale. Infatti,in primo luogo, « si tratta pur sempre di un rinvioalle norme ... di un determinato Paese, presenon quali esse sono al momento del richiamo –come dovrebbe essere se si trattasse di mera recezionenegoziale – ma quali esse sono nella loropossibile evoluzione, come avviene nel casodel richiamo internazionalprivatistico » ( 44 ). Insecondo luogo, e ancor più significativamente,ai sensi dell’interpretazione che riteniamo piùcorretta, le norme imperative che limitano l’efficaciadell’optio iuris in caso di contratti interninon sono destinate a ricevere applicazione inmaniera preventiva e prescindendo dal contenutodel diritto scelto dalle parti, o secondo altremodalità applicative imposte dal diritto interno.Tale modalità di messa in opera, al contrario,rappresenta esclusivamente una dellepossibili limitazioni all’efficacia dell’optio iurisposta dalle norme imperative di cui all’art. 3,par. 3. Tale incidenza, infatti, si produce secondomodalità differenti e non sempre (né necessariamente)coincidenti con l’effettiva applicazionedelle norme in questione. La loro « applicazione» sic et simpliciter, in primo luogo, puòessere esclusa ove, comparando con esse il contenutodel diritto straniero, risulti che gli obiettivitutelati dalle prime siano parimenti (o meglio)tutelati dal secondo. Ancora, le norme imperativepossono operare in negativo, paralizzandol’operatività di taluni principi contenutinella legge straniera, o anche semplicementequali parametri interpretativi ( 45 ).( 44 ) Treves, Norme imperative, cit., p. 30; cfr. altresìBoschiero, I limiti, cit.( 45 ) Cfr., in particolare, anche con riferimento allamessa in opera delle norme di applicazione necessaria,ma con argomentazioni (ove non dirette) pienamentetrasponibili alle norme imperative semplici,Treves, Il controllo dei cambi nel diritto internazionaleprivato, Padova, 1967, p. 53 ss.; Id., sub art. 17, inCommentario del nuovo diritto internazionale privato,a cura di Pocar et alii, Padova, 1996, p. 87; Boschiero,sub art. 17, in Legge 31 maggio 1995, n. 218 -Commentario, cit., p. 1064 s.; Id., Appunti sulla riformadel sistema italiano di diritto internazionale privato,Torino, 1996, p. 244 ss.; Id., Verso il rinnovamentoe la trasformazione della convenzione di Roma: problemigenerali,inDiritto internazionale privato e dirittocomunitario, a cura di Picone, Padova, 2004, p.L’ampia formulazione della condizione di applicabilitàin discorso è altresì idonea a ricomprenderenell’ambito di applicazione del regolamentoqualunque circostanza (non irrilevante)( 46 ) idonea a sollevare un potenziale conflittodi leggi, anche se successiva alla conclusione delcontratto ( 47 ) o non inclusa fra i criteri di collegamentoutilizzati dal regolamento (ad es., lacittadinanza delle parti) ( 48 ). Ne consegue, fral’altro, che il regolamento (e, in via analogica, ilsuo art. 3, par. 3) dovrà trovare applicazionequalora, in virtù di una clausola di scelta del forocompetente o dei criteri di giurisdizione ivivigenti, il giudice di un altro Stato membro siacompetente a decidere una controversia relativaa un contratto puramente interno cui sia applicabile(in virtù di optio legis o sulla base di altredisposizioni del regolamento) la legge del Paese319 ss.; Saravalle, Art. 3, inLegge 31 maggio 1995,n. 218 - Commentario, cit., p. 952 s.; Bonomi, Le normeimperative nel diritto internazionale privato, Zürich,1998, p. 138 ss. e passim, anche per riferimenti ulteriori;Id., The Role of Internationally MandatoryRules in an European Private International Law System,inJournal of Private International Law and PrivateComparative Law, 2006, p. 159 ss.; Id., Le normedi applicazione necessaria nel regolamento « Roma I »,in La nuova disciplina, cit. (nel senso tuttavia che solole norme di applicazione necessaria e non anche lenorme imperative semplici operino secondo un principiodi comparazione o fungibilità).( 46 ) Kaye, The New Private International Law ofContract of European Community, Aldershot, 1993,p. 108 s.; Boschiero, I limiti, cit.( 47 ) Kaye, The New Private International Law, cit.,p. 110; Boschiero, Obbligazioni, cit., p. 822.( 48 ) Relazione Giuliano-Lagarde, punto 1. V. infattiDe Nova, Quando un contratto è«internazionale»?, inRiv. dir. internaz. priv. e proc., 1978, p. 674,in generale nel senso che « anche collegamenti chenon sono stati adottati come criteri validi al fine delladeterminazione della legge applicabile in un determinatoordinamento possono assumere importanza alfine diverso... di distinguere fra contratti implicantiun conflitto di leggi e contratti che ne sono immuni.E tale importanza un aspetto del rapporto lo può effettivamentepossedere in quanto, nella tradizionedottrinale e nel diritto positivo... questo dato è apparsodegno di considerazione come possibile criteriodi collegamento o addirittura lo è stato in passatoo è proposto de jure condendo, per quel tipo di rapportoo per altri »; cfr. altresì Giuliano, La loi applicableaux contrats: problèmes choisis, inRec. Cours,1977, vol. 158, p. 224 ss.NLCC 3/4-2009


556reg. CE n. 593/2008[Art. 1]con cui sono sussistenti invece tutti gli altri legami( 49 ).4. – Il regolamento si applica esclusivamentealle « obbligazioni contrattuali ». Il riferimentoalle « obbligazioni », chiaramente, non va « intesoin senso strettamente limitato ai rapportiobbligatori », in quanto le norme del regolamento« determinano la legge regolatrice delcontratto, cioè la legge che ne disciplina l’esistenzae la validità, la forma, l’esecuzione,ecc. » ( 50 ). Come notato in precedenza, la nozionedi obbligazioni contrattuali deve esserequalificata in maniera autonoma, vale a dire aprescindere dalla relativa nozione accolta nei dirittiinterni e in applicazione dei criteri interpretativisopra accennati ( 51 ). In particolare, a tal fine,sarà utile la giurisprudenza relativa alla nozionedi « materia contrattuale », rilevante ai finidella determinazione della competenza giurisdizionaleex art. 5, n. 1 del reg. « Bruxelles I »e, come noto, interpretata in maniera autonomadalla Corte quale « obbligo liberamente assuntoda una parte nei confronti di un’altra » ( 52 ) che( 49 ) Lagarde, Le nouveau droit, cit., p. <strong>29</strong>4; Id.,Les limites, cit., p. 57; Plender e Wilderspin, TheEuropean Contracts Convention, cit., p. 48; circa il temaconnesso delle condizioni di applicabilità del regolamentonel caso di conflitti interlocali v. Franzina,infra, commento sub art. 22.( 50 ) Bianca, sub art. 1, in Convenzione sulla leggeapplicabile alle obbligazioni contrattuali (Roma, 19giugno 1980) - Commentario, a cura di Bianca e Giardina,in questa Rivista, 1995, p. 903; Kaye, The NewPrivate, cit., p. 106.( 51 ) Riferimenti alla nt. 30; adde, ad es., Kaye, Thenew private, cit., p. 98; Benedettelli, La legge regolatricedelle obbligazioni contrattuali, cit., p. 7<strong>27</strong>; Villani,La convenzione di Roma sulla legge applicabileai contratti 2 , Bari, 2000, p. 26; Plender e Wilderspin,The European Contracts, cit., p. 51; Baratta,La convenzione, cit., p. 1900; Ubertazzi, Il regolamentoRoma I sulla legge applicabile alle obbligazionicontrattuali, Milano, 2008, p. 38; Parades Perérez,Algunas nociones en torno al alcance de la noción autónomade contrato en derecho internacional privadocomunitario, inRev. esp. der. internacional, 2006, p.319 ss.; contra Bonomi, Il nuovo diritto internazionaleprivato in materia di contratti: la convenzione di Romadel 19 giugno 1980 è entrata in vigore, inBanca,borsa e titoli di credito, 1992, p. 36 ss.; Bianca, subart. 1, cit., p. 904.( 52 ) Ex multis, Corte giust. CE 17 giugno 1992,tuttavia « non esige la conclusione di un contratto» ( 53 ).La definizione fornita dalla Corte appare pocoperspicua e di difficile inquadramento teorico.In sintesi, secondo l’interpretazione che cipare preferibile, la Corte ravvisa un’obbligazionecontrattuale sulla base del criterio della suaorigine convenzionale invece che legale, vale adire ogni qualvolta l’obbligazione (e pertantol’obbligo risarcitorio conseguente alla sua violazione)trovi origine in un atto di autonomia privata( 54 ). Rientra invece nella nozione di obbligazioniextracontrattuali ogni fattispecie in cuicit., punto 15; Corte giust. CE <strong>27</strong> ottobre 1998, causa51/97, Réunion européenne, in Raccolta, 1998, p.I-6511 ss., punto 17; Corte giust. CE 17 settembre2002, causa 334/00, Tacconi, ivi, 2002, p. I-7357 ss.,punto 23; Corte giust. CE 5 febbraio 2004, causa265/02, Frahuil, ivi, 2004, p. I-1543 ss., punto 24. Sulrilievo di tale nozione ai fini della Convenzione diRoma v. Boschiero, Obbligazioni, cit., p. 818; Conetti,voce Contratto nel diritto internazionale privato,inDigesto IV ed., Disc. priv., Sez. civ., Agg., 2003,I, p. 450; Villani, La convenzione, cit., p. 26 s.; contraHeuzé, La notion de contrat en droit internationalprivé, in Trav. du Comit franais, 1996-1997, p. 321.( 53 ) Corte giust. CE 17 settembre 2002, cit., punto22; Corte giust. CE 20 gennaio 2005, cit., punto 45.( 54 ) Tale concezione valorizza l’inciso della definizionefornita dalla Corte per cui l’obbligo deve essere« liberamente assunto » e si contrappone a quellache, valorizzando invece quello secondo cui lo stessodeve essere assunto « da una parte nei confronti dell’altra», fonda la distinzione fra obbligazioni contrattualied extracontrattuali sul carattere relativo o assolutodei doveri di condotta che si assumono violati,concludendo nel senso della qualificazione contrattualein presenza di doveri sorti in relazione ad unospecifico rapporto, e nel senso extracontrattuale inpresenza di doveri di condotta generici e che si impongonoerga omnes. Nel primo senso, v. ad es. Martino,La giurisdizione italiana nella controversie civilitransnazionali, Padova, 2000, p. 242 ss.; nel secondoMari, Il diritto processuale civile della convenzione diBruxelles, Padova, 1999, p. <strong>28</strong>1 ss. Per un’efficacesintesi delle due diverse concezioni v. Franzina, Laresponsabilità precontrattuale nello spazio giudiziarioeuropeo,inRiv. dir. internaz., 2003, p. 718 ss.; Id., Lagiurisdizione in materia contrattuale, Padova, 2006, p.219 ss. In merito v. anche Bertoli, infra, commentosub at. 1, VIII. Nel senso del testo v. fra gli altri Bianca,sub art. 1, cit., p. 903; Boschiero, sub art. 58, inCommentario, a cura di Pocar et alii, cit., p. 1190, innota; Carbone, Il nuovo spazio giudiziario europeo 5 ,Torino, 2006, p. 80.NLCC 3/4-2009


[Art. 1] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 557( 55 ) Corte giust. CE 17 settembre 2002, cit., punto25.( 56 ) Salerno, Giurisdizione ed efficacia, cit., p.122 s.( 57 ) Cfr., infatti, Corte giust. CE 20 gennaio 2005,cit., punto 48. Rientrano nella nozione, fra l’altro, leobbligazioni aventi ad oggetto il versamento di unasomma di danaro e che traggono origine dal rapportoassociativo esistente fra un’associazione ed i suoimembri, tanto se le obbligazioni derivano direttamentedall’adesione quanto se derivano ad un tempoda questa e da una o più delibere di organi dell’associazione(Corte giust. CE 22 marzo 1983, cit.). Stantel’esclusione delle questioni inerenti al diritto societariodall’ambito di applicazione del regolamento, tuttavia,tali materie saranno ricomprese nello stesso soloove l’ordinamento di costituzione dell’ente giuridicole riconduca alla materia delle obbligazioni contrattualiinvece che alla lex societatis: per tutti, v. Benedettelli,La legge regolatrice delle obbligazionicontrattuali, cit., p. 734). È invece esclusa da tale nozionel’obbligazione della quale il fideiussore, che inforza di un contratto di garanzia stipulato con lo spedizioniereabbia pagato i tributi doganali, chieda ingiudizio l’adempimento in surrogazione nei dirittidell’amministrazione doganale ed in via di regressonei confronti del proprietario della merce importata,qualora quest’ultimo, che non è parte del contrattofideiussorio, non abbia autorizzato la conclusione ditale contratto (Corte giust. CE 5 febbraio 2004, cit.).Parimenti, rileva della materia extracontrattualel’azione con la quale il destinatario di merci risultateavariate al termine di un trasporto marittimo e successivamenteterrestre, o il suo assicuratore, surrogatonei suoi diritti, chiede il risarcimento del danno,basandosi sulla polizza di carico relativa al trasportomarittimo, non nei confronti di chi ha emesso dettodocumento a proprio nome, ma nei confronti dellapersona considerata dall’attore stesso come il vettorenon esista un impegno liberamente assunto dalleparti e, conseguentemente, l’obbligazione (el’obbligo risarcitorio conseguente alla sua violazione)possa « derivare solo dalla violazione dinorme <strong>giuridiche</strong> » ( 55 ). La circostanza che laCorte non richieda la « conclusione » di uncontratto al fine di riconoscere sussistenteun’obbligazione contrattuale espleta l’effettopratico di ricomprendere nella definizione ognisituazione in cui « vengano a determinarsi “obbligazionireciproche e interdipendenti” ancheper effetto di determinazioni unilaterali cui lalegge riconnette effetti obbligatori nei confrontidella controparte » ( 56 ). Rientrano di conseguenzanell’ampia ( 57 ) nozione di materia contrattualeaccolta dalla Corte, in particolare, talunepromesse unilaterali: recentemente, tale qualificazioneè stata adottata in una controversiasorta in relazione all’invio, da parte di un professionistaal domicilio di un consumatore e inassenza di qualsiasi richiesta da parte di quest’ultimo,di una lettera che lo designava per nomecome vincitore di un premio, qualificandotale atto unilaterale quale un « obbligo giuridicoliberamente assunto da un parte nei confrontidell’altra » ( 58 ).Per quanto tale ricostruzione appaia adeguataai fini applicativi, deve nondimeno rilevarsi chepotrebbe essere dubitabile che, perlomeno neicasi più frequenti, in tali circostanze non sia ravvisabileun’obbligazione di fonte contrattuale.Come persuasivamente dimostrato da un chiaroautore, infatti, « unilateralità e contratto non siescludono » ( 59 ). In altri termini, è ammissibileteoricamente e riscontrabile nel diritto positivoun contratto a formazione non bilaterale, che siconclude per effetto della sola manifestazionedi volontà di una delle parti, cui la legge attribuisceeffetti obbligatori in ragione dell’adesionea un principio di « prevenzione della lesionepatrimoniale ingiusta ». Tale principio, consistentenell’ammettere che la sfera giuridica diun soggetto non possa essere alterata (esclusiva-marittimo effettivo (Corte giust. CE, <strong>27</strong> ottobre1998, cit.). Come è stato esattamente rilevato, sullabase di tali principi ne risulta altresì esclusa l’azionedi regresso esercitata da uno dei debitori originari nelconfronti dei condebitori inadempienti (Salerno,Giurisdizione, cit., p. 120). Infine, non rientra nellamateria contrattuale la controversia tra il subacquirentedi una cosa e il produttore, che non ne sia ilvenditore, vertente sui vizi della cosa o sulla sua inidoneitàall’uso cui è destinata (Corte giust. CE 17giugno 1992, cit.).( 58 ) Corte giust. CE 20 gennaio 2005, cit., punti 51ss. Cfr. altresì le conclusioni dell’avv. gen. Tizzanopresentate il 10 novembre 2005 nella causa 234/04,Kapferer, punti 41 ss. e, in senso parzialmente difforme,quelle dell’avv. gen. Trstenjak presentate l’11 settembre2008 nella causa 180/06, Ilsinger, punti 44 ss.,entrambe nella banca dati EUR-Lex (http://eurlex.europa.eu).Sul tema v. Biscioni, La legge regolatricedelle promesse unilaterali: il sistema italiano didiritto internazionale privato e la convenzione di Romadel 1980, inRiv. dir. internaz. priv. e proc., 2008,p. 713 ss.( 59 ) Sacco, Obbligazioni e contratti, inTratt. dir.priv. Rescigno, 10, II, Torino, 1995, p. <strong>29</strong>.NLCC 3/4-2009


558reg. CE n. 593/2008[Art. 1]mente) in peius dalla dichiarazione unilateralealtrui, si contrappone al principio di « sovranitàformale della volontà del soggetto sulla propriasfera giuridica », in base al quale « si dovrebbearrivare alla conclusione che la sfera di un soggettonon può essere alterata (né in meglio, néin peggio) dalla dichiarazione unilaterale altrui(sempre che, beninteso, tale ingerenza non siagiustificata da un precedente rapporto intercorrentefra le parti) » ( 60 ). L’ordinamento italianorisponde alla prima concezione ( 61 ), e pare lecitosupporre che la Corte abbia implicitamenteavallato la medesima conclusione, perlomeno afini qualificatori ( 62 ).Sempre in termini generali, deve notarsi chela nozione di « materia » od « obbligazioni »contrattuali svolge una diversa funzione rispettivamentenei regg. « Bruxelles I » e « Roma I ».Nel primo, infatti, la nozione dovrebbe, in lineadi principio, ricevere un’interpretazione non eccessivamenteestensiva, in quanto essa implical’operatività di un foro speciale, in deroga alprincipio actor sequitur forum rei. Nel secondo,la nozione svolge la differente funzione di criteriod’applicabilità, giustificando pertanto un’interpretazionenon restrittiva ( 63 ). Tuttavia, esisteanche un interesse a mantenere, per quantopossibile, un parallelismo fra i due atti, il qualedovrebbe essere suscettibile di incidere sull’interpretazionedelle nozioni parallele quanto, o( 60 ) Sacco, Obbligazioni, cit., p. 24 ss.( 61 ) Si considerino, a titolo esemplificativo, l’art.649 c.c. che dispone l’acquisto del legato senza bisognodi accettazione, contrapposto <strong>agli</strong> <strong>artt</strong>. 459 e 470ss. c.c. che prevedono la necessità dell’accettazioneper l’acquisto dell’eredità (la quale, a differenza delprimo, consta potenzialmente anche di elementi passivi);la donazione obnuziale, che si perfeziona senzabisogno di accettazione (art. 785 c.c.); vari istituti relativiall’assunzione di debito altrui (accollo, fideiussione,espromissione etc.); il contratto con obbligazionidel solo preponente ai sensi dell’art. 1333 c.c. ele promesse di cui <strong>agli</strong> <strong>artt</strong>. 1987 ss. c.c.; in merito pertutti v. ancora Sacco, Obbligazioni, cit., p. <strong>28</strong> ss.,passim.( 62 ) E solo a tali fini: infatti, concluso nel sensodella sussistenza di un’obbligazione contrattuale secondola nozione autonoma anzidetta, esistenza e validitàdel contratto dovranno ovviamente essere valutatilege causae ai sensi dell’art. 10, par. 1, del regolamento.( 63 ) Baratta, La convenzione, cit., p. 1900.forse più, della considerazione della diversa finalitàdella nozione negli stessi ( 64 ).5. – Diversamente dalla Convenzione di Roma,il reg. « Roma I » specifica di applicarsiesclusivamente in materia civile e commerciale,dalla quale sono esplicitamente escluse le materiefiscali, doganali o amministrative. La precisazioneè stata inserita per uniformare l’ambitodi applicazione del regolamento a quello di altriregolamenti nel settore della cooperazione giuridicae giudiziaria civile ( 65 ), ma non pare suscettibiledi espletare un impatto significativamenteinnovativo ( 66 ). Stante l’analoga formulazioneletterale e funzione di delimitazione dell’ambitodi applicazione, la nozione dovrà essereinterpretata in maniera autonoma e coerentenell’applicazione di ognuno di tali atti. La Cortedi giustizia ha notoriamente statuito che la nozionedi materia civile e commerciale « dev’essereconsiderata come una nozione autonoma,da interpretare facendo riferimento, da un lato,<strong>agli</strong> obiettivi e al sistema della Convenzione [diBruxelles del 1968] e, dall’altro, ai principi ge-( 64 ) Salerno, Giurisdizione, cit., p. 121 ss., cheporta gli esempi del richiamo alla convenzione di Romaal fine di ricomprendere nel foro contrattuale lequestioni relative alle conseguenze dell’inadempimentoo all’esistenza del titolo (rispettivamente, Cortegiust. CE 8 marzo 1988, cit., e Corte giust. CE 4marzo 1982, in causa 38/81, Effer, inRaccolta, 1982,p. 825 ss.).( 65 ) Cfr. la relazione alla Proposta della Commissione,sub punto 4.2. Sono analogamente limitati allamateria civile e commerciale gli ambiti d’applicazionedei regolamenti « Roma II »; « Bruxelles I »; n.1206/2001/CE relativo alla cooperazione fra le autoritàgiudiziarie degli Stati membri nel settore dell’assunzionedelle prove in materia civile o commerciale(in G.U.C.E. n. L 174 del <strong>27</strong> giugno 2001, p. 1 ss.); n.805/2004/CE che istituisce il titolo esecutivo europeoper i crediti non contestati (ivi n. L 143 del 30aprile 2004, p. 15 ss.); n. 1896/2006/CE che istituisceun procedimento europeo d’ingiunzione di pagamento(ivi n. L 399 del 30 dicembre 2006, p. 1 ss.); n.861/2007/CE che istituisce un procedimento europeoper le controversie di modesta entità (ivi n. L 199del 31 luglio 2007, p. 1 ss.) e n. 1393/2007/CE relativoalla notificazione o comunicazione degli atti (ivi n.L 324 del 10 dicembre 2007, p. 79 ss.).( 66 ) Wilderspin, The Rome I, cit., p. 262.NLCC 3/4-2009


[Art. 1] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 559nerali desumibili dal complesso degli ordinamentinazionali » ( 67 ), concludendo per l’esclusionedi talune materie in ragione degli elementicaratterizzanti la natura dei rapporti giuridicifra le parti in causa o l’oggetto della lite. In particolare( 68 ), non rilevano della materia civile ecommerciale i rapporti cui sia parte la pubblicaamministrazione agendo « nell’esercizio dellasua potestà d’imperio » ( 69 ) invece che in quello( 67 ) Corte giust. CE 15 febbraio 2007, causa <strong>29</strong>2/05, Lechouritou, inRaccolta, 2007, p. I-1519 ss., punto30; Corte giust. CE 18 maggio 2006, causa 343/04,CÛEZ, ivi, 2006, p. I-4557 ss., punto 22; Corte giust.CE 15 maggio 2003, cit., punto 20; Corte giust. CE14 novembre 2002, causa <strong>27</strong>1/00, Baten, inRaccolta,2002, p. I-10489 ss., punto <strong>28</strong>; Corte giust. CE 16 dicembre1980, causa 814/79, Rüffer, ivi, 1980, p. 3807ss., punto 7; Corte giust. CE 14 ottobre 1976, causa<strong>29</strong>/76, LTU, ivi, 1976, p. 1541 ss., punti 3 e 5.( 68 ) Sono altresì escluse, come logico, le azioni intentatedinanzi a un giudice penale per il risarcimentodel danno arrecato a un singolo dall’autore di un illecitopenale, che non rileverebbero comunque dellamateria contrattuale: Corte giust. CE 21 aprile 1993,causa 172/91, Sonntag,inRaccolta, 1993, p. I-1963 ss.( 69 ) Risultano così escluse dalla nozione di materiacivile e commerciale le controversie relative al pagamentodi contributi dovuti da un soggetto di dirittoprivato ad un ente pubblico, nazionale o internazionale,in ragione dell’uso degli impianti e dei servizi ditale ente, in particolare qualora questo uso sia obbligatorioed esclusivo: Corte giust. CE 14 ottobre1976, causa <strong>29</strong>/76, LTU, cit.; quelle promosse dall’amministratoredelle vie d’acqua pubbliche controla persona legalmente responsabile al fine di recuperarele spese sostenute per la rimozione di un relittoche l’amministratore ha effettuato o fatto effettuarenell’esercizio della sua potestà d’imperio, indipendentementedalla circostanza che il recupero di talispese sia perseguito mediante un’azione di regressodinanzi al giudice civile, e non per via amministrativa:Corte giust. CE 16 dicembre 1980, causa 814/79,Rüffer, cit. (in tema di regresso legale v. anche Cortegiust. CE 14 novembre 2002, causa <strong>27</strong>1/00, Baten,cit. e Corte giust. CE 15 gennaio 2004, causa 433/01,Blijdenstein, inRaccolta, 2004, p. I-981 ss.); nonchél’azione per il risarcimento dei danni esercitata inuno Stato contraente d<strong>agli</strong> aventi diritto delle vittimedi massacri di guerra contro un altro Stato contraentedella sua capacità privatistica ( 70 ), scaturendoneuna controversia derivante da « una manifestazionedi prerogative di pubblici poteri di unadelle parti (...), a causa dell’esercizio da parte diquesta di poteri che esorbitano dalla sfera dellenorme di diritto comune applicabili ai rapportitra privati » ( 71 ). A questo riguardo, il reg. « RomaI », a differenza di altri regolamenti in materia,omette peraltro di precisare di non applicarsi« alla responsabilità dello Stato per atti odomissioni nell’esercizio di pubblici poteri (actaiure imperii) » ( 72 ). L’introduzione di tali incisiin taluni altri regolamenti comunitari di dirittointernazionale privato e processuale uniformerappresenta la codificazione dell’opera interpretativadella Corte e pare evidente che l’esclusioneoperi anche in relazione al regolamento indiscorso, posto che tale giurisprudenza è di generaleapplicazione ai fini dell’individuazionedel significato dell’espressione in commento.Paolo Bertolia causa delle azioni delle sue forze armate: Cortegiust. CE 15 febbraio 2007, causa <strong>29</strong>2/05, Lechouritou,cit. Risultano invece incluse nella nozioneun’azione promossa da uno Stato nei confronti di unsoggetto di diritto privato per l’esecuzione di un contrattodi fideiussione di diritto privato, purché il rapportogiuridico tra il creditore e il fideiussore, qualerisulta dal contratto di fideiussione, non corrispondaall’esercizio da parte dello Stato di poteri esorbitantirispetto alle norme applicabili nei rapporti tra privati:Corte giust. CE 15 maggio 2003, causa 266/01, Préservatricefoncière TIARD, cit. e la surrogazione legaleprevista da una disposizione di diritto civile chenon corrisponde all’esercizio di un qualsivoglia potereche esorbiti dalla sfera delle norme applicabili airapporti tra privati: Corte giust. CE 5 febbraio 2004,causa 265/02, Frahuil, cit.( 70 ) Cfr. Baratta, La convenzione, cit., p. 1899.( 71 ) V., in questo senso, Corte giust. CE 21 aprile1993, cit., punto 22; Corte giust. CE 1 ottobre 2002,causa 167/00, Henkel, inRaccolta, 2002, p. I-8111ss., punto 30; Corte giust. CE 15 maggio 2003, cit.,punto 30; Corte giust. CE 5 febbraio 2004, cit., punto21.( 72 )V.L’art. 2 del reg. « Roma II »;l’art. 2 del reg.CE n. 805/2004; l’art. 2 del reg. CE n. 1896/2006;l’art. 2 del reg. CE n. 861/2007 e l’art. 1 del reg. CEn. 1393/2007.NLCC 3/4-2009


560reg. CE n. 593/2008[Art. 1]IISommario: 1.L’art. 1, par. 2, lett. a): l’esclusione concernentelo stato e la capacità delle persone fisiche. –2. La lett. b): i rapporti familiari e le registered partnerships.– 3. La lett. c): i regimi patrimoniali tra coniugi.– 4. Segue: le successioni.1. – La prima delle esclusioni elencate nell’art.1 del regolamento – che riguarda lo stato ela capacità delle persone fisiche – si pone in perfettalinea di continuità con l’art. 1, par. 2, lett.a), della Convenzione di Roma, nonché conl’art. 1, par. 2, lett. a), del reg. CE n. 44/2001del 22 dicembre 2000 ( 1 ).Questa nozione tradizionale era presente anchenell’art. 17 disp. prel. c.c., rispetto al qualela dottrina prevalente interpretava l’espressionecome un’endiadi, che rimanderebbe all’insiemeunitario delle posizioni fondamentali che l’individuoriveste nell’ambito della società e del nucleofamiliare ( 2 ), ovvero, secondo una letturaulteriormente riduttiva, richiamerebbe il concettogenerale di capacità delle persone fisiche( 3 ).Questa ricostruzione (che ha poi trovato riscontronella legge italiana di riforma del dirittointernazionale privato) non sembra riproponibilecon riguardo alla disposizione in commento.Infatti, le nozioni utilizzate dal regolamentoper individuare le materie escluse debbono considerarsiuniformi ed autonome e non possonoessere interpretate richiamandosi ai vari ordinamentinazionali. Al contrario, laddove esse sianopresenti anche in altri strumenti comunitariadottati sulla base dell’art. 65 del Tratt. CE, si( 1 )InG.U.C.E. n. L 12 del 16 gennaio 2001, p. 1ss. Sulla coincidenza tra esclusioni nella Convenzionedi Roma e nella Convenzione di Bruxelles già RelazioneGiuliano-Lagarde, sub art. 1, punto 3.( 2 ) In questo senso, sostanzialmente, Luzzatto,Stato e capacità delle persone, inProblemi di riformadel diritto internazionale privato italiano, a cura diVitta, Milano, 1986, p. 417 ss., spec. p. 421; Benedettelli,sub art. 57 (Obbligazioni contrattuali), inLegge 31 maggio 1995, n. 218 - Riforma del sistemaitaliano di diritto internazionale privato - Commentario,a cura di Bariatti, in questa Rivista, 1996, p. 1369.( 3 ) Mosconi, voce Capacità nel diritto internazionaleprivato, inDigesto IV ed., Disc. priv., Sez. civ., II,Torino, 1988, p. 225 ss., spec. p. 2<strong>28</strong>.dovrà fare ampio uso del criterio dell’interpretazioneintertestuale, anche a fini di certezza deldiritto e di prevedibilità.Così, per interpretare la nozione di « stato ecapacità delle persone » si dovrà in particolaretener conto della giurisprudenza comunitariarelativa all’art. 1 della Convenzione di Bruxellesdel 1968 ( 4 ).Dalla disposizione in commento dovrebbedunque ricavarsi una distinta nozione di « stato» ( 5 ) come condizione delle persone fisiche inrelazione alla loro esistenza e alle loro qualitàfondamentali ma anche in rapporto alla loropartecipazione a determinati gruppi sociali, rilevantiper l’ordinamento ( 6 ). Da questa nozionevanno peraltro esclusi quei profili che hannoprevalente rilevanza pubblicistica, come lo statodi cittadino ( 7 ), le qualità attinenti al godimentodi diritti politici etc.Le questioni di stato ( 8 ) sono evidentemente( 4 ) In particolare, cfr. Corte giust. CE 17 marzo1979, causa 143/78, De Cavel I, inRaccolta, 1979, p.1055 ss.; Corte giust. CE 4 febbraio 1988, Hoffmann,causa 145/86, in Raccolta, 1988, p. 645 ss., ove è statoritenuto che il problema della cessazione del vincoloconiugale rientrasse nel concetto di « stato delle persone».( 5 ) Sulla nozione di « statuto personale » v. anche,di recente, Ubertazzi, La capacità delle persone fisichenel diritto internazionale privato, Padova, 2006, p.66 ss.( 6 ) Analogamente, v. Villani, La Convenzione diRoma sulla legge applicabile ai contratti, Bari, 2000, p.35. Sui cc.dd. « status familiari » v. Tomasi, La tuteladegli status familiari nel diritto dell’Unione europea,Padova, 2007, che non fornisce una espressa definizionedella nozione, ma si richiama in particolare almatrimonio (e ai rapporti di coppia di natura nonmatrimoniale e alla filiazione).( 7 ) Nel senso che anche la cittadinanza dovrebbeessere compresa nell’esclusione dell’art. 1, lett. a),della Convenzione di Roma, v. Zini, sub art. 1 (Campod’applicazione), inConvenzione sulla legge applicabilealle obbligazioni contrattuali (Roma, 19 giugno1980) - Commentario, a cura di Bianca e Giardina, inquesta Rivista, 1995, p. 910.( 8 ) Com’è noto, peraltro, la rilevanza internazionalprivatisticadelle questioni di stato non si esauriscenella determinazione della legge ad esse applicabile,ma pone, anche nel quadro comunitario, delicatiNLCC 3/4-2009


[Art. 1] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 561collegate alle obbligazioni contrattuali in quantohanno rilevanza preliminare rispetto alla loroassunzione da parte del soggetto: esse comprendono,infatti, tra l’altro, le questioni relative allanascita e alla morte del soggetto ed al loro momentodeterminante. Resta pertanto affidato<strong>agli</strong> ordinamenti nazionali di stabilire le regoledi conflitto applicabili all’accertamento dellanascita, che potrà essere concretamente condottosecondo criteri diversi dai singoli Stati. Analogamente,il regolamento non disciplina l’accertamentodella morte, effettiva o presunta, delsoggetto (che pure può avere rilevanza, com’èintuitivo, rispetto all’assunzione e, talora, allasopravvivenza delle obbligazioni contrattuali)né il problema della commorienza; più dubbio èse rientrino nella nozione di « stato » le questionirelative all’assenza e alla scomparsa (comunquecertamente estranee al reg. « Roma I »).Dalla disposizione in commento dovrebbeanche derivare l’esclusione dei diritti della personalitàdal campo di applicazione del regolamento,in consonanza con l’art. 1 della Convenzionedi Roma. Va in proposito precisatoche siffatta esclusione non potrebbe comunquesignificare che tali diritti fondamentali non assumonorilevanza nell’ambito di applicazionedelle norme di conflitto in materia di obbligazionicontrattuali, ma soltanto che la loro disciplinanon può mai essere ricavata dalla lex contractus.D’altra parte, il loro carattere normalmenteindisponibile dovrebbe escludere sia lapossibilità che essi siano oggetto di pattuizioniproblemi connessi al riconoscimento e alla circolazionedegli stati giuridici, come dimostra la recente giurisprudenzadella Corte di giustizia (cfr., in tema didiritto al nome, Corte giust. CE 2 ottobre 2003, causa148/02, Garcia Avello, inRaccolta, 2003, p. I-11613;Corte giust. CE 14 ottobre 2008, causa 353/06,Grunkin, non ancora pubblicata in Raccolta).L’esclusione delle stesse dal campo di applicazione diquesto come di altri regolamenti ex art. 65 del Tratt.CE non implica pertanto che esse siano completamenteestranee alla considerazione dell’ordinamentocomunitario, che valuta tali questioni principalmentein relazione alle regole sulla libera circolazione dellepersone. Ulteriori difficoltà possono sorgere dalla necessitàdi tener conto delle norme nazionali sul riconoscimentodei provvedimenti in materia di status edal loro non sempre agevole coordinamento coi regolamenticomunitari, come accade in Italia per l’art. 65della l. n. 218/95.contrattuali, sia l’assoggettabilità delle relativequestioni ad una scelta di legge ad opera delleparti.Sotto altro profilo, la previsione dovrebbe esserecoordinata col campo di applicazione delreg. CE n. 2201/2003 del <strong>27</strong> novembre 2003,relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzionedelle decisioni in materia matrimonialee di responsabilità genitoriale ( 9 ). Infatti,esso comprende per lo più materie che debbonoessere considerate connesse allo stato dellepersone ( 10 ), al quale possono ricondursi, da unlato, lo scioglimento (o l’attenuazione) del vincolomatrimoniale ( 11 ) a seguito del divorzio,della separazione personale e dell’annullamentodel matrimonio ( 12 ); dall’altro, le questioni relativeall’esistenza, all’esercizio e alla cessazionedella responsabilità genitoriale ( 13 ).( 9 )InG.U.U.E. n. L 338 del 23 dicembre 2003, p.1 ss.( 10 ) Cfr. Corte giust. CE 11 luglio 2008, causa195/08, Inga Rinau, non ancora pubblicata in Raccolta,punto 47.( 11 ) Nel senso che lo scioglimento del matrimonioattiene allo stato delle persone v. anche Gaudemet-Tallon, La désunion du couple en droit internationalprivé,inRec. Cours, 1991, vol. 158, I, p. 9 ss., spec. p.166.( 12 ) Una conferma di questa circostanza si ricavadalla proposta di regolamento che modifica il regolamenton. 2201/2003 limitatamente alla competenzagiurisdizionale e introduce norme sulla legge applicabilein materia matrimoniale, presentata dalla Commissioneil 17 luglio 2006, doc. COM/2006/399 def.Infatti, questa proposta mira a disciplinare espressamentela materia della legge applicabile al divorzio edalla separazione personale, con ciò escludendo cheesse siano comprese nel campo di applicazione delreg. « Roma I ». Sulla proposta v. Bonomi, Il dirittoapplicabile alla separazione e al divorzio nella recenteproposta di regolamento comunitario, inLo scioglimentodel matrimonio nei regolamenti europei: daBruxelles II a Roma III, a cura di Bariatti e Ricci, Padova,2007, p. 91 ss.( 13 ) Su questa nozione v. Baratta, Il diritto internazionaleprivato della famiglia, inDiritto internazionaleprivato e diritto comunitario, a cura di Picone,Padova, 2003, p. 177 s.; Biagioni, Il nuovo regolamentocomunitario sulla giurisdizione e sull’efficaciadelle decisioni in materia matrimoniale e di responsabilitàdei genitori, inRiv. dir. internaz., 2004, spec. p.1001 ss. La Relazione Giuliano-Lagarde escludevaespressamente, come materia attinente allo stato dellepersone, la custodia dei figli (sub art. 1, punto 3).NLCC 3/4-2009


562reg. CE n. 593/2008[Art. 1]Cfr. da ultimo Corte giust. CE 2 aprile 2009, causa523/07, A, non ancora pubblicata in Raccolta, punto21 ss.( 14 ) Nel senso che vi rientrino le unioni civili trapersone eterosessuali, Baratta, Scioglimento e invaliditàdel matrimonio nel diritto internazionale privato,Milano, 2004, p. 155 s.; contra, Tomasi, La tuteladegli status familiari, cit., p. <strong>29</strong>5; per questo secondoorientamento, ci sia permesso di rinviare anche a Biagioni,Il nuovo regolamento comunitario sulla giurisdizionee sull’efficacia delle decisioni in materia matrimonialee di responsabilità dei genitori, cit., p.1002.( 15 )V.Tonolo, Le unioni civili nel diritto internazionaleprivato, Milano, 2007, p. 125 ss., secondo cuiatterrebbero allo stato delle persone i presuppostiper stipulare un rapporto di convivenza. Tale ricostruzionepuò essere condivisa, sia pure con la precisazioneche, coerentemente con quanto affermatoper il matrimonio, dovrebbe rientrare nella nozionedi « stato » qualunque questione relativa all’esistenzao alla cessazione del rapporto di convivenza. Piùdubbi suscita l’ulteriore conclusione che se ne trae, ecioè la sottoposizione di tale profilo, ivi compresa lacapacità a concludere un simile negozio, alla leggenazionale, poiché in questo caso il criterio della cittadinanza,assunto come elemento decisivo per ammettereo meno un soggetto a intrattenere un rapporto diconvivenza, può risultare discriminatorio e dunquecontrario ai principi dell’ordinamento comunitario.L’art. 1, par. 2, lett. a), del regolamento escludepertanto che esso possa applicarsi <strong>agli</strong> accordiraggiunti nel contesto o in relazione ad unacausa matrimoniale, nella misura in cui questiconducano allo scioglimento o all’attenuazionedel vincolo coniugale. Allo stesso modo, debbonoconsiderarsi estranei al reg. « Roma I » gliaccordi conclusi tra i titolari della responsabilitàgenitoriale per disciplinare il diritto di visita, ildiritto di affidamento, la nomina di tutori o curatori,o comunque diretti ad incidere sull’esistenzae sulle modalità di esercizio dei potericonnessi alla responsabilità genitoriale.Seppure non facciano parte del campo di applicazionedel reg. CE n. 2201/2003 ( 14 ), si ritieneche possano incidere sullo stato delle personeanche i rapporti di coppia di natura non matrimoniale,tra persone dello stesso sesso o disesso diverso ( 15 ).Parimenti connesse allo stato delle personepossono ritenersi le materie del diritto al nomeed al cognome del soggetto; della filiazione, inparticolare per quanto attiene al suo stabilimentoe alla sua impugnazione; dell’adozione, nellamisura in cui produce effetti sullo stato di figlio;della protezione dei maggiori d’età; dell’esistenzadi rapporti di parentela e di affinità ( 16 ).A sua volta, la nozione di « capacità »–parimentirilevante come presupposto preliminaredell’assunzione di obbligazioni contrattuali –comprende, secondo una bipartizione ben notaanche alla dottrina internazionalprivatistica ( 17 ),la capacità giuridica ( 18 ), intesa come astrattaidoneità ad essere titolare di diritti ed obblighi,e la capacità d’agire ( 19 ), intesa come capacità dicompiere atti giuridici, ivi comprese le capacitàcc.dd. speciali ( 20 ), nonché i modi di acquisto edi perdita. Pertanto, la disciplina generale dellacapacità, anche ai fini dell’assunzione di obbligazionicontrattuali, dovrà ancora ricercarsi nelleregole di conflitto nazionali, sotto il cui imperioricadranno, tra l’altro, l’acquisto della capacitàdi agire, gli effetti dell’emancipazione ove( 16 ) In senso apparentemente diverso, l’8 o considerandodel regolamento, secondo cui « i rapporti di famigliadovrebbero comprendere l’ascendenza e la discendenza,il matrimonio, l’affinità, i parenti collaterali»: da tale formulazione parrebbe doversi evincereche questa esclusione sia compresa nell’art. 1, par. 2,lett. b). Sembra però necessario distinguere due profilidi tutti questi rapporti: quello dell’esistenza, cheattiene allo stato delle persone coinvolte, e quello deidiritti e degli obblighi che dall’esistenza del rapportoderivano e che rientra nella lett. b) della disposizione.( 17 ) Cfr. già Capotorti, Lezioni di diritto internazionaleprivato. Parte speciale: la capacità, Bari, 1966;Badiali, Personalità e capacità nel diritto internazionaleprivato e processuale, inScritti degli allievi in memoriadi Giuseppe Barile, Padova, 1995, p. 1 ss., spec.p. 41 ss.; e, da ultimo, Ubertazzi, La capacità dellepersone fisiche, cit., p. 100 ss.( 18 ) La capacità giuridica è a sua volta collegata allostato delle persone, poiché presuppone normalmentel’esistenza in vita del soggetto (salva la posizionepeculiare che può essere talora conferita al nascituro,in genere rispetto a specifici atti).( 19 ) Dalla capacità di agire sembra esclusa la capacitàdi stare in giudizio ai sensi dell’art. 1, par. 3, cheprevede che il regolamento non si applichi alla procedura;normalmente, essa sarà regolata dalla lex fori.( 20 ) Con questa espressione si intendono le capacitànecessarie per determinati rapporti o negozi giuridici:può trattarsi di capacità giuridica speciale (adesempio, rispetto alla posizione del nascituro dinanzia taluni atti ampliativi della sua sfera) ma più spessodi capacità speciale d’agire (ad esempio in materia dirapporti di lavoro, di matrimonio ecc.).NLCC 3/4-2009


[Art. 1] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 563prevista, i limiti alla capacità d’agire (dovuti, adesempio, ad infermità fisica o mentale), le formalitàe le procedure per il compimento di attidi amministrazione in nome e per conto dell’incapace,i poteri del suo rappresentante legale.Ciò non significa che le norme del regolamentosiano completamente indifferenti rispetto altema della capacità. Anzitutto, l’art. 13, espressamentefatto salvo dalla disposizione in commento,prevede una regola materiale relativa all’incapacitàe alla possibilità di farla valere neicontratti conclusi tra persone che si trovano all’internodel territorio di uno stesso Stato.Inoltre, ai sensi dell’art. 10, la lex contractusregola anche l’esistenza e la validità sostanzialedel contratto stesso: pertanto, essa può stabilirea quali condizioni l’incapacità giuridica o di agiresiano causa di inesistenza o di invalidità delcontratto e le conseguenze di tale vizio. È chiaro,tuttavia, che la definizione stessa di incapacitàgiuridica o di agire è rimessa alla legge applicabilealla capacità generale sulla base delle normecomuni. Particolarmente complessa apparein proposito la questione dell’incapacità naturale,rispetto alla quale è meno agevole distinguereil profilo del suo accertamento (non soggettoalla lex contractus) e quello delle condizioni nellequali essa costituisce causa di invalidità negoziale(regolato invece dalla legge applicabile alcontratto).Da ultimo, com’è stato già notato ( 21 ), la leggeregolatrice del contratto può rilevare rispetto alleeventuali capacità speciali richieste per laconclusione del contratto medesimo, almenoladdove le norme di conflitto nazionali contenganoregole analoghe a quelle degli <strong>artt</strong>. 20, secondaparte, e 23, comma 1 o , seconda parte,della legge italiana di riforma del diritto internazionaleprivato. Queste disposizioni, infatti,prevedono che le condizioni speciali di capacità,giuridica e di agire, necessarie per l’instaurazionedi un certo rapporto giuridico, sono determinatedalla legge regolatrice di tale rapporto( 22 ).( 21 ) Villani, La Convenzione di Roma, cit., p. 35s.( 22 ) Su queste disposizioni v. Cafari Panico, subart. 20 (Capacità giuridica delle persone fisiche), inLegge 31 maggio 1995, n. 218 – Riforma del sistemaitaliano di diritto internazionale privato – Commentario,cit., p. 1085 ss.; Baruffi, sub art. 23 (Capacità di2. – Per esaminare le esclusioni previste dallalett. b) dell’art. 1, par. 2, conviene anzituttoprendere le mosse dal riferimento ivi contenutoalle obbligazioni derivanti « dai rapporti che secondola legge applicabile a tali rapporti hannoeffetti comparabili ». Con questa complessa locuzionela disposizione intende evidentementeriferirsi ai rapporti di coppia di natura non matrimoniale,che assumono denominazioni e formeparzialmente diverse nelle legislazioni di variStati membri dell’Unione europea e che vengonodesignate con le espressioni di « unioni civili» o registered partnerships ( 23 ).Tali rapporti sono stati oggetto, negli ultimianni, di una particolare attenzione da parte delladottrina, anche in considerazione della frequenteindifferenza del legislatore, anche negliStati che conoscono tale istituto, per le implicazioniinternazionalprivatistiche del fenomeno;per questo motivo, ne risulta molto discussa laqualificazione.Una parte della dottrina era pervenuta ad assimilare,data l’identità di funzione, tali unioniai rapporti matrimoniali e familiari, con conseguentenecessità di applicare le norme di con-agire delle persone fisiche), ivi, p. 1096 ss.; Daniele,Capacità e diritti delle persone (<strong>artt</strong>. 20-25), inIl nuovosistema di diritto internazionale privato, a cura diCapotorti, in Corr. giur., 1996, p. 1239 ss.( 23 ) In argomento v. Guiguet, Le droit communautaireet la reconnaissance des partenaires de mêmesexe, inCahiers de droit européen, 1999, p. 537 ss.;Jessurun d’Oliveira, Registered Partnerships, Pacsesand Private International Law, inRiv. dir. internaz.priv. e proc., 2000, p. <strong>29</strong>3 ss.; Fulchiron, Réflexionssur les unions hors mariage en droit internationalprivé, inJournal de droit int., 2001, p. 889 ss.;Rossolillo, Registered Partnerships e matrimoni trapersone dello stesso sesso: problemi di qualificazioneed effetti nell’ordinamento italiano, inRiv. dir. internaz.priv. e proc., 2003, p. 363 ss.; Mosconi, Le nuovetipologie di convivenza nel diritto europeo e comunitario,in Riv. dir. internaz. priv. e proc., 2005, p. 305ss.; Boschiero, Les unions homosexuelles à l’épreuvedu droit International privé italien, inRiv. dir. internaz.,2007, p. 50 ss.; Liotta, La delimitazione dell’ambitodi applicazione materiale della disciplina comunitariadi conflitto sulle obbligazioni contrattuali: leconvenzioni che disciplinano le unioni extramatrimonialie le donazioni, inIl nuovo diritto europeo deicontratti: dalla convenzione di Roma al regolamento« Roma I », a cura della Fondazione Italiana per ilNotariato, 2007, p. <strong>28</strong> ss.NLCC 3/4-2009


564reg. CE n. 593/2008[Art. 1]flitto previste per tali materie ( 24 ); in particolare,tale qualificazione era concordemente accoltaper i rapporti tra i conviventi e i loro figli ( 25 ).Secondo altri orientamenti le registered partnershipsavrebbero dovuto essere qualificate comerapporti contrattuali, trattandosi comunquedi forme di manifestazione dell’autonomia dellavolontà delle parti ( 26 ), oppure avrebbe dovutoessere riconosciuta la loro natura di ente sui generis,come tale soggetto alla legge del luogo diregistrazione ( <strong>27</strong> ), che costituisce il criterio generalmenteutilizzato d<strong>agli</strong> Stati nei quali l’istitutoè conosciuto e sono state adottate appositenorme di conflitto ( <strong>28</strong> ).Più recentemente, è stata tentata una qualificazionein chiave autonoma dell’istituto, ritenutoriconducibile, nel suo complesso, alle questionidi stato, ma assoggettato alla volontà delleparti – da esercitare attraverso la scelta del modellostesso di registered partnership – quantoalla designazione della legge applicabile ( <strong>29</strong> ).Ora, la disposizione in commento ha una rilevanzaassai significativa sulla questione dellaqualificazione di tali istituti, poiché essa implicauna chiara presa di posizione almeno nel sensodi indicare a quali materie non sono riconducibilitali unioni ( 30 ). L’art. 1, par. 2, esclude infattiche esse rientrino nella materia contrattuale,poiché le colloca al di fuori del campo di applicazionedel regolamento; ma, al contempo, sembranon ammettere che possano essere qualificatein termini di rapporto matrimoniale o diquestione di stato delle persone fisiche, poichéle menziona separatamente da queste esclusionipresenti nella stessa disposizione ( 31 ).È pur vero che la formulazione della disposizionenon è felice, nella parte in cui identificatali rapporti come quelli che, secondo la leggeregolatrice, hanno effetti comparabili al matrimonio;infatti, la pretesa di definire tale istitutosulla base del modo in cui esso è configurato secondola legge regolatrice riconduce alla ipotesidel circulus inextricabilis ( 32 ). Né tale ambiguitàè dissipata dall’8 o considerando del regolamento,che sembra invece proporre – in contrastocon l’art. 1, par. 2, lett. b) – una qualificazionedell’istituto sulla base della lex fori (« in conformitàdella legge dello Stato membro del giudiceadito »).Sembrerebbe però possibile interpretare ladisposizione nel senso che essa presuppongacome legge regolatrice, sulla base di quanto ordinariamenteprevisto negli ordinamenti degliStati membri che conoscono tale istituto, la leggedel luogo ove l’unione è stata costituita e vo-( 24 ) Jessurun d’Oliveira, Registered Partnerships,cit., p, <strong>29</strong>7 ss.; Khairaliah, Les « partenariats organisés» en droit international privé, inJourn. droitintern., 2000, p. 317 ss., spec. p. 323 s.( 25 )V.Tonolo, Le unioni civili nel diritto internazionaleprivato, cit., p. 143.( 26 ) Tra gli altri, v. Fruehwald, Choice of Lawand Same-Sex Marriages, inFlorida Law Rev., 1999,p. 799 ss., cit. in Rossolillo, Registered Partnershipse matrimoni tra persone dello stesso sesso, cit., p. 386,nota 78; Salerno Cardillo, Regime patrimonialetra i coniugi nel diritto internazionale privato italiano,Milano, 1998, p. 7.( <strong>27</strong> ) Così, Kren Kostkhewicz, Registrierte Partnerschaftengleichgeschechtlicher Personen aus der Sichtdes IPR (de lege lata), inSchweizerische Zeithschriftfür internationales und europäisches Recht,2001, p. 101 ss., p. 105 ss.( <strong>28</strong> ) Cfr. Rossolillo, Registered Partnerships ematrimoni tra persone dello stesso sesso, cit., p. 389.( <strong>29</strong> ) Tonolo, Le unioni civili nel diritto internazionaleprivato, cit., p. 144 ss.( 30 ) Cfr. sul punto anche Ballarino, Dalla Convenzionedi Roma del 1980 al regolamento Roma I, inRiv. dir. internaz., 2009, p. 47, che distingue tra le varieforme di convivenza, concludendo che alcune, comei PACS francesi, rientrerebbero nell’esclusioneprevista dalla disposizione in commento; nello stessosenso, Lagarde e Tennenbaum, De la convention deRome au règlement Rome I, inRev. crit. dr. internat.privé, 2008, p. 734, i quali dubitano che i PACS francesipossano rientrare nella esclusione prevista dalladisposizione in commento.( 31 )D’altra parte, è significativo, sotto questo puntodi vista, che la proposta di regolamento c.d. « RomaIII » non ne faccia menzione, limitandosi a regolarela legge applicabile ai rapporti matrimoniali propriamentedetti.( 32 ) Infatti, ove si dovesse applicare letteralmentela disposizione in commento, la qualificazione necessariaper l’individuazione della norma di conflitto dovrebbeessere effettuata sulla base della legge applicabile,la cui designazione presuppone la previa qualificazione.Sul tema della qualificazione nel diritto internazionaleprivato comunitario, v. Baratta, GeneralIssues of Private International Law in the EuropeanSystem, inYearb. Priv. Int. Law, 2004, p. 155ss.; Bariatti, Qualificazione e interpretazione nel dirittointernazionale privato comunitario: prime riflessioni,inRiv. dir. internaz. priv. e proc., 2006, p. 361ss.NLCC 3/4-2009


[Art. 1] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 565glia dunque imporre all’interprete di valutaresulla base di tale legge – espressamente derogandoal principio secondo cui le nozioni usatenel regolamento hanno carattere uniforme e autonomo– se l’unione produce effetti comparabilial matrimonio ( 33 ). Da questo punto di vistal’impressione è che il legislatore comunitariopropenda per una qualificazione di tali unionicome rapporti sui generis, la cui efficacia poggiasul collegamento originario con la legge del luogodi registrazione ( 34 ).Accanto a tali unioni la disposizione in commentoesclude le obbligazioni derivanti dai rapportifamiliari ( 35 ), che comprendono, da un lato,i rapporti originati dal matrimonio; dall’altro,i rapporti di filiazione ( 36 ), siano essi insortiin presenza di un vincolo matrimoniale tra i genitorio meno, di adozione, di affidamento, inqualunque forma giuridica essi si concretino.In particolare, per quanto attiene ai rapporti( 33 ) La disposizione non offre invece alcuna indicazionerispetto ai matrimoni tra persone dello stessosesso, che la dottrina tende comunque ad assimilare,come istituzione sconosciuta e fondandosi sulla necessitàdella diversità di sesso come elemento costitutivodel matrimonio, alle unioni civili: in tal senso,Rossolillo, Registered partnerships e matrimoni trapersone dello stesso sesso, cit., p. 382. A nostro avviso,l’istituto dev’essere invece qualificato come negoziomatrimoniale stricto sensu sulla base di una valutazionedi tipo funzionale, salva la possibilità di interventodel limite dell’ordine pubblico negli Stati che non conosconotale istituto e considerano fondamentalel’elemento della diversità di sesso (su questo problemanell’ordinamento italiano, anche per riferimentigiurisprudenziali, Boschiero, Les unions homosexuelles,cit., p. 62 ss.). In entrambe le ipotesi, essirestano comunque esclusi dal campo di applicazionedel regolamento.( 34 ) Per una diversa lettura, v. Franzina, infra,commento sub art. 20, par. 3.( 35 ) In materia di disciplina comunitaria del dirittodi famiglia, v. Baratta, Verso la « comunitarizzazione» dei principi fondamentali del diritto di famiglia,in Riv. dir. internaz. priv. e proc., 2005, p. 573 ss.( 36 ) Sul problema degli accordi connessi alla fecondazioneartificiale, v. già Zini, sub art. 1, cit., p.909. I rapporti di filiazione conseguenti alla fecondazioneartificiale debbono continuare a considerarsiesclusi anche dal campo di applicazione del reg.« Roma I », data la loro evidente attinenza alla sferadei rapporti familiari, sia pure secondo schemi esorbitantirispetto alla prospettiva tradizionale.tra coniugi ( 37 ), il necessario coordinamentocon l’art. 1, par. 2, lett. c), impone di considerarecompresi nella nozione di rapporti familiari isoli rapporti personali, e dunque la determinazionedell’indirizzo della vita familiare e le obbligazionia contenuto non patrimoniale. Questaesclusione comprende anche gli accordi relativialla stessa materia, che siano conclusi tra iconiugi in occasione – o, all’occorrenza, in previsione– dello scioglimento del vincolo coniugaleo della separazione.Anche rispetto al regolamento va confermatol’orientamento dottrinale secondo cui sono altresìescluse dal campo di applicazione del regolamentole donazioni che siano strettamentecollegate ai rapporti familiari ( 38 ), come le donazioniobnuziali o i doni prenuziali previsti daldiritto italiano, rispettivamente, negli <strong>artt</strong>. 785 e80 c.c. ( 39 ).La disposizione in commento esclude anchedal campo di applicazione le « obbligazioni alimentari» collegate ai rapporti familiari e alleunioni civili, secondo la nozione appena descritta.Questa indicazione dovrà essere coordinata,per la necessaria interpretazione intertestuale,col reg. CE n. 4/2009, del 18 dicembre 2008, relativoalla competenza, alla legge applicabile, alriconoscimento e all’esecuzione delle decisionie alla cooperazione in materia di obbligazionialimentari ( 40 ). Esso si applicherà alle « obbliga-( 37 ) Ma la stessa precisazione va fatta anche riguardoalle unioni civili, per cui l’art. 1 riproduce la distinzionetra aspetti patrimoniali e non, nelle lettereb) ec).( 38 ) In questo senso, già la Relazione Giuliano-Lagarde,sub art. 1, par. 3.( 39 ) Per una convincente illustrazione dei motiviche portano a considerare anche queste fattispeciecome escluse dal campo di applicazione del regolamento,in particolare per quanto riguarda le donazioniobnuziali, v. Gatt, sub art. 1 (Campo d’applicazione),inConvenzione sulla legge applicabile alle obbligazionicontrattuali (Roma, 19 giugno 1980) - Commentario,a cura di Bianca e Giardina, in questa Rivista,1995, p. 920 ss.; in materia v. anche ZiccardiCapaldo, La donazione propter nuptias e la sua disciplinanel diritto internazionale privato italiano,inRiv.dir. internaz., 1973, p. 601 ss.; Damascelli, Il rinvio« in ogni caso » a convenzioni internazionali nellanuova legge sul diritto internazionale privato, ivi,1997, p. 93 ss.( 40 )InG.U.U.E. n. L 7 del 10 gennaio 2009, p. 1NLCC 3/4-2009


566reg. CE n. 593/2008[Art. 1]zioni alimentari derivanti dai rapporti familiario dai rapporti che, in forza della legge ad essiapplicabile, producono effetti simili » (art. 1,par. 1) ( 41 ).Le obbligazioni alimentari derivanti da rapportidi famiglia dovranno quindi restare esclusedal campo di applicazione del reg. « RomaI » sia quando la loro misura è determinata dallalegge o da provvedimenti della pubblica autoritàsia quando a tal fine siano conclusi accordidi natura contrattuale (ad esempio, tra coniugio ex-coniugi) ( 42 ). Il reg. « Roma I » si applicheràinvece alle obbligazioni alimentari che abbianofondamento meramente negoziale, e dunquenon collegate a un obbligo giuridico derivantedal diritto di famiglia, anche quando destinatarine siano i familiari, nonché alle obbligazioni alimentariche trovino il loro fondamento, ancheex lege, in rapporti cui si applica il regolamento( 43 ).Per il necessario parallelismo col reg. CE n.44/2001 non dovrebbero rientrare nel campo diapplicazione materiale del reg. « Roma I » neppurele obbligazioni conseguenti al diritto di regressodi enti pubblici nei confronti di soggettiinadempienti ad obblighi alimentari; infatti, taliss. Il regolamento si limita a rinviare, in materia dilegge applicabile, al Protocollo dell’Aja del 23 dicembre2007 sulla legge applicabile alle obbligazioni alimentariper gli Stati membri che ne siano vincolati,come risulta dall’art. 15; in proposito v. anche la propostadi decisione del Consiglio relativa alla conclusioneda parte della Comunità europea del Protocollosulla legge applicabile alle obbligazioni alimentari(doc. COM/2009/0081 def., reperibile nella bancadati Eur-Lex: http://eurlex.europa.eu), presentata dallaCommissione il 23 febbraio 2009. Giudica riduttivala portata del regolamento appena adottato Benot,La exclusiòn de las obligaciones derivadas del derechode familia y de sucesiones del àmbito material deaplicaciòn del reglemento Roma I,inCuadernos de derechotransnacional, 2009, p. 119 s.( 41 ) V. anche il parere del Parlamento europeo, reperibilenel sito dello stesso Parlamento (http:// europarl.europa.eu).( 42 ) Cfr. in proposito anche la Relazione Giuliano-Lagarde, sub art. 1, punto 3.( 43 ) Da questo punto di vista si possono citare gliobblighi del donatario nei confronti del donante, comeprevisti dall’art. 437 c.c. italiano: nei limiti in cuila donazione sia soggetta al reg. « Roma I », la leggeda questo designata regolerà anche le eventuali obbligazionialimentari.fattispecie sono state considerate dalla Corte digiustizia estranee all’art. 5, n. 2, di quel regolamentoper la diversa ratio che le contraddistingue( 44 ).Da ultimo, va segnalato che, rispetto all’analogadisposizione della Convenzione di Roma,l’art. 1, par. 2, lett. b), non si riferisce più alle« obbligazioni contrattuali », essendo statoomesso quest’ultimo aggettivo: ma non sembrache questa differenza possa avere conseguenzeconcrete sull’interpretazione della disposizione,che risulta ora più chiaramente orientata nelsenso di escludere « il complesso del diritto difamiglia » ( 45 ) dal campo di applicazione del regolamento.3. – L’art. 1, par. 2, lett. c), esclude altresì dalcampo di applicazione materiale del regolamentole « obbligazioni derivanti da regimi patrimonialitra coniugi » (già indicate tra le esclusioninella Convenzione di Roma) e « da regimi patrimonialirelativi a rapporti che secondo la leggeapplicabile a questi ultimi hanno effetti comparabilial matrimonio » ( 46 ).Anche per l’interpretazione di queste nozionipuò essere utile il coordinamento con la giurisprudenzacomunitaria relativa all’art. 1 del reg.CE n. 44/2001: in particolare, la Corte di giustiziaha da tempo affermato che il « regime patrimonialetra coniugi comprende tutti i rapportipatrimoniali che derivano direttamente dal vincoloconiugale o dallo scioglimento di questo» ( 47 ). Si tratta di una nozione comunitaria( 44 ) Corte giust. CE 15 gennaio 2004, causa433/01, Blijdenstein, inRaccolta, 2004, p. I-1002 ss.,punto 30.( 45 ) Così si esprimeva la Relazione Giuliano-Lagarde,sub art. 1, punto 3.( 46 ) In materia, v. anche Bariatti e Viarengo, Irapporti patrimoniali tra coniugi nel diritto internazionaleprivato comunitario, inRiv. dir. internaz. priv. eproc., 2007, p. 603 ss., nel quale viene esaminatal’ipotesi normativa allo studio della Commissione,precisando che essa dovrebbe riguardare solo i regimimatrimoniali veri e propri e non quelli che all’esistenza(attuale o futura) di un vincolo coniugale sianoestranei. È chiaro che, ove in futuro tale strumentocomunitario venisse adottato, la nozione di « regimipatrimoniali tra coniugi » ivi utilizzata potrebbe rilevare,in termini di interpretazione intertestuale, ancherispetto alla disposizione in commento.( 47 ) Corte giust. CE 17 marzo 1979, cit., punto 7;NLCC 3/4-2009


[Art. 1] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 567autonoma, di portata assai ampia, che è statapoi ulteriormente chiarita dalla giurisprudenzasuccessiva con riferimento alla necessaria distinzionerispetto <strong>agli</strong> obblighi alimentari ( 48 ).Nell’art. 1, par. 2, lett. c), non rientrano invecei rapporti patrimoniali tra coniugi che nonsiano collegati al vincolo matrimoniale ( 49 ).Naturalmente, il collegamento tra i rapportipatrimoniali tra coniugi e il vincolo matrimonialepuò ravvisarsi non solo negli accordi conclusidurante il matrimonio per scegliere o modificareil regime patrimoniale della famiglia(qualunque esso sia), ma anche in quelli precedential matrimonio ma da questo occasionati(cc.dd. accordi prematrimoniali). Possono rientrarein questa nozione anche talune donazionitra coniugi, quando queste mirino ad un’attribuzionedi beni collegata strettamente al matrimonioe al regime patrimoniale della famiglia( 50 ).Parimenti, sono esclusi dal campo di applicazionemateriale del regolamento gli accordi conclusiper disciplinare i rapporti patrimoniali traconiugi in occasione della separazione o del divorzio,siano essi precedenti o contestuali all’attenuazioneo allo scioglimento del vincolo matrimoniale( 51 ). In proposito, peraltro, non assumerilevanza decisiva la concreta forma in cui sirealizza la disciplina dei rapporti tra i coniugi(pagamento, periodico o forfettario, di sommedi denaro; trasferimento di proprietà di beniecc.), rilevando solo la strumentalità del negoziorispetto alla dissoluzione del regime patrimonialedella famiglia ( 52 ).Queste indicazioni possono essere estese, mutatismutandis e tenuto conto del modo in cuil’istituto è concretamente configurato dalla leggedel luogo di registrazione, ai rapporti patrimonialiderivanti dalle unioni civili e dalle registeredpartnerships.4. – Da ultimo, l’art. 1, par. 2, lett c), escludedal campo di applicazione del regolamento le« obbligazioni derivanti dalle successioni » ( 53 ).In questa materia non esiste allo stato uno strumentocomunitario, ma la Commissione europeaha pubblicato nel 2005 un Libro verde, nelquale si è interrogata sulla nozione stessa di« successioni » ( 54 ); tuttavia, trattandosi di unanozione tradizionale del diritto civile degli Statimembri, la sua identificazione non dovrebbecreare eccessive difficoltà sul piano generale,salva la necessità di valutare quali specifici istitutidel diritto nazionale vi rientrino in concreto.Naturalmente, nell’interpretazione della nozionenon potrà prescindersi dal metodo intertestuale,poiché essa compare in altri strumenticomunitari, ed in particolare nell’art. 1, par. 2,lett. a), del reg. CE n. 44/2001; tale criterio potrebbeessere utilizzato in maniera ancor più intensaqualora la Comunità europea adottasseuno specifico strumento ex art. 65 del Tratt. CEin materia successoria.In proposito, si può segnalare che dovrebberosenz’altro esser comprese nell’esclusione le donazionimortis causa, ammesse d<strong>agli</strong> ordinamentidi taluni Stati membri, che presentano unostretto collegamento con la successione del dov.anche Corte giust. CE 31 marzo 1982, causa 25/81,C.H.W., inRaccolta, 1982, p. 1189 ss., per l’affermazioneche le questione relative all’amministrazionedei beni della moglie da parte del marito attengono airegimi patrimoniali.( 48 ) Corte giust. CE <strong>27</strong> febbraio 1997, causa 220/95, Van de Boogard, inRaccolta, 1997, p. I-1147 ss.,punto 22, ove si precisa che il trasferimento dellaproprietà di un bene o di una somma di denaro puòattenere alle obbligazioni alimentari se ha la funzionedi sostentare un coniuge bisognoso, mentre riguardail regime patrimoniale tra coniugi se comporta unamera ripartizione dei beni coniugali.( 49 ) Corte giust. CE <strong>27</strong> marzo 1979, cit., punto 8.( 50 ) Così, già Gatt, sub art. 1, cit. p. 921.( 51 ) Cfr. anche Zini, sub art. 1, cit., p. 917.( 52 ) Corte giust. CE <strong>27</strong> febbraio 1997, cit., punto<strong>27</strong>.( 53 ) Non sembra significativa la circostanza che, rispettoall’analoga disposizione della Convenzione diRoma, si parli solo di « successioni » e non di « testamenti». Rilevano con sorpresa la differenza nella versionefrancese del regolamento, in questo non coerentecon quelle tedesca, inglese e spagnola, Lagardee Tennenbaum, De la convention de Rome au règlementRome I, cit., p. 734.( 54 ) Doc. COM/2005/65 def., reperibile nella bancadati Eur-Lex (http://eurlex.europa.eu). In particolare,la Commissione ha chiesto se in tale dovesse esserecomprese solo « le regole per la risoluzione deiconflitti di legge dovrebbero limitarsi alla determinazionedegli eredi e dei loro diritti » oppure anchequelle che si occupano « della liquidazione o dellasuddivisione dell’asse ereditario ». Sul Libro verde v.Benot, La exclusiòn de las obligaciones derivadas,cit., p. 125 ss.NLCC 3/4-2009


568reg. CE n. 593/2008[Art. 1]nante poiché mirano comunque all’attribuzionedi beni per causa di morte ( 55 ).Allo stesso modo, sono senz’altro soggetti allalex successionis, ed esclusi dal campo di applicazionedel regolamento, i cc.dd. patti successori,che consistono in contratti coi quali taluno disponeante mortem della successione propria oaltrui; sebbene l’art. 458 c.c. italiano li vieti categoricamente,essi potrebbero risultare ammessiin altri ordinamenti (salvo comunque il possibileintervento del limite dell’ordine pubblico).In connessione a questa categoria va da ultimoricordato il « patto di famiglia », introdottonell’ordinamento italiano dalla l. 14 febbraio2006, n. 55: si tratta di uno strumento contrattualeche la stessa legge qualifica come direttoad incidere sulla successione di un soggetto chepossegga la qualità di imprenditore ( 56 ). Nonostantela sua natura formalmente contrattuale,tale negozio è stato ritenuto, da una parte delladottrina, strumentale a regolare, almeno parzialmente,la successione mortis causa del soggettointeressato ( 57 ): esso dovrebbe pertantoessere escluso, per effetto dell’art. 1, par. 2,lett. c), del regolamento, dal campo di applicazionedi quest’ultimo. Ad avviso di chi scrive,( 55 ) V. anche Gatt, sub art. 1, cit., p. 920, nonchéBonomi, voce Donazione (dir. internaz. priv.), inEnc. dir., Agg., Milano, 1998, p. 307 s.( 56 )L’art. 458 c.c. è stato infatti novellato confermandoil divieto dei patti successori, « fatto salvoquanto disposto d<strong>agli</strong> articoli 768-bis e seguenti ».( 57 ) In questo senso, Ubertazzi, Il regolamentoRoma I, cit., p. 43. Ritiene che i patti di famiglia rientrinonella materia successoria anche Caló, Patto difamiglia e norme di conflitto, inDir. fam. e pers.,2006, p. 6<strong>29</strong>.anche a non voler considerare il patto di famigliain sé un atto per causa di morte ( 58 ), la direttainterferenza con la vicenda successoriadell’imprenditore ( 59 ) dovrebbe comportare comunque– nell’ottica di un’interpretazione autonomadelle disposizioni del regolamento ( 60 )– l’esclusione dell’istituto dal suo ambito di applicazione.Giacomo Biagioni( 58 ) V., in proposito, le argomentazioni di Damascelli,Il « patto di famiglia » nel diritto internazionaleprivato, inRiv. dir. internaz. priv. e proc., 2007, p.619 ss., il quale conclude che il patto di famiglia dovrebbeessere regolato dall’art. 56 della l. n. 218/95 inmateria di donazioni. Questa conclusione non parecondivisibile: invero, ove si concluda, come fa l’A. citato,che il patto di famiglia costituisce un atto di donazione,non inserito nella vicenda successoria, nonsi potrebbe che considerarlo soggetto alla disciplinadella Convenzione di Roma (e del regolamento), datala sua natura contrattuale.( 59 ) Si consideri in proposito che, come fatto palesedalla stessa denominazione dell’istituto, esso miraa garantire la successione nell’impresa, che può avvenirein questa forma soltanto in favore di uno o piùdiscendenti; se a ciò si aggiunge la necessaria partecipazionedel coniuge e degli eredi legittimari al contrattoe gli effetti del patto sulla collazione ereditariae sull’azione di riduzione, appare chiaro che esso siinserisce nel regime delle successioni.( 60 ) Per un ragionamento analogo, v. Corte giust.CE 17 marzo 1979, De Cavel, cit., punto 7, ove si affermache il regime patrimoniale tra coniugi comprendeanche gli atti adottati in vista del futuro matrimonio:allo stesso modo, il patto di famiglia è specificamentediretto a influenzare la futura successionedell’imprenditore.IIISommario:1.L’art. 1, par. 2, lett. d): cambiali, assegni ev<strong>agli</strong>a cambiari. – 2. Gli altri strumenti negoziabili. –3. Ambito di applicazione dell’esclusione: sottoposizioneal reg. « Roma I » dei contratti sottostanti.1. – La disposizione in commento riproducefedelmente, salvo alcune modifiche stilistiche,l’art. 1, par. 2, lett. c) ( 1 ), della Convenzione di( 1 ) Su cui v. Grassani, sub art. 1, IV, in Convenzionesulla legge applicabile alle obbligazioni contrat-NLCC 3/4-2009


[Art. 1] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 569Roma del 1980 sulla legge applicabile alle obbligazionicontrattuali.L’esclusione di tali obbligazioni dall’ambitodi applicazione del reg. « Roma I »ègeneralmentecondivisa dalla dottrina e dalla scarsagiurisprudenza che ha avuto modo di pronunciarsisull’omologa disposizione della Convenzionedi Roma. Diverse sono le motivazioni chegiustificano la sottrazione di questi strumentidalla normativa uniforme, tra cui (i) la qualificazionenon contrattuale delle obbligazioni cartolarida parte degli ordinamenti di diversi Statimembri ( 2 ); (ii) la complessità delle questionirelative a questi strumenti e l’esistenza al contempodi convenzioni internazionali specifichelargamente diffuse in tali materie ( 3 ). Queste ultimesono la Convenzione di Ginevra del 7 giugno1930 sui conflitti di legge in materia di cambialee di v<strong>agli</strong>a cambiario ( 4 ), e la Convenzionedi Ginevra del 19 marzo 1931 sui conflitti dilegge in materia di assegni bancari ( 5 ). Non sorprendeche lo stesso legislatore italiano della riformadel diritto internazionale privato, per esigenzedi semplificazione e di uniformazione deicriteri di collegamento in queste complesse materie,abbia esteso la disciplina prevista da taliconvenzioni al di fuori del loro ambito di applicazioneoriginario. L’art. 59, comma 2 o ,l.n.218/95, prevede infatti che « [t]ali disposizionisi applicano anche alle obbligazioni assunte fuoridei territori degli Stati contraenti o allorchéesse designino la legge di uno Stato non contraente» ( 6 ).La sottrazione della cambiale e dell’assegnodall’ambito di applicazione del reg. « Roma I »è però limitata alle obbligazioni cartolari, quellecioè incorporate nel titolo, e non si estende airapporti di provvista e di valuta o ai contratti adessi relativi ( 7 ).2. – L’espressione « altri strumenti negoziabili», impiegata a chiusura della disposizione inesame, non appartiene al nostro ordinamentoné <strong>agli</strong> altri sistemi di civil law e la sua interpretazioneha dato luogo ad un vivace dibattito indottrina. Secondo la tesi più convincente, taletuali (Roma, 19 giugno 1980) - Commentario, a curadi Bianca e Giardina, in questa Rivista, 1995, p. 9<strong>27</strong>ss.( 2 ) In Italia, ad esempio, prima dell’entrata in vigoredell’art. 59 della l. 31 maggio 1995 n. 218, di riformadel sistema italiano di diritto internazionaleprivato, le obbligazioni derivanti dai titoli di creditoerano considerate di natura non contrattuale e ricompresenell’art. 25, comma 2 o , delle disp. prel. c.c.; sulpunto cfr. Celle, sub art. 59, in Legge 31 maggio1995, n. 218 - Riforma del sistema italiano di dirittointernazionale privato - Commentario, a cura di Bariatti,in questa Rivista, 1996, p. 1397 ss.; Radicatidi Brozolo, La legge regolatrice dei titoli di credito,in Banca, borsa, tit. cred., 1998, I, p. 434 ss.; Id., Dirittointernazionale privato uniforme, legge di riformae titoli di credito,inRiv. dir. internaz, 1997, p. 351 ss.;Malatesta, Considerazioni sull’ambito di applicazionedella convenzione di Roma 1980: il caso dei titoli dicredito, ivi, 1992, p. 887 ss.; cfr. inoltre la RelazioneGiuliano-Lagarde, sub art. 1, par. 4. A conferma dell’incertezzasulla qualificazione, contrattuale o extracontrattuale,delle obbligazioni derivanti da tali titoli,è significativo osservare che per sgomberare il campoda qualsiasi dubbio, il legislatore comunitario ha previstotale esclusione anche nel reg. CE n. 864/2007dell’11 luglio 2007, sulla legge applicabile alle obbligazioniextracontrattuali (« Roma II »), in G.U.U.E.L 199 del 31 luglio 2007, p. 40, il cui art. 1, par. 2,lett. c), sottrae « le obbligazioni extracontrattuali chederivano da cambiali, assegni, v<strong>agli</strong>a cambiari ed altristrumenti negoziabili nella misura in cui le obbligazioniderivanti da tali altri strumenti risultano dal lorocarattere negoziabile ».( 3 ) V. ancora Relazione Giuliano-Lagarde, sub art.1, par. 4. A questo riguardo alcuni AA. hanno osservatoche il carattere flessibile delle norme della Convenzionedi Roma, in particolare il principio fondantedell’autonomia privata nella scelta della legge applicabile,strideva con le rigidità ed il formalismoproprio di tali strumenti, cfr. Plender e Wilderspin,The European Contracts Convention 2 , London,2001, p. 65 ss.( 4 ) Resa esecutiva dall’Italia con r.d.l. 25 agosto1930, n. 1130, convertito dalla l. 22 dicembre 1932,n. 1946.( 5 ) Resa esecutiva dall’Italia con r.d.l. 24 agosto1933, n. 1077, convertito con l. 4 gennaio 1934, n. 61.( 6 ) Sull’art. 59 l. n. 218/95, oltre <strong>agli</strong> autori citatisupra alla nt. 2, v. Treves,inRiv. dir. internaz. priv. eproc., 1995, p. 1193 ss.; Damascelli, Il rinvio « inogni caso » a convenzioni internazionali nella nuovalegge sul diritto internazionale privato, inRiv. dir. internaz.,1997, p. 78 ss., spec. p. 84; Stella Richterjr., I titoli di credito nel nuovo sistema di diritto internazionaleprivato, inBanca, borsa tit. credito, 1997, I,p. 767 ss.( 7 ) Sul punto cfr. Villani, La convenzione di Romasulla legge applicabile ai contratti 2 , Bari, 2000, p.42.NLCC 3/4-2009


570reg. CE n. 593/2008[Art. 1]formulazione deve essere interpretata in modocomunitario ed autonomo ( 8 ). Quest’ultima tesiravvisa l’origine della nozione ed il suo significatonell’istituto di common law dei negotiableinstruments, le cui caratteristiche sono individuatenell’incorporazione del diritto nel titolo enell’idoneità del diritto cartolare a circolare nelleforme previste dall’ordinamento che regola iltitolo stesso, in coerenza con il principio di letteralità.Ne consegue che il portatore acquista ildiritto a titolo orginario, anche a non domino,ed è protetto dalle eccezioni che non risultanodal titolo ( 9 ). Sono pertanto esclusi da questadefinizione i documenti di legittimazione equelli probatori, quei titoli cioè che non incorporanoun diritto trasferibile con il documento( 10 ). Rientrano invece tra gli strumenti negoziabilii titoli rappresentativi di merci ed i titolisocietari, sia obbligazionari sia partecipativi ( 11 ),indipendentemente dalla loro forma cartolare odematerializzata.La qualificazione delle singole fattispecie el’accertamento della loro rispondenza al requisitodella negoziabilità vanno effettuate lege fori( 12 ).Nel vigore della Convenzione, a particolariincertezze applicative ha dato luogo la polizza( 8 ) Cfr. Bonomi, Il nuovo diritto internazionaleprivato dei contratti: la Convenzione di Roma del 19giugno 1980 è entrata in vigore, inBanca borsa tit.cred., 1992, I, 36 ss.; Ballarino, Bonomi, Materieescluse dal campo di applicazione della convenzione diRoma, inBallarino (a cura di), La Convenzione diRoma sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali,II, Limiti di applicazione, Milano, 1994, p. 89ss., spec. p. 98; Celle, op. ult. cit., p. 1404; Id., L’assicurazionemarittima merci nel nuovo regime di dirittointernazionale privato, inDir. maritt., 1995, p. 696;Villani, op. loc. cit., p.42ss.( 9 ) V. ancora Bonomi, Il nuovo diritto internazionaleprivato dei contratti cit., p. 36 ss.; Radicati diBrozolo, La legge regolatrice cit., p. 447 ss.( 10 ) V. ancora Ballarino, Bonomi, op. cit., p.101; Villani, op. cit., p.43;Celle, Art. 59 cit., p.1404; Damascelli, op. cit., p. 84, il quale sottolineache tali titoli non sono dotati del requisito né dellaletteralità né di quello dell’autonomia.( 11 ) Quanto a questi ultimi, anche perché ècontestatoinnanzitutto il carattere contrattuale dei dirittiincorporati nel titolo, cfr. Malatesta, op. cit., p. 898.( 12 ) Cfr. Relazione sulla convenzione cit., par. 4;Ballarino, Diritto internazionale privato, 3 a ed., Padova1999, p. 751.di carico, con riferimento alla sua natura distrumento negoziabile, e quindi alla sua inclusioneo sottrazione alla disciplina di diritto internazionaleprivato uniforme. Come è noto, lapolizza di carico è un titolo misto che conferisceal possessore una pluralità di situazioni <strong>giuridiche</strong>ed in particolare (i) il diritto alla riconsegnadelle merci; (ii) il diritto di disporre delle merciattraverso il titolo e (iii) la prova del contrattodi trasporto. Nei limiti in cui la polizza di carico,una volta emessa, attribuisce il diritto alla riconsegnadelle merci da parte del vettore al legittimotitolare della polizza trasferita in base allesue norme di circolazione, piuttosto che aldestinatario indicato nell’originario contratto ditrasporto, tali posizioni <strong>giuridiche</strong> devono considerarsiderivanti da uno strumento negoziabilee di conseguenza devono essere escluse dall’ambitodi applicazione del reg. « RomaI » ( 13 ). Sostegno a questo inquadramento, giàavanzato in dottrina, è ora offerto dal 9 o considerandodel reg. « Roma I », in base al quale dovrebberorientrare nella nozione di strumentinegoziabili « anche le polizze di carico qualorale obbligazioni derivanti da queste ultime risultinodal loro carattere negoziabile ».3. – Così come per le cambiali e per gli assegni,anche con riguardo <strong>agli</strong> strumenti negoziabili,sono sottratte all’operatività del reg. « RomaI » soltanto le obbligazioni nascenti dal titoloe non i contratti causali sottostanti. Rientranocosì nella sfera di operatività del reg. « Roma I »il contratto di trasporto con riferimento alla polizzadi carico, il contratto di mutuo con riguardoalle obbligazioni, quello di compravenditacon riguardo al trasferimento dei titoli societari( 14 ), nonché quelli costitutivi di diritti reali digaranzia su tali titoli.In relazione a tali contratti opererà quindi lafacoltà di scelta della legge applicabile all’obbli-( 13 ) Sul punto cfr. le puntuali considerazioni diCelle, op. cit., p. 1405 ss.; Malatesta, op. cit., p.900 ss., e di Carbone, Il diritto marittimo 2 , Torino,2002, p. <strong>27</strong>7 ss.( 14 ) Al riguardo v. App. Milano 18 luglio 2000, inBanca, borsa, tit. cred., 2001, II, 678 con nota di Gardellae Carbone, Conflitti di leggi e tra giurisdizioninella disciplina dei trasferimenti di pacchetti azionaridi riferimento,inRiv. dir. internaz. priv. e proc., 1989,p. 777 ss.NLCC 3/4-2009


[Art. 1] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 571gazione contrattuale in base al disposto dell’art.3 del reg. « Roma I », e verranno in rilievo lenorme suppletive previste dall’art. 4, qualora leparti non abbiano indicato il diritto che regola ilnegozio giuridico. Con riferimento a tale ultimaipotesi, è quanto meno dubbia l’applicazionedell’art. 4, par. 1, lett. a), del reg. « Roma I » allacompravendita di titoli societari, poiché questiultimi non sembrano soddisfare la nozione dimerci. Riscontro in tal senso è offerto a livellointernazionale dalla Convenzione di Vienna del1980 sulla vendita internazionale di merci cheesclude dal suo ambito di applicazione « stocks,shares, investment securities, negotiable instrumentsor money » ( 15 ). In relazione a tali fattispecie,per individuare la legge applicabile saràpiù opportuno riferirsi al diritto del paese in cuiha la sede colui che deve eseguire la prestazionecaratteristica (art. 4, par. 2) – i.e. il venditore inun contratto di compravendita – oppure, speciecon riguardo al trasferimento di partecipazionidi controllo, alla legge del paese con cui il contrattopresenta il collegamento più stretto, comeprevisto dall’art. 4, par. 3e4( 16 ), identificabilecon lo Stato in cui la società ha la propria sede,in quanto luogo in cui viene esercitata la gestionedella stessa.La disciplina dei contratti che costituiscono otrasferiscono diritti reali deve tenere in considerazioneuna pluralità di leggi diverse, ciascunacompetente a regolare singoli aspetti dell’operazione,quelli contrattuali, quelli reali e quelli attinentialla qualità di socio che viene trasmessacon la vendita delle azioni. In linea di principio,è opinione condivisa che spetta alla lex contractusregolare gli aspetti obbligatori, inclusa( 15 ) Così l’art. 2, lett. d), della suddetta Convenzione,tradotto in italiano con « titoli di credito o valuta», sul punto cfr. Grassani, op. cit., p. 9<strong>27</strong>.( 16 ) Cfr. l’analisi di Boucobza, L’acquisition internazionalede société, Paris, 1998, p. 218 ss.; sia consentitorinviare alle considerazioni svolte in Gardella,Conflitti di legge e ambito di applicazione dellaconvenzione di Roma, cit., spec. p. 693, a margine diApp. Milano 18 luglio 2000, cit.l’astratta idoneità del negozio a creare o trasferirediritti reali, oltreché i vizi della volontà,mentre alla lex rei sitae è attribuita la disciplinadel momento e delle modalità acquisitive del diritto.Vale la pena ricordare che tale « ripartizionedi competenze »èsuffragata anche dallaRelazione Giuliano-Lagarde in cui si affermaesplicitamente che la disciplina del diritto diproprietà non ricade nell’ambito di applicazionedella Convenzione.Con specifico riguardo ai titoli di credito, vaosservato che deve essere presa in considerazioneanche la lex tituli. Quest’ultima coincide conla lex rei sitae (c.d. lex cartae sitae) per quantoriguarda i titoli al portatore, considerati allastregua di veri e propri beni mobili corporali,mentre in relazione ai titoli nominativi si assistead una graduale diluizione della lex rei sitae afavore della lex societatis capace di interferire inmodo rilevante sulle regole del transfert delleazioni ( 17 ). La forma cartolare o dematerializzatadei titoli può incidere sulla legge applicabileal contratto nel limite in cui l’operazione vieneconclusa fuori mercato o nei mercati finanziari( 18 ).Anna Gardella( 17 ) Per il diverso coordinamento delle leggi rilevanti,v. Bariatti, La delimitazione dell’ambito di applicazionemateriale della disciplina comunitaria diconflitto sulle obbligazioni contrattuali: in particolare,patti parasociali e i contratti relativi alla cessione o altrasferimento di quote di partecipazione azionaria,inIlnuovo diritto europeo dei contratti: dalla Convenzionedi Roma al Regolamento « Roma I », Milano, 2008, p.46 ss., specie per il coordinamento con il c.d. PRIMA(Place of the Relevant Intermediary Approach), la lexrei sitae speciale per i titoli dematerializzati, previstadall’art. 9, par. 2, della dir. 2002/47/CE, del 6 giugno2002, in G.U.C.E. n. L 168 del <strong>27</strong> giugno 2002, p. 43,sui contratti di garanzia finanziaria, attuata in Italiacon d.lgs. n. 170/04, su cui v. Gardella, Le garanziefinanziarie nel diritto internazionale privato, Milano,2007, p. 77 ss. e 150 ss.( 18 ) Su cui v. Gardella, infra, commento sub art.4, V.NLCC 3/4-2009


572reg. CE n. 593/2008[Art. 1]IVSommario: 1.L’art. 1, par. 2, lett. e): motivazioni dell’esclusionedelle clausole compromissorie e delleconvenzioni sul foro competente. – 2. Ambito dell’esclusione.– 3. Le fonti della disciplina degli aspettisostanziali delle convenzioni arbitrali e degli accordidi scelta del foro; il caso italiano. – 4. Le convenzioniarbitrali. – 5. Gli accordi di scelta del foro.( 1 ) Su cui v. il commento di Grassani,inConvenzionesulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali(Roma, 19 giugno 1980) - Commentario, a curadi Bianca e Giardina, in questa Rivista, 1995, p. 9<strong>28</strong>ss. Sulla norma del regolamento, per un primo commentov. Ubertazzi, Il Regolamento Roma I sullalegge applicabile alle obbligazioni contrattuali, Milano,2008, p. 45 ss.( 2 ) Cfr. l’8 o considerando concernente la nozionedi « rapporti di famiglia », in relazione all’esclusionedi cui all’art. 1, par. 2, lett. b),eil9 o considerando daleggere in combinazione con l’art. 1, par. 2, lett. d),relativo alle « obbligazioni derivanti da cambiali, assegni,v<strong>agli</strong>a cambiari e da altri strumenti negoziabili,nella misura in cui le obbligazioni derivanti da talistrumenti risultano dal loro carattere negoziabile ».( 3 ) Cfr. Relazione Giuliano-Lagarde, sub art. 1,par. 11 s.1. – L’art. 1, par. 2, lett. e), esclude dall’ambitodi applicazione del reg. « Roma I »«i compromessi,le clausole compromissorie e le convenzionisul foro competente ». La disposizionereplica la norma contenuta nell’art. 1, par. 2,lett. d) ( 1 ), della Convenzione di Roma del 1980sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattualisenza modifiche e senza motivare taleesclusione nel preambolo del reg. « Roma I »che, invece, contiene riferimenti alle altre materieescluse ( 2 ).Come è noto, la ratio dell’esclusione « deicompromessi, delle clausole compromissorie edelle convenzioni sul foro competente » dall’ambitodi applicazione della Convenzione diRoma è stata individuata nella specialità di taliquestioni, nella loro natura processuale ( 3 ) e nelfatto che tali accordi sono già disciplinati instrumenti normativi specifici ed ampiamentediffusi a livello internazionale.Le considerazioni che accompagnano la Propostadella Commissione riprendono le medesimeargomentazioni per escludere questa materiadall’applicazione del nuovo strumento normativo.Il par. 4.2 della relazione che accompagnala Proposta afferma che « secondo la maggiorparte delle risposte al Libro Verde, i primi[i compromessi, n.d.r.] sono già oggetto di unadisciplina soddisfacente a livello internazionalementre la questione del diritto applicabile allaclausola della giurisdizione dovrebbe, a termine,essere risolta dal regolamento “BruxellesI” ». A questo riguardo è sufficiente ricordareche la disciplina di riferimento delle convenzioniarbitrali è contenuta nella Convenzione diNew York del 10 giugno 1958 sul riconoscimentoe l’esecuzione delle sentenze arbitralistraniere ( 4 ); quella sugli accordi di scelta delforo, invece, è prevista nel reg. CE n. 44/2001del 22 dicembre 2001 (« Bruxelles I »), sullagiurisdizione e l’efficacia delle decisioni in materiacivile e commerciale ( 5 ).In una visione d’insieme del regime comunitario,l’art. 1, par. 2, lett. e), reg. « Roma I », sipone in linea di continuità con la disciplina dellaprecedente Convenzione di Roma ed è coerentecon il reg. « Bruxelles I », il quale da unlato, esclude l’arbitrato dal suo ambito di applicazione(art. 1, par. 2, lett. d), dall’altro disciplinala forma degli accordi di scelta del foro (art.23). In questo modo viene realizzata, sulla carta,quell’armonia legislativa all’interno dell’Unioneeuropea espressamente perseguita dal legislatorecomunitario, come emerge dal 7 o considerandodel reg. « Roma I » ( 6 ).Va però sottolineato che già al momento dell’adozionedella Convenzione di Roma, alcunicommentatori non avevano risparmiato le lorocritiche per l’esclusione delle convenzioni arbitralie degli accordi di scelta del foro dall’ambitodi applicazione di quest’ultima, contestandoche la disciplina prevista negli strumenti giuridiciinternazionali specifici menzionati in precedenzafosse esaustiva delle problematiche relati-( 4 ) Il testo, assieme alle informazioni relative allostato delle ratifiche e delle adesioni, si legge nel sitodell’Uncitral (http:/www.uncitral.org).( 5 )InG.U.C.E. n. L 6 dell’11 gennaio 2000, p. 1.( 6 ) Esso prevede che « [I]l campo di applicazionemateriale e le disposizioni del presente regolamentodovrebbero essere coerenti con il reg. CE n. 44/2001(...) ».NLCC 3/4-2009


[Art. 1] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 573( 7 )V.Giardina, La convenzione comunitaria sullalegge applicabile alle obbligazioni contrattuali e il dirittointernazionale privato italiano, inRiv. dir. internaz.priv. e proc., 1981, p. 795; e con riguardo alle clausoledi scelta del foro, v. Bonomi, Il nuovo diritto internazionaleprivato dei contratti. La Convenzione di Romadel 19 giugno 1980 è entrata in vigore,inBanca, borsa,tit. cred., 1992, I, p. 37 ss.( 8 ) Critiche per l’esclusione delle convenzioni arbitralie degli accordi di scelta del foro dalla Propostadi reg. « Roma I » sono espresse da Radicati diBrozolo, Salerno, Verso un nuovo diritto internazionaleprivato dei contratti in Europa, inLa legge applicabileai contratti nella Proposta di Regolamento« Roma I », a cura di Franzina, Padova, 2006, p. 2.ve a questi patti ( 7 ). È stato autorevolmente rilevato,infatti, che non sono ricomprese le questionisostanziali relative all’esistenza ed alla validitàdella manifestazione del consenso, le qualid’altra parte non sono disciplinate neppure altrove.In quell’occasione, però, si era infine optatoper l’esclusione di questi aspetti dalla Convenzionedi Roma, argomentando che si trattadi profili per lo più processuali, già disciplinatiin strumenti normativi ad hoc, ed anche alla lucedelle notevoli difficoltà ad accordarsi su un criteriodi collegamento condiviso.Le perplessità relative all’esclusione delleconvenzioni arbitrali e delle clausole di sceltadel foro dall’ambito di applicazione della normativauniforme non sono venute meno nel corsodegli anni, tanto che alcuni autori hannoespresso l’auspicio che il legislatore comunitariocogliesse l’occasione della trasformazione dellaConvenzione di Roma in regolamento per apportarealcune importanti precisazioni in meritoalla legge applicabile alla validità ed esistenzadel consenso espresso in tali patti, fornendo cosìmaggiore certezza <strong>agli</strong> operatori ( 8 ).Nel corso dei lavori preparatori, anzi, sonostate avanzate proposte per rimediare a talevuoto legislativo. Le soluzioni maggiormentecondivise consistono nella sottoposizione diquesti patti alla legge del contratto o alla lex fori.Nonostante il riferimento alla legge del contrattopresenti lo svantaggio di applicarsi soltantoalle controversie di natura contrattuale e diobbligare il giudice adito o gli arbitri a determinarela legge applicabile al merito al fine di verificarela propria competenza, tale via è preferitada un autore con riferimento sia alle convenzioniarbitrali sia <strong>agli</strong> accordi di scelta del foro ( 9 ),da altri invece solo con riguardo alle convenzioniarbitrali, ritenendo competente, per gli accordidi scelta del foro, la legge dello Stato delgiudice designato dalle parti ( 10 ).2. – Alla luce delle premesse esposte nel paragrafoche precede, è opportuno a questo puntodelineare meglio l’ambito dell’esclusione previstadall’art. 1, par. 2, lett. e), del reg. « Roma I ».Come accennato, sono senza dubbio sottrattiall’ambito di applicazione del reg. « Roma I »gli aspetti e gli effetti processuali delle convenzioniarbitrali e delle clausole di scelta del foro,poiché non costituiscono obbligazioni contrattuali.Le critiche mosse alla norma in esame, però,si concentrano sugli altri aspetti di tali clausoleche, in virtù dell’ampio ambito di applicazionedella disposizione, ricadono nella suddettaesclusione, segnatamente la formazione, l’esistenzae la validità delle convenzioni arbitrali edelle clausole di scelta del foro ( 11 ), cioè le questionisostanziali piuttosto che processuali di talipatti. Per contrasto, può essere utile osservareche il reg. « Roma I », come in precedenza laConvenzione di Roma, si premura, invece, di disciplinarela clausola di scelta della legge applicabileal contratto. Il suo art. 3, par. 5, prevedeinfatti che « l’esistenza e la validità del consensodelle parti sulla legge applicabile sono disciplinated<strong>agli</strong> <strong>artt</strong>. 10, 11 e 13 », rispettivamenteconcernenti il consenso, la validità sostanziale,la validità formale e l’incapacità ( 12 ).È infine opportuno osservare che l’esclusione( 9 ) In questo senso v. Bonomi, Conversion of theRome convention on contracts into an EC instrument.Some Remarks on the Green Paper of the EC Commission,inYearbook Private Int. Law, 2003, p. 53 ss.,spec. p. 62.( 10 ) Così il Max-Planck Institut di Amburgo neiCommenti al Libro Verde sulla trasformazione dellaConvenzione di Roma in regolamento, p. 25, disponibilesul sito dell’Istituto www.mpipriv.de; favorevoliall’applicazione della legge dello Stato del giudicescelto dalle parti anche Lando e Nielsen, The RomeI Regulation, inCommon Market Law Rev., 2008, p.1687, spec. p. 1692 ss.( 11 ) Cfr. Villani, La convenzione di Roma sullalegge applicabile ai contratti 2 , Bari 2000, p. 44.( 12 ) Su tali disposizioni v. Cortese, infra, commentosub art. 10; Id., infra, commento sub art. 11;Marongiu Buonaiuti, infra, commento sub art. 13.NLCC 3/4-2009


574reg. CE n. 593/2008[Art. 1]di tali patti dall’ambito di applicazione del reg.« Roma I » non si estende all’intero contratto incui è contenuto l’accordo arbitrale o di sceltadel foro, ma concerne soltanto quest’ultimo. Ilcontratto, infatti, continua ad essere disciplinatodalle norme di diritto internazionale privatouniforme previste dal reg. « Roma I ».3. – In assenza di una normativa uniforme relativaalla disciplina degli aspetti sostanziali ditali clausole, occorre individuare le fonti applicabili.Con specifico riguardo all’ordinamentoitaliano, la dottrina ha rivolto l’attenzione all’art.57 della l. 31 maggio 1995, n. 218, di riformadel sistema italiano di diritto internazionaleprivato. Tale disposizione, come è noto, contieneun rinvio « in ogni caso » alla Convenzionedi Roma per la disciplina delle obbligazionicontrattuali. Secondo l’opinione maggioritaria,tale espressione comporta l’estensione dell’ambitodi applicazione oggettivo della Convenzionedi Roma a quelle materie non ricomprese nelsuo ambito di applicazione e che non sonoespressamente disciplinate dalla l. n. 218/95 oda altre fonti specifiche. Se ne è tratta la conseguenzache le convenzioni arbitrali e gli accordidi scelta del foro, limitatamente ai loro aspetticontrattuali, sono comunque disciplinati dallaConvenzione di Roma, per effetto dell’art. 57della l. n. 218/95. Sotto il regime della lex contractus(non necessariamente coincidente con lalegge regolatrice del rapporto controverso) ricadrebbero« le questioni relative all’esistenza evalidità del consenso delle parti, alla loro validitàformale e sostanziale, alla loro interpretazione,esecuzione, al loro inadempimento e cosìvia » ( 13 ). Sono comunque sottratti all’applicazionedella Convenzione di Roma, gli effetti( 13 ) Così Benedettelli, sub art. 57, in Legge 31maggio 1995, n. 218 - Riforma del sistema italiano didiritto internazionale privato – Commentario, a curadi Bariatti, in questa Rivista, 1996, p. 1360, spec. p.1378; nello stesso senso anche Villani, La convenzionedi Roma, cit., p. 59, con riferimento alla partecontrattuale (e non processuale) di tali accordi;Queirolo, Gli accordi sulla competenza giurisdizionale,Padova, 2000, p. 208, richiama inoltre all’attenzioneil fatto che quando la Convenzione di Roma èstata incorporata nell’ordinamento tedesco nel 1986,quest’ultimo vi ha incluso anche le convenzioni arbitralie gli accordi di scelta del foro.processuali di tali accordi, quindi l’idoneità aderogare/prorogare il foro o ad investire gli arbitridella risoluzione della controversia, aspettiche rimangono soggetti alla lex fori. Altri autori,invece, hanno negato che l’art. 57 ha l’effetto difare ricadere comunque le convenzioni arbitralie gli accordi di scelta del foro nella sfera di operativitàdella Convenzione di Roma ( 14 ).A seguito dell’intervenuta trasformazione dellaConvenzione di Roma in regolamento comunitario,si pone un problema a monte, cioè quellodella perdurante efficacia dell’art. 57 della l.n. 218/95, di riforma del sistema italiano di dirittointernazionale privato, e del « rinvio inogni caso » alla Convenzione di Roma in essocontenuto, posto che, secondo la dottrina piùautorevole, tale richiamo deve intendersi « all’ordinamentointernazionale vigente » ( 15 ). Lasoluzione più persuasiva a questo riguardo èquella che nega il rinvio in ogni caso al reg.« Roma I » e conseguentemente l’effetto estensivoratione materiae al richiamo contenuto nel-( 14 ) Di questo avviso Damascelli, Il rinvio « inogni caso » a convenzioni internazionali nella nuovalegge sul diritto internazionale privato, inRiv. dir. internaz.,1997, p. 78 ss., spec. p. 85 ss., secondo il qualela disciplina di tali patti è già assorbita dalle disposizioniesistenti, in particolare dall’art. 17 della Convenzionedi Bruxelles del 1968 (ora art. 23, reg.« Bruxelles I »), per quanto riguarda gli accordi discelta del foro relativi a giurisdizioni comunitarie;dall’art. 4, l. 218/95, con riferimento <strong>agli</strong> accordi discelta del foro relativi a Stati terzi e dall’art. II dellaConvenzione di New York del 1958 in relazione alleconvenzioni arbitrali. Particolare rilevanza, inoltre,viene attribuita dall’A. all’art. 12, l. 218/95, relativoalla legge processuale che dovrebbe operare comeostacolo al rinvio « in ogni caso » contenuto nell’art.57 della medesima legge.( 15 ) Cfr. Picone, Le convenzioni internazionalinella legge italiana di riforma del diritto internazionaleprivato, inConvenzioni internazionali e legge di riformadel diritto internazionale privato, a cura di Salerno,Padova, 1997, p. 392; Conetti, voce Contrattonel diritto internazionale privato, inDigesto IV ed.,Disc. priv., Sez. civ., II, Torino 2003, p. 454. Sullaperdurante efficacia dell’art. 57 della l. n. 218/95 aseguito della trasformazione della convenzione di Romain regolamento, v. la ricostruzione di Salerno,Le conseguenze del regolamento « Roma I » sulla leggeitaliana di diritto internazionale privato, inIl nuovodiritto europeo dei contratti: dalla convenzione di Romaal regolamento « Roma I », Milano, 2007, spec. p.183.NLCC 3/4-2009


[Art. 1] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 575l’art. 57 della l. n. 218/95, argomentando che talemeccanismo non può operare in presenza diun regolamento comunitario, il quale per suanatura prevale sul diritto interno. In questo sensola soluzione mediana è considerare operanteil rinvio soltanto fino a quando la Convenzionedi Roma rimarrà in vigore sul piano internazionale,segnatamente nei rapporti con la Danimarcache con riferimento al reg. « Roma I » haesercitato il suo diritto di opt out e quindi non èad esso vincolata ( 16 ).4. – Per quanto riguarda le convenzioni arbitrali,l’art. II della Convenzione di New Yorkdel 1958 per il riconoscimento e l’esecuzionedelle sentenze arbitrali straniere ( 17 ), disciplinala validità formale delle clausole compromissoriee dei compromessi, sia nella fase di riconoscimentoe di esecuzione dei lodi sia nei momentiprecedenti. L’opinione prevalente sostieneche soltanto nei casi in cui la convenzione arbitralenon soddisfa i requisiti previsti dall’art.II, si pone il problema della possibilità di ricorrerealle norme di diritto internazionale privatodel foro nell’ottica del favor validitatis dellaconvenzione arbitrale. Proprio in relazione aqueste fattispecie residuali, nel corso dei lavoripreparatori del reg. « Roma I », era stato propostodi includere le convenzioni arbitrali nell’ambitodi applicazione del nuovo strumento normativo,fermo restando il primato delle convenzioniinternazionali specifiche ed in particolaredella Convenzione di New York ( 18 ).Occorre inoltre mettere in luce che escludendotali fattispecie dall’ambito di applicazionedel reg. « Roma I », è stato mantenuto un atteggiamentodi sostanziale ambiguità del diritto comunitarioverso la materia dell’arbitrato. Non ècerto questa la sede per affrontare tale delicata( 16 ) Su tutta la tematica v. Salerno, supra Note introduttive,I, par. 8, e, con diverse soluzioni, MarongiuBuonaiuti, Considerazioni introduttive, II, par.1 ss. e Bonfanti, Le relazioni intercorrenti tra il regolamentoRoma Ieleconvenzioni internazionali (in vigoree non), inLa nuova disciplina comunitaria dellalegge applicabile ai contratti (Roma I), a cura di Boschiero,Torino, 2009, p. 383 ss.( 17 ) Ratificata dall’Italia con l. 19 gennaio 1968, n.62, in G.U., n. 46 del 21 febbraio 1968.( 18 ) In questo senso si è espresso il Max-Planck Institutdi Amburgo, op. cit., p.25.problematica, che sembra ricadere nell’ambitodella cooperazione giudiziaria in materia civile ecommerciale piuttosto che nella sfera della leggeapplicabile. Pare peraltro opportuno darconto dell’esistenza del vivace dibattito sviluppatosiin relazione all’approccio del diritto comunitarioa tale questione, ulteriormente accesoa seguito della recente pronuncia Allianz resadalla Corte di giustizia CE ( 19 ), che ha sollevatonumerose critiche in chi scorge una sorta diostilità del diritto comunitario verso questo metododi soluzione delle controversie ( 20 ).5. – Perplessità sorgono anche in relazione all’esclusionedall’ambito di applicazione del reg.« Roma I » degli accordi di scelta del foro. Comegià accennato, tale esclusione viene giustificatain virtù della disciplina contenuta nel reg.« Bruxelles I », ed in particolare nell’art. 23, cheregolamenta la forma di tali accordi. Come ènoto, la Corte di giustizia CE ha affermato findalle sue prime pronunce che tale disposizionedeve essere interpretata in modo autonomo d<strong>agli</strong>ordinamenti nazionali e ha elaborato una nozionecomunitaria di forma delle clausole discelta del giudice competente, mettendo in luceche l’osservanza della forma è garanzia dell’effettivitàdel consenso alla deroga/proroga delforo ( 21 ).( 19 ) Corte giust. CE 10 febbraio 2009, causa185/07. In questa decisione breve e piuttosto tranchant,la Corte di giustizia ha dichiarato incompatibilecon il reg. « Bruxelles I » l’adozione da parte delloStato della sede dell’arbitrato di anti-suit injunctionsper inibire procedimenti giudiziari promossi davantiad altri Stati comunitari in presenza di una convenzionearbitrale. La sentenza ha provocato immediate edaccese reazioni in dottrina, che ha criticato la Corte digiustizia tra l’altro per aver considerato la validità dellaclausola compromissoria come una semplice questionepreliminare, evitando in tal modo di esaminarela questione alla luce della definizione dell’ambito diapplicazione ratione materiae del reg. « Bruxelles I »che, come ricordato, esclude l’arbitrato dalla sua sferadi operatività. Per una prima reazione a caldo allapronuncia v. il forum su www.conflictoflaws.net.( 20 ) Sul tema, cfr. Benedettelli, Ordinamentocomunitario e arbitrato commerciale internazionale:favor, ostilità o indifferenza?, in Corte giust. CE Versoun « ordine comunitario » del processo civile, a curadi Boschiero e Bertoli, Napoli, 2008, 111.( 21 ) Sul punto cfr. Queirolo, op. cit., p. 147 chesottolinea l’esigenza di « un accordo effettivo » elaNLCC 3/4-2009


576reg. CE n. 593/2008[Art. 1]zione processuale di questi patti, anche la disciplinasostanziale verrà attratta nella lex fori ( 25 ),identificata nell’ordinamento del giudice designato.Con specifico riferimento, invece, alla formadegli accordi di scelta del foro a loro volta nonricompresi nell’ambito di applicazione dell’art.23 reg. « Bruxelles I », segnatamente le fattispeciemenzionate in precedenza ai punti sub (i) e(ii), è opinione comune che la validità e le condizioniper la stipula di tali accordi debba esserevalutata alla luce delle norme nazionali, e conspecifico riguardo al nostro ordinamento, in baseall’art. 4 l. n. 218/95.Vale la pena a questo punto soffermarsi brevementesu un’ultima delicata problematica, relativaal rapporto tra accordi di scelta del foro enorme di applicazione necessaria, e quindi allapossibilità per gli accordi sulla competenza giurisdizionaledi non tenere conto delle norme diapplicazione necessaria del foro derogato. Ladottrina che ha esaminato la questione è giuntaa conclusioni divergenti. Una tesi ha rilevato ilparadosso esistente tra il crescente numero dellenorme di applicazione necessaria adottate d<strong>agli</strong>ordinamenti nazionali e gli strumenti processualidi recente adozione in diversi ordinamentinazionali che consentono di eludere tali disposizioni( 26 ). A questo riguardo, l’attenzione è statatra l’altro rivolta alla litispendenza internazionagiurisprudenzacomunitaria ivi richiamata, tra cui v.Corte giust. CE 20 febbraio 1997, causa 106/95,MSG c. Les Gravières Rhénanes SARL, in cui la Corteha affermato che il rispetto della forma della clausolaè volto ad assicurare che « il consenso delle parti siaeffettivamente provato »; Carbone, Lo spazio giudiziarioeuropeo in materia civile e commerciale. Da BruxellesI al regolamento CE n. 805/2004 5 , Torino,2006, p. 171 ss.; Salerno, Giurisdizione ed efficaciadelle decisioni straniere nel Regolamento (CE) n. 44/2001 3 , Padova, 2006, p. 201 ss.( 22 ) Al riguardo v. Queirolo, op. cit., p. 105 ss.( 23 ) In una recente sentenza del 12 gennaio 2009,il Tribunal Supremo spagnolo, dopo un’alterna vicendagiudiziale, ha applicato la lex contractus per sanzionareil mancato rispetto di una clausola di sceltadel foro, qualificando tale comportamento alla streguadi un inadempimento contrattuale, cfr. il breveresoconto di Requejo sul www.conflictoflaws.net (visitatoil 9 maggio 2009).( 24 )V.supra par. 2.Tali sviluppi sono senza dubbio da accoglierepositivamente in quanto offrono certezza del diritto<strong>agli</strong> operatori in un ambito così delicatocome la designazione del giudice competente.Come si è già avuto modo di osservare in precedenza,peraltro, tale disciplina non è completapoiché non copre la legge che regola la sostanzadelle clausole di proroga. In aggiunta <strong>agli</strong> aspettisostanziali, sono esclusi dalla sfera di operativitàdell’art. 23, reg. « Bruxelles I », gli accordidi scelta del foro (i) conclusi tra parti una dellequali non è domiciliata all’interno della Comunitàe(ii) che designano un giudice non appartenentead uno Stato membro ( 22 ). Nessuna disposizionesi rinviene inoltre in relazione <strong>agli</strong>accordi di scelta del foro conclusi nonostantel’esistenza di norme di applicazione necessariadel foro derogato.Per sopperire alla lacuna derivante dall’esclusioneprevista dall’art. 1, par. 2, lett. e), del reg.« Roma I », occorre individuare la legge regolatricedella sostanza degli accordi di proroga.Nei limiti in cui viene ad essi attribuita naturacontrattuale, la dottrina è favorevole all’applicazionedelle norme di conflitto interne previsteper le obbligazioni contrattuali ( 23 ). Con specificoriguardo al nostro ordinamento, valgono leosservazioni svolte in precedenza ( 24 ) in meritoall’efficacia del « rinvio in ogni caso » alla Convenzionedi Roma previsto all’art. 57 l. n.218/95. Se invece si propende per la qualifica-( 25 ) Per un esame dett<strong>agli</strong>ato di tali questioni e peri richiami di dottrina e giurisprudenza v. ancoraQueirolo, op. cit., p. 200 ss. A favore della concentrazionedella disciplina di tali questioni nel reg.« Bruxelles I » si è ad esempio espresso il Max-PlanckInstitut nei suoi commenti al Libro Verde, cit., p.25.( 26 ) V. in particolare Radicati di Brozolo, Mondialisation,juridiction, arbitrage: vers des règles d’applicationsemi-nécessaires, inRev. crit. dr. internat.privé, 2003, p. 1 ss.; Id., Arbitrage commercial internationalet lois de police, inRec. Cours, vol. 315,2005, p. 364 ss. Per completezza va osservato che ilproblema dell’applicazione delle norme di applicazionenecessaria nell’arbitrato si pone a partire dallanozione di arbitrabilità della controversia e della pienacompetenza degli arbitri – una « giurisdizione nonstatale »–ad applicare o non applicare tali disposizioni.Per motivi di spazio non è possibile in questasede affrontare tali interessanti e complesse problematiche,per la cui analisi si rinvia ai lavori di Radicatidi Brozolo ivi citati, anche per i riferimentidottrinali e giurisprudenziali.NLCC 3/4-2009


[Art. 1] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 577le, che consente la sospensione del giudiziopendente davanti al giudice successivamenteadito, senza che le norme di applicazione necessariadel foro adito per secondo possano interferiresul meccanismo di attribuzione della giurisdizione.Anche in caso di deroga alla giurisdizione,la cui operatività èquasi automatica enon è condizionata ad un previo esame dellaquestione nel merito, la devoluzione della controversiaal giudice straniero non è ostacolatadall’esistenza di norme di applicazione necessariadel foro derogato. Le stesse osservazioni valgonoper quanto riguarda il riconoscimento dellesentenze straniere, il cui procedimento vietala revisione delle decisioni nel merito e quindi ilcontrollo dell’applicazione delle norme di applicazionenecessaria, salva la limitata possibilitàdi intervento della clausola di salvaguardia dell’ordinepubblico. La conclusione che vienetratta dall’analisi congiunta di questi meccanismiprocessuali, è che essi hanno condotto aduna c.d. « fungibilità della giurisdizione » ( <strong>27</strong> ),la quale non è seriamente scoraggiata dal principiodi frode alla legge o di abuso del diritto, chesi rivelano concetti di non agevole applicazionepratica ( <strong>28</strong> ).( <strong>27</strong> ) Cfr. Corte cost. ord. 18 ottobre 2000, n. 4<strong>28</strong>,in Riv. dir. internaz., 2001, p. 164 ss., con commentodi Salerno, Deroga alla giurisdizione e costituzione,ibidem, p.33ss.( <strong>28</strong> ) A favore della sottoposizione degli accordi discelta del foro al principio di « ragionevolezza » ealVale la pena osservare che il dibattito dottrinaledi cui si è dato conto non è puramente discuola ma ha avuto riscontro in giurisprudenza.Nella valutazione della validità di una clausoladi proroga della giurisdizione contenuta in uncontratto avente ad oggetto strumenti finanziariderivati e stipulata ai sensi dell’art. 23 reg.« Bruxelles I » ( <strong>29</strong> ), la Corte di Cassazione, asez. un., ha escluso l’interferenza (e la rilevanza)delle norme di applicazione necessaria del foroitaliano derogato, considerando valida la clausolacontenuta in tale contratto.Anna Gardellav<strong>agli</strong>o del principio di frode alla legge v. Carbone,sub art. 4 (« Accettazione e deroga della giurisdizione»), in Legge 31 maggio 1995, n. 218 - Riforma delsistema italiano di diritto internazionale privato -Commentario, a cura di Bariatti, in questa Rivista,1996, p. 919 ss.. Favorevole all’applicazione di un« test di ragionevolezza » alle clausole di scelta del foroanche Queirolo, op. cit., p. 210 ss., la quale negaperò che il giudice adito abbia discrezionalità nellavalutazione della legittimità della clausola di deroga epossa prendere in considerazione le norme di dirittosostanziale dell’ordinamento derogato tra cui quelledi applicazione necessaria; l’A. è invece favorevole adun eventuale controllo a posteriori del giudicato resoall’estero dal giudice designato dalle parti sulla basedell’ordine pubblico.( <strong>29</strong> ) Cfr. Cass., sez. un., ord. 20 febbraio 2007, n.3841, in Riv. dir. internaz. priv. e proc., 2008, 160; lacontroversia riguardava una clausola di scelta del forocontenuta nell’ISDA Master Agreement, il contrattoquadro che regola i contratti finanziari derivati.VSommario: 1.L’art. 1, par. 2, lett. f): ratio dell’esclusione;la legislazione comunitaria e nazionale sugli aspettiinternazionali del diritto societario. – 2. Distinzionipreliminari: aspetti istituzionali e aspetti contrattualidelle società e degli altri enti. – 3. Ambito dell’esclusioneratione personae e ratione materiae. – 4. Aspettiricompresi nella lex contractus e limiti: offerte pubblichedi acquisto; emissione di obbligazioni sui mercatifinanziari; trasferimenti di azioni. – 5. Segue: i pattiparasociali.1. – La norma riflette, con alcune modificheredazionali ( 1 ), l’esclusione già prevista dall’art.1, par. 2, lett. d), della Convenzione di Romadel 19 giugno 1980 sulla legge applicabile alleobbligazioni contrattuali ( 2 ).( 1 ) Dopo la parola « costituzione »èstato inseritol’inciso, « tramite registrazione o altrimenti ».( 2 ) Su cui v. i commenti di Grassani, inConvenzionesulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali(Roma, 19 giugno 1980) - Commentario, a curaNLCC 3/4-2009


578reg. CE n. 593/2008[Art. 1]Secondo la Relazione Giuliano-Lagarde ( 3 ),l’esclusione trova fondamento nella complessitàed articolazione della materia che ne richiedela disciplina in strumenti normativi specifici.All’epoca dell’elaborazione della Convenzionedi Roma, infatti, erano già in programmaa livello comunitario iniziative di armonizzazioneo di ravvicinamento delle legislazioni in relazioneal diritto societario. Tale previsione si èrivelata corretta, in quanto successivamente all’adozionedella Convenzione di Roma sonostate emanate varie normative comunitarieaventi ad oggetto la disciplina materiale dellesocietà ( 4 ), l’istituzione del GEIE ( 5 ), della Societàeuropea ( 6 ) e della Società cooperativadi Bianca e Giardina, in questa Rivista, 1995, p. 9<strong>29</strong>;Villani, La Convenzione di Roma sulla legge applicabileai contratti 2 , Bari, 2000, p. 45 ss.; Coscia, Le materieescluse dalla convenzione di Roma. Il diritto dellesocietà, inLa Convenzione di Roma sulla legge applicabilealle obbligazioni contrattuali. II. Limiti di applicazione.Lectio Notariorum, a cura di Ballarino, Milano,1994, p. 163 ss.; Zonca, La legge regolatrice dellesocietà e la Convenzione di Roma, ibidem, p. 301 ss.;v. inoltre Bariatti, La delimitazione dell’ambito diapplicazione materiale della disciplina comunitaria diconflitto sulle obbligazioni contrattuali: in particolare,patti parasociali e i contratti relativi alla cessione o altrasferimento di quote di partecipazione azionaria, inFondazione Italiana per il Notariato, Il nuovodiritto europeo dei contratti: dalla Convenzione di Romaal Regolamento « Roma I », IlSole24Ore, 2008, p.46 ss.; Damascelli, I conflitti di legge in materia disocietà, Bari, 2004.( 3 ) Relazione riguardante la convenzione relativaalla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali delprof. Mario Giuliano, docente all’Università di Milano,e del prof. Paul Lagarde, docente all’Università diParigi I, inG.U.C.E. n. C <strong>28</strong>2 del 31 ottobre 1980, p.1 ss.( 4 ) Cfr. Santamaria, Diritto commerciale europeo3 , Milano, 2008, p. 163 ss.( 5 ) Reg. CE n. 2137/85, relativo all’istituzione diun Gruppo Europeo di Interesse Economico, inG.U.C.E. n. L 199, del 31 luglio 1985.( 6 ) Reg. CE n. 2157/01, e dir. 2001/86/CE checompleta lo statuto della società europea, in G.U.C.E.n. L <strong>29</strong>4 del 10 novembre 2001, p. 1 ss., su cui v.Carbone, La corporate governance della società europeatra norme materiali uniformi e tecniche di dirittointernazionale privato, inDir. comm. internaz., 2002,p. 133 ss.; Malatesta, Prime osservazioni sul regolamentoCE n. 2157/2001 sulla società europea, inRiv.dir. internaz. priv. e proc., 2002, p. 613 ss.; Pocar, Leeuropea ( 7 ), la fusione transfrontaliera ( 8 )eleofferte pubbliche di acquisto ( 9 ), oltre ad altriatti normativi concernenti le società quotate.Parallelamente a questa intensa attività legislativa,il diritto comunitario delle società èstatoinfluenzato da una rilevante evoluzione giurisprudenzialein materia, grazie ad una serie dinote ed innovative pronunce della Corte di giustiziaCE relative alla libertà di stabilimento ( 10 ).statut de la société européenne: une étape importantedans l’évolution du droit communautaire, ibidem,2002, p. 585 ss.( 7 ) Reg. CE n. 1435/03 del 22 luglio 2003, relativoallo statuto della Società cooperativa europea, e dir.2002/72/CE, del 22 luglio 2003, che completa lo statutodella Società cooperativa europea per quanto riguardail coinvolgimento dei lavoratori, in G.U.C.E.n. L 207 del 18 agosto 2003, p. 1 ss.( 8 ) Dir. 2005/56/CE relativa alle fusioni transfrontalieredelle società di capitali, in G.U.U.E. n. L 310del 25 novembre 2005, p. 1 ss., su cui v. i commentidi Bendettelli, La fusione transfrontaliera, in Ilnuovo diritto delle società. Liber Amicorum GianFranco Campobasso, a cura di Abbadessa e Portale,IV, Assago, 2007, p. 367 ss.; e di Ballarino, Problemidi diritto internazionale privato dopo la riforma,ibidem, I, p. 158 ss.; Rescio, Dalla libertà di stabilimentoalla libertà concentrazione: riflessioni sulla Direttiva2005/56/CE in materia di fusione transfrontaliera,inRiv. dir. soc., 2007, p. 41 ss. In giurisprudenza,v. Corte giust. CE 13 dicembre 2005, causa 411/03, Sevic, disponibile sul sito www.curia.eu, che hacensurato la normativa tedesca che consentiva esplicitamentesoltanto le fusioni tra società di diritto interno.( 9 ) Dir. 2004/25/CE, concernente le offerte pubblichedi acquisto, del 21 aprile 2004, in G.U.U.E. n.L 142, p. 12 ss.( 10 ) Cfr. le note sentenze della Corte giust. CE 9marzo 1999, causa 212/97, Centros; Corte giust. CE 5novembre 2002, causa 208/00, Überseering; Cortegiust. CE 30 settembre 2003, causa 167/01, InspireArt e da ultimo Corte giust. CE 16 dicembre 2008,causa 210/06, Cartesio, tutte disponibili sul sitowww.curia.eu. Al punto n. 110 della motivazione dellasentenza Cartesio appena richiamata, la Corte digiustizia afferma che « (...) dal momento che il dirittocomunitario non ha fornito un’uniforme definizionedelle società autorizzate a beneficiare del diritto distabilimento in funzione di un unico criterio di collegamentoidoneo a determinare il diritto nazionale applicabilea una società, la questione se l’art. 43 Tratt.CE si applichi a una società che invoca la libertà fondamentalesancita da tale norma – analogamente d’altronde,a quella se una persona fisica sia un cittadinoNLCC 3/4-2009


[Art. 1] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 579In aggiunta <strong>agli</strong> sviluppi che si sono registratia livello comunitario, occorre volgere l’attenzioneall’ordinamento interno che ha mostrato unacrescente sensibilità per la disciplina internazionaledelle società. Occorre ricordare innanzituttoche la l. n. 218/95, di riforma del sistema italianodi diritto internazionale privato, prevedeall’art. 25 una disposizione ad hoc sul dirittodelle società ( 11 ), che individua il criterio di collegamentoprimario nella lex loci incorporationise un elenco delle materie che ricadono nel suoambito di applicazione, coincidenti, in linea dimassima, con quelle relative ai cc.dd. internalaffairs dell’ente.Sempre con riferimento al diritto italiano, èopportuno ricordare che nell’ambito della riformadel diritto societario, operata dal d.lgs. n.6/03, sono state introdotte alcune disposizionirelative alla società estera, segnatamente gli <strong>artt</strong>.2507-2510 c.c. ( 12 ). Infine, e senza pretese dicompletezza, occorre ancora segnalare l’adozionedi alcune disposizioni relative alla disciplinainternazionale delle società quotate all’internodel d.lgs. n. 58/98, il testo unico della finanza, esuccessive modifiche (c.d. t.u.f.).di uno Stato membro che, a tale titolo, può beneficiaredi tale libertà –costituisce una questione preliminareche, allo stato attuale del diritto comunitario,può trovare risposta solo nel diritto nazionale applicabile[...] ».( 11 ) Su cui v. Benedettelli, sub art. 25, in (« Societàed altri enti »),inLegge 31 maggio 1995, n. 218 -Riforma del sistema italiano di diritto internazionaleprivato - Commentario, a cura di Bariatti, in questaRivista, 1996, p. 1108 ss.; Luzzatto e Azzolini, voceSocietà (nazionalità e legge regolatrice), in DigestoIV ed., Disc. priv., Sez. comm., vol. XIV, Torino,1997, p. 136 ss.; Santamaria, Art. 25, inRiv. dir. internaz.priv. e proc., 1995, p. 1036 ss.; Seatzu, Sullanuova disciplina delle società nel diritto internazionaleprivato italiano, inGiur. comm., 1997, I, p. 830 ss.;nella letteratura straniera sulla legge applicabile allesocietà, tra gli altri, v. Rammeloo, Corporations inprivate international law. A European perspective,Oxford, 2001.( 12 ) Su cui v. Carbone, La riforma societaria traconflitti di leggi e principi di diritto comunitario, inDir. comm. internaz., 2003, p. 89 ss.; Enriques, Lesocietà costituite all’estero, inCommentario ScialojaBranca, Bologna-Roma, 2007; Munari, Riforma deldiritto societario italiano, diritto internazionale privatoe diritto comunitario: prime riflessioni, inRiv. dir. internaz.priv. e proc., 2003, p. <strong>29</strong> ss.Tali sviluppi inducono a ritenere tuttora giustificatal’esclusione della materia societaria dall’applicazionedel reg. « Roma I », poiché sitratta di questioni complesse, spesso specialistiche,che non possono essere esclusivamente ecompiutamente regolate da uno strumento normativorelativo alla legge applicabile alle obbligazionicontrattuali, ma che richiedono unatrattazione sistematica che può essere megliocondotta in altra sedes materiae. A questo riguardo,potrebbe essere auspicabile l’iniziativaintrapresa da un gruppo di studiosi tedeschi,volta all’adozione di un regolamento relativo allalegge applicabile alle società ( 13 ).2. – Uno degli aspetti più complessi della disposizionein esame è l’individuazione del suoambito di applicazione, operazione che richiedela demarcazione tra (i) gli aspetti della vita societaria,cioè quelli strettamente inerenti all’entecome istituzione, i cc.dd. internal affairs,e(ii)lequestioni di natura contrattuale che possono ricaderenella sfera di operatività del reg. « RomaI », se e nella misura in cui non incidono direttamenteed in modo significativo sulla disciplinadell’organizzazione e del funzionamento dell’ente.I due aspetti (istituzionale e contrattuale), infatti,coesistono e anche la giurisprudenza comunitariaha dimostrato sensibilità per entrambi( 14 ). Benché esuli dall’oggetto specifico diquesto commento, sembra utile dar brevementeconto delle disposizioni e della giurisprudenzadella Corte di giustizia CE sulla qualificazionedi tali rapporti seppure in pronunce rese in materiadi giurisdizione. Da un lato, l’art. 22, n. 2,reg. CE n. 44/2001, del 22 dicembre 2001 sullacompetenza ed il riconoscimento dei provvedimentigiurisdizionali nell’Unione europea ( 15 )(reg. « Bruxelles I »), prevede la competenza( 13 ) Cfr. Bariatti, La delimitazione dell’ambito diapplicazione cit., p. 47.( 14 ) Mettono in evidenza questo aspetto, Coscia,op. cit., p. 163 ss.; Zonca, op. cit., p. 301 ss., anche secome correttamente osservato da Bariatti, La delimitazionedell’ambito di applicazione, cit., p. 48, nonè ancora riconosciuta un’influenza di pieno dirittodelle sentenze della Corte di giustizia CE rese in relazioneal reg. « Bruxelles I » in altri ambiti.( 15 ) Pubblicato in G.U.C.E. n. L 12 del 16 gennaio2001.NLCC 3/4-2009


580reg. CE n. 593/2008[Art. 1]esclusiva dei giudici dello Stato membro in cuiha sede la società «in materia di validità, nullitào scioglimento delle società o persone <strong>giuridiche</strong>,(...) o riguardo alla validità delle decisionidei rispettivi organi (...) ». Dall’altro lato, laCorte di giustizia ha accolto e riconosciuto inpiù di un’occasione la natura contrattuale dell’attocostitutivo di un’associazione ( 16 ), ed anchedi una società, in particolare per dichiarareconforme all’art. 17 della Convenzione di Bruxellesdel 1968 (ora art. 23, reg. « Bruxelles I »)una clausola di scelta del foro contenuta in unostatuto societario, qualificando quest’ultimo allastregua di un contratto associativo ( 17 ).Il contratto associativo, peraltro, è soltanto ilpunto di partenza per la creazione di un centrodi imputazione di interessi autonomo, formatodi diritti ed obblighi, e rispondente ad esigenzeorganizzative e produttive che non ricadono puramentee semplicemente nella materia contrattuale.A tale riguardo la Relazione Giuliano-Lagardesi limita ad affermare che il contratto preliminaredi costituzione della società non ricadenella disposizione in esame e quindi è disciplinatodalla normativa uniforme ( 18 ). A fini ermeneuticisembra quindi opportuno individuarel’ambito di applicazione del reg. « Roma I » persottrazione, concentrando l’attenzione propriosulle materie escluse, cioè sugli aspetti propriamentesocietari.3. – L’art. 1, par. 2, lett. f), reg. « Roma I », silimita ad indicarli in modo generico riferendosi( 16 ) Cfr. Corte giust. CE 22 marzo 1983, causa 34/82, Peters, inRaccolta, 1983, p. 987. Al riguardo v.Plender, Wilderspin, The European Contract Convention.The Rome Convention on the Choice of Lawfor Contracts, London, 2001, p. 74, i quali sottolineanoche l’art. 1, par. 2, lett. e), Convenzione di Roma,si riferisce in particolare alle società, mentre i rapportitra l’associato e l’associazione non ricadono necessariamentein tale esclusione, tenuto conto che in diversiordinamenti costituiscono relazioni contrattuali.( 17 ) Cfr. Corte giust. CE 10 marzo 1992, causa214/1989, Powell Duffryn, in Raccolta 1992, I, p.1769, su cui v. Queirolo, Art. 17 della convenzionedi Bruxelles e clausola attributiva di competenza contenutain uno statuto societario, inRiv. dir. internaz.priv. e proc., 1993, p. 69 ss.( 18 ) Cfr. il par. 6 della Relazione Giuliano-Lagarde,cit.alle « società, associazioni e persone <strong>giuridiche</strong>», una formula che consente di tenere inconsiderazione le diversità e le specificità dellelegislazioni nazionali in relazione a ciascuno ditali enti.Alla luce della Convenzione di Roma si propendevaper l’applicazione estensiva della omologadisposizione in esame, ricomprendendovila gran parte del diritto societario, inteso comequella branca del diritto che regola, a titoloesemplificativo, (i) la nascita e la dissoluzionedell’ente, (ii) la sua organizzazione, quali la convocazionedell’assemblea e le delibere sociali;(iii) la nomina degli organi sociali, (iv) il dirittodi voto, (v) la distribuzione degli utili, (vi) i rapportitra soci, inclusi quelli di minoranza, (vii) irapporti con i terzi, (viii) la responsabilità deisoci e degli organi per le obbligazioni della società( 19 ). A quest’ultimo riguardo, è utile osservareche il legislatore comunitario considera laresponsabilità dei soci e degli organi per le obbligazionidelle società, questioni talmente intrinsecheal diritto societario che, per evitarequalunque dubbio interpretativo, le ha sottratteanche dall’ambito di applicazione del reg. CE n.864/2007 dell’11 luglio 2007, sulla legge applicabilealle obbligazioni extracontrattuali (c.d.« Roma II ») ( 20 ).È esclusa dall’ambito di applicazione del reg.« Roma I » anche la rappresentanza « organica» dell’ente, cioè dell’agire rappresentativodei suoi organi, i cui poteri derivano diretta-( 19 )V.già la Relazione Giuliano-Lagarde cit., par.6, secondo la quale esulano dall’applicazione dellanormativa uniforme « tutti gli atti di natura complessa(contrattuali, amministrativi, di registrazione) necessariper la costituzione di una società, per il suostatuto interno e per il suo scioglimento: cioè tutti gliatti che fanno parte del diritto delle società».( 20 )InG.U.U.E. n. L 199 del 31 luglio 2007, p. 40.L’art. 1, par. 2, lett. d), infatti, sottrae dal suo ambitodi applicazione « le obbligazioni extracontrattualiche derivano dal diritto delle società, associazioni epersone <strong>giuridiche</strong>, su aspetti quali la costituzione,tramite registrazione o altrimenti, la capacità giuridica,l’organizzazione interna e lo scioglimento dellesocietà, associazioni e persone <strong>giuridiche</strong>, la responsabilitàpersonale dei soci e degli organi per le obbligazionidella società, associazione o persona giuridicanonché la responsabilità personale dei revisori deiconti nei confronti di una società o dei suoi soci nelcontrollo dei documenti contabili ».NLCC 3/4-2009


[Art. 1] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 581mente dall’attribuzione tramite procedimentiinterni e gli effetti dei quali sono direttamenteimputati all’ente. Tale aspetto non è espressamenteprevisto dalla disposizione in esame, madal successivo art. 1, par. 2, lett. g), reg. « RomaI », che esclude la rappresentanza dall’operativitàdella normativa comunitaria. Vale la penasottolineare che tale esclusione dalla materiacontrattuale è coerente con l’art. 25, comma 2 o ,lett. e)edf) della l. n. 218/95, che ricomprendonotali questioni nell’ambito della lex societatis( 21 ).Da queste indicazioni, rinvenibili nella letterastessa della disposizione, si trae la conclusioneche non ricadono nella normativa uniforme tuttele questioni relative alla vita interna dell’ente,i cd. internal affairs, ed in certa misura, gliaspetti pertinenti ai soggetti terzi interessati allacorretta disciplina dei rapporti sociali, i cc.dd.stakeholders. Come è stato messo in luce dalladottrina che più si è occupata di questa materia,la competenza esclusiva della lex societatis a regolaretali questioni rispecchia il diritto di ciascunoStato membro a disciplinare in modo autonomola materia societaria, fatte salve le normedi armonizzazione di origine comunitaria,con l’ulteriore conseguenza di obbligare ciascunoStato membro a riconoscere le situazioni<strong>giuridiche</strong> sorte negli altri ordinamenti ( 22 ).Con riguardo alle società che operano sui( 21 ) In materia di rappresentanza organica, anchese criticabile sul punto, v. App. Milano 18 luglio2000, in Banca, borsa, tit. cred., 2001, II, p. 678 ss.,con nota di Gardella, spec. p. 694 ss.; favorevole allaricomprensione nell’ambito della lex societatis, v.Damascelli, op. cit., p. 89 ss. Sull’art. 1, par. 2, lett.g), reg. « Roma I », v.Franzina, infra, in questoCommentario.( 22 ) Sul punto v. Benedettelli, L’autonomia negozialetra lex contractus, lex societatis, elex mercatusnel « mercato comunitario delle regole », inRiv.dir. soc., 2007, p. 39 ss., spec. p. 44; Id., Diritto internazionaleprivato delle società e ordinamento comunitario,inDiritto internazionale privato e diritto comunitario,a cura di Picone, Padova, 2004, p. 205 ss. Alriguardo, v. da ultimo anche la Corte di giust. CE,nella sentenza Cartesio cit., in particolare il punto n.114 della motivazione in cui afferma che « le iniziativelegislative e pattizie nel settore del diritto delle societàpreviste, rispettivamente, <strong>agli</strong> <strong>artt</strong>. 44, n. 2, lett.g) Tratt. CE e <strong>29</strong>3 Tratt. CE non hanno finora riguardatola disparità tra le legislazioni nazionali (...) equindi non l’hanno ancora abolita ».mercati finanziari, ulteriori limitazioni alla normativauniforme in materia contrattuale derivanodall’applicazione, oltre che della lex societatis,anche della lex mercatus ( 23 ). Quest’ultima,infatti, di solito incorpora norme di applicazionenecessaria poste a tutela degli investitori, dell’ordinatoed uniforme svolgersi dell’attività suimercati regolamentati e della stabilità finanziaria.La lex mercatus ad esempio interferisce nellaregolamentazione delle offerte pubbliche diacquisto, della disciplina del prospetto e dellalegge applicabile ai contratti su strumenti finanziariconclusi su di un mercato regolamentato osistema multilaterale di negoziazione, come previstodall’art. 4, par. 1, lett. h) ( 24 ), reg. « RomaI ».4. – Alla luce delle indicazioni sulla ripartizionedella materia societaria delineate nel paragrafoprecedente, gli aspetti astrattamente ricompresinella lex contractus e quindi nell’ambitodi applicazione del reg. « Roma I » verrannoindividuati per differenza, una volta determinatequelle materie che non sono completamentericonducibili e che non si esauriscono del tuttonel diritto societario. A tale riguardo, in questasede ci si soffermerà in particolare sulle seguentifattispecie: (a) la disciplina delle offerte pubblichedi acquisto; (b) alcune questioni relative all’emissionedi obbligazioni sui mercati finanziari;(c) il trasferimento di azioni; e (d) la disciplinadei patti parasociali.Le offerte pubbliche di acquisto (OPA) sono( 23 ) V. ancora Benedettelli, L’autonomia negoziale,cit., p. 47, il quale sostiene che « l’importanza ela specialità degli interessi sottesi ai regimi conflittualidella lex societatis e della lex mercatus conduce a ritenereche questi debbano « prevalere » rispetto airegimi della lex contractus e della lex delicti, nel sensoche questi ultimi potranno operare solo se ciò siaconsentito dall’ordinamento della lex societatis o dellalex mercatus volta a volta competente ». V. anchel’ampia analisi di Carbone, Lex mercatus e lex societatistra principi di diritto internazionale privato e disciplinadei mercati finanziari, inRiv. dir. internaz.priv. e proc., 2007, p. <strong>27</strong> ss.; nonché Kronke, CapitalMarkets and Conflict of Laws, inRec. Cours, 2000,vol. <strong>28</strong>6, p. 261 ss. e 300 ss.; Garcimartín Alférez,Cross-border Listed Companies, inRec. Cours, 2007,vol. 3<strong>28</strong>, p. 71 ss.( 24 ) Su cui si consenta di rinvia alle considerazioniesposte da Gardella, infra, in questo Commentario.NLCC 3/4-2009


582reg. CE n. 593/2008[Art. 1]disciplinate dalla dir. 2004/25/CE, approvatadopo un lungo trav<strong>agli</strong>o legislativo durato quasivent’anni ( 25 ). Il suo art. 4 fissa i criteri di collegamentorilevanti per la disciplina delle OPA.In via estremamente sintetica questa disposizionefa coincidere forum e ius attribuendo (i) all’autoritàdi vigilanza del mercato in cui si svolgel’OPA, la competenza ad applicare il proprioordinamento (i.e. la lex mercatus) ai fini della regolamentazionee della supervisione del correttosvolgimento dell’offerta, in particolare delcorrispettivo e della procedura dell’offerta, e(ii) all’autorità di vigilanza del luogo in cui hasede la società target, la competenza a disciplinare,in base alla lex societatis, gli aspetti interniall’ente, tra cui le difese esperibili dalla società,la percentuale dei diritti di voto che fa scattarel’obbligo di OPA, le deroghe all’obbligo di promuoverel’offerta, nonché le informazioni dafornire ai dipendenti.Va osservato, peraltro, che i criteri di collegamentodella lex mercatus e della lex societatis,per quanto prevalenti ed espressamenteprevisti dalla direttiva sull’OPA, non esaurisconocompletamente tutte le questioni relative atali operazioni, ma lasciano a spazio anche allalex contractus. In questa prospettiva, nei limitiin cui non è interamente ricompresa nelle normedella lex mercatus e della lex societatis secondola ripartizione appena illustrata, l’offertapuò essere integrata dal contenuto della lexcontractus scelta dall’offerente, ai sensi dell’art.3 della Convenzione di Roma, ora reg. « RomaI » ( 26 ).Volgendo l’attenzione ai mercati finanziaridel debito, occorre osservare che con riguardoall’emissione di obbligazioni, il regolamento delprestito può essere disciplinato da una legge diversada quella regolatrice della società emittente,e scelta da quest’ultima ( <strong>27</strong> ). Nonostante lariconosciuta facoltà di optio legis al riguardo,pare doversi sostenere che tale disciplina nonpuò arrecare pregiudizio a quelle norme regolatricidella società che attengono alla sua organizzazioneinterna. Così ricade imperativamentenella lex societatis la disciplina dell’assembleadegli obbligazionisti e della sua convocazione.Tale opinione è però contestata da chi osserva,prescindendo da considerazioni strettamente<strong>giuridiche</strong>, che nel settore finanziario del debito,ciò non sarebbe « in the business interest ».Secondo questo autore se le tensioni tra dirittosocietario e diritto contrattuale venissero risoltea favore del primo, ciò si tradurrebbe in un pregiudizioper le società italiane che sarebberoportate a restringere l’emissione di obbligazionial mercato italiano, oppure a farle emettere dasocietà holding, create in Stati con legislazionipiù liberali, di cui le controllate diverrebberogaranti dell’emissione ( <strong>28</strong> ).Per quanto riguarda invece la compravendita(fuori mercato) dei titoli societari, ed in particolaredelle azioni, si ritiene che tale negozio, benchétrasferisca la qualità di socio e pertanto in-( 25 ) Attuata in Italia con d.lgs. 19 novembre 2007,n. 2<strong>29</strong>, in G.U. n. <strong>28</strong>9 del 13 dicembre 2007, su cui v.Opromolla, La nuova normativa italiana sulle OPAe le misure difensive contro le OPA ostili. Cosa cambia?,inSocietà, 2007, p. 1441 ss.; per una breve illustrazionev. Gardella, The implementation of theEC takeover Directive in Italy, inEur. Banking & FinancialLaw Journ. - Rev. Europ. dr. banc. fin. (Euredia),2007-2008, p. 217 ss. Sulla direttiva comunitariav. i commenti di Benedettelli, Offerte pubbliched’acquisto e concorrenza tra ordinamenti nel sistemacomunitario, inBanca, borsa, tit. cred., 2007, I, 552;Mucciarelli, Il principio di reciprocità nella Direttivacomunitaria sull’opa, inGiur. comm., 2005, I, p.830 ss.; Gatti, Scelte opzionali e reciprocità nella direttivain materia di offerte pubbliche di acquisto, inNuova giur. civ. comm., 2005, 2, p. 416 ss.; Siems,The Rules on Conflict of Laws in the European TakeoverDirective,inEur. Corp. Fin. Rev., <strong>29</strong>94, p. 458 ss.;Garcimartín Alférez, op. cit., p. 149 ss.( 26 ) La competenza residuale della lex contractus ècondivisa in dottrina, v. Benedettelli, Offerte pubbliched’acquisto cit., p. 576; Id., Corporate governance,mercati finanziari e diritto internazionale privato,inRiv. dir. internaz. priv. e proc., 1998, p. 713 ss.;Seatzu, Le O.P.A. nel diritto internazionale privatoitaliano,inGiur. comm., 2000, I, 730, p. 734 ss.; GarcimartínAlférez, op. cit., p. 167. Con specifico riguardoalla disciplina prevista dal reg. « Roma I »,occorre evidenziare che ai sensi del suo art. 6, par. 4,lett. d), la legge di residenza dei consumatori / investitorinon può interferire sulla disciplina dell’OPAper evitare frammentazioni della regolamentazionedella contendibilità delle società quotate.( <strong>27</strong> ) Cfr. Villata, Gli strumenti finanziari nel dirittointernazionale privato, Padova, 2008, p. 151 ss.( <strong>28</strong> ) Cfr. Kronke, op. cit., p. 351 ss., il quale escludeche « unilaterally proclaimed economic-regulationrules could be easily multilateralized or in any way internationallyaccomodated ».NLCC 3/4-2009


[Art. 1] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 583cida direttamente sulla vita della società, ricadanell’ambito di applicazione del reg. « Roma I »e sia soggetto alla libertà di scelta della legge applicabilead opera delle parti ( <strong>29</strong> ). È stato sostenutoche tale affermazione non è messa in dubbioneppure dall’art. 25, lett. g), l. n. 218/95,che sottopone alla legge regolatrice della società« le modalità di acquisto e di perdita della qualitàdi associato o socio nonché i diritti e gli obblighiinerenti a tale qualità». Di conseguenza èstata negata la rilevanza esclusiva di tale disposizionenella disciplina dei profili internazionalisticidel trasferimento di azioni. Da un lato, infatti,è stato riconosciuto che l’idoneità dellepartecipazioni sociali ad essere alienate e leeventuali limitazioni alla loro circolazione, speciese riconducibili a disposizioni statutarie, sonosottoposte alla disciplina della lex societatis( 30 ); dall’altro, viene affermato che le vicendedel rapporto in base al quale i titoli vengonotrasferiti ricadono nella legge della fonte negoziale( 31 ). In mancanza di scelta della legge applicabileal contratto di trasferimento delle azioni,la tesi più persuasiva sembra essere quella diriferirsi alla legge dello Stato che presenta il collegamentopiù stretto con la fattispecie, cioèquello che regola la società le cui azioni sonooggetto di cessione, specie se viene trasferito ilpacchetto di controllo ( 32 ).5. – Tra le questioni attinenti al diritto societarioma che lasciano spazio all’autonomia privata,e quindi all’applicazione del reg. « RomaI », particolare attenzione meritano i patti parasociali.Questi accordi sono contratti atipici il cuicontenuto varia a seconda dei fini che le partiintendono perseguire. Sono state individuate alcunemacrocategorie di accordi: i sindacati divoto, quelli relativi al trasferimento delle azioni,e quelli di gestione. Dato comune è il rapportodi strumentalità con la società cui ineriscono.La prassi e la dottrina hanno ulteriormente elaboratotale raggruppamento, individuando altrefigure di patti parasociali, attinenti <strong>agli</strong> accordiaventi ad oggetto la struttura sociale, il capitalee la formazione della volontà sociale, quali leconvenzioni per la nomina di alcune cariche sociali,per l’approvazione del bilancio o degli aumentidi capitale.Anche alla luce di queste brevi premesse, nonsfugge che tali fattispecie determinano una tensionetra la lex societatis elalex contractus, imponendoun non sempre facile esercizio di coordinamentoche ha attratto l’attenzione delladottrina internazionalprivatistica a partire dall’entratain vigore della Convenzione di Roma( 33 ). Il dibattito ha ripreso vivacità recentemente,a seguito della riforma del diritto societario,che ha dedicato ai patti parasociali gli <strong>artt</strong>.2341 bis e 2341 ter c.c. ( 34 ), la cui disciplina è( <strong>29</strong> ) In questo senso, in giurisprudenza App. Milano18 luglio 2000, cit., e le osservazioni già espressein quella sede da Gardella, Conflitti di legge e ambitodi applicazione, cit.( 30 ) Benedettelli, sub art. 25, cit., p. 1117 ss.Anche prima della l. n. 218/95 la dottrina ha negatol’esclusiva rilevanza della legge regolatrice della societànella disciplina di tali rapporti, sul punto v.Carbone, Conflitti di leggi e tra giurisdizioni nella disciplinadei trasferimenti di pacchetti azionari di riferimento,inRiv. dir. internaz. priv. e proc., 1989, p. 777ss., spec. pp. 783-784.( 31 ) In questo senso, oltre <strong>agli</strong> AA. citati supra, nt.prec. e nt. <strong>29</strong>, v. Bonomi, Il nuovo diritto internazionaleprivato dei contratti: la Convenzione di Roma del19 giugno 1980 è entrata in vigore,inBanca, borsa, tit.cred., 1992, I, 36 ss.; spec. p. 50; Radicati di Brozolo,La legge regolatrice dei titoli di credito, ivi, 1998,I, p. 434 ss.; Villani, La Convenzione di Roma sullalegge applicabile ai contratti 2 , Bari, 2000, p. 43.( 32 )V.supra, commento sub art. 1, par. 2, lett. d),in questo Commentario.( 33 ) V. le osservazioni di Ballarino e Bonomi,Materie escluse dal campo di applicazione della convenzionedi Roma, inLa Convenzione di Roma sullalegge applicabile alle obbligazioni contrattuali a curadi Ballarino, II, Limiti di applicazione, Milano, 1994,p. 89 ss., e di Carbone, Patti parasociali, autonomiaprivata e diritto internazionale privato, inBonelli eJaeger, Sindacati di voto e sindacati di blocco, Milano,1993, p. 203 ss.( 34 )L’art. 2341 bis prevede: « 1. I patti, in qualunqueforma stipulati, che al fine di stabilizzare gli assettiproprietari o il governo della società: a) hannoper oggetto l’esercizio del diritto di voto nelle societàper azioni o nelle società che le controllano; b) pongonolimiti al trasferimento delle relative azioni o dellepartecipazioni in società che le controllano; c) hannoper oggetto o per effetto l’esercizio anche congiuntodi un’influenza dominante su tali società, nonpossono avere durata superiore a cinque anni e si intendonostipulati per questa durata anche se le partihanno previsto un termine maggiore; i patti sono rin-NLCC 3/4-2009


584reg. CE n. 593/2008[Art. 1]novabili alla scadenza. 2. Qualora il patto non prevedaun termine di durata, ciascun contraente ha dirittodi recedere con un preavviso di centoottanta giorni.3. Le disposizioni di questo articolo non si applicanoai patti strumentali ad accordi di collaborazione nellaproduzione e nello scambio di beni o servizi relativi asocietà interamente possedute dai partecipanti all’accordo», su cui v. Semino, I patti parasociali nella riformadelle società di capitali: prime considerazioni, inSocietà, 2003, p. 345 ss.; Picciau, Dei patti parasociali,a cura di Marchetti, Bianchi, Ghezzi e Notari,Commentario alla riforma delle società, Milano, 2007,p. 323 ss.; Libertini, I patti parasociali nelle societànon quotate. Un commento <strong>agli</strong> articoli 2341 bis e2341 ter del codice civile, inIl nuovo diritto delle società,a cura di Abbadessa e Portale cit., vol. 4, p. 461ss. Sotto il profilo internazionalprivatistico v. i contributidi Draetta, Brevi note sulla legge applicabile aipatti parasociali, inRiv. dir. internaz. priv. e proc.,2004, p. 565 ss.; Munari, Patti parasociali e norme didiritto internazionale privato e comunitario, inDir.comm. internaz., 2003, p. 1<strong>27</strong> ss.; Bariatti, La delimitazionedell’ambito di applicazione, p. 46 ss.; e sottodiversa prospettiva Mazzoni, Patti parasociali e regoledi mercato nel diritto del commercio internazionale,in Dir. comm. internaz., 2005, p. 487 ss.; nonché Damascelli,op. cit., p. 108 ss.( 35 )L’applicazione di tale norma a società diversedalle società per azioni è dibattuta in dottrina.mutuata d<strong>agli</strong> <strong>artt</strong>. 122 e 123 t.u.f., che regolamentanola durata e la pubblicità di alcune tipologiedi patti. Quanto alla durata, sono vietati ipatti a tempo indeterminato, salvo la previsionedel diritto di recesso. Il termine massimo è dinon più di cinque anni ai sensi dell’art. 2341 bisc.c., e di non più di tre anni secondo l’art. 123t.u.f. L’art. 2341 ter c.c. e l’art. 122 t.u.f., invece,sono dedicati alla pubblicità dei patti parasociali.Tanto le norme del c.c. quanto quelle delt.u.f. si applicano ai patti relativi a società italiane.Gli <strong>artt</strong>. 2341 bis e 2341 ter c.c. riguardanole società che fanno ricorso al capitale di rischio,gli <strong>artt</strong>. 122 e 123 t.u.f. concernono le societàquotate, mentre il solo art. 2341 bis si applicaalle società chiuse, cioè ai patti relativi allesocietà per azioni anche se controllate da societàin accomandita per azioni, società a responsabilitàlimitata e da società di persone ( 35 ).Richiamate brevemente le norme italiane suipatti parasociali, occorre volgere nuovamentel’attenzione al diritto internazionale privato, alloscopo di individuare se, ed in che limiti, èpossibile « derogare » alla lex societatis attraversola designazione di una legge straniera, applicabilea titolo di lex contractus. È, infatti, comunementeammesso in dottrina che la lex societatisesercita una notevole influenza sulla disciplinadei patti parasociali ( 36 ), in considerazionedella loro incidenza all’interno della vita societaria.D’altra parte, poiché i patti parasociali sonoaccordi contrattuali, è suscettibile di venirein considerazione anche la diversa legge applicabileal contratto. Nella delimitazione degli ordinamentirilevanti, occorre muovere dalla constatazioneche la legge regolatrice dell’ente vienesenza dubbio in rilievo qualora il patto siacontenuto nello statuto sociale. Ad essa inoltrespetta la valutazione sull’ammissibilità e sulla liceitàdel patto o di strumenti che raggiungonoeffetti equivalenti quali il voting trust ( 37 ), mentrela lex contractus resta competente a disciplinarei profili contrattuali della fattispecie quali ivizi della volontà,l’esecuzione, l’interpretazionee (alcune) conseguenze dell’inadempimento.Tutti gli altri casi dovranno essere sottoposti adun esame caso per caso, sull’assunto che gli accordiche incidono direttamente sull’organizzazionee sul funzionamento dell’ente devonoconfrontarsi con la lex societatis. In mancanzadi scelta della legge applicabile, sembra opportunoriferirsi alla legge regolatrice della societàin quanto ordinamento che presenta il collegamentopiù stretto con la fattispecie.In linea di principio possono ricadere nell’ambitodi applicazione del reg. « Roma I » ed( 36 )V.Benedettelli, sub art. 25, cit., p. 1117 ss.( 37 ) In questo senso v. Bariatti, La delimitazione,cit., p. 47. Una recente sentenza della Cass. 18 luglio2007, n. 15963, in Società, 2009, p. 197, nt. Piselli,offre un sostegno a questa tesi nella parte in cui affermache « [l]a circostanza che i patti parasociali – edin particolare i sindacati di voto mediante i quali unoopiù soci si impegnano ad esercitare in un determinatomodo il voto in assemblea – non siano di per sévietati e siano destinati ad operare su di un piano obbligatorio,vincolante per le parti dell’accordo mapur sempre diverso e separato da quello sul qualeoperano gli organi della società e si esplicano le relativedeliberazioni, non esclude però che quei medesimipatti possano risultare illegittimi qualora, in unaspecifica fattispecie, il vincolo assunto dai contraentisi ponga in contrasto con norme imperative o appaiacomunque tale da configurare uno strumento di elusionedi quelle norme o dei principi generali dell’ordinamentoche ad esse sono sottesi ».NLCC 3/4-2009


[Art. 1] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 585( 38 ) In questo senso v. Munari, op. cit., p. 135;concorde Draetta, op. cit., p. 571.( 39 ) Così Benedettelli, Corporate governance,cit., p. 736 ss., senza pregiudizio per l’applicazionedella Convenzione di Roma, ora reg. « Roma I », atutte le questioni attinenti l’esistenza e la validità,l’esecuzione e l’interpretazione degli accordi in questione.essere disciplinati dalla lex contractus, quei pattiparasociali che attengono alla vendita o all’astensionedalla vendita delle azioni entro unacerta data, cc.dd. opzioni di put e call. Di contro,dovrebbero essere attratti nella sfera dellalex societatis i sindacati di gestione e quelli cheattengono alle operazioni sul capitale.La conseguenza della riconduzione dei pattiparasociali alla categoria dei contratti e dell’applicazionedel reg. « Roma I »èla legittimitàdella scelta della legge applicabile, pur nei limitipoc’anzi richiamati imposti dalla prevalenzadella lex societatis.La dottrina si è interrogata sulla derogabilitàdella disciplina italiana sui patti parasociali richiamatain precedenza, in particolare delle disposizionirelative alla durata, qualora l’accordosia regolato da una legge straniera. A tale interrogativoalcuni autori hanno replicato che, postoil giudizio negativo del nostro ordinamentonei confronti di obblighi di durata eccessiva, alfine di soddisfare le esigenze di compatibilitàcon il diritto italiano è sufficiente che il pattopreveda un limite temporale e il diritto di recesso,anche se non perfettamente coincidenti conle previsioni interne ( 38 ). Altri autori, invece, inmodo più convincente, soprattutto con riguardo<strong>agli</strong> <strong>artt</strong>. 122 e 123 t.u.f., ritengono tali disposizionidi applicazione necessaria, essendoposte a tutela del pubblico risparmio ( 39 ).Con riferimento alle norme sulla pubblicitàdei patti parasociali, invece, è più evidente il lorocarattere inderogabile, vuoi in quanto attinentedirettamente alla legge regolatrice dell’ente,vuoi in quanto norme pubblicitarie imperativamenteposte a tutela degli interessi dei risparmiatorie dei terzi in genere. Per chiarezza espositiva,occorre richiamare che gli obblighi pubblicitarisi applicano, ex art. 2341 ter c.c., allesocietà che fanno appello al pubblico risparmioe, ex art. 122 t.u.f., alle società quotate. Quest’ultimadisposizione, in particolare, in virtùdella lettura congiunta con l’art. 119 t.u.f. si applicaalle società italiane con azioni quotate inmercati regolamentati italiani o di altri paesidell’Unione europea. Nel caso, invece, di societàitaliane con azioni quotate soltanto in mercatiregolamentati di altri Stati membri, ai sensi dell’art.124 t.u.f., l’autorità di vigilanza, sulla basedel principio del mutuo riconoscimento e dell’esoneroda adempimenti duplicativi, può esentaredall’obbligo di pubblicità quando questo ègià assolto all’estero.Da ultimo, vale la pena osservare che in virtùdel combinato disposto degli <strong>artt</strong>. 119, 122, 123e 124 t.u.f., si inferisce che la disciplina previstada queste norme si applica anche alle controllantistraniere di società italiane ( 40 ). Gli <strong>artt</strong>.2341 bis e 2341 ter, invece, sono meno esplicitisul punto. In relazione alle norme codicistiche,pertanto, gli autori che più hanno avuto mododi riflettere sulla questione si sono interrogatisull’ambito di applicazione di queste disposizionied hanno escluso in prima battuta la loro osservanzada parte delle società straniere controllantisocietà italiane, argomentando sull’assenzadei presupposti per l’applicazione di tali previsioni.È stata messa in luce in particolare lamancanza di criteri di collegamento per assoggettarele controllanti straniere al diritto societarioitaliano, salvo che non si tratti di societàche ricadono nell’ambito di applicazione dell’art.25, comma 1 o , secondo periodo ( 41 ), cioè( 40 ) Secondo Benedettelli, Corporate governance,cit., p. 736, tali disposizioni dovranno essereosservate in quanto norme di applicazione necessaria.A favore dell’applicazione della norme italianesui patti parasociali anche alle controllanti stranierev. anche Bariatti, La delimitazione dell’ambito cit.,p. 50, la quale sottolinea l’opportunità dell’applicazionedella legge italiana in quanto i patti parasocialisono destinati ad esercitare i loro effetti nell’ambitodi una società italiana. Sebbene in relazione a unaproblematica in parte differente, a favore dell’applicazionedella legge della controllata nell’ambito deigruppi di società, v.Frigessi di Rattalma, La leggeregolatrice della responsabilità da direzione e coordinamentonei gruppi multinazionali di società, inLiberFausto Pocar. Nuovi strumenti di diritto internazionaleprivato, a cura di Venturini e Bariatti, Milano,2009, p. 359 ss.( 41 ) In questo senso v. Munari, Patti parasociali,cit., p. 138, secondo il quale « patti stipulati tra (para)socidi società non italiane controllanti società italiane,a prescindere dall’eventuale indicazione dellaNLCC 3/4-2009


586reg. CE n. 593/2008[Art. 1]con sede amministrativa in Italia. Un altro autore,invece, ne ha negato l’operatività, sostenendoche tali disposizioni sono prive del caratteredi norme di applicazione necessaria ( 42 ).Secondo una diversa e più persuasiva tesi, invece,è difficile negare l’applicazione della leggedella controllata, indipendentemente dalla nazionalitàdelle parti del patto o della societàcontrollante, tenuto conto che tali accordi sonodestinati ad esercitare una notevole influenzanella vita della società controllata ( 43 ).Anna Gardellalegge regolatrice in essi contenuta, tendono a mio avvisoa sfuggire all’ambito di operatività dell’art. 2341bis, e a ricadere invece nel campo di applicazione dellalex societatis ». Sebbene tale opinione sia apprezzabile,ci si può chiedere se essa non sia eccessivamentebasata su un’analisi internazionalprivatistica dellenorme in gioco ed in particolare dell’art. 25, l. n. 218/95, piuttosto che su di un esame delle norme e degliinteressi societari sottesi alla regolamentazione deipatti parasociali così come dei gruppi di società.( 42 ) Damascelli, op. cit., p. 114, che nega il carattereinderogabile anche delle norme del t.u.f. in relazionealla loro applicazione alle società controllantistraniere, sottolineando che l’art. 119 t.u.f. si riferisceesplicitamente soltanto alle società «italiane », delimitandoin tal modo il suo ambito di applicazione.( 43 ) Così v. Bariatti, La delimitazione dell’ambito,cit., p. 51.VISommario: 1.L’art. 1, par. 2, lett. g).1. – Il reg. CE n. 593/2008, al pari della Convenzionedi Roma, esclude espressamente dallapropria sfera applicativa tanto la questione voltaa stabilire « se l’atto compiuto da un intermediariovalga ad obbligare di fronte ai terzi ilmandante », quanto la questione tesa ad accertarese l’atto compiuto dall’organo di una societào altra persona giuridica valga ad impegnaredetto ente nei rapporti coi terzi ( 1 ). Appare invecepacifico che tale esclusione non impediscatout court, come già in rapporto alla convenzione( 2 ), il ricorso alla disciplina comunitaria allorchési tratti dei conflitti di leggi concernentiil rapporto gestorio (quello cioè che intercorrefra il rappresentante ed il dominus negotii) edil( 1 ) La formula che si legge nell’art. 1, par. 2, lett.g), del regolamento coincide – salvo qualche aggiustamentolinguistico – a quella dell’art. 1, par. 2, lett.f), della Convenzione.( 2 ) V. in proposito, per tutti, anche sulla scortadella stessa Relazione Giuliano-Lagarde, sub art. 1,par. 7, i rilievi di Laurini, I limiti di applicabilità, inLa convenzione di Roma sulla legge applicabile alle obbligazionicontrattuali, a cura della Scuola di notariatoA. Anselmi di Roma, Milano, 1983, p. 36.contratto concluso fra il rappresentante ed ilterzo ( 3 ).Negli Stati membri per i quali non sia in vigorela Convenzione dell’Aja del 14 marzo 1978sulla legge applicabile ai contratti di intermediazionee alla rappresentanza ( 4 ), cui il regolamento« cede » ai sensi del suo art. 25, la disciplinadella materia resta affidata, in forza dell’esclusionein esame, alle norme di conflitto di dirittocomune. In Italia continuerà dunque a venire inrilievo l’art. 60 della l. 31 maggio 1995, n. 218,di riforma del sistema di diritto internazionaleprivato. Essa dispone al par. 1 che la rappresentanzavolontaria «è regolata dalla legge dello( 3 ) Il regolamento contempla anzi in modo specifico,nell’art. 11, in tema di validità formale, l’eventualitàche il contratto sia concluso tramite intermediari.( 4 ) Elaborata in seno alla Conferenza dell’Aja didiritto internazionale privato, la Convenzione è attualmentein vigore – fra gli Stati membri – per laFrancia, i Paesi Bassi e il Portogallo; la Convenzioneè altresì in vigore per l’Argentina; le versioni francesee inglese della Convenzione, le uniche facenti fede,possono leggersi nel sito http://www.hcch.net. Su talestrumento, v. in generale Davì, La convenzione dell’Ajasulla legge applicabile ai contratti di intermediazionee alla rappresentanza e il diritto internazionaleprivato italiano, inRiv. dir. internaz., 1995, p. 597 ss.NLCC 3/4-2009


[Art. 1] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 587Stato in cui il rappresentante ha la propria seded’affari », a patto che il rappresentante « agiscaa titolo professionale » e che la sua sede d’affari« sia conosciuta o conoscibile dal terzo »; quandonon siano riunite tali condizioni, si applicherà«la legge dello Stato in cui il rappresentanteesercita in via principale i suoi poteri nel casoconcreto » ( 5 ).La decisione degli autori del regolamento dimantenere l’esclusione prevista dalla Convenzionedi Roma è maturata, in realtà, solo nelcorso dei lavori preparatori del nuovo strumento,dopo l’abbandono della soluzione affacciatadalla Commissione nella proposta del 2005 voltaa dettare una disciplina speciale a carattereoggettivo in tema di intermediazione nella qualesarebbe stata affrontata la stessa dimensioneesterna dell’agire rappresentativo, quella cioèche fa capo alla posizione del terzo ( 6 ).Le ragioni dell’esclusione sono molteplici. Esseverosimilmente attengono, in primo luogo,alla qualificazione non unanime del fenomenodella rappresentanza negli ordinamenti giuridicidegli Stati membri ( 7 ), collocato da alcuni all’internodella materia contrattuale (o, più in generale,negoziale) e ricondotto da altri su un terreno,quello degli status, estraneo alla disciplinaregolamentare ( 8 ). L’esclusione, in secondo luogo,riflette gli scrupoli dei redattori ad ammettereche la posizione giuridica del terzo potesse risultareregolata, in presenza di una electio iurisriferita al rapporto gestorio, da una legge che ilterzo non ha concorso a determinare e che potrebbelegittimamente non conoscere ( 9 ). Sonodel resto noti i profili di complessità che caratterizzanol’istituto nella prospettiva dei conflittidi leggi e le difficoltà di contemperare i diversiinteressi che esso mette in gioco ( 10 ): gli interessidel terzo, quelli delle parti del rapporto sottostantee quelli, oggettivi, insiti nella necessità diun raccordo tra la disciplina materiale applicabile,rispettivamente, al versante « interno »della rappresentanza e <strong>agli</strong> effetti di quest’ultimanei confronti del terzo ( 11 ).( 5 ) Ai sensi del par. 2 della medesima disposizione,l’atto di conferimento dei poteri di rappresentanza«èvalido, quanto alla forma, se considerato taledalla legge che ne regola la sostanza oppure dalla leggedello Stato in cui e posto in essere ». Sull’art. 60della l. n. 218/95, v. in generale Trombetta Panigadi,Rappresentanza volontaria e diritto internazionaleprivato, Padova, 2003, p. 133 s.( 6 ) La Proposta recava, all’art. 7, una disposizionerubricata « Contratti conclusi da un intermediario ».In particolare, ai sensi del par. 2 di tale disposizione,il rapporto tra il rappresentato e il terzo « derivantedal fatto che l’intermediario ha agito nell’eserciziodei suoi poteri, eccedendo i suoi poteri o senza poteri» sarebbe risultato disciplinato, in linea di principio,« dalla legge del paese in cui l’intermediario risiedevaabitualmente nel momento in cui ha agito ».Il par. 3 della norma aggiungeva che, tuttavia, ove lalegge applicabile al rapporto tra il rappresentato ed ilterzo fosse stata oggetto di una « designazione scrittadel rappresentato o del terzo espressamente accettatadall’altra parte », la legge applicabile avrebbe dovutoidentificarsi nella legge così designata. Per un’analisidelle soluzioni accolte nell’art. 7 della Proposta v.Franzina, La legge applicabile alla rappresentanzavolontaria secondo la proposta di regolamento « RomaI »,inLa legge applicabile ai contratti nella proposta diregolamento « Roma I », a cura di Franzina, Padova,2006, p. 82 ss., e Spellenberg, Vertreterverträge, inEin neues Internationales Vertragsrecht für Europa, acura di Ferrari e Leible, München, 2007, p. 153 ss.( 7 ) Trombetta Panigadi, Brevi osservazioni sullarappresentanza volontaria e la convenzione di Romadel 1980, inEsercizio di poteri gestori nel contesto internazionale,a cura di Ballarino e Tondo, Milano,1996, p. 362.( 8 ) Cfr. Villani, La convenzione di Roma sulla leggeapplicabile ai contratti 2 , Bari, 2000, p. 49. Più ingenerale, sulle diverse configurazioni che l’istitutodella rappresentanza riceve nei sistemi privatistici nazionali,v. De Donno Sforza, voce Rappresentanzain diritto comparato,inDigesto IV ed., Disc. priv., Sez.civ., XVI, Torino, 1997, p. <strong>28</strong>8 ss.( 9 ) Cfr. la Relazione Giuliano-Lagarde, sub art. 1,par. 7, dove si legge che l’esclusione « si giustifica peril fatto che, per quanto riguarda i rapporti tra rappresentatoe terzi, è difficile ammettere il principio dell’autonomiadella volontà».( 10 ) Su tutta la tematica, anche ai fini di una letturacomparatistica degli approcci che caratterizzano i diversisistemi internazionalprivatistici nazionali, v. deQuenaudon, Quelques remarques sur le conflits delois en matière de représentation volontaire, inRev.crit. dr. internat. privé, 1984, p. 413 ss, e p. 597 ss.,nonché Brito, A representação nos contratos internacionais,Coimbra, 1999, p. 303 ss., e Rueda Valdivia,La representación voluntaria en la contratacióninternacional, Granada, 1998, p. 64 ss.( 11 ) La complessità della materia è del resto attestatadal limitato successo della citata Convenzionedell’Aja del 14 marzo 1978. Alla luce di ciò si rivela,allo stato, poco realistico l’auspicio espresso dalla de-NLCC 3/4-2009


588reg. CE n. 593/2008[Art. 1]A queste motivazioni, di fatto già presenti all’epocadella negoziazione della Convenzione diRoma, se ne sono probabilmente aggiunte dellenuove, legate al mutato contesto normativo incui il regolamento è calato. Appare infatti plausibileche la proposta della Commissione sia stataaccantonata anche in ragione della necessitàdi raccordare un’eventuale disciplina dei conflittidi leggi riguardanti gli aspetti « contrattuali» della rappresentanza alle soluzioni che, nellostesso lasso di tempo, venivano elaborate dalleistituzioni sul terreno delle obbligazioni extracontrattuali,e ora raccolte nel reg. CE n.864/2007 dell’11 luglio 2007 (« Roma II »)( 12 ).Si pensi alla falsa rappresentanza, rispetto allaquale si pone il problema di coordinare la tuteladovuta al terzo sul piano aquiliano (assorbitanella previsione dell’art. 12 del reg. « Roma II »,sulla culpa in contrahendo)( 13 ) con la tutela cheil soggetto falsamente rappresentato può conseguire,sul piano negoziale, attraverso l’impugnazionedell’atto ed il suo annullamento. Oppure,sotto un diverso profilo, alla necessità di coordinarela disciplina della rappresentanza, sia essavolontaria od organica, con quella di altri rapporti,lato sensu gestori, che in quanto privi diuna base negoziale sono sussumibili in linea dilegazione dei Paesi Bassi nel corso dei lavori preparatoridel regolamento in relazione all’adesione di altriStati membri a tale convenzione; cfr. il doc. n. 14708/06 del Consiglio, reperibile nel registro pubblico deidocumenti del Consiglio (http://register.consilium.europa.eu),p. 156. Un interesse della stessa Comunitàall’adesione alla Convenzione del 1978 appareinvece, per il momento, non attuale; v. in tal senso ildoc. n. 15226/08 del Consiglio, ivi. Non facile dapercorrere, in materia di rappresentanza, appare d’altrocanto anche la strada della unificazione delle normemateriali, come attesta il sostanziale insuccessodella convenzione di Ginevra del 17 febbraio 1983sulla rappresentanza nella vendita internazionale dibeni mobili; il testo di tale Convenzione, mai entratain vigore, può leggersi nel sito dell’Unidroit (http://www.unidroit.org).( 12 )InG.U.U.E. n. L 199 del 31 luglio 2007, p. 40ss.( 13 )L’art. 12 del reg. « Roma II » così dispone alpar. 1: « La legge applicabile alle obbligazioni extracontrattualiderivanti dalle trattative precontrattuali,a prescindere dal fatto che il contratto sia stato effettivamenteconcluso o meno, è la legge che si applicaal contratto o che sarebbe stata applicabile al contrattose lo stesso fosse stato concluso ».principio nella disciplina sulla gestione d’affaridettata dall’art. 11 del reg. CE n. 864/2007 ( 14 ).Per quanto concerne la portata dell’esclusionein discorso, è da ritenere che – coerentementecon le ragioni che la ispirano – essa abbraccil’insieme delle possibili manifestazioni dell’istitutodella rappresentanza, a prescindere dallanatura dell’atto conferitivo dei poteri, unilateraleo convenzionale ( 15 ), e dalla circostanza chedetti poteri siano diretti al compimento di unatto negoziale (rappresentanza « attiva ») o allasua ricezione (rappresentanza « passiva ») ( 16 ).Per altro verso, è da ritenere che l’esclusione siariferibile a tutte le questioni suscettibili di interessare,in rapporto all’attività o alle dichiarazionidi chi è o si afferma rappresentante, la posizionedel terzo ( 17 ). L’esclusione disposta dalregolamento, letta in questi termini, segnalaun’ampia « ritrazione » della disciplina comunitariae una significativa perdita di uniformità diregolamentazione della materia: la norma incommento, infatti, non « copre » soltanto laquestione tesa ad accertare se l’atto compiutodall’intermediario « valga ad obbligare di fronteai terzi il mandante », ma sottrae più in generalealla emprise del regolamento tutte le ipotesi in( 14 ) Si consideri, ad es., la situazione che si verificaallorché un soggetto, investito di poteri rappresentativiconferitigli con una procura, ecceda i limiti dellastessa in vista e ponga in essere degli atti intesi alla tuteladegli interessi del rappresentato. In realtà,l’esclusione non risolve di per sé tutti i problemi connessialla qualificazione delle situazioni ora descritte;semplicemente, ritraendosi, scongiura il rischio chel’interprete debba registrare, ed affrontare sul pianointerpretativo, un conflitto fra norme comunitarie.( 15 ) Non appare decisivo, alla luce della ratio dellaesclusione, il fatto che nella disposizione in parola siusi un termine (« mandante ») che sembrerebbe alluderead una rappresentanza collegata ad un rapportoobbligatorio, quantomeno bilaterale, fra rappresentatoe rappresentante. Le più «neutre » locuzioni rinvenibiliin altre versioni linguistiche – come in quellainglese, che parla di « agent » e « principal »–sembranoconfortare questa lettura.( 16 ) Così, con riferimento alla Convenzione di Roma,Parente, La disciplina dell’agire rappresentativonella convenzione di Roma sulla legge applicabile alleobbligazioni contrattuali, inRiv. dir. internaz. priv. eproc., 1993, p. 344 s.( 17 ) Ballarino e Bonomi, Sulla disciplina dellematerie escluse deal campo di applicazione della convenzionedi Roma, inRiv. dir. internaz., 1993, p. 963.NLCC 3/4-2009


[Art. 1] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 589cui si faccia questione degli effetti dell’agirerappresentativo nei confronti dei terzi, compresaquella – altrimenti riconducibile all’art. 10del regolamento – concernente l’annullamentodel contratto concluso dal rappresentante inconflitto di interessi.Pietro FranzinaVIISommario: 1.L’art. 1, par. 2, lett. h). – 2. La nozione ditrust <strong>agli</strong> effetti del reg. « Roma I ».1. – Il reg. « Roma I » colloca espressamenteal di fuori del proprio campo di applicazionel’istituto del trust. La scelta, identica a quellacompiuta dai redattori della Convenzione diRoma ( 1 ), riflette la peculiare natura di tale istitutoe la sua ineguale diffusione negli ordinamentiprivatistici nazionali. Accostabile per diversiaspetti all’istituto del contratto, in quantostrumento offerto all’autonomia privata per costituiree regolare rapporti giuridici patrimoniali,il trust occupa infatti una collocazione permolti aspetti « unica » nel panorama privatistico.L’esclusione disposta dal regolamento sottende,alla luce di ciò, il timore che l’applicazionedi norme uniformi non specificamente intesea disciplinare i fenomeni fiduciari potesse ostacolareil funzionamento di regole di conflittopensate invece specialmente per essi, rinvenibiliin qualche sistema internazionalprivatistico nazionale( 2 ) e, soprattutto, nella Convenzione del1 o luglio 1985 sulla legge applicabile ai trust eilloro riconoscimento, elaborata in seno alla Conferenzadell’Aja di diritto internazionale privato( 3 ) ed attualmente in vigore per alcuni Statimembri della Comunità europea (Italia, Lussemburgo,Malta, Paesi Bassi e Regno Unito), equalche Stato terzo (Australia, Canada, Liechtenstein,San Marino e Principato di Monaco)( 4 ).L’esclusione di cui all’art. 1, par. 2, lett. h), riguardatestualmente la sola « costituzione » deltrust e i rapporti che da esso derivano tra i costituenti,i trustee e i beneficiari. Sono dunque( 1 )L’art. 1, par. 2, lett. g), della Convenzione diRoma prevede che le disposizioni di tale strumentonon si applicano « alla costituzione di trusts né ai rapportiche ne derivano tra i costituenti, i trustees e i beneficiari».( 2 ) Si pensi, ad es., <strong>agli</strong> <strong>artt</strong>. 122 ss. del codice belgadi diritto internazionale privato del 16 luglio 2004,o alle soluzioni di elaborazione giurisprudenziale rinvenibilinei sistemi di common law, originari dell’istituto.Su queste ultime, v. per tutti Contaldi, Il trustnel diritto internazionale privato italiano, Milano,2001, p. 90 ss. Circa la disciplina belga, v. invece Rigauxe Fallon, Droit international privé 3 , Bruxelles,2005, p. 693 ss.( 3 ) Sulla decisione di escludere dalla sfera del regolamentola materia del trust ha inciso probabilmenteanche il desiderio della Comunità, ormai membroa pieno titolo della Conferenza, come tale necessariamentesensibile all’esigenza di una leale cooperazionecon tale organizzazione ed i suoi membri, di non pregiudicarein alcun modo, anche al di là di quanto assicuratodalla clausola di compatibilità dettata dall’art.25 del regolamento, l’effetto utile della Convenzionedel 1985. Non sembra, peraltro, che il permaneredell’esclusione del trust serva a « preparare ilterreno » per una futura adesione della Comunità allaConvenzione dell’Aja (al limite per il tramite degliStati membri, non essendo contemplata l’eventualitàche un’organizzazione internazionale ne divenga parte).Nel doc. n. 15226/08 del Consiglio, che definiscel’approccio della Comunità nei confronti delle convenzionielaborate in seno alla Conferenza dell’Aja, siesclude in effetti che un’iniziativa comunitaria in ordinealla convenzione sui trust sia « imminente » esirimette ai singoli Stati membri ogni determinazionein argomento. Il documento è consultabile nel registropubblico dei documenti del Consiglio (http://register.consilium.europa.eu).( 4 ) Il testo della Convenzione, nelle versioni francesee inglese facenti fede, si rinviene – unitamentealle informazioni relative allo stato delle ratifiche edelle adesioni – nel sito http://www.hcch.net. Su talestrumento v. in generale, nella dottrina recente, Harris,The Hague trusts convention: scope, applicationand preliminary issues, Oxford, 2002, nonché Gutzwiller,Schweizerisches Internationales Trustrecht:Kommentar zum Haager Übereinkommen über ihreAnerkennung (HTÜ) vom 1. Juli 1985 und zurschweizerischen Umsetzungs-Gesetzgebung vom 20.Dezember 2006, Basel, 2007.NLCC 3/4-2009


590reg. CE n. 593/2008[Art. 1]estranei alla disciplina comunitaria i rapportiche si collocano sul « versante interno » deltrust ( 5 ). Soggiacciono invece al regolamento – apatto, ovviamente, che rivestano natura « contrattuale» ai sensi dell’art. 1, par. 1 – i rapportiche interessano per così dire dall’esterno l’amministrazionefiduciaria, quali i negozi conclusidal trustee in funzione della gestione del patrimonioa lui affidato.2. – Il regolamento non stabilisce espressamenteche cosa debba intendersi per trust. Itratti caratteristici dell’istituto devono dunqueessere identificati in via interpretativa. Sul pianopratico, tale operazione si rende necessaria soprattuttoper stabilire se l’esclusione dispostadalla norma in commento valga a sottrarre allaemprise del reg. « Roma I » anche le diverse figurenegoziali elaborate nei paesi di civil law, intempi relativamente recenti, prendendo a modello,almeno per qualche aspetto, l’istituto anglosassonedel trust ( 6 ).Deve subito osservarsi, a questo riguardo, cheuna definizione esplicita del concetto di trustnon si rinviene neppure all’interno degli altri atticomunitari che menzionano l’istituto, ora perescluderlo dal proprio ambito di applicazione(come accade nel reg. CE n. 2201/2003 sullecause matrimoniali, e nel reg. CE n. 864/2007sulla legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali)( 7 ), ora invece per introdurre in( 5 )Adun’analoga conclusione giunge gran partedella dottrina con riguardo alla nozione di trust accoltadal reg. CE n. 44/2001, di cui si parla subito infra,nel testo. V. per tutti Frigessi di Rattalma, Lacompetenza giurisdizionale in materia di trust nel regolamentocomunitario n. 44/2001, inRiv. dir. internaz.priv. e proc., 2003, 787 ss.( 6 ) Sul dibattito relativo alla pretesa incompatibilitàdel trust con gli ordinamenti della famiglia romano-germanicae sulla diffusione internazionale dell’istituto,v. in generale Lupoi, The Civil Law Trust,in Vanderbilt Journal of Transnational Law, 1999, p.967 ss.( 7 ) Il reg. CE n. 2201/2003 (in G.U.U.E. n. L 338del 23 dicembre 2003, p. 1 ss.), si dichiara inapplicabile,ai sensi del suo art. 1, par. 3, lett. f), « ai trust ealle successioni ». Il reg. CE n. 864/2007 (inG.U.U.E. n. L 199 del 31 luglio 2007, p. 40 ss.), invece,non riguarda, in forza dell’art. 1, par. 2, lett. e),« le obbligazioni extracontrattuali che derivano dairapporto ad esso una disciplina a carattere speciale.Quest’ultima ipotesi ricorre nel reg. CE n. 44/2001 del 22 dicembre 2000 concernente la competenzagiurisdizionale e il riconoscimento delledecisioni in materia civile e commerciale ( 8 ), ilquale contiene tre previsioni specificamente riferiteal nostro istituto. La prima, l’art.5n.6,prevede che la persona citata in giudizio « nellasua qualità di fondatore, trustee o beneficiariodi un trust costituito in applicazione di una leggeo per iscritto o con clausola orale confermataper iscritto » può essere convenuta, oltre chedavanti ai giudici del proprio domicilio, anchedavanti ai giudici dello Stato membro in cui sitrova il « domicilio » del trust. A tale disposizionese ne ricollega una seconda – l’art. 60, par. 3– in virtù della quale il giudice, per accertare seun trust abbia il proprio « domicilio » nel foro,deve fare appello al proprio diritto internazionaleprivato. L’art. 23, par. 4, infine, prevedeche in caso di electio fori contenuta nell’atto costitutivodi un trust, il giudice designato goda diuna competenza esclusiva « per le azioni controun fondatore, un trustee o un beneficiario di untrust, ove si tratti di relazioni tra tali persone odi loro diritti od obblighi nell’ambito deltrust ».Nell’ottica di un’interpretazione « intertestuale» del diritto internazionale privato comunitario,è da ritenere che le norme testé richiamate,pur assolvendo funzioni in parte diverse eoperando in contesti fra loro non coincidenti,rinviino tutte, nel loro nucleo essenziale, allamedesima nozione di trust, salvo declinarne inmodo particolare alcuni aspetti, alla luce dellecaratteristiche e delle esigenze di ciascuno strumento.Tale nozione « di base », benché dotatadi una chiara matrice « nazionale », identificabilenel concetto di trust accolto nel diritto inglese( 9 ), va intesa alla stregua di una nozionerapporti tra i costituenti, i fiduciari e i beneficiari diun trust costituito per iniziativa volontaria ».( 8 )InG.U.U.E. n. L 12 del 16 gennaio 2001, p. 1ss.( 9 ) V. per tutti, sul punto, Gardella e Radicatidi Brozolo, Civil law, Common Law and Market Integration:The EC Approach to Conflicts of Jurisdiction,inAmerican Journal of Comparative Law, 2003,p. 619 ss. Sui tratti caratteristici della nozione inglesedi trust, v.Hayton, The Distinctive Characteristics ofNLCC 3/4-2009


[Art. 1] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 591the Trust in Anglo-Saxon Law, inTrust et fiducie: laconvention de La Haye et la nouvelle législation luxembourgeoise,a cura di Prüm e Witz, Paris, 2005, p.1 ss. Non si può peraltro non rilevare come la diffusionedel trust in paesi del tutto estranei all’esperienzagiuridica di common law ela« scoperta » in talipaesi della versatilità dell’istituto abbiano contribuitoa rendere più complessa, e meno univocamente « anglosassone», la fisionomia della figura in parola; cfr.Cashin Ritaine, Rapport introductif: panorama comparédu droit matériel du trust, inLe trust en droit internationalprivé, Genéve, 2005, p. 19 ss., che vi scorgeun modello evolutivo e polivalente.( 10 ) V. in questo senso, in rapporto alla Convenzionedi Roma, Villani, La convenzione di Roma sullalegge applicabile ai contratti 2 , Bari, 2000, p. 51.( 11 )L’utilità di un raccordo interpretativo con laConvenzione dell’Aja è affermata, fra gli altri, da Fumagalli,La convenzione di Roma ed il « trust », inDir. comm. internaz., 1993, p. 898 ss.( 12 ) Valgano per tutti i rilievi di Lupoi, Trusts 2 ,Milano, 2001, p. 498 ss., cui si deve, in rapporto allaformula del testo convenzionale, la definizione ditrust « amorfo ».« autonoma » ( 10 ), da ricostruire – come la generalitàdelle nozioni tecnico-<strong>giuridiche</strong> del reg.« Roma I »–alla luce dei fini delle norme che laimpiegano e del loro contesto.In questa prospettiva, la definizione contenutanell’art. 2 della citata Convenzione dell’Ajadel 1985, elaborata in funzione di una disciplinainternazionalmente uniforme del fenomeno,fornisce delle indicazioni assai utili ai fini chequi interessano, anche se di per se stesse nonconclusive ( 11 ). Nella formula adottata dallaConvenzione, peraltro oggetto delle critiche diuna parte importante della dottrina, che vi havisto il risultato di un compromesso mal riuscitofra il punto di vista dei c.d. trust States e quellodella cultura giuridica di civil law ( 12 ), il trust èdescritto come « the legal relationships created– inter vivos or on death – by a person, the settlor,when assets have been placed under thecontrol of a trustee for the benefit of a beneficiaryor for a specified purpose ». Tale rapporto,prosegue la norma, integra un trust quando ibeni affidati al trustee costituiscano « a separatefund » e non siano « part of the trustee’s ownestate », onde la loro titolarità giuridica sussista« in the name of the trustee or in the name ofanother person on behalf of the trustee », eiltrustee abbia « the power and the duty (...) tomanage, employ or dispose of the assets in accordancewith the terms of the trust and thespecial duties imposed upon him by law ». Nelnovero dei trust regolati dalla Convenzione sonocomunque compresi, a norma dell’art. 3 dellaConvenzione stessa, unicamente i trust creatiper atto volontario e provati per iscritto; quellicreati per il tramite di un provvedimento giudizialepossono risultare disciplinati dalla Convenzionesolo in quanto uno Stato contraenteemetta una dichiarazione in questo senso, a normadell’art. 20.Molti elementi della definizione appena richiamataconcorrono a dar corpo, nell’otticacomunitaria, alla nozione « di base » di cui si èdetto poc’anzi. Ciò vale, evidentemente, per lamatrice fiduciaria del trust ( 13 ) e per il fatto chela fiducia, qui, sia funzionale al soddisfacimentodell’interesse di un terzo – il beneficiario – oalperseguimento di uno scopo determinato ( 14 ).Anche la circostanza che i beni vengano trasferitial trustee in forza di un atto idoneo a farsorgere in capo a quest’ultimo un titolo reale(e non una mera legittimazione a disporre deibeni nell’interesse altrui) sembra costituire,nella Convenzione ( 15 ) come nella prospettiva( 13 ) Se non andiamo errati, ciò basta ad escludereche il negozio fiduciario contemplato dall’art 2645ter c.c., introdotto dall’art. 39 novies del d.l. 30 dicembre2005, n. <strong>27</strong>3, integri un trust <strong>agli</strong> effetti dell’art.1, par. 2, lett. h), del reg. « Roma I ». Sull’art.2645 ter c.c. e le differenze che la fattispecie ivi contemplatapresenta rispetto alla figura del trust, v.Peroni,La norma di cui all’art. 2645-ter: nuovi spunti diriflessione in tema di trust, in Dir. comm. internaz.,2006, p. 575 ss.( 14 ) Il fatto che ai fini della nozione di trust di cuisi parla nel testo debbano potersi tenere distinte lesfere di interessi sopra menzionate (quella del costituente,del trustee e del beneficiario) non è necessariamenteincompatibile col fatto che tali sfere venganoa far capo, in concreto, allo stesso soggetto. Lastessa Convenzione dell’Aja, dal canto suo, prevedeall’art. 2 che per sussumere un rapporto fiduciarionella nozione uniforme sopra richiamata non è decisivoil fatto che il costituente si sia riservato « certainrights and powers », o che il trustee possa rivestire,nel contempo, la qualifica di beneficiario.( 15 ) Questo, secondo l’interpretazione che apparepreferibile, è il senso da attribuire all’art. 2 dellaConvenzione dell’Aja del 1985 nella parte in cuiprevede che, nel trust, « title to the trust assets standsin the name of the trustee »; cfr. Contaldi, Iltrust nel diritto internazionale privato italiano, cit., p.NLCC 3/4-2009


592reg. CE n. 593/2008[Art. 1]comunitaria, un tratto essenziale dell’istituto dicui ci occupiamo. Se così non fosse, in effetti,avrebbe poco senso impiegare per tale istitutoun criterio – quello del « domicilio » del trust– che presuppone la possibilità di localizzare« oggettivamente » il rapporto. L’idea che iltrust abbia un « domicilio » e che in tale luogose ne proiettino gli elementi più significativi(tanto che proprio i giudici del « domicilio »sono abilitati a prendere cognizione delle relativeliti) mostra in effetti che per il legislatorecomunitario l’accento, per questo genere dirapporti, cade sulla « vicenda » cui dà vita l’affidamento,intesa per sé stessa, e sull’assetto diinteressi così generato, più che sull’attività delfiduciario o sulle relazioni personali che a taleattività si ricollegano ( 16 ).Considerazioni fondamentalmente non dissimiliinducono a ritenere che pure l’effetto segregativoconseguente alla costituzione del trust integri,nella stessa ottica comunitaria, un trattotipico dell’istituto. Un confronto anche sommariodegli ordinamenti giuridici nazionali da cuiil trust ha avuto origine mostra, del resto, comela fiducia riposta nel trustee sia pressoché invariabilmente« protetta » dalla garanzia della noncommistione dei beni in discorso con il restantepatrimonio del fiduciario.La definizione contenuta nell’art. 2 dellaConvenzione sembrerebbe poter essere presa ariferimento ai fini della ricostruzione del concetto« comunitario » di trust anche in relazioneaciòche tale definizione non dice, cioè inrapporto <strong>agli</strong> elementi che, pur rinvenendosinella nozione di trust accolta dal diritto inglese,non trovano nel testo convenzionale un esplicitoriconoscimento. Deve così ritenersi che si siain presenza di un trust, tanto ai fini della Convenzionequanto ai fini degli strumenti comunitariche evocano l’istituito, anche quando sitratti di un rapporto fiduciario in cui il beneficiarionon abbia, sul patrimonio in questione,una posizione soggettiva di tipo « proprietario» ( 17 ). Optare per una diversa interpretazioneridurrebbe fortemente l’effetto utile dellenorme comunitarie che disciplinano il trust,escludendo dalla rispettiva sfera di applicazionegli istituti, dichiaratamente modellati sultrust inglese e investiti delle funzioni tipiche ditale figura, che sono stati introdotti all’internodi ordinamenti giuridici che non hanno mai conosciutonulla di simile alla distinzione fra legaled equitable property, che è invece connaturatanella nozione « tradizionale » di trust. In questosenso, appaiono riconducibili al trust – ancheper il diritto comunitario – i rapporti dinatura fiduciaria costituiti, ad es., secondo loschema previsto nel diritto lussemburghese per63 ss. Quella difesa nel testo è, incidentalmente, anchela soluzione accolta nei Principi di diritto europeodel trust (Principles of European Trust Law, acura di Hayton, Kortmann e Verhagen, The Hague,1999), documento « privato » e privo di qualsiasi efficaciavincolante, nato per operare una ricognizionedelle normative sul trust esistenti in vari paesi; all’art.1, par. 1, dei Principi si legge, fra l’altro: « In atrust, a person called the « trustee », owns assets segregatedfrom his private patrimony and must dealwith those assets (the « trust fund ») for the benefitof another person called the « beneficiary » or forthe furtherance of a prurpose » (il corsivo è aggiunto).( 16 ) Indicativi, al riguardo, sono gli argomentispesi a favore dell’introduzione del « foro del trust »nella relazione elaborata da Schlosser (inG.U.U.E. n. C 59 del 5 marzo 1979, p. 71 ss.) per illustrarela Convenzione del 9 ottobre 1978 relativaall’adesione della Danimarca, del Regno Unito e dell’Irlandaalla Convenzione di Bruxelles del 1968 sullacompetenza giurisdizionale e l’esecuzione delledecisione, dove l’ipotesi di una regolamentazionespeciale dell’istituto è stata originariamente affacciatae messa a punto. Per affermare l’inadeguatezzadei criteri « comuni » già presenti nella Convenzionedi Bruxelles, la relazione rileva che « [s]e una personasi trasferisce dal Regno Unito in Corsica, è giustoche, ove non siano competenti fori speciali, essapossa essere convenuta in giudizio, per diritti rivendicatipersonalmente contro di lei, soltanto dinanzigli organi giurisdizionali corsi », ma che qualora talepersona « amministri, sola o con altri, un « trust »relativo a un patrimonio che sia situato e sia stato finoraamministrato nel Regno Unito, non si può pretenderedalle parti o d<strong>agli</strong> altri « trustees » che debbanofar valere il proprio diritto dinanzi <strong>agli</strong> organigiurisdizionali corsi » (par. 113).( 17 )L’art. 1, par. 4, dei già menzionati Principi didiritto europeo del trust, prevede quanto segue « Inrespect of the separate trust fund a beneficiary haspersonal rights and may also have proprietary rightsagainst the trustee and against third parties to whomany part of the fund has been wrongfully transferred» (il corsivo è aggiunto).NLCC 3/4-2009


[Art. 1] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 593( 18 ) Il contratto è ora definito, all’art. 5 della l. <strong>27</strong>luglio 2003 (il testo completo del provvedimento sitrova nella banca dati Legilux; http://www.legilux.public.lu),come « un contrat par lequel une personne,le fiduciant, convient avec une autre personne,le fiduciaire, que celui-ci, sous les obligationsdéterminées par les parties, devient propriétaire debiens formant un patrimoine fiduciaire ». In argomento,v. per tutti Prüm, Trust et fiducie au Luxembourg,inLe trust en droit international privé, cit., p.63 ss.( 19 )L’istituto, introdotto nel 2007, è definito comesegue dall’art. 2011 del code civil: « La fiducie estl’opération par laquelle un ou plusieurs constituantstransfèrent des biens, des droits ou des sûretés, ou unensemble de biens, de droits ou de sûretés, présentsou futurs, à un ou plusieurs fiduciaires qui, les tenantséparés de leur patrimoine propre, agissent dans unbut déterminé au profit d’un ou plusieurs bénéficiaires». L’intero capo XIV del libro III del code civil,dedicato appunto alla fiducie, si legge, nel testo attualmentein vigore, nella banca dati Legifrance (http://www.legifrance.gouv.fr). Sul tema, v. in generaleYaëll, Les fondements conceptuels de la fiduciefrançaise face au trust de la common law: entre droitdes contrats et droits des biens, inRev. int. dr. comparé,2009, p. 49 ss.( 20 ) Significativa, a questo riguardo, la norma dicui all’art. 6, par. 1, della Convenzione, che si aprestabilendo l’assoggettamento del trust alla legge sceltadal costituente (« A trust shall be governed by thelaw chosen by the settlor »).il contrat fiduciaire ( 18 ) o in Francia per la fiducie( 19 ).Contro l’inclusione di tali schemi negozialinel concetto di trust accolto in modo specificodal reg. « Roma I » – e veniamo, così, <strong>agli</strong>aspetti della predetta nozione « di base » chepossono dover essere modulati alla luce dellepeculiari caratteristiche del singolo strumentonormativo considerato – non varrebbe obiettareche il trust, per come è configurato dal dirittoinglese e dalla stessa Convenzione dell’Aja,riflette essenzialmente la volontà di uno deisoggetti in esso coinvolti (il costituente) ( 20 ),laddove il regolamento, rivolgendosi alla disciplinadel fenomeno « contrattuale », sembrerebberivolgersi a fattispecie a struttura quantomeno bilaterale, che le parti concorrono a darvita su un piede di parità. Eciò, per un verso,perché il fatto che un negozio volto a creareobbligazioni consti delle determinazioni di ununico soggetto non vale di per sé a collocaredetto negozio al di fuori di dell’autonomo concettodi « contratto » accolto dal reg. CE n.593/2008 ( 21 ) e, per un altro verso, perché lavolontà del costituente non è comunque in gradodi dar vita da sola all’insieme degli effetti tipicidel trust, non potendosi prescindere, inparticolare, dalla volontà del trustee. Nella stessaprassi inglese, d’altro canto, l’atto costitutivodel trust riveste sovente proprio la forma delcontratto ( 22 ).Ai fini particolari del reg. « Roma I », è invecedi limitata utilità prendere a riferimento certeulteriori connotazioni che il trust deve presentare<strong>agli</strong> effetti della convenzione e di altriatti comunitari che si occupano dell’istituto.Così, nell’ottica dell’esclusione di cui all’art. 1,par. 2, lett. h), del reg. CE n. 593/2008 è probabilmenteindifferente il fatto che l’esistenzadel trust ed il contenuto del relativo atto costitutivosiano provati per iscritto, o meno (comeinvece pretende, ai fini della applicabilità dellaconvenzione, l’art. 3 della Convenzione stessa).E ancora, ma da un diverso punto di vista, èprivo di rilievo ai fini del regolamento stabilirese nella nozione di trust accolta da quest’ultimostrumento normativo rientrino i soli trustcostituiti volontariamente o anche quelli basatisu un titolo giudiziale e quelli creati « in applicazionedella legge », i quali invece rientrano,rispettivamente, nella Convenzione dell’Aja(nella misura in cui ciò sia consentito dallamenzionata dichiarazione prevista dall’art. 20),e nel reg. « Bruxelles I » (come prevede il giàricordato art. 5 n. 6 di tale regolamento): per irapporti fiduciari che si fondano su un atto diversoda un atto di autonomia privata non sipone in radice il problema della applicabilitàdel reg. « Roma I », essendo questo operantecon riguardo alle sole « obbligazioni contrattuali», cioè, per l’appunto, in relazione ai soliatti di autonomia ( 23 ). Allo stesso modo, vistoche la materia successoria si colloca tout courtal di fuori del regolamento conformemente all’art.1, par. 1, lett. c), non ha senso chiedersi( 21 )V.Bertoli, supra, commento sub art. 1, I,par. 4.( 22 ) Contaldi, Il trust nel diritto internazionaleprivato italiano, cit., p. 66.( 23 )V.Bertoli, supra, commento sub art. 1, I,par. 4.NLCC 3/4-2009


594reg. CE n. 593/2008[Art. 1]( 24 ) Su tale figura v. Seatzu, Il trust testamentarioe la Convenzione dell’Aja del 1985 relativa alla leggesui trusts ed al loro riconoscimento: il caso Barton, inDir. comm. internaz., 2004, 269 ss.se l’esclusione in commento comprenda il trustcostituito mortis causa ( 24 ).In conclusione, cadono al di fuori del regimeregolamentare in virtù dell’art. 1, par. 2, lett.g), i conflitti di leggi riguardanti i rapporti fiduciariche, per quanto costituiti sulla base diun atto volontario inter vivos, siano intesi, attraversoil trasferimento della titolarità di unoopiù beni in favore di un amministratore in vistadel soddisfacimento dell’interesse di un certosoggetto o del perseguimento di uno scopodeterminato, a creare un patrimonio separato.Non spetta dunque al reg. CE n. 593/2008 (maalle pertinenti norme di conflitto in vigore nelforo) individuare la legge sulla base della qualeandrà stabilito, ad es., se ed in che termini taleoperazione sia in grado di produrre l’effetto segregativovoluto, o quali conseguenze discendanodalla infedele o negligente amministrazionedel patrimonio de quo da parte del fiduciario( 25 ).Pietro Franzina( 25 )L’individuazione della norma di conflitto destinataa disciplinare le questioni non soggette al regolamentopuò talora non essere semplice. Negli Statimembri, come l’Italia, che siano anche parti dellaConvenzione dell’Aja del 1985 potranno registrarsi,ad es,, dei « conflitti negativi » fra i due strumentinormativi citati. Ciò accade, in particolare, allorché sitratti di accertare, in una situazione implicante unconflitto di leggi, la validità degli atti di natura contrattualecon cui il costituente abbia trasferito al trusteela titolarità del patrimonio fiduciario: tale questionenon viene disciplinata né dal regolamento, inforza dell’art. 1, par. 2, lett. h), in quanto attinenti alla« costituzione » del trust, né dalla Convenzione, ilcui art. 4 colloca espressamente fuori dalla disciplinapattizia le « preliminary issues relating to the validity(...) of (...) acts by virtue of which assets are transferredto the trustee ». La soluzione, in questi casi, vacercata nelle norme di diritto comune, e dunque – inItalia – nell’art. 57 della l. 3 maggio 1995, n. 218, diriforma del sistema italiano di diritto internazionaleprivato. V. Marongiu Buonaiuti, supra, Note introduttive,II, par. 4.VIIISommario: 1.L’art. 1, par. 2, lett. i): l’esclusione dellaresponsabilità precontrattuale dall’ambito di applicazionedel regolamento. – 2. Segue: la natura giuridicadella responsabilità precontrattuale secondo la giurisprudenzadella Corte di giustizia CE. – 3. La responsabilitàprecontrattuale fra i reg. « Roma I » e « RomaII ».( 1 )InG.U.U.E. n. L 199 del 31 luglio 2007, p. 40ss.( 2 ) Parte della dottrina ritiene che tale qualificazioneesplichi un « effetto di trascinamento » sulla1. – Il combinato disposto del 30 o considerandoe degli <strong>artt</strong>. 2 e 12 del reg. CE n. 864/2007dell’11 luglio 2007 sulla legge applicabile alleobbligazioni extracontrattuali (« Roma II »)( 1 )qualifica in maniera autonoma come extracontrattualile obbligazioni derivanti dalle trattativeprecontrattuali ( 2 ). Coerentemente, tali obbligazionisono escluse dall’ambito di applicazionequalificazione del corrispondente istituto nei dirittisostanziali interni (cfr. Marongiu Buonaiuti, Conseguenzedella trasformazione della Convenzione diRoma in regolamento comunitario per il sistema italianodi diritto internazionale privato, inLa legge applicabileai contratti nella proposta di regolamento « RomaI », a cura di Franzina, Padova, 2006, p. 149; Salerno,Le conseguenze del regolamento « Roma I »sulla legge italiana di diritto internazionale privato, neIl nuovo diritto europeo dei contratti: dalla convenzionedi Roma al regolamento Roma I. Atti del Convegno,Milano, 2007, p. 189). Pare a chi scrive che taleeffetto non sia una necessaria conseguenza della soluzioneaccolta nel diritto internazionale privato (e processuale)comunitario, che segue logiche, finalità ecriteri interpretativi propri e differenti rispetto aquelli accolti nel diritto sostanziale interno, essendopertanto pienamente lecita e ammissibile una soluzionedifferente nei due settori: nel medesimo senso Ba-NLCC 3/4-2009


[Art. 1] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 595del reg. « Roma I » ai sensi del suo art. 1, par. 2,lett. i). L’introduzione di una disposizione specificain materia di responsabilità precontrattualenel reg. « Roma II » trova origine in unaposizione comune definita dal Consiglio ( 3 )e,nell’opinione della Commissione, « corrispondealla posizione della Corte europea di giustizia[sic] nella giurisprudenza relativa alla Convenzionedi Bruxelles del 1968 » ( 4 ). Il riferimentoè alla sentenza Tacconi ( 5 ), nella quale la Corte,ai fini della determinazione della competenzagiurisdizionale ai sensi del reg. CE n. 44/2001del 22 dicembre 2000 sulla giurisdizione e il riconoscimentodelle decisioni in materia civile ecommerciale (« Bruxelles I »)( 6 ), ha ritenuto ricompresanella materia extracontrattuale unafattispecie di responsabilità precontrattuale peringiustificata rottura delle trattative. Come discusso( 7 ), secondo la giurisprudenza della Cortedi giustizia CE la nozione di obbligazionecontrattuale deve essere interpretata in manieraautonoma quale « obbligo liberamente assuntoda una parte nei confronti di un’altra » ( 8 ) che,tuttavia, « non esige la conclusione di un contratto» ( 9 ). In applicazione di tali principi, laCorte ha argomentato le proprie conclusioniratta, La natura della culpa in contrahendo secondola sentenza Tacconi, inInt’l lis, 2004, p. 135.( 3 ) Doc. 9751/06 e doc. 9751/06, Add. 1 rispettivamentedell’11 agosto e dell’11 settembre 2006, alsito http://register.consilium.eu.( 4 ) Doc. COM/2006/566 def. del <strong>27</strong> settembre2006, nella banca dati EUR-Lex al sito http://eurlex.europa.eu.( 5 ) Corte giust. CE 17 settembre 2002, causa 334/00, Tacconi, inRaccolta, 2002, p. I-7357 ss.( 6 )InG.U.C.E. n. L 12 del 16 gennaio 2001, p. 1ss., modificato da ultimo dal reg. CE n. 1791/2006del 20 novembre 2006, in G.U.U.E. n. L 363 del 20dicembre 2006, p. 1 ss.( 7 )V.Bertoli, supra, commento sub art. 1, I).( 8 ) V. Corte giust. CE 17 giugno 1992, causa26/91, Handte, inRaccolta, 1992, p. I-3967 ss., punto15; Corte giust. CE <strong>27</strong> ottobre 1998 causa 51/97,Réunion européenne, ivi, 1998, p. I-6511 ss., punto17; Corte giust. CE 17 settembre 2002, causa 334/00,Tacconi, cit., punto 23; Corte giust. CE 5 febbraio2004, causa 265/02, Frahuil, inRaccolta, 2004, p.I-1543 ss., punto 24.( 9 ) Corte giust. CE 17 settembre 2002, causa 334/00, Tacconi, cit., punto 22; Corte giust. CE 20 gennaio2005, causa <strong>27</strong>/02, Engler, inRaccolta, 2005, p.I-481 ss., punto 45.basandosi, in particolare, sull’argomento che,non essendo ravvisabile un « obbligo liberamenteassunto da una parte nei confronti dell’altra», il dovere « di risarcire il preteso pregiudiziorisultante da una rottura ingiustificatadelle trattative potrebbe derivare solo dalla violazionedi norme <strong>giuridiche</strong>, in particolare diquella che impone alle parti di comportarsi secondobuona fede in sede di trattative dirette allaformazione di un contratto » ( 10 ).2. – Secondo i due principali orientamenti inmateria, la distinzione fra obbligazioni contrattualied extracontrattuali nel diritto internazionaleprivato e processuale comunitario si fonderebbe,alternativamente: (i) sul carattere relativoo assoluto dei doveri di condotta che si assumonoviolati, ovvero (ii) sull’origine legale oconvenzionale delle obbligazioni (e del dovererisarcitorio conseguente alla loro violazione)( 11 ). Chi scrive ha ritenuto di poter desumeredalla sentenza Tacconi un principio sistemico,secondo il quale la distinzione fra obbligazionicontrattuali ed extracontrattuali deve essereoperata sulla base del criterio dell’origineconvenzionale ovvero legale delle stesse ( 12 ). Essa,infatti, pare trasporre in ambito comunitarioe implicitamente rifiutare uno dei principali argomentiteorici utilizzati per sostenere la naturacontrattuale delle obbligazioni precontrattualie, al contempo, per fondare la distinzione fra( 10 ) Corte giust. CE 17 settembre 2002, cit., punto25.( 11 ) La prima concezione valorizza l’inciso delladefinizione fornita dalla Corte per cui l’obbligo deveessere assunto « da una parte nei confronti dell’altra», la seconda quello per cui lo stesso deve essere« liberamente assunto ». Nel primo senso, v. ad es.Mari, Il diritto processuale civile della convenzione diBruxelles, Padova, 1999, p. <strong>28</strong>1 ss.; nel secondo Martino,La giurisdizione italiana nella controversie civilitransnazionali, Padova, 2000, p. 242 ss. Per un’efficacesintesi delle due diverse concezioni v. Franzina,La responsabilità precontrattuale nello spazio giudiziarioeuropeo,inRiv. dir. internaz., 2003, p. 718 ss.; Id.,La giurisdizione in materia contrattuale, Padova,2006, p. 219 ss.( 12 )V.Bertoli, Criteri di giurisdizione e legge applicabilein tema di responsabilità precontrattuale allaluce della sentenza Fonderie Meccaniche Tacconi, inRiv. dir. internaz. priv. e proc., 2003, p. 109 ss., e cfr.Bertoli, supra, commento sub art. 1, par. 4.NLCC 3/4-2009


596reg. CE n. 593/2008[Art. 1]( 13 ) Per riferimenti e dett<strong>agli</strong> ulteriori v. Bertoli,supra, commento sub art. 1, par. 4.( 14 ) Corte giust. CE 17 settembre 2002, Tacconicit., punto 25. Nel senso del testo v., fra gli altri,Bianca, sub art. 1, in Legge 31 maggio 1995, n. 218 -Riforma del sistema italiano di diritto internazionaleprivato - Commentario, a cura di Bariatti, in questaRivista, 1996, p. 903; Boschiero, sub art. 58, inCommentario del nuovo diritto internazionale privato,a cura di Pocar et alii, Padova, 1995, p. 1190, in nota13; Carbone, Il nuovo spazio giudiziario europeo 5 ,Torino, 2006, p. 80.( 15 ) Cfr. fra gli altri Mengoni, Sulla natura giuridicadella responsabilità precontrattuale, in Riv. dir.comm., 1956, II, p. 361 ss.; Scognamiglio, voce Responsabilitàcontrattuale ed extracontrattuale, inNoviss.Digesto it., XV, Torino, 1968, p. 671 ss.obbligazioni contrattuali ed extracontrattualisul carattere relativo o assoluto dei doveri dicondotta che si assumono violati ( 13 ). In sintesi,secondo l’interpretazione che ci pare preferibile,la Corte ravvisa un’obbligazione contrattualeogni qualvolta l’obbligazione (e, pertanto, l’obbligorisarcitorio conseguente alla sua violazione)trovi origine in un atto di autonomia privata.Rientra invece nella nozione di obbligazioniextracontrattuali ogni fattispecie in cui non esistaun impegno liberamente assunto dalle partie, conseguentemente, l’obbligazione (e l’obbligorisarcitorio conseguente alla sua violazione)possa « derivare solo dalla violazione di norme<strong>giuridiche</strong> » ( 14 ). Occorre premettere, a tale riguardo,che i fautori della tesi opposta muovonodalla tradizionale osservazione che il termine« responsabilità contrattuale » sia improprio,dovendosi meglio parlare di responsabilità perinadempimento di un’obbligazione, quale ne siala fonte (legale o convenzionale) ( 15 ). Di conseguenza,si accoglie una nozione ampia di obbligazioni« contrattuali », quali ricomprendentiogni « obbligazione », di qualunque origine, eche si distinguerebbero da quelle « extracontrattuali» non appunto in ragione della loro origine,ma in base al carattere relativo o assolutodei doveri di condotta che si assumono violati.Si giunge, pertanto, ad identificare l’illecito civilecome conseguente alla violazione di doveri dicondotta generici e che si impongono erga omnes,e l’illecito « contrattuale » come conseguentealla violazione di doveri sorti in relazionead uno specifico rapporto. La negoziazionedi un contratto genererebbe fra le parti un rapportoe dei doveri di condotta specifici e la responsabilitàprecontrattuale risulterebbe pertanto« contrattuale », in quanto caratterizzatadalla violazione di un dovere di condotta « diportata significativamente diversa e più ampiarispetto a quella dei doveri gravanti sulla massaindifferenziata dei consociati » ( 16 ). La premessadi tale tesi, che pone l’accento sulla responsabilitàper inadempimento di un’obbligazione,indipendentemente dalla fonte che la origina,risulta la più aderente al sistema giuridico italiano( 17 ). Analoga distinzione non è invece rintracciabilein altri ordinamenti, fra cui quellofrancese ( 18 ). L’argomento successivo, secondocui si potrebbe effettuare una partizione fra idoveri imposti dalla legge in relativi ed assoluti,è stato invece sottoposto a talune critiche, in ragionedell’indeterminatezza ed onnicomprensivitàdel principio del neminem laedere, conseguendoneche la violazione dei doveri incombentisulle parti in trattativa dovrebbe considerarsiuna specificazione del principio generaleche impone di non recare ad altri un danno ingiusto.Tale ultima tesi, in particolare, è comunementesostenuta dalla dottrina civilista italianafavorevole alla qualificazione extracontrattualedella responsabilità precontrattuale ( 19 ).Contro la menzionata distinzione, si obietta ul-( 16 ) Davì, La responsabilità extracontrattuale nelnuovo diritto internazionale privato italiano, Torino,1997, p. 98, da cui la citazione; Mari, Il diritto, cit.,p. <strong>28</strong>1 ss. Cfr. anche Garcimartín Alférez, TheRome II Regulation: On the Way towards a EuropeanPrivate International Law Code, inEuropean LegalForum, 2007, p. 89.( 17 ) Sul punto v. per tutti Galgano, Diritto civilee commerciale, II, Le obbligazioni e i contratti, I 3 , Padova,1999, p. 553 e Id., Diritto privato 11 , Padova,2001, p. 354.( 18 ) Cfr. Mazeaud, Chabas, Leçons de droit civil.II. Volume I. Obligations 8 , a cura di Chabas, Paris,1991, p. 44 ss.; Carbonnier, Droit civil, IV, Les obligations22 , Paris, 2000, p. 36 ss. Per una trattazionegenerale della responsabilità precontrattuale nel dirittofrancese v. Schmidt-Szalewski, La périodeprécontractuelle en droit français, inRev. intern. dr.comparé, 1990, p. 545 ss.; De Coninck, Le droit communde la rupture des négociations précontractuelles,in Le processus de formation du contrat, a cura di Fontaine,Bruxelles, 2002, p. 15 ss., spec. p. 19 ss.( 19 ) V. per tutti Sacco, La preparazione del contratto,inIl contratto 3 , a cura di Sacco e De Nova, inTratt. dir. priv. Rescigno, Torino, 2002, p. 510.NLCC 3/4-2009


[Art. 1] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 597( 20 ) Bianca, Diritto civile, III, Il contratto 2 , Milano,2000, p. 158: « la circostanza che l’obbligo dibuona fede debba essere osservato dai contraenti nel“rapporto” precontrattuale non vuol dire che si trattidi un rapporto obbligatorio fra soggetti determinati.Tutti i generici doveri della vita di relazione si concretanoin comportamenti doverosi nei confronti di colorocon cui si entra in contatto. Così, ad es., le regole dicircolazione stradale si traducono in determinaticomportamenti che l’utente deve di volta in volta tenererispetto ad altri utenti senza che si costituiscanorapporti obbligatori » (corsivo aggiunto).( 21 ) Per un’analoga conclusione in un sentenza relativaalla responsabilità precontrattuale degli organicomunitari (nello specifico, il Parlamento) nella trattativacon soggetti privati, cfr. Trib. primo grado 17dicembre 1998, causa 203/96, Embassy Limousines,in Raccolta, 1998, p. II-4239 ss.teriormente che la previsione del dovere di correttezzaall’interno dello specifico rapporto fra isoggetti in trattativa costituisce la traduzione diuna regola giuridica astratta in una regola dicondotta concreta. Il generico dovere del neminemlaedere, infatti, si concretizza, nel rendereobbligatori specifici comportamenti, a secondadei soggetti e delle circostanze con i quali si interagisce( 20 ).La Corte di giustizia sembra aderire a tale ultimaprospettiva. Infatti, la distinzione fra obblighirelativi ed assoluti era stata avanzata nelleosservazioni presentate alla Corte nel corso delgiudizio. Essa è stata respinta dalla Corte, cheha invece posto l’accento esclusivamente sullafonte del dovere di buona fede e dell’obbligo risarcitorioconseguente alla sua violazione, affermandola qualificazione extracontrattuale neicasi in cui venga fatta valere la violazione deidoveri di correttezza precontrattuale che discendanodalla legge, e in cui di conseguenzal’eventuale obbligo di risarcimento trovi in essala propria fonte esclusiva. Risulta quindi irrilevanteper la Corte che i menzionati doveri dicondotta si impongano indistintamente a tutti iconsociati, o piuttosto con particolari specificazionialle parti in trattativa. Assume, al contrario,rilievo giuridico esclusivo che questi ultimisiano previsti dalla legge, e che l’obbligo di risarcimentoconseguente alla loro violazione trovipertanto origine in questa, invece che in unregolamento voluto dalle parti ( 21 ).L’applicazione alla responsabilità precontrattualedel criterio distintivo fra obbligazioni contrattualied extracontrattuali basato sull’origineconvenzionale dell’obbligazione implica una distinzionenella sua qualificazione secondo ledue differenti ( 22 ) (e talvolta trascurate in letteratura)ipotesi in cui la stessa può assumere rilievogiuridico, vale a dire: (i) ingiustificata rotturedelle trattative, e (ii) rapporto perfezionatononostante la, o a causa della, violazione dei doveridi correttezza nella negoziazione ( 23 ). Nell’ipotesisub (i), sussiste un obbligo di esclusivafonte legale e, pertanto, la responsabiltà precontrattualedovrebbe qualificarsi come extracontrattuale( 24 ). Nell’ipotesi sub (ii), in generale,« la culpa in contrahendo rileva ai fini di [invalidare]oppure ottenere un indennizzo o un risarcimentodel danno relativamente ad un rapportocontrattuale concluso » ( 25 ). La fonte dell’obbligoin tale caso dovrebbe ritenersi convenzionale,e la responsabilità precontrattuale assumerebbedi conseguenza qualificazione contrattuale( 26 ).( 22 ) Per tale distinzione cfr. tra gli altri Schmidt,La sanction de la faute précontractuelle, inRev. trim.dr. civil, 1974, p. 46 ss.; Carbonnier, Droit civil cit.,p. 71 ss.; Viney, Traité de droit civil. Introduction à laresponsabilité 2 , Paris, 1995, p. 356 ss.; Farnsworth,Precontractual Liability and Preliminary Agreements:Fair Dealing and Failed Negotiations, inColumbiaLaw Review, 1987, p. 217 ss.; Alvarez González,La ley aplicable a la responsabilidad precontractual end.i.pr. español, inRev. esp. der. int., 1990, p. 125 ss.( 23 ) La distinzione, come noto, è espressa nell’ordinamentoitaliano: v. risp. gli <strong>artt</strong>. 1337 e 1338 c.c.( 24 ) In tal senso anche la Proposition pour une conventioneuropéenne sur la loi applicable aux obligationsnon contractuelles elaborata dal Gruppo europeodi diritto internazionale privato (in Riv. dir. internaz.priv. e proc., 1999, p. 386 ss., con commentodi Fallon).( 25 ) Carbone, Il nuovo spazio, cit., p. 82.( 26 ) Le domande, in tali ipotesi, potrebbero esseremolteplici ed eterogenee: in particolare potrebberoriguardare la nullità, l’annullamento, la rescissione ola risoluzione del contratto, alternativamente o cumulativamenteal risarcimento dei danni causati dallaviolazione della buona fede precontrattuale; potrebbero,inoltre, essere avanzate pretese relative alla faseesecutiva del contratto medesimo. Potrebbe sorgereil dubbio se la domanda di risarcimento del dannodebba anch’essa qualificarsi come contrattuale, inparticolare nel caso di contratto successivamente invalidato.Ci pare, al riguardo, che la conclusione delcontratto possa ritenersi esplicare una vis attractiva diogni aspetto della domanda, con il conseguente van-NLCC 3/4-2009


598reg. CE n. 593/2008[Art. 1]taggio di evitare conflitti di qualificazione relativamentea fattispecie analoghe: in tal senso v. Kaye, CivilJurisdiction and Enforcement of Foreign Judgments,Oxford, 1987, p. 571; Id., Law of the European JudgmentsConvention, Chichester, 1999, p. 864.( <strong>27</strong> ) Salerno, Giurisdizione ed efficacia, cit., p.122 s.( <strong>28</strong> ) In merito v. amplius Bertoli, supra, commentosub art. 1, I, par. 4.( <strong>29</strong> ) Recentemente, tale qualificazione è stata adottatain una controversia sorta in relazione all’invio, daparte di un professionista al domicilio di un consumatoree in assenza di qualsiasi richiesta da parte diquest’ultimo, di una lettera che lo designava per nomecome vincitore di un premio, qualificando tale attounilaterale quale un « obbligo giuridico liberamenteassunto da un parte nei confronti dell’altra »:Corte giust. CE 20 gennaio 2005, cit., punti 51 ss.Cfr. altresì le conclusioni dell’avv. gen. Tizzano presentateil 10 novembre 2005 nella causa 234/04,Kapferer, punti 41 ss. e, in senso parzialmente difforme,quelle dell’avv. gen. Trstenjak presentate l’11 settembre2008 nella causa 180/06, Ilsinger, punti 44 ss.,entrambe nella banca dati EUR-Lex (http://eurlex.europa.eu).Sul tema v. Biscioni, La legge regolatricedelle promesse unilaterali: il sistema italiano didiritto internazionale privato e la convenzione di Romadel 1980, inRiv. dir. internaz. priv. e proc., 2008,p. 713 ss.Come rilevato in passato, la soluzione accoltadalla Corte è destinata a creare taluni inconvenientiapplicativi nei casi in cui l’esistenza delcontratto sia controversa, non infrequente datoil fenomeno di c.d. formazione progressiva ditaluni contratti internazionali. Inoltre, come accennato,la Corte non richiede la « conclusione» di un contratto al fine di riconoscere sussistenteun’obbligazione contrattuale (di naturadunque convenzionale e non legale). In terminigenerali, tale statuizione espleta l’effetto praticodi ricomprendere nella definizione ogni situazionein cui « vengano a determinarsi “obbligazionireciproche e interdipendenti” anche pereffetto di determinazioni unilaterali cui la leggericonnette effetti obbligatori nei confronti dellacontroparte » ( <strong>27</strong> ). Rientrano di conseguenzanell’ampia ( <strong>28</strong> ) nozione di materia contrattualeaccolta dalla Corte, in particolare, talune promesseunilaterali ( <strong>29</strong> ). Per quanto tale ricostruzioneappaia adeguata ai fini applicativi, devenondimeno rilevarsi che potrebbe essere dubitabile,perlomeno nei casi più frequenti, che intali circostanze non sia ravvisabile un’obbligazionedi fonte contrattuale. Come sopra discusso,infatti, da un punto di vista di teoria generaleè ammissibile un contratto a formazione nonbilaterale, vale a dire che si conclude per effettodella sola manifestazione di volontà di una delleparti, cui la legge conferisce effetti obbligatoriin ragione dell’adesione al principio secondocui la sfera giuridica di un soggetto può esserealterata in melius, manonin peius, dalla dichiarazioneunilaterale altrui ( 30 ). Posto tale principio,è ovviamente irrilevante ai fini qualificatoriche determinazioni unilaterali cui la legge riconnetteeffetti obbligatori siano assunte in sede ditrattativa precontrattuale o altrove: tali fattispeciesaranno sempre ricomprese nella nozione dimateria contrattuale accolta dalla Corte e quindiqualificate come contrattuali ( 31 ).3. – Se quanto precede è esatto, ne consegueche, diversamente da quanto sostenuto dalla( 30 )V.Bertoli, supra, commento sub art. 1, I,par. 4.( 31 ) Salerno, Le conseguenze del regolamento« Roma I », cit., p. 188. Ciò potrebbe avvenire, adesempio, quando « le parti abbiano assunto obblighiparziali o provvisori nel corso di trattative (...) ovveroabbiano formalmente concluso l’impegno di trattarein buona fede, ovvero abbiano perfezionato un accordoche si riveli successivamente invalido »: v.Baratta,La natura, cit., p. 136. Una posizione analogaparrebbe sostenuta, pur senza argomentazioni a sostegno,da Volders, Culpa in Contrahendo in theConflict of Laws. A Comment on Article 12 of the RomeII Regulation,inYearbook of Private InternationalLaw, 2007, p. 130 (che porta gli esempi di lettered’intenti, memorandum of understandings e heads ofagreements). In particolare, i documenti precontrattualipotranno rilevare ai fini della qualificazionecontrattuale ove d<strong>agli</strong> stessi si possa ricavare la contrattualizzazionedell’obbligo di trattare in buona fedeo, comunque, la sussistenza di un autonomo vincolocontrattuale ai sensi della giurisprudenza dellaCorte: in merito v., ad es., Cour d’appel Paris 13maggio 1988, in Dir. comm. internaz., 1990, p. 398ss., con nota di Draetta, nel senso che i documentiprecontrattuali non possano dare origine a impegnivincolanti se troppo schematici nella forma e ambiguinel contenuto. Per diversi altri esempi al riguardo v.Bortolotti, Manuale di diritto commerciale internazionale,I, Diritto dei contratti internazionali 2 , Padova,2001, p. 168 ss. Cfr. altresì Capecchi, Il valoregiuridico delle lettere d’intenti, inDir. comm. internaz.,2001, p. 383 ss.NLCC 3/4-2009


[Art. 1] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 599Commissione ( 32 ), la soluzione accolta dal combinatodei reg. « Roma I » e « Roma II » circa laqualificazione della responsabilità precontrattualeha carattere innovativo e non meramentericognitorio della giurisprudenza della Corte digiustizia. L’art. 1, par. 2, lett. i) del reg. « RomaI », infatti, si limita ad escludere la culpa in contrahendodall’ambito di applicazione dello stesso,mentre il reg. « Roma II » dispone che lalegge individuata sulla base dei criteri ivi contenutiè applicabile alla culpa in contrahendo (i)qualificata in maniera autonoma ( 33 ), (ii) « aprescindere dal fatto che il contratto sia stato effettivamenteconcluso o meno » ( 34 ),e(iii) dunque,in via esemplificativa, sia alla « violazionedell’onere di informare » che all’« interruzionedelle trattative contrattuali » ( 35 ). Il reg. « RomaI » pare dunque fare propria la lettura della decisionedella Corte sopra proposta, al contemposuperandola e qualificando, ai fini dell’individuazionedella legge applicabile, la responsabilitàprecontrattuale come avente natura extracontrattualeindipendentemente dall’origine(legale o convenzionale) del relativo obbligo risarcitorio.Tale soluzione pare perseguire finalità di semplificazionee dunque dettata principalmente daconsiderazioni di carattere pragmatico ( 36 ). Adavviso di chi scrive, ponendosi al confine fra responsabilitàcontrattuale ed extracontrattuale, iltema della culpa in contrahendo dovrebbe essereaffrontato in chiave sistematica considerando ireg. Roma I e Roma II in ottica complessivaquali atti che, in combinato disposto, dettano larelativa disciplina, e non piuttosto quale un temaafferente la mera delimitazione dell’ambitod’applicazione dei due strumenti isolatamenteconsiderati ( 37 ). La decisione di riportare l’interadisciplina all’interno di uno di tali atti paredunque perseguire la finalità pratica di evitareproblemi di coordinamento che sarebbero conseguitialla frammentazione della disciplina fra idue atti ( 38 ). Nondimeno, la pragmaticità dellasoluzione rappresenta al contempo il suo limite,in quanto la carenza di un solido impianto teoricosottostante determina taluni difetti di coordinamentosia fra i reg. « Roma I » e « RomaII », sia fra questi due ultimi e il reg. « BruxellesI ».Circa il primo difetto di coordinamento, devesubito chiarirsi che i problemi maggiori nonpaiono porsi sul profilo generale dell’individuazionedella legge applicabile. Senza poter approfondirein dett<strong>agli</strong>o la disciplina di cui al reg.« Roma II », ai senso dello stesso la culpa in contrahendoè disciplinata, in primo luogo ( 39 ) ( 40 )dalla legge che si applica al contratto o che sarebbestata applicabile al contratto se lo stessofosse stato concluso (art. 12 par. 1). Nei casi incui la legge applicabile « non può essere determinata» secondo quanto precede, si applicherà,alternativamente (art. 12 par. 2): (i) la leggedel paese in cui si verifica il danno, indipendentementedal paese nel quale si è verificato il fattoche ha determinato il danno e a prescinderedal paese o dai paesi in cui si sono verificate le( 32 ) Supra, nt. 4.( 33 ) Cfr. il 30 o considerando.( 34 ) Art. 12.( 35 )30 o considerando.( 36 ) Cfr. anche Tubeuf, Enrichissement sans cause,gestion d’affaires et « culpa in contrahendo », inRev.dr. comm. belge, 2008, p. 535 ss.( 37 ) Per tale osservazione v. già «Comments onthe European Commission’s Green paper on theconversion of the Rome convention of 1980 on thelaw applicable to contractual obligations into a Communityinstrument and its modernization », a curadel Max-Planck-Institut für ausländisches und internationalesPrivatrecht, al sito http://europa.eu, p.93(anche in RabelsZ, 2004, p. 1 ss.). In argomento Lagardee Tenenbaum, De la Convention de Rome aurèglement Rome I, inRev. crit. dr. internat. privé,2008, p. 779.( 38 ) In tal senso invece la proposta del Max-Planck-Institutfür ausländisches und internationales Privatrecht,cit. alla nt. precedente, che proponeva di inserirela responsabilità per ingiustificata rottura delletrattative nel reg. « Roma I » e ogni altra ipotesi di responsabilitàprecontrattuale nel reg. « Roma II ».( 39 )Il30 o considerando specifica, peraltro, chel’art. 12 comprende solo le obbligazioni extracontrattualiche presentano un collegamento diretto con letrattative precontrattuali, e « ciò significa che, se durantele trattative precontrattuali una persona subiscelesioni alla sfera personale, si dovrebbero applicarel’articolo 4 o altre disposizioni pertinenti » del reg.« Roma II ».( 40 ) Salvo ove sia ravvisabile un’optio legis, consentitaai sensi e nei termini di cui all’art. 14 del reg.« Roma II » e che potrebbe essere contenuta, ad es.,in documenti precontrattuali che investano le trattativein maniera vincolante fra le parti, non infrequentinella pratica.NLCC 3/4-2009


600reg. CE n. 593/2008[Art. 1]conseguenze indirette del fatto, ovvero (ii) seleparti hanno la loro residenza abituale nel medesimopaese nel momento in cui si verifica il fattoche determina il danno, la legge di tale paese;fermo restando (iii) che se dal complesso dellecircostanze del caso risulta evidente che l’obbligazioneextracontrattuale che deriva da trattativeprecontrattuali presenta collegamenti manifestamentepiù stretti con un paese diverso, siapplicherà tale legge. L’art. 12 par. 1 effettuadunque una sorta di « richiamo interno » al reg.« Roma I » (e alla Convenzione di Roma nel suoresiduo ambito di applicazione), in quanto lalegge applicabile al contratto o che sarebbe stataapplicabile al contratto se lo stesso fosse statoconcluso sarà individuata in applicazione di talistrumenti ( 41 ). Il criterio di collegamento principaleprescelto, pertanto, non riflette in manieradiretta la qualificazione extracontrattuale dellaresponsabilità precontrattuale accolta dal regolamento:basti considerare, infatti, che lo stessocriterio era proposto da chi sosteneva la qualificazionecontrattuale e la riconduzione di partedella materia al reg. « Roma I » ( 42 ). È ipotizzabileche lo stesso criterio sarebbe stato accoltoove tutta o parte della materia fosse stata compresanell’ambito di applicazione del reg. « RomaI ». Pertanto, la differenza nella disciplinacomplessiva che sarebbe conseguita a una qualificazionecontrattuale di tutta o parte della materiadipende in larga misura da quanto estensivamentesarà interpretato l’inciso secondo cui lalegge applicabile « non può essere determinata», da cui discende l’applicazione di criteri dicollegamento sussidiari di cui all’art. 12 par. 2del reg. « Roma II », chiaramente riflettenti laqualificazione extracontrattuale.Il menzionato difetto di coordinamento attiene,invece, alla circostanza che l’art. 12, par. 1,( 41 ) Questa soluzione pare a chi scrive preferibilein ottica intertestuale e teleologica alla diversa tesi,pur autorevolmente sostenuta, secondo cui in tali circostanzesi applicherebbero le norme di conflitto interne,in ragione della formale esclusione della materiadella responsabilità precontrattuale dal reg. « RomaI »: v.Lagarde, La culpa in contrahendo à lacroisée des règlements communautaires, inNuovi strumentidel diritto internazionale privato. Liber FaustoPocar, a cura di Bariatti e Venturini, Milano, 2009, p.598 ss.( 42 ) V. il doc. cit. alla nt. 37.lett. e) del reg. « Roma I » dispone che la leggeapplicabile al contratto disciplina anche le conseguenzedella nullità dello stesso. La corrispondentedisposizione della Convenzione diRoma (art. 10, par. 1, lett. e)), come noto, è oggettodi riserve da parte di Italia e Gran Bretagna,nei cui ordinamenti tali questioni sono ritenutedi natura extracontrattuale. Non essendoammissibili riserve per i regolamenti comunitari,parte della dottrina ha ritenuto di poter dedurredall’applicabilità di tale disposizione chela responsabilità precontrattuale conseguentealla violazione del dovere di informare l’altraparte di cause di invalidità del contratto conosciuteo conoscibili (fattispecie disciplinata nell’ordinamentoitaliano dall’art. 1338 c.c.) rientrinell’ambito di applicazione del reg. Roma I, costituendo« un peculiare aspetto delle “conseguenzedella nullità del contratto” »( 43 ) (parrebbe,solo ove la nullità sia il tipo di invaliditàinvocata). L’argomento secondo cui talune disposizionidella Convenzione di Roma investonola fase precontrattuale era già stato utilizzatodalla dottrina favorevole alla qualificazione contrattualedella materia ai fini dell’individuazionedella legge applicabile ( 44 ). Tali argomenti, ingenerale, e la tesi sopra riportata, nello specifico,paiono difficilmente sostenibili alla luce delrinnovato diritto positivo, che sembra imporrein maniera inequivoca la qualificazione extracontrattualedi ogni forma di responsabilità indiscorso ai fini dell’identificazione dell’ambitodi applicazione degli strumenti comunitari,questione logicamente preordinata rispetto alladeterminazione delle materie disciplinate dallalegge individuata come applicabile in applicazionedegli stessi. Ne dovrebbe conseguire chel’art. 12, par. 1, lett. e) del reg. « Roma I » dovrebbetrovare applicazione esclusivamente nellamisura in cui lo stesso risulti operante in virtùdel richiamo interno operato dal reg. « RomaII » ( 45 ).( 43 ) Garofalo, Il coordinamento tra le proposte diregolamento « Roma I » e « Roma II »,neIl nuovo dirittoeuropeo dei contratti cit., p. 209.( 44 ) Davì, La responsabilità, cit., p. 91 ss. e cfr. Baratta,La natura, cit., p. 136.( 45 ) Conforme Crespi Reghizzi, La legge regolatricedelle conseguenze restitutorie e risarcitorie dellanullità del contratto nei regolamenti Roma I e RomaII, inLa nuova disciplina comunitaria della legge ap-NLCC 3/4-2009


[Art. 1] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 601Più complesso appare invece il tema del coordinamentodei reg. « Roma I » e « Roma II »con il reg. « Bruxelles I », ponendosi in meritola questione della trasposizione « intertestuale »della qualificazione della responsabilità precontrattualeoperata nei primi due (ai fini della determinazionedella legge applicabile) al terzo (aifini giurisdizionali). Come discusso, infatti, laqualificazione operata da tali strumenti divergedalla soluzione adottata dalla Corte ai fini delladeterminazione della competenza giurisdizionaleai sensi del reg. « Bruxelles I », che proponead un’impresa o ad un gruppo di imprese o adun settore professionale o interprofessionale.Nell’ambito di applicazione della norma sono,dunque, ricomprese, tra l’altro, anche le associazionidi categoria, nonché le casse di previdenzadegli ordini professionali.Ai fini di qualificare le imprese di assicurazioneescluse dall’ambito di applicazione del regolamento,viene richiamato l’art. 2 della dir.2002/83/CE del 5 novembre 2002, relativa all’assicurazionesulla vita ( 2 ), secondo il quale la« direttiva riguarda l’accesso alle attività non salariatedell’assicurazione diretta, praticate dalleimprese che sono stabilite in uno Stato membroo che desiderano stabilirvisi ».Con riguardo all’ambito oggettivo dell’esclusione,sebbene il regolamento non richiami lacitata direttiva, ancora una volta l’eccezionecorrisponde esattamente alle valutazioni – materialied internazionalprivatistiche – già accoltedalla dir. 2002/83/CE che, all’art. 3, par. 3, dichiaradi non applicarsi nelle ipotesi di « operazionieffettuate da enti diversi dalle imprese dicui all’art. 2, aventi lo scopo di erogare ai lavoplicabileai contratti (Roma I), a cura di Boschiero, incorso di pubblicazione.una qualificazione contrattuale per le ipotesi incui un legame contrattuale sia esistente. Il temanon è suscettibile di approfondimento in questasede; può tuttavia osservarsi in termini generalie metodologici che, per quanto il parallelismofra ius e forum e, più in generale, la coerenzanell’interpretazione dei relativi strumenti siacertamente un obiettivo del diritto internazionaleprivato e processuale comunitario, lo stessonon è un valore assoluto e soluzioni differentipotrebbero essere ammesse in ragione dellespecifiche finalità perseguite dai singoli strumenticomunitari e delle peculiarità delle lorospecifiche disposizioni.Paolo BertoliIXSommario: 1.L’art. 1, par. 2, lett. j): ragioni dell’esclusioneivi prevista. La qualificazione delle fattispeciecomprese nell’ambito di applicazione della normaquali obbligazioni contrattuali. – 2. Il rapporto tral’art. 1, par. 2, lett. j), del reg. CE n. 593/2008 e il dirittointernazionale privato comune. L’ambito di operativitàdell’art. 57 della l. n. 218/95.1. – L’art. 1, par. 2, lett. j), del reg. CE n. 593/2008 esclude dal proprio ambito di applicazioneuna particolare categoria di contratti di assicurazionesulla vita non ricompresa, al contrario,tra le materie escluse dalla Convenzione diRoma. La ragione di tale nuova esclusione, infatti,è una naturale conseguenza dell’introduzionedell’art. 7, con cui si estende, invece, ilcampo di applicazione del regolamento ai contrattidi assicurazione ( 1 ).La norma dispone che il regolamento non siapplica ai contratti di assicurazione « relativi alcaso di decesso, al caso di vita o al caso di cessazioneo riduzione d’attività, o al caso di malattiaprofessionale o di infortunio sul lavoro » chederivano da operazioni contrattuali effettuateda imprese che non sono stabilite in uno Statomembro. I contratti indicati hanno lo scopo dierogare le prestazioni assicurative a favore di lavoratoriautonomi o dipendenti, riuniti in seno( 1 )V.Pizzolante, infra, commento sub art. 7.( 2 )InG.U.C.E. n. L 345 del 19 dicembre 2002, p.1 ss., direttiva modificata da ultimo dalla dir. 2008/19/CE dell’11 marzo 2008 (in G.U.U.E. n.L76del19 marzo 2008, p. 44 ss.).NLCC 3/4-2009


602reg. CE n. 593/2008[Art. 1]( 3 ) Con riguardo alla legislazione comunitaria riguardanteil settore della sicurezza sociale, che nonabbraccia gli schemi della previdenza complementare,cfr. il reg. CEE n. 1408/1971 del 14 giugno 1971,relativo all’applicazione dei regimi di sicurezza socialeai lavoratori dipendenti e ai loro familiari che sispostano all’interno della Comunità (in G.U.C.E. n.L 149 del 5 luglio 1971, p. 2 (sostituito, a partire dallafine del 2009, dal reg. CE n. 883/2004, in G.U.C.E. n.L 166 del 30 aprile 2004, p. 1 ss.), che ha lo scopo dicoordinare le legislazioni nazionali sulla sicurezza socialeper garantire a tutti i lavoratori cittadini degliStati membri, nonché ai loro aventi diritto, la paritàdi trattamento e il beneficio delle prestazioni di sicurezzasociale, qualunque sia il luogo di occupazione odi residenza. Tale regolamento, comunque, contemplail coordinamento – non già l’armonizzazione –delle legislazioni degli Stati membri e lascia pertantosussistere differenze tra i regimi previdenziali degliStati membri. Cfr. in argomento, Lugato, Assicurazionisociali e diritto internazionale privato, Milano,1994.( 4 ) Le prestazioni di assicurazione relativi al casodi decesso, al caso di vita o al caso di cessazione o riduzioned’attività, o contro gli infortuni sul lavoro ele malattie professionali, in quanto parte di un regimedi previdenza sociale, non sono armonizzate dal dirittocomunitario. Cfr., segnatamente, l’art. 2, n. 2, dellaratori, dipendenti o non, riuniti nell’ambito diun’impresa o di un gruppo di imprese o di unsettore professionale o interprofessionale, prestazioniin caso di decesso, in caso di vita o incaso di cessazione o riduzione d’attività, sianogli impegni risultanti da tali operazioni copertio meno integralmente ed in ogni momento dariserve matematiche ».I contratti di assicurazione vita citati – compresinell’ambito di applicazione del regolamentoqualora prestati da imprese stabilite nelterritorio comunitario – coincidono con le assicurazionicomplementari praticate in manierasempre più diffusa dalle imprese di assicurazionenei diversi Stati membri. Come è noto, infatti,a causa dei profondi cambiamenti demograficie del mercato del lavoro, negli ultimi anni, si èaffermata la crisi del modello tradizionale diwelfare State, e in particolare dei sistemi previdenzialie pensionistici.Per tali sistemi manca una disciplina di tipouniforme a livello comunitario ( 3 ); le difficoltàrelative all’emanazione di tale normativa derivanoda una serie di fattori da cui non è possibileprescindere ( 4 ). Innanzi tutto occorre considerareche, così come avviene per i regimi previdenzialipubblici, esistono in materia di previdenzaintegrativa profonde differenze di trattamentoriservate ai lavoratori dei diversi Statimembri, sia riguardo alle prestazioni erogate,sia in relazione ai contributi che possono essereversati solo dal datore di lavoro o da entrambi icontraenti. Variabili sono inoltre l’anzianitàcontributiva ed assicurativa richieste per il sorgeredei diritti dedotti in contratto.Inoltre, è utile constatare che la tutela offertadai diversi schemi complementari varia da Statomembro a Stato membro poiché, essendo il finedi questi schemi garantire una protezione aggiuntivae non sostitutiva a quella statale, il livellodi tale protezione dipende da quello offertodal regime pubblico ( 5 ). Tuttavia, se da un pun-dir. 92/49/CEE del 18 giugno 1992, che coordina ledisposizioni legislative, regolamentari ed amministrativeriguardanti l’assicurazione diretta diversa dall’assicurazionesulla vita e che modifica le dirr. 73/239/CEE e 88/357/CEE (terza direttiva assicurazione« non vita »), in G.U.C.E. n. L 2<strong>28</strong> dell’11 ottobre1992, p. 1 ss., che stabilisce che « [l]a presente direttivanon riguarda né le assicurazioni ed operazioni,né le imprese ed istituzioni che esulano dall’ambitodi applicazione della dir. 73/239/CEE, né gli enti dicui all’articolo 4 della prima direttiva ». Ai sensi dell’art.2, n. 1, della prima dir. 73/239/CEE del 24 luglio1973, recante coordinamento delle disposizionilegislative, regolamentari ed amministrative in materiadi accesso e di esercizio dell’assicurazione direttadiversa dall’assicurazione sulla vita (in G.U.C.E. n. L2<strong>28</strong> del 16 agosto 1973, p. 3 ss.), « [l]a presente direttivanon riguarda ... d) le assicurazioni comprese inun regime legale di sicurezza sociale ». V. anche l’art.3 n. 4 della dir. 83/2002/CE, secondo il quale « lapresente direttiva non riguarda: le assicurazioni compresein un regime legale di sicurezza sociale ».( 5 ) I regimi pubblici di base occupano un postodecisamente centrale nei sistemi di protezione socialedegli Stati membri e sono destinati ad assicurare ancorauna quota molto importante delle prestazionipensionistiche, ma, per consentire loro di svolgerequesto compito senza intaccare la solidità del bilanciopubblico, gli Stati membri dovranno impegnarsiad adattare i relativi finanziamenti alla realtà demografica,lasciando sempre più spazio alle forme diprevidenza complementare. Tutti i regimi pensionisticisi articolano intorno a tre pilastri: il primo pilastroè il regime pubblico di base per le pensioni divecchiaia generalmente a partecipazione obbligatoria.I regimi di questo tipo sono finanziati, per lamaggior parte, sulla base del principio di ripartizio-NLCC 3/4-2009


[Art. 1] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 603to di vista di politica legislativa una siffattaesclusione si spiega in considerazione dellaestrema disomogeneità delle formule, delle istituzionie delle discipline nazionali, è indubbioche l’assenza di una disciplina comune in questosettore rischia di costituire un ostacolo alconseguimento degli obiettivi comunitari, e percerte categorie di lavoratori, un ostacolo allamobilità nel mercato del lavoro comunitario ( 6 ).Un ulteriore profilo di difformità deriva dallanatura obbligatoria o volontaria dell’adesioneallo schema da parte dei datori di lavoro nonchédei lavoratori appartenenti ad una determinataimpresa o ad un determinato settore industriale.La scelta di rendere obbligatoria l’adesione aschemi di previdenza complementare collettiva,soprattutto a livello settoriale, è in genere supportatada alcune fondamentali ragioni fra lequali l’estensione della copertura anche alle fascedi lavoratori più deboli che difficilmenteaderirebbero volontariamente a forme complementaridi assicurazione, e una maggiore mobilitàdel lavoro, grazie alla mutuabilità dei dirittimaturati all’interno di uno schema che copre unsettore di lavoratori. È altrettanto possibile cheforme obbligatorie di assicurazione possano reprimerela libertà individuale nella scelta del risparmioprevidenziale ( 7 ).Per quanto riguarda le modalità di costituzionedi uno schema complementare, nel caso diiniziativa pubblica l’assicurazione viene istituitaper mezzo di un provvedimento di legge chestabilisce le modalità di funzionamento delloschema. Nell’ipotesi di iniziativa privata, la costituzionedello schema avviene attraverso unaccordo tra le parti sociali, che definisce le modalitàdi funzionamento dello schema stesso nelne, il che significa che i contributi versati dai lavoratoriin attività sono utilizzati per finanziare le prestazionia favore dei pensionati. Le prestazioni pensionistichesono garantite dallo Stato e il regime è gestitoda un ente pubblico; il secondo pilastro adotta il metododella capitalizzazione: il datore di lavoro eilavoratoricostituiscono un fondo di risparmio che vieneinvestito e con il quale sono finanziate le prestazionipensionistiche future; il terzo pilastro raggruppai contratti individuali stipulati direttamente con ifornitori di prodotti pensionistici, generalmente impresedi assicurazione del ramo vita. Lo sviluppo dellaprevidenza complementare in Italia è un fenomenorecente. In passato la generosità della copertura fornitadal sistema pensionistico pubblico di base ha difatto reso inesistente la domanda, e quindi l’offerta,di forme pensionistiche integrative, che si sono sviluppatesolo in particolari settori. Per un’analisi, v. ilLibro Verde della Commissione su I regimi pensionisticiintegrativi nel mercato unico (doc. COM/1997/<strong>28</strong>3 def.). Per una presentazione dei tre pilastri dellaprevidenza pensionistica, v. la Comunicazione dellaCommissione al Consiglio, al Parlamento europeo eal Comitato economico e sociale, in G.U.C.E. n. C165, dell’8 giugno 2001, p. 4, punto 2.1. In dottrina,tra gli altri, Cinelli, Mercato unico europeo e sicurezzasociale, inRiv. it. dir. lav., 1990, p. 8 ss.; Bozzao ePessi, La previdenza pensionistica complementare inEuropa: analisi comparata, inIl sistema previdenzialeeuropeo, a cura di Pessi, Padova, 1993, p. 93 ss.( 6 ) Normalmente le assicurazioni contro gli infortunisul lavoro, le malattie professionali ed in generela previdenza complementare, fornite da compagnieassicuratrici private sono organizzate secondo fini dilucro e non contengono gli elementi di solidarietàpresenti nei regimi di previdenza sociale obbligatori.Sulla differenza tra regimi assicurativi complementarie previdenza sociale obbligatoria, cfr., Corte giust.CE <strong>28</strong> aprile 1999, causa 158/96, Kohll, inRaccolta,1999, p. I-1931 ss., punti 17 s.; Corte giust. CE 21settembre 1999, causa 67/96, Albany, ivi, 1999, p.I-5751, punto 86; Corte giust. CE 22 gennaio 2003,causa 218/00, Cisal, ivi, 2003, p. I-691, punto 37;Corte giust. CE 12 settembre 2000, cause riunite da180/98 a 184/98, Pavlov, ivi, 2000, p. I-6451, punto118. V., inoltre, le conclusioni presentate il <strong>28</strong> gennaio1999 dall’avv. gen. Jacobs nella causa Albany,punti 37 ss., e le conclusioni presentate dallo stessoavvocato generale il 13 settembre 2001 nella causaCisal, punti 50 ss., entrambe nel sito della Corte digiustizia (http://curia.europa.eu).( 7 )L’art. 2 n. 1 della dir. 378/1986/CEE, comemodificata dalla dir. 96/1997/CE, dispone che « sonoconsiderati regimi professionali di sicurezza socialei regimi non regolati dalla dir. 1979/7/CEE aventilo scopo di fornire ai lavoratori, subordinati o autonomi,raggruppati nell’ambito di un’impresa o di ungruppo di imprese, di un ramo economico o di unsettore professionale o interprofessionale, prestazionidestinate a integrare le prestazioni fornite dai regimilegali di sicurezza sociale o a sostituirsi ad esse, indipendentementedal fatto che l’affiliazione a questi regimisia obbligatoria o facoltativa ». Per una definizionedella previdenza complementare nell’ordinamentoitaliano, v. Olivelli, voce Previdenza complementare,inEnc. giur. Treccani, XIV, Roma, 1995, p.1 ss., il quale afferma che «èpossibile definire comeprevidenza complementare ogni iniziativa finalizzataall’erogazione di beni e servizi ai cittadini, per soddisfarebisogni socialmente rilevanti, la cui realizzazionenon viene totalmente assicurata dallo Stato ».NLCC 3/4-2009


604reg. CE n. 593/2008[Art. 1]rispetto del quadro legislativo nazionale sullaprevidenza complementare.Come è chiaramente emerso, l’esclusione diqueste fattispecie assicurative dall’ambito di applicabilitàdel regolamento non deriva dalla circostanzache la materia sia estranea alle obbligazionicontrattuali. Le fattispecie indicate deicontratti di assicurazione sulla vita dei lavoratori,infatti, sono qualificate come contrattualidallo stesso regolamento dato che quest’ultimosi applica ad esse quando concluse da impresestabilite nella Comunità. D’altro canto, gli istitutie organismi che hanno ottenuto un’autorizzazionein uno Stato membro, in applicazionedell’art. 5 della dir. 2002/83/CE, dovrebberopoter esercitare la propria attività in tutta la Comunitàsia in regime di stabilimento sia in regimedi libera prestazione dei servizi.Per tali categorie di contratti, invece, il legislatorecomunitario ha ritenuto di rendere applicabilela normativa di conflitto armonizzatasolo nei casi in cui le imprese assicuratrici sianostabilite o abbiano l’intenzione di stabilirsi inuno Stato membro, secondo quanto previstodall’art. 2 della dir. 2002/83/CE, rinunciandoalla regolamentazione internazionalprivatisticacomunitaria nei casi di scarso attacco delle impresecon il territorio comunitario.Tale scelta è legata alla natura « quasi legale »dei regimi di cui trattasi. La previdenza complementare,infatti, per diversi aspetti, « condivide» la funzione della previdenza pubblica nelperseguimento dell’obiettivo di assicurare ai lavoratori,in caso, tra gli altri, di invalidità e vecchiaia,mezzi adeguati alle loro esigenze di vita.Del resto, la inevitabile contrazione dei livelli ditrattamento della previdenza di base non puònon comportare per la previdenza integrativa ilcompito di realizzare, in un contesto unitariocon la prima, funzioni ed obiettivi di sicurezzasociale. In effetti, la complementarità della previdenzaintegrativa è funzionale rispetto alle esigenzee alle scelte di dimensionamento dellaprevidenza pubblica al punto che, in prospettiva,la prima è probabilmente destinata a divenireobbligatoria al pari della seconda ( 8 ).( 8 ) Così Tosi, Contrattazione collettiva e previdenzacomplementare, inArg. dir. lav., 1999, p. 357, ilquale sostiene che le modifiche legislative in Italia« si sono mosse con chiarezza e consapevolezza nellaÈ utile, infine, sottolineare che il trattamentodifferenziato, previsto dal regolamento, tra impreseche operano in regime di stabilimento edimprese che operano in regime di prestazione diservizi, in applicazione del trattato comunitario,non costituisce un trattamento discriminatorio( 9 ). La logica sottesa all’esclusione, infatti,comune alla dir. 2002/83/CE, è quella di applicarela disciplina materiale e conflittuale solonei casi in cui le imprese di assicurazione sianostabilite o intendano stabilirsi in uno Statomembro della Comunità in quanto – come si èampiamente chiarito – alla previdenza complementaresono sottese finalità e profili giuridiciche richiamano per molti versi i sistemi di previdenzaobbligatori.2. – Per quanto riguarda, in particolare, la disciplinainternazionalprivatistica di tali fattispecienell’ordinamento italiano, occorre verificarese si tratti di uno dei casi in cui l’art. 57 della l.31 maggio 1995, n. 218, di riforma del sistemadirezione del superamento della concezione eminentementeprivatistica, a stregua di risparmio privato,della previdenza complementare costituzionalmentetutelata; concezione che ha il suo emblema nella classicapolizza vita e che trova la sua tutela nel quintocomma dell’articolo 38 della Costituzione ». Cfr.,inoltre, Sandulli, voce Previdenza complementare,in Digesto IV ed., Disc. priv., Sez. comm., XI, Torino,1995, p. 253 ss., il quale, per quanto concerne l’Italia,afferma che « l’impianto della previdenza pensionisticacomplementare è da intendere non come pura esemplice alternativa, ma come uno degli elementiportanti del sistema pensionistico complessivo ».( 9 ) Come è noto, in applicazione del Tratt. CE, èvietato qualsiasi trattamento discriminatorio in materiadi prestazione di servizi basato sul fatto cheun’impresa non è stabilita nello Stato membro in cuiè fornita la prestazione. La Corte in diverse occasionisi è occupata di interpretare le libertà fondamentaligarantite dal Trattato di Roma alla luce dei regimi diassicurazione complementare applicati d<strong>agli</strong> Statimembri. Cfr. Corte giust. CE <strong>28</strong> gennaio 1992, causa204/90, Bachmann, inRaccolta, 1992, p. I-249 ss.;Corte giust. CE <strong>28</strong> gennaio 1992, Commissione c.Belgio, causa 300/90, ivi, 1992, p. I-305 ss.; Cortegiust. CE 11 agosto 1995, causa 80/94, Wielockx, ivi,1995, p. I-2493 ss.; Corte giust. CE <strong>28</strong> aprile 1998,causa 118/96, Safir, ivi, 1998, p. I-1897 ss.; Cortegiust. CE 3 ottobre 2002, causa 136/00, Danner, ivi,2002, p. I-8147 ss.; Corte giust. CE 26 giugno 2003,causa 422/01, Skandia, ivi, 2003, p. I-6817 ss.NLCC 3/4-2009


[Art. 1] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 605italiano di diritto internazionale privato – secondocui « le obbligazioni contrattuali sianoregolate in ogni caso dalla Convenzione di Romadel 19 giugno 1980 sulla legge applicabile alleobbligazioni contrattuali »–consente di superareil limite materiale che l’art. 1, par. 2, lett.j), pone all’ambito di applicazione del regolamento,rendendolo applicabile anche ai contrattidi assicurazione vita conclusi con i lavoratorida imprese che non operano in regime di stabilimento,sempre che tali obbligazioni possanoessere qualificate (e la risposta si è visto esserepositiva) dal punto di vista dell’ordinamentoitaliano come obbligazioni contrattuali ( 10 ).Il rinvio ex art. 57 l. n. 218/95 può operarepienamente solo quando non sia dato desumereda altre disposizioni della legge o da altre disposizionidell’ordinamento italiano una diversa volontàdel legislatore. Al fine di consentire, infatti,la massima uniformità nella disciplina dellalegge regolatrice dei contratti occorre garantireil migliore coordinamento tra regolamento e dirittocomune.Il codice delle assicurazioni private ( 11 ), conformementealla dir. 2002/83/CE ed al reg. CEn. 593/2008, esclude (art. 345, par. 1, lett. a) dalproprio ambito di applicazione « le Amministrazionipubbliche, gli enti di previdenza amministratiper legge dal Ministero dell’economiae delle finanze, gli istituti, gli enti, le casse ed ifondi comunque denominati che gestiscono, infavore dei lavoratori o di singole categorie professionali,forme di previdenza e di assistenzacomprese in un regime legale obbligatorio ».Con riguardo al regime di previdenza complementare,il codice non limita la sua applicazionealle imprese stabilite in uno Stato membroe di conseguenza la disciplina di conflitto inmateria di assicurazione vita trova piena applicazionein queste specifiche ipotesi. Tra l’altro,la disciplina di conflitto contenuta nel codiceprevale rispetto alla l. n. 218/95, non solo per leragioni già esposte, ma anche perché èsuccessivaalla legge italiana di riforma del diritto internazionaleprivato e contiene, in ottemperanza( 10 ) Sul diverso modo di intendere il rinvio operatodall’art. 57 della l. n. 218/95 alla luce del reg. CEn. 593/2008 v. Salerno, supra, Note introduttive, I,par. 7, e Marongiu Bonaiuti, supra, Note introduttive,II, par. 2.( 11 ) D.lgs. 7 settembre 2005, n. 209.<strong>agli</strong> obblighi comunitari, una disciplina specificadel settore.Rileva, al riguardo, l’art. 181 del codice, relativoalla legge applicabile ai contratti di assicurazionesulla vita. In particolare, la norma disponeche i contratti di assicurazione sulla vitadebbano essere regolati dalla Convenzione diRoma solo qualora il rischio sia ubicato in unoStato terzo. Infatti, negli altri casi, si applica lalegge italiana, quando lo Stato membro di ubicazionedel rischio è il territorio italiano; i contrattirelativi a rischi ubicati in un altro Statomembro sono regolati dalla legislazione del medesimoStato. Inoltre, le parti possono conveniredi assoggettare il contratto alla legislazione diun altro Stato, salvo i limiti derivanti dall’applicazionedi norme imperative.Pertanto, mentre, ai sensi dell’art. 57 l. n.218/95, ai contratti di assicurazione vita in esamesarebbe stato applicabile « in ogni caso » ilreg. CE n. 593/2008, sulla base del codice il regolamentotrova applicazione solo nei casi incui il rischio è ubicato in un paese extracomunitario.In tale ipotesi tuttavia non è applicabile lanorma speciale contenuta nell’art. 7 del regolamento,che presenta un carattere sostanzialmenteinfracomunitario, venendo invece in rilievogli <strong>artt</strong>. 3e4e,sedelcaso, l’art. 6 del reg. « RomaI » riguardante i contratti conclusi dai consumatori.Nel caso dei contratti di assicurazionevita, infatti, la localizzazione del rischio nel territoriocomunitario costituisce il collegamentoritenuto significativo ai fini dell’applicazionedella norma.La regolamentazione internazionalprivatisticadelle fattispecie in esame, tuttavia, deve essereinevitabilmente correlata con il particolare rilievoassunto in questa materia dalle norme di applicazionenecessaria. Tra le norme di applicazionenecessaria delle quali l’art. 9 del reg. « RomaI » fa salva l’applicazione – qualora appartenentialla lex fori – o comunque l’efficacia – qualoraappartenenti ad una legge diversa dalla lexfori – devono essere incluse senz’altro le normedello Stato di localizzazione del rischio quandoquesto sia uno Stato membro della Comunità.Tuttavia, la possibilità per lo Stato di ubicazionedel rischio di impedire l’applicazione diclausole o condizioni generali di un contratto diassicurazione deve essere sottoposta a limiti assairigorosi. In particolare, l’applicazione delleNLCC 3/4-2009


606reg. CE n. 593/2008[Art. 2]disposizioni imperative ai contratti di assicurazioneè suscettibile, qualora determini una restrizione,di essere sottoposta al test dell’interessegenerale.Questa nozione di interesse generale operacome un filtro nei confronti della legislazionenazionale ed obbliga le autorità degli Statimembri ad esaminare la conformità di tale legislazionecon i principi della libera circolazionesanciti dal Trattato di Roma. L’applicazionedelle norme di applicazione necessaria del foroo del Paese di localizzazione del rischio anchealle particolari fattispecie in esame, infatti, deveessere realizzata con molta prudenza, potendositradurre in una forma indiretta di limitazione allelibertà garantite dal Trattato. Tali norme possonodeterminare un sostanziale squilibrio dell’assettonegoziale previsto dalle parti, ledendol’esigenza di certezza e prevedibilità del dirittoessenziali ad un corretto funzionamento dell’impresadi assicurazione.Giuseppina PizzolanteArt. 2.(Carattere universale)La legge designata dal presente regolamento si applica anche ove non sia quella di uno Statomembro.Sommario: 1. Ragioni e implicazioni della scelta « universalistica» adottata dal regolamento. – 2. Applicabilitàdella legge di uno Stato terzo e « corretto funzionamentodel mercato interno ».( 1 ) « La legge designata dalla presente convenzionesi applica anche se è la legge di uno Stato non contraente».( 2 ) Compresa la Danimarca. Sui problemi suscitatida una simile « proiezione » del regolamento sul terrenodel coordinamento fra il regolamento stesso e laConvenzione di Roma, v. Franzina, infra, commentosub art. 24, par. 2.( 3 ) Con riferimento alla precedente disciplina convenzionale,v. in questo senso, per tutti, Villani, La1. – Nel solco dell’art. 2 della Convenzione diRoma ( 1 ), la norma in commento sancisce la vocazione« universale » del reg. CE n. 593/2008.In forza di tale disposizione, la disciplina del regolamentorisulta applicabile, negli Stati membrida esso vincolati, anche rispetto a situazioniconnesse con uno o più Stati terzi, comprese lesituazioni che in ragione di detta connessionesiano ricondotte dai pertinenti criteri di collegamentosotto la legge di uno Stato terzo ( 2 ). Ilnuovo regime, affrancato da qualsiasi condizionedi reciprocità, si conferma in tal modo indifferentealle caratteristiche di ordine personale eterritoriale della situazione da regolare ( 3 ), esigendoin ultima analisi di essere applicato ogniqualvoltasiano soddisfatti i soli requisiti materialie temporali previsti dall’art. 1 del regolamentoe d<strong>agli</strong> <strong>artt</strong>. <strong>28</strong> e <strong>29</strong> ( 4 ).La norma in commento, per la sua formulazionein termini generali, sottende l’idea che leprevisioni del regolamento siano nel loro insiemein grado di designare ordinamenti giuridicidegli Stati terzi, perlomeno per quanto riguardale norme materiali ivi in vigore ( 5 ). Tale attitudi-convenzione di Roma sulla legge applicabile ai contratti2 , Bari, 2000, p. 19.( 4 ) In questo senso, con riferimento alla Convenzionedi Roma, v. ad es. Calvo Caravaca e CarrascosaGonzález, Derecho internacional privado 9 ,2008, p. 481. L’art. 2, come osservato da una partedella dottrina in relazione alla precedente disciplinaconvenzionale (v. da Cruz Almeida, Convenção deRoma de 19 de junho de 1980 sobre a lei aplicável àsobrigações contratuais, Lisboa, 1999, p. 25), si limita asancire in termini espliciti un’attitudine che le normedi conflitto del regolamento appaiono già di per sestesse rivestire: nulla, se si guarda al tenore testuale ditali norme, suggerisce infatti che il richiamo da essedisposto possa non operare anche in favore dell’ordinamentodi uno Stato terzo.( 5 ) La rilevanza delle norme di diritto internazionaleprivato è infatti esclusa, per regola generale, dall’art.20, in tema di rinvio. L’art. 22, su un altro piano,esclude invece in linea di principio la possibilitàNLCC 3/4-2009


[Art. 2] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 607tarie (già adottati o in via di elaborazione) in temadi conflitti di leggi ( 9 ), riflette almeno dueordini di considerazioni.Per un verso, esso sottende delle considerazionidi opportunità pratica, connesse all’obiettivodi far sì che negli Stati soggetti alla nuovadisciplina (come già negli Stati contraenti dellaConvenzione di Roma) i conflitti di leggi in materiadi contratti rinvengano la propria soluzioneentro un quadro normativo unico, capace disostituire in toto, all’interno del proprio campodi applicazione, la disciplina di conflitto « di dirittocomune » in vigore negli Stati membri ( 10 );ciò, dunque, senza che si renda necessario distinguerefra situazioni totalmente « interne »allo spazio giuridico europeo e situazioni connesse(anche) alla vita giuridica di uno Stato terzo( 11 ). Conservare in questo campo una sortadi doppio binario, permettendo la « convivenza» di due regimi egualmente predisposti a fornireuna disciplina internazionalprivatistica gediricorrere alle norme di diritto interlocale dell’ordinamentorichiamato allorché che questo si compongadi una pluralità di sistemi privatistici a base territoriale.( 6 ) Nella Proposta di regolamento era contemplataun’eccezione, poi venuta meno nel testo definitivodell’atto, per i contratti conclusi dai consumatori:l’art. 5, par. 1, di tale atto prevedeva infatti che talicontratti fossero soggetti alla legge dello Stato membrodi abituale residenza del consumatore. Su questascelta dei redattori della Proposta, v. per tutti Pizzolante,I contratti conclusi dai consumatori nella propostadi regolamento « Roma I »,inLa legge applicabileai contratti nella proposta di regolamento « RomaI », a cura di Franzina, Padova, 2006, p. 54, e Franzina,Norme di conflitto comunitarie in materia di contratticonclusi da consumatori e corretto funzionamentodel mercato interno,inRiv. dir. internaz., 2009, p. 1<strong>27</strong>.( 7 )V.Biagioni, infra, commento sub art. 9.( 8 )L’opzione universalistica è espressamente sancitain pressoché tutte le più recenti convenzioni elaboratein seno alla Conferenza dell’Aja di diritto internazionaleprivato dalla settima sessione plenaria inavanti, tenutasi nel 1951, e contenenti regole di conflitto(cfr. Seatzu, Conferenze internazionali – II)Conferenza dell’Aja di diritto internazionale privato,in Enc. giur. Treccani, VIII, Roma, 2004, p. 7 s.). Siveda, a titolo d’esempio, l’art. 11 della Convenzionedel 4 maggio 1971 sulla legge applicabile in materiadi incidenti della circolazione stradale (nel sito http://www.hcch.net),in forza del quale le norme dellaconvenzione, non essendo soggette ad alcuna « conditionde réciprocité», trovano impiego « même si laloi applicable n’est pas celle d’un Etat contractant ».Analogo approccio, fra le convenzioni negoziate inseno alla Commissione internazionale dello stato civile,si rinviene, ad es., nella Convenzione di Monacodel 5 settembre 1980 sulla legge applicabile ai nomi ene, riferibile a qualsiasi norma di conflitto dettatadal regolamento, sia essa basata su una sceltacompiuta dai contraenti o su un criterio dicollegamento obiettivo ( 6 ), può cogliersi infattianche al di fuori dell’ipotesi del richiamo internazionalprivatisticopropriamente inteso. In virtùdella soluzione di principio accolta dalla normain esame, ad esempio nulla osta a che le normedi applicazione necessaria cui può essere« data efficacia » ai sensi dell’art. 9, par. 3, delregolamento siano – se del caso – quelle di unoStato non vincolato dal regolamento ( 7 ).L’opzione in favore dell’applicabilità erga omnes,oltre a trovare riscontro in numerose convenzionidi diritto internazionale privato uniforme( 8 ) e negli stessi atti delle istituzioni comuni-ai prenomi (in http://www.ciec1.org), conformementea quanto disposto dall’art. 2 di tale strumento. Applicabilierga omnes sono pure, ad es., le norme diconflitto contenute nel capo V della Convenzionedelle Nazioni Unite del 12 dicembre 2001 sulla cessionedel credito nel commercio internazionale (arg.ex art. 1, par. 4, e art. 3); il testo di quest’ultima convenzionepuò leggersi nel sito http://www.uncitral.org.( 9 )V.l’art. 2 del reg. CE n. 864/2007 dell’11 luglio2007, in G.U.U.E. n. L 199 del 31 luglio 2007, p.40 ss.; v. inoltre la proposta di reg. « Roma III » sullalegge applicabile in materia matrimoniale, presentatadalla Commissione il 17 luglio 2006 (doc. COM/2006/399 def.), consultabile nella banca dati Eur-Lex(http://eur-lex.europa.eu), e in particolare quanto silegge nella « Esposizione dett<strong>agli</strong>ata della proposta »che integra la relazione della Commissione.( 10 ) Sulle ricadute del regolamento rispetto al sistemaitaliano di diritto internazionale privato, v.Marongiu Buonaiuti, supra, Note introduttive, II.Giova segnalare che l’uniformità di disciplina realizzatadal regolamento è solo tendenziale, restando affidatial diritto internazionale privato convenzionale(ai sensi dell’art. 25 del regolamento) e alle normespeciali del diritto derivato (in base all’art. 23), la soluzionedei conflitti di leggi in diverse aree della materiacontrattuale.( 11 ) Su tutta la tematica, v. Pataut, Qu’est-cequ’un litige « intracommunautaire »? Réflexions autourde l’article 4 du règlement Bruxelles I,inJustice etdroits fondamentaux. Etudes offertes à Jacques Normand,Paris, 2003, p. 365 ss.NLCC 3/4-2009


608reg. CE n. 593/2008[Art. 2]nerale delle obbligazioni contrattuali, avrebbein effetti reso significativamente meno agevole,negli Stati membri, l’individuazione della leggeapplicabile ai rapporti caratterizzati da elementidi internazionalità ( 12 ). La « non praticabilità»di una distinzione come quella che la norma incommento scongiura emerge d’altronde conspeciale chiarezza proprio in ambito contrattuale,ove si consideri che i fenomeni negoziali sonoper loro natura suscettibili di moltepliciproiezioni geografiche, ben potendo accadereche un contratto conti un numero anche assaielevato di parti contraenti, potenzialmente didiversa provenienza, o prefiguri la realizzazionedi un « programma » da attuarsi sul territorio dimolti Stati differenti ( 13 ).La scelta universalistica poggia, per altro verso,su alcune considerazioni legate al modo incui l’ordinamento comunitario definisce, in generale,la portata territoriale delle proprie norme.In questo senso, essa non appare in alcunmodo incompatibile con le norme primarie, e inparticolare con l’art. 65 del Tratt. CE, che attribuiscealla Comunità una competenza in questocampo solo « per quanto necessario al correttofunzionamento del mercato interno » ( 14 ).Al riguardo, premesso che l’azione della Comunitàèfunzionale <strong>agli</strong> obiettivi del Tratt. CE,( 12 ) In proposito, con riferimento alla convenzione,v. già Giardina, La convenzione comunitaria sullalegge applicabile alle obbligazioni contrattuali e ildiritto internazionale privato italiano, inRiv. dir. internaz.,1981, p. 813 ss.( 13 ) Cfr. Lagarde, The European Convention onthe Law Applicable to Contractual Obligations: AnApologia, inVirginia Journal of International Law,1981-1982, p. 93.( 14 ) Dubbi, sulla base di tale disposizione, sonostati avanzati in dottrina circa la stessa ammissibilitàdi una regolamentazione comunitaria dei conflitti dileggi a carattere « universale »; su tale dibattito, v. fr<strong>agli</strong> altri Borrás, Diritto internazionale privato comunitarioe rapporti con Stati terzi, inDiritto internazionaleprivato e diritto comunitario, a cura di Picone,Padova, 2004, p. 475 e Carruthers eCrawford,Variations on a Theme of Rome II. Reflections on ProposedChoice of Law Rules for Non-Contractual Obligations,inEdinburgh Law Review, 2004-2005, p. 69s. In argomento, v. pure Bariatti, Lo sviluppo dellecompetenze comunitarie in materia di diritto internazionaleprivato e processuale,inId., Casi e materiali didiritto internazionale privato comunitario 2 , Milano,2009, p. 43 ss.va rilevato che tali obiettivi, essendo connessiall’istituzione di uno spazio economico e giuridicointegrato, vengono in rilievo per definizionesolo in rapporto a fattispecie che risultinocollegate a tale spazio. La natura di questo collegamentoe l’intensità che esso deve rivestireper giustificare il ricorso alle norme sovranazionalinon sono tuttavia rigidamente predeterminatedal diritto comunitario, che ne rimette larilevazione all’apprezzamento delle istituzioni,verosimilmente guidate, in questo, d<strong>agli</strong> scopidella misura da adottare e dalle esigenze di regolamentazionedel settore considerato ( 15 ).L’esistenza di un simile margine di apprezzamentonel settore della « cooperazione giudiziariain materia civile » non è smentito, come si èdetto dal fatto che le competenze della Comunitàeuropea in questo campo sono espressamenteconfinate dall’art. 65 del Tratt. CE a « quantonecessario al corretto funzionamento del mercatointerno ». Tale formula va letta infatti alla lucedella giurisprudenza della Corte di giustiziaCE, quale risulta in particolare dalla sentenzaOwusu, concernente la Convenzione di Bruxellesdel 1968 ( 16 ), e dal Parere 1/03 relativo allaconclusione della nuova Convenzione di Luganosulla competenza giurisdizionale ed il riconoscimentodelle decisioni in materia civile e commerciale( 17 ). La Corte ha affermato in tali pronunceche l’unificazione della disciplina dellagiurisdizione e dell’efficacia delle decisioni persegue« l’obiettivo di eliminare gli ostacoli alfunzionamento del mercato interno », precisandoche detti ostacoli « possono derivare dalle disparitàesistenti tra le normative nazionali in materia» ( 18 ) ed insorgere tanto in relazione a fattispeciepuramente interne allo spazio giuridico( 15 ) Sul tema, v. in generale Fallon, Approche systémiquede l’applicabilité dans l’espace de Bruxelles Iet de Rome I, inEnforcement of international contractsin the European Union, a cura di Meeusen, Pertegáse Straetmans, Antwerp, 2004, p. 146, nonchéBenedettelli, Connecting Factors, Principles ofCoordination Between Conflict Systems, Criteria ofApplicability: Three Different Notions for a « EuropeanCommunity Private International Law », inDir.Unione eur., 2005, p. 424 ss.( 16 ) Corte giust. CE 1 o marzo 2005, causa <strong>28</strong>1/02,Owusu, inRaccolta, 2005, p. I-1383 ss.( 17 ) Parere 1/03 del 6 febbraio 2006, in Raccolta,2006, p. I-1145 ss.( 18 ) Sent. Owusu, cit., punto 34.NLCC 3/4-2009


[Art. 2] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 609( 19 ) Parere 1/03, cit., punto 141.( 20 ) Franzina, Le condizioni di applicabilità del regolamento(CE) n. 44/2001 alla luce del parere 1/03della Corte di giustizia, inRiv. dir. internaz., 2006, p.963.( 21 ) Il margine di apprezzamento di cui si ragionanel testo si rivela più ampio nel settore del diritto internazionaleprivato di quanto non avvenga in altricontesti dell’azione comunitaria. Riferendosi all’art.95 del Tratt. CE – relativo al ravvicinamento delle disposizionilegislative, regolamentari ed amministrativedegli Stati membri « che hanno per oggetto l’instaurazioneed il funzionamento del mercato interno»–la Corte di giustizia ha affermato, nella sent. 5ottobre 2000, causa 376/98, Germania c. Parlamentoe Consiglio,inRaccolta, 2000, p. I-8419 ss., punto 84,che un atto adottato sulla base della norma ora indicata« deve avere effettivamente per oggetto il miglioramentodelle condizioni di instaurazione e di funzionamentodel mercato interno », onde « la sempliceconstatazione di disparità tra le normative nazionali edel rischio di ostacoli alle libertà fondamentali o didistorsioni della concorrenza che ne potrebbero derivare» non può considerarsi di per sé sufficiente agiustificare l’impiego di tale fondamento giuridico,dato che il controllo della stessa Corte circa il rispettodella base giuridica dell’atto « potrebbe essere privatodi ogni efficacia ».europeo quanto in relazione a fattispecie collegatecon uno o più Stati terzi ( 19 ). Se ne trae, suun piano generale, che il diritto comunitario richiedesempre, per poter venire in rilievo, unnesso fra la situazione da regolare ed il funzionamentodel mercato interno, ma che tale nessoviene identificato dal legislatore comunitariosulla base di una valutazione caratterizzata daampia discrezionalità ( 20 ), tanto che le esigenzedel mercato interno possono considerarsi postein gioco, nel campo della cooperazione giudiziariain materia civile, già in ragione della diversitàdelle normative nazionali cui la fattispecie da disciplinarerisulterebbe altrimenti soggetta ( 21 ).Sarebbe nondimeno inesatto credere che ilreg. CE n. 593/2008 esprima attraverso l’art. 2una « volontà di applicazione » totalmente slegatada un nesso reale con lo spazio giuridico europeo.Per venire concretamente in rilievo, infatti,la disciplina comunitaria sui conflitti di leggipresuppone che la situazione da regolare possaessere devoluta, per essere decisa nel merito,al giudice di uno Stato membro. Tale circostanzanon solo implica la necessità che sussista unautonomo collegamento fra la situazione in parolae la vita giuridica di uno Stato membro (uncollegamento, cioè, che giustifichi l’eserciziodella funzione giurisdizionale da parte di uno ditali giudici) ( 22 ), ma implica anche, in prospettiva,l’emanazione di una decisione di merito suscettibiledi circolare, alle condizioni stabilitedal diritto comunitario, nell’intero spazio giudiziarioeuropeo ( 23 ). Uno stato di cose, questo,( 22 ) La competenza giurisdizionale dei giudici degliStati membri, per quanto riguarda le controversiein materia di contratti, è regolata, a seconda dei casi,dal reg. CE n. 44/2001 e dalle norme di diritto comunedei singoli Stati membri. Le prime vengono in rilievo,per principio, allorché la domanda giudizialesia proposta nei confronti di una persona domiciliatain uno Stato membro (sul tema, v. più ampiamente, eper tutti, Salerno, Giurisdizione ed efficacia delle decisioninel regolamento (CE) n. 44/2001 3 , Padova,2006, p. 81 ss.). Esse prevedono – in estrema sintesi –la competenza dei giudici del paese del domicilio delconvenuto (art. 2), la competenza del giudice del luogoin cui l’obbligazione dedotta in giudizio è stata odeve essere eseguita (art. 5, n. 1) e la competenza delgiudice designato dalle parti (art. 23), ovvero di quellola cui competenza non sia stata tempestivamenteeccepita (art. 24). Regole particolari sono previste perle liti in materia assicurativa (<strong>artt</strong>. 8 ss.), di consumo(<strong>artt</strong>. 15 ss.) e di lavoro (<strong>artt</strong>. 18 ss.), nonché in relazionea particolari categorie di controversie, suscettibilidi interessare anche rapporti contrattuali, per lequali lo stesso regolamento introduce dei fori « esclusivi»; è il caso, ad es., delle liti in materia immobiliaree in materia di proprietà intellettuale, oggetto dell’art.22, n. 1 e n. 4.( 23 ) Il regime comunitario della efficacia delle decisioniin materia civile e commerciale, contenuto nelcapo III del reg. n. 44/2001, si applica a tutte le decisionirese in tale materia dai giudici degli Stati membri;v. ancora Salerno, Giurisdizione ed efficacia,cit., p. 302. La situazione descritta nel testo, vista dauna diversa angolatura, svela l’interesse che gli stessiStati terzi rispetto alla Comunità potrebbero nutrireverso il regolamento, suscettibile di incidere su posizioni<strong>giuridiche</strong> facenti capo a soggetti stabiliti a dettiStati o prevalentemente legati ad essi; sul tema, giàemerso in rapporto alla Convenzione di Roma, v. ades., criticamente, Horlacher, The Rome Conventionand the German Paradigm: Forecasting the Demiseof the European Convention on the Law Applicableto Contractual Obligations, inCornell InternationalLaw Journal, 1994, p. 183, che giunge a lamentare lamancata partecipazione degli Stati terzi al negoziatoche ha condotto alla convenzione, pur essendo evidenteche detti Stati sarebbero stati « affected » datale strumento.NLCC 3/4-2009


610reg. CE n. 593/2008[Art. 2]che rafforza l’idea di un nesso di carattere funzionalefra l’unificazione delle norme sui conflittidi leggi e l’elaborazione di una disciplina uniformedi diritto processuale civile internazionale,contribuendo ad esprimere l’interesse dellaComunità europea, impegnata da tempo su questosecondo versante, nei confronti delle situazionidisciplinate dal reg. « Roma I » ( 24 ).2. – Una volta riconosciuto, « a monte », uninteresse della Comunità a disciplinare con proprienorme di conflitto situazioni collegate allavita giuridica europea da un nesso al limite assaitenue, resta da capire quale sia, « a valle », l’interessedella Comunità a far sì che tali normerendano applicabile, se del caso, la legge di unoStato terzo. I motivi pratici evocati in precedenzasi rivelano infatti incapaci di spiegare da solile ragioni dell’apertura realizzata dal regolamento.Quest’ultimo ancorché basato per l’essenzialesull’impiego di norme di conflitto investitedi una funzione « localizzatrice », rifletteanche, specie in qualche disposizione, degli interessidi tipo materiale, i quali, per il fatto stessodi appartenere all’ordinamento comunitario(si pensi alla tutela del consumo, alla protezionedel lavoratore, etc.), potrebbero risultare deltutto estranei alla legge che lo stesso regolamentorende applicabile.La spiegazione di questo apparente paradosso– un regolamento che si incarica di promuoveresul piano dei conflitti di leggi i fini dell’integrazionecomunitaria ma che si dispone eventualmentea richiamare la legge di uno Stato terzo,verosimilmente indifferente a quegli stessi fini,( 24 ) È probabilmente alla luce di questi rilievi chepossono considerarsi superate le perplessità espressenel corso dei lavori preparatori del regolamento daIrlanda e Regno Unito circa la compatibilità dellascelta universalistica rispetto all’art. 65 del Tratt. CEcon riguardo al richiamo al « corretto funzionamentodel mercato interno ». Sono infatti rimaste senza seguitole proposte avanzate dalle delegazioni di talipaesi volte a far sì che il regolamento escludesse dalproprio ambito di applicazione le situazioni il cuiunico collegamento con lo spazio giuridico europeofosse rappresentato da un accordo delle parti circa lacompetenza dei giudici di uno Stato membro. Cfr. ildoc. n. 14798/96 del Consiglio, nel registro pubblicodei documenti del Consiglio (http://register.consilium.europa.eu).se non « ostile » ad essi – può essere raggiunta,ad avviso di chi scrive, guardando all’obiettivodi fondo che ispira il regolamento stesso e all’operarecombinato dell’insieme delle sue disposizioni.Giova ricordare, in effetti, che il regolamentopersegue, come obiettivo principale, l’obiettivodella certezza del diritto ( 25 ), scorgendo in essouna garanzia di dinamismo delle transazionicommerciali (anche extracomunitarie) e un fattoredi crescita economica: un « bene », dunque,meritevole di essere perseguito di per sé,anche a costo di non vedere applicate, salvo eccezioni,le prescrizioni materiali del diritto comunitarioo degli Stati membri.Gli scopi ulteriori che il regolamento si proponedi conseguire in quanto « strumento » dispecifiche policies comunitarie connesse al« corretto funzionamento del mercato interno», non richiedono di essere sistematicamenterealizzati. In certi casi, l’applicazione del dirittostraniero è«accettata » dal regolamento sullascorta delle sole ragioni di opportunità edisicurezzadei traffici sopra ricordate, sul presupposto– proprio di qualsiasi disciplina internazionalprivatisticafondata su norme di conflittoa carattere bilaterale – che i valori materiali delforo non siano sempre e necessariamente messi arepent<strong>agli</strong>o dall’applicazione di una legge cheobbedisce ad altre priorità e a logiche differenti.In altri casi, viceversa, il diritto comunitario« vuole » vedere soddisfatti i propri obiettivi adispetto del richiamo di una legge straniera.Questi, allora, sono assicurati per il tramite distrumenti specificamente rivolti a questo scopo,operanti secondo varie modalità esupiù piani,ma pur sempre idonei a salvaguardare il puntodi vista del foro tanto in caso di designazionedella legge di uno Stato terzo ad opera delleparti (il riferimento è alla previsione di cui all’art.3, par. 4, del regolamento), quanto in casodi richiamo a titolo volontario come a titoloobiettivo (come accade attraverso gli <strong>artt</strong>. 9 e21, relativi rispettivamente alle norme di applicazionenecessaria e all’ordine pubblico).( 25 ) V.il16 o considerando.Pietro FranzinaNLCC 3/4-2009


[Art. 3] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 611Capo IINORME UNIFORMIArt. 3.(Libertà di scelta)1. Il contratto è disciplinato dalla legge scelta dalle parti. La scelta è espressa o risulta chiaramentedalle disposizioni del contratto o dalle circostanze del caso. Le parti possono designarela legge applicabile a tutto il contratto ovvero a una parte soltanto di esso.2. Le parti possono convenire, in qualsiasi momento, di sottoporre il contratto ad una leggediversa da quella che lo disciplinava in precedenza per effetto di una scelta anteriore effettuataai sensi del presente articolo o per effetto di altre disposizioni del presente regolamento. Qualsiasimodifica relativa alla determinazione della legge applicabile, intervenuta posteriormentealla conclusione del contratto, non ne inficia la validità formale ai sensi dell’articolo 11 e nonpregiudica i diritti dei terzi.3. Qualora tutti gli altri elementi pertinenti alla situazione siano ubicati, nel momento incui si opera la scelta, in un paese diverso da quello la cui legge è stata scelta, la scelta effettuatadalle parti fa salva l’applicazione delle disposizioni alle quali la legge di tale diverso paese nonpermette di derogare convenzionalmente.4. Qualora tutti gli altri elementi pertinenti alla situazione siano ubicati, nel momento incui si opera la scelta, in uno o più Stati membri, la scelta di una legge applicabile diversa daquella di uno Stato membro ad opera delle parti fa salva l’applicazione delle disposizioni di dirittocomunitario, se del caso, come applicate nello Stato membro del foro, alle quali non è permessoderogare convenzionalmente.5. L’esistenza e la validità del consenso delle parti sulla legge applicabile sono disciplinated<strong>agli</strong> articoli 10, 11 e 13.Sommario: 1. Introduzione. – 2. La volontà delle particome criterio cardine della disciplina internazionalprivatisticadei contratti. – 3. Ambito di applicazione dellalibertà di scelta: carattere universale del reg. « RomaI » e situazione che comporta un conflitto di leggi. – 4.Segue:ildépeçage. – 5. Segue: modificabilità della sceltadella legge applicabile. – 6. La scelta di una leggestatale e la lex mercatoria. – 7. Segue: il valore del richiamoai Principi Unidroit e ai PECL. – 8. Segue:ilvalore del richiamo a convenzioni internazionali. – 9.Il coordinamento con le materie escluse dal reg. « RomaI »: la legge applicabile alle lettere d’intenti. – 10.Segue: il rapporto con le convenzioni internazionali didiritto internazionale privato uniforme. – 11. Le modalitàdella scelta di legge: scelta espressa e scelta tacita.– 12. Il momento della scelta della legge applicabile.– 13. Il negozio di scelta della legge applicabile.1. – L’autonomia privata nel senso internazionalprivatistico,consistente nella libertà delleparti di scegliere la legge applicabile al contratto,rappresenta il criterio fondamentale dei conflittidi legge in materia contrattuale, universalmentericonosciuto sia a livello convenzionalesia a livello interno ( 1 ), tanto da essere qualificatoda alcuni autori alla stregua dei principi generalidi diritto riconosciuti dalle nazionali civili,di cui all’art. 38 dello Statuto della Corte internazionaledi giustizia ( 2 ).( 1 ) Sull’autonomia privata nella disciplina del contrattointernazionale la dottrina è molto ampia, v. inparticolare Picone, Autonomia della volontà e pluralitàdei metodi di coordinamento tra ordinamenti, inPicone (a cura di), La riforma italiana del diritto internazionaleprivato, Padova, 1998, p. 515 ss.; Carella,Autonomia della volontà e scelta di legge nel dirittointernazionale privato, Bari, 1999; Carbone eLuzzatto, Il contratto internazionale, Torino, 1994;per un recente studio anche in chiave di analisi economicadel diritto v. Muir Watt, Aspects économiquesdu droit international privé (Réflexions sur l’impactde la globalisation économique sue les fondementsdes conflits de lois et de juridictions), inRec. Cours,2004, vol. 307, p. 119 ss.( 2 ) Così Plender e Wilderspin, The EuropeanContracts Convention. The Rome Convention on theNLCC 3/4-2009


612reg. CE n. 593/2008[Art. 3]Choice of Law for Contracts, London, 2001, p. 87 ss.,riprendendo le argomentazioni di Lando, New AmericanChoice of Law Principles and the European Conflictof Laws of Contracts, in American Journal ofComparative Law, 1983, p. 19 ss., spec. 40.( 3 ) Corsivo aggiunto.( 4 ) Su cui v. in particolare i commenti di Saravalle,sub art. 3, in Convenzione sulla legge applicabile alleobbligazioni contrattuali (Roma, 19 giugno 1980) –Commentario, a cura di Bianca e Giardina, in questaRivista, 1995, 941 ss.; Baratta, La convenzione di Romasulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali,in Il diritto privato dell’Unione europea 2 , a cura di Tizzano,II, Torino, 2006, p. 1896 ss. spec. p. 1908 ss.;Villani, La convenzione di Roma sulla legge applicabileai contratti 2 , Bari, 2000, p. 65 ss.; Sacerdoti, Finalitàe caratteri generali della convenzione di Roma.La volontà delle parti come criterio di collegamento,inLa convenzione di Roma sul diritto applicabile ai contrattiinternazionali 2 , a cura di Sacerdoti e Frigo, Milano,1994, p. 1 ss.; Plender e Wilderspin, op. cit.,p. 87 ss.; Bonomi, Il nuovo diritto internazionale privatodei contratti: la convenzione di Roma del 19 giugno1980 è entrata in vigore,inBanca, borsa, tit. cred.,1992, I, p. 36 ss., spec. p. 50 ss. Sull’art. 3 reg. « RomaI », v.Lagarde e Tenenbaum, De la convention deRome au règlement Rome I, inRev. crit. dr. int. privé,2008, p. 735 ss.; Lando e Nielsen, The Rome I Regulation,inCommon Market Law Rev., 2008, p. 1694ss.; Ubertazzi, Il regolamento Roma I sulla legge applicabilealle obbligazioni contrattuali, Milano, 2008,p. 61 ss.; Marrella, Funzione ed oggetto dell’autonomiadella volontà nell’era della globalizzazione del contratto,inLa nuova disciplina comunitaria della leggeapplicabile ai contratti (Roma I), a cura di Boschiero,Torino, 2009, p. 15 ss.; Boschiero, I limiti al principiod’autonomia posti dalle norme generali del regolamentoRoma I, ivi,p.67ss.In coerenza con questa concezione, la volontàprivata costituisce la norma portante già dellaConvenzione di Roma del 1980 sulla legge applicabilealle obbligazioni contrattuali. Il reg.« Roma I » ne consacra ulteriormente la centralità,posto che l’11 o considerando afferma che« la libertà delle parti di scegliere la legge applicabiledovrebbe costituire una delle pietre angolaridel sistema delle regole di conflitto di leggiin materia di obbligazioni contrattuali » ( 3 ). Taleprincipio trova specifica disciplina nell’art. 3del regolamento che oltre ad aver conservato lamedesima numerazione della Convenzione diRoma, ne replica quasi interamente il contenuto( 4 ), in ciò disattendo (parzialmente) le aspettativemanifestate nei lavori preparatori di ampliarel’oggetto della scelta a fonti normativenon statali, in particolare ai Principi Unidroitsui contratti internazionali ( 5 )eaiPrinciples ofEuropean Contract Law (PECL) elaborati dallac.d. Commissione Lando ( 6 ). Nel corso dell’approvazionedel testo finale del reg. « Roma I », èstata eliminata la possibilità di un richiamo internazionalprivatisticoa queste fonti, pur conservandola possibilità di un’incorporazionecontrattuale di tali norme e delle convenzioniinternazionali, come esplicitato dal 13 o e dal 14 oconsiderando del regolamento in esame.La modifica più rilevante della disciplina dellalibertà di scelta delle parti è rappresentata dallelimitazioni alla designazione, prevista ai par. 3 e4 della disposizione in esame. Per quanto riguardale modalità di designazione della legge applicabile,si segnala che il reg. « Roma I » richiedeche tale indicazione sia non solo espressa, madebba risultare « chiaramente dalle disposizionidel contratto » (« de façon certaine », in francesee « clearly demonstrated » in inglese) nel tentativodi limitare in tal modo interventi interpretativigiurisprudenziali sulla ricostruzione della volontàimplicita delle parti nella scelta del diritto,al fine di promuovere e di apportare maggiorecertezza nella materia. Tale approccio si pone incoerenza con l’intero impianto della normativacomunitaria che eleva la « certezza del dirittonello spazio giudiziario europeo » ad obiettivogenerale del reg. « Roma I » ( 7 ).( 5 ) Il testo dei principi Unidroit, così come integratinella seconda versione approvata nel 2004, è reperibilesul sito www.unidroit.org. La letteratura al riguardoè vastissima; v. in particolare, Bonell, Un« codice » internazionale per il diritto dei contratti, Milano,1995; Kessedjian, Un exercice de rénovation dessources du droit des contrats du commerce international:les principes proposés par l’Unidroit,inRev. crit.dr. internat. privé, 1995, p. 641 ss.; Giardina, Lesprincipes Unidroit sur les contrats internationaux,inJourn. dr. int., 1995, p. 546 ss.; Marrella, La nuovalex mercatoria. Principi Unidroit ed usi dei contrattidel commercio internazionale, Padova, 2003.( 6 ) La Commissione Lando è composta di un gruppodi esperti su invito della Commissione europea. Perun’analisi anche nella prospettiva del diritto comunitariodei PECL, cfr. Carbone, L’inquadramento normativo,l’autonomia interpretativa dei « Principi » di un dirittoeuropeo dei contratti ed il loro impiego,inRiv. dir.internaz. priv. e proc., 2000, p. 885 ss.( 7 ) Cfr. il 16 o considerando del reg. « Roma I ».NLCC 3/4-2009


[Art. 3] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 6132. – L’attuale disciplina della libertà di sceltacodificata nel reg. « Roma I » ribadisce il ruolocentrale dell’autonomia privata nella regolamentazionedel contratto internazionale in coerenzacon l’attuale evoluzione del diritto internazionaleprivato, ove la volontà delle parti haconosciuto una fase espansiva anche in settoriuna volta sottratti alla disponibilità delle parti insenso internazionalprivatistico, quali la responsabilitàextracontrattuale ( 8 ), ed in certa misurale successioni, i rapporti patrimoniali tra coniugi( 9 ) e i diritti reali di garanzia ( 10 ).Con specifico riferimento al reg. « Roma I »,la norma di riferimento è l’art. 3 che sanciscel’autonomia privata in senso internazionalprivatistico,in quanto stabilisce la facoltà delle partidi designare il diritto applicabile al contratto.Essa veniva tradizionalmente distinta dall’autonomiaprivata in senso sostanziale, cioè la facoltàdei contraenti di determinare il contenuto delrapporto contrattuale/operazione economica.Occorre peraltro osservare che da tempo siregistra una crescente convergenza tra l’autonomiaprivata sostanziale e quella in senso internazionalprivatistico,in ragione della sempre maggioreconnotazione materiale assunta dall’autonomiaprivata in quest’ultima accezione. Contale espressione ci si riferisce alla sua funzionedi regolamentazione del rapporto contrattuale( 8 ) Su cui v. De Boer, Party Autonomy and its Limitationsin the Rome II Regulation, inYearb. Priv.Int. Law, 2007, p. 19 ss.; Malatesta, Il nuovo dirittointernazionale privato in materia di obbligazioni noncontrattuali: il regolamento (CE) « Roma II » entra invigore, inDanno e resp., 2008, p. 1206; e Franzina,Il regolamento n. 864/2007/CE sulla legge applicabilealle obbligazioni extracontrattuali (« Roma II »), inquesta Rivista, 2008, p. 971 ss., spec. p. 1026 ss.; LimaPinhero, Choice of Law on Non-ContractualObligations Between Communitarization and Globalization.A First Assessment of EC Regulation Rome II,in Riv. dir. internaz. priv. e proc., 2008, p. 5 ss.( 9 ) Su cui v. in particolare Carella, L’autonomiadella volontà, cit., p. 143 s. e <strong>27</strong>3; Viarengo, Autonomiadella volontà e rapporti patrimoniali tra coniuginel diritto internazionale privato, Padova, 1996, p.242 ss.; De Cesari, Autonomia della volontà e leggeregolatrice delle successioni, Padova, 2001, p. 159 ss.( 10 ) V. la Convenzione dell’Aja del 5 luglio 2006su alcuni diritti relativi ai titoli detenuti attraverso unintermediario, su cui sia consentito rinviare alle considerazioniesposte in Gardella, Le garanzie finanziarienel diritto internazionale privato, Milano, 2007.in virtù della recezione diretta delle norme applicabiliattraverso la scelta di legge operata daicontraenti.Va infatti osservato che per quanto tradizionalmenteed universalmente riconosciuta, l’autonomiaprivata in senso internazionalistico è passataattraverso diverse fasi evolutive, in parallelo e diriflesso con lo sviluppo economico e l’orientamentopolitico delle varie epoche. Caratteristica costante,peraltro, è proprio la valorizzazione dellacapacità individuale di autoregolamentazione deirapporti economici, mentre la variabile è rappresentatadal requisito più o meno stringente di collocarela scelta di legge e la relazione contrattualenello spazio e quindi nell’ambito di un ordinamentogiuridico statale dato, compreso il rispetto dellenorme imperative ( 11 ).Sulla scia di politiche liberiste volte a massimizzaregli interessi delle parti e del commerciointernazionale, la volontà privata in senso internazionalprivatisticosi è via via affrancata dallafunzione di collegamento tra la fattispecie ed unordinamento statale, rafforzando l’autonomiadelle parti quale esplicazione della volontà deicontraenti di scegliere, nell’ambito degli ordinamentiesistenti, quello che meglio persegue edasseconda l’operazione economica posta in essere( 12 ). Non si tratta quindi di un’autonomiaprivata di tipo localizzatore ma, soprattutto allaluce dell’attuale impostazione liberista dei rapportieconomici, di una volontà privata di naturamateriale, volta cioè a selezionare l’ordina-( 11 ) Per una ricostruzione in chiave storica delprincipio dell’autonomia della volontà v. Vitta Dirittointernazionale privato, III, Torino, 1975, p. 218 ss.,spec. p. 233 ss., in cui richiama la concezione mancinianavolta a svincolare completamente l’autonomiadella volontà dal potere regolatore dello Stato, fattaeccezione per le norme imperative della lex fori; Boschiero,Verso il rinnovamento e la trasformazionedella convenzione di Roma: problemi generali, inDirittointernazionale privato e comunitario, a cura diPicone, Padova, 2004, spec. p. 336 ss.( 12 ) V. ancora Vitta, op. cit., p. 238, che richiamaPerassi, Sull’autonomia dei contraenti, riprodotta inPerassi, Scritti giuridici, Milano, 1958, II, p. 173. Perun’analisi giuridica strettamente connessa alla realtàdei rapporti economici internazionali e particolarmenteattenta al ruolo svolto dall’autonomia privataquale strumento per assicurare la « coerenza e la certezzadell’operazione economica » v. Carbone eLuzzatto, op. cit., p.17ss.NLCC 3/4-2009


614reg. CE n. 593/2008[Art. 3]mento che meglio persegue l’assetto negozialericercato dalle parti nel contratto ( 13 ).Pur non essendo questa le sede per un compiutoesame del criterio dell’autonomia privatanell’ambito del diritto comunitario, occorrenondimeno accennare che la volontà privata èspesso considerata come il criterio di collegamentopiù adatto a realizzare pienamente le libertàfondamentali sancite dal Tratt. CE. Unsostegno a questa tesi viene sovente ravvisatonella sentenza della Corte di giustizia CE nel casoAlsthom Atlantique in cui, seppure in modonon netto e preciso, è stato affermato che lascelta del diritto applicabile da parte dei contraentiè uno strumento che consente di evitareeventuali incompatibilità del diritto sostanzialeapplicabile al contratto con il diritto comunitario( 14 ). Inoltre, pronunce che valorizzano l’autonomiaprivata nel diritto comunitario sonostate rese in materia societaria, in relazione aldiritto di stabilimento, in cui la designazione delluogo di incorporazione è considerato equivalentefunzionale all’espressione della volontà inrelazione alla legge applicabile alla società daparte dei costituenti ( 15 ). La facoltà di scegliereil luogo di incorporazione della società consente,infatti, ai costituenti di assoggettarsi al contenutodi tale ordinamento, raggiungendo lo stessorisultato di un’optio legis diretta del dirittoapplicabile alla società.Nonostante il fascino delle argomentazioni dicarattere socio-economico sommariamente riportate,il successo dell’autonomia delle partinella determinazione della legge regolatrice delcontratto deve ascriversi anche ad esigenze dicertezza del diritto applicabile da parte dei contraenti,per consentire loro di organizzare edadeguare il proprio comportamento in base allalegge predeterminata. È noto infatti che la prevedibilitàdel diritto che regola il rapporto per-( 13 ) Cfr. ad esempio, Cass. 30 aprile 1969, n. 1409,in Riv. dir. internaz. priv. e proc., 1970, p. 332, in cui èstato affermato che « la scelta opera in modo non diversoda qualsiasi altro criterio di collegamento inquanto i soggetti del rapporto, mediante la loro dichiarazionedi volontà, raggiungono il fine specificodi stabilire la legge regolatrice del rapporto medesimo». V. successivamente, App. Genova 17 novembre1990, ivi, 1990, p. 99 ss., secondo la quale si è assistoal superamento « di quella teoria c.d. della localizzazionedel contratto, che finisce per negare allavolontà delle parti l’attitudine a costituire un mezzoautosufficiente per la scelta della legge applicabile aicontratti e le attribuisce la funzione di integrare unnesso di collegamento obiettivo che, come tale, potrebbesussistere solo con riferimento al diritto diuno Stato (con cui il contratto presenti elementi dicollegamento) ». Sul tema v. la ricostruzione di Carbonee Ivaldi, Lezioni di diritto internazionale privato,Padova, 2000, p. 113 ss.( 14 ) V. Corte giust. CE 24 gennaio 1991, causa339/89, Alsthom Atlantique, in Raccolta, 1991, p.I-107 ss. Al punto 15 della motivazione, in un obiterdictum, la Corte afferma che « le parti di un contrattodi compravendita internazionale sono in genere liberedi determinare la legge applicabile ai loro rapporticontrattuali evitando così di essere soggette alla leggefrancese [più restrittiva nel caso di specie, n.d.r.] ».La fattispecie riguardava l’applicazione ad un contrattodella legge francese, della quale una parte contestavala natura di misura di effetto equivalente, inforza dell’art. <strong>28</strong> del Tratt. CE. Dopo avere puntualizzatoche la norma nazionale in questione era indistintamenteapplicabile e che non aveva alcun impattosui flussi all’esportazione, la Corte ha aggiunto chein ogni caso le parti, in base al principio dell’autonomiaprivata, sono libere di scegliere un diverso dirittoapplicabile al negozio. Sul rapporto tra autonomiaprivata, libertà fondamentali e norme imperative laletteratura è ormai ampia, v. in particolare Grundmann,The Structure of European Contract Law, inEur. Rev. Priv. Law, 2001, 505, che ammette la compatibilitàdell’autonomia internazionalprivatisticacon le norme del Tratt. CE quando non vengono inrilievo norme imperative, nel qual caso occorre sottoporrela scelta delle parti al test di proporzionalità,necessità e non discriminazione; Basedow, A CommonContract for the Common market, inCommonMarket Law Rev., 1996, p. 1169 ss., e con specificoriguardo al caso Alsthom Atlantique e alla facoltà delleparti di scegliere una legge più favorevole alla lororelazione economica, v. p. 1174; v. inoltre Bariatti,Prime considerazioni sugli effetti dei principi generali edelle norme materiali del Trattato CE sul diritto internazionaleprivato e processuale, inRiv. dir. internaz.priv. e proc., 2003, p. 691.( 15 ) Sul punto insistono Muir Watt e Radicatidi Brozolo, Party Autonomy and Mandatory Rulesin a Global World, inInt’l Law Forum, 2004, p. 90ss., i quali attraverso l’esame di diverse fattispecie relativesia ai conflitti di legge sia ai conflitti di giurisdizioneaffermano che sarebbe illogico per un ordinamentoconsentire alle persone di instaurare liberamenterapporti internazionali e poi pretendere assolutamentedi applicare il proprio diritto. V. inoltre,amplius, Muir Watt, Aspects économiques cit., p.130 ss.NLCC 3/4-2009


[Art. 3] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 615mette di raggiungere una maggiore efficienza, dievitare costi transattivi derivanti dalla mancataindividuazione preventiva della legge regolatricee di realizzare economie di scala quando icontratti e le imprese coinvolte lo consentono( 16 ). Con specifico riguardo al contesto comunitario,va osservato che la centralità dellascelta della legge applicabile è perfettamenteconforme all’esigenza di assicurare la certezzadel diritto nello spazio giudiziario europeo, comeosservato, elevata ad obiettivo primario deldiritto internazionale privato comunitario.3. – La Convenzione di Roma ha senza dubbiocontribuito alla « emancipazione » della leggedesignata dalle parti da un ordinamento conil quale la fattispecie presenta contatti specifici,e di contro alla valorizzazione del contenutomateriale del diritto richiamato per regolare ilcontratto. Come è noto, la Convenzione di Romaha accolto un approccio liberale sulla sceltadi legge, consentendo alle parti ampi spazi dimanovra nella designazione della legge applicabile.Il medesimo approccio è ripreso dal reg.« Roma I », il cui art. 3 non sottopone la scelta acondizioni particolari, limitandosi a stabilireche « [i]l contratto è disciplinato dalla leggescelta dalle parti ». In altri termini, e a confermadel ruolo « sostanziale » esercitato dall’autonomiaprivata internazionalprivatistica, l’art. 3consente alle parti di designare quella legge stataleche meglio persegue gli obiettivi della lorooperazione economica, a prescindere dall’esistenzadi collegamenti oggettivi o soggettivi conla fattispecie. La norma in esame, infatti, noncondiziona la scelta di legge all’esistenza di uncollegamento tra l’ordinamento designato e lafattispecie, né alla necessità di alcuna giustificazionedella scelta effettuata dalle parti. Esse designanola legge applicabile in considerazionedella forza contrattuale di ciascun contraente,( 16 ) Sul punto v. Saravalle, op. cit., p. 943. Perun’analisi in chiave di analisi economica del dirittodell’efficienza delle clausole di scelta della legge applicabile(e del foro competente) v. Trachtman, InternationalRegulatory Competition, Externalizationand Jurisdiction, inHarvard International Law Journal,1993, p. 47 ss.; Garcimartín Alférez, RegulatoryCompetition: A Private International Law Approach,inEur. Journ. Law and Economics, 1999, vol.8, p. 251 ss.della neutralità della legge indicata rispetto allafattispecie, oppure della sua specializzazionenella disciplina della materia oggetto del contratto.Nella scelta del diritto applicabile, i contraentidevono peraltro sottostare al rispettodelle « norme alle quali non è possibile derogareconvenzionalmente » del sistema giuridicocui tutti gli elementi della fattispecie si riferiscono,nonché delle norme di applicazione necessaria( 17 ).Il carattere universale della normativa uniforme,già sancito dalla Convenzione di Roma e ribaditodall’art. 2 del reg. « Roma I » ( 18 ), lettoin combinazione con l’art. 3 in esame, rafforzaulteriormente questa visione, in quanto consenteil richiamo di una legge di un paese terzo,non appartenente all’Unione Europea, senzacondizioni di reciprocità. In tal modo il reg.« Roma I », sostituendosi alle norme di conflittointerne, impone in tutti gli Stati membri lamedesima concezione e valorizzazione dell’autonomiaprivata nell’ambito del commercio internazionale,ed elimina in radice la resistenzadi concezioni nazionalistiche divergenti, non solonei confronti degli altri Stati comunitari, maanche nei confronti degli altri membri della comunitàinternazionale, con l’effetto complessivodi promuovere il commercio internazionale.L’opportunità di richiamare la legge di unoStato terzo è particolarmente significativa nell’ambitodi certe operazioni, come quelle relativeai derivati finanziari, che sono caratterizzatee si svolgono nell’ambito di un’infrastrutturacontrattuale standardizzata, che per ragioni diforza economica, è assoggettata al diritto delloStato di New York, o alternativamente a quelloinglese. La possibilità di sottomettere la propria( 17 )V.Biagioni, infra, commento sub art. 3, II, eId., infra, commento sub art. 9. V. inoltre De Cesari,« Disposizioni alle quali non è permesso derogare convenzionalmente» e « norme di applicazione necessaria» nel regolamento Roma I, in Liber Fausto Pocar.Nuovi strumenti di diritto internazionale privato, a curadi Venturini e Bariatti, Milano, 2009, p. 257 ss.;Bonomi, Prime considerazioni sul regime delle normedi applicazione necessaria nel nuovo regolamento RomaI sulla legge applicabile ai contratti, ibidem, p.107ss.; Ubertazzi, Il regolamento Roma I, cit., p. 119ss.; Boschiero, I limiti al principio d’autonomia, cit.,p. 67 s.( 18 ) Ed in precedenza delle medesime norme dellaConvenzione di Roma.NLCC 3/4-2009


616reg. CE n. 593/2008[Art. 3]relazione contrattuale a questa legislazione è essenzialeper quegli operatori che intendono parteciparea tali attività, in quanto è essa stessa garanziadell’accesso al mercato.Le potenzialità dell’autonomia privata nel sistemadella Convenzione di Roma sono enfatizzatedall’applicazione combinata con le altre disposizionipattizie. A questo riguardo va osservatoda un lato, che la Convenzione di Roma,così come il nuovo reg. « Roma I », si applicaogniqualvolta si sia in presenza di una situazioneche comporta un conflitto di leggi in base asituazioni oggettive e soggettive. Questa espressioneintenzionalmente utilizzata dal legislatorecomunitario alla luce delle difficoltà di perveniread una definizione unanime di « contratto internazionale», conferisce alla convenzione unambito di applicazione ampio, poiché prescindedalla necessità di qualificare l’accordo ( 19 ) epermette l’applicazione delle norme uniformianche in fattispecie puramente interne, fattosalvo il rispetto di quanto previsto all’art. 3, par.3e4.In tale circostanza, secondo la dottrina più accreditata,la designazione di una legge stranierasarà inefficace soltanto nel limite in cui arrecapregiudizio alle norme imperative dell’ordinamento« derogato », i.e. quello con cui il contrattopresenta tutti gli elementi di collegamento,senza però travolgere l’intera scelta di legge.Ad esempio potrà essere data applicazione allalegge indicata dalle parti se questa appresta unatutela equivalente o superiore a quella previstadalle norme imperative dello Stato con cui ilcontratto è intermente collegato ( 20 ). La ricostruzionedottrinale richiamata, secondo la qualela scelta di legge effettuata in fattispecie « interne» costituisce un criterio di collegamentoad un ordinamento giuridico che dovrà essereapplicato secondo i suoi criteri interpretativi etenendo conto delle modifiche legislative eventualmenteintervenute nel tempo, sembra dapreferire a quella tesi che sostiene che, in tal caso,il richiamo ad una legge straniera altro non èche una semplice incorporazione contrattualedel diritto alieno ( 21 ).Tale apertura alla designazione di una leggestraniera in fattispecie interne è molto significativain quanto consente, ad esempio, l’utilizzazionedi modelli contrattuali di stampo angloamericanoche costituiscono la struttura portantedi diversi mercati tra cui di larga parte delleoperazioni finanziarie, anche in situazioni noncompletamente internazionali. In tali contesti,la scelta di una legge straniera è sovente preferibilerispetto alla sottoposizione dell’accordo all’ordinamentonazionale, in quanto l’ordinamentostraniero si conforma meglio al contenutoed all’ambiente internazionale ( 22 ) cui l’operazioneappartiene, rafforzando la certezza deldiritto e consentendo di monitorare il c.d. legalrisk. Nell’ipotesi in cui venga designato il dirittointerno per regolare un contratto modellato suconcetti normativi estranei all’ordinamento, i rischigiuridici che sarebbero a prima vista ridottiper la familiarità degli operatori con l’ordinamentoprescelto, in realtà potrebbero aumentareper via dell’incertezza della trasposizione dinozioni appartenenti ad altre tradizioni <strong>giuridiche</strong>,in pregiudizio dell’assetto negoziale. La designazionedi una legge che si distacca dallostandard contrattuale deve quindi essere v<strong>agli</strong>atacon particolare cautela, soprattutto quandonon è accompagnata da una clausola di sceltadel foro.4. – L’ultimo periodo dell’art. 3, par. 1, introducela facoltà di dépeçage della legge applicabileal contratto, stabilendo che « [l]e parti possonodesignare la legge applicabile a tutto il con-( 19 ) Alla luce della crescente velocità di trasferimentodi cose e di persone e quindi della difficoltà diindividuare criteri di collegamento più o meno stabili,è interessante osservare che anche la Convenzionedell’Aja del 5 luglio 2006 su alcuni diritti relativi aidiritti detenuti attraverso un intermediario ha optatoper questa formula allo scopo di definire il suo ambitodi applicazione; cfr. Gardella, Le garanzie finanziarie,cit., p. 350.( 20 ) Cfr. Baratta, La convenzione di Roma, cit., p.1912.( 21 )V.Villani, op. cit., p. 76, il quale in realtàqualifica la designazione di una legge straniera in talicircostanze alla stregua di una « recezione negozialedel diritto straniero, piuttosto che quale criterio dicollegamento in senso proprio ».( 22 ) Cfr. Radicati di Brozolo, Operazioni bancariee conflitti di legge, Milano, 1984, p. 96, che propendeper un’applicazione ampia della Convenzionedi Roma, non limitata alle sole ipotesi di internazionalitàdella fattispecie di cui, comunque, fornisceun’interpretazione ampia nel settore bancario.NLCC 3/4-2009


[Art. 3] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 617( 23 ) Nonostante la disposizione contempli espressamentela possibilità di determinare la legge applicabilead una parte soltanto del contratto, lasciandonell’incertezza se la legge regolatrice della parte restantedebba essere determinata in base ai criteri applicabiliin mancanza di scelta, già nel vigore dellaConvenzione di Roma, gli AA. che si sono occupatidell’esegesi della norma concordavano nell’interpretarela norma nel senso di conferire ai contraenti la libertàdi designare più leggi applicabili al contratto,sul punto cfr. Villani, La convenzione di Roma, cit.,p. 70 ss.; Baratta, La convenzione di Roma, cit., p.1910.( 24 ) Relazione Giuliano-Lagarde, sub art. 3: « [i]ncaso di frazionamento la scelta deve essere coerente,deve cioè riguardare quegli elementi del contrattopossono essere disciplinati da leggi diverse senza darluogo a risultati contraddittori ».( 25 ) In questo senso v. Bonomi, Il nuovo diritto internazionaleprivato dei contratti, cit., p. 58.tratto ovvero a una parte soltanto di esso ». Ladisposizione implica cioè che le parti possonoframmentare il contratto e scegliere uno o piùordinamenti per la sua disciplina, a seconda dellespecifiche esigenze dei singoli aspetti di cui ilcontratto si compone ( 23 ). Nessuno dubita delrilevante significato teorico di questa disposizioneper la valenza sostanziale dell’autonomiainternazionalprivatistica la quale, attraverso laframmentazione della disciplina applicabile,conferisce alle parti potere di autoregolamentarela propria operazione economica, senza inquadrarlain un singolo ordinamento statalebensì in una pluralità di legislazioni. Sotto ilprofilo pratico, peraltro, già la Relazione Giuliano-Lagardemetteva in guardia d<strong>agli</strong> eccessi diquesta facoltà, richiedendo che la frammentazionedelle leggi applicabili mantenesse comunquela coerenza contrattuale ( 24 ). Oggetto didépeçage possono essere le clausole penali, quelleche riconosco facoltà di recesso unilaterale equelle in cui viene concessa una garanzia ( 25 ).Tra gli autori che si sono occupati del dépeçagesi riscontrano diversi orientamenti tra cui (i)uno teso a mettere in luce la rivoluzione teoricaintrodotta dalla disposizione per i suoi innegabilirisvolti innovativi in termini di inquadramentodella fattispecie nell’ambito di più ordinamentistatali; (ii) un altro, più pragmatico,volto a sottolineare le difficoltà pratiche di realizzaretale frammentazione in modo giuridicamenteed economicamente coerente, e ad evidenziarei rischi inerenti a tale meccanismo diporre in essere un contratto « arlecchino »,« caleidoscopio » o « mosaico ». Tale pericoloper l’uniformità e la prevedibilità della disciplinaapplicabile al contratto è percepita dallaprassi, in cui si riscontrano rari casi di ricorsovolontario al dépeçage ( 26 ).I rischi testé evidenziati hanno indotto alcuniautori a circoscrivere la facoltà di dépeçage aquelle operazioni complesse, formate da diverseparti giuridicamente ed economicamente distinte,facilmente separabili l’una dall’altra e pertantologicamente sottoponibili a leggi diverse,alla stessa stregua dei contratti collegati ( <strong>27</strong> ).Un’altra parte della dottrina, però, ha contestatoquesta lettura restrittiva anche sulla base diargomentazioni letterali, affermando che l’art. 3non condiziona il dépeçage alla separabilità delleparti del contratto né ad altri requisiti e rafforzanotevolmente il concetto di autonomia privata.Tale conclusione è stata tratta anche dal confrontocon la vecchia formulazione dell’art. 4,Convenzione di Roma, che contemplava ildépeçage giudiziale (oggi abrogato dal reg. « RomaI ») il quale consentiva al giudice, a titolo eccezionale,in mancanza di scelta della legge regolatrice,di applicare leggi diverse quando ilcontesto lo consentiva, ed in particolare subordinatamentealla dimostrazione della separabilitàdelle diverse parti del contratto o dell’esistenzadi un legame più stretto con un altro ordinamento.Constatando che condizioni di questotipo non sono previste dall’art. 3, relativo aldépeçage volontario, parte della dottrina, enfatizzandoil ruolo dell’autonomia privata, ha trattola conseguenza che « esso si configura comedépeçage della legge, volto a determinare il con-( 26 ) Sul punto cfr. Marrella, Prime note, cit., p.33, che parla di « completa astrattezza del dépeçagevolontario » edi« mancanza di applicazioni pratiche»; Id., Funzione ed oggetto, cit., p. 32 ss.( <strong>27</strong> ) Per questa tesi v. Mayer e Heuzé, Droit internationalprivé 9 , Paris, 2008, p. 537 ss.; Audit, Droitinternational privé 4 , Paris, 2006, p. 660 ss.; Clarksone Hill, The Conflict of Laws, Oxford, 2006, 183ss., secondo i quali se la scelta di sottoporre obbligazionidel medesimo contratto a leggi diverse porta arisultati incoerenti, la scelta deve ritenersi invalida eprocedere alla determinazione del diritto applicabilein base ai criteri previsti dall’art. 4 della Convenzionedi Roma.NLCC 3/4-2009


618reg. CE n. 593/2008[Art. 3]tenuto del contratto, non come dépeçage delrapporto, volto a determinarne la migliore localizzazione» ( <strong>28</strong> ).Alla luce del dibattito sui rischi e sugli scarsirisvolti pratici del dépeçage, occorre ancorachiedersi quali siano le applicazioni ed i limitidel ricorso a questa tecnica in rapporto al principiogenerale di frode alla legge e di abuso deldiritto. Concordando con numerosi autori, deveescludersi che il legislatore comunitario abbiaacconsentito alle parti di scegliere leggi diverseper disciplinare parti diverse del contratto alloscopo di sfuggire alle norme imperative di undato ordinamento ( <strong>29</strong> ).( <strong>28</strong> ) Cfr. Carella, Il diritto applicabile ai contratti:norme di conflitto e norme materiali, inI rapporti economiciinternazionali e l’evoluzione del loro regimegiuridico, a cura di Boschiero e Luzzatto, Napoli,2008, p. 169 ss., spec. p. 183; Id., Autonomia dellavolontà, cit., p. 111 ss.( <strong>29</strong> ) Cfr. Mayer e Heuzé, op. cit., p. 538; Audit,op. cit., p. 661; Bureau e Muir Watt, Droit internationalprivé, Partie spéciale, vol. 2, Paris, 2007, p. 305;Carbone e Luzzatto, Il contratto internazionale,cit., p. 23.5. – In aggiunta alla facoltà di frammentare ladisciplina del contratto, il reg. « Roma I », cosìcome la Convenzione di Roma, consente di modificarela scelta della legge applicabile. Tale disposizione,prevista all’art. 3, par. 2, rispondealla medesima logica di valorizzare l’autonomiaprivata materiale, ispiratrice della disciplina deldépeçage. Essa consente alle parti di cambiare lalegge designata « in qualsiasi momento » sottoponendo« il contratto ad una legge diversa daquella che lo disciplinava in precedenza per effettodi una scelta anteriore effettuata ai sensidel presente articolo o per effetto di altre disposizionidel presente regolamento ». La norma inesame stabilisce espressamente, peraltro, che lamodifica della legge regolatrice del contrattonon pregiudica né la validità formale del contratto,né i diritti dei terzi. La possibilità di modificarela legge regolatrice, anche in conseguenzadi un suo emendamento interno, non èaltro che un’ulteriore esplicazione della volontàmateriale dei contraenti, liberi di scegliere unalegge e di abbandonarla se essa non corrispondepiù ai fini dell’operazione economica. Portatoalle sue estreme conseguenze, tale ragionamentoha spinto ad affermare che sarebbe stato megliosvincolare completamente le parti dalla necessitàdi inquadrare il contratto in un sistemagiuridico, vista la facilità di distaccarsene indipendentementeda mutamenti delle circostanzeoggettive o soggettive del rapporto e di sue connessionicon l’ordinamento originariamenteprescelto ( 30 ). A tale osservazione, però, sipuòobiettare che queste modifiche possono essererealizzate dalle parti nel limite in cui è permessodalle norme uniformi debitamente recepite d<strong>agli</strong>ordinamenti nazionali, i quali sono in ultimaanalisi fonte legittimante della volontà privata.Fatta salva l’impregiudicabilità dei diritti deiterzi e della validità formale del contratto, tutelatedall’art. 3, par. 2, ultimo periodo, da partedella legge successiva scelta dalle parti, non èdel tutto chiaro se la modifica della legge applicabilepossa avere effetti retroattivi. Non sussistealcun elemento letterale contrario a questatesi che pertanto deve considerarsi ammessa( 31 ), anzi il limite della tutela degli interessidei terzi e della validità formale del contrattofanno propendere per questa posizione ( 32 ). Leparti nella clausola sulla modifica della scelta dilegge saranno comunque libere di circoscriverenel tempo gli effetti della modifica. Benché nonsia richiesto in modo manifesto dalla disposizione,pare doversi sostenere che a seguito dell’entratain vigore del reg. « Roma I », anche la modificadella legge applicabile, così come la sceltainiziale, debba essere espressa o risultare chiaramentedal contratto o dalle circostanze del casocon test più severi di quelli in uso nel vigore dellaConvenzione di Roma ( 33 ).Ci si può chiedere se sia ammissibile la modificadella legge che incide sulla validità sostanzialedel contratto (i) rendendolo invalido; oppure(ii) sanando la precedente situazione di invaliditàdello stesso. Nell’affrontare tale discussione,occorre premettere che dal testo uniformenon traspare una preferenza per la scelta di( 30 ) V. ancora Carella, Il diritto applicabile, cit.,p. 182 ss.( 31 ) Così argomentano Plender e Wilderspin,op. cit., p. 101, e Villani, La convenzione di Roma,cit., p. 74.( 32 )V.Baratta, La convenzione di Roma, cit., p.1911.( 33 ) Sulle modalità di scelta, v. infra, par. 11.NLCC 3/4-2009


[Art. 3] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 619legge in favorem negotii ( 34 ) che consente laconservazione della validità sostanziale del contratto,di conseguenza è stata affermata l’ammissibilitàdi entrambe le ipotesi illustrate. Da unlato, per quanto riguarda la prima fattispecie (i)si può argomentare che per quanto insoddisfacente,il risultato è compatibile con le disposizioniuniformi non solo perché non si potrebbefar prevalere una volontà presunta alla conservazionedel contratto, ma anche perché, sotto ilprofilo letterale, la norma sulla modificabilitàdella professio iuris si cura soltanto della conservazionedella validità formale del contratto.L’ipotesi sub (ii) è quella più agevole da immaginaree probabilmente la ratio stessa della disposizionein esame, cioè di permettere la conservazionedel contratto attraverso un’opportunascelta di legge. L’obiezione secondo la qualenon può essere sanato ciò che non è valido findall’inizio può essere agevolmente superata, argomentandosulla base degli effetti retroattividella scelta di legge ( 35 ).È discusso il momento entro il quale le partipossono convenire di modificare la legge applicabileal contratto, tenuto conto dell’esigenza diassicurare la stabilità e la certezza delle situazioni<strong>giuridiche</strong>. L’opinione prevalente nella dottrinaitaliana sembra essere quella di ammetterela modifica, espressione di una scelta consapevole,fino alla fase processuale, entro primi attiintroduttivi del giudizio ( 36 ).( 34 ) Cfr. Plender e Wilderspin, op. cit., p.99s.;Mayer e Heuzé, op. cit., p. 536 i quali non ravvisanol’esistenza di un tale favor per la scelta di legge checonsidera valido il contratto, al punto che un contrattoben può essere ritenuto nullo proprio in base allalegge scelta dalle parti, poiché esse hanno scelto didevolvere la regolamentazione del loro rapporto aquella legge, rimettendosi ad essa anche per quantoriguarda la valutazione della validità sostanziale dellostesso.( 35 ) Al riguardo cfr. le osservazioni di Saravalle,op. cit., p. 951.( 36 ) Cfr. Villani, La convenzione di Roma, cit., p.75; Baratta, La convenzione di Roma, cit., p. 1911,favorevole alla modifica entro la prima udienza ditrattazione.6. – Senza distaccarsi dalla lettera della disposizionedella Convenzione di Roma, l’art. 3 delregolamento limita l’operatività della volontàdelle parti alla sola legge statale, chiudendosi alleaperture contenute nella proposta di reg.« Roma I » alla facoltà di richiamare fonti nonstatali. In virtù del 13 o e del 14 o considerandodel reg. « Roma I » che non pregiudicano lapossibilità delle parti di riferirsi nel contratto adun diritto non statale o a convenzioni internazionali,l’esatta portata dell’esclusivo riferimentoalla sola legge statale da parte dell’art. 3 deveessere opportunamente valutata. Prima di addentrarsiin questa analisi, è però utile richiamarebrevemente lo « stato dell’arte ».La questione del richiamo di fonti non stataliera già stata oggetto di dibattito in occasionedella redazione della Convenzione di Roma e,come accennato, è stata ampiamente discussaanche in sede di trasformazione della Convenzionedi Roma in regolamento comunitario.Con riguardo alla Convenzione di Roma, infatti,la dottrina maggioritaria propende perl’esclusivo richiamo alla legge di un ordinamentostatale. Tale conclusione restrittiva èfondata su due ordini di argomentazioni tra essiconnessi. Da un lato, il rilievo letterale secondoil quale la norma in questione impiegadeliberatamente il termine « legge » piuttostoche « regole » (« rules » in inglese, « règles » infrancese), espressione generalmente impiegataper indicare fonti <strong>giuridiche</strong> anazionali, lecc.dd. regole oggettive del commercio internazionaleo lex mercatoria, che pertanto avrebbelasciato maggior spazio di manovra alle parti.Dall’altro lato, ed in modo complementare allaconsiderazione appena esposta, l’interpretazionerestrittiva è basata sulla constatazione dell’adesioneda parte della Convenzione di Romaal metodo conflittuale « classico » che permettedi richiamare soltanto ordinamenti nazionali, edel rigetto del c.d. « contratto senza legge », lacui regolamentazione è dettata autonomamentedalla volontà delle parti espressa nel contrattoe prescinde dal legame con un sistema giuridicostatale.Alla preoccupazione, paventata in dottrina,che numerosi contratti sarebbero stati cosìesclusi dall’ambito di applicazione della Convenzionee lasciati privi di una regolamentazione,era stato replicato (i) che il richiamo alla lexmercatoria non sarebbe comunque sufficiente aregolare il contratto, in quanto le regole oggettivedel commercio internazionale sono incompletee non esauriscono la disciplina del rapporto;(ii) che la sottoposizione dei contratti inter-NLCC 3/4-2009


620reg. CE n. 593/2008[Art. 3]( 37 ) Cfr. ad es. l’art. 1496 del Nouveau Code deProcédure Civile francese; art. <strong>28</strong> dell’Uncitral ModelLaw on International Commercial Arbitration el’art. 33(1) delle Uncitral Arbitration Rules, applicabili<strong>agli</strong> arbitrati ad hoc (questi ultimi due testi sonoconsuiltabili nel sito dell’Uncitral: http://www.uncitral.org).( 38 ) Così v. Carbone, Il « contratto senza legge » ela convenzione di Roma del 1980,inRiv. dir. internaz.priv. e proc., 1983, p. <strong>27</strong>9 ss.; Carbone e Luzzatto,Il contratto internazionale, cit., p. 22 ss.; considerazionicondivise anche da Boschiero, Verso il rinnovamento,cit., p. 342 ss. Al riguardo, tra i tanti, v.Béraudo, Faut-il avoir peur du contrat sans loi?, inLe droit international privé: esprit et méthodes. MélangesP. Lagarde, Paris, 2005, p. 93 ss.( 39 ) Su cui, ex multis, v.Juenger, The Inter-AmericanConvention on the Law Applicable to InternationalContracts: Some Highlights and Comparisons, inAmerican Journal of International Law, 1994, p. 391ss.nazionali a tali norme rimane comunque possibile,se e nella misura in cui la cognizione dellecontroversie ad essi relative viene devoluta adarbitrato internazionale, e la legge applicabilealla controversia consente <strong>agli</strong> arbitri di applicarenorme non statali, o comunque la legge nazionaledesignata consente l’applicazione di taliprincipi ( 37 ). In dottrina è stato messo in luceche tale tecnica di « delocalizzazione », insiemealla possibilità concessa dalla Convenzione diRoma, come ora dal reg. « Roma I », di frammentarela disciplina del contratto sottoponendoloa leggi diverse, ha per effetto di evitare cheil rapporto sia inquadrato nell’ambito di un soloordinamento nazionale e finisce quindi con ilpermettere in certa misura la messa in praticadel contratto senza legge ( 38 ).Tale dibattito, che ha appassionato diversi autori,non è puramente di scuola, specie quandosi confronta la diversa soluzione adottata dallaConvenzione inter-americana sulla legge applicabileai contratti internazionali, firmata a Cittàdel Messico il 17 marzo 1994 ( 39 ) che, in meritoal richiamo ed all’operatività dei principi delcommercio internazionale, contiene una soluzionepiù moderna ed attenta alle esigenze dellaprassi. Essa infatti, accanto al metodo internazionalprivatistico,prevede quello di diritto uniformee stabilisce che in caso di mancanza discelta della legge ad opera delle parti devono esserepresi in considerazione i principi del commerciointernazionale riconosciuti dalle organizzazioniinternazionali (art. 9, par. 2). Il successivoart. 10 della Convenzione di Città delMessico rafforza il metodo sostanziale, affermandoche per soddisfare i requisiti di giustiziaed equità nelle singole fattispecie possono essereapplicati i principi di diritto commerciale internazionale,al pari degli usi e delle pratiche generalmenteaccettate nella prassi ( 40 ). Il riferimentocontenuto all’art. 9, par. 2, della suddettaConvenzione, ai « principi del commercio internazionalericonosciuti dalle organizzazioni internazionali», corre immediatamente ai PrincipiUnidroit, in fase di elaborazione al momentodella redazione della Convenzione di Cittàdel Messico e definitivamente approvati allostesso tempo della firma di tale Trattato ( 41 ).Come è noto, i Principi Unidroit non sonouno strumento giuridico vincolante, né una leggemodello, ma sono piuttosto assimilabili adun restatement dei principi comuni alla maggiorparte dei sistemi giuridici sia di civil law sia dicommon law, un diritto privato internazionaleflessibile a disposizione degli arbitri, che vieneincontro alle esigenze della prassi commercialeinternazionale presentandosi come normativaautonoma d<strong>agli</strong> Stati e neutrale.7. – In occasione della trasformazione dellaConvenzione di Roma in regolamento comunitario,il tema del richiamo di una legge non statale,così come di una convenzione internazionale,è stato posto all’ordine del giorno. Il LibroVerde della Commissione europea, infatti, avevaposto il quesito se il richiamo internazionalprivatisticodella disciplina applicabile al contrattopoteva estendersi a convenzioni internazionalio a fonti non statali, quali i principi generalidel diritto ( 42 ).( 40 ) Cfr. l’art. 10 della Convenzione, ai sensi delquale « [i]n addition to the provisions in the foregoingarticles, the guidelines, customs and principlesof international commercial law as well as commercialusage and practices generally accepted shall applyin order to discharge the requirement of justiceand equity in the particular case ».( 41 ) Il testo dei Principi Unidroit, così come integratinella seconda versione approvata nel 2004, è disponibilesul sito www.unidroit.org. In dottrina v. gliAA. citati supra in nota, nel par. 1.( 42 ) Cfr. il Libro Verde, la cui domanda n. 8 era co-NLCC 3/4-2009


[Art. 3] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 621Nonostante la reazione positiva di parte delladottrina a questo ampliamento ( 43 ), ritenutoconsono alla globalizzazione dell’economia ilcui processo è strettamente connesso al ridimensionamentodel concetto di sovranità stataleed al pluralismo delle fonti normative, anche diorigine non statale, in parallelo con il rafforzamentodel potere di autoregolamentazione deiprivati, la versione finale del reg. « Roma I » si èmostrata timida a tali aperture, mantenendol’art. 3 nella sua formulazione originaria e limitandoquindi il richiamo alla sola legge statale.L’art. 3, par. 2, della Proposta di regolamento,infatti, recava la facoltà delle parti di « sceglierecome legge applicabile principi e norme di dirittosostanziale dei contratti, riconosciuti a livellointernazionale o comunitario ». A sottolineareil passaggio da un approccio « conflittuale» che caratterizzava la Convenzione di Roma,ad un metodo pienamente sostanziale e volontaristicodella proposta di reg. « Roma I », ilperiodosuccessivo del citato art. 3, par. 2, aggiungevache « [t]uttavia, le questioni riguardanti lematerie disciplinate da tali principi o norme enon espressamente risolte da questi ultimi verrannorisolti secondo i principi generali cui siispirano o, in mancanza, conformemente allalegge applicabile in mancanza di scelta ai sensidel presente regolamento ». La lettera della normamette in evidenza che per colmare le lacunedei principi di diritto richiamati, la legge stataledeterminata secondo i criteri applicabili in assenzadi scelta delle parti veniva in rilievo soltantoquale criterio successivo, in caso di inadeguatezzao insufficienza allo scopo dei principigenerali non statali cui gli stessi si ispirano. Inaggiunta occorre osservare che il richiamo a talifonti non integrava una scelta di legge ex art. 3.La relazione alla proposta di reg. « Roma I »metteva in luce che il requisito dell’art. 3, par. 2,che tali principi fossero riconosciuti a livello internazionale,mirava a restringere l’ambito dell’autonomiaprivata al richiamo di quelle regoleche godono già di uno standing internazionale,quali i Principi Unidroit, i PECL o un eventualefuturo strumento comunitario facoltativo,« vietando invece la scelta della lex mercatoria,insufficientemente precisa, o di codificazioniprivate non sufficientemente riconosciute dallacomunità internazionale ».La disposizione contenuta nella proposta direg. « Roma I », apprezzata da molti, è stata invececriticata da chi ne ha messo in luce la formulazionepoco chiara ed indeterminata, soprattuttoin relazione al criterio in base al qualeprincipi e norme di diritto internazionale possonodirsi riconosciuti a livello internazionale ocomunitario ( 44 ).Un’altra critica mossa all’estensione dell’ambitodella volontà privata ai principi e alle normedel diritto internazionale operata dalla propostadi reg. « Roma I », consiste nell’osservazioneche anche nel vigore della Convenzione diRoma, non è precluso il richiamo a tali fonti lequali possono spiegare effetti nei limiti in cuivengono ricollegate (ed incorporate) ad un ordinamentonazionale, cioè alla lex contractus,determinata dalla volontà delle parti o in base aicriteri suppletivi previsti dall’art. 4 ( 45 ), a pattoche ne vengano rispettate le norme imperative.Secondo la tesi più radicale, ma anche più persuasiva,la clausola che designa come normativaapplicabile ai contratti i Principi Unidroit oiPECL dovrebbe essere considerata come una« mancanza » di scelta della legge applicabile,che andrebbe quindi determinata sulla scortadei criteri previsti dall’art. 4 del reg. « Roma I ».In tale ambito, la nuova lex mercatoria spieghesìformulata: « Should the parties be allowed to directlychoose an international convention, or even generalprinciples of law? What are the arguments foror against this solution? ».( 43 ) V. in particolare, Béraudo, Faut-il avoir peur,cit., p. 93 ss.; Max Planck Institut for Comparativeand International Private Law, Commentson the European Commission’s Green Paper on theconversion of the Rome Convention of 1980 on thelaw applicable to contractual obligations into Communityinstrument and its modernization, p. 15 ss., disponibilenel sito www.mpipriv.de.( 44 ) Così Lagarde, Remarques sur la propositionde règlement de la Commission européenne sur la loiapplicable aux obligations contractuelles (Rome I), inRev. crit. dr. internat. privé, 2006, p. 336.( 45 ) In questo senso v. Lagarde, Remarques, cit.,p. 336; Vinci, La « modernizzazione » della convenzionedi Roma sulla legge applicabile alle obbligazionicontrattuali: la scelta del diritto applicabile,inContr. eimpr., 2007, 1223 ss., spec. p. 1236; Romano G.P.,Le choix des Principes Unidroit par les contractantsà l’épreuve des dispositions impératives, inJourn. dr.int., 2007, p. 473 ss.NLCC 3/4-2009


622reg. CE n. 593/2008[Art. 3]( 46 ) Sul punto v. Marrella, Prime note, cit., pp.32, il quale afferma che una clausola dal seguente tenore« Il presente contratto è regolato dalla lex mercatoriaed i Principi Unidroit » corrisponde, se laConvenzione di Roma è applicabile, « ad una curiosaquanto paradossale fattispecie da inquadrare in quelladell’assenza di scelta del diritto applicabile di cuiall’art. 4 della Convenzione medesima », per cui ilgiudice « dovrà, in prima battuta, individuare la leggedel paese con cui il contratto presenta il collegamentopiù stretto ed, in seconda battuta, individuarela legge del paese con cui il contratto presenta il collegamentopiù stretto ed, in seconda battuta, attribuireefficacia alla lex mercatoria ed ai Principi Unidroitsolo nella misura ammessa dall’ordinamentostatale richiamato ».( 47 ) Critiche sono mosse da Kessedjian, Un exercicede rénovation des sources internationales des contrats:les principes proposés par Unidroit, inRev.crit. dr. internat. privé, 1995, p. 641 ss.; Lagarde, Remarques,cit., p. 335 ss.; Marrella, Prime note, cit.,p. 37.( 48 ) Cfr. Lando e Nielsen, op. cit., p. 1697.rebbe efficacia solo nella misura in cui ciò èconsentito dalla lex contractus in tal modo determinata( 46 ).Tale impostazione trova conforto nei PrincipiUnidroit, il cui art. 4 prevede che la loro applicazionenon limita l’operatività delle regoleimperative nazionali, internazionali o sovranazionali,applicabili secondo le regole pertinentidel diritto internazionale privato. Secondo la tesiriportata, quindi, la Convenzione di Romanon è di ostacolo al ricorso a queste fonti nonstatali: nei limiti in cui ciòèconcesso d<strong>agli</strong> ordinamentinazionali, essa piuttosto ne preclude ilrichiamo internazionalprivatistico, cioè in quanto« legge applicabile ».Ad ostare al richiamo internazionalprivatisticodei Principi Unidroit e dei PECL è statoobiettato il « deficit democratico » di questefonti, che non sono formalmente elaborate néadottate, direttamente o indirettamente, da alcunordinamento statale ( 47 ). Secondo alcuniautori, peraltro, si tratta di un falso problemanel momento in cui è lo stesso legislatore comunitarioche rende legittimo il richiamo in basead una disposizione del reg. « Roma I » ( 48 ).È evidente che l’ammissione della scelta direttadi questi principi avrebbe concesso alle partidi svincolare largamente la disciplina della propriarelazione contrattuale dalla legislazione statale,superando quindi la necessità di individuareun ordinamento giuridico competente, seppureliberamente scelto in base all’espressionedell’autonomia privata, ed in base a considerazionidi autoregolamentazione ( 49 ).Secondo alcuni autori, inoltre, si sarebbe trattatodi una scelta coraggiosa e meno ipocrita daparte del legislatore comunitario, coerente conl’ampia libertà internazionalprivatistica di cuigodono già le parti nel vigore della Convenzionedi Roma. È stato sottolineato infatti che icontraenti sono già in gran parte liberi, quantomeno sul piano teorico, dalle pressioni degli ordinamentistatali, essendo concesso loro a) dicambiare la legge applicabile in qualunque momento,quindi anche laddove, in virtù della modificalegislativa interna intervenuta, il dirittooriginariamente designato non dovesse più assecondarel’assetto economico-giuridico del contratto;b) di frammentare la disciplina del contrattotra più ordinamenti giuridici in virtù deldépeçage, c) di scegliere una legge straniera anchein presenza di un contratto interno. È statougualmente messo in risalto che la globalizzazionecrescente, intesa anche come velocità dispostamento di cose e persone, rende semprepiù difficile non solo la definizione della nozionedi contratto internazionale, ma anche la suaconnessione stabile ad un ordinamento nazionale,sicché norme non statali possono esserepreferibili in virtù del loro carattere neutrale esovranazionale ( 50 ).La versione definitiva dell’art. 3 del reg. « RomaI » ha eliminato la possibilità del richiamointernazionalprivatistico ai principi dei contrattiinternazionali riconosciuti a livello internazionale.Il 13 o considerando del regolamento in esame,peraltro, afferma espressamente che il regolamento« non impedisce che le parti includanonel loro contratto, mediante riferimento, un dirittonon statale (...) », legittimandone così il richiamoper incorporazione nell’ambito della lexcontractus applicabile al rapporto, nel limite incui non violano le norme inderogabili di quest’ultima( 51 ).( 49 ) Così argomentano anche Lando e Nielsen,op. cit., p. 1695.( 50 ) Cfr. Carella, La scelta della legge applicabileda parte dei contraenti, inIl nuovo diritto europeo deicontratti: dalla convenzione di Roma al Regolamento« Roma I », Milano, 2008, p. 78 ss.( 51 ) Tale impostazione è unanimemente ricono-NLCC 3/4-2009


[Art. 3] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 623Occorre volgere l’attenzione anche al 14 o considerandoche consente alle parti di sceglierel’applicazione delle norme previste in un futuro« idoneo strumento giuridico » adottato dallaComunità europea, contenente « norme di dirittosostanziale dei contratti, comprendenticlausole e condizioni standard ». Si tratta di unriferimento anticipato all’eventuale adozione diun codice europeo dei contratti, o Common Frameof Reference, attualmente in fase di elaborazionein seno alla Commissione europea, anchecon l’incarico di rivedere i PECL ( 52 ), e di redigereuno strumento comunitario.8. – Come accennato, il Libro Verde dellaCommissione europea poneva anche la questionedell’opportunità del richiamo internazionalprivatisticodi una Convenzione internazionalead opera delle parti. Tale problematica ovviamentenon si pone per l’operatività di quelleconvenzioni in vigore nei singoli Stati membri eche si applicano ipso iure al contratto. Il quesitoposto dal Libro Verde prendeva piuttosto inconsiderazione l’opportunità delle parti di richiamare,quale disciplina applicabile al rapporto,le norme internazionali pattizie non applicabilidirettamente alla fattispecie, perché non invigore in uno degli Stati membri cui la fattispecieè collegata e nel cui ambito può sorgere unacontroversia, e la cui applicazione è però auspicabileper realizzare quell’uniformità internazionaledella regolamentazione particolarmenteimportante nel settore dei trasporti ( 53 ). Come ènoto si tratta di una pratica diffusa nell’ambitodella disciplina dei trasporti marittimi, chesciuta in dottrina, oltre <strong>agli</strong> AA. già citati, cfr. Landoe Nielsen, op. cit., p. 1698; Lagarde e Tenenbaum,op. cit., p. 736.( 52 ) Cfr. Lando e Nielsen, op. cit., p. 1697.( 53 ) Sul punto cfr. Ivaldi, Diritto uniforme dei trasportie diritto internazionale privato, Milano, 1990,p. 18 ss., in cui si legge che il diritto uniforme dei trasportiè«speciale » non tanto in virtù della sua ratioma soprattutto in considerazione del fatto che la suasfera di operatività èdeterminata in modo autonomoe cogente ed « esclude, correlativamente e contemporaneamente,l’applicazione delle norme materialiinterne ed il funzionamento delle norme di diritto internazionaleprivato ». In generale, sui rapporti tranorme di conflitto e norme materiali internazionalementeuniformi, v. Franzina, infra, commento sub<strong>artt</strong>. 25 e 26, par. 2.prende forma nelle cc.dd. Paramount clauses( 54 ), stipulate nell’ambito di contratti di charterparty, cioè di noleggio di nave e di trasportointernazionale di cose, documentati da polizzadi carico, regolata dalla Convenzione di Bruxellesdel 1924 e dai successivi protocolli modificativi.La Paramount clause contiene un richiamoalla convenzione di Bruxelles del 1924 sulla polizzadi carico, o ai protocolli successivi o a legginazionali attuative di tale convenzione, con loscopo di rinviare alla disciplina dettata in talifonti, specie per regolare la disciplina della responsabilitàdell’armatore-vettore ( 55 ). Il rinvioalla fonte giuridica internazionale ha valore negozialeed è espressione della volontà privata edel potere di autoregolamentazione delle parti.La nostra giurisprudenza ha avuto occasione diesprimersi in modo positivo sul richiamo ad unaconvenzione internazionale ( 56 ).Nonostante l’accento posto dal Libro Verde e( 54 ) Cfr. Carbone e Luzzatto, op. cit., p.43ss.( 55 ) Sul punto v. Carbone e Ivaldi, Lezioni, cit.,p. 116; Carbone, Il diritto marittimo 2 , Torino, 2002,p. 207 ss. Sui recenti sviluppi in ambito di diritto uniformedei trasporti del richiamo alle convenzioni internazionaliv. Carbone e La Mattina, L’ambito diapplicazione del diritto uniforme dei trasporti marittimiinternazionali: dalla convenzione di Bruxelles allaconvenzione Uncitral, inRiv. dir. internaz. priv. eproc., 2008, p. 951 ss.( 56 ) Cfr. App. Genova 17 novembre 1990, in Riv.dir. internaz. priv. e proc., 1991, p. 99 ss., in cui si è affermatoche « [n]on è di ostacolo alla estensione pattiziadella convenzione la circostanza che essa non diavita ad un ordinamento statuale, talché non può dirsiche il diritto indicato dalle parti sia quello vigente, diun ordinamento statuale determinato e ciò per dueordini di motivi. Uno, di carattere formale, è che unavolta entrata in vigore con la ratifica da parte di uncerto numero di Stati, la convenzione, per il carattereche è inerente a tutte le norme internazionalmenteuniformi, dotate di autonome regole di applicazione(...) viene a costituire un sistema giuridico positivo,fino a prevalere sulle altre disposizioni dell’ordinamentostatuale che le ha recepite. Non si avrà dunqueun “contratto senza legge” ma reperimento della lexcontractus in direzione di un ordinamento positivoesistente ». Al riguardo v. inoltre la ricostruzione diCarbone e Ivaldi, Lezioni, cit., p. 116. Per una rassegnadella giurisprudenza francese, v. La Mattina,Le prime applicazioni delle Regole di Amburgo tra autonomiaprivata, diritto internazionale privato e dirittouniforme dei trasporti, inRiv. dir. internaz. priv. eproc., 2004, p. 397 ss.NLCC 3/4-2009


624reg. CE n. 593/2008[Art. 3]i riscontri positivi di alcuni commentatori sul richiamodelle convenzioni internazionali ( 57 ), lasollecitazione ad includere questa tecnica di regolamentazionenon è stata raccolta in modoespresso dalla proposta di reg. « Roma I », chenon conteneva una posizione esplicita al riguardo( 58 ). Ciò può destare perplessità se si considerala naturale idoneità delle convenzioni internazionalia disciplinare fattispecie transnazionali,che sono elaborate appositamente perregolare situazioni con elementi di internazionalità.Inoltre si può argomentare che ha scarsopregio l’obiezione secondo la quale se uno Statonon ha inteso ratificare una convenzione non sipuò consentire alle parti di sceglierla come disciplinaapplicabile. Questa eccezione può esserefacilmente superabile con l’argomento che loStato normalmente rifiuta l’applicazione dellaconvezione ipso iure, ma non se essa è richiamatadalla volontà delle parti per regolare il propriorapporto ( 59 ).Nella versione finale del reg. « Roma I », il13 o considerando prevede la possibilità delleparti di operare un rinvio negoziale non soltantoalle fonti non statali, ma anche alle « convenzioniinternazionali ». Come accennato si trattadi un’incorporazione negoziale della disciplinadettata da una convenzione internazionale enon di un collegamento internazionalprivatisticoalla convenzione richiamata. Tale richiamo,pertanto, se da un lato non è illegittimo poichénon si tratta che di una incorporazione negoziale,dall’altro lato sarà soggetta alle stesse limitazionioperanti per il richiamo delle fonti non( 57 ) Cfr. Max Planck Institute for Comparativeand International Private Law, Commentson the European Commission’s Green Paper, cit., p.32.( 58 ) In realtà secondo il Max Planck Institutefor Comparative and International PrivateLaw, Comments on the European Commission’s Proposalfor a Regulation of the European Parliament andthe Council on the Law Applicable to ContractualObligations (Rome I), p. 17, par. <strong>27</strong>, disponibile sulsito www.mpipriv.de, il riferimento contenuto all’art.3, par. 2, della Proposta di reg. « Roma I », ai« principie norme di diritto sostanziale dei contratti, riconosciutia livello internazionale o comunitario », includevaanche le convenzioni internazionali.( 59 ) Cfr. Max Planck Institute for Comparativeand International Private Law, op. ult. cit.,p. 32.statali, quindi l’operatività del richiamo sarà ristrettoai limiti consentiti dalla lex contractus,applicabile alla fattispecie ed delle sue normeimperative.9. – L’ampia libertà di scelta assicurata dalreg. « Roma I » trova ovviamente dei limiti nell’ambitodi applicazione dello strumento normativoin esame. La libertà di scelta pertantonon opererà, o quanto meno non in base alle disposizionidel regolamento, in tutte le materieescluse dalla sfera di operatività del reg. « RomaI ». Questa affermazione appare piuttosto scontataalla luce della specificazione delle materieescluse dal regolamento. Essa è però degna diuna qualche attenzione, in virtù dell’esclusionedall’ambito di applicazione del reg. « Roma I »della responsabilità pre-contrattuale (art. 1, par.2, lett. i) ( 60 ). Nel vigore della Convenzione diRoma, infatti, nonostante l’incerta natura dellaresponsabilità discendente dalla rottura delletrattative, se cioè essa fosse riconducibile allanatura contrattuale od extracontrattuale, laprassi ha continuato a ricorrere alla designazionedella legge applicabile nelle lettere d’intenti.Sulla scia della discussa sentenza della Corte digiustizia CE nel caso Tacconi ( 61 ) il legislatorecomunitario ha adottato un approccio piuttostotranchant, riconducendo la responsabilità precontrattualenell’ambito di quella extra-contrattualenon solo ai fini della giurisdizione, ma anchedella legge applicabile. Così tale relazione èespressamente disciplinata nel reg. CE n. 864/2007 dell’11 luglio 2007, sulla legge applicabilealle obbligazioni extracontrattuali (« RomaII ») ( 62 ), ed è esclusa dal reg. « Roma I ».Alla luce di tale ripartizione della materia, occorredomandarsi se ed in che modo essa effettivamenteinfluisce sul regime applicabile alle( 60 ) V. in proposito Bertoli, supra, commentosub art. 1, VIII.( 61 ) Corte giust. CE 17 settembre 2002, causa 334/00, in Raccolta, 2002, p. I-7357, su cui v. il commentocritico di Franzina, La responsabilità precontrattualenello spazio giudiziario europeo, inRiv. dir. internaz.,2003, p. 714 ss., e la nota adesiva di Bertoli, Criteridi giurisdizione e legge applicabile in tema di responsabilitàprecontrattuale alla luce della sentenza FonderieMeccaniche Tacconi, in Riv. dir. internaz. priv. eproc., 2003, p. 109 ss.( 62 )InG.U.U.E. L 199 del 31 luglio 2007, p. 40.NLCC 3/4-2009


[Art. 3] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 625lettere d’intenti, particolarmente diffuse nellaprassi, specie in certe operazioni di fusione edacquisizione di società, eseè di ostacolo alla efficaciadella designazione della legge applicabilein questo tipo di documenti ( 63 ).A ben vedere, la qualificazione extra-contrattualedella materia pre-contrattuale e la sua sottrazionedall’ambito di applicazione del reg.« Roma I » non sembrano avere un particolareimpatto su tali atti giuridici, per una serie di argomentazioni.A questo riguardo è opportunosottolineare che la stessa Corte di giustizia, nellamenzionata decisione Tacconi, ha affermato chel’esistenza di un contratto già concluso non è unprerequisito per l’applicazione dell’art. 5, par.1, del reg. CE n. 44/2001, del 22 dicembre 2001sulla competenza ed il riconoscimento dei provvedimentigiurisdizionali nell’Unione europea( 64 ) (reg. « Bruxelles I »), che fissa un forodi competenza alternativo in materia contrattuale.Detto altrimenti, la Corte di giustizia nonha del tutto escluso dalla materia contrattuale lerelazioni (e le responsabilità) derivanti dalla fasedelle trattative.Ciò trova indiretta conferma nell’art. 12, par.1, reg. « Roma II », secondo il quale « [l]a leggeapplicabile alle obbligazioni extracontrattualiderivanti dalle trattative precontrattuali, a prescinderedal fatto che il contratto sia stato effettivamenteconcluso o meno, è la legge che si applicaal contratto o che sarebbe stata applicabile alcontratto se lo stesso fosse stato concluso » ( 65 ).In mancanza di indicazioni ulteriori deve affermarsiche la legge applicabile al contratto vada( 63 ) La questione è stata posta anche da Carbone,Lettere di intenti, legge regolatrice e scelta del giudicenel trasferimento di pacchetto azionario,inDir. comm.internaz., 2006, p. 5<strong>29</strong> ss. spec. p. 536 ss., prima dell’adozionedei reg. « Roma II » e « Roma I ». L’A.,criticando il carattere onnicomprensivo della qualificazionedella responsabilità precontrattuale derivantedalla sentenza Tacconi, ha proposto una suddivisionetra obbligazioni di carattere convenzionale(contrattuale) pur se assunte nella fase delle trattative,e aspetti extracontrattuali derivanti dalla violazionedell’obbligo di buona fede.( 64 )InG.U.C.E. n. L 12 del 16 gennaio 2001.( 65 ) Corsivo aggiunto. Per un commento critico aquesta disposizione v. Volders, Culpa in contrahendoin the Rome II Regulation, inYearb. Priv. Int.Law, 2007, p. 1<strong>27</strong> ss.; Franzina, Il regolamento n.864/2007/CE, cit., p. 1020 ss.individuata sulla scorta dei criteri previsti dalreg. « Roma I », in particolare del suo art. 4, relativoalla determinazione della legge applicabilein mancanza di scelta.Particolarmente interessante, ai fini della nostraanalisi, è l’art. 14, reg. « Roma II », relativoalla « libertà di scelta », ai sensi del quale,« le parti possono convenire di sottoporre l’obbligazioneextracontrattuale ad una legge di loroscelta: (...) b) se tutte le parti esercitanoun’attività commerciale, anche mediante un accordoliberamente negoziato prima del verificarsidel fatto che ha determinato il danno » ( 66 ).Tale disposizione implica che quanto menonell’ambito di operazioni commerciali di uncerto rilievo, in cui entrambe le parti ricadononella definizione di soggetto che « esercitaun’attività commerciale », l’esclusione della responsabilitàprecontrattuale dall’ambito di applicazionedel reg. « Roma I » non ha un impattosignificativo, poiché grazie alle disposizionidel reg. « Roma II » rimane salva non solola possibilità di ricondurre le trattative nell’ambitodel diritto contrattuale, ma anche diconcedere alle parti di designare la legge applicabile.È inoltre opportuno sottolineare che le modalitàdi scelta della legge applicabile previstedal reg. « Roma II » sono le medesime dettatenel reg. « Roma I » ( 67 ), consentendo in tal modouna sorta di fungibilità del pactum de legeutenda a fini sia extra-contrattuali, sia contrattuali.10. – La scelta di legge prevista dall’art. 3 delreg. « Roma I » allo stesso modo non operaquando la materia è già regolata da un’altra convenzionespecifica, la cui disciplina non è pregiudicatadal regolamento in esame, ai sensi dell’art.25. A questo riguardo vale la pena effettuareun breve richiamo al coordinamento delleleggi in materia di vendita internazionale, sottolineandoche in caso di determinazione dellalegge applicabile alla vendita internazionale dimerci, la Convenzione dell’Aja del 1955 sullavendita internazionale di merci opererà proprio( 66 ) Corsivo aggiunto. Su questa disposizione v.De Boer, op. cit., p. 19 ss.; Malatesta, op. cit., p.1206; e Franzina, Il regolamento n. 864/2007/CE,cit., p. 1026 ss.( 67 )V.infra, par. 11.NLCC 3/4-2009


626reg. CE n. 593/2008[Art. 3]vigore e la scelta di legge dovrà essere operata aisensi di quest’ultima disciplina ( 68 ).11. – Innovando rispetto alla precedente formulazione,l’attuale art. 3, reg. « Roma I », chiarisceche la scelta di legge deve essere espressa orisultare « chiaramente » dal contratto o « dallecircostanze del caso ». L’art. 3 della Convenzionedi Roma stabiliva invece che la scelta dovevarisultare « in modo ragionevolmente certo dalledisposizioni del contratto o dalle circostanze ».La nuova versione intende arginare gli spazi dimanovra del giudice nel desumere la scelta tacitadella legge applicabile, favoriti dall’uso dell’avverbio« ragionevolmente » utilizzato nellaConvenzione di Roma. Va comunque sottolineatoche il reg. « Roma I », al pari della Convenzione,esclude l’ammissibilità della sceltapresunta o ipotetica. La « svolta » impressa dalreg. « Roma I » risponde ad esigenze di certezzadel diritto manifestate nel preambolo del regolamentoe si ritrova inoltre nell’omologa disposizionedel reg. « Roma II »,l’art. 14, relativo all’autonomiadella volontà. Tale cambiamentolessicale sembra inoltre porsi nel solco di unorientamento in via di consolidamento a livellointernazionale, evidentemente imposto dall’evoluzionedella tecnica e dai mezzi di comunicazionee di spostamento che rendono sempre piùarduo per l’interprete localizzare in modo univocola volontà, i comportamenti e le circostanzein ambito spaziale. Valga qui solo osservareche una simile, anche se più marcata esigenza dicertezza, si riscontra nell’art. 4 della Convenzionedell’Aja del 5 luglio 2006 sulla legge applicabilea certi diritti sui titoli detenuti attraverso unintermediario ( 69 ).La soluzione preferibile nell’ambito del reg.« Roma I »èla scelta espressa; non soddisfanoquindi il requisito previsto dalla disposizione inesame né la scelta « negativa », che esclude l’applicazionedi una o più leggi senza indicarequella che regola la fattispecie, né la scelta unilateralead opera di uno dei contraenti in quantoviene a mancare l’elemento consensuale, salvoche la remissione ad uno di essi non sia il( 68 ) In proposito v. Franzina, infra, commentosub art. 4, II, par. 5 s.( 69 ) Su cui v. Gardella, Le garanzie finanziarie,cit., p. 313.prodotto di un accordo ( 70 ). Allo stesso modo èda escludere la scelta variabile di legge, poichénon sufficientemente certa e foriera di vuoti legislatividi tempo in tempo se la designazione èsottoposta all’avveramento di una condizione oad altri eventi. In tali ipotesi la scelta si consideranon espressa e la legge applicabile dovrà esseredeterminata in base ai criteri previsti dall’art.4.Molto si è invece dibattuto sui requisiti necessariper soddisfare la nozione di scelta implicita,cioè una scelta consapevole ma non espressa, dadistinguersi quindi dalla scelta ipotetica, desumibilein via interpretativa, e foriera di incertezzedal punto di vista applicativo. A quest’ultimoriguardo, nel corso dei lavori preparatori del regolamento,era stata avanzata la proposta radicaledi eliminare del tutto la possibilità di sceltaimplicita ( 71 ). La versione finale del reg. « RomaI » ha accolto una soluzione più temperata, chenon esclude la scelta implicita, ma impone maggiorrigore nei criteri di determinazione dellavolontà tacita delle parti. Per questo motivo èstato introdotto un allineamento di tutte le versionilinguistiche a quella francese ed è stato imposto,quanto al testo italiano, la sostituzionedell’avverbio « ragionevolmente » con « chiaramente».Il peso da attribuire <strong>agli</strong> accordi di scelta delforo nella determinazione della scelta di legge èstato uno degli argomenti più dibattuti nel corsodei lavori preparatori, già sollevato dal LibroVerde sulla trasformazione della Convenzionedi Roma in regolamento comunitario ( 72 ). Laversione finale del reg. « Roma I » ha respinto lanorma contenuta nell’art. 3, par. 1, della propostadi regolamento che faceva coincidere ius eforum, introducendo la presunzione in base allaquale « se le parti hanno stabilito che competentia conoscere delle controversie attuali o fu-( 70 ) Così argomenta Villani, La convenzione diRoma, cit., pp. 69, 70.( 71 ) Così Bonomi, The Conversion, cit., p. 67 ss.( 72 ) Vale la pena ricordare la sentenza del Tribunald’arrondissement del Lussemburgo del 7 luglio 1988secondo il quale « in mancanza di una scelta esplicitadei contraenti a favore di una legge applicabile alcontratto non deve ricercarsi la probabile o presuntaintenzione delle parti; né in assenza di altri elementi,può essere sufficiente a questo fine la scelta del giudicecompetente o il luogo di stipulazione »,inRiv. dir.internaz. priv. e proc., 1991, p. 1103 ss.NLCC 3/4-2009


[Art. 3] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 6<strong>27</strong>ture riguardanti il contratto siano gli organi giurisdizionalidi uno Stato membro, si supponeche esse abbiano anche inteso scegliere la leggedi tale Stato membro ». In modo più cauto il12 o considerando del reg. « Roma I » si limita adincludere « [l]’accordo tra le parti volto a conferirea uno o più organi giurisdizionali di unoStato membro competenza esclusiva a conosceredelle controversie riguardanti il contratto »tra i « fattori di cui tenere conto nello stabilirese la scelta della legge risulta in modo chiaro ».L’inversione di tendenza rispetto alla propostadi regolamento è stato criticata da chi considerain modo positivo la coincidenza tra forum e iuscome accade negli ordinamenti di diversi Statimembri, sull’assunto che la legge nazionale èquella meglio conosciuta dal giudice adito e chespesso corrisponde maggiormente alle aspettativedelle parti ( 73 ). Il compromesso raggiunto conil 12 o considerando è stato invece apprezzato da chisottolinea la differenza di principio tra scelta delforo e scelta della legge applicabile che debbonocontinuare ad essere concetti distinti, anche alla lucedella circostanza che se le parti si sono accordatesul foro competente ben avrebbero potuto accordarsisulla legge applicabile e che se non sonopervenute ad un tale accordo, questo silenzio puòessere interpretato come un volontario assoggettamentoalle norme di diritto internazionale privatoapplicabili ( 74 ). Va osservato che il preamboloappena richiamato considera che l’accordo discelta del foro costituisce un utile indizio per il giudicesoltanto quando ha carattere esclusivo, e noninvece quando prevede una pluralità di fori, anchea favore di uno solo dei contraenti. Alla luce delcarattere erga omnes del reg. « Roma I » può destarequalche stupore che il preambolo prenda inconsiderazione soltanto la clausola di scelta delgiudice competente a favore di organi giurisdizionalidi uno Stato membro, senza contemplare gliaccordi a favore di giudici che siedono in Stati terzi.La ratio della limitazione va forse individuatanel fatto che gli accordi che designano giudici diStati membri vengono redatti secondo le formepreviste nell’art. 23 del reg. « Bruxelles I »,lecui( 73 ) Cfr. Lando e Nielsen, The Rome I Regulation,cit., p. 1698 ss.( 74 ) Cfr. Lagarde, Remarques, cit., p. 335; Lagardee Tenenbaum, De la convention de Rome, cit. p.735.disposizioni sono volte ad assicurare l’effettivitàdel consenso nella scelta del giudice.Nessuna menzione è invece dedicata alla devoluzionedella controversia ad arbitrato, quale indizioper la determinazione implicita della leggeapplicabile. La questione è particolarmente dibattutae vede contrapposta la tesi di chi è favorevolea dare rilievo alla convenzione arbitrale quandoessa indica la sede dell’arbitrato ( 75 ), e di chi inveceè propenso ad darvi minore considerazioneanche alla luce del carattere geograficamente fittiziodella sede nella disciplina dell’arbitrato commercialeinternazionale ( 76 ). Contro l’assimilazionedella convenzione arbitrale alla clausola di sceltadel foro milita anche l’argomento secondo ilquale la coincidenza tra forum e ius si realizza pienamentesoltanto laddove l’organo giudicante èuna giurisdizione statale.La scelta tacita della legge applicabile, comeosservato, non è bandita dal reg. « Roma I »,mapuò essere ricavata (a) dalle disposizioni delcontratto, oppure, (b) dalle circostanze del caso,cioè da elementi interni all’accordo o esterni adesso che siano però «chiaramente » rivelatoridella volontà delle parti.Per quanto riguarda il contenuto del contratto,si può ritenere soddisfacente il riferimento ad alcunenorme di un ordinamento nell’ambito dell’accordo.È quanto affermato in giurisprudenzadal Pretore di Roma, secondo il quale « nel casodi un rapporto di lavoro svoltosi all’estero tra soggettiitaliani, assume rilievo preminente, come indicerivelatore di un’elezione tacita dell’ordinamentoitaliano quale fonte regolatrice del contratto,ai sensi dell’art. 3 della Convenzione di Roma,il riferimento, nel testo contrattuale o in atti ad essoparalleli o consequenziali (patti accessori, rinunziee transazioni, ecc.) a precise disposizioni dellalegge italiana o a istituti tipici di tale ordinamentogiuridico » ( 77 ). D’altro canto occorre segnalareche in giurisprudenza « il riferimento alle quotazionisu piazza estera o alla prassi di sottoporre( 75 ) Clarkson e Hill, op. cit., p. 179.( 76 ) Cfr. Audit, op. cit., p. 659; v. anche Dicey eMorris, On the Conflict of Laws 13 , 2, London, 2006,par. 32-096, secondo i quali il valore della clausolaarbitrale sulla determinazione della legge applicabiledipende dalla circostanze del caso concreto (es. nazionalitàdegli arbitri).( 77 ) Pret. Roma 6 aprile 1998, in Rep. Foro it., voceDiritto internazionale privato, 1999, n. 53.NLCC 3/4-2009


6<strong>28</strong>reg. CE n. 593/2008[Art. 3]le compravendite di valuta alla legge della piazzastraniera » non è stato considerato « come sceltaimplicita di una legge regolatrice straniera » ( 78 ).È peraltro discutibile se una clausola di questo tipocostituisca soltanto una recezione materiale diusi oppure possa costituire una scelta di legge applicabile.Secondo la Relazione alla Convenzione a volteè lo stesso tipo, o standard contrattuale a rivelarela volontà delle parti di assoggettare la lorooperazione economica ad una determinata legge.A questo proposito viene citato l’esempiodella polizza assicurativa dei Lloyds. Tale conclusionepuò dirsi in parte giustificata ancoraadesso in presenza di modelli contrattuali standardparticolarmente diffusi nel mercato tantoda costituirne l’infrastruttura giuridica, ma desterebbesicuramente perplessità l’assenza dellaclausola di scelta di legge, la cui omissione potrebbeprestarsi a contrapposte interpretazioni.Per evitare di incorrere nella scelta di legge presunta,è quindi opportuno ricercare maggioriindizi concreti sulla volontà delle parti di scegliereuna determinata legge. Può essere significativoad esempio il fatto che soltanto un ordinamentoconsenta l’interpretazione del contrattonel senso perseguito dalle parti ( 79 ).Per quanto riguarda gli elementi estranei al contratto,è stata affermata l’opportunità di dare rilievo<strong>agli</strong> usi contrattuali in essere tra le parti. Più significativa,invece, l’ipotesi dei contratti collegati,in cui il contratto accessorio potrebbe essere statotacitamente assoggettato alla disciplina di quelloprincipale ( 80 ). In tale ipotesi peraltro sarannonecessari indizi di fatto chiari ed univoci della volontàimplicita delle parti, ricavabili anche dal lorocomportamento successivo ( 81 ).( 78 ) App. Milano 17 ottobre 1986, in Riv. dir. internaz.priv. e proc., 1988, p. 103, e in Banca, borsa,tit. cred., 1988, II, p. 62.( 79 ) Così Saravalle, sub art. 3, cit., p. 947, anchesulla scorta della sentenza del Tribunal d’arrondissementdel Lussemburgo del <strong>27</strong> marzo 1990, il quale,in una controversia relativa ad un contratto di mutuoha affermato che si trattava di un « contrat-type élaboréen fonction de la législation belge dont l’applicationpermettra seule une interprétation et un fonctionnementcorrects du contrat », inRiv. dir. internaz.priv. e proc., 1991, p. 1097.( 80 ) V. ancora Saravalle, sub art. 3, cit., p. 947.( 81 ) Da rilievo al comportamento successivo delle12. – Come accennato in precedenza ( 82 ), il reg.« Roma I », riprendendo la medesima disposizionedella Convenzione di Roma, consente alle partidi convenire la scelta della legge applicabile inqualsiasi momento, sottoponendo il contratto aduna legge regolatrice diversa da quella che lo disciplinavain precedenza. Tale disposizione implicala facoltà delle parti non solo di modificare lascelta di legge già espressa in un momento precedente,ma di esercitare l’optio iuris in una fase noncontestuale a quella della stipulazione del contratto.Tale opportunità, di portata innovativa al momentodell’adozione della Convenzione di Roma,nella presente disposizione non fa che confermarelo ius receptum.13. – L’art. 3, par. 5, riprende la precedente disposizionecontenuta nell’art. 3, par. 4, della Convenzionedi Roma. Esso disciplina il pactum de legeutenda, considerato alla stregua di un vero eproprio accordo, benché distinto dal contratto.Con tale disposizione la normativa uniforme evitaquel vuoto legislativo riscontrato invece a propositodelle clausole compromissorie e di scelta delforo ( 83 ). La norma in commento, confermando laprecedente disposizione della Convenzione di Roma,sottopone l’accordo di scelta di legge alla lexcausae, cioè alla legge regolatrice del contratto, perquanto concerne l’esistenza e la validità sostanzialedell’accordo sulla scelta di legge. Questi aspettisono quindi sottratti dall’applicazione della lexfori, ritenuta inadeguata perché foriera di soluzionidifferenti che dipendono non tanto da un dirittointernazionale privato uniforme, quanto piuttostodall’ordinamento del giudice adito. Per l’esamedett<strong>agli</strong>ato delle previsioni richiamate dallanorma in esame, si rinvia ai commenti specifici dellesingole disposizioni. Valga in questa sede soltantosegnalare che laddove la legge designata richiedaforme particolari per la validità della scelta equeste non siano osservate dai contraenti, si do-parti, pur se circoscritto, anche Villani, La convenzionedi Roma, cit., p. 69; dimostrano cautela anchePlender e Wilderspin, op. cit., p. 99, secondo iquali, il comportamento successivo delle parti non èuna « rule of evidence » della scelta della legge applicabile,piuttosto « part of the freedom conferred byArticle 3(1) to demonstrate the chosen law by all circumstancesof the case ».( 82 )V.supra, par. 6.( 83 )V.Gardella, supra, commento sub art. 1, IV.NLCC 3/4-2009


[Art. 3] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 6<strong>29</strong>vrebbe comunque considerare valida la scelta, siain nome dell’art. 3, par. 1, che contempla la sceltaimplicita di legge e sancisce il principio della volontàdelle parti, sia in nome del favor validitatisdella forma del negozio di scelta ( 84 ). Fatto salvoquanto previsto dall’art. 13, la capacità delle partiè esclusa dall’ambito di applicazione del reg. RomaI e sottoposta alla disciplina prevista dalle normedi conflitto di ciascun ordinamento ( 85 ).Anna Gardella( 84 ) Così Villani, op. cit., p.79. ( 85 ) Cfr. Ubertazzi, op. cit., p. 101.IISommario: 1.Optio iuris e « frode alla legge ». – 2. Lafrode alla legge nei contratti puramente interni. – 3.L’individuazione delle norme inderogabili. – 4. La rilevanzaattribuita alle norme inderogabili. – 5. I contrattiinterni all’ordinamento comunitario. – 6. Profiliapplicativi delle norme inderogabili comunitarie.1. – Com’è naturale, la libertà di scelta dellalegge applicabile, conferita ai contraenti dall’art.3 del regolamento, non è illimitata. In particolare,costituisce una preoccupazione tradizionalerispetto all’autonomia della volontà il timoreche questa possa essere utilizzata per scopifraudolenti e a tal fine anche nel diritto civileinterno vengono apprestati una serie di rimedidiretti ad impedire che tali scopi possano concretamenterealizzarsi.I parr.3e4dell’art. 3, proiettando tale preoccupazioneanche nel campo di applicazione delregolamento, individuano due ipotesi nelle qualila scelta di una legge straniera può nasconderel’intento fraudolento delle parti di eludere l’applicazionedi talune disposizioni della legge chesarebbe applicabile in mancanza di scelta. Inqueste fattispecie il regolamento non ritiene sufficienteche sia comunque garantita la rilevanzadelle norme di applicazione necessaria ed imponel’osservanza di un’ulteriore categoria di norme,definite « disposizioni alle quali non si puòderogare convenzionalmente » ( 1 ).( 1 ) Si tratta peraltro di espressione non esatta dalpunto di vista epistemologico, alla luce della nota distinzionetra « disposizioni » e « norme »; evidentemente,il carattere inderogabile non può essere attribuito al testoespresso quanto al significato precettivo della singolaregola: sulla distinzione, v. Guastini, Le fonti del dirittoe l’interpretazione, Milano, 1993, p. 17 s.Questa terminologia – del tutto omologa a quellautilizzata nell’art. 14, parr. 2 e 3, del reg. « RomaII » ( 2 ) – si distacca da quella della Convenzionedi Roma, che utilizzava a tal fine l’espressione« disposizioni imperative ». Ha prevalso in propositola volontà di differenziare questa categoria (allaquale, per brevità, ci si riferirà con la locuzione« norme inderogabili ») da quella delle norme diapplicazione necessaria, che resta dunque separataalmeno quanto alla sua funzione. Infatti, mentrele norme di applicazione necessaria mantengonola loro rilevanza qualunque sia la legge regolatricedel contratto, le norme inderogabili, se nonappartengono alla lex causae, operano solo per limitarein taluni casi gli effetti dell’optio iuris delleparti ( 3 ).Ciò nondimeno, la rilevanza delle norme inderogabilisulla base della disposizione in com-( 2 ) Una chiara indicazione della volontà delle istituzionicomunitarie in questo senso si ritrova nel 15 o considerandodel reg. « Roma I »:l’approccio intertestualeè certamente indispensabile, ai fini della creazione diun sistema coerente di norme di conflitto, anche se pareopportuno non perdere di vista talune peculiarità dellaspecifica materia disciplinata, come invece accadeproprio nell’art. 3, par. 3 (infra, nel testo).( 3 ) È ricorrente l’affermazione che le norme di applicazionenecessaria sono soltanto una species del genus« norme inderogabili », rispetto al quale sussisterebbela peculiarità che esse vengono in considerazionequalunque sia la legge regolatrice del contratto:cfr. Boschiero, Norme inderogabili, « disposizioniimperative del diritto comunitario » e « leggi di polizia» nella proposta di regolamento « Roma I », inIlnuovo diritto europeo dei contratti: dalla Convenzionedi Roma al regolamento « Roma I », Milano, 2007, p.101 ss., spec. p. 114.NLCC 3/4-2009


630reg. CE n. 593/2008[Art. 3]mento si rivela assai più significativa rispetto all’otticatradizionale. Questa indicazione era presentegià nella Convenzione di Roma, ove costituivala conseguenza della più ampia libertà discelta attribuita alle parti, autorizzate a designarela legge applicabile anche rispetto a contrattipuramente interni. Si tratta, in sostanza, di assoggettarel’autonomia contrattuale delle parti –pur facendo salva la loro autonomia internazionalprivatistica( 4 ) – sia alle norme inderogabilidella lex causae sia a quelle che sarebberostate applicabili in mancanza di scelta, consentendoa queste ultime di trascendere il loro ordinariocampo di applicazione ( 5 ).Le due regole consacrate nell’art. 3, parr. 3 e4, vengono in questo modo ad operare non giàsul piano del conflitto di leggi, poiché non impedisconoche la legge applicabile sia determinatasulla base della volontà delle parti, mapiuttosto su quello del contratto in quanto tale,la cui esecuzione non può comunque comportarel’inosservanza di talune norme inderogabiliper contratto.Tali disposizioni debbono poi coordinarsicon gli <strong>artt</strong>. 6e8delregolamento, relativi aicontratti conclusi coi consumatori e ai contrattiindividuali di lavoro. Infatti, tra le norme inderogabilipossono annoverarsi anche norme protettivedi parti contraenti deboli, quali consumatorie lavoratori, ai quali le disposizioni appenacitate già assicurano un regime di speciale tutela.Rispetto a tali contratti l’art. 3, parr. 3e4,( 4 ) Evidentemente, questa scelta di politica del dirittoè strumentale all’obiettivo di garantire un’ampiaautonomia delle parti nella determinazione della lexcontractus (cfr. l’11 o considerando) e una particolareflessibilità di quest’ultima, come emerge dal regolamento.Per riferimenti al problema del rapporto tral’autonomia negoziale e l’autonomia internazionalprivatistica,v. Carbone, Obiettivi di diritto materialee tendenze del diritto internazionale privato e processualecomunitario, inIl nuovo diritto europeo dei contratti,cit., p. 12 ss., spec. p. 23 ss., e Carella, La sceltadella legge applicabile da parte dei contraenti, ivi, p.78 ss.( 5 ) Secondo lo schema tradizionale, escluse le normedi applicazione necessaria, le uniche norme sostanzialiapplicabili sono quelle della lex causae; alcontrario, l’art. 3, parr. 3e4,consente che si applichinoanche norme estranee alla lex causae seppurprive delle caratteristiche per essere internazionalmenteimperative.avrà rilevanza, oltre che per quelle norme inderogabiliche non abbiano finalità protettive, anchenelle ipotesi in cui manchino le condizioniper l’applicazione della disciplina speciale peressi prevista (soprattutto per quanto riguardal’art. 6).2. – L’ipotesi illustrata nell’art. 3, par. 3, delregolamento coincide con quella regolata dall’art.3, par. 3, della Convenzione di Roma ( 6 )eattiene ai cc.dd. contratti interni, che presentanocontatti con un solo ordinamento. Non debbonoesistere dunque in questa fattispecie altrielementi di estraneità oltre alla scelta della leggeapplicabile (ed eventualmente alla scelta del forocompetente), mentre la sussistenza di collegamentianche di minima intensità con altri ordinamentiimpedisce l’applicazione della disposizione( 7 ).In effetti, la disposizione non si riferisceespressamente <strong>agli</strong> elementi del rapporto contrattuale,ma, più genericamente, a « tutti glielementi pertinenti alla situazione ». Risulta dailavori preparatori che questa formulazione èstata introdotta dal Parlamento europeo al dichiaratofine di allineare il testo della disposizionea quello dell’art. 14, par. 2, del reg. « RomaII ». In tale disposizione, peraltro, il richiamo<strong>agli</strong> elementi pertinenti alla situazione poteva risultareadeguato, mentre in questa sede un riferimentopiù chiaro <strong>agli</strong> elementi del rapportonegoziale sarebbe stato più convincente.Tra questi elementi non rileva l’eventualescelta di un foro competente diverso ( 8 ), come( 6 ) « La scelta di una legge straniera ad opera delleparti, accompagnata o non dalla scelta di un tribunalestraniero, qualora nel momento della scelta tutti glialtri dati di fatto si riferiscano a un unico paese, nonpuò recare pregiudizio alle norme alle quali la leggedi tale paese non consente di derogare per contratto,qui di seguito denominate “disposizioni imperative”».( 7 ) In senso diverso, Bonomi, Le norme imperativenel diritto internazionale privato, Zürich, 1998, p.23.( 8 ) Peraltro, diversamente dalla proposta dellaCommissione, il regolamento esclude che la sola prorogadi competenza possa dar luogo ad una presunzionedi scelta della lex fori, essendo stato accolto sulpunto l’emendamento del Parlamento europeo (la re-NLCC 3/4-2009


[Art. 3] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 631si ricava dal preambolo ( 9 ), poiché anch’essapuò essere in qualche modo collegata all’intentodelle parti di eludere l’applicazione delle normedi un determinato ordinamento.Non può tuttavia affermarsi che gli elementidel rapporto che rilevano ai fini della valutazionedi internazionalità o meno del contratto sianosolo quelli obiettivi, poiché di altri elementidi estraneità, anche se determinati dalla volontàdelle parti, occorre tener conto (ad esempio, illuogo dell’adempimento).Per questa via le parti potrebbero eluderel’applicazione dell’art. 3, par. 3, fissando un luogodi adempimento non collegato al contratto,semplicemente al fine di introdurre un elementodi internazionalità. Né la disposizione incommento sembra fornire al giudice gli strumentiper imporre comunque l’applicazionedelle norme inderogabili anche quando la sceltadel luogo di esecuzione del contratto sia palesementefraudolenta, poiché essa non si riferiscepiù ai « dati di fatto » come l’analoga normadella Convenzione di Roma, ma più in generalea « tutti gli elementi pertinenti alla situazione» ( 10 ).Come già nell’art. 3, par. 3, della Convenzionedi Roma, viene espressamente stabilito chel’assenza di elementi di estraneità dev’esser valutataal momento in cui le parti decidono di effettuarela scelta di legge. Pertanto, tale momentopuò non coincidere con quello di conclusionedel contratto, se la scelta viene modificata oeffettuata in un momento successivo, comel’art. 3, par. 2, consente.Questa previsione della norma è, ad avviso dichi scrive, indicativa della sua ratio di evitareche, attraverso la scelta del diritto applicabile, lelazione del 21 novembre 2007, da cui si ricava taleemendamento, è reperibile all’indirizzo http://europarl.europa.eu).( 9 ) Cfr. il 15 o considerando.( 10 ) Non sembra insomma possibile riproporre nelreg. « Roma I » l’orientamento maturato dalla Cortedi giustizia nel sistema della Convenzione di Bruxelles,secondo cui la scelta del luogo dell’adempimentonon può avvenire in maniera del tutto autonoma rispettoalla materia oggetto del contratto, ammontandoaltrimenti a una irrituale proroga di competenzagiurisdizionale (Corte giust. CE 20 febbraio 1997,Mainschiffahrts-Genossenschaft, causa 106/95, in Raccolta,1997, p. I-944 ss., punto 34).parti possano perseguire scopi fraudolenti. Perquesto motivo, la valutazione della sussistenzadelle condizioni per l’applicazione dell’art. 3,par. 3, viene collocata temporalmente al momentodella scelta, poiché esiste il pericolo chele parti possano commettere una « frode allalegge ».Al contrario, laddove un contratto che originariamentepresenti elementi di estraneità assuma,nel momento in cui si verificano i fatti chedanno origine alla controversia, carattere internoa un certo Stato, non si potranno comunqueapplicare le norme inderogabili di tale Stato.Non sono dunque le condizioni obiettive dellafattispecie a giustificare l’applicazione dell’art.3, par. 3, bensì l’intento che si presume le partivogliano perseguire.Ciò nondimeno, non è affatto necessario dimostrarepositivamente un’intenzione fraudolentadelle parti perché si debbano comunquerispettare le norme inderogabili: in questo senso,la disposizione in commento opera in manierapuramente meccanica, trovando applicazioneanche quando sia possibile provare che la sceltadi una legge straniera rispetto ad un contrattointerno sia in qualche modo giustificata.3. – In modo non del tutto coerente con laprospettiva della « frode alla legge », la disposizioneè peraltro formulata in un’ottica non puramenteunilateralista, poiché si rivela idoneaad applicarsi non solo ai contratti interni <strong>agli</strong>Stati membri dell’Unione europea ma anche<strong>agli</strong> Stati terzi. Si tratta di una scelta comprensibile,nella misura in cui mira a salvaguardare lacoerente applicazione delle norme inderogabiliappartenenti <strong>agli</strong> ordinamenti di Stati extracomunitari,evidentemente sul presupposto cheesse vogliano essere rispettate di fronte a unascelta di legge di carattere fraudolento. Va peròrimarcato che, con tutta probabilità, inun’ipotesicome quella considerata, gli ordinamentiextracomunitari escluderebbero ab imis la possibilitàdella scelta di legge ( 11 ).Il regolamento – come già la Convenzione di( 11 ) In effetti, prima della Convenzione di Roma, ilmeccanismo previsto dall’art. 3, par. 3, era stato prefiguratosoltanto in isolate decisioni delle corti dicommon law: nel Regno Unito, cfr. già il caso VitaFood Products Inc. vs. Shipping Company Limited(1939), in All England Law Reports, 1939, p. 513 ss.NLCC 3/4-2009


632reg. CE n. 593/2008[Art. 3]( 12 ) Per questa definizione v. Corte giust. CE 5 dicembre2006, Cipolla, cause riunite 94/04 e 202/04,in Raccolta, 2006, p. I-11421 ss., punto 30.( 13 ) V., tra le altre, Corte giust. CE 16 novembre1995, Van Buynder, causa 152/94, in Raccolta, 1995,p. I-3981 ss., punto 26; Corte giust. CE 16 giugno1994, Steen, causa 132/93, in Raccolta, 1994, p.I-<strong>27</strong>15 ss., punto 9.Roma – non offre un’espressa definizione dellenorme inderogabili, limitandosi a indicarne lacaratteristica per così dire funzionale, cioè la loronatura cogente. Per questo motivo, tali normecostituiscono un limite al regolamento contrattualevoluto dalle parti e trovano applicazioneanche in presenza di pattuizioni contrastanti.L’art. 3, par. 3, non richiede invece, a differenzadell’art. 9, che le norme considerate abbiano anchecarattere internazionalmente imperativo.Tuttavia, la disposizione in commento (né gli<strong>artt</strong>. 5e6,incuitale concetto viene parimentirichiamato) non indica le condizioni che debbonosussistere perché una norma nazionale possaessere considerata inderogabile ma chiarisceespressamente che tale qualificazione dipendedal diritto nazionale.In ragione di tale rinvio, gli Stati membri sonoliberi di identificare, in relazione <strong>agli</strong> interessiche reputano necessario perseguire, le normeinderogabili all’interno dei loro ordinamenti nazionali.Esse possono avere la natura più varia, aseconda che esse mirino a salvaguardare interessia carattere generale (ad esempio, le disposizioniche incidono sul contratto di assicurazionein materia di responsabilità civile automobilistica)o a proteggere la parte contrattuale ritenutapiù debole (come alcune disposizioni dell’ordinamentoitaliano in materia di locazioni).C’è da chiedersi, tuttavia, se in questo campogli Stati incontrino limiti collegati all’applicazionedei principi del diritto comunitario e delleregole generali del Tratt. CE. In linea generale,il quesito sembrerebbe dover trovare rispostanegativa poiché la fattispecie prefigurata nell’art.3, par. 3, presenta tutte le caratteristichedella c.d. « situazione puramente interna », inquanto tutti gli elementi sono collocati all’internodi un unico Stato membro ( 12 ).In proposito, la Corte di giustizia, dopo averribadito per molti anni l’inapplicabilità delle regoledel Tratt. CE sulle libertà di circolazione atali fattispecie ( 13 ), ha poi apparentemente mutatoavviso, giungendo ad affermare che questeregole debbono applicarsi anche di fronte a situazionipuramente interne ( 14 ). La giustificazionediscenderebbe dalla circostanza che, anchein questi casi, le norme nazionali, seppureindistintamente applicabili, possono ostacolare,almeno indirettamente, l’esercizio dei diritti derivantidalle norme comunitarie.Questo nuovo orientamento giurisprudenzialesembra imporre, anche nei contratti interni auno Stato membro, di valutare le possibilità diapplicazione delle norme inderogabili alla lucedella loro compatibilità con le regole generalisulla libertà di circolazione. Come può essermeglio messo in luce rispetto alle norme di applicazionenecessaria ( 15 ), questa circostanzanon incide comunque sul funzionamento dell’art.3, par. 3, ma rileva su un piano preliminare,nel senso di limitare il novero delle normeinderogabili delle quali tener conto, in relazionead eventuali contrasti con le regole sulla liberacircolazione.4. – L’art. 3, par. 3, prevede che di tali normeinderogabili, identificate sulla base del dirittonazionale dello Stato cui il contratto è interno,sia fatta salva l’applicazione. Questa espressioneè diversa da quella usata nell’art. 3, par. 3, dellaConvenzione di Roma (secondo cui la scelta dilegge « non può recare pregiudizio alle norme »inderogabili), ma molto vicina a quella utilizzatanell’art. 14, par. 2, del reg. « Roma II » (secondocui la scelta di legge « non pregiudica l’applicazione» di tali norme).Rispetto all’analoga disposizione della Convenzionedi Roma la mancanza di qualunque riferimentoalla « applicazione » o « applicabilità»delle disposizioni imperative era stata valorizzataper sostenere che queste ultime non dovevanonecessariamente venire in considerazionein tutte le ipotesi, ma soltanto laddove la lexcausae non tutelasse in maniera sufficiente l’in-( 14 ) Corte giust. CE 5 dicembre 2000, Guimont,causa 448/98, in Raccolta, 2000, p. I-10663 ss., punto23; Corte giust. CE 11 settembre 2003, Anomar, causa6/01, ivi, 2003, p. I-8621 ss., punto 40 ss.; Cortegiust. CE 5 dicembre 2006, cit., punto 30. Su questoorientamento v. anche la posizione dubitativa di Daniele,Diritto del mercato unico europeo, Milano,2006, p. 153.( 15 ) Cfr. Biagioni, infra, commento sub art. 9.NLCC 3/4-2009


[Art. 3] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 633teresse protetto dalle disposizioni imperative( 16 ).La diversa formulazione della disposizione incommento sembrerebbe prima facie giustificareun ripensamento di questa interpretazione, poichéammette testualmente l’« applicazione »delle norme inderogabili.Tuttavia, la circostanza non risulta decisiva: inprimo luogo, le versioni linguistiche inglese eportoghese della disposizione ricalcano perfettamenteil corrispondente testo dell’art. 3, par.3, della Convenzione di Roma ( 17 ), e dunque lacesura con quest’ultima si rivela meno netta diquanto potrebbe apparire dalla versione italiana(ma anche francese, spagnola e tedesca).Sotto altro profilo, non sembra che la mancanzadi un riferimento testuale al concetto di« applicazione » delle norme inderogabili potesseindurre a ricostruire un diverso tipo di efficaciadi tali norme: al contrario, la corrente interpretazionedella norma era nel senso che esserisultavano concretamente applicabili quandola lex causae non contenesse norme idonee a tutelareil medesimo interesse. Non pare che all’attualeformulazione della disposizione possaessere attribuito un significato diverso, dovendosiintendere che la salvezza delle norme inderogabiliè assicurata alla medesima condizionedella mancanza di analoghe disposizioni nellalegge regolatrice del contratto scelta dalle parti( 18 ). Ma, quando tale condizione sussiste, laconseguenza non può che essere la concreta applicazionedella norma ( 19 ).In tale ipotesi, pertanto, la norma inderogabilerichiamata dall’art. 3, par. 3, verrà a combinarsicol diritto applicabile scelto dalle parti,determinando una forma di depeçage legale: glieffetti di queste norme sul regolamento contrattualepotranno poi essere differenti, nel senso diintegrarlo o modificarlo, ma anche, più spesso,nel senso di rendere invalide o inefficaci talunepattuizioni.Tuttavia, dal momento che la disposizione incommento ha carattere eccezionale, la portataapplicativa delle norme inderogabili dev’esserevalutata tendenzialmente in senso restrittivo.Così, l’eventuale effetto integrativo-modificativodel regolamento contrattuale dovrà restareconfinato al minimo indispensabile per garantirnela conformità con l’ordinamento cui il contrattoè interno; allo stesso modo, le norme invalidantidi pattuizioni contrattuali dovranno limitarsia tale effetto, mentre le conseguenze di taleinvalidità resteranno regolate dalla lex causae.5. – L’art. 3, par. 4, del regolamento – con previsionesostanzialmente analoga a quella contenutanell’art. 14, par. 3, del reg. « Roma II »–siriferisce all’ipotesi, modellata su quella appenaesaminata, dei contratti interni all’ordinamentocomunitario: si tratta di fattispecie nelle qualitutti gli elementi di fatto sono interni a uno o piùStati membri dell’Unione europea ( 20 ), con lasola esclusione della scelta di legge.( 16 ) Così, Treves, Norme imperative e di applicazionenecessaria nella convenzione di Roma del 19 giugno1980, inVerso una disciplina comunitaria dellalegge applicabile ai contratti, a cura di Treves, Padova,1983, p. 25 ss., spec. p. <strong>29</strong>; Saravalle, sub art. 3, inConvenzione sulla legge applicabile alle obbligazionicontrattuali (Roma, 19 giugno 1980) – Commentario,a cura di Bianca e Giardina, in questa Rivista, 1995,p. 952.( 17 ) La versione inglese è formulata nel senso chela scelta di legge « shall not prejudice the application»; quella portoghese prevede che essa « nâoprejudica a aplicaçao » delle norme inderogabili.( 18 ) Per l’affermazione che avrebbero ormai lostesso tipo di efficacia sia le norme inderogabili che lenorme di applicazione necessaria, in quanto questeultime sono soggette al principio dello Stato di origine,v. Boschiero, Norme inderogabili, cit., p. 114.( 19 ) In questo senso, non pare possibile condividerecompletamente la posizione secondo cui non si dovrebbeparlare di « applicazione » odi« applicabilità»,poiché rischia di indurre nell’equivoco che l’art.3, par. 3, intenda riferirsi ad un tipo di efficacia diversodall’applicazione (ad esempio, un’efficacia cherilevi sul piano meramente interpretativo): per questaricostruzione, Treves, Norme imperative e di applicazionenecessaria, cit., p. 40; Boschiero, Norme inderogabili,cit., p. 121.( 20 ) Per un’interpretazione più ampia Lando eNielsen, The Rome I Regulation,inCommon MarketLaw Review, 2008, p. 1718 s., secondo i quali è sufficientel’assenza di contatti significativi con Stati terzi;nello stesso senso, apparentemente, Bonomi, Primeconsiderazioni sul regime delle norme di applicazionenecessaria nel nuovo regolamento Roma I sulla leggeapplicabile ai contratti, inNuovi strumenti del dirittointernazionale privato – Liber Fausto Pocar, Milano,2009, p. 109; nel senso indicato nel testo, De Cesari,« Disposizioni alle quali non è permesso derogare convenzionalmente» e « norme di applicazione necessaria» nel regolamento Roma I, ivi, p. 268.NLCC 3/4-2009


634reg. CE n. 593/2008[Art. 3]Presupposto essenziale di questa disposizioneè costituito dalla considerazione del territoriocomunitario come uno spazio giuridico integrato,i cui valori uniformi debbono essere salvaguardati,in un’ottica protezionistica, rispettoall’interferenza di norme provenienti da ordinamentidi Stati terzi.La scelta di introdurre tale disposizione fa seguitoe generalizza una tendenza assai comunedel diritto comunitario derivato ( 21 ): infatti, inmolte direttive di armonizzazione in materia civile,specialmente in materia di tutela del consumatore,a partire dalla dir. 1993/13/CEE del 5aprile 1993 sulle clausole abusive nei contratticon i consumatori ( 22 ), erano state inserite disposizionispecificamente dirette ad evitarel’elusione della disciplina comunitaria attraversoil richiamo dell’ordinamento di uno Statonon membro. In effetti, tali direttive contenevanouna clausola di portata più ampia, poichéimponevano la loro applicazione anche quandovi fosse soltanto un « collegamento stretto » trail contratto e uno Stato membro ( 23 ).La possibilità di tener conto di norme comunitarieinderogabili anche in caso di scelta dellalegge di uno Stato terzo era stata implicitamenteprefigurata anche nella giurisprudenza dellaCorte di giustizia, pur senza espliciti riferimentialla Convenzione di Roma ( 24 ).Non sorprende dunque che, all’esito di questaevoluzione, prima il reg. « Roma II » e poi ilreg. « Roma I » abbiano stabilito di imporre unulteriore limite alla scelta del diritto applicabile,da rinvenirsi nelle norme comunitarie non derogabiliper contratto. Norme di questo genereesistono infatti anche nell’ordinamento comunitario,sebbene esse siano in genere preordinatealla tutela di uno dei contraenti ( 25 ), piuttostoche di interessi pubblicistici ( 26 ).( 21 )L’influenza del diritto comunitario, primario ederivato, sulla categoria delle norme imperative eragià stata segnalata da Bonomi, Le norme imperativenel diritto internazionale privato,Zürich, 1998, p. 120ss.( 22 )InG.U.C.E. n. L 95 del 21 aprile 1993, p. <strong>29</strong>ss. Sul rapporto fra questa direttiva e le norme diconflitto v., anche per ulteriori riferimenti bibliografici,Fumagalli, Le clausole abusive nei contratti coni consumatori tra diritto comunitario e diritto internazionaleprivato, in Riv. dir. internaz. priv. e proc.,1994, p. 15 ss.; Cannada Bartoli, Questioni di dirittointernazionale privato relative alla direttiva sulleclausole abusive nei contratti stipulati da consumatori,in Riv. dir. internaz., 1995, p. 324 ss. Cfr., tra le direttivesuccessive, la dir. 2002/65/CE del 23 settembre2002, sulla commercializzazione a distanza di servizifinanziari ai consumatori (in G.U.C.E. n. L <strong>27</strong>1 del 9ottobre 2002, p. 16 ss.); la dir. 1997/7/CE del 20maggio 1997, riguardante la protezione del consumatorein materia di contratti a distanza (in G.U.C.E. n.L 144 del 4 giugno 1997); la dir. 1994/47/CE del 26ottobre 1994, concernente la tutela dell’acquirenteper taluni aspetti dei contratti relativi all’acquisizionedi un diritto di godimento a tempo parziale di beniimmobili (in G.U.C.E. n. L <strong>28</strong>0 del <strong>29</strong> ottobre 1994,p. 83 ss.), nella quale peraltro l’elemento di collegamentoè costituito dal locus rei sitae.( 23 )L’introduzione dell’art. 3, par. 4, del regolamentonon dovrebbe peraltro incidere sulla perduranteapplicazione delle clausole di riserva contenutein queste direttive, non solo perché i due meccanismioperano a condizioni diverse (nel primo caso, la presenzadi collegamenti solo con Stati membri; nell’altro,il mero collegamento stretto con uno Stato membro),ma anche per il fatto che l’art. 23 del regolamentofa salve le norme sui conflitti di leggi in materiadi obbligazioni contrattuali in specifici settori, comeappunto quelle sopra menzionate.( 24 ) In particolare, Corte giust. CE 9 novembre2000, Ingmar, causa 381/98, in Raccolta, 2000, p.I-9305 ss., pur riferendosi concretamente alle solenorme di applicazione necessaria, ammette, almenoimplicitamente, la possibilità di norme la cui applicazionesi impone imperativamente sul territorio comunitarioper la realizzazione degli obiettivi del Tratt.CE (cfr., in particolare, punto 24).( 25 ) Alle direttive citate alla nt. 15 possono aggiungersialcune direttive protettive dei lavoratori (adesempio, dir. 1999/70/CE del <strong>28</strong> giugno 1999 sul lavoroa tempo determinato, in G.U.C.E. n. L 175 del10 luglio 1999, p. 43 ss.; dir. 1997/81/CE del 15 dicembre1997 sul lavoro a tempo parziale, in G.U.C.E.n. L 14 del 20 gennaio 1998, p. 9 ss.) o di agenti dicommercio (la dir. 1986/653/CEE del 18 dicembre1986, relativa al coordinamento dei diritti degli Statimembri concernenti gli agenti commerciali indipendenti,in G.U.C.E. n. L 382 del 31 dicembre 1986, p.1 ss.).( 26 ) Non mancano norme anche di questa secondacategoria: ad esempio, v. il reg. CE n. 1236/2005 relativoal commercio di determinate merci che potrebberoessere utilizzate per la pena di morte, per la torturao per altri trattamenti o pene crudeli, inumani odegradanti (in G.U.C.E. n. L 200 del 30 luglio 2005,p. 1 ss.), e la dir. 2000/33/CE del 25 aprile 2000 sulravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentarie amministrative degli Stati membri in mate-NLCC 3/4-2009


[Art. 3] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 635D’altra parte, una disposizione del genere diquella in commento si giustifica a maggior ragionein presenza della più ristretta definizionedi « norme di applicazione necessaria » contenutanell’art. 9 del regolamento. Infatti, questadisposizione esclude, per lo più, norme direttealla protezione di interessi di natura privatisticae dunque la sfera di applicazione delle normeimperative del diritto comunitario sopra menzionatesi riduce conseguentemente, poiché esseerano in genere riportate alla categoria dellenorme di applicazione necessaria ( <strong>27</strong> ). A compensaretale effetto provvede, alle condizioniche si vedranno, l’art. 3, par. 4, del reg. « RomaI », il quale peraltro fa riferimento alla diversa(e più ampia) categoria delle norme inderogabiliper contratto.Possono rilevare ai fini della disposizione incommento norme – oltre che di rango primario,come, a titolo esemplificativo, gli <strong>artt</strong>. 81, 82, 87e 141 del Tratt. CE ( <strong>28</strong> ) – anche contenute instrumenti di diritto comunitario derivato ( <strong>29</strong> ),ivi comprese le direttive ( 30 ), nel qual caso la disposizionein commento impone di tener contodella normativa di recepimento ( 31 ) adottatadallo Stato membro del foro. Per questa via sidovrà dunque dare applicazione, in deroga allalex causae ( 32 ), anche a norme formalmente appartenentialla lex fori, ma qualificate dal fattoche esse sono state adottate in adempimento aobblighi comunitari ( 33 ).L’inciso « come applicate nello Stato membrodel foro » ( 34 )può destare qualche dubbio,per il fatto che sarebbe stato più logico indurreil giudice a tener conto delle norme comunitariecome applicate nello Stato membro la cuiria di pubblicità e di promozione a favore dei prodottidel tabacco (in G.U.C.E. n. L 136 dell’8 giugno2000, p. 90 ss.).( <strong>27</strong> ) In tal senso, per tutti, Bonomi, Le norme imperativenel diritto internazionale privato, cit., p. 123ss. In effetti, tale interpretazione appariva condivisibile,alla luce del carattere autolimitato (sia pure intermini piuttosto generici) delle disposizioni in oggettosulla base delle varie clausole di salvezza contenutenelle direttive e del particolare scopo da esseperseguito (che, nel vigore dell’art. 7 della Convenzionedi Roma, può considerarsi rilevante anche se dicarattere non eminentemente pubblicistico).( <strong>28</strong> ) Le norme sulle intese vietate, sull’abuso di posizionedominante, sul divieto di aiuti di Stato e sullaparità di retribuzione, dato il loro carattere fondamentale,hanno peraltro anche natura di norme diapplicazione necessaria.( <strong>29</strong> ) Occorre segnalare in proposito il 40 o considerandodel regolamento, che invita a tener conto, inparticolare, di « altri strumenti contenenti disposizioniintese a contribuire al corretto funzionamento delmercato interno » e di altri strumenti comunitari direttaa disciplinare la libera circolazione di merci eservizi « quali la dir. 2000/31/CE del Parlamento europeoe del Consiglio, dell’8 giugno 2000, relativa ataluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione,in particolare il commercio elettronico,nel mercato interno (“direttiva sul commercio elettronico”)». Occorre peraltro segnalare che questistrumenti contengono anche norme dispositive, rispettoalle quali certamente l’art. 3, par. 4, non puòoperare (v. l’art. 11 della dir. 2000/31/CE).( 30 ) Sembra di dover escludere che possano esserecoperte dall’art. 3, par. 4, quelle disposizioni del dirittoderivato sopra menzionate (v. in particolare nt.22) che contengano un’espressa clausola di salvezzarispetto alla scelta della legge di uno Stato terzo: intali casi occorrerà comunque tener conto del regimeprotettivo della parte debole previsto dal diritto comunitarioalle diverse condizioni previste dallo specificostrumento comunitario, nel quale in genere nonsi richiede che tutti gli elementi della fattispecie sicollochino all’interno del territorio degli Stati membri.( 31 ) Sulla possibilità di qualificare come norme diapplicazione necessaria talune norme nazionali di recepimentodi direttive comunitarie v. Bonomi, Lenorme imperative, cit., p. 124 ss.( 32 ) Si configura un’ipotesi differente nel caso dell’art.3 della dir. 1996/71/CE del Parlamento Europeoe del Consiglio del 16 dicembre 1996, relativa aldistacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazionedi servizi (in G.U.C.E. n. L 18 del 21 gennaio 1997, p.1 ss.), il quale si applica anche se la legge applicabilesia determinata sulla base di criteri obiettivi (cfr. anchel’8 o considerando). Sembra invece ricondurre all’art.3, par. 4, il regime della citata direttiva De Cesari,Disposizioni alle quali non è permesso derogareconvenzionalmente, cit., p. 269.( 33 ) Sembra peraltro piuttosto remoto il rischio diforum-shopping alla ricerca dello Stato le cui normeinderogabili presentino la formulazione più favorevole,come paventato da D’Avout, Le sort des règlesimpératives dans le règlement Rome I, inRecueil Dalloz,2008, p. 2167, citato in Lagarde e Tennenbaum,De la convention de Rome au réglement RomeI, inRev. crit. dr. internat. privé, 2008, p. 737 s.( 34 )L’espressione compare, per la prima volta, apparentementesenza una motivazione espressa, nellaposizione comune del Consiglio sull’attuale reg.« Roma II ».NLCC 3/4-2009


636reg. CE n. 593/2008[Art. 3]legge sarebbe stata applicabile in mancanza discelta ( 35 ). L’indicazione contenuta nella disposizionein commento sembra indirizzata soltantoa consentire al giudice di individuare in manieraimmediata la normativa di attuazione delledirettive comunitarie da applicare al caso dispecie, tenuto conto che, per definizione, lafattispecie risulta collegata con più Stati membri.Peraltro, almeno quando lo Stato del foronon presenti alcun collegamento significativocol contratto, sarebbe preferibile che si applicassela normativa di recepimento dello Statomembro la cui legge avrebbe regolato il contrattoin mancanza di scelta.6. – Si tratta anche in questa ipotesi di una figuradi frode alla legge, che può verificarsi rispettoalle regole dell’ordinamento sovranazionaleattraverso il richiamo della legge di unoStato terzo; analogamente al par. 3, la normanon richiede la prova della volontà dei contraentidi eludere l’applicazione delle norme comunitarieinderogabili, ma assume rilievo quandoricorre la condizione obiettiva della presenzadi tutti gli elementi all’interno del territorio comunitario( 36 ).La disposizione si sovrappone parzialmenteall’art. 3, par. 3, poiché fa salve le norme inderogabilidell’ordinamento comunitario ancheper i contratti in cui tutti gli elementi di fatto sicollocano in un solo Stato membro. È chiaro,tuttavia, che in questa ipotesi le norme comunitarieinderogabili fanno già parte dell’ordinamentointerno dello Stato membro, e dunque laprevisione è da questo punto di vista superflua( 37 ).Per il resto, essa è formulata in termini analoghiall’art. 3, par. 3, per quanto riguarda le condizioniobiettive che impongono al giudice ditener conto delle norme inderogabili, e precisamentela presenza, al momento dell’optio iuris,di tutti gli elementi pertinenti alla situazione all’internodi più Stati membri. Possono dunquequi richiamarsi tutte le considerazioni già svoltein ordine alla valutazione del carattere internodel contratto.Va peraltro segnalato che questa disposizione èformulata in un’ottica più chiaramente unilateralistica,di protezione dei valori propri dell’ordinamentocomunitario, poiché si applica soltantoquando la legge scelta sia quella di uno Stato terzo.Al contrario, quando le parti designino la leggedi uno Stato membro, le norme comunitarie,anche inderogabili, che non siano applicabili in taleordinamento (ad esempio, perché non ancoraattuate in pendenza del termine a tal fine previsto)ma solo nello Stato del foro non potranno esserprese in considerazione.La rilevanza delle norme inderogabili indicatenell’art. 3, par. 4, è analoga a quella prevista nelpar. 3, poiché ne viene fatta salva l’applicazione:anche in questo caso, pertanto, alle norme comunitariedovrà esser dato effetto dal giudicesolo a seguito dell’accertamento che l’ordinamentodello Stato terzo non tutela in manieraadeguata l’interesse protetto.Giacomo Biagioni( 35 ) Valutano invece in senso positivo la formulazionedella disposizione Lagarde e Tennenbaum,De la convention de Rome au réglement Rome I, cit.,p. 737 s.( 36 )L’attuale formulazione della disposizione superale numerose critiche suscitate dall’originario testodell’art. 3, par. (oggi) 4, del regolamento, che nonconteneva alcuna limitazione all’ipotesi in cui tutti glielementi siano ubicati nel territorio comunitario: cfr.,per tutti, Lagarde, Remarques sur la proposition deréglement de la Commissione européenne sur la loi applicableaux obligations contractuels (Rome I), inRev.crit. dr. internat. privé, 2006, p. 331 ss., spec. p. 337.( 37 ) Non sembra invece possibile ricavare da questadisposizione un contenuto precettivo ulteriore rispettoa quello che si desume dall’art. 3, par. 3, adesempio ritenendo che essa possa obbligare il giudicead applicare norme comunitarie inderogabili anchequando queste siano contenute in direttive non attuatenello Stato membro del foro. Da un lato, questa interpretazionenon si concilia col concetto di salvezzadell’applicazione – che presuppone che la norma siaapplicabile proprio vigore – e dall’altro non pare coerentecon l’inciso « se del caso, come applicate nelloStato membro del foro », sul quale v. supra, nel testo.NLCC 3/4-2009


[Art. 4] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 637Art. 4.(Legge applicabile in mancanza di scelta)1. In mancanza di scelta esercitata ai sensi dell’articolo 3 e fatti salvi gli articoli da 5 a 8, lalegge che disciplina il contratto è determinata come segue:a) il contratto di vendita di beni è disciplinato dalla legge del paese nel quale il venditoreha la residenza abituale;b) il contratto di prestazione di servizi è disciplinato dalla legge del paese nel quale il prestatoredi servizi ha la residenza abituale;c) il contratto avente per oggetto un diritto reale immobiliare o la locazione di un immobileè disciplinato dalla legge del paese in cui l’immobile è situato;d) in deroga alla lettera c), la locazione di un immobile concluso per uso privato temporaneoper un periodo di non oltre sei mesi consecutivi è disciplinata dalla legge del paese nelquale il proprietario ha la residenza abituale, purché il locatario sia una persona fisica e abbiala sua residenza abituale nello stesso paese;e) il contratto di affiliazione (franchising) è disciplinato dalla legge del paese nel qualel’affiliato ha la residenza abituale;f) il contratto di distribuzione è disciplinato dalla legge del paese nel quale il distributoreha la residenza abituale;g) il contratto di vendita di beni all’asta è disciplinato dalla legge del paese nel quale haluogo la vendita all’asta, se si può determinare tale luogo;h) il contratto concluso in un sistema multilaterale che consente o facilital’incontro di interessimultipli di acquisto e di vendita di terzi relativi a strumenti finanziari, quali definiti all’articolo4, paragrafo 1, punto 17, della direttiva 2004/39/CE, conformemente a regole nondiscrezionali e disciplinato da un’unica legge, è disciplinato da tale legge.2. Se il contratto non è coperto dal paragrafo 1oseglielementi del contratto sono contemplatida più di una delle lettere da a)adh), del paragrafo 1, il contratto è disciplinato dalla leggedel paese nel quale la parte che deve effettuare la prestazione caratteristica del contratto hala residenza abituale.3. Se dal complesso delle circostanze del caso risulta chiaramente che il contratto presentacollegamenti manifestamente più stretti con un paese diverso da quello indicato ai paragrafi 1o 2, si applica la legge di tale diverso paese.4. Se la legge applicabile non può essere determinata a norma dei paragrafi1o2,ilcontrattoè disciplinato dalla legge del paese con il quale presenta il collegamento più stretto.ISommario: 1. Piano del commento. – 2. L’art. 4 dellaConvenzione di Roma. – 3. I contenuti della Propostadella Commissione; aspetti critici e suggerimenti dimodifica. – 4. Quadro sintetico dei contenuti dell’art.4 del reg. « Roma I ». – 5. I contratti « nominati ». –6. I contratti non nominati e i contratti « misti ». – 7.La nozione di residenza abituale. – 8. La clausola dieccezione. – 9. Il richiamo in via residuale del criteriodel collegamento più stretto. – 10. Un esempio nelquale le regole dell’art. 4 sono tutte suscettibili di operare:il contratto relativo ai diritti di proprietà intellettuale.– 11. Il coordinamento con la scelta di legge. –12. Il dépeçage ad opera del giudice. – 13. La neutralitàdella disposizione rispetto ad obiettivi materiali. –14. Conclusioni.1. – L’analisi dell’art. 4 del reg. « Roma I »èdistribuita in un commento generale e in quattrocommenti specifici. Il commento generaleindividua i problemi interpretativi sollevati dallaConvenzione di Roma ai quali il regolamentoNLCC 3/4-2009


638reg. CE n. 593/2008[Art. 4]intende dare risposta, per poi soffermarsi ampiamentesull’art. 4 di quest’ultimo allo scopodi delinearne contenuti, finalità e impianto sistematico.I commenti specifici riguardano lecategorie nominate dell’art. 4, par. 1, per le qualiè previsto un criterio di collegamento oggettivo.Ciascun commento affronta categorie tra loroaffini: la vendita di beni e la vendita di beniall’asta (sub II), la prestazione di servizi, l’affiliazionee la distribuzione (sub III), i contratti relativiad immobili (sub IV), i contratti relativi astrumenti finanziari (sub V).2. – La disciplina dell’art. 4 del reg. « RomaI » si pone in discontinuità rispetto all’art. 4 dellaConvenzione di Roma.Preliminarmente, conviene riferire sulla disciplinarisultante dalla Convenzione sia perché essaè in vigore ed è applicabile sia per appurarese e in quale misura il reg. « Roma I » abbia fornitoadeguata risposta ai più importanti problemiinterpretativi che essa solleva: ciòèdetto conriserva di evidenziare al momento opportuno ledifferenze tra i due strumenti normativi circaaspetti più specifici del tema in esame.In via sussidiaria alla volontà delle parti, l’art.4 della Convenzione utilizza il criterio del collegamentopiù stretto ( 1 ), espressione di un metododi designazione della legge applicabile ispiratoal principio di prossimità che, in àmbitocontrattuale, mira alla ricerca della proper law ofthe contract ( 2 ). Nella disciplina convenzionale,( 1 )V.Baratta, Il collegamento più stretto nel dirittointernazionale privato, Milano, 1991.( 2 ) Al riguardo v. Lagarde, Le principe de proximitédans le droit international privé contemporain, inRec. Cours, 1986, vol. 196, p. 9 ss. Per l’inquadramentodel principio (sia pure quale aspetto evolutivo)nel metodo della localizzazione della fattispecie v.Picone, Caratteri ed evoluzione del metodo tradizionaledei conflitti di leggi,inId., La riforma italiana deldiritto internazionale privato, Padova, 1998, p. <strong>29</strong>6 ss.Sulla derivazione del criterio del collegamento piùstretto dalla dottrina britannica della proper law ofthe contract e sull’origine di quest’ultima v. Baratta,op. cit., p. 91 ss.; quanto ad analogie e differenze tra ilcriterio accolto in àmbito convenzionale e la dottrinastatunitense della « most significant relationship » v.Juenger, The EEC Convention on the Law Applicableto Contractual Obligations: An American Assessment,inContracts Conflicts. The EEC Convention onthe Law Applicable to Contractual Obligations: Atale criterio si applica in assenza di scelta (ilcontratto va interamente sottoposto alla leggeda esso indicata), quando la scelta di legge è riferitaa una sola parte del contratto (il criteriointerviene sulla parte restante del contratto),quando la scelta di legge è differenziata a secondadegli aspetti del contratto e dà origine a problemidi adattamento e di coerenza sul pianodella disciplina complessiva del contratto ( 3 ),nonché quando la scelta non è espressa validamente( 4 ).A differenza dei criteri di collegamento ancoratia circostanze predeterminate dal legislatoree caratterizzati da rigidità e astrattezza, il criteriodel collegamento più stretto individua la leggeapplicabile in base all’apprezzamento di ele-Comparative Study, a cura di North, Amsterdam-New York, 1982, p. <strong>29</strong>5 ss.; Mosconi, La Convenzionedi Roma e le recenti teorie americane sui conflittidi legge, inVerso una disciplina comunitaria della leggeapplicabile ai contratti, a cura di Treves, Padova,1983, p. 50 s.; Vitta, Influenze americane nella convenzioneC.E.E. sulle obbligazioni contrattuali, inLaconvenzione di Roma sulla legge applicabile alle obbligazionicontrattuali, a cura della Scuola di NotariatoA. Anselmi di Roma, Milano, 1993, p. 121 ss. Sulla« novità»del criterio del collegamento più stretto rispettoai principi – per lo più espressi da criteri dicollegamento rigidi – informatori del sistema italianodi diritto internazionale privato all’epoca dell’entratain vigore della Convenzione di Roma v. Pocar, L’entratain vigore della convenzione di Roma del 1980 sullalegge applicabile ai contratti, inRiv. dir. internaz.priv. e proc., 1991, p. 251; nonché, Davì, Le questionigenerali del diritto internazionale privato nel progettodi riforma, inRiv. dir. internaz., 1990, p. 562 s. e nt.12, il quale lo considera l’applicazione « decisamentepiù spinta » della flessibilità delle regole di conflitto.( 3 ) Così Villani, La legge applicabile in mancanzadi scelta tra vecchia e nuova disciplina, inIl nuovo dirittoeuropeo dei contratti: dalla convenzione di Romaal regolamento « Roma I », Milano, 2007, p. 56. Per ilcaso della incoerenza delle leggi v. la Relazione Giuliano-Lagarde,sub art. 3, par. 4.( 4 ) Baratta, op. cit., p. 1<strong>29</strong>; Id., sub art. 4 (Leggeapplicabile in mancanza di scelta), in Convenzione sullalegge applicabile alle obbligazioni contrattuali (Roma,19 giugno 1980) - Commentario, a cura di Biancae Giardina, in questa Rivista, 1995, p. 954; Frigo, Ladeterminazione della legge applicabile in mancanza discelta dei contraenti e le norme imperative della convenzionedi Roma, inLa convenzione di Roma sul dirittoapplicabile ai contratti internazionali, a cura diSacerdoti e Frigo, Milano, 1993, p. 19.NLCC 3/4-2009


[Art. 4] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 639menti di fatto ricavati dal (e connessi al) casoconcreto. La Convenzione di Roma accoglie siffattocriterio e fornisce all’operatore giuridicoalcuni strumenti utili al suo funzionamento: talistrumenti mirano, in una, ad agevolare la ricerca,a contenere la discrezionalità connaturata<strong>agli</strong> apprezzamenti di fatto e, dunque, a oggettivizzarel’applicazione del principio di prossimità( 5 ). Siffatta ricerca può riguardare, peraltro,anche soltanto una parte del contratto: l’art. 4,par. 1, consente al giudice di frazionare il contrattotramite i criteri oggettivi, sottoponendolo,in via eccezionale, a differenti leggi « qualorauna parte del contratto sia separabile dal resto epresenti un collegamento più stretto con un altroPaese » ( 6 ). È però vero che, conformementeall’espressione « potrà applicarsi » riferita allalegge di quest’« altro Paese », il giudice godein proposito di discrezionalità.In via generale, nella Convenzione si prevedeuna presunzione di collegamento più strettocon riferimento al luogo di residenza abitualedel prestatore caratteristico del contratto; a talepresunzione fanno deroga quelle speciali riguardantiil contratto avente per oggetto il dirittoreale su un bene immobile (o il diritto di utilizzazionedi esso), per il quale il collegamento piùstretto si presume con lo Stato in cui l’immobileè situato, e il contratto di trasporto di merci, peril quale viene in rilievo, a determinate condizioni,lo Stato di sede principale del vettore al momentodella conclusione del contratto.Siffatte presunzioni vengono meno, ai sensidell’art. 4, par. 5, se, dall’insieme delle circostanze,il contratto presenta elementi di collegamentopiù stretto con uno Stato diverso da( 5 ) Vedi la Relazione Giuliano-Lagarde, sub art. 4,par. 3, secondo la quale « la disposizione del par. 2dell’art. 4 rende concreta ed obiettiva la nozione diper sé stessa troppo vaga di “collegamento più stretto”».( 6 ) Esempi si profilano rispetto a contratti complessida cui derivano prestazioni separabili: v. Lagarde,Le nouveau droit international privé des contratsaprès l’entrée en vigueur de la Convention de Romedu 19 juin 1980, inRev. crit. dr. internat. privé,1991, p. 307 ss. e, quanto ai contratti di cooperazionetra imprese, Malatesta, La legge applicabile ai contrattidi cooperazione tra imprese secondo la Convenzionedi Roma, inLa convenzione di Roma sul dirittoapplicabile ai contratti internazionali, cit., p. 99 s.quello individuato in base ad esse ( 7 ); tale secondocaso è ricondotto al funzionamento diuna clausola di salvaguardia del collegamentopiù stretto, sovente (opportunamente o no, lo sivedrà) denominata clause d’exception ( 8 ).Quanto alla prestazione caratteristica, convieneinnanzitutto ricordare che si tratta di una nozioneelaborata dalla dottrina e dalla giurisprudenzaelvetiche ( 9 ), con la quale si identifica, in( 7 ) Si parla di « presunzioni semplici » nella RelazioneGiuliano-Lagarde, sub art. 4, par. 9.( 8 )La Relazione Giuliano-Lagarde non adottal’espressione « clausola di eccezione » nel commentarela disposizione di cui all’art. 4, par. 5, come invecefa la relazione alla Proposta della Commissione, par.4.2, sub art. 4. Sulla clausola di eccezione nel dirittointernazionale privato v. Dubler, Les clauses d’exceptionen droit international privé, Genève, 1983; Lagarde,Le principe de proximité, cit., p. 97 ss.; Mosconi,Exceptions to the Operations of Choice of LawRules, inRec. Cours, 1989, vol. 217, p. 188 ss.; Baratta,Il collegamento più stretto, cit., p. 221 ss.; Picone,Caratteri ed evoluzione del metodo tradizionale,cit., p. <strong>29</strong>8 s.; Von Overbeck, De quelques règlesgénérales de conflits de lois dans les codifications récentes,inPrivate Law in the International Arena. LiberAmicorum Kurt Siehr, The Hague, 2000, p. 550ss.; Rémy-Corlay, Mise en oeuvre et régime procéduralde la clause d’exception dans les conflits de lois, inRev. crit. dr. internat. privé, 2003, p. 37 ss.( 9 ) Cfr. Schnitzer, Handbuch des internationalenHandels-, Wechsel- und Checkrechts, Zürich-Leipzig,1938, p. 203 ss.; Id., Handbuch des internationalenPrivatrecht, Basel, 1958, II, p. 639 ss.; Id., Les contratsinternationaux en droit international privé suisse,inRec. Cours, 1968, vol. 123, p. 579 ss.; Vischer, InternationalesVertragsrecht, Bern, 1962, p. 108 ss.; deWinter, Considerazioni sulla legge della prestazionecaratteristica, inDiritto internazionale, 1971, p. 2<strong>27</strong>ss. In giurisprudenza v. Tribunal Fédéral 12 febbraio1952, in Rev. crit. dr. internat. privé, 1953, p. 390. Laprestazione caratteristica ha trovato poi spazio nell’art.117, par. 2 (con specificazione per alcuni contrattinel successivo par. 3), della legge federale suldiritto internazionale privato del 18 dicembre 1987.V., in argomento, Kaufmann Kohler, La prestationcaractéristique en droit international privé des contratset l’influence de la Suisse, inAnnuaire suisse de droitinternational, 1989, p. 195 ss.; Patocchi, I contrattiinternazionali, inIl nuovo diritto internazionale privatoin Svizzera, a cura di Broggini, Milano, 1990, p.2<strong>28</strong> ss.; Id., Characteristic Performance: A New Mythin the Conflict of Laws? Some Comments on a RecentConcept in the Swiss and European Private InternationalLaw of Contracts, inEtudes de droit internationalNLCC 3/4-2009


640reg. CE n. 593/2008[Art. 4]via di principio, la prestazione rappresentativadella « funzione che il rapporto giuridico (...)svolge nella vita economica e sociale del Paese» ( 10 ).Sulla base di tale asserzione, la prestazione caratteristica,nei contratti con prestazioni corrispettive( 11 ), sarebbe quella non monetaria:quest’ultima, la cui presenza è assai frequentenei vari schemi contrattuali, non è suscettibiledi rappresentare la funzione socio-economicadel contratto ( 12 ). Peraltro, la prestazione caratteristicacosì individuata rappresenterebbequella più complessa, quella cui sono connessi imaggiori rischi dell’operazione contrattuale equella che ben può costituire, specie per l’imprenditoreo altro professionista, la prestazionetipo di una massa di contratti conclusi nell’eserciziodi una determinata attività ( 13 ).Sul piano delle scelte di politica legislativa,varie sono state le critiche mosse all’utilizzo dellaprestazione caratteristica ( 14 ). Ciò che quipreme sottolineare è, tuttavia, la critica generalemossa alla reale efficienza della presunzione chepoggia su di essa, specie in ordine ai risvolti sulpiano della certezza e della prevedibilità delprocedimento volto alla individuazione del dirittoapplicabile.Gli argomenti a sostegno di siffatta critica sonoriassumibili quasi tutti nei seguenti termini.Innanzitutto, ci si è chiesto come mettere inopera la presunzione fondata sulla prestazionecaratteristica per contratti in cui le prestazionisono entrambe di natura monetaria ovvero per icontratti in cui nessuna ha natura monetaria(per esempio, la permuta e la transazione), insommaper i contratti in cui non è possibileidentificare la prestazione caratteristica in quellanon monetaria ( 15 ).In secondo luogo, si è notato che alcuni modellicontrattuali sono privi di una prestazionecaratteristica perché costitutivi di obblighi simmetrici,come tali, tutti a giusto titolo indicatividella funzione socio-economia del contratto (sipensi ad alcuni contratti interbancari ( 16 ), qualiil conto corrente reciproco, o ai contratti diconcessione reciproca dell’uso di un marchio)( 17 ).In terzo luogo, tenuto conto che la prestazionecaratteristica rileva a seconda del tipo di contrattocui ricondurre il caso concreto, a taluni èapparso che certi schemi contrattuali siano piùen l’honneur de Pierre Lalive, a cura di Dominicé, Patrye Reymond, Bâle, 1993, p. 113 ss. Più in generale,Jessurun D’Oliveira, « Characteristic Obligation »in the Draft E.E.C. Obligations Convention,inAmericanJournal of Comparative Law, 1977, p. 303 ss.; Vischer,The Concept of the Characteristic PerformanceReviewed, in E pluribus unum. Liber amicorumG.A.L. Droz, a cura di Borrás, Bucher, Struycken eVerwilghen, The Hague, 1996, p. 499 ss.; Ancel, Laprestation caractéristique du contrat, Paris, 2002.( 10 ) Così la Relazione Giuliano-Lagarde, sub art. 4,par. 3. V. ampiamente, anche per l’accento posto sulruolo del contratto nel contesto economico, Ancel,La prestation caractéristique, cit., p. 143 ss. e, per valutazionidi diritto comparato, p. 212 ss.( 11 ) Per i contratti unilaterali, è agevole individuarenell’obbligazione a carico di un solo contraente laprestazione caratteristica del contratto: v. RelazioneGiuliano-Lagarde, sub art. 4, par. 3; Baratta, sub art.4, cit., p. 958.( 12 ) Cfr. la Relazione Giuliano-Lagarde, loc. ult. cit.( 13 ) Così, Villani, La legge applicabile in mancanzadi scelta, cit., p. 60. Secondo Fabre-Dubout, Lalocalisation du contrat: entre lieux et espace, Aix-en-Provence, 2007, p. 353, la prestazione caratteristica èun fattore di localizzazione vantaggioso sul pianopratico perché consente di trattare i contratti d’impresa« sans distinction suivant que [la] clientèle estinterne ou internationale ».( 14 ) Vedi al riguardo, Jessurun d’Oliveira,« Characteristic Obligation », cit., passim; Giardina,Volontà delle parti, prestazione caratteristica e collegamentopiù significativo, inVerso una disciplina comunitaria,cit., p. 13 ss.; Villani, Aspetti problematicidella prestazione caratteristica, inRiv. dir. internaz.priv. e proc., 1993, p. 522 ss.( 15 ) Altro è il caso in cui non è utile avvalersi delparametro della prestazione monetaria quando, pereffetto della volontà delle parti, essa può, con riferimentoallo stesso modello contrattuale, spettare all’unoo all’altro contraente: cfr. il caso – proposto daVillani, La convenzione di Roma sulla legge applicabileai contratti 2 , Bari, 2000, p. 98 – del contratto diedizione e alla circostanza che la prestazione monetariapuò spettare all’editore o all’A. a seconda delle finalitàdi mercato della pubblicazione che le partihanno convenuto.( 16 ) Nei contratti bancari quali conto corrente, deposito,anticipazione, sconto, apertura di credito,cassette di sicurezze, e più in generale in quei contrattiin cui la banca interagisce con il cliente è opinionecondivisa che la prestazione caratteristica siadella banca: cfr. Radicati di Brozolo, Operazionibancarie internazionali e conflitti di legge, Milano,1984, p. 144 ss.( 17 ) Vedi infra, par. 10.NLCC 3/4-2009


[Art. 4] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 641intimamente connessi con lo Stato di residenzadel prestatore non caratteristico – spesso coincidentecon quello di esecuzione della prestazionecaratteristica ( 18 ) – ovvero con luoghi comunquediversi da quello di residenza abituale delprestatore caratteristico ( 19 ).Inoltre, il parametro della prestazione caratteristicaè apparso difficilmente applicabile a contratticomplessi ( 20 ) – si pensi a certe garanziebancarie internazionali ( 21 ) – o a contratti traimprese volti ad unico scopo economico, qualigli accordi di joint venture ( 22 ).Infine, è stato evidenziato, specie alla lucedella difficoltà di svolgere una ricerca a contrariomuovendo dalla prestazione monetaria, il rischiodi soluzioni di conflitto poco prevedibili,perché l’accertamento della prestazione caratteristicadipenderebbe in ogni caso da valutazionisoggettive, e, peraltro, variabili a seconda di chile svolge ( 23 ). L’unico elemento a favore dellacertezza giuridica di tali valutazioni sarebbe costituitodal fatto che la Convenzione di Roma leaggancia al momento della conclusione del contratto( 24 ).Il problema del ruolo svolto dalla prestazionecaratteristica convive in àmbito convenzionalecon quello riguardante il coordinamentotra la presunzione fondata su di essa (e quellespeciali) e il criterio del collegamento più stretto,soprattutto in ordine all’utilizzo della clausoladi cui all’art. 4, par. 5 che ne è espressione( 25 ).Al riguardo, è possibile individuare i seguentiorientamenti.In primo luogo, si sostiene che le predettepresunzioni si impongono fino a prova contraria(hanno, dunque, natura di presunzioni sempliciin senso tecnico) ( 26 ), ossia quando è dimostratal’esistenza di un collegamento più strettocon Stati diversi da quelli individuati tramite esse( <strong>27</strong> ). In particolare, quanto alla presunzionecostruita intorno alla prestazione caratteristica,essa rivestirebbe il ruolo di guida per l’individuazionedella legge applicabile e lascerebbespazio alle presunzioni speciali per i contratti aiquali queste ultime attengono o alla ricerca liberadel collegamento più stretto quando non puòessere determinata nel modello contrattuale(art. 4, par. 5, prima frase) ovvero quando siprova, alla luce delle circostanze del caso concreto,l’esistenza di uno Stato che presenta conil contratto elementi di connessione maggiore diquelli espressi dallo Stato di residenza abitualedel prestatore caratteristico (art. 4, par. 5, secondafrase).In secondo luogo, è stata formulata la tesi chel’art. 4 detta in primis il ricorso alle presunzioniperché esse normalmente esprimono il collegamentopiù stretto e perché, agganciandovi una( 18 )V.Mayer e Heuzé, Droit international privé 8 ,Paris, 2006, p. 534 ss., specie per l’idea che il luogo diesecuzione della prestazione caratteristica sia quellorealmente indicativo del centro di gravità del contratto.( 19 ) Si pensi ai casi della vendita a rate, in cui ilprestatore monetario assume obblighi più significatividi quelli a carico del venditore, e della vendita neimercati di borsa, rispetto alla quale il luogo di situazionedella borsa – spesso diverso da quello della residenzaabituale dei contraenti – presenta la maggioreconnessione con il contratto, specie quanto alletecniche di negoziazione, al bene di scambio e allemodalità di adempimento. Per questi ed altri esempi,v. Villani, La convenzione di Roma, cit., p. 97 s.( 20 )Juenger, The EEC Convention, cit., p. 301.( 21 ) Villani, La legge applicabile in mancanza discelta, cit., p. 62.( 22 )Malatesta, La legge applicabile ai contratti dicooperazione tra imprese, cit., p. 94 ss.( 23 ) Ancel, La prestation caractéristique, cit., p.347 ss.( 24 ) La previsione della conclusione del contrattoquale momento determinante per individuare la prestazionecaratteristica previene l’eventualità di « conflittimobili » nella determinazione del diritto applicabile.Così la Relazione Giuliano-Lagarde, sub art. 4,par. 3. Analogamente è a dirsi con riguardo alla presunzionerilevante per i contratti di trasporto di merci:il riferimento alla legge dello Stato in cui il vettoreha sede è ancorato, nel tempo, « all’atto della conclusionedel contratto ».( 25 ) Boschiero, Verso il rinnovamento e la trasformazionedella convenzione di Roma: problemi generali,inDiritto internazionale privato e diritto comunitario,a cura di Picone, Padova, 2004, pp. 413 ss. e 419s.( 26 ) Si tratterebbe di far risalire dalla residenzaabituale del prestatore caratteristico (fatto noto) loStato con il quale il contratto presenta il collegamentopiù stretto (fatto ignoto). Cfr., in termini critici,Villani, La convenzione di Roma, cit., p. 99.( <strong>27</strong> ) È la posizione di Batiffol da ultimo in Remarquessur l’opposition des directive aux règles endroit international privé,inStudi in memoria di MarioGiuliano, Padova, 1989, p. 32 ss.NLCC 3/4-2009


642reg. CE n. 593/2008[Art. 4]( <strong>28</strong> ) In questo senso v. Jessurun d’Oliveira,« Characteristic Obligation », cit., p. 330; Lagarde,The European Convention on the Law Applicable toContractual Obligations: An Apologia, in VirginiaJournal of International Law, 1981-1982, p. 97 s.;Ballarino, Diritto internazionale privato 3 , Padova,1999, p. 626; Saravalle, Conflitti di leggi nei contrattiinternazionali di costruzione, inRiv. dir. internaz.priv. e proc., 1991, p. 910 s.; Plender e Wilderspin,The European Contracts Convention 2 , London, 2001,p. 122 ss.; Ancel, La prestation caractéristique, cit.,pp. 333 ss. e 350.; Rémy-Corlay, Mise en oeuvre etrégime procédural de la clause d’exception, cit., p. 44s.; Kropholler, Internationales Privatrecht 6 ,Tübingen,2006, p. 472. Supposti i menzionati caratteri dellapresunzione di cui all’art. 4, par. 2, si sostiene chenon spetti al giudice accertare l’esistenza dei legamipiù significativi con uno Stato diverso da quello dellaresidenza abituale del prestatore caratteristico: cfr.Cassation 22 maggio 2007, in Rev. crit. dr. internat.privé, 2007, p. 595 (con nota di Lagarde) secondo laquale è di per sé legittima la decisione che applica lalegge dello Stato in cui il prestatore caratteristico hala residenza abituale senza fornire altre giustificazioni.In particolare la Corte rigetta il ricorso ritenendoinfondata la pretesa secondo cui la Corte d’appelloavrebbe dovuto accertare l’esistenza dei legami delcontratto con un Paese diverso (la Francia) anche sela questione non le era stata posta espressamente.Nella sua nota di adesione, Lagarde sottolinea chel’obbligo di rilevare d’ufficio gli elementi di connessionetra il contratto e un altro Stato sussiste rispettoa criteri di collegamento fissi ovvero quando il sistemaconflittuale impone la comparazione tra un indicedi collegamento e l’altro. Tale non è a suo avviso il sistemache accoglie la clausola di eccezione (p. 602).regola di conflitto generale, ne beneficianol’uniformità el’omogeneità sul piano della designazionedella legge applicabile. In via sussidiariaed eccezionale, opera invece il criterio delcollegamento più stretto: ai sensi dell’art. 4, par.5, prima parte, se la prestazione caratteristicadel contratto non può essere determinata, ovveroai sensi dell’art. 4, par. 5, seconda parte, setutte le presunzioni, pur suscettibili di funzionamento,vengono meno alla luce del complessodelle circostanze della vicenda contrattuale ( <strong>28</strong> ).In terzo luogo, si afferma che l’art. 4 prevedeuna disposizione interamente ispirata al principiodel collegamento più stretto e che le presunzionisarebbero fattori non necessariamente indicatividi tale collegamento: il giudice ne devesì tenere conto, attenendosi però alla regola interpretativasecondo la quale occorre individuarela legge regolatrice del contratto in base al« complesso delle circostanze di collegamentoinerenti alla vicenda contrattuale » nel casoconcreto ( <strong>29</strong> ).Inoltre, è stata avanzata la tesi secondo cui laregola risultante dalle presunzioni si riferisce altipo di contratto astrattamente considerato,mentre la disposizione di cui all’art. 4, par. 5 riguard<strong>agli</strong> elementi del contratto nel caso concreto( 30 ): in altri termini, il rapporto tra le presunzionie la clausola di cui all’art. 4. par. 5 nonè inquadrabile in termini di regola-eccezionepoiché difetta il presupposto per individuaresiffatto rapporto, ossia l’applicabilità delle primee della seconda alla stessa fattispecie. Neviene che la presunzione fondata sulla prestazionecaratteristica e la clausola di cui all’art. 4,par. 5 danno luogo a un sistema di valutazionedella vicenda contrattuale tale che il giudicepuò verificare in concreto i risultati raggiunti inbase a detta presunzione con riguardo alla fattispecieastratta ( 31 ).Infine, è emersa l’opinione di ricorrere allepresunzioni ovvero all’art. 4, par. 5 a secondadelle aspettative che le parti nutrono circa lalegge applicabile al contratto, ponendosi dalpunto di vista del « relevant market, objectivelydetermined », in cui esse operano ( 32 ).( <strong>29</strong> ) Cfr. Baratta, Il criterio del collegamento, cit.,p. 177 ss.; Id., sub art. 4, cit., p. 961 ss. Che sia il criteriodel collegamento più stretto a costituire la regoladi conflitto principale dell’art. 4 è opinione accoltaanche da Giardina, Volontà delle parti, prestazionecaratteristica e collegamento più significativo, cit., p.20; Campiglio, Prime applicazioni della clausola d’eccezione« europea » in materia contrattuale, inRiv.dir. internaz. priv. e proc., 1992, p. 251 s.; Frigo, Ladeterminazione della legge applicabile in mancanza discelta dei contraenti, cit., p. 24 s. Una posizione piùradicale è quella di Ross Williams, The EEC Conventionon the Law Applicable to Contractual Obligations,inInt. Comp. Law Quart., 1986, p. 14 s. secondocui la regola del collegamento più stretto impone,in prima battuta, di accertare i fattori che in modo(almeno sufficientemente) univoco colleghino il contrattoa uno Stato e, in via sussidiaria – quale « last resort»–di ricorrere alle presunzioni previste nell’art.4.( 30 ) Villani, Aspetti problematici, cit., p. 534 ss.;Id., La Convenzione di Roma, cit., p. 101 ss; Id., Lalegge applicabile in mancanza di scelta, cit., p. 67.( 31 ) Villani, La Convenzione di Roma, cit., p. 101.( 32 ) Così, Fentiman, Commercial ExpectationsNLCC 3/4-2009


[Art. 4] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 643Dal canto suo, la giurisprudenza, preposta inmodo « fisiologico » al funzionamento del criteriodel collegamento più stretto ( 33 ), non ha offertosolidi e omogenei parametri interpretativi;anzi, in essa è dato individuare orientamentianaloghi a quelli esposti in precedenza, speciein merito al rapporto tra il suddetto criterio, lepresunzioni di cui ai parr. 2, 3e4elaclausoladi cui al par. 5.Così, vi sono state posizioni secondo cui laclausola contenuta nell’art. 4, par. 5eilprincipiodel collegamento più stretto rivestono carattereeccezionale rispetto alla presunzione fondatasulla prestazione caratteristica almenoquando è possibile individuarla nel contratto:tale clausola opera per lo più quando lo Stato diresidenza abituale del prestatore caratteristiconon esprime alcun collegamento significativocon il contratto ( 34 ).and the Rome Convention,inCambridge Law Journal,2002, pp. 1 ss. e 50; in adesione, Atrill, Choice ofLaw in Contract: the Missing Pieces of the Article 4 Jigsaw?,inInt. Comp. Law Quart., 2004, p. 555 ss.( 33 ) In questo senso, Picone, Caratteri ed evoluzionedel metodo tradizionale, cit., p. <strong>29</strong>8.( 34 ) Cfr. Hoge Raad 25 settembre 1992, in NetherlandsInternational Law Review, 1995, p. 259 ss.; HogeRaad 17 ottobre 2008, reperibile nella banca datiRechtspraak (http://zoeken.rechtspraak.nl); vedi, però,infra, nt. 50, le questioni che la Suprema Corteolandese ha sottoposto in via pregiudiziale alla Cortedi giustizia). Si trattava di un contratto di vendita trauna società olandese (venditore) e una società francese(acquirente) che presentava i maggiori collegamenticon la Francia (ivi erano state svolte le negoziazioni,in lingua francese erano stati redatti la propostae il contratto, l’acquirente aveva ordinato i benidall’agente francese del venditore, il pagamento andavaeffettuato in franchi francesi): cfr. Struycken,Some Dutch Reflections on the Rome Convention,Art. 4(5), inLloyd’s Maritime and Commercial LawQuarterly, 1996, p. 20 secondo cui la Corte ha perseguitol’obiettivo dell’uniforme applicazione dellaConvenzione che un riferimento alla clausola di eccezioneo al principio del collegamento più stretto ingenerale avrebbero vanificato. Trib. Milano 4 dicembre1997, in Banca, borsa, tit. cred., 2000, II, p. 72 ss.con nota di Radicati di Brozolo, il quale ritieneche un contratto autonomo di garanzia sia da sottoporrealla legge della sede del garante (quale prestatorecaratteristico) anche se l’obbligazione garantitapresenta un legame più stretto con uno Stato diverso(quello della legge applicabile al contratto principale)eciò può indurre a considerare anche la garanzia piùstrettamente collegata con questo Stato ai sensi dell’art.4, par. 5; Bundesgerichtshof 25 febbraio 1999, inNeue Juristische Wochenshrift, 1999, p. 2442 s. secondocui in un contratto avente oggetto la costruzionedi un bene è irrilevante ai fini del superamento dellapresunzione di cui all’art. 4, par. 2 della Convenzionedi Roma il luogo in cui si trova il cantiere. Più sfumatadella stessa Corte è la posizione accolta nella sentenza26 luglio 2004, in IPRax, 2005, p. 342 la qualeverteva sulla questione se la responsabilità per doppiacessione di un credito sottoposto alla legge tedescae garantito da ipoteca iscritta su un immobile sitoin Francia fosse contrattuale o no: vi si premette implicitamenteche se nella cessione del credito la prestazionecaratteristica è quella del cedente, la presunzionedi collegamenti più stretti che vi ruota intornopuò venire meno soltanto se esistono legami chiaramentepiù stretti con un altro Paese. La Corte concludein questo senso a favore della legge di situazionedell’immobile ipotecato ravvisando quale obiettivodella domanda giudiziale l’acquisto dell’ipotecasull’immobile francese attraverso l’accertamento dellatitolarità sul credito garantito. Si dà in ogni caso rilievoad altre circostanze quali la lingua di redazionedell’atto di cessione, il ricorso a professionisti di settore:tutto ciò per applicare la legge francese. Analogheposizioni restrittive emergono nella giurisprudenzadel Regno Unito. V. Court of Appeal 21 dicembre2001, Samcrete Egypt Engineers and ContractorsSAE, nel sito del British and Irish Legal InformationInstitute (http//:www.bailii.org) secondo cui l’art. 4,par. 2 può «only be disregarded in circumstanceswhich clearly demonstrate the existence of connectingfactors justifying the disregarding of the presumption» in esso contenuta. In particolare, si trattavadi un contratto di garanzia concluso da una bancaegiziana con una società egiziana rispetto a debiticontratti da quest’ultima con una società inglese sottopostialla legge inglese e da pagare con sterline inInghilterra: la Corte conclude per l’applicazione dellalegge inglese scartando il criterio della prestazionecaratteristica. V. ancora Court of Appeal <strong>28</strong> giugno2002, Ennstone Building Products, inRiv. dir. internaz.priv. e proc., 2003, p. 258 ss., secondo la quale« if the presumption is to be of any real effect, it mustbe taken to apply except where the evidence clearlyshows that the contract is more closely connectedwith another country ». A proposito delle oscillazionidella giurisprudenza anglossassone v. Hill, Choice ofLaw in Contract under the Rome Convention: the Approachof the UK Courts, inInt. Comp. Law Quart.,2004, p. 325 ss.; Freeman, Finding the ApplicableLaw of the Contract in England, inLiber memorialisPetar Sărčević: Universalism, Tradition and the Individual,a cura di Erauw, Tomljenovic e Volken, München,2006, p. 53 ss.NLCC 3/4-2009


644reg. CE n. 593/2008[Art. 4]In secondo luogo, spicca la posizione a favoredi un’estesa applicazione del criterio del collegamentopiù stretto espresso nella clausola dicui all’art. 4, par. 5 anche là dove lo Stato dellaresidenza abituale del prestatore caratteristicoabbia legami con il contratto ( 35 ). Più radicale èl’orientamento secondo cui la presunzione fondatasulla prestazione caratteristica interviene invia sussidiaria quando cioè «non risultino altrielementi che consentano di stabilire con qualeStato il contratto presenti il collegamento piùstretto » ( 36 ).Più attenuato è invece l’orientamento per cuioccorre comparare i legami che il contratto ha,( 35 )V.Cour d’appel Versailles 6 febbraio 1991, inRev. crit. dr. internat. privé, 1991, p. 745 ss. con notadi Lagarde, la quale ha ritenuto che un contratto digaranzia fosse da sottoporre alla legge di uno Statodiverso da quello individuato in base alla presunzionefondata sulla prestazione caratteristica in quantoin tale Stato si localizzavano i fattori del rapporto piùsignificativi (era lo Stato della legge applicabile all’obbligazioneprincipale, della residenza del creditoregarantito nonché della lingua di redazione del contratto);Court of Appeal 12 marzo 1997, Crédit Lyonnais,nel sito del British and Irish Legal InformationInstitute (http://www.bailii.org) secondo la quale lapresunzione di cui all’art. 4, par. 2 « is weak and willmore readily be displaced when the place of performancediffers from the place of business of the performer». Sulla stessa scia v. Court of Session 23 settembre1999, Ferguson Shipbuilders Ltd, nel sito delBritish and Irish Legal Information Institute (http://www.bailii.org). V. anche Tribunal de Grande InstancePoitiers 22 dicembre 1999, in Rev. crit. dr. internat.privé, 2001, p. 670; Cass. 10 marzo 2000, n. 58, inGiust. civ., 2000, I, p. 3201 ss., e in Foro it., 2000, I, c.2226 ss., per il caso di un contratto di vendita che stabilivaanche l’obbligo di installazione mediante inviodi personale qualificato presso la sede del compratore,caso risolto (in realtà, ai fini applicativi dell’art. 5,n. 1, della Convenzione giudiziaria di Bruxelles del<strong>27</strong> settembre 1968) con l’applicazione della legge delloStato in cui si trovava tale sede e non con quelladella sede del venditore.( 36 ) Trib. Udine 2 agosto 2002, in Riv. dir. internaz.priv. e proc., 2004, p. 237 ss. il quale precisa che,se la presunzione non avesse carattere sussidiario rispettoal collegamento più stretto, « sarebbe necessarioverificare in concreto con quale paese il contrattopresenti il collegamento più stretto, a norma del[l’art.4,] comma 1 o , solo quando la prestazione caratteristicanon sia individuabile e non potrebbe mai trovareapplicazione la seconda parte dello stesso primocomma ».nel caso concreto, da un lato, con lo Stato di residenzadel prestatore caratteristico e, dall’altro,con lo Stato a favore del quale si pretende sussistereil collegamento più stretto ( 37 ).Affatto di frequente, infine, la giurisprudenzaabbandona il parametro della prestazione caratteristicadi fronte a contratti complessi o adoperazioni costituite da legami contrattuali: sirimarca, quanto ai primi, la difficoltà di individuarela prestazione caratteristica ( 38 ), e, quantoalle seconde, la circostanza che, seguendo siffattoparametro con riguardo a ciascun contratto,l’operazione sarebbe inevitabilmente sottoposta,quando caratterizzata da internazionalità, aleggi differenti vanificandosi l’efficienza e ilbuon esito dell’operazione stessa ( 39 ).( 37 ) Cfr. Queen’s Bench Division <strong>27</strong>-30 marzo2001, Definitely Maybe (Touring) Limited, inLloyd’sLaw Reports, 2001, p. 455 ss.; Court of Session, InnerHouse 12 luglio 2002, Caledonia Subsea, nel sito delBritish and Irish Legal Information Institute (http://www.bailii.org). In particolare secondo quest’ultima– chiamata a decidere su un contratto di appalto perla messa in opera di un oleodotto sottomarino –« presumption under para. 2 should not be “disregarded”unless the outcome of the comparative exercisereferred to in para. 5 – which, unlike para. 2,may involve difficulty and uncertainty – demonstratesa clear preponderance of factors in favour ofanother country ». V. anche Cassation 19 dicembre2006, in Rev. crit. dr. internat. privé, 2007, p. 592, connota di Lagarde. Nella sua nota Lagarde sostiene,in termini critici, che la Corte ha combinato le posizionirestrittive e quelle estensive circa il rapporto trala presunzione di cui al par. 2elaclausola di cui alpar. 5 (p. 600).( 38 ) Cass., sez. un., 3 maggio 2005, n. 9107, nel sitohttp://www.italgiure.giustizia.it, massimata in Mass.Giust. civ., 2005, p. 1262 s.) a proposito di un contrattodi joint venture relativo alla produzione e distribuzionedi calzature rispetto al quale « attesa lacomplessità del rapporto instaurato tra le parti nonappare possibile determinare quale fosse la prestazionecaratteristica tra tutte quelle che formavano l’oggettodell’accordo ».( 39 ) Court of Appeal <strong>27</strong> aprile 2005, Pan IndonesiaBank, nel sito del British and Irish Legal InformationInstitute (http://www.bailii.org) la quale ha affrontatoil problema della legge applicabile a lettere di creditorilasciate da una banca con sede in uno Stato diversoda quello della banca confermante e suscettibilidi escussione presso l’ulteriore Stato di sede del beneficiario:la Corte ha dato peso allo stretto legametra le lettere di credito rilasciate e confermate dalleNLCC 3/4-2009


[Art. 4] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 645Ora, che il ricorso all’art. 4, par. 5 sia decisoin via giurisprudenziale per supplire al difettodi una prestazione caratteristica nel contratto oper correggere le indicazioni fornite dalla presunzionefondata su di essa (o sui fattori oggettodelle presunzioni speciali) ovvero per rafforzareil convincimento che sia il criterio del collegamentopiù stretto a costituire la regola di conflittoprincipale nell’art. 4, esso, al pari delle indaginicollegate alla prestazione caratteristica, èpoco compatibile con il principio della certezzadel diritto e con il suo corollario, maggiormenterilevante in questa sede, costituito dalla prevedibilitàdella soluzione di conflitto ( 40 ). Infatti,vari e variamente combinati sono i fattori presiin considerazione per accertare il collegamentopiù stretto tra Stato e contratto: luogo di conclusioneo di esecuzione ( 41 ), la valuta della prestazionepecuniaria ( 42 ), la lingua usata ( 43 ), ilcollegamento con altri contratti ( 44 ), la volontàpresunta delle parti ( 45 ), etc. Se si pensa, poi, all’incrementodei modelli contrattuali tipici (negliordinamenti statali, nel diritto comunitario,ovvero nella prassi) per i quali si pone il problemadi determinare la prestazione caratteristica( 46 ), è facile immaginare come i problemi nelsenso ora in parola siano divenuti vieppiù percepibili( 47 ).banche ponendo l’accento sull’obbligo a favore delbeneficiario e concludendo per l’applicazione dellalegge dello Stato in cui questo avrebbe dovuto richiedereil pagamento. Sui vantaggi di sottoporre a unasola legge le obbligazioni derivanti da lettere di creditointernazionali v., tra gli altri, Plender e Wilderspin,The European Contracts Convention, cit., p.125.( 40 )Aciò si aggiunga l’intento di celare dietro il ricorsoalla clausola di eccezione una « giustificazione» per sottoporre il contratto o parte di esso alla lexfori: cfr. Dubler, Les clauses d’exception, cit., p. 56ss.; Mosconi, Exceptions to the Operations of Choiceof Law Rules, cit., p. 194 ss.; Baratta, Il collegamentopiù stretto, cit., p. 245 ss.; Bonell, L’impatto deldiritto uniforme sui diritti nazionali: il caso emblematicodelle convenzioni di Bruxelles sulla competenzagiurisdizionale e della convenzione di Roma sul dirittoapplicabile, inRiv. dir. civ., 1992, p. <strong>27</strong>8; Ancel, Laprestation caractéristique du contrat, cit., n. 447.( 41 ) Sono emerse a più riprese posizioni che hannodato rilevanza al luogo di esecuzione della prestazionecaratteristica. Cfr. Tribunal de Grande InstancePoitiers 22 dicembre 1999, cit., secondo il quale ilcontratto d’opera di costruzione è più strettamentecollegato con il luogo in cui si trova l’immobile da costruire;High Court 30 marzo 2001, Definitely MaybeLtd, inInt. Lit. Proc., 2002, p. 79 ss.; Cass., sez. un.,<strong>27</strong> febbraio 2008, n. 5091, in Riv. dir. internaz. priv. eproc., 2008, p. 1090 ss. la quale, rispetto a una controversiaper danni derivanti dalla mancata presentazionedi un’offerta per un appalto, la cui aggiudicazioneera il presupposto per la costituzione di un’associazionetemporanea di imprese, ha individuato ilprestatore caratteristico nell’offerente, ma ha ritenutoil luogo dell’offerta (l’Italia) più strettamente collegato« all’obbligazione controversa » di quanto nonlo fosse la sede del prestatore (Francia), dando rilievoanche alla circostanza che nello stesso luogo avrebbedovuto operare tale associazione. Sul rilievo del luogodi esecuzione della prestazione caratteristica v.Lopes Pegna, Il rilievo del collegamento più strettodalla convenzione di Roma alla proposta di regolamento« Roma I », inRiv. dir. internaz., 2006, p. 767 ss.( 42 ) Court of Appeal 21 dicembre 2001, SamcreteEgypt Engineers and Contractors SAE, cit.( 43 ) Cour d’appel Versailles 6 febbraio 1991, cit.( 44 ) Trib. Milano 4 dicembre 1997, cit.; Court ofAppeal <strong>27</strong> aprile 2005, Pan Indonesia Bank, cit.( 45 ) Così, Cour d’appel Versailles 6 febbraio 1991,cit. Che invece « intention does not appear to exist asa factor anymore, save in an article 3 context »èopinione(preferibile) di High Court 30 marzo 2001, DefinitelyMaybe Ltd, cit., p. 79.( 46 ) Ancel, La prestation caractéristique du contrat,cit., p. 371. Un invito alla cautela sul piano dellaqualificazione dei contratti e della conseguente determinazionedella prestazione caratteristica è rivolto aigiudici da Plender e Wilderspin, The EuropeanContracts Convention, cit., p. 118 specie per contenereil rischio di applicare « an inappropriate governinglaw ».( 47 )Può proporsi il caso dei contratti di franchisingediengineering, entrati oramai da tempo nellacategoria dei contratti tipici, per i quali non è agevole,in via interpretativa, designare la prestazione caratteristica:cfr. Villani, La legge applicabile in mancanzadi scelta, cit., p. 63. Che il riferimento alla prestazionecaratteristica sia foriero di incertezza è opinioneaccolta anche dalla Corte di giustizia in àmbitogiurisdizionale a proposito della materia contrattuale,specie per opporsi alle tesi che, ai fini applicativi dell’art.5, n. 1, della Convenzione giudiziaria di Bruxellesdel <strong>27</strong> settembre 1968, ne suggeriscono l’utilizzoper individuare l’obbligazione rilevante tra quellecontestualmente dedotte. Secondo la Corte, « la varietàe molteplicità dei contratti, considerati in generale,sono tali che il criterio della prestazione caratteristicapotrebbe creare incertezze circa la competenzagiurisdizionale, incertezze che la convenzione haprecisamente lo scopo di ridurre »: cfr. Corte giust.NLCC 3/4-2009


646reg. CE n. 593/2008[Art. 4]CE 15 gennaio 1987, causa 266/85, Shenavai, inRaccolta,1987, p. 251 ss., punto 17; Corte giust. CE <strong>28</strong>settembre 1999, causa 440/97, Groupe Concorde, ivi,1999, p. I-6342 ss., punto 19; Corte giust. CE 5 ottobre1999, causa 420/97, Leathertex, ivi, p. I-6779 ss.,punti 36 s.( 48 ) Sul sacrificio che il principio di prossimità recaalla certezza e alla prevedibilità delle soluzioni diconflitto v. Lagarde, Le principe de proximité, cit., p.116 ss.( 49 ) V. la relazione di Tizzano su I protocolli relativiall’interpretazione della convenzione di Roma sullalegge regolatrice delle obbligazioni contrattuali, inG.U.C.E n. C 219 del 3 settembre 1990, riprodotta inForo it., 1990, IV, c. 538 ss.( 50 ) Boele-Woelki e Lazic, Where Do We Standon the Rome I Regulation?, inThe Future of EuropeanContract Law. Essays in honour of Ewoud Hondiusa cura di Boele-Woelki e Grosheide, The Hague,2007, p. 19 ss. In ragione degli orientamenti discrezionalie unilaterali assunti dalla giurisprudenza nazionalein fase applicativa, in dottrina è emersa anchela preoccupazione che l’intento unificatore delle regoledi conflitto, cui era dichiaratamente ispirata laConvenzione di Roma, fosse vanificato: cfr. Lagarde,nota a Cour d’appel Versailles 6 febbraio 1991,cit. Una volta entrati in vigore i protocolli del 1988, laCorte di giustizia è stata investita di interessanti questionipregiudiziali inerenti alcuni temi trattati nel testo.La Suprema Corte olandese ha rinviato alcunequestioni concernenti la portata della presunzioneprevista per i contratti di trasporto, ma soprattutto laquestione riguardante il coordinamento tra la clausoladi cui all’art. 4, par. 5, e le presunzioni enunciatenei par. 2, 3, e 4 dello stesso articolo. In particolare,la Corte olandese ha chiesto se tali presunzioni « nonvalgono solo se dal complesso delle circostanze risultache i criteri di collegamento in esse contenuti nonSiffatti risvolti, certo problematici, sono peròinsiti in una disposizione informata al principiodi prossimità: la prassi giurisprudenziale ne èsolo una conferma e non poteva certo attendersiche essa orientasse più di tanto la designazionedella legge applicabile verso i canoni della certezzae della prevedibilità ( 48 ).Considerando, peraltro, che soltanto il 1 o agosto2004 sono entrati in vigore i Protocolli di Bruxellesdel 19 dicembre 1988 attributivi di competenzain via pregiudiziale alla Corte di giustizia perl’interpretazione della Convenzione di Roma ( 49 ),è mancato a lungo uno strumento che uniformassegli apprezzamenti giudiziali specie a propositodel rapporto tra le presunzioni e la clausola di cuiall’art. 4, par. 5 ( 50 ), e che, pertanto, rendesse efficacela regola sull’interpretazione uniforme di cuiall’art. 18 così tanto frustrata dalla variabilità di taliapprezzamenti ( 51 ).3. – Il tentativo di eliminare i predetti risvoltiproblematici proviene dall’art. 4 del reg. « RomaI », cui si è pervenuti dopo un trav<strong>agli</strong>o chepassa principalmente per la Proposta dellaCommissione e per le critiche a questa mossedai suoi primi commentatori.hanno un effettivo valore di collegamento, oppureanche già se da esso risulta un collegamento prevalentecon un altro Paese »;v.Hoge Raad, domanda dipronuncia pregiudiziale del 2 aprile 2008, causa 133/08, ICF, inG.U.U.E. n. C 158 del 21 giugno 2008, p.11; l’ordinanza di rinvio del <strong>28</strong> marzo 2008 è consultabilenella banca dati Rechtspraak (http://zoeken.rechtspraak.nl):in altri termini si è sottoposta alla Cortecomunitaria la questione se la clausola di cui all’art.4, par. 5 abbia natura eccezionale o esprima il principioper cui la legge applicabile al contratto sia semprequella dello Stato con cui il contratto ha la più intimaconnessione con riguardo al caso concreto.( 51 ) Cfr. Villani, La legge applicabile in mancanzadi scelta, cit., p. 75; Lagarde, Remarques sur la propositionde règlement de la Commission européennesur la loi applicable aux obligations contractuelles, inRev. crit. dr. internat. privé, 2006, p. 331; Ancel, Laloi applicable à défaut de choix, inLe nouveau règlementeuropéen « Rome I » relatif à la loi applicableaux obligations contractuelles. Actes de la 20 e Journéede droit international privé du 14 mars 2008 à Lausanne,a cura di Bonomi e Cashin Ritaine, Zürich, 2009,p. 79. L’art. 18 stabilisce, in particolare, che nell’interpretazionee nell’applicazione delle norme convenzionalisi deve tenere conto del loro carattere internazionalee « dell’opportunità che siano interpretatee applicate in modo uniforme ». Sul punto v.Luzzatto, L’interpretazione della Convenzione e ilproblema della competenza della Corte di giustizia delleComunità europee, inVerso una disciplina comunitaria,cit., p. 57 ss.; Daniele, La Corte di giustizia comunitariae le convenzioni di Roma e di Lugano, inRiv. dir. internaz. priv. e proc., 1990, p. 917 ss.; Mignolli,L’interpretazione della convenzione di Romada parte della Corte di giustizia delle Comunità europee,inLa convenzione di Roma sul diritto applicabileai contratti internazionali, cit., p. 1<strong>29</strong> ss.; Benedettelli,La legge regolatrice delle obbligazioni contrattualitra convenzione di Roma e diritto internazionaleprivato comune,inDir. comm. internaz., 1996, p. 7<strong>27</strong>;nonché, specie per la determinazione del significatoda dare all’espressione « interpretazione uniforme »,Bariatti, L’interpretazione delle convenzioni internazionalidi diritto uniforme, Padova, 1986, p. 264 ss.NLCC 3/4-2009


[Art. 4] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 647La tecnica suggerita nella Proposta si incentravaessenzialmente nella individuazione di alcunicontratti (che chiameremo d’ora in avanti« contratti nominati »)( 52 ) rispetto ai quali predisporrecriteri di collegamento rigidi, nella trasformazionedella residenza abituale del prestatorecaratteristico da elemento di presunzionedel collegamento più stretto a criterio di collegamentoper i contratti « non contemplati » traquelli nominati, nell’eliminazione della claused’exception e, infine, nella esclusione di frazionamentidel contratto analoghi a quelli prospettabiliai sensi dell’art. 4, par. 1 della Convenzionedi Roma. Il criterio del collegamento piùstretto restava utilizzabile soltanto per i contrattinon nominati dei quali non si potesse determinarela prestazione caratteristica.I contratti nominati nella Proposta del 2005erano: la vendita, la prestazione di servizi, ilcontratto di trasporto, il contratto avente peroggetto un diritto reale immobiliare o un dirittodi utilizzazione di un immobile, il contratto dilocazione per periodi non superiori a sei mesi, ilcontratto relativo a diritti di proprietà intellettuale,il contratto di franchising e, infine, il contrattodi distribuzione.Per alcuni contratti, il criterio di collegamentoera costituito dalla residenza abituale del prestatorereputato caratteristico: il venditore per icontratti di vendita, il prestatore di servizi per icontratti di prestazione di servizi, il trasportatoreper i contratti di trasporto, il concedente peri contratti relativi a diritti di proprietà intellettuale.Per il franchising e la distribuzione si è postol’accento sulla finalità protettiva della parte ritenutadebole (rispettivamente, il franchisee eildistributore) piuttosto che sulla ricerca dellaproper law of the contract, elevandosi a criteriodi collegamento il luogo della residenza abitualedi tale parte ( 53 ).Quanto, infine, ai contratti su diritti reali immobiliari,veniva in rilievo il luogo di situazione( 52 )L’espressione è adottata in un commento allaProposta della Commissione da Radicati di Brozoloe Salerno, Verso un nuovo diritto internazionaleprivato dei contratti in Europa, inLa legge applicabileai contratti nella proposta di regolamento « Roma I »,a cura di Franzina, Padova, 2006, p. 5.( 53 ) Cfr. Relazione alla Proposta della Commissione,par. 4.2, sub art. 4.dell’immobile, mentre, per i contratti di locazionenon superiore a sei mesi, il luogo di residenzaabituale del proprietario a condizione che ivirisiedesse abitualmente anche il locatario.La risposta ai problemi sollevati dall’art. 4della Convenzione di Roma è consistita, dunque,nell’abbandono di una norma di conflittoflessibile a favore di criteri che, nel perseguimentodell’obiettivo della certezza del diritto( 54 ), individuassero la legge applicabile a prescinderedall’esistenza in concreto di legami significativitra lo Stato di questa legge e il contratto,ovvero che indicassero, in via astratta,l’idea che il legislatore si sarebbe voluto dare aproposito di tali legami. In particolare, l’indicazionedi legge applicabile era stata svincolatadal libero (e talvolta imprevedibile) apprezzamentodel giudice quanto all’accertamento dellaprestazione caratteristica e alla ricerca del collegamentopiù stretto ( 55 ).Sempre in linea con l’obiettivo di garantirecertezza e prevedibilità al diritto applicabile,erano state soppresse la clause d’exception elapossibilità di dépeçage di cui, rispettivamente all’art.4, par. 5eall’art. 4, par. 1, della Convenzionedi Roma ( 56 ).Le soluzioni proposte dalla Commissionehanno suscitato, tuttavia, alcune perplessità, cuisono seguiti suggerimenti di modifica ed, infine,la formulazione dell’art. 4 in commento.In realtà, la maggior parte di tali perplessitànasce dall’abbandono del criterio del collegamentopiù stretto a favore di criteri rigidi pococompatibili con la realtà commerciale in cui siinnestano i contratti nominati ( 57 ) e, in correla-( 54 ) Pocar, La codification européenne du droit internationalprivé: vers l’adoption de règles rigides ouflexible vers les Etats tiers, inMélanges Paul Lagarde,Paris, 2005, p. 702.( 55 ) Cfr. Relazione alla Proposta della Commissione,par. 4.2, sub art. 4.( 56 )V.Lagarde, Remarques, cit., p. 338 ss.; Villani,La legge applicabile in mancanza di scelta, cit.,p. 70, il quale pone l’accento, a proposito dell’esclusionedi norme sul frazionamento, anche sull’obiettivodi semplificare la designazione della legge applicabile.( 57 ) Lagarde, Remarques, cit., p. 339, denuncia,innanzitutto, un ritorno al passato rispetto alle disposizioninazionali o convenzionali che adottano un approccioflessibile ispirato al principio di prossimità e,in secondo luogo, l’arbitrarietà con la quale sono statiNLCC 3/4-2009


648reg. CE n. 593/2008[Art. 4]zione, dal difetto nella proposta di un « recupero» di quel criterio che almeno giocasse un ruolosulla falsa riga della clausola di cui all’art. 4,par. 5 della Convenzione per supplire alla rigiditàdei criteri obiettivi qualora il caso concretodimostrasse che il contratto non ha intime connessionicon lo Stato a favore del quale questioperano ( 58 ). In effetti, come anticipato il criteriodel collegamento più stretto era previsto soltantoper le ipotesi di contratti non nominati deiquali non fosse possibile determinare la prestazionecaratteristica.I suggerimenti di modifica confluivano, pertanto,in due gruppi: il primo che proponeva uncomplesso normativo articolato intorno al principiodel collegamento più stretto e alla coesistenzadi una presunzione generale di questofondata sulla prestazione caratteristica con unaserie di presunzioni che specificavano tale prestazionea proposito di determinati contratti (sisarebbe trattato per lo più di trasformare in presunzionile circostanze utilizzate dalla Propostacome criteri rigidi) e l’inserimento di una claused’exception formulata in senso restrittivo ( 59 ); ilsecondo che, favorevole alla previsione di criteririgidi, suggeriva di estendere l’applicazione delcollegamento più stretto al caso in cui tali criterinon potessero operare ( 60 ).4. – Tenendo conto anche delle critiche e deisuggerimenti testé riferiti, il legislatore comunitarioè intervenuto sulla Proposta della Commissionenella direzione di bilanciare gli obiettividella prevedibilità e della flessibilità delle soluzionidi conflitto.Innanzitutto, esso ha posto mano all’elencazionedelle categorie nominate espungendonealcune e inserendone altre (art. 4, par. 1, delreg. « Roma I »): il contratto di trasporto è trasmigratoin una norma speciale contenuta nell’art.5, mentre sono stati inclusi nell’elenco ilcontratto di vendita di beni all’asta e il contrattoconcluso in un sistema multilaterale di scambiodi strumenti finanziari, ed è stato estromessodall’elenco il contratto riguardante la proprietàintellettuale o industriale ( 61 ).In secondo luogo, l’art. 4, par. 2, richiama lalegge dello Stato di residenza abituale del prestatorecaratteristico non soltanto per le fattispecienon riconducibili ad alcuna delle categorienominate nel par. 1, ma anche per quelle chepresentano elementi comuni a più di una di talicategorie.Inoltre, è stata reinserita la clause d’exception,la quale opera ai sensi dell’art. 4, par. 3, sia rispettoai contratti nominati che a quelli non noformulatialcuni criteri di collegamento. V. altresìMankowski, Der Vorschlag für die Rom-I-Verordnung,inIPRax, 2006, p. 101 ss.; Martiny, The ApplicableLaw to Contracts in the Absence of Choice(Art. 4 Rome Convention), inEstudios sobre contratacióninternacional a cura di Calvo Caravaca e CarrascosaGonzáles, Madrid, 2006, pp. 23-24.( 58 ) Così, Lagarde, Remarques, cit., p. 339;Kuyven, La détresse de la clause d’exception en matièrecontractuelle, inPetites affiches, <strong>27</strong> luglio 2007,n. 148, p. 6 ss.; Kessedjian, Party Autonomy andCharacteristic Performance in the Rome Conventionand the Rome I Proposal, inJapanese and EuropeanPrivate International Law in Comparative Perspective,a cura di Basedow, Baum e Nishitani, Tübingen,2008, p. 123; Villani, La legge applicabile in mancanzadi scelta, cit., p. 71 s., il quale segnala, tra l’altro,l’impossibilità di tenere conto dei collegamenti fracontratti diversi che incidano sull’assetto normativodi ciascun contratto e di dare effetto <strong>agli</strong> spostamentidel centro di gravità del contratto voluti dalle parti.V. al riguardo anche il progetto di relazione dellaCommissione giuridica del Parlamento europeo del22 agosto 2006 (relatrice M. Berger) n. 2005/0261(COD), p. 12, consultabile nel sito del Parlamentoeuropeo (http://www.europarl.europa.eu).( 59 )V.Max Planck Institute for Comparativeand International Private Law, Commentson the European Commission’s Proposal for a Regulationof the European Parliament and the Council onthe law applicable to contractual obligations (Rome I),in Rabels Zeitschrift, 2007, p. 253 ss. In senso affine v.già Boschiero, Verso il rinnovamento e la trasformazionedella Convenzione di Roma, cit., p. 420. V. altresìil citato progetto della Commissione giuridicadel Parlamento europeo il quale ha trovato condivisionein dottrina sul punto di contemperare l’obiettivodi ricercare la proper law in base a fattori reali e significativicon quello di garantire la certezza del diritto:così Villani, La legge applicabile in mancanza discelta, cit., p. 74.( 60 ) Cfr. Lopes Pegna, Il rilievo del collegamentopiù stretto, cit., p. 781, la quale riporta tre casi privi disoluzione nella Proposta della Commissione: quelloin cui la prestazione caratteristica deve essere eseguitada più soggetti aventi residenza abituale in Stati diversi,quello dei contratti misti e quello dei contratticollegati.( 61 )V.infra, par. 10.NLCC 3/4-2009


[Art. 4] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 649minati, essendo, dunque, in grado di modificarel’indicazione della legge applicabile proveniente,rispettivamente, dai criteri rigidi e dal criteriodella residenza abituale del prestatore caratteristico.Infine, l’art. 4 presenta una norma di chiusurache dispone il ricorso al criterio del collegamentopiù stretto quando la legge applicabile non èdeterminabile attraverso i criteri di cui ai parr. 1o2.Conviene analizzare ciascun profilo separatamente.5. – Alla ricerca di soluzioni di conflitto prevedibilidalle parti e dai terzi e, pertanto, conformiall’obiettivo di informare la disciplina inesame al principio della certezza del diritto èvolto l’inserimento di criteri rigidi per alcunicontratti ( 62 ).L’art. 4, par. 1, contiene un elenco nel quale èpossibile distinguere la tecnica utilizzata dal legislatorea seconda che esso abbia posto l’accentosul prestatore caratteristico del contrattoovvero sullo Stato con il quale il contratto presenta,sulla scorta sempre di valutazioni astrattee predeterminate, la più intima connessione.Alla prima categoria appartengono i criteri dicollegamento fissati per i contratti di vendita, diprestazione dei servizi, di franchising, di distribuzione.Nella seconda categoria rientrano ledisposizioni sul contratto avente per oggetto undiritto reale immobiliare (ivi compresa la locazionetemporanea o no di un immobile), sulcontratto di vendita di beni all’asta e sul contrattoconcluso in un sistema multilaterale discambio di strumenti finanziari.In particolare, dei contratti riconducibili allaprima categoria il legislatore ha individuato ilprestatore ritenuto astrattamente quello caratteristicoe ha sancito l’applicazione della leggedello Stato in cui esso ha la residenza abituale( 63 ). Che poi si abbiano dubbi circa la natura( 62 ) Cheshire, North e Fawcett, Private InternationalLaw 14 , Oxford, 2008, p. 722; Ballarino,Dalla convenzione di Roma del 1980 al regolamentoRoma I, inRiv. dir. internaz., 2009, p. 56.( 63 ) Lagarde e Tenenbaum, De la convention deRome au règlement Rome I, inRevue crit. dr. intern.privé, 2008, p. 740 s.; De Miguel Asensio, ApplicableLaw in the absence of Choice to Contracts relatingto Intellectual or Industrial Property Rights, inYearb.di prestazione caratteristica dell’obbligazioneposta a carico del contraente preso in considerazioneè aspetto poco rilevante sul piano pratico;anzi, almeno nei casi del contratto di distribuzionee di franchising, può ben dirsi che il regolamentoha messo « consapevolmente » in secondopiano la funzione della prestazione caratteristicasecondo la concezione originaria che diessa si ha di indice rivelatore della funzione economicae sociale del contratto ( 64 ). Analoga-Priv. Int. Law, 2008, p. 205; Bonomi, The Rome IRegulation on the Law applicable to Contractual Obligations.Some general remarks, ibidem, p. 174; Tang,Law Applicable in the Absence of Choice – The NewArticle 4 of the Rome I Regulation, inModern LawRev., 2008, p. 787.( 64 ) Quanto ai contratti di distribuzione e di franchisingv. Marongiu Buonaiuti, infra, commentosub art. 4, III, par. 4. Sulla difficoltà di individuarne ilprestatore caratteristico v. Mankowski, Der Vorschlagfür die Rom-I-Verordnung, cit., p. 103 s. D’altronde,come visto, nella Relazione alla Proposta dellaCommissione, par. 4.2, sub art. 4, si afferma che le soluzionirelative a tali contratti « sono state oggetto didiscussioni (...) quanto all’identificazione della prestazionecaratteristica », e che la scelta sia stata ispiratanon da finalità propriamente connesse alla ricercadella proper law, quanto dal fatto « che il diritto comunitariosostanziale protegge il franchisee e il distributorecome parti deboli ». Invero, l’argomento fondatosulla protezione della parte debole non è statocondiviso: cfr., a proposito dei contratti di distribuzione,Lagarde, Remarques, cit., p. 339, il quale evidenziai frequenti casi di « puissance économique decertains distributeurs ». Va notato peraltro che il citatopasso della relazione non è presente nel preambolodel regolamento, sicché l’argomento di politicalegislativa concernente la protezione della parte debolenei contratti di distribuzione e di franchising haperso di importanza. Ciononostante, alcuni AA. spieganola scelta del criterio di collegamento per talicontratti agganciandosi, sia pure in tono critico, allaratio protettiva che ispirava la Proposta della Commissione:cfr. De Miguel Asensio, Applicable Lawin the absence of Choice, cit., p. 206; Ancel, La loiapplicable à défaut de choix, cit., p. 85 e, rilevando che« it is more difficult to identify the underlying rationale» non potendosi escludere che i criteri « couldbe based on the idea of characteristic performance »,Bonomi, The Rome I Regulation, cit., p. 174. In ognicaso, sempre restando all’esempio della distribuzione,il regolamento ha accolto la tesi della giurisprudenzatedesca (cfr. Oberlandsgericht Düsseldorf 11 luglio1996, in Neue Juristische Wochenschrift, 1997, p.822) già preannunciata da Lagarde, Le nouveauNLCC 3/4-2009


650reg. CE n. 593/2008[Art. 4]mente è a dirsi sull’idoneità del criterio scelto aselezionare lo Stato più prossimo al contratto: sipensi che in materia di vendita il luogo di consegnaspesso costituisce un indice rivelatore dellaprossimità e che altrettanto spesso esso noncoincide con il luogo di residenza abituale delvenditore ( 65 ).Quanto ai contratti della seconda categoria,ossia il contratto avente per oggetto un dirittoreale immobiliare o la locazione di un immobile,quello concluso in un sistema multilaterale discambio di strumenti finanziari e il contratto divendita di beni all’asta, il legislatore ha postol’accento non sul ruolo del singolo prestatore all’internodel contratto, ma su fattori ritenutirappresentativi della proper law of the contractin funzione del centro di gravità del contratto edel contesto in cui esso è concluso ( 66 ).Così, per il contratto avente per oggetto undiritto reale immobiliare o la locazione nontemporanea di beni immobili, il dato costituitodalla centralità della lex rei sitae sugli aspettireali del contratto e, soprattutto, sulla disciplinadelle condizioni per una valida ed efficace conclusionedel medesimo, è prevalso su altri fattoridi connessione pur rilevanti (quale avrebbepotuto essere ad esempio la residenza abitualedroit international privé, cit., p. 309 s., a discapito diquella, espressa nella giurisprudenza italiana e francese,che vede nel fornitore/preponente il prestatorecaratteristico e nello Stato della sua residenza abitualequello maggiormente collegato con il contratto secondola prassi contrattuale (cfr., tra altre, Cass. 11giugno 2001, n. 7860, in Riv. dir. internaz. priv. eproc., 2002, p. 157; Cassation 25 novembre 2003, inBull. civ., 2003, p. 187 ss., e 23 gennaio 2007 – quest’ultima,specie per l’accento posto sull’obbligo delfornitore di assicurare l’esclusività della distribuzione–, inRecueil Dalloz, 2007, p. 1575 ss.). Uno sviluppopositivo della soluzione accolta nel regolamento è lapotenziale applicazione della stessa legge al contrattodi distribuzione e ai contratti di vendita conclusi daldistributore nell’esercizio della sua attività (fermo restandoche al riguardo può incidere la disciplina intema di contratti di consumo di cui all’art. 6): così,Azzi, La loi applicable à défaut de choix selon les articles4et5durèglementRome I, inRecueil Dalloz,2008, n. 31, p. 2171.( 65 ) In tal senso v. Ancel, La loi applicable àdéfaut de choix, cit., p. 83.( 66 )De Miguel Asensio, Applicable Law in theabsence of Choice, cit., p. 206; Bonomi, The Rome IRegulation, cit., p. 174.del venditore in presenza di una compravenditaimmobiliare) ( 67 ).Aciò si aggiunga che il richiamodella lex rei sitae consente di realizzare, inordine alle controversie insorte dai contratti inparola, la coincidenza tra forum e ius per effettodel combinato disposto dell’art. 4, del reg.« Roma I », con l’art. 22, n. 1, del reg. CE n. 44/2001 del 22 dicembre 2000 concernente la competenzagiurisdizionale, il riconoscimento el’esecuzioni delle decisioni in materia civile ecommerciale (reg. « Bruxelles I ») ( 68 ) il qualedetta al riguardo la competenza esclusiva del forumrei sitae ( 69 ).Di contro, il ruolo primario svolto dalla leggedi situazione dell’immobile viene meno là dovesi tratta di locazione di un immobile conclusoper uso privato temporaneo per un periodo nonsuperiore a sei mesi (lett. d), la quale locazione èsottoposta alla legge del paese di residenza abitualedel proprietario sempreché il locatario siauna persona fisica con residenza abituale nellostesso Stato ( 70 ). Il fatto che il criterio sottragga( 67 )V.Franzina, infra, commento sub art. 4, IV,par. 1. È il caso di notare che l’ampia competenzadella lex rei sitae si avverte in generale (dunque, anchese la legge è scelta dalle parti) quando si tratta diaccertare la validità formale del contratto. Cfr. art.11, par. 5, in base al quale, « qualsiasi contratto aventeper oggetto un diritto reale immobiliare o la locazionedi un immobile è sottopost[o] ai requisiti diforma della legge del paese in cui l’immobile è situato,sempre che, secondo tale legge: a) tali requisiti siapplichino indipendentemente dal paese in cui ilcontratto è concluso e dalla legge che disciplina ilcontratto; e b) a tali requisiti non è permesso derogareconvenzionalmente ».( 68 )InG.U.C.E. n. L 12 del 16 gennaio 2001, p. 1ss.( 69 ) Piroddi, Between Scylla and Charybdis. Art. 4of the Rome I Regulation navigating along the Cliffs ofUncertainty and Inflexibility, inNuovi strumenti deldiritto internazionale privato. Liber Fausto Pocar, acura di Venturini e Bariatti, Milano, 2009, p. 826.( 70 ) Si tratta di una soluzione già accolta in via giurisprudenziale:cfr. Bundesgerichtshof 12 ottobre1998, in IPRax, 1999, p. 318. In merito ad analogherisalenti pronunce v. Frigessi di Rattalma, Le primeesperienze giurisprudenziali sulla convenzione diRoma del 19 giugno 1980, inRiv. dir. internaz. priv. eproc., 1992, p. 830 ss. Sul coordinamento tra la normain tema di diritti di godimento a uso temporaneocontemplata nel reg. « Roma I » e la disciplina derivantein materia da altri atti comunitari, v. Franzi-NLCC 3/4-2009


[Art. 4] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 651il contratto alla lex rei sitae non esclude, tuttavia,che in materia si profili coincidenza tra forume ius poiché l’art. 22, n. 1, del reg. « BruxellesI » affianca alla competenza del forum rei sitaequella del foro del domicilio del convenutoquando la controversia riguarda, appunto, icontratti di cui all’art. 4, par. 1, lett. d), del reg.« Roma I »; coincidenza tra forum e ius che si ha– s’intende – se proprietario e locatario sonodomiciliati nello Stato membro in cui hanno laresidenza abituale. Ove, infine, i caratteri dellalocazione temporanea in discorso vengono meno(perché l’uso dell’immobile supera i sei mesi,perché si tratta di uso a scopo commerciale,perché proprietario e locatario risiedono in Paesidifferenti, perché il locatario è una personagiuridica) è da ritenere che il predetto ruolo primariodella lex rei sitae riemerga ( 71 ).Per l’ipotesi di contratti conclusi nei sistemipredisposti per lo scambio di strumenti finanziari(cc.dd. contratti MiFID) ( 72 ), si richiama lalegge che regola tali sistemi: la soluzione mira,da un lato, ad evitare che i molteplici contratticonclusi in uno stesso sistema siano sottoposti ana, infra, commento sub art. 4, IV, par. 3, e Pizzolante,infra, commento sub art. 6, par. 5.( 71 ) Cfr. Tang, Law Applicable in the Absence ofChoice, cit., p. 788.( 72 ) I sistemi e i contratti di cui all’art. 4, par. 1,lett. h) rispondono alla definizione contenuta nell’art.4 della dir. 2004/39/CE del Parlamento europeo edel Consiglio, del 21 aprile 2004, relativa ai mercatidegli strumenti finanziari (in G.U.U.E. n. L 145 del30 aprile 2005, p. 1 ss.); le transazioni effettuate inquei sistemi acquistano carattere di definitività conformementealla dir. 1998/26/CE del Parlamento edel Consiglio del 19 maggio 1998 concernente il caratteredefinitivo del regolamento nei sistemi di pagamentoe nei sistemi di regolamento titoli (in G.U.C.E.n. L 166 dell’11 giugno 1998, p. 45 ss.). Va notato peròche il 18 o considerando del reg. « Roma I »,là dovemenziona i sistemi multilaterali, classificandoli comequelli dove si conducono attività di negoziazione (ossia,i mercati regolamentati e i sistemi multilaterali dinegoziazione oggetto delle menzionate direttive),precisa che l’indicazione di legge applicabile di cuiall’art. 4, par. 1, lett. h) vale « a prescindere dal fattoche [siffatti sistemi] si basino (...) su una contropartecentrale ». Per approfondimenti v. Gardella, infra,commento sub art. 4, V, nonché Villata, La leggeapplicabile ai « contratti dei mercati regolamentati »nel regolamento Roma I, inNuovi strumenti del dirittointernazionale privato, cit., p. 967 ss.leggi diverse e, dall’altro, a proteggere l’affidamentoche i partecipanti nutrono in merito all’integritàdel sistema ( 73 ).Con riguardo, infine, al contratto di venditadi beni all’asta, la scelta del regolamento cadesulla legge dello Stato in cui la vendita ha luogo( 74 ), ossia dove domanda e offerta si incontrano,in quanto legge che regola un sistema dicontrattazione noto alle parti ( 75 ). La precisazionedella disposizione che il criterio opera se « si( 73 ) Con riguardo alla Convenzione di Roma si èritenuto che la prestazione caratteristica degli ordinidi borsa fosse l’esecuzione dell’ordine e che essacoincidesse con la negoziazione dei titoli nei mercatiborsistici; da ciò èseguita l’applicazione della leggedi questi ultimi: cfr. Trib. Milano 6 febbraio 1997, inGiur. it., 1998, p. 302 ss. Quando i contratti di trasferimentodi titoli o altri strumenti finanziari (vendita,pegno, contratto a termine, etc.) sono sottoposti auna legge diversa da quella dello Stato sul cui mercatoavviene la negoziazione, secondo alcuni AA. la leggedi questo Stato, alla luce dei suoi contenuti imperativie degli interessi rilevanti che intende regolare eproteggere, sarebbe peraltro applicata a titolo di normainternazionalmente imperativa ai sensi dell’art. 7della Convenzione: così Ballarino, La società perazioni nella disciplina internazionalprivatistica, inTrattato delle società per azioni, diretto da Colombo,Portale, n. 9, I, Profili internazionalprivatistici e penalistici,Torino, 1994, p. 146 s. Va notato che l’immunitàdella disciplina applicabile ai sistemi multilateralidalle soluzioni di conflitto generali previste nel reg.« Roma I » fa eco a disposizioni protettive di tali sistemiracchiuse in altri regolamenti comunitari in materiadi cooperazione giudiziaria civile. V., per es.,l’art. 9 del reg. CE n. 1346/2000 del <strong>29</strong> maggio 2000relativo alle procedure di insolvenza (in G.U.C.E. n.L 160 del 30 giugno 2000, p. 1 ss.) il quale sottoponegli effetti dell’apertura della procedura sulle obbligazioninascenti da sistemi di pagamento o mercati finanziari(nonché la disciplina delle azioni di nullità,annullamento e opponibilità) alla legge applicabile aipredetti sistemi, impedendo l’applicazione direttadella lex concursus su tali effetti. In argomento siaconsentito rinviare a Leandro, Il ruolo della lex concursusnel regolamento comunitario sulle procedure diinsolvenza, Bari, 2008, pp. 163 e 196 s., anche per riferimentibibliografici.( 74 ) La disposizione si allinea, dunque, a quellacontenuta nell’art. 3, par. 3, della Convenzione dell’Ajadel 15 giugno 1955 sulla legge applicabile allavendita internazionale di beni mobili corporali. V.Franzina, infra, commento sub art. 4, II.( 75 ) Nello stesso senso Tang, Law Applicable inthe Absence of Choice, cit., p. 790.NLCC 3/4-2009


652reg. CE n. 593/2008[Art. 4]può determinare tale luogo » riguarda principalmentele aste on-line.Condivisibile è pertanto l’idea che i contrattiMiFID e le vendite all’asta hanno in comunel’appartenenza a un sistema regolato nel quale icontratti costituiscono atti di partecipazioneperdendo specificità così tanto da non giustificareuna ricerca del diritto applicabile rispettoad essi presi singolarmente (né alla luce dellaprestazione caratteristica, né del principio diprossimità) ( 76 ): di tale peculiarità il legislatorecomunitario si è fatto carico al momento di selezionarele soluzioni di conflitto per essi e diintrodurli tra le categorie nominate.Considerata la specificità di siffatte categorie,si pone, quale operazione preliminare all’individuazionedella legge applicabile, il problema diqualificare il contratto per inquadrarlo in una diesse. Ciò accade, invero, già al momento di deciderese il contratto rientri in una delle disposizionispeciali come contratto di trasporto (art.5), come contratto concluso da consumatori(art. 6), come contratto di assicurazione (art. 7)ovvero come contratto individuale di lavoro(art. 8). Problemi di qualificazione in questosenso si pongono, come vedremo, anche per determinarel’àmbito di applicazione dei parr. 1 e2 dell’art. 4.Ora, le fattispecie considerate dal regolamentosono racchiuse in categorie definite conespressioni <strong>giuridiche</strong> la cui interpretazione vaagganciata nei limiti del possibile al diritto comunitarioe pongono problemi di qualificazioneda risolvere in base ad esso ( 77 ).A proposito dei contratti più frequenti dellarealtà commerciale (vendita e prestazione diservizi), il 17 o considerando del regolamentoenuncia l’opportunità di agganciarne la nozionealle interpretazioni utilizzate nell’applicazionedell’art. 5, n. 1, lett. b), del reg. « Bruxelles I »:un richiamo, questo, operato per far sì che nozionicomuni a titoli di giurisdizione e a criteridi collegamento stabiliti nel diritto internazionaleprivato comunitario siano trattate in manieraomogenea nei vari Stati membri ( 78 ). Tale( 76 ) Ancel, La loi applicable à défaut de choix, cit.,p. 84, il quale ravvisa nella vendita all’asta una sortadi società partecipata in una d<strong>agli</strong> operatori, dai venditorie dall’insieme degli acquirenti. Sulla similitudinedelle categorie di cui alle lett. g) eh) v. altresìTang, Law Applicable in the Absence of Choice, cit.,p. 790.( 77 )V.Lagarde e Tenenbaum, De la conventionde Rome au règlement Rome I, cit., p. 740 ss. Sul temadella qualificazione riferita a norme di diritto internazionaleprivato di origine comunitaria v. in generaleBaratta, The Process of Characterization in the ECConflict of Laws: Suggesting a Flexible Approach, inYearb. Priv. Int. Law, 2004, p. 155 ss.; Audit, L’interprétationautonome du droit international privécommunautaire, inJourn. dr. internat., 2004, p. 811ss.; Hernández-Breton, An Attempt to Regulatethe Problem of « Characterization » in Private InternationalLaw, inFestschrift für Erik Jayme a cura diMansel, Pfeiffer, Kronke, Kohler e Hausmann, I,München, 2004, p. 331 ss.; Bariatti, Qualificazionee interpretazione del diritto internazionale privato comunitario:prime riflessioni, inRiv. dir. internaz. priv.e proc., 2006, p. 361 ss.( 78 ) Un coordinamento con il reg. « Bruxelles I »si avverte già nella individuazione (conferma) dellaratio sottesa in generale all’introduzione di criteri rigidied astratti, « rafforzare » cioè «l’obiettivo primariodi unificazione delle norme (...) in una preoccupazionedi prevedibilità»: così, con riferimento allacompetenza giurisdizionale e alla ragione dell’inserimentodi un « criterio di competenza autonoma »costituito, ai sensi dell’art. 5, par. 1, lett. b), primotrattino, dal luogo di consegna dei beni per le controversierelative ai contratti vendita, Corte giust. CE 3maggio 2007, 386/05, Color Drack, inRaccolta, 2007,p. I-3699 ss., punto 24. È vero però che la Corte spiegala genesi e il fondamento di siffatto criterio di giurisdizioneevocando l’« esistenza di un nesso di collegamentoparticolarmente stretto » tra giudice e contratto;nesso, questo, da individuare anche ai fini applicatividella disposizione (in caso di consegna daeseguire in più luoghi all’interno dello stesso Statomembro, « il luogo che assicura il collegamento piùstretto » in questo senso sarebbe quello in cui avvienela consegna principale (punto 40). Sulla ricercadella prossimità tra controversia e giudice, v. già Cortegiust. CE 6 ottobre 1976, causa 12/76, Tessili, inRaccolta, 1976, p. 1473 ss., punto 13; Corte giust. CE15 gennaio 1987, cit., punto 18; Corte giust. CE 13luglio 1993, causa 125/92, Mulox, ivi, 1993, p. I-4099ss., punto 17; Corte giust. CE 19 febbraio 2002, causa256/00, Besix, ivi, 2002, p. I-1699 ss., punto 31.Conviene sottolineare che da una qualificazione divendita e prestazione di servizi comune ai reg. « BruxellesI » e « Roma I » non segue automaticamente lacoincidenza tra forum e ius sul merito delle controversierelative a tali contratti: ciò accadrà soltanto sela consegna dei beni è localizzata in base al contrattonello Stato di residenza abituale del venditore: cfr.Piroddi, Legge dello Stato di residenza del venditorese la parte non sceglie le norme applicabili,inGuida alNLCC 3/4-2009


[Art. 4] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 653enunciazione specifica quella più generale contenutanel 7 o considerando, secondo la quale « ilcampo di applicazione materiale e le disposizioni» del regolamento « dovrebbero essere coerenticon il » reg. « Bruxelles I » e – quasi ovvioa dirsi – porta con sé il richiamo della giurisprudenzacomunitaria formatasi intorno all’art. 5 diquesto (tenuto conto, ovviamente, degli orientamentiaccolti dalla Corte di giustizia CE circa ilcorrispondente articolo della Convenzione giudiziariadi Bruxelles del <strong>27</strong> settembre 1968) ( 79 ).Non può farsi a meno di notare che, a prescinderedai problemi di qualificazione, un coordinamentonel senso in parola si avverte già a propositodell’intento di ciascun regolamento diprendere in considerazione l’obbligazione caratteristicaa proposito di vendita e di prestazionedi servizi, nel rispetto, s’intende, delle finalitàproprie dei due regolamenti ( 80 ).dir. Diritto comunitario e internazionale, 2008, n. 5, p.15; Id., Between Scylla and Charybdis. Art. 4, cit., p.826. Sul metodo interpretativo intertestuale di nozionicomunitarie accolto dalla Corte comunitaria v.Bertoli, Corte di giustizia, integrazione comunitariae diritto internazionale privato e processuale, Milano,2005, p. 138 ss. In particolare, quanto ai contratti, v.Bitter, Auslegungszusammenhang zwischen derBrüssel I-Verordnung und der künftigen Rom I-Verordnung,inIPRax,2008, p. 96 ss.; Tang, The Interrelationshipof European Jurisdiction and Choice of Lawin Contract, inJournal of Private International Law,2008, p. 35 ss. V. altresì Lein, La nouvelle synergieRome I / Rome II / Bruxelles I, inLe nouveau règlementeuropéen « Rome I », cit., p. 42 ss. Sul significatodelle nozioni racchiuse nel reg. « Bruxelles I » aproposito di vendita e prestazione di servizi, specie inrapporto ai criteri di giurisdizione ivi impiegati, v.Franzina, La giurisdizione in materia contrattuale,Padova, 2006, pp. 301 ss. e 313 ss.; nonché, a propositodella vendita, Salerno, La nozione autonoma deltitolo di giurisdizione in materia di vendita,inRiv. dir.internaz. priv. e proc., 2008, p. 381 ss. L’obbligo dirinviare al diritto comunitario per qualificare un contrattoai fini applicativi delle norme di giurisdizionein tema di vendita e prestazione di servizi del reg.« Bruxelles I » è affermato da Cassation 9 luglio2008, in Recueil Dalloz, 2008, p. 2154.( 79 ) Cfr. Franzina, La giurisdizione in materiacontrattuale, cit., p. 63 ss.( 80 ) Cfr. Corte giust. CE 23 aprile 2009, causa533/07, Falco, punto 54. La sentenza, non ancorapubblicata, è consultabile nel sito della Corte (http://www.curia.eu) insieme con le conclusioni dell’Avvocatogenerale Trstnejak presentate il <strong>27</strong> gennaioEntrando ora nello specifico, un primo problemainterpretativo riguarda la nozione di« bene » ai fini applicativi della lett. a). Data laformulazione affatto generica ( 81 ), per bene potrebbeintendersi il bene mobile corporale, ilbene immobile e il bene immateriale.Sulla determinazione della nozione in esameincide, innanzitutto, in ossequio ad una interpretazionesistematica e coerente di nozionipresenti nello stesso atto normativo, la presenzadi altre disposizioni del regolamento che recanoappositi criteri per contratti aventi oggetto alcunecategorie di « beni ».E incide non meno il metodo comparativocon il reg. « Bruxelles I » accolto nel 17 o considerando.Sul piano del coordinamento con altre categorienominate è agevole notare che, se si trattadi vendita di immobili, viene in rilievo la lett. c):sicché, il termine « bene » di cui alla lett. a) nonpuò comprendere gli immobili. Se si tratta di« beni » venduti all’asta, interviene la lett. g):sicché, pur volendo ammettere che i beni in discorsosiano tutti quelli diversi dai beni immobili,la relativa vendita sarà sottoposta alla lett.g) e non alla lett. a) in casi del genere. Se si trattadi strumenti finanziari negoziati in un sistemamultilaterale, si applica la lett. h): ne viene che,pur assumendo che la nozione di « bene » accolgabeni dematerializzati, essa non riguarda lostrumento finanziario negoziato in quel sistema.È possibile, dunque, collocare il bene de quoin ciascuna categoria in grado di accogliere latosensu la vendita e, a ben vedere, resta problematicaprincipalmente la posizione dei beni immateriali(si pensi alla proprietà intellettuale e <strong>agli</strong>strumenti finanziari dematerializzati oggetto divicende contrattuali aventi luogo fuori dalleborse o da altri sistemi regolamentati).Soccorre al riguardo il metodo comparativoenunciato nel 17 o considerando: alla luce del testoletterale dell’art. 5 del reg. « Bruxelles I » edell’applicazione datane dalla Corte comunitariadiscende che i beni rilevanti in materia di2009. V. al riguardo Marongiu Buonaiuti. infra,commento sub art. 4, III, par. 2.( 81 ) La formulazione è diversa, per esempio, daquella della menzionata Convenzione dell’Aja del1955 la quale attiene ai soli « beni mobili corporali ».NLCC 3/4-2009


654reg. CE n. 593/2008[Art. 4]vendita siano i beni mobili, in particolare lemerci ( 82 ).Appare dunque da escludere che la nozionedi beni di cui all’art. 4, par. 1, lett. a), accolga ibeni immateriali, dovendosi, per le vendite chene hanno oggetto, seguire il criterio della residenzaabituale del prestatore caratteristico previstodall’art. 4, par. 2: circostanza, questa, che,invero, può condurre, nella maggior parte deicasi, alla medesima designazione di legge applicabile.Si pensi alle mere cessioni di diritti diproprietà intellettuale verso corrispettivo, lequali – qualificate o no come vendita – vanno,almeno in via di principio, sottoposte alla leggedello Stato in cui il cedente ha la residenza abitualepoiché questo ne è il prestatore caratteristico( 83 ).Il secondo aspetto problematico sul pianodella qualificazione riguarda la nozione « prestazionedi servizi ».Anche a tal proposito, il 17 o considerando richiamal’opportunità di allinearsi al significatodesumibile dalla giurisprudenza applicativa dell’art.5, n. 1, lett. b), del reg. « Bruxelles I ». Maanche in tal caso occorre tenere conto di alcunedisposizioni che fissano specifici criteri di collegamento,diversi da quello previsto dall’art. 4,par. 1, lett. b) ( 84 ). In tal senso, è sufficiente notareche, per espressa previsione dello stesso 17 oconsiderando, i contratti di franchising edidistribuzionecostituiscono contratti di prestazionedi servizi (quale che ne sia la qualificazione aifini applicativi del reg. « Bruxelles I »), ma sono( 82 ) Cfr. Lagarde e Tenenbaum, De la conventionde Rome au règlement Rome I, cit., p. 740, in nota,secondo i quali le differenze terminologiche presentinelle versioni francesi dei due regolamenti sonotrascurabili se poste a confronto con altre versionilinguistiche (si pensi a quella inglese in cui si parla disale of goods in ciascun regolamento). In senso sostanzialmenteconforme, Ancel, La loi applicable àdéfaut de choix, cit., p. 89. Per ogni approfondimentov. Franzina, infra, commento sub art. 4, II.( 83 )V.infra, par. 10.( 84 )Viè chi ritiene che il 17 o considerando non offreun aiuto sufficiente per risolvere i problemi diqualificazione dell’art. 4 perché esso, da un lato,estende la nozione di prestazione di servizi, ma, dall’altro,ne aggancia l’interpretazione al reg. « BruxellesI »: cfr. Tang, Law Applicable in the Absence ofChoice, cit., p. 792.sottoposti ai criteri di cui alle lettere, rispettivamente,e) edf) ( 85 ).La nozione comunitaria di servizio è desumibiledal Tratt. Ce nonché da alcune direttive disettore ed ha tratti assai ampi. Da siffatte nozioninon può prescindersi, senza dimenticare lacomparazione con la nozione di prestazione diservizi del reg. « Bruxelles I ».Accogliendo un approccio sistematico con ildiritto comunitario in generale, può evincersigià la presenza di terminologie differenti in materiadi servizio e di definizioni del tutto generiche( 86 ). Ciò non pone in sé problemi: si tratta,( 85 )V.più ampiamente Marongiu Buonaiuti,infra, commento sub art. 4, III. Si potrebbe nutrireperplessità sulla qualificazione di ogni contratto difranchising come contratto di prestazione di servizipensando al caso di una concessione di beni in cui ildovere di assistenza, tipico del franchising, assumemeno rilevanza sul piano dell’individuazione del baricentrocontrattuale rispetto all’approvvigionamento.La qualificazione autonoma imposta dal considerandononché la predeterminazione di un criterio dicollegamento rigido riducono, tuttavia, l’importanzadi un simile rilievo e le problematiche connesse all’utilizzodelle interpretazioni della nozione di prestazionedi servizi in ordine a tali contratti accolte rispettoal reg. « Bruxelles I », sulle quali v. Franzina,La giurisdizione in materia contrattuale, cit., p. 3<strong>27</strong>ss.; Tang, The Interrelationship, cit., p. 49 ss. Quantoalla distribuzione, non ne assimila il caso del contrattodi esclusiva a un contratto di fornitura di servizi,Cassation 5 marzo 2008, in Journ. dr. internat., 2008,p. 521 ss., con nota di Jacquet: una posizione criticanei confronti della Supr. corte francese – soprattuttoper la decisione di « trancher d’un contrat de distributionsans rien relever de l’économie précise de celuici»–èespressa da Bénabent, La « fourniture de services» devient une qualification juridique, inRevuedes contrats, 2008, p. 787; v. pure Berlioz, La notionde fourniture de services au sens de l’article 5-1 b) durèglement « Bruxelles I », inJourn. dr. int., 2008, p.675 ss.( 86 ) Basti pensare che l’art. 4, n. 1, della dir. 2006/123/CE del 12 dicembre 2006 relativa ai servizi nelmercato interno (in G.U.U.E. n. L 376 del <strong>27</strong> dicembre2006, p. 36 ss.), definisce « servizio »«qualsiasiattività economica non salariata di cui all’art. 50 delTratt. CE fornita normalmente dietro retribuzione »e che l’art. 24, n. 1, della dir. 2006/112/CE del <strong>28</strong> novembre2006 relativa al sistema comune d’impostasul valore aggiunto (in G.U.U.E. n. L 347 dell’11 dicembre2006, p. 1 ss.), considera la prestazione diservizi « ogni operazione che non costituisce una cessionedi beni ». Sui profili di diritto internazionaleNLCC 3/4-2009


[Art. 4] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 655infatti, della manifestazione di un diverso atteggiarsidella stessa categoria astratta a secondadegli scopi degli atti normativi che l’accolgono.Nasce un problema, soprattutto sul pianodella certezza del diritto e della funzionalità diciascun di tali atti, quando si intenda mutuarenozioni e interpretazioni proprie di alcuni di essial momento di applicarne altri: ciò vale ancheper i reg. « Bruxelles I » e « Roma I » ( 87 ).Un’indicazione in questo senso proviene dauna recente pronuncia pregiudiziale della Cortedi giustizia CE sull’interpretazione dell’art. 5del reg. « Bruxelles I » a proposito di una controversiarelativa a un contratto di concessionedi diritti di proprietà intellettuale ( 88 ). In essala Corte ha affermato che le interpretazionispesso ampie della nozione di servizi contemplatanel Tratt. CE o nel diritto derivato hannoscopi non in linea con « genesi, obiettivi e impiantosistematico » del reg. « BruxellesI » ( 89 ), rispetto al quale occorre, invece, adottareun’interpretazione restrittiva della nozionein discorso.Se è chiara la regola ermeneutica per gestireogni utilizzo nel reg. « Bruxelles I » di interpretazioniaccolte rispetto alla nozioni « esterne »di servizi (regola con la quale a breve ci confronteremo),quanto al significato da attribuirealla nozione propria del regolamento, dalla sentenzadella Corte si può ricavare soltanto che ilservizio implica, per chi lo fornisce, il compimentodi una determinata attività verso corrispettivo( 90 ).Simili affermazioni lasciano del tutto ampi (eincerti) i limiti della nozione in parola e lo stessodicasi, alla luce del metodo comparativo daseguire rispetto al reg. « Roma I », per la categoriacontrattuale nominata in questo.privato comunitario connessi alla direttiva « servizi »v. Malatesta, Principio dello Stato di origine e normedi conflitto dopo la direttiva 2006/123/Ce sui servizinel mercato interno: una partita finita?, inRiv. dir. internaz.priv. e proc., 2007, p. <strong>29</strong>3 ss.( 87 ) V. le considerazioni di Franzina, La giurisdizionein materia contrattuale, cit., p. 304 ss.( 88 ) Corte giust. CE 23 aprile 2009, cit.( 89 ) Cfr. Corte giust. CE 23 aprile 2009, cit., punto19 che segue la costatazione dell’impossibilità di risolverela questione di qualificazione sollevata dallacorte austriaca in base al solo art. 5.( 90 ) Ivi, punti <strong>29</strong> s.6. – Qualora il contratto non rientri in alcunadelle menzionate categorie oppure contengaelementi riconducibili a più di una di esse, soccorre,come si è anticipato, il criterio della residenzaabituale del prestatore caratteristico aisensi dell’art. 4, par. 2.Ciascuna ipotesi richiede un coordinamentocon i dettami dell’art. 4, par. 1, nonché la soluzionedi problemi interpretativi analoghi a quellipropri della presunzione fondata sulla prestazionecaratteristica ai fini applicativi dell’art. 4della Convenzione di Roma ( 91 ).Quanto al primo profilo, si tratta di determinarecon esattezza quando il contratto non ècoperto dall’art. 4, par. 1, ed è a tal fine che vatenuto conto dell’ampiezza di alcune categoriecontrattuali previste in quest’ultimo.È quasi ovvio che quanto più si allarga la nozionedelle categorie contrattuali generali (inspecie, la prestazione di servizi), tanto più si riducel’àmbito di applicazione dell’art. 4, par.2( 92 ). Si pensi ai contratti di intermediazione, iquali sono inquadrabili nella categoria dei contrattidi prestazione di servizi ( 93 ), quando, beninteso,non ricorrono elementi del rapporto dirappresentanza suscettibili di sottrarre questoalla materia contrattuale o di ricondurlo in categorieoggetto di apposita disciplina (un esempioè dato dai « rappresentanti dipendenti » cheesercitano funzioni assimilabili a quelle dei lavoratorisubordinati) ( 94 ). Analogamente è a( 91 ) È apparso in dottrina che « il legislatore comunitarioabbia “comodamente” isolato le ipotesipiù semplici, quali la vendita e la prestazione di servizi,e per questi contratti abbia elevato a criterio dicollegamento quello desunto dalla prestazione caratteristica(del venditore, del prestatore) lasciando poiall’interprete l’arduo compito di ricercare la prestazionecaratteristica nelle situazioni più complesse »:così Villani, La legge applicabile in mancanza di sceltadei contraenti, inLa nuova disciplina comunitariadella legge applicabile ai contratti (Roma I), a cura diBoschiero, in corso di pubblicazione.( 92 ) Tang., Law Applicable in the Absence of Choice,cit., p. 793.( 93 ) Cfr. Cassation 3 ottobre 2006, in Recueil Dalloz,2007, p. 1911.( 94 ) V. sul punto ampiamente de Bellis, L’intermediazionenel diritto internazionale privato, Bari,2006, nonché Franzina, La legge applicabile alla rappresentanzavolontaria secondo la proposta di regola-NLCC 3/4-2009


656reg. CE n. 593/2008[Art. 4]dirsi per il contratto di appalto di opere e servizi( 95 ).La scelta se adottare un approccio restrittivoo estensivo delle categorie racchiuse nell’art. 4,par. 1, ha portata generale in quanto essa è funzionaleal sistema dell’art. 4 nel suo complesso,in specie all’applicazione di tutti i criteri ivi postiper le vicende contrattuali non riconducibilia dette categorie. Non pare convincente muovereal riguardo dalla premessa che i criteri di cuiall’art. 4, par. 1elerispettive categorie costituiscanoregole speciali per giustificarne un’interpretazionerestrittiva in ragione del loro caratteredi specialità ( 96 ). Ciò presuppone la presenzadi una regola generale che tuttavia difetta nell’art.4, non potendo certo ritenere che i criteridi cui al par. 1 siano una specificazione, in casodi categoria nominata, del criterio della prestazionecaratteristica previsto nel par. 2 per i contrattinon nominati: né tutti i criteri delle categorienominate rispondono, neanche in ratio legis,al parametro della prestazione caratteristica,né, soprattutto, può associarsi a una scelta dipolitica legislativa (quale è l’ispirazione alla prestazionecaratteristica nella determinazione dialcuni criteri di cui al par. 1) l’individuazione diuna regola di conflitto a carattere generale. Edifetta, così, a nostro avviso, anche il presuppostoper una comparazione con l’approccio interpretativoseguito dalla Corte di giustizia CE rispettoalle categorie contrattuali di cui all’art. 5,n. 1, lett. b), del reg. « Bruxelles I » nel coordinamentotra esse e il criterio « generale » di cuialla lett. a) e in quello tra le disposizioni recantititoli speciali di giurisdizione con la norma generalesul foro del domicilio.Ne viene, dunque, che l’interpretazione el’« uso » delle categorie nominate deve volgereessenzialmente al conseguimento dell’effettoutile del regolamento. In tal senso, l’evidenteampiezza di tali categorie, le esperienze contrattualiche nel diritto interno sono riconducibilialle stesse categorie di matrice nazionale a lorovolta contraddistinte da ampiezza, nonchél’obiettivo di agganciare ogni designazione dilegge applicabile a una soluzione quanto piùpossibile prevedibile e omogenea nello spaziogiuridico comunitario sono elementi che suggerisconocautela prima di abbandonare le categoriecontemplate nel par. 1. È necessario, in altritermini, un confronto continuo con tali categoriee ricorrere ai criteri di cui al par. 2 soltantose una ponderata valutazione degli elementi delcontratto escluda la sussunzione in esse. Si vedràsubito che un importante punto di vista dacui svolgere siffatto confronto è costituito dalbaricentro del contratto.Ciò posto, l’ipotesi dei contratti non nominatinell’art. 4, par. 1 si distingue per l’utilizzo di uncriterio di collegamento articolato intorno alprestatore caratteristico. La menzione del prestatorecaratteristico porta con sé l’idea che ilpar. 2 si riferisce a vicende contrattuali riconducibilia modelli tipici: essa non è dunque applicabileai contratti atipici in senso stretto, i contratticioè svincolati da qualsiasi modello predefinitodal diritto nazionale o dalla prassi contrattuale( 97 ).La residenza abituale del prestatore caratteristiconon viene più in rilievo come nella Convenzionedi Roma quale indice presuntivo delcollegamento più stretto, ma quale circostanzaelevata a criterio di collegamento ( 98 ). Nonomento« Roma I », inLa legge applicabile ai contrattinella proposta di regolamento « Roma I », cit., p. 82ss.( 95 ) La prestazione caratteristica nel contratto diappalto per la costruzione o la riparazione di un immobileè sempre quella dell’appaltatore. In propositogiova ricordare che la Relazione Giuliano-Lagarde,sub art. 4, par. 4, suggerisce in tali casi il ricorso allapresunzione generale fondata su tale prestazionepiuttosto che a quella speciale fondata sul situs rei.( 96 ) In questo senso v. invece Piroddi, BetweenScylla and Charybdis. Art. 4, cit., p. 9<strong>28</strong>.( 97 ) Per una classificazione in questo senso v. Scognamiglio,Contratti in generale, inTratt. dir. civ.Grosso e Santoro-Passarelli, IV, Milano, 1961, p. 121ss.( 98 ) Così, Pocar, Obbligazioni: dal dicembre 2009al via le regole comuni sui contratti, inGuida al dir.,Diritto comunitario e internazionale, 2008, n. 5, p. 12s.; Kenfack, Le règlement (CE) n. 593/2008 du 17juin 2008 sur la loi applicable aux obligations contractuelles(« Rome I »), navire stable aux instruments efficacesde navigation?, inJourn. dr. internat., 2009, p.<strong>27</strong>. Non è appropriato, dunque, affermare – come faCashin Ritaine, Les règles applicables aux transfertinternationaux de créance à l’une du nouveau RèglementRome I et du droit conventionnel,inLe nouveaurèglement européen « Rome I », cit., p. 192 – che l’art.4, par. 2 contiene una presunzione del collegamentopiù stretto.NLCC 3/4-2009


[Art. 4] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 657stante ciò, l’individuazione della prestazione caratteristicagenera nel regolamento gli stessiproblemi di incertezza sul piano della individuazionedel diritto applicabile emersi rispettoalla Convenzione di Roma: basti pensare ai rischidi incertezza connessi alla discrezionalità dicui godranno i giudici al momento di determinaretale prestazione ( 99 ).L’ipotesi dei contratti « misti »–tali perché iloro « elementi » sono riconducibili a più di unacategoria nominata – presuppone come risoltala questione che si tratti di un contratto da cuiderivano distinte obbligazioni potenzialmentericonducibili a quelle proprie dei contratti nominati.Diverso è il discorso da farsi in merito adueopiù contratti che danno luogo alla vicendacontrattuale complessiva che interessa le parti:in questa ipotesi, che sfugge dall’àmbito dell’art.4, par. 2 (sebbene non sia semplice accertarese la fattispecie riguardi più obbligazioni risalentiallo stesso contratto o a contratti distinti),può profilarsi semmai un collegamento tracontratti rilevante, come a breve vedremo, ai finiapplicativi dell’art. 4, par. 3.Ora, l’espressione « elementi del contrattocontemplati » da più di una delle categorie nominatesi rapporta ai contratti atipici in quantomisti, ossia ai contratti che, unitariamente considerati,non sono per nulla riconducibili ad unadi quelle categorie.( 99 )L’incertezza delle soluzioni <strong>giuridiche</strong> generatadal mantenimento, seppur parziale, della prestazionecaratteristica nel regolamento, ha indotto unaparte della dottrina a suggerirne l’eliminazione giàdal testo redatto dalla Commissione: Villani, La leggeapplicabile in mancanza di scelta, cit., p. 76. L’A. ritieneche la Commissione non abbia avuto in realtàuna chiara percezione del ricorso alla prestazione caratteristica.Essa, nella Proposta del 2005, affermavache il criterio della prestazione caratteristica vale« con riferimento ai contratti non contemplati dalpar. 1, ad esempio i contratti complessi che non siprestano ad una qualificazione semplice o i contrattinei quali le parti si forniscano prestazione reciprocheche possono tutte essere considerate come caratteristiche»: è evidente che nel caso di un contratto conprestazioni reciproche tutte caratteristiche il criteriofondato sulla prestazione caratteristica non può funzionarepoiché non è possibile scegliere da quale delleprestazioni risalire per applicare la legge della residenzaabituale di chi vi è tenuto. Cfr. dello stesso A.,La legge applicabile in mancanza di scelta dei contraenti,cit.L’atipicità del contratto ostacola, tuttavia, larilevazione della prestazione caratteristica, essendoquest’ultima, come si è visto, riferibile, almenoin via di principio, a un tipo di contratto.Di siffatta anomalia è consapevole lo stesso legislatorecomunitario: il 19 o considerando affermache, « nel caso di un contratto costituito da uninsieme di diritti e obblighi che possono essereconsiderati rientrare in più di uno dei tipi dicontratto specificati, la prestazione caratteristicadel contratto dovrebbe essere determinata infunzione del suo baricentro ». Volendo attenersial dato letterale del 19 o considerando, è dapensare che il legislatore comunitario abbia datoalla prestazione caratteristica in questi casiuna nozione distinta da quella propria dei contrattitipici ovvero che, a ben vedere, giusta l’atipicitàdei contratti, l’impossibilità di un riferimentoalla prestazione caratteristica tout court eil richiamo del baricentro, il legislatore si sia volutoriferire alla prestazione più significativa( 100 ).Il richiamo del baricentro del contratto – evocativodell’obiettivo primo cui è volta una ricercadel diritto applicabile ispirata al principio diprossimità –certamente mostra, nel caso deicontratti in parola, il passaggio, in punto di designazionedella lex contractus, dal tipo di contrattoallo schema contrattuale costituito dalleparti nel caso concreto.Senonché,l’idea che la nozione di prestazionecaratteristica sia per questi contratti diversa daquella dei contratti tipici è da scartare: il criterioopererebbe diversamente a seconda che si trattidi designare la legge applicabile a un contrattotipico, ma non nominato nel par. 1, ovvero a uncontratto misto di obbligazioni riconducibili apiù contratti nominati nel par. 1, risultandonefrustrate l’uniformità el’omogeneità in fase applicativae pregiudicato l’obiettivo della certezzadel diritto cui è principalmente ispirato il regolamento( 101 ).( 100 )V.Villani, La legge applicabile in mancanzadi scelta dei contraenti, cit.( 101 )D’altro canto, la necessità che siffatto parametrooperi in modo uniforme è spiegabile, oltre chein ragione degli obiettivi propri del regolamento, anchealla luce di quelli generali di ogni misura adottatadalla Comunità ai sensi dell’art. 65 del Tratt. Ce. Ladisposizione è noto che associa la produzione normativain materia internazionalprivatistica all’obiettivoNLCC 3/4-2009


658reg. CE n. 593/2008[Art. 4]di garantire il corretto funzionamento del mercato interno.Ciò assume rilievo, da un lato, per sostenereche la funzione economico-sociale del contratto vavalutata non più alla luce delle peculiarità proprie diun mercato nazionale (come peraltro già poteva agiusto titolo affermarsi a proposito della convenzionedi Roma: cfr. Jessurun D’Oliveira, « CharacteristicObligation », cit., p. 3<strong>28</strong>), ma del mercato interno comunitario;e, dall’altro, per immaginare che i rischi dieffetti distorsivi sarebbero assai contenuti ove allanozione in parola sia attribuito lo stesso significato inuno strumento che mira (con altri) al corretto funzionamentodi tale mercato. La vocazione universale delregolamento non mette in discussione simili costatazioniperché essa presuppone che rispetto a leggi diStati terzi e nell’àmbito di relazioni contrattuali cheimplicano contatti con questi, la Comunità si pongain ogni caso, almeno sul piano dei conflitti di leggi indiscorso, come un unico spazio giudiziario al qualeva assicurata, quanto più possibile, la coerenza el’uniformità di strumenti e concetti normativi ad essofunzionali. Sulla relazione tra l’obiettivo del correttofunzionamento del mercato interno e la disciplina diconflitto in materia contrattuale v. Basedow, EuropeanPrivate International Law of Obligations and InternalMarket Legislation, in Liber memorialis PetarSărčević, cit., p. 13 ss.( 102 ) Si tratterebbe, in altri termini, di accertare,secondo la c.d. teoria dell’assorbimento, la presenzadi elementi di più negozi che si fondono nell’unicacausa di un contratto nominato: cfr. sul piano sostanzialeBianca, Diritto civile, III, Il contratto, Milano,2000, p. 450 s.; Scognamiglio, Contratti in generale,cit., p. 135. Il riferimento a un modello dominanteè suggerito da Azzi, La loi applicable à défaut dechoix, cit., p. 2173.A noi pare che il riferimento al baricentro delcontratto non incida sulla funzione e sulla naturadella prestazione caratteristica, ma esprimaun parametro interpretativo che, enfatizzato rispettoai contratti « misti » giusta la loro atipicitàpotenziale, serve a chiarire se la vicenda contrattualesia, alla luce del caso concreto, realmenteatipica o rispondente a una categoria tipicaovvero a una nominata nel par. 1 dell’art. 4.Così, ove alla luce del baricentro si giunga adinquadrare il contratto « misto » in un contrattonominato ai sensi dell’art. 4, par. 1, la presenzadi elementi prima facie riconducibili a distintecategorie di quest’ultimo perde importanza econ essa il riferimento alla prestazione caratteristicaai sensi dell’art. 4, par. 2. È vero che nelladisposizione nulla depone nel senso di individuareun modello dominante ( 102 ), ma è da pensareche, poiché la disposizione fa parola di« elementi del contratto (...) contemplati da piùdi una » delle lettere dedicate ai contratti nominati,la presenza di un modello del genere (chesi ha quando la maggior parte degli « elementi »rientra, alla luce del baricentro contrattuale, inuna categoria di cui al par. 1) può risolversi inun’ipotesi di contratto assimilabile a uno solo diquelli nominati ( 103 ). Ove, ancora, sempre alla( 103 ) V. sul piano sostanziale Scognamiglio, Contrattiin generale, cit., p. 135. Per esempio, Cassation<strong>27</strong> marzo 2007, in Revue des contrats, 2007, p. 887 haqualificato come contratto di prestazione di servizi, aifini applicativi dell’art. 5, par. 1, lett. b), del reg.« Bruxelles I », un accordo con il quale una societàfrancese si è impegnata con una società inglese aideare, fabbricare, vendere e spedire documenti pubblicitariconsiderando le prestazioni come parti diun’operazione unica volta alla fornitura di un servizio.Peraltro, è dato costatare che in alcuni casi lascelta della categoria alla quale ricondurre tali tipi dicontratti non incide sul piano della legge applicabile.Si pensi ad una vendita in cui il venditore ha anchel’obbligo della messa in opera del bene trasferito edobblighi di assistenza (ipotesi affatto frequente nellafornitura di macchinari industriali): che nel caso concretoprevalga la funzione economica dello scambio odel servizio, concludendosi per l’assimilazione dellavicenda a un contratto di vendita o di prestazione diservizi, sarà applicabile in ogni caso la legge delloStato di residenza dello stesso soggetto (venditoreche riveste altresì –o principalmente – le funzioni diprestatore di servizi). V. Franzina, infra, commentosub art. 4, II. Di tenore diverso e più problematico èl’incidenza della qualificazione di tali contratti sulfunzionamento dei titoli di giurisdizione previsti dalreg. « Bruxelles I » in materia contrattuale. A prescinderedai problemi di localizzazione della consegnao della prestazione del servizio, il dato saliente ècostituito dal fatto che, ove si ritenga il contrattoestraneo all’art. 5, n. 1, lett. b), del reg. « BruxellesI », per esso varrà il criterio che poggia sulla obbligazionecontroversa ai sensi della lett. a), profilandosi ilrischio della frammentazione del contenzioso ricollegabilea questo: cfr. Franzina, La giurisdizione inmateria contrattuale, cit., p. 322, al quale appare preferibilecercare « di sussumere i rapporti misti oranell’una ora nell’altra delle categorie contrattuali“nominate”»nell’art. 5 del reg. « Bruxelles I » piuttostoche assoggettarli al criterio « generale » di cuiall’art. 5, n. 1, lett. a). La questione sarà verosimilmenteaffrontata dalla Corte di giustizia CE per effettodi un rinvio pregiudiziale rivoltole dal Bundesgerichtshof9 luglio 2008 (domanda del 22 agosto 2008,causa 381/08, Car Trim, inG.U.U.E. n. C 301 del 22NLCC 3/4-2009


[Art. 4] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 659luce del baricentro, si delinei una natura e unafunzione socio-economica del contratto checonducono ad un « tipo » contrattuale non nominato( 104 ), allora opera il criterio della prestazionecaratteristica poiché questa è individuabile.In tutti gli altri casi, quando cioè non è possibilerivestire la vicenda in siffatti termini, essasfugge dal par. 2 dell’art. 4 e scivola nel par. 4per essere risolta in base al criterio del collegamentopiù stretto. Ciò vale, s’intende, anche rispettoa un contratto misto i cui elementi sonocontemplati da una o più categorie di contrattinominati e da una o più categorie di contratti tipicinon nominati.7. – Per alcuni contratti nominati e per i contrattirientranti nell’art. 4, par. 2, il regolamentoutilizza il criterio della residenza abituale. Semprenell’ottica di realizzare un sistema di conflittoinformato alla prevedibilità del diritto applicabile(ponendosi, questa volta, soprattutto dalpunto di vista del prestatore « non nominato »ai sensi dell’art. 4, par. 1, o non caratteristico, aisensi dell’art. 4, par. 2), il regolamento ha curadi fornire una definizione di residenza abitualeche attenui i risvolti, in sé poco compatibili conla predetta ottica, connessi alla sua natura fattuale,in specie gli accertamenti legati al (e variabilia seconda del) caso concreto ( 105 ).Al riguardo, il 39 o considerando ha cura disottolineare che « la certezza del diritto richiederebbeuna definizione chiara della residenzanovembre 2008, p. 15 s.). In particolare, la Supr.Corte tedesca ha posto il quesito se un contrattoavente oggetto la fornitura di beni da fabbricare oprodurre sia inquadrabile nella vendita « nonostanteindicazioni specificate dal committente relativamenteall’approvvigionamento, la lavorazione e la consegnadegli oggetti da fabbricare, inclusa la garanzia di qualitàdi fabbricazione, di affidabilità della consegna edi buona gestione amministrativa dell’ordine » echiede alla Corte quali criteri siano determinanti, neilimiti dell’oggetto del giudizio, per distinguere lavendita dalla prestazione di servizi.( 104 ) Tang, Law Applicable in the Absence of Choice,cit., p. 795.( 105 ) Sui problemi di localizzazione del prestatorecaratteristico (a seconda che si tratti di persona fisicao di società) nel contesto della Convenzione di Romav. Baratta, sub art. 4, cit., p. 956 s.; Villani, LaConvenzione di Roma, cit., p. 104 ss.abituale, in particolare per quanto riguarda società,associazioni e persone <strong>giuridiche</strong> ». In talsenso, l’art. 19, par. 1 identifica la residenza abituale,per le società, associazioni e persone <strong>giuridiche</strong>,nel « luogo in cui si trova la loro amministrazionecentrale », mentre, per le persone fisicheche operano nell’esercizio di un’attivitàprofessionale, nella « sede di attività principale» ( 106 ). Allo scopo, poi, di evitare le incertezzeconnaturate alla mobilità della residenza abituale,l’art. 19, par. 3 ne ancora il funzionamento almomento di conclusione del contratto.In definitiva, la nozione di residenza abitualericeve una peculiare disciplina quando essa operacome criterio di collegamento introdotto rispettoa contratti (nominati o no che siano) incui la parte presa in considerazione sia una personagiuridica o una persona fisica che agiscenell’esercizio della sua attività professionale. Senonché,fuori da questi casi, ossia quando trattasidi persona fisica che agisce per scopi diversida quelli legati alla sua attività professionale, siriproporranno con gli esposti toni problematicile valutazioni di fatto connesse all’accertamentodella residenza abituale.L’art. 19, par. 2, affronta invece il caso, affattofrequente, della conclusione dei contratti insedi diverse da quella principale riferendosi siaalle persone <strong>giuridiche</strong> sia alle persone fisiche e( 106 ) In argomento v. Marongiu Buonaiuti, infra,commento sub art. 19. In questo momento premeevidenziare che la scelta di fissare in modo rigido ilconcetto di residenza abituale per le società poggiasul solito leit motiv del regolamento di evitare quantopiù possibile incertezza nel meccanismo di individuazionedel diritto applicabile. Cfr. 39 o considerandoper il quale non è opportuno, in vista di tale risultato,riproporre nel reg. « Roma I » la soluzione accoltanel reg. « Bruxelles I »–il cui art. 60, par. 1, introducetre criteri interpretativi della nozione di domicilioin caso di società o altra persona giuridica – in quanto« la regola di conflitto di leggi dovrebbe limitarsiad un solo criterio, giacché altrimenti le parti resterebberonell’impossibilità di prevedere quale sarebbela legge applicabile alla loro situazione ». Può dirsi,dunque, che, su questo punto, il regolamento abbandonal’intento di creare una sintonia con la nozionedi sede (domicilio) rilevante in àmbito giurisdizionaleinvece rinvenuta nella nozione di sede accolta nellaConvenzione di Roma. In quest’ultimo senso, v. PicchioForlati, voce Contratto nel diritto internazionaleprivato,inDigesto IV ed., Disc. priv., Sez. civ., IV,Torino, 1989, p. 211.NLCC 3/4-2009


660reg. CE n. 593/2008[Art. 4]reca in proposito una deroga alla nozione agganciataalla sede principale che consente di« ridurre lo iato fra legge regolatrice del contrattoe legge espressa dall’ambiente del contraente-cliente» conducendo all’applicazionedi quest’ultima qua lex contractus ( 107 ). Così,l’art. 19, par. 2, enuncia che, « quando il contrattoè concluso nel quadro dell’esercizio dell’attivitàdi una filiale, di un’agenzia o di qualunquealtra sede di attività, o se, secondo ilcontratto, la prestazione deve essere fornita dauna siffatta filiale, agenzia o sede di attività, illuogo in cui è ubicata la filiale, l’agenzia o altrasede di attività èconsiderato residenza abituale».8. – La clausola contenuta nell’art. 4, par. 3mira a distogliere il contratto da leggi individuatemediante i criteri di cui ai par. 1e2seesso,dall’insieme delle circostanze del caso concreto,abbia legami più intimi con un altro Stato. Laclausola è presente anche nella disposizione sulcontratti di trasporto (art. 5, par. 3) e, con unaformulazione parzialmente diversa, in quella suicontratti individuali di lavoro (art. 8, par.4) ( 108 ).Le peculiarità di tale clausola (definita comeclausola di salvaguardia nel 20 o considerando)appaiono più nitide nel regolamento di quantonon lo siano nella Convenzione di Roma.In primo luogo, essa, al pari della determinazionedella prestazione caratteristica, è sì oggettodi libero apprezzamento da parte del giudice,ma opera soltanto ove risulti « chiaramente »che il contratto, « dal complesso delle circostanzedel caso » ha nessi « manifestamente » piùstretti con uno Stato diverso da quello a favoredel quale giocano i criteri di cui all’art. 4, parr. 1o2( 109 ). Si tratta, dunque, di enunciazioni che( 107 ) Così, con riferimento alla Convenzione di Roma,Picchio Forlati, La convenzione di Roma 1980sulla legge applicabile ai contratti nell’ordinamentoitaliano,inGiurisdizione e legge applicabile ai contrattinella CEE, a cura di Jayme e Picchio Forlati, Padova,1990, p. 145.( 108 )L’art. 8 non utilizza gli avverbi « chiaramente» e « manifestamente ».( 109 ) Con l’uso degli avverbi « chiaramente » e« manifestamente », la disposizione si allinea all’art.4, par. 3, del reg. CE n. 864/2007 sulla legge applicabilealle obbligazioni extracontrattuali (« Roma II »),restringono il campo di applicazione della clausolaa situazioni in cui, dalla ponderazione ditutti gli elementi della vicenda contrattuale, discendeun giudizio per cui tale vicenda presentafattori di connessione quantitativamente e qualitativamenteevidenti con uno Stato diverso daquello individuato in base ai criteri rigidi ( 110 ).Il primo profilo degno di considerazione è costituito,dunque, dal fatto che, alla luce del tenoreletterale del regolamento, la clausola, inseritaper garantire un margine di flessibilità nellaricerca della legge applicabile condotta alla streguadei criteri rigidi, ha natura eccezionale rispettoa tali criteri ( 111 ). Peraltro, la clausola èda considerare eccezionale e, come tale, da interpretarerestrittivamente, perché un ricorsoad essa mette in pericolo la prevedibilità del dirittoapplicabile in vista della quale sono statiintrodotti siffatti criteri ( 112 ).in G.U.U.E. n. L 199 del 31 luglio 2007, p. 40 ss. Sullariconducibilità, sia pure in via di eccezione (perchéla « souplesse introduit ne doit pas réduire à néantles règles reposant sur des rattachements fixes ») dell’art.4, par. 3, al metodo della proper law of the tort,v. Brière, Le règlement (CE) n o 864/2007 du 11 juillet2007 sur la loi applicable aux obligations non contractuelles(« Rome II »), inJourn. dr. internat., 2008,p. 52 ss.( 110 ) Per l’idea che la diagnosi sul collegamentopiù stretto va condotta più sul piano qualitativo chesu quello quantitativo v. Baratta, Il collegamentopiù stretto, cit., p. 188 ss.; in adesione, Campiglio,Prime applicazioni, cit., p. 250.( 111 ) Si consegue dunque in via legislativa il risultatoche Lagarde, Le nouveau droit international privé,cit., p. 306 ss. auspicava doversi raggiungere in via interpretativaper contenere l’impatto negativo dell’art.4, par. 5 della Convenzione di Roma sulla prevedibilitàe uniformità delle soluzioni di conflitto in àmbitocomunitario. V. dello stesso A. la nota a Cassation 19dicembre 2006, cit., e 22 maggio 2007, cit., p. 602.;nonché Lagarde e Tenenbaum, De la convention deRome au règlement Rome I, cit., p. 740. Vi è ampiaconcordia sul punto: cfr. De Miguel Asensio, ApplicableLaw in the Absence of Choice, cit., p. 204; B.Ancel, La loi applicable à défaut de choix, cit., p. 87;Bonomi, The Rome I Regulation, cit., p. 175 s.; Wilderspin,Le Règlement Rome I: la communautarisationet la modernisation de la Convention de Roma, inLe nouveau règlement européen « Rome I », cit., p.17; Tang, Law Applicable in the Absence of Choice,cit., p. 797 s.; Piroddi, Between Scylla and Charybdis.Art. 4, cit., p. 8<strong>29</strong>; Kenfack, op. cit., p.<strong>28</strong>.( 112 )V.Corneloup, La loi applicable aux obliga-NLCC 3/4-2009


[Art. 4] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 661In quanto espressione del principio di prossimitànella ricerca della lex contractus (condottain base all’apprezzamento degli elementi di fattoe di diritto forniti dal caso di specie), il funzionamentodella clausola di cui all’art. 4, par. 3sembra dipendere da una comparazione, sotto ilprofilo del collegamento più stretto, tra i legamiselezionati dal legislatore e quelli che la vicendacontrattuale presenta nel caso concreto. È peròvero che dalla comparazione può emergere cheil contratto presenta semplici elementi di maggioreconnessione con Stati diversi da quelli individuatimediante i criteri di cui ai parr. 1e2,il giudice dovendo ripiegare sulla legge di taliStati. Senonché, un ragionamento del genere èpoco compatibile con il tenore letterale della disposizione:la formulazione della clausola (specieper la presenza degli avverbi « chiaramente» e « manifestamente »)( 113 ) sorregge inveceuna comparazione volta non a individuare loStato del collegamento più stretto prevalente,ma a impedire che la presenza di criteri rigidiimprigioni il contratto sotto la legge dello Statoche non sia quello chiaramente e manifestamentepiù strettamente collegato ad esso. Ciò accade,è da pensare, quando il contratto non abbialegami significativi con lo Stato la cui legge siastata designata tramite i criteri di cui ai parr. 1 e2( 114 ).tions contractuelles. Transformation de la Conventionde Rome en règlement communautaire « Rome I », inSem. jur., <strong>29</strong> ottobre 2008, n. 44, p. 24.( 113 ) Altre versioni linguistiche del reg. « Roma I »pongono un’enfasi analoga a quella del testo italiano:per esempio, secondo il testo inglese il collegamentopiù stretto opera « where it is clear (...) that the contractis manifestly more closely connected ». Il testofrancese invece si « limita » a dire che il contratto devepresentare « liens manifestement plus étroits » (ilcorsivo è nostro).( 114 ) Nella disciplina dei contratti individuali di lavorola clausola appare dotata di maggiore operativitàperché, alla luce della formulazione dell’art. 8, par.4, essa è in grado di distogliere il contratto dalla leggeindividuata ai sensi dell’art. 8, parr.2e3anche quandoi legami più stretti con un altro Stato non sianochiari e manifesti. Non va però dimenticato che le soluzionidi cui all’art. 8 tendono, almeno in via di principio,non tanto alla localizzazione del contratto di lavoronell’ottica del principio di prossimità quanto allaprotezione del lavoratore: cfr. Venturi, infra,commento sub art. 8. Se ciò èvero, allora è da ritenere,da un lato, che la clausola d’eccezione deve essereIn tal senso, il regolamento suggerisce di« considerare, tra l’altro, se il contratto in questionesia strettamente collegato a un altro contrattoo ad altri contratti » (20 o considerando)( 115 ).applicata ancora più restrittivamente rispetto a talicontratti (per non privare le esposte finalità perseguitedalla disciplina sul diritto ad essi applicabile) diquanto non accada per gli altri (cfr. Fabre-Dubout,La localisation du contrat, cit., p. 369 s.), e, dall’altro,che un suo funzionamento sia a sua volta mirato alconseguimento di siffatte finalità (sulla funzione correttiva« materiale » della clausola di eccezione v. Boschiero,Verso il rinnovamento e la trasformazionedella Convenzione di Roma, cit., p. 403 ss.). L’assenzadei due avverbi (« chiaramente » e « manifestamente») e dell’enfasi posta nell’art. 4, par. 3, anche nellealtre versioni linguistiche del regolamento, è spiegabilecome apertura del legislatore nei confronti di unfunzionamento della clausola meno costretto nei contrattidi lavoro in vista, appunto, del migliore conseguimentodell’effetto utile dell’art. 8 ancorato allaprotezione del lavoratore. Non è pertanto condivisibilela posizione di Lagarde e Tenenbaum, De laconvention de Rome au règlement Rome I, cit., p. 738,in nota, secondo i quali la differenza sul piano testuale(tra art. 4, par. 3, e art. 8, par. 4, del reg. « RomaI ») non incide sul funzionamento della clausola dieccezione perché si tratterebbe di una dimenticanzadei redattori ovvero della volontà di non riaprire ladiscussione in merito ai contratti di lavoro a discapitodell’omogeneità di trattamento della clausola nelcontesto complessivo del regolamento. Se quest’ultimoargomento è da scartare alla luce di quanto appenadetto a proposito dei diversi obiettivi di giustiziainternazionalprivatistica che ispirano in generalel’art.4el’art. 8, quello legato alla dimenticanza lo èse si pensi che nel testo inglese dell’art. 8 si usanoespressioni concettualmente differenti da quelle dell’art.4 (dalla formula « is clear » di questo si passa all’espressione« it appears » del primo, a ciò aggiungendosiil difetto nell’art. 8 dell’avverbio « manifestly»).( 115 ) Delle linee guida nella ricerca del collegamentomanifestamente più stretto sono invece enunciatenella clausola di eccezione prevista nell’art. 4,par. 3, del reg. « Roma II »: si fa menzione, a titoloesemplificativo, di « una relazione preesistente tra leparti, quale un contratto, che presenti uno strettocollegamento con il fatto illecito ». Il collegamentoaccessorio diviene poi un elemento della fattispecienonché un fattore determinante per l’individuazionedel diritto applicabile in alcune disposizioni speciali:v. gli <strong>artt</strong>. 10 e 11 in tema, rispettivamente, di arricchimentosenza causa e di gestione di affari altrui. Inargomento v. Franzina, Il regolamento n. 864/2007/NLCC 3/4-2009


662reg. CE n. 593/2008[Art. 4]L’enunciazione è affatto neutra di fronte allaquestione se e in quale misura, sul piano dellateoria generale, il collegamento sia un elementosufficiente per spostare la designazione di leggeapplicabile conseguita rispetto a ciascun contratto( 116 ). Essa, invero, si pone quale parametrointerpretativo per evincere uno spostamentodel baricentro del contratto de quo alla luce dicollegamenti che, data la generica formulazionedel 20 o considerando, possono avere natura giuridicae di fatto ( 117 ). È vero però che la presenzadi un legame giuridico tra i contratti agevolal’intervento della clausola di eccezione rispettoad uno di essi e che, di contro, la presenza di unlegame di ordine fattuale richiede maggioreponderazione alla luce dell’obiettivo di certezzagiuridica: nel primo caso la clausola opera, infatti,alla luce di legami esistenti sul piano giuridicoi quali, come tali, sono noti alle parti.Quali esempi di collegamento, può farsi menzionedel contratto accessorio e, più in generale,dei casi in cui l’esistenza e lo scopo di un contrattodipendono dalla conclusione o dalla preesistenzadi un altro contratto ( 118 ): si pensi a unprestito legato alla vendita di un bene. Si pensiCE sulla legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali(« Roma II »), in questa Rivista, p. 1000 s. e1020 ss. Sul peso del collegamento accessorio in temadi legge applicabile alle conseguenze della nullità diun contratto v. Leandro, infra, commento sub art.12.( 116 ) Sul collegamento tra contratti in generale v.,sul piano sostanziale, Colombo, Operazioni economichee collegamento negoziale, Padova, 1999; mentre,sul piano del diritto internazionale privato, Cassoni,I contratti collegati nel diritto internazionale privato,inRiv.dir. internaz. priv. e proc., 1979, p. 23 ss.;Giardina, Les contrats liés en droit international privé.Communication, in Trav. du Comité français,2000, p. 97 ss.( 117 )V.Giardina, Les contrats liés en droit internationalprivé, cit., p. 103 s., specie per l’accento postosul ruolo del collegamento tra contratti in una ricercadella legge applicabile condotta secondo ilprincipio di prossimità e sul vantaggio derivante dallasottoposizione dei contratti a una sola legge. Non sivedono ostacoli al funzionamento della clausola rispettoa contratti privi di electio iuris che siano collegatia un contratto provvistone; in toni problematici,v. invece Corneloup, La loi applicable aux obligationscontractuelles, cit., p. 24.( 118 ) Tang, Law Applicable in the Absence of Choice,cit., p. 799.altresì ai contratti di garanzia bancaria ove sussistanolegami tra i contratti conclusi dalle banchee la prestazione garantita tali che si configuraun’operazione complessa, volta ad uno scopoeconomico unitario, della quale il singolo contrattorappresenta un « segmento » ( 119 ). Altrettantodicasi a proposito di contratti che, sebbeneindipendenti, riguardino lo stesso bene e glielementi di fatto della situazione suggerisconol’estensione della legge regolatrice di uno di essi<strong>agli</strong> altri: tale è il caso di una catena di vendite.Si pensi ancora ai contratti derivati, come il submandato,in cui può addirittura riscontrarsi un« vincolo di subordinazione del contratto derivatoal contratto principale » ( 120 ).Si pensi pure all’accordo di compensazionevolontaria: la circostanza che l’accordo sia strettamentecollegato con l’obbligazione da estinguereinduce a ritenerlo altrettanto strettamentecollegato con l’ordinamento che regola siffattaobbligazione ( 121 ).Il collegamento può peraltro investire piùcontratti tra quelli nominati nell’art. 4, par. 1.Ciò non è detto che incida sulla legge applicabileindividuata in base ai criteri previsti per ciascunodi essi: si pensi ai contratti di venditaconclusi in esecuzione di un contratto di distribuzionedallo stesso distributore rispetto aiquali verrà in ogni caso in rilievo la legge dellaresidenza abituale di quest’ultimo. Più delicato,( 119 ) Giardina e Villani, Garanzie bancarie, commerciointernazionale e diritto internazionale privato,Padova, 1984, p. 115 ss. In argomento v. altresì, specieper l’accoglimento di posizioni diverse a propositodell’incidenza del legame sul piano della legge applicabileal contratto di garanzia autonoma, Bonomi,Le garanzie bancarie a prima richiesta nel diritto internazionaleprivato (con particolare riguardo alla convenzionedi Roma del 19 giugno 1989), inBanca, borsa,tit. cred., 1992, p. 677 ss.; Elwan, La loi applicableà la garantie bancaire à première demande, inRec. desCours, 1998, vol. <strong>27</strong>5, p. 9 ss.( 120 )Cassoni, I contratti collegati nel diritto internazionaleprivato, cit., p. 31.( 121 ) Così, Villani, La Convenzione di Roma, cit.,p. 195. Sulla trattamento internazionalprivatistico deinegozi estintivi nel diritto internazionale privato v.Starace, La rappresentanza nel diritto internazionaleprivato, Napoli, 1962, p. 88 ss. V. peraltro Leandro,infra, commento sub art. 17, specie per l’analisi delcaso di una compensazione volontaria volta ad estinguereobbligazioni sottoposte a leggi diverse.NLCC 3/4-2009


[Art. 4] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 663( 122 ) Così, Azzi, La loi applicable à défaut de choix,cit., p. 2174.quanto frequente, è il nesso tra i contratti divendita e un contratto di distribuzione quandofornitore e distributore sono soggetti diversi: cipare però condivisibile l’idea che, applicando laclausola di eccezione per sottoporre il contrattodi distribuzione alla legge che regola quello divendita, si aggirerebbe quasi sempre, almenonella distribuzione commerciale internazionale,l’indicazione della legge applicabile provenientedall’art. 4, par. 1, lett. f)( 122 ).Preme infine evidenziare che il funzionamentodella clausola di eccezione mal si att<strong>agli</strong>a alcollegamento tra i contratti deciso dalle parti(c.d. collegamento volontario): in tali casi è daritenere che il profilo di diritto internazionaleprivato pertinente sia quello di individuare lascelta di legge volta a riunire i contratti sotto unsolo ordinamento, svolgendo un’indagine cuisono estranee, almeno in via di principio, le valutazionidegli elementi oggettivi propri del criteriodel collegamento più stretto.Fuori dal collegamento tra contratti, la clausoladi eccezione di cui all’art. 4, par. 3, è applicabile,per esempio, quando il contratto, sebbeneconcluso « nel quadro dell’esercizio dell’attivitàdi una filiale, di un’agenzia » o di altra sededi attività (circostanza questa che, per il combinatodisposto degli <strong>artt</strong>. 4, parr. 1 – nei casi incui si ricorre al criterio della residenza abituale– e 2, e 19, determina l’applicazione della leggedello Stato in cui si trova la filiale, l’agenzia ol’altra sede), presenti collegamenti manifestamentepiù stretti con lo Stato in cui è ubicatal’amministrazione centrale della società olasededi attività principale dell’imprenditore individuale.Collocata in tale luce, la clausola di eccezioneappare in grado di operare per deviare l’indicazionedi legge applicabile proveniente da ognicriterio rigido contenuto nell’art. 4.Una cautela al riguardo è in ogni caso opportuna,non soltanto in ragione dell’eccezionalitàintrinseca della clausola, ma anche per il rispettodella ratio sottesa all’inserimento di determinaticriteri rigidi.In proposito, è sufficiente ricordare che alcunidi questi criteri non costituiscono una derivazionedel collegamento più stretto e, più in generale,del principio di prossimità a differenzadella clausola di eccezione: si pensi al caso deifattori di collegamento scelti con riguardo aicontratti MiFID e a quelli di vendita all’asta neiquali si dà rilievo alla legge del « sistema » (regolamentato)in cui tali contratti si inseriscono.Siffatti criteri e la clausola di eccezione hanno,dunque, fondamenti di principio eterogenei iquali indurrebbero già prima facie ad escludereuna loro interazione rispetto al caso concreto( 123 ) – per non vanificare l’obiettivo volutodal regolamento di uniformare la disciplina ditali contratti sotto le regole del sistema in cui essisono conclusi ( 124 ) – o quantomeno di restringernel’impiego ( 125 ).9. – Il ricorso al criterio del collegamento piùstretto è stabilito se la legge applicabile non puòessere determinata in base all’art. 4, par. 1o2.Anche in tal caso il preambolo del regolamentosuggerisce di considerare la circostanza che ilcontratto sia strettamente collegato a un altrocontratto o ad altri contratti (21 o considerando).A tal proposito può rinviarsi a quanto dettopoc’anzi con la precisazione che il collegamentorileva soltanto rispetto a contratti per i quali icriteri di cui ai parr. 1e2nonsono in grado difunzionare, altrimenti si svuota di significatouna sua rilevanza ai fini applicativi della clausoladi eccezione del par. 3.I casi in cui i parr. 1e2dell’art. 4 non sonoapplicabili vanno individuati in via interpretativa.A una prima lettura, siffatti casi ricorrono, inprimo luogo, rispetto al par. 1, quando il criterioopera, nello stesso contratto, rispetto a più( 123 ) Secondo Ancel, La loi applicable à défaut dechoix, cit., p. 88, la clausola di eccezione avrebbe unàmbito di applicazione del tutto marginale rispetto acategorie rispetto alle quali non appare ravvisabile epraticabile l’obiettivo di adeguare la designazione dilegge derivante dai criteri oggettivi alle circostanzedel caso concreto.( 124 ) Sul piano pratico, in realtà, non si vedrebbequale ragione di prossimità legata al caso concretopossa indurre a sganciare un contratto MiFID dalleregole di sistema.( 125 ) Così Villani, La legge applicabile in mancanzadi scelta dei contraenti, cit., secondo il quale quandoi criteri rigidi non sono propriamente ispirati dalprincipio di prossimità e mirano ad obiettivi diversi« l’eccezione dovrebbe essere ancora più rigorosa ».NLCC 3/4-2009


664reg. CE n. 593/2008[Art. 4]( 126 ) V. ancora Franzina, infra, commento subart. 4, II. È vero, però, che la maggior parte delle asteon line ha luogo sulla base di contratti dotati di clausolasulla scelta di legge (e sul foro competente) che ilcontraente è chiamato ad accettare se vuole parteciparealla vendita. Nel senso invece che un contrattodi vendita all’asta della quale non sia individuabile illuogo di svolgimento perda le specificità di un contrattodel genere e acquista quelle di un’ordinariavendita di beni da sottoporre al criterio di cui all’art.4, par. 1, lett. a), v. Tang, Law Applicable in the Absenceof Choice, cit., p. 794.( 1<strong>27</strong> ) Garcímartin Alférez, The Rome I Regulation:Much ado about nothing?, inEur. Legal Forum,2008, n. 2, p. 10.( 1<strong>28</strong> )V.Lopes Pegna, Il rilievo del collegamentopiù stretto, cit., p. 781.( 1<strong>29</strong> ) Si esprimono nel senso che « nothing haschanged », Lando e Nielsen, The Rome I Regulation,inCommon Market Law Rev., 2008, p. 1703.soggetti (si pensi a una compravendita caratterizzatadalla presenza di più venditori con residenzaabituale in Stati diversi), quando la circostanzaassunta a criterio di collegamento nonpuò essere determinata (si pensi a una venditadi beni all’asta in cui non è agevole individuareil luogo di svolgimento dell’asta: l’ipotesi riguarda,come visto, le aste on-line)( 126 ) ovveroquando il contratto prevede uno scambio diprestazioni dello stesso tipo (per esempio, i servizi)( 1<strong>27</strong> ). In secondo luogo, rispetto all’art. 4,par. 2, quando la prestazione caratteristica deveessere eseguita da più soggetti aventi residenzaabituale in Stati diversi ( 1<strong>28</strong> ), o quando non la sipuò determinare perché, per esempio, si trattadi contratti non nominati da cui derivano obbligazionitutte caratteristiche.Vicende contrattuali del genere paiono trattatedal regolamento nel segno della continuitàcon la Convenzione di Roma ( 1<strong>29</strong> ). Tuttavia, poichéil criterio del collegamento più stretto operanel regolamento in via sussidiaria rispetto ai criterifissati nei parr. 1e2,esso ha perso il ruolodi criterio principale prospettabile alla luce dell’art.4 della Convenzione.Tali costatazioni hanno un contenuto di verità,ma occorre combinarle tra loro per cogliereappieno il significato dell’utilizzo del criteriodel collegamento più stretto nel regolamento.Data l’ampiezza della categoria dei contrattinon espressamente nominati, può dirsi che ilcriterio ha notevoli margini di applicazione. Rispettoai contratti nominati di cui all’art. 4,par.1eaquelli tipici non nominati di cui all’art.4, par. 2, l’utilizzo, rispettivamente, di criteririgidi e del criterio della residenza abitualedel prestatore caratteristico fa sì, come visto,che la legge sia individuata sulla base di fattoridi connessione non sempre rappresentativi delcollegamento più stretto alla luce del complessodelle circostanze del caso. Ma si è visto chesiffatta indicazione di legge applicabile arretrisoltanto in via eccezionale nei termini spiegatipoc’anzi a proposito della clausola di cui all’art.4, par. 3. In altre parole, se la legge applicabilea tali contratti « può essere determinataa norma dei parr. 1 o 2 » dell’art. 4, il criteriodel collegamento più stretto opera se e nellamisura in cui sussistano i presupposti per l’interventodella clausola di eccezione ispirata adesso.Ne viene che il regolamento inserisce il criteriodel collegamento più stretto in un concorsosussidiario con i criteri di cui ai parr. 1e2ilquale è sì derogabile (conformemente alla clausoladi cui all’art. 4, par. 3), ma non fino al puntoda risultare « apparente » come se il criteriodel collegamento più stretto svolgesse la funzionedi criterio principale da molti riconosciut<strong>agli</strong>nella Convenzione di Roma.10. – Un esempio di contratto rispetto al qualebuona parte delle suesposte operazioni interpretativesono suscettibili di emergere è quellodei contratti relativi a diritti di proprietà intellettualei quali, come si è detto, sono statiespunti dal testo della Proposta della Commissioneal momento dell’adozione del regolamento(vi si prevedeva all’art. 4, par. 1, lett. f), il criteriodella residenza abituale del cedente o delconcedente il diritto de quo) ( 130 ).( 130 ) Critiche all’inserimento della disposizionenella Proposta della Commissione sono state mosseda vari AA. specie per la rigidità del criterio, non ingrado di rispondere alle esigenze sottese a contratticomplessi, e per la difficoltà di coordinare rispetto aquesti ultimi i criteri previsti per altre categorie nominatequali il franchising e la distribuzione quandoal trasferimento del diritto di proprietà intellettuale siaccompagnino prestazioni riconducibili a tali categorie:cfr. Cortese, La proposta di regolamento « RomaI »: spunti critici su collegamento obiettivo e rapporticon le convenzioni di diritto internazionale privatoNLCC 3/4-2009


[Art. 4] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 665uniforme,inLa legge applicabile ai contratti, cit., p. 42ss.; European Max-Planck Group for Conflictof Laws in Intellectual Property, Comments onthe European Commission’s Proposal for a Regulationon the Law Applicable to Contractual Obligations(« Rome I ») of December 15, 2005 and the EuropeanParliament Committee on Legal Affairs’ Draft Reporton the Proposal of August 22, 2006, nel sito del Max-Planck-Institut für Geistiges Eigentum, WettbewerbsundSteuerrecht (www.ip.mpg.de); Lopes Pegna, Ilrilievo del collegamento più stretto, cit., p. 780; Lein,Proposal for a Regulation on the Law applicable toContractual Obligations (Rome I) COM (2005) 650Final, 15.12.2005. A Short Commentary, inYearb.Priv. Int. Law, 2005, p. 404; De Miguel Asensio,Applicable Law in the absence of Choice, cit., p. 206;Ubertazzi, Il regolamento Roma I, cit., p. 74 s.( 131 ) Sull’inquadramento dei contratti relativi aidiritti di proprietà intellettuale nel regolamento v.ampiamente De Miguel Asensio, Applicable Law inthe absence of Choice, passim; Torremans, Licensesand Assignments of Intellectual Property Rights underthe Rome I Regulation, inJournal of Priv. Internat.Law, 2008, p. 397 ss.; nonché Boschiero, voce Beniimmateriali (diritto internazionale privato e processuale),inEnc.dir., Annali, II, 2, Milano, 2008, p. 145 ss.;Id., Spunti critici sulla nuova disciplina comunitariadella legge applicabile ai contratti relativi alla proprietàintellettuale in mancanza di scelta ad opera delleparti,inNuovi strumenti del diritto internazionale privato,cit., p. 141 ss.( 132 )De Miguel Asensio, Applicable Law in theabsence of Choice, cit., p. 208 s.Salvo una loro riconduzione alle categorie nominate,si tratterà di determinarne il prestatorecaratteristico ovvero, quando non è possibile, diapplicare il criterio del collegamento più strettoai sensi dell’art. 4, par. 4 ( 131 ).In realtà, la variabilità con cui si pone nella vicendacontrattuale l’obbligazione sulla proprietàintellettuale, induce a scartare la ricerca diuna categoria nominata in grado di accogliere invia generale i contratti in parola ( 132 ).Peraltro, se è corretta l’impostazione accoltain precedenza sul piano della qualificazione dellecategorie nominate, alcune di esse vannoscartate a priori: è il caso della vendita dei benidi cui alla lett. a) alla luce dell’asserzione secondocui essa riguarda soltanto beni corporali.Più duttile, ma sempre non generalizzabile, èla categoria della « prestazione di servizi »: visipuò ricondurre un contratto di licenza che implicauna determinata attività per il licenziantequale l’assistenza tecnica ( 133 ).Al franchising sono invece riconducibili i casidi contratti di affiliazione che implicano la licenzadi marchi o il trasferimento di know-how;mentre nella distribuzione può rientrare il casodel contratto in cui è conferito il diritto di usareun marchio.Quando non è possibile individuare, alla lucedel baricentro del contratto, una categoria nominatain grado di accoglierlo, viene in rilievo ilcriterio della prestazione caratteristica ai sensidell’art. 4, par. 2 ( 134 ).È però vero che in questo caso sorgono problemirispetto ai contratti misti (si pensi a unalicenza in cui il licenziatario si obbliga a produrrei beni per conto del licenziante secondo letecnologie trasferite – prestazione di servizi – eil licenziante ad acquistare i beni prodotti – vendita)( 135 ) e a quelli complessi (si pensi a contrattidi joint venture contraddistinti da combinazionidi progetti di ricerca e di sviluppo tecnologico).Analogamente è a dirsi rispetto aicontratti di concessione reciproca (cross-licensing)in cui ciascun concedente si impegna verso( 133 ) Dalla sentenza Falco, cit., punti 39 e 30 sievince, come detto, che la peculiarità dei contratti diprestazione di servizi è lo svolgimento di una determinataattività del prestatore verso corrispettivo eche i contratti di concessione che ne fuoriescono sonoquelli in cui tale attività èassente. V. MarongiuBuonaiuti, infra, commento sub art. 4, III, par. 2. Èda ritenere, dunque, che la Corte non esclude inastratto che un contratto di licenza sia assimilabile aun contratto di prestazione di servizi quando vi siprevede al carico del concedente lo svolgimento diun’attività.( 134 ) A ben vedere, in alcuni casi può giungersi allastessa legge designabile sussumendo il contratto in alcunedelle categorie nominate. È il caso, per esempio,della mera cessione di diritti verso corrispettivo e deicontratti di licenza che implicano un’attività del licenziante:è comune l’opinione secondo cui il prestatorecaratteristico sia, rispettivamente, il cedente e illicenziate concedente e che il contratto sia sottopostoalla legge della sua residenza abituale (Torremans,Licenses and Assignments of Intellectual Property Rights,cit., p. 405). Si perviene, pertanto, alla stessalegge designabile muovendo dall’idea che i contrattisiano riconducibili alle categorie, rispettivamente,della vendita di beni e della prestazione di servizi.( 135 )De Miguel Asensio, Applicable Law in theabsence of Choice, cit., p. 209.NLCC 3/4-2009


666reg. CE n. 593/2008[Art. 4]l’altro al trasferimento, per esempio, di brevettio know-how ( 136 ).Le difficoltà di sussumere tali contratti in unacategoria nominata ovvero di individuarne ilprestatore caratteristico si « stemperano », tuttavia,di fronte <strong>agli</strong> stretti collegamenti che talicontratti hanno, in generale, con lo Stato in cuiil diritto è sfruttato, il quale sovente coincidecon lo Stato di protezione e registrazione del diritto( 137 ).Un collegamento del genere può operare sianel senso di distogliere il contratto dalla leggeindividuata mediante criteri rigidi conformementealla clause d’exception di cui all’art. 4,par. 3, sia di intervenire quale fattore del collegamentopiù stretto ai sensi dell’art. 4, par. 4,soprattutto quando non è possibile determinarela prestazione caratteristica: si pensi, appunto,ai casi di concessione reciproca in cui non si saprebbequale dei due concedenti riveste il ruolodi prestatore caratteristico ( 138 ).11. – L’art. 4 opera « in mancanza di sceltaesercitata ai sensi dell’articolo 3 ». La formulazioneletterale è diversa almeno secondo alcuneversioni linguistiche del regolamento (tra lequali, l’italiana, la francese e la spagnola), da( 136 ) Per la descrizione delle esposte figure contrattualiv. Boschiero, Beni immateriali, cit., p. 146s.( 137 ) Torremans, Licenses and Assignments of IntellectualProperty Rights, cit., p. 415; Boschiero,Beni immateriali, cit., p. 153. Problematico è il casodel diritto protetto in più Stati: si suggerisce al riguardodi dare rilievo alla legge del « (primary) countryof protection » ai fini applicativi di ciascuna delledisposizioni che prevede il ricorso al collegamentopiù stretto (par. 3e4dell’art. 4): così Torremans,Licenses and Assignments of Intellectual Property Rights,cit., p. 415; De Miguel Asensio, ApplicableLaw in the absence of Choice, cit., p. 217 s.( 138 ) Lopes Pegna, Il rilievo del collegamento piùstretto, cit., p. 759; De Miguel Asensio, ApplicableLaw in the Absence of Choice, cit., p. 218; HighCourt, Chancery Division 7 aprile 2004, Apple Corps,in Int. Lit. Proc., 2004, p. 597 ss. Per l’idea che rispettoai contratti sulla proprietà intellettuale si avvertel’importanza di avere mantenuto nel regolamento unfattore di souplesse, sia pure in via residuale, con laprevisione del criterio del collegamento più stretto, v.Francq, Le règlement « Rome I » sur la loi applicableaux obligations contractuelles. De quelques changements...,inJourn. dr. internat., 2009, p. 59.quella della Convenzione di Roma il cui art. 4 siapplica « nella misura in cui la legge che regolail contratto non sia stata scelta a norma dell’art.3 » ( 139 ). Emerge, dunque, il quesito se il differentetenore letterale della disposizione comportiun trattamento dei presupposti applicatividell’art. 4 del regolamento differente da quelloriservato all’omologo articolo della convenzione.I presupposti per applicare l’art. 4 della Convenzionedi Roma sono, come si è visto, l’assenzatotale di scelta, la scelta di legge riferita a unasola parte del contratto, la scelta di legge differenziataa seconda degli aspetti del contrattoche dia origine a problemi di adattamento e dicoerenza sul piano della disciplina complessivadel contratto, nonché l’ipotesi della sceltaespressa ma non valida.Ora, se alla luce, rispettivamente, del dato letteralee della ratio ispiratrice rappresentata dallagaranzia della certezza del diritto e della prevedibilitàdelle regole di conflitto è agevole pensareche l’assenza totale di una scelta di legge, l’incoerenzatra le leggi scelte e la scelta espressama non valida costituiscono pacifici presuppostiper applicare l’art. 4 del reg. « Roma I »,qualche difficoltà emerge con riguardo al casodella scelta parziale.In effetti, diversamente da altre disposizionispeciali applicabili « nella misura in cui la legge(...) non sia stata scelta dalle parti » (<strong>artt</strong>. 5, par.2 – in tema di contratto di trasporto –, 7, par. 2– in tema di contratti di assicurazione – e 8, par.2 – in tema di contratti di lavoro), l’applicazionedell’art. 4 appare dipendere dalla mancanza diuna qualsiasi scelta compiuta dalle parti ai sensidell’art. 3. E poiché quest’ultimo fa riferimentoalla scelta « totale », a quella parziale, a quellatacita, a quella successiva alla conclusione delcontratto, a quella che ne modifica una precedente,è sufficiente che una scelta qualsiasi traqueste sia compiuta per escludere l’operativitàdell’art. 4. Ne consegue che la scelta parzialedarebbe luogo non all’applicazione della leggeindividuata ai sensi dell’art. 4 sulla parte del( 139 ) La versione inglese del regolamento è invecein linea con la Convenzione in quanto vi si affermal’applicazione dell’art. 4 « to the extent that the lawapplicable to the contract has not been chosen in accordancewith article 3 (...) ».NLCC 3/4-2009


[Art. 4] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 667contratto estranea alla scelta di legge, ma all’esclusionedi tale articolo.Una conclusione del genere è però da respingerealla luce delle seguenti considerazioni.Innanzitutto, per evitare che la parte del contrattoestranea alla scelta di legge sia priva diuna disciplina sulla legge ad essa applicabile,dovrebbe ammettersene la sottoposizione allastessa legge scelta dai contraenti. Senonché,un’estensione dell’electio iuris in tal senso equivalea sottoporre la parte del contratto in discorsoa una scelta presunta di legge non previstadal regolamento e neppure voluta dalle parti.Diverso è il discorso da farsi se dalle disposizionidel contratto o dalle circostanze del casorisulti chiaramente che le parti, scegliendo lalegge per una parte del contratto, intendesseroaccogliere in siffatta scelta anche la parte restantedel contratto: in questo caso si profila un’ipotesidi scelta tacita desunta, appunto, dalle disposizionidel contratto o dalle circostanze delcaso e, come tale, fondata sull’art. 3.In secondo luogo, gli obiettivi della certezzadel diritto e della prevedibilità delle regole diconflitto inducono ad escludere estensioni discelta non volute dai contraenti e giustificare, alcontrario, il funzionamento dei criteri oggettivipreposti al conseguimento di essi.È da ritenere, dunque, che anche nel reg.« Roma I » sia del tutto ammissibile il ricorso aicriteri di cui all’art. 4 in caso di scelta di leggeparziale: l’eventualità che ciò dia luogo a undépeçage (eventualità in sé connaturata alla stessadecisione delle parti di esprimersi solo peruna parte del contratto) dipende, ovviamente,dalla circostanza che la legge individuata mediantequei criteri sia diversa dalla legge sceltadai contraenti.( 140 ) Sul tema, v. anche Salerno, supra, Note introduttive,I, par. 4.12. – Le considerazioni testé svolte offrono lospunto per domandarsi se, a prescindere dallascelta di legge parziale, sia ammissibile undépeçage da parte del giudice giustificato da valutazioniconnesse al criterio del collegamentopiù stretto ( 140 ), fermo restando che sussistono,per ragioni diverse da quelle rinvenibili in dettevalutazioni, casi in cui la decisione di procederea un frazionamento del contratto o dei contenutidella lex contractus può dipendere da altre disposizionidello stesso regolamento (si pensi aicasi di intervento delle norme di applicazionenecessaria ai sensi dell’art. 9) ( 141 ).La negazione di una simile eventualità può discenderedal confronto con la Convenzione diRoma il cui l’art. 4, par. 1 prevede che « qualorauna parte del contratto sia separabile dal resto epresenti un collegamento più stretto con un altropaese, a tale parte del contratto potrà applicarsi,in via eccezionale, la legge di quest’altropaese ».Poiché il regolamento non accoglie una soluzioneanaloga, viene da pensare, conformementeal principio ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit,che esso osti ad un frazionamento del genere.D’altronde, la collocazione del collegamentopiù stretto nel reg. « Roma I » come criteriosussidiario ai sensi dell’art. 4, par. 4, o dieccezionale applicazione ai sensi della clausolacontenuta nell’art. 4, par. 3, giustifica siffattaconclusione: la possibilità di frazionare il contrattoè un’operazione affatto in linea con la ricercadi una legge intimamente connessa conl’intera vicenda contrattuale, ma non lo è se laricerca è condotta, in via principale, con criteririgidi ( 142 ). Può darsi, peraltro, che l’eliminazionedel dépeçage ad opera del giudice sia una« prova » ulteriore dell’abbandono del collegamentopiù stretto come criterio principale qualescelta di fondo del reg. « Roma I » ( 143 ).Senonché, l’argomento legato alla discontinuitàrispetto alla Convenzione di Roma provatroppo se commisurato al fatto che la menzionedel frazionamento nella convenzione è dipesadalla volontà della maggioranza delle delegazionidi disciplinarne le condizioni applicative, lasciandointendere che la facoltà del giudice di( 141 ) Per l’idea che il dépeçage, come « moyen defaire respecter l’autorité de la loi, peut d’abord êtreconsidéré comme un sous-produit de la doctrine ditedes loi d’application immédiate ou des lois de police» v. già Lagarde, Le « dépeçage » dans le droit internationalprivé des contrats, inRiv. dir. internaz.priv. e proc., 1975, p. 659. In argomento v. altresìMcLachan, Splitting the proper law in private internationallaw, inBritish Yearbook of Internat. Law,1990, p. 311 ss.( 142 )V.Lagarde, Remarques, cit., p. 339.( 143 ) Cfr. Lopes Pegna, Il rilievo del collegamentopiù stretto, cit., p. 776 s.NLCC 3/4-2009


668reg. CE n. 593/2008[Art. 4]separare una parte del contratto dal resto avrebbepotuto prospettarsi quale ipotesi applicativadel criterio del collegamento più stretto ( 144 ).Inoltre, si è visto che la ricerca del collegamentopiù stretto non è per nulla messa fuorigioco nel regolamento e che, tramite la clausoladi eccezione di cui all’art. 4, par. 3, esso è in gradodi operare anche rispetto alle indicazioni dilegge applicabile provenienti dai criteri di cuiall’art. 4, parr. 1e2.Peraltro, tale clausola operasì con riferimento « al complesso delle circostanzedel caso », le quali mostrano che il contrattopresenta collegamenti manifestamentepiù stretti con uno Stato diverso da quello selezionatotramite i criteri di cui ai parr. 1e2,manon è detto che essa imponga l’applicazionedella legge di quello Stato a tutto il contratto.Non è da escludere che soltanto una parte delcontratto presenti quei collegamenti manifestamentepiù stretti e non detto che per « complessodelle circostanze » debba intendersi necessariamente« il contratto nel suo complesso ».Ancora, se è vero che un dépeçage ad operadel giudice si contrappone all’obiettivo di assicurarecertezza e prevedibilità delle soluzioni diconflitto ( 145 ), è vero anche, come si è già potutorilevare, che il reg. « Roma I » non eleva la prevedibilitàdel diritto applicabile al contratto(che presuppone la prevedibilità delle pertinentisoluzioni di conflitto) a dogma che escludeogni ricerca di legge applicabile svolta attraversoil criterio del collegamento più stretto. Ciò sievince, peraltro, già dal 16 o considerando dovesi afferma che « per contribuire al conseguimentodell’obiettivo generale del presente regolamento,che è la certezza del diritto nello spaziogiudiziario europeo, le regole di conflitto dileggi dovrebbero offrire un altro grado di prevedibilità», ma si precisa anche che « il giudicedovrebbe tuttavia disporre di un margine di valutazioneche gli consenta di stabilire quale siala legge che presenta il collegamento più stretto( 144 ) Cfr. Relazione Giuliano-Lagarde, sub art. 4,par. 8, nella quale si narra, appunto, dell’eventualitàdi una menzione del frazionamento nella relazioneesplicativa, ma non nel testo normativo.( 145 ) In questo senso si pone già la Relazione Giuliano-Lagarde,ult. loc. cit., là dove sottolinea che ilfrazionamento ad opera del giudice è stato previstoper ragioni di opportunità senza che vi fosse un « incoraggiamento» da parte delle delegazioni.con la situazione »: non si scorgono elementiper escludere a priori che di « situazione » possaparlarsi anche a proposito di una parte del contrattorispetto alla quale è maturabile un giudiziodi collegamento più stretto.Sulla scorta di quanto detto, è da ritenere cheil dépeçage ad opera del giudice non sia preclusodalla circostanza che l’art. 4 del reg. « Roma I »non lo preveda espressamente. Va da sé, tuttavia,che esso è ammissibile entro gli stessi limitiin cui il regolamento circoscrive il ricorso al criteriodel collegamento più stretto poiché si tratterebbe,in ogni caso, di dare applicazione aquest’ultimo su una parte del contratto.Quando riguarda parti di un contratto sottopostoalla legge designata dai criteri di cui all’art.4, parr. 1e2,ilfrazionamento ha luogo,conformemente all’art. 4, par. 3, in via del tuttoeccezionale, la parte del contratto dovendo presentare« chiari » collegamenti « manifestamente» più stretti con uno Stato diverso da quellodella lex contractus.Quando opera rispetto a parti di un contrattoregolato dalla legge individuata mediante il criteriodel collegamento più stretto ai sensi dell’art.4, par. 4, il frazionamento ha nondimenocarattere eccezionale in quanto esprime in ognicaso una tecnica di individuazione della leggeapplicabile che, sebbene ammissibile, va bilanciatacon gli obiettivi della certezza del diritto edella prevedibilità delle regole di conflitto.In questo senso è corretto rispettare, quali parametriinterpretativi per entrambe le ipotesi, lecondizioni per procedere al frazionamento fissatedalla Convenzione di Roma: la parte delcontratto deve essere separabile dal resto e interamentecollegata a uno Stato diverso da quellodella lex contractus ( 146 ).( 146 )L’idea che una parte della vita del contrattoabbia intime connessioni con uno Stato diverso daquello della lex contractus ispira la disciplina dellemodalità di esecuzione delle obbligazioni e delle misureche il creditore prende in caso di esecuzione difettosaapplicabile quando la prestazione de qua siada eseguire in uno Stato diverso da quello della lexcontractus. L’art. 12, infatti, enuncia che, in tale caso,« si avrà riguardo alla legge del paese in cui ha luogol’esecuzione » (par. 2), fermo restando che la disciplinasull’esecuzione delle obbligazioni che discendonodal contratto sottostà alla legge di questo regolatrice(par. 1, lett. b). Analogamente a quanto può sostener-NLCC 3/4-2009


[Art. 4] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 66913. – La disciplina ora in esame ha un ultimotratto degno di considerazione: l’art. 4 detta unanorma localizzatrice ispirata e, a tratti condizionata,dalla ricerca della proper law del contrattosenza che, almeno in via di principio, possanoriscontrarsi in essa espressioni di tecniche internazionalprivatistichevolte al perseguimento diobiettivi a carattere materiale ( 147 ). Ciò vale, comedetto, sia quando la ricerca ha luogo mediantei criteri di collegamento rigidi (par.1) ( 148 ) e il criterio della residenza abituale delprestatore caratteristico (par. 2), sia quando essadipende soltanto dall’apprezzamento del giudicein ordine al collegamento più stretto (art.4, par. 4), sia infine quando opera la claused’exception (art. 4, par. 3).Ora, la neutralità della soluzione generale lasciainvece spazio a profili di materialità nelledisposizioni speciali, soprattutto in quelle dedicateai contratti conclusi da soggetti consideratideboli ( 149 ). Il 23 o considerando è esplicito in talsenso là dove sottolinea che, rispetto a tali contratti,«èopportuno proteggere [la parte debole]tramite regole di conflitto di leggi più favorevoliai loro interessi di quanto non lo siano lenorme generali ».La ritrazione della disposizione generale rispettoalle finalità protettive individuate dal legislatorecostituisce indubbiamente un esempiodi scelta di politica legislativa assai sensibile allasi rispetto all’art. 10 della Convenzione di Roma (cfr.Baratta, sub art. 4, cit., p. 954), il caso in parola èuno di quelli per cui può operare il dépeçage ad operadel giudice e che l’espressa previsione di esso, nonchél’eccezionalità con cui il dépeçage è da accogliere,riducono lo spazio di quest’ultimo.( 147 ) Di norme di conflitto a carattere materialestricto sensu può parlarsi a proposito dell’art. 11 intema di validità formale del contratto grazie all’accoglimentoin esso di un concorso alternativo tra criteridi collegamento ispirato al favor validitatis. V.Cortese,infra, commento sub art. 11.( 148 ) È discutibile, come detto, ravvisare una realee generica ispirazione ad obiettivi di giustizia materiale,in specie la protezione della parte debole, nellesoluzioni previste per i contratti di franchising edidistribuzione.( 149 ) In argomento v. Pocar, da ultimo in Protectionof Weaker Parties in the Rome Convention andthe Rome I Proposal, inJapanese and European PrivateInternational Law in Comparative Perspective, cit.,p. 1<strong>27</strong> ss.presenza nel diritto comunitario (e nelle regolevolte a garantire il corretto funzionamento delmercato interno) di principi e regole che proteggonosul piano sostanziale i soggetti che figuranoquali parte deboli in un dato contratto( 150 ). Ciò induce a ritenere che le disposizionigenerali si applicano prima facie ai contratti neiquali nessuna delle parti assume tali vesti, vale adire, in estrema sintesi, nei contratti in cui leparti hanno pari potere contrattuale.Sui contratti nei quali emergono siffatti profilidi materialità e sulle disposizioni dedicate ad essiè certo opportuno rinviare ai relativi commenti,ma conviene chiarire che la determinazionedella « parte debole » ai fini applicatividelle norme del reg. « Roma I » non semprecorrisponde a quella del piano sostanziale e che,di conseguenza, ricorrono casi in cui, sebbenesia possibile individuare tale parte nel contratto,questo nondimeno è sottoposto alle disposizionigenerali, ivi compresa l’art. 4.Ciò accade, per esempio, al consumatore ilquale resta bensì la persona fisica che concludeil contratto « per un uso che possa essere consideratoestraneo alla sua attività commerciale oprofessionale » (art. 6, par. 1), ma il contratto dicui è parte è nondimeno sottoposto alle regolegenerali di cui <strong>agli</strong> <strong>artt</strong>. 3e4seilprofessionistanon svolge « le sue attività commerciali o professionalinel paese in cui il consumatore ha laresidenza abituale » o non « diriga tali attività,con qualsiasi mezzo, verso tale paese o vari paesitra cui quest’ultimo » ovvero il contratto non« rientri nell’àmbito di tali attività »( 151 ).Aciò si aggiungano, peraltro, i casi di esclusionedella norma protettiva del consumatore dicui all’art. 6, par. 4, lett. da a) ade).La disciplina generale riprende vigore quandosia « opportuno prevedere varie deroghe allaregola (...) di conflitto di leggi per i contratti( 150 ) Per una recente analisi, non priva di accenticritici, dell’incidenza di norme e principi comunitaridi matrice economica sulla elaborazione della normadi conflitto del reg. « Roma I » in materia di contrattidi consumo v. Franzina, Norme di conflitto comunitariein materia di contratti con consumatori e correttofunzionamento del mercato interno, inRiv. dir. internaz.,2009, p. 122 ss.( 151 ) V. anche il 25 o considerando a proposito dellecondizioni per dare rilievo delle norme imperativedel paese di residenza abituale del lavoratore.NLCC 3/4-2009


670reg. CE n. 593/2008[Art. 4]conclusi da consumatori » (<strong>27</strong> o considerando).Una deroga del genere si ha rispetto ai « contrattiaventi per oggetto un diritto reale immobiliareo l’affitto di un immobile » (ancora il <strong>27</strong> oconsiderando) ( 152 ). Sulla stessa scia si ponel’esclusione in tema di negoziazioni sottopostealla disciplina armonizzata della c.d. dir. Mi-FID: il <strong>28</strong> o considerando enuncia che «èimportanteassicurare che i diritti e le obbligazioni costitutividi uno strumento finanziario non sianosoggetti alla regola generale applicabile ai contratticonclusi da consumatori, in quanto ciòpotrebbe portare all’applicabilità di leggi diverseper ciascuno degli strumenti emessi, modificandonequindi la natura e impedendone unanegoziazione e un’offerta fungibili » ( 153 ). È purvero, tuttavia, che la stessa MiFID introducecomplessivamente un sistema protettivo delconsumatore ( 154 ).( 152 )Ilconsiderando fa salvo il caso in cui « il contrattoriguardi un diritto di godimento a tempo parzialedi beni immobili ai sensi della dir. 1994/47/CEdel 26 ottobre 1994, concernente la tutela dell’acquirenteper taluni aspetti dei contratti relativi all’acquisizionedi un diritto di godimento a tempo parziale dibeni immobili ». È appena il caso di sottolineare chela direttiva è stata abrogata dalla dir. 2008/122/CEdel 14 gennaio 2009 sulla tutela dei consumatori perquanto riguarda taluni aspetti dei contratti di multiproprietà,dei contratti relativi ai prodotti per le vacanzedi lungo termine e dei contratti di rivendita edi scambio (in G.U.U.E. n. L 33 del 3 febbraio 2009,p. 10 ss.).( 153 )Ilconsiderando afferma, peraltro, che ogniqualvolt<strong>agli</strong> strumenti finanziari « sono emessi o offerti,il rapporto contrattuale instaurato tra l’emittenteol’offerentee il consumatore non dovrebbe esserenecessariamente soggetto all’applicazione obbligatoriadella legge vigente nel paese di residenza abitualedel consumatore, data la necessità di assicurare l’uniformitàdelle clausole e condizioni di un’emissione odi un’offerta » e che « lo stesso principio dovrebbevalere per i sistemi multilaterali di cui all’art. 4, par.1, lett. h), per i quali si dovrebbe garantire che la leggedel paese di residenza abituale del consumatorenon interferirà con le norme applicabili ai contratticonclusi nell’àmbito di tali sistemi o con l’operatoredi tali sistemi ».( 154 ) In questo senso, Lando e Nielsen, The RomeI Regulation, cit., p. 1710.14. – L’inserimento di criteri rigidi di cui all’art.4, par. 1 è scelta normativa certamenteconforme all’esigenza, avvertita ai fini del correttofunzionamento del mercato interno, che« le regole di conflitto di leggi in vigore negliStati membri designino la medesima legge nazionalequale che sia il paese del giudice adito,onde favorire la prevedibilità dell’esito dellecontroversie, la certezza circa la legge applicabilee la libera circolazione delle sentenze » (6 oconsiderando).Limitatamente ai contratti nominati, può dirsiavviata la strada per una reale unificazione chela Convenzione di Roma aveva tentato di realizzarecon esiti poco soddisfacenti a causa dell’ampiadiscrezionalità concessa ai giudici nell’applicazionedei criteri ivi stabiliti che finivaper minare anche l’obiettivo di un’applicazioneomogenea e uniforme del sistema convenzionale.Lo stesso non può dirsi per i contratti non nominatio che presentano elementi riconducibiliapiù contratti nominati di cui all’art. 4, par. 2,rispetto ai quali si riproporrà il problema di individuarne,ove possibile, il prestatore caratteristico,e, pertanto, di porre il funzionamento delcriterio di collegamento nel pericolo di incertezzaderivante dalla variabilità degli apprezzamentigiudiziali ( 155 ).Analogamente, difficoltà di pervenire ad unadesignazione di legge applicabile sempre uniformesorgono per effetto della clause d’exceptiondi cui all’art. 4, par. 3, malgrado il tenorerestrittivo con cui essa è formulata, e là dove,nell’impossibilità di applicare i criteri rigidi dicuialpar.1eilcriterio della residenza abitualedel prestatore caratteristico di cui al par. 2, ilgiudice deve ripiegare sul criterio del collegamentopiù stretto.In realtà, si assiste con il regolamento, attraversol’elaborazione di un sistema di conflitto incui coesistono « règles et directives » ( 156 ) le pri-( 155 ) Ancel, La loi applicable à défaut de choix,cit., p. 93.( 156 ) Espressione utilizzata da Batiffol, Remarquessur l’opposition des directive aux règles, cit., p. 32rispetto alla Convenzione di Roma. D’altro canto, lacoesistenza di regole astratte e di criteri supplettivie/o integrativi è presente, anche sul piano interpretativo,nello stesso reg. « Bruxelles I » proprio nell’otticadi un bilanciamento, in punto di giurisdizione, tral’obiettivo della prevedibilità dei fori e la prossimitàdi questi con la controversia: v. supra, nt. 78 a propositodella ratio, della genesi e del modus operandi delNLCC 3/4-2009


[Art. 4] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 671criterio di giurisdizione introdotto per le controversierelative ai contratti di compravendita e di prestazionedi servizi.me espresse con la previsione di criteri di cui aiparr. 1e2,leseconde volte a disciplinare il ricorsoal criterio del collegamento più stretto invia di eccezione ai sensi del par. 3oinviaresidualeai sensi del par. 4, ad un tentativo di bilanciarel’obiettivo della certezza del diritto conquello di pervenire alla proper law of the contractche muove implicitamente dall’ammissioneche tra i due obiettivi sussiste una contrapposizionestrutturale nella materia dei contratticomplessivamente considerata.Tali costatazioni non comportano che l’interprete,dinanzi a siffatta contrapposizione, debbamuoversi senza chiavi di lettura ricavabili dalregolamento; anzi, i menzionati obiettivi fornisconoall’operatore sufficienti elementi per individuarel’effetto utile verso cui muovere ogni interpretazionedell’art. 4.Senonché, sulla scorta di quanto detto in precedenza– specie a proposito della scelta in sé diprocedere a una « revisione » dell’art. 4 dellaConvenzione di Roma per eliminare i problemidi incertezza che esso genera, dell’inserimentoin tal senso di criteri rigidi, dell’esclusione diogni dubbio circa l’eccezionalità della clausoladi cui all’art. 4, par.3ediun’ammissibilità limitatadel dépeçage da parte del giudice –, sussistonoindici inequivocabili della preferenza dellaComunità verso l’obiettivo della certezza edella prevedibilità delle soluzioni di conflitto( 157 )edè in questa luce che, a nostro avviso,l’interprete è tenuto a muoversi. Ciò vale, comevisto, soprattutto al momento di decidere se ilcontratto rientri o no nelle categorie nominatedi cui al par. 1.Antonio Leandro( 157 ) Nello stesso senso B. Ancel, La loi applicableà défaut de choix, cit., p. 82; Ballarino, Dalla convenzionedi Roma del 1980 al regolamento Roma I,cit., p. 56.IISommario:1.L’art. 4, par. 1, lett. a). – 2. La portata applicativa:la nozione di « vendita ». – 3. Segue: lanozionedi « bene ». – 4. Il criterio della residenza abitualedel venditore. – 5. La Convenzione dell’Aja del15 giugno 1955: l’ambito di applicazione. – 6. Segue:le norme di conflitto. – 7. Segue: il coordinamento conla disciplina regolamentare. – 8. Segue: argomenti chedepongono in favore della denuncia della Convenzionedell’Aja da parte dell’Italia. – 9. La rilevanza del regolamento(e della Convenzione dell’Aja) rispetto alladisciplina materiale uniforme della vendita. – 10.L’art. 4, par. 2, lett. g).1. – La prima delle norme di conflitto « speciali» dettate dall’art. 4 del reg. CE n. 593/2008ha ad oggetto il « contratto di vendita di beni »ed è contenuta nella lett. a) della norma. Basatasul criterio della residenza abituale del venditore– cioè della parte chiamata a fornire la « prestazionecaratteristica » di questo genere di rapporti– la disposizione in commento è destinataa dar luogo, pur nel diverso contesto normativosortito dalla revisione della disciplina della Convenzionedi Roma in tema di collegamentoobiettivo ( 1 ), a risultati perlopiù non dissimilida quelli conseguenti all’impiego del precedenteregime ( 2 ).Prima di illustrare la portata applicativa dellanuova norma ( 3 ) ed il criterio di collegamento( 1 )V.Leandro, supra, commento sub art. 4, I,par. 4 ss.( 2 ) Nella giurisprudenza interna degli Stati contraenti,la soluzione dell’assoggettamento, a titolo oggettivo,del contratto di compravendita alla legge delPaese di residenza del venditore (citata del resto comeesempio della presunzione di cui all’art. 4, par. 2,della Convenzione di Roma nella Relazione Giuliano-Lagarde, sub art. 4, par. 3) si rinviene, ad es., in LandgerichtBaden-Baden, 14 agosto 1991, in Recht internat.Wirtschaft, 1992, p. 62, e in LandgerichtFrankfurt am Main, 6 luglio 1994, nella banca datiUnilex (http://www.unilex.info), in Cour d’appelMons 8 marzo 2001, nella banca dati dell’Institute forInternational Trade Law dell’Università di Lovanio(http://www.law.kuleuven.ac.be).( 3 )V.infra, par.2s.NLCC 3/4-2009


672reg. CE n. 593/2008[Art. 4]da essa previsto ( 4 )(eciò anche in relazione alladisciplina materiale uniforme dei contratti dicompravendita di beni mobili, con cui la disposizionein commento è chiamata a raccordarsi)( 5 ), giova segnalare che in alcuni Stati membri,fra cui l’Italia, l’art. 4, par. 1, lett. a), del regolamentoè destinato a ricevere un’applicazionecircoscritta. In luogo di esso, infatti, verrà inrilievo (salvo denuncia) la disciplina di conflittocontenuta nella Convenzione dell’Aja del 15giugno 1955 sulla legge applicabile alle venditea carattere internazionale di oggetti mobili corporali.Occorre infatti ricordare che il regolamento,ai sensi del suo art. 25, par. 1, non pregiudical’applicazione delle convenzioni internazionalidi cui uno o più Stati membri sianoparti contraenti al momento dell’adozione delregolamento stesso, in quanto queste disciplininoi conflitti di leggi in materia di obbligazionicontrattuali ( 6 ). In forza di tale « clausola dicompatibilità », il regime comunitario risulterànei fatti inapplicabile alle fattispecie che ricadononella sfera applicativa della Convenzionedell’Aja nella misura in cui l’applicazione dellenorme comunitarie risulti incompatibile con ilrispetto degli obblighi assunti con tale Convenzione.Una più approfondita analisi del rapportointercorrente fra il regolamento e la Convenzionedel 15 giugno 1955 è proposta nel seguitodi questo commento ( 7 ).2. – Il regolamento non stabilisce in modoesplicito che cosa debba intendersi per « venditadi beni ». Lo stesso ordinamento comunitario,ancorché ricco di richiami a tale figura ( 8 ),non ne fornisce alcuna definizione. I contorni ditale concetto debbono dunque essere tracciatiin via interpretativa, muovendo da una nozione« minima » di « compravendita », in virtù dellaquale sono riconducibili a tale figura i contratti( 4 )V.infra, par. 4.( 5 )V.infra, par. 9.( 6 )V.Franzina, infra, commento sub <strong>artt</strong>. 25 e26.( 7 )V.infra, par. 5 ss.( 8 ) Si pensi, ad es., alla dir. 1999/44/CE del 25maggio 1999 su taluni aspetti della vendita e delle garanziedei beni di consumo, in G.U.U.E. n. L 171 del7 luglio 1999, p. 12 ss.che comportano, in generale, lo scambio di unacosa con un prezzo ( 9 ).L’espressione « vendita di beni », al pari dellealtre formule tecnico-<strong>giuridiche</strong> impiegate dalregolamento, corrisponde a una nozione « autonoma», da ricostruire avendo riguardo non già<strong>agli</strong> ordinamenti interni dei singoli Stati membri,ma <strong>agli</strong> scopi della norma in esame e al contestoin cui questa è inserita. Nel « contesto »devono reputarsi incluse le disposizioni dellostesso reg. « Roma I » e, più in generale, le normeche concorrono a formare la trama del dirittointernazionale privato comunitario, a partiredal reg. CE n. 44/2001 del 22 dicembre 2000sulla competenza giurisdizionale ed il riconoscimentodelle decisioni in materia civile e commerciale(c.d. reg. « Bruxelles I ») ( 10 ), che proprioalla compravendita dedica una previsionespecifica, quello contenuta nel primo trattinodell’art. 5, n. 1, lett. b) ( 11 ). Utili, ai fini della ricostruzionein chiave autonoma del concetto di« vendita di beni », sono inoltre le norme internazionalmenteuniformi che, pur non appartenendoall’ordinamento comunitario sono suscettibilidi venire in rilievo, negli Stati membri,nella disciplina dei contratti internazionali ( 12 ).( 9 ) Cfr. il rapporto presentato alla Conferenza dell’Ajadi diritto internazionale privato da Juillot de laMorandière a nome del comitato incaricato di elaborareil progetto di quella che sarebbe poi divenuta laConvenzione del 15 giugno 1955 (su cui v. infra, par.4 ss.), in Conférence de La Haye de droit Internationalprivé, Documents relatifs à la septième sessiontenue du 9 au 31 octobre, La Haye, 1952, p. 7 ss.La nozione « minima » di cui si parla nel testo consentead es. di escludere sin d’ora dalla portata dellanorma in questione la figura della permuta, tanto piùche il criterio ivi previsto si rivelerebbe di fatto inservibilerispetto a questo genere di rapporti (quale, deicontraenti obbligati ad effettuare le consegne dedottein contratto, dovrebbe essere assimilato al « venditore»?).( 10 )InG.U.U.E. n. L 12 del 16 gennaio 2002, p. 1ss.( 11 ) Nel 17 o considerando del regolamento si leggeche «èopportuno dare alle nozioni di “prestazionedi servizi” edi“vendita di beni” la stessa interpretazioneutilizzata nell’applicazione dell’art. 5 del reg.CE n. 44/2001, nella misura in cui la vendita di beni ela prestazione di servizi sono contemplati da detto regolamento».( 12 ) La rilevanza delle convenzioni di diritto uniformerispetto alla interpretazione delle norme co-NLCC 3/4-2009


[Art. 4] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 673Allo stesso modo, meritano di essere presi inconsiderazione a fini ricostruttivi anche queidocumenti, come il Draft Common Frame of Referencedel diritto europeo dei contratti (DC-FR) ( 13 ), che si candidano a costituire – pur nellasemplice veste di contributi, privi di efficaciavincolante – uno stimolo di riflessione per leistituzioni comunitarie così come per l’interpretedelle norme da esse elaborate ( 14 ).Gli elementi appena menzionati permettono,a nostro avviso, di identificare i caratteri dell’operazioneeconomica che nel regolamentoprende il nome di « vendita », e di stabilire qualisiano, precisamente, i « beni » a cui tale operazionesi riferisce ( 15 ).Per quanto riguarda il primo aspetto, quellorelativo alla fisionomia del concetto di « vendita», giova anzitutto chiarire che nel novero deicontratti cui si applica la norma in commentonon rientrano quelli conclusi « da una personafisica per un uso che possa essere consideratoestraneo alla sua attività commerciale o professionale» e che siano soggetti – secondo le condizioniivi stabilite – alla norma speciale dell’art.6( 16 ). Ciò detto, due sono i principali problemiinterpretativi che si ricollegano al concetto divendita: uno riguarda i contratti nei quali glielementi contemplati dalla nozione « minima »si combinano con una o più prestazioni di facere;l’altro concerne i contratti che non realizzanodi per sé stessi una funzione di scambio, masi riconnettono ad essa in quanto preparano unfuturo negozio traslativo o ne predeterminano ilcontenuto.Il primo dei problemi testé richiamati investela delimitazione della nozione di « vendita » rispettoa quella di « prestazione di servizi » cui siriferisce l’art. 4, par. 2, lett. b), del regolamento.Occorre rilevare, a questo riguardo, che in unmercato caratterizzato da un elevato livello dispecializzazione dell’attività di impresa e dallacrescente rilevanza della componente immaterialedel valore dei beni, il semplice scambiodella cosa con un prezzo si rivela sempre piùspesso incapace di soddisfare da solo gli interesmunitariediscende, ad avviso di chi scrive, precisamentedal loro carattere internazionalmente uniforme.L’ordinamento comunitario esprime una « naturale» aspirazione all’uniformità e un altrettanto naturalerigetto del metodo dell’interpretazione unilateralistica.Questa esigenza di uniformità, là dove nonpossa essere compiutamente realizzata all’internodell’ordinamento comunitario, può essere perseguitaavendo riguardo a « modelli » di regolamentazioneuniforme rinvenibili al di fuori di esso. Nell’interpretazionedelle norme del diritto derivato, l’impiego ditali modelli non si basa, beninteso, sulla valenza formaleche questi ultimi (eventualmente) posseggono,né su un’esigenza di coerenza strettamente intesa: secosì fosse, infatti, il riferimento per fini interpretativialle convenzioni di diritto materiale uniforme andrebbecircoscritto alle ipotesi in cui la convenzionein questione risultasse di per sé stessa applicabile nellaconcreta fattispecie considerata (ma guardare inmodo « discontinuo » alle convenzioni di diritto uniformepregiudicherebbe, anziché aiutare, il raggiungimentodei fini di uniformità che il diritto comunitariopersegue). In ultima analisi, dunque, i modelli deldiritto uniforme « servono » al diritto comunitariopoiché questo, nella sua attuale fase di sviluppo, « accetta» di essere letto alla luce di norme che condividonol’aspirazione all’uniformità sopra indicata eche, per la loro diffusione, costituiscono effettivamenteun punto di riferimento nella regolamentazionedelle fattispecie cui anche il diritto comunitario sirivolge.( 13 ) Study Group on a European Civil Code eResearch Group on EC Private Law (AcquisGroup), Principles, Definitions and Model Rules ofEuropean Private Law - Draft Common Frame of Reference(DCFR), München, 2009.( 14 ) Sui possibili usi e sulla rilevanza del DCFR, v.per tutti, di recente, Somma, Verso il diritto privatoeuropeo? Il Quadro comune di riferimento nel conflittotra diritto comunitario e diritti nazionali, inRiv.trim. dir. e proc. civ., 2008, p. 1097 ss. Non è privo dirilievo, per quanto concerne l’uso del DCFR per finiinterpretativi, che tale documento sia stato talora richiamatocome mezzo ausiliario di interpretazionedel diritto comunitario derivato innanzi alla Corte digiustizia CE; cfr., ad es., le conclusioni dell’avv. gen.Trstenjak presentate l’11 settembre 2008 nella causa180/06, Ilsinger, consultabili nel sito della Corte digiustizia (http://curia.europa.eu), punti 49 ss.( 15 ) Un ulteriore profilo che può dover essere presoin considerazione per fini qualificatori è quello cheattiene al procedimento di conclusione del contratto,essendo prevista nell’art. 4, par. 1, lett. g), del regolamentouna disposizione specifica concernente il« contratto di vendita di beni all’asta ». Su tale previsionev. infra, par. 9.( 16 ) Sul concetto di « consumatore » <strong>agli</strong> effetti delreg. CE n. 593/2008 e sulla sfera di applicazione ditale norma v. Pizzolante, infra, commento sub art.6, par. 2 ss.NLCC 3/4-2009


674reg. CE n. 593/2008[Art. 4]si connessi all’acquisto dei beni ( 17 ). Lo scambio,in altre parole, risulta sempre più spesso assortitodi una serie più o meno ampia di prestazionidi facere, volte, ad es., a permettere all’acquirentedi beneficiare in modo pieno del contenutotecnologico dei beni scambiati (magariattraverso la formazione del personale destinatoal loro uso) o ad assicurarne una efficace « collocazione» nei procedimenti produttivi all’internodei quali l’acquirente intende servirsene(attraverso la « personalizzazione » dei benistessi alla luce delle peculiari esigenze dell’acquirenteo dei suoi clienti). In tali condizioni,circoscrivere la « vendita », nell’ottica del regolamento,al puro scambio di una cosa con unprezzo equivarrebbe a comprimere l’effetto utiledella previsione in commento, confinandonel’applicazione a poche « tradizionali » fattispecie.Per tutti gli altri contratti di scambio, si rivelerebbeinevitabile il ricorso alla previsione dicui all’art. 4, par. 2, del regolamento, in forzadella quale, « se gli elementi del contratto sonocontemplati da più di una delle lettere da a) adh), del par. 1, il contratto è disciplinato dallalegge del paese nel quale la parte che deve effettuarela prestazione caratteristica del contrattoha la residenza abituale » ( 18 ). È da ritenere, intali condizioni, che nella categoria comunitariadella vendita rientrino anche i contratti di scambiocui acceda un facere, a patto che l’operazioneprogrammata dalle parti conservi la funzione« tipica » della vendita – lo scambio – e non integriuna « prestazione di servizi ». Per stabilirese ciò avvenga, si potrà fare riferimento ai parametriqualificatori definiti a questo stesso fine inaltri strumenti normativi, e in particolare nellaConvenzione di Vienna dell’11 aprile 1980 sullacompravendita internazionale di beni mobili( 19 ). Tale convenzione, che pure non contieneuna definizione del concetto di « vendita »,contempla a questo proposito due ipotesi, stabilendo,all’art. 3, par. 1, che i contratti aventi adoggetto la fornitura di beni mobili da fabbricare( 17 ) In argomento v. per tutti Bocchini, La venditadi cose mobili 2 , Milano, 2004, p. 20 ss.( 18 ) Su tale disposizione v. Leandro, supra, commentosub art. 4, I, par. 6.( 19 ) Il testo della convenzione può leggersi, nelleversioni linguistiche facenti fede, nel sito dell’Uncitral(http://www.uncitral.org). Su tale strumento v.anche infra, par. 9.o da produrre sono da considerarsi delle « vendite» a meno che la parte che li ordina debbaprocurare una « parte sostanziale » delle materienecessarie alla produzione ( 20 ), ed aggiungendo,al par. 2 della medesima disposizione,che non costituiscono una vendita, ai fini delladisciplina uniforme, i contratti in cui la « partepreponderante » delle prestazioni assunte dallaparte che deve fornire i beni consista nella fornituradi lavoro o di altri servizi ( 21 ). Indicazionisostanzialmente non dissimili si ricavano, perquanto concerne la prima delle ipotesi testé ricordate,dall’art. IV.A - 1:102 del DCFR, secondocui il contratto in forza del quale una partes’impegna, in contropartita di un prezzo, a fabbricareo a produrre dei beni e a trasferirne laproprietà all’altra parte, deve « primariamente» essere inteso come una vendita ( 22 ).La soluzione proposta, valida per l’interpretazionedella norma in commento come per l’art.( 20 ) « Contracts for the supply of goods to be manufacturedor produced are to be considered salesunless the party who orders the goods undertakes tosupply a substantial part of the materials necessaryfor such manufacture or production ». Nella versionefrancese della Convenzione, l’espressione « substantialpart »èresa con la locuzione « partie essentielle». Sull’interpretazione di tale norma, v. in generale,anche per ulteriori riferimenti, Ferrari, La venditainternazionale - Applicabilità e applicazioni della convenzionedelle Nazioni unite sui contratti di venditainternazionale di beni mobili 2 , Padova, 2006, p. 137ss. Secondo l’A. ora citato l’impiego del criterio delvalore economico delle materie in questione, a favoredel quale si pronuncia una parte consistente delladottrina e della giurisprudenza, dev’essere completatodal ricorso a un criterio qualitativo, che valorizzi lafunzione assolta dalle materie medesime in rapportoal bene da fabbricare o da produrre.( 21 ) « This Convention does not apply to contractsin which the preponderant part of the obligations ofthe party who furnishes the goods consists in the supplyof labour or other services ». Su tale disposizionev. ancora Ferrari, La vendita internazionale, cit., p.146 ss., e Schlechtriem, sub art. 3, in Commentaryon the UN Convention on the International Sale ofGoods (CISG) 2 , a cura di Schlechtriem e Schwenzer,Oxford, 2005 p. 58 ss.( 22 ) « A contract under which one party undertakes,for a price, to manufacture or produce goodsfor the other party and to transfer their ownership tothe other party is to be considered as primarily a contractfor the sale of the goods ».NLCC 3/4-2009


[Art. 4] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 675( 23 ) Per ulteriori riferimenti e per alcune precisazioni,legate anche alle peculiarità della previsionedel reg. « Bruxelles I » (che richiama un concetto,quello di « consegna », di cui invece non vi è traccianel reg. « Roma I », almeno in tema di vendita), v.Franzina, La giurisdizione in materia contrattuale,Padova, 2006, p. 309 ss.( 24 ) Entrambi i tipi, del resto, appaiono compresinella nozione di « vendita » <strong>agli</strong> effetti della Convenzionedi Vienna del 1980; v. Ferrari, La vendita internazionale,cit., pp. 126 ss. e 131.( 25 ) Vadasé, del resto, che la possibilità di riconnettereal negozio un’efficacia reale o soltanto obbligatoriadipenderà dal regime giuridico cui lo stesso èsoggetto: da una questione cioè, che va risolta perforza di cose sulla base della legge regolatrice del rapporto,ossia, logicamente, dopo che si sia individuatala norma di conflitto pertinente e sia individuata sullascorta di questa la lex contractus.5 n. 1 del reg. « Bruxelles I » ( 23 ), fa leva – comedetto – sull’idea secondo la quale la « vendita »,per come è intesa (anche) dalle norme comunitarie,assolve essenzialmente una funzione discambio. Se questo è vero, è da ritenere che vadanoin linea di principio ricondotte a tale categoria– l’unica, fra quelle contemplate dal regolamentoad incentrarsi su tale funzione – anchele figure contrattuali che, pur discostandosi perqualche aspetto dalla più specifica nozione dicompravendita rinvenibile in questo o quell’ordinamentointerno, mirino fondamentalmente arealizzare lo scambio di una cosa con un prezzo.In particolare, su queste basi, sembrerebberopotersi sussumere nella previsione di cui all’art.4, par. 1, lett. a), del regolamento i contratti che,secondo le categorie del diritto italiano, integrerebberola figura della somministrazione o quelladel contratto estimatorio ( 24 ). Per analogheragioni, assunta come scriminante la (generica)funzione della scambio, è da ritenere che sia irrilevante,ai fini della qualificazione del rapportocome « vendita » <strong>agli</strong> effetti del regolamento,la circostanza che il trasferimento del bene dall’unaall’altra parte sia voluto dalle parti (e possaavvenire) per effetto del solo consenso da essemanifestato oppure costituisca l’oggetto diun obbligo specificamente assunto dal venditorenei riguardi del compratore ( 25 ). Dalla sferaapplicativa della norma in commento, per contro,deve ritenersi escluso il leasing finanziario;tale contratto, infatti, pur potendo essere assortitodi un’opzione di acquisto in favore dell’utilizzatore,non sottende propriamente una funzionedi scambio, essendo diretto, piuttosto, adassicurare ad uno dei contraenti il godimentotemporaneo di un bene (fornito da un terzo)contro la corresponsione di un canone periodico( 26 ).Venendo al secondo dei problemi interpretativilegati alla ricostruzione del concetto di vendita,quello relativo alla qualificazione dei negozidiretti a preparare un’operazione di scambio oa predeterminarne il contenuto giuridico od economico,occorre anzitutto rilevare che, sebbenetali negozi non assolvono di per sé stessi unafunzione di scambio, appaiono nondimenostrumentali alla sua realizzazione: vuoi perchéintegrano una fattispecie a formazione progressivala cui funzione ultima è, appunto, lo scambiodi una cosa con un prezzo (si pensi ad uncontratto di opzione che prefiguri la conclusionedi una compravendita di beni mobili), vuoiperché assumono come proprio oggetto la regolamentazionedi futuri negozi traslativi (si pensiad un accordo che definisca, in vista della conclusionedi una serie non predeterminata dicontratti di compravendita, la formula da impiegareper il calcolo del prezzo delle merci ed iprincipali termini a cui le stesse dovranno esserefornite).La soluzione preferibile consiste nel ritenereche tali contratti possano in linea di principioessere inclusi nel concetto di « vendita di beni »<strong>agli</strong> effetti dell’art. 4, par. 1, lett. a), del regolamento,quanto meno quando esista fra essi ed ilnegozio traslativo di cui si discute un nesso particolarmentestretto. Ragionando in questo modo,in effetti, la soluzione dei conflitti di leggirelativi all’operazione economica divisata dalle( 26 ) Con riferimento alla nozione di compravenditaaccolta dalla Convenzione di Vienna, v. in tal sensoFerrari, La vendita internazionale, cit., p. 130. Nullaosta, invece, per le ragioni illustrate nel testo, che lanorma in commento regoli i conflitti di leggi relativial rapporto tra concedente e fornitore. Giova ricordare,per altro verso, che alcuni Stati membri, fra cuil’Italia, sono parti della Convenzione sul leasing finanziariointernazionale, aperta alla firma a Ottawa il<strong>28</strong> maggio 1988 e recante norme di diritto materialeuniforme concernenti tale operazione; il testo dellaconvenzione può leggersi nel sito dell’Unidroit (http://www.unidroit.org)dove sono egualmente indicatigli Stati per i quali tale strumento è in vigore.NLCC 3/4-2009


676reg. CE n. 593/2008[Art. 4]parti rivestirà carattere unitario, non occorrendodistinguere – a fronte di negozi fra loro collegatiin funzione della realizzazione di un unicoassetto di interessi – tra aspetti strettamente inerential trasferimento del bene e aspetti relativiai rapporti posti in essere dalle parti in vista didetto trasferimento. Si tratta, certo, di una letturagenerosamente estensiva della nozione di« vendita di beni » ( <strong>27</strong> ); essa tuttavia non apparedi per sé incompatibile con i canoni che presiedonoall’interpretazione dell’art. 4 del regolamento.E ciò, da un lato, perché il par. 1 dell’art.4 reca delle disposizioni speciali giustappostel’una all’altra su un piede di parità, e noncerto delle « eccezioni » ad una inesistente regolagenerale; dall’altro, perché la coerenza dellostatuto giuridico dell’operazione economica– che è l’obiettivo che la tesi proposta intenderaggiungere –èin linea con i valori che ispiranoin generale il regolamento, dato che per questavia risultano promosse l’uniformità della regolamentazionedella fattispecie e la certezza dellesituazioni <strong>giuridiche</strong> ad essa connesse ( <strong>28</strong> ).La soluzione appena proposta esige almenouna precisazione, relativa a contratti volti allapredeterminazione del contenuto giuridico edeconomico di un futuro negozio traslativo. L’inclusionedi tali contratti nella nozione di « vendita» vale esclusivamente per l’ipotesi in cuidetti contratti servano soltanto (o servano in via( <strong>27</strong> ) La soluzione indicata nel testo non equivale, aguardar bene, a quella che si otterrebbe, sulla base diuna lettura restrittiva del concetto di « vendita di beni», ricorrendo alla clausola di salvaguardia previstadall’art. 4, par. 3. La tesi qui sostenuta vuole infattiche il negozio traslativo ed i contratti ad esso strumentalisiano considerati per regola soggetti alla medesimalegge in ragione della comune applicazionead essi del criterio di collegamento di cui all’art. 4,par. 1, lett. a). Facendo leva sulla clausola di salvaguardia,tale unità sarebbe invece raggiunta solo invia eccezionale.( <strong>28</strong> )L’indicazione si evince dal 20 o considerandodel regolamento, dove – alludendo alla clausola disalvaguardia di cui all’art. 4, par. 3, del regolamento –si afferma che per identificare il paese con cui il contrattopresenta un collegamento manifestamente piùstretto di quello espresso dalle pertinenti disposizionidell’art. 4, parr. 1e2,« si dovrebbe considerare, tral’altro, se il contratto in questione sia strettamentecollegato a un altro contratto o ad altri contratti », inmodo da pervenire ad una unitaria disciplina di detticontratti sul piano conflittuale.del tutto prevalente) a fissare anticipatamente itermini di un futuro contratto di scambio.Quando all’aspetto « normativo », ora descritto,si affianchi un facere, la qualificazione delrapporto non potrà prescindere dalla considerazionedi altre figure tipiche previste dall’art. 4del regolamento, delle quali, se del caso, dovràfarsi applicazione in quanto lex specialis. Il problemasi pone per il contratto di affiliazione eper il contratto di distribuzione, disciplinati rispettivamentealla lett. e) e alla lett. f) dell’art. 4,par. 1. Tali contratti comportano normalmentel’elemento « normativo » sopra indicato, manon si esauriscono in esso, giacché integranodelle prestazioni di servizi e costituiscono deglischemi contrattuali funzionali (non già soltantoa uno scambio, ma soprattutto) a una stabilecooperazione fra imprese per fini commerciali( <strong>29</strong> ).3. – Resta ora da vedere quali siano precisamentei « beni » a cui deve riferirsi la « vendita» affinché il contratto di cui si discute rientrinella sfera applicativa dell’art. 4, par. 1, lett. a),del regolamento. Al riguardo è da ritenere che,a dispetto della genericità del termine impiegatoi soli beni contemplati dalla norma in discorsosiano i beni mobili materiali ( 30 ).( <strong>29</strong> ) Sulle disposizioni del regolamento relative atali contratti v. Marongiu Buonaiuti, infra, commentosub art. 4, III, par. 4.( 30 ) Utile, per determinare il significato da attribuire<strong>agli</strong> aggettivi « mobile » e « materiale », il confrontocon gli orientamenti ricostruttivi maturati neldiverso contesto della convenzione di Vienna del1980 sui contratti internazionali di compravendita dibeni mobili; in particolare, appare valida anche nell’ambitodel regolamento l’opinione secondo cui nonriguardano « beni mobili materiali » i contratti che riguardinoun software, a meno che non si tratti di softwareincorporato in un supporto materiale (Coscia,La disciplina della vendita internazionale e i suoi riflessisull’e-commerce, in Dir. comun. e scambi internaz.,2003, p. 633). Anche <strong>agli</strong> effetti del regolamento,poi, devono ritenersi « mobili » i beni che assumanotale carattere solo dopo la conclusione del contrattoe che vengano in rilievo come tali nella comunevolontà delle parti e in funzione della realizzazionedel programma negoziale (si pensi alla vendita di mineralio idrocarburi ancora non estratti, o alla venditadi prodotti agricoli non ancora venuti ad esistenza);cfr. Schlechtriem, sub art. 1, in Commentary on theUN Convention, cit., p. 30 s.NLCC 3/4-2009


[Art. 4] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 677Ciò emerge innanzitutto accostando la disposizionein esame alle altre previsioni dell’art. 4,par. 1, che interessano in modo specifico, allalett. c) e alla lett. h), i contratti aventi per oggetto« un diritto reale immobiliare » e i contrattidi acquisto e vendita di « strumenti finanziari »conclusi nell’ambito di un sistema multilateraleche consenta o faciliti l’incontro dei relativi interessi:a queste ultime disposizioni sono dunquericonducibili per ragioni di specialità alcunedelle fattispecie che, secondo un’ampia ricostruzionedel termine « beni », risulterebberoaltrimenti soggette alla norma in commento.Alla stessa conclusione, per altro verso, conduceil raffronto con le diverse versioni linguistichedella norma, tre delle quali – quella inglese,quella tedesca e quella spagnola – si riferiscononon già ai beni tout court ma ai soli benimobili corporali (« sale of goods »; « Kaufverträgeüber bewegliche Sachen »; « mercaderías»). Risulta in tal modo tutt’altro che decisivoil fatto che l’ambiguità del testo italiano troviriscontro in qualche altra versione, come quellafrancese (« biens »). La correttezza della soluzioneproposta appare infatti confermata dai lavoripreparatori, che attestano l’esistenza diprese di posizione di talune delegazioni in favoredella lettura restrittiva sopra indicata ( 31 ),nonché dal raffronto con l’art. 5, n. 1, lett. b),del reg. « Bruxelles I » ( 32 ). Quest’ultimo, infatti,pur riferendosi nella versione italiana in modogenerico ai « beni », deve ritenersi testualmenteconfinato ai beni mobili materiali, comeemerge ancora una volta da altre, più preciseversione linguistiche (« goods »; « beweglicheSachen »; « mercaderías »), compresa quellafrancese (« marchandises »).4. – La « vendita di beni », intesa nei terminisopra descritti, è sottoposta, in mancanza dielectio iuris, alla legge del paese in cui risiedeabitualmente il venditore ( 33 ). Il criterio presceltoriflette verosimilmente l’idea secondo la qualele questioni che il venditore è chiamato ad affrontarenell’esecuzione del contratto sono ingenere più numerose e più complesse (oltre cheeconomicamente più gravose) di quelle cui devefar fronte il compratore, il quale di solito è tenutosoltanto a pagare il prezzo e a prendere inconsegna le merci: dev’essere dunque apparsoragionevole, in queste condizioni, consentireper regola all’alienante di contare sull’applicazionedella « propria » legge, a lui familiare opiù agevolmente conoscibile ( 34 ).Sgravando il venditore dei « costi di transazione» connessi alla internazionalità dell’operazione(o quanto meno dei costi legati alla conoscenzadelle norme materiali regolatrici delrapporto) ( 35 ), il regolamento sembra inoltreesprimere, in sostanza, anche una sorta di favorper le piccole e medie imprese, quanto menoquelle esportatrici di beni. Su tali imprese, infatti,gli oneri informativi legati al « rischio »dell’applicazione di una legge straniera gravanoin misura maggiore di quanto non accada perle imprese di dimensioni maggiori, in generecapaci di assorbire detti costi in idonee economiedi scala. La sensibilità mostrata dalle istituzioniriecheggia gli obiettivi stabiliti nel Tratt.( 31 ) Cfr. gli interventi delle delegazioni tedesca eungherese riportati nel doc. n. 14708/06 del Consiglio,nel registro pubblico dei documenti del Consiglio(http://register.consilium.europa.eu), p. 43 e p.49.( 32 ) V., ancora, la regola di « continuità»interpretativadel 17 o considerando del reg. « Roma I ».( 33 ) La residenza abituale del venditore va determinataapplicando, ove rilevante, l’art. 19 del regolamento.Qualora i venditori siano più d’uno (in quantocomproprietari del bene venduto) e risiedano inStati diversi, il criterio dettato dall’art. 4, par. 1, lett.a), si rivelerà incapace di determinare la legge regolatricedel contratto e si dovrà dunque fare appello allasoluzione di cui all’art. 4, par. 4. Sul punto, v. Leandro,supra, commento sub art. 4, par. 8.( 34 ) Considerazioni simili a quelle affacciate nel testosono state invocate, ad es., per giustificare l’adozionedel criterio della residenza abituale del venditorenell’ambito della Convenzione dell’Aja del 22 dicembre1986 sulla legge applicabile ai contratti dicompravendita internazionale di beni mobili; cfr.Convention sur la loi applicable aux contrats de venteinternationale de marchandises – Rapport explicatif deArthur Taylor von Mehren, consultabile nel sito dellaConferenza dell’Aja di diritto internazionale privato(http://www.hcch.net), par. 15 ss.; nello stesso sito sirinviene anche il testo della convenzione.( 35 ) Sull’analisi economica delle norme di conflittoed il relativo linguaggio, v. di recente Ota, Choice ofLaw and Economic Analysis: A Methodological Introduction,inAn Economic Analysis of Private InternationalLaw, a cura di Basedow e Kono, Tübingen,2006, p. 3 ss.NLCC 3/4-2009


678reg. CE n. 593/2008[Art. 4]CE in tema di politica industriale e competitività( 36 ).Quanto al funzionamento del criterio in esamevalgono le previsioni generali di cui all’art.19 del regolamento relative ai parametri identificatividella residenza abituale delle « società,associazioni e persone <strong>giuridiche</strong> » e delle personefisiche che agiscano nell’esercizio delleproprie attività professionali, compresa l’ipotesiin cui il contratto di cui si discute sia stato conclusonel quadro dell’esercizio dell’attività diuna filiale, di un’agenzia o di qualunque altrasede di attività, e quella che ricorre allorché, secondoil contratto, la prestazione del venditoredebba essere fornita da una tale filiale, agenzia osede di attività. Sempre in base all’art. 19, il momentorilevante per determinare la residenzaabituale del venditore è quello della conclusionedel contratto.( 36 ) Nell’ambito della instaurazione di un « mercatointerno caratterizzato dall’eliminazione, fra gli Statimembri, degli ostacoli alla libera circolazione dellemerci, delle persone, dei servizi e dei capitali », ilTratt. CE mira tra le altre cose ad assicurare – ai sensidell’art. 157 –«le condizioni necessarie alla competitivitàdell’industria della Comunità», prescrivendo atal fine, alla Comunità e <strong>agli</strong> Stati membri, di « promuovereun ambiente favorevole all’iniziativa ed allosviluppo delle imprese di tutta la Comunità, segnatamentedelle piccole e medie imprese ».( 37 ) La Convenzione è in vigore per l’Italia dal 1 osettembre 1964. A partire dalla stessa data essa è invigore per gli Stati membri indicati nel testo (quantomeno in relazione ai loro territori metropolitani, datoche non risulta essere stata emessa alcuna dichiarazioneai sensi dell’art. 12 della convenzione stessa),nonché per la Danimarca e la Norvegia. La convenzioneè altresì in vigore per la Svizzera (dal <strong>27</strong> ottobre1972) e per il Niger (dal 10 dicembre 1972). Il Belgiol’ha denunciata il 19 febbraio 1999 con effetto dal 1 o5. – Come si è detto, la disciplina racchiusanel regolamento « cede » di fronte alle norme didiritto internazionale privato contenute nelleconvenzioni internazionali di cui siano partiunoopiù Stati membri e che disciplinino i conflittidi leggi in materia contrattuale. L’ipotesi,prefigurata dall’art. 25 del regolamento, si verificaper l’Italia, la Francia, la Finlandia e la Sveziain rapporto alla Convenzione dell’Aja del 15giugno 1955 sulla legge applicabile alla venditainternazionale di beni mobili ( 37 ). Elaborata nell’ambitodella Conferenza dell’Aja di diritto internazionaleprivato, la Convenzione del 1955 siapplica, ai sensi del suo art. 1, ai soli contratti« a carattere internazionale » (« à caractère international») aventi ad oggetto la « vendita »(« vente ») di « oggetti mobili corporali »(« objets mobiliers corporels ») ( 38 ). Priva di rilievo,ai fini dell’applicabilità della Convenzione,è la circostanza che il rapporto da regolarepresenti dei punti di contatto con Stati non vincolatialla convenzione stessa, le cui norme, delresto, sono suscettibili di richiamare indifferentementela legge di uno Stato contraente comequella di uno Stato terzo ( 39 ).Il testo della Convenzione non indica che cosaconferisca a un contratto carattere internazionale.Esso in tal modo sembra implicitamenteammettere che a questo fine possa prendersiin considerazione qualsiasi fattore, sia esso relativoalle parti (il loro diverso domicilio, la lorodiversa nazionalità, etc.), all’accordo fra esse intercorso(il luogo di negoziazione o conclusionesettembre dello stesso anno. L’Italia vi ha dato esecuzionecon l. 4 febbraio 1958, n. 50. La versione francesedella Convenzione, l’unica facente fede, può leggersinel sito della Conferenza dell’Aja di diritto internazionaleprivato (http://www.hcch.net).( 38 ) Le tre espressioni devono ricevere negli Staticontraenti un’interpretazione uniforme, in coerenzacon l’oggetto e lo scopo della convenzione, vale a direl’introduzione in detti Stati di un regime conflittualeinternazionalmente uniforme; cfr. Fredericq, Lavente internationale en droit international privé, inRec. des cours, 1958, vol. 93, p. 19 ss.( 39 ) Il carattere « universale » della disciplina indiscorso viene comunemente tratto dall’art. 7 dellaConvenzione, che pone a carico degli Stati contraentil’obbligo di introdurre le norme di conflitto contemplateda tale strumento « dans le droit national deleurs pays respectifs », prefigurando una completasostituzione delle norme di diritto comune in materia,senza che occorra distinguere a seconda che la situazioneda regolare sia connessa unicamente a due opiù Stati contraenti o anche ad uno Stato terzo. Indottrina, v. fra gli altri, in questo senso, Kahn, Laconvention de La Haye sur la loi applicable aux ventesà caractère international d’objets mobiliers corporels,in Journ. dr. internat., 1966, p. 304 s., e Luzzatto,voce Vendita (diritto internazionale privato), inEnc.dir., XLVI, 1993, p. 513. Nella giurisprudenza degliStati contraenti, v. fra le altre App. Milano 20 marzo1998, in Riv. dir. internaz. priv. e proc., 1998, p. 170ss., e Cassation 26 giugno 2001, nella banca dati Unilex(http://unilex.info).NLCC 3/4-2009


[Art. 4] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 679( 40 ) Cfr. Luzzatto, Vendita, cit., p. 513. In argomento,v. pure Fredericq, La vente internationale,cit., p. 21 ss. In argomento, con accenti diversi, v. pureKassis, Le nouveau droit européen des contrats internationaux,Paris, 1993, p. 525 ss.( 41 ) Così l’art. 1, par. 4, della Convenzione. Sulladiversa soluzione accolta nell’ambito del regolamentocirca la « internazionalità»del rapporto, v. Bertoli,supra, commento sub art. 1, I, par. 3.( 42 ) La Convenzione si limita a chiarire, a tale proposito,che essa disciplina la vendita su documenti.( 43 ) Sono pertanto sottratti al regime pattizio icontratti che prefigurino, attraverso lo scambio diuna cosa con un prezzo, un rapporto di cooperazionefra imprese basato sull’apporto fornito da una di essealla lavorazione di materie prime procurate dall’altra.In merito alla qualificazione dei rapporti che comportanotanto una « consegna » quanto un servizio,v. pure Cass. 9 giugno 1992, n. 7073, in Riv. dir. internaz.priv. e proc., 1994, p. 408 ss., secondo cui ladistinzione fra vendita e appalto, anche ai fini dellaConvenzione dell’Aja del 1955, « non si esaurisce inun confronto meramente quantitativo (...) tra il valoredella materia e quello della prestazione d’opera »,dovendo piuttosto « farsi riferimento alla volontà deicontraenti, per cui si ha appalto quando la prestazionedella materia costituisce un semplice mezzo per laproduzione dell’opera ed il lavoro è lo scopo essenzialedel negozio », così che « le modifiche da apportarea cose, pur rientranti nella normale attività produttivadell’imprenditore che si obbliga a fornire adaltri, consistono non già in accorgimenti marginali esecondari diretti ad adattarle alle specifiche esigenzedel destinatario della prestazione, ma sono tali da dardel contratto, la lingua in esso impiegata, etc.) oalle prestazioni previste (la loro proiezione geografica,etc.) ( 40 ). Viene per contro precisato intermini espressi che la semplice dichiarazionedelle parti volta ad assoggettare il contratto aduna certa legge o a devolvere le relative controversiealla cognizione di un determinato giudiceo di un arbitro non basta a convertire un rapportopuramente « domestico » in un rapporto« a carattere internazionale » ( 41 ). La Convenzionenon definisce in modo espresso neppure ilconcetto di « oggetto mobile corporale » ( 42 )néstabilisce quali siano, precisamente, i tratti caratteristicio essenziali del contratto di « vendita», salvo stabilire, all’art. 1, par. 3, che sono« assimilati » alla vendita i contratti riguardantila fornitura di beni mobili da fabbricare o daprodurre, allorché gravi sulla parte che s’impegnaa consegnarli l’onere di procurarsi le materieprime necessarie ( 43 ). Per espressa previsionedello stesso art. 1, sono comunque esclusedalla sfera applicativa della disciplina pattizia lavendita di titoli, la vendita di navi e aeromobiliregistrati, le vendite disposte dall’autorità giudiziaria(« par autorité de justice ») e quelle conclusenell’ambito di una procedura esecutiva(« sur saisie »).Sotto un diverso profilo, è da ritenere che laConvenzione del 15 giugno 1955 non trovi applicazionein tema di contratti di compravenditadi beni mobili conclusi in funzione del soddisfacimentodegli interessi familiari o personali delcompratore. A sostegno di questa opinione, chegode di un consenso pressoché unanime in dottrina( 44 ), viene generalmente invocata una dichiarazioneadottata d<strong>agli</strong> Stati rappresentati allaXIV sessione della Conferenza dell’Aja di di-luogo ad un opus perfectum, inteso come effettivo evoluto risultato della prestazione e configurato inmodo che la prestazione d’opera assuma, (...) sul pianoqualitativo e sotto il profilo teleologico, valore determinanteal fine del risultato da fornire alla controparte». Dalla giurisprudenza degli Stati contraentiemerge, sotto un diverso punto di vista, che risultanoestranei alla nozione di « vendita », quale è accoltadalla Convenzione, anche i contratti di concessionedi vendita, ferma restando l’applicabilità di dettaConvenzione ai singoli negozi traslativi conclusi nelquadro di un siffatto accordo; cfr. in tal senso Cassation22 giugno 1986, in Rev. crit. dr. internat. privé,1998, p. 56 ss., con nota di Batiffol, eCour d’appelParis 26 settembre 1996, in Rec. Dalloz, 1998, Sommaires,p. <strong>28</strong>5, con nota di Audit.( 44 )V.Rossi, Il problema dei conflitti fra le convenzionipromosse dalla Cee e dalla Conferenza dell’Ajasulla disciplina internazionalprivatistica dellevendite internazionali, inDir. comun. e scambi internaz.,1986, p. 375 ss., nonché Boschiero, La nuovaconvenzione dell’Aja sulla legge applicabile alla venditainternazionale, inRiv. dir. internaz. priv. e proc.,1986, p. 516, e Id., Il coordinamento delle norme inmateria di vendita internazionale, Padova, 1990, p.472 s. Nello stesso senso si pronunciano pure Pietrobon,Introduzione, inLa compravendita internazionale2 , a cura di Pietrobon, Torino, 2003, p. 34 eFerrari, Contratti dei consumatori, diritto comunitarioe convenzionale: i criteri di collegamento, inObbligaz.e contr., 2007, p. 978. Favorevole alla soluzioneindicata nel testo, pur rilevando le incertezze che circondanoil problema, è anche Lagarde, Le limitesobjectives de la convention de Rome (conflits de lois,pimauté du droit communautaire, rapports avec les autresconventions), inRiv. dir. internaz. priv. e proc.,1993, p. 40 s.NLCC 3/4-2009


680reg. CE n. 593/2008[Art. 4]ritto internazionale privato ( 45 ), nella quale,constatato che « les intérêts des consommateursn’ont pas été pris en considération » all’epocain cui la Convenzione del 1955 venne negoziata,si afferma che tale strumento « ne met pas obstacleà l’application par les Etats parties de règlesparticuliers sur la loi applicable aux ventesaux consommateurs » e si raccomanda chel’eventuale introduzione di regole siffatte adopera degli Stati contraenti sia da questi portataa conoscenza del Bureau permanent della Conferenza( 46 ). Sul significato da attribuire a taledichiarazione e sulle ragioni in virtù delle qualiessa assicura l’inapplicabilità del regime convenzionaleai contratti di consumo non vi è, fr<strong>agli</strong> studiosi, unanimità di vedute ( 47 ). Ad avvisodi chi scrive, il documento citato riveste essenzialmenteuna valenza interpretativa, in quantodocumenta (e « consolida ») un’interpretazioneevolutiva delle norme concernenti la sfera di applicazionemateriale della Convenzione dell’Aja.Va infatti rilevato, nella prospettiva di una lettura« sistematica » della Convenzione, sensibilealla necessità di ricostruire il senso di quanto iviprevisto alla luce delle altre regole internazionali(anteriori o posteriori alla convenzione) applicabiliai rapporti fra le parti ( 48 ), che le normeuniformi in materia di contratti (norme di conflittoo norme materiali) che hanno visto la luce( 45 ) La dichiarazione, inclusa nell’atto finale dellaXIV sessione della Conferenza, datato 25 ottobre1980, è riprodotta in Riv. dir. internaz. priv. e proc.,1981, p. 250 s. Erano rappresentati alla Conferenzatutti gli Stati contraenti della convenzione stessaescluso il Niger, il quale non era, e non è, membrodella Conferenza.( 46 ) Non risulta che il Bureau permanent abbia mairicevuto informative come quelle contemplate dallaraccomandazione.( 47 ) I diversi orientamenti degli studiosi sono descrittida Cannada Bartoli, Questioni di diritto internazionaleprivato relative alla direttiva sulle clausoleabusive nei contratti stipulati da consumatori, inRiv. dir. internaz., 1995, p. 3<strong>27</strong> s.( 48 )L’art. 31, par. 3, lett. c), della Convenzione diVienna del 1969 sul diritto dei trattati dispone, nell’ambitodella « regola generale » sull’interpretazionedei trattati, che si debba tener conto, fra le altre cose,di « any relevant rules of international law applicablein the relations between the parties ». Su tale previsionee sulla sua utilizzabilità in vista di una lettura« dinamica » delle norme pattizie, v. per tutti Gardiner,Treaty Interpretation, Oxford, 2008, p. 253 ss.successivamente alla Convenzione in esame nonpretendono quasi mai di assoggettare ad unostesso trattamento i rapporti fra imprese e quellifra imprese e consumatori. La specificità deicontratti di consumo e l’esigenza di prevedereper essi un regime distinto da quello applicabilealla generalità dei rapporti è anzi espressamenteattestata in quasi tutti i moderni strumenti adottatiin quest’area, a partire da quelli concepitinegli anni ’70 del secolo scorso, come dimostrano– fra le altre – la già citata Convenzione diVienna del 1980 sui contratti di compravenditainternazionale di beni mobili ( 49 ) e la stessaConvenzione di Roma ( 50 ). È plausibile che talesviluppo, anche se di per sé «esterno » allaConvenzione dell’Aja, abbia giustificato (e giustifichituttora) una lettura aggiornata della ge-( 49 ) La Convenzione esclude dalla propria sferaapplicativa, ai sensi dell’art. 2, lett. a), la compravenditadi merci « bought for personal, family or householduse, unless the seller, at any time before or atthe conclusion of the contract, neither knew nor oughtto have known that the goods were bought forany such use ». Su tale previsione, v. per tutti Schlechtriem,sub art. 2, in Commentary on the UN Convention,cit., p. 41 s. La formula ricalca quella che silegge nell’art. 4, lett. a), della Convenzione del 12giugno 1974 sulla prescrizione nella vendita internazionaledi beni mobili, peraltro non in vigore perl’Italia; il testo di tale convenzione si legge nel sitodell’Uncitral (http://www.uncitral.org). Nella suaparte iniziale (esclusa, cioè, la previsione sulla conoscenzao la conoscibilità dell’impiego « domestico »dei beni), la regola è poi « transitata » in altri strumenticonvenzionali: v., ad es., l’art. 1, par. 4, dellagià menzionata Convenzione di Ottawa sul leasing finanziariointernazionale, nonché l’art. 4, lett. a), dellaConvenzione delle Nazioni unite sulla cessione delcredito nel commercio internazionale, del 12 dicembre2001, anch’essa reperibile nel sito dell’Uncitral,el’art. 2, lett. a), della Convenzione delle Nazioniunite del 23 novembre 2005 sull’uso delle comunicazionielettroniche nei contratti internazionali (ivi).( 50 ) Il riferimento è all’art. 5 della Convenzione diRoma. Indizi di una presa di consapevolezza dellaspecificità di questi contratti da parte degli Stati sonorintracciabili anche in epoca precedente; v., ad. es.,Replies made by governments to the questionnaires onthe judicial and quasi-judicial systems for the protectionof consumers’ rights and on the improper terms insales, hire purchase and hire contracts concerning movablegoods, a cura dello European Committee on LegalCooperation del Consiglio d’Europa, Strasbourg,1974.NLCC 3/4-2009


[Art. 4] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 681nerica nozione di « vendita » accolta in tale testo,la cui portata – in coerenza con quantoemerso negli strumenti più recenti – deve dunquereputarsi confinata ai contratti fra imprese( 51 ). La dichiarazione sopra menzionata « riconosce» questo stato di cose: la disciplina pattizia–èquesto in sostanza il significato dellaformula richiamata poc’anzi – va intesa nel sensoche essa non « vuole » regolare i conflitti leggiquando la vendita riguardi un bene di consumo;essa cioè non impedisce <strong>agli</strong> Stati contraentidi adottare, per tali negozi, delle regole diverseda quelle previste nella convenzione medesima.Dalla dichiarazione, in definitiva, emerge laconferma di una ricostruzione cui l’interpretepoteva già pervenire, sia pure in modo meno sicuro,sulla base del predetto argomento sistematico.Ma non solo. La dichiarazione sembrain grado, nello stesso tempo, di « consolidare »il risultato ermeneutico di cui si è detto, cioè diapportare una autonoma base argomentativa asuo sostegno; ciò a patto che si possa dire (comea noi sembra) che l’atto in esame sottenda un« accordo » degli Stati contraenti circa l’interpretazionedella Convenzione ( 52 ). Il risultatosopra descritto, in effetti, era verosimilmentequello perseguito dai paesi scandinavi, parti dellaConvenzione (i quali avevano minacciato di( 51 ) Quali siano, precisamente, le fattispecie che aquesto titolo devono ritenersi escluse dalla sfera applicativadella convenzione non è facile a dirsi. La soluzionemigliore, in quanto coerente con gli argomentiproposti nel testo, consiste nel dire che sonoestranei alla Convenzione dell’Aja i soli contratti chesecondo la generalità degli strumenti normativi in vigorenei rapporti fra gli Stati contraenti della stessaConvenzione dell’Aja risultano ascritti alla categoriadei contratti di consumo: ci pare, in pratica, che sidebba fare riferimento, visto il suo valore « paradigmatico», alla formula utilizzata dall’art. 2, lett. a),della Convenzione di Vienna.( 52 ) Ai sensi dell’art. 31, par. 3, lett. a), della Convenzionedi Vienna del 1969 il « contesto » di untrattato comprende, a fini interpretativi, « any subsequentagreement between the parties regarding theinterpretation of the treaty or the application of itsprovisions ». Agli effetti di tale disposizione (e dellaConvenzione di Vienna in genere), il termine « accordo» abbraccia qualsiasi atto che esprima la concordevolontà di due o più Stati, anche se non riveste (comein questo caso) i caratteri formali del « trattato » (v.ancora Gardiner, Treaty Interpretation, cit., p. 203s.).denunciare tale strumento, temendo di non poterrealizzare con esso quella politica di tuteladel consumo cui si mostravano già allora sensibili)( 53 ), e accettato d<strong>agli</strong> altri Stati, quanto menoda quelli, rappresentati alla XIV sessionedella Conferenza, che hanno preso parte alla dichiarazioneo non ne hanno impedito l’adozione.La prassi successivamente seguita d<strong>agli</strong> Stati,quale emerge dall’analisi della giurisprudenzainterna, conforta ulteriormente la soluzioneillustrata, non conoscendosi casi in cui la Convenzionedell’Aja sia stata applicata ad un contrattoconcluso per scopi personali, familiari odomestici.6. – Il confronto fra il reg. « Roma I » elaConvenzione dell’Aja lascia emergere numerosielementi di somiglianza fra i due testi, ma anche,puntualmente, differenze capaci di implicazionipratiche di rilievo.Anche la Convenzione dell’Aja, come il regolamento,si basa su un ampio riconoscimentodell’autonomia privata: la vendita, dice l’art. 2,par. 1, della Convenzione, è disciplinata dallalegge designata dalle parti. Nulla si dice in meritoal possibile oggetto della electio iuris (ma èopinione diffusa che le parti possano convenireanche l’applicazione della legge di un paese colquale il rapporto non presenti alcuna connessione,come peraltro accade nell’ambito del regolamento)( 54 ), né in merito alla possibilità, peri contraenti, di designare la legge regolatrice delcontratto, o modificare una scelta già fatta, anchedopo la conclusione dello stesso: la Convenzionenon sembra ammettere una simile facoltà,ma nulla impedisce che le parti concludanoun nuovo contratto, modificativo del precedente,e lo assoggettino ad una legge diversa daquella originaria (questa, però, produrrà effettiex nunc, e dunque, verosimilmente, non inficerài diritti acquisiti dai terzi in relazione al primocontratto e in forza della relativa legge regolatrice,analogamente a quanto avviene nell’ambito( 53 ) Lanciotti, Le norme uniformi di conflitto emateriali nella disciplina convenzionale della compravendita,Napoli, 1992, p. 247 ss.( 54 ) Luzzatto, Vendita, cit., p. 514; Pietrobon,Introduzione, cit., p. <strong>27</strong> s.NLCC 3/4-2009


682reg. CE n. 593/2008[Art. 4]( 55 ) Sulla electio iuris successiva alla conclusionedel contratto, v. Gardella, supra, commento sub art.3, I, par. 12.( 56 ) Cfr. il Rapporto di Juillot de la Morandière,cit., p. <strong>27</strong>. In dottrina, v. in questo senso, per tutti,Luzzatto, Vendita, cit., p. 514. Sul dépeçage volontarionel reg. « Roma I », v. invece Gardella, supra,commento sub art. 3, I, par. 4.( 57 )Può naturalmente essere « espressa », ai finidella Convenzione, anche una scelta compiuta dalleparti solo oralmente; v. Fredericq, La vente internationale,cit., p. 42.( 58 ) Lando e Nielsen, The Rome I Regulation, inCommon Market Law Rev., 2008, p. 1698.( 59 ) In proposito, v. più ampiamente Gardella,supra, commento sub art. 3, I, par. 11.del regolamento in base all’art. 3, par. 2) ( 55 ).Mancano nella Convenzione, previsioni specificheriguardanti la possibilità di procedere consensualmentead un « frazionamento » del contratto(c.d. dépeçage); ciò parrebbe deporre nelsenso della inammissibilità di tale tecnica ( 56 ).Circa invece le modalità espressive della scelta,la convenzione dispone, al par. 2 dello stessoart. 2, che l’electio – quando non sia espressa( 57 ) – debba risultare in modo indubbio (« indubitablement») dalle disposizioni del contratto(« dispositions du contrat »). La formula usatadalla Convenzione dell’Aja appare più rigidadi quella dell’art. 3, par. 1, del regolamento ( 58 );eciò sia sotto il profilo del « materiale » da cuipuò trarsi la prova dell’esistenza e del contenutodi una scelta tacita (il regolamento, infatti,non richiama soltanto le « disposizioni del contratto» ma anche le « circostanze del caso »),quanto dal punto di vista del parametro secondocui il consenso delle parti dev’essere apprezzato(la norma comunitaria si limita a richiedereche la designazione risulti « chiaramente » dalleclausole del contratto o dalle circostanze, senzapretendere che tali elementi forniscano una« indubbia » rappresentazione della scelta). Ilrilievo pratico di queste differenze non sembraperaltro dover essere sopravvalutato, specie perquanto concerne il secondo dei profili testé evocati,dato che anche nel sistema del regolamentola possibilità di affermare l’esistenza di una electiotacita è pur sempre subordinata a una verificarigorosa della effettiva, comune volontà delleparti ( 59 ).Per il caso in cui manchi un accordo circa lalegge applicabile al rapporto, anche la Convenzionedell’Aja richiama – all’art. 3, par. 1 – lalegge del paese in cui si trova la residenza abitualedel venditore ( 60 ). La Convenzione nonchiarisce che cosa debba intendersi per « residenzaabituale », ma contempla espressamentel’ipotesi in cui il contratto sia stato conclusonell’ambito dell’attività di un «établissement »del venditore, stabilendo che in tal caso si avràriguardo al luogo in cui quest’ultimo è situato( 61 ).La disposizione ora ricordata è corredata dauna deroga. L’art. 3, par. 2, della Convenzioneprevede infatti che la vendita sia regolata dallalegge del paese in cui risiede abitualmente ilcompratore, se risulta che in tale paese sia statoricevuto l’ordine ( 62 ) dal venditore, da un suo( 60 ) « Adéfaut de loi déclarée applicable par lesparties (...), la vente est régie par la loi interne dupays où le vendeur a sa résidence habituelle au momentoù il reçoit la commande ». Affiancando al criteriodella residenza la considerazione del luogo incui l’ordine è stato ricevuto (v. anche subito infra, neltesto, con riguardo all’art. 3, par. 2), la Convenzionefinisce di fatto col determinare la lex contractus in ragionedel luogo in cui il contratto è stato concluso,secondo uno schema che all’epoca della elaborazionedi tale disciplina incontrava ampi consensi; v. Fabre-Dubout, La localisation du contrat entre lieux etespace, Marseille, 2007, p. 338 s.( 61 ) « Si la commande est reçue par un établissementdu vendeur, la vente est régie par la loi internedu pays où est situé cet établissement ». La soluzioneriecheggia quella prevista all’art. 19, par. 2, del regolamento.( 62 ) Anche il termine « ordine » (« commande ») èprivo, nella Convenzione, di una definizione esplicita.Per Fredericq, La vente internationale, cit., p.55, l’espressione rimanda all’idea di una dichiarazionenegoziale « ferma », suscettibile di far sorgere unvincolo in capo a chi la emette. Più articolata, sulpunto, la riflessione di Heuzé, La réglementationfrançaise des contrats internationaux, Paris, 1990, p.317, che vede nel termine « commande » non già unriferimento alla « conclusione » del contratto, ma « lapremière expression de la volonté de l’acheteur des’engager, même si cette volonté n’est pas ensuite suivied’effets », di modo che, se il venditore, una voltaconseguito il consenso del compratore attraverso ilproprio rappresentante nel paese di quest’ultimo,modificasse in modo sostanziale la proposta e questasi saldasse all’accettazione dell’altra parte, il luogo daconsiderare – ai fini della convenzione – sarà quelloin cui è stata ricevuta (dal rappresentante, dunque) laprima dichiarazione del compratore. La soluzione af-NLCC 3/4-2009


[Art. 4] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 683rappresentante, da un suo agente o da un suocommesso viaggiatore ( 63 ). In circostanze comequelle appena descritte, un compratore di buonafede potrebbe in effetti non conoscere (oavere difficoltà a conoscere) la residenza abitualedel venditore, e potrebbe addirittura nonrappresentarsi (o non rappresentarsi agevolmente)l’internazionalità del rapporto, confidandodunque « spontaneamente » nell’applicazionedella legge locale ( 64 ). Questa deroga, lacui giustificazione appare oggi meno solida diquanto non lo fosse all’epoca in cui è stata concepita(visto il progresso delle tecnologie dell’informazionee l’accresciuta « familiarità»delleimprese, anche medie e piccole, con i rapportid’affari a carattere transnazionale), conducein un rilevante numero di casi a risultati praticidiversi da quelli del regolamento ( 65 ).Analoghi « scollamenti » fra gli esiti applicatividel regolamento e quelli della Convenzionepossono infine discendere dal fatto che quest’ultima,tributaria in larga parte della posizionedei paesi di civil law ( 66 ), favorevoli all’impiegodi criteri di collegamento a carattere rigido,non offre all’interprete la possibilità di pervenire,anche solo in via d’eccezione, a soluzioni diverseda quelle indicate nelle norme citate ove ilcontratto di cui si discute presenti un collegamentopiù intenso con un altro paese ( 67 ).7. – A prescindere dalle divergenze appenasegnalate, la persistente applicabilità del regimeconvenzionale determina l’insorgere di puntualiesigenze di coordinamento con la disciplina comunitaria,talora non facili a soddisfarsi. Il problemanasce essenzialmente dal fatto che laConvenzione, come il regolamento, non contienesoltanto delle norme di conflitto strettamenteintese, ma anche delle norme che mirano adincidere sul loro funzionamento (precisando, ades., se il richiamo del diritto straniero implichil’applicabilità delle relative norme di diritto internazionaleprivato, o meno) o a precisarne laportata (stabilendo, ad es., quali questioni debbanoreputarsi regolate dalla lex contractus equali siano ad essa estranee). Il contenuto diqueste norme « di funzionamento » è taloraidentico a quello delle corrispondenti disposizionicontenute nel regolamento: si pensi, fra lealtre, alla previsione in forza della quale l’esistenzae la validità del pactum de lege utendadebbono v<strong>agli</strong>arsi sulla scorta della legge sceltafacciata dall’A. ora ricordato non è priva di inconvenientipratici, potendo essere difficile identificare, all’internodi una sequenza di dichiarazioni precontrattuali(magari assai informali), il momento preciso incui la volontà del compratore, pur suscettibile di modificheed integrazioni, assume i connotati di un « ordine» propriamente inteso. L’approccio opposto,consistente nell’equiparare la ricezione dell’ordine alperfezionamento del vincolo contrattuale, potrebbeanch’esso peraltro dar luogo a problemi ricostruttividi non poco momento, giacché richiederebbe all’interpretedi stabilire, in funzione della norma, quandoe dove il contratto sia stato concluso: una verifica,questa, che difficilmente potrebbe essere condottasenza un riferimento alle norme che disciplinano laformazione del contratto, e dunque sulla scorta di unordinamento che dovrebbe essere previamente identificatoattraverso un meccanismo conflittuale. Sul tema,v. comunque App. Milano <strong>29</strong> maggio 2001, inRiv. dir. internaz. priv. e proc., 2002, p. 742 ss., che affermal’applicabilità della legge italiana, in forza dell’art.3, par. 2, della Convenzione dell’Aja, in un casoin cui gli ordini, ancorché pervenuti in un altro paese,costituiscano « lo sviluppo predefinito di un’intesapiù generale conclusa in Italia ».( 63 ) « Toutefois, la vente est régie par la loi internedu pays où l’acheteur a sa résidence habituelle, oudans lequel il posséde l’établissement qui a passé lacommande, si c’est dans ce pays que la commande aété reçue, soit par le vendeur, soit par son représentant,agent ou commis-voyageur ».( 64 ) Kahn, La convention de La Haye, cit., p. 332s.( 65 ) Deve in effetti escludersi che una soluzionecome quella contemplata dall’art. 3, par. 2, dellaConvenzione dell’Aja possa essere raggiunta, nell’ambitodel regolamento, sulla base degli elementi diflessibilità offerti da quest’ultimo strumento: la clausoladi salvaguardia prevista dall’art. 4, par. 3, delnuovo testo non sembra infatti permettere che il criteriodella residenza abituale del venditore possa conoscereun’eccezione per il solo fatto che in un diversopaese (il paese del compratore) si localizzi una(una sola) circostanza relativa al rapporto, tanto piùse tale circostanza – la ricezione dell’ordine – si rivelidi per sé stessa scarsamente idonea a riflettere il baricentroeconomico del rapporto de quo e le verosimiliaspettative delle parti.( 66 ) Pelichet, La vente internationale des marchandiseset le conflit de lois, inRec. des Cours, 1987,vol. 201, p. <strong>27</strong>.( 67 ) Sugli elementi di flessibilità della disciplina regolamentarev. invece Leandro, supra, commentosub art. 4, I, par. 8 s.NLCC 3/4-2009


684reg. CE n. 593/2008[Art. 4]dalle parti ( 68 ), o a quella che dispone la irrilevanzadel « rinvio » (una soluzione, questa, chela Convenzione accoglie prescrivendo l’applicazione,in forza delle proprie norme di conflitto,de « la loi interne » del paese richiamato) ( 69 ). Ilpiù delle volte, però, le norme « di funzionamento» dettate dalla Convenzione si rivelanomeno precise di quelle del regolamento, tantoche in certi casi non forniscono semplicementealcuna risposta a questioni che nel regime comunitariorinvengono, viceversa, una disciplinaarticolata. Si tratta di capire, in queste condizioni,se negli Stati membri vincolati dalla Convenzionepossano trovare applicazione le soluzioniofferte dal reg. « Roma I ».In proposito occorre premettere che, ai sensidel suo art. 25, il reg. CE n. 593/2008 « nonosta » all’applicazione delle convenzioni internazionalidi cui siano parti uno o più Stati membri.La norma, lungi dal riservare alle convenzioniin questione il compito di regolare sottoogni aspetto le fattispecie rientranti nel rispettivocampo di applicazione, non esclude che il regimecomunitario spieghi anche in rapporto atali fattispecie tutti gli effetti di cui è capace; eciò alla sola condizione che si tratti di effettinon incompatibili con il rispetto degli obblighiassunti d<strong>agli</strong> Stati in virtù delle predette convenzioni.Il regolamento, infatti, « vuole » diper sé disciplinare anche le particolari categoriecontrattuali che formano l’oggetto di tali convenzioni,ma rinuncia a farlo – in forza della citataclausola di subordinazione – solo se ed inquanto ciò metta a repent<strong>agli</strong>o l’osservanza delleconvenzioni medesime da parte degli Statimembri interessati ( 70 ). In pratica, per quantointeressa in questa sede, occorre stabilire sel’applicazione delle norme « di funzionamento» dettate dal regolamento comporti, per gliStati membri vincolati dalla Convenzione dell’Aja,una violazione degli obblighi derivanti daquest’ultimo strumento.La risposta appare agevole allorché sia la stessaConvenzione a definire in modo esplicito ipropri « limiti oggettivi », ad es. dichiarando dinon voler disciplinare talune questioni suscettibilidi interessare i rapporti da essa regolati. Ciòaccade in particolare nell’art. 5, il quale menziona,fra le questioni non regolate dal regime pattizio,la capacità delle parti e la forma del contratto.Nulla allora impedisce, dal « punto di vista» della Convenzione, che tali questioni,quand’anche insorgano in uno Stato parte dellaConvenzione stessa con riferimento ad unacompravendita di oggetti mobili corporali, sianorisolte, rispettivamente, in base <strong>agli</strong> <strong>artt</strong>. 13 e11 del reg. « Roma I » ( 71 ).Allo stesso modo, pur in assenza di una esplicitapresa di posizione nel regime convenzionale,è da credere che rispetto ai contratti di compravenditadi beni mobili trovino impiego, intutti gli Stati membri vincolati dal regolamento,l’art. 10, par. 1, l’art. 12 e l’art. 18 del regolamento,relativi, rispettivamente, alla esistenza ealla validità sostanziale del contratto, all’ambitodella lex contractus e all’onere della prova. Queste,infatti, sono norme che rendono esplicita,precisandone il contenuto, una soluzione diprincipio che la stessa convenzione sembra farpropria: quella che consiste nell’assicurare in lineadi principio che la legge regolatrice del contratto,quale è individuata dalle pertinenti regoledi conflitto, trovi applicazione con riguardoalla generalità delle questioni suscettibili di insorgerein relazione al rapporto ( 72 ).( 68 ) Si faccia un raffronto tra l’art. 2, par. 3, dellaConvenzione (« Les conditions, relatives au consentementdes parties quant à la loi déclarée applicable,sont déterminées par cette loi ») el’art. 3, par. 5, delregolamento.( 69 ) Così, fra gli altri, Fredericq, La vente internationale,cit., p. 41, e Loussouarn, La conventionde La Haye sur la loi applicable aux ventes à caractèreinternational d’objets mobiliers corporels, inÉtudesjuridiques, offertes à Léon Julliot de la Morandière parses élèves et ses amis, Paris, 1964, p. 319.( 70 )V.Franzina, infra, commento sub <strong>artt</strong>. 25 e26, par. 3.( 71 ) Considerazioni distinte debbono essere fatteper le altre questioni che la Convenzione dell’Aja dichiaraespressamente di non disciplinare, ossia laquestione del trasferimento della proprietà, cui ancheil reg. « Roma I »èinapplicabile, e la questione deglieffetti che la vendita è idonea a produrre nella sferadei terzi, dovendosi rilevare come – per l’opinionepreferibile – la disciplina di questo profilo del rapportodebba sì essere cercata nella legge richiamatadal regolamento, con esclusione però dei c.d. effettiriflessi dell’accordo; su questi aspetti v. più ampiamenteLeandro, infra, commento sub art. 12, par. 1.( 72 ) Diverse, proprio per questo, sono le considerazionida farsi in relazione l’art. 10, par. 2, del rego-NLCC 3/4-2009


[Art. 4] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 685Anche l’art. 22 del regolamento, in tema di richiamodi ordinamenti plurilegislativi, dovrebbepoter integrare, nei termini predetti, la disciplinadella Convenzione dell’Aja. Quest’ultima,lamento, che introduce una deroga al principio indicato.Vi si dispone, infatti, che un contraente, « al finedi dimostrare che non ha dato il suo consenso »,può sempre « riferirsi alla legge del paese in cui ha laresidenza abituale, se dalle circostanze risulta chenon sarebbe ragionevole stabilire l’effetto del comportamentodi questo contraente secondo la leggeprevista nel par. 1 »; su tale previsione v. Cortese,infra, commento sub art. 10, par. 3. Nella giurisprudenzadegli Stati contraenti della Convenzione dell’Ajaè stato affermato che spetta alla lex contractus,fra le altre cose: stabilire le condizioni che determinanola validità del contratto e delle sue disposizioni(Tribunal de grande instance Paris 13 marzo 1978, inRev. crit. dr. internat. privé, 1979, p. 415 ss., con notadi Gaudemet-Tallon), e le conseguenze dell’eventualenullità dell’accordo (Cassation 7 ottobre 1997,ivi, 1998, p. 84 ss.); definire il luogo di adempimentodelle obbligazioni assunte dalle parti in forza del contratto(Cassation 6 febbraio 1996, ivi, 1996, p. 504 ss.,con nota di Droz); fissare i presupposti e le conseguenzedella risoluzione del contratto (Tribunal decommerce Paris <strong>27</strong> settembre 1968, ivi, 1969, p. 700ss., con nota di Kahn), compresi gli obblighi restitutoriche ad essa si ricollegano (Appel Paris 14 gennaio1998, in Dalloz, 1998, Sommaires, p. <strong>28</strong>8 ss., con notadi Audit); stabilire i criteri atti ad accertare la conformitàdei beni rispetto al contratto e individuare irimedi esperibili dal compratore in caso di non conformità(Cassation 18 ottobre 1989, in Bulletin des arrêtsdes Chambres civiles, 1989, I, p. 215 ss.); dettarele condizioni alle quali può ritenersi valida un’eventualeesclusione convenzionale della responsabilitàper i vizi (Cassation 4 ottobre 1989, in Rev. crit. dr.internat. privé, 1990, p. 316 ss., con nota di Lagarde);definire le condizioni alle quali può farsi luogoalla compensazione di crediti derivanti da contratti dicompravendita (Trib. Padova 25 febbraio 2004, inRiv. dir. internaz. priv. e proc., 2004, p. 697 ss.). Restanoper contro estranee all’ambito della lex contractus,come determinata dalla convenzione, le questioniche pur riguardando una compravendita di beni mobilinon attengono propriamente allo statuto giuridicodel contratto: così, ad es., la giurisprudenza haescluso che, nel quadro di una catena di contratti dicompravendita, la legge applicabile alla action directepromossa dal subacquirente in relazione ai vizi riscontratinelle merci possa essere determinata in basealla Convenzione del 1955, non esistendo fra l’attoreel’impresa convenuta alcun rapporto contrattuale;Cour d’appel Colmar 8 luglio 1997, in Rev. crit. dr. internat.privé, 1998, p. 267, con nota Baurreis.in effetti, non sembra in alcun modo contemplarel’eventualità di un richiamo a un ordinamentocomposto da una pluralità di sistemi privatisticisu base territoriale, implicitamente rimettendosialle norme in vigore nel foro, cioè anorme che negli Stati membri devono oramaiidentificarsi – ove si tratti di « obbligazioni contrattuali»–nel reg. CE n. 593/2008.Meno facile è stabilire se, ed eventualmente ache titolo, possano trovare applicazione, rispettoalle fattispecie comprese nella sfera applicativadella Convenzione dell’Aja, le disposizioniche nel reg. « Roma I » mirano ad assicurare –secondo « schemi » differenti, come spiegato altrove( 73 ) – il rispetto di determinate norme materialia carattere imperativo. Va subito rilevatoche il problema non ha concreta ragione di porsiper l’ipotesi contemplata dall’art. 3, par. 3,del regolamento, dato che – come si è visto – laconvenzione si dichiara tout court inapplicabileai contratti il cui unico elemento di internazionalitàsia rappresentato dalla scelta operata dalleparti in favore di una legge straniera: tali contratti,« internazionali » <strong>agli</strong> effetti del regolamentoma non <strong>agli</strong> effetti della Convenzione, sarannosenz’altro soggetti alla sola disciplina comunitaria.Le difficoltà sorgono, piuttosto, perl’art. 3, par. 4, del regolamento – che fa salval’applicazione delle norme imperative di originecomunitaria allorché il contratto risulti collegatoalla sola vita giuridica di uno o più Statimembri e le parti abbiano convenzionalmenteeletto la legge di uno Stato terzo – e per la previsionedi cui all’art. 9 dello stesso testo normativo,concernente le norme di applicazione necessariadella lex fori e della lex loci solutionis.Dare rilievo alle norme imperative di un ordinamentodiverso dalla legge regolatrice del contrattointegra, a prima vista, un sostanziale allontanamentodalle norme della Convenzione,suscettibile di tradursi in risultati pratici divergentida quelli attesi dalle parti del rapporto ed<strong>agli</strong> stessi Stati contraenti come conseguenzadell’impiego del regime ivi previsto. Sembrerebbedunque inevitabile concludere che le normeappena ricordate non possano in alcun casoessere impiegate negli Stati membri vincolati( 73 )V.Biagioni, supra, commento sub art. 3, II,par. 1.NLCC 3/4-2009


686reg. CE n. 593/2008[Art. 4]( 74 ) Sul contributo della Conferenza dell’Aja allosviluppo della categoria delle norme internazionalmenteimperative, v. anche Seatzu, voce Conferenzeinternazionali – II) Conferenza dell’Aja di diritto internazionaleprivato, inEnc. giur. Treccani, VIII, Roma,2004, p. 6.( 75 ) « Dans chacun des Etats contractants, l’applicationde la loi déterminée par la présente conventionpeut être écartée pour un motif d’ordre public ».( 76 ) Significativo è il dibattito sviluppatosi in senoalla Conferenza dell’Aja in occasione della elaborazionedella già ricordata Convenzione del 1986 sullavendita, più precisamente in rapporto a quello chesarebbe divenuto l’art. 17 di tale Convenzione. Laprima parte del testo proposto a questo fine, riferitaalle sole norme di applicazione necessaria del foro,venne vista da alcuni delegati come una « ragionevoleestensione » della logica sottesa al meccanismo dell’ordinepubblico e fu adottata senza particolari difficoltà.La seconda parte, dichiaratamente ispirata all’art.7, par. 1, della Convenzione di Roma del 1980 etesa ad offrire al giudice la possibilità di dare efficaciaalle norme di uno Stato terzo, con cui la fattispeciepresentasse uno stretto collegamento, fu invece oggettodi varie obiezioni e dovette in ultima analisi essereabbandonata. Cfr. Convention sur la loi applicableaux contrats de vente internationale de marchandises,cit., par. 158 ss.dalla convenzione, pena una violazione dellastessa.In realtà, per quanto riguarda le norme di applicazionenecessaria, va rilevato che se la Convenzionedell’Aja non menziona in modo specificotale categoria di disposizioni, ciò si deve verosimilmenteal fatto che all’epoca della negoziazionedi detto accordo la riflessione dottrinalesull’argomento non si era ancora tradotta informule normative consolidate. Una volta definitala fisionomia del fenomeno, la sua rilevanzaè stata tuttavia generalmente riconosciuta tantoin seno ai sistemi internazionalprivatistici nazionaliquanto nel diritto internazionale privatoconvenzionale ( 74 ). A questo fine, in assenza didisposizioni espresse, si è talora fatto leva sulconcetto di ordine pubblico, riconoscendo nellarelativa « eccezione », presente in pressochétutte le convenzioni di diritto internazionaleprivato uniforme, compresa la Convenzionedell’Aja del 1955 che vi dedica l’art. 6 ( 75 ), unabase giuridica idonea ad assicurare la salvaguardiadelle norme internazionalmente imperativedel foro ( 76 ). Sembra dunque corretto affermare,su queste premesse, che la Convenzione dell’Ajanon osta all’applicazione delle disposizionidella lex fori che l’art. 9, par. 1, del regolamentoascrive alla categoria delle norme di applicazionenecessaria ( 77 ).Considerazioni diverse devono farsi per l’art.9, par. 3, del regolamento, ai sensi del quale« [p]uò essere data efficacia anche alle norme diapplicazione necessaria del paese in cui gli obblighiderivanti dal contratto devono essere osono stati eseguiti », a condizione che si tratti dinorme che « rendono illecito l’adempimentodel contratto » ( 78 ). Riesce infatti difficile credereche una soluzione peculiare, come quellacontemplata dalla norma ora ricordata, oggettodi riscontri tutt’altro che frequenti nel dirittointernazionale privato convenzionale ( 79 ), possareputarsi ammessa nel sistema della Convenzionedell’Aja in assenza di elementi, testuali o dialtra natura, chiaramente orientati in tal senso( 80 ). Nei fatti, se la lettura proposta è corretta,le sole norme – diverse tanto dalla lex foriquanto dalla lex causae – cui sia possibile dareefficacia in rapporto a una fattispecie compresanella sfera applicativa della Convenzione del 15giugno 1955 sono quelle cui si riferisce l’art. 4della Convenzione stessa, vale a dire le normedel paese in cui le merci devono essere ispezionate(e ciò, comunque, solo per quanto riguarda( 77 ) Cfr., anche per ulteriori riferimenti, Kassis,Le nouveau droit européen, cit., p. 531 s.( 78 ) Su tale disposizione v. Biagioni, infra, commentosub art. 9, par. 7.( 79 ) Per degli esempi, v. l’art. 16 della Convenzionedell’Aja del 14 marzo 1978 sulla legge applicabileai contratti di intermediazione e alla rappresentanza,consultabile nel sito della Conferenza dell’Aja di dirittointernazionale private (http://www.hcch.net), aisensi del quale, nell’applicazione della Convenzionestessa, « effect may be given to the mandatory rulesof any State with which the situation has a significantconnection, if and in so far as, under the law of thatState, those rules must be applied whatever the lawspecified by its choice of law rules », el’art. 31, par.2, della convenzione delle Nazioni Unite del 12 dicembre2001 sulla cessione dei crediti nel commerciointernazionale (« Nothing (...) restricts the applicationof the mandatory rules of the law of another Statewith which the matters settled in those articles havea close connection if and insofar as, under the lawof that other State, those rules must be applied irrespectiveof the law otherwise applicable »).( 80 ) Cfr. ancora Kassis, Le nouveau droit européen,cit., p. 532 s.NLCC 3/4-2009


[Art. 4] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 687la forma secondo cui deve aver luogo l’ispezione,i termini e le comunicazioni riguardantil’ispezione stessa e i provvedimenti conseguentia un eventuale rifiuto del compratore di prenderein consegna i beni) ( 81 ). Argomenti fondamentalmentenon dissimili valgono per l’art. 3,par. 4, del regolamento e per la tutela accordatada tale norma alle « disposizioni di diritto comunitario(...) alle quali non è permesso derogareconvenzionalmente ». Tale norma riflette unaesigenza di « protezione » dell’ordinamento comunitarioche è naturalmente del tutto estraneaalla Convenzione dell’Aja e che la Convenzionestessa appare incapace di « assorbire », senonnella misura in cui le disposizioni di cui si discorreintegrino un principio di ordine pubblico(nel qual caso, però, tali disposizioni non silimiterebbero ad incidere sugli effetti della electioiuris, ma investirebbero lo stesso richiamooggettivo). Resta dunque in linea di massimaesclusa, anche per tale categoria di disposizioni,la possibilità di una « integrazione » della convenzionead opera del reg. CE n. 593/2008.8. – Vale la pena di chiedersi, alla luce di tuttoquanto precede, se non sia opportuno che l’Italia,meglio se in coordinamento con gli altri Statimembri interessati, provveda a denunciare laConvenzione dell’Aja del 15 giugno 1955 ( 82 ).Tale eventualità èespressamente contemplatadall’art. 12 (che prevede per la convenzione unadurata quinquennale tacitamente rinnovabileper periodi successivi di cinque anni, salvo denunciada notificarsi al depositario del trattatocon un preavviso di almeno sei mesi), e non èovviamente incompatibile con il regolamento, ilquale dichiara soltanto di tollerare il permanerein questo campo di un quadro delle fonti « plurale», salvo contemplare in modo espresso (all’art.26) l’eventualità che singoli Stati membridecidano di ridurne il grado di diversificazione,denunciando le convenzioni per essi in vigore( 83 ).La denuncia della convenzione, oltre a rafforzareil disegno perseguito dal legislatore comunitarioin tema di contrasto al forum shopping ein tema di semplificazione della soluzione deiconflitti di leggi (a vantaggio non solo del giuristadi professione ma anche dell’operatore economico,cui verrebbe in tal modo risparmiataalmeno una parte del percorso da compiere all’internodel « labirinto » della vendita internazionale)( 84 ), avrebbe infatti un duplice pregio.Tale iniziativa, innanzitutto, sancirebbel’inapplicabilità di un regime per molti aspettiobsoleto, in cui si rinvengono soluzioni da piùparti ritenute poco appaganti, suscettibili dicondurre a risultati applicativi poco prevedibili( 85 ). Perplessità, in particolare, suscita il rilievoaccordato dalla Convenzione al luogo in cuil’ordine delle merci è stato ricevuto, cioè a unacircostanza che risulta in genere difficile da valorizzarenella realtà odierna della contrattazione,fatta per lo più di dichiarazioni « immateriali», non agevolmente situabili nello spazio in( 81 ) « A moins de clause expresse contraire, la loiinterne du pays où doit avoir lieu l’examen des objetsmobiliers corporels délivrés en vertu de la vente estapplicable, en ce qui concerne la forme et les délaisdans lesquels doivent avoir lieu l’examen et les notificationsrelatives à l’examen, ainsi que les mesures àprendre en cas de refus des objets ». Come emergedall’incipit della norma, che consente alle parti diescludere la rilevanza della legge del luogo di ispezione,le norme in parola non vengono comunque in rilievo,propriamente, come norme internazionalmenteimperative.( 82 ) Nella dottrina italiana l’iniziativa è caldeggiata,fra gli altri, da Cannone, Rapporti della propostadi regolamento « Roma I » con le altre disposizioni rilevantidi diritto comunitario e con le convenzioni internazionali,inIl nuovo diritto europeo dei contratti:dalla convenzione di Roma al regolamento « Roma I »,Milano, 2007, p. 197.( 83 ) Varie voci si sono levate, anche negli altri Statimembri interessati, in favore della denuncia dellaConvenzione dell’Aja. In questo senso, in aggiunta aquanto riferito da Cannone, Rapporti della propostadi regolamento « Roma I », cit., p. 197, v. ad es., conriferimento alla posizione della Francia, Corneloup,La loi applicable aux obligations contractuelles. Latransformation de la convention de Rome en règlementcommunautaire « Rome I », inLa semaine jur.,éd. G., 2008, n. 44, p. 22.( 84 )L’espressione, che allude all’intreccio delle diversefonti e delle diverse tecniche di regolamentazionein questo settore del diritto dei contratti internazionali,si deve a Treves, Il labirinto della vendita internazionale,inPol. dir., 1973, p. 97 ss.( 85 )Un’articolata ricognizione degli aspetti criticidella Convenzione del 15 giugno 1955 è proposta daPelichet, La vente internationale des marchandises,cit., p. 49 ss.NLCC 3/4-2009


688reg. CE n. 593/2008[Art. 4]maniera chiara e univoca ( 86 ). Dubbi sull’adeguatezzadella disciplina in discorso risultano,del resto, espressi da tempo, come dimostrano ilavori intrapresi dalla stessa Conferenza dell’Ajaper pervenire ad una nuova regolamentazionedella materia, e sfociati nell’adozione della Convenzionedel 22 dicembre 1986 sulla legge applicabileai contratti di compravendita internazionaledi beni mobili, peraltro mai entrata invigore ( 87 ).La denuncia, in secondo luogo, determinerebbenei fatti, almeno in Italia, un allineamentodel dato normativo alla prassi giurisprudenzialeformatasi in materia: in un numero non trascurabiledi casi, in effetti, i giudici italiani hannopuramente e semplicemente ignorato la Convenzionedell’Aja, impiegando in luogo di questale previsioni della Convenzione di Roma,che pure dichiara espressamente, all’art. 21, dinon pregiudicare l’applicazione delle convenzioniinternazionali di cui gli Stati contraentisiano parti ( 88 ).9. – La vendita di merci, come è noto, costituiscel’oggetto della disciplina materiale uniformeintrodotta dalla già ricordata Convenzionedi Vienna del 1980. Elaborata in seno allaCommissione delle Nazioni Unite per il dirittocommerciale internazionale (Uncitral), la( 86 ) Considerazioni sostanzialmente non diversepossono farsi anche per le soluzioni previste dallaConvenzione in tema di vendita all’asta, specie in casodi asta on line; in argomento, v. anche infra, par.10.( 87 )V.supra, nt. 34.( 88 ) V. ad es. App. Milano 18 luglio 1997, in Riv.dir. internaz. priv. e proc., 1997, p. 980 ss.; Trib. NoceraInferiore <strong>29</strong> gennaio 2004, in Giur. merito, 2004,p. 1356 ss.; Trib. Modena 9 dicembre 2005, in Riv.dir. internaz. priv. e proc., 2007, p. 387 ss. L’applicabilitàdella Convenzione dell’Aja a seguito dell’entratain vigore della Convenzione di Roma è pressochéunanimemente affermata dalla dottrina; v. in questosenso, fra gli altri, Cassoni, La compravendita nelleconvenzioni e nel diritto internazionale privato,inRiv.dir. internaz. priv. e proc., 1982, p. 4<strong>29</strong> ss.; Sacerdoti,I criteri di applicazione della convenzione di Viennasulla vendita internazionale: diritto uniforme, dirittointernazionale privato e autonomia dei contraenti,in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1990, p. 733 ss.; Bonomi,Il nuovo diritto internazionale privato dei contratti:la convenzione di Roma del 19 giugno 1980 è entratain vigore, inBanca, borsa, tit. cred., 1992, I, p. 36.Convenzione è attualmente in vigore per oltresettanta Stati ( 89 ). Tutti gli Stati membri dellaComunità europea, esclusi solo il Regno Unito eil Portogallo, ne sono vincolati ( 90 ).L’esistenza di tale disciplina non esclude (ancorchéattenui in modo significativo) la rilevanzapratica delle norme di conflitto ( 91 ). Le disposizionicontenute nel reg. « Roma I » (cosìcome quelle della Convenzione dell’Aja, ove applicabili)assolvono infatti un duplice ordine difunzioni in rapporto al regime materiale uniformedella vendita ( 92 ). Da un lato, infatti, esseconcorrono ad assicurare l’applicabilità di taleregime tutte le volte in cui il rapporto di cui sidiscute (che deve comunque essere una « venditadi beni mobili » ai sensi della Convenzione diVienna e rivestire il particolare carattere di internazionalitàivi previsto) ( 93 ) intercorra fra uncompratore e un venditore non aventi (o nonaventi entrambi) la propria sede d’affari in unoStato contraente. Dall’altro, le norme di dirittointernazionale privato intervengono per colmarele lacune della disciplina uniforme, siano esselacune « esterne », vale a dire profili del rapportoche la Convenzione di Vienna dichiara toutcourt di non voler regolare e che debbono dunqueper forza di cose rinvenire la propria disciplinanella legge statale applicabile al rapporto(è quanto avviene, ad es., per la validità del contratto,ai sensi dell’art. 4 della Convenzione), olacune « interne », corrispondenti a questioniriguardanti materie che sono, sì, disciplinatedalla Convenzione, ma che non sono da questa( 89 ) Informazioni relative allo stato della convenzionesi rinvengono nel sito dell’Uncitral (http://www.uncitral.org).( 90 ) Per l’Italia, che vi ha dato esecuzione con l. 11dicembre 1985, n. 765, la Convenzione di Vienna è invigore dal 1 o gennaio 1988.( 91 ) Sui rapporti che legano il reg. « Roma I » alleconvenzioni di diritto materiale uniforme v. Franzina,infra, commento sub <strong>artt</strong>. 25 e 26, par. 2.( 92 ) V., su tutta la tematica, Ferrari, CISG andPrivate International Law, inThe 1980 Uniform SalesLaw. Old Issues Revisited in the Light of Recent Experiences,a cura di Ferrari, Milano, 2003, p. 19 ss., nonchéMather, Choice of Law for International Salesnot Resolved by the CISG, inJournal of Law andCommerce, 2000-2001, p. 155 ss.( 93 ) Su questi aspetti v. di nuovo Ferrari, La venditainternazionale, cit., p. 33 ss., p. 115 ss. e p. 165ss.NLCC 3/4-2009


[Art. 4] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 689espressamente risolte in modo specifico. L’art.7, par. 2, della Convenzione prevede in effettiche le questioni indicate da ultimo vadano risoltein conformità con i principi generali su cuiquesta si basa e, in mancanza di tali principi, inbase alla legge applicabile al contratto, quale risultaidentificata dalle norme di diritto internazionaleprivato del foro.( 94 ) Anche la Convenzione dell’Aja del 1955 sullalegge applicabile alle vendite a carattere internazionaledi oggetti mobili corporali contiene una normaspecifica per le vendite all’asta. L’art. 3, par. 3, stabilisceinfatti che la vendita, quando sia conclusa inun’asta, sia regolata dalla legge interna del Paese incui si trova si svolge l’asta (« S’il s’agit (...) d’une venteaux enchéres, la vente est régie par la loi interne dupays (...) dans lequel sont effectuées les enchéres »).In forza della clausola di compatibilità contenuta nelgià citato art. 25 del regolamento, la soluzione deiconflitti di leggi riguardanti la vendita all’asta di oggettimobili corporali sarà affidata al criterio dettatodalla convenzione.( 95 ) Cfr. Bertoli, supra, commento sub art. 1, I,par. 5.( 96 )L’esclusione riflette l’impossibilità di impiegare,per le aste di questo tipo, un criterio di collegamento« territoriale » come quello accolto dalla norma,se non a costo di una finzione. Alla luce di ciò,senon andiamo errati, anche la norma dettata dallaConvenzione dell’Aja in tema di aste dovrebbe risultareinapplicabile alle aste « non fisiche ». Su tutta latematica v. anche infra, nel testo.10. – Ai sensi dell’art. 4, lett. g), del reg. « RomaI », i contratti di « vendita di beni all’asta »(« sale of goods by auction »; « vente de biensaux enchéres ») sono soggetti, in mancanza discelta, alla legge del Paese in cui si svolgel’asta ( 94 ).La previsione, cui debbono ritenersi estraneele vendite eseguite su disposizione dell’autoritàgiudiziaria nell’ambito di procedure esecutive ofallimentari, in quanto estranee, più in generale,alla « materia civile e commerciale » cui si riferisceil regolamento ( 95 ), risulta espressamenteconfinata alle ipotesi in cui il luogo dell’astapossa essere « determinato »; ne sono esclusepertanto le aste on-line ( 96 ).La logica di « prossimità», sottesa anche allealtre proposizioni normative dell’art. 4, apparequi declinata in modo particolare alla luce dellecaratteristiche della contrattazione all’asta. Seinfatti fosse stata seguita, anche in quest’ambito,la soluzione prevista per i contratti di « venditadi beni » (quella, cioè, del richiamo alla leggedel paese di abituale residenza del venditore),le regole « proprie » dell’asta – ossia gli usidell’ambiente sociale in cui l’asta si tiene, o leregole del mercato in cui l’asta si incardina – sarebberorisultate solo accidentalmente applicabilia titolo di lex contractus. Un simile stato dicose avrebbe frustrato, per un verso, le verosimiliaspettative dei contraenti (specie gli acquirenti),i quali, in questo genere di contrattazione,non sempre sono posti nelle condizioni diconoscere in anticipo l’identità e la provenienzadel proprietario del bene acquistato ( 97 ). L’impiegodel criterio della residenza abituale delvenditore, per altro verso, avrebbe costituito unpotenziale ostacolo alla « funzionalità » delmeccanismo dell’asta, il cui pratico svolgimentopresuppone in genere la possibilità di assoggettaread un trattamento omogeneo, quanto menoin punto di formazione del contratto, l’insiemedelle operazioni che vi vengono poste in essere.La ratio della norma, ora tratteggiata, illuminasotto vari aspetti il lavoro dell’interprete. Deveinfatti ritenersi che proprio in considerazionedelle ragioni che giustificano il criterio di collegamentoappena illustrato, l’ipotesi contemplatadall’art. 4, par. 1, lett. g), del regolamentonon costituisca in alcun modo un « sottotipo »della « vendita di beni » cui si riferisce la lett. a)della medesima disposizione. Il rapporto che legale due previsioni, in effetti, non è quello cheintercorre fra una regola e la sua eccezione, maquello che intercorre fra due disposizioni autonomee pariordinate, una delle quali – la dispo-( 97 ) La contrattazione all’asta (e in genere quella« istituzionalizzata ») ha suggerito anche in altri contesti,per ragioni di prevedibilità,l’elaborazione di regoledi conflitto speciali, per lo più basate sul richiamoalla legge del luogo in cui si svolge l’asta o sull’assoggettamentodegli aspetti negoziali del rapporto allalegge regolatrice della « istituzione » in cui il rapportostesso è venuto ad esistenza. V. ad es. l’art. 11della già menzionata Convenzione dell’Aja del 1978sui contratti di intermediazione e la rappresentanza,in virtù del quale, quando il rappresentante abbiaagito « at an exchange or auction », l’esistenza e laportata dei poteri dell’agente e le conseguenze delsuo agire rappresentativo sono sottoposte, nei rapporticol terzo, non già alla legge del paese in cui ilrappresentante abitualmente risiede (come per regola),ma alla lex loci actus.NLCC 3/4-2009


690reg. CE n. 593/2008[Art. 4]sizione sulle vendite all’asta – presenta un suopeculiare elemento di specialità, connesso almodo di formazione del contratto. Da questaimpostazione discendono delle indicazioni ricostruttiveutili tanto ai fini della determinazionedella sfera applicativa della norma in esamequanto ai fini dell’individuazione del trattamentoda riservare alle fattispecie che ricadano al difuori di tale sfera a motivo della indeterminabilitàdel luogo dell’asta.Sotto il primo profilo, quello della portata applicativa,la funzione della norma in commentoporta a ritenere che il termine « asta » designi(in via autonoma) qualsiasi « sistema » costituitoal fine di facilitare l’incontro di dichiarazioninegoziali tese alla conclusione di un contratto discambio, indipendentemente dal fatto che dettosistema sia basato sulla regola che assegna lapreferenza al miglior offerente all’interno di unasequenza di « rilanci » o su un diverso parametrodi assegnazione ( 98 ). In altri termini, ciò cheimporta, ai fini della applicabilità della lett. g), èche la contrattazione avvenga all’interno di unquadro « istituzionale », organizzato e riconoscibilecome tale, il quale si proponga di fungerein linea di principio da luogo di « incontro »per soggetti altrimenti non legati da precedenti( 98 ) Significativa, in questo senso, la propostaavanzata nel corso dei lavori preparatori del regolamentodalla delegazione spagnola, ad avviso dellaquale l’art. 4 avrebbe dovuto includere una normanel in forza della quale « contracts concluded atexchanges, fairs, auctions or any other organisedmarket subject to common minimum organisational oroperating rules » avrebbe dovuto essere « governedby the law of the country in which the market in questionis located »; così. il doc. n. 14708/06 del Consiglio,cit., p. 46 (il corsivo è aggiunto). L’elemento« istituzionale »èsottolineato, in rapporto alle venditeall’asta, anche da Ancel, La loi applicable à défautde choix, inLe nouveau règlement européen « RomeI » relatif à la loi applicable aux obligations contractuelles.Actes de la 20 e Journée de droit internationalprivé du 14 mars 2008 à Lausanne, a cura di Bonomi eCashin Ritaine, Zürich, 2009, p. 84 s., il quale sostiene,su queste basi, l’utilità di un assoggettamento (delege ferenda) ditutte le vendite all’asta, compresequelle on-line, alla legge regolatrice della istituzionenell’ambito della quale la vendita è organizzata. Unrisultato sostanzialmente identico, come nota l’A. appenarichiamato, può peraltro raggiungersi condizionandol’accesso all’asta a una electio iuris in favoredella legge dell’istituzione organizzatrice.contatti negoziali. Per altro verso, ma semprecon riferimento al campo di applicazione dellanorma, è da chiedersi se il novero dei « beni »di cui parla la lett. g) risulti necessariamenteconfinato ai beni mobili corporali, cioè ai beniche – come si è visto ( 99 ) – costituiscono l’oggettodella lett. a) dell’art. 4. Al riguardo, premessoche la norma appare senz’altro inapplicabile alleaste aventi eventualmente ad oggetto beni immobili( 100 ), l’esigenza di salvaguardare la funzionalitàdel « sistema » dell’asta e gli interessidi chi vi partecipa porta a pensare che il criteriodel luogo dell’asta dovrebbe essere tenuto fermoper tutti i casi in cui risulti impiegata, in rapportoa una vendita, la tecnica di contrattazione« istituzionale » sopra descritta, a prescinderedal fatto che le « utilità »che vi vengono scambiateabbiano una consistenza materiale o meno( 101 ). Restano in ogni caso estranei alla disposizionein parola, per ragioni di specialità connessealla previsione dell’art. 4, par. 1, lett. h),del regolamento, i contratti conclusi all’internodi un sistema multilaterale che consenta o facilitil’incontro di interessi multipli di acquisto e divendita di terzi relativi a strumenti finanziari( 102 ).Per quanto riguarda, infine, il trattamento dariservare alle aste che si svolgono in un luogoche « non può essere determinato », e che sono( 99 )V.supra, par. 3.( 100 ) Aldilà dei riscontri testuali ricavabili da alcuneversioni linguistiche della norma (v. subito infra,alla nt. 101, va rilevato che l’art. 4, par. 1, lett. c),prevede per i contratti aventi ad oggetto il trasferimentodi un diritto reale immobiliare il criterio dellalex rei sitae. Anche quest’ultimo, nella sua oggettività,tende del resto ad assicurare, con specifico riguardo<strong>agli</strong> immobili, quelle esigenze di funzionalità del« mercato » e di tutela delle aspettative dei contraenti,che appaiono sottese, come si è detto, anche allanorma sulle vendite all’asta.( 101 ) La soluzione proposta non trova, occorre riconoscerlo,un conforto sicuro nell’analisi testualedella norma. Molte, in effetti sono le versioni linguisticheche, come quella italiana, impiegano a questoriguardo la medesima espressione nella lett. a) e nellalett. g) (« goods »; « biens »; « bewegliche Sachen »).L’impiego di una diversa terminologia è attestata inpoche altre versioni, come quella spagnola, che parlagenericamente di « bienes » nella norma sulle venditeall’asta, riservando la più precisa espressione « mercaderías» alla norma sulla vendita tout court.( 102 )V.Gardella, infra, commento sub art. 4, V.NLCC 3/4-2009


[Art. 4] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 691espressamente escluse – come detto – dalla previsionein discorso, la soluzione preferibile consistenel ritenere che per tali aste occorra fareappello alla previsione dell’art. 4, par. 4, del regolamento,in virtù del quale, se la legge applicabile« non può essere determinata » a norma deiparr. 1o2dello stesso art. 4, il contratto «èdisciplinatodalla legge del paese con il quale presentail collegamento più stretto » ( 103 ). Le ragioniche giustificano la regola speciale dellalett. g) inducono a ritenere che nella identificazionedi tale Paese vadano privilegiati – per garantirela prevedibilità della legge applicabile alcontratto – gli elementi capaci di riflettere lepossibili « proiezioni oggettive » dell’asta. Andràcioè verificato se l’asta – avuto riguardo aibeni a cui si riferisce, al luogo in cui è stabilito ilsoggetto che la amministra e ad ogni altro elementopertinente – non possa essere « situata »,a titolo oggettivo cioè in quanto « sistema » o« istituzione », in un determinato Paese ( 104 ). Leincertezze e le difficoltà pratiche insite in questomodo di procedere dovrebbero suggerire <strong>agli</strong>interessati l’opportunità di adottare, ogniqualvoltasia possibile, delle soluzioni di tipo preventivo,sfruttando lo strumento della electio iuris eprevedendo, ad es., che l’accesso all’asta presuppongal’adesione ad un disciplinare che identifichiconvenzionalmente la legge applicabile ai futurieventuali contratti conclusi all’interno del« sistema ».Pietro Franzina( 103 )V.Leandro, supra, commento sub art. 4, I,par. 9. La soluzione difesa nel testo si discosta daquella accolta dai primi commentatori della norma.Taluni, infatti, ritengono che, là dove non operi laprevisione della lett. g), si debba « tornare » alla regoladella lett. a); così, ad es., Lagarde e Tenenbaum,De la convention de Rome au règlement RomeI, inRev. crit. dr. internat. privé, 2008, p. 739. Altri,invece, considerano che ove ricorra la situazione appenadescritta si sia di fronte ad un contratto « noncoperto » dall’art. 4, par. 1, per il quale, pertanto, occorrerebbefare appello all’art. 4, par. 2; v. in tal sensoLeible e Lehmann, Die Verordnung über das vertr<strong>agli</strong>cheSchuldverhältnisse anzuwendende Recht(« Rom I »), inRecht internat. Wirtschaft, p. 535. Laprima di tali letture sembra non dare il giusto rilievoal fatto che – per le ragioni già viste – la norma sullevendite all’asta non contempla una species del genus« vendita » ma ha ad oggetto un tipo negoziale distintodalla vendita tout court. La seconda soluzione ricostruttiva,oltre a non accordarsi col tenore letteraledella norma (non può dirsi infatti che la vendita all’astasia di per sé «non coperta » dall’art. 4, par. 1,se è vero che tale disposizione contiene un criterio dicollegamento specifico per tale categoria di rapporti),conduce a risultati applicativi – l’assoggettamento delcontratto alla legge del paese in cui risiede il prestatorecaratteristico – poco coerenti con le rilevate esigenze(di prevedibilità, etc.) connesse al regime internazionalprivatisticodi questo particolare genere dirapporti.( 104 ) La soluzione proposta non sembra percorribileper le vendite all’asta che risultino soggette allaConvenzione dell’Aja, dato che questa è priva diqualsiasi clausola di eccezione (v. supra, par. 6).L’opinione formulata in precedenza circa l’opportunitàdi una denuncia della Convenzione risulta, anchea questo particolare riguardo, confermata.IIISommario:1.L’art. 4, par. 1, lett. b): ruolo della categoriadei contratti di prestazione di servizi nell’ambitodella nuova disciplina della legge applicabile in mancanzadi scelta. – 2. Esigenza di un parallelismo rispettoalla corrispondente nozione adottata nel reg. CE n.44/2001. – 3. Rilevanza, al fine della qualificazionedella nozione adottata, di un riferimento alle normecomunitarie in materia di libertà di circolazione deiservizi. – 4. Rapporti con le due categorie specifichedei contratti di affiliazione (franchising) e di distribuzione,di cui alle lett. e) edf). – 5. Finalità perseguitedalle regole adottate con riferimento a ciascuna ipotesi.1. – Nell’ambito delle categorie specifiche dicontratti con riguardo alle quali il legislatore comunitarioha ritenuto opportuno individuarespecificamente la legge regolatrice in assenza discelta, tipizzando, così, la prestazione caratteri-NLCC 3/4-2009


692reg. CE n. 593/2008[Art. 4]stica del tipo contrattuale che viene ad essereelevata ad autonoma regola di conflitto dal ruolodi mera presunzione che essa rivestiva nell’art.4 della Convenzione di Roma ( 1 ), esso haindividuato la categoria dei contratti di prestazionedi servizi.Tale scelta dà adito ad alcune perplessità, ovesi osservi che, se la finalità essenziale perseguitadalle istituzioni comunitarie con l’adozione dellanuova disciplina della legge applicabile alleobbligazioni contrattuali in mancanza di scelta ècostituita dal conseguimento della certezza deldiritto, sub specie di prevedibilità della legge applicabile( 2 ), il riferimento ad una categoriamolto ampia e dai contorni non ben definiti comequella in esame si presenta potenzialmentein contrasto con il perseguimento di quello stessoobiettivo, introducendo un fattore di incertezzanell’applicazione della disciplina internazionalprivatisticarecata dal regolamento.Infatti, negli ordinamenti degli Stati membrinon si rinviene generalmente una disciplina sostanzialeunitaria con riferimento alla categoriacontrattuale considerata, la quale deve piuttostoritenersi il frutto di una ricomprensione inun unico genus di diverse figure contrattualiautonome, alcune delle quali tradizionalmentericonosciute d<strong>agli</strong> ordinamenti degli Statimembri, altre frutto di evoluzioni più recentidella pratica contrattuale, sia interna che internazionale,spesso recepite tanto all’interno dellelegislazioni nazionali, quanto nell’ambito diiniziative di unificazione sul piano del dirittomateriale ( 3 ).( 1 ) Si rimanda, con riguardo a questi profili di caratteregenerale della nuova disciplina della legge applicabilein assenza di scelta contenuta nell’art. 4 delregolamento, a quanto osservato da Leandro, supra,commento sub art. 4, I, par. 6).( 2 ) Si veda in questo senso chiaramente il preambolodel regolamento, 16 o considerando, nel quale,pur sempre, si riconosce al giudice un margine di discrezionalità,al fine di individuare l’ordinamento chepresenta il collegamento più stretto con la situazioneda regolare.( 3 ) Il carattere molto ampio e disomogeneo dellacategoria dei contratti di prestazione di servizi e ledifficoltà alle quali ciò può dare luogo sono sottolineati,con riguardo al riferimento che ad essa operal’art. 5.1 del reg. CE n. 44/2001, da Muir-Watt, notaa Cassation 14 novembre 2007, in Rev. crit. dr. internat.privé, 2008, p. 140 ss., spec. p. 141 s.Al riguardo, è appena il caso di rilevare che,nella qualificazione di determinate figure contrattualicome rientranti o meno nell’accennatacategoria della « prestazione di servizi », nonpotrà farsi riferimento all’interpretazione chetale categoria potrebbe ricevere alla stregua dell’ordinamentointerno di uno o più Stati membri,bensì, trattandosi dell’interpretazione diuna norma contenuta in un atto comunitario,dovrà ricercarsene un’interpretazione autonoma,desunta dallo stesso ordinamento comunitario,a prescindere dalle peculiarità dei singolisistemi giuridici nazionali degli Stati membri( 4 ).2. – Se tale enunciazione di principio può dirsisostanzialmente pacifica, non altrettanto lo èl’identificazione delle norme e dei principi contenutinell’ordinamento comunitario ai qualidover fare riferimento al fine dell’individuazionedel contenuto concreto della categoria dicontratti considerata. Un’indicazione in propositoè contenuta, per quanto specificamente riguardala norma in esame, nel preambolo delregolamento, al 17 o considerando, in cui si precisache nell’interpretazione delle nozioni di« vendita di beni » edi« prestazione di servizi »utilizzate nel regolamento si debba perseguireun obiettivo di uniformità rispetto alle soluzioniaccolte con riguardo alle corrispondenti figure( 4 ) Si vedano, in generale, riguardo all’interpretazionedelle norme contenute negli atti comunitariemanati nel contesto della cooperazione giudiziariain materia civile ai sensi del titolo IV del Tratt. CE,tra gli altri, Audit, L’interprétation autonome dudroit international privé communautaire, inJourn. dr.internat., 2004, p. 789 ss.; Baratta, The Process ofCharacterization in the EC Conflict of Laws: Suggestinga Flexible Approach, inYearb. Priv. Internat.Law, 2004, p. 155 ss.; Bariatti, Qualificazione e interpretazionedel diritto internazionale privato comunitario:prime riflessioni, inRiv. dir. internaz. priv. eproc., 2006, p. 361 ss.; più ampiamente, sull’incidenzadei principi generali di diritto comunitario elaboratidalla Corte giust. CE sull’interpretazione dellenorme di diritto internazionale privato e processualecomunitario, Bertoli, Corte di giustizia, integrazionecomunitaria e diritto internazionale privato e processuale,Milano, 2005, p. 133 ss.; si veda anche Hess,Methoden der Rechtsfindung im Europäischen Zivilprozessrecht,inIPRax, 2006, p. 348 ss., spec. p. 351ss.NLCC 3/4-2009


[Art. 4] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 693contemplate dall’art. 5 del reg. CE n.44/2001 ( 5 ).( 5 ) Si veda, in ordine all’opportunità di realizzareun parallelismo nell’interpretazione delle nozioni utilizzatenel reg. « Roma I » rispetto a quelle corrispondentinel reg. CE n. 44/2001, Bitter, Auslegungszusammenhangzwischen der Brüssel I-Verordnung undder künftigen Rom I-Verordnung, inIPRax, 2008, p.96 ss., la quale osserva come nell’adattare al reg.« Roma I » l’interpretazione di determinati concettielaborata dalla stessa Corte giust. CE in relazione alreg. « Bruxelles I » si debba avere riguardo alle esigenzespecifiche poste dalla disciplina contenuta inquest’ultimo atto, che possono avere dettato una datasoluzione, con particolare riferimento alle esigenze dicoordinamento della norma dell’art. 5, n. 1, relativaal foro del contratto e la norma dell’art. 5.3, relativaalle obbligazioni da fatto illecito, le quali esorbitanodall’ambito di applicazione del reg. « Roma I ». L’A.ritiene più agevole, invece, tale trasposizione con riferimentoalla disciplina specifica di determinate figurecontrattuali, come i contratti dei consumatori e di lavoro,in considerazione della finalità comune di protezionedella parte debole che tanto la disciplina inmateria di competenza giurisdizionale quanto quelladella legge applicabile perseguono relativamente a talicontratti. Nel senso che una trasposizione delle nozionielaborate con riferimento al reg. CE n. 44/2001nel diverso contesto del reg. « Roma I » può rivelarsiproblematica, soprattutto con riferimento alla nozionedi prestazione di servizi, riguardo alla quale quest’ultimoregolamento tende a qualificare come talidue tipi di contratti, di distribuzione e di franchising(si veda infra, par. 4) che appaiono spesso suscettibilidi diversa qualificazione, Tang, The Interrelationshipof European Jurisdiction and Choice of Law in Contract,inJournalof Priv. Internat. Law, 2008, p. 35 ss.,spec. p. 49 ss. In ordine ai limiti dell’opportunità diun parallelismo nell’interpretazione dei due strumentisi veda anche, con riferimento alla specifica questionedella qualificazione della responsabilità precontrattuale,Max Planck Institute for Comparativeand International Private Law, Commentson the European Commission’s Proposal for aRegulation of the European Parliament and the Councilon the Law Applicable to Contractual Obligations(Rome I), inRabels Zeitschrift, 2007, p. 225 ss., spec.p. 237 s.; con riferimento all’analoga problematicache si pone nel campo della responsabilità extracontrattuale,in relazione all’art. 5, n. 3, della Convenzionedi Bruxelles, ed ora alla disposizione corrispondentedel reg. CE n. 44/2001, Davì, Der italienischeKassationshof und der Gerichtsstand des Ortes desschädigenden Ereignisses nach Art. 5 Nr. 3 EuGVÜbei reinen Vermögensschäden, inIPRax, 1999, p. 484ss., spec. p. 486 ss.È noto, infatti, che quest’ultimo regolamentoha innovato rispetto alla disciplina speciale dellacompetenza giurisdizionale in materia contrattualecontenuta nell’art. 5, n. 1, della Convenzionedi Bruxelles del 1968, prevedendo chenelle controversie relative a contratti qualificabilirispettivamente di vendita di beni o di prestazionedi servizi il convenuto possa essere citato,oltreché nel foro del proprio domicilio secondola regola generale, innanzi al giudice delluogo in cui, rispettivamente, i beni sono stati oavrebbero dovuto essere consegnati, ovvero iservizi prestati, in base al contratto. Così facendo,la norma, come riformulata nell’art. 5, n. 1,lett. b), del regolamento, consente di evitare laframmentazione del contenzioso relativo ad unmedesimo rapporto contrattuale, che inevitabilmentederivava dalla regola contenuta nellaConvenzione, in base alla quale la competenzagiurisdizionale sarebbe spettata ai giudici delluogo di esecuzione della specifica obbligazionededotta in giudizio ( 6 ).Ciò posto, deve nondimeno osservarsi chel’indicazione fornita del preambolo del reg.« Roma I », pur di per sé condivisibile nel sensodi realizzare un opportuno coordinamento anchesul piano interpretativo tra due strumentiche, in definitiva, regolano aspetti diversi ma innegabilmentecollegati della risoluzione dellecontroversie e, più in generale, della disciplinagiuridica dei rapporti di carattere contrattualeall’interno dello spazio giuridico europeo, non èdel tutto risolutiva nella determinazione degliesatti limiti della nozione di contratti aventi adoggetto una « prestazione di servizi » utilizzata( 6 ) Il rischio di frammentazione del contenziosoinsito nella regola contenuta nell’art. 5, n. 1, dellaConvenzione di Bruxelles, così come interpretatadalla Corte giust. CE nella sentenza del 6 ottobre1976, causa 14/76, de Bloos c. Bouyer, inRaccolta,1976, p. 1497 ss., era stato sottolineato frequentementein dottrina: si vedano, anche per ulteriori riferimenti,De Cristofaro, Il foro delle obbligazioni.Profili di competenza e giurisdizione, Torino, 1999, p.353 ss.; Franzina, La giurisdizione in materia contrattuale.L’art. 5 n. 1 del regolamento n. 44/2001/CEnella prospettiva della armonia delle decisioni, Padova,2006, p. <strong>27</strong> ss.; Heuzé, De quelques infirmitéscongénitales du droit uniforme: l’exemple de l’article5.1 de la convention de Bruxelles du <strong>27</strong> septembre1968, inRev. crit. dr. internat. privé, 2000, p. 595 ss.,spec. p. 610 ss.NLCC 3/4-2009


694reg. CE n. 593/2008[Art. 4]dall’art. 4, par. 1, lett. b), del regolamento inesame. Infatti, il reg. CE n. 44/2001 non forniscealcuna definizione della nozione di contrattidi prestazione di servizi ai fini della disposizionein questione. La nozione di contratti di prestazionedi servizi fatta propria dalla norma ora richiamataha formato peraltro oggetto della giurisprudenzainterna degli Stati membri, nellaquale si può riscontrare la tendenza a far rientrarein tale categoria figure contrattuali alquantodiversificate, aventi tendenzialmente in comunela previsione di un obbligo di facere, rientrantesolitamente nell’esercizio di un’attivitàimprenditoriale o professionale. Tra le diversefattispecie ricorrenti in giurisprudenza, si possonoannoverare i contratti di intermediazione edi agenzia commerciale ( 7 ), i contratti relativi aservizi di consulenza pubblicitaria, e ciò ancheove tale attività comporti altresì la fornitura dimateriale pubblicitario, purché quest’ultimaprestazione presenti carattere accessorio rispettoall’attività di consulenza complessivamenteconsiderata ( 8 ). Altre ipotesi prese in considerazionenella giurisprudenza di diversi paesimembri riconducibili nello schema della prestazionedi servizi vanno dal contratto d’arbitrato,stipulato tra le parti e l’arbitro, in cui laprestazione dell’arbitro si sostanzia nel deciderela controversia che le parti stesse gli hannosottoposto, verso il pagamento di un onorario( 9 ), al contratto d’opera intellettuale ( 10 ), alcontratto di appalto di opere e servizi di varianatura ( 11 ).Un contributo, per quanto limitato all’individuazionedi alcune caratteristiche generali dellacategoria di contratti in questione, è giunto daultimo da una sentenza della Corte di giustiziaCE nella quale questa si è pronunciata su unaserie di questioni pregiudiziali ad essa rimessedall’Oberster Gerichtshof austriaco relativamenteal caso Falco Privatstiftung ( 12 ). La prima del-( 7 ) Cassation 11 luglio 2006, in Bulletin de la Courde cassation, Chambres civiles, 2006, I, n. 373, p. 320;Cassation 3 ottobre 2006, in Journ. dr. internat., 2007,p. 132 ss., con nota di Égéa, Martel, ivi, p. 133 ss.( 8 ) Cassation <strong>27</strong> marzo 2007, in Bulletin de la Courde cassation, Chambres civiles, 2007, I, n. 130, p. 112.Nello stesso senso, Cassation 14 novembre 2007, inRev. crit. dr. internat. privé, 2008, p. 139 ss., nt.Muir-Watt, cit., in cui la Cassation ha ritenuto doversiqualificare un contratto in cui una impresa specializzatanella progettazione di imballaggi si era impegnataa fornire dei modelli alla stregua di un contrattodi prestazione di servizi ai fini dell’art. 5.1 delreg. CE n. 44/2001, assumendo carattere prevalente,nell’insieme delle prestazioni oggetto del contrattol’attività di progettazione dei modelli rispetto alla fornituramateriale degli stessi.( 9 ) Oberster Gerichtshof, <strong>28</strong> aprile 1998, in Zeitschriftfür Rechtsvergleichung, 1998, p. 259.( 10 ) High Court, Queen’s Bench Division, DefinitelyMaybe (Touring) Ltd. v. Marek Lieberberg KonzertagenturGmbH, inWeekly Law Reports, 2001, 1,p. 1745 ss., con riferimento ad un contratto relativoall’esecuzione di un concerto da parte di un gruppomusicale.( 11 ) Tra le altre, Cass., sez. un., 19 giugno 2000, n.448, in Riv. dir. internaz. priv. e proc., 2001, p. 415ss., in cui, trattandosi di un contratto avente ad oggettola fornitura di un impianto industriale da montaree installare nel paese del compratore, i servizi dimontaggio e installazione dell’impianto presentavanocarattere preponderante rispetto alla mera fornituradei componenti al fine dell’identificazione del luogodi adempimento dell’obbligazione dedotta in giudizio;Court of Appeal, Ennstone Building Products Ltdv. Stanger Ltd., [2002] EWCA Civ 916, in WeeklyLaw Reports, 2002, I, p. 3059 ss., relativamente all’appaltodi servizi di controllo della qualità di materialeda costruzione; Court of Session, Inner House,First Division, Caledonia Subsea Limited c. MicoperiSrl, [2002] ScotCS 345, reperibile sul sito Internet http://www.bailii.org,relativamente all’appalto di servizidi assistenza sottomarina al fine della posa inopera di un oleodotto; Trib. Bari 19 luglio 2002, inDir. maritt., 2004, p. 1424 ss., con nota di C. Lieto eM. Lieto, relativa allo svolgimento di attività diagenzia marittima; Trib. Venezia 20 febbraio 2006, inRiv. dir. internaz. priv. e proc., 2007, p. 713 ss., relativaalla prestazione di attività di consulenza nel settoredella produzione di calzature. Si veda per alcune considerazioniin ordine alla casistica riportata MaxPlanck Institute for Comparative and InternationalPrivate Law, op. cit., p. 261. La praticacommerciale fornisce anche esempi di contratti aventiad oggetto lo svolgimento di un insieme di prestazioni,riconducibili a categorie contrattuali diverse,come nel caso dei contratti di prestazione di servizi dilogistica: ci si permette di rinviare al riguardo a MarongiuBuonaiuti, La disciplina giuridica dei contrattidi fornitura di servizi di logistica integrata, inDir. comm. internaz., 2002, p. 305 ss.( 12 ) Corte giust. CE 23 aprile 2009, causa 533/07,Falco Privatstiftung, Rabitsch c. Weller-Lindhorst,non ancora pubblicata in Raccolta, consultabile gratuitamentesul sito Internet della Corte giust. CE http://curia.europa.eu.In precedenza, la Corte giust.NLCC 3/4-2009


[Art. 4] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 695le questioni pregiudiziali proposte dalla CorteSuprema austriaca concerneva l’idoneità di uncontratto di concessione di una licenza di sfruttamentodi diritti di proprietà intellettuale adessere ricompreso nella categoria dei contratticomportanti una « prestazione di servizi » aisensi dell’art. 5, n. 1, lett. b), del regolamento.Come rilevato anche nelle conclusioni presentatedall’avvocato generale con riferimento al casoin esame ( 13 ), la qualificazione di tali contrattipuò rivelarsi ambigua, in considerazione del caratterepeculiare del loro oggetto, il quale è costituitodalla concessione alla controparte delpotere di sfruttare economicamente il diritto diproprietà intellettuale, di cui il concedente restatitolare. Nella specie, invero, non sembrano potersiriscontrare né gli elementi tipici della venditadi beni, dato che la concessione non implicaun trasferimento della titolarità del diritto,che resta in capo al concedente – e, per di più,oggetto del contratto è un bene di carattere immateriale( 14 ) – né, a rigore, quelli della prestazionedi servizi, dato che la concessione non siconcreta nel compimento da parte del concedentedi un’attività particolare, eccetto quantomaterialmente necessario per mettere il concessionarionelle condizioni di sfruttare economicamenteil diritto, comportando essenzialmenteCE si è pronunciata relativamente all’interpretazionedel « nuovo » art. 5.1, nella sent. 3 maggio 2007, causa386/05, Color Drack GmbH c. Lexx InternationalVertriebs GmbH, inRaccolta, 2007, p. I-3699 ss., conriguardo, tuttavia, a questioni relative ad un contrattodi vendita di beni. Si vedano, al riguardo, Gardella,The ECJ in Search of Legal Certainty for Jurisdictionin Contract: The Color Drack Decision, in Yearb.Priv. Internat. Law, 2007, p. 439 ss.; Salerno, La nozioneautonoma del titolo di giurisdizione in materia divendita, inRiv. dir. internaz. priv. e proc., 2008, p.381 ss., spec. p. 384 ss.( 13 ) Si vedano le conclusioni presentate dall’avv.gen. Trstenjak il <strong>27</strong> gennaio 2009 nel caso Falco Privatstiftung,causa 533/07, non ancora pubblicate inRaccolta, disponibili sul sito Internet della Cortegiust. CE http://curia.europa.eu, punti 48 ss., in cuil’avvocato generale ricostruisce i tratti essenziali deicontratti in questione, sottolineando in proposito lavarietà della disciplina giuridica all’interno degli Statimembri e la portata limitata della disciplina comunitariala quale è limitata all’aspetto della protezionedei diritti di proprietà intellettuale.( 14 ) V. al riguardo Franzina, supra, commentosub art. 4, II, par. 3.da parte del concedente un pati piuttosto cheun facere ( 15 ).Sulla base di quest’ultima considerazione laCorte di giustizia CE ha ritenuto, piuttostosommariamente ( 16 ), doversi escludere che icontratti in questione possano rientrare nellacategoria dei contratti di prestazione di servizidi cui all’art. 5, n. 1, lett. b), secondo trattino,del reg. CE n. 44/2001, identificando come elementominimo di questi ultimi contratti lo svolgimentodi un’attività da parte del prestatoredei servizi verso il pagamento di un corrispettivo,attività che la Corte ha ritenuto non riscontrabilenella mera concessione della facoltà disfruttare economicamente determinati diritti diproprietà intellettuale ( 17 ). Non trovando quindiapplicazione la regola specifica prevista in relazionea tale categoria di contratti, la Corte haritenuto che con riferimento al tipo di contrattoin esame debba farsi applicazione della regolaresiduale contenuta nell’art. 5, n. 1, lett. c), delregolamento, per cui, nei casi non rientranti nellacategoria dei contratti di vendita di beni né inquella dei contratti di prestazione di servizi, trovaapplicazione la regola di cui alla lett. a), checorrisponde, come la Corte di giustizia CE nonha potuto che riconoscere, a quella già contenutanell’art. 5, par. 1, della Convenzione di Bruxelles( 18 ).Seguendo l’interpretazione adottata dallaCorte di giustizia CE anche ai fini dell’applicazionedel reg. « Roma I », ne deriverebbe, in ossequioall’esigenza di un parallelismo nell’inter-( 15 ) Si veda, quanto alla difficoltà di inquadraregiuridicamente tanto i contratti di trasferimentoquanto quelli di licenza di diritti di proprietà intellettualenegli schemi della vendita di beni ovvero dellaprestazione di servizi ai fini dell’applicazione della disciplinadella competenza giurisdizionale in materiacontrattuale contenuta nell’art. 5.1 del reg. CE n. 44/2001, Cortese, Il trasferimento di tecnologia nel dirittointernazionale privato, Padova, 2002, p. 124 ss.( 16 ) La questione ha formato oggetto di un esamepiù ampio ed articolato nelle già citate conclusionidell’avv. gen. Trstenjak, punti 57-74.( 17 ) Corte giust. CE 23 aprile 2009, Falco Privatstiftung,cit., punti <strong>29</strong>-31 della motivazione.( 18 ) Ivi, punti 46-57 della motivazione, con riferimentoal principio di continuità tra i due strumentiaffermato nel preambolo del reg. CE n. 44/2001, 19 oconsiderando.NLCC 3/4-2009


696reg. CE n. 593/2008[Art. 4]pretazione dei due strumenti ( 19 ), la soggezionedelcontratto di concessione di diritti di proprietàintellettuale alla legge del paese di residenzaabituale della parte che deve effettuare la prestazionecaratteristica del contratto, come previstodall’art. 4, par. 2, del reg. « Roma I » per icasi non rientranti in alcuna delle categorie contrattualicontemplate dal par. 1, ovvero che presentinoelementi riconducibili a più di una categoria.Peraltro, come si avrà modo di osservarespecificamente più avanti, la soluzione in puntodi legge applicabile non muterebbe, posto checome prestazione caratteristica di un contrattodi concessione di diritti di proprietà intellettualesi debba verosimilmente identificare quelladel concedente ( 20 ).3. – A fronte della estrema varietà delle fattispecieche si possono presentare nella pratica ein cui talvolta, come si è visto anche in relazioneal caso su cui si è da ultimo pronunciata la Cortedi giustizia in relazione all’art. 5, n. 1, lett. b),del reg. CE n. 44/2001, la prevalenza degli elementiindicativi di una prestazione di servizi rispettoa quelli suscettibili di determinare unadiversa qualificazione può apparire dubbia, unausilio nella ricostruzione dei limiti della categoriadi contratti in questione può essere ricercatonelle norme comunitarie in materia di libertàdi circolazione dei servizi e dalla relativainterpretazione ad opera della Corte di giustizia( 21 ).Al riguardo, prima di passare ad esaminarebrevemente il contenuto di dette norme, appareinnanzitutto opportuno porsi la questione dellapertinenza di un riferimento ad esse al fine dell’interpretazionedi norme aventi una funzionediversa. In proposito, deve osservarsi che, se ècerto che le disposizioni contenute nel reg.« Roma I », così come quelle, appena esaminate,contenute nel reg. CE n. 44/2001, presentanoun carattere peculiare, trattandosi nell’un casoe nell’altro di norme di carattere strumentale,volte rispettivamente a individuare il giudicemunito di competenza giurisdizionale in relazionead un determinato rapporto contrattualee la legge al medesimo applicabile, pur sempre( 19 ) Tale esigenza corrisponde ad un più generaleobiettivo di coerenza nella disciplina internazionalprivatisticadei rapporti che formano oggetto dei dueregolamenti in questione, oltreché del parallelo reg.« Roma II » relativo alla legge applicabile alle obbligazioniextracontrattuali, enunciato dal preambolodel reg. « Roma I » al 7 o considerando epiù specificamente,per quanto attiene all’interpretazione delledue nozioni di « vendita di beni » edi« prestazionedi servizi »,al17 o considerando,già richiamato. In ordineal limite che tale parallelismo può incontrare neldiverso ruolo che i criteri relativi alle due categoriecontrattuali rivestono nella sistematica dei due regolamenti,si rimanda a quanto verrà osservato ulteriormenteinfra, par. 3.( 20 ) Si veda in questo senso, ancora, Cortese, Iltrasferimento di tecnologia, cit., p. 212 ss., ove l’A.sottolinea come tale soluzione sia conforme anche all’obiettivodi ordine materiale di favorire il trasferimentodi tecnologie, consentendo sostanzialmente alconcedente la garanzia dell’applicazione della leggedel proprio paese di residenza abituale. Quanto alcontenuto delle prestazioni del concedente, l’A. distingue,nondimeno, tra i casi di trasferimento o licenzadi tecnologia protetta da diritti di proprietà intellettuale,i quali, eccetto per il carattere immaterialedel bene trasferito, potrebbero presentare delle similitudinicon la vendita di beni, e di trasferimento diknow-how, ovvero di conoscenze tecnologiche nonassistite da tale protezione. In relazione a quest’ultimaipotesi, in cui il trasferimento o la licenza impongonoal concedente l’obbligo di eseguire una serie diprestazioni nei confronti della controparte, ad esempioin termini di formazione del personale del cessionarioo licenziatario, il contratto presenterebbe maggiorecontiguità con lo schema della prestazione diservizi. L’A. è ritornato sulla questione con riferimentoalla norma dell’art. 4, par. 1, lett. f) della Propostadella Commissione, poi espunta dal testo delregolamento, che relativamente ai contratti aventi adoggetto diritti di proprietà intellettuale o industrialeaccoglieva la soluzione dell’applicazione della leggedel paese di residenza abituale del concedente, inCortese, La proposta di regolamento « Roma I »:spunti critici su collegamento obiettivo e rapporti conle convenzioni di diritto internazionale privato uniforme,inLa legge applicabile ai contratti nella propostadi regolamento « Roma I », a cura di Franzina, Padova,2006, p. 41 ss., spec. p. 43 s. Si ritornerà ulteriormentesul profilo in esame infra, par. 5.( 21 ) Si vedano, in ordine alla rilevanza e ai limiti diun riferimento alle norme del Tratt. CE in materia dilibertà di circolazione dei servizi ai fini dell’interpretazionedella nozione di contratti di prestazione diservizi di cui all’art. 5.1 del reg. CE n. 44/2001, tra glialtri, Cortese, Il trasferimento di tecnologia, cit., p.126 ss.; Franzina, La giurisdizione in materia contrattuale2 , cit., p. 304 ss.; Leible, Zuständigkeit – BesondereZuständigkeiten, inEuropäisches Zivilprozessrecht,a cura di Rauscher, I, München, 2006, p. 178ss.NLCC 3/4-2009


[Art. 4] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 697esse concorrono alla piena realizzazione delle libertàcontemplate dal trattato istitutivo, inquanto nel loro insieme assolvono alla funzionedi creare un quadro giuridico certo e prevedibilesulla base del quale gli operatori economicicomunitari possano adeguatamente valutare leopportunità ed i rischi connessi all’esercizio delleproprie attività in situazioni che presentanocollegamenti con altri Stati membri, così come,alla luce del carattere erga omnes delle disposizionidel reg. « Roma I », con Stati terzi ( 22 ). Inquesto senso deve, infatti, intendersi il riferimentoche l’art. 65 del Tratt. CE – sulla cui basetanto il reg. CE n. 44/2001 quanto il reg. « RomaI » sono stati adottati – compie alla necessarietàper il buon funzionamento del mercato internocome presupposto della competenza dellaComunità ad adottare atti nel settore della cooperazionegiudiziaria in materia civile ( 23 ).Ciò posto, non si può fare a meno di rilevareche la nozione di prestazione di servizi adottatadalle norme del Tratt. CE si presenta in buonaparte coincidente con l’interpretazione datadalla giurisprudenza degli Stati membri alla medesimanozione quale si è vista contenuta nell’art.5, n. 1, del reg. CE n. 44/2001. Il Tratt. CEfa, infatti, riferimento alla prestazione di un’attivitàdi carattere autonomo, resa in uno Statomembro diverso da quello di cui il prestatore ècittadino, ovvero in cui ha la sua sede. Al riguardo,lasciando da parte l’elemento del caratteretransfrontaliero della prestazione, che può nonessere necessariamente rilevante nel diversocontesto in cui operano le regole dell’art. 5, n. 1,del reg. « Bruxelles I » e dell’art. 4, par. 1, delreg. « Roma I », merita sottolineare l’ampiezzadella nozione di « servizi » contemplata dal trattato,la quale appare potersi riferire ad ogni formadi attività economica, tra cui quelle di carattereindustriale, commerciale, artigianale o professionale,che non rientri nell’ambito di applicazionedelle altre libertà di circolazione contemplatedal trattato, relative a merci, persone ecapitali ( 24 ).La Corte di giustizia CE nella recente sentenzarelativa al caso Falco Privatstiftung, sopra richiamata,ha nondimeno affermato che, relativamenteall’interpretazione dell’espressione« prestazione di servizi » quale contenuta nell’art.5, n. 1, lett. b), del reg. CE n. 44/2001 nonricorrano le stesse esigenze che giustificanoun’interpretazione estensiva di tale categoria neldiritto comunitario primario. Se in tale ambito,infatti, la libertà di prestazione dei servizi pre-( 22 ) Si veda al riguardo Franzina, supra, commentosub art. 2.( 23 ) Si vedano, quanto alla rilevanza del riferimentoche la norma dell’art. 65 del Tratt. CE compie allafinalità di assicurare il buon funzionamento del mercatointerno al fine di delimitare la portata della basegiuridica che la norma offre per l’emanazione di atticomunitari nella materia considerata, tra gli altri, Bariatti,Lo sviluppo delle competenze comunitarie inmateria di diritto internazionale privato e processuale,in Casi e materiali di diritto internazionale privato comunitario2 , a cura di Bariatti, Milano, 2009, p. 3 ss.,spec. p. 22 ss. e, in ordine alla influenza sulla disciplinarecata da tali atti delle disposizioni comunitarie inmateria di libertà di circolazione, Id., Restrictions Resultingfrom the EC Treaty Provisions for Brussels Iand Rome I, inEnforcement of International Contractsin the European Union. Convergence and Divergencebetween Brussels I and Rome I, a cura di Meeusen,Pertegás e Straetmans, Antwerp-Oxford-NewYork, 2004, p. 77 ss., spec. p. 83 ss.; Boschiero, voceCooperazione giudiziaria in materia civile e commerciale(diritto comunitario), inEnc. dir., Annali, I,Milano, 2007, p. 344 ss., spec. p. 379 ss.; con specificoriguardo all’incidenza del contesto normativo comunitariosulla disciplina di conflitto, Id., Verso ilrinnovamento e la trasformazione della convenzione diRoma: problemi generali, inDiritto internazionale privatoe diritto comunitario, a cura di Picone, Padova,2004, p. 319 ss., spec. p. 367 ss.; Kohler, Lo spaziogiudiziario europeo in materia civile e il diritto internazionaleprivato comunitario, ivi, p. 65 ss., spec. p.70 ss., 82 ss.; Kreuzer, Zu Stand und Perspektivendes Europäischen Internationalen Privatrechts – Wieeuropäisch soll das Europäische Internationale Privatrechtsein?, inRabels Zeitschrift, 2006, p. 1 ss., spec.p. 17 ss.; Salerno, La cooperazione giudiziaria comunitariain materia civile, inDiritto dell’Unione europea,Parte speciale 2 , a cura di Strozzi, Torino, 2005, p.463 ss., spec. p. 474 ss.( 24 ) In ordine alla portata delle norme del Tratt.CE in materia di libertà di circolazione dei servizi sivedano, tra gli altri, Greppi, La disciplina giuridicainternazionale della circolazione dei servizi, Napoli,1994, p. <strong>29</strong>1 ss.; Lasok, Law and Institutions of theEuropean Union 7 , London, 2001, p. 331 ss.; Mastroianni,La libera prestazione dei servizi,inDirittodell’Unione europea, Parte speciale 2 , a cura di G.Strozzi, cit., p. 221 ss., spec. p. 223 ss.; Tesauro, Dirittocomunitario 4 , Padova, 2005, p. 541 ss., spec., relativamentealla nozione di prestazione di servizi, p.544 ss.NLCC 3/4-2009


698reg. CE n. 593/2008[Art. 4]senta carattere residuale rispetto alle altre libertàdi circolazione contemplate dal Tratt. CE,cosicché in definitiva i rapporti che non vi rientranofiniscono con il restare esclusi dalle libertàcontemplate dal trattato, nel contesto del reg.CE n. 44/2001, invece, la categoria dei contrattidi prestazione di servizi, così come quella deicontratti di vendita di beni, presenta caratterespeciale, dato che per tutti gli altri contratti siapplica, come precisato dall’art. 5, n. 1, lett. c),la regola generale contenuta nella lett. a) dellostesso paragrafo ( 25 ). Per di più,l’intera disciplinadi cui all’art. 5, n. 1, presenta carattere speciale,in quanto comporta una deroga rispetto alforo generale del domicilio del convenuto stabilitodall’art. 2 del regolamento, dovendo, cometale, tendenzialmente formare oggetto di un’interpretazionerestrittiva ( 26 ).Le stesse esigenze di interpretazione restrittivanon si riscontrano peraltro, e in ciò èda riscontrareun limite alla piena attuazione del parallelismoinvocato dal preambolo, relativamenteall’interpretazione delle categorie contrattualiprese in considerazione dell’art. 4, par. 1, delreg. « Roma I ». In questo caso, infatti, le regolecontenute in tale paragrafo sono meramentecompletate dalla regola di cui al par. 2, relativaalla prestazione caratteristica. Tale regola, secondoquanto si può desumere anche dal 19 oconsiderando del preambolo, presenta carattereeccezionale, dato che, nell’economia della nuovadisciplina della legge applicabile in assenzadi scelta contenuta nel regolamento, la regolagenerale è costituita dall’applicazione al contrattodella legge indicata dalle disposizioni specifichecontenute nel par. 1 ( <strong>27</strong> ).( 25 ) Si veda in questo senso la sentenza della Cortegiust. CE 23 aprile 2009, Falco Privatstiftung, cit.,punti 33-37. Considerazioni simili la Corte svolge infra,punti 38-40, per escludere la rilevanza ai fini dell’interpretazionedella regola in questione di elementidesumibili dalle disposizioni contenute nelle direttivecomunitarie in materia di IVA, rivestendo anche intale contesto la categoria delle operazioni qualificabiliin termini di prestazioni di servizi carattere residuale,in quanto idonea a ricomprendere ogni operazionenon suscettibile di essere qualificata in termini dicessione di beni. La Corte si richiama, infine, punti41-43, al principio dell’effetto utile, affermando chepropendere per un’interpretazione estensiva delle categoriecontemplate dall’art. 5, par. 1, lett. b) comporterebbel’effetto di eludere l’intenzione manifestatadal legislatore comunitario di prevedere due regimidistinti per i contratti di vendita di beni e di prestazionedi servizi da un lato e per tutti gli altri contrattidall’altro, che si trova riflessa nell’insieme risultantedalle lett. a) ec) del medesimo paragrafo.( 26 ) Così ancora la Corte giust. CE, sent. ult. cit.,punto 37 della motivazione, riflettendo un orientamentointerpretativo consolidato con riferimento allecompetenze speciali contemplate dall’art. 5 dellaConvenzione di Bruxelles, ispirato alla centralità delforo del domicilio del convenuto in quanto idoneo aconsentire a quest’ultimo di esercitare più agevolmenteil proprio diritto di difesa: si vedano in particolareCorte giust. CE 17 giugno 1992, causa 26/91,Handte c. TMCS, inRaccolta, 1992, p. I-3967 ss.,punto 14 della motivazione; Corte giust. CE 19 gennaio1993, causa 89/91, Shearson Lehmann Hutton c.TVB,inRaccolta, 1993, p. I-139 ss., punti 14-16 dellamotivazione; Corte giust. CE 20 gennaio 1994, causa1<strong>29</strong>/92, Owens Bank c. Bracco, inRaccolta, 1994, p.I-117 ss., punto 22 della motivazione; Corte giust. CE3 luglio 1997, causa 269/95, Benincasa c. Dentalkit,inRaccolta, 1997, p. I-3767 ss., punto 13 della motivazione.Si veda al riguardo Franzina, La giurisdizionein materia contrattuale, cit., p. 99 ss.; Salerno, Giurisdizioneed efficacia, cit., p. 112 ss., il quale rilevache, nondimeno, in alcuni casi la Corte si è rivelatamaggiormente propensa a dare un’interpretazioneestensiva delle norme istituenti fori speciali, nella misurain cui essi apparivano presentare un collegamentoparticolarmente stretto con i fatti della controversia.Si vedano in particolare in questo senso Cortegiust. CE 9 dicembre 1987, causa 218/86, SAR Schottec. Parfums Rothschild, inRaccolta, 1987, p. 4905ss., spec. punto 9 della motivazione e, più recentemente,le conclusioni presentate il 14 marzo 2002dall’avv. gen. Jacobs relativamente al caso Henkel,causa 167/00, in Raccolta, 2002, p. I-8113 ss., spec.punto 33.( <strong>27</strong> ) Il preambolo del reg. « Roma I », al19 o considerando,afferma infatti, espressamente, che in mancanzadi scelta ad opera delle parti la legge applicabileal contratto dovrebbe essere individuata in base allaregola specifica prevista per il singolo tipo di contratto.Il ricorso alla regola della prestazione caratteristicadi cui all’art. 4, par. 2 appare, quindi, nell’otticadel regolamento, limitato ai casi che non rientranoin alcuno dei tipi contrattuali contemplati dal par. 1 oche rientrano in più di essi, conformemente all’obiettivo,già evidenziato dalla Relazione alla Propostadella Commissione, punto 4.2, sub art. 4, di garantiremaggiore certezza e prevedibilità nella determinazionedella legge applicabile in assenza di scelta, il cuiperseguimento è stato poi contemperato nel testo definitivodel regolamento con la contrapposta esigenzadi flessibilità mediante la reintroduzione della clauso-NLCC 3/4-2009


[Art. 4] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 6994. – Tracciati i caratteri fondamentali dellanozione di contratti di prestazione di servizi aifini dell’art. 4, par. 1, lett. b), del reg. « RomaI », appare necessario chiarire i rapporti intercorrentitra questa categoria contrattuale e quelledei contratti di affiliazione o franchising edidistribuzione, ai quali si riferiscono rispettivamentele lett. e) ef) della stessa norma.La necessità di un chiarimento discende dalfatto che, come espressamente indicato dalpreambolo del regolamento al 17 o considerando,detti contratti sono suscettibili di essere a propriavolta considerati come contratti di prestazionedi servizi, pur formando oggetto di regoledistinte. Al riguardo, deve rilevarsi che la qualificazionedi detti contratti come aventi ad oggettouna prestazione di servizi, pur affermatadal preambolo, non è pacifica. Infatti, facendoriferimento innanzitutto ai contratti di distribuzione,all’interno dei medesimi si presentanoelementi che appaiono ricondurli maggiormenteal tipo contrattuale della vendita di beni, conparticolare riguardo all’obbligo per il produttoredi fornire al distributore un certo quantitativodi beni, al quale nondimeno si contrappongonouna serie di obblighi da parte del rivenditore.Quest’ultimo, infatti, dovrà conformarsialle direttive stabilite dal produttore per quantoattiene alle condizioni di vendita, alle modalitàdi organizzazione dell’attività di distribuzione edelle sedi ad essa destinate, oltreché, nel caso dicontratti di distribuzione o concessione di venditain esclusiva, a vendere unicamente i prodottidel produttore, al quale reciprocamenteincomberà l’obbligo di operare nell’area interessataunicamente attraverso il rivenditore designato,venendosi in definitiva a creare un tipodi contratti ibrido del quale nella giurisprudenzainterna è stata talvolta affermata la non riconducibilitàalla categoria dei contratti di prestazionedi servizi ( <strong>28</strong> ).I profili di specificità accennati aumentanoancora maggiormente in quella figura contrattualesorta dalla pratica della distribuzionecommerciale e nota nell’ordinamento italianocome affiliazione commerciale, espressione conla quale il legislatore ha inteso rendere il terminefranchising ( <strong>29</strong> ). Il contratto in questione, diflad’eccezione nell’art. 4, par. 8. Si rimanda con riferimentoa questi profili di carattere generale della disciplinadella legge applicabile in mancanza di sceltaa Leandro, supra, commento sub art. 4, I, par. 8, oltreché,tra i commenti sinora apparsi in dottrina conriferimento al testo defintivo del regolamento, a Ballarino,Dalla convenzione di Roma del 1980 al regolamentoRoma I, inRiv. dir. internaz., 2009, p. 40 ss.,spec. p. 54 ss.; Cheshire, North e Fawcett, PrivateInternational Law 14 , a cura di Fawcett, Carrutherse North, Oxford, 2008, p. 722 ss.; Garcimartín Alferez,The Rome I Regulation: Much ado aboutnothing?, inEur. Legal Forum, 2008, I, p. I-61 ss.,spec. p. I-67 ss.; Lagarde e Tenenbaum, De la conventionde Rome au règlement Rome I,inRev. crit. dr.internat. privé, 2008, p. 7<strong>27</strong> ss., spec. p. 738 ss.; Landoe Nielsen, The Rome I Regulation, inCommonMarket Law Rev., 2008, p. 1687 ss., spec. p. 1700 ss.;Ubertazzi, Il regolamento Roma I sulla legge applicabilealle obbligazioni contrattuali, Milano, 2008, p. 67ss.; Wilderspin, The Rome I Regulation: Communitarisationand modernisation of the Rome Convention,in ERA Forum, 2008, p. 259 ss., spec. p. 265 ss.( <strong>28</strong> ) Si vedano, in particolare, Cassation 23 gennaio2007, in Rev. crit. dr. internat. privé, 2008, p. 662 s.;Cassation 5 marzo 2008, ivi, p. 664 s. Si veda, in ordinea tale giurisprudenza, Ancel, Les contrats de distributionet la nouvelle donne du règlement Rome I,in Rev. crit. dr. internat. privé, 2008, p. 561 ss., spec.p. 567 s., la quale ne rileva l’insufficiente argomentazionea sostegno della conclusione in tal senso raggiunta.Appare, invece, aderire alla conclusione raggiuntadalla giurisprudenza francese nel senso dellanon riconducibilità dei contratti di distribuzione nelloschema della prestazione di servizi Jacquet, notaa Cassation 23 gennaio 2007, Cassation <strong>27</strong> marzo2007, Cassation 14 novembre 2007, Cassation 5 marzo2008, in Journ. dr. internat., 2008, p. 524 ss. In ordine<strong>agli</strong> elementi caratteristici dei contratti di distribuzione,categoria molto ampia all’interno della qualela pratica commerciale è venuta sviluppando figuredistinte, si veda Bortolotti, Manuale di diritto commercialeinternazionale, III, La distribuzione internazionale.Contratti con agenti, distributori ed altri intermediari,Padova, 2002, p. 8 ss.; Galgano e Marrella,Diritto del commercio internazionale 2 , Padova,2007, p. 375 ss., spec., con riguardo ai problemi postidalla disciplina internazionalprivatistica di tali contratti,p. 392 ss.; Iorio Fiorelli, Contratti internazionalidi distribuzione: problemi di legge applicabile edi giurisdizione, inRiv. dir. internaz. priv. e proc.,2007, p. 633 ss.; Aguilar-Grieder, Los contratos internacionalesde distribución comercial en el reglamentoRoma I, inCuadernos de derecho transnacional,2009, n. 1, p. 19 ss.; Ancel, The Rome I Regulationand Distribution Contracts, inYearb. Priv. Internat.Law, 2008, p. 221 ss.( <strong>29</strong> ) Il contratto in questione è disciplinato nell’ordinamentoitaliano dalla l. 6 maggio 2004, n. 1<strong>29</strong>,NLCC 3/4-2009


700reg. CE n. 593/2008[Art. 4]fuso in diversi ordinamenti ( 30 ) e oggetto anchedi una legge modello adottata dall’Istituto internazionaleper l’unificazione del diritto privato(Unidroit) ( 31 ) oltreché di disposizioni contenutein atti comunitari che ne prendono in considerazionegli effetti sul piano della disciplinadella concorrenza ( 32 ), comporta l’instaurazionedi un vincolo particolarmente stretto tra l’affiliantee l’affiliato, che può essere finalizzato alladistribuzione tanto di beni quanto di servizi.Il rapporto che si viene ad instaurare tra leparti di un contratto di franchising è caratterizzato,essenzialmente, dalla messa a disposizioneda parte dell’affiliante, oltreché dei beni da rivendereove questo ne sia il fine, di un’insiemedi marchi, segni distintivi e del know-how di cuil’affiliato dovrà fare uso nell’attività di distribuzionedei beni e servizi oggetto dell’accordo autenti finali ovvero, nel caso del c.d. masterfranchising, al quale le imprese produttrici ricorronofrequentemente per organizzare la propriarete di distribuzione all’estero, ad uno opiù affiliati principali i quali a loro volta utilizzerannotali beni, diritti e know-how per concludereulteriori accordi di franchising con altriaffiliati ( 33 ).Chiariti questi tratti essenziali delle due figurecontrattuali che formano oggetto, rispettivamente,della lett. f) e della lett. e) dell’art. 4, par.1, del reg. « Roma I », appare chiaro che in relazioneai contratti rientranti nell’una o nell’altracategoria contrattuale debbano senz’altroseguirsi i criteri di individuazione della leggeapplicabile in assenza di scelta fissati dall’una odall’altra lettera della disposizione, anziché dallaregola prevista alla lett. b) per i contratti diprestazione di servizi. Infatti, anche a voler ricomprenderei contratti in questione in tale ultimacategoria secondo quanto affermato dalpreambolo del regolamento, le regole di cui allelett. e) edf) prevalgono sulla disposizione dellalett. b) per ragioni di specialità ( 34 ). Maggior-Norme per la disciplina dell’affiliazione commerciale,in G.U. 24 maggio 2008, n. 120.( 30 ) Si veda, per un’ampia rassegna, Peters eSchneider, Le contrat de franchisage,inRevue de dr.unif., 1985-I, p. 154 ss.; cenni in de Franchis, voceFranchising in diritto comparato, inDigesto IV ed.,Disc. priv., Sez. comm., VI, Torino, 1991, p. 308 s.( 31 ) Unidroit - International Institute forthe Unification of Private Law, Model FranchiseDisclosure Law, Rome, 25 September 2002, testo disponibilesul sito Internet http://www.unidroit.org.La legge modello è relativa allo specifico profilo dell’obbligodell’affiliante di comunicare all’affiliato leinformazioni necessarie ai fini della corretta comprensionedei propri obblighi e dell’adeguato svolgimentodella propria attività. Si veda al riguardo, conriferimento anche ad altre iniziative dell’Unidroit inmateria, Aguilar-Grieder, Los contratos internacionalesde distribución, cit., p. 23 s.( 32 ) Una definizione di accordi di franchising eracontenuta nell’art. 1, par. 3, lett. a)-b), del reg. CE n.4097/1988 della Commissione, in G.U.C.E., L 359del <strong>28</strong> dicembre 1988, p. 46 ss., concernente l’applicazionedell’art. 85 (ora 81), par. 3 del Tratt. CE, relativoall’esezione di particolari categorie di accordi epratiche concordate dal divieto di intese restrittivedella concorrenza, a determinate categorie di accordidi franchising. Il regolamento è stato abrogato dalsuccessivo reg. CE n. <strong>27</strong>90/1999 della Commissione,in G.U.C.E., L 336 del <strong>29</strong> dicembre 1999, p. 21 ss., ilquale non reca specifiche disposizioni relativamente<strong>agli</strong> accordi in questione, ricomprendendoli all’internodi categorie più ampie.( 33 ) Si vedano in generale in ordine ai caratteri delcontratto di franchising ed alla sua utilizzazione nelcontesto della distribuzione internazionale di beni edi servizi, tra gli altri, Bortolotti, op. ult. cit., p.325 ss.; G. De Nova, voce Franchising, inDigesto IVed., Disc. priv., Sez. comm., VI, Torino, 1991, p. <strong>29</strong>6ss., spec. p. 308; Frignani, voce Franchising, inEnc.giur. Treccani, XIV, Roma, 1989; Galgano e Marrella,op. cit., p. 391 s., 403 ss.; Tonolo, Franchisinginternazionale, inDigesto IV ed., Disc. priv., Sez.comm., Agg., II, Torino, 2003, p. 393 ss., spec., perquanto attiene ai profili internazionalprivatistici, p.398 ss.; Garcia Gutiérrez, Franchise Contracts andthe Rome I Regulation on the Law Applicable to InternationalContracts, in Yearb. Priv. Internat. Law,2008, p. 233 ss.( 34 ) Secondo quanto affermato dal preambolo delregolamento, 17 o considerando, già richiamato, i contrattidi affiliazione o franchising e quelli di distribuzione,pur essendo contratti aventi ad oggetto unaprestazione di servizi, formano oggetto di regole specifiche.Come osservato supra, par. 4, l’affermazioneper la quale i contratti dell’uno e dell’altro tipo comporterebberouna prestazione di servizi è poco convincente,come rilevato segnatamente dalla giurisprudenzafrancese citata in nt. <strong>27</strong>, alla luce della pluralitàdi obbligazioni reciproche che le parti assumono neidue contratti, che non si lasciano agevolmente ricondurrenello schema tipico dello scambio tra una prestazionedi facere e un corrispettivo pecuniario. Si vedanoulteriormente, in proposito, Garcia-Gutiérrez,Franchise Contracts and the Rome I Regulation,cit., p. 237; Aguilar-Grieder, Los contratos interna-NLCC 3/4-2009


[Art. 4] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 701mente problematica, all’evidenza, è suscettibiledi presentarsi la situazione relativamente a contratticomplessi, in cui siano presenti tanto glielementi caratteristici di un contratto di distribuzioneovvero di franchising, quanto quelli diun contratto di prestazione di servizi ( 35 ). Inquesta ipotesi, si deve innanzitutto valutare sesia possibile separare, anche quanto alla disciplinadella legge regolatrice, i diversi rapportiobbligatori all’interno del contratto, il che appareconfigurabile, in base all’art. 4 del reg.« Roma I », solo ove tali diversi rapporti obbligatorisiano suscettibili di essere considerati isolatamentequali contratti diversi ( 36 ). Ove tale5. – Delineato l’ambito d’applicazione rispettivodelle regole contenute nelle lett. b), e) edf)del par. 1 dell’art. 4 del reg. « Roma I », è ora ilcaso di esaminare brevemente i criteri di collegamentoprevisti per ciascuna delle categoriecontrattuali esaminate. Con riferimento alla pricionalesde distribución, cit., p. 35; Ancel, The RomeI Regulation and Distribution Contracts, cit., p. 2<strong>27</strong> s.,la quale osserva che la definizione dei contratti di distribuzionee di franchising alla stregua di contratti diprestazione di servizi potrebbe rilevare al fine dell’applicazionedella regola dell’art. 5, par. 1, lett. b),del reg. CE n. 44/2001, soluzione non condivisa, peraltrodalla giurisprudenza francese alla quale si è soprafatto riferimento.( 35 ) I problemi di qualificazione posti dai contratticomplessi, con particolare riferimento all’alternativatra un approccio selettivo e un approccio cumulativoal fine di individuare la categoria ovvero le categoriecontrattuali ai quali ricondurli, sono esaminati, ai finidella determinazione della competenza giurisdizionalein base alla regola dell’art. 5, par. 1, lett. b), del reg.CE n. 44/2001, da Berlioz, La notion de fourniturede services au sens de l’article 5-1 b) du règlement« Bruxelles I »,inJourn. dr. internat., 2008, p. 675 ss.,spec. p. 699 ss.( 36 )L’eventualità in questione è prospettata, conriferimento all’ipotesi in cui all’interno di un contrattodi distribuzione siano contenute disposizioni concernentii singoli contratti di vendita, da Lando eNielsen, The Rome I Regulation, cit., p. 1703 s.; sivedano invece Lagarde e Tenenbaum, De la conventionde Rome au règlement Rome I, cit., p. 741 s., iquali ritengono che la regola dell’art. 4, par. 2, del regolamento,sia volta specificamente ad evitare la sottoposizionedi elementi separabili del rapporto a leggidiverse; nello stesso senso, si veda anche, sebbenecon riferimento alla formulazione dell’art. 4 dellaproposta di regolamento, Hartley, The Proposed« Rome I » Regulation: Applicable Law in the Absenceof Choice (Article 4), inVers des nouveaux équilibresentre ordres juridiques. Liber amicorum HélèneGaudemet-Tallon, Paris, 2008, p. 717 ss., spec. p.723. Deve essere tenuto presente, infatti, che nellaformulazione dell’art. 4 del regolamento è venutameno la previsione di una facoltà di dépeçage ad operadel giudice, vale a dire di applicazione di una leggesoluzione non sia praticabile, la lettera dell’art.4, par. 2, del regolamento, nell’intento di promuovereuna disciplina unitaria del contrattodal punto di vista internazionalprivatistico ( 37 ),dichiara inapplicabili, in relazione a contratti icui elementi ricadano in più delle categorie contrattualicontemplate dal par. 1, le regole specifichecontenute nel paragrafo in questione, prevedendoun ritorno al criterio della residenzaabituale della parte che deve fornire la prestazionecaratteristica, che viene peraltro posto dalregolamento quale regola per i casi contemplatidalla norma e non più quale mera presunzione( 38 ).diversa ad una parte del contratto separabile dal resto,che era invece contemplata nell’art. 4, par. 1, dellaConvenzione di Roma. V. al riguardo Leandro,supra, commento sub art. 4, I, par. 12. Nel senso chequesta modifica si inserisce nel contesto di un tendenzialeirrigidimento della disciplina della legge applicabilein mancanza di scelta, nella quale viene ridottotanto il ruolo del principio di prossimità, quantola rilevanza della prestazione caratteristica, si vedaBallarino, Dalla convenzione di Roma del 1980 alregolamento Roma I, cit., p. 57.( 37 ) Rilevano al riguardo Lagarde e Tenenbaum,De la convention de Rome, cit., p. 742, in nota, che lascelta effettuata in proposito dal legislatore comunitarioappare essere indice di una tendenza, già desumibileda altre soluzioni accolte nel regolamento, aprivilegiare la certezza nella determinazione della leggeapplicabile rispetto alla flessibilità. Da notare, invece,che il dépeçage continua ad essere previsto dall’art.3 del regolamento per il caso di scelta di leggead opera delle parti. Si veda al riguardo Gardella,supra, commento sub art. 3, I).( 38 ) In proposito, il preambolo del regolamento, al19 o considerando, afferma che, in relazione ad uncontratto che presenti un insieme di diritti ed obblighiinquadrabili in più di una delle categorie contemplate,la prestazione caratteristica debba essere determinatain ragione del « baricentro » del contrattostesso. Si rimanda, con riferimento ai profili generalidella disciplina della legge applicabile in mancanza discelta nell’art. 4 del reg. « Roma I » a Leandro, supra,commento sub art. 4, I, par. 6 oltreché alla dottrinacitata supra, in nt. 26.NLCC 3/4-2009


702reg. CE n. 593/2008[Art. 4]( 39 ) Si rimanda a quanto accennato supra, par.1ea Leandro, supra, commento sub art. 4, I, par. 6.( 40 ) Si vedano, quanto ai rapporti tra il criterio delcollegamento più stretto e la presunzione basata sullaprestazione caratteristica nell’economia dell’art. 4della Convenzione di Roma, per limitarsi ad alcuni riferimenti,Baratta, Il collegamento più stretto nel dirittointernazionale privato dei contratti, Milano,1991, p. 1<strong>28</strong> ss.; Id., sub art. 4, in Convenzione sullalegge applicabile alle obbligazioni contrattuali (Roma,19 giugno 1980) – Commentario, a cura di Bianca eGiardina, in questa Rivista, 1995, p. 953 ss., spec. p.960 ss.; Villani, La convenzione di Roma sulla leggeapplicabile ai contratti 2 , Bari, 2000, p. 85 ss.; Plendere Wilderspin, The European Contracts Convention2 , London, 2001, 109 ss.; Martiny,inInternationalesVertragsrecht 6 , a cura di Reithmann e Martiny,Köln, 2004, p. 124 ss.( 41 ) Si vedano, in particolare, le considerazioni inordine all’influsso dei principi del diritto comunitariosulla formulazione delle norme di conflitto contenutenegli atti da adottarsi dalla Comunità svolte daBoschiero, Verso il rinnovamento e la trasformazione,cit., p. 369 ss., con riferimento al discusso valoredel principio dello Stato d’origine quale regola dima ipotesi, quella dei contratti di prestazione diservizi, il regolamento non pare innovare in misurasignificativa rispetto alla disciplina internazionalprivatisticarisultante dalla Convenzionedi Roma, se non, evidentemente, per il fatto, giàrilevato in precedenza ( 39 ), di porre quale regoladi conflitto una specificazione del criterio chenella Convenzione rivestiva il ruolo di mera presunzioneal fine dell’applicazione del criterio dicollegamento principale in assenza di scelta delleparti, costituito dal collegamento più stretto( 40 ).Infatti, la norma dell’art. 4, par. 1, lett. b), nonfa che sottoporre il contratto alla legge del paesedi residenza abituale della parte tenuta adeseguire la prestazione caratteristica del contratto,come tale dovendo identificarsi normalmente,nei contratti che si inseriscono nelloschema classico della prestazione di un servizioverso il pagamento di un corrispettivo pecuniario,la prestazione del servizio stesso. Tale soluzioneappare, tra l’altro, in linea con le esigenzedettate dalle norme comunitarie in materia di libertàdi circolazione dei servizi, prima evocate,in quanto consente al prestatore di servizi chediriga la propria attività verso paesi diversi di rimaneresoggetto alla legge del proprio paese diresidenza abituale ( 41 ). Pur sempre, a questo riguardo,non si può fare a meno di osservare, dauna parte, che le norme del regolamento, inquanto aventi efficacia erga omnes ( 42 ), possonoapplicarsi anche nei riguardi di un prestatorenon avente la residenza abituale in uno Statomembro, come pure in relazione ai servizi cheun prestatore pur stabilito in uno Stato membrosvolga in uno Stato terzo, ipotesi entrambe chefuoriescono dall’ambito di applicazione dellenorme comunitarie sulla libera circolazione ( 43 ).Dall’altra, non deve essere trascurato che la sottoposizionedel contratto alla legge del Paese diresidenza abituale del prestatore del servizionon esime quest’ultimo dall’osservanza delleconflitto immanente nel sistema, questione messa inluce dalla dir. 2000/31/CE sul commercio elettronico,ambito nel quale essa si pone con maggiore rilevanza,attesa la facilità con la quale attraverso la retetelematica un prestatore di servizi si può trovare aconcludere contratti con soggetti residenti in altripaesi. Si vedano, per diverse posizioni in proposito,Heuzé, De la compétence de la loi du pays d’origineen matière contractuelle ou l’anti-droit européen,inLedroit international privé: esprit et méthodes. Mélangesen l’honneur de Paul Lagarde, Paris, 2005, p. 393 ss.,spec., per una forte critica (l’A. parla al riguardo di« une imposture juridique ») della tesi che tende a vederenel principio dello Stato d’origine una regolaimplicita di diritto internazionale privato, p. 404 ss.;Audit, Régulation du marché intérieur et libre circulationdes lois, inJourn. dr. internat., 2006, p. 1333ss., spec. p. 1358 ss.; Ballarino e Mari, Uniformitàe riconoscimento. Vecchi problemi e nuove tendenzedella cooperazione giudiziaria nella Comunità europea,in Riv. dir. internaz., 2006, p. 7 ss.; Mansel, Anerkennungals Grundprinzip des Europäischen Rechtsraums,inRabels Zeitschrfit, 2006, p. 651 ss.; Muir-Watt, Aspects économiques du droit internationalprivé,inRec. des Cours, 2004, vol. 307, p. 25 ss., spec.p. 190 ss.( 42 ) Si veda al riguardo Franzina, supra, commentosub art. 2.( 43 ) Da notare, peraltro, che la rilevanza del principiodel Paese d’origine è stata alquanto ridimensionatanel testo definitivo della discussa dir. 2006/123/CE del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercatointerno, in G.U.U.E. n. L 376 del <strong>27</strong> dicembre2006, p. 36 ss., il cui art. 3, par. 2, precisa che essanon riguarda le norme di diritto internazionale privato,con particolare riferimento a quelle relative alleobbligazioni contrattuali ed extracontrattuali. Si vedaal riguardo Malatesta, Principio dello Stato d’originee norme di conflitto dopo la direttiva 2006/123/CEsui servizi nel mercato interno: una partita finita?, inRiv. dir. internaz. priv. e proc., 2007, p. <strong>29</strong>3 ss.NLCC 3/4-2009


[Art. 4] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 703norme di applicazione necessaria del Paese nelquale il servizio viene ad essere prestato, sia essoil Paese di residenza abituale della controparteovvero un altro Paese, nei limiti in cui l’art. 9del regolamento ne prevede l’osservanza ( 44 )enella misura in cui l’applicazione di tali regolenon costituisca, in una situazione che rientrinell’ambito di applicazione delle norme comunitariein materia di libertà di circolazione, unarestrizione ingiustificata alle libertà stesse ( 45 ).Deve, inoltre, essere osservato che la flessibilitàdella disciplina della legge applicabile in assenzadi scelta contenuta nella Convenzionenon può dirsi venuta meno, dato che l’art. 4 delregolamento, al par. 3, reintroduce la clausolad’eccezione recata dall’art. 4, par. 5, della Convenzionedi Roma, prevedendo che le regolespecifiche di cui al par. 1 ovvero quella residualedella prestazione caratteristica di cui al par. 2possano essere scartate ove dal complesso dellecircostanze del caso risulti chiaramente che ilcontratto presenta collegamenti manifestamentepiù stretti con un altro Paese ( 46 ).Maggiormente innovativa si presenta, invece,la soluzione adottata nelle lett. e)ef) con riguardoai contratti di distribuzione e di franchising.Infatti, come si è avuto modo di rilevare, tantogli uni quanto gli altri contratti comportano unoscambio di prestazioni, tra le quali non è agevoledeterminare quale si riveli preponderante alfine di giustificare la sottoposizione del contrattoalla legge del Paese di residenza abituale dellaparte tenuta ad effettuare l’una piuttosto chel’altra prestazione in base alla logica della prestazionecaratteristica adottata nella Convenzionedi Roma. Il legislatore comunitario ha ritenutodi risolvere l’incertezza che circondava l’applicazionedella presunzione della prestazionecaratteristica in relazione a queste due categoriecontrattuali, individuando direttamente comeapplicabile la legge del Paese di residenza abituale,rispettivamente, del distributore e dell’affiliato( 47 ).( 44 )L’art. 9 del regolamento, mentre fa salva l’applicazionedelle norme di applicazione necessariadello Stato del foro, limita la rilevanza delle norme diapplicazione necessaria di altri Stati alla sola ipotesiin cui si tratti delle norme di applicazione necessariadel paese di esecuzione degli obblighi derivanti dalcontratto, nella misura in cui da tali norme derivi l’illiceitàdell’esecuzione stessa. Si veda al riguardo Biagioni,infra, commento sub art. 9.( 45 ) Un limite all’applicazione delle norme internedi applicazione necessaria è stato posto in questo sensodalla Corte giust. CE nella nota sentenza del 23novembre 1999, cause riunite 369/96 e 376/96, Arblade,inRaccolta, 1999, p. I-8453 ss., in cui la Corteha considerato in contrasto con le norme del Tratt.CE in materia di libertà di circolazione dei servizi lenorme della legge belga che imponevano anche alleimprese aventi sede in altri Stati membri che impegnasserotemporaneamente lavoratori in territoriobelga di conformarsi a determinati obblighi in puntodi contributi e di tenuta della documentazione, inuna situazione in cui tali imprese si trovavano giàsoggette ad obblighi analoghi nel proprio paese distabilimento.( 46 ) La clausola d’eccezione contenuta nell’art. 4,par. 5, della Convenzione di Roma era stata eliminatadall’art. 4 della Proposta della Commissione, al fine,come espressamente indicato nella Relazione allaProposta, sub art. 4, di realizzare una migliore certezzae prevedibilità nell’individuazione della legge applicabilein assenza di scelta, ed è stata reintrodottanel testo del regolamento a seguito della prima letturadel Parlamento europeo (doc. Consiglio 15832/07del 3 dicembre 2007, fasc. interistituzionale 2005/0261 (COD)). Si vedano al riguardo, tra gli altri,Cortese, La proposta di regolamento « Roma I », cit.,p. 42 ss.; Villani, La legge applicabile in mancanza discelta tra vecchia e nuova disciplina, inIl nuovo dirittoeuropeo dei contratti: dalla convenzione di Roma al regolamento« Roma I », Milano, 2007, p. 56 ss., spec.p. 67 ss.; Kessedjian, Party Autonomy and CharacteristicPerformance in the Rome Convention and theRome I Proposal, inJapanese and European PrivateInternational Law in Comparative Perspective, a curadi Basedow, Baum e Nishitani, Tübingen, 2008, p.105 ss., spec. p. 123; Ballarino, Dalla convenzionedi Roma, cit., p. 55; Cheshire, North e Fawcett,Private International Law, cit., p. 724 s.; Garcimartín-Alferez,The Rome I Regulation, cit., p. I-70;Lagarde e Tenenbaum, De la convention de Rome,cit., p. 738; Lando e Nielsen, The Rome I Regulation,cit., p. 1702 s.; Ubertazzi, Il regolamento RomaI, cit., p. 76 s.; Wilderspin, The Rome I Regulation,cit., p. 266.( 47 ) Si veda, in senso tendenzialmente favorevolealla soluzione adottata nel regolamento, Iorio Fiorelli,Contratti internazionali di distribuzione, cit., p.643 ss.; il quale osserva che essa riflette la collocazionedelle attività essenziali della distribuzione, cheidentifica nella promozione del prodotto e nella suarivendita, nel paese del distributore; nello stesso sensosi era espresso, tra i primi commentatori della proposta,Mankowski, Der Vorschlag für die Rom I-Verordnung,inIPRax, 2006, p. 101 ss., spec. p. 103 s.;NLCC 3/4-2009


704reg. CE n. 593/2008[Art. 4]Ciò che appare discutibile nella scelta operatanel regolamento a questo riguardo è il fatto che essaappare essere stata dettata da una logica diversada quella dell’individuazione del « baricentro» ( 48 )o« centro di gravità»( 49 ) del rapporto,in base alla quale avrebbe forse potuto essere individuatacome applicabile la legge del produttoreovvero dell’affiliante, in quanto da questi provienela prestazione fondamentale al fine dell’esistenzadel rapporto, vale a dire, la fornitura deiprodotti da distribuire nell’un caso e dell’insiemedi privative e know-how nell’altro ( 50 ). Bensì, secondoquanto si legge nella Relazione alla Propostadella Commissione, la scelta di sottoporre talicontratti alla legge del paese di residenza abituale,rispettivamente, del distributore e dell’affiliatoè stata dettata dalla finalità di proteggere talisoggetti in quanto parti deboli del rapporto ( 51 ).Tale esigenza è estranea alla logica alla quale sonoispirate le restanti regole per la determinazionedella legge applicabile in assenza di scelta contenutenell’art.4esitrova riflessa, invece, nelle disposizionidel regolamento che recano una disciplinaspeciale della legge applicabile in relazionea determinate categorie di contratti in cui si presentaun’effettiva esigenza di protezione della partedebole del rapporto e relativamente alle qualitale finalitàèperseguita in modo maggiormente sistematico,per esempio ponendo limiti alla libertàdi scelta della legge applicabile ad opera delleparti ( 52 ).in ordine alle diverse soluzioni accolte nella giurisprudenzadegli Stati membri, Lopes-Pegna, Il rilievodel collegamento più stretto dalla convenzione diRoma alla proposta di regolamento « Roma I »,inRiv.dir. internaz., 2006, p. 756 ss., spec. p. 762 ss.( 48 ) Per adottare l’espressione in proposito utilizzatadal preambolo del regolamento, al 19 o considerando.( 49 ) Secondo l’espressione utilizzata allo stesso finenella Relazione Giuliano-Lagarde, sub art. 4, punto 3.( 50 ) In questo senso si è pronunciata, relativamentea contratti di distribuzione ovvero di concessionedi vendita in esclusiva, Cass., sez. un., 11 giugno2001, n. 7860, in Riv. dir. internaz. priv. e proc., 2002,p. 157 ss., spec. p. 164 s., rilevando che la funzione discambio correlata alla fornitura dei prodotti costituisceparte essenziale del contratto; Cass. 4 maggio2006, n. 10223, ivi, 2007, p. 194 ss., spec. p. 196 s.,osservando che dalla fornitura della merce dipende lasuccessiva attività di distribuzione. Si vedano al riguardole osservazioni di Iorio Fiorelli, Contrattiinternazionali di distribuzione, cit., spec. p. 642 ss. Siveda anche, nello stesso senso, Cassation 15 maggio2001, in Journ. dr. internat., 2001, p. 1121 ss., con notadi Huet, ibidem, p. 1123 ss.; sottolineano il contrastodi tale orientamento, che nella giurisprudenzafrancese appare prevalente, con la soluzione adottatanel regolamento, Kessedjian, Party Autonomy andCharacteristic Performance, cit., p. 124 s.; Ancel, Lescontrats de distribution et la nouvelle donne du règlementRome I, cit., p. 564 ss., la quale rileva anche aquesto riguardo lo scarso approfondimento in talegiurisprudenza degli elementi rilevanti al fine di unaeffettiva localizzazione del rapporto. In senso contrarioalla soluzione accolta dalla giurisprudenza italianae francese si registrano alcune prese di posizione nellagiurisprudenza tedesca, tra cui, identificando laprestazione del distributore come caratteristica,Oberlandesgericht Düsseldorf 11 luglio 1996, in Diedeutsche Rechtsprechung auf dem Gebiete des internationalenPrivatrechts (IPRspr.), 1996, p. 85 ss. (n. 37);individuando, nella stessa ottica, nella legge del paesedi residenza abituale del distributore quella sulla cuibase determinare il luogo di esecuzione dell’obbligazionededotta in giudizio ai fini dell’art. 5.1 dellaConvenzione di Bruxelles, Oberlandesgericht Düsseldorf19 giugno 2002, ivi, 2002, p. 364 ss. (n. 142),confermata dal Bundesgerichtshof 30 aprile 2003, ivi,2003, p. 417 ss. (n. 134).( 51 ) Si veda la Relazione riguardante la proposta diregolamento, cit., p. 6, ove si sottolinea come l’individuazionedella prestazione caratteristica relativamentealle due categorie di contratti in esame si riveli problematica,essendosi in presenza di orientamenti giurisprudenzialicontrastanti all’interno degli Statimembri. A sostegno della giustificazione addotta, laCommissione fa ricorso ad un argomento di coerenzarispetto alla disciplina che i contratti in questione ricevononel diritto comunitario sostanziale, tendenzialmenteprotettiva dei distributori in quanto partideboli del rapporto. Ritengono poco convincente lamotivazione addotta nella relazione alla propostaFerrari, Objektive Anknüpfung, inEin neues InternationalesVertragsrecht für Europa, a cura di Ferrarie Leible, Jena, 2007, p. 57 ss., spec. p. 86 s.; Galganoe Marrella, Diritto del commercio internazionale,cit., p. 395; ne rileva la diversità della motivazioneaddotta da quella che sorregge le scelte effettuate rispettoalle altre categorie di contratti Villani, La leggeapplicabile in mancanza di scelta, cit., p. 69.( 52 ) Si veda in questo senso Ancel, Les contrats dedistribution et la nouvelle donne du règlement RomeI, cit., p. 568 ss.; Id., The Rome I Regulation and DistributionContracts, cit., p. 2<strong>27</strong>, la quale ritiene che lascelta operata dal legislatore comunitario debba intendersipiù verosimilmente dettata da ragioni di praticitàe di prossimità. Nel senso che la scelta operatadal legislatore comunitario sia ispirata all’obiettivo dicertezza e prevedibilità quanto all’individuazioneNLCC 3/4-2009


[Art. 4] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 705della legge regolatrice, che permea l’intera disciplinadell’art. 4 del regolamento, Aguilar-Grieder, Loscontratos internacionales de distribución comercial,cit., p. 34. Con riferimento ai contratti di franchising,rileva Garcia e Gutiérrez, Franchise Contracts andthe Rome I Regulation, cit., p. 238, che la scelta compiutadal legislatore comunitario appare in parte dettatadalle finalità di protezione del franchisee o affiliatoin quanto parte debole, come evidenziato nella relazionealla proposta della Commissione, e in partedall’identificazione della legge del Paese in cui il medesimoha la residenza abituale con la legge del mercatoin cui il contratto produce i suoi effetti. Quest’ultimaidentificazione, peraltro – come la stessa A.ammette, ivi,p.240– potrebbe non verificarsi nei casi,per quanto eccezionali, in cui l’affiliato svolga lapropria attività in un paese diverso da quello dellapropria residenza abituale.Perdipiù,l’asserita esigenza di protezione dellaparte debole – che, peraltro, potrebbe non rivelarsisempre concretamente sussistente o, quantomeno,non con riguardo al distributore, il qualepotrebbe in ipotesi anche essere costituito dauna società che controlla una grande catena multinazionaledella distribuzione, in grado di fissareessa stessa le condizioni da rispettarsi da partedei singoli produttori delle merci da immetterenella propria rete di distribuzione, al punto di porrequesti ultimi in condizione di sostanziale inferioritàsul piano dei rapporti contrattuali ( 53 ) – sipresta ad essere vanificata dall’operare della clausolad’eccezione di cui al par. 3, per effetto dellaquale il contratto potrebbe in ipotesi venire ad esseresottoposto alla legge del paese di residenzaabituale dell’altra parte ( 54 ).Fabrizio Marongiu Buonaiuti( 53 ) La potenziale infondatezza della motivazione addottanella relazione alla proposta della Commissioneè stata rilevata, tra i primi commentatori della proposta,da Lagarde, Remarques sur la proposition de règlementde la Commission européenne sur la loi applicable auxobligations contractuelles (Rome I),inRev. crit. dr. internat.privé, 2006, p. 331 ss., spec. p. 339; nello stessosenso, Kessedjian, Party Autonomy and CharacteristicPerformance, cit., p. 124, in nt. 45, con riferimento allapresa di posizione in proposito da parte di associazionidi categoria; Iorio Fiorelli, Contratti internazionalidi distribuzione, cit., p. 644; Ubertazzi, Il regolamentoRoma I, cit., p. 75; Villani, La legge applicabile inmancanza di scelta, cit., p. 72.( 54 )Un’ipotesi in cui, come rilevato dallo stessoIorio Fiorelli, Contratti internazionali di distribuzione,cit., p. 644, la sottoposizione del rapporto allalegge del Paese di residenza abituale del distributoresi rivelerebbe scarsamente giustificata è data dai casiin cui nel contratto di distribuzione non sia previstada parte del distributore alcuna attività di promozioneo di sviluppo dell’immagine del prodotto, al puntoche recupererebbe senz’altro centralità l’obbligazionedel produttore di fornire la merce da rivendere.IVSommario:1.L’art. 4, par. 1, lett. c). – 2. Segue: ragioni sotteseal richiamo della lex rei sitae. – 3. Segue: la portataapplicativa della norma. – 4. L’art. 4, par. 1, lett. d).( 1 )L’art. 4, par. 3, della Convenzione di Roma dispone:« quando il contratto ha per oggetto il dirittoreale su un bene immobile o il diritto di utilizzazionedi un bene immobile, si presume, in deroga al par. 2,che il contratto presenti il collegamento più strettocon il paese in cui l’immobile è situato ». ( 2 )V.infra, par. 4.1. – Il reg. « Roma I », come la Convenzionedi Roma ( 1 ), reca una previsione speciale relativaai contratti aventi ad oggetto un diritto realeimmobiliare o la locazione di un bene immobile.Ai sensi dell’art. 4, par. 1, lett. c), del regolamento,tali contratti sono disciplinati, in mancanzadi scelta, « dalla legge del paese in cuil’immobile è situato ». La norma non si applica,ricorrendo le condizioni che verranno esaminatein seguito, a talune locazioni immobiliari dibreve durata; per tale figura, non espressamentecontemplata dal regime convenzionale, operainfatti, in deroga al criterio della lex rei sitae, ilrichiamo alla legge del paese di abituale residenzadel proprietario, ai sensi della lett. d) dellostesso art. 4 ( 2 ).NLCC 3/4-2009


706reg. CE n. 593/2008[Art. 4]La prima delle disposizioni citate, pur condividendola logica « territoriale » sottesa alla corrispondenteprevisione pattizia, modifica in modonon trascurabile il quadro precedente. In lineacon le scelte di fondo adottate dai redattoridel nuovo testo in tema di collegamento obiettivo,essa infatti sostituisce anche in quest’ambitola « presunzione » stabilita dalla Convenzionedi Roma con un criterio di collegamento di tiporigido ( 3 ), volto a conferire alla designazionedella legge applicabile un elevato grado di prevedibilità.Una « apertura » verso le ragioni dellaflessibilità resta peraltro assicurata, anche peri contratti relativi a beni immobili, nell’ambitodella c.d. clausola di eccezione di cui all’art. 4,par. 3 ( 4 ).2. – La scelta del criterio del situs rei, previstodall’art. 4, par. 1, lett. c), del regolamento, si basasu almeno tre ordini di considerazioni, strettamentelegate fra loro.Il richiamo alla lex rei sitae riflette, in primoluogo, il legame particolarmente intenso che icontratti aventi ad oggetto un bene immobilepresentano con il territorio in cui il bene medesimosi trova ( 5 ). Questa speciale relazione di« prossimità »sottende a sua volta delle giustificazionidi natura economica e sociale, connesseal carattere eminentemente « locale » del mercatodegli immobili e alla dimensione, anch’essaperlopiù circoscritta ad un ambito geograficodeterminato, delle esigenze (abitative, produttiveetc.) che i contratti di questo tipo mirano generalmentea soddisfare. In questo quadro, l’impiegodella lex rei sitae corrisponde alle ragionevoliaspettative delle parti e degli eventuali terziinteressati al rapporto; un aspetto, quest’ultimo,di rilievo non secondario se si pensa alla funzionedi garanzia che proprio i beni immobili sono( 3 )V.Leandro, supra, commento sub art. 4, I,par. 5.( 4 ) Sull’ammissibilità del ricorso alla clausola dieccezione rispetto ai contratti relativi ad immobili v.già, con riguardo alla Convenzione di Roma, la RelazioneGiuliano-Lagarde, sub art. 4, par. 4.( 5 ) Ancel, La loi applicable à défaut de choix,inLenouveau règlement européen « Rome I » relatif à la loiapplicable aux obligations contractuelles. Actes de la20 e Journée de droit international privé du 14 mars2008 à Lausanne, a cura di Bonomi e Cashin Ritaine,Zürich, 2009, p. 83.sovente chiamati ad assolvere ( 6 ). Il richiamodella legge del situs rei consente inoltre di farvenire in rilievo, già a titolo di lex contractus, lenorme imperative del Paese in cui si trova il bene,volte ad assicurare il corretto funzionamentodel mercato (nazionale) degli immobili, tantonell’interesse dei soggetti produttivi (basti pensareal ruolo giocato dalle transazioni immobiliarinei processi di capitalizzazione e finanziamentodelle imprese), quanto gli interessi dellepersone e delle famiglie, tenuto conto della specialeimportanza che proprio i beni immobili rivestononel soddisfacimento di bisogni primaridegli individui (gli interessi abitativi) come purenelle dinamiche che presiedono alla costituzionee alla amministrazione dei patrimoni familiari( 7 ).Il ricorso alla lex rei sitae, quando si tratta dinegozi aventi ad oggetto il trasferimento o la costituzionedi un diritto reale, tende in secondoluogo ad assicurare un raccordo fra la disciplinadegli aspetti obbligatori dell’operazione e quelladegli effetti reali ( 8 ). I conflitti di leggi in materiadi proprietà e diritti reali, che negli Statimembri sono regolati quasi esclusivamente danorme di origine nazionale, vengono infatti risoltipressoché ovunque proprio attraverso ilrinvio alla legge del paese di situazione del bene( 9 ). Fare appello a questa stessa legge per re-( 6 )Ilsitus rei esercita, del resto, una sorta di forzadi attrazione anche nei confronti di quei contrattiche, pur non avendo di per sé stessi ad oggetto il trasferimentodi un bene immobile, concorrono a darvita all’operazione economica complessiva in cui siffattotrasferimento si inserisce: è il caso, in particolare,dei contratti rivolti al finanziamento dell’acquistodel bene e delle relative garanzie, la cui esecuzionedeve appunto aver luogo, perlopiù, nel Paese in cui sitrova l’immobile. Cfr. Vignal, Réflexions sur lecrédit immobilier en droit international privé, inMélangesMichel Cabrillac, Paris, 1999, p. 549.( 7 ) In argomento, v. in generale Perreau-Saussine,L’immeuble et le droit international privé, Paris,2006, pp. 224 ss. e <strong>28</strong>6 ss.( 8 ) Su questo aspetto v. in generale, anche per ulterioririferimenti, Baratta, Il collegamento più strettonel diritto internazionale privato dei contratti, Milano,1991, p. 154 s.( 9 ) La soluzione, accolta pressoché universalmente,forma l’oggetto di previsioni esplicite, ad es., nelsistema italiano di diritto internazionale privato (l’art.51 della l. 31 maggio 1995, n. 218 dispone che « [i]lpossesso, la proprietà e gli altri diritti reali sui beniNLCC 3/4-2009


[Art. 4] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 707golare anche la dimensione obbligatoria dei negoziin esame (oltre che, tendenzialmente, lostesso regime formale a cui tali negozi sono soggetti)( 10 ) presenta un duplice vantaggio. Per unverso, agevola il raccordo fra le norme materialiconcernenti la valida formazione di un titoloidoneo al trasferimento del diritto, da ricercarsinella lex contractus, e quelle – da rintracciarsinella lex rei sitae – che identificano gli atti o ifatti necessari al perfezionamento della relativafattispecie acquisitiva ( 11 ). Tale coincidenza diregime, quando si produce, si risolve in un innalzamentodel grado di sicurezza del trafficogiuridico, giacché riconduce entro un quadronormativo unitario, per di più facilmente e univocamenteidentificabile, l’insieme delle questionisuscettibili di insorgere in relazione alcontenuto delle posizioni soggettive riguardantigli immobili e la loro circolazione ( 12 ). Per altromobili ed immobili sono regolati dalla legge dello Statoin cui i beni si trovano »), in quello tedesco (art. 43,par. 1, della legge di introduzione al BGB), spagnolo(art. 10, par. 1, del codigo civil) e belga (art. 87, par. 1,del codice di diritto internazionale privato). Analogoapproccio si rinviene, pur in assenza di norme espresse,nel sistema francese (Bureau e Muir Watt, Droitinternational privé, II, Paris, 2007, p. 51 ss.).( 10 )L’art. 11, par. 5, del regolamento prevede chei contratti aventi per oggetto un diritto reale immobiliareo la locazione di un immobile siano sottoposti« ai requisiti di forma della legge del paese in cuil’immobile è situato », sempre che, secondo tale legge,tali requisiti si applichino indipendentemente dalpaese in cui il contratto è concluso e dalla legge chedisciplina il contratto, e che a tali requisiti non siapermesso derogare convenzionalmente. Su tale disposizionev. più ampiamente Cortese, infra, commentosub art. 11, par. 11.( 11 ) Si tratta, ad es., delle norme che consentono distabilire se l’effetto traslativo dipenda dal solo consensovalidamente manifestato o si produca solo subordinatamenteal compimento di altri atti. Cfr. Ballarino,Diritto internazionale privato 3 , Padova,1996, p. 567 ss.( 12 ) Sulle ragioni della regola della lex rei sitae,nella prospettiva della certezza della « condizionegiuridica » delle cose e della sicurezza del trafficogiuridico, v. in generale Luzzatto, Stati giuridici ediritti assoluti nel diritto internazionale privato, Milano,1965, p. 104 ss. e p. 125 ss. Una riflessione, anchecritica, sui vantaggi della regola del situs è propostapiù recentemente da Carruthers, The Transfer ofProperty in the Conflict of Laws, Oxford, 2005, p. 194ss.verso, la soluzione in discorso attenua nei fattil’importanza dei problemi di qualificazioneconnessi alla « convivenza », in questo campo,di due distinte regole di conflitto: nella misurain cui tali regole richiamano comunque la lex reisitae, la distinzione fra questioni attinenti allo« statuto reale » della fattispecie e questioni relativealla sua dimensione contrattuale riveste inultima analisi una limitata rilevanza pratica ( 13 ).L’impiego del criterio del situs rei mira, in terzoluogo, a favorire un’opportuna convergenzafra le soluzioni dettate, in materia di immobili,per i conflitti di leggi e quelli di giurisdizione( 14 ). La situazione dell’immobile occupa infattiun ruolo centrale anche fra i criteri deputatia ripartire, all’interno dello spazio giudiziarioeuropeo, la cognizione delle controversie in materiacivile e commerciale. Il reg. CE n. 44/2001del 22 dicembre 2000 (« Bruxelles I ») ( 15 ) prevede,all’art. 22, n. 1, che spetti ai giudici delloStato membro in cui l’immobile è situato lacompetenza esclusiva a pronunciarsi sulle cause« in materia di diritti reali immobiliari e di contrattid’affitto di immobili »; lo stesso regolamento,poi, prevede all’art. 6, n. 4, che la personadomiciliata nel territorio di uno Stato membropossa essere convenuta « davanti al giudicedello Stato membro in cui l’immobile è situato», allorché, trattandosi di un’azione in materiacontrattuale, questa possa essere « riunitacon un’azione in materia di diritti reali immobiliariproposta contro il medesimo convenuto» ( 16 ). L’applicazione « parallela » delle normeappena ricordate e dell’art. 4, par. 1, lett. c),del reg. « Roma I » si traduce, per i giudici degliStati membri, nella opportunità di applicare inun rilevante numero di casi, in quest’ambito, lenorme in vigore nel foro. Tale coincidenza, oltrea favorire l’agevole definizione delle liti in( 13 ) Kassis, Le nouveau droit européen des contratsinternationaux, Paris, 1993, p. 330 s.( 14 ) Cfr. Piroddi, Competenza giurisdizionale elegge applicabile alle locazioni immobiliari nelle convenzionidi Bruxelles e di Roma, inRiv. dir. internaz.priv. e proc., 1995, p. 41 ss.( 15 )InG.U.U.E. n. L 16 del 12 gennaio 2001, p. 1ss.( 16 ) Su tali disposizioni, v. per tutti Salerno, Giurisdizioneed efficacia delle decisioni nel regolamento(CE) n. 44/2001 3 , Padova, 2006, rispettivamente p.183 ss. e p. 171 ss.NLCC 3/4-2009


708reg. CE n. 593/2008[Art. 4]materia di immobili e la certezza delle situazioni<strong>giuridiche</strong>, costituisce una risposta di caratterepratico al particolarismo delle normative e degliusi in materia di immobili, riflettendo la preoccupazioneche un giudice straniero possa nonassicurare di quelle norme e di quegli usi un’applicazionecorretta ( 17 ).3. – Nella sfera applicativa dell’art. 4, par. 1,lett. c), rientrano, testualmente, i contratti aventiper oggetto un « diritto reale immobiliare »(« a right in rem in immovable property »; « undroit réel immobilier ») e i contratti di « locazione» di beni immobili (« tenancy of immovableproperty »; « bail d’immeuble »)( 18 ). Taliespressioni, non espressamente definite dal regolamento( 19 ), corrispondono a delle nozioni« autonome », da ricostruirsi avendo riguardoai fini della norma in esame, quali emergonodalle ragioni giustificatrici illustrate in precedenza,e al contesto in cui la norma stessa è inserita,cioè soprattutto alle altre norme del reg.CE n. 593/2008 e alle norme contenute in altriatti comunitari riguardanti la « cooperazionegiudiziaria in materia civile » ( 20 ).Fra le norme del reg. « Roma I » idonee achiarire la portata della disposizione in commentorientra innanzitutto l’art. 1, par. 2, lett.h). Esso infatti esclude dalla sfera di applicazionemateriale del regolamento l’istituto del trust,impedendo in radice di sussumere entro l’art. 4,par. 1, lett. c), gli atti inquadrabili in detto schema,ancorché relativi a « diritti reali immobiliari» o finalizzati a consentire il temporaneo godimentodi un bene immobile ( 21 ). Sotto un diversoprofilo, la sfera applicativa della norma inesame va determinata alla luce dell’art. 6, par. 4,lett. c), che sottrae alla speciale disciplina diconflitto in tema di contratti conclusi dai consumatoridettata dal regolamento i « contrattiaventi per oggetto un diritto reale immobiliare ola locazione di un immobile »; la stessa normaprecisa, peraltro, che l’esclusione non vale (ondetornano ad applicarsi i parr. 1e2dell’art. 6)per i contratti riguardanti un « diritto di godimentoa tempo parziale » di beni immobili, nelsenso stabilito dalla dir. 1994/47/CE del 26 ottobre1994 ( 22 ), o meglio – dato che tale diretti-( 17 ) Cfr. Corte giust. CE 14 dicembre 1977, causa73/77, Sanders, inRaccolta, 1977, p. 2383 ss., punto13, dove si rileva che « [l]e controversie relative ai dirittireali immobiliari vanno (...) risolte secondo lenorme dello Stato in cui si trova l’immobile » e che,spesso, « le contestazioni comportano (...) accertamenti,inchieste e perizie che dovranno effettuarsi sulposto », concludendosi che l’attribuzione di unacompetenza esclusiva ai giudici dello Stato in cuil’immobile si trova « risponde all’interesse d’una sanaamministrazione della giustizia ». Quanto poi ai« contratti di locazione e di affitto d’immobili », silegge nella stessa pronuncia, questi « sono generalmentedisciplinati da norme particolari », sicché «èpreferibile » che la loro applicazione « sia affidata,fra l’altro in ragione della loro complessità, ai giudicidel paese in cui dette norme sono in vigore ». V. nellostesso senso Corte giust. CE 10 gennaio 1990, causa115/88, Reichert I, ivi, 1990, p. <strong>27</strong> ss., punto 10,nonché, più recentemente, Corte giust. CE 18 maggio2006, causa 343/04, CÛez, ivi, 2006, p. I-4557,punto <strong>29</strong>.( 18 ) La previsione di un unico criterio di collegamento,quello del situs rei, per le due categorie contrattualiin discorso toglie, nei fatti, ogni importanzapratica al problema dell’individuazione dei caratteridistintivi delle due figure l’una in confronto all’altra.Sulla c.d. multiproprietà, che è uno dei « tipi » negozialiin rapporto ai quali simili problemi di qualificazionepossono più facilmente venire in rilievo, v. peraltroinfra, par. 4.( 19 ) Il regolamento, in realtà, non stabilisce neppureche cosa debba intendersi, precisamente, per « beneimmobile ». Appare peraltro ragionevole supporreche quest’ultima espressione designi il suolo, il sottosuolo,gli edifici ed i beni incorporati al suolo, comepure i beni, di per sé mobili, che per la loro utilizzazionesiano saldamente assicurati al suolo. Deponein questo senso il raffronto fra le definizioni, in largaparte coincidenti, che si rinvengono nei sistemi privatisticinazionali degli Stati membri; v., ad es., in Italia,l’art. 812 del codice civile; in Francia gli <strong>artt</strong>. 517 ss.del code civil; in Spagna l’art. 334 del codigo civil, etc.( 20 ) Sull’interpretazione « autonoma » del regolamento,v. Salerno, supra, Note introduttive, I, par. 5.( 21 ) Sul concetto di trust <strong>agli</strong> effetti dell’art. 1, par.2, lett. h), del regolamento, v. Franzina, supra, commentosub art. 1, VII, par. 2.( 22 )InG.U.C.E. n. L <strong>28</strong>0 del <strong>29</strong> ottobre 1994, p.83 ss. Ai sensi dell’art. 2, primo trattino, della direttiva,l’espressione « contratto direttamente o indirettamenteriguardante l’acquisizione di un diritto di godimentoa tempo parziale di uno o più beni immobili» designa « un contratto o un insieme di contratticoncluso per un periodo di almeno tre anni con ilquale direttamente o indirettamente, dietro corrispettivodi una certa somma globale, un diritto realeovvero un altro diritto vertente sul godimento di unoNLCC 3/4-2009


[Art. 4] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 709va è stata nel frattempo abrogata – nel senso stabilitodalla dir. 2008/122/CE del 14 gennaio2009 ( 23 ). Ciò in sostanza significa che – fattaeccezione per i contratti menzionati da ultimo –i conflitti di leggi relativi ai contratti aventi adoggetto un diritto reale immobiliare e ai contrattidi locazione di immobili debbono ritenersisoggetti all’art. 4, par. 1, lett. c), del reg. « RomaI » anche quando siano conclusi « da unapersona fisica per un uso che possa essere consideratoestraneo alla sua attività commerciale oprofessionale » con una persona che agisca, invece,« nell’esercizio della sua attività commercialeo professionale ». La ragione di questa inclusioneva cercata, per un verso, nella particolareimportanza riconosciuta dal legislatore comunitarioai vantaggi insiti nell’impiego dellalex rei sitae (per la sicurezza del traffico giuridico,per il corretto funzionamento dei mercatiimmobiliari locali etc.) e, per altro verso, nellafiducia che la tutela della parte debole del rapportopossa comunque essere assicurata dallenorme imperative di tale legge.A fini interpretativi, come si diceva, fannoegualmente parte del « contesto » le norme inmateria di immobili dettate nell’ambito di altrisettori del diritto internazionale privato comunitario.Rilevanti, in quest’ottica, sono soprattuttole norme contenute nel reg. CE n.44/2001, così come interpretate dalla Cortegiust. CE anche in relazione alla Convenzionedi Bruxelles del <strong>27</strong> settembre 1968 (che come ènoto ha preceduto tale regolamento, costituendoneil « modello »). Giova ricordare, prima diprocedere lungo questa linea, che l’esigenza diun raccordo interpretativo fra il reg. « BruxellesI » e il reg. « Roma I » non autorizza una automaticatrasposizione dei concetti elaborati per ilprimo dei due regolamenti sul terreno del secondo.Va infatti considerato, per quanto specificamenteinteressa in questa sede, che la principaledisposizione del reg. CE n. 44/2001 in materiadi immobili – l’art. 22, n. 1 – costituisceuna norma eccezionale (in quanto rende inoperantela regola di principio sulla competenza deigiudici del domicilio del convenuto) e devedunque interpretarsi restrittivamente ( 24 ). L’interpretazionedell’art. 4, par. 1, lett. c), del reg.« Roma I » non risponde alla stessa logica, datoche tale disposizione non reca di per sé alcuna« deroga » ad una disciplina « di principio »,che nell’art. 4 non esiste ( 25 ). Di fatto, ciò significache gli orientamenti interpretativi maturatiin materia di immobili nel contesto del reg.« Bruxelles I » debbono ritenersi validi in lineadi massima nell’ambito del reg. CE n. 593/2008,salvo che non si tratti di orientamenti la cui ragiond’essere risieda, o risieda per l’essenziale,nel carattere eccezionale dell’art. 22, n. 1, delreg. CE n. 44/2001.Nella sentenza Reichert, la Corte giust. CE haaffermato che la competenza esclusiva in materiadi « diritti reali immobiliari » abbraccia ledomande volte a « determinare l’estensione, laconsistenza, la proprietà, il possesso di beni imopiùbeni immobili, per un periodo determinato odeterminabile dell’anno non inferiore ad una settimana,è costituito o forma oggetto di un trasferimento odi un impegno di trasferimento ».( 23 )InG.U.U.E., n. L 33 del 3 febbraio 2009, p.10 ss. Ai sensi dell’art. 18, i riferimenti presenti neldiritto comunitario alla direttiva del 1994 s’intendonofatti alla nuova direttiva secondo la tavola di concordanzaad essa allegata. Se ne ricava, in particolare,che la definizione riportata alla nt. 22 corrisponde nelnuovo testo alle più analitiche definizioni dettate all’art.2, par. 1, lettere a), b), c) ed), che contemplano,rispettivamente: il « contratto di multiproprietà»,daintendersi come il « contratto di durata superiore aun anno tramite il quale un consumatore acquisisce atitolo oneroso il diritto di godimento su uno o più alloggiper il pernottamento per più di un periodo dioccupazione »; il« contratto relativo a un prodottoper le vacanze di lungo termine », ossia « un contrattodi durata superiore a un anno ai sensi del quale unconsumatore acquisisce a titolo oneroso essenzialmenteil diritto di ottenere sconti o altri vantaggi relativamentead un alloggio, separatamente o unitamenteal viaggio o ad altri servizi »; il« contratto dirivendita », quello cioè in forza del quale « un operatoreassiste a titolo oneroso un consumatore nellavendita o nell’acquisto di una multiproprietà odiunprodotto per le vacanze di lungo termine »; il« contrattodi scambio », ossia quello « ai sensi del qualeun consumatore partecipa a titolo oneroso a un sistemadi scambio che gli consente l’accesso all’alloggioper il pernottamento o ad altri servizi in cambio dellaconcessione ad altri dell’accesso temporaneo ai vantaggiche risultano dai diritti derivanti dal suo contrattodi multiproprietà».( 24 ) Sul punto, anche per i necessari riferimentigiurisprudenziali, v. per tutti Salerno, Giurisdizioneed efficacia, cit., p. 187 ss.( 25 )V.Leandro, supra, commento sub art. 4.NLCC 3/4-2009


710reg. CE n. 593/2008[Art. 4]( 26 ) Sent. Reichert I, cit., punto 11.( <strong>27</strong> ) Corte giust. CE 9 giugno 1994, causa <strong>29</strong>2/93,Lieber, inRaccolta, 1994, p. I-2535, punto 14: « Ladifferenza tra diritto reale e diritto di obbligazionesta nel fatto che il primo, che grava su una cosa, valenei confronti di ogni altro, mentre il secondo può esserefatto valere solo nei confronti del debitore ».mobili o l’esistenza di altri diritti reali su tali benie ad assicurare ai titolari di questi diritti laprotezione delle prerogative derivanti dal lorotitolo » ( 26 ). Letto dall’interprete del reg. CE n.593/2008, il dictum del giudice comunitarioconferma innanzitutto l’ampia portata della formula« diritti reali immobiliari »: ad essa appaionoriconducibili tutti gli istituti che nell’otticadel diritto italiano sono sussumibili nellacategoria dei diritti reali, quali dunque la proprietàe i diritti reali limitati, siano essi di godimentoo di garanzia. La giurisprudenza relativaalla Convenzione di Bruxelles conferma, per altroverso, che anche nella prospettiva comunitariala natura « reale » dei diritti in discorso rifletteil fatto che essi assicurano al titolare unaprotezione di carattere « assoluto », valevole neiriguardi della generalità dei consociati ( <strong>27</strong> ).Questo dato, nella prospettiva dell’interpretazionedel reg. « Roma I », indica che sono estraneealla previsione dell’art. 4, par. 1, lett. c), lefattispecie contrattuali che pur prospettando unatto di disposizione relativo ad un « diritto realeimmobiliare » esauriscano i propri effetti sulpiano obbligatorio e della formazione dell’accordotraslativo, in quanto si limitino a far sorgereun obbligo de contrahendo in capo alle parti(come nel caso del preliminare) o a determinareconvenzionalmente la irrevocabilità di unadichiarazione negoziale per un certo di tempo(come nel caso dell’opzione).Un analogo percorso ricostruttivo può essereseguito in rapporto al concetto di « locazione ».A tale riguardo va anzitutto ricordato come laCorte giust. CE, rilevato che tale nozione evocala concessione di un diritto di utilizzazione delbene, abbia escluso con la sentenza Sanders icontratti d’affitto d’azienda dal novero dei« contratti d’affitto di immobili », <strong>agli</strong> effettidella Convenzione di Bruxelles: tali negozi, e leliti che da essi possono trarre origine, si discostanoinfatti dalla situazione « tipica » in rapportoalla quale è stata avvertita l’opportunità diun foro esclusivo, quella cioè che si verifica allorchéinsorgano delle « contestazioni tra locatorie conduttori o affittuari relativamente all’esistenzaod all’interpretazione dei contrattistessi ovvero al risarcimento dei danni provocatidal conduttore o affittuario ed all’evacuazionedei locali » ( <strong>28</strong> ). La norma, ha osservato il giudicecomunitario, non può dunque ragionevolmentevenire in rilievo là dove « l’oggetto principaledel contratto sia di natura diversa », comeaccade, appunto, in caso di affitto d’azienda( <strong>29</strong> ). L’argomento, ancorché rafforzato daconsiderazioni connesse all’esigenza di una letturarestrittiva del forum rei sitae (proposte, però,solo in seconda battuta, per confermare lasoluzione predetta) ( 30 ), appare riferibile ancheal reg. « Roma I ». I contratti d’affitto d’aziendariflettono infatti un assetto di interessi modellatoprincipalmente sulle esigenze produttive delleimprese che vi partecipano, ed è solo in funzionedi tali esigenze e in genere nel quadro di unaccordo di più ampio respiro che prevedono undiritto di godimento in capo all’affittuario. Aglieffetti dell’art. 4, par. 1, lett. c), del reg. CE n.593/2008, e tenuto conto della ratio di tale disposizione,essi sono dunque dei contratti diversidalla « locazione » propriamente intesa. Iconflitti di leggi riguardanti questo genere dicontratti andranno pertanto risolti in conformitàcon l’art. 4, parr. 2, 3e4,delregolamento( 31 ). In pratica, nella misura in cui sia identificabileuna parte tenuta a fornire la « prestazionecaratteristica » del contratto, il rapporto risulteràsottoposto alla legge del relativo Paesedi residenza. In caso contrario, e in tutti gli altricasi in cui sussistano i presupposti per il ricorsoalla « clausola d’eccezione », la legge applicabi-( <strong>28</strong> ) Corte giust. CE 14 dicembre 1977, causa73/77, Sanders, inRaccolta, 1977, p. 2383 ss., punto4. In Corte giust. CE 15 gennaio 1985, Rösler, causa241/83, in Raccolta, 1985, p. 99 ss., punto 19, la stessaCorte preciserà a questo proposito che la competenzaesclusiva dei giudici del forum rei è dovuta « allostretto nesso esistente tra i contratti di locazione eil regime giuridico della proprietà immobiliare nonchéalle disposizioni, generalmente di natura imperativa,che ne disciplinano l’uso, quale le norme relativeal controllo dei canoni locativi ed alla tutela dei dirittidegli inquilini ed affittuari ».( <strong>29</strong> ) Sent. Sanders, cit., punto 16.( 30 ) Ivi, punto 17.( 31 ) Su tali previsioni, v. Leandro, supra, commentosub art. 4, I.NLCC 3/4-2009


[Art. 4] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 711le sarà quella del paese con cui il contratto presentail collegamento più stretto.Conclusioni analoghe si impongono per queicontratti che, pur attribuendo ad una delle partiil diritto al temporaneo godimento di un alloggio,risultino preordinati ad una funzione economicapiù ampia e collochino l’utilizzo dell’immobilenell’ambito di un rapporto complessoin cui coesistono elementi « associativi » eprestazioni di servizio. Nella sentenza Klein, ilgiudice comunitario ha ritenuto estraneo allaprevisione di cui all’art. 16, n. 1, lett. a), dellaConvenzione di Bruxelles « un contratto di adesionead un club che, in compenso di un dirittodi adesione che costituisce l’elemento principaledel prezzo globale, consente <strong>agli</strong> aderenti diacquisire un diritto di uso a tempo parziale suun bene immobile designato unicamente per tipologiae ubicazione e prevede l’iscrizione degliaderenti a un’organizzazione che consente unoscambio del loro diritto d’uso » ( 32 ).Dalla giurisprudenza della Corte di giustiziarisulta, infine, la non assimilabilità ad un rapportolocativo – <strong>agli</strong> effetti del forum rei sitae –della relazione giuridica intercorrente fra il venditoredi un immobile ed il compratore, allorchél’atto di trasferimento da essi concluso vengaannullato con effetti ex tunc, onde si tratti didefinire le conseguenze che discendono, fra leparti, dal possesso esercitato dal compratore sinoal momento della restituzione. Nella sentenzaLieber, la Corte ha rilevato che una situazionesiffatta, pur essendo accostabile alla locazionesotto alcuni profili (in particolare a motivodel fatto che l’indennità dovuta dal compratoreal venditore può dover essere determinata sullabase del valore locativo del bene), non può farsirientrare nel concetto di locazione quale è intesodalle norme comunitarie sulla competenzagiurisdizionale. Il « rapporto proprietario-inquilino», ha osservato la Corte, non si esaurisce,infatti, nell’obbligo di corresponsione di uncanone, ma « comporta una serie di diritti e diobblighi ulteriori » ( 33 ). Tale rapporto, inoltre, èdisciplinato – nello Stato in cui si trova l’immobile– da norme specifiche, spesso a carattereimperativo: si pensi alle norme che stabiliscono« a chi incombe la responsabilità della manutenzionedell’immobile e del pagamento delleimposte fondiarie, quelle che disciplinano i doveridell’occupante (...) nei confronti dei vicini,nonché quelle che controllano o circoscrivono ildiritto del proprietario a rientrare in possessodell’immobile alla scadenza del contratto d’affitto»: proprio la « complessità di detto rapportoel’interessedello Stato in cui si trova l’immobilea vegliare sul rispetto di queste disposizionigiustificano la competenza esclusiva attribuita adetto Stato in materia di contratti d’affitto» ( 34 ). Tali ragioni – ha concluso la Corte –non valgono, invece, là dove il rapporto fra leparti non sia riconducibile allo schema del rapporto« proprietario-inquilino », come nell’ipotesisopra descritta. Nella prospettiva del reg.« Roma I », dove pure queste considerazioniappaiono pertinenti, l’impossibilità di sussumereuna fattispecie come quella sopra illustrataentro lo schema della « locazione » non dà luogonecessariamente a conseguenze pratiche dirilievo. Spetta infatti in ogni caso alla lex rei sitae,per il combinato disposto dell’art. 4, par. 1,lett. c), e dell’art. 12, par. 1, lett. e), regolare – inmancanza di scelta – tanto il contratto di compravenditaquanto le conseguenze della suaeventuale nullità.4. – Alcuni contratti di locazione, già lo si èaccennato, vengono dal regolamento esplicitamentecollocati al di fuori della previsione dell’art.4, par. 1, lett. c). Trattasi delle locazioni didurata non superiore ai sei mesi consecutiviconcluse « per uso privato temporaneo ». Talirapporti sono sottoposti dall’art. 4, par. 1, lett.d), alla legge del Paese di abituale residenza delproprietario, purché il locatario sia una personafisica e risieda abitualmente nello stesso Paesein cui risiede il proprietario dell’immobile ( 35 ).Le ragioni della deroga sono da ricercarsi nelfatto che, quando ricorrono le condizioni oradescritte, il rapporto locativo si rivela collegatoin maniera assai più tenue col Paese del situs reidi quanto non supponga la previsione della lett.c). Un nesso più intenso, in questi casi, si registrainfatti fra il contratto e il Paese in cui risie-( 32 ) Corte giust. CE 13 ottobre 2005, causa 73/04,Klein, inRaccolta, 2005, p. I-8667 ss., punti 13 ss.( 33 ) Sent. Lieber, cit., punto 20.( 34 ) Ibidem.( 35 ) Il criterio dettato dalla norma è, di fatto, quellodella comune residenza delle parti.NLCC 3/4-2009


712reg. CE n. 593/2008[Art. 4]dono le parti, tale essendo verosimilmente ilpaese in cui i contraenti sono venuti in contattol’uno con l’altro e quello in cui lo stesso conduttorefarà ritorno, una volta esaurito il temporaneosoggiorno all’estero ( 36 ).La norma, come detto, non trova riscontronel testo della Convenzione di Roma. La sua introduzione,malgrado ciò, non desta sorpresa. Illegislatore comunitario ha infatti esteso ai conflittidi leggi una soluzione affermatasi nel campodella disciplina della competenza giurisdizionale:se è vero infatti che all’origine, per laCorte di giustizia, i contratti aventi ad oggetto lalocazioni di alloggi per le vacanze dovevano reputarsicompresi nella portata del forum rei sitaeai sensi della Convenzione di Bruxelles del1968 ( 37 ), è vero anche che la Convenzione diSan Sebastian del 26 maggio 1989, relativa all’adesionedella Spagna e del Portogallo allastessa Convenzione di Bruxelles ( 38 ), ha introdottoin quest’ultimo strumento (sulla scia di( 36 ) Se questa è la ragion d’essere della norma inesame, è da ritenere che una sequenza di contratti infrasemestrali,conclusi fra le stesse parti con riferimentoal medesimo bene, dia vita tout court a una« locazione » (non una locazione « di breve durata»), riconducibile alla previsione dell’art. 4, par. 1,lett. c).( 37 ) Nella sent. Rösler, cit., punti 22 ss., la Corte haaffermato che l’art. 16 n. 1 della Convenzione dovevaritenersi applicabile a « qualsiasi contratto di locazionedi immobili, indipendentemente dalle sue particolaricaratteristiche ». La stessa Corte ha peraltro successivamenteavuto modo di riconoscere, sempre nellaprospettiva dell’art. 16 n. 1 della Convenzione diBruxelles (come originariamente formulato), le peculiaritàdi un contratto concluso tra un organizzatoredi viaggi professionista ed il suo cliente il quale prevedanon solo l’uso di un alloggio per le vacanze peruna breve durata, ma anche altre prestazioni, « qualile informazioni e i consigli con cui l’organizzatore diviaggi propone al cliente diverse possibilità di sceltaper le vacanze, la prenotazione di un alloggio per ilperiodo scelto dal cliente, la prenotazione del postoper il trasporto, l’accoglienza sul posto e, eventualmente,un’assicurazione per annullamento del viaggio»; così Corte giust. CE 26 febbraio 1992, causa<strong>28</strong>0/90, Hacker,inRaccolta, 1992, p. I-1111 ss., punti14 ss.quanto avvenuto nella Convenzione « parallela» di Lugano del 16 settembre 1988) ( 39 ) unaspecifica previsione relativa a questo genere dicontratti. In forza di essa, le liti relative ai « contrattid’affitto di immobili ad uso privato temporaneostipulati per un periodo massimo di seimesi consecutivi » sono devolute, in via concorrentecon i giudici del situs rei, ai« giudici delloStato contraente in cui il convenuto è domiciliato», eciò a patto che « il proprietario e l’inquilinosiano persone fisiche e siano domiciliati nelmedesimo Stato contraente ». La disposizione èpoi « transitata » nell’art. 22, n. 1, del reg. CE n.44/2001, anche se non prima di una lieve modifica:in tale strumento, l’applicabilità del criteriodel domicilio del convenuto non è più subordinatoalla condizione che entrambe le parti sianopersone fisiche, essendo sufficiente che lo sial’« affittuario ».I presupposti applicativi dell’art. 4, par. 1,lett. d), del reg. « Roma I » coincidono conquelli appena descritti. Se ne ha che anche per icontratti in esame si registra una parallela regolamentazionedei conflitti di leggi e di giurisdizione,destinata a sfociare in un elevato numerodi casi in quella coincidenza fra forum e ius checoncorre a giustificare lo stesso criterio del situsrei.Quando, in relazione ad un rapporto locativole condizioni di applicabilità della norma in esamenon risultino soddisfatte – vuoi perché ladurata del rapporto ecceda il termine semestraleivi stabilito, vuoi perché il conduttore non siauna persona fisica o non risieda nel medesimopaese del locatore – si dovrà giocoforza fare appelloalla previsione di cui all’art. 4, par. 1, lett.c); i rapporti che legano quest’ultima disposizionealla disposizione della lett. d) sono infatti, testualmente,quelli che intercorrono fra una regolae la sua eccezione.Pietro Franzina( 38 )InG.U.C.E. n. L <strong>28</strong>5 del 3 ottobre 1989, p. 1ss.( 39 )InG.U.C.E. n. L 319 del 25 novembre 1988,p. 9 ss.NLCC 3/4-2009


[Art. 4] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 713VSommario:1.L’art. 4, par. 1, lett. h): origine e ratio dellanorma. – 2. Criterio di collegamento e prossimità. –3. Nozione di mercati finanziari. – 4. Nozione di contrattifinanziari.1. – Conformemente all’intero impianto delreg. « Roma I », volto a raggiungere la certezzadel diritto quale obiettivo principale anche a costodi un irrigidimento delle regole applicabili aicontratti ( 1 ), l’art. 4 contiene une serie di regolefisse e predeterminate suddivise per categoriecontrattuali, destinate ad individuare la leggeapplicabile al contratto in mancanza di sceltedelle parti ( 2 ). Tra queste è prevista una normaapposita relativa ai contratti conclusi nei mercatifinanziari, che vengono sottoposti alla leggedel mercato ( 3 ). La disposizione non era contenutanella Proposta della Commissione, ma èstata inserita successivamente. La previsione,nella sua versione originaria, era di tenore piùgenerale, essendo rivolta a tutti quei contratticonclusi nel quadro di mercati organizzati, tracui anche le vendite all’asta. Già nel vigore dellaConvenzione di Roma del 1980, i contratti diborsa e le vendite all’asta erano stati individuatidalla dottrina più attenta, come quelli più difficilmentesussumibili nel meccanismo della prestazionecaratteristica ( 4 ). La proposta di disciplinaad hoc di queste fattispecie, quindi, nondeve sorprendere. Nella versione definitiva delreg. « Roma I » essa è stata accolta in due disposizionidistinte: la vendita all’asta è regolata all’art.4, par. 1, lett. g); mentre i contratti di borsadall’art. 4, par. 1, lett. h), in esame.A favore dell’introduzione di una norma ad hocrelativa ai contratti conclusi sui mercati finanziari,si annoverano ragioni ulteriori, esterne al funzionamentodel reg. « Roma I », ed in particolarel’esigenza di coordinare le norme di quest’ultimocon quelle previste in altre fonti comunitarie specifiche.L’attenzione in ultima analisi è rivolta allanecessità di assicurare una maggiore ed immediatacertezza sulla legge applicabile in questo settore,allo scopo di ridurre fortemente, se non di annullarlo,il c.d. legal risk, particolarmente sentitoe temuto in ambito finanziario, in ragione dei volumidi affari e dei pericoli per la stabilità del sistemafinanziario. Occorre infatti sottolineare chei mercati finanziari sono normalmente regolamen-( 1 ) V. il preambolo del reg. « Roma I », in particolareil 6 o considerando che menziona il fine di « favorirela prevedibilità dell’esito delle controversie giudiziarie,la certezza circa la legge applicabile e la liberacircolazione delle sentenze »; e soprattutto il 16 oconsiderando che indica il raggiungimento della« certezza del diritto nello spazio giudiziario europeo» quale « obiettivo generale del presente regolamento», al cui fine « le regole di conflitto di leggi dovrebberooffrire un alto grado di prevedibilità».Suquesto tema in dottrina v. Bonomi, Conversion of theRome Convention on Contracts into an EC Instrument.Some Remarks on the Green Paper of the ECCommission, inYearb. Priv. Internat. Law, 2003, p.53 ss.; Boschiero, Verso il rinnovamento e la trasformazionedella Convenzione di Roma: problemi generali,inDiritto internazionale privato e comunitario, acura di Picone, Padova, 2004, p. 319 ss.; Pocar, Latrasformazione della Convenzione in Regolamento: danormativa flessibile a normativa rigida?, inIl nuovodiritto europeo dei contratti: dalla convenzione di Romaal regolamento « Roma I », Milano, 2008, p. 88ss.; Gardella, Prevedibilità contro flessibilità? la leggeapplicabile all’opponibilità della cessione del creditoai terzi nella Proposta di Regolamento « Roma I », inLa legge applicabile ai contratti nella proposta di regolamento« Roma I », a cura di Franzina, Padova,2006, p. 106 ss., e in Banca, borsa, tit. cred., 2006, I, p.633 ss.( 2 )V.Leandro, supra, commento sub art. 4, I,par. 4 ss.( 3 ) Per una compiuta analisi della disposizione incommento nonché delle altre norme del reg. « RomaI » relative ai contratti finanziari, v. per tutti GarcimartínAlférez, New issues in the Rome I Regulation:the Special Provisions on Financial Market Contracts,inLe nouveau règlement Rome I relatif à la loiapplicable aux obligations contractuelles, a cura diCashin Ritaine e Bonomi, Genève, 2009, p. 161 ss.;Lagarde e Tenenbaum, De la convention de Romeau règlement Rome I, inRev. crit. dr. internat. privé,2008, p. 748. V. inoltre Villata, La legge applicabileai « contratti dei mercati regolamentati » nel regolamentoRoma I, in Liber Fausto Pocar. Nuovi strumentidi diritto internazionale privato, a cura di Venturinie Bariatti, Milano, 2009, p. 967 ss.( 4 ) Cfr. Magagni, La prestazione caratteristica nellaconvenzione di Roma del 19 giugno 1980, Milano,1989, p. 454 ss.; e Villani, Aspetti problematici dellaprestazione caratteristica, inRiv. dir. internaz. priv.proc., 1993, p. 526.NLCC 3/4-2009


714reg. CE n. 593/2008[Art. 4]tati, cioè sottoposti a norme uniformi applicabilia tutte le parti ed a tutte le operazioni che si svolgonosu quel mercato (c.d. lex mercatus). In tal modoviene perseguito il fine di razionalizzare le operazioni,che vengono così svolte sulla base di contrattie di procedure standardizzate nella certezzadell’applicazione di una sola legge regolatrice,cioè quella del mercato. Per consentire questa razionalizzazionee sicurezza giuridica, è però necessarioche la legge regolatrice si applichi tanto <strong>agli</strong>aspetti organizzativi e regolamentari, quanto aquelli privatistici-transazionali, di qui la necessitàche la legge applicabile ai contratti di borsa coincidacon quella che regola il mercato ( 5 ).L’art. 4, par. 1, lett. h), persegue tale finalità,prevedendo espressamente che la legge del mercatoregola anche le questioni contrattuali-privatistiche.Il diritto applicabile, peraltro, non èstabilito in base alle norme del reg. « Roma I »,ma dalle disposizioni specifiche di settore, secondoparametri che perseguono scopi di supervisionee di carattere regolamentare. Il riferimentocorre in particolare all’art. 36, par. 1 ( 6 ),e all’art. 36, par. 4 ( 7 ), della dir. 2004/39/CE del21 aprile 2004, relativa ai mercati degli strumentifinanziari, c.d. MiFID ( 8 ).( 5 ) Si potrebbe dubitare della necessità stessa delladisposizione in esame, posto che l’accesso al mercatoè normalmente subordinato all’adesione alle sue regoleche in genere contengono una clausola di sceltadella legge applicabile (ex art. 3, par. 1, del reg. « RomaI ») identificata nella legge del mercato. Si potrebbepersino aggiungere che nella remota ipotesi incui le parti designassero una legge diversa da quelladel mercato per regolare le operazioni concluse alsuo interno, tale scelta sarebbe contraria alle normedi applicazione necessaria dello Stato del mercato.( 6 ) Ai sensi del quale « [g] li Stati membri riservanol’autorizzazione ad operare in qualità di mercatoregolamentato ai sistemi che ottemperano alle disposizionidel presente titolo ».( 7 ) Ai sensi del quale, « [f]atte salve le disposizionipertinenti della dir. 2003/6/CE, la legge applicabilealle negoziazioni concluse nel quadro dei sistemi delmercato regolamentato è quella dello Stato membrod’origine del mercato in questione ».( 8 )InG.U.U.E. n. L 145 del 30 aprile 2004, p. 1ss.2. – Al pari delle disposizioni contenute nelle lettereprecedenti dell’art. 4, par. 1, reg. « Roma I »,la norma in esame incorpora un criterio di collegamento,espressione di prossimità con la fattispeciedisciplinata e stabilito a priori dal legislatore.Anch’esso, tuttavia, è soggetto alla clausola di eccezioneprevista dal successivo all’art. 4, par. 3, cheprevale sulle presunzioni dettate all’art. 4, par. 1,qualora il contratto presenti un collegamento piùstretto con un altro Paese. In prima approssimazione,il ricorso a questa norma di eccezione nonsembra particolarmente plausibile, né sembra portarea conclusioni divergenti da quanto previstodall’art. 4, par. 1, lett. h), in esame. Si perverrebbein ogni caso all’applicazione della lex mercatus,sia per esigenze di razionalizzazione delle leggi applicabilialle operazioni che avvengono sul mercato,sia per motivazioni di ordine pubblico consistentinel mantenimento della stabilità finanziariache sarebbe compromessa dalla mancanza di prevedibilitàdella legge applicabile o dall’applicazionedi una pluralità di leggi diverse nell’ambito delmedesimo mercato.È inoltre opportuno osservare che già nel vigoredella Convenzione di Roma, dottrina e giurisprudenzaerano giunte alla medesima conclusioneora recepita dal reg. « Roma I ». In mancanzadi scelta della legge ad opera delle parti,la legge applicabile ai contratti di borsa era stataindividuata nel diritto del mercato in cui l’operazionesi svolge. Così ha deciso il Tribunale diMilano in uno dei rari precedenti in materia, argomentandoche in relazione all’esecuzione diun ordine da eseguire da parte di un intermediariopresso la Borsa di Milano, « la prestazionecaratteristica (...) è l’esecuzione dell’ordinedi compravendita di titoli e coincide con la negoziazionein titoli sul mercato borsistico » ( 9 ).3. – Per indicare l’ambito economico-organizzzativoche caratterizza la conclusione dei con-( 9 ) Trib. Milano 6 febbraio 1997, in Giur. it.,1998, p. 302 ss., con nota di Sanzo. Meno persuasivaè invece, Cass., sez. un., <strong>28</strong> luglio 1998, n. 7398, inRiv. dir. internaz. priv. e proc., 1999, p. 319 ss., chepur se pronunciatasi in una questione relativa alla determinazionedella giurisdizione in materia contrattuale,ha affermato che in mancanza di scelta delleparti, il contratto di borsa è regolato dal diritto delloStato con cui si presenta il collegamento più stretto,identificato nel luogo in cui è stato stipulato e devonoeffettuarsi i pagamenti. In dottrina, a favore dell’applicazionedella legge del mercato borsistico, v. gliAA. citati supra alla nt. 4.NLCC 3/4-2009


[Art. 4] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 715tratti cui è dedicato l’art. 4, par. 1, lett. h), questadisposizione non utilizza una formulazione« di registro », mutuata da altre legislazioni comunitariedi settore. La norma, anzi, evita accuratamenteil richiamo incrociato alle definizionidi « mercato regolamentato » e di « sistemamultilaterale di negoziazione » contenute rispettivamentenell’art. 4, par. 1, n. 14 ( 10 )en.15 ( 11 ) della MiFID, anche se ne ricalca il significatopoiché include entrambe le fattispecie. Laratio dell’esclusione del richiamo espresso allaMiFID, che disciplina i mercati comunitari ecircoscrive ad essi il suo ambito di applicazione,è stata individuata nella volontà del legislatorecomunitario di non precludere l’operatività delladisposizione in esame alle operazioni conclusesu un mercato finanziario non comunitario,tenuto conto del carattere universale del reg.« Roma I ». Ne consegue che l’art. 4, par. 1, lett.h), si applica anche ai contratti conclusi in mercatifinanziari di paesi terzi funzionalmenteequivalenti a quelli comunitari, a quelli cioè chesoddisfano le condizioni ed i requisiti di costituzionee regolamentazione previsti dall’art. 4,par. 1, n. 14 e 15, della MiFID ( 12 ). In prima approssimazione,dunque, deve trattarsi di mercatiche facilitano l’incontro di interessi multipli,che si manifestano nella negoziazione e nelloscambio di strumenti finanziari, secondo normeuniformi, oggettive, non discriminatorie, e rispondentiai criteri di supervisione prudenzialeinternazionalmente condivisi ( 13 ).Occorre rilevare, inoltre, che né i sistemi dipagamento né i sistemi di regolamento titoli ricadononell’ambito di applicazione della normain esame, poiché non corrispondono alladefinizione di « sistema multilaterale che consenteo facilita l’incontro di interessi multiplidi acquisto e di vendita di terzi relativi a strumentifinanziari » (cfr. anche il 31 o considerandodel reg. « Roma I »). Ciò non deve sorprenderené vale a sottoporre le operazioni conclusein tali sistemi ad una legge diversa da quelladel sistema stesso. Il motivo del mancato richiamodi questi sistemi da parte dell’art. 4,par. 1, lett. h), in esame, è piuttosto da ascrivereall’esistenza nel diritto comunitario di normativespecifiche in merito, in particolare delladir. 1998/26/CE sul carattere definitivo del regolamentonei sistemi di pagamento e di regolamentotitoli ( 14 ). Il suo art. 2, lett. a), nel definirela nozione di « sistema » prevede che essosia regolato dalla legge di uno Stato membro,scelta dai partecipanti al sistema. Attraversoquesta disposizione viene raggiunto lascopo di razionalizzare l’operatività del sistema,imponendo che vi sia un solo diritto applicabilealle operazioni concluse al suo interno.Il requisito che il diritto designato appartengaad uno Stato membro è invece posto a protezionedell’ordine pubblico finanziario, essendoteso ad assicurare che l’ordinamento così indi-( 10 ) Per « mercato regolamentato » si intende un« sistema multilaterale, amministrato e/o gestito dalgestore del mercato, che consente o facilita l’incontro– al suo interno ed in base alle sue regole non discrezionali– di interessi multipli di acquisto e di venditadi terzi relativi a strumenti finanziari ammessi alla negoziazioneconformemente alle sue regole e/o ai suoisistemi, e che è autorizzato e funziona regolarmente eai sensi delle disposizioni del titolo III ».( 11 ) Per sistema « sistema multilaterale di negoziazione» si intende un « sistema multilaterale gestitoda un’impresa di investimento o da un gestore delmercato che consente l’incontro – al suo interno edin base a regole non discrezionali – di interessi multiplidi acquisto e di vendita di terzi relativi a strumentifinanziari, in modo da dare luogo a contratti ai sensidelle disposizioni del titolo II ».( 12 ) In questo senso argomenta Garcimartín Alférez,op. cit., p. 169 ss.( 13 ) Sulla nozione di mercati dei capitali e di mercatocome criterio di collegamento, cfr. Kronke, CapitalMarkets and Conflict of Laws, inRec. des Cours,2000, vol. <strong>28</strong>6, pp. 261 ss. e 300 ss.; GarcimartínAlférez, Cross-border Listed Companies, ivi, 2007 (t.3<strong>28</strong>), p. 71 ss.( 14 ) Sul tema, anche in relazione all’attuazione inItalia della direttiva, si consenta di rinviare a Gardella,Le garanzie finanziarie nel diritto internazionaleprivato, Milano, 2007, p. 155 ss. anche per i riferimentidi dottrina, ed in particolare Annunziata,Verso una disciplina comune delle garanzie finanziarie,in Banca, borsa, tit. cred., 2003, I, p. 177 ss.; Bariatti,Le garanzie finanziarie nell’insolvenza transnazionale:l’attuazione della direttiva 2002/47/CE, inRiv.dir. internaz. priv. e proc., 2004, p. 841 ss.; Loiacono,La legge applicabile alle garanzie per la partecipazioneai sistemi di regolamento titoli dopo il recepimentodell’art. 9, comma 2 o , direttive 98/26/CE, inBanca, borsa, tit. cred., 2002, I, p. 382 ss.; Crespi Reghizzi,Sulla legge applicabile ai diritti sugli strumentifinanziari in forma scritturale alla luce del d.lgs. n. 210del 2001, inRiv. dir. internaz. priv. e proc., 2002, p.377.NLCC 3/4-2009


716reg. CE n. 593/2008[Art. 4]viduato assicuri il carattere definitivo del regolamento.La definizione di strumenti finanziari, invece,richiama espressamente l’art. 4, par. 1, n. 17,della MiFID, che a sua volta rimanda alla listacontenuta nell’allegato C alla direttiva. La ragionedi questa diversità di approccio rispetto alladefinizione di mercato regolamentato è stataravvisata nel fatto che gli strumenti finanziarisono definiti in modo descrittivo dalla MiFID aprescindere dalla loro disciplina da parte degliordinamenti degli Stati membri. Ciò implicache la norma in esame si applica anche ai contratticonclusi su un mercato avente ad oggettostrumenti finanziari regolati da un diritto di unoStato terzo, ma che presentano caratteristicheequivalenti a quelli regolati dal diritto comunitario( 15 ).( 15 ) V. sempre Garcimartín Alférez, New Issuesin the Rome I Regulation, cit., p. 169 ss.( 16 ) Su cui v. Pizzolante, infra, commento subart. 6, nonché Garcimartín Alférez, New Issues inthe Rome I Regulation, cit., p. 166 ss.; Mankowski,Consumer Contracts under Article 6 of the Rome I Regulation,inLe nouveau règlement Rome I cit., p. 121ss.; per alcune considerazioni, v. anche Villata, Lalegge applicabile ai « contratti dei mercati regolamentati», cit., p. 967 ss.( 17 ) Art. 6, par. 4, lett. d).4. – L’art. 4, par. 1, lett. h), va coordinato anchecon l’art. 6, par. 4, lett. d), reg. « Roma I »,relativo ai contratti conclusi con i consumatori( 16 ). Quest’ultimo esclude dall’ambito di applicazionedella disciplina dei contratti conclusicon i consumatori « i diritti e gli obblighi checostituiscono uno strumento finanziario e [i] dirittie obblighi costitutivi delle clausole e condizioniche disciplinano l’emissione o l’offerta alpubblico e le offerte pubbliche di acquisizionedi valori mobiliari, e [la] sottoscrizione e [il]riacquisto di quote di organismi di investimentocollettivo, nella misura in cui tali attività non costituisconoprestazione di un servizio finanziario» ( 17 ). La normativa sui consumatori, inoltre,cede il passo al criterio previsto dall’art. 4, par.1, lett. h), cioè all’applicazione della lex mercatus,in mancanza di scelta delle parti. La prevalenzadi quest’ultima disposizione viene di nuovogiustificata con l’esigenza di assicurare l’operativitàdi una sola legge applicabile, senza l’interferenzadelle norme di applicazione necessaria( 18 ).La ratio di tali delimitazioni va in primo luogoascritta all’estensione da parte del reg.« Roma I » dell’ambito di applicazione dellanormativa sui contratti con i consumatori, dallaquale gli ambienti finanziari hanno intesoescludere gli strumenti finanziari ed i negoziad essi relativi ( 19 ). Un’altra motivazione allabase della deroga alla disciplina protettrice deiconsumatori consiste nell’esigenza di assicurarel’applicazione di una sola legge rilevante, alloscopo di realizzare una razionalizzazione eduniformità del diritto applicabile. A questoscopo, l’art. 6, par. 4, da un lato assoggetta idiritti e gli obblighi incorporati negli strumentifinanziari alla legge regolatrice di questi ultimi;dall’altro sottopone l’emissione, l’offerta alpubblico, le offerte pubbliche di acquisto divalori mobiliari, la sottoscrizione e il riacquistodi quote di organismi di investimento, ognunaspecificamente disciplinata da direttive comunitariead hoc, alla legge prevista nel documentodi offerta, evitando in tal modo l’interferenzadella legge di residenza del consumatore.Ciò, tuttavia, non esime dall’applicazione diregimi diversi più protettivi del consumatorealle operazioni tra investitore e intermediario,che rimangono soggette alla disciplina previstadalla MiFID.L’art. 4, par. 1, lett. h), inoltre, si applica nonsoltanto ai contratti di compravendita/negoziazionedi titoli, ma a tutte le operazioni conclusesul mercato indipendentemente dal fatto chel’operazione sia avvenuta attraverso l’interposizionedi una controparte centrale, o sia stata postain essere da soggetti che operano in nomeproprio e per conto altrui o in nome e per contodei propri clienti.Da ultimo occorre osservare che nonostantel’art. 4, par. 1, lett. h), si riferisca, quanto menosotto il profilo letterale, soltanto al momentodella conclusione di tali contratti, questa espressione,in realtà, va interpretata in senso ampio,( 18 ) Art. 6, par. 4, lett. e). Su cui v. ancora GarcimartínAlférez, New Issues in the Rome I Regulation,cit., p. 166 e Mankowski, op. cit., p. 152.( 19 ) Per questa ricostruzione v. Garcimartín Alférez,New Issues in the Rome I Regulation, cit., p.166.NLCC 3/4-2009


[Art. 5] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 717in modo tale da ricomprendere anche la fasedell’esecuzione ( 20 ), fatta eccezione per gliaspetti reali che sono regolati dal criterio di collegamentoc.d. PRIMA (Place of the RelevantIntermediary Approach). In ambito comunitarioesso è previsto, tra l’altro, dell’art. 9, par. 2, delladir. 2002/47/CE, del 6 giugno 2002, sui contrattidi garanzia finanziaria ( 21 ), che individua ildiritto applicabile <strong>agli</strong> aspetti reali dei contrattidi garanzia finanziaria aventi ad oggetto strumentifinanziari nella legge del conto di pertinenzadell’intermediario rilevante, una sorta diadattamento della lex rei sitae alle problematichespecifiche sollevate dai titoli dematerializzatio comunque detenuti attraverso un intermediario.Anna Gardella( 20 ) Cfr. Lagarde e Tenenbaum, op. cit., p. 756.( 21 )InG.U.C.E. n. L 168 del <strong>27</strong> giugno 2002, p.43 ss.; v. in proposito, anche con riferimento all’attuazionein Italia della direttiva, Annunziata, Versouna disciplina, cit., p. 177 ss.; Bariatti, Le garanziefinanziarie, cit., p. 841 ss.; e Gardella, Le garanziefinanziarie, cit., p. 150 ss., anche per ulteriori riferimentidi dottrina.Art. 5.(Contratti di trasporto)1. Nella misura in cui la legge applicabile al contratto di trasporto di merci non sia stata sceltaa norma dell’articolo 3, la legge applicabile è quella del paese di residenza abituale del vettore,a condizione che il luogo di ricezione o di consegna o la residenza abituale del mittentesiano anch’essi situati in tale paese. Se tali condizioni non sono soddisfatte, si applica la leggedel paese in cui si trova il luogo di consegna convenuto dalle parti.2. Nella misura in cui la legge applicabile a un contratto di trasporto di passeggeri non siastata scelta dalle parti conformemente al secondo comma, la legge applicabile è quella del paesedi residenza abituale del passeggero, purché il luogo di partenza o di destinazione sia situato intale paese. Se tali condizioni non sono soddisfatte, si applica la legge del paese in cui il vettoreha la residenza abituale.Le parti possono scegliere come legge applicabile al contratto di trasporto di passeggeri a normadell’articolo 3 solo la legge del paese in cui:a) il passeggero ha la residenza abituale; ob) il vettore ha la residenza abituale; oc) il vettore ha la sua amministrazione centrale; od) è situato il luogo di partenza; oe) è situato il luogo di destinazione.3. Se dal complesso delle circostanze del caso risulta chiaramente che il contratto, in mancanzadi scelta della legge, presenta collegamenti manifestamente più stretti con un paese diversoda quello indicato ai paragrafi 1o2,siapplica la legge di tale diverso paese.Sommario: 1. La norma di conflitto in materia di trasporto.– 2. Il rapporto con le convenzioni internazionali.– 3. Il campo di applicazione della regola specialedi conflitto. – 4. Il contratto di trasporto di merci. –5. Il contratto di trasporto di persone. – 6. Il criterioresiduale del collegamento più stretto.1. – La disposizione in commento detta unadisciplina speciale, tanto per la scelta di leggequanto per i criteri di collegamento oggettivi, inmateria di contratto di trasporto. Essa ha unanotevole portata innovativa rispetto al quadroconvenzionale ( 1 ) non solo perché viene in par-( 1 ) Sulla disciplina del contratto di trasporto nellaConvenzione di Roma v. Ivaldi, Diritto uniforme deiNLCC 3/4-2009


718reg. CE n. 593/2008[Art. 5]te modificata la regola di conflitto dell’art. 4,par. 4, della Convenzione di Roma in materia ditrasporto di merci ( 2 ), ma anche perché èstatainserita una disposizione anche per i contratti ditrasporto di persone, che pone alcuni limiti allalibera designazione della legge applicabile e introduceun concorso di criteri di collegamentooggettivi.Peraltro, nella originaria proposta della Commissionei contratti di trasporto erano tutti regolatida un’unica norma di conflitto, che prevedevail criterio di collegamento della residenzaabituale del vettore. L’attuale formulazionedella disposizione consegue ad un emendamentointrodotto dal Parlamento europeo con lagiustificazione sibillina che esso sarebbe « direttoa promuovere la certezza del diritto » ( 3 ); comesi vedrà, è quantomeno dubbio che taleobiettivo possa dirsi raggiunto.Le regole sul contratto di trasporto hanno peraltronel regolamento una posizione assai diversarispetto alla Convenzione di Roma, anchesul piano sistematico. Infatti, esse sono state separate,testualmente, dalla norma generale sullalegge applicabile in mancanza di scelta escludendodel tutto la rilevanza del criterio dellaprestazione caratteristica in quanto tale e, sulpiano generale, del principio del collegamentopiù stretto.La scelta di dettare una disciplina più articolataper il contratto di trasporto sembra comunquecondivisibile, anche in considerazione dell’importanzapratica di questo tipo negoziale( 4 ). Essa si giustifica, da un lato, con le caratteristichepeculiari di questo contratto, per ilquale, dato l’intrinseco carattere « dinamico »,è poco agevole la determinazione di un collegamentostretto col territorio di un solo Stato; dall’altro,limitatamente al trasporto di persone,con la finalità protettiva della posizione dei passeggeri,espressa nel 32 o considerando, ma, comesi vedrà, rimasta sostanzialmente inattuata.2. – Va anzitutto premesso che in questa materiaassume particolare rilevanza la presenza diun numero significativo di Convenzioni internazionali,delle quali sono contraenti molti Statimembri dell’Unione europea. Tali Convenzioni,che sono in genere dirette a disciplinare specifichefigure negoziali, diverse tra loro per il mezzodi trasporto utilizzato oppure in relazione alfatto che siano trasportate merci o persone,contengono per lo più norme uniformi, tali darendere dunque potenzialmente superfluo l’interventodelle regole di conflitto.Senza pretesa di completezza ( 5 ), si possonoricordare anzitutto, in materia di trasporto marittimodi merci, il Protocollo di Visby del 23febbraio 1968 e il Protocollo di Bruxelles del 21dicembre 1979, che hanno sostituito la Convenzionedi Bruxelles del 25 agosto 1924 sull’unificazionedelle regole sulla polizza di carico, e laConvenzione di Amburgo del 31 marzo1978 ( 6 ); mentre il trasporto marittimo di persotrasportie diritto internazionale privato, Milano,1990; Tonolo, Il contratto di trasporto nella convenzionedi Roma del 19 giugno 1980 sulla legge applicabilealle obbligazioni contrattuali, inDir. dei trasporti,1994, p. 825 ss.( 2 ) La disposizione citata così prevede: « La presunzionedel par. 2 non vale per il contratto di trasportodi merci. Si presume che questo contratto presentiil collegamento più stretto col Paese in cui ilvettore ha la sua sede principale al momento dellaconclusione del contratto, se il detto Paese coincidecon quello in cui si trova il luogo di carico o di scaricoo la sede principale del mittente. Ai fini dell’applicazionedel presente par. sono considerati come contrattidi trasporto di merci i contratti di noleggio aviaggio o altri contratti il cui oggetto essenziale sia iltrasporto di merci ».( 3 ) La relazione esplicativa alla decisione del Parlamentopuò essere reperita nel sito dello stesso Parlamento(http://europarl.europa.eu).( 4 ) Per una elencazione delle critiche all’art. 4,par. 4, della Convenzione di Roma v. Ubertazzi, Ilregolamento Roma I sulla legge applicabile alle obbligazionicontrattuali, Milano, 2008, p. 79.( 5 ) Non è invece mai entrata in vigore la Convenzionedi Ginevra del 23 maggio 1980 sul trasportomultimodale di merci, promossa dall’Unctad manon ratificata dal numero minimo previsto di Stati.( 6 ) Sul quadro convenzionale in materia di trasportomarittimo di cose v., da ultimo, Carbone eLa Mattina, L’ambito di applicazione del diritto uniformedei trasporti marittimi internazionali dalla convenzionedi Bruxelles alla convenzione Uncitral, inRiv. dir. internaz. priv. e proc., 2008, p. 951 ss., ancheper riferimenti alla Convenzione Uncitral sul trasportointernazionale di cose da effettuarsi del tutto oin parte per mare, approvata il 3 luglio 2008 e reperibilesul sito www.uncitral.org nel documentoA/CN.9/645, nonché La Mattina, Le prime applicazionidelle regole di Amburgo tra autonomia privata,NLCC 3/4-2009


[Art. 5] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 719ne è regolato dalla Convenzione di Atene del 13dicembre 1974. Le regole uniformi in materia ditrasporto aereo si ritrovano invece nella Convenzionedi Montreal del <strong>28</strong> maggio 1999, cheha sostituito, nei rapporti tra gli Stati contraenti,la Convenzione di Varsavia del 19<strong>29</strong> (comeintegrata, oltre che dalla Convenzione di Guadalajaradel 18 settembre 1961, dai Protocollidell’Aja del <strong>28</strong> settembre 1955, di Guatemaladell’8 marzo 1971 e di Montreal del 25 settembre1975) ( 7 ). Si occupano del contratto di trasportodi merci su strada la Convenzione di Ginevradel 19 maggio 1956 (c.d. ConvenzioneCMR) ( 8 ) e del contratto di trasporto ferroviariodi merci e di persone la Convenzione di Bernadel 9 maggio 1980.La presenza di una specifica disciplina di conflittoin materia di trasporto all’interno del reg.« Roma I » pone anzitutto un problema di rapporticon le Convenzioni internazionali di dirittomateriale uniforme. Infatti, queste ultimecontengono clausole che condizionano, direttamenteed immediatamente, la loro applicazionealla sussistenza di determinati elementi di collegamentocon gli Stati contraenti. Può dunqueavvenire che si verifichi un contrasto tra le normedi conflitto e le Convenzioni internazionali,poiché, ove i criteri di collegamento utilizzatisiano differenti, le Convenzioni medesime possonorestare inapplicate in quanto la norma diconflitto richiami l’ordinamento di uno Statonon contraente delle stesse.Peraltro, anche con riferimento alla Convenzionedi Roma, era stato affermato che la prevalenzaavrebbe dovuto essere assicurata <strong>agli</strong> strumentiinternazionali di diritto uniforme perchéla loro natura di strumenti di armonizzazionenormativa sul piano sostanziale giustificherebbela fissazione di criteri inderogabili di applicazione( 9 ). Per giungere a questa conclusione unadiritto internazionale privato e diritto uniforme deitrasporti, inRiv. dir. internaz. priv. e proc., 2004, p.597 ss.( 7 ) Per un’ampia trattazione in materia, Busti, Ilcontratto di trasporto aereo, Milano, 2001.( 8 ) Su questa Convenzione e sul suo campo di applicazionev. Tuo, Alcune riflessioni sulla portata applicativadella CMR, inRiv. dir. internaz. priv. e proc.,2004, p. 193 ss.( 9 ) In questo senso Ivaldi, Diritto uniforme deiparte della dottrina valorizzava l’art. 21 dellaConvenzione di Roma, ai sensi del quale l’applicazionedelle norme convenzionali non avrebbepregiudicato le altre Convenzioni internazionalialle quali uno Stato contraente partecipasse ( 10 ).Altro orientamento qualificava come norme diapplicazione necessaria le regole uniformi diorigine internazionale, in ragione della presenzadi criteri inderogabili di applicazione, e, inquanto tali, le riteneva idonee a escludere qualunquepossibile richiamo da parte delle normedi conflitto ( 11 ).Quest’ultimo orientamento trova tuttavia oggiun insormontabile ostacolo nella restrittivadefinizione di « norme di applicazione necessaria» contenuta nell’art. 9 del regolamento, cherichiede che tali norme abbiano rilevanza crucialeper la salvaguardia degli interessi pubblicidi uno Stato. Evidentemente, risulta ben difficile,al di là del loro carattere autolimitato, attribuirequesta qualità alle norme internazionaliuniformi in materia di trasporto, che oltretuttosono in genere inderogabili solo a favore delvettore ( 12 ).Attualmente, un’indicazione più generale nelsenso della prevalenza delle Convenzioni internazionalisi ritrova nel 41 o considerando del regolamento;non sembra tuttavia convincentetrasporti, cit., p. 19 s.; Tonolo, Il contratto di trasporto,cit., spec. p. 835 s.( 10 ) Così, Baratta, Il collegamento più stretto neldiritto internazionale privato dei contratti, Milano,1991, p. 153 ss.; Sacerdoti, I rapporti con le altreConvenzioni e con le norme di diritto comunitario, inVerso una disciplina comunitaria della legge applicabileai contratti, a cura di Treves, Milano, 1983, p. 67ss.; Villani, La Convenzione di Roma sulla legge applicabileai contratti, Bari, 2000, p. 121.( 11 )V.già Malintoppi, Diritto uniforme e dirittointernazionale privato in materia di trasporto, Milano,1955, p. 74; e successivamente Mengozzi, I contrattidi trasporto in generale, inVerso una disciplina comunitaria,cit., p. 232 s.; Romanelli, I trasporti aerei edi trasporti terrestri in relazione alla Convenzione del1980, ivi, p. 239 ss.; Tonolo, Il contratto di trasporto,cit., p. 833 ss.( 12 ) Cfr. Ivaldi, Diritto uniforme dei trasporti, cit.,p. 23, nt. 38. Giudica al contrario Franzina, infra,commento sub art. 25, che la definizione contenutanell’art. 9 del regolamento non impedisca di riteneredi immediata applicazione, al di fuori del gioco dellenorme di conflitto, le convenzioni internazionali dicui si tratta nel testo.NLCC 3/4-2009


720reg. CE n. 593/2008[Art. 5]( 13 ) Così, in relazione alla qualificazione dei regimiconvenzionali come norme di applicazione necessariaIvaldi, Diritto uniforme dei trasporti, cit., p. 19 s.;Tonolo, Il contratto di trasporto, cit., p. 835, ed oraanche, Franzina, infra, commento sub <strong>artt</strong>. 25 e 26.( 14 )Più ampiamente su questa disposizione,Franzina, infra, commento sub <strong>artt</strong>. 25 e 26, nelquale si esclude la possibilità di utilizzare la clausoladi salvezza rispetto alle convenzioni di diritto materialeuniforme e alle norme in esse contenute sui presuppostidi applicabilità.( 15 ) Secondo la nota teoria del parallelismo dellecompetenze basata sulla sentenza AETS della Cortegiust. CE 31 marzo 1971, Commissione c. Consiglio, causa22/70 (in Raccolta, 1971, p. 263 ss.), a seguito dellatrasformazione della Convenzione di Roma nel regolamentoin commento, la Comunità europea ha anche acquisitocompetenza esterna alla stipulazione di trattatiche contengano norme di conflitto in materia di trasporto.Più ampiamente sul tema, v. Franzina, infra, commentosub art. 25. Per analoghe considerazioni rispettoalla proposta di regolamento v. Marongiu Buonaiuti,Conseguenze della trasformazione della convenzionedi Roma in regolamento comunitario per il sistemaitaliano di diritto internazionale privato,inLa legge applicabileai contratti nella proposta di regolamento « RomaI », a cura di Franzina, Padova, 2006, p. 151 s.; rispettoal reg. CE n. 44/2001 v. Salerno, Giurisdizioneed efficacia delle decisioni, cit., p., che segnala anche larilevanza del Parere n. 1/03 della Corte giust. CE (parere7 febbraio 2006, in Raccolta, 2006, p. I-1145 ss.).La valutazione di coerenza e globalità del sistema, formulatain tale parere per il reg. CE n. 44/2001, sembratanto più corretta per il reg. « Roma I », le cui normehanno carattere universale e contengono anche unacompiuta disciplina degli istituti generali del diritto internazionaleprivato.l’affermazione che il particolare valore da attribuirealle norme uniformi, certamente giustificatoin termini di politica del diritto, debba trovareil suo fondamento in considerazioni sistematichee teleologiche, piuttosto che in una precisadisposizione positiva ( 13 ).A nostro avviso, la soluzione più coerente perassicurare la priorità d’applicazione delle Convenzioniinternazionali consiste nel ricorso all’art.25 del regolamento ( 14 ). È pur vero che taledisposizione assicura la cedevolezza del regolamentorispetto alle Convenzioni internazionaliin vigore ( 15 ) solo nella misura in cui esse « disciplinanoi conflitti di leggi inerenti ad obbligazionicontrattuali », ma pare necessario condividerel’orientamento dottrinale che consideranorme di conflitto, speciali e a carattere unilaterale,le disposizioni sul campo di applicazionedelle convenzioni in esse contenute ( 16 ). Questaqualificazione determina conseguenze anche sulruolo che dev’essere riconosciuto alla volontàdelle parti quale fondamento dell’applicabilitàdei regimi convenzionali ad uno specifico contrattodi trasporto: deve infatti riconoscersi,coerentemente, che anche in queste ipotesi ci sitrova di fronte all’esercizio di vera e propria autonomiainternazionalprivatistica ( 17 ).( 16 ) Per la qualificazione di queste norme come regoledi conflitto v. Bentivoglio, Conflict Problemsin Air Law, inRec. Cours, 1966, vol. 116, p. 131 ss.;Collins, Admiralty - International Uniformity andthe Carriage of Goods by Sea, inTulane Law Review,1985, p. 169 ss., spec. p. 171); van Hecke, Principeset méthodes de solution de conflits de lois, inRec.Cours, 1969, vol. 126, p. 468 ss. Infatti, la funzione diqueste disposizioni è analoga a quella delle regole diconflitto, poiché esse stabiliscono, su un piano generalee astratto e attraverso un criterio di collegamentocon un certo sistema giuridico, la disciplina regolatricedi una certa classe di fattispecie. Si veda, a mero titolodi esempio, l’art. 2 della Convenzione di Amburgo,ai sensi del quale « the provisions of this Conventionare applicable to all contracts of carriage by seabetween two different States, if: (a) the port of loadingas provided for in the contract of carriage by seais located in a Contracting State, or (b) the port of dischargeas provided for in the contract of carriage bysea is located in a Contracting State, or (c) one of theoptional ports of discharge provided for in the contractof carriage by sea is the actual port of dischargeand such port is located in a Contracting State, or (d)the bill of lading or other document evidencing thecontract of carriage by sea is issued in a ContractingState, or (e) the bill of lading or other document evidencingthe contract of carriage by sea provides thatthe provisions of this Convention or the legislation ofany State giving effect to them are to govern the contract». È chiaro che disposizioni di questo tipo – anchequando sono formulate, come l’art. 1 della Convenzionedi Varsavia, nel senso di definire il « trasportointernazionale »–hanno lo scopo di individuareun elemento di collegamento col sistema dellaConvenzione al fine di determinare se questa sia applicabilea una certa fattispecie. Si tratta dunque diregole di conflitto a carattere unilaterale, poiché essenon individuano, in maniera perfettamente simmetrica,un criterio di collegamento idoneo a determinare,in ogni situazione, la legge applicabile, ma stabilisconosolo la sfera di applicazione della Convenzione, lasciandoalle norme di conflitto comuni la designazionedella legge applicabile al di fuori di essa.( 17 ) Come si evince dall’esame delle norme con-NLCC 3/4-2009


[Art. 5] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 7213. – Venendo più da vicino all’esame della disposizione,occorre delineare quali sono le categoriedi contratti cui si applicano le regole specialidell’art. 5.Anzitutto, la disposizione comprende tutti icontratti di trasporto, con qualunque mezzoquesto venga effettuato ( 23 ), ivi comprese le ipovenzionalipertinenti, la volontà delle parti opera comecriterio di collegamento, in quanto, in situazioniche presentano elementi di estraneità, richiama lenorme convenzionali come legge regolatrice del contrattoquando esse non siano già applicabili sulla basedei criteri oggettivi. Si tratta anche in questo caso diuna norma speciale di conflitto, che valorizza la volontàdelle parti solo laddove questa sia diretta a richiamarele Convenzioni internazionali. Naturalmente,anche le norme comuni di conflitto potranno rendereapplicabili le Convenzioni internazionali, laddovequeste non siano applicabili proprio vigore ma vengarichiamata la legge di uno Stato contraente (eventualmenteanche per scelta delle parti). Sul tema, v.Carbone e La Mattina, L’ambito di applicazionedel diritto uniforme, cit., p. 954 ss.( 18 ) Per un’ampia illustrazione di questi limiti, v.Tonolo, Il contratto di trasporto, cit., p. 837 ss., nonché,in materia di trasporto marittimo di cose, Carbonee La Mattina, L’ambito di applicazione del dirittouniforme, cit., p. 953 ss. e, rispetto al trasportodi merci su strada, Tuo, Alcune riflessioni sulla portataapplicativa della CMR, cit., p. 194 ss.( 19 ) In proposito, Ivaldi, Diritto uniforme dei trasporti,cit., p. <strong>29</strong> ss., suggerisce che, per i profili nonespressamente regolati, sarebbe comunque necessarioanzitutto procedere ad una « autointegrazione »delle singole convenzioni sulla base di una loro interpretazionecomplessiva e, ove questa non consenta diottenere alcun risultato, esaminare il sistema – chel’A. considera « unitario »–delle Convenzioni di dirittouniforme per rinvenire la regola occorrente alladecisione del caso concreto. Solo ove l’interprete sitrovasse nell’impossibilità di colmare per questa viala lacuna della Convenzione di diritto uniforme, dovrebbericorrere alle norme di conflitto.Pertanto, laddove si ritenga che, anche nelmutato quadro normativo, le Convenzioni di dirittouniforme vigenti nello Stato del foro e applicabilialla fattispecie sulla base di criteri loropropri o richiamate dalle parti debbano prevaleresulla norma di conflitto contenuta nell’art.5, quest’ultima potrà trovare spazio soltantoqualora le Convenzioni medesime non possanoapplicarsi per loro intrinseci limiti ratione materiaeo personarum ( 18 ). Inoltre, all’art. 5 si dovràfar comunque ricorso per individuare la leggeregolatrice di quegli aspetti del rapporto contrattualeche non siano disciplinati dalle Convenzionidi diritto uniforme ( 19 ).Occorre tuttavia segnalare che questa sceltainterpretativa – se è comprensibile rispetto aicriteri obiettivi di collegamento contenuti nelregolamento – potrebbe apparire più difficilmenteconciliabile con la fondamentale rilevanzaattribuita al principio della libertà delle partinella scelta della legge applicabile ( 20 ). Esso verrebbea trovare un limite nell’applicazione prioritariadelle Convenzioni di diritto uniforme,che per lo più impediscono, all’interno del lorocampo di applicazione, alle parti di scegliere lalegge di uno Stato non contraente di tali convenzioni( 21 ).Peraltro, l’inderogabilità delle Convenzioniinternazionali solo in favore del vettore determina– nel momento in cui si stabilisce la prevalenzadella loro applicazione rispetto alle normedi conflitto del regolamento – un regime analogoa quello degli <strong>artt</strong>. 6e8delregolamento inmateria di tutela del contraente debole, risultandoammissibile l’electio iuris quando il suocontenuto sia più favorevole al mittente o al trasportato.Questa ricostruzione appare tanto piùsignificativa in quanto nel reg. « Roma I » nonsi applica generalmente, in materia di contrattidi trasporto, la disciplina di conflitto improntataalla protezione del consumatore ( 22 ).( 20 ) Per tale principio, cfr. l’11 o considerando delregolamento.( 21 ) Cfr. Ivaldi, Diritto uniforme dei trasporti, cit.,p. 21 ss. V., a titolo di esempio, l’art. 49 della Convenzionedi Montreal, che prevede, analogamente all’art.32 della Convenzione di Varsavia, che « anyclause contained in the contract of carriage and allspecial agreements entered into before the damageoccurred by which the parties purport to infringe therules laid down by this Convention, whether by decidingthe law to be applied, or by altering the rules asto jurisdiction, shall be null and void », nonché, insenso analogo, l’art. 18 della Convenzione di Atene,l’art. 5 della Convenzione COTIF e l’art. 23 dellaConvenzione di Amburgo.( 22 ) Cfr. l’art. 6, par. 4, del regolamento.( 23 ) Questa soluzione si pone in linea di continuitàcon la Convenzione di Roma, ma non collima conl’impostazione del diritto uniforme e anche di alcunisistemi di conflitto, che prevede una distinzione tra icontratti di trasporto a seconda del mezzo utilizzato:NLCC 3/4-2009


722reg. CE n. 593/2008[Art. 5]getto essenziale sia il trasporto di cose ( <strong>27</strong> ). Vaperaltro ribadito, come la dottrina aveva già avvertitoriguardo all’art. 4, par. 4, della Convenzionedi Roma, che la nozione di « noleggio aviaggio » contenuta nel testo italiano riguardasolo i noleggi di un mezzo per un viaggio singolo,secondo la dizione delle altre versioni linguistiche( <strong>28</strong> ).L’individuazione degli altri contratti il cui oggettoessenziale è il trasporto di merci è piùcomplessa ( <strong>29</strong> ). Secondo la dottrina che si eraformata intorno alla Convenzione di Roma eranocertamente esclusi dalla nozione i contrattidi noleggio a viaggi plurimi e di noleggio a tempopoiché il loro oggetto non concerne il trasportodi cose quanto piuttosto la messa a disposizionedella nave per un certo numero diviaggi o per un certo tempo ( 30 ). Al contrario,una parte della dottrina ( 31 ) considerava compresiin tale nozione i cc.dd. tonnage agreemensulpunto, v. Mengozzi, I contratti di trasporto in generale,cit., p. 226 s.( 24 ) Rispetto a contratti di trasporto diversi daicc.dd. « viaggi tutto compreso » l’art. 6 non è inveceaffatto applicabile, per espressa previsione del suopar. 4, lett. b): cfr. anche, Pizzolante, infra, commentosub art. 6.( 25 ) Si tratta della direttiva concernente i viaggi, levacanze, i circuiti « tutto compreso », pubblicata inG.U.C.E. n. L 158 del 23 giugno 1990, p. 59 ss. L’art.2 di questa direttiva definisce tale contratto comequello che prevede « la prefissata combinazione di almenodue degli elementi in appresso, venduta o offertain vendita ad un prezzo forfettario, laddovequesta prestazione superi le 24 ore o comprenda unanotte: a) trasporto, b) alloggio, c) altri servizi turisticinon accessori al trasporto o all’alloggio che costituisconouna parte significativa del tutto compreso ».La Relazione Giuliano-Lagarde, sub art. 5, par. 6, definiscetali contratti come « i normali contratti conclusicon turisti, che offrono per un prezzo globaleprestazioni combinate di trasporto e di alloggio ». Ledifficoltà di delimitazione del tipo contrattuale, richiamatenella Relazione Giuliano-Lagarde, dovrebberooggi considerarsi superate col chiaro riferimentoalla direttiva. Sul punto v. anche Pizzolante, ibidem.( 26 ) Cfr. l’art. 2, nn.4e5,della direttiva, nonché laRelazione Giuliano-Lagarde, sub art. 5, par. 6, la qualegià precisava che « l’articolo 5 si applica solo aiviaggi organizzati che adempiono le condizioni generalienunciate dai paragrafi 1 e 2, e cioè allorché ilcontratto può essere considerato come il “contrattodi un consumatore” ed è concluso in una delle situazionimenzionate al paragrafo 2 ».tesi di trasporto combinato e multimodale. Tuttavia,il problema più serio è rappresentato dall’identificazionedella figura negoziale nelle ipotesiin cui il trasporto costituisca soltanto unadelle prestazioni previste dal contratto.Va anzitutto chiarito che, per motivi di coordinamentocon l’art. 6 del regolamento ( 24 ),rientrano nella nozione di « contratto di trasporto» i cc.dd. « viaggi tutto compreso » regolatidalla dir. 1990/314/CEE del 13 giugno1990 ( 25 ), con la precisazione che il contrattofuoriesce dal campo di applicazione dell’art. 5quando sia concluso da un consumatore allecondizioni previste dall’art. 6, par. 1 ( 26 ).L’altra indicazione testuale che si ricava dalregolamento come già dall’art. 4, par. 4, dellaConvenzione di Roma, riguarda i contratti ditrasporto di merci, che debbono comprendereil noleggio a viaggio e gli altri contratti il cui og-( <strong>27</strong> ) Non sembra significativa, in termini di interpretazionedella norma di conflitto, la circostanza cheoggi la precisazione sia contenuta nel preambolo (22 oconsiderando) piuttosto che nel testo del regolamento.( <strong>28</strong> ) Cfr. Berlingieri, La Convenzione di Romasulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali e iltrasporto marittimo, inVerso una disciplina comunitaria,cit., p. 249 ss., spec. p. 253; Villani, La convenzionedi Roma sulla legge applicabile ai contratti, cit.,p. 119.( <strong>29</strong> ) Rispetto alla formulazione simile dell’art. 4,par. 4, della Convenzione di Roma la Corte giust. CEsarà peraltro chiamata a pronunciarsi rispetto allacausa 133/08, ICF, sollevata dall’Hoge Raad (l’avvisoè in G.U.U.E. n. C 158 del 21 giugno 2008, p. 10)proprio per interpretare la portata applicativa delladisposizione citata.( 30 ) In questo senso Berlingieri, La Convenzionedi Roma sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattualie il trasporto marittimo, cit., p. 254 s.; Villani,La Convenzione di Roma sulla legge applicabile aicontratti, cit., p. 119 s.( 31 ) In particolare, tale opinione era stata espressada Villani, La Convenzione di Roma sulla legge applicabileai contratti, cit., p. 120. Contra, Berlingieri,La Convenzione di Roma sulla legge applicabile alleobbligazioni contrattuali e il trasporto marittimo,cit., p. 254 s.; Giardina, Unificazione internazionalee codificazione nazionale delle regole di conflitto in temadi navigazione, inL’unificazione del diritto privatoe processuale. Studi in memoria di M. Giuliano, Padova,1989, p. 481; Tonolo, Il contratto di trasporto,cit., p. 853 s.NLCC 3/4-2009


[Art. 5] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 723ts, pur contro l’orientamento probabilmentemaggioritario; tale opinione sembra da condividere,poiché l’oggetto essenziale di questi contrattiè senz’altro il trasporto di merci, determinatein base alla loro quantità ( 32 ).Per gli altri contratti la valutazione non puòche avvenire caso per caso, sulla base delle caratteristichedello specifico rapporto negoziale,come configurato dalle parti; si tratta in sostanzadi accertare quale sia la prestazione caratteristicaall’interno di un contratto misto, coerentementecon la previsione dell’art. 4, par. 2, delregolamento.Può solo aggiungersi qui che l’applicazionedell’art. 5 è subordinata anche alla condizionedell’internazionalità del trasporto; manca tuttavianel regolamento – a differenza di varie convenzionidi diritto uniforme ( 33 ) – una espressaidentificazione dei presupposti di tale carattereinternazionale, che dovrà dunque desumersidalla clausola generale dell’art. 1, par. 1.( 32 ) Non sembra invece decisiva l’argomentazioneproposta da Berlingieri, La Convenzione di Roma,cit., p. 254 s., secondo cui anche in questi contrattinon potrebbero in genere essere determinati in manieraunivoca il luogo di carico e soprattutto di scarico,poiché non sarebbe comunque esclusa la possibilitàdi un’applicazione della norma speciale di conflitto.La formulazione della disposizione presupponeinvece un’interpretazione teleologica, che tenga contodella causa del contratto: sembra difficile negareche nei tonnage agreements lo scopo che le parti sipropongono nella stipulazione del contratto sia il trasportodi merci verso un corrispettivo.( 33 ) V., ad es., l’art. 2 della Convenzione di Amburgo,l’art. X delle Regole di Visby e l’art. 1 dellaConvenzione CMR.( 34 ) Cfr. infra, par. 6.( 35 ) Per una singolare decisione in materia di sceltadi legge regolatrice del contratto di trasporto si segnalaCassation 4 marzo 2003, con nota critica di Lagarde,inRev.crit. dr. internat. privé, 2003, p. <strong>28</strong>5 ss.4. – In materia di trasporto di merci la disposizionein commento prevede – salva comunquela clausola di eccezione del par. 3, della quale siparlerà oltre ( 34 ) – un concorso successivo dicriteri di collegamento.Anzitutto, l’art. 5 fa salva la libertà delle partidi designare la legge applicabile al contratto secondole regole, e coi limiti, dell’art. 3 ( 35 ): com’ègià stato messo in luce, accadrà con particolarefrequenza che tale scelta sia contenuta nellecondizioni generali di contratto predisposte dalvettore ( 36 ), ovvero nelle polizze di carico ( 37 ).Qualora manchi la scelta di legge, l’ulterioreindicazione della disposizione corrisponde perlo più, nel contenuto, alla presunzione contenutanell’art. 4, par. 4, della Convenzione di Roma( 38 ), poiché prevede che si applichi la leggedello Stato di residenza abituale del vettore,quando questo luogo coincida con il luogo dellaricezione o della consegna ( 39 ) della merce ovverocon la residenza abituale del mittente.Nel regolamento, tuttavia, muta radicalmentela funzione di questi elementi ( 40 ), che non si li-( 36 ) Così, Tonolo, Il contratto di trasporto, cit., p.867 ss., che segnala anche il ruolo particolarmente significativoattribuito in questo campo alla InternationalAir Transport Association (IATA), con l’elaborazionedi contratti-tipo.( 37 ) La giurisprudenza francese ha avuto varie occasioniper esaminare polizze di carico contenenticlausole di scelta di legge e di proroga di giurisdizione;con specifico riferimento a quest’ultimo profilo,essa ha ritenuto a più riprese che, nonostante l’art. 1,par. 2, lett. d), della Convenzione di Roma, le clausoledi proroga di giurisdizione fossero soggette allalegge regolatrice del contratto di trasporto: in tal senso,v. App. Paris 9 settembre 1999, in Droit maritimefrançais, 1999, p. 8<strong>29</strong> ss., nonché Cassation 4 marzo2003, cit.( 38 ) Per la determinazione della legge applicabilein materia di trasporto nella giurisprudenza italiana,può rammentarsi Cass., sez. un., 3 maggio 2005, n.9106, in Dir. maritt., 2005, p. 588, con nota di Scapinello,che, pur dovendo determinare la legge regolatricedi un contratto di trasporto, omette ogni riferimentoall’art. 4, par. 4.( 39 ) La differenza con l’art. 4, par. 4, della Convenzionedi Roma, che si riferisce al luogo di « scarico »,è segnalata da Lagarde e Tennenbaum, De la conventionde Rome au reglément Rome I,inRev. crit. dr.internat. privé, 2008, p. 761 s., e Ballarino, DallaConvenzione di Roma del 1980 al regolamento RomaI, inRiv. dir. internaz., 2009, p. 52.( 40 ) La disposizione è valutata positivamente daLando e Nielsen, The Rome I Regulation, inCommonMarket Law Rev., 2008, p. 1706, secondo cui ladisposizione sarebbe « a slightly modernized versionof Article 4(4) of the Rome Convention ».L’esistenzadi una norma di chiusura, che individua il criterio dicollegamento del luogo di consegna, e la diversa funzioneattribuita ai momenti di collegamento del luogodi ricezione o di consegna o della residenza abitualedel vettore sembrano tuttavia costituire significativielementi di discontinuità.NLCC 3/4-2009


724reg. CE n. 593/2008[Art. 5]mitano più a concretizzare, in via presuntiva, ilprincipio di prossimità e il criterio della closestconnection, bensì danno luogo ad un vero e propriocriterio di collegamento (rectius: ad unconcorso cumulativo-alternativo di criteri dicollegamento) ( 41 ). La conseguenza pratica diquesta diversa impostazione, soprattutto rispetto<strong>agli</strong> orientamenti che consideravano « deboli» le presunzioni dell’art. 4 della Convenzionedi Roma ( 42 ), è che il giudice non dovrà–se nonnelle circostanze eccezionali che giustificano ilricorso all’art. 5, par. 3 – ricercare lo Stato concui sussiste il collegamento più stretto ma soloapplicare la legge designata sulla base dell’indicatocriterio di collegamento.Come anticipato, esso ha un carattere particolarmentearticolato poiché richiede, come elementonecessario, la residenza abituale del vettore,ma esige anche che essa coincida con unodegli altri tre luoghi alternativamente indicati.Analogamente alla Convenzione di Roma, il regolamentonon reputa dunque sufficiente – purmantenendogli un’ampia rilevanza – il riferimentoalla residenza del prestatore caratteristico,probabilmente perché questo, ove fosseesclusivo, determinerebbe una posizione disquilibrio a detrimento dell’altra parte del contratto( 43 ). Peraltro, viene ribadita, come giànelle convenzioni di diritto uniforme, l’utilitàdel criterio di collegamento della sede del vettore,che costituisce un fattore di uniformità dellalegge regolatrice in presenza di più contratticollegati.Il 22 o considerando del regolamento fornisceindicazioni rispetto alla definizione della nozionedi « vettore », ribadendo l’interpretazione,già suggerita dalla Relazione Giuliano-Lagarde,secondo cui riveste tale qualità il soggetto che( 41 )LaRelazione Giuliano-Lagarde, sub art. 4, par.5, usava l’espressione « combinazione di vari criteridi collegamento », ripresa da Carbone e Maresca,voce Trasporto (dir. intern. priv.), inEnc. dir., XLIV,p. 1222 ss., spec. p. 1245.( 42 ) In tal senso v. per tutti Baratta, Il collegamentopiù stretto nel diritto internazionale privato deicontratti, Roma, 1991, p. 177 ss.; con specifico riferimentoal trasporto, v. Tonolo, Il contratto di trasporto,cit., p. 884 ss.( 43 ) In questo senso, riguardo all’art. 4, par. 4, dellaConvenzione di Roma, Tonolo, Il contratto di trasporto,cit., p. 878 ss.assume, nel contratto, l’incarico di trasportare econsegnare le merci. Questa precisazione dovrebbeessere sufficiente a consentire l’applicazionedel criterio di collegamento nell’ipotesi,tutt’altro che infrequente, in cui nell’operazionedi trasporto (specialmente marittimo e stradale)concorrano diversi soggetti ( 44 ); naturalmente,in queste fattispecie ciascun contratto di subtrasportosarà autonomamente disciplinato dall’art.5.Corrispondentemente, il « mittente » vienedefinito come il soggetto che assume la veste diparte del contratto di trasporto ( 45 ); questa nozionerileverà in particolare nelle fattispecie incui la conclusione del contratto di trasportovenga effettuata da un soggetto diverso dal proprietariodella merce, come accade in presenzadi un contratto di spedizione.Nel mentre la residenza abituale del vettore( 46 ) e del mittente dev’essere determinatasulla base dell’art. 19 del regolamento, e dunquein particolare con riferimento al momentodi conclusione del contratto, il luogo di caricoe consegna della merce dovranno essere determinati,anche a fini di prevedibilità, sulla basedelle pattuizioni intercorse tra le parti ( 47 ) an-( 44 ) Sulle difficoltà che questa circostanza crea neitrasporti stradali v. Romanelli, I trasporti aerei ed itrasporti terrestri in relazione alla convenzione del1980 sulla legge applicabile,inVerso una disciplina comunitaria,cit., p. 235 ss., spec. p. 244 s.( 45 ) Tale definizione può naturalmente determinareproblemi collegati al c.d. circulus inextricabilisladdove la controversia riguardi proprio l’identificazionedel mittente, poiché in tali ipotesi la nozioneautonoma ricavabile dal regolamento non offre unasoluzione idonea e dunque il collegamento potrebberisultare insuscettibile di utilizzazione. Sul caratterescarsamente significativo del mittente in talune tipologiedi trasporto marittimo, Berlingieri, La Convenzionedi Roma sulla legge applicabile alle obbligazionicontrattuali e il trasporto marittimo, cit., p. 253.( 46 ) Sulle difficoltà di questa designazione nell’ipotesiin cui, nel trasporto marittimo, la gestione diuna nave sia affidata dall’armatore a terzi, v. Berlingieri,La convenzione di Roma sulla legge applicabilealle obbligazioni contrattuali e il trasporto marittimo,cit., p. 256.( 47 ) Tale conclusione sembra derivare anche dalnecessario parallelismo con l’ultima frase dell’art. 5,par. 1, ove espressamente ci si riferisce al « luogo diconsegna convenuto tra le parti ». In senso diversoLagarde e Tennenbaum, De la convention de RomeNLCC 3/4-2009


[Art. 5] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 725che successivamente alla conclusione del contratto.Laddove la residenza abituale del vettore noncoincida con alcuno dei tre criteri di collegamentoindividuati alternativamente dall’art. 5,par. 1, la seconda parte di questa stessa disposizionestabilisce che è sufficiente a designare lalegge regolatrice del contratto il luogo di consegnadella merce, ove, cioè, questa perviene a destinazione( 48 ). Non sembra che questa indicazioneprefiguri un collegamento particolarmentesignificativo; la sua scelta deve probabilmenteattribuirsi alla necessità di assicurare – nella logicadel concorso successivo – una designazionecerta della legge applicabile ( 49 ). Peraltro, questocriterio di collegamento può determinareanche una frammentazione della legge regolatricedi un’unica operazione di trasporto, laddovesiano previsti luoghi di consegna plurimi ( 50 );ciò non sarebbe accaduto ove la norma avesseinvece previsto il criterio di collegamento dellasede del vettore.5. – La previsione dell’art. 5, par. 2, innova rispettoalla Convenzione di Roma con una regoladi conflitto speciale in materia di trasporto dipersone, che era stata già auspicata dalla dottrina( 51 ) e che dovrebbe, come detto, realizzare laprotezione del passeggero, identificato comecontraente debole. Tale finalità risulta prefigurataanche nella Convenzione di Montreal del<strong>28</strong> maggio 1999 ( 52 ), ma è stata successivamenteenfatizzata in maniera molto più significativadal diritto comunitario derivato, ed in particolaredal reg. CE n. 889/2002 del 13 maggio2002 ( 53 ) e dal reg. CE n. 261/2004 dell’11 febbraio2004 ( 54 ).Si tratta peraltro di una scelta non priva di inconvenientipratici, in quanto determina unaframmentazione della legge regolatrice, oltreche in caso di trasporto combinato di merci epersone, anche rispetto ai singoli passeggeri.Questo può determinare qualche difficoltà peril vettore, quando, nell’ambito di uno stesso trasporto,i contratti coi vari passeggeri siano soggettia leggi diverse. Si tratta tuttavia di un’ipotesiche l’applicazione della normativa uniformee la frequenza delle clausole di electio iuris rendonoassai remota; in ogni caso, dall’angolo viauréglement Rome I, inRev. crit. dr. internat. privé,2008, p. 762, i quali tuttavia affermano che la valutazionesulla localizzazione del collegamento deve avvenireal momento della stipula del contratto.( 48 ) Per questa ipotesi il regolamento prevedeespressamente che debba trattarsi del luogo di consegnaconvenuto dalle parti. Si tratta di luogo spesso rilevanteanche nella disciplina convenzionale uniforme(cfr., a titolo di esempio, l’art. 1 della Convenzionedi Amburgo e l’art. 1 della Convenzione di Montreal);sul punto, v. anche Tonolo, Il contratto di trasporto,cit., p. 882 s., nota 163. Per analoga conclusionerispetto all’art. 4, par. 4, della Convenzione diRoma, v. Cassation 4 marzo 2003, cit., criticata sulpunto dalla nota di Lagarde, ivi, p. <strong>29</strong>2 ss.( 49 ) Questa norma ha carattere innovativo rispettoalla Convenzione di Roma, in cui la logica delle presunzionispeciali rendeva superflua una disposizionedi chiusura del tipo di quella in esame. L’indicazionedel luogo di consegna convenuto dalle parti, d’altraparte, evita ogni problema anche per i casi in cui laconsegna non avvenga o si verifichi in un luogo diversoda quello pattuito originariamente.( 50 ) In questi casi potrebbe probabilmente applicarsi,ancorché relativo all’art. 5 n. 1, lett. b), del reg.CE n. 44/2001, il dictum di Corte giust. CE 3 maggio2007, Color Drack, causa 386/05, in Raccolta, 2007,p. I-3699 ss., secondo cui si deve tener conto – oveesiste – del luogo di consegna principale.( 51 ) Cfr. Tonolo, Il contratto di trasporto, cit., p.891 ss. In mancanza di una espressa previsione, la RelazioneGiuliano-Lagarde, sub art. 4, par. 6, suggerival’applicabilità delle regole generali degli <strong>artt</strong>. 3e4della Convenzione di Roma, ed in particolare l’art. 4,par. 2, che richiamava il criterio della prestazione caratteristicae dunque la legge della sede del vettore,che sembrava preferibile poiché evitava la frammentazionedella legge regolatrice per ciascun passeggeroe faceva coincidere, in molti casi, competenza giurisdizionalee diritto applicabile. Di diverso avviso, siapure senza un articolato fondamento argomentativo,Romanelli, I trasporti aerei ed i trasporti terrestri,cit., p. 246.( 52 ) Si legge infatti nel preambolo della Convenzione:« riconoscendo l’importanza di tutelare gli interessidegli utenti del trasporto aereo internazionalee la necessità di garantire un equo risarcimento secondoil principio di riparazione (...) ».( 53 )InG.U.C.E. n. L 140 del 30 maggio 2002, p. 2ss. Cfr., in particolare, il 7 o considerando el’art. 1, nn.7e8.( 54 )InG.U.U.E. n. L 46 del 17 febbraio 2004, p. 1ss., la cui validità, proprio in relazione alla protezionedei passeggeri, è stata confermata dalla Corte giust.CE 10 gennaio 2006, International Air Transport Association,causa 344/04, in Raccolta, 2006, p. I-403 ss.NLCC 3/4-2009


726reg. CE n. 593/2008[Art. 5]suale del singolo passeggero la soluzione si presentadel tutto coerente, poiché ciascun contrattoha normalmente carattere autonomo e individuale.In materia, va anzitutto rammentato che leConvenzioni di diritto internazionale uniforme,destinate a prevalere sul reg. « Roma I » per leragioni esposte, valorizzano spesso la posizionedel trasportato, istituendo regimi di responsabilitàparticolarmente gravosi a carico del vettore( 55 ).Alla protezione del passeggero dovrebbe tendereanzitutto l’apposizione di limiti alla sceltadella legge applicabile, la quale, con frequenzaancor maggiore che nel trasporto di merci, sitroverà contenuta nelle condizioni generali dicontratto del vettore. Questi limiti vengono tuttaviaidentificati in maniera diversa rispetto allealtre disposizioni del regolamento espressamentedirette alla tutela del contraente debole – gli<strong>artt</strong>.6e8– poiché non vengono fatte salve talunenorme protettive, ma si individuano a priori,in via alternativa, gli ordinamenti che possonoessere richiamati dalle parti.In astratto, anche questa soluzione potrebbeevitare abusi da parte del vettore. Tuttavia, laconcreta formulazione della disposizione apparetutt’altro che convincente ( 56 ), sia per il numeroparticolarmente elevato – ben cinque ( 57 )– di ordinamenti tra i quali le parti sono liberedi scegliere il diritto applicabile, sia perché consenteal vettore di imporre la scelta della leggedel suo luogo di residenza abituale o dell’amministrazionecentrale ( 58 ). D’altra parte, l’autonomiadelle parti non incontra ostacoli neppure diordine formale, poiché l’art. 5, par. 2, consenteche l’electio iuris avvenga alle condizioni previstedall’art. 3 ( 59 ).Più improntati alla tutela del passeggero appaionoi criteri oggettivi previsti dalla disposizionein commento in mancanza di scelta ( 60 ).Anche in questo campo si rinviene un concorsosuccessivo di criteri di collegamento, poiché inprima battuta potrà applicarsi la legge di residenzaabituale del passeggero, a condizione chequesta coincida col luogo di partenza o di destinazioneconvenuto. Sembra pertanto che il regolamentovoglia fare applicazione del principiodi prossimità, poiché richiede uno specificocollegamento tra la residenza abituale del passeggeroe l’operazione di trasporto ( 61 ).In difetto di tale condizione, si applicherà ilcriterio della residenza abituale del vettore,giungendosi così ad una soluzione analoga aquella prefigurata dalla Convenzione di Roma.Come si è anticipato, questa disciplina creaun evidente effetto di frammentazione della leggeregolatrice di una complessiva operazione ditrasporto, poiché a ciascun contratto stipulatocoi singoli passeggeri potranno applicarsi treleggi diverse – legge del luogo di partenza, leggedel luogo di destinazione, legge della residenzaabituale del vettore – senza peraltro che da ciòsembri derivare un significativo effetto di tuteladel passeggero.6. – Da ultimo, l’art. 5, par. 3, applicabile siaai trasporti di merci sia di persone, contiene la( 55 ) Un regime di responsabilità oggettiva relativaè previsto dall’art. 17 della Convenzione di Montrealin materia di trasporto aereo e dall’art. 26 della ConvenzioneCIV in materia di trasporto ferroviario.( 56 ) In senso critico, v. anche Lagarde e Tennenbaum,De la convention de Rome au règlement RomeI, cit., p. 763.( 57 ) I momenti di collegamento previsti da tale disposizioneattengono alla residenza abituale delleparti o all’amministrazione centrale del vettore, chedebbono esser valutate al momento della conclusionedel contratto; ad essi si aggiungono il luogo di partenzae di destinazione, che, per analogia con l’art. 5,par. 1, ultima parte, debbono essere identificati sullabase delle clausole negoziali.( 58 ) Nonostante che le lett. b) ec) dell’art. 5, par.2, identifichino questi due luoghi come alternativi,nella maggior parte dei casi essi verranno a coinciderepoiché l’art. 19 prevede che il luogo di residenzaabituale delle società sia la sede della loro amministrazionecentrale; la distinzione risulta pertanto ridondante,salvi i casi in cui il trasporto sia effettuatoda una persona fisica.( 59 ) Come osserva anche Ballarino, Dalla Convenzionedi Roma del 1980, cit., p. 52, l’apposizionedi limiti alla scelta di legge, nel senso di imporre di richiamareun ordinamento con cui sussiste un collegamentoeffettivo, rende superflua l’operatività, inmateria,dell’art. 3, parr. 3 e 4.( 60 ) A questa ipotesi dovrebbe equipararsi quelladella scelta di una legge diversa da quelle elencatenell’art. 5, par. 2, seconda parte.( 61 ) Per gli inconvenienti pratici che possono derivaredall’applicazione della norma v. Lagarde eTennenbaum, De la convention de Rome au règlementRome I, cit., p. 763 s.NLCC 3/4-2009


[Art. 6] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 7<strong>27</strong>c.d. clause échappatoire, che ammette, in mancanzadi electio iuris, l’applicazione della leggedel Paese con cui il contratto presenta collegamentimanifestamente più stretti ( 62 ). A nostroavviso, l’attuale formulazione del regolamentomostra senz’ombra di dubbio che si è voluto attribuirea questa previsione carattere meramenteresiduale ( 63 ), per il caso che nessuno dei criteridi collegamento oggettivi previsti dalla disposizioneconfiguri un nesso effettivo con lafattispecie.( 62 ) Sulla clausola d’eccezione nel reg. « Roma I »v. Lando e Nielsen, The Rome I Regulation, cit., p.1703, nonché, Leandro, supra, commento sub art. 4.( 63 ) Per una ricostruzione diversa, diretta a considerareil collegamento più stretto come il principalecriterio nella scala gerarchica, alla luce dell’art. 4,par. 5, della Convenzione di Roma, v. Baratta, Ilcollegamento più stretto, cit., p. 167 ss., ripreso daTonolo, Il contratto di trasporto, cit., p. 884.In talune ipotesi di carattere eccezionale (comemostra l’uso degli avverbi « chiaramente » e« manifestamente ») il giudice potrà dunquenon tener conto della legge designata sulla basedei criteri contenuti nell’art. 5, parr. 1e2;maciò presuppone che tale legge risulti completamenteestranea e che tutti gli altri elementi difatto convergano verso un altro Paese. Il giudicedovrà allora operare una valutazione complessivadella fattispecie e, sulla base di essa, piuttostoche di singoli criteri ( 64 ), individuare la leggecon cui il contratto di trasporto presenti il collegamentopiù stretto.Giacomo Biagioni( 64 ) In senso apparentemente diverso, Tonolo, Ilcontratto di trasporto, cit., p. 887.Art. 6.(Contratti conclusi da consumatori)1. Fatti salvi gli articoli5e7,uncontratto concluso da una persona fisica per un uso che possaessere considerato estraneo alla sua attività commerciale o professionale (« il consumatore») con un’altra persona che agisce nell’esercizio della sua attività commerciale o professionale(« il professionista ») è disciplinato dalla legge del paese nel quale il consumatore ha la residenzaabituale, a condizione che il professionista:a) svolga le sue attività commerciali o professionali nel paese in cui il consumatore ha laresidenza abituale; ob) diriga tali attività, con qualsiasi mezzo, verso tale paese o vari paesi tra cui quest’ultimo;e il contratto rientri nell’ambito di dette attività.2. In deroga al paragrafo 1, le parti possono scegliere la legge applicabile a un contratto chesoddisfa i requisiti del paragrafo 1 in conformità dell’articolo 3. Tuttavia, tale scelta non vale aprivare il consumatore della protezione assicurat<strong>agli</strong> dalle disposizioni alle quali non è permessoderogare convenzionalmente ai sensi della legge che, in mancanza di scelta, sarebbe stata applicabilea norma del paragrafo 1.3. Se i requisiti di cui al paragrafo 1, lettere a)ob) non sono soddisfatti, la legge applicabile aun contratto tra un consumatore e un professionista è determinata a norma degli articoli3e4.4. I paragrafi 1e2nonsiapplicano ai contratti seguenti:a) ai contratti di fornitura di servizi quando i servizi dovuti al consumatore devono essereforniti esclusivamente in un paese diverso da quello in cui egli risiede abitualmente;b) ai contratti di trasporto diversi dai contratti riguardanti un viaggio « tutto compreso »ai sensi della direttiva 90/314/CEE del Consiglio, del 13 giugno 1990, concernente i viaggi, levacanze ed i circuiti « tutto compreso »;c) ai contratti aventi per oggetto un diritto reale immobiliare o la locazione di un immo-NLCC 3/4-2009


7<strong>28</strong>reg. CE n. 593/2008[Art. 6]bile diversi dai contratti riguardanti un diritto di godimento a tempo parziale ai sensi della direttiva94/47/CE;d) ai diritti e obblighi che costituiscono uno strumento finanziario e ai diritti e obblighicostitutivi delle clausole e condizioni che disciplinano l’emissione o l’offerta al pubblico e le offertepubbliche di acquisizione di valori mobiliari, e alla sottoscrizione e al riacquisto di quotedi organismi di investimento collettivo, nella misura in cui tali attività non costituiscono prestazionedi un servizio finanziario;e) ai contratti conclusi nell’ambito del tipo di sistema che rientra nel campo di applicazionedell’articolo 4, paragrafo 1, lettera h).Sommario: 1. Le ragioni delle modifiche in materia dicontratti conclusi dai consumatori. – 2. L’ambito soggettivodi applicazione della norma; in particolare, lanozione giuridica di « consumatore » accolta nel reg.« Roma I ». – 3. Segue: le persone fisiche ed i consumatori« finali » quali unici destinatari della nozione.– 4. Segue: l’individuazione del requisito dello scoponon professionale dell’attività. – 5. L’ambito oggettivodi applicazione della norma. Il criterio dell’« attivitàdiretta ». – 6. L’applicazione del criterio di collegamentodella residenza abituale del consumatore. – 7.La scelta della legge applicabile ed il divieto di privareil consumatore della protezione garantita dalle disposizioniimperative della legge di residenza abituale. –8. I rapporti con altri atti di diritto comunitario derivato.– 9. La soluzione del conflitto tra il reg. « RomaI » e gli strumenti settoriali aventi un’incidenza sullalegge applicabile. – 10. L’effettività della tutela riconosciutaal consumatore. – 11. Il rapporto con le normedi applicazione necessaria.1. – Il reg. CE n. 593/2008 ha innovato in manierasignificativa la disposizione di cui all’art. 5della Convenzione di Roma, recante la disciplinadei contratti conclusi dai consumatori. Taleultima norma, come è noto, riconosce alle partila libertà di scelta circa la legge regolatrice delcontratto. Le parti godono di ampia libertà:possono scegliere qualsiasi legge, anche se nonpresenta alcun legame con il contratto e possonomodificare anche successivamente la sceltainiziale ( 1 ). Tuttavia, essa dispone che questa( 1 ) Sul criterio di collegamento della volontà delleparti si rinvia per tutti, anche per riferimenti, a Picone,La riforma italiana del diritto internazionale privato,Padova, 1998, pp. 137 ss., 154 e 515 ss.; Id., Lesméthodes de coordination entre ordres juridiques endroit international privé, in Rec. Cours, 1999, vol.<strong>27</strong>6, p. 183 ss.; Carella, Autonomia della volontà escelta di legge nel diritto internazionale privato, Bari,1999; Id., La scelta della legge applicabile da parte deicontraenti, inIl nuovo diritto europeo dei contratti:dalla convenzione di Roma al regolamento « Roma I »,scelta, qualora ricorrano determinate circostanze,tutte indicative dell’affidamento prestato dalconsumatore nei confronti della propria legge( 2 ), non può conseguire il risultato di privareRoma, 2007, p. 78 ss. Qualora le parti non abbianostabilito quale sia la legge applicabile al contratto, allostesso contratto si applica la legge del Paese con ilquale esso presenta il collegamento più stretto. Sulcriterio del collegamento più stretto, Lagarde, Leprincipe de proximité dans le droit international privécontemporain, inRec. Cours, 1986, vol. 196, p. 9 ss.;Baratta, Il collegamento più stretto nel diritto internazionaleprivato dei contratti, Milano, 1991; Picone,Les méthodes de coordination, cit., p. 79 ss. L’art. 4della Convenzione, come è noto, individua anchedelle presunzioni, superabili, in base all’art. 4, par. 5,da una diversa valutazione ad opera dell’interprete.La prima di queste presunzioni, all’art. 4, par. 2, conduceall’applicazione della legge di residenza abitualedel soggetto che deve fornire la prestazione caratteristica,al momento della conclusione del contratto.( 2 ) In forza dell’art. 5, par. 2, l’applicazione dellanorma è ammessa, alternativamente, solo a) se la conclusionedel contratto è stata preceduta nel Paese doverisiede abitualmente il consumatore da una propostaspecifica o da una pubblicità e se il consumatoreha compiuto nel suo Paese gli atti necessari per laconclusione del contratto; b) sel’altra parte ha ricevutol’ordine nel paese di residenza del consumatore;c) se il contratto rappresenta una vendita di merci e ilconsumatore si è recato dal Paese di residenza in unPaese straniero e ivi abbia formulato l’ordine, a condizioneche il viaggio sia stato organizzato dal venditoreal fine di favorire la vendita. Sull’art. 5 dellaConvenzione di Roma rinviamo a Pocar, La leggeapplicabile ai contratti con i consumatori,inVerso unadisciplina comunitaria della legge applicabile ai contratti,a cura di Treves, Padova, 1983, p. 303 ss.; Id.,Campo di applicazione della convenzione di Roma del19 giugno 1980 sulla legge applicabile alle obbligazionicontrattuali, inForo pad., 1987, II, c. 3 ss.; Id., Ledroit des obligations dans le nouveau droit internationalprivé italien, inRev. crit., 1996, p. 41, ss.; Id., LaNLCC 3/4-2009


[Art. 6] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 7<strong>29</strong>legge applicabile ai contratti conclusi con i consumatori,inConsumatori, contratti, conflittualità. Diritti individuali,interessi diffusi, mezzi di tutela, a cura diVaccà, Milano, 2000, p. 157 ss.( 3 )L’art.5el’art. 6, relativo ai contratti individualidi lavoro, della Convenzione di Roma si collocano nelmetodo di coordinamento tra ordinamenti delle considerazionimateriali, sebbene non realizzino « nel modopiù autonomo e compiuto le finalità del metodo materialedei conflitti di leggi », operando « al solo fine dicorreggere il funzionamento di norme di conflitto tradizionali». In tal senso Picone, La riforma italiana, cit.,p. <strong>29</strong> ss. e, spec., p. 306 ss., con bibliografia ivi citata innote. Sul problema più generale dei vari metodi di coordinamentotra ordinamenti si veda Id., Les méthodes decoordination, cit., passim. Al rigurado v., inoltre, Venturi,infra, commento sub art. 8.lo stesso della protezione garantit<strong>agli</strong> dalle disposizioniimperative del Paese nel quale risiedeabitualmente (art. 5, par. 2). Inoltre, in caso dimancanza di scelta, lo stesso contratto è sottoposto,al sussistere delle medesime condizioni,ed in deroga al criterio del collegamento piùstretto, previsto in via generale dall’art. 4, allalegge del Paese nel quale il consumatore ha lasua residenza abituale (art. 5, par. 3) ( 3 ).L’art. 5 della Convenzione di Roma, nel corsodella prassi applicativa, ha evidenziato problemiapplicativi, non essendo in grado di tutelare sufficientementeil consumatore c.d. « mobile »,ovvero colui che, al fine di effettuare un acquistoo ricorrere ad un servizio, si è recato in unPaese diverso da quello nel quale risiede abitualmente.Infatti, i criteri di applicazione previstidall’art. 5, par. 2, – la pubblicità, la firma diun contratto, il ricevimento di un’ordinazione –non sono in grado di garantire la tutela del consumatore« mobile » e, soprattutto, non sonopiù adeguati allo sviluppo delle nuove tecnichedi commercializzazione a distanza.Inoltre, il meccanismo sotteso alla norma convenzionaleagevola il frazionamento della leggeapplicabile a causa dell’applicazione cumulativadella legge scelta dalle parti e delle disposizioniimperative della legge di residenza abituale delconsumatore. In caso di controversia, in particolare,questa soluzione articolata implica costiprocedurali aggiuntivi non giustificati dal valoremodesto del contenzioso in materia di consumo.Nei lavori della Commissione per la trasformazionedella Convenzione di Roma in strumentocomunitario ( 4 ) sono state prospettatediverse possibilità per procedere al rinnovamentodell’art. 5. Tra queste, va indicata, innanzitutto,la soluzione accolta nella iniziale propostadi regolamento ( 5 ) consistente nel prevedere( 4 ) Si veda al riguardo il Libro Verde e, in dottrina,López-Rodríguez, The Revision of the Rome Conventionof 1980 on the Law Applicable to ContractualObligations: A Crucial Role within the European ContractLaw Project?,inNordic Journal of Internat. Law,2003, p. 351 ss.; Beraudo, La modernisation et l’harmonisationdu droit des contrats: une perspective européenne,inUniformLaw Rev., 2003, p. 137 ss.; MaxPlanck Institute for Foreign Private and Private InternationalLaw, Working Group on Rome I, Commentson the European Commission’s Green Paper on theconversion of the Rome Convention of 1980 on thelaw applicable to contractual obligations into a Communityinstrument and its modernization, inRabelsZeitschrift, 2004, p. 32 ss.; European Consumer LawGroup, Rome I - Law Applicable to Consumer Transactions,ECLG/096/2004 – October 2004, in http://www.europeanconsumerlawgroup.org; Beraudo,Faut-il avoir peur du contrat sans loi?, inLe droit internationalprivé: esprit et méthodes – Mélanges enl’honneur de Paul Lagarde, Paris, 2005, p. 102 ss.;Mankowski e Magnus, The Green Paper on a FutureRome I regulation: On the Road to a Renewed EuropeanPrivate International Law of Contracts, inZeitschriftfür Vergleichende Rechtswissenschaft, 2004, p.131 ss.; Neels e Fredericks, Revision of the RomeConvention on the law applicable to contractual obligations(1980): Perspectives from international commercialand financial law, inRev. eur. dr. banc. et fin.,2004, p. 175 ss.( 5 ) Si veda, al riguardo, Jud, Neue Dimensionenprivatautonomer Rechtswahl: Die Wahl nichtstaatlichenRechts im Entwurf der Rom I-Verordnung, inJur. Blätter, 2006, p. 695 ss.; Mankowski, StillschweigendeRechtswahl und wählbares Recht, in Leible(a cura di), Das Grünbuch zum InternationalenVertragsrecht: Beiträge zur Fortentwicklung der vertr<strong>agli</strong>chenSchuldverhältnisse, München, 2004, p. 86ss.; Schäfer, Die Wahl nichtstaatlichen Rechts nachArt 3 Abs 2 des Entwurfs einer Rom I VO: Auswirkungenauf das optionale Instrument des europäischenVertragsrechts, inZeitschrift für Gemeinschaftsprivatrecht,2006, p. 54 ss.; Fountoulakis, The PartiesChoice of « Neutral Law » in International SalesContracts, inEuropean Journal of Law Reform, 2005,p. 303 ss.; James, Time to Slice and Dice in the ContractualKitchen?, in Schulze (a cura di), New Featuresin Contract Law,München, 2007, p. <strong>29</strong>9 ss.; Kondring,Nichtstaatliches Recht als Vertragsstatut vorstaatlichen Gerichten – oder: Privatkodifikationen inder Abseitsfalle?, inIPRax, 2007, p. 241 ss.; Heiss,NLCC 3/4-2009


730reg. CE n. 593/2008[Art. 6]l’applicazione ai contratti di consumo dell’unicocriterio di collegamento della residenza abitualedel consumatore. Dobbiamo, inoltre, segnalarela proposta di lasciare immutata la formulazionedell’art. 5 della Convenzione di Roma,modificandone solo le condizioni di applicazionein modo da contemplare il consumatore« mobile », come pure l’opzione di generalizzarel’operatività delle norme di conflitto comuniapplicabili in materia di obbligazioni contrattuali,contenute negli articoli 3e4della Convenzione,che portano ad applicare la legge delvenditore, e di disporre contemporaneamenteun’applicazione generalizzata delle norme imperativedello Stato in cui il consumatore è domiciliato.Se fosse stata accolta quest’ultima soluzione ilcontratto di consumo sarebbe stato disciplinatodalla legge – scelta o meno dalle parti – del Paesein cui l’operatore è stabilito, consentendosi algiudice di applicare in entrambi i casi le normeimperative di protezione previste dalla legge delPaese in cui il consumatore è domiciliato. Probabilmentequesta conclusione avrebbe garantitouna maggiore prevedibilità della legge applicabilealla fattispecie, ma avrebbe aumentato icasi di frazionamento.2. – In forza dell’art. 6, par. 1, del reg. CE n.593/2008 « un contratto concluso da una personafisica per un uso che possa essere consideratoestraneo alla sua attività commerciale o professionale(“il consumatore”) con un’altra personache agisce nell’esercizio della sua attivitàcommerciale o professionale (“il professionista”)è disciplinato dalla legge del Paese nelDie Vergemeinschaftung des internationalen Vertragsrechtsdurch « Rom I » und ihre Auswirkungen aufdas österreichische internationale Privatrecht, inJournalof Business Law, 2006, p. 750 ss.; Lagarde, Remarquessur la proposition de règlement de la Commissioneuropéenne sur la loi applicable aux obligationscontractuelles (Rome I), inRev. crit. dr. internat. privé,2006, p. 331 ss.; Mankowski, Der Vorschlag fürdie Rom I-Verordnung, inIPRax, 2006, p. 101 ss.;McGuire, Die geplante Umwandlung des EVÜ in dieRom I-VO, inEcolex, 2006, n. 5, p. 441 ss.; Schmidte Kessel, Neues aus Brüssel, inZeitschrift für Gemeinschaftsprivatrecht,2006, p. 47 ss.; Lando eNielsen, The Rome I Proposal, inJournal of Priv. Internat.Law, 2008, p. <strong>29</strong> ss.quale il consumatore ha la residenza abituale» ( 6 ).È utile rilevare, innanzitutto, che, a differenzadella soluzione accolta nella proposta di regolamento,la disciplina definitivamente adottata siapplica anche nei confronti del consumatoreavente la residenza abituale in uno Stato extracomunitario.Nella proposta di regolamento, infatti,la residenza abituale, oltre ad essere criteriodi collegamento applicabile ai contratti inesame, costituiva anche requisito necessario perl’applicabilità della norma ratione personae. Lascelta originaria era dettata dalla volontà di applicare,nei confronti delle imprese che accettanoil rischio del commercio estero, la disciplina– meno favorevole al consumatore – prevista invia generale per le obbligazioni contrattuali.La definizione di consumatore che si ricavadal regolamento è imperniata sull’uso operatodal consumatore del bene o servizio; ed, in particolare,tale uso deve considerarsi estraneo all’attivitàcommerciale o professionale esercitata.In considerazione di ciò, evidentemente, dall’ambitodi applicazione della normativa sonoesclusi tutti quei contratti aventi ad oggetto benio servizi che comunque possono essere utilizzatiall’interno dell’attività professionale svoltadal consumatore, poiché l’uso non può essereconsiderato estraneo a tale attività.In altri termini, la disciplina in esame è applicabilesolo ai contratti che riguardino beni direttial soddisfacimento dei bisogni privati, indipendentementedalla posizione delle parti nelcontratto. La soluzione accolta nel regolamento,infatti, prova, ancora una volta, che in materiadi politica di tutela dei consumatori il legislatorecomunitario ha concentrato la propria attenzionesull’elemento soggettivo del rapporto,mettendo in secondo piano quello oggettivo. Inforza di questa tecnica di normazione, la disci-( 6 ) Il comma 1 o dell’art. 5 della Convenzione diRoma del 1980 stabilisce che la normativa di tutela siapplica « ai contratti aventi per oggetto la fornituradi beni mobili materiali o di servizi a una persona, ilconsumatore, per un uso che può considerarsi estraneoalla sua attività professionale, e ai contratti destinatial finanziamento di tale fornitura ». Conformementea quanto ora previsto dal reg. CE n. 593/2008,consumatore è, dunque, colui che acquista beni oservizi per un uso personale, estraneo alla propria attivitàprofessionale.NLCC 3/4-2009


[Art. 6] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 731plina comunitaria ha superato i postulati di« neutralità » ed « egu<strong>agli</strong>anza » che hannosempre caratterizzato le parti di un negozio, alfine di dare rilievo al dato, soggettivo, della posizionedi debolezza dei contraenti ed alla lorodiversa forza economica ( 7 ).La nozione di consumatore accolta dal reg.« Roma I » rispecchia fondamentalmente la definizionecontenuta sia nelle diverse direttivecomunitarie sui consumatori ( 8 ), sia nel reg. CE( 7 ) In questo senso Chiné, Il diritto comunitariodei contratti, inIl diritto privato dell’Unione europea,a cura di Tizzano, in Tratt. Bessone, XXVI, I, Torino,2000, p. 617.( 8 ) Basti pensare all’art. 2 della dir. 1993/13/CEEdel 5 aprile 1993, riguardante le clausole abusive neicontratti stipulati con i consumatori (in G.U.C.E. n. L95 del 21 aprile 1993, p. <strong>29</strong> ss.), in forza della qualeconsumatore è la « persona fisica che, nei contrattioggetto della presente direttiva, agisce per fini chenon rientrano nel quadro della sua attività professionale», ed alla dir. 1997/7/CE del 17 febbraio 1997,riguardante la protezione dei consumatori in materiadi contratti a distanza (in G.U.C.E. n. L 144 del 4 giugno1997, p. 19 ss.), per la quale consumatore è la« persona fisica che agisce per fini che non rientranonel quadro della sua attività professionale ». Per ladir. 1985/577/CEE del 20 dicembre 1985, riguardantela protezione dei consumatori in caso di contrattinegoziati fuori dei locali commerciali (in G.U.C.E. n.L 372 del 31 dicembre 1985, p. 31 ss.), consumatore è« la persona fisica che agisce per un uso che può considerarsiestraneo alla propria attività professionale ».Simile è la definizione presente nella dir. 1987/102/CEE del 22 dicembre 1986, relativa al ravvicinamentodelle disposizioni legislative, regolamentari e amministrativedegli Stati membri in materia di credito alconsumo (in G.U.C.E. n. L 42 del 12 febbraio 1987,p. 48 ss.), per la quale consumatore è«la persona fisicache agisce per scopi che possono considerarsiestranei alla sua attività professionale ». Tale ultimadir., a partire dal 12 maggio 2010, verrà abrogata dalladir. 2008/48/CE del 23 aprile 2008 relativa ai contrattidi credito ai consumatori (in G.U.U.E. n. L 133del 22 maggio 2008, p. 66 ss.), che, tuttavia, non introducenovità quanto alla nostra nozione. Identichetra loro sono le definizioni presenti nelle dir. 1999/44/CE del 25 maggio 1999, su taluni aspetti della venditae delle garanzie dei beni di consumo (in G.U.C.E.n. L 171 del 7 luglio 1999, p. 12 ss.), e dir. 2002/65/CE del 23 settembre 2002, concernente la commercializzazionea distanza di servizi finanziari ai consumatori(in G.U.C.E. n. L <strong>27</strong>1 del 9 ottobre 2002, p. 16ss.), per le quali consumatore è«qualsiasi persona fisicache agisce per fini che non rientrano nell’ambitodella sua attività commerciale o professionale ». Praticamenteidentica è pure la definizione introdottadalla dir. 2000/31/CE dell’8 giugno 2000, relativa ataluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione,in particolare il commercio elettronico,nel mercato interno, in forza della quale consumatoreè«qualsiasi persona fisica che agisca a fini che nonrientrano nella sua attività commerciale, imprenditorialeo professionale » (in G.U.C.E. n. L 178 del 17 luglio2000, p. 1 ss.). In parte differente è la nozione, invece,offerta dalla dir. 1998/6/CE del 16 febbraio1998, relativa alla protezione dei consumatori in materiadi indicazione dei prezzi dei prodotti offerti aiconsumatori (in G.U.C.E. n. L 80 del 18 marzo 1998,p. <strong>27</strong> ss.), per la quale consumatore è«qualsiasi personafisica che acquista un prodotto destinandolo ascopi che non rientrano nella sfera della sua attivitàcommerciale o professionale ». Viceversa, la dir.1990/314/CEE del 13 giugno 1990, concernente iviaggi, le vacanze ed i circuiti « tutto compreso », dàuna diversa definizione del consumatore; questi, infatti,è«la persona che acquista o si impegna ad acquistareservizi tutto compreso (il contraente principale)o qualsiasi persona per conto della quale il contraenteprincipale si impegna ad acquistare servizitutto compreso (gli altri beneficiari) o qualsiasi personacui il contraente principale o uno degli altri beneficiaricede il servizio tutto compreso (il cessionario) ».Nella nozione di consumatore rientrano, pertanto,« il contraente principale », « gli altri beneficiari »,nonché «il cessionario ». Anche la dir. 1985/374/CEE del Consiglio del 25 luglio 1985, relativa al ravvicinamentodelle disposizioni legislative, regolamentaried amministrative degli Stati membri in materia diresponsabilità per danno da prodotti difettosi, si discostadall’orientamento generale risultante dalla direttivasulle clausole abusive. Invero, essa non utilizzala terminologia di « consumatore », bensì quella di« danneggiato ». Dalla ratio della normativa, nonchédai considerando iniziali (in quasi tutti i considerando,infatti, è presente il riferimento all’obiettivo della direttivadi proteggere il consumatore nella sua integritàfisica e nei suoi beni) si può dedurre, tuttavia, unacoincidenza tra le due figure. La ragione del riferimentoal danneggiato e non al consumatore deve esserericercata nell’intento del legislatore comunitariodi sganciare la tutela extracontrattuale dal « rigidismo» della nozione di consumatore.La circostanza di fare riferimento al danneggiatocomporta, peraltro, la possibilità di ricomprenderenella nozione anche il soggetto che non risulti acquirente,prescindendo così nella ricostruzione in esamedal rapporto contrattuale, che viceversa presupponel’acquisto. Una finalità simile può rinvenirsi nella dir.1992/59/CEE del Consiglio, del <strong>29</strong> giugno 1992, relativaalla sicurezza generale dei prodotti, che, pur nonNLCC 3/4-2009


732reg. CE n. 593/2008[Art. 6]n. 44/2001 del 22 dicembre 2000, concernentela competenza giurisdizionale, il riconoscimentoel’esecuzionedelle decisioni in materia civilee commerciale ( 9 ).Tuttavia, l’affermazione secondo cui le definizionidella nozione di consumatore introdottedal reg. CE n. 593/2008 e dal reg. CE n. 44/2001sarebbero coincidenti non è del tutto esatta ( 10 ).Innanzitutto, va considerata la diversa strutturadelle norme. Nel reg. CE n. 44/2001 si individuaoffrendo alcuna nozione specifica di consumatore,chiarisce, nell’art. 2, lett. b), che nella definizione diprodotto sicuro occorre tenere conto, tra l’altro,« delle categorie di consumatori che si trovano incondizioni di maggiore rischio nell’utilizzazione delprodotto, in particolare dei bambini », ricomprendendo,evidentemente, nella definizione anche i sempliciutenti.Secondo la proposta di direttiva sui diritti dei consumatoridell’8 ottobre 2008, doc. COM/2008/614def., deve intendersi per consumatore « qualsiasi personafisica che, nei contratti oggetto della presentedirettiva, agisca per fini che non rientrano nel quadrodella sua attività professionale ».( 9 )InG.U.C.E. L 12 del 16 gennaio 2001, p. 1 ss.In base all’art. 15 del regolamento il consumatore vieneidentificato nella « persona » che ha concluso ilcontratto « per un uso che possa essere consideratoestraneo alla sua attività professionale ». A propositodella nozione di consumatore nella Convenzione diBruxelles, Gratani, La nozione di « consumatore »nella convenzione di Bruxelles,inDir. comun. e scambiinternaz., 1997, p. 510 ss.; Tonolo Sacco, La nozionedi consumatore ai fini della convenzione di Bruxellesconcernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzionedelle decisioni in materia civile e commerciale,inStudium iuris, 1999, p. 438 ss.; Corea, Sulla nozionedi « consumatore »: il problema dei contratti stipulati ascopi professionali,inGiust. civ., 1999, I, p. 13 ss.( 10 ) È utile indubbiamente segnalare che i lavoripreparatori delle Convenzioni di Bruxelles e di Romafurono concomitanti ed, inoltre, vi fu una influenza –circa la definizione di consumatore – della Convenzionedi Roma del 1980 nei confronti di quella diLussemburgo del 1978, che ha modificato la Convenzionedi Bruxelles del 1968. Secondo la RelazioneGiuliano-Lagarde, la definizione presente nell’art. 5sarebbe addirittura coincidente con quella previstadall’art. 13 della Convenzione di Bruxelles del 1968.Sulla coincidenza tra le due nozioni, inoltre, cfr. Pocar,La legge applicabile ai contratti con i consumatori,cit., p. 303 ss.; Emanuele, Sui contratti conclusidai consumatori nella convenzione di Roma del 1980sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali, inGiust. civ., 1996, II, p. 21.l’ambito di applicazione della disciplina previstadalla sezione quarta del capo secondo ponendosil’accento sull’estraneità del contratto rispettoall’attività del soggetto – che per tali motivi è definitoconsumatore –, specificandosi poi le caratteristichedel contratto, mentre nel reg. CE n.593/2008 si fa riferimento in generale ai contrattidei consumatori per poi limitare successivamentel’ambito di applicazione soggettivo dellanorma ai contratti aventi ad oggetto beni e/oservizi che possono considerarsi destinati ad unuso estraneo alla attività commerciale o professionaledel consumatore.Inoltre, l’art. 15 del reg. CE n. 44/2001 si occupadei contratti in cui uno dei contraenti siaun consumatore e costruisce intorno a tale figurala disciplina derogatoria ( 11 ), laddove l’art. 6del reg. CE n. 593/2008 prende in considerazionei contratti del consumatore non in quantoquesti sia parte formale del contratto ma inquanto sia destinatario dell’oggetto del contratto( 12 ). In sostanza, nel secondo caso la particolaredisciplina è riservata ai contratti aventi adoggetto beni e/o servizi per un uso che si puòconsiderare estraneo alla attività commerciale oprofessionale svolta dal consumatore e questinon necessariamente deve essere parte formaledel negozio ( 13 ). Sotto questo profilo la nozione( 11 ) Infatti, questa disciplina non si estende a qualsiasicontratto concluso dal consumatore, ma solo aquelli tassativamente previsti. Due ipotesi sono correlatea specifici tipi di contratto: il contratto di venditaa rate di beni mobili materiali (art. 15, par. 1, lett. a); ilcontratto di mutuo con rimborso rateizzato o il contrattoconcernente un’altra operazione di credito, purchéconnessa al finanziamento di una vendita di beni mobilimateriali (art. 15, par. 1, lett. b). Due ipotesi sonocorrelate all’attività del professionista: nei casi in cui ilprofessionista svolga la propria attività nello Stato membrodi domicilio del consumatore (art. 15, par. 1, lett.c); nei casi in cui il professionista svolga attività dirette,con qualsiasi mezzo, verso lo Stato membro di domiciliodel consumatore, o verso una pluralità di Stati chequello include, e purché si tratti di contratto incluso inquell’ambito di attività (art. 15, par. 1, lett. c). Sonoesclusi i contratti di trasporto.( 12 ) Nel senso che la nozione di consumatore dell’art.5 della Convenzione di Roma è collegata all’usodi beni e servizi indipendentemente dalla posizionedella parte nel contratto Pocar, op. cit., p. 303 ss.( 13 ) È chiaro che nella più gran parte dei casi la figuradel destinatario dei beni e servizi del contrattoNLCC 3/4-2009


[Art. 6] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 733accolta dal reg. CE n. 593/2008 è più ampia diquella del reg. CE n. 44/2001.Inoltre, tranne per le eccezioni dovute <strong>agli</strong>scopi particolari perseguiti dalla normativa comunitaria,le definizioni contenute sia nel reg.« Roma I », sia negli altri strumenti comunitari,fanno riferimento alla persona fisica che agisceal di fuori della propria attività professionale,che va intesa quale definizione generale. Si trattasostanzialmente di un soggetto, il consumatore,contrapposto all’imprenditore e al professionista,che a causa della situazione di debolezzacontrattuale, è destinatario della normativa comunitariadi tutela. La definizione di consumatoree la sua ampiezza va relazionata, conseguentemente,al fine perseguito dalla normativache è quello di impedire che il contraente debole,a causa del suo minor potere contrattuale, siacostretto ad accettare un regolamento che comporti,a suo danno, un significativo squilibriodei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto( 14 ).La nozione generale, peraltro, contenuta nelreg. CE n. 593/2008 – norma anch’essa generale– va tenuta presente ed applicata laddove il legislatorecomunitario, negli interventi in materia,abbia omesso di indicare una definizione diconsumatore, né intenda fornirne una specifica.3. – Come si è accennato, il reg. CE n. 593/2008 fa riferimento alle persone fisiche ( 15 ). Indottrina si è ritenuto non condivisibile l’esclusionedalla nozione di consumatore delle persone<strong>giuridiche</strong> e degli enti di fatto, ritenendosimeritevoli di tutela anche tali soggetti quandonei loro confronti si possa riscontrare la medesimasituazione di debolezza del consumatorepersona fisica ( 16 ). Inoltre, enti di fatto e persone<strong>giuridiche</strong> (si pensi <strong>agli</strong> enti no profit e onlus)possono non svolgere un’attività professionale.Conseguentemente la limitazione contenuta nelregolamento è probabile causa di ingiustificatadiscriminazione fra soggetti dell’ordinamento.In passato, un mutamento di tendenza, da partedel legislatore comunitario, si era delineato conla direttiva in materia di commercializzazione adistanza di servizi finanziari, il cui <strong>29</strong> o considerandolascia impregiudicata l’estensione da partedegli Stati membri della protezione accordatadalla direttiva ai consumatori persone fisiche anche« alle organizzazioni senza scopo di lucro ».Tra le varie critiche nei confronti della nozionedi consumatore accolta dal regolamento inesame dobbiamo inserire, inoltre, la questionedell’estensione del campo d’applicazione dellastessa ai rapporti tra professionisti. L’orientamentovolto a farvi rientrare anche soggetti,persone fisiche e non, che operano nell’ambitodella propria attività professionale, deriva dal riconoscimentodi un possibile status di debolezzadi questi ultimi nei confronti della grande industria,debolezza che ha ripercussioni anchesul consumatore finale persona fisica ( 17 ).coinciderà con quella del contraente, ma vi sarannoaltri casi in cui ciò può non avvenire.( 14 ) Sulla protezione della parte debole in dirittointernazionale privato v. Pocar, La protection de lapartie faible en droit international privé, in Rec.Cours, 1984, vol. 188, p. 341 ss.; Pingel, La protectionde la partie faible en droit international privé (dusalarié au consommateur), inDr. social, 1986, p. 133ss.; Leclerc, La protection de la partie faible dans lescontrats internationaux (Étude de conflits de lois),Bruxelles, 1995.( 15 ) Si veda anche la sentenza della Corte giust. CE22 novembre 2001, cause riunite 541/99 e 542/99, inRaccolta, 2001, p. I-9049 ss. La Corte di giustizia èstata chiamata a pronunciarsi, tra l’altro, circa la possibilitàdi ricomprendere nella nozione di consumatoreanche le persone <strong>giuridiche</strong> (Cape Snc e OmaiSrl), agenti nella fattispecie al di fuori della propriaattività professionale ed imprenditoriale.La Corte ha dato risposta negativa al quesito, sostenendoche la nozione di « consumatore », comedefinita dalla dir. 1993/13/CEE, dev’essere interpretatanel senso che si riferisce esclusivamente alle personefisiche.In questo modo, la Corte ha accolto pienamentel’orientamento già fatto proprio dalle istituzioni comunitarie,secondo cui la diversificazione tra attivitàprofessionale ed extraprofessionale può avere sensosolo con riferimento alle persone fisiche, essendo inre ipsa l’impossibilità che una persona giuridica agiscaper scopi non legati al proprio statuto.( 16 ) Si veda Macario, Norme di attuazione delladirettiva in tema di credito al consumo, in questa Rivista,1994, p. 745 ss.; Danese, <strong>Commento</strong> alla direttiva93/13/CEE sulle clausole abusive. Una prospettiva perl’attuazione nell’ordinamento interno, inResp. civ. eprev., 1995, p. 4<strong>27</strong> ss.( 17 ) Il pericolo è che gli intermediari si cautelino,trasferendo i rischi economici in capo al consumatore.In questo senso Minervini, Tutela del consumatoree clausole vessatorie, Napoli, 1999, p. 87.NLCC 3/4-2009


734reg. CE n. 593/2008[Art. 6]Questa mancata estensione potrebbe essereinterpretata quale vittoria della grande industriaproduttiva, ma tale conclusione sembra eccessiva.Pur non escludendo pressioni da parte delmondo dell’impresa al fine di evitare un ampliamentodella nozione, è da dire che, probabilmente,tale estensione avrebbe rappresentatoun « sacrificio » eccessivo per le imprese e contrattoin maniera eccessiva il commercio transfrontaliero.Le relazioni fra imprese normalmente si inscrivonoin un rapporto venditore-consumatorefinale o produttore-distributore. Quali che sianotali relazioni, le imprese, comunque, analogamenteai consumatori, possono trovarsi inuna posizione di debolezza allorquando debbanofronteggiare condizioni di contratto loro impostedai partners commerciali. Sarebbe, adesempio, opportuno che il legislatore comunitariosi facesse carico delle esigenze emergenti nelmercato – si pensi alla diffusione delle tecnichedi comunicazione a distanza, che pongono lanecessità di tutelare i professionisti che acquistanobeni e servizi strumentali alla professioneda soggetti imprenditoriali (providers etc.) –, alfine di rendere più equilibrata la tutela.La definizione di consumatore interpretatanei termini sopra indicati comporta la negativaconseguenza che l’applicazione delle normeprotettive riguardi solo l’ultimo anello della catenaeconomica, lasciando i soggetti operantinei passaggi precedenti privi di tutela.Per altro verso, considerando il consumatorequale controparte negoziale del professionista,nella definizione della categoria non sarebberoneppure ricompresi i semplici « utenti » di benio servizi, ovvero tutti coloro che, pur non avendopartecipato direttamente alla stipulazionedel contratto, siano destinatari degli effetti deimedesimi contratti (familiari, domestici, conviventiecc.) ( 18 ).4. – Alla luce delle considerazioni precedentementeemerse quanto al rapporto con la nozionedi consumatore accolta nel reg. CE n.44/2001 ( 19 ), con riguardo alla corretta interpretazionedella locuzione « uso estraneo all’attivitàcommerciale o professionale », adoperatadal regolamento, riteniamo preferibile sostenereche tale uso non possa essere identificato con« l’intenzione » del contraente-consumatore didestinare il bene ad un uso strettamente personale,ma vada bensì accertato analizzando il tipodi atto compiuto, le circostanze concrete che nehanno accompagnato l’attuazione ed il bene oggettodell’atto, o meglio l’uso e la destinazione acui esso è normalmente preposto. Tale criterio,peraltro, non può che essere presuntivo, dovendosiammettere la possibilità, rimessa alle parti,di provare l’effettivo uso di destinazione del bene.La suddivisione dei beni in tre categorie – benistrumentali all’attività, beni necessariamentedi consumo, beni promiscui –èelemento assaiutile, ma non esclusivo, per individuare lo scopoper cui è stato posto in essere l’atto. Infatti,oltre che per i beni promiscui (che possono omeno essere utilizzati sia per scopi strettamentecommerciali/professionali), anche per le altrecategorie di beni è necessario individuare concretamentela destinazione andando, ove possibile,anche oltre la lettera del contratto. Nell’accertarese un dato contratto rientri o meno nelquadro dell’attività del commerciante/professionista,l’interprete non deve procedere in basea considerazioni di carattere squisitamente giuridico-formale,né indagare su motivazioni dicarattere soggettivo, ma deve riferirsi all’attivitàeffettivamente e normalmente svolta.Sulla base delle considerazioni esposte, possiamoritenere che il requisito dell’« uso estraneoall’attività commerciale o professionale »,necessario ai fini della qualificazione del soggettoquale consumatore, non vada interpretato nelsenso di destinazione del bene oggetto del con-( 18 ) In questa direzione, invece, si è espressa laCorte di giustizia, con riguardo alla citata dir. 1979/112/CEE, relativa all’etichettatura e alla presentazionedei prodotti alimentari destinati al consumatore finale,nella sentenza Piageme c. Peeters del 12 ottobre1995, ove si legge che « consumatore finale non è necessariamentecolui che ha acquistato il prodotto »(causa 85/94, in Raccolta, 1995, p. I-<strong>29</strong>55 ss., punto25) e nella sentenza Goerres del 14 luglio 1998, dovela Corte è pervenuta alla medesima conclusione, considerandoche lo scopo della direttiva non sarebbeconseguito « se i consumatori non potessero prenderevisione, in qualsiasi momento, di tutte le indicazioniobbligatorie previste dalla direttiva, non solo all’attodell’acquisto, ma anche al momento del consumo» (causa 385/96, ivi, 1998, p. I-4431 ss., punto24).( 19 )V.supra, par. 2.NLCC 3/4-2009


[Art. 6] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 735( 20 ) Secondo la giurisprudenza di merito, infatti(Trib. Roma 20 ottobre 1999 e Trib. Lucca 4 luglio2000, in Giur. merito, 2000, I, p. 6) è consumatore, aifini dell’applicazione della disciplina di cui <strong>agli</strong> art.1469 bis ss., c.c., anche il professionista o l’imprenditoreper il quale la conclusione del contratto non è attodella professione come lo è per la sua controparte.In sostanza è consumatore ai sensi della normativa inesame anche il mediatore immobiliare che acquistaun computer con l’intenzione di destinarlo alla sua attività,ovvero l’avvocato che affida ad un corriere unasua lettera diretta ad un cliente, perché tali contrattisono al di fuori dell’oggetto dell’attività professionalmentesvolta dai predetti (ovvero non sono diretti arealizzarne in via immediata lo scopo), pur essendoad essa strumentalmente collegati. La tesi accolta dallegiurisdizioni in esame è, dunque, quella che a tal finebasa l’indagine non già sull’utilizzazione del beneo del servizio, costituente oggetto del contratto, nell’ambitodell’attività imprenditoriale o professionaledi colui che lo acquista, bensì sull’utilizzazione delcontratto stesso, al fine di verificare se rientri o menonel quadro dell’attività anzidetta la conclusione dicontratti del genere di quello in esame; in altre parolese la conclusione di tale contratto sia o non atto dellaprofessione di chi acquista il bene o il servizio, comelo è per la sua controparte. Inoltre, Giud. pace CivitanovaMarche 4 dicembre 2001, in Giur. it., 2002, p.1188 ss., ha statuito che «èconsumatore ai fini dellaapplicazione della disciplina di cui <strong>agli</strong> articoli 1469bis ss. c.c. anche il professionista o imprenditore peril quale la conclusione del contratto non è atto dellaprofessione come lo è per la sua controparte, in particolare,perché il contratto è al di fuori dell’oggettodell’attività professionale svolta ovvero non è direttoa realizzarne immediatamente lo scopo pur essendoad essa strumentalmente collegata ». Lo stesso giudiceha sottolineato che i piccoli imprenditori, nell’acquistodi beni e servizi non tipici della loro abitualeattività, ma soltanto ad essa strumentali, si trovano difrequente rispetto al venditore professionista « nell’identicaposizione di sudditanza di un consumatoreche conclude lo stesso contratto per esigenze di vita». Ma in senso difforme, con riferimento alla nozionedi « professionista », v. Cass. 25 luglio 2001, n.101<strong>27</strong>, in Nuova giur. civ. comm., 2002, p. 630 ss. Circala sentenza del Trib. Roma cfr. Corea, Ancora intema di nozione di « consumatore » e contratti a scopiprofessionali: un intervento chiarificatore, in Giust.civ., 2000, I, p. 2119 ss.; Fiore, Il contratto di trasportoe la nozione di consumatore, inDir. trasporti, 2001,p. 177 ss.tratto esclusivamente ad un uso personale o familiare( 20 ).Tale interpretazione è corroborata anche darilievi di carattere sistematico solo che si consideriil contesto generale della normativa comunitariaa tutela del consumatore. Se, invero, comeriteniamo, la ratio della tutela è la presuntadebolezza contrattuale del consumatore, nonpuò ritenersi che tale debolezza sussista soloquando la persona fisica contrae per destinare ilbene (o servizio) ad un uso personale in sensostretto e non invece quando lo voglia utilizzareanche per altri fini. Il soggetto sarà privo dellatutela prevista dalla disciplina solo quando agiscada commerciante/professionista, ponendoin essere atti della sua attività, ovvero gli atti cherientrano nel genere di quelli compiuti nell’eserciziodella sua attività commerciale o professionale( 21 ). La tutela viene predisposta in favoredi quel contraente che, operando al di fuoridella propria sfera di attività, si appresta adintrattenere rapporti e ad assumere obbligazioni,ignorando la gravità degli adempimenti cheassume per il futuro. Si tratta di una tutela direttaa proteggere coloro che operano al di fuoridella propria attività commerciale o professionaleo del ramo di specifico interesse.Ai nostri fini è molto utile anche il riferimentoalla nozione di professionista, considerando cometale definizione ricalchi in negativo quella diconsumatore; essa può, dunque, essere utilizzataa contrario per definire l’ampiezza della nozionedi consumatore. Secondo il regolamento èprofessionista la persona che agisce nell’eserciziodella propria attività commerciale o professionale.Dunque, deve essere considerato « professionista» tanto la persona fisica quanto quellagiuridica, sia pubblica che privata, che utilizzail contratto « nell’esercizio della sua attivitàcommerciale o professionale ». Rispetto a quest’ultimo,non è necessario che il contratto siaconcluso nell’esercizio dell’attività propria dell’impresao della professione, essendo sufficiente– come si evince dall’espressione « nel quadro», che impone di includere nella portata( 21 ) Di contro, Chiné, voce Consumatore (contrattidel), inEnc. dir., IV, Agg., Milano, 2000, p. 403 s.,secondo il quale – con riferimento alla nozione diconsumatore contenuta nell’art. 1469 bis, comma 2 o ,c.c. –, prendendo le mosse dal criterio della debolezzadel contraente-consumatore, si finirebbe conl’adottare « un’interpretazione abrogante della fontepositiva ». Secondo l’A. la lettera della legge apparegiustificare una concezione assai più restrittiva diquella accolta nel testo.NLCC 3/4-2009


736reg. CE n. 593/2008[Art. 6]della norma non solo l’attività principale, maanche la eventuale attività accessoria o strumentalea quella principale – che esso venga postoin essere per uno scopo connesso all’eserciziodell’attività imprenditoriale o professionale.La tesi in parola trova, inoltre, conforto nellanormativa comunitaria emanata nella subiectamateria, che nella previsione della « definizione» dei soggetti tutelati incentra sui loro bisogniil contenuto dispositivo ( 22 ). Inoltre, lo stessolegislatore ha adottato questo orientamentoin materia di commercializzazione a distanza diservizi finanziari. Nel <strong>29</strong> o considerando della citatadir. 2002/65/CE, infatti, è stata prevista lapossibilità per gli Stati membri di estendere laprotezione accordata dalla direttiva ai consumatoripersone fisiche anche « <strong>agli</strong> individui che siavvalgono di servizi finanziari per divenire imprenditori». In questo senso, inoltre, sembraprocedere più direttamente la dir. 1998/6/CEdel 16 febbraio 1998, relativa alla protezionedei consumatori in materia di indicazione deiprezzi dei prodotti offerti ai consumatori, nelmomento in cui, nel fornire la nozione di consumatore,anziché fare riferimento al soggetto« che agisce per fini che non rientrano nella suaattività professionale » si indirizza a colui « cheacquista un prodotto destinandolo a scopi chenon rientrano nella sfera della sua attività professionale». In tale definizione, infatti, l’attenzionedel legislatore è concentrata, più che sullaveste in cui agisce il soggetto, proprio sulla« destinazione » dei beni acquistati, che deve risultareestranea all’attività professionale.Una zona al limite resta quella nella quale vannoa collocarsi gli atti compiuti dal consumatorepersona fisica in parte per scopi professionali/imprenditoriali ed in parte per scopi personali/familiari. In questi casi, contrariamente a quantoritenuto da una parte della dottrina ( 23 ), riteniamoche – in nome del criterio di interpretazionedi tipo obiettivistico che esclude in toto tali attidall’ambito della normativa protettiva – sia piùlogico, assecondando la finalità di tutela intornoalla quale ruotano tutti gli interventi comunitarinella materia, adottare il criterio della destinazioneprevalente che consente – mediante una( 22 )V.supra, nt. 8.( 23 ) Chiné, Il consumatore, cit., p. 168; Id., Consumatore,cit., p. 404.valutazione a posteriori – di ricomprendere nell’ambitodella tutela i contratti in cui sia prevalente« l’uso non professionale » ( 24 ).5. – L’art. 6, par. 1, del reg. « Roma I », precisale proprie condizioni d’applicazione, disponendoche, con l’eccezione dei contratti di trasportoe dei contratti di assicurazione conclusidai consumatori, i contratti di consumo sono disciplinati« dalla legge del Paese nel quale ilconsumatore ha la residenza abituale, a condizioneche il professionista: a) svolga le sue attivitàcommerciali o professionali nel Paese in cuiil consumatore ha la residenza abituale; o b) dirigatali attività, con qualsiasi mezzo, verso talePaese o vari Paesi tra cui quest’ultimo; e il contrattorientri nell’ambito di dette attività ».Innanzitutto, le condizioni appena citate delimitanol’ambito di applicazione materiale dell’art.6 che non esaurisce evidentemente « tutte» le fattispecie possibili di contratti conclusidai consumatori.È utile rilevare, inoltre, che, rispetto alla disposizionedell’art. 5 della Convenzione di Roma,al fine di consentire l’applicazione dellanorma ai contratti conclusi mediante tecnichedi comunicazione a distanza e per tutelare maggiormenteil consumatore « mobile », sono statesostituite le condizioni ivi richieste ( 25 ) con ilcriterio dell’« attività diretta », mutuato dall’art.15 del reg. CE n. 44/2001 ( 26 ). Sostanzialmente,( 24 ) In tal senso le considerazioni espresse in questadirezione da Giuliano e Lagarde nella Relazionesulla convenzione, cit. In base alla menzionata relazione,infatti, se il soggetto « agisce in parte nell’ambitoe in parte al di fuori della sua attività professionale, lasituazione rientra nel campo di applicazione dell’articolo5 solo qualora agisca essenzialmente al di fuoridella sua attività professionale ».( 25 ) Vedi supra, par. 1.( 26 ) Tra le soluzioni ipotizzate vi era quella di rifiutarela protezione nei confronti del consumatore chesi fosse assunto consapevolmente « il rischio del commercioestero », soluzione scartata in quanto incompatibilealla luce delle nuove tecniche di comunicazionea distanza. L’art. 15 del reg. CE n. 44/2001, perverificare se un consumatore possa beneficiare dellenorme di tutela, stabilisce una duplice condizione:l’operatore deve aver orientato le proprie attività versoil paese in cui il consumatore è domiciliato ed ilcontratto deve essere stato concluso effettivamentenell’ambito di tali attività.NLCC 3/4-2009


[Art. 6] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 737ai fini dell’applicazione della disposizione, inforza dell’art. 6, par. 1, lett. a) eb), del reg.« Roma I », è richiesto che le attività del professionistasi svolgano nello Stato membro in cui ilconsumatore ha la residenza abituale o siano« dirette », se il contratto rientri nell’ambito didette attività, con qualsiasi mezzo verso tale Statomembro ( <strong>27</strong> ).Con riguardo alla corretta interpretazionedella nozione di « attività diretta », il24 o considerandodel reg. « Roma I » richiede che talenozione, condizione d’applicazione della normache tutela il consumatore, sia oggetto di un’interpretazionein armonia con il reg. CE n.44/2001. A tale ultimo fine, si deve richiamareed utilizzare la dichiarazione congiunta delConsiglio e della Commissione relativa al già citatoart. 15 del reg. « Bruxelles I » ( <strong>28</strong> ).Tale dichiarazione ha precisato che, perché sirealizzino le condizioni di applicazione delle disposizioniche tutelano il consumatore, non bastache l’impresa diriga le sue attività verso loStato membro in cui quest’ultimo è domiciliato,ma occorre che il contratto sia stato conclusonel « quadro » di dette attività.In particolare, con riguardo ai contratti conclusia distanza, la dichiarazione precisa che ilsemplice accesso ad un sito internet non è sufficienteper rendere applicabile le norme in esame.A tale fine, è necessario che il sito internetinviti il consumatore a concludere un contrattoa distanza e che questo sia stato effettivamenteconcluso, pur con qualsiasi mezzo; in particolare,la lingua o la valuta caratteristica del sito internetnon costituiscono elementi apprezzabili.I siti rilevanti al riguardo non sono necessariamentequelli « interattivi ». Infatti, anche un sitoche dovesse invitare a spedire gli eventualiordini via fax è diretto a concludere contratti adistanza.Inoltre, sempre ai fini dell’applicazione dellanorma, non sono diretti a concludere contratti adistanza i siti che si limitano a fornire informazionisu un prodotto ad una categoria indiscriminatadi consumatori, invitando gli stessi a rivolgersiad un distributore o agente locale per laconclusione del contratto.Pertanto, contrariamente all’art. 5, par. 2, dellaConvenzione di Roma, il reg. « Roma I » nonrichiede che il consumatore abbia compiuto gliatti necessari per la conclusione del contrattonel Paese della sua residenza abituale, condizioneche non ha più senso per tutelare il consumatore« attivo » e per i contratti conclusi via internet.I criteri alternativi del compimento di attivitànel Paese di residenza del consumatore e dell’attivitàdiretta verso tale Stato, oltre a realizzaregli scopi appena indicati, sono stati ritenutidal legislatore comunitario lo standard necessarioper applicare il regime di tutela previsto dall’art.6 del regolamento. Mancando tali requisiti,anche a parità di altre condizioni, i contratticonclusi dai consumatori ricadono nell’ambitodi applicazione della disciplina generale contenutanegli <strong>artt</strong>. 3e4delreg. « Roma I » ( <strong>29</strong> ).Evidentemente, il reg. « Roma I » disegna, invia generale, due tipologie di contratti dei consumatori:quelli soggetti alla disciplina di tutelaspecifica, contenuta nell’art. 6, nella quale, comesubito illustreremo, è stata invertita la successionedei criteri di collegamento, e quellisoggetti alla disciplina generale delle obbligazionicontrattuali. In questo secondo caso, lenorme di conflitto applicabili sono la volontàdelle parti e, in mancanza di scelta, prevalentemente,il criterio della residenza abituale delvenditore, nel caso di contratti di vendita, e dellaresidenza abituale del prestatore di servizi,nel caso di contratti di prestazione di servizi.Tuttavia, nell’ipotesi di applicazione dellanormativa generale ai contratti conclusi dai consumatori« particolarmente » mobili (quandoevidentemente manchi il criterio dell’attività diretta),la disciplina di minore tutela è in partecompensata dalla possibilità riconosciuta al giudice,ai sensi dell’art. 4, par. 3, del regolamento,di applicare al contratto la legge con il qualequest’ultimo presenta collegamenti più stretti.Inoltre, in caso di optio legis, lo stesso consuma-( <strong>27</strong> ) Tale disposizione è volta ad evitare che la posizionedell’operatore professionale non sia eccessivamentesvantaggiata rispetto al consumatore.( <strong>28</strong> ) Reperibile al seguente indirizzo: http://europa.eu.int/comm/justice_home/unit/civil/justciv_conseil/justciv_it.pdf.( <strong>29</strong> ) Infatti, in forza dell’art. 6, par. 3, del regolamento« se i requisiti di cui al paragrafo 1, lettere a)ob) non sono soddisfatti, la legge applicabile a un contrattotra un consumatore e un professionista è determinataa norma degli articoli 3 e 4 ».NLCC 3/4-2009


738reg. CE n. 593/2008[Art. 6]tore mobile, a differenza di quanto previsto nellaConvenzione di Roma, si vede riconosciuta latutela prevista dalle disposizioni di diritto comunitarioalle quali non è permesso di derogareconvenzionalmente, nei casi in cui, in forza dell’art.3, par. 4, del regolamento, la scelta di leggesia diversa da quella di uno Stato membro e tuttigli elementi della fattispecie siano ubicati inunoopiù Stati membri ( 30 ).Considerando la realtà economica europea, lasoluzione accolta dal regolamento appare equa.Infatti, mentre i consumatori effettuano acquistitransfrontalieri solo occasionalmente, i professionistiche trattano il commercio transfrontalieropossono ripartire i costi legati all’applicazionedi un altro diritto su di un ampio numerodi operazioni.Merita di essere segnalato, inoltre, quale indicedi certezza del diritto, che l’art. 6 del reg.« Roma I » non comprende categorie specifichedi contratti cui applicarsi ma estende il suocampo di applicazione materiale a tutti i contratticonclusi con i consumatori, indipendentementedal fatto che si tratti, ad esempio, di contrattidi vendita, di prestazione d’opera, di somministrazione,di mutuo.Tuttavia sono previste alcune eccezioni all’applicazionedella norma speciale determinatedalle peculiarità delle fattispecie contemplate.Le prime tre, in particolare, non necessitano diulteriori considerazioni, trattandosi di fattispeciericadenti o nella disciplina generale dei contrattio in norme specifiche, come nel caso deicontratti di trasporto. Si tratta, ai sensi dell’art.6, par. 4, del reg. « Roma I » dei contratti di fornituradi servizi quando i servizi dovuti al consumatoredevono essere forniti esclusivamentein un Paese diverso da quello in cui egli risiedeabitualmente (lett. a); dei contratti di trasportodiversi dai contratti riguardanti un viaggio« tutto compreso » ai sensi della dir. 1990/314/CEE del Consiglio, del 13 giugno 1990, concernentei viaggi, le vacanze ed i circuiti « tuttocompreso » (lett. b); dei contratti aventi per oggettoun diritto reale immobiliare o la locazionedi un immobile diversi dai contratti riguardanti( 30 ) Sul commento a questa disposizione rinviamoa Franzina, Norme di conflitto comunitarie in materiadi consumo e corretto funzionamento del mercatointerno, inRiv. dir. internaz., p. 122 ss.un diritto di godimento a tempo parziale ai sensidella dir. 1994/47/CE (lett. c) ( 31 ).La lett. d) della norma in esame, invece, miraad assicurare che tutti i profili contrattuali diun’offerta che vincolano l’emittente o l’offerenteal consumatore siano disciplinati da un’unicalegge. Infatti, tale lettera esclude dall’applicazionedella norma in commento i diritti e le obbligazionicostitutivi di uno strumento finanziario,in quanto il criterio di collegamento dellaresidenza abituale potrebbe determinare l’applicabilitàdi leggi diverse per ciascuno deglistrumenti emessi. Le stesse considerazioni valgononei casi in cui tali strumenti sono emessi oofferti, in quanto va garantita la necessità di assicurarel’uniformità delle clausole e delle condizionidi un’emissione o di un’offerta ( 32 ).Tuttavia, è utile precisare che, ove si faccia riferimentoalle clausole e condizioni che disciplinanol’emissione o l’offerta al pubblico di valorimobiliari o alla sottoscrizione e al rimborso diquote negli organismi di investimento collettivo,dall’ambito di applicazione della norma devonoessere esclusi solo gli aspetti che vincolanol’emittente o l’offerente al consumatore, dovendosi,invece, ricomprendere in tale ambito iprofili che implicano la prestazione di servizi finanziariquali i servizi e le attività di investimentoe i servizi accessori prestati da un professionistaa un consumatore.Gli stessi principi si applicano nel caso dellefattispecie contemplate dalla lett. e), che si occupadi escludere dall’ambito di applicazione isistemi multilaterali di cui all’art. 4, par. 1, lett.h), del regolamento ( 33 ), al fine di impedire che( 31 ) È utile rilevare che la dir. 1994/47/CE è stataabrogata dalla dir. 2008/122/CE del 14 gennaio2009, in G.U.C.E. L 33 del 3 febbraio 2009, p. 10 ss.Per ulteriori riferimenti v. Franzina, supra, commentosub art. 4, IV, par. 3.( 32 ) Per strumento finanziario deve intendersiqualsiasi strumento riportato nella sezione C dell’AllegatoI alla dir. 2004/39/CE (in G.U.U.E. L 145 del30 aprile 2004, p. 1 ss.); per valore mobiliare, qualsiasicategoria di valore, con esclusione degli strumentidi pagamento, che possono essere negoziate nel mercatodei capitali. Ai fini della qualificazione di questiistituti rinviamo a Villata, Gli strumenti finanziarinel diritto internazionale privato, Padova, 2008, p. 44ss.( 33 ) In forza dell’art. 36, par. 4, della dir. 2004/39/CE, la legge normalmente applicabile alle negoziazio-NLCC 3/4-2009


[Art. 6] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 739la legge del Paese di residenza abituale del consumatoreinterferisca con le norme applicabili aicontratti conclusi nell’ambito dei mercati regolamentatio con il gestore di tali mercati ( 34 ).7. – Come è noto, la proposta di regolamento,che ha suscitato un importante dibattito tra glistudiosi della materia, prevedeva quale unicocriterio di collegamento applicabile ai contrattidei consumatori quello della residenza abituale.Tuttavia, la decisione di riconoscere al consumatorel’applicazione di tale sola legge senzaconcedere al giudice la possibilità di applicareun’altra normativa che fosse più collegata alcontratto o che fosse più adeguata a tutelare gliinteressi del consumatore non è sembrata la soluzionepreferibile, in quanto indice di scarsaflessibilità con riguardo alla legge applicabile.Tale quadro, nel caso dei contratti dei consumatoridisciplinati dall’art. 6 del regolamento,era ancora più aggravato visto che in questa materianon opera la citata clausola di eccezioneprevista in via generale nell’art. 4, par. 3, del regolamento( 35 ). Nel testo definitivamente approvato,pertanto, in deroga al par. 1, si disponeche « le parti possono scegliere la legge applicabilea un contratto che soddisfa i requisiti delpar. 1 in conformità dell’art. 3. Tuttavia, talescelta non vale a privare il consumatore dellaprotezione assicurat<strong>agli</strong> dalle disposizioni allequali non è permesso derogare convenzionalmenteai sensi della legge che, in mancanza discelta, sarebbe stata applicabile a norma delpar. 1 ».È evidente che tale disposizione è il frutto dellungo dibattito sviluppatosi intorno alla normae che ha condotto all’adozione di una soluzionecertamente apprezzabile soprattutto se paragonataalla proposta di regolamento. La primaconsiderazione da formulare riguarda la succesniconcluse nel quadro dei sistemi del mercato regolamentatoè quella dello Stato membro d’origine delmercato in questione. Su tale disposizione, Villata,op. cit., p.79ss.( 34 ) Secondo l’art. 4, par. 1, lett. h), del regolamento,« il contratto concluso in un sistema multilateraleche consente o facilita l’incontro di interessi multiplidi acquisto e di vendita di terzi relativi a strumenti finanziari,quali definiti all’articolo 4, par. 1, punto 17,della dir. 2004/39/CE, conformemente a regole nondiscrezionali e disciplinato da un’unica legge, è disciplinatoda tale legge ». In particolare, per sistemamultilaterale bisogna intendere il mercato regolamentato,amministrato e/o gestito dal gestore delmercato, che consente o facilita l’incontro – al suo internoed in base alle sue regole non discrezionali – diinteressi multipli di acquisto e di vendita di terzi relativia strumenti finanziari, in modo da dare luogo acontratti relativi a strumenti finanziari ammessi allanegoziazione conformemente alle sue regole e/o aisuoi sistemi.6. – La disposizione contenuta nell’art. 6 delregolamento va senz’altro apprezzata per lachiarezza e la prevedibilità del diritto che dichiaraapplicabile. Infatti, a differenza di quantoaccade per la disposizione di carattere generalein tema di obbligazioni contrattuali e percontratti specifici, quali quelli di assicurazione,di lavoro e di trasporto, appare subito evidenteche il criterio di collegamento della volontà delleparti viene posposto rispetto alla norma diconflitto della residenza abituale del consumatore.La previsione immediata del criterio di collegamentodella residenza abituale, inoltre, in casodi contratti conclusi in territorio comunitario,potrebbe realizzare la coincidenza tra forume ius. Infatti, in forza dell’art. 16 del reg. CE n.44/2001, in questa materia è competente, generalmente,il giudice dello Stato membro in cui ilconsumatore è domiciliato, il quale – alla lucedel reg. « Roma I » in esame – potrà applicare lasua legge nell’ipotesi – altamente probabile – incui residenza abituale e domicilio coincidano.Infine, è utile chiarire, ai fini della qualificazionedel criterio di collegamento in parola, cheil reg. CE n. 593/2008 – a differenza della Convenzionedel 1980 – ha indicato le modalità conle quali interpretare tale criterio. Tuttavia, l’art.19 si occupa essenzialmente delle ipotesi rilevantiai sensi dell’art. 4 del regolamento e, dunque,della residenza abituale di una persona fisicache agisce nell’esercizio della sua attività professionale.Ai contratti conclusi dai consumatoriè applicabile, invece, l’art. 19, par. 3, del regolamento,in forza del quale la residenza abitualedeve essere determinata al momento della conclusionedel contratto.( 35 ) In questo senso si veda il parere del Comitatoeconomico e sociale, in G.U.U.E. n. C 108 del 30aprile 2004, par. 4.7.2.3, p. 11.NLCC 3/4-2009


740reg. CE n. 593/2008[Art. 6]sione dei criteri di collegamento previsti nellanorma che risulta del tutto innovativa, non solorispetto al sistema convenzionale previgente,ma anche rispetto <strong>agli</strong> altri contratti disciplinatidal regolamento. Come si è già evidenziato, ilcriterio di collegamento principale applicabileai contratti in parola risulta essere la residenzaabituale del consumatore. La volontà delle parti,infatti, viene prevista nel par. 2 quale « deroga» all’applicazione del criterio principale dellaresidenza del consumatore.In particolare, lo sforzo di coniugare le diverseesigenze emerse nel corso dei lavori preparatoriè sfociato in una disciplina che non eliminail carattere centrale del criterio della residenzaabituale del consumatore. Tuttavia, mentre talecentralità nella proposta determinava l’eliminazionedel criterio della volontà delle parti, nellasoluzione definitivamente accolta, essa si manifestanel carattere meramente sussidiario e « derogatorio» della volontà delle parti.La disposizione, peraltro, conformemente aquanto già previsto dalla Convenzione di Roma,pone un limite all’autonomia della volontà,nel senso che la legge designata dalle parti nonpuò privare il consumatore della protezione garantit<strong>agli</strong>dalle disposizioni imperative dellalegge dello Stato nel quale egli risiede abitualmente( 36 ). Le norme imperative in parola sonoquelle che non possono essere derogate convenzionalmentead opera dei privati e che operanoin un’ottica di favor. In base a queste norme,che sono frammenti di disposizioni alternative,se il favor produce che la legge sceltaper contratto è più favorevole per tutelare gliinteressi del consumatore, non c’è motivo diapplicare la minore garanzia prevista dalle normeimperative del Paese di residenza del consumatore( 37 ).( 36 ) In questi casi, infatti, il consumatore può vedersiimposta dall’impresa la scelta di una determinatalegge. Per questa prospettiva rinviamo a Schäfere Lantermann, Choice of Law from an EconomicPerspective, inAn Economic Analysis of Private InternationalLaw, a cura di Basedow e Kono, Tübingen2006, p. 106 ss.; Rühl, Methods and Approaches inChoice of Law: An Economic Perspective, inBerkeleyJournal of International Law, 2006, p. 801 ss.( 37 ) Sulla problematica delle norme imperative exart. 5 Convenzione, rinviamo a Carella, op. cit., p.122 ss.Nel silenzio del legislatore, nelle ipotesi in cuila legge scelta è meno favorevole di quella oggettivamenteapplicabile, ipotesi da assimilare aquella in cui la legge scelta non contiene una disciplinadi tutti gli aspetti del contratto, non riteniamoconvincente che trovi applicazione toutcourt la legge del Paese comunitario che avrebberegolato il contratto in mancanza di scelta.È preferibile ammettere la possibilità diun’integrazione delle norme protezionistichecon quelle della legge scelta dalle parti. Normalmente,infatti, gli standard di tutela presenti nellalegislazione del Paese di residenza abitualedel consumatore non forniscono una disciplinacompleta del contratto, ma attengono solo adalcune sue parti, per le quali si ritiene di dovergarantire al consumatore una tutela adeguata.Per le altre parti del contratto la scelta operatadai contraenti dovrebbe rimanere valida. Il limiteche tali disposizioni introducono al normalegiuoco delle regole di conflitto è di tipo selettivopoiché, al ricorrere delle condizioni di operatività,non escludono in toto il richiamo di unalegge straniera, ma impediscono unicamentel’applicazione di quelle disposizioni straniereche privino il consumatore della protezione garantit<strong>agli</strong>dalle norme indicate.Queste norme, più che un limite alla sceltadella legge applicabile, ne pongono uno in relazione<strong>agli</strong> effetti di tale scelta, combinandoeventualmente le disposizioni delle leggi astrattamenteapplicabili. Tale scelta dovrà operaresulla base del criterio del favor da riconoscere alconsumatore, permettendo l’applicazione dellanormativa il più possibile protettiva.8. – La circostanza di avere introdotto nellaversione definitiva del regolamento la scelta dilegge ad opera dei contraenti si rivela utile – comesubito chiariremo – anche ai fini del rapportodel regolamento con il diritto comunitarioderivato ( 38 ) che potrebbe vanificare l’effetto di( 38 )L’eliminazione del criterio della volontà delleparti nella proposta della Commissione è stata giustificatacon la necessità di evitare lo « smembramento» del contratto, che in caso di controversia implicherebbecosti procedurali aggiuntivi non giustificatinel contenzioso dei consumi, dato il modesto valoreeconomico delle questioni. Questa circostanza, tuttavia,non è stata sufficiente a giustificare le incoerenzerispetto alla disciplina generale delle obbligazioniNLCC 3/4-2009


[Art. 6] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 741armonizzazione del diritto internazionale privatoin materia di obbligazioni contrattuali perseguitodal reg. « Roma I ».Nell’ambito del diritto comunitario derivato,in particolare, rientra l’ampia produzione normativadi carattere settoriale ( 39 ) che, pur noncontenendo una disciplina di conflitto di caratteregenerale dei contratti con i consumatori,comporta inevitabilmente un’incidenza sullanormativa di conflitto, « correggendo » i risultaticui si potrebbe pervenire in forza dell’applicazionedei criteri di collegamento normalmenteapplicabili.Il legislatore comunitario, al fine di permetterel’applicazione effettiva della normativa sostanziale,ha introdotto in alcune direttive in materiadi contratti conclusi dai consumatori specifichenorme strumentali. Queste sono accomunatedal fatto di richiedere l’esistenza di un elementodi collegamento con almeno uno Statomembro della Comunità europea. Più precisamente,le disposizioni citate prevedono che « gliStati membri prendono le misure necessarie affinchéil consumatore non sia privato della protezioneassicurata dal diritto comunitario a motivodella scelta della legislazione di un Paeseterzo come legislazione applicabile al contratto,laddove il contratto presenti un legame strettocon il territorio di uno Stato membro » ( 40 ).contrattuali ed alla disciplina introdotta dalle direttivecomunitarie in materia.( 39 ) Con riguardo al rapporto con il diritto comunitarioderivato, nel Libro verde sulla trasformazionedella Convenzione di Roma in strumento comunitario,erano state ipotizzate differenti soluzioni ai finidel coordinamento. Tra queste, possiamo menzionarela previsione di un allegato all’atto comunitario, daaggiornare periodicamente, comprendente gli strumentisettoriali contenenti norme sui conflitti di leggi,la « codificazione » della normativa settoriale, lariscrittura dell’art. 5 della Convenzione di Roma.( 40 ) Si pensi, ad es., alla dir. 1993/13/CEE del 5aprile 1993, riguardante le clausole abusive nei contrattistipulati con i consumatori; alla dir. 1999/44/CE del 25 maggio 1999, relativa a taluni aspetti dellavendita e delle garanzie dei beni di consumo; alla dir.1997/7/CE del 20 maggio 1997, riguardante la protezionedei consumatori in materia di contratti negoziatia distanza; alla dir. 2008/48/CE del 23 aprile 2008relativa ai contratti di credito ai consumatori; alla dir.2008/122/CE del 14 gennaio 2009, riguardante laprotezione dei consumatori in materia di contratti dimultiproprietà.In altri termini, nel timore che la volontà deicontraenti conduca all’applicazione della leggedi uno Stato terzo che non contenga sufficientimeccanismi di difesa per il consumatore, si èprevisto che l’applicazione della normativa materialecomunitaria sia assicurata quando, nonostantela designazione ad opera delle parti dellalegge di un Paese extracomunitario, il contrattopresenti un legame stretto con il territorio diuno Stato membro, il quale può essere tantoquello del giudice, quanto quello di un altroPaese comunitario. Tali norme, che si presentanocome accessorie rispetto alle regole materiali,influenzano il modo di essere dell’ordinamentointerno, andando ad incidere sul funzionamentodelle norme di diritto internazionaleprivato e non soltanto sulle norme materiali ( 41 ).È opportuno segnalare che, sia l’art. 6, par. 2,del reg. « Roma I », sia le norme contenute nelledirettive, presuppongono l’esistenza di specificicollegamenti tra il contratto stipulato dal consumatoree un determinato ordinamento. Da tale( 41 ) È utile verificare, inoltre, se in queste ipotesipossa configurarsi un’eccezione di ordine pubblicocomunitario, che conduca alla disapplicazione dellenorme richiamate in contrasto con la disciplina comunitaria.In proposito va osservato che il legislatorefrancese, in sede di trasposizione della dir. 1993/13/CEE, ha espressamente definito di ordine pubblicole disposizioni in tema di protezione dei consumatoririspetto alle clausole abusive. Cfr. Code de consommation,art. L. 132-1. Inoltre le conclusioni dell’Avvocatogenerale del 16 dicembre 1999 (cause riuniteda 240/98 a 244/98, Océano; sentenza della Cortegiust. CE del <strong>27</strong> giugno 2000, in Raccolta, 2000, p.I-4941 ss.) sostengono pienamente questa tesi. Secondol’Avvocato generale Saggio, la sanzione previstaall’art. 6, par. 1, della direttiva « comporta l’attribuzionealle disposizioni della direttiva del caratteredi norma “imperativa”, di“ordine pubblico economico”che non può non riflettersi sui poteri attribuitial giudice nazionale ». Egli sottolinea poi che esiste« un interesse pubblico acché le clausole pregiudizievoliper il consumatore non producano effetti », precisandoche «èragionevole ritenere che l’interventod’ufficio del giudice non solo si presenti come unmezzo di estrema efficacia a fini repressivi, ma appaiaanche idoneo a svolgere un’efficace azione di deterrenzacontro l’inserimento delle clausole nei contratticonclusi con i consumatori ». È bene chiarire chequesta è una delle possibili « misure necessarie » chegli Stati membri possono prendere « affinché il consumatorenon sia privato della protezione assicurata» dal diritto comunitario.NLCC 3/4-2009


742reg. CE n. 593/2008[Art. 6]( 42 ) Si veda Picone, Les méthodes de coordination,cit., p. 88.( 43 ) Si veda supra, nt. 3, nonché la bibliografia ivicitata.collegamento deriva poi che il consumatore nonpossa essere privato della protezione assicurat<strong>agli</strong>da particolari disposizioni appartenenti aquel sistema di diritto, che possono essere o lenorme protettive dello Stato in cui egli ha la residenzaabituale, in un caso, o le norme contenutenelle direttive, quando sussista uno strettolegame tra contratto e territorio di uno Statomembro, nell’altro caso. Entrambe le categoriedi disposizioni partono dal presupposto chel’autonomia privata potrebbe permettere unesercizio di libertà solo a vantaggio della partecontrattualmente più forte e mirano ad evitareche la scelta della legge applicabile si trasformiin una imposizione fraudolenta ai danni delcontraente più debole.Il reg. « Roma I », avendo previsto – come si ènotato – che la legge in grado di meglio tutelareil consumatore sia quella della residenza abituale,dispone che l’applicazione di questa non possaessere preclusa dalla scelta di una legge differentemeno favorevole per lo stesso. Una simileratio è sottesa, ad esempio, alle citate dir. 1993/13/CEE, 1997/7/CE, 1999/44/CE e 2002/65/CE, laddove dispongono che gli Stati contraentidebbano adottare misure che impediscano unabuso del criterio di collegamento della volontàdelle parti per far venire meno la protezione offertadalle direttive medesime. L’obiettivo comunea tali norme è consentire che il consumatorepossa contare su uno standard protettivoqualora il contratto sia collegato strettamentecon il territorio di uno Stato membro.Le norme di diritto comunitario derivato appenacitate, così come l’art. 6, par. 2, del reg.« Roma I » ( 42 ), contengono criteri di collegamentospeciali che disciplinano in melius, rispettoalla legge scelta dalle parti, alcuni aspettidella fattispecie. E come per il caso dell’art. 6,esse si inquadrano nel metodo di coordinamentotra ordinamenti detto delle considerazionimateriali ( 43 ).In queste ipotesi le finalità del metodo materialedei conflitti di leggi non vengono realizzatein pieno, in quanto, come si vedrà meglio, lacomparazione delle leggi potenzialmente applicabilial contratto non determina la regolamentazionedell’intera fattispecie ( 44 ).Considerazioni parzialmente diverse vannoformulate con riguardo ai contratti di multiproprietàpure ricadenti – come si è visto ( 45 ) – nell’ambitodi applicazione del’art. 6 del reg. CE n.593/2008, sia perché la protezione assicuratadalla dir. 2008/122/CE vale anche nelle ipotesidi funzionamento di criteri oggettivi, sia perchélo stretto legame viene specificato. Tale direttiva,nell’art. 12, par. 2, stabilisce che « ove la leggeapplicabile sia quella di un Paese terzo, i consumatorinon possono essere privati della tutelagarantita dalla presente direttiva come applicatanello Stato membro del foro se uno qualsiasi deibeni immobili interessati è situato sul territoriodi uno Stato membro; o nel caso di un contrattonon direttamente collegato a beni immobili,l’operatore svolge attività commerciali o professionaliin uno Stato membro o dirige tali attività,con qualsiasi mezzo, verso uno Stato membroe il contratto rientra nell’ambito di dette attività». Dobbiamo sottolineare, infatti, la diversaformulazione delle disposizioni dell’art. 6par. 2, dir. 1993/13/CEE, dell’art. 12, par. 2,dir. 1997/7/CE, dell’art. 7, par. 2, dir. 1999/44/CE; e dell’art. 12, par. 2, dir. 2002/65/CE e dell’art.22, par. 4, dir. 2008/48/CE, rispetto aquella in esame nella quale emerge una differentee maggiore volontà imperativa.Sul piano sostanziale, peraltro, la disposizionein parola è più corretta rispetto a quelle già esaminateche introducono il medesimo obbligoper gli Stati solo quando la privazione della tutelaassicurata dalle direttive sia effetto « dellascelta della legge di un Paese terzo come legislazioneapplicabile al contratto ».La circostanza di garantire la prevalenza dellenorme della dir. 2008/122/CE indipendentementeda quale risulti essere la legislazione applicabileal contratto – scelta delle parti o collegamentooggettivo – ed indipendentemente daun raffronto fra le norme delle due leggi (legislazioneapplicabile al contratto-normativa delladirettiva) al fine di dare preferenza a quelle piùfavorevoli al consumatore, comporta che le normemateriali della stessa estendono l’ambitodella propria applicazione alle categorie di fatti( 44 ) Si veda Picone, op. ult. cit., p.89.( 45 ) Cfr. supra, par. 5.NLCC 3/4-2009


[Art. 6] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 743e rapporti da esse contemplate in via assolutamenteesclusiva. Ne deriva che la ratio che staalla base di tale direttiva attribuisce ad essa unaintensità valutativa tale da contraddistinguerlain modo particolare da tutte le altre norme dell’ordinamentoin cui viene inserita.Sostanzialmente alle disposizioni della direttivaviene attribuito un carattere inderogabile,che implica l’applicazione della stessa a prescinderedalla legge applicabile, ogni qualvoltasi riscontri un legame significativo tra la fattispeciecontrattuale e il territorio comunitario( 46 ).9. – In forza del regolamento, anche in presenzadi uno stretto collegamento tra territoriodi uno Stato membro e contratto, la legge regolatricedello stesso potrebbe essere la legge delloStato terzo in cui abbia residenza abituale ilconsumatore, nel caso di applicazione dell’art.6, o il venditore, ai sensi dell’art. 4 ( 47 ). In questocaso potrebbe esserci un contrasto con le direttiveche richiederebbero invece l’applicazionedella loro normativa.Ai fini della soluzione del conflitto ( 48 ) tra le( 46 ) Tale legame è individuato nella localizzazionedel bene immobile nel territorio di uno degli Statimembri della Comunità. Inoltre, in conformità aquanto previsto dall’art. 6, par. 1, lett. b) del reg. CEn. 593/2008, un ulteriore legame è riconosciuto nelleipotesi (non contemplate nel testo della dir. n. 1994/47/CE) in cui l’operatore svolga attività commercialio professionali in uno Stato membro o diriga tali attività,con qualsiasi mezzo, verso uno Stato membro eil contratto rientra nell’ambito di dette attività.( 47 ) Talvolta, proprio l’assenza di una scelta di leggepotrebbe condurre all’applicazione di una leggemeno favorevole al consumatore.( 48 ) Tale contrasto è talmente evidente che alcuniautori con riguardo alla dir. 1993/13/CEE, in materiadi clausole abusive, hanno dubitato che il legislatorecomunitario fosse a conoscenza dell’esistenza dell’art.5 della Convenzione di Roma. Cfr. Jayme eKohler, Das internationale Privat- und Verfahrensrechtder EG 1993 - Spannungen zwischen Staatsverträgenund Richtlinien, inIPRax, 1993, p. 357 ss. Negliultimi anni la dottrina ha tentato di pervenire ad interpretazionitendenti all’armonizzazione della normativadi conflitto contenuta negli atti settoriali rispettoalle norme della convenzione. Cfr. le osservazioniin argomento di Gonzáles Campos, Dirittoprivato uniforme e diritto internazionale privato, inDiritto internazionale privato e diritto comunitario, adisposizioni delle direttive ed il reg. « Roma I »,le clausole contenute nelle direttive citate devonoessere considerate nella logica comunitariadi uno spazio unificato che assorbe in taluni casiquella dei conflitti di legge ( 49 ). In sostanza, lesituazioni infracomunitarie, anche ripartite trapiù Stati membri, sono considerate come dellesituazioni interne per l’applicazione delle regoleprotettrici del diritto comunitario ( 50 ).Si tratta insomma di contratti tutti « interni »,il cui unico elemento d’estraneità èdato dalladesignazione, ad opera delle parti, come regolatricedel contratto, di una legge diversa da quelladel Paese nel quale sono localizzati tutti gli altrielementi della fattispecie. Il reg. « Roma I »,nell’art. 3, par. 3 – così come la Convenzione diRoma nell’art. 3, par. 3 –, consente anche inquesti casi l’esercizio dell’optio legis purché cosìnon si rechi « pregiudizio » alle norme imperativedel Paese, cui si riferiscono, al momentocura di Picone, Padova, 2004, p. 48 s. e ampiamenteFrancq, L’applicabilité du droit communautaire dérivéau regard des méthodes du droit internazional privé,Paris-Bruxelles, 2005, p. <strong>28</strong>5 ss., recensito da Picone,inRiv. dir. internaz., 2008, p. 607 ss.( 49 ) Brödermann e Iversen, Europäisches Gemeinschaftsrechtund Internationales Privatrecht, Tübingen,1994, p. 451; Lagarde, nota alla sentenzadella Cour fédérale d’Allemagne - 19 mars 1997, inRev. crit. dr. internat. privé, 1998, p. 610 ss.; Id., Leconsommateur en droit international privé, LudwigBoltzmann Institut für Europarecht, Université Vienne,1999, p. <strong>28</strong> ss.; Id., inRev. crit. dr. internat. privé,2000, p. 30 ss.( 50 ) Cfr. a riguardo l’interessante ricostruzioneproposta da Benedettelli, Connecting Factors,Principles of Coordination between Conflict Systems,Criteria of Applicability: Three Different Notions for a« European Community Private International Law »,in Dir. Unione eur., 2005, p. 421 ss., il quale, tra l’altro,evidenzia che a ciascuno Stato membro deve esserericonosciuta, in sede di recepimento delle direttive,ampia discrezionalità nel dare attuazione ad unaclausola del mercato interno. Infatti, le misure necessarieda adottare affinché i privati interessati dalla disciplinacomunitaria non siano privati della protezionead essi garantita dalla disciplina medesima possonoconsistere nell’attribuire alle disposizioni di recepimentola natura di norme di applicazione necessaria;affermando una sorta di ordine pubblico comunitario;adottando criteri di collegamento alternativi o« a cascata »; eliminando, infine, dal proprio sistemacriteri di collegamento che risultino a priori comunitariamenteillegittimi.NLCC 3/4-2009


744reg. CE n. 593/2008[Art. 6]della scelta, tutti gli « altri elementi pertinentialla situazione » ( 51 ).In base a questa impostazione dottrinale, conl’armonizzazione del diritto contrattuale all’internodell’Unione, e specialmente dei contrattidei consumatori, diverrebbe sempre più fondatoconsiderare i contratti conclusi tra parti rilevantidi differenti Stati membri e localizzati inquesti Stati come contratti di diritto interno, alfine di sottoporre gli stessi alla normativa comunitaria,sottraendoli all’applicazione del dirittodi uno Stato terzo, nei limiti di quanto è stabilitodall’art. 3, par. 3, del regolamento per i contrattiinteramente localizzati sul territorio di unsolo Stato.Rispetto alla Convenzione di Roma ed allaproposta di regolamento, nel testo definitivamenteadottato è stata introdotta una norma –di portata generale – ancora più conforme allaricostruzione prospettata. In particolare, nell’art.3, par. 4, del reg. « Roma I », « qualoratutti gli altri elementi pertinenti alla situazionesiano ubicati, nel momento in cui si opera lascelta, in uno o più Stati membri, la scelta diuna legge applicabile diversa da quella di unoStato membro ad opera delle parti fa salva l’applicazionedelle disposizioni di diritto comunitario,se del caso, come applicate nello Statomembro del foro, alle quali non è permesso derogareconvenzionalmente ».Tale norma trova specificamente applicazionenei contratti conclusi dai consumatori alla lucedella disposizione di cui all’art. 6, par. 2, del regolamento.Infatti, quest’ultima disposizioneutilizza il criterio di collegamento della volontàdelle parti « in conformità»dell’art. 3 del regolamento.Conseguentemente, da un’interpretazione sistematica,possiamo ritenere che il « legamestretto » dell’art. 6, par. 2, della dir. 1993/13/CEE; dell’art. 12, par. 2, della dir. 1997/7/CE;dell’art. 7, par. 2, della dir. 1999/44/CE; dell’art.22, par. 4, della dir. 2008/48/CE, dell’art.( 51 )Più precisamente, l’art. 3, par. 3, del reg. « RomaI » recita che « qualora tutti gli altri elementi pertinentialla situazione siano ubicati, nel momento incui si opera la scelta, in un Paese diverso da quello lacui legge è stata scelta, la scelta effettuata dalle partifa salva l’applicazione delle disposizioni alle quali lalegge di tale diverso Paese non permette di derogareconvenzionalmente ».12, par. 2 della dir. 2002/65/CE, coincide con ilcriterio della « residenza abituale », previstodall’art. 4, par. 1, e dall’art. 6, par. 1, del regolamento( 52 ). Da tale interpretazione, considerandoche tali norme non hanno formulazione « bilaterale», consegue che le parti non possonodesignare come legge applicabile al contratto lalegge di uno Stato terzo meno protettiva delledisposizioni della direttiva quando, in mancanzadi scelta, sarebbe stata applicabile la legge diun Paese comunitario, in quanto legge di residenzaabituale del consumatore o in forza dell’art.4 del reg. « Roma I ». Quando, in particolare,si sia operata la scelta di legge possono realizzarsidue ipotesi: o c’è solo uno stretto legamecol territorio comunitario oppure tutti gli elementitranne la volontà sono in territorio comunitario.Se si ritiene che lo stretto legame è costituitodalla residenza, non c’è contrasto perché siapplicheranno le norme delle direttive in quantolegge dello Stato di residenza. Nella secondaipotersi si applica l’art. 3 del regolamento inesame e ugualmente non c’è contrasto perché siapplicheranno le norme delle direttive semprecome attuate nello Stato di residenza.Lo Stato membro, dunque, deve prevedereche la normativa adottata per dare attuazionealle direttive si applichi in presenza di un collegamentostretto tra contratto e territorio comunitarioe segnatamente nella parte in cui fornisceuna protezione del consumatore più elevatarispetto alla legge richiamata dal giuoco dellenorme di conflitto. Il consumatore, quindi, nonpotrà essere privato della protezione offerta dallanorma di adattamento alla direttiva a motivodella scelta del diritto di uno Stato terzo (ipotesida assimilare alla designazione della legge diuno Stato membro che non abbia ancora recepitola direttiva ( 53 )).( 52 ) Occorre prendere in considerazione anchel’art. 4 della Convenzione di Roma in quanto la tipologiacontrattuale ricadente nell’ambito di applicazionedelle direttive non si esaurisce in quella previstadall’art. 5 della convenzione.( 53 ) Su questo problema, ampiamente, Francq,op. cit., p. 446 ss. Per superare le difformità causatedal mancato (o non corretto) recepimento delle direttiveda parte di alcuni Stati membri, l’A. proponel’inserimento nelle direttive in esame di norme diconflitto multilaterali che designino « la loi de transpositionapplicable ».NLCC 3/4-2009


[Art. 6] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 745Il legislatore comunitario ha previsto, in sostanza,la prevalenza di un criterio obiettivo rispettoalla legge applicabile ad opera delle parti.Quando tutti gli elementi della fattispecie sonolocalizzati negli Stati membri e le parti scelgonodi regolare il loro contratto con il diritto di unoStato terzo, le norme di applicazione contenutenelle direttive non consentono di privare il consumatoredella protezione accordat<strong>agli</strong> da questeultime. Allo stesso modo, il regolamento haprospettato, in forza dell’art. 3, par. 4, un’applicazioneallargata allo spazio comunitario dell’art.3, par. 3, in quanto il solo collegamentocon lo Stato terzo è dato dalla volontà delle parti.Tale disposizione, peraltro, garantisce correttamentela prevalenza, alle condizioni indicate,delle sole norme imperative del diritto comunitario,a differenza di quanto disposto nell’art.14, par. 3, del reg. CE n. 864/2007 del Parlamentoeuropeo e del Consiglio dell’11 luglio2007 sulla legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali(« Roma II »)( 54 ), in base al quale,impropriamente, « qualora tutti gli elementipertinenti alla situazione siano ubicati, nel momentoin cui si verifica il fatto che determina ildanno, in uno o più Stati membri, la scelta diuna legge applicabile diversa da quella di unoStato membro ad opera delle parti non pregiudical’applicazione delle disposizioni del dirittocomunitario, se del caso, nella forma in cui sonoapplicate nello Stato membro del foro, alle qualinon è permesso derogare convenzionalmente ».Sebbene, rispetto alla formulazione contenutanella proposta modificata di regolamento ( 55 ),sia stata inserita la possibilità – meramenteeventuale – di applicare le disposizioni del dirittocomunitario nella « versione » imperativa, laconseguenza di questa formulazione è che le( 54 )InG.U.U.E. n. L 199 del 31 luglio 2007, p. 40ss.( 55 ) Secondo l’art. 4, par. 4, della proposta modificatadi regolamento del 21 febbraio 2006, sulla leggeapplicabile alle obbligazioni extracontrattuali (Proposta« Roma II »), doc. COM/2006/83 def., « lascelta della legge di un Paese terzo ad opera delleparti non può, qualora tutti gli altri elementi della situazionesiano ubicati, nel momento in cui si verificail danno, in uno o più Stati membri della Comunitàeuropea, pregiudicare l’applicazione delle disposizionidel diritto comunitario ».norme del diritto comunitario, imperative onon, « rischiano » sempre di prevalere, in nomedi una gerarchia formale, anche rispetto al dirittostraniero « normalmente » applicabile, cheopera all’interno degli Stati membri allo stessotitolo di diritto nazionale ( 56 ).Il rapporto con le altre disposizioni del dirittocomunitario è completato nell’art. 23 del reg.« Roma I », dove si dispone che non è pregiudicata« l’applicazione delle disposizioni dell’ordinamentocomunitario che, con riferimento asettori specifici, disciplinino i conflitti di leggein materia di obbligazioni contrattuali ».La soluzione del coordinamento tra il reg.« Roma I » e gli strumenti comunitari di dirittoderivato accolta nel testo trova, inoltre, confermanella proposta di direttiva del Parlamentoeuropeo e del Consiglio dell’8 ottobre 2008 suidiritti dei consumatori. Tale proposta, come ènoto, intende ricostruire il quadro normativoframmentato della normativa materiale sui contrattidei consumatori. L’obiettivo, infatti, è larealizzazione di un effettivo mercato interno deiconsumatori che raggiunga il giusto equilibriotra un elevato livello di tutela dei consumatori ela competitività delle imprese.In particolare, per i nostri fini, in forza del10 o considerando, « le disposizioni della presentedirettiva non pregiudicano il reg. CE n. 593/2008 del Parlamento europeo e del Consigliosulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali(Roma I) » ed inoltre in forza del 59 o considerando« il consumatore non può rinunciareai diritti conferitigli a norma della presente direttiva.Se la legge applicabile a un contratto èquella di un Paese terzo, va applicato il reg. CEn. 593/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio,del 17 giugno 2008, sulla legge applicabilealle obbligazioni contrattuali (Roma I) al finedi determinare se il consumatore mantiene laprotezione concessa dalla presente direttiva» ( 57 ).( 56 ) In questo senso, Picone, Le materie internazionalistichenella formazione del giurista contemporaneo.Relazione svolta nell’ambito del convegno organizzatodalla Società Italiana di Diritto Internazionale,presso l’Istituto di Studi Giuridici Internazionali-CNR, Roma, 2 febbraio 2006.( 57 ) Nella prima relazione annuale sullo stato diavanzamento dei lavori in materia di diritto contrattualeeuropeo e di revisione dell’acquis, del 2005,NLCC 3/4-2009


746reg. CE n. 593/2008[Art. 6]tori residenti nei Paesi meno industrializzati.La clausola di eccezione prevista nell’art. 4, par3, del reg. « Roma I » avrebbe sicuramente potutoevitare tale incongruenza, consentendo all’interpretedi « modificare » i risultati eventualmentesfavorevoli prodotti dall’applicazionedella legge di residenza del consumatore.Interpretando, infatti, l’eccezione di cui all’art.4, par. 3, nella logica del favor nei confrontidella parte debole, un « collegamento manifestamentepiù stretto con un Paese diverso » potevaessere rappresentato ad esempio dalla residenzadell’altro contraente o dal luogo di esecuzionedel contratto. In sostanza, tra i varicollegamenti che in astratto il contratto conclusocon il consumatore può presentare, perquello più stretto, si sarebbe potuto intenderein concreto quello meglio in grado di realizzarela tutela della parte debole.Né si può pensare a sostegno della soluzioneadottata e senza prescindere dall’ingresso deinuovi Stati, che esista un diritto uniforme inmateria di contratti di consumo tale da giustificareun’applicazione indifferenziata della leggedi residenza abituale del consumatore. Infatti,nonostante il ravvicinamento delle legislazioni,permangono notevoli differenze tra i diversi ordinamentidegli Stati membri dell’Unione se solosi considerano le « clausole minime » che, inossequio al principio di sussidiarietà, non impedisconoche tali Stati adottino o mantengano invigore disposizioni ancora più favorevoli diquelle comunitarie in materia di tutela dei consumatori( 58 ). Se è vero, infatti, che il diritto codoc.COM/2005/456 def., la Commissione ha identificatodue strategie principali per la revisione dell’acquisrelativo al consumatore: un approccio « verticale», consistente nella revisione individuale delle direttiveesistenti, oppure un approccio « orizzontale »,consistente nell’adozione di uno o più strumenti quadroper regolamentare aspetti comuni dell’acquis,corroborati se del caso da regole settoriali. Al momentodi tradurre il riesame in politiche proposte, laCommissione ha esaminato attentamente l’impatto ditali proposte, compreso l’impatto sulle aziende. In relazioneal coordinamento tra gli strumenti normativicitati, dobbiamo segnalare l’opzione 6, oggetto, tuttavia,di una valutazione d’impatto negativa. Tale proposta,basandosi sull’armonizzazione completa,avrebbe incluso nella proposta di direttiva una clausolasul mercato interno applicabile <strong>agli</strong> aspetti noncompletamente armonizzati. Tale clausola avrebbeconsentito alle parti contraenti, per quegli aspetti copertidalla clausola, di scegliere la normativa di qualsiasiStato membro anche se quest’ultima avesse fornitoun livello di tutela del consumatore inferiore aquella del Paese di residenza del consumatore. A causadell’evidente conflitto con l’art. 6 del reg. « RomaI », una tale clausola avrebbe comportato una modificalegislativa e un’importante modifica di politicacomunitaria pochi mesi dopo l’adozione del reg.« Roma I ». La proposta citata, sebbene fosse statasostenuta dalle imprese, ha incontrato l’opposizionedella maggioranza degli Stati membri e di tutte le organizzazionidei consumatori. Infatti, qualora fossestata accolta, essa avrebbe rimosso le barriere regolamentarinel mercato interno e ridotto gli oneri per leimprese, ma avrebbe trasferito ai consumatori il problemadell’incertezza giuridica, con un conseguenteimpatto negativo sulla fiducia. Infine, seguendo taleopzione, i giudici nazionali avrebbero sempre dovutoapplicare una legge straniera.10. –Èutile sottolineare che la scelta di prevederel’applicazione della legge della residenzaabituale del consumatore – come stabilito dall’art.6 del reg. « Roma I »–senza concedere algiudice la possibilità di applicare un’altra normativache sia più collegata al contratto e chesia più adeguata a proteggere il consumatorenon risulta essere la soluzione migliore.Non bisogna dimenticare, infatti, che le legislazionipiù sensibili <strong>agli</strong> interessi dei consumatorisono attualmente quelle degli Stati industrializzatiche rappresentano, però, anche iPaesi che esportano maggiormente beni e servizi.In questo caso una normativa che impongal’applicazione della legge di residenza delconsumatore crea uno svantaggio ai consuma-( 58 ) La disciplina comunitaria in materia di protezionedei consumatori risulta frammentata perché leattuali direttive consentono <strong>agli</strong> Stati membri diadottare regole più rigorose nella loro legislazionenazionale (armonizzazione minima) e molti Statimembri si sono avvalsi di questa possibilità per assicurareun livello più elevato di tutela dei consumatorio per sfuggire alle prescrizioni indicate nello strumentocomunitario. Inoltre, molte questioni sono disciplinatein maniera incoerente tra le diverse direttive.Le differenze comportano di solito costi aggiuntiviper le aziende ai fini di ottemperare alla normativa,compresi i costi per acquisire consulenze <strong>giuridiche</strong>nel merito, cambiare il materiale informativo e dimarketing o i contratti o, in caso di non ottemperanza,eventuali costi processuali. Questo è spesso addottodalle imprese quale uno dei motivi per non fareaffari a livello transfrontaliero.NLCC 3/4-2009


[Art. 6] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 747munitario ha determinato un certo grado diconvergenza nella disciplina dei contratti conclusidai consumatori, le normative degli Statimembri, a parte l’armonizzazione minima, presentanocaratteri di difformità ( 59 ).Da questo punto di vista, comunque, utile apparesia la disciplina posta dalle varie direttivecomunitarie che vanno ad integrare le disposizionidel reg. « Roma I » sia quella ora previstadallo stesso regolamento. Tale disciplina indicale modalità mediante le quali il diritto internazionaleprivato può assolvere al meglio alla funzionedi garanzia degli interessi dei consumatori.Infatti, come è emerso, queste disposizioninon si limitano ad introdurre una normativa dicarattere sostanziale ma sono formulate in modotale da garantire l’effettività della disciplina.Se nella Convenzione di Roma l’unica stradapercorribile per tutelare l’interesse dei contraentideboli è quella di attenuare la libertà delleparti di scegliere la legge applicabile al contratto(in base alla considerazione che in determinaticontratti tale libertà può facilmente ritorcersicontro il contraente più debole, il qualeè costretto ad accettare la legge voluta dall’imprenditore),non curandosi, però, dell’effettivatutela riconosciuta <strong>agli</strong> stessi, nel sistema introdottola tutela diviene più intensa e coerente inquanto legata ad una normativa specifica rivoltaal consumatore.Tra l’altro, con l’entrata in vigore del reg.« Roma I », il panorama normativo comunitario( 59 ) A questo proposito si vedano le osservazioniformulate da Calliess, (Conflict) Principles of European(Consumer) Contract Law - an Update, inGermanLaw Journal, 2004, p. 957 ss., in merito all’applicazionedel principio del mutuo riconoscimento inmateria di contratti di consumo, quale strumento percombattere l’armonizzazione minima. La citata propostadi direttiva sui diritti dei consumatori, la qualemira a modificare ed « unificare » in un solo strumentola dir. 1985/577/CEE per la tutela dei consumatoriin caso di contratti negoziati fuori dei localicommerciali, la dir. 1993/13/CEE concernente leclausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori,la dir. 1997/7/CE riguardante la protezione deiconsumatori in materia di contratti a distanza e la dir.1999/44/CE su taluni aspetti della vendita e delle garanziedei beni di consumo si configura quale strumentolegislativo orizzontale applicabile alle transazioninazionali e transfrontaliere, basato su un’armonizzazionecompleta e mirata, vale a dire incentratasulle questioni che costituiscono barriere importantial commercio per le imprese e/o che scoraggiano iconsumatori dall’acquistare oltre frontiera. La propostamette insieme queste quattro direttive creandoun unico strumento orizzontale che disciplina gliaspetti comuni in modo sistematico, semplifica e aggiornale norme esistenti, risolve le incoerenze e colmale lacune. La proposta si distanzia dall’approcciodell’armonizzazione minima seguito nelle quattro direttivecitate per accogliere un approccio di armonizzazionecompleta (vale a dire il principio che gli Statimembri non possono mantenere o adottare disposizionidivergenti da quelle fissate nella direttiva). Infatti,in forza dell’art. 4 « gli Stati membri non possonomantenere o adottare nel loro diritto nazionale disposizionidivergenti da quelle stabilite dalla presentedirettiva, incluse le disposizioni più o meno severeper garantire al consumatore un livello di tutela diverso». In argomento, Fallon e Meeusen, PrivateInternational Law in the European Union and theException of Mutual Recognition, inYearb. Priv. Internat.Law, 2002, p. 37 ss.; Van Loon, Unificationof private international law in a multi-forum context,in Denationalisierung des Privatrechts, a cura di Kieninger,Tübingen, 2005, p. 33 ss.; Hartley, The EuropeanUnion and the Systematic Dismantling of theCommon Law of Conflict of Laws, inInternat. Comp.Law Quart., 2005, p. 813 ss. Per una ricostruzionecompleta della normativa comunitaria in materia diconsumo, Micklitz, Reich e Rott, UnderstandingEU Consumer Law, Antwerpen-Oxford, 2009. Prescindiamoin questa sede dalle problematiche chequesta direttiva determina con riguardo al suo coordinamentocon le norme di conflitto contenute nelreg. « Roma I » e messe in luce da Picone, in Recensionea Francq, cit., p. 613 s., risultando « del tuttocontraddittorio per un ordinamento contenere dellenorme spazialmente limitate, e, in più, per le medesimematerie, delle norme di conflitto bilaterali idoneea determinare l’ambito di applicazione della legge delforo, dato che in un caso del genere il legislatore regolerebbedue volte lo stesso problema in modo contraddittorio». Inoltre, pur considerando che le normedi conflitto non determinano in generale l’ambitodi applicazione della lex fori, ma« operino come fattoridi integrazione e completamento materiale dellenorme interne », possono determinarsi « gravi difficoltànel conciliare l’ambito di applicazione autonomodel diritto comunitario derivato con i criteri dicollegamento accolti da una norma bilaterale di conflitto». Cfr., inoltre, Kieninger, Der grenzüberschreitendeVerbrauchervertrag zwischen Richtlinienkollisionsrechtund Rom I-VO, inFestschrift fürJan Kropholler, a cura di Baetge, von Hein, von Hinden,2008, p. 499 ss.; Mansel, Thorn e Wagner,Europäisches Kollisionsrecht 2008, inIPRax, 2009, p.6 ss.NLCC 3/4-2009


748reg. CE n. 593/2008[Art. 6]risulta certamente più organico. Infatti, la ricostruzionedel rapporto tra le norme di conflittogenerali del regolamento e le norme contenutein strumenti settoriali aventi un’incidenza sullalegge applicabile è certamente chiarita alla lucedell’art. 3, par. 4 del regolamento.In sostanza, alla luce del quadro emergente, lenorme imperative non saranno più individuatecon riferimento esclusivo alla legge del luogo diresidenza abituale del consumatore, ma ancheadottando gli ulteriori criteri indicati. E, conseguentemente,i sistemi di conflitto degli Statimembri non potranno consentire l’applicazione,ex art. 6, par. 2, del reg. « Roma I », dellalegge di un Paese terzo, pur di residenza abitualedel consumatore, se il contratto presenti unostretto collegamento con la Comunità e la leggedi tale Paese privi il consumatore stesso dellaprotezione assicurat<strong>agli</strong> dalle direttive. Ciò derivadalla scelta di politica comunitaria di impedireche il normale giuoco delle regole di conflittodetermini per il consumatore un effetto limitativodella tutela prevista, garantendo l’applicazionedella disciplina comunitaria alle fattispecieda essa considerate.Nel rapporto con gli strumenti di diritto comunitarioderivato la scelta accolta nel regolamentodi inserire una clausola in grado di garantirel’applicazione della norma minima comunitarianel caso in cui tutti gli elementi di uncontratto siano localizzati nella Comunità si è rilevatala scelta migliore, al fine di tutelare sufficientementeil consumatore e di garantire unamaggiore coerenza della disciplina.Il funzionamento di una norma di questo tipoconsente di superare i problemi relativi allastruttura dell’art. 6 e permette di adottare unasoluzione in grado di essere coordinata con lanormativa settoriale comunitaria in materia ditutela del consumatore. Inoltre, sono risolti iproblemi di coerenza con quanto disciplinatodalla norma generale in materia di obbligazionicontrattuali applicabile, nel disegno accolto dallegislatore comunitario, in tutti i casi in cui venganomeno i criteri di applicazione previsti dall’art.6 del regolamento. E per finire, la tuteladel consumatore viene affermata in modo piùconsistente, facendo prevalere la disciplina adesso più favorevole sulla base di un raffrontomateriale delle leggi richiamate, realizzando valoriche l’evoluzione del diritto comunitario hadimostrato essenziali.Pur nella tracciata diversità delle disciplinepreviste, infine, la realizzazione dell’indicatocoordinamento può realizzarsi considerando ilreg. Roma I come una sorta di lex generalis, voltaalla tutela di valori classici di giustizia internazionalprivatistica,sulla quale potrà eventualmenteprevalere a titolo di specialità la disciplinaconflittuale posta in particolari settori persoddisfare specifici obiettivi di rilevanza piùstrettamente materiale; eventualmente dicevamo,in quanto potranno darsi dei casi nei qualitali obiettivi risulteranno già conseguibili attraversol’ordinario operare della disciplina generale.11. – Le norme imperative sopra citate, inderogabiliin peius, rilevano evidentemente solonelle ipotesi in cui le parti esercitino la facoltàdi designare la legge da applicare al propriocontratto non operando in via generale. Ma soprattuttotali norme non debbono essere confusecon le norme di applicazione necessaria che,in forza dell’art. 9 del regolamento, disciplinanoil caso concreto imperativamente indipendentementedalla legge che regola il contratto. Tuttavia,si è messo in dubbio più volte la possibilitàdi utilizzare la categoria in questione in materiadi contratti conclusi dai consumatori ( 60 ). Secondouna parte della dottrina ( 61 ), infatti, le( 60 ) Si vedano, ad es., i casi esaminati dinanzi allecorti tedesche verso la fine degli anni ottanta, denominatiGran-Canaria-Fälle, concernenti contratti divendita di beni mobili conclusi da turisti tedeschi invacanza nelle isole Canarie, regolati, in forza dellascelta operata dalle parti, dalla legge spagnola, nonancora conforme alle disposizioni della dir. 1985/577/CEE sui contratti conclusi fuori dei locali commerciali.In queste ipotesi le norme a tutela del consumatoredi derivazione comunitaria (nel caso in parolala dir. 1985/577/CEE) venivano derogate attraversola scelta della legge non di uno Stato terzo madi uno Stato membro – la Spagna –, nel cui ordinamentola disciplina prevista dalla direttiva non eraancora stata attuata. La Corte federale tedesca ha negato,in questa circostanza, l’applicazione della leggetedesca, anche a titolo di legge di polizia e di sicurezza.( 61 ) Schubert, Internationale Verträge und Eingriffsrecht.Ein Beitrag zur Methode des Wirtschaftskollisionsrechts,inRecht internat. Wirtschaft, 1987,p. 7<strong>29</strong> ss.; Mankowski, Strukturfragen des InternationalenVerbrauchervertragsrechts, ivi, 1993, p. 453ss.; Id., Wichtige Klärungen im Internationalen Arbei-NLCC 3/4-2009


[Art. 6] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 749tsrecht, inIPRax, 1994, p. 88 ss.; Id., Strukturfragendes Internationalen Verbrauchervertragsrechts, inRechtInternat. Wirtschaft, 1998, p. <strong>28</strong>7 ss.; Nuyts,L’application des lois de police dans l’espace, inRev.crit. dr. internat. privé, 1999, p. 247; Fallon e Francq,Towards Internationally Mandatory Directives forConsumer Contracts?, inPrivate Law in the InternationalArena (From National Conflict Rules TowardsHarmonization and Unification), Liber AmicorumKurt Siehr, a cura di Basedow et alii, The Hague,2000, p. 155.( 62 ) Franceskakis, Quelques précisions sur les‘lois d’application immédiate’ et leurs rapports avec lesrègles de conflit de lois,inRev. crit. dr. internat. privé,1966, p. 1 ss.; Id., Loi d’application immédiate et droitdu travail, ivi, 1974, p. <strong>27</strong>3 ss.( 63 )Più correttamente, l’art. 16 del citato reg.« Roma II » dispone che « le disposizioni del presenteregolamento non pregiudicano l’applicazione delledisposizioni della legge del foro che siano di applicazionenecessaria alla situazione, quale che sia la leggeapplicabile all’obbligazione extracontrattuale ».norme protettive devono essere applicate sempree soltanto quando appartengono alla leggedesignata attraverso le ordinarie regole di conflitto.Tale ricostruzione è stata abbondantementesuperata nei lavori per la trasformazione dellaConvenzione di Roma in strumento comunitario.Infatti, già nel Libro verde del 2003, al par.3.2.8.3, si sottolinea come l’art. 5 della convenzionenon osti all’applicazione di eventuali leggidi polizia e di sicurezza, ai sensi dell’art. 7, « lecui disposizioni vengano interpretate come imperativenel diritto internazionale e siano in gradodi offrire una protezione complementare,purché siano soddisfatte le loro condizioni diapplicazione territoriale ». Inoltre, lo stesso art.9 del regolamento definitivamente adottato siriferisce a disposizioni applicabili « qualunquesia la legge applicabile al contratto secondo ilpresente regolamento » senza operare alcunadifferenziazione.Perplessità, invece, desta, ai nostri fini, l’impropriaformulazione dell’art. 9 reg. « Roma I ».L’art. 9, che accoglie un’interpretazione in sensoclassico delle norme di applicazione necessaria( 62 ), definisce la categoria in esame come disposizioniil cui rispetto è ritenuto cruciale daun Paese per la salvaguardia dei suoi interessipubblici, quali la sua organizzazione politica,sociale o economica ( 63 ). Ora, la prassi degli ultimianni ha dimostrato che questa formulazioneè troppo restrittiva e non ha molto senso. Lenorme di applicazione necessaria, come nel casoche ci occupa, assai spesso operano nel campodei rapporti interindividuali, non preoccupandosidi proteggere valori di mero rilievo statale,ma limitandosi a tutelare in modo particolare alcunivalori interprivati ugualmente da rispettareed inderogabili ( 64 ).Del resto, come la prassi ha dimostrato, èestremamente difficile distinguere le norme imperativea seconda che siano volte a tutelarel’interesse della collettività o quello dei privati.Si può anzi affermare che tutte le disposizioniimperative perseguano finalità di interesse generalee proprio per questa ragione il legislatoredecide di sottrarle alla disponibilità dei privati.È chiaro che in alcuni casi l’interesse protettodalla norma è un interesse individuale ma la decisionepolitica di tutelarlo attraverso una disposizioneimperativa prova che, a giudizio dellegislatore, la protezione di quella categoria diindividui è imposta da ragioni di interesse generale( 65 ). Senza considerare che è un dato ormainoto che la tutela della parte debole di un contrattosia divenuta un obiettivo di rilevante interessecomunitario. La stessa Corte di giustizianella sentenza Arblade ha affermato che la protezionedella parte debole è un obiettivo di interessegenerale e può giustificare l’adozione dinorme di applicazione necessaria ( 66 ).Giuseppina Pizzolante( 64 ) In questo senso, Picone, Le materie internazionalistichenella formazione del giurista contemporaneo,cit.( 65 ) In questo senso, Jayme e Kohler, EuropäischesKollisionrecht 1995 - Der dialog der Quellen, inIPRax, 1995, p. 353; Roth, Zum Verhältinis von Art.7 Abs. 2 und Art. 5 der Römer Schuldvertragskonvention,inFestschriftReichert-Facilides,Tübingen, 1995,p. 35 ss. In senso contrario v. Bundesarbeitsgericht,che ha ritenuto quali norme di applicazione necessariale disposizioni il cui scopo non si esaurisce nel bilanciamentodi interessi contrapposti delle parti, mache siano orientati anche verso interessi pubblici:BAG, 24 agosto 1989, in IPRax, 1991, p. 407 s. e <strong>29</strong>ottobre 1992, ivi, 1994, p. 123, con commento diMankowski, Wichtige Klärungen im InternationalenArbeitsrecht, cit., p. 88.( 66 ) Corte giust. CE 23 novembre 1999, cause riunite369/96 e 376/96, in Raccolta, 1999, p. I-8453 ss.NLCC 3/4-2009


750reg. CE n. 593/2008[Art. 7]Art. 7.(Contratti di assicurazione)1. Il presente articolo si applica ai contratti di cui al paragrafo 2, a prescindere dal fatto che ilrischio coperto sia situato in uno Stato membro, e a tutti gli altri contratti di assicurazione checoprono rischi situati nel territorio degli Stati membri. Esso non si applica ai contratti di riassicurazione.2. I contratti di assicurazione relativi ai grandi rischi quali definiti all’articolo 5, lettera d),della prima direttiva 73/239/CEE del Consiglio, del 24 luglio 1973, recante coordinamentodelle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative in materia di accesso e di eserciziodell’assicurazione diretta diversa dall’assicurazione sulla vita sono disciplinati dalla leggescelta dalle parti conformemente all’articolo 3 del presente regolamento.Nella misura in cui la legge applicabile non è stata scelta dalle parti, il contratto di assicurazioneè disciplinato dalla legge del paese in cui l’assicuratore ha la residenza abituale. Se dalcomplesso delle circostanze del caso risulta chiaramente che il contratto presenta collegamentimanifestamente più stretti con un paese diverso, si applica la legge di tale diverso paese.3. Nel caso di un contratto di assicurazione diverso da un contratto rientrante nel campo diapplicazione del paragrafo 2, le parti possono scegliere solo le seguenti leggi a norma dell’articolo3:a) la legge di uno Stato membro nel quale il rischio è situato al momento della conclusionedel contratto;b) la legge del paese nel quale il contraente assicurato ha la residenza abituale;c) per l’assicurazione sulla vita, la legge dello Stato membro di cui il contraente assicuratoha la cittadinanza;d) per un contratto di assicurazione limitato ad eventi che si verifichino in un dato Statomembro diverso dallo Stato membro in cui il rischio è situato, la legge di tale Stato membro;e) la legge di uno degli Stati membri interessati o la legge del paese nel quale il contraenteassicurato ha la residenza abituale, se il contraente assicurato di un contratto rientrante nelcampo di applicazione del presente paragrafo esercita un’attività commerciale o industriale ouna professione liberale e il contratto di assicurazione copre due o più rischi che riguardano taliattività e sono situati in Stati membri diversi.Quando nei casi di cui alle lettere a), b)oe) gli Stati membri in questione accordano una piùampia libertà di scelta della legge applicabile al contratto di assicurazione, le parti possono avvalersidi tale libertà.Nella misura in cui la legge applicabile non è stata scelta dalle parti in conformità del presenteparagrafo, il contratto è disciplinato dalla legge dello Stato membro nel quale il rischio è situatoal momento della conclusione del contratto.4. Le seguenti regole addizionali si applicano ai contratti di assicurazione che coprono rischiper i quali uno Stato membro impone un obbligo di assicurazione:a) il contratto di assicurazione soddisfa l’obbligo di contrarre un’assicurazione solo qualorasia conforme alle disposizioni specifiche relative a detta assicurazione previste dallo Stato membroche impone l’obbligo. Quando le disposizioni della legge dello Stato membro in cui è situatoil rischio sono in contraddizione con quelle della legge dello Stato membro che impone l’obbligodi contrarre un’assicurazione, prevalgono queste ultime;b) in deroga ai paragrafi 2e3,unoStato membro può stabilire che il contratto di assicurazionesia disciplinato dalla legge dello Stato membro che impone l’obbligo di assicurazione.5. Ai fini del paragrafo 3, terzo comma, e del paragrafo 4, quando il contratto copre rischi situatiin più di uno Stato membro, il contratto è considerato come costituito da più contratti,ciascuno dei quali riferito ad un solo Stato membro.NLCC 3/4-2009


[Art. 7] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 7516. Ai fini del presente articolo, il paese in cui il rischio è situato è determinato in conformitàdell’articolo 2, lettera d), della seconda direttiva 88/357/CEE del Consiglio, del 22 giugno1988, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative riguardantil’assicurazione diretta diversa dall’assicurazione sulla vita e fissa le disposizioni volte ad agevolarel’esercizio effettivo della libera prestazione di servizi e, nel caso dell’assicurazione sulla vita,il paese in cui il rischio è situato è il paese dell’impegno, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1,lettera g), della direttiva 2002/83/CE.Sommario: 1. La legge applicabile al contratto di assicurazionetra Convenzione di Roma e sistema comunitario.– 2. Gli strumenti di diritto comunitario settoriale.– 3. L’ambito di applicazione dell’art. 7 del reg.« Roma I ». Il rilievo delle situazioni strettamente infracomunitarie.– 4. Il « rinvio » operato dalla normaal diritto comunitario speciale. La qualificazione deicontratti di assicurazione e la localizzazione del rischio.– 5. La disciplina dei contratti di assicurazionerelativi ai grandi rischi. – 6. La disciplina dei contrattidi assicurazione che assicurano rischi di massa compresele assicurazioni sulla vita. – 7. La nozione di« contraente assicurato ». – 8. Le norme imperative rilevantiin materia assicurativa e la nozione di interessegenerale. – 9. Conflitti di leggi in materia assicurativae mercato interno. – 10. Il coordinamento tra il reg.« Roma I » e gli strumenti settoriali aventi un’incidenzasulla legge applicabile. – 11. Considerazioni conclusive.( 1 ) Tra i primi commenti alla norma, Malatesta,Si è persa l’occasione per fare chiarezza nel settore strategicodelle assicurazioni, inGuida al dir. - Diritto Comunitarioe Internazionale, 2008, n. 5, p. 18; B.Ubertazzi, Il regolamento Roma I sulla legge applicabilealle obbligazioni contrattuali, Milano, 2008, p. 88ss.1. – Nel corso dell’iter legislativo di approvazionedel reg. CE n. 593/2008 è stato introdottol’art. 7 con cui si estende il campo di applicazionedel regolamento ai contratti assicurativi ( 1 ).La nuova norma si prefigge innanzitutto lo scopodi dettare una disciplina protettiva nelle ipotesiin cui l’assicurato si presenti come contraente« debole » e vada quindi tutelato dal poterenegoziale dell’assicuratore. Da questo puntodi vista, dunque, il regolamento separa la disciplinadei contratti di assicurazione da quelladei contratti dei consumatori, ricomprendendonell’ambito di applicazione dell’art. 7 tutte leipotesi in cui sussistano quelle stesse esigenze ditutela dell’assicurato quale contraente debolecui l’art. 6 del reg. « Roma I » risulta ispirato( 2 ). Infatti, in base al sistema previgente, accadevaspesso che la Convenzione di Roma, mediantel’applicazione dell’art. 5, relativo ai contrattidei consumatori, senza una ragionevole ratio,tutelasse maggiormente l’assicurato consumatorein situazioni poco collegate con il territoriocomunitario, rispetto al caso di situazionistrettamente infracomunitarie sottoposte al regimedel diritto comunitario ( 3 ).In precedenza, la Convenzione di Roma nonsi applicava « ai contratti di assicurazione per lacopertura di rischi localizzati nei territori degliStati membri della Comunità economica europea» (art. 1, par. 3), facendo invece rientrarenella disciplina generale il diritto applicabile aicontratti di riassicurazione ( 4 ).L’esclusione dei contratti di assicurazione fu( 2 ) Ai fini del coordinamento con l’art. 6, il regolamentoin merito è piuttosto chiaro in quanto, differentemente,come abbiamo rilevato, dal sistema precedente,separa nettamente la disciplina dei consumatori,contenuta nell’art. 6, da quella in commento,dichiarando nel 32 o considerando che le disposizionispecifiche in materia di contratti di assicurazione dovrebberogarantire un adeguato livello di tutela dei titolaridi polizza tale da rendere inapplicabile l’art. 6 atali particolari contratti.( 3 ) Così Loussouarn, Les conflit de lois en matièrede contract d’assurance et la directive communautairedu 22 juin 1988, inRev. giur. ass. terr., 1989, p.305; Frigessi di Rattalma, Il contratto internazionaledi assicurazione, Padova, 1990, p. 68; Biancarelli,Rapport, inL’application du droit du contractd’assurance dans le marché unique européen, Paris,1992, p. 20; Cousy, Rapport, ibidem, p.87.( 4 ) Infatti, in base all’art. 1, par. 4 della Convenzionel’esclusione dall’ambito di applicazione dellastessa non comprende i contratti di riassicurazioneovvero i contratti con i quali un assicuratore assicuracon un’altra impresa i rischi assunti. Il trasferimentodel rischio avviene mediante la stipulazione di contrattidi assicurazione e il soggetto destinatario dei rischitrasferiti è quindi un assicuratore. In questo casoquest’impresa stipulerà con un’altra impresa assicu-NLCC 3/4-2009


752reg. CE n. 593/2008[Art. 7]determinata dalla circostanza che, parallelamentealle trattative sulla Convenzione di Roma,un altro gruppo di esperti definiva appositenorme di diritto internazionale privato in materiadi assicurazioni con riferimento ai rischi localizzatinell’area comunitaria, lavori che – comevedremo – hanno prodotto direttive settorialiper il settore assicurativo di rilievo anchesotto il profilo della legge applicabile ( 5 ). NellaRelazione Giuliano-Lagarde che accompagnavala Convenzione di Roma fu chiarito che gli Statimembri restavano liberi di adottare norme diconflitto modellate secondo la disciplina convenzionaleanche per contratti di assicurazioneesclusi dall’ambito della stessa Convenzione erispettando il primato del diritto comunitario inmateria ( 6 ). Tuttavia, la disciplina dettata dallaConvenzione di Roma, oltre che essere inadeguataa risolvere i problemi peculiari della materiaassicurativa offriva una protezione insufficienteall’assicurato-consumatore ( 7 ).Infatti, l’esigenza di protezione sociale delcontraente debole è affidata principalmente allaformulazione dei criteri di collegamento. Taleesigenza orienta la scelta verso lo Stato di localizzazionedel rischio, mentre il massimo pericolonei confronti dell’assicurato si realizza applicandoil criterio di collegamento della volontàdelle parti quale strumento privilegiato dallaConvenzione di Roma. In effetti, la posizione dipreminenza dell’impresa assicuratrice nella stipulazionedel contratto determina che la stessaimpresa possa imporre la presenza, nel contrattostesso, di una clausola che individui qualelegge regolatrice la legge più rispondente ai propriinteressi.2. – Lo stretto legame tra le esigenze di regolamentazionedei servizi assicurativi nel mercatointerno e la pertinente disciplina conflittuale hafatto sì che le soluzioni comunitarie di dirittointernazionale privato siano differenti in base algrado di connessione con il territorio comunitariodelle fattispecie rilevanti, dovendosi distinguerea seconda che il rischio sia localizzato oratrice, che agirà come riassicuratore, un opportunocontratto di riassicurazione.La riassicurazione è quindi il contratto con cui l’assicuratore(riassicurato) trasferisce una parte del rischioo dei rischi assunti ad un altro assicuratore(riassicuratore), ferma restando l’estraneità dell’assicurato.In dottrina, Zanelli, La convenzione di Romadel 19 giugno 1980 e l’attività assicurativa, inVersouna disciplina comunitaria della legge applicabile aicontratti, a cura di Treves, Padova, 1983, p. 254 ss.Sul regime internazionalprivatistico in materia dicontratti di assicurazione prima dell’entrata in vigoredella Convenzione di Roma, G.M. Ubertazzi, Studisul contratto di assicurazione nel diritto internazionaleprivato, inRiv. dir. internaz., 1962, pp. 319 ss.( 5 ) Esiste un complesso coerente di norme di conflittoapplicabili al settore dell’assicurazione nelle direttiveseguenti: seconda direttiva « assicurazione diversadall’assicurazione sulla vita » (dir. 1988/357/CEE del 22 giugno 1988), quale completata e modificatadalle dir. 1992/49/CEE e dir. 2002/13/CE; secondadirettiva « assicurazione sulla vita » (dir. 1990/619/CEE dell’8 novembre 1990), quale completata emodificata dalle dir. 1992/96/CEE e dir. 2002/12/CE.( 6 ) In particolare, « sull’opportunità di includereod escludere dal campo di applicazione delle normeuniformi la materia relativa ai contratti di assicurazionesi è svolto un lungo dibattito in seno al gruppo. Lasoluzione definitivamente adottata è quella riportatanel par. 3 dell’art. 1. In base a questo paragrafo, le disposizionidella Convenzione non si applicano ai contrattidi assicurazione relativi a rischi situati nei territoridegli Stati membri della Comunità economicaeuropea. L’esclusione di cui trattasi tiene conto deilavori in corso nel quadro della Comunità in materiad’assicurazione. Pertanto, le norme uniformi si applicanoai contratti d’assicurazione relativi a rischi situatifuori dai suddetti territori. Gli Stati rimangono, peraltro,liberi di applicare norme modellate su quelledella Convenzione anche ai rischi situati nella Comunità,fatto salvo quanto sarà stabilito nella regolamentazionecomunitaria ».( 7 ) Così Forlati Picchio, La legge applicabile alcontratto di assicurazione, problemi di raccordo fraConvenzione di Roma e diritto comunitario, inVersouna disciplina comunitaria, cit., p. 140. Occorre, comunque,rilevare che la lacuna prodotta dalla Convenzionedi Roma è stata in parte colmata dall’art. 57l. n. 218/95 che ha consentito una riespansione delregime convenzionale nei casi in cui si trattava di individuarela legge regolatrice di contratti di assicurazionerelativi alla copertura di rischi localizzati nelterritorio comunitario non riconducibili alle fattispecieassicurative considerate dalle norme speciali e neicasi in cui le norme speciali sopra citate prevedevanoche per tutti gli aspetti dello statuto internazionalprivatisticodei contratti di assicurazione da esse non disciplinati– quali forma e capacità –si applicassero lenorme generali di diritto internazionale privato inmateria di obbligazioni contrattuali in vigore nelloStato membro.NLCC 3/4-2009


[Art. 7] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 753meno in uno Stato membro e che l’assicuratoresia o meno stabilito nella Comunità.Nel sistema della Convenzione di Roma, lasola disciplina pertinente riguardava il rischiolocalizzato al di fuori del territorio dell’Unione,indipendentemente dalla circostanza che l’assicuratorefosse o meno stabilito nella Comunità.Conseguentemente, applicando le norme generalidella Convenzione (art. 4), in mancanza discelta della legge, si presumeva che il contrattopresentasse il collegamento più stretto col Paesenel quale era stabilito l’assicuratore. In pratica,ciò significava che, in assenza di scelta, i contrattidi assicurazione relativi a rischi extracomunitarierano regolati dalla legge del Paese incui aveva sede l’impresa assicuratrice, qualecontraente che forniva la prestazione caratteristica.Con l’adozione delle pertinenti direttive comunitarie,erano queste a dettare il diritto applicabilenelle ipotesi di rischio localizzato nel territoriodell’Unione e sempre che tale rischio fosseassicurato da un prestatore stabilito nellostesso territorio.Le regole di conflitto ad hoc poste con riferimentoai contratti di assicurazione sulla vita edai contratti di assicurazione danni costituiscononorme speciali prevalenti sulle norme contenutenella Convenzione di Roma.In materia conflittuale assumono rilievo le direttivedi « prima generazione » (dir. 1993/239/CEE « danni » e dir. 1979/267/CEE « vita») ( 8 ), di « seconda generazione » (dir. 1988/357/CEE « danni » e dir. 1990/619/CEE « vita») ( 9 ), e « terza generazione » (dir. 1992/49/( 8 ) Prima dir. 1973/239/CEE del 24 luglio 1973,recante coordinamento delle disposizioni legislative,regolamentari ed amministrative in materia di accessoe di esercizio dell’assicurazione diretta diversa dell’assicurazionesulla vita (in G.U.C.E. n. L 2<strong>28</strong> del 16agosto 1973, p. 3 ss.); prima dir. 1979/267/CEE del 5marzo 1979, recante coordinamento delle disposizionilegislative, regolamentari ed amministrative riguardantil’accesso all’attività dell’assicurazione direttasulla vita ed il suo esercizio (ivi n. L 63 del 13 marzo1979, p. 1 ss.).( 9 ) Seconda dir. 1988/357/CEE del 22 giugno1988, recante coordinamento delle disposizioni legislative,regolamentari ed amministrative riguardantil’assicurazione diretta diversa dell’assicurazione sullavita, e alla fissazione delle disposizioni volte ad agevolarel’esercizio effettivo della libera prestazione diCEE « danni » e dir. 1992/96/CEE « vita») ( 10 ).Le direttive precisano quando un rischio deb-servizi e che modifica la dir. 1973/239/CEE (inG.U.C.E. n. L 172 del 4 luglio 1988, p. 1 ss.); secondadir. 1990/619/CEE dell’8 novembre 1990, che coordinale disposizioni legislative, regolamentari e amministrativeriguardanti l’assicurazione diretta sulla vita,fissa le disposizioni destinate a facilitare l’esercizio effettivodella libera prestazione di servizi e modifica ladir. 1979/267/CEE (in G.U.C.E. n. L 330 del <strong>29</strong> novembre1990, p. 50 ss.).( 10 ) Terza dir. 1992/49/CEE del 18 giugno 1992,che coordina le disposizioni legislative, regolamentaried amministrative riguardanti l’assicurazione direttadiversa dell’assicurazione sulla vita e che modifica ledir. 1973/239/CEE e dir. 1988/357/CEE (inG.U.C.E. n. L 2<strong>28</strong> dell’11 ottobre 1992, p. 1 ss.). Terzadir. 1992/96/CEE del 10 novembre 1992, checoordina le disposizioni legislative, regolamentari edamministrative riguardanti l’assicurazione diretta sullavita e che modifica le dir. 1979/267/CEE e dir.1990/619/CEE (in G.U.C.E. n. L 360 del 9 dicembre1992, p. 1 ss.). In dottrina, Tizzano, Normativa comunitariae legislazione italiana in tema di assicurazioni,inRiv. dir. eur., 1980, p. 225; Pocar, Conflitti dileggi e giurisdizione in materia di assicurazioni nellaComunità Economica Europea, inRiv. dir. internaz.priv. e proc., 1987, p. 417; Zimolo, Problemi di armonizzazionelegislativa e di controllo nel quadro del mercatounico europeo, inAssicurazioni, 1990, p. 401 ss.;Capotosti, Determinazione della legge applicabile alleobbligazioni contrattuali in talune fattispecie assicurative,inAssicurazioni, 1991, pp. 63 ss.; Volpe Putzolu,L’influenza della normativa comunitaria sulcontratto di assicurazione, ibidem, p. 113 ss.; Levie,Droit europeen des assurances, Bruxelles, 1992; Celle,Le nuove norme di diritto internazionale privatoapplicabili ai contratti di assicurazione merci relativi arischi localizzati nella CE, in Dir. comm. internaz.,1995, p. 176 ss.; Frigessi di Rattalma, Luci e ombredel nuovo diritto internazionale privato sul contrattodi assicurazione, inDir. econ. ass., 1996, p. 3<strong>29</strong> ss.;Id., La legge applicabile al contratto di assicurazionenell’attuazione delle direttive comunitarie, inRiv. dir.internaz. priv. e proc., 1996, p. 19 ss.; Celle, I contrattidi assicurazione grandi rischi nel diritto internazionaleprivato, Padova, 2000; Seatzu, Insurance inPrivate International Law, Portland, 2003; Basedow,Consumer Contracts and Insurance Contracts in a FutureRome I Regulation, inEnforcement of InternationalContracts in the European Union, a cura di Meeusen,Pertegás e Straetmans, Antwerp, 2004, p. <strong>28</strong>6;Merret, The Scope of the Conflict of Laws Provisionsin the European Insurance Directives, inJournal ofPriv. Internat. Law, 2006, p. 409.NLCC 3/4-2009


754reg. CE n. 593/2008[Art. 7]ba intendersi localizzato nel territorio di unoStato membro contribuendo indirettamente allaindividuazione delle ipotesi in cui la convenzioneopera per forza propria.Il regime introdotto dalle direttive regolaesclusivamente la legge applicabile alla sostanzadei contratti, mentre la Convenzione di Roma siapplica ad altri profili quali la forma, la prova,la cessione del credito, ecc. Le direttive in esameprevedono peraltro che per gli aspetti di dirittointernazionale privato da esse non disciplinatisi applichino le norme generali in materiavigenti. Come è noto, il legislatore italiano hadisposto un rinvio residuale alla Convenzione diRoma ( 11 ). Questo rinvio – come è stato benemesso in luce in dottrina ( 12 ) –èdi tipo diversorispetto a quello di cui all’art. 57 l. n. 218/95,avendo luogo nel contesto di una disciplina specialeemanata in ottemperanza ad obblighi didiritto comunitario e, dunque, in piena armoniacon il suo « primato » anche rispetto alla convenzione( 13 ).( 11 ) Cfr. l’art. 108 del d.lgs. n. 174/1995, relativo aicontratti di assicurazione « vita », el’art. 122 del d.lgs.n. 175/1995, relativo ai contratti di assicurazione« non vita ». Tali norme sono state successivamenteabrogate dal d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209, recanteil codice delle assicurazioni private. E comunque, allaluce del reg. CE n. 593/2008, tuttavia, tale « rinvio »,deve ritenersi tacitamente abrogato.( 12 ) Così Benedettelli, <strong>Commento</strong> all’art. 57 legge31 maggio 1995, in questa Rivista, 1996, p. 1381.( 13 ) Il rapporto tra queste diverse fonti è spesso didifficile ricostruzione per effetto del complicatissimogiuoco derivante dai diversi criteri di applicabilità edai diversi criteri di collegamento posti dalla Convenzionedi Roma, dalle direttive « vita » e « non vita »della seconda generazione, e dalle norme di recepimentodei diversi Stati membri che talora a loro voltarinviano alla disciplina convenzionale. In realtà inquesti casi la soluzione andrebbe cercata considerandola Convenzione di Roma – così come il reg. « RomaI »–come una sorta di lex generalis, volta alla tuteladi valori classici di giustizia internazionalprivatistica,sulla quale potrà eventualmente prevalere a titolodi specialità la disciplina conflittuale posta inparticolari settori per soddisfare specifici obiettivi dirilevanza più strettamente materiale; eventualmentedicevamo, in quanto potranno darsi dei casi nei qualitali obiettivi risulteranno già conseguibili attraversol’ordinario operare della disciplina generale. Per ulterioriraggu<strong>agli</strong> cfr. Benedettelli, ConnectingFactors, Principles of Coordination between ConflictCon riguardo a queste speciali regole di conflitto,la dir. 2002/83/CE del 5 novembre2002 ( 14 ), che ha abrogato la dir. 1990/619/CE,dispone (art. 32, par. 1) che « la legge applicabileai contratti relativi alle attività previste dallapresente direttiva è quella dello Stato membrodell’impegno. Tuttavia, se il diritto di tale Statolo permette, le parti possono scegliere la legge diun altro Paese ». In forza dell’art. 32, par. 2,« quando il contraente è una persona fisicaavente residenza abituale in uno Stato membrodiverso da quello di cui ha la cittadinanza, leparti possono scegliere la legge dello Stato membrodi cui il contraente ha la cittadinanza ».Dunque, in base a questa speciale disciplina, inmateria di assicurazione vita, prevale, quale regolagenerale, la legge dello Stato di residenzaabituale dell’assicurato, qualora quest’ultimo siaun privato. Questa soluzione, che colloca l’assicuratoin una situazione analoga a quella delconsumatore, corrisponde a quella che vige altresìnella maggior parte dei paesi terzi.Il regime di diritto internazionale privatoadottato invece dalla dir. 1988/357/CEE ( 15 )per i contratti relativi a grandi rischi è difformeda quello applicabile <strong>agli</strong> altri rischi di massa inquanto alle parti è riconosciuta un’ampia libertàcirca la scelta della legge applicabile. In particolare,l’art. 7 della seconda direttiva « danni »stabilisce in quale misura le parti possono sceglieretale legge e con quali criteri debba essereindividuata la legge regolatrice del rapporto assicurativoin mancanza di scelta. Il solo limiteprevisto dalla seconda direttiva « danni » all’autonomiaprivata nella determinazione della leggeapplicabile ai contratti di assicurazione grandirischi si ha quando al momento della sceltatutti i dati di fatto si riferiscano ad un solo Statomembro. In questo caso, la scelta delle partinon può recare pregiudizio alle disposizioni diSystems, Criteria of Applicability: three Different Notionsfor a « European Community Private InternationalLaw », inDir. Unione eur., 2005, p. 421 ss.( 14 )InG.U.C.E. n. L 345 del 19 dicembre 2002, p.1 ss. Direttiva modificata da ultimo dalla dir. 2008/19/CE dell’11 marzo 2008 (in G.U.U.E. n.L76del19 marzo 2008, p. 44 ss.).( 15 ) Direttiva modificata da ultimo dalla dir. 2005/14/CE dell’11 maggio 2005 (in G.U.U.E. n. L 149dell’11 giugno 2005, p. 14 ss.).NLCC 3/4-2009


[Art. 7] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 755tale Stato cui non è consentito derogare percontratto.Ai sensi dell’art. 7, par. 1, lett. a), « quando ilcontraente assicurato ha la residenza abituale ol’amministrazione centrale nel territorio delloStato membro in cui il rischio è situato, la legislazioneapplicabile ai contratti di assicurazioneè quella di tale Stato membro. Tuttavia, qualorala legislazione di tale Stato lo consenta, le partipossono scegliere la legislazione di un altro Paese». Inoltre, secondo l’art. 7, par. 1, lett. b),« quando il contraente assicurato non ha la residenzaabituale o l’amministrazione centrale nelloStato membro in cui il rischio è situato, leparti del contratto di assicurazione possono scegliereo la legislazione dello Stato membro incui il rischio è situato o quella del Paese in cui ilcontraente ha la residenza abituale o l’amministrazionecentrale ».3. – L’art. 7 del reg. « Roma I » introduce, comesi è accennato, le regole di conflitto specificheper i contratti assicurativi ( 16 ).( 16 ) La soluzione accolta nella proposta dellaCommissione era stata quella di creare un allegatoche riprendesse le norme di conflitto contenute neglistrumenti settoriali, da aggiornare regolarmente, ingrado di migliorare la leggibilità e la trasparenza dellenorme applicabili in materia. Si veda, al riguardo,Jud, Neue Dimensionen privatautonomer Rechtswahl:Die Wahl nichtstaatlichen Rechts im Entwurf derRom I-Verordnung,inJuristische Blätter, 2006, p. 695ss.; Mankowski, Stillschweigende Rechtswahl undwählbares Recht, inDas Grünbuch zum InternationalenVertragsrecht: Beiträge zur Fortentwicklung dervertr<strong>agli</strong>chen Schuldverhältnisse, a cura di Leible,München, 2004, p. 86 ss.; Schäfer, Die Wahl nichtstaatlichenRechts nach Art 3 Abs 2 des Entwurfs einerRom I VO: Auswirkungen auf das optionale Instrumentdes europäischen Vertragsrechts, inZeitschriftfür Gemeinschaftsprivatrecht, 2006, p. 54 ss.; Fountoulakis,The Parties Choice of « Neutral Law » inInternational Sales Contracts, inEur. Journal of LawReform, 2005, p. 303 ss.; James, Time to Slice and Dicein the Contractual Kitchen?, inNew Features inContract Law, a cura di Schulze, München, 2007, p.<strong>29</strong>9 ss.; Kondring, Nichtstaatliches Recht als Vertragsstatutvor staatlichen Gerichten – oder: Privatkodifikationenin der Abseitsfalle?, inIPRax, 2007, p. 241ss.; Heiss, Die Vergemeinschaftung des internationalenVertragsrechts durch « Rom I » und ihre Auswirkungenauf das österreichische internationale Privatrecht,inJournal of Business Law, 2006, p. 750 ss.;La norma ripropone l’articolazione per categoriedi contratti utilizzata nella disciplina delledirettive sopra citate. Essa, in particolare, differenziai contratti relativi ai grandi rischi (art. 7,par. 2); i contratti relativi ai rischi di massa, inclusele assicurazioni sulla vita (art. 7, par. 3) e icontratti relativi alle assicurazioni obbligatorie(art. 7, par. 4). I grandi rischi, per la cui qualificazionesi rinvia espressamente alla dir. 1973/239/CEE, rientrano interamente nell’ambito diapplicazione della norma, a prescindere dallacircostanza che il rischio coperto sia situato inuno Stato membro; i contratti diversi da questi,generalmente noti come rischi di massa, inclusele assicurazioni sulla vita (par. 3), rientrano nell’ambitodi applicazione della norma solo nelcaso in cui i rischi siano situati nel territorio comunitario.L’art. 7, dunque, con l’eccezione deicontratti di assicurazione sulla vita dei lavoratoridi cui all’art. 1, par. 2, lett. j) ( 17 ), ricomprendetutti i contratti di assicurazione.Alle categorie sopra illustrate corrispondonoevidentemente diverse soluzioni di conflitto, sucui torneremo di seguito più specificatamente.In particolare, l’art. 7 dispone l’applicazionedelle regole in esso previste ai contratti relativiLagarde, Remarques sur la proposition de règlementde la Commission européenne sur la loi applicable auxobligations contractuelles (Rome I),inRev. crit. dr. internat.privé, 2006, p. 331 ss.; Mankowski, Der Vorschlagfür die Rom I-Verordnung, inIPRax, 2006, p.101 ss.; McGuire, Die geplante Umwandlung desEVÜ in die Rom I-VO, inEcolex, 2006, n. 5, p. 441ss.; Schmidt-Kessel, Neues aus Brüssel, in Zeitschriftfür Gemeinschaftsprivatrecht, 2006, p. 47 ss.;Lando e Nielsen, The Rome I Proposal, inJournalof Priv. Internat. Law, 2008, p. <strong>29</strong> ss. In forza dell’art.22 della Proposta « il presente regolamento non pregiudical’applicazione o l’adozione degli atti emanatidalle istituzioni delle Comunità europee i quali: a) inmaterie particolari disciplinano i conflitti di leggi nelcampo delle obbligazioni contrattuali; un elenco ditali atti attualmente in vigore figura nell’allegato I ».Nell’elenco degli atti di cui all’art. 22, lett. a), figuravano,tra l’altro, la seconda dir. « assicurazione diversadall’assicurazione sulla vita » (dir. 1988/357/CEEdel 22 giugno 1988, come completata e modificatadalle dir. 1992/49/CEE e 2002/13/CE) e la secondadir. « assicurazione sulla vita » (dir. 1990/619/CEEdell’8 novembre 1990 come completata e modificatadalle dir. 1992/96/CEE e dir. 2002/12/CE).( 17 ) In proposito v. Pizzolante, supra, commentosub art. 1, par. 2.NLCC 3/4-2009


756reg. CE n. 593/2008[Art. 7]ai grandi rischi, in qualsiasi Stato questi sianoubicati, e a tutti i contratti che coprono rischi dimassa situati nel territorio dell’Unione, ma nonai contratti di riassicurazione. La regola sancisce,inoltre, il principio della libertà di sceltadella legge applicabile per i contratti di assicurazioneche coprano grandi rischi; in caso dimancata scelta si dichiara applicabile la leggedello Stato in cui l’assicuratore ha la residenzaabituale, fatto salvo comunque il criterio del piùstretto collegamento del contratto con un Paesediverso, nel qual caso si rinvia alla legge dellostesso.Per gli altri contratti la scelta è possibile soloall’interno delle leggi specificamente elencatedall’art. 7, par. 3, vale a dire: a) la legge del Paesemembro di ubicazione del rischio; b) la leggedel Paese di residenza abituale del contraente;c) la legge del Paese membro di cittadinanza delcontraente nel caso di assicurazione sulla vita;d) la legge del Paese membro – diverso dal Paesemembro di ubicazione del rischio – in cui si èverificato l’evento coperto dal contratto, qualorail contratto si limiti ad assicurare eventi che siverifichino specificamente in quel Paese; infinee) per i rischi ubicati in Stati membri diversi elegati all’attività commerciale, industriale o professionaledell’assicurato, la legge di uno di dettiStati ovvero la legge del Paese di residenza dell’assicuratomedesimo. Inoltre, se gli Stati membriaccordano una più ampia libertà di scelta,per le ipotesi a), b)ede), le parti potranno avvalersidi tale libertà. In caso di mancata scelta, siapplicherà la legge del Paese in cui è ubicato ilrischio al momento della conclusione del contratto.Come si evince chiaramente, l’art. 7, par. 3,disciplina principalmente le situazioni assicurativestrettamente connesse con il territorio comunitario.Infatti, queste disposizioni sono limitateai soli rapporti infracomunitari poiché essesi applicano non solo quando i rischi sono localizzatiin uno Stato membro, secondo i criteri richiamatidal par. 6, ma anche – normalmente( 18 ) – solo se richiamano la legge di uno Stato( 18 )L’unica eccezione è contenuta nell’art. 7, par.3, lett. b), reg. « Roma I » che consente alle parti dieleggere la legge del Paese (anche extracomunitario)nel quale il contraente assicurato ha la residenza abituale.( 19 ) Infra, par. 5.membro. Per quanto concerne la disciplinaconflittuale di rischi situati in Stati non membrisi deve fare riferimento alle norme generali delregolamento e in particolare <strong>agli</strong> <strong>artt</strong>. 3e4e,sedel caso, all’art. 6 riguardante i contratti conclusidai consumatori. La localizzazione del rischio,che, in forza dell’art. 7, par. 1, reg. « RomaI », in questo secondo caso costituisce il collegamentocon il territorio comunitario ritenutosignificativo ai fini dell’applicazione della norma,è determinata in conformità delle rilevantidisposizioni della seconda direttiva danni, cuil’art. 7, par. 6, del regolamento rimanda espressamente.Tra l’altro, come vedremo ( 19 ), anche nelleipotesi in cui la scelta delle parti determini l’applicazionedella legge di uno Stato extracomunitario,debbono essere fatte valere – in caso diparticolare attacco della fattispecie con il territoriocomunitario – le norme imperative comunitarie,con la conseguenza di rendere rilevanteil criterio di collegamento oggettivo.L’applicazione della disciplina dell’art. 7 puòessere anche esclusa nei casi dei contratti di assicurazioneobbligatoria, cui sono dedicate (par.4) alcune regole addizionali, mutuate dalle corrispondentidisposizioni delle direttive. Infatti,l’assicurazione obbligatoria o quei tipi di assicurazioniche in alcuni Stati membri sostituisconocoperture di sicurezza sociale obbligatorie (adesempio, l’assicurazione sanitaria o alcuni tipi diassicurazione sulla vita) sono state oggetto di unregime specifico. Tali prodotti assicurativi sonocostruiti in base alle norme vincolanti emanatedallo Stato membro che impone l’obbligo alloscopo di raggiungere gli obiettivi sottesi a questotipo di assicurazioni. La norma, dunque, intali tipologie contrattuali prevede che si applichila legge dello Stato membro in cui è situatoil rischio salva la prevalenza, in caso di contrasto,della legge dello Stato membro che imponel’obbligo di contrarre un’assicurazione. Il legislatorecomunitario fa comunque salva l’eventualedisciplina interna che rinvii alla legge delloStato membro che impone l’obbligo di assicurazione.Inoltre, è esclusa dall’ambito di applicazionedella norma la disciplina dei contratti di riassicurazione,rimessa, come nella Convenzione, al-NLCC 3/4-2009


[Art. 7] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 757la normativa generale applicabile alle obbligazionicontrattuali, a prescindere dalla localizzazionedel rischio. Tali contratti, come si è accennato,intervengono tra società di assicurazionenell’esercizio di attività di impresa e quindi nonpongono problemi particolari con riguardo allatutela degli assicurati.4. – L’art. 7 del reg. CE n. 593/2008 assorbenella propria disciplina conflittuale le regolespecifiche prima enunciate nelle direttive di settore,al punto che l’art. 23 del regolamentoesclude la necessità di preservare in materia laprevalenza di norme speciali comunitarie. Delresto, lo stesso art. 7 rinvia a tali direttive sia perla qualificazione del contratto di assicurazione(art. 7, par. 2), sia per la localizzazione del rischio(art. 7, par. 6).In forza di questo « rinvio », il regolamentoadopera, ad esempio, alcune nozioni tipiche delsettore che sono necessarie ai fini della sua applicazione.Nel corso di questi ultimi anni, infatti,il diritto comunitario derivato ha delineatodue grosse tipologie di contratti di assicurazione:quelli di massa e quelli spiccatamente internazionaliche coincidono con i grandi rischi, incui è riconosciuta alle parti un’ampia facoltà dideterminare in modo autonomo il contenuto sostanzialedel rapporto. Il rinvio operato dall’art.7, par. 2, all’art. 5, lett. d) della prima direttiva« danni » del 1973, così come successivamenteemendata, e al relativo allegato consente di qualificaredirettamente, come subito illustreremo,i contratti grandi rischi. Tale rinvio, peraltro,permette di qualificare indirettamente anche irischi di massa comprese le assicurazioni sullavita, laddove l’art. 7 dispone che il par. 3 si applicaai contratti di assicurazione diversi daicontratti rientranti nel campo di applicazionedel par. 2.Sono contratti di assicurazione grandi rischiquelli relativi all’assicurazione di veicoli di trasportoe alla responsabilità civile derivante dalloro uso, o quelli relativi a rischi riguardanti irami del credito e delle cauzioni, purché il contraenteeserciti a titolo professionale un’attivitàindustriale, commerciale o liberale e il rischiosia relativo a tale attività, o ancora l’assicurazionedi corpi di veicoli aerei, marittimi, lacustri,ferroviari, fluviali, nonché la responsabilità civilederivante dall’uso di tali veicoli, tranne quelliferroviari, che appartengono a questa categoriaper la circostanza stessa di essere relativi a settoritipici del commercio internazionale.Nella categoria dei grandi rischi rientrano,tuttavia, anche tutti i contratti che, indipendentementedall’assicurazione di un rischio spiccatamentetransnazionale, assicurino un soggettoche – per stato patrimoniale, volume d’affari enumero di dipendenti – non necessita della tutelatipica riconosciuta in caso di rischi di massa.Con riguardo al problema dei criteri per la localizzazionedei rischi, in forza dell’art. 7, par. 6,« il Paese in cui il rischio è situato è determinatoin conformità dell’art. 2, lett. d), della secondadir. 1988/357/CEE del Consiglio, del 22 giugno1988, che coordina le disposizioni legislative,regolamentari ed amministrative riguardantil’assicurazione diretta diversa dall’assicurazionesulla vita e fissa le disposizioni volte ad agevolarel’esercizio effettivo della libera prestazione diservizi »; nel caso dell’assicurazione sulla vita, ilPaese in cui il rischio è situato è il Paese dell’impegno,ai sensi dell’art. 1, par. 1, lett. g), delladir. 2002/83/CE.La scelta operata dal regolamento di rinviarealle direttive citate per individuare i criteri di localizzazionedel rischio riporta in definitiva allanormativa che ciascuno Stato membro ha adottatoin attuazione delle medesime direttive ( 20 )anche se il margine discrezionale offerto dalladisciplina comunitaria non consente di delineareuna nozione completamente uniforme ( 21 ).( 20 ) Così Clarke, The Law of Insurance Contracts,London, 1991, p. 3; O’Dowd, The Law GoverningInsurance Contracts,inBritish Insurance Law AssociationJournal, 1991, p. 16; Celle, Le nuove norme didiritto internazionale privato, cit., p. 186.( 21 ) Si veda, per quanto riguarda l’Italia, l’infeliceattuazione realizzata con l’art. 180 del codice delleassicurazioni private, relativo alla legge applicabile aicontratti di assicurazione contro i danni, e con l’art.181, relativo alla legge applicabile ai contratti di assicurazionesulla vita. In particolare, entrambe le normedispongono che i contratti di assicurazione sianoregolati dalla legge italiana quando lo Stato membrodi ubicazione del rischio è il territorio italiano. Inoltrele parti possono convenire di assoggettare il contrattoalla legislazione di un altro Stato, salvo i limitiderivanti dall’applicazione di norme imperative. Icontratti relativi a rischi ubicati in un altro Statomembro sono regolati dalla legislazione del medesimoStato ed, infine, qualora il rischio sia ubicato inNLCC 3/4-2009


758reg. CE n. 593/2008[Art. 7]L’importanza data all’elemento di localizzazionedel rischio è testimoniata dalla circostanzache nel reg. « Roma I », nel caso dei contrattirelativi ai rischi di massa, comprese le assicurazionesulla vita, esso diviene criterio per la determinazionedell’ambito di applicazione del regolamento( 22 ).Il criterio di collegamento della localizzazionedel rischio ha natura giuridica e non di merofatto per cui occorre preliminarmente risolvereil problema di individuare in base a quali normedebba essere stabilita detta localizzazione ( 23 ).Se, infatti, ritenessimo tale criterio di collegamentofondato su elementi meramente fattuali,nei casi in cui il sinistro si verificasse sul territoriodi più Stati membri, si determinerebbe laconcreta impossibilità di stabilire la localizzazionedi alcune tipologie di rischio. Prima dell’entratain vigore delle direttive di seconda generazione,in mancanza di definizioni nel dirittocomunitario derivato da adottare per localizzareil rischio si operava un rinvio alla lex fori.La seconda direttiva « danni », al fine di evitareapplicazioni difformi della normativa comunitaria,fissa la nozione di Stato membro incui il rischio è localizzato, dettando criteri diversia seconda delle tipologie di rischio.In particolare, per Stato membro in cui il rischioè situato, secondo l’art. 2, lett. d), occorreintendere lo Stato membro in cui sono ubicati ibeni, quando l’assicurazione si riferisce sia a beniimmobili, sia a beni immobili e al loro contenuto,qualora questo sia coperto dalla stessa polizzaassicurativa; lo Stato membro di immatricolazione,quando l’assicurazione si riferisce aveicoli immatricolati di ogni tipo; lo Stato membroin cui il contraente assicurato ha sottoscrittoil contratto nel caso di contratti di durata inferioreo pari a quattro mesi relativi a rischi inerentiad un viaggio o a una vacanza, qualunqueuno Stato terzo, si applicano le disposizioni dellaConvenzione di Roma. In argomento, Lefranc, Laspécificité des règles de conflit de lois en droit communautairedérivé (aspects de droit privé),inRev. crit. dr.internat. privé, 2005, p. 413 ss., p. 420 ss.( 22 ) Si veda, sul tema, Partesotti, La « localizzazione» del rischio assicurato secondo il diritto italiano,in Verso una disciplina comunitaria, cit., 1983, p. 208;Picchio Forlati, La legge applicabile, cit., p. 137.( 23 ) Così Picchio Forlati, La legge applicabile,cit., p. 143.sia il ramo in questione; lo Stato membro in cuiil contraente assicurato risiede abitualmente,ovvero, se il contraente è una persona giuridica,lo Stato membro in cui è situato lo stabilimentodella persona giuridica al quale si riferisce ilcontratto, in tutti i casi non esplicitamente previstiprecedentemente.Nel caso dell’assicurazione sulla vita, invece,il rischio è situato nel Paese dell’impegno da intendersi,ai sensi dell’art. 1, par. 1, lett. g), delladir. 2002/83/CE, come lo Stato membro in cuiil contraente ha la residenza abituale ovvero, seil contraente è una persona giuridica, lo Statomembro in cui è situato lo stabilimento di talepersona giuridica a cui si riferisce il contratto.Tali direttive non chiariscono se, ai fini dellalocalizzazione del rischio, rilevi il momento dellaconclusione del contratto o quello in cui siverifica il sinistro. Tuttavia, la necessità di prevedereil regime giuridico applicabile alle fattispeciein esame induce a ritenere che il rischiodebba essere localizzato riferendosi alla situazioneesistente all’atto della conclusione delcontratto.Se si accogliesse la tesi favorevole a subordinarel’applicazione della normativa comunitariaal momento in cui si verifica il sinistro, sarebbeimpossibile localizzare il rischio tutte le volte incui il sinistro non si sia verificato, determinandoevidentemente una notevole incertezza giuridica.5. – La legge applicabile al contratto di assicurazione,in base all’art. 7 del regolamento,contribuisce a determinare il contenuto del« prodotto » assicurativo ed i termini e le condizionialle quali questo può essere offerto, sì chequalsivoglia limitazione alla facoltà delle parti discegliere la legge regolatrice del proprio rapportosi pone, in linea di principio, come un ostacoloalla libertà di stabilimento e di prestazionedei servizi che il Trattato di Roma garantisce anchealle imprese assicuratrici; d’altro canto, limitazionidi tal genere si impongono, e si giustificano,anche dal punto di vista del diritto comunitario,ogni qual volta l’assicurato si presenticome contraente « debole » e vada quindi tutelatodal potere negoziale dell’assicuratore ( 24 ).( 24 ) Così Benedettelli, <strong>Commento</strong> all’art. 57 legge31 maggio 1995, in questa Rivista, 1996, p. 1379.NLCC 3/4-2009


[Art. 7] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 759Il reg. « Roma I » cerca di bilanciare questi oppostiinteressi differenziando la disciplina a secondache si tratti di assicurare grandi rischi omeno. Come abbiamo già chiarito, l’ordinamentocomunitario ha da tempo riconosciuto le peculiaritàdei contratti che assicurano « grandi rischi» rispetto <strong>agli</strong> altri contratti di assicurazionerivolti, invece, alla generalità dei potenzialiassicurati, soprattutto in virtù della circostanzache per i primi la tutela della parte debole non èun’esigenza imperativa.La Corte di giustizia ha riconosciuto casi incui, dato il carattere del rischio assicurato e delcontraente dell’assicurazione, « non vi è necessitàdi tutelare quest’ultimo mediante l’applicazionedelle norme imperative del suo ordinamentonazionale » ( 25 ).Il reg. CE n. 593/2008 accoglie questi principinell’art. 7, par. 2, in forza del quale tali contrattisono disciplinati in primo luogo dalla leggescelta dalle parti conformemente all’art. 3dello stesso regolamento, senza restrizione alcuna.Tale scelta, oltre ad essere dettata dalle ragioniappena delineate, è strumentale all’effettivoesercizio della libera prestazione di servizi inun settore, quale quello dell’assicurazione grandirischi, caratterizzato da una marcata transnazionalità.Un principio analogo è del resto contenutoanche nell’art. 7, par. 1, lett. f) della secondadirettiva « danni » in cui è disposto cheper i grandi rischi le parti contraenti possonoscegliere qualsiasi legislazione. Anche nella suddettadirettiva, inoltre, all’art. 7, par. 1, lett. g), èinserita la clausola in forza della quale, qualoraal momento della scelta di legge tutti i dati difatto si riferiscano ad un solo Stato membro, talescelta non può recare pregiudizio alle disposizionidi tale Stato cui non è consentito derogareper contratto. Si tratta di contratti di assicurazionetutti « interni », il cui unico elementod’estraneità èdato dalla designazione, ad operadelle parti, come regolatrice del contratto, diuna legge diversa da quella del Paese nel qualesono localizzati tutti gli altri elementi della fattispecie.Il reg. « Roma I », nell’art. 3, par. 3 – cosìcome nell’analoga disposizione della Convenzionedi Roma –, consente anche in questi casil’esercizio dell’optio legis purché non si rechi« pregiudizio » alle norme imperative del Paesecui si riferiscono, al momento della scelta, tuttigli « altri elementi pertinenti alla situazione» ( 26 ).In questa maniera peraltro possono essere puresuperate le antinomie che si erano venute acreare tra la seconda direttiva « danni » e laConvenzione di Roma. Infatti, tale Convenzionecome il regolamento ritengono applicabili lenorme inderogabili del Paese membro cui si riferisconotutti i dati di fatto anche in presenzadi un pactum de lege utenda accompagnato dauna clausola di scelta del foro. La seconda direttiva« danni », invece, rende inapplicabili lenorme imperative indicate nei casi in cui, oltrealla scelta di legge applicabile, vi sia una sceltadel foro a favore di un ordinamento diverso daquello cui si riferiscono tutti gli elementi di fattodella fattispecie.Peraltro, rispetto alla Convenzione di Romaed alla iniziale proposta di regolamento, l’art. 3,par. 4, del reg. CE n. 593/2008 dispone che« qualora tutti gli altri elementi pertinenti allasituazione siano ubicati, nel momento in cui siopera la scelta, in uno o più Stati membri, lascelta di una legge applicabile diversa da quelladi uno Stato membro ad opera delle parti fa salval’applicazione delle disposizioni di diritto comunitario,se del caso, come applicate nello Statomembro del foro, alle quali non è permessoderogare convenzionalmente ». Tale norma trovaspecificamente applicazione nei contratti diassicurazione alla luce della disposizione di cuiall’art. 7, par. 2, del regolamento. Infatti, quest’ultimadisposizione utilizza il criterio di collegamentodella volontà delle parti « conformemente» all’art. 3 del regolamento.Secondo il regolamento, nella misura in cui la( 25 ) Cfr. Corte giust. CE 4 dicembre 1986, causa205/84, Commissione c. Germania, inRaccolta, 1986,p. 3755 ss., punto 49. Ovviamente per ordinamentonazionale del contraente assicurato, conformementealle regole poste nelle direttive di settore, deve intendersisia lo Stato membro in cui il contraente assicuratoha la cittadinanza sia lo Stato membro in cui lostesso contraente ha la residenza abituale.( 26 )Più precisamente, l’art. 3, par. 3, del reg. « RomaI » dispone che « qualora tutti gli altri elementipertinenti alla situazione siano ubicati, nel momentoin cui si opera la scelta, in un paese diverso da quellola cui legge è stata scelta, la scelta effettuata dalle partifa salva l’applicazione delle disposizioni alle qualila legge di tale diverso paese non permette di derogareconvenzionalmente ».NLCC 3/4-2009


760reg. CE n. 593/2008[Art. 7]legge applicabile non è stata scelta dalle parti, inlinea con il testo del nuovo art. 4, il contratto diassicurazione è disciplinato dalla legge del Paesein cui l’assicuratore ha la residenza abituale.Per questa parte, il regolamento si differenziasensibilmente dal regime previsto dal diritto comunitariospeciale, in base al quale, come si ègià chiarito, in caso di mancata coincidenza traStato di localizzazione del rischio e Stato in cuiil contraente ha la propria residenza abituale ola propria amministrazione centrale, il contrattoè disciplinato dalla legislazione del Paese – traquelle indicate dall’art. 7, par. 1, lett. a)-g) dellaseconda direttiva « danni »–con il quale la fattispecieabbia stretti legami. Sulla base di questosistema, dunque, la presunzione di collegamentopiù stretto rilevante in primis coincidecon lo Stato membro di localizzazione del rischio.Conseguentemente, mentre il regolamentoaccoglie l’applicazione della legge del prestatorecaratteristico, la seconda direttiva « danni» non prende assolutamente in considerazionetale legge con l’unica eccezione legata evidentementealla facoltà delle parti di regolare lafattispecie sulla base della legislazione del Paesedell’assicuratore.L’art. 7, par. 2, del reg. CE n. 593/2008 prevede,inoltre, che si applica la legge di un Paesediverso da quello di residenza del prestatore caratteristico,se risulta che il contratto presentacollegamenti manifestamente più stretti con ilprimo. Il carattere eccezionale di tale regola èmesso in luce dall’utilizzo del termine « chiaramente» per cui solo in casi limitati potrà derogarsialla regola generale. La soluzione accoltadal regolamento, rispetto al regime istituito dalledirettive, appare più semplice ed accessibileanche nella considerazione che, rispetto a quest’ultimo,il regolamento ha eliminato la possibilitàdi dépeçage ad opera dal giudice ( <strong>27</strong> ).Infine, è utile chiarire, ai fini della qualificazionedel criterio di collegamento della residenzaabituale, che il reg. CE n. 593/2008 ha indicatole modalità con le quali interpretare tale( <strong>27</strong> )L’art. 7, par. 1, lett. h) della dir. 1988/357/CEE, infatti, prevede che, in mancanza di scelta, seuna parte del contratto è separabile dal resto e presentapiù stretti legami con uno dei Paesi di cui all’art.7 lettere precedenti, si potrà applicare, in via eccezionalea questa parte del contratto la legislazionedi quest’altro Paese.criterio. In particolare, in forza dell’art. 19, par.1, « ai fini del presente regolamento, per residenzaabituale di società, associazioni e persone<strong>giuridiche</strong> si intende il luogo in cui si trova la loroamministrazione centrale. Per residenza abitualedi una persona fisica che agisce nell’eserciziodella sua attività professionale si intende lasua sede di attività principale ». Inoltre, secondol’art. 19, par. 3, del regolamento, la residenzaabituale deve essere determinata al momentodella conclusione del contratto.6. – La disciplina dei contratti relativi <strong>agli</strong> altririschi, prevista nell’art. 7 del reg. CE n. 593/2008, è resa più complicata dalla circostanzache in questi contratti – normalmente – l’assicuratoassume le vesti di parte debole. Tale disciplinariproduce quasi puntualmente il sistemadelle direttive e, conseguentemente, nel timoreche la volontà dei contraenti conduca all’applicazionedella legge di uno Stato terzo che noncontenga sufficienti meccanismi di difesa perl’assicurato, la scelta di legge opera con minoreampiezza.L’art. 7, par. 3, del regolamento consente alleparti di scegliere la legge applicabile tra un numerodi leggi specificatamente indicate che sonoespressione di un collegamento con la fattispecie.Tra queste devono essere segnalate lalegge del luogo in cui è situato il rischio al momentodella conclusione del contratto (lett. a) equella del Paese nel quale il contraente assicuratoha la sua residenza abituale (lett. b). Esse corrispondonoa quelle indicate dall’art. 7 della dir.1988/357, con l’aggiunta della legge dello Statomembro in cui il contraente assicurato ha la cittadinanzaper i casi di assicurazione sulla vita(lett. c), conformemente all’art. 32, par. 2, delladir. 2002/83/CE.Anche l’opportunità offerta <strong>agli</strong> Stati membri,con riguardo ai contratti di assicurazione checoprono rischi di massa (coincidenti con le lett.a), b) ec), di accordare una più ampia libertà discelta della legge applicabile al contratto di assicurazioneè ripresa dalle direttive ( <strong>28</strong> ).( <strong>28</strong> ) In particolare l’art. 7, par. 1, lett. d), della dir.1988/357/CEE dispone che in deroga alla lett. b) dellostesso articolo, secondo la quale le parti del contrattodi assicurazione, quando il contraente assicuratonon ha la residenza abituale o l’amministrazioneNLCC 3/4-2009


[Art. 7] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 761Alcuni Stati membri, ad esclusione dell’Italia,si sono avvalsi di questa facoltà in passato edhanno, dunque, insistito nel corso dei lavoripreparatori per il suo mantenimento anche neltesto del reg. CE n. 593/2008. Tuttavia, l’inserimentodi siffatta disposizione nel regolamentosembra assai criticabile. La norma, infatti, lasciapersistere possibili differenze negli ordinamentidegli Stati membri, le quali, se potevano esserecomprensibili nel quadro del diritto comunitariosettoriale preesistente, sembrano poco opportunealle luce delle caratteriste tecniche diun regolamento e degli obiettivi di uniformità ecertezza giuridica da esso perseguiti ( <strong>29</strong> ).Qualora le parti non abbiano esercitato la loroautonomia, l’art. 7, par. 3, del regolamento,anche in questo caso mutuando soluzioni giàesistenti, dispone che il contratto è disciplinatodalla legge dello Stato membro nel quale il rischioè situato al momento della conclusionedel contratto ( 30 ).Come si è già accennato, nei casi dei contrattiche assicurano rischi di massa, la localizzazionedel rischio nel territorio comunitario è condizionepreliminare ai fini dell’applicazione dellanorma. È, possibile che, in un contratto di assicurazionerelativo ad una pluralità di rischi, essirisultino in parte localizzati nella Comunità edin parte fuori di essa. Tale situazione può realizzarsisia nel caso in cui con un singolo contrattosi assicuri una pluralità di soggetti residenti inPaesi diversi, sia nel caso in cui si assicuri unapluralità di beni localizzati in Stati diversi, soloin parte membri della Comunità. È utile chiarireche il parametro utile a stabile la « localizzazione» del rischio in un solo Stato sarà fornitocome sempre dai criteri indicati dalle direttiveed in particolare, secondo quanto già chiarito inprecedenza ( 31 ), rileva la residenza abituale delcontraente assicurato.In tali casi dovremmo escludere la possibilitàdi rendere inapplicabile l’art. 7, in quanto sottrarremmoa tale norma rapporti che presentano,seppure parzialmente, un collegamento conil territorio comunitario. Tuttavia, non è neppurepossibile ritenere che la norma sia applicabileall’intero contratto, trattandosi di rischi che risultanoin parte localizzati fuori dall’ambito comunitario.La soluzione migliore consiste nelconsiderare il contratto, seppure formalmenteunitario, come composto da una pluralità dirapporti assicurativi, applicando lo stesso all’art.7 solo laddove vengano in rilievo i rischilocalizzati nella Comunità. Del resto, deponechiaramente in questo senso il 33 o considerandodel reg. « Roma I », secondo il quale « allorchéun contratto di assicurazione non relativo agrandi rischi ma che copre più di un rischio, dicui almeno uno ubicato in uno Stato membro ealmeno uno in un Paese terzo, le norme specialisui contratti di assicurazione di cui al presenteregolamento si dovrebbero applicare soltanto alrischio o ai rischi ubicati nello Stato membro onegli Stati membri pertinenti ».D’altro canto lo stesso regolamento, ai sensidell’art. 7, par. 5, in una ipotesi molto simile, accoglieuna soluzione identica. Secondo tale disposizione,quando il contratto copre rischi sicentralenello Stato membro in cui il rischio è situato,possono scegliere la legislazione dello Stato membroin cui il rischio è situato o quella del Paese in cui ilcontraente ha la residenza abituale o l’amministrazionecentrale e in deroga alla lett. c), secondo la qualequando il contraente assicurato esercita un’attivitàcommerciale, industriale o liberale e il contratto copredue o più rischi relativi a tali attività e localizzatiin vari Stati membri, la libertà di scelta della legislazioneapplicabile al contratto si estende alle legislazionidi questi Stati membri e del Paese in cui il contraenteha la residenza abituale o l’amministrazionecentrale, « quando gli Stati membri di cui a questelettere accordano una maggiore libertà di scelta dellalegislazione applicabile al contratto, le parti possonoavvalersi di tale libertà».( <strong>29</strong> ) È utile chiarire che il meccanismo sotteso alsecondo capoverso dell’art. 7, par. 3 – nell’ipotesi dicontratti che assicurano rischi di massa –, medianteun « rinvio » <strong>agli</strong> ordinamenti designati dalle lett. a),b) ede) dell’art. 7, par. 3, intende ampliare l’« offertadi leggi » che i contraenti possono scegliere. L’operaredi tale meccanismo, tuttavia, è meramente eventuale,essendo innanzitutto eventuale l’esistenza di opportunitàaggiuntive di scelta di legge in tali ordinamenti.Inoltre, pur in presenza di queste opportunità,sono le parti, in una logica propriamente materiale, adecidere se avvalersene o meno. V. in propositoFranzina, infra, commento sub art. 20, par. 2.( 30 ) In particolare, ai sensi dell’art. 32, par. 1, delladir. 2002/83/CE, « la legge applicabile ai contratti relativialle attività previste dalla presente direttiva èquella dello Stato membro dell’impegno. Tuttavia, seil diritto di tale Stato lo permette, le parti possonoscegliere la legge di un altro paese ».( 31 )V.supra, par. 4.NLCC 3/4-2009


762reg. CE n. 593/2008[Art. 7]tuati in più di uno Stato membro, esso è consideratocome costituito da più contratti, ciascunodei quali riferito ad un solo Stato membro. Sitratta dell’ipotesi in cui un contratto riguardi rischilocalizzati in più Paesi, tutti membri dellaComunità.Le norme di conflitto illustrate sono, dunque,applicabili a tutti i contratti relativi a rischi diversida cosiddetti grandi rischi, con le ulteriorispecificazioni di cui al par. 4 per le assicurazioniche coprono rischi per i quali uno Stato membroimpone un obbligo di assicurazione, tra le qualispicca quella per la responsabilità civile derivanteda circolazione di autoveicoli, cui sono dedicateper alcuni aspetti di diritto materiale altredisposizioni di diritto comunitario derivato.Anche per questa parte, il regolamento hatratto ispirazione dalla dir. 1988/357/CEE il cuiart. 8, par. 2, dispone: « quando uno Statomembro impone l’obbligo di contrarre un’assicurazione,il contratto soddisfa a tale obbligosolo qualora sia conforme alle disposizioni specificherelative a detta assicurazione previstadallo stesso Stato membro ». Inoltre, in forza,del par. 3 della stessa norma « quando, in casodi assicurazione obbligatoria, le disposizionidella legge dello Stato membro in cui è situato ilrischio sono in contraddizione con quelle dellalegge dello Stato membro che impone l’obbligodi contrarre un’assicurazione, prevalgono questeultime ».7. – L’art. 7, par. 3, reg. CE n. 593/2008, comesi è visto, nel momento in cui individua leleggi che possono alternativamente essere sceltedalle parti, introduce direttamente nel regolamentola problematica nozione di « contraenteassicurato ». Anche l’art. 2, lett. d), della dir.1988/357/CEE, richiamato ai fini della localizzazionedel rischio, dall’art. 7, par. 6, reg. CE n.593/2008, al terzo e quarto trattino, utilizza talenozione, statuendo che lo Stato di localizzazionedel rischio è, rispettivamente, lo Stato membroin cui il contraente assicurato ha sottoscrittoil contratto o lo Stato membro in cui il contraenteassicurato risiede abitualmente.È utile considerare, tuttavia, che la versionefrancese del reg. « Roma I » utilizza la locuzione« le preneur d’assurance », mentre la versioneinglese utilizza l’espressione « the policy holder». Le problematiche di cui diamo conto nelpresente paragrafo, infatti, sono presenti solonell’ordinamento italiano, in cui le figure delcontraente, ovvero colui che stipula il contratto,e dell’assicurato, ovvero colui che beneficia delcontratto e che è sottoposto al rischio del verificarsidell’evento, sono distinte, come nel casodei contratti di assicurazione « per conto altrui» o « per conto di chi spetta ». Tra l’altro,in alcune tipologie contrattuali la figura dellostesso assicurato può mutare nel corso del rapporto.Nel nostro sistema giuridico, in particolare,l’assicurazione per conto altrui o per contodi chi spetta è disciplinata dall’art. 1891 c.c.Con specifico riferimento al requisito dell’« interesse», questo risulta, nell’assicurazione exart. 1891 c.c., di duplice natura e di diversocontenuto, dovendo essere valutato, ai fini dellavalidità del contratto, sia con riguardo alla posizionedell’assicurato-terzo, a norma dell’art.1904 c.c., sia con riferimento alla posizione dellostipulante, a norma dell’art. 1411 c.c. ( 32 ).L’impossibilità di determinare se il contrattorelativo a tale rischio rientri o meno nell’ambitodi applicazione del regolamento potrebbe realizzarsitutte le volte in cui c’è scissione tra le figuredel contraente e dell’assicurato all’atto dellaconclusione del contratto, non potendosiquindi localizzare il rischio. Una conclusione diquesto tipo, tuttavia, non può essere accettataperché la terminologia adoperata negli atti comunitaridi diritto derivato, quale è il regolamento,deve essere oggetto di interpretazioneautonoma, dovendosi assegnare ai termini utilizzatiun significato riferito al diritto comunitarionel suo complesso e soprattutto, come sopraevidenziato, in grado di garantire in sede interpretatival’effet utile di questo.( 32 ) In particolare, sotto il primo profilo, l’interesseassicurativo sottende una relazione economica traun soggetto e un bene esposto a rischio in rapportoad un evento futuro potenzialmente dannoso (dovendo,per l’effetto, risultarne una posizione soggettivagiuridicamente qualificata e non un interesse di merofatto), mentre sotto il secondo aspetto, ferma l’operativitàdel principio generale dell’art. 1411 c.c., l’interessein discorso non deve in ogni caso assumere caratteridi giuridicità, potendo, per converso, risolversiin una situazione soggettiva di mero fatto, morale odi immagine. Dunque, l’assicurazione per conto altruiva interpretata considerando anche il terzo, nonsolo gli stipulanti. Così Cass. 5 giugno 2007, n.13058, in Dir. maritt., 2008, p. 468 ss. (con nota diBoglione).NLCC 3/4-2009


[Art. 7] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 763Lo stesso reg. CE n. 44/2001 del 22 dicembre2000, concernente la competenza giurisdizionale,il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioniin materia civile e commerciale ( 33 ), nell’art.9, par. 1, lett. b), e nell’art. 12, par. 1, adesempio, si riferisce « al contraente dell’assicurazione,all’assicurato ed al beneficiario ». Inparticolare, ai sensi dell’art. 9, par. 1, del reg.CE n. 44/2001, l’assicuratore domiciliato nelterritorio di uno Stato membro può essere convenutodavanti ai giudici dello Stato in cui è domiciliatoo, in via alternativa – e sulla base dellescelte operate dalla parte debole – in un altroStato membro, dinnanzi al giudice del luogo incui è domiciliato l’attore qualora l’azione siaproposta dal contraente dell’assicurazione, dall’assicuratoo da un beneficiario. Viceversa, esempre per tutelare la parte debole, in forza dell’art.12, par. 1, dello stesso regolamento, l’azionedell’assicuratore può essere proposta solodavanti ai giudici dello Stato membro nel cuiterritorio è domiciliato il convenuto, sia eglicontraente dell’assicurazione, assicurato o beneficiario( 34 ).Nella prassi applicativa di tale regolamento,come, del resto, della Convenzione di Bruxelles,nell’applicazione delle regole di competenzagiurisdizionale, sono ricomprese sia l’ipotesi del« contraente non assicurato » sia quella dell’«assicurato non contraente ». Infatti, lo scopodi tale regolamento è quello di stabilire i titoli digiurisdizione applicabili a tutte le azioni chepossono essere esperite dall’assicuratore nei riguardidi tutte le possibili controparti, qualeche sia la veste soggettiva da esse assunta ( 35 ).Conseguentemente, quanto ai profili di leggeapplicabile, può ragionevolmente ritenersi chela controparte dell’assicuratore al momentodella stipulazione del contratto non deve esserenecessariamente titolare dell’interesse assicurato.Ad esempio, nei casi in cui l’art. 7, par. 3,lett. b), del reg. CE n. 593/2008 fa riferimentoalla residenza abituale del contraente assicurato,occorre riferirsi alla residenza abituale delsoggetto controparte contrattuale dell’assicuratoreanche se il titolare dell’interesse assicuratoè un altro soggetto. Non può invece assumererilievo la residenza del soggetto, non contraente,titolare dell’interesse assicurato al momentodella stipulazione del contratto in quanto l’assicuratoredi solito non ne conosce neppurel’identità.In questi casi viene in rilievo, dunque, la nozionecomunitaria di contraente assicurato cioèdi colui che è entrato materialmente in contattocon l’assicuratore e che ha stipulato il contratto,indipendentemente dalla circostanza che talesoggetto sia anche assicurato. Nel sistema italiano,il codice delle assicurazioni private ( 36 ), all’art.1, par. 1, lett. f), dispone che per Statomembro di ubicazione del rischio deve intendersi,tra l’altro, lo Stato membro in cui l’assicuratoha il domicilio, ovvero, se l’assicurato è unapersona giuridica, lo Stato della sede della stessaalla quale si riferisce il contratto. Mentre laseconda direttiva « danni », come si è visto, utilizzail termine « contraente assicurato », ilcodicedelle assicurazioni private usa il termine di« assicurato ». Tuttavia, anche in questo caso iltermine non può mutare il significato che abbiamoappena esposto, dovendosi riferire leespressioni adoperate nel codice sempre al soggettoche è entrato materialmente in contattocon l’assicuratore indipendentemente dalla circostanzache egli sia anche titolare dell’interesseassicurato.( 33 )InG.U.C.E. n. L 12 del 16 gennaio 2001, p. 1ss.( 34 ) In dottrina, Sacerdoti, La giurisdizione inmateria di assicurazioni nella riforma del diritto internazionaleprivato e processuale italiano, inDir. econ.ass., 1996, p. 15 ss.; Benedettelli, La giurisdizioneinternazionale in materia assicurativa secondo la convenzionedi Bruxelles, inDir. comm. internaz., 1998,p. 595 ss.( 35 ) Sull’interpretazione uniforme del reg. CE n.44/2001 e del reg. « Roma I », cfr. di recente le conclusionidell’avv. gen. Trstenjak, presentate il <strong>27</strong> gennaio2009, nella causa 533/07, Falco, non ancorapubblicate in Raccolta ma consultabili nel sito dellaCorte (http://curia.europa.eu), punti 67 e 68. Vi silegge che, nel definire la nozione di « servizi », vatenutopresente « che l’interpretazione che la Corte daràdi questo termine nella presente causa comporteràdegli effetti anche sulla definizione dell’identica nozioneutilizzata nell’ambito del reg. CE n. 593/2008 », tenuto conto di quanto affermato nel 7 o e nel17 o considerando. Nell’interpretare il termine « servizi» <strong>agli</strong> effetti del reg. CE n. 44/2001, la Corte dovràdunque « evitare di dargli un significato contrastantecon il senso e lo scopo del regolamento Roma I ».( 36 ) D.lgs. 7 settembre 2005, in G.U. n. 209 del 13ottobre 2005, S.O. n. 239.NLCC 3/4-2009


764reg. CE n. 593/2008[Art. 7]Come è noto, inoltre, la normativa nazionaledi attuazione deve essere interpretata alla lucedella lettera e dello scopo perseguito dal dirittocomunitario derivato.8. – Sulla base del sistema istituito dalle direttive,le norme di applicazione necessaria in materiaassicurativa hanno determinato diversiproblemi quanto al coordinamento con l’art. 7della Convenzione di Roma. Come è noto, infatti,ai sensi dell’art. 7, par. 2, della seconda direttiva« danni », è lasciata impregiudicata l’applicazionedelle norme del Paese del giudice chedisciplinano imperativamente la situazione, indipendentementedalla legislazione applicabileal contratto. In particolare, qualora il diritto diuno Stato membro lo preveda, può essere dataesecuzione alle norme imperative della leggedello Stato membro in cui è situato il rischio odello Stato membro che impone l’obbligo dicontrarre un’assicurazione qualora e nella misurain cui, secondo la legge di detti Paesi, talinorme si applichino indipendentemente dallalegislazione che disciplina il contratto. Inoltre,ai sensi dell’art. 32, par. 4, della dir. 2002/83/CE, non può essere pregiudicata l’applicazionedelle norme in vigore nel Paese del giudice lequali disciplinano imperativamente la situazione,indipendentemente dalla legge applicabile alcontratto. Infine, qualora il diritto di uno Statomembro lo preveda può essere data esecuzionealle norme imperative della legge dello Statomembro dell’impegno, se e nella misura in cui,secondo il diritto di questo Stato membro, talinorme siano di applicazione necessaria indipendentementedalla legge che disciplina il contratto.Pertanto, alla luce di tali direttive i soli ordinamentiterzi che possono venire in rilievo ai finidelle norme di applicazione necessaria sonoquelli di localizzazione del rischio e dell’impegnoin quanto il legislatore comunitario ha ritenutoche le leggi di tali ordinamenti siano quellenormalmente più strettamente connesse alla fattispecie.Tale disciplina è differente rispetto aquella posta dalla Convenzione di Roma in basealla quale possono essere applicate le norme diapplicazione necessaria di qualunque altro Paesepurché rispetto ad esso la situazione presentiuno stretto legame.Anche se con il reg. CE n. 593/2008 tali antinomiesono superate ( 37 ), occorre comunquedare conto delle particolari modalità con cui lenorme imperative rilevano nella materia che cioccupa. Infatti, in ambito assicurativo le esigenzedi uniformità della legge regolatrice del rapportosono funzionali alla concreta realizzazionedi un mercato aperto alla concorrenza. Conseguentementeanche i limiti all’applicazionedella normativa di conflitto non possono tradursiin ostacoli all’esercizio dell’attività assicurativain conformità alle libertà garantite dallanormativa comunitaria.Per quanto riguarda, in particolare, i contrattidi assicurazione grandi rischi, eventuali normedi applicazione necessaria finalizzate alla tuteladel contraente debole non possono assumere rilievoin via assoluta in quanto – come si è accennato– si realizzerebbe un contrasto con il principiodi diritto comunitario in forza del qualeper i grandi rischi le esigenze di tutela della partedebole sono meno stringenti.Tale tutela potrà farsi valere con riguardo aicontratti che assicurano rischi di massa. Inqueste ipotesi l’azione comunitaria, al fine ditutelare i contraenti deboli, deve tendenzialmentegarantire allo Stato di ubicazione del rischio,in caso di rapporti localizzati nel proprioterritorio, l’applicazione della propria legislazione.Tra le norme di applicazione necessaria dellequali l’art. 9 del reg. « Roma I » fa salva l’applicazione– qualora appartenenti alla lex fori – ocomunque l’efficacia – qualora appartenenti aduna legge diversa dalla lex fori – devono essereincluse senz’altro le norme in materia di assicurazioneobbligatoria, nonché quelle dello Statodi localizzazione del rischio, come si è visto,quando questo sia uno Stato membro della Comunità.In particolare, l’art. 7, par. 4, del regolamento,nel caso di contratti di assicurazione che copronorischi per i quali uno Stato membro imponeun obbligo di assicurazione, dispone cheun contratto di assicurazione soddisfa l’obbligodi contrarre un’assicurazione solo qualora siaconforme alle disposizioni specifiche relative adetta assicurazione previste dallo Stato membroche impone l’obbligo. In questi casi, in derogaai parr. 2e3,unoStato membro può stabilire( 37 ) Cfr. l’art. 9 del reg. CE n. 593/2008.NLCC 3/4-2009


[Art. 7] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 765che il contratto di assicurazione sia disciplinatodalla legge dello Stato membro che imponel’obbligo di assicurazione. Tale ultima disposizioneevidentemente concede <strong>agli</strong> Stati un notevolemargine di discrezionalità ed è dunque criticabileperché non assicura al contratto una disciplinacerta ed elimina la possibilità di prevederela legge applicabile.Quanto alla possibilità riconosciuta <strong>agli</strong> Statidi applicare alla fattispecie norme di applicazionenecessaria del foro o del Paese di localizzazionedel rischio, deve essere chiarito che essapuò tradursi in una forma indiretta di limitazionealla libera prestazione dei servizi. Infatti, talinorme possono determinare un sostanzialesquilibrio dell’assetto negoziale previsto dalleparti, ledendo l’esigenza di certezza e prevedibilitàdel diritto essenziali ad un corretto funzionamentodell’impresa di assicurazione.È chiaro che l’equilibrio tra le suddette contrapposteesigenze si realizza diversamentequando entrano in rilievo attività assicurativerelative alla copertura di rischi localizzati nelterritorio comunitario rispetto ai casi di fattispecieche risultino prevalentemente collegate aStati terzi ed aventi quindi una scarsa incidenzasul mercato interno.Evidentemente la possibilità per lo Stato diubicazione del rischio di impedire l’applicazionedi clausole o condizioni generali di un contrattodi assicurazione per una pretesa contrarietàalle disposizioni <strong>giuridiche</strong> di interesse generaledeve essere sottoposta a limiti assai rigorosi.In particolare, l’applicazione delle disposizioniimperative ai contratti di assicurazione èsuscettibile, qualora determini una restrizionealla libera circolazione dei servizi, di essere sottopostaal test dell’interesse generale. Questanozione di interesse generale opera come un filtronei confronti della legislazione nazionale edobbliga le autorità degli Stati membri ad esaminarela conformità di tale legislazione con iprincipi della libera circolazione sanciti dalTrattato di Roma.La compatibilità con il diritto comunitario èd’obbligo per qualsiasi disposizione di dirittonazionale, indipendentemente dal settore cui siapplica. La Corte, infatti, in una sentenza del 21marzo 1972, ha statuito che « l’efficacia del dirittocomunitario non può variare a seconda deidiversi settori del diritto nazionale nei quali essopuò spiegare effetto » ( 38 ). Se necessario, il primatodel diritto comunitario viene quindi fattovalere anche nei confronti delle disposizioni nazionalidi diritto privato ( 39 ).Considerato che l’obiettivo – per lo meno neicontratti che assicurano rischi di massa –èla tuteladel consumatore, è altamente probabile chequeste disposizioni di diritto sostanziale superinoil test basato sul criterio dell’interesse generale.La Corte ha infatti riconosciuto che la tuteladel consumatore è un obiettivo di interessegenerale tale da giustificare restrizioni delle libertàfondamentali. Tuttavia questo esito positivodel test non può essere dato per scontato. Laprassi ha dimostrato che disposizioni nazionaliadottate con lo scopo dichiarato di tutelare ilconsumatore possono essere sottoposte al controllodella Corte ed eventualmente essere « retrocesse» qualora si rivelino sproporzionate onon necessarie.Nel contesto di un mercato unico queste considerazionisupplementari sono indispensabiliper verificare che, in mancanza di armonizzazione,talune disposizioni nazionali, con il pretestodella tutela del consumatore, non siano invecemantenute in vigore per limitare o impedirel’accesso di servizi di assicurazione diversi osconosciuti sul territorio nazionale. Infatti, seuno Stato membro potesse invocare la non conformitàcon la propria legislazione di un prodottoassicurativo commercializzato in un altroStato membro per limitarne la commercializzazionesul suo territorio, ostacolerebbe la concorrenzatra imprese di assicurazione.( 38 ) Corte giust. CE 21 marzo 1972, causa 82/71,SAIL,inRaccolta, 1972, p. 119 ss., punto 5. V. inoltreCorte giust. CE 1 o luglio 1993, causa 20/92, Hubbard,ivi, 1993, p. I-3777 ss., punto 19.( 39 ) Corte giust. CE 30 marzo 1993, causa 168/91,Konstantidinis, inRaccolta, 1993, p. I-1191 ss.; Cortegiust. CE 24 gennaio 1991, causa 339/89, AlsthomAtlantique, ivi, 1991, p. I-107 ss.; Corte giust. CE 13ottobre 1993, causa 93/92, Motorradcenter, ivi, 1993,p. I-5009 ss. Cfr., inoltre, Corte giust. CE del 10 febbraio1994, causa 398/92, Mund & Fester, ivi, 1994,p. I-467 ss.; Corte giust. CE 26 settembre 1996, causa43/95, Data Delecta, ivi, 1996, p. I-4661 ss.; Cortegiust. CE 1 o febbraio 1996, causa 177/94, Perfili, ivi,1996, p. I-161 ss.; Corte giust. CE 1 o luglio 1993,causa 20/92, Hubbard, ivi, 1993, p. I-3777 ss.; Cortegiust. CE 19 gennaio 1999, causa 348/96, Calfa, ivi,1999, p. I-11 ss.NLCC 3/4-2009


766reg. CE n. 593/2008[Art. 7]La nozione d’interesse generale che evidentementerileva in questi casi è una costruzionegiurisprudenziale della Corte di giustizia, elaboratainizialmente nel quadro della libera circolazionedei servizi e delle merci, per essere in seguitoapplicata anche al diritto di stabilimento( 40 ). Più recentemente anche la più volte citatadir. 2002/83/CE, ha adoperato tale terminologia,evitando tuttavia di chiarirne i contenuti.In particolare, all’art. 33, dispone che « lo Statomembro in cui il rischio è situato non può impedireal contraente di sottoscrivere un contrattoconcluso con un’impresa di assicurazione autorizzataalle condizioni di cui all’art. 4, a condizioneche il contratto non sia in contrasto con ledisposizioni legali d’interesse generale in vigorenello Stato membro dell’impegno » ( 41 ). Anchela Corte non ha mai fornito una definizione dell’interessegenerale, preservando la natura evolutivadi tale concetto. La giurisprudenza comunitariaha valutato caso per caso la possibilità diconsiderare un determinato provvedimento nazionalegiustificato da un motivo imperioso dipubblico interesse ed ha precisato con qualimodalità stabilire se un provvedimento similepossa essere opposto da uno Stato membro adun operatore economico cittadino di un altro( 40 ) Corte giust. CE 30 novembre 1995, causa 55/94, Gebhard, inRaccolta, 1995, p. I-4165. È interessanteosservare che la sentenza pronunciata nella causaGebhard riguarda un settore (accesso all’attivitàprofessionale d’avvocato) nel quale l’armonizzazionedelle condizioni di accesso e di esercizio è molto limitatarispetto all’esercizio dell’attività assicurativa. Nelcampo delle assicurazioni tali condizioni sono effettivamentearmonizzate in ampia misura e le possibilitàdi richiamarsi alle regole d’interesse generale sono assaipiù ristrette. Per contro, in relazione al diritto chedisciplina il contratto di assicurazione, settore nonarmonizzato dal diritto derivato comunitario, gli Statimembri godono di un margine di discrezionalità moltopiù ampio. È soprattutto in questo settore che sipresta ad essere applicato il « test dell’interesse generale».( 41 ) Cfr., inoltre, in Italia l’art. <strong>27</strong> del codice delleassicurazioni private, secondo il quale « l’impresanon può stipulare contratti, nonché fare ricorso a formedi pubblicità che siano in contrasto con disposizioninazionali di interesse generale, ivi compresequelle poste a protezione degli assicurati e degli altriaventi diritto a prestazioni assicurative ».Stato membro operante sul territorio del primo( 42 ).Affinché una disposizione nazionale possaostacolare o limitare legittimamente l’eserciziodel diritto di stabilimento e della libera prestazionedei servizi, devono essere soddisfatte alcunecondizioni cumulative. In particolare, tale disposizionedeve riguardare un settore non armonizzato;deve perseguire un obiettivo di interessegenerale; deve essere non discriminatoria;deve essere obiettivamente necessaria; deve essereproporzionata all’obiettivo perseguito; occorreinoltre che l’obiettivo di interesse generalenon sia già salvaguardato dalle regole alle qualiil prestatore è soggetto nello Stato membro incui è stabilito.La disposizione nazionale che pretende di essereconforme ai principi della libera circolazionedeve soddisfare tutte le condizioni suddette.Infatti, il mancato rispetto di una di esse costituisceprova della non conformità di tale disposizioneal diritto comunitario.La giurisprudenza comunitaria ha pure chiaritoche la nozione di interesse generale costituisceun’eccezione ai principi fondamentali di liberacircolazione sanciti dal Trattato comunitarioe di conseguenza deve essere interpretata restrittivamenteal fine di evitare usi eccessivi oabusivi. Qualora insorga una controversia, spettacomunque allo Stato membro che impone larestrizione fornire la prova che la misura adottatasoddisfa le succitate condizioni.Normalmente le direttive d’armonizzazionedefiniscono il livello minimo di interesse generalecomunitario. Ad esempio, le disposizionirelative al calcolo delle riserve tecniche e delmargine di solvibilità, alle condizioni d’accesso( 42 ) Cfr. Corte giust. CE 30 novembre 1995, cit.,in cui la Corte ha statuito che « i provvedimenti nazionaliche possono ostacolare o scoraggiare l’eserciziodelle libertà fondamentali garantite dal trattatodevono soddisfare quattro condizioni: essi devonoapplicarsi in modo non discriminatorio, essere giustificatida motivi imperiosi di interesse pubblico, essereidonei a garantire il conseguimento dello scopoperseguito e non andare oltre quanto necessario peril raggiungimento di questo ». Tale giurisprudenza èstata confermata anche in Corte giust. CE 15 dicembre1995, causa 415/93, Bosman,inRaccolta, 1995, p.I-4921 ss., e in Corte giust. CE 15 maggio 1997, causa250/95, Futura, ivi, 1997, p. I-2471 ss.NLCC 3/4-2009


[Art. 7] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 767all’attività assicurativa e alla vigilanza finanziariae prudenziale non possono più essere imputateall’interesse generale di uno Stato membro.Nell’ambito assicurativo, le normative d’interessegenerale possono riguardare, invece, la notificazionepreliminare delle condizioni di polizza;le operazioni di capitalizzazione svolte da impresedi assicurazione; i sistemi uniformi obbligatoridi bonus/malus; la lingua del contratto diassicurazione; i codici di condotta professionali;i tassi d’interesse tecnici massimi in materia diassicurazione vita; l’imposizione di condizionitipoo minime di assicurazione; le clausole cheimpongono franchigie obbligatorie nei contrattidi assicurazione; l’obbligo di prevedere un valoredi riscatto nei contratti di assicurazione vita;il divieto di ricorrere alla tecnica del « cold calling» ( 43 ); tra le modalità stabilite dallo Statomembro ospitante per la riscossione delle imposteindirette sui premi di assicurazione dei contrattistipulati in regime di libera prestazione deiservizi, la designazione di un rappresentante fiscaledell’assicuratore.9. – Le considerazioni espresse nel paragrafoprecedente inducono a riflettere anche sul ruolochiave svolto dall’art. 7 del reg. « Roma I » rispettoalla realizzazione di un effettivo mercatointerno delle assicurazioni. Tale norma, infatti,come si è appena rilevato, realizza un buon bilanciamentotra le esigenze del mercato e gli altriinteressi in giuoco da tutelare. Esistono inveronotevoli incertezze sull’interpretazione delcampo di applicazione delle norme del Trattatocomunitario e delle disposizioni delle direttivesulle assicurazioni, in particolare per quanto riguardaconcetti fondamentali come la liberaprestazione dei servizi e l’interesse generale sopraillustrato ( 44 ).( 43 ) Corte giust. CE 10 maggio 1995, causa384/93, Alpine Investments, in Raccolta, 1995, p.I-1141 ss. La tutela del consumatore è un argomentospesso invocato a favore del divieto di ricorrere aquesta tecnica di commercializzazione.( 44 ) Bico, Industria e assicurazione di fronte almercato unico, inAssicurazioni, 1989, p. 62 ss.; Brittan,Il mercato unico dell’assicurazione in Europa, inDir. prat. assic., 1990, p. 98 ss.; Capotosti, La lineadi definizione di un unico mercato europeo delle assicurazionisulla vita, inAssicurazioni, 1991, p. 42 ss.;Peyrelevade, Il sistema assicurativo in Europa alleLe imprese di assicurazione si trovano spessodi fronte ad una grande mancanza di chiarezza,e quindi ad un’incertezza del diritto, per quantoriguarda sia il regime applicabile alla loro attivitànei vari Stati membri, sia il contenuto deiprodotti che intendono offrire. Le divergenzeindicate nuocciono gravemente alla piena efficaciadel mercato e sono tali da dissuadere taluneimprese di assicurazione dal valersi delle libertàinstaurate dal Trattato comunitario. Gliostacoli alla libera circolazione dei servizi di assicurazionenell’Unione si realizzano, inoltre,impedendo <strong>agli</strong> assicurati di avere accesso alleimprese di assicurazione della Comunità europeaed alla gamma completa di prodotti assicurativiesistenti nel mercato interno per sceglierequello più adeguato alle proprie esigenze in terminidi copertura e di prezzo ( 45 ). A tale scopo,l’interpretazione delle norme del reg. « RomaI », delle disposizioni del Trattato e delle direttivecomunitarie in materia di assicurazione deveavvenire alla luce della giurisprudenza dellaCorte di giustizia, che ha elaborato numerosiprincipi essenziali per il rispetto delle libertà distabilimento e di prestazione di servizi ( 46 ).soglie dell’unificazione, ivi, 1992, p. 423 ss.; Cerini,Note in tema di esercizio dell’attività assicurativa in regimedi libertà di prestazione di servizi e in regime distabilimento, inDir. econ. ass., 1999, p. 155 ss.( 45 ) Corte giust. CE 4 dicembre 1986, causa205/84, Commissione c. Germania, inRaccolta, 1986,p. 3755 ss., punti 21 s.; Corte giust. CE 31 marzo1993, causa 148/91, Veronica, ivi, 1993, p. I-1633 ss.( 46 ) Infatti va ricordato in proposito che, conformementealla giurisprudenza della Corte, qualorauna norma di diritto derivato ammetta più di un’interpretazione,si deve dare la preferenza a quella cherende la norma stessa conforme al Trattato anziché aquella che porti a constatare la sua incompatibilitàcol Trattato stesso (cfr. Corte giust. CE 4 dicembre1986, cit.). L’obiettivo principale delle direttive sulleassicurazioni è permettere a qualsiasi impresa di assicurazioneautorizzata in uno Stato membro di esercitarele proprie attività, sia in regime di stabilimentosia di libera prestazione di servizi, nell’insieme delterritorio comunitario. Tali disposizioni si applicanoa qualsiasi impresa di assicurazione che, valendosidell’autorizzazione unica rilasciata dallo Stato membrod’origine, eserciti le attività di assicurazione inStati membri diversi da quello d’origine. Cfr. Cortegiust. CE 11 aprile 1973, causa 76/72, Michel,inRaccolta,1976, p. 457 ss., e Corte giust. CE 26 marzo1996, causa 238/94, García, ivi, 1996, p. I-1673 ss.NLCC 3/4-2009


768reg. CE n. 593/2008[Art. 7]( 47 ) Dir. 2000/31/CE dell’8 giugno 2000, relativa ataluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione,in particolare il commercio elettronico,nel mercato interno (in G.U.C.E. n. L 178 del 17 luglio2000, p. 1 ss.). In argomento, Russo, Attività assicurativaesercitata tramite Internet e CircolareISVAP 393/D del 17 gennaio 2000. Prime riflessioni,in Assicurazioni, 2000, p. <strong>27</strong>9 ss.( 48 ) In base all’art. 3 della dir. 2000/31/CE, la derogaè relativa alle attività di assicurazione che ricadononell’art. 30 e nel titolo IV della dir. 92/49, neltitolo IV della dir. 1992/96/CE, negli <strong>artt</strong>. 7e8delladir. 1988/357/CE e nell’art. 4 della dir. 1990/619/CE.Il ruolo che la nuova normativa potrà assumerecon riguardo al corretto funzionamento delmercato interno è particolarmente significativoanche alla luce dello sviluppo della società dell’informazione.In particolare, lo sviluppo del commercioelettronico per lo svolgimento di attività assicurativee finanziarie dovrebbe assumere un’importanzasempre maggiore e, a lungo termine,modificare i meccanismi di distribuzione deiprodotti assicurativi nella Comunità europea.Data la natura particolarmente sensibile dellaprestazione dei servizi di assicurazione, nonchél’accresciuto potenziale di transazioni transfrontaliereattraverso internet, è necessario assicurarel’adeguatezza del quadro normativo edi controllo.L’attuale panorama normativo del mercatounico delle assicurazioni è fondato, invece, sumeccanismi che non tengono sufficientementeconto dell’impiego delle nuove tecnologie perl’esercizio delle attività assicurative nel mercatounico.Sorge pertanto la necessità di verificare se ledisposizioni contenute nel reg. « Roma I » offranode lege lata un quadro favorevole allo sviluppodel commercio elettronico nel settore assicurativo,garantendo nel contempo la pienaprotezione degli interessi dei consumatori.Invero, la dir. 2000/31/CE sul commercioelettronico si applica ai contratti di assicurazione,nonché a tutti gli altri servizi finanziari ( 47 ).Tuttavia, tale direttiva non si applica integralmentea tutti gli aspetti dell’attività assicurativaessendo prevista una deroga con riguardo allaclausola del mercato interno ( 48 ). Per quanto riguardale assicurazioni obbligatorie, ad esempio,tale deroga risponde alla preoccupazione ditutelare sufficientemente l’assicurato consumatore.Infatti, non è del tutto chiaro come i consumatoriche utilizzano strumenti elettronici peracquistare prodotti assicurativi obbligatori possanoaccertarsi che le condizioni di coperturasiano conformi alle norme vincolanti impostedalla legislazione locale sulla base di quantoprescritto dall’art. 7, par. 4, del reg. CE n. 593/2008. D’altro canto, il settore assicurativo vieneconsiderato dalla maggior parte degli Statimembri, conformemente alla giurisprudenzadella Corte di giustizia, un settore « particolarmentesensibile » rispetto ad altri settori finanziari,a causa della complessità dell’attività assicurativache implica la necessità, per il consumatore,di una consulenza specifica che gli permettadi essere bene informato sul prodotto chesottoscrive. Queste ulteriori considerazioni,dunque, depongono per l’adozione di norme diprotezione speciali.10. – Con l’entrata in vigore del reg. « RomaI », il panorama normativo comunitario risultacertamente più organico. In particolare, la ricostruzionedel rapporto tra le norme di conflittogenerali del regolamento e quelle speciali contenutein strumenti settoriali è chiarita alla lucedell’art. 23 del reg. « Roma I », il quale disponeche, come si è già rilevato, con riguardo all’art.7, è pregiudicata l’applicazione delle disposizionispeciali comunitarie.Tuttavia, le direttive esaminate non sono totalmentearchiviabili, se solo si pensa al « rinvio» espressamente formulato dall’art. 7 delreg. « Roma I » a tale disciplina ( 49 ).La situazione, invero, è destinata a mutare,stante la proposta di una nuova direttiva relativaall’assicurazione sulla vita, all’accesso alle attivitàdi assicurazione e di riassicurazione e alloro esercizio (« Solvibilità II ») ( 50 ).In particolare, al fine di tenere conto dell’adozionedel reg. CE n. 593/2008, in tale proposta( 49 )L’art. 7, par. 2 richiama le direttive innanzituttoal fine di qualificare i grandi rischi. Inoltre, la localizzazionedel rischio è determinata in conformitàdelle rilevanti disposizioni delle direttive (art. 7, par.6).( 50 ) Proposta modificata di direttiva del 26 febbraio2008 (doc. COM/2008/119 def.).NLCC 3/4-2009


[Art. 7] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 769di direttiva sono state eliminate tutte le disposizionisulla legge applicabile. Inoltre, è stato inseritoil 60 o considerando, in forza del quale gliStati membri non soggetti al reg. « Roma I » devonoapplicare le disposizioni di tale regolamentoper determinare la legge applicabile aicontratti di assicurazione che rientrano nell’ambitodell’art. 7. A tale considerando poi corrispondel’art. 176, relativo alla legge applicabile,il quale dispone che « qualsiasi Stato membronon soggetto all’applicazione del regolamento[Roma I] applica le disposizioni di tale regolamentoper determinare la legge applicabile aicontratti di assicurazione che rientrano nell’ambitodi applicazione dell’articolo 7 di tale regolamento».La proposta di direttiva intende costituireuna sorta di testo unico della normativa comunitariain materia assicurativa, procedendo allacodificazione di quattordici direttive (vita, danni,gruppi assicurativi, riassicurazione) ad eccezionedelle direttive auto, conti annuali e fondipensione. Il testo, a cui è applicata la tecnicadella « rifusione », con correzioni che tendonoa migliorare e aggiornare la struttura, la redazionee la lettura delle direttive esistenti, non apportaalcuna modifica sostanziale alla legislazionein vigore (una novità riguarda l’esclusionedal campo di applicazione della proposta, oltredelle piccole mutue, già escluse, delle compagnieche hanno una raccolta premi non superioreai 5 milioni di euro) ad eccezione, naturalmente,dell’introduzione del nuovo regime disolvibilità.La proposta presentata dalla Commissioneeuropea è accompagnata da una valutazionedell’impatto che le nuove regole avranno su impresedi assicurazione, autorità di vigilanza,prodotti e mercati assicurativi, consumatori epiccole e medie imprese.11. – La disciplina posta dall’art. 7 del reg.CE n. 593/2008 è senza dubbio apprezzabileper la ragione fondamentale e preliminare chericonduce ad unità la normativa applicabile aicontratti di assicurazione. Invero, il regime previgentedi diritto comunitario derivato applicabileai contratti in esame non era così speciale ediverso dal regime convenzionale da giustificarel’esistenza stessa di tali norme. Con l’introduzionedei contratti di assicurazione nell’ambitodi applicazione del reg. CE n. 593/2008 si è realizzatol’obiettivo di una maggiore trasparenza eaccessibilità per gli operatori della disciplina diconflitto, che ora è ricondotta nell’ambito deldiritto internazionale privato europeo. Tra l’altro,la futura revisione del contenuto delle normedi conflitto in materia di assicurazione sirealizzerà nel contesto della revisione del regolamento.In particolare, in forza dell’art. <strong>27</strong>,par. 1, del reg. « Roma I », la Commissione, entroil 17 giugno 2013, dovrà presentare al Parlamentoeuropeo, al Consiglio e al Comitato economicoe sociale una relazione sull’applicazionedelle norme contenente uno studio sulla leggeapplicabile ai contratti di assicurazione e unavalutazione dell’impatto delle eventuali disposizionida introdurre.Nonostante poi, per alcuni aspetti delle fattispecieassicurative, permanga un doppio regime,esso è comunque incardinato nell’ambito diun unico strumento normativo. Inoltre, se siconsidera che l’atto adoperato per disciplinaretutti i contratti di assicurazione è un regolamento,si intuiscono i vantaggi rispetto ad un sistemapressoché governato dalle direttive e quindisuscettibile di difformità in fase di attuazionenei singoli ordinamenti nazionali.Tuttavia, proprio a questo proposito, occorreporsi l’interrogativo sull’opportunità di utilizzarelo strumento del regolamento. Infatti, in sededi elaborazione delle direttive « assicurazione »,il legislatore comunitario, nel tentativo di consentire<strong>agli</strong> Stati membri un certo margine dimanovra, con riferimento ai criteri di connessione,per permettere l’applicazione della leggedell’assicurato, ha adoperato consapevolmentelo strumento della direttiva. Questa libertà èevidentemente poco compatibile con la formadel regolamento. Per questo la massima partedegli Stati membri, nel quadro dei lavori dellaCommissione sul tema « commercio elettronicoe attività assicurativa », aveva espresso l’auspicioche le norme di conflitto in materia assicurativanon venissero integrate nella Convenzionedi Roma o nello strumento destinato a sostituirla( 51 ).Per ciò che concerne i grandi rischi, il riconoscimentoalle parti della facoltà di scegliere la( 51 ) Commercio elettronico e attività assicurativa(doc. MARKT/2522/02-IT Rev. 1), reperibile nel sitodella Commissione (http://ec.europa.eu).NLCC 3/4-2009


770reg. CE n. 593/2008[Art. 7]legge applicabile al contratto in misura assaiampia va valutato senz’altro positivamente. Taleopportunità, consistente nello scegliere l’ordinamentoritenuto più efficiente, garantisce larealizzazione di un mercato comunitario integratoe l’effettiva concorrenza tra le imprese assicuratrici.Quanto ai contenuti, è utile chiarire che l’integrazionedelle norme delle direttive nel reg.« Roma I » non è stata un’opera semplice ancheperché i due sistemi normativi sono ispirati ametodi diversi tra loro. Ad esempio, non è risultatosemplice coordinare la divisione in categorietra contratti di assicurazione grandi rischi enon, accolta del sistema di diritto comunitariosettoriale, rispetto alla tradizionale distinzionetra contratti tra professionisti e contratti con iconsumatori prevista nella Convenzione di Romaed interamente recepita dal reg. CE n. 593/2008. Il risultato è che con la nuova normativapossono verificarsi ipotesi in cui nel settore deicontratti di assicurazione grandi rischi rientrinoanche situazioni assolutamente necessarie di tutelaex art. 6, ed ipotesi di contratti relativi a rischipiccoli o medi di natura commerciale eccessivamentetutelati dall’art. 7.In quest’ultimo caso si realizza una certa incongruenzanella misura in cui si privilegia l’assicuratoo il beneficiario che hanno stipulatocontratti scarsamente collegati con il territoriocomunitario. Ad esempio, per quanto riguardal’assicurazione sulla vita, sarebbe stato utile valutarela possibilità di offrire, ad alcune categoriedi assicurati, il diritto ad una scelta più ampia.Ciò sarebbe dovuto avvenire, ad esempio,nel caso di alcuni « rischi commerciali e industriali», che non sono « grandi rischi » ai sensidell’art. 5 della dir. 1973/239/CEE. In effetti,la nozione di « grandi rischi », come è definitanelle direttive sulle assicurazioni, si riferisce soloai rischi non vita, in quanto è stata introdottadalla seconda dir. 1988/357/CEE « non vita». Non esiste, invece, una nozione analoganella assicurazione sulla vita. Pertanto, sarebbestato opportuno verificare la possibilità di concederea determinati assicurati, che per le lorocaratteristiche o la loro condizione giuridica,non necessitano della protezione speciale concessadalla legislazione dello Stato membro dovehanno eletto la loro residenza, il diritto discegliere la legislazione applicabile al contrattodi assicurazione, come avviene nel ramo nonvita. Ciò si sarebbe potuto applicare <strong>agli</strong> investitoriistituzionali (istituzioni finanziarie, societàfinanziarie che rientrano nella direttiva suiservizi di investimento, enti pubblici e statali),nonché alle grandi imprese industriali e commercialiche stipulano contratti di assicurazionesulla vita.Per quanto riguarda l’assicurazione « non vita», si sarebbe dovuto verificare se la libertà discegliere la legislazione, offerta dal regolamento,potesse essere estesa ad alcune categorie diassicurati che, sebbene non possano essereconsiderati « grandi rischi », non hanno bisognodella protezione speciale accordata dallalegislazione dello Stato membro dove è situatoil rischio. In questo contesto, si sarebbe dovutoanche prendere in considerazione l’adeguamentodell’attuale regime non vita, per tenerconto della situazione nella quale vengono atrovarsi gli assicurati che sono cittadini di unoStato membro, ma risiedono in un altro Statomembro. Evidentemente si sarebbe potutoconcedere a tali assicurati di scegliere la legislazioneapplicabile al loro contratto di assicurazione,almeno tra quelle dello Stato membro incui risiedono e dello Stato membro di cui sonocittadini. Tale regola è già prevista esplicitamenteper l’assicurazione sulla vita. Se fossestata applicata anche all’assicurazione non vitaavrebbe consentito a questi assicurati di sottoporreil loro contratto di assicurazione ad unalegislazione con la quale hanno dimestichezza(vale a dire, il loro diritto nazionale). Tale regolaavrebbe tenuto conto della situazione specificadi assicurati espatriati, ad esempio pensionati,che decidono di eleggere la residenzain uno Stato membro diverso da quello di cuihanno la nazionalità.Giuseppina PizzolanteNLCC 3/4-2009


[Art. 8] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 771Art. 8.(Contratti individuali di lavoro)1. Un contratto individuale di lavoro è disciplinato dalla legge scelta dalle parti conformementeall’articolo 3. Tuttavia, tale scelta non vale a privare il lavoratore della protezione assicurat<strong>agli</strong>dalle disposizioni alle quali non è permesso derogare convenzionalmente in virtù dellalegge che, in mancanza di scelta, sarebbe stata applicabile a norma dei paragrafi 2, 3e4delpresente articolo.2. Nella misura in cui la legge applicabile al contratto individuale di lavoro non sia statascelta dalle parti, il contratto è disciplinato dalla legge del paese nel quale o, in mancanza, apartire dal quale il lavoratore, in esecuzione del contratto, svolge abitualmente il suo lavoro. Ilpaese in cui il lavoro è abitualmente svolto non è ritenuto cambiato quando il lavoratore svolgeil suo lavoro in un altro paese in modo temporaneo.3. Qualora la legge applicabile non possa essere determinata a norma del paragrafo 2, il contrattoè disciplinato dalla legge del paese nel quale si trova la sede che ha proceduto ad assumereil lavoratore.4. Se dall’insieme delle circostanze risulta che il contratto di lavoro presenta un collegamentopiù stretto con un paese diverso da quello indicato ai paragrafi 2o3,siapplica la legge ditale diverso paese.Sommario: 1. Continuità con la disciplina convenzionale.– 2. Considerazioni sulla scelta della legge applicabile.– 3. Segue: il rilievo delle norme non derogabiliconvenzionalmente. – 4. I criteri sulla legge applicabilein mancanza di scelta: il luogo della prestazione abituale.– 5. Segue: la sede di assunzione. – 6. Segue: laclausola del collegamento più stretto. – 7. Il rilievodelle norme di applicazione necessaria nel contestodei contratti di lavoro alla luce di una recente giurisprudenzadella Corte di giustizia. – 8. Sul compromessotra tutela del lavoratore e prevedibilità della disciplinaapplicabile.1. – La disciplina del contratto di lavoro individualecontenuta nell’art. 8 del reg. CE n. 593/2008, presenta forti elementi di continuità conl’omologo art. 6 della Convenzione di Roma del1980.Chiaramente analogo è l’ambito oggettivod’applicazione. L’art. 8 del regolamento nonmuta il riferimento ai soli contratti individualidi lavoro subordinato, con la conseguenteesclusione, da un lato, della sua possibile applicazioneai contratti collettivi ( 1 ) e, dall’altro, diun suo utilizzo nei contratti di lavoro autonomo,nei contratti di lavoro gratuito o nel contestodi rapporti familiari. Né si è affrontato ilproblema dell’applicabilità dell’art. 8 ai contrattidi lavoro c.d. parasubordinato, che, invece,avrebbe potuto forse essere meglio chiarito nelcorso delle modifiche del testo convenzionale eche si è scelto di non risolvere, analogamente aquanto già mancava nella disciplina dell’art. 6della Convenzione. Tanto che, con le medesimeincertezze che talvolta hanno caratterizzato ladisciplina precedente, la sfera d’operatività delregolamento rispetto a contratti individuali dilavoro rimarrà quella sostanzialmente affermatasigià in alcune pronunce della Corte di giustiziasin dal noto caso Bettray ( 2 ).Nell’ottica di una piena continuità si inserisceanche la struttura tecnica del nuovo art. 8 in relazioneal suo funzionamento. Rimane inalteratala centralità del criterio della scelta della leggeapplicabile, che anzi, pur risultando chiaramenteanche dal testo convenzionale, nel regolamentoè ancora più accentuata dall’espresso richiamoal fatto che « il contratto individuale dilavoro è disciplinato dalla legge scelta dalle particonformemente all’articolo 3 », relegando illimite del necessario rispetto delle norme imperativeapplicabili nell’ordinamento che altrimentiavrebbe regolato il contratto in mancanza( 1 ) Circa il rilievo che questi possono tuttaviamantenere anche in relazione all’applicazione dell’art.8 v., infra, par. 3.( 2 ) V. Corte giust. CE 31 maggio 1989, causa 344/87, Battray,inRaccolta, 1989, p. 1621 ss., punti 11 ss.NLCC 3/4-2009


772reg. CE n. 593/2008[Art. 8]di optio legis all’inciso successivo ( 3 ). Resta salvaaltresì l’operatività dei criteri sussidiari (« inmancanza di scelta ») del luogo della prestazioneabituale del lavoro o del luogo dove si trovala sede che ha proceduto ad assumere il lavoratoreo, ancora, del diverso luogo in cui il contrattodi lavoro presenta un collegamento piùstretto rispetto ai due precedenti ( 4 ). Si è dunqueritenuto che questa struttura continuasse acorrispondere alla soluzione tecnica più adeguataa regolare la materia in esame; tanto chequesta scelta di assoluta continuità, specie seconfrontata con la più incisiva opera di riformache ha invece toccato le altre norme di conflittodella Convenzione, è l’elemento a nostro avvisopiù peculiare del reg. « Roma I » in questa materia.Terzo elemento di continuità con la disciplinaconvenzionale è quello dalla ratio legis sottesa alnuovo art. 8. L’obiettivo è quello di predisporreuna normativa di conflitto che consenta una tutelaeffettiva dei lavoratori, permettendo di individuareil centro di gravità del rapporto di lavoroal di là di ogni apparenza ed artificio. Anchesotto questo profilo ci sembra evidente l’affinitàcon la Convenzione, rispetto alla quale laRelazione Giuliano-Lagarde esplicitamente precisaval’obiettivo in esame come la premessa perla previsione di una disciplina autonoma neirapporti di lavoro, individuati quali ipotesi contrattualiin cui un microcosmo normativo completofosse chiaramente opportuno per la miglioretutela della parte debole del tipo contrattualein esame ( 5 ). Del resto, proprio nell’otticaappena proposta, è ben nota l’incidenza che lostesso art. 6 della Convenzione ha esercitato sullaConvenzione di Bruxelles del 1968, inizialmenteattraverso un’interpretazione evolutiva( 3 )L’introduzione stilistica in esame, assente neltesto della Proposta della Commissione, si deve all’emendamenton. 46 del Progetto di risoluzione legislativadel Parlamento europeo del 21 novembre2007: documenti del Parlamento citati in queste paginesono rinvenibili nel sito dello stesso Parlamento(http://europarl.europa.eu).( 4 ) Sulle differenze che riguardano poi i singolicriteri dell’art. 8 del regolamento rispetto all’art. 6della Convenzione e alla Proposta della Commissione,v. infra, parr. 4, 5 e 6.( 5 )V.Relazione Giuliano-Lagarde, sub art. 6, par.1.dell’allora art. 5, n. 1, a partire dalla sentenzadella Corte di giustizia CE nel caso Ivenel ( 6 ), epoi con l’introduzione di una disciplina specificadei contratti di lavoro a seguito della modificadel medesimo art. 5, n. 1, in occasione dellaConvenzione di San Sebastian del 1989, perl’adesione di Spagna e Portogallo.Ultimo argomento, ma non per questo trascurabile,è quello che si può desumere dal Libroverde ( 7 ) e dalle osservazioni inviate alla Commissionein risposta ad esso, da cui emerge uncomune orientamento favorevole alla continuitàrispetto all’impostazione convenzionale, fermarestando l’esigenza di introdurre delle precisazionivolte, da un lato, a circoscrivere megliol’operatività delle norme imperative e di poliziaapplicabili alla fattispecie in esame (con un particolareriferimento alla dir. 1996/71/CE in temadi distacco) ( 8 ) e, dall’altro, a rendere piùaderente l’applicazione dei diversi criteri di collegamentoprevisti dall’allora art. 6 alle mutateesigenze del mondo del lavoro, che la Convenzionenon aveva saputo o potuto affrontare oche, comunque, il testo medesimo non permettevadi risolvere in modo certo.2. – La prospettiva dalla quale si è partiti nellaredazione del nuovo testo dell’art. 8 non è dunquequella di una « riforma » del sistema vigente,bensì,più semplicemente, quella di introdurredelle « correzioni » capaci di ovviare ad alcuneincertezze interpretative derivanti dall’applicazionedella Convenzione, lasciando però fermal’idea originaria della migliore tutela possibiledel lavoratore.L’obiettivo appena ricordato, tuttavia, sembracentrato solo in parte, soprattutto per l’insufficientecoordinamento tra interessi materialitutelati e tecniche di conflitto utilizzate per realizzarli.In linea generale, infatti, quando la normadi conflitto è chiamata funzionalmente a tutelareuno specifico interesse materiale, essa dovrebbestrutturarsi secondo il c.d. metodo del( 6 ) V. Corte giust. CE <strong>28</strong> febbraio 1982, Ivenel,causa 133/81, in Raccolta, 1982, p. 1900 ss., punti 13ss.( 7 ) V. in particolare le domande 13, 14 e 15.( 8 )InG.U.U.E. n. L 18 del 21 gennaio 1997, p. 1ss.; la normativa italiana di adattamento è contenutanel d.lgs. 25 febbraio 2000, n. 72, in G.U. n. 235 del 9ottobre 2003, S.O. n. 159.NLCC 3/4-2009


[Art. 8] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 773riferimento alle considerazioni materiali ( 9 ). Ilregolamento, invece, in piena continuità con laConvenzione, segue un’altra impostazione. Ilmetodo di coordinamento è quello della c.d. localizzazionespaziale e, quindi, la tutela del lavoratoresi basa sulla presunzione che l’individuazionedel centro di gravità effettivo del rapportoè elemento di per sé astrattamente sufficiente aconsentire un riequilibrio nella originaria disparitàdi forza tra datore di lavoro e lavoratore.Nell’ottica tradizionale, sia pure con alcunemodifiche testuali di natura eminentemente stilistica( 10 ), l’art. 8 riproduce la centralità del criteriodella scelta della legge applicabile, proponendo,certamente in sintonia con l’impostazionegenerale di tutto il regolamento, una soluzionetecnica a nostro avviso discutibile nel contestospeciale dei contratti di lavoro disciplinatidallo stesso art. 8, che avrebbe meritato unmaggior approfondimento almeno nell’otticadelle « precisazioni ». Una soluzione, peraltro,( 9 )V.Picone, La riforma italiana di diritto internazionaleprivato, Padova, 1998, spec. p. <strong>29</strong> ss. e 303ss. Non ci sembrerebbe poter essere un valido elementoper negare questa affermazione la considerazioneche si tratta di una tecnica che si adatta più adordinamenti nazionali che ad una disciplina internazionaleo comunitaria. Infatti, se all’epoca della redazionedella Convenzione sarebbe stato probabilmentescarsamente proponibile un coordinamento cheprescindesse dalla mera ricerca della « localizzazionespaziale » della fattispecie concreta per studiare soluzioniche più direttamente tutelassero gli obiettivimateriali da garantire, il panorama è attualmente assaimutato e ciò non solo nell’ottica dei singoli sisteminazionali, ma anche, ad esempio, nella prospettivadella stessa integrazione comunitaria (per alcune riflessionisui caratteri propri della situazione appenaaccennata v. Picone, Diritto internazionale privatocomunitario e pluralità di metodi di coordinamento traordinamenti, inDiritto internazionale privato e dirittocomunitario, a cura di Picone, Padova, 2004, p. 485ss.).( 10 ) Il testo italiano, ad es., corregge l’espressione« in deroga », che era presente nella Convenzioneprima e poi nella Proposta della Commissione, e chealludeva ad una normativa derogatoria dell’art. 3, chein realtà non era assolutamente prevista nell’art. 6,uniformandosi alla versioni francese ed inglese, lequali, già nella Proposta appena citata, facevano riferimentoall’avverbio « nonostante », chiaramenteesprimendo la centralità del criterio della scelta applicabilecosì come regolato dallo stesso art. 3 dellaConvenzione, prima, e della Proposta, poi.poco in linea anche con l’esplicito ricercatocoordinamento con la disciplina di diritto processualecivile internazionale proposta nel reg.CE n. 44/2001 ( 11 ), dove invece la materia delcontratto di lavoro ha una sua vera autonomiaed è ricostruita in un microcosmo normativorealmente speciale e rit<strong>agli</strong>ato sull’idea di unaadeguata tutela del lavoratore subordinato.Tanto che anche la parte sulla scelta del forocompetente viene fortemente limitata ad unaopzione condizionata alla ricerca di una tutelaeffettiva delle prerogative del lavoratore.Premesso che nella prassi la scelta esplicita diuna legge applicabile appare essere un elementocontrattuale non molto diffuso e, forse, in ragionedel livello della contrattazione, più frequentea livello di contratti dirigenziali, sarebbe statoanzitutto opportuno escludere esplicitamente lavalidità di optio legis tacite (o implicite) ( 12 ).Anche solo alla luce della nostra giurisprudenza( 13 ), e sia pure considerando le novità introdottedal nuovo art. 3 del regolamento ( 14 ), ipresupposti su cui la volontà presunta (o implicita)delle parti potrebbe funzionare appaionotroppo discrezionali e ampi, tanto da non ga-( 11 ) V.il7 o considerando.( 12 ) Sulla nozione di optio legis e sulle possibili variantiin cui essa può manifestarsi nell’ambito delladisciplina sulle obbligazioni contrattuali si rinvia aquanto in commento all’art. 3.( 13 ) In materia di rapporti di lavoro, si veda Pret.Milano 5 gennaio 1995, in Riv. dir. lav., 1996, p. 503;Cass., sez. un., 18 ottobre 1993, n. 10<strong>29</strong>3, in Riv. dir.internaz. priv. e proc., 1994, p. 617, che individuanonel riferimento ad istituti tipici o a clausole contemplatein disposizioni normative di un ordinamento oalla lingua del contratto basi sufficienti per la definizionedi una scelta implicita. Più in generale, mi sembrainteressante anche citare Trib. Napoli 3 novembre2004, in Giur. nap., 2004, p. 444, dove si lega lascelta implicita della legge applicabile, ad esempio, alfatto che le difese e le argomentazioni <strong>giuridiche</strong> si rifaccianounicamente alla legge italiana, privilegiandoquindi l’intento dei rappresentanti processuali delleparti su ogni altro aspetto. Per analoghe osservazionisull’ampiezza con cui talvolta si è proceduto alla individuazionedi una scelta implicita ai sensi dell’art. 3della Convenzione v. Oberlandesgericht Düsseldorf 9giugno 1994, in Neue Juristische Wochenschrift-Rechtsprechnungsreport,1995, p. 1396 s., e Bundesgerichtshof14 gennaio 1999, ivi, 1999, p. 813.( 14 ) Su cui, per comodità, si rinvia alla sessione delpresente commentario dedicata all’argomento.NLCC 3/4-2009


774reg. CE n. 593/2008[Art. 8]rantire affatto al lavoratore la prevedibilità dellalegge applicabile o la sua necessaria partecipazionead una scelta condivisa e consapevole.Quest’ultime, infatti, ci sembrano le premesseche, ragionevolmente, dovrebbero stare dietrol’introduzione del criterio della scelta della leggeapplicabile nell’ottica dei contratti di lavoro.L’ammissibilità invece di una applicazione ampia,indiscriminata e, peggio ancora, decontestualizzatadi tale criterio non salvaguarda sufficientementel’equilibrio che l’art. 8 tende a garantire.Tanto più che, da un lato, il citato art. 3,nel trattare questa materia in generale, neppurefa più espressamente salvo (tra gli altri) l’art.8( 15 )ené quest’ultima disposizione individuaalcun limite speciale ( 16 ) alle modalità di funzionamentodella clausola della scelta della leggeapplicabile; mentre, dall’altro, come dimostra laprassi relativa all’art. 6 della Convenzione ( 17 ),salvo diverso auspicabile intervento della Cortedi giustizia, non vi è ragione di credere che, diper sé, il mero dato letterale della norma in esameescluda in assoluto l’operatività della c.d.scelta implicita ( 18 ).( 15 ) Come invece fa la Convenzione di Roma, all’art.6, ed anche la Proposta della Commissione, all’art.6. Ciononostante, la specialità della disciplinadei contratti di lavoro rimane indiscutibile ed èespressamente confermata dal 23 o considerando delregolamento, ad apertura della serie dei considerandoesplicativi/integrativi della parte del reg. CE n. 593/2008 dedicata a tutte le disposizioni speciali.( 16 ) Certo non fa venire meno l’affermazione deltesto la presenza dell’eccezione delle norme imperative(o, meglio, di quelle non convenzionalmente derogabili)su cui si veda infra par. 3. E questo perché talelimite è presente nella stesso art. 3 e certo non caratterizzala disciplina dei contratti di lavoro rispetto aquella dei contratti in generale, se non per il solo fattodi individuare (come vedremo infra, par. 3, in modoanche discutibile) a quali norme imperative si riferisceper i contratti di lavoro.( 17 ) Almeno nell’ottica dell’applicazione dellaConvenzione di Roma, emblematico è il fatto cheogni volta che si precisa il rilievo del criterio dellascelta della legge applicabile nel contesto dei contrattidi lavoro si fa riferimento poi alla disciplina dell’art.3, cui, secondo l’orientamento comune, l’art. 6della Convenzione farebbe un rinvio incondizionato.Sul punto, v. Pret. Milano 5 gennaio 1995, cit.; Cass.11 novembre 2002, n. 15822, in Foro it., 2003, I, c.484.( 18 ) Sulla applicabilità della scelta implicita dellaUn intervento restrittivo che escludesse l’operativitàdella scelta implicita, o che almeno enfatizzasseil carattere rigoroso dei limiti in cui sarebbepossibile dare un valore giuridico allascelta implicita, invece, sarebbe stato auspicabilenel testo stesso dell’art. 8 del regolamento.Tuttavia, nel corso dei lavori preparatori, laquestione in esame non si è mai posta all’attenzionedelle diverse istituzioni ed enti coinvoltinella sua redazione. Neppure il parere dellaCommissione per l’occupazione e gli affari socialidel 14 settembre 2006, che si è occupatoesclusivamente di proporre emendamenti alladisciplina prefigurata nella Proposta della Com-legge applicabile ai contratti di lavoro, si veda Corrao,Profili internazional-privatistici dei rapporti di lavoronei gruppi di società, inLav. e dir., 2005, p. 508.Come vedremo poi nel testo, di seguito, alternativamentealla soluzione richiedente la esclusione dellascelta implicita, si sarebbe potuto anche utilizzare latecnica della scelta della legge applicabile dandogliuna portata più circoscritta, ovvero limitandola allascelta all’interno dei Paesi indicati nel seguito dellostesso art. 8. In quest’ottica, si sarebbero potute seguiredue vie diverse: ammettere la scelta condizionatadella legge applicabile nel senso appena ricordato,facendola poi funzionare nei modi previsti dall’art. 3;oppure, a sottolineare il rilievo della tutela della partedebole del rapporto, si sarebbe potuto devolvere lascelta al lavoratore nel momento dell’instaurazionedella controversia. Sulla effettiva percorribilità diquesta seconda ipotesi, in verità, sia pure espresso nelcontesto della Convenzione di Bruxelles, ci pare interessantesegnalare le conclusioni presentate dall’avv.gen. Jacobs il 18 ottobre 2001 nella causa 37/00, Weber(in Raccolta, 2001, p. I-2016 ss., punto 47), il qualesottolinea come non si possa trarre dall’art. 5 n. 1della Convenzione di Bruxelles l’esistenza di una assolutadiscrezionalità di scelta da parte del contraentedebole, in quanto incompatibile con i fini di certezzadel diritto e prevedibilità dei fori competenti perseguitidalla Convenzione. Tradotto nell’ottica dei conflittidi leggi, ciò significa che la protezione del lavoratorenon può mai andare a scapito del valore dellacertezza e prevedibilità della legge applicabile. Tuttavia,crediamo che limitare la scelta ad ordinamentipredefiniti, da un lato, e rimettere tale scelta al lavoratore,dall’altro, non avrebbero prodotto un problemadi certezza più ampio di quello che già deriva, adesempio, dall’applicabilità della clausola del collegamentopiù stretto. Per cui, una volta ben definitaquale dovesse essere la ratio legis di una norma diconflitto speciale per i contratti di lavoro, le ipotesiindicate all’inizio avrebbero potuto certamente trovarecollocazione nella riforma ora in esame.NLCC 3/4-2009


[Art. 8] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 775( 19 ) Cfr. Venturi, Alcune osservazioni sui contrattiindividuali di lavoro nella proposta di regolamento« Roma I », inLa legge applicabile ai contratti nellaproposta di regolamento « Roma I », a cura di Franzina,Padova, 2006, p. 66 ss.( 20 ) Sul punto, ancorché non esclusivamente dedicatoalla materia del lavoro, si veda il 23 o considerando.Tale intento, come abbiamo già potuto vedere,trova ulteriore conferma nella scelta di continuità cheè stata fatta rispetto al testo della Convenzione di Roma(v. supra, par. 1).missione, fa alcun cenno alla questione. Quasiche i rilievi critici appena accennati, e già introdottiin un precedente lavoro ( 19 ), fossero prividi sostanza.Spetterà adesso alla Corte di giustizia procedereeventualmente in questo senso, garantendocosì la uniformità e la coerenza della disposizionein esame con le sue premesse concettuali. Gliargomenti a favore di tale soluzione potrebberoessere almeno due.In primo luogo, dovrebbe avere un rilievofondamentale l’interpretazione della clausoladella optio legis di cui all’art. 8 che tenesse contodella prospettiva teleologica e sistematica incui questa disposizione si inserisce. L’intentodichiarato nel regolamento è quello di creareuna disciplina autonoma, completa ed esclusivadei contratti individuali di lavoro al fine di garantire(nell’ottica dei conflitti di legge) una tuteladel lavoratore, quale parte debole del rapporto( 20 ). Tale spazio di autonomia potrebbelegittimare una interpretazione del testo normativotale da concretizzare una norma più restrittivasulla possibile efficacia della c.d. scelta implicita:limitandone, ad esempio, l’operativitàsolo in presenza di elementi seri, univoci e concordantiche dimostrassero la reale consapevolezzadel lavoratore circa l’applicabilità di unalegge diversa da quella altrimenti prevista aisensi dell’art. 8, parr. 2, 3e4;escludendonel’applicabilità rispetto a possibili modifiche diaccordi espliciti preesistenti; o ancora escludendonel’applicabilità rispetto a scelte di fonti <strong>giuridiche</strong>non statali che andassero oltre la contrattazionec.d. di secondo livello, che certo sonocomprensibili nella generica ottica dell’autonomiacontrattuale, ma che ci parrebbero scarsamentecoerenti con l’impronta data alla disciplinadei contratti di lavoro.Un secondo argomento ci sembra poter veniredall’orientamento giurisprudenziale dellaCorte di giustizia in merito all’attuale disciplinadei contratti di lavoro nell’ottica del reg. CE n.44/2001. Come si legge sin dalla presentazionedel Libro verde ( 21 ), nel preambolo della Propostadella Commissione ( 22 ), nei diversi interventiistituzionali precedenti l’adozione della normativaora in esame e, infine, nella versione definitivadel reg. CE n. 593/2008 ( 23 ), l’esigenza diun coordinamento tra queste due fonti comunitarieè alla base stessa dell’idea di riformare laConvenzione di Roma. È chiaro allora che sarebbeillogico pensare ad una uniformità ed armonizzazionetra i due sistemi che non comprendesseanche un analogo processo sotto ilprofilo interpretativo. Del resto, di una osmositra queste due fonti si è già parlato in precedenza,tanto che l’influenza reciproca che ciascunaha determinato sull’altra è un dato non contestabile.Nell’ottica ora in esame, mutatis mutandis,potrebbe giocare un ruolo importante la diversafisionomia che si è intesa dare alla clausoladella scelta del foro competente nell’art. 21 delreg. CE n. 44/2001, dove si ammette questapossibilità solo a condizioni piuttosto stringenti( 24 ). Non si può probabilmente sostenere cheessa ne esclude tassativamente l’efficacia se non( 21 ) V. punto 1.3.( 22 ) V.il4 o eil6 o considerando.( 23 ) V.il7 o considerando.( 24 ) La norma in esame parla di una necessaria« Convenzione » tra le parti (che dunque deve esserescritta o confermata per iscritto), la quale o è successivaal sorgere della causa, e quindi potrà essere fattavalere solo in caso di un giudizio promosso di fronteai giudici indicati dal regolamento (v. art. 21, lett. a)ocomunque consente al solo lavoratore di adire ungiudice diverso da quelli espressamente previsti nellasez. 5 (v. art. 21, lett. b). In ogni caso, l’orientamentodella norma in esame è chiaramente quello di privilegiarela posizione del lavoratore. In entrambe le ipotesi,infatti, la normativa sulla deroga è incentrata sulruolo « attivo » del lavoratore, che dovrà prestare ilproprio consenso successivamente al sorgere dellacontroversia (lett. a) o, se la deroga è stata convenutaprima del sorgere della controversia (magari nel contrattodi assunzione), potrà egli solo scegliere se adireun giudice diverso da quello previsto altrimenti dall’art.19 del regolamento. Per una analisi più ampiadella norma in questione nel senso indicato nel testosi veda Mosconi, La giurisdizione in materia di lavoronel regolamento (CE) n. 44/2001, inRiv. dir. internaz.priv. e proc., 2003, p. 22 ss.NLCC 3/4-2009


776reg. CE n. 593/2008[Art. 8]è prevista in forma scritta mediante Convenzione,ma quel che pare certa è l’esigenza che nelcaso in esame si richiederà la prova di comportamenticoncludenti assai significativi ( 25 ). Nonsarebbe irragionevole allora pensare ad un processonel quale fosse il reg. CE n. 44/2001 ad influenzaregli orientamenti interpretativi su questaparte dell’art. 8 del reg. CE n. 593/2008.Nell’ottica della competenza giurisdizionale,l’idea di limitare la libera determinazione delleparti, inserendo speciali restrizioni alle ipotesidi deroga, nasce appunto dalla tutela degli interessimateriali in gioco nei contratti di lavoro esi basa sulla premessa che tali restrizioni garantisconopiù verosimilmente una scelta consapevoledella parte debole del rapporto ( 26 ). Consideratoche anche l’art. 8 intende perseguire lastessa esigenza di fondo e che spetterà comunquealla Corte di giustizia indicare gli orientamentiinterpretativi su questa materia, crediamoche sarà possibile riproporre, mutatis mutandis,analoghi limiti al funzionamento della c.d. sceltaimplicita della legge applicabile.3. – L’unico limite esplicito che l’art. 8, par. 1,pone al criterio della scelta della legge applicabileè quello del necessario rispetto delle « disposizionialle quali non è permesso derogareconvenzionalmente in virtù della legge che, inmancanza di scelta, sarebbe stata applicabile ».Tale riferimento riprende quanto già previsto intermini più generali dall’art. 3 e nulla aggiungea quanto già dispone sostanzialmente il corrispondenteart. 6 della Convenzione di Roma( <strong>27</strong> ). Tuttavia, considerato l’intento di far( 25 ) Cfr. Salerno, Giurisdizione ed efficacia delledecisioni straniere nel regolamento (CE) n. 44/2001 3 ,Padova, 2006, p. 213 s.; Mosconi, La giurisdizionein materia di lavoro, cit., p. 24.( 26 ) Sia pure in tema di assicurazioni ed in relazionealla Convenzione di Bruxelles, si vedano le importantiosservazioni della Corte giust. CE 12 maggio2005, causa 112/03, Société financière et industrielledu Peloux, inRaccolta, 2005, p. I-3707 ss., punti 23 e<strong>27</strong> ss.( <strong>27</strong> ) Con l’espressione riportata nel testo, si segnalail tentativo di risolvere l’incertezza interpretativa checaratterizza gli <strong>artt</strong>. 3, 5, 6e7della Convenzione diRoma sulla distinzione tra norme imperative e normedi applicazione necessaria. Del resto, l’introduzioneall’art. 9 della categoria delle norme di applicazionenecessaria (che felicemente sostituisce la dizione delemergere la norma in esame quale disposizionedi conflitto applicabile in via esclusiva ai contrattidi lavoro, sarebbe stato qui forse opportunofare alcune « precisazioni » ulteriori sul modoin cui tale meccanismo è destinato a funzionarein relazione a questo tipo di contratti.Una prima specificazione riguarda i limiti incui determinare l’operatività delle norme imperativecui si riferisce l’art. 8, affinché la loro applicazionesia legata funzionalmente al fatto diconsentire una tutela migliore rispetto a quellafornita dall’ordinamento altrimenti individuatodalle parti. In effetti, il 35 o considerando al regolamentosottolinea questa esigenza di salvaguardia,nella parte in cui precisa, rispetto al testodell’art. 8, che il limite certo non vale per le normativenazionali di natura imperativa che ammettesserola deroga a beneficio del lavoratore.Tuttavia, la formulazione utilizzata potrebbe indurrea condizionare questa possibilità ai solicasi in cui essa emergesse dal sistema giuridiconazionale di volta in volta in questione. Mentresarebbe stato meglio non solo inserirla nel testodell’art. 8, ma legarla esplicitamente e principalmentealla valutazione di merito dei tribunali investitieventualmente della questione. Ciò nonsolo al fine di garantire la necessaria uniformità,quantomeno di partenza, di criteri applicatividel limite in parola; uniformità che potrebbe veniremeno se non tutte le legislazioni ammettesseroclausole di deroga ad meliora o se anche solole ammettessero in via parziale ed eterogenea.Crediamo, infatti, che valutazioni di questo tipoimplichino un apprezzamento discrezionale insuscettibiledi essere predefinito e cristallizzatoin fattori che sono esterni al merito delle singolevicende pendenti e, di conseguenza, non puòche essere il giudice il depositario migliore dell’operativitàdi questa deroga.Tale orientamento, peraltro, corrisponde aquanto, ad esempio, espressamente prevede il17 o considerando, nonché l’art. 3, n. 7, della dir.1996/71/CE sul distacco. Se pure nei diversicorrispondente art. 8 della Proposta, « norme di polizia»), ci sembra definitivamente eliminare ogni dubbioresiduo sul punto. Tanto che si può ragionevolmentesostenere che il riferimento esplicito fatto nell’art.8 è a quelle norme che nella legislazione applicabilealla fattispecie contrattuale in causa limitano lacapacità negoziale delle parti. In generale, sull’argomento,v. Biagioni, infra, commento sub art. 9.NLCC 3/4-2009


[Art. 8] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 777passaggi che hanno portato poi al testo definitivodell’art. 8 del regolamento sono caduti i numerosirichiami espliciti alla direttiva ( <strong>28</strong> ), nonvi è dubbio che il legame tra il regolamento e ladirettiva sia stato pensato nel regolamento medesimonell’ottica della loro assoluta complementarietàdi funzionamento ( <strong>29</strong> ). L’interpretazionein parola, inoltre, ci sembra in linea conl’orientamento giurisprudenziale della Corte digiustizia che, sia pure in contesti diversi dallafattispecie in esame, ha affermato come l’applicazionedi norme imperative (e/o di applicazionenecessaria) sia contraria ai principi di dirittocomunitario nei casi in cui la legge applicabilerichiamata consentirebbe una protezione del lavoratoresecondo standard equivalenti ( 30 ).Un secondo chiarimento, sempre nella solaottica del rilievo che essi potrebbero avere comelimite alla libera determinazione delle parti circail contenuto del rapporto giuridico di lavoro,va svolto a proposito dei contratti collettivi dilavoro. L’importanza che tali contratti hanno aifini della garanzia dei lavoratori e come fonte dinorme imperative era già riconosciuta dalla RelazioneGiuliano-Lagarde ( 31 )edè espressamenteribadita dalla dir. 1996/71/CE. Non vi è dubbioche questa funzione potrà agevolmente riemergerein via interpretativa per il naturale caratterecomplementare della direttiva medesimarispetto al reg. CE n. 593/2008 ( 32 ). Tuttavia,( <strong>28</strong> ) Una richiesta in tal senso era emersa sin dal Libroverde (v. infra, nt. 35) e, nel corso dei lavori preparatoridel regolamento, in particolare la Commissioneper l’occupazione e gli affari sociali (sul cui parerev. l’Allegato al Progetto di risoluzione del Parlamento,cit.) aveva sollecitato ampiamente l’affermazionedi collegamenti diretti con la direttiva, sia nelcontesto dell’art. 8 (si vedano gli emendamenti1e2),sia in riferimento all’art. 9, in tema di norme di applicazionenecessaria (si veda l’emendamento 9).( <strong>29</strong> ) Cfr. il 34 o considerando, su cui si vedano piùampiamente le considerazioni di cui al par. 7.( 30 ) V. Corte giust. CE 23 novembre 1999, causeriunite 369/96 e 376/96, Arblade, inRaccolta, 1999,p. I-8453 ss., punti 34 ss. Sul punto, per quanto riguardapoi la Convenzione di Roma, v. Corrao, Profiliinternazional-privatistici, cit., p. 510 ss.( 31 )V.laRelazione Giuliano-Lagarde, sub art. 6,par. 2.( 32 ) Sul punto, v. Corte giust. CE 19 giugno 2008,Commissione c. Lussemburgo, causa 319/06, in Raccolta,2008, p. I-4323 ss.; in dottrina, v. Franzina,ancora una volta, non è ben chiaro per qualemotivo non inserire esplicitamente una realtàche, sia pure con le dovute differenze, appareessere comune a tutti gli ordinamenti europei. Eciò tanto più alla luce della giurisprudenza piùrecente della Corte di giustizia, dalla quale sembranoemergere elementi contrastanti di letturadel valore giuridico dei contratti collettivi nell’otticadelle relazioni di lavoro a carattere transazionale( 33 ).Infine, il testo del regolamento dedica pocospazio, lasciandolo incerto, al tema delle cc.dd.norme imperative di diritto comunitario ( 34 ).Viene in questo contesto ancora una volta in rilievola dir. 1996/71/CE ed il coordinamentoche è necessario considerare tra quest’ultima ela disciplina generale di cui al regolamento inoggetto. La fattispecie del distacco è indubbiamentequella sulla quale l’applicabilità del regolamentopuò trovare maggiore terreno di confronto.Ed invece il legislatore comunitario nonha sentito la necessità di dedicarvi neppure uncenno, se non per chiarire, al 34 o considerando,che restano salve le norme di applicazione necessariadel Paese di distacco. Si è forse ritenutasufficiente questa specificazione anche alla lucedi quanto sia già inquadrabile in altra parte dell’art.3 (specialmente nei parr. 3 e 4), per le normenon derogabili convenzionalmente, e dell’art.9, per quelle di applicazione necessaria.Tuttavia, la logica della « specificazione » che èalla base della riformulazione dell’art. 8 del reg.CE n. 593/2008 avrebbe potuto riguardare anchequesto ulteriore aspetto ( 35 ). Il recenteQuestioni relative al distacco del lavoratore nel dirittointernazionale privato della Comunità europea,inLav.e dir., 2008, p. 97 ss.( 33 )L’argomento in questa sede può essere soloaccennato, rinviandosi per maggiori approfondimentidottrinali e per le indicazioni giurisprudenziali aOrlandini, Autonomia collettiva e libertà economiche:alla ricerca dell’equilibrio perduto in un mercatoaperto e in libera concorrenza, inGiorn. dir. lav. rel.ind., 2008, 239 ss.; Id., Ordine pubblico e dumpingsociale nel mercato interno dei servizi, inRivista deldiritto della sicurezza sociale, 2008, pp. 663 ss.( 34 ) V. Corte giust. CE 9 novembre 2000, Igmar,causa 381/98, in Raccolta, 2000, p. I-9305 ss., punti,14 ss.( 35 ) Del resto, sia pure in un’ottica diversa, proprioal fine di garantire le peculiarità dei contratti dilavoro, una parte dei commenti al Libro verde avevaNLCC 3/4-2009


778reg. CE n. 593/2008[Art. 8]orientamento interpretativo restrittivo che delladirettiva viene fatto dalla Corte di giustizia, intermini di standard di tutela minima, di ammissibilitàdi trattamenti derogatori solo se previstinella legislazione del Paese di origine, di confrontocon quella del distacco per il trattamentoequivalente, di rilievo della legislazione del Paesedi distacco rispetto ai limiti suddetti ( 36 ), infatti,non individuano solo tematiche di dirittosostanziale, ma hanno evidenti risvolti sul funzionamentodelle norme di conflitto in esame.A parte quanto diremo in seguito sulle esigenzedi coordinamento con la disciplina dell’art. 9del regolamento ( 37 ), ne viene direttamente condizionata,ad esempio, l’operatività dell’art. 8,par. 1, che richiama al rispetto delle norme imperativedel Paese dove viene svolta abitualmentel’attività lavorativa o, in mancanza, diquelle del Paese della sede che ha proceduto all’assunzioneo, ancora, di quelle del Paese chepresenta altrimenti un collegamento più stretto.La disciplina del regolamento, infatti, sembrerebbeconsiderare le sole norme del Paese diorigine o di provenienza del lavoratore; ma questainterpretazione contrasta con la direttiva,che invece si focalizza sulla tutela minima daadottarsi nel Paese di distacco e ricerca un equobilanciamento tra le due legislazioni menzionate,imponendo il principio della applicazione diquelle disposizioni sostanziali del Paese di distaccoche costituiscano l’adattamento della legislazionenazionale al diritto comunitario. Certonon è immaginabile la irrilevanza della direttivadi fronte a fattispecie inquadrabili nel regolamento.Ogni procedimento che vertesse su uncontratto di lavoro riguardante un lavoratore in4. – Le novità rispetto alla Convenzione diRoma si trovano nella disciplina dei criteri applicabiliin caso di mancanza di scelta, ma si deveanche subito precisare che esse hanno un valoremeramente redazionale. Si tratta per lo piùesclusivamente di un adeguamento della disciplinaconvenzionale <strong>agli</strong> orientamenti interpretativiche sono emersi in relazione alla sua concretaapplicazione. Ciò al fine di adattare il nuovotesto alla realtà del mondo del lavoro subordinatoe di dotarlo di una diversa impostazionesistematica, che rende la struttura normativacertamente più chiara.L’art. 8 del regolamento abbandona la tradizionalestruttura su due lettere della Convenzionedi Roma all’art. 6, par. 2, per una architetturapiù articolata. In verità, nulla è sostanzialmentemodificato circa il tipo di criteri utilizzati:il luogo della prestazione abituale, comecriterio principale; il luogo dove esiste lasede che ha proceduto all’assunzione, comecriterio sussidiario al primo; e la clausola generaledel collegamento più stretto come alternativamenteconcorrente con questi due. L’interventodel legislatore comunitario, invece, si èconcentrato sulla ricerca dei principi interpretativipiù adeguati a definire l’ambito d’applicazionedi ciascuno di questi criteri sulla leggeapplicabile.L’art. 8, par. 2, ripropone il luogo della prestazioneabituale come criterio principale su cuiindividuare la legge applicabile ai contratti dilavoro « nella misura » in cui questa non sia statascelta dalle parti. Al di là della diversa soluzionelessicale utilizzata nel regolamento, rispettoal corrispondente art. 6, par. 2, lett. a), dellaConvenzione, sono due fondamentalmente lenovità sostanziali che riguardano questa partedella disciplina ora in esame. La prima è costisuggeritodi inserire una clausola che salvaguardasseespressamente l’applicabilità della dir. 1996/71/CE(v. le proposte del Gruppo europeo di Diritto internazionaleprivato nelle diverse sessioni di lavoro tenutesitra il 2000 ed il 2003, in http://drt.ucl.ac.be/gedip/documents/gedip-documents).Il richiamo alla direttivain esame fatto dal regolamento e, anche precedentemente,nell’11 o considerando o, indirettamente,dall’art. 23 della Proposta di regolamento non ci sembranorisolvere la questione nei termini generali incui l’abbiamo sottolineata nel testo.( 36 ) Su cui si vedano i rilievi di Orlandini, Ordinepubblico e dumping sociale, cit., p. 663 ss., a cui sirimanda anche per le indicazioni giurisprudenziali ebibliografiche sull’argomento.( 37 )V.infra, par. 7.regimi di distacco e che non ponderasse attentamenteanche la direttiva rischierebbe di produrreuna decisione giuridicamente errata, probabilmentecensurabile di fronte alle corti nazionalied a quella europea. Ci domandiamo alloraper quale ragione non si sia voluto inserire il richiamoalla direttiva in modo più diretto nel testodell’art. 8 e, non di meno, per quale motivoil 34 o considerando richiami le sole norme di applicazionenecessaria, che sono cosa concettualmentediversa dalle norme imperative contemplatenell’art. 8, par. 1.NLCC 3/4-2009


[Art. 8] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 779tuita dall’inserimento di una precisazione circail « luogo » della prestazione lavorativa abituale,al fine di renderne più flessibile la sua localizzazionespaziale. L’art. 8, par. 2, infatti, ha aggiuntoal riferimento originario al « Paese in cui il lavoratore(...) svolge abitualmente il suo lavoro »l’inciso « del Paese (...) a partire dal quale (...)svolge abitualmente il suo lavoro » ( 38 ). L’effettoricercato è quello di ampliare le possibilitàapplicative del criterio principale, marginalizzandoquello secondario della sede che ha procedutoad assumere il lavoratore, sul presuppostoche il primo corrisponda meglio alla individuazionedel centro di gravità del rapporto lavorativoe della tutela del lavoratore ( 39 ). Questanuova formulazione, del resto, corrispondead un preciso orientamento della Corte di giustiziain relazione alla Convenzione di Bruxellesdel 1968 proprio in tema di contratti di lavoro( 40 ), che si è ritenuto di poter esportare anchenel diverso contesto della legge applicabile.Il secondo elemento di novità riguarda la questionepiù complessa del rilievo che ai fini delladeterminazione del luogo di prestazione abitualedell’attività lavorativa possa avere la circostanzadi una esperienza lavorativa in diversiPaesi. Sotto questo profilo, l’esempio più familiarepotrebbe essere quello del distacco ( 41 )edegli effetti che questo possa determinare sull’applicabilitàdell’art. 8, par. 2 ( 42 ). In realtà,già il testo della Convenzione prevedeva la irrilevanzaa questi fini di una temporanea attivitàlavorativa in un Paese diverso da quello dove sisvolge abitualmente il proprio lavoro. Tuttavia,sia pure attraverso la necessaria lettura con leindicazioni contenute nel 36 o considerando del( 38 ) Il cambiamento lessicale che sussiste tra laProposta di regolamento e la versione definitiva delregolamento, attraverso la sostituzione del verbo« compiere » con il verbo « svolgere », si deve quiforse al suggerimento della Commissione per l’occupazionee gli affari sociali, la quale intravedeva nellaespressione originaria un elemento che sarebbe statosuscettibile di avallare interpretazioni estensive delconcetto di temporaneità ai fini della operatività delcriterio in esame (cfr. il parere sopra menzionato, p.49, emendamento n. 5). Si deve tuttavia ritenere chequesta esigenza non è condivisibile, in quanto il caratteredi temporaneità, secondo noi, non dovrebbenascere dalla mera misurazione temporale, ma da fattoricomplessivi, su cui si vedano le riflessioni di cuiin seguito nel testo. In verità, il testo definitivo nonriprende la logica proposta dalla Commissione perl’occupazione e gli affari sociali, limitandosi ad unasemplice scelta lessicale che nulla toglie all’impostazioneteleologica di questa parte dell’art. 8. Tanto chepoi il 36 o considerando, che completa questa partedell’art. 8, riprende quasi per intero la versione originariadella Proposta di regolamento.( 39 ) Sul punto rinviamo alle sempre pertinenticonsiderazioni di cui alla relazione che accompagnaal Proposta di regolamento, p. 7. Al riguardo, si deveanche precisare che nel Parere del 14 settembre2006, la Commissione per l’occupazione e gli affarisociali (cfr. il Progetto di risoluzione legislativa delParlamento, cit., in all.) aveva presentato (tra gli altri)alcuni emendamenti all’inciso corrispondente nell’alloraProposta di Regolamento (si vedano gli emendamenti6, 7 e 8). La Commissione avrebbe voluto eliminareil riferimento alla Stato dal quale la prestazionedi lavoro viene abitualmente svolta dal contestodella disciplina dell’attuale art. 8, par. 2, per inserirlanell’ambito di un criterio di collegamento secondariotutto nuovo, che si sarebbe dovuto costituire del riferimentoappunto a quello appena indicato e del criteriodel collegamento più stretto, assumendo la numerazionedi art. 6, par. 2 bis. Il testo finale dell’art. 8,par. 2, non accoglie l’invito di quest’ultima proposta,se non nella misura, in verità solo attinente alla meccanicadi funzionamento del dispositivo dello stessopar. 2, che è colto dall’espressione « in mancanza »,chiaramente alludente al fatto che il ruolo prioritariodovrebbe essere attribuito al luogo nel quale la prestazioneviene abitualmente svolta e, solo se non esiste,in quella del luogo a partire dal quale essa vienesvolta.( 40 ) Cfr. Corte giust. CE 13 luglio 1993, causa125/92, Mulox, inRaccolta, 1993, p. 4075 ss., punti25 s.( 41 ) Il distacco come istituto che regola il trasferimentotemporaneo di un lavoratore in altro contestolavorativo si trova definito nel d.lgs. 10 settembre2003, n. <strong>27</strong>6, all’art. 30.( 42 ) Non riteniamo che potrebbe avere alcun effettola mera trasferta, che per sua natura ha carattere dibrevità tale da non poter modificare nulla nell’otticaora in esame. Più complessa è la questione del c.d.« trasferimento », che implica un nuovo impiego conun nuovo contratto e che probabilmente potrebbeanche rientrare nell’ottica di questa disposizione inpresenza di determinate circostanze. Il distacco, invece,tecnicamente per noi è la possibilità di un temporaneoimpiego in altro Paese di un proprio dipendenteche rimane nei fatti tale (a partire da tutti gli onericontributivi e di pagamento di stipendio), pur potendoassumere incarichi e ruoli nell’azienda estera distaccataria.NLCC 3/4-2009


780reg. CE n. 593/2008[Art. 8]regolamento ( 43 ), il nuovo art. 8 intende aggiungerealtre due specificazioni a quest’ultimo rilievo:da un lato, si precisa che la temporaneità dipendefondamentalmente dalla circostanza cheil lavoro « dovrebbe » poi essere ripreso nelPaese d’origine dopo l’esecuzione del compitoall’estero ( 44 ); dall’altro, si chiarisce che il trasferimentoavvenuto all’interno di un gruppo disocietà attraverso un nuovo contratto di lavoronon esclude necessariamente che il lavoratorecompia il proprio lavoro in altro Paese con caratteredi « temporaneità», rimanendo il rilievodel Paese d’origine come luogo di prestazioneabituale dell’attività lavorativa ( 45 ).È necessario leggere queste due ulteriori precisazioniin modo complessivo, partendo dallacomune finalità di introdurre dei criteri di letturaflessibili della nozione di prestazione lavorativaabituale; tali cioè, come anticipavamo sindall’inizio, da consentire quanto più possibilel’utilizzo del criterio principale appena citato adiscapito di quello secondario previsto nell’art.8, par. 3. In quest’ottica, il dato interpretativoda sottolineare è quello della possibile (per chiscrive, necessaria) valutazione della « temporaneità»su basi soggettive, che privilegi cioè l’elementodella « intenzionalità» del rientro nelPaese d’origine rispetto a quello meramente« quantitativo » (oggettivo) del tempo trascorso( 43 ) In quest’ottica, la soluzione di spostare questaparte, che comunque incide sul testo della norma insenso stretto, così come era previsto nella Proposta diregolamento, nel preambolo, ci sembra discutibile,dal momento che si tratta di indicazioni interpretativesostanziali che meglio sarebbero state presenti neltesto dell’art. 8.( 44 ) Si veda il 36 o considerando. La traduzione italianautilizza il verbo « deve ». Il testo inglese e quellofrancese, invece, impiegano espressioni tra loro piùaffini (rispettivamente « expected » e « censé ») chenon autorizzano i toni perentori utilizzati dal testoitaliano. Visto anche che la lingua di lavoro è stata ilfrancese e l’inglese, riteniamo forse più utile impiegareespressioni meno tranchants, nella convinzione chenon sarà di per sé la doverosità del rientro a determinarele sorti interpretative di questa disposizione (v.amplius nel testo). Ci domandiamo allora se non siaopportuno procedere alla ricerca di un significato comune(ai sensi dell’art. 33 della Convenzione Vienna1969 sul diritto dei Trattati) fin tanto che la Cortenon chiarisca meglio la questione e a questo scopo siè utilizzato il modo condizionale del verbo dovere.( 45 ) Sul punto si veda il 36 o considerando.all’estero ( 46 ). Tale orientamento era stato suggeritoda più parti durante i lavori preparatori( 47 ) e sembra poter essere confermato dal testodel nuovo art. 8, là dove si collega la temporaneitàdel lavoro in altro Paese come fattore irrilevanteai fini della localizzazione della prestazionelavorativa abituale non sul presupposto diun periodo (quantitativamente) breve ( 48 ), masul fattore del presumibile rientro nel Paesed’origine. È del tutto evidente che questo stessocriterio di valutazione opera poi anche nell’ipotesisuccessiva di trasferimenti all’interno di holdingsocietarie. Infatti, non facendo questa partedell’art. 8, in combinato disposto con il 36 oconsiderando, altro che descrivere una realtà frequentenella prassi dei rapporti di lavoro all’internodi gruppi di società, rimane inalteratal’esigenza di definire i termini di interpretazionedella « temporaneità »( 49 ), a cui l’inciso in esameaggiunge unicamente l’ulteriore aspetto dellairrilevanza della conclusione di un nuovocontratto, spesso più necessitato da esigenzeamministrative e burocratiche del Paese ospi-( 46 ) Sul carattere residuale che può avere il fattoreoggettivo del tempo trascorso ai fini della determinazionedel luogo di prestazione abituale del lavoro,sia pure in relazione ancora una volta all’applicazionedella Convenzione di Bruxelles del 1968, si v.Corte giust. CE <strong>27</strong> febbraio 2002, Weber, causa37/00, in Raccolta, 2002, p. I-2032 ss., punti 40 ss.,spec. 58.( 47 ) Cfr. Max-Planck Institute, Comments onEuropean Commission’s Green Paper on the Conversionof the Rome Convention of 1980 on the Law Applicableto Contractual Obligation into a CommunityInstrument and its Modernization, consultabile nel sitodella Commissione (http://ec.europa.eu), p. 65 ss.;Gruppo Europeo di Diritto internazionale privato,nelle diverse sessioni di lavoro avvenute tra il 2000 edil 2003, in http://drt.ucl.ac.be/gedip/documents/gedip-documents,eLaw Society of England andWales, Response to Rome I Consultation on ApplicableLaw in Contractual Negotiations, inhttp://europe.eu.int,(spec. p. 15-17) dai quali è possibile ricostruirei termini delle questioni in esame in modo piùampio di quanto i margini di questo lavoro permettono.( 48 ) Secondo il Gruppo Europeo di Diritto internazionaleprivato (v. supra, nt. 47) sarebbe stata inveceopportuna anche questa precisazione.( 49 ) Cfr. Max-Planck Institute, Comments onthe European Commission’s Green Paper, cit., p. 64 s.NLCC 3/4-2009


[Art. 8] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 781tante ( 50 ), che dalla reale volontà di mutare ilrapporto di lavoro originario.Il problema che l’art. 8 lascia irrisolto, e che iltesto avrebbe potuto più attentamente considerare,è in quali termini si debba leggere questoriferimento soggettivo all’intenzionalità delrientro: si tratta di un criterio da interpretarsi inmodo rigido, così come il riferimento testualedella versione italiana potrebbe legittimare, dovendosisempre ricollegarsi ad un mero vincologiuridico contrattuale preesistente; oppure sitratta anche qui di un criterio flessibile che presupponeuna valutazione caso per caso e che siincentra sulla intenzionalità effettiva delle partidel rapporto di lavoro? A nostro avviso, anchealla luce di alcuni casi decisi sia dalla Corte digiustizia, nel contesto della Convenzione diBruxelles del 1968 ( 51 ), sia da singole corti nazionali,in relazione stavolta alla Convenzione diRoma ( 52 ), la soluzione più convincente è quellafavorevole ad un’interpretazione flessibile.A sostegno della nostra conclusione si possonoindicare almeno due argomentazioni. La primaè quella ricavabile dal testo del 36 o considerandodel regolamento nelle versioni francese edinglese, presumibilmente più fedeli alle intenzionidei redattori. Entrambe concordementenon fanno alcun cenno alla « doverosità»in sédel rientro nello stato d’origine. Le espressioniverbali utilizzate (« expected »; « censé»), infatti,ci paiono non enfatizzare l’aspetto meramentegiuridico dell’obbligo di un rientro alPaese d’origine. Esse piuttosto assecondanouna interpretazione più flessibile, che faccia levasulla considerazione di una ragionevoleaspettativa reciproca di rientro e che si fondi sututte le circostanze caratterizzanti il rapporto di( 50 ) In molti casi si tratta di un’esigenza legata all’ottenimentodel permesso di soggiorno.( 51 ) V. Corte giust. CE 10 aprile 2003, Pugliese,causa 437/00, in Raccolta, 2003, p. I-3573 ss., punti<strong>27</strong> ss., nonché le conclusioni dell’avv. gen. Jacobspresentate in relazione a tale causa il 19 settembre2002, ivi, punti 54 ss. e, per quel che interessa questasede, in particolare parr. 60 e 63. Sul punto si vedanoanche le conclusioni dell’avv. gen. Jacobs relative allacausa Weber, cit., punto 56.( 52 )V.Cassation 10 dicembre 1996, in Rev. jurisprudencesocial, 1997, p. 261; Cour d’Appel Paris 7giugno 1996, in Rev. crit. droit internat. privé, 1997,p. 55.lavoro nel caso concreto, ivi compresa la consapevolezza(e forse anche il consenso) del lavoratorein quanto parte debole del rapporto.La seconda argomentazione si basa sulla prassicui si è accennato in precedenza. Sia con riferimentoalla Convenzione di Bruxelles che in relazionealla Convenzione di Roma, emerge unorientamento per il quale in presenza di lavoratoridistaccati all’estero per lungo periodo, siapure nella sussistenza di un originario rapportodi impiego con il Paese di provenienza, che legittimerebbela previsione del rientro « doveroso», la giurisprudenza comunitaria e quella nazionalesi è pronunciata nel senso di dare rilievoprevalente al periodo trascorso all’estero (siapure qualificabile come « temporaneo » secondola Proposta della Commissione) ai fini di radicarela competenza (giurisdizionale e/o legislativa)dell’ordinamento del Paese straniero di distacco.Si potrebbe obiettare, ritornando all’art.8, che questa ipotesi interpretativa più che giustificarsinell’ambito del par. 2, riemergerebbenell’ottica della clausola generale prevista all’art.8, par. 4, sul collegamento più stretto ( 53 ).Tuttavia, questa lettura non è conforme con lagiurisprudenza richiamata ( 54 ). Al contrario,questa è orientata per un’interpretazione flessibileed ampia del criterio della prestazione abituale,concentrata sulla ricerca del centro digravità effettivo del rapporto di lavoro comepremessa imprescindibile per la tutela effettivadella parte debole del contratto.Un’ultima considerazione deve essere fatta inmerito al riferimento che il 36 o considerando rivolgeal caso dei gruppi di società nell’ambitodella definizione di « temporaneità »della prestazionelavorativa. A nostro avviso, la limitazionedella regola della irrilevanza di un nuovocontratto di lavoro ai fini della qualificazionedel lavoro in altro Paese come temporaneo omeno avrebbe meritato di essere estesa piùespressamente anche oltre la fattispecie dellecc.dd. holding societarie. La prassi della contrattualisticain questo settore, investito anch’essodalla c.d. globalizzazione delle economie nazionali,non può essere circoscritta ai soli gruppimultinazionali e riguarda anche singoleaziende, magari medie, che sempre più di fre-( 53 ) Su cui v. infra, par. 6.( 54 ) Su cui v. supra, ntt. 51 e 52.NLCC 3/4-2009


782reg. CE n. 593/2008[Art. 8]quente distaccano proprio personale per seguireoperazioni commerciali all’estero ( 55 ). Anchein questi casi, emergono le stesse esigenze amministrativee burocratiche, che inducono almoltiplicarsi delle fattispecie contrattuali di lavoroin modo spesso solo simulato e che il legislatorecomunitario ha considerato per le holding,e non si vede per quale motivo o su qualibasi si giustifichi una discriminazione di tal fatta.Sarebbe stato allora più opportuno esseremeno « precisi », lasciando una disposizionepiù generica. La situazione non è certamente irrimediabile.Una soluzione analoga a quella appenaauspicata, infatti, potrebbe in ogni casoderivare in via interpretativa sulla base di duediversi punti dell’art. 8: partendo dal dato ermeneuticodella qualificazione su basi « soggettive» del par. 2, che rimane comunque il pernosu cui far funzionare anche la parte dedicata alleholding; oppure attraverso la clausola del collegamentopiù stretto, la quale è operativa anchenel caso in esame ai sensi dell’art. 8, par. 4. Tuttavia,vista la particolare attenzione che è statariservata alla disciplina dei contratti di lavoro,riteniamo che anche di quest’ultimo aspetto sisarebbe potuto tener conto.5. – Le novità introdotte nell’art. 8, par. 3, delreg. CE n. 593/2008 rispetto alla Convenzionedi Roma sono prettamente stilistiche e prive diogni rilievo sostanziale. Sotto questo profilo, lascelta finale del legislatore comunitario sembrerebbeconfigurarsi come un arretramento rispettoad alcune soluzioni innovative affacciatenella Proposta della Commissione. Senza mutareil valore « residuale » che questo criterio di collegamentoavrebbe dovuto assumere, tali novitàerano unicamente dirette a definire meglio l’ambitod’applicazione del criterio sussidiario delluogo dove si trova lo stabilimento che ha assuntoil lavoratore, al fine di precisare la suaoperatività in tutti i casi in cui risultasse impossibileindividuare il luogo di una prestazione lavorativaabituale o in quelle situazioni in cui laprestazione lavorativa fosse svolta abitualmentein uno spazio non sottoposto ad alcuna sovranitànazionale.Specie quest’ultimo riferimento della Propostaappariva apprezzabile alla luce della prassiinvalsa negli Stati parte della Convenzione diRoma. In effetti, già la Relazione Giuliano-Lagardeaveva accennato alla questione, riferendosiai soli casi di lavoro svolto presso piattaformegalleggianti ed indicando l’applicabilità del criteriodi collegamento in esame ( 56 ). Invece, questastessa sensibilità sembra non essere stata rilevatadal redattori del regolamento. Il primo asollevare dubbi di opportunità èstato il Comitatoeconomico e sociale europeo, nel suo parerein merito alla Proposta della Commissione( 57 ), dove si chiedevano delle ulteriori precisazionisulla concreta applicabilità dell’inciso inesame nel dispositivo della norma o la sua cancellazione.Il riferimento ai luoghi non soggettialla sovranità poi rimane eliminato nel Progettodi risoluzione legislativa del Parlamento europeodella fine del 2007 ( 58 ), senza che vi sia statauna motivazione precisa.In un precedente commento alla Proposta dellaCommissione ( 59 ), ci domandavamo se nonfosse più opportuno dare una sistemazione autonomaed esplicita alla fattispecie in esame, attribuendoleun carattere speciale rispetto alladisciplina generale, piuttosto che indicare unaregola generica tutta da definire nei suoi contorni.Infatti, il problema è quello di porre l’accentonuovamente sull’importanza di un’interpretazioneattenta della normativa in esame nel suo( 55 ) Il percorso è generalmente quello di una jointventure contrattuale o societaria che presupponeun’attività da gestire all’estero, magari distaccandoproprio personale interno. Ciò specie nei casi di attivitàda effettuarsi nei Paesi in via di sviluppo o comunquecon legislazioni sul lavoro meno tutelanti sulpiano reddituale, previdenziale, assistenziale etc. Intutte queste circostanze, specie nella impossibilità onon opportunità di trovare personale locale, è chiaroche non sarà possibile reclutare personale che sia dispostoad un « trasferimento » in senso tecnico e saràinvece più facile utilizzare il distacco.( 56 )V.laRelazione Giuliano-Lagarde, sub art. 6,par. 4.( 57 ) V. il parere del Comitato economico e socialeeuropeo del 13 settembre 2006, in G.U.U.E. n. C 318del 23 dicembre 2006, p. 56 ss.( 58 ) Si veda l’emendamento n. 46 del Progetto dirisoluzione legislativa del Parlamento europeo, cit.,dove non compare alcuna motivazione della modificarispetto a quanto invece prevedeva la Proposta di regolamento.( 59 ) Cfr. Venturi, Alcune osservazioni sui contrattiindividuali di lavoro, cit., p. 76 ss.NLCC 3/4-2009


[Art. 8] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 783complesso, tenendo soprattutto in considerazionel’interesse materiale tutelato e l’identificazionedel centro di gravità dell’attività lavorativa.In quest’ottica, l’eliminazione del riferimentoai territori fuori dalle giurisdizioni nazionali,così come si presentava, non ci sembra peggiorativodel testo. La fattispecie, infatti, può trovarecomunque regolazione attraverso la disciplinadello stesso art. 8.Da salutare con favore ci sembra invece ilmantenimento dell’applicabilità del criterio dellasede di assunzione per tutte quelle ipotesi residualirispetto alla disciplina di cui all’art. 8,par. 2. Ciò specialmente in considerazione deicasi pratici a cui probabilmente si applicheràpiù di frequente l’art. 8, quali i contratti dei marittimi.Considerata la prassi, affermatasi in alcunelegislazioni nazionali ( 60 ), di attribuire rilievoalla legge dello Stato di bandiera della naveanche quando sia di pura convenienza, la soluzioneindicata dal regolamento sembra esserein grado ridimensionare di fatto il fenomenodelle cc.dd. bandiere di comodo a tutto vantaggiodei lavoratori ( 61 ).( 60 ) Tra cui Germania, Italia e Francia su cui v.Max-Planck Institut, Comments on the EuropeanCommission’s Green Paper, cit., p. 68.( 61 ) La questione delle bandiere di comodo è statadel resto affrontata ad esempio da alcuni studiosi italianialla luce dell’art. 9 c. nav., tanto che si è affermatacon prevalenza la tesi della abrogazione di questanorma con l’entrata in vigore dell’art. 57 della l. 31maggio 1995, n. 218, di riforma del sistema italianodi diritto internazionale privato (cfr. Menghini, Icontratti di lavoro nel diritto della navigazione, Milano,1996, p. 120 ss.; Carbone, Per una modifica delledisposizioni preliminari del codice della navigazione,in Riv. dir. int. priv. e proc., 1997, p. 22 s.; Villani,La convenzione di Roma sulla legge applicabile ai contratti2 , Bari, 2002, p. 170 ss. e per la giurisprudenzav. Pret. Genova 15 settembre 1998, in Dir. maritt.,2000, p. 568) e, quindi, l’applicabilità della Convenzionedi Roma del 1980 anche ai contratti in esame.Si deve anche aggiungere che, in ogni caso, l’inciso inesame non esclude l’eventualità di un nuovo impulsodel criterio della c.d. legge di bandiera nell’ottica delfunzionamento del luogo di prestazione abituale dell’attivitàlavorativa oppure della clausola del collegamentopiù stretto (cfr. Villani, La convenzione diRoma, cit., p. 170 ss.). Infatti, il criterio di collegamentodel Paese dove si trova la sede di assunzioneha natura espressamente sussidiaria rispetto a quelloUn’ultima osservazione riguarda la definizionedi « sede che ha assunto il lavoratore ». Aparte un aspetto terminologico forse di pococonto e che vede un’alternarsi, nelle diverse versioni,di espressioni non strettamente identichetra loro (« business », «établissement » e « sede»), è chiaro che l’interpretazione del concettodi « sede » dovrà essere fatta alla luce dell’art.19 del regolamento ( 62 ) e, quindi, esso dovràessere specificato con la nozione di amministrazionecentrale o di succursale, agenzia ecc.che ha proceduto all’assunzione e presso la qualeil lavoro è svolto. Ciononostante, sarebbe stataqui conveniente l’ulteriore « precisazione »esplicita del necessario riferimento alla sede cheeffettivamente « amministra » il rapporto di lavoro(ricostruibile dalla busta paga, dalla letteradi incarico e/o assunzione), onde prevenire situazioni(come nel caso di holding societarie)nelle quali non sempre sarà agevole individuarela sede di assunzione ( 63 ).6. – In assoluta continuità con l’art. 6 dellaConvenzione di Roma è l’art. 8, par. 4 del regolamento( 64 ). Alla luce delle novità introdotte altrove,ci sembra di poter sottolineare che questofatto rappresenti paradossalmente un effettivoelemento di « rottura » con l’impostazione ri-della prestazione abituale e certamente potrebbe esseresempre derogato dalla clausola di cui all’art. 8,par. 4.( 62 ) Si veda anche il 39 o considerando.( 63 )V.Hamburg University, Joint Response tothe Green Paper on the Conversion of the Rome Conventionof 1980 on the Law Applicable to ContractualObligations into a Community Instrument and its Modernization,reperibile nel sito della Commissione (http://ec.europa.eu),p. 30.( 64 )Ciò nonostante che, durante l’iter della suaformazione, soluzioni anche alternative fossero apparse,come quella indicata dalla Commissione perl’occupazione e gli affari sociali nel suo parere del 14settembre 2006 (allegata al progetto di risoluzione legislativadel Parlamento europeo, cit., di cui si vedal’emendamento n. 5), dove, preoccupati soprattuttodi evitare problematiche collegate a lavoratori distaccatiche avessero legislazioni di provenienza poco tutelanti,si auspicava la limitazione della clausola, conun chiaro riferimento al rispetto delle condizioni minimepreviste dalla legislazione del Paese di distacco,nell’ottica della migliore funzionalità del criterio sussidiariodel luogo a partire dal quale il lavoratorecompie la sua attività lavorativa.NLCC 3/4-2009


784reg. CE n. 593/2008[Art. 8]cercata meticolosamente dal legislatore comunitario.Lo spirito che da più parti del regolamentoemerge è infatti quello della ricerca di « certezza» e « prevedibilità»della legge applicabilee le novità introdotte sembrano dirette a superarequella discrezionalità interpretativa latentein una parte delle norme di conflitto dellaConvenzione.Nel nuovo art. 8, invece, questa clausola mantienetutta la sua funzionalità originaria, ponendosiin concorso alternativo facoltativo con icriteri di collegamento previsti dai parr. 2 e 3, erilanciando nel caso dei contratti di lavoro l’elementodella « incertezza » conseguente a criteriche lasciano un ampio margine di discrezionalitàinterpretativa. In altro contesto, una partedella dottrina ha sostenuto che l’« incertezza »derivante da taluni criteri di collegamento sarebbeil prezzo da pagare per il perseguimentodelle finalità materiali inseguite dalle singolenorme di conflitto ( 65 ). Considerando le modalitàattraverso le quali si è inteso ricostruire l’art.8 ora in esame, questa soluzione di continuità cisembra assumere un ruolo strategico di primorilievo proprio nell’ottica appena citata. In effetti,il dato di fondo complessivo che sembraemergere dall’analisi precedente di singoliaspetti della norma in esame è quello di tentatividi « precisazioni » certamente in linea con esigenzeemerse dall’applicazione della Convenzionedi Roma, ma che rischiano di rilevarsi insufficientia contenere il fenomeno nelle suepossibile manifestazioni concrete. Come si ècercato di sottolineare, infatti, la clausola delcollegamento più stretto può in molti casi compensarele mancanze della disciplina dell’art. 8,introducendo un elemento di « flessibilità»opportunamentemantenuto dal legislatore comunitario.Questa affermazione diviene ancora più condivisibilequalora si considerino gli elementistrutturali e sistematici del nuovo art. 8 nel lorocomplesso. La tutela della parte debole del rapportoè certamente l’obiettivo principale che taledisposizione tenta di garantire. Questo scopo,come si è già detto, viene perseguito utilizzandola tecnica del c.d. metodo della localizzazione( 65 ) Cfr. Salerno, Giurisdizione ed efficacia delledecisioni, cit., p. 226 ss., in relazione alla disciplinadel reg. CE n. 44/2001 per i contratti di lavoro.spaziale ( 66 )elaratio che sta alla base della sceltadei criteri di collegamento impiegati, nonchédei limiti al loro funzionamento, è quella di consentirel’applicazione della legge del Paese individuatocome « il centro di gravità del rapportodi lavoro al di là delle apparenze » ( 67 ). Tuttavia,questo sillogismo non è esente da imperfezioniquando poi si passi dal piano teorico aquello pratico. Ciò specie nel momento in cui siintenda « imbrigliare » i fatti di vita reale in unafattispecie astratta che si potrebbe prestare aletture « rigide ». La stessa giurisprudenza dellaCorte di giustizia ( 68 ) e la prassi di alcune cortinazionali ( 69 ) hanno più volte affermato comenel contesto dei contratti di lavoro la valutazionedei criteri utilizzati debba avvenire alla lucedi « tutte le circostanze del caso specifico »,sovvertendo in taluni casi i « pronostici » chesarebbero stati astrattamente prevedibili in basealla normativa applicabile. Dunque ogni tentativodi predefinire o privilegiare alcuni elementidi valutazione corre il rischio di rilevarsi una superfetazione;ciò a meno che, come nel caso dellaclausola del collegamento più stretto di cui all’art.8, par. 4, non siano presenti anche altri criteriinterpretativi concorrenti, i quali autorizzinosoluzioni più elastiche là dove, altrimenti, iltesto rischierebbe di produrre risultati non coerentialle finalità cui è preposto ( 70 ).( 66 )V.supra, par. 2. Si utilizza qui la terminologiaimpiegata da Picone nell’ambito delle sue numerosetrattazioni sui metodi di coordinamento tra ordinamenti;per una visione di insieme v. Picone, La riformaitaliana di diritto internazionale privato, Padova,1998.( 67 )L’espressione si trova nell’11 o considerandodella Proposta di regolamento. L’espressione noncompare più nel testo finale, ma crediamo che questonon faccia venire meno la sua attualità nel contestodel regolamento medesimo. In effetti, tutta la disciplinasui conflitti di legge in esame ruota attorno allaseguente presunzione assoluta: il « centro di gravitàdel rapporto »èelemento sufficiente a consentire unriequilibrio nella originaria disparità di forza tra datoredi lavoro e lavoratore.( 68 ) Cfr. Corte giust. CE 10 aprile 2003, cit., punto<strong>28</strong>, e, Corte giust. CE <strong>27</strong> febbraio 2002, cit., punto43.( 69 )V.supra, nt. 52.( 70 ) Sul possibile utilizzo di questo criterio nell’otticada noi prospettata nel testo, nonostante il suo rilievoquale presupposto per una localizzazione spa-NLCC 3/4-2009


[Art. 8] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 7857. – L’art. 8 del reg. « Roma I » nulla precisain tema di norme di applicazione necessaria edal loro possibile rilievo nell’ottica dei contrattidi lavoro. Sotto questo profilo, la norma è inpiena continuità con la disciplina della Convenzionedi Roma. Tuttavia, sia pure nei limiti delpresente commento, l’occasione di alcune riflessionirispetto alla disciplina dell’art. 8 nasce dallarecente sentenza della Corte di giustizia CE,del 19 giugno 2008, Commissione c. Lussemburgo( 71 ). Come è stato rilevato ( 72 ), la sentenza inesame si inserisce nel solco di un recente orientamentodella Corte nel quale si sta affermandouna interpretazione sempre più restrittiva delladir. 1996/71/CE in tema di distacco. Nell’otticache a noi interessa, essa introduce elementi diriflessione sul possibile funzionamento dellaclausola di salvaguardia delle norme di applicazionenecessaria del foro e, più in generale, suquella dell’ordine pubblico, certo desumibilianche in precedenti sentenze ( 73 ), ma che rischiano,nel contesto dei contratti di lavoro, ditrasformare concretamente alcuni concetti dibase del nostro sistema di garanzie sociali, proprioattraverso la messa in discussione dei principidella teoria classica del diritto internazionaleprivato in questo ambito.Oggetto della decisione è la compatibilità dellanormativa nazionale di recepimento della direttivanel Granducato di Lussemburgo; normativache, non dissimilmente, ad esempio, daquanto per certi versi si trova anche in quellaitaliana, impone erga omnes l’applicabilità distandard nazionali di tutela che andavano oltrequelli minimi individuati nella direttiva a tuttele imprese straniere operanti nel suo territoriomediante forza lavoro straniera. In particolare,per quello che interessa il presente commento,la Corte censura la legislazione lussemburghesesul presupposto che essa, così come previstaoriginariamente, obbligherebbe imprese con sedein un altro Stato membro, che distaccano lavoratoriin Lussemburgo, a rispettare condizionidi lavoro ed occupazione, che andrebbero oltrequanto prescritto dalla direttiva stessa, anchealla luce della riserva di dominio concessa<strong>agli</strong> Stati membri in forza dell’art. 3, n. 10. Osservanoinfatti i giudici comunitari che se pure,come vedremo meglio in seguito, la disposizioneappena menzionata autorizza ogni Statomembro ad integrare le fattispecie qualificabilicome di applicazione necessaria tassativamenteindicate allo stesso art. 3, n. 1 con altre, che sianorispettose del Trattato e, soprattutto, corrispondanoad esigenze di ordine pubblico, questonon permetterebbe <strong>agli</strong> stessi Stati di determinarneunilateralmente la portata ed il contenuto( 74 ). In altri termini, ancorché individuateformalmente nei singoli ordinamenti medianteleggi di attuazione alla direttiva ( 75 ), secondo laCorte, non solo alle disposizioni in esame, inquanto aventi natura di eccezione e deroga, dovrebbecomunque essere attribuita una interpretazionerestrittiva, ma la stessa loro qualificazioneai sensi dell’art. 3, n. 10 della direttiva dovrebbeessere giustificata di fronte alla Cortemedesima sui presupposti di opportunità e proporzionalità( 76 ).Il dispositivo della sentenza richiamata nonha ad oggetto una fattispecie di diritto internazionaleprivato. Conseguentemente, il ragionamentodella Corte non tocca neppure incidentertantum i temi dell’ordine pubblico o delle normedi applicazione necessaria nell’ottica di integrarel’applicazione della legge applicabile insenso stretto. Ciononostante, crediamo che giàda questa breve esposizione del dispositivoemergano i presupposti per una riflessione suipossibili effetti di tale decisione in un’ottica piùdirettamente coinvolgente la materia del presentelavoro.I concetti che ci sembrano poter essere « alterati», qualora riportassimo la conclusione deigiudici comunitari nell’ottica del presente stuzialedella fattispecie concreta, ci sembra concordareCorrao, Profili internazional-privatistici, cit., p. 517.( 71 ) Cfr. Corte giust. CE 19 giugno 2008, cit.( 72 ) Cfr. Fallon, Le détachement européen des travailleursà la croisée de deux logiques conflictualistes,in Rev. crit. dr. internat. privé, 2008, p. 781 ss.; Orlandini,Ordine pubblico e dumping sociale, cit., p.663 ss.( 73 ) Cfr. Corte giust. CE 9 marzo 1999, causa 212/97, Centros, inRaccolta, 1999, p. I-1459 ss., punti 32ss.( 74 ) Sul tema v. i punti 25 ss. della sentenza citata.( 75 ) Come era il caso del Lussemburgo, che nellalegge di adattamento censurata nella sentenza in esameaveva espressamente qualificato le disposizioniincriminate quali norme imperative di applicazionenecessaria (si veda il punto 4 della sentenza).( 76 ) V. i punti 43 e 50 ss. della sentenza.NLCC 3/4-2009


786reg. CE n. 593/2008[Art. 8]dio, sono quelli della determinazione del contenutodelle norme di applicazione necessaria (e,più in generale, anche del limite dell’ordinepubblico) e della competenza nell’accertamentoo valutazione di tale contenuto quali due presididel dominio riservato alla discrezionalità degliStati tramite le proprie autorità locali. Comenoto si tratta di clausole di salvaguardia che fannoda contrappeso all’apertura dell’ordinamentodel foro rispetto all’introduzione di normativesostanziali straniere, qualora queste ultimenon siano coerenti o accettabili con il sistemagiuridico che le ospita. È pacifico che poi il contenutopossa anche derivare da norme internazionali,ma, allo stesso tempo, specie di frontead espresse indicazioni formali, non ci risultache si sia mai richiesto un onere probatorio sullaeffettiva qualifica delle norme in questione.Al riguardo, segnaliamo la decisione dellaCorte internazionale di giustizia nel noto casoBoll ( 77 ), che risolse un contenzioso tra Olandae Svezia sull’applicabilità della Convenzionedell’Aja del 1902 in tema di tutela dei minori.La questione aveva ad oggetto la richiesta dell’Olandadi accertare l’illecito comportamentodella Svezia per aver applicato alcuni disposizionidi diritto sostanziale interno nei confrontidi una minore avente la cittadinanza olandese, acui, in forza della Convenzione appena citata, sisarebbe dovuta invece applicare la legislazioneolandese. In verità, la Corte si rifiutò di approfondirese, trattandosi di normativa qualificatadallo Stato convenuto come di applicazione necessaria(per ragioni di ordine pubblico) e dovendosiriconoscere nell’ambito della disciplinadi diritto internazionale privato una implicitaclausola di salvaguardia rimessa a ciascuna parte,questo fosse sufficiente per escludere la illiceitàsvedese. Tuttavia, né l’Olanda né la Corteposero mai in discussione tale autonomia. Il verooggetto del contendere casomai era la questionedelle conseguenze che l’applicazioneavrebbe potuto determinare.In ottica comunitaria, la Corte di giustizia, sindal noto caso Centros ( 78 ), in tema di diritto di( 77 ) Cfr. Corte internazionale di giustizia <strong>28</strong> novembre1958, Paesi Bassi c. Svezia, inInternationalCourt of Justice Judgments, Advisory Opinions andOthers, 1958, p. 55 ss., spec. p. 70.( 78 )V.supra, nt. 73.stabilimento, ha posto le basi per la teoria delnecessario coordinamento tra ciò che è riconducibilein norme e principi di ordine pubblicoe/o imperativi nei singoli Stati membri con il(prevalente) rispetto del diritto comunitario. Edè altresì un fatto che il processo di comunitarizzazionedel diritto internazionale privato, siapure in contesti diversi da quello ora in esame,ha prodotto modifiche anche profonde alle logichedi funzionamento tradizionale di questamateria. Si pensi solamente alla nozione di mutuoriconoscimento in ambito processuale, giàprevista con la Convenzione di Bruxelles del1968 ed ora nel reg. CE n. 44/2001, raffrontatacon la visione antitetica del concetto di delibazioneo anche con il più moderno principio dell’automaticitàdel riconoscimento. Tuttavia, daun lato, i precedenti appena citati non hannotoccato la particolare materia dei contratti di lavoroed anche il loro coinvolgimento in un’otticaeffettivamente internazional-privatistica apparesecondario; dall’altro, dobbiamo aggiungereche quando una diretta influenza sul dirittointernazionale privato si è manifestata, ciò èavvenutocon modifiche esplicite, introdotte conatti normativi. Mentre, ad esempio, la clausoladell’ordine pubblico o quella delle norme di applicazionenecessaria sono presenti negli strumenticomunitari di diritto internazionale privatocon funzionalità in tutto similari a quelle tradizionali.Certo la Convenzione di Roma, prima,ed ora il reg. CE n. 593/2008 ammettonol’operatività della clausola dell’ordine pubblicoed anche della fattispecie delle norme di applicazionenecessaria in modo identico, nell’ampiezzae nel contenuto, a quanto lo sarebberoalla luce della nostra l. 31 maggio 1995, n. 218,di riforma del sistema italiano di diritto internazionaleprivato; e la dir. 1996/71/CE non cisembrerebbe poter confutare questo assunto.Quest’ultima, come è noto, non contiene normedi conflitto. Essa rinvia espressamente allaConvenzione di Roma e, ora, indirettamente, alreg. CE n. 593/2008. La ratio della direttiva èquella di individuare un nucleo comune di normesostanziali vincolanti per la protezione minimadei lavoratori in caso di distacco ed a cui tuttii Paesi devono adeguarsi. In un’ottica meramenteinternazional-privatistica, crediamo sialecito affermare che si identifica così la sferad’operatività di possibili norme imperative e/odi applicazione necessaria, il cui contenuto so-NLCC 3/4-2009


[Art. 8] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 787stanziale, sia pure all’interno del quadro legislativovoluto dalla direttiva, viene poi logicamentelasciato al margine di apprezzamento dei singoliStati. Questa esigenza di bilanciamento tra latensione comunitaria ad un comune aquis el’esigenzadel particolarismo nazionale nell’otticapoi della specificazione del contenuto è tantopresente nella direttiva che il suo art. 3, dopoaver provveduto ad una elencazione piuttostoarticolata delle varie fattispecie su cui ogni legislazionenazionale è chiamata a legiferare, presentauna clausola finale di apertura all’introduzionedi nuove ed ulteriori fattispecie « laddovesi tratti di disposizioni di ordine pubblico » (art.3, n. 10). Ciò a dire, come rilevavamo poco sopra,che, qualora ne ricorressero i presuppostiappena indicati, gli Stati membri manterrebberouna riserva di dominio nella specificazione ulterioredi ciò che può qualificarsi come norma diapplicazione necessaria e/o norma imperativa.Il reg. CE n. 593/2008, dal canto suo, al 34 oconsiderando, richiama espressamente la dir.1996/71/CE e, in particolare, il principio percui le norme di applicazione necessaria del Paesedi distacco sono comunque applicabili a prescinderedalla legislazione altrimenti individuatain base alla disciplina ivi contenuta. Il considerandoin esame, quindi, integra il contenutodell’art. 9, par. 2, del regolamento, che fa salval’operatività delle norme di applicazione necessariadello Stato del foro, e ciò sul presuppostoche poi quest’ultimo, alla luce della normativasulla competenza giurisdizionale, potrebbe nonessere quello di distacco ( 79 ).Alla luce delle considerazioni che precedonoe premesso il carattere di complementarietà trale due fonti comunitarie, allora, anche la letturadell’art. 3, n. 10 della direttiva, nell’ottica delsuo funzionamento, dovrebbe seguire la logicainternazional-privatistica propria del regolamento.La determinazione di ciò che rientra nelconcetto di norme di applicazione necessaria onel più ampio concetto di ordine pubblico rimanein principio soggetta alla valutazione discrezionaledello Stato del foro o, se diverso, diquello di distacco, sul presupposto che questo èl’unico in grado di determinare l’interesse pubblicoche è alla base di questa categoria specialedi norme sostanziali.La sentenza della Corte, invece, avalla unaimpostazione diversa. Lo Stato membro, nellospazio giudiziario comunitario, non potrebbedeterminare autonomamente il contenuto dellaclausola dell’ordine pubblico. E in questo, i giudicicomunitari non si limiterebbero a voler correggerevalutazione errate, magari anche in conflittocon il diritto comunitario, ma si arrogherebberola decisione finale su ciò che rientra omeno in quella clausola, introducendo, almenonel campo di applicazione della direttiva, unfattore di incertezza sulla prevedibilità del dirittosostanziale « necessariamente » applicabilenello Stato di distacco che poi, probabilmente,sarebbe in conflitto con quanto ammesso, aisensi dell’art. 9 del regolamento, nel caso dellenorme di applicazione necessaria del foro e inogni altra ipotesi fuori dal campo di applicazionedella direttiva.8. – La presenza di numerosi elementi di continuitàcon la disciplina dell’art. 6 della Convenzionelascia irrisolto un ulteriore problema cheanche l’art. 8 si porta dietro: l’essere stato costruitosulla scorta di un equivoco di fondo, determinatodal tentativo di abbinare due esigenzedifficilmente conciliabili. Da un lato, attraversol’introduzione di « precisazioni » nel testo piùrecente si è probabilmente inteso rafforzarel’esigenza di « certezza » e « prevedibilità »chesono alla base stessa dell’opera di riforma dellaConvenzione di Roma; dall’altro, rimane altrettantoforte l’esigenza di mantenere un impiantocollaudato per la tutela degli interessi del lavoratore,il quale si fonda sull’idea opposta di utilizzareclausole flessibili al fine di interpretare almeglio il ruolo affidatogli nel mondo complessodel lavoro subordinato. Lo sforzo di sintesi chene è risultato con la formulazione finale del regolamentonon ci convince pienamente. La« certezza » ela« prevedibilità » rischiano diessere compromesse dalla presenza dell’art. 8,par. 4, che però, come abbiamo visto, è un elementodi flessibilità irrinunciabile nell’ambitoassai delicato dei contratti di lavoro ( 80 ). L’esi-( 79 ) E questo sia in forza dell’applicabilità dell’art.6 della direttiva medesima, che pone la competenzadel giudice dello Stato di distacco come una meraeventualità, da valutare poi alla luce della normativanazionale di adattamento alla direttiva, sia in forzadegli <strong>artt</strong>. 18 ss. del reg. CE n. 44/2001. ( 80 )V.supra, parr. 4, 5 e 6.NLCC 3/4-2009


788reg. CE n. 593/2008[Art. 9]genza di tutela del lavoratore, invece, talvoltapotrà spingere la Corte di giustizia e/o i tribunalinazionali verso soluzioni che sono apparentementein contrasto con le « precisazioni » apportateal testo dell’art. 8.Non sarebbe stato allora più opportuno interrogarsimaggiormente sulle finalità di una normativaspeciale in tema di contratti individualidi lavoro? Se l’esigenza di tutela della parte deboledel rapporto è l’obbiettivo principale ( 81 ),rimane forte l’interrogativo sul mancato impiegodi soluzioni tecnico-legislative ampiamentesperimentate nella prassi e più direttamente tutelantiquesto interesse materiale. Se invecequesto interesse deve intendersi mediato dallapredominante ricerca della « certezza » e « prevedibilità» delle soluzioni applicabili, moltedelle scelte che costituiscono l’ossatura dell’attualeart. 8 sono discutibili. Il legislatore comunitario,probabilmente ritenendo altrimenti inconciliabilile due finalità appena indicate ( 82 )epartendo dal necessario (e, secondo noi, perquesto anche poco comprensibile) impiegoprincipale del criterio della optio legis, ha sceltoprudentemente di mantenere una soluzione dicompromesso già collaudata, che tentasse unaconciliazione, puntando sulla clausola generaledel collegamento più stretto. A nostro avviso, ilfunzionamento dell’art. 8 potrà soffrire degli effettinegativi di questa impostazione e fondamentalesarà il contributo che potrà venire dallaCorte di giustizia.Paolo Venturi( 81 ) Sia pure nell’ottica di un equo bilanciamentocon le ragioni e gli interessi dei datori di lavoro, cosìcome precisato dal Consiglio nella riunione del 20aprile 2007 (<strong>27</strong>94 a sessione), il 23 o considerando cisembra chiaro al riguardo.( 82 ) Tuttavia, questa idea non ci convincerebbe,visto che la tecnica del metodo di coordinamento c.d.del riferimento alle considerazioni materiali non darebberisultati di certezza e prevedibilità inferiori aquelli dell’attuale art. 8.Art. 9.(Norme di applicazione necessaria)1. Le norme di applicazione necessaria sono disposizioni il cui rispetto è ritenuto cruciale daun paese per la salvaguardia dei suoi interessi pubblici, quali la sua organizzazione politica, socialeo economica, al punto da esigerne l’applicazione a tutte le situazioni che rientrino nel lorocampo d’applicazione, qualunque sia la legge applicabile al contratto secondo il presente regolamento.2. Le disposizioni del presente regolamento non ostano all’applicazione delle norme di applicazionenecessaria della legge del foro.3. Può essere data efficacia anche alle norme di applicazione necessaria del paese in cui gliobblighi derivanti dal contratto devono essere o sono stati eseguiti, nella misura in cui tali normedi applicazione necessaria rendono illecito l’adempimento del contratto. Per decidere se vadadata efficacia a queste norme, si deve tenere conto della loro natura e della loro finalità nonchédelle conseguenze derivanti dal fatto che siano applicate, o meno.Sommario: 1. Le norme di applicazione necessaria. – 2.La definizione di « norme di applicazione necessaria»: profili generali. – 3. Gli interessi protetti dallenorme di applicazione necessaria. – 4. Il carattere autolimitato.– 5. Il rapporto con le libertà di circolazionecomunitarie. – 6. Le norme di applicazione necessariadel foro. – 7. Le norme di applicazione necessariadel luogo di esecuzione del contratto. – 8. L’elementodell’illiceità dell’esecuzione del contratto. – 9.L’attribuzione di efficacia alle norme di applicazionenecessaria di Stati terzi. – 10. La discrezionalità delgiudice e i criteri di valutazione indicati dall’art. 9.1. – La disposizione in commento si riferisce,analogamente all’art. 7 della Convenzione diNLCC 3/4-2009


[Art. 9] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 789Roma ( 1 ) e all’art. 16 del reg. « Roma II » ( 2 ), allenorme di applicazione necessaria. Va peraltrosin d’ora segnalato che l’art. 9 del reg. « RomaI » presenta una formulazione sensibilmente diversarispetto a quella delle disposizioni appenacitate; in particolare, nel reg. « Roma II » mancasia la definizione dell’istituto sia il riferimentoalle norme di applicazione necessaria di Statiterzi. Questa scelta non è soddisfacente, poichérischia di creare una frammentazione tra i varistrumenti comunitari in materia di conflitto dileggi e può dar luogo a difficoltà pratiche nellesituazioni, non infrequenti, in cui siano propostecontestualmente domande di carattere contrattualeed extracontrattuale. Risulta pertantoopportuna, nei limiti di quanto consentito dallaformulazione delle due disposizioni, un’interpretazioneintertestuale ( 3 ) diretta a coordinarle.( 1 ) « Nell’applicazione, in forza della presenteConvenzione, della legge di un Paese determinatopotrà essere data efficacia alle norme imperative diun altro Paese con il quale la situazione presenti unostretto legame, se e nella misura in cui, secondo il dirittodi quest’ultimo Paese, le norme stesse siano applicabiliquale che sia la legge regolatrice del contratto.Ai fini di decidere se debba essere data efficacia aqueste norme imperative, si terrà conto della loro naturae del loro oggetto nonché delle conseguenze chederiverebbero dalla loro applicazione o non applicazione.La presente Convenzione non può impedirel’applicazione delle norme in vigore nel Paese delgiudice, le quali disciplinano imperativamente il casoconcreto indipendentemente dalla legge che regola ilcontratto ».( 2 ) « Le disposizioni del presente regolamentonon pregiudicano l’applicazione delle disposizionidella legge del foro che siano di applicazione necessariaalla situazione, quale che sia la legge applicabileall’obbligazione extracontrattuale ».( 3 ) Sull’importanza di questo criterio nella cooperazionegiudiziaria civile comunitaria v. Salerno,Giurisdizione ed efficacia delle decisioni straniere nelreg. CE n. 44/2001 3 , Padova, 2006, p. 53 s.2. – La disposizione contiene anzitutto, al par.1, una definizione autonoma, presente già nellaproposta della Commissione, del concetto di« norme di applicazione necessaria » (mentre èstata, come si auspicava, abbandonata l’espressione« leggi di polizia », contenuta nella versioneitaliana della proposta di regolamento). Taledefinizione è in gran parte desunta dalla giurisprudenzadella Corte giust. CE comunitaria, ein particolare dalla sentenza Arblade ( 4 ): la sceltadi introdurre questa definizione – e comunqueuna definizione del concetto di norme diapplicazione necessaria –èstata fortemente criticatain dottrina, a nostro avviso con buone ragioni( 5 ).Va subito osservato che la definizione dell’art.9 è di tenore restrittivo poiché si consideranonorme di applicazione necessaria quelle che miranoalla salvaguardia degli interessi pubblicidello Stato, attinenti alla sua organizzazione politica,sociale o economica, e che hanno carattereautolimitato.Alla luce di questi due criteri, l’art. 9, par. 1,dovrebbe rendere necessaria – trattandosi evidentementedi una definizione di carattere vincolanteper l’interprete ( 6 ) – una delimitazionedel concetto meno generosa rispetto <strong>agli</strong> orientamentiseguiti dalla giurisprudenza di alcuniStati membri in applicazione dell’art. 7 dellaConvenzione di Roma ( 7 ). In tal senso, si può( 4 ) Corte giust. CE 23 novembre 1999, Arblade,cause riunite 369/96 e 376/96, in Raccolta, 1999, p.I-8453 ss.; v. anche Corte giust. CE 15 marzo 2001,Mazzoleni, causa 165/98, ivi, 2001, p. I-2189 ss. eCorte giust. CE 19 giugno 2008, Commissione c. Lussemburgo,causa 319/06, ivi, 2008, p. I-4323 ss., punto<strong>29</strong>.( 5 ) A tutto concedere, la definizione prescelta –che rievoca quella suggerita oltre quarant’anni fa daFrancescakis (Quelques précisions sur les « loisd’application immédiate » et leurs rapports avec les règlesde conflit de lois, inRev. crit. dr. internat. privé,1966, p. 1 ss.) –èantiquata e comunque superflua rispettoad un istituto ormai esaminato sotto ogni angolazione.Per una rassegna delle critiche e per unaserie di argomenti contrari all’analoga definizionecontenuta nella proposta v. Boschiero, Norme inderogabili,« disposizioni imperative del diritto comunitario» e « leggi di polizia » nella proposta di reg. « RomaI », ne Il nuovo diritto europeo dei contratti: dallaConvenzione di Roma al reg. « Roma I », a cura dellaFondazione italiana per il Notariato, Milano, 2007, p.107 s. e p. 111 s.( 6 ) Non sembra esser stato seguito in propositol’auspicio di Boschiero, Verso il rinnovamento e latrasformazione della Convenzione di Roma: problemigenerali, inDiritto internazionale privato e diritto comunitario,a cura di Picone, Padova, 2003, p. 386, nelsenso che il reg. « Roma I » contenesse una definizionepuramente indicativa e di principio.( 7 ) Di questo orientamento, nella giurisprudenzaNLCC 3/4-2009


790reg. CE n. 593/2008[Art. 9]affermare che, analogamente a quanto accadeper l’ordine pubblico, la categoria delle normedi applicazione necessaria può essere invocatasoltanto in casi eccezionali ( 8 ) o internazionalmenteimposti ( 9 ).Si tratta anche di una definizione meno ampiarispetto all’art. 17 della l. 31 maggio 1995, n.218, recante la riforma del sistema italiano di dirittointernazionale privato, in quanto richiedeche tanto l’oggetto quanto lo scopo della normaconcorrano ad attribuirle carattere internazionalmenteimperativo. Infatti, la disposizione incommento esige, quale elemento caratterizzante,la circostanza che le norme di applicazionenecessaria definiscano da sole (esplicitamente oanche implicitamente) il loro campo di applicazione,senza tener conto del giuoco delle regoledi conflitto.Come si è rilevato, nessuna definizione è contenuta– nonostante nella proposta della Commissionefosse presente un chiaro riferimentoalla sentenza Arblade – nel reg. « Roma II »; tuttavia,la necessità di garantire il coordinamentotra i due regolamenti ( 10 ) dovrebbe indurre adattribuire carattere generale alla definizionecontenuta nella disposizione in commento e aritenerla applicabile anche in materia di obbligazioniextracontrattuali.Attraverso la definizione viene delineata piùchiaramente la distinzione, voluta dal regolamento(cfr. il 37 o considerando), rispetto a quelleche gli <strong>artt</strong>. 3, parr. 3,5e6della Convenzionedi Roma definivano, rispettivamente, « disposizioniimperative » e « norme imperative » e cheora, nelle corrispondenti disposizioni del reg.« Roma I » sono designate come « disposizionialle quali non è permesso derogare convenzionalmente», e dunque imperative solo sul pianointerno.Con questa distinzione si perviene a un chiarimentoanche terminologico del rispettivocampo di applicazione delle due categorie dinorme. Mentre le disposizioni alle quali non èpermesso derogare convenzionalmente operanosolo in presenza di una scelta di legge e comunquenelle fattispecie e alle condizioni indicate<strong>agli</strong> <strong>artt</strong>. 3, par. 3, 6 e 8 del regolamento (in questiultimi due casi a soli fini protettivi della partedebole del contratto), le norme di applicazionenecessaria hanno rilevanza rispetto a tutti i contratti,qualunque sia il modo di designazionedella legge applicabile. Queste ultime possonodunque applicarsi anche in controversie relativea contratti conclusi coi consumatori o a contrattiindividuali di lavoro, oltre i limiti previsti d<strong>agli</strong><strong>artt</strong>. 6e8perledisposizioni alle quali non èpermesso derogare convenzionalmente ( 11 ).francese, sono espressione Cassation 23 maggio 2006,in Rev. crit. dr. internat. privé, 2007, p. 85 ss., con notadi Cocteau-Senn, in materia di contratti coi consumatori,e Cassation 30 novembre 2007, in materiadi contratti di subappalto e più in generale di subfornitura(in www.courdecassation.fr).( 8 )Un’espressa indicazione in questa direzione sirinviene nel 37 o considerando del regolamento: « considerazionidi pubblico interesse giustificano, in circostanzeeccezionali, che i giudici degli Stati membripossano applicare deroghe basate sull’ordine pubblicoe sulle norme di applicazione necessaria. Il concettodi “norme di applicazione necessaria” dovrebbeessere distinto dall’espressione “disposizioni alle qualinon è permesso derogare convenzionalmente” edovrebbe essere inteso in maniera più restrittiva ».( 9 ) Si pensi in proposito alle misure adottate dalConsiglio di Sicurezza ai sensi dell’art. 41 della Cartadelle Nazioni Unite, la cui applicazione si imponecertamente come necessaria a prescindere dalla leggeapplicabile richiamata dal regolamento.( 10 ) Tale esigenza trova chiara ed ampia espressionenel preambolo del regolamento: cfr. il 7 o ,il10 o eil15 o considerando. La Corte giust. CE ha fatto ampiouso del criterio del coordinamento tra diversi strumentiinterni al sistema della cooperazione giudiziariacivile: sul rapporto tra reg. CE n. 1346/2000 e reg.CE n. 44/2001, v. Corte giust. CE 2 maggio 2006,causa 341/04, Eurofood,inRaccolta, 2006, p. I – punti40 e 62; in epoca più risalente, per l’interpretazionedell’art. 5, n. 1, della Convenzione di Bruxelles inmateria di contratti individuali di lavoro alla luce dellaConvenzione di Roma, Corte giust. CE 26 maggio1982, causa 133/81, Ivenel, ivi, 1982, p. 1891 ss.( 11 ) Nel senso che l’art. 7 della Convenzione diRoma non si applicasse ai contratti conclusi coi consumatorisi era invece orientato Bundesgerichtshof 26ottobre 1993, in Neue Juristische Wochenschrift,1994, p. 262 ss.; v. anche Bundesgerichtshof 19 marzo1997, ivi, 1997, p. 1697 ss. In senso opposto, Cassation23 maggio 2006, cit. In dottrina, per la prima soluzione,v. Lagarde, Le nouveau droit internationalprivé des contrats après l’entrée en vigueur de la Conventionde Rome, in Rev. crit. dr. internat. privé,1991, p. 316; per la seconda, Treves, Norme imperativee di applicazione necessaria nella convenzione diRoma del 19 giugno 1980, inVerso una disciplina co-NLCC 3/4-2009


[Art. 9] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 791Né tale distinzione è indebolita dal riferimentoalla giurisprudenza della Corte giust. CE inmateria di lois de police, nella quale effettivamentemanca qualunque graduazione a secondache la norma interna abbia carattere meramenteinderogabile o anche internazionalmente imperativo.Va in proposito precisato che, se l’approcciodel giudice comunitario rifugge, comesi vedrà, dal metodo internazional-privatistico esi colloca sul piano del diritto materiale applicabile,ciò non può condurre, nel quadro delle regoledi conflitto, a dimenticare i diversi effettiche discendono dall’una e dall’altra categoria dinorme ( 12 ).munitaria della legge applicabile ai contratti, a cura diTreves, Padova, 1983, p. 25 ss., spec. p. 40.( 12 ) Sul punto v. Bonomi, Le norme imperative neldiritto internazionale privato, Zürich, 1998, p. 140 s.;Id., Prime considerazioni sul regime delle norme di applicazionenecessaria nel nuovo regolamento Roma Isulla legge applicabile ai contratti, inNuovi strumentidel diritto internazionale privato. Liber Fausto Pocar,a cura di Venturini e Bariatti, Milano, 2009, p. 109 s.( 13 ) Accanto <strong>agli</strong> scritti di Francescakis, v., tra itanti, nella dottrina italiana, Conforti, L’esecuzionedelle obbligazioni nel diritto internazionale privato,Napoli, 1962, p. 103 ss.; Pocar, Norme di applicazionenecessaria e conflitti di legge in materia di lavoro,inRiv. dir. internaz. priv. e proc., 1967, p. 735; Ballarino,Forma degli atti e diritto internazionale privato,Padova, 1970, p. 393 ss.; Sperduti, Norme di applicazionenecessaria e ordine pubblico, inRiv. dir. internaz.priv. e proc., 1976, p. 472 ss.( 14 ) Cfr., in particolare, Davì, L’adozione nel dirittointernazionale privato italiano, Milano, 1981, p.219 ss., il quale reputa tale correlazione con interessidi natura primaria non necessaria (potendo anchenorme che perseguono scopi non cruciali per l’ordinamentoavere rango di norme internazionalmenteimperative) e comunque non sufficiente (occorrendoche si possa desumere la volontà dello Stato di un’applicazioneesclusiva delle norme interne rispetto a3. – Venendo ad esaminare più da vicino ladefinizione contenuta nell’art. 9, par. 1, essa indicacome principale criterio di identificazionedelle norme di applicazione necessaria lo scopoperseguito dalle stesse, che deve attenere allatutela di interessi di rilevanza cruciale per l’ordinamentodi appartenenza. Si tratta di un criterioche era stato già ampiamente delineato nelladottrina meno recente ( 13 ) – epiù tardi criticato( 14 ) – in dottrina, come indicativo della volontàdello Stato di far prevalere, in un’otticapuramente unilateralistica, la propria valutazionerispetto a quella di qualunque altro ordinamentostraniero.Nel dettare tale parametro, essa sembra anzituttoescludere le norme poste a presidio di interessidei singoli, a meno che esse non rivestanoanche una rilevanza pubblicistica. È già statorilevato che la definizione mutuata dalla sentenzaArblade si presenta in rapporto diretto di derivazionedalla formulazione del concetto di« lois d’application immédiate » negli scritti diFrancescakis e che essa, sottoposta dapprima anumerose critiche, può considerarsi oggi superata( 15 ). In particolare, la ricostruzione di Francescakisnon tiene conto dell’esistenza di normedi applicazione necessaria che hanno la funzionedi proteggere interessi non collettivi ma privatistici,come quelle dirette alla tutela dei lavoratori,dei consumatori, dei minori, e cosìvia ( 16 ).quelle richiamate dalle regole di conflitto). L’A. giungea fondare la nozione di norme di applicazione necessariasu due presupposti: la mancanza, nelle normestraniere, di un livello equivalente di protezionedegli interessi tutelati dalla norma nazionale, che rendequest’ultima insostituibile dal punto di vista dell’ordinamentointerno, e la circostanza che la normanazionale abbia un campo di applicazione speciale ederogatorio rispetto a quello previsto dalle comuniregole di conflitto. In argomento, anche Id., Le questionigenerali del diritto internazionale privato nelprogetto di riforma, inRiv. dir. internaz., 1990, p. 630ss.; Boschiero, sub art. 17, in Legge 31 maggio 1995,n. 218 – Riforma del sistema italiano di diritto internazionaleprivato, a cura di Bariatti, in questa Rivista,1996, p. 1065; Bonomi, Le norme imperative, cit., p.169 ss. Sulla necessità della comparazione tra le norme(che si presumono) di applicazione necessaria e lenorme straniere, al fine di valutare l’esistenza di unanalogo livello di protezione dell’interesse perseguito,alla luce dei principi dell’ordinamento comunitario,v. infra, par. 6.( 15 ) Cfr. Boschiero, Verso il rinnovamento e latrasformazione della Convenzione di Roma: problemigenerali, cit., spec. p. 386 s. Nel senso che le normeprotettive possono avere carattere imperativo ai sensidell’art. 7 della Convenzione di Roma, v. Villani, LaConvenzione di Roma sulla legge applicabile ai contratti,Bari, 2000, p. 201.( 16 ) Segnala che la definizione contenuta nella sentenzaArblade non trova riscontro nella giurisprudenzasuccessiva De Cesari, « Disposizioni alle quali nonè permesso derogare convenzionalmente » e « normeNLCC 3/4-2009


792reg. CE n. 593/2008[Art. 9]zione necessaria un intero regime protettivoprevisto dalla normativa nazionale ( 20 ).Tale attenuata valorizzazione delle norme diapplicazione necessaria poste a presidio di interessiindividuali viene d’altronde in parte compensatadalla circostanza che, almeno in materiadi tutela dei lavoratori e dei consumatori, vienepreservata la protezione del contraente debolegarantita anche da norme cogenti sul piano interno.Aciò deve aggiungersi che la formulazione testualedella definizione (« il cui rispetto è ritenutocruciale ») ( 21 ) indica chiaramente che l’art.9, par. 1, si limita a fissare i criteri generali perl’individuazione delle norme di applicazione necessaria,ma rimette in concreto <strong>agli</strong> ordinamentiinterni la determinazione dei valori a cui ancoraretali norme. In pratica, si potrà stabilire seuna norma ha le caratteristiche necessarie peressere di applicazione necessaria soltanto quando,nel contesto dell’ordinamento interno, essasia considerata idonea a salvaguardare interessipubblici fondamentali. Ne consegue che, purrinvenendosi nel regolamento una nozione uniformedi « norma di applicazione necessaria »,questa nozione potrà ricevere un’applicazionedifferenziata rispetto ai singoli ordinamenti nazionali;inevitabilmente, ciò potrà condurre aun minor rigore nella valutazione restrittiva delconcetto di cui si è detto poc’anzi.Questa conclusione non sembra contrastarecol fatto che l’art. 9 sarà soggetto – pur nei limitidell’art. 68 del Tratt. CE ( 22 ) – all’interpretadiapplicazione necessaria » nel regolamento Roma I,in Nuovi strumenti del diritto internazionale privato.Liber Fausto Pocar, cit., p. 262 s.( 17 ) Corte giust. CE 9 novembre 2000, causa 381/98, in Raccolta, 2000, p. I-9305 ss.( 18 ) Cfr. anche Bonomi, Prime considerazioni, cit.,p. 116 ss., il quale riconduce la definizione alla distinzionedella dottrina tedesca tra le Eingriffsnormen,che tutelano interessi pubblicistici, e le Parteischutzvorschriften,che mirano al riequilibrio delle posizionicontrattuali delle parti, su cui più ampiamenteId., Le norme imperative, cit., p. 172 ss.( 19 ) Sulla necessità di un interpretazione restrittivadel concetto alla luce dell’art. 9, v. Bonomi, Primeconsiderazioni, cit., p. 114 s.In effetti, la maggior parte dei riferimenti allenorme di applicazione necessaria nella giurisprudenzanazionale riguarda appunto disposizioniprotettive di interessi particolari, propri dispecifiche categorie di individui. La stessa giurisprudenzadella Corte di giustizia CE è indicativain tal senso: nelle sentenze Arblade e Mazzolenila categoria delle lois de police viene invocatarispetto a norme di tutela dei lavoratori; nellasentenza Ingmar rispetto a norme di tutela degliagenti di commercio ( 17 ).Tuttavia, questo dato di fatto non è necessariamentein contrasto con la definizione contenutanella disposizione in commento. Infatti,non è escluso che norme originariamente direttealla tutela di interessi di singoli individui, inquanto riconducibili a determinate categorie,possano acquisire una rilevanza cruciale perl’organizzazione sociale ed economica dello Stato( 18 ): in proposito, il valore costituzionale deldiritto al lavoro e della tutela dei lavoratori nell’ordinamentoitaliano costituisce una fattispecieesemplare.Anche tenendo conto dell’interpretazione teleologicadella disposizione, all’interno dellaquale la definizione mira a limitare l’applicazionedi norme internazionalmente imperative ( 19 ),sembra possibile affermare che le norme protettivedi singoli individui sono idonee ad essereconsiderate norme di applicazione necessariasolo in quanto gli interessi della categoria cuil’individuo appartiene abbiano anche una significativarilevanza pubblicistica. A questo requisitodeve aggiungersi la necessità che la normarealizzi un aspetto fondamentale connesso allatutela della specifica categoria in questione,mentre non potrà essere considerato di applica-( 20 ) In relazione alle norme comuni riteneva invecepossibile far rientrare nella nozione di norme diapplicazione necessaria l’intero regime vincolisticodelle locazioni di immobili urbani (cui non erano certamenteestranee ragioni di protezione sociale), comeformulato nella l. <strong>27</strong> luglio 1978, n. 392, Davì, L’adozionenel diritto internazionale privato italiano, cit., p.226 s.( 21 ) Il corsivo è aggiunto. Naturalmente, oltre chenello spazio, la nozione di norme di applicazione necessariaè relativa anche nel tempo, potendo il caratteredi importanza cruciale di una disposizione sopravvenireo venir meno in un momento successivo:sul punto già Villani, La Convenzione di Roma sullalegge applicabile ai contratti, cit., p. 201.( 22 ) Sull’art. 68 del Tratt. CE e sulla natura, obbligatoriao meno, del rinvio pregiudiziale ivi previsto v.Bariatti, La cooperazione giudiziaria in materia civiledal terzo pilastro dell’Unione europea al Titolo IV delNLCC 3/4-2009


[Art. 9] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 793zione pregiudiziale della Corte giust. CE. Talepotere, infatti, dovrebbe limitarsi in propositoalla più precisa identificazione del parametronormativo astratto ( 23 ) sulla base del quale formulare,all’interno degli ordinamenti nazionali,il giudizio sulla natura internazionalmente imperativao meno di una specifica disposizione.Non dovrebbe insomma essere consentito allaCorte di valutare se nella nozione dell’art. 9rientrino determinate norme interne ( 24 ),eciòanche per i limiti intrinseci del giudizio pregiudiziale,il quale può rivelarsi in concreto nonidoneo ad un accertamento esauriente del contenutoe della collocazione di una disposizionenazionale all’interno del suo ordinamento. Sololaddove la supposta norma di applicazione necessariaappartenga all’ordinamento comunitario,la Corte di giustizia potrà direttamente determinarese essa è coerente con la definizionecontenuta nell’art. 9.Trattato CE, inDir. Unione eur., 2001, p. <strong>27</strong>7 ss.;Bertoli, Il ruolo della Corte di giustizia e l’interpretazionedel futuro reg. « Roma I », inLa legge applicabileai contratti nella proposta di reg. « Roma I », a curadi Franzina, Padova, 2006, p. 10 ss.; Garofalo,Sulla competenza a titolo pregiudiziale della Corte digiustizia secondo l’art. 68 del Trattato CE, in Dir.Unione eur., 2000, p. 818 ss.; Girerd, L’article 68CE: un renvoi préjudiciel d’interprétation et d’applicationincertaines,inRev. trim. dr. eur., 1999, p. 239 ss.;Pocar, La comunitarizzazione del diritto internazionaleprivato: A European Conflict of Laws Revolution,in Riv. dir. internaz. priv. e proc., 2000, p. 883.( 23 ) Nello stesso senso, Bonomi, Prime considerazioni,cit., p. 115.( 24 ) Certamente, questo auspicio non si realizzeràladdove la Corte giust. CE utilizzi in materia il medesimoapproccio che essa ha costantemente mantenutonell’applicazione della dottrina delle « esigenzeimperative » come limite alle libertà di circolazionecomunitarie, ove essa valuta direttamente, anche intermini di proporzionalità e adeguatezza, le normeinterne e la loro idoneità alla tutela di interessi imperatividegli Stati: tra la sterminata giurisprudenza, cfr.Corte giust. CE 9 marzo 1999, causa 212/97, Centros,in Raccolta, 1999, p. I-1459 ss., punto 32 ss.; Cortegiust. CE 2 ottobre 2003, causa 148/02, Garcia Avello,ivi, 2003, p. I-11613, punto 22 ss.; Corte giust. CE14 ottobre 2008, causa 353/06, Grunkin, non ancorapubblicata in Raccolta, punto <strong>29</strong> ss.4. – La seconda indicazione che si può ricavaredalla definizione dell’art. 9, par. 1, riguarda ilcarattere autolimitato delle norme di applicazionenecessaria. A questa categoria appartengonodunque, secondo il regolamento, le normeche definiscono autonomamente il loro campodi applicazione senza tener conto del giuocodelle regole di conflitto ed all’interno di talecampo vogliono imperativamente trovare applicazione( 25 ).Si tratta di un criterio tradizionale per l’identificazionedelle norme di applicazione necessaria,del quale peraltro la dottrina aveva da tempoindicato come indispensabile la combinazionecol criterio della c.d. « intensità valutativa» ( 26 ). Nella stessa ottica si era d’altronde giàcollocato l’art. 17 della legge italiana di riformadel diritto internazionale privato che avevaelencato, quali criteri di identificazione dellenorme di applicazione necessaria, l’« oggetto »elo« scopo » delle disposizioni.A questo punto, vista la portata assolutamentegenerale della definizione, il carattere autolimitatorisulta essenziale perché possano essereconsiderate di applicazione necessaria sia le( 25 ) A questa categoria non dovrebbero ricondursile norme che non definiscono da sole il loro campo diapplicazione, ma che lo vedono delimitato da altrenorme, anche di rango superiore: ciò accade, adesempio, per le norme nazionali richiamate dall’art. 3della dir. 1996/71/CE del Parlamento Europeo e delConsiglio del 16 dicembre 1996, relativa al distaccodei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi(in G.U.C.E. n. L 18 del 21 gennaio 1997, p. 1 ss.).Infatti, il citato art. 3, pur stabilendo che queste normedebbano trovare applicazione « qualunque sia lalegislazione applicabile al contratto di lavoro », operain effetti come una norma di conflitto speciale (inquanto ha esclusivo riguardo alle materie elencatenell’art. 3, par. 1), escludendo il presupposto dell’autolimitazione.Una qualificazione chiara come normedi applicazione necessaria non si intravede neppureper le disposizioni nazionali « di ordine pubblico »,richiamate dall’art. 3, par. 10, della direttiva, chesembra piuttosto diretto a chiarire che è fatta salva lapossibilità per gli Stati membri di introdurre deroghealla libera prestazione dei servizi per motivi di ordinepubblico ai sensi degli <strong>artt</strong>. 46 e 56 Tratt. CE. È evidenteche l’imperatività internazionale di queste normenon deriva dall’art. 3, par. 10, in quanto tale, madipende dall’ordinamento statale cui appartengono.In tal senso v. anche Corte giust. CE 19 giugno 2008,Commissione c. Lussemburgo, cit., punto 50 s. Suquesti problemi cfr., Venturi, infra, commento subart. 8.( 26 ) In questa prospettiva, v. già Vitta, Diritto internazionaleprivato, I, Torino, 1972, p. 167.NLCC 3/4-2009


794reg. CE n. 593/2008[Art. 9]norme della lex fori, sia le norme di Stati terzi,così superando i dubbi che erano stati espressirispetto all’art. 7, par. 1, della Convenzione diRoma ( <strong>27</strong> ). D’altra parte, questa soluzione appareanche coerente con la ratio stessa del richiamodi norme di applicazione necessaria di Statiterzi – rinvenuta nell’armonia internazionaledelle decisioni ( <strong>28</strong> ) – poiché il loro utilizzo sigiustifica solo ove esse pretendano di essere applicatea una determinata classe di fattispecie.Peraltro, la formulazione della disposizione incommento (« esigerne l’applicazione a tutte lesituazioni che rientrino nel loro campo di applicazione») non sembra deporre nel senso dellanecessità che la autolimitazione del campo diapplicazione della norma sia esplicita, potendosiessa ricavare anche da elementi estrinseci, comela collocazione sistematica della norma stessa.Il carattere autolimitato della norma di applicazionenecessaria appare assolutamente significativorispetto alla normale connotazione dell’istitutocome limite preventivo rispetto allenorme richiamate dalle regole di conflitto. Infatti,la ragione per la quale tali norme debbonoessere prese in considerazione prima ancora diindividuare la lex causae risiede nella volontàdello Stato di determinare per esse un campo diapplicazione particolare col quale non può interferirela legge regolatrice della fattispecie ( <strong>29</strong> ).In questo senso, la disposizione in commento– analogamente all’art. 17 della legge italiana diriforma del diritto internazionale privato – può( <strong>27</strong> ) In particolare, era stato sostenuto che questadisposizione operasse su due livelli distinti, e cioè sianel senso di consentire l’applicazione proprio vigoredi norme imperative di Stati terzi sia nel senso di suggerirel’applicazione, con ampi margini di discrezionalità,di norme che non avessero nel proprio ordinamentocarattere autolimitato: così, Garofalo, Volontàdelle parti e norme imperative nella convenzionedi Roma sulla legge applicabile ai contratti e nel nuovosistema italiano di diritto internazionale privato, inRiv. dir. internaz. priv. e proc., 1996, p. 469 ss., spec.p. 483. Contra, Treves, Norme imperative e di applicazionenecessaria, cit., p. 38 s.( <strong>28</strong> ) Per tutti, Bonomi, Le norme imperative, cit.,p. 242 ss.( <strong>29</strong> ) Sull’assoluta indispensabilità del carattere autolimitatoper poter ricostruire una norma di applicazionenecessaria, v. ancora Davì, L’adozione nel dirittointernazionale privato italiano, cit., p. 225 ss.considerarsi meramente permissiva, nel sensoche essa si limita a riconoscere la rilevanza dellenorme di applicazione necessaria, che derivatuttavia dalle loro caratteristiche intrinseche.Per lo stesso motivo, l’art. 9 non è idoneo a imporreall’interprete di applicare tali norme inmaniera esclusiva rispetto alla lex causae, poichéla loro rilevanza è necessariamente commisurataal campo di applicazione come determinato nell’ordinamentodi origine.5. – Occorre anche segnalare che, nella suaversione definitiva, il regolamento non sembraaver dato seguito alla suggestione, contenutanella Proposta della Commissione, secondo cuil’interferenza delle norme di applicazione necessariaavrebbe dovuto essere espressamentelimitata per tener conto delle regole del Tratt.CE sulla libera circolazione ( 30 ). In particolare,secondo la Commissione, tale categoria di normeavrebbe potuto esser presa in considerazione« soltanto a titolo di eccezioni alle libertà comunitariepreviste dal Trattato » ( 31 ).Ovviamente, questo non significa che tali disposizioninon abbiano un impatto trasversalesul regolamento, che si realizza perché anch’essehanno natura di norme di applicazione necessaria( 32 ), presentando un campo di applicazioneautolimitato (fattispecie transfrontaliereintracomunitarie, qualunque sia la legge applicabile)e presidiano interessi generali di tutti gliStati membri dell’Unione europea.È chiaro, tuttavia, che questa natura di normedi applicazione necessaria – o, eventualmente,di principi di ordine pubblico – può emergeresolo quando la lex causae sia quella di uno Statoextracomunitario, poiché negli altri casi le regoledel Tratt. CE si applicano quale componente( 30 ) Cfr. il 13 o considerando del testo contenutonella proposta: « il rispetto dell’ordine pubblico degliStati membri richiede norme specifiche riguardanti leleggi di polizia e il meccanismo dell’eccezione di ordinepubblico. Tali norme devono essere applicatenel rispetto delle disposizioni del Trattato ».( 31 ) Così, la Relazione alla Proposta della Commissione,sub art. 8.( 32 ) In questo senso, già Bonomi, Le norme imperative,cit., p. 122, il quale dedica ampio spazio all’esamedell’influenza del diritto comunitario, anchederivato, sulla categoria generale delle « norme di applicazionenecessaria » (p. 120 ss.).NLCC 3/4-2009


[Art. 9] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 795( 33 ) Per la considerazione che l’art. 9 non si occupadelle norme di applicazione necessaria della lexcausae, che sono comunque rilevanti secondo le ordinarieregole di conflitto, Lando e Nielsen, The RomeI Regulation, inCommon Market Law Rev., 2008,p. 1719.( 34 ) Un esempio recente si ha nella già citata sentenzaCorte giust. CE 14 ottobre 2008, causa 353/06,Grunkin, non ancora pubblicata in Raccolta, nellaquale è stata considerata un mero ostacolo alla liberacircolazione delle persone l’applicazione della normadi conflitto tedesca in materia di diritto al nome, cherichiamava la legge nazionale del soggetto interessato.Per argomenti in parte simili, v. Fallon, Le détachementeuropéen des travailleurs, à la croisée de deuxlogiques conflictualistes, inRev. crit. dr. internat. privé,2008, p. 781 ss., il quale individua una tensionetra le regole della dir. 1996/71/CE, che contiene nelsuo art. 3 una norma tradizionale sul conflitto di leggidiretta a consentire l’applicazione di certe disposizioniimperative dello Stato ove avviene il distacco, e lenorme del Tratt. CE in materia di libera prestazionedi servizi, basate sul principio dello Stato di origine.( 35 ) Un approccio diverso, ma non condivisibilequantomeno se non confinato alle particolarità dellafattispecie, è espresso in Corte giust. CE 10 luglio2003, causa 87/01, Commissione c. CCRE, inRaccolta,2003, p. I-7617 ss., nella quale si considerano l’ordinamentocomunitario e un ordinamento nazionalecome tra loro autonomi e equiordinati, tanto da individuareuna norma di conflitto per determinare, traquelle dei due ordinamenti, la legge applicabile allacompensazione. Su questa decisione v. Tonolo, Lalegge applicabile alla compensazione legale dei creditidella lex causae, e dunque al di fuori del meccanismointernazionalprivatistico ( 33 ).In questo secondo contesto esse possono interferirecon la legge applicabile per volontàdelle parti o in mancanza di scelta e anche intersecarsicon le norme nazionali di applicazionenecessaria o con le disposizioni nazionali allequali non è permesso derogare convenzionalmente.Ma il problema non può che essere affrontatosul piano delle fonti interne dell’ordinamentorichiamato.La premessa del ragionamento va ricercatanella circostanza che le norme sulla libera circolazione(e più in generale il diritto comunitario)prescindono – per definizione – dal metodo internazionalprivatistico( 34 ), dal momento che siapplicano uniformemente in tutti gli Stati membriintegrandosi nei loro ordinamenti e prevalgonocomunque sul diritto nazionale ( 35 ), appartengaquesto all’ordinamento del foro cosìcome a quello di uno Stato diverso ( 36 ). Pertanto,l’esistenza di un limite implicito nelle libertàdi circolazione, salve le eccezioni a queste previstedal Trattato, può riguardare tutte le normeapplicabili dinanzi ai giudici degli Stati membri( 37 ).Se le norme rilevanti appartengono all’ordinamentodi uno Stato membro, tale rapportodovrà essere esaminato alla luce della dottrinadelle esigenze imperative, come evincibile dallagiurisprudenza della Corte giust. CE ( 38 ). In sintesi,in questo quadro la norma che faccia ostacoloalla libertà di circolazione potrà applicarsisolo se è stata dettata in nome di una delle esigenzeimperative individuate dalla Corte giust.CE nella sua giurisprudenza e abbia i requisitidi proporzionalità, adeguatezza e necessità iviprevisti, ovvero se si giustifichi comunque conuna deroga, prevista dal Trattato, a queste libertà( 39 ). È chiaro che, in mancanza di queste condizioni,la norma interna, qualunque natura essaabbia, non può affatto applicarsi.Peraltro, il riferimento contenuto nella sen-nell’ordinamento comunitario, inRiv. dir. internaz.priv. e proc., 2004, p. 575 ss.( 36 ) Pare a chi scrive che nessun dubbio possa nutrirsisul fatto che esse possano essere eventualmenteapplicate, se ne ricorrono le condizioni, anche in presenzadi una lex causae di uno Stato terzo, dal momentoche ciò èstato ritenuto possibile per alcunenorme di diritto derivato da Corte giust. CE 9 novembre2000, causa 381/98, Ingmar, cit.( 37 ) In questo senso è d’altronde formulata la sentenzaArblade laddove essa precisa che « l’appartenenzadi una norma nazionale alla categoria delle leggidi polizia e di sicurezza non la sottrae all’osservanzadelle disposizioni del Trattato, pena la violazionedei principi di preminenza e di applicazione uniformedel diritto comunitario » (punto 31), con ciò chiarendoche, rispetto al diritto comunitario, le normedi applicazione necessaria non ricevono un trattamentodiversificato.( 38 ) In questo senso, v. anche Corte giust. CE 19giugno 2008, Commissione c. Lussemburgo, cit., punti<strong>29</strong> s., 42 s. e 50 s.( 39 ) Sulla necessità di distinguere queste due situazioni,per il fatto che nell’una manca del tutto l’ostacoloalla libertà di circolazione e nell’altra l’ostacolosussiste ma è giustificato dalla deroga, v., con particolareriferimento alla libera circolazione delle merci,Daniele, Diritto del mercato unico europeo, Milano,2006, p. 81 s.NLCC 3/4-2009


796reg. CE n. 593/2008[Art. 9]( 40 ) A titolo meramente esemplificativo si puòrammentare che molte delle decisioni pregiudizialipiù importanti in questa materia si riferiscono proprioa fattispecie di questo genere (sarà qui sufficientecitare Corte giust. CE 20 febbraio 1979, causa 120/78, Rewe, inRaccolta, 1979, p. 649 ss.; Corte giust.CE 24 novembre 1993, causa 267/91, Keck, ivi, 1993,p. I-6097 ss.; Corte giust. CE 9 marzo 1999, causa212/97, Centros, ivi, 1999, p. I-1459 ss.); lo stesso valed’altronde per quelle sentenze cui generalmente siannette una rilevanza internazionalprivatistica (ades., Corte giust. CE 30 aprile 1996, causa 214/94,Boukhalfa, in Raccolta, 1996, p. I-2253 ss.; Cortegiust. CE 2 ottobre 2003, causa 148/02, Garcia Avello,ivi, 2003, p. I-11613 ss.).( 41 ) Per un tentativo di comparazione tra norme diapplicazione necessaria ed esigenze imperative, v.Rossi, L’incidenza dei principi del diritto comunitariosul diritto internazionale privato: dalla « comunitarizzazione» alla « costituzionalizzazione », inRiv. dir.internaz. priv. e proc., 2004, p. 63 ss., spec. p. 80 ss.( 42 ) Per un esempio, v. Corte giust. CE 5 novembre2002, causa 208/00, Überseering, in Raccolta,2002, p. I-9919 ss., in cui la norma nazionale conducevaaddirittura all’effetto di disconoscere l’esistenzadi un soggetto giuridico.tenza Arblade alle cc.dd. lois de police va interpretatoalla luce delle peculiarità di quel caso.Invero, tale decisione è stata pronunciata in uncaso estremamente diverso da quelli soggetti alladisciplina del regolamento: infatti, il giudizioa quo era un procedimento penale avviato conBelgio contro un cittadino francese per violazionedi norme imperative sul lavoro subordinato.Quando le norme interne eventualmente incontrasto con le libertà di circolazione debbonotrovare applicazione in un procedimento amministrativoo penale, le seconde hanno efficaciadiretta verticale, e cioè verso lo Stato, ed è dunquenaturale che la loro preminenza sia enfatizzata( 40 ).Il trasferimento di questo approccio a fattispecieregolate dal diritto internazionale privatopuò rivelarsi invece non facile ( 41 ). Ed infatti,per quanto niente, secondo la giurisprudenzadella Corte, escluda che quelle stesse normepossano esplicare efficacia diretta anche neirapporti orizzontali, cioè tra privati, l’atteggiamentodella Corte appare in questa diversa ipotesipiù prudente, salve ipotesi estreme ( 42 ).Al contempo non è chiaro il motivo per cuil’interferenza delle norme sulla libertà di circolazione,come interpretate dalla Corte, dovrebberiguardare in particolare le – possibili – normedi applicazione necessaria. Da un lato, infatti,le norme delle quali la Corte ha normalmentedovuto scrutinare la compatibilità con le libertàdi circolazione sembravano costituire in effettinorme internamente imperative, non derogabiliper contratto ( 43 ). In ogni caso, anche laddovele questioni pregiudiziali hanno riguardato normenazionali che potevano assurgere al rango dinorme di applicazione necessaria, il giudice comunitarionon si è mai soffermato ad analizzarese nella controversia a qua esse fossero invocatea questo titolo e quali conseguenze ciò determinasse( 44 ). Si tratta dunque di due profili – laqualificazione di una norma come di applicazionenecessaria e la valutazione di compatibilitàcon le libertà di circolazione – che non si intersecanotra loro e che anzi vengono svolti in momentidiversi ( 45 ).Ne consegue che non sembra sussistere alcunmotivo per cui le norme che sarebbero di necessariaapplicazione debbano trovarsi più frequentementein contrasto con le regole sulle libertàdi circolazione. Tutt’al più, si potrà affermareche le norme di applicazione necessaria,per le loro intrinseche caratteristiche, come definitenell’art. 9, par. 1, sono in genere dirette allatutela di interessi pubblici riconducibili a talunedelle esigenze imperative ovvero alle con-( 43 ) Cfr., ad es., Corte giust. CE 24 gennaio 2002,causa 164/99, Portugaia Construçoes, in Raccolta,2002, p. I-787 ss.; Corte giust. CE 12 ottobre 2004,causa 60/03, Wolff & Müller, inRaccolta, 2004, p.I-9553 ss. D’altra parte, una norma può essere indistintamenteapplicabile nel senso inteso dalla Cortegiust. CE anche se non è di applicazione necessaria,poiché il diritto comunitario richiede soltanto che essasi applichi anche a prodotti importati o a prestatoridi servizi stabiliti in altro Stato membro, senza esaminarequale sia la legge applicabile al contratto.( 44 ) Cfr., tra le altre, Corte giust. CE 10 novembre1982, causa 261/81, Rau, inRaccolta, 1982, p. 3961ss.; Corte giust. CE 21 marzo 2002, causa 451/99, CuraAnlagen, inRaccolta, 2002, p. I-3193 ss.( 45 ) Diverse indicazioni non si ricavano neppuredalle clausole cc.dd. « mercato interno » presenti nelpreambolo del regolamento (cfr. spec. il 40 o considerando),le quali sono dirette a salvaguardare la libertàdi circolazione delle merci e dei servizi, ma si applicano,in via generale, a tutte le norme, di applicazionenecessaria e non, ivi comprese le norme della lex causae.NLCC 3/4-2009


[Art. 9] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 797dizioni indicate dal Trattato per le deroghe allelibertà di circolazione.Ma anche da questo punto di vista le normedi applicazione necessaria non presentano particolaripeculiarità rispetto alle altre norme interne,poiché sono comunque anch’esse soggetteal test di necessità, adeguatezza e proporzionalità( 46 ) che la Corte giust. CE richiede perconsentire l’applicazione di norme nazionaliche determinino restrizioni alle libertà di circolazione.Tale valutazione è, tuttavia, completamenteestranea alle tecniche internazionalprivatisticheed ha anzi carattere preliminare rispettoalla questione della natura internazionalmenteimperativa della norma, poiché, ove essa abbiaesito negativo, la norma non potrà affatto essereapplicata, nemmeno ove faccia parte della lexcausae.6. – Invertendo l’ordine rispetto all’art. 7, par.1, della Convenzione di Roma, la disposizionein commento si occupa anzitutto delle norme diapplicazione necessaria della lex fori (par. 2),identificate sulla base dei criteri definitori sopraillustrati. Anche dalla sua formulazione letteraleemerge chiaramente che la disposizione non intendedare applicazione a tali norme, ma si limitaa consentire che esse possano operare proprio( 46 ) Anche questo test, dapprima elaborato con riferimentoalla libera circolazione delle merci, è statoesteso a tutte le libertà di circolazione. Si deve peraltrorilevare che non è condivisibile il metodo col qualela Corte giust. CE applica questo test: come avvieneanche con riferimento ad altri analoghi principisui quali la Corte fonda il suo giudizio di compatibilitàdi determinate norme nazionali con l’ordinamentocomunitario (ci sia consentito rinviare a Biagioni,Norme processuali e principio di effettività: ulteriorisviluppi nella giurisprudenza comunitaria, in Dir.Unione eur., 2004, p. 210 s.), la Corte giust. CE nonsi limita ad enunciare i parametri sulla base dei qualideve essere effettuato il controllo di compatibilità malo effettua essa stessa in relazione ai singoli casi concretiche le vengono prospettati. Questa tecnica è insoddisfacentepoiché esula certamente dai compitidella Corte giust. CE (né essa ha gli strumenti percompiere) l’interpretazione delle norme nazionali e lavalutazione della loro compatibilità col diritto comunitario.D’altra parte, l’analisi della giurisprudenzacomunitaria dimostra anche che questo metodo nonriesce a garantire neppure l’uniformità delle valutazioninella molteplicità dei casi che alla Corte giust.CE vengono sottoposti.vigore nel campo di applicazione del reg. « RomaI » ( 47 ).Poiché tali norme appartengono soltanto <strong>agli</strong>ordinamenti degli Stati membri dell’Unione europea,fra di loro una posizione particolarmentesignificativa spetta alle norme comunitarie diapplicazione necessaria, che devono comunqueessere individuate sulla base dei parametri restrittiviprevisti nel par. 1.Tra le norme di applicazione necessaria si ritroverannosenz’altro alcune norme del Tratt.CE, come quelle in materia di libertà di circolazione,di cittadinanza europea, di tutela dellaconcorrenza, mentre più cauta dovrà essere lavalutazione rispetto alle norme di diritto derivato( 48 ), le quali potranno rilevare ai fini dell’art.9 soltanto nella misura in cui realizzino, eventualmenteanche attraverso la protezione di interessidi determinate categorie, valori di tipopubblicistico ( 49 ). Non sembra invece che debbanoessere in ogni caso ascritte alla categoriadelle norme comunitarie di applicazione necessariale disposizioni « intese a contribuire alfunzionamento del mercato interno » ( 50 ) e gli( 47 ) Per questa ricostruzione v. già Garofalo, Volontàdelle parti e norme imperative, cit., spec. p. 484.( 48 ) Ad es., secondo la definizione contenuta nell’art.9, par. 1, è dubbio che le norme relative alla posizionedell’agente commerciale, esaminate in Cortegiust. CE 9 novembre 2000, causa 381/98, Ingmar,cit., possano essere considerate di applicazione necessaria.( 49 ) Non si può, ad es., escludere che gli aspetti essenzialidei regimi protettivi dei consumatori e dei lavoratori,o di altri contraenti deboli, come definiti daldiritto comunitario derivato, possano assurgere, datala loro rilevanza anche pubblicistica, a norme di applicazionenecessaria; è certo tuttavia che la tendenzaespansiva della giurisprudenza nazionale citata supra,nt. 7, e applicabile anche a norme di origine comunitarianon sembra poter essere oggi riproposta. In taliipotesi le norme di applicazione necessaria potrebberoessere utilizzate laddove non sussistano le condizioniper applicare le norme di conflitto protettivedella parte debole enucleate negli <strong>artt</strong>. 6 e 8 (sui quali,Pizzolante e Venturi, infra, commento sub <strong>artt</strong>.6 e 8): sul punto, v. anche Bonomi, Prime considerazioni,cit., p. 110 s.( 50 ) A questa ermetica nozione faceva riferimentol’art. 22, lett. c), della Proposta di regolamento, poiespunto nella versione definitiva; sui dubbi suscitatida questa disposizione, in relazione alla disciplinadelle norme di applicazione necessaria, v. RadicatiNLCC 3/4-2009


798reg. CE n. 593/2008[Art. 9]strumenti comunitari che disciplinano la liberacircolazione delle merci e dei servizi ( 51 ), citatinella seconda parte del 40 o considerando del regolamento,che sembra diretto a fornire al giudiceuna mera indicazione interpretativa. Lapossibilità di qualificare le norme presenti in talistrumenti come norme di applicazione necessaria(o eventualmente come norme inderogabili,alle condizioni indicate dall’art. 3, par. 4, delreg. « Roma I »), al fine di garantirne comunquel’applicazione anche quando la lex causae siaquella di uno Stato terzo, dipenderà in granparte dal contenuto di ciascuna specifica disposizione( 52 ).Le norme di applicazione necessaria del forodi Brozolo e Salerno, Verso un nuovo diritto internazionaleprivato dei contratti in Europa, inLa leggeapplicabile ai contratti nella proposta di reg. « RomaI », cit., p. 1 ss., spec. p. 7 s. Sembrerebbe trattarsi diuna clausola generale secondo cui le norme del regolamentonon debbono condurre al risultato di ostacolareil buon funzionamento del mercato interno(sul punto, si vedano anche i lavori preparatori delreg. « Roma II » ed in particolare il parere del Parlamentoeuropeo in seconda lettura). Questa lettura dimostratuttavia il carattere quasi paradossale del riferimento,se si considera che la stessa base giuridicadel reg. « Roma I » presuppone che esso sia statoadottato proprio in quanto contribuisce al buon funzionamentodel mercato interno.( 51 ) Fra questi viene citata in particolare la dir.2000/31/CE dell’8 giugno 2000, in G.U.C.E. n. L 178del 17 luglio 2000, p. 1 ss., relativa a taluni aspetti delcommercio elettronico; il timore delle istituzioni comunitariesembra essere quello che l’applicazione diuna legge di uno Stato terzo possa in qualche modoimpedire l’applicazione delle norme uniformi in materia,restringendo le libertà di circolazione riconosciutedall’ordinamento comunitario (v., anche per ilrichiamo di altri atti di diritto derivato, il parere delParlamento europeo sul reg. « Roma II »). A nostroavviso, questo richiamo non è sufficiente, da solo, adimostrare il carattere di applicazione necessaria diqueste disposizioni.( 52 ) Non può infatti dubitarsi che talune normedegli strumenti coperti dalle clausole cc.dd. « mercatointerno » abbiano carattere puramente dispositivo:v., a mero titolo di esempio, l’art. 11 della dir. 2000/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio dell’8giugno 2000, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizidella società dell’informazione, in particolare ilcommercio elettronico, nel mercato interno (« direttivasul commercio elettronico »), in G.U.U.E. n. L178 del 17 luglio 2000, p. 1 ss.– a differenza di quelle indicate nell’art. 9, par.3, come si vedrà –dovranno trovare senz’altroapplicazione senza che residui in capo all’interpretealcuna discrezionalità. Da questo punto divista, pare possibile ritenere che esse debbanoprevalere, in caso di antinomia e qualora esse lovogliano, sulle norme di applicazione necessariadi Stati terzi, cui viene attribuita una più limitatarilevanza, comunque in un quadro connotatoda grande cautela.Il funzionamento di queste norme di applicazionenecessaria dovrebbe avvenire, in linea generale,secondo lo schema tradizionale, e dunqueprescindendo dal giuoco delle regole diconflitto, qualunque sia la legge applicabile. Ciònon significa necessariamente che le norme diapplicazione necessaria escludano completamentel’applicazione delle norme dell’ordinamentorichiamato: evidentemente, le prime dovrannoprevalere sulle seconde nella misura incui regolano la fattispecie; ma per il resto questaresterà disciplinata dalla lex causae.Unico limite si rinviene, per le fattispecie intracomunitarie,nel c.d. principio dello Stato diorigine, che può impedire l’applicazione di normenazionali dello Stato del foro, anche se direttealla tutela di esigenze imperative quando questesono state già esaurientemente prese in considerazionenello Stato di origine della merce odel servizio ( 53 ).( 53 ) Sul principio dello Stato d’origine rispetto allenorme di conflitto v. Bariatti, Prime considerazionisugli effetti dei principi generali e delle norme materialidel trattato CE sul diritto internazionale privato comunitario,inRiv. dir. internaz. priv. e proc., 2003, p.671 ss.; Id., The Future Community Rules in the Frameworkof the Communitarization of Private InternationalLaw,inThe Unification of Choice of Law Ruleson Torts and Other Non-Contractual Obligations inEurope, Padova, 2005, p. 22 ss.; De Baere, « Is this aConflict Rule which I see Before Me? » Looking for aHidden Conflict Rule in the Principle of Origin ad Implementedin Primary European Community Law andin the « Directive on Electronic Commerce », inMaastrichtJournal of European and Comparative Law,2004, p. <strong>28</strong>7 ss.; Malatesta, Principio dello Stato diorigine e norme di conflitto dopo la direttiva 2006/123/CE sui servizi nel mercato interno: una partita finita?,inRiv. dir. internaz. priv. e proc., 2007, p. <strong>29</strong>3ss.; Munari, La ricostruzione dei principi internazionalprivatisticiimpliciti nel sistema comunitario, ibidem,p. 9<strong>27</strong> ss.NLCC 3/4-2009


[Art. 9] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 799Non sembra peraltro che tale principio abbiauna immediata rilevanza internazionalprivatistica( 54 ), ma costituisca piuttosto un metodo diintegrazione tra ordinamenti che impone, perfavorire l’applicazione delle regole sovranazionali,di far prevalere le norme dell’ordinamentodi provenienza della merce o del servizio, quandoqueste tutelano, in maniera almeno equivalente,la medesima esigenza imperativa ( 55 ). Pertanto,esso interferisce col modo di operare dellenorme di applicazione necessaria, mettendoin dubbio la loro natura di limite preventivo rispettoalle regole di conflitto: infatti, tali normenon si applicano in ogni caso, ma soltanto dopoche l’interprete abbia condotto una comparazionerispetto al contenuto della legge dello Statodi origine ( 56 ).Peraltro, una volta che tale verifica – indispensabileper tutte le norme nazionali, anchenon di applicazione necessaria ( 57 ) – abbia avutoesito positivo, l’applicazione delle norme indicatedall’art. 9, par. 2, produrrà l’effetto consueto,nel senso di prevalere, come detto, inogni caso sulla lex causae.7. – La disposizione in commento mantieneferma anche la possibilità di attribuire rilevanzaa norme di applicazione necessaria appartenentiall’ordinamento di uno Stato terzo, membro o( 54 ) Per considerazioni in parte analoghe cfr. Malatesta,Principio dello Stato di origine e norme diconflitto dopo la direttiva 2006/123/CE sui servizi nelmercato interno: una partita finita?, inRiv. dir. internaz.priv. e proc., 2007, p <strong>29</strong>3 ss. In senso diverso, Picone,Diritto internazionale privato comunitario epluralità dei metodi di coordinamento tra ordinamenti,in Diritto internazionale privato e diritto comunitario,a cura di Picone, Padova, 2004, p. 494 ss., che vi intravedeun’applicazione del c.d. metodo dell’ordinamentocompetente.( 55 ) Per l’idea che questa comparazione sia – ancheal di fuori dell’ordinamento comunitario – unelemento indispensabile per l’attribuzione del caratteredi necessaria applicazione ad una norma, cfr.Davì, L’adozione nel diritto internazionale privato italiano,cit., p. 225 ss.( 56 ) Sul punto, si vedano anche le articolate considerazionidi Boschiero, Verso il rinnovamento e latrasformazione, cit., spec. p. 391 s.( 57 ) V. anche Fallon, Libertés communautaires etrègles de conflit de lois, inLes conflits de lois et le systèmejuridique communautaire, a cura di Fuchs,Muir Watt e Pataut, Paris, 2004, p. 31 ss.non dell’Unione europea ( 58 ), con una scelta disegno diverso rispetto al reg. « Roma II » ( 59 ).Tuttavia, il reg. « Roma I », in adesione alle numerosecritiche suscitate dall’art. 7, par. 1, dellaConvenzione di Roma e alla sua possibile riproposizione,limita sensibilmente la portata dell’interferenzadi norme imperative di Stati terzi( 60 ), rispetto alla quale i giudici nazionali avevanocomunque mostrato una scarsissima propensione( 61 ).( 58 ) Per la tormentata storia di questa disposizionenei lavori preparatori si rimanda a De Cesari, « Disposizionialle quali non è permesso derogare convenzionalmente», cit., p. 265 ss.( 59 ) Da questo punto di vista non sembra che l’interpretazioneintertestuale possa spingersi sino alpunto di attribuire rilevanza alle norme di applicazionenecessaria di Stati terzi anche nel campo di applicazionedel reg. « Roma II »: una trasposizione purae semplice dell’istituto non è infatti possibile, in considerazionedelle significative limitazioni contenutenell’art. 9, par. 3, che si occupa delle sole norme cheproducono l’effetto di rendere illecito l’adempimentodel contratto (cfr. infra, par. 8 nel testo).( 60 ) È d’altronde ben noto che l’attuale formulazionedella disposizione è frutto di un compromessotra gli Stati che intendevano mantenere la regola dell’art.7, par. 1, della Convenzione di Roma e quelliche, a partire dal Regno Unito, miravano alla suacompleta soppressione. In proposito, per più ampi riferimenti,v. Lando e Nielsen, The Rome I Regulation,cit., p. 1721, i quali peraltro ritengono che lanuova disposizione condurrà in pratica ai medesimirisultati della regola convenzionale.( 61 ) La stessa Convenzione di Roma aveva mostratoun atteggiamento assai cauto verso la disposizione,tanto da consentire di apporvi una riserva, come poiGermania, Irlanda, Lettonia, Lussemburgo, Portogallo,Regno Unito e Slovenia hanno fatto. Rileva Bonomi,Prime considerazioni, cit., p. 120, che « la normadell’art. 7, par. 1 della Convenzione non (è) stata(...) mai applicata negli Stati contraenti »; nello stessosenso, Lando e Nielsen, The Rome I Regulation,cit., p. 1722. Opina diversamente De Cesari, « Disposizionialle quali non è permesso derogare convenzionalmente», cit., p. 265, che cita Boschiero, Versoil rinnovamento e la trasformazione, cit., p. 366. Ineffetti, i giudici degli Stati riservatari hanno talvoltafatto ricorso – prima dell’entrata in vigore della Convenzionedi Roma – a norme imperative di Stati terzi,ma ciòèavvenuto secondo uno schema che richiama,piuttosto che l’art. 7, par. 1, della Convenzione, l’attualeart. 9, par. 3, del reg. « Roma I ». Osservano inveceche proprio gli scarsissimi spazi applicativi dell’art.7, par. 1, avrebbero dovuto indurre a conservar-NLCC 3/4-2009


800reg. CE n. 593/2008[Art. 9]Fermi i limiti di carattere generale (ad es. lacontrarietà all’ordine pubblico del foro), un primosignificativo limite deriva dalla scelta di confinarela rilevanza delle norme di applicazionenecessaria non appartenenti alla lex causae e allalex fori alle norme appartenenti all’ordinamentodello Stato « in cui gli obblighi derivanti dalcontratto devono essere o sono stati eseguiti» ( 62 ). In questo modo, superato il generico riferimentoad uno « stretto legame » contenutonella Convenzione di Roma, viene tipizzato ilcollegamento minimo tra la fattispecie e l’ordinamentonecessario per consentire che ad unanorma internazionalmente imperativa possa comunqueesser data applicazione. Non fa alcunadifferenza, almeno sul piano testuale, la circostanzache il luogo di esecuzione del contratto sitrovi o meno in uno Stato membro dell’Unioneeuropea.La scelta delle norme di applicazione necessariadel locus destinatae solutionis ( 63 ) costituisceevidentemente un contrappeso alla limitata rilevanzache la legge di tale Paese può assumere aisensi dell’art. 4 del regolamento. In pratica, poichéil luogo della residenza abituale del prestatorecaratteristico, nei contratti transfrontalieri,non coincide in genere con il luogo di esecuzionedell’obbligazione, l’art. 9, par. 3, mira ad attribuirecomunque qualche rilevanza alle normedi quest’ordinamento purché abbiano naturalmentele caratteristiche indicate nel par. 1.Peraltro, l’individuazione delle norme di applicazionenecessaria di Stati terzi esclusivamenteall’interno della lex loci destinatae solutionisproduce l’effetto di farle coincidere, in molti casi,con le norme di applicazione necessaria delforo poiché lo stesso criterio viene utilizzato, aifini della determinazione della giurisdizione,nell’art. 5, n. 1, del reg. CE n. 44/2001 ( 64 ). Ilcollegamento fra norme di applicazione necessariae forum contractus ( 65 ) era stato già enfatizzatonella relazione alla proposta della Commissione,che lo riteneva necessario per il fatto chequesta competenza giurisdizionale ha caratterealternativo e può essere superata da una prorogadi competenza o dalla scelta dell’attore diadire il giudice del domicilio del convenuto. Unperfetto parallelismo è peraltro escluso dalla diversaformulazione della disposizione in commentorispetto all’art. 5, n. 1, del reg. CE n. 44/2001 ( 66 ).Ma la formulazione alla fine adottata sembracomunque suscettibile di critica. Da un lato, essadetermina, per la sovrapposizione tra i parr. 2e 3 dell’art. 9, l’effetto di ridurre significativamentela rilevanza delle norme di applicazionenecessaria di Stati terzi, senza tuttavia eliminarequesta categoria e i possibili rischi di frammentazionedella legge applicabile al contratto. Dall’altro,essa valorizza esclusivamente il collegamentocon il luogo di esecuzione dell’obbliganeil testo nel regolamento Lagarde e Tenenbaum,De la convention de Rome au règlement Rome I, inRev. crit. dr. internat. privé, 2008, p. 779.( 62 ) È evidente il parallelismo della formulazioneletterale con l’art. 5, n. 1, lett. a), del reg. CE n. 44/2001: le ragioni di questa scelta sono illustrate infranel testo.( 63 ) Ovviamente, la determinazione del luogo diesecuzione delle obbligazioni derivanti dal contrattoesige una valutazione giuridica (almeno quando leobbligazioni debbano ancora essere eseguite): talevalutazione non può che essere condotta, secondo lalogica del regolamento e anche per ragioni di parallelismocon l’art. 5, n. 1, del reg. CE n. 44/2001, sullabase della legge regolatrice del contratto o, in caso didepeçage, della singola obbligazione contrattuale.( 64 ) Com’è noto, il forum destinatae solutionis èprevisto, in via generale nella materia contrattuale,nella lett. a) di questa disposizione, nell’applicazionedella quale risulta necessario determinare in via conflittualeil luogo dell’adempimento della specifica obbligazionededotta in giudizio, ma è utilizzato anchenella lett. b), relativa a contratti di compravendita dibeni e di prestazione di servizi, con la determinazioneautonoma, da parte del reg. CE n. 44/2001, del locusdestinatae solutionis, rispettivamente, nel luogo diconsegna dei beni e di prestazione dei servizi.( 65 ) Sul foro contrattuale nel reg. CE n. 44/2001, siv. Franzina, La giurisdizione in materia contrattuale,Padova, 2007.( 66 )L’art. 9 del reg. « Roma I » si riferisce <strong>agli</strong>« obblighi derivanti dal contratto », mentre l’art. 5 n.1, lett. a), del reg. CE n. 44/2001 menziona « l’obbligazionededotta in giudizio »; sembra tuttavia che inquesta ipotesi le disposizioni possano funzionare inmaniera coordinata, poiché, anche ai fini della disposizionein commento, debbono considerarsi rilevantile obbligazioni di cui concretamente si controverte. Ilparallelismo è invece escluso nel caso della lett. b)dell’art. 5, n. 1, ove il titolo di giurisdizione si fonda,qualunque sia l’obbligazione dedotta in giudizio, sullocus destinatae solutionis dell’obbligazione caratteristica.In argomento, v. anche le valutazioni di Bonomi,Prime considerazioni, cit., p. 121 s.NLCC 3/4-2009


[Art. 9] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 801zione senza tener conto che potrebbero sussisterelegami rilevanti anche di genere diversocon ordinamenti di Stati terzi e che, comunque,talora l’adempimento può avvenire o dover avvenirein Paesi che non presentano alcun ulteriorenesso con la fattispecie. Da questo puntodi vista sarebbe stato allora preferibile lasciarealla determinazione discrezionale del giudicel’individuazione dell’ordinamento terzo eventualmenterilevante in ciascun caso concreto.Quanto sin qui osservato non deve condurrea ritenere che le norme di applicazione necessariapossano sempre provenire da un solo Statoterzo, nonostante questa conclusione sia suggeritadalla formulazione della disposizione(« può essere data efficacia anche alle norme diapplicazione necessaria del Paese »).Anzitutto, un contratto può prevedere obbligazionidiverse a carico delle varie parti, per lequali i luoghi di adempimento siano fissati inPaesi differenti. In tal caso, se nel giudizio vienein rilievo l’esecuzione di più obbligazioni, potràsorgere la necessità di applicare norme internazionalmenteimperative di più Stati terzi poichél’uso della generica locuzione « obblighi derivantidal contratto » nell’art. 9, par. 3, sembraimpedire di far riferimento al solo luogo di esecuzionedella prestazione caratteristica o comunqueprincipale, salva l’esistenza del legamedi accessorietà tra le obbligazioni, già valorizzatodalla Corte giust. CE nell’esperienza applicativadella Convenzione di Bruxelles ( 67 ).La stessa situazione può verificarsi per queicontratti che prevedono obbligazioni da eseguirsiin più luoghi diversi (ad es. contratti didistribuzione, divieti di concorrenza ecc.): anchein queste ipotesi, evidentemente, tutti gliordinamenti ove l’obbligazione dev’essere eseguitapotranno a pari titolo vedere applicate leproprie norme internazionalmente imperative( 68 ).8. – Ma, a limitare ulteriormente la portatadell’art. 9, par. 3, sovviene un’ulteriore indicazionetestuale, che attiene <strong>agli</strong> effetti che dallenorme di applicazione necessaria di Stati terzipossono discendere. Infatti, il reg. « Roma I »( 67 ) Corte giust. CE 15 gennaio 1987, causa266/85, Shenavai,inRaccolta, 1987, p. 239, punto 19.( 68 ) In senso dubitativo v. Bonomi, Prime considerazioni,cit., p. 122.non ammette l’applicazione di queste normequalunque sia il loro contenuto, come avvieneper l’art. 7, par. 1, della Convenzione di Roma,ma soltanto ove esse producano il risultato direndere illecito l’adempimento del contratto.Questo approccio alle norme di applicazionenecessaria di Stati terzi non è tuttavia innovativoe si ritrova nella giurisprudenza più risalentedi vari Stati membri: in molti casi antecedentiall’entrata in vigore della Convenzione di Roma,infatti, i giudici tedeschi, francesi ed inglesi hannoritenuto necessario tener conto di norme imperativedi un ordinamento diverso da quellodella lex causae, quando queste impedisserol’esecuzione delle obbligazioni contrattuali ( 69 ).In queste ipotesi, per il tramite di norme dellalex fori che comminavano la sanzione dell’invaliditàdel contratto per violazione dell’ordinepubblico o del buon costume, o sulla base diconsiderazioni di public policy, i giudici internihanno rifiutato di dar seguito a domande di esecuzionedi contratti che presentassero collegamenticon diversi ordinamenti.Questa prospettiva viene oggi recuperata dall’art.9, par. 3, che autorizza il giudice a dare efficaciaalle norme di applicazione necessaria diStati terzi solo quando esse comportino l’invaliditào comunque l’inefficacia della specificaclausola contrattuale ( 70 ). Le altre norme di applicazionenecessaria di Stati terzi, che preten-( 69 ) Cfr. Bundesgerichtshof 22 giugno 1972, inBGHZ, 59, p. 82 ss.; Bundesgerichtshof 2 febbraio1984, in IPrax, 1986, p. 154 ss.; Cour d’Appel Paris 9febbraio 1966, in Rev. crit. dr. internat. privé, 1966, p.264 ss.; Cour d’Appel Paris 15 maggio 1975, ivi, 1976,p. 690 ss.; nella giurisprudenza britannica si possonocitare i casi Ralli Brothers vs. Compania Naviera Sotay Aznar, inKing’s Bench Reports (C.A.), 1920, 2, p.<strong>28</strong>7 ss., e Regazzoni vs. Sethia, inAppeal Cases (LawReports), 1958, p. 301. Il riferimento alla giurisprudenzabritannica si ritrova anche in Bonomi, Primeconsiderazioni, cit., p. 120; in Lagarde e Tenenbaum,De la convention de Rome au règlement RomeI, cit., p. 778, e in Lando e Nielsen, The Rome I Regulation,cit., p. 1722.( 70 ) Nonostante l’uso del termine « illecito » riguardoall’adempimento del contratto, non sembrache la disposizione voglia escludere quei casi in cui lenorme di applicazione necessaria siano successive alcontratto e determinino dunque la risoluzione dellostesso per impossibilità sopravvenuta: v., ad es., Bundesgerichtshof2 febbraio 1984, cit.NLCC 3/4-2009


802reg. CE n. 593/2008[Art. 9]dano di regolare alcuni aspetti della fattispeciesenza interferire con la validità el’efficacia delcontratto, dovrebbero invece essere scartate( 71 ).9. – L’art. 9, par. 3, stabilisce che alle normedi applicazione necessaria di Stati terzi, così individuate,« può essere data efficacia », inciòmutuando l’analoga espressione dell’art. 7, par.1, della Convenzione di Roma. Può dunque rilevarsiun’evidente distinzione terminologica rispettoalle norme internazionalmente imperativedella lex fori per le quali l’art. 9, par. 2, parladi vera e propria « applicazione » ( 72 ).In proposito, già la Relazione Giuliano-Lagardesi era preoccupata di precisare che conl’espressione « dare efficacia » si era inteso attribuireal giudice « il compito estremamente delicatodi combinare le norme imperative con lalegge che regola normalmente il contratto nellafattispecie concreta » ( 73 ). Ciò significa che lenorme di applicazione necessaria di Stati terzihanno una funzione diversa da quella tradizionalmenteattribuita alle norme imperative, nelsenso di impedire l’applicazione della regola diconflitto e delle disposizioni dell’ordinamentoda questa richiamato ( 74 ); la disposizione incommento, al contrario, si fonda sul convincimentoche le norme di applicazione necessarianon escludono la possibile rilevanza delle normedella lex causae con esse non incompatibili oche prospettano soluzioni equivalenti ( 75 ).( 71 ) Da questo punto di vista, la posizione tradizionalesecondo cui le norme di applicazione necessariacostituiscono un limite positivo all’applicazione delleregole di conflitto sembra superata, poiché le normedi applicazione necessaria di Stati terzi possono avereil solo effetto di rendere illecito l’adempimento delcontratto.( 72 ) Questa distinzione si ritrova nelle varie versionilinguistiche; un contenuto singolare si rinviene nellaversione portoghese, che parla di « aplicaçâo » perle norme di applicazione necessaria del foro ma prevedeche « pode ser dada prêvalencia » (corsivo nostro)alle norme di applicazione necessaria di Statiterzi.( 73 ) Relazione Giuliano-Lagarde, sub art. 7, punto3.( 74 ) Sul carattere esclusivo di questa applicazionev. supra, par. 6.( 75 ) Per questa idea, con riguardo all’art. 7, par. 1,Occorre tuttavia anche tener conto, in proposito,della particolare categoria di norme di applicazionenecessaria a cui l’art. 9, par. 3, si riferisce,e cioè le norme che « rendono illecitol’adempimento del contratto ». Si tratta dunquedi disposizioni della lex loci destinatae solutionische sanzionano con l’invalidità (o con altre formedi inefficacia) alcuni contratti in ragione delloro contenuto o del loro procedimento di formazione.È evidente, pertanto, che in queste ipotesi dareeffetto alle norme di applicazione necessarianon può che condurre all’esito di dichiarare invalidoo inefficace, anche parzialmente, il contrattoin questione, se ne sussistono i presuppostisecondo la lex loci destinatae solutionis, inapplicazione dell’art. 9, par. 3, del regolamento.Resta tuttavia il problema di capire se questadeclaratoria di invalidità o inefficacia si fondiunicamente sulla norma di applicazione necessariadello Stato terzo o se richieda l’intermediazionedelle norme della lex causae (ad es., in Italia,l’art. 1418 c.c. sulla nullità per contrasto connorme imperative), come avveniva nei casi decisidalla giurisprudenza nazionale sopra citata( 76 ). Evidentemente, la differenza non è dipoco conto, poiché, a seconda della soluzioneprescelta, sarà la lex loci destinatae solutionis ola lex causae a determinare le conseguenze delladeclaratoria di invalidità o inefficacia.La seconda soluzione sopra indicata, nella misurain cui attribuisce concreta rilevanza alla distinzioneterminologica tra « applicazione » ed« efficacia » delle norme imperative, apparepreferibile.Anzitutto, va chiarito che essa non degrada lenorme di applicazione necessaria di Stati terzi apuri fatti da prendere in considerazione per decideredi dichiarare il contratto invalido o inefficace;al contrario, queste norme rilevano nelsenso di integrare lo spettro di valori giuridicisulla base dei quali esaminare il contratto, eproducono effetti propriamente giuridici, indella Convenzione di Roma, v. già Treves, Normeimperative e di applicazione necessaria, cit., p. 35 ss.( 76 ) Ad es., il caso deciso dalla sentenza 22 giugno1972 del Bundesgerichsthof riguardava la vendita dibeni considerati inalienabili dalla legge nigeriana; puressendo il contratto soggetto alla lex fori, il giudicetedesco ritenne possibile tener conto della causa di illiceitàdello stesso derivante dalla legge straniera.NLCC 3/4-2009


[Art. 9] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 803combinazione con le norme della lex causae inmateria di c.d. patologia del contratto, escludendoneall’occorrenza la validità ol’efficacia.Il principale vantaggio di questa ricostruzioneconsiste nella minor frammentazione della leggeapplicabile che essa comporta, poiché sarà comunquesulla base delle categorie della lex causaeche verrà tenuto conto dell’illiceità dell’adempimentodel contratto. In questo modo,viene anzitutto ricondotta alla lex causae la determinazionedel tipo di invalidità o inefficaciache ne consegue, e il relativo regime (in terminidi prescrizione, di legittimazione a far valere lacausa di invalidità etc.).Egualmente, spetterà alla lex causae stabilirele condizioni per la sopravvivenza o meno delcontratto, sia quando l’illiceità per effetto dellanorma imperativa di Stati terzi sia solo parziale,sia quando occorra far ricorso a meccanismi diconvalida o di integrazione del contratto nel suocomplesso, nel rispetto dei valori tutelati dall’ordinamentodello Stato terzo. Ciò vale in particolareper quelle norme di applicazione necessariache impongono certe clausole contrattualio certi standard minimi: in questi casi spetterà,almeno in prima battuta, alla lex causae stabilirese e in quale misura possa avvenire un’integrazionedel contenuto del contratto che non siaconforme a queste norme.Tale soluzione presenta anche il vantaggio disemplificare il compito dell’interprete nel casodi cumulo di norme di applicazione necessariadi Stati terzi: laddove, ad es., l’obbligazionedebba essere eseguita in più Stati, l’adempimentopotrebbe risultare illecito in tutti ma i vari ordinamentipotrebbero configurare diversamentetale illiceità e le sue conseguenze. In questomodo, la valutazione dei vari ordinamenti terziviene presa in considerazione al solo fine diescludere l’esecuzione del contratto, lasciandoalla lex causae di stabilire in concreto il regimeapplicabile all’invalidità o inefficacia del contrattomedesimo.D’altra parte, non sembra che questa soluzionesia in contrasto con la funzione delle normedi applicazione necessaria di Stati terzi all’internodel reg. « Roma I »: in linea generale, essaviene riconosciuta nell’esigenza di garantire unamaggiore armonia delle soluzioni sul piano internazionale,anche al fine di favorire la successivacircolazione della decisione ( 77 ). Non pareche l’attribuzione di efficacia alla norma stranieradi applicazione necessaria attraverso le disposizionidella lex causae sull’invalidità o inefficaciadel contratto sia idonea a precludere il raggiungimentodi questi obiettivi, poiché permettecomunque di prendere in considerazione ivalori fondamentali tutelati dall’ordinamentodello Stato terzo ricavandone le necessarie conseguenzesul piano dell’esecuzione del contratto.10. – La disposizione in commento configurail potere del giudice di attribuire efficacia allenorme di applicazione necessaria della lex locidestinatae solutionis come latamente discrezionale( 78 ). In sostanza, non è sufficiente che questenorme vogliano applicarsi alla fattispeciecontroversa, ma occorre che l’interprete accertila sussistenza delle condizioni di opportunitàper tener conto di tali disposizioni. Peraltro, com’eragià stato rilevato per l’analoga formulazionedell’art. 7, par. 1, della Convenzione diRoma, tale discrezionalità non esclude il poteredoveredel giudice di tener conto d’ufficio diqueste norme, quando esse debbano esser presein considerazione ( 79 ), né il possibile controllosull’esercizio di tale potere-dovere in sede diimpugnazione.A tal fine l’art. 9, par. 3, identifica tre criteri,piuttosto flessibili, per guidare in qualche modola valutazione del giudice. In termini generali,non può che ribadirsi che a quest’ultimo vienerichiesto un giudizio di valore sull’opportunitàdi tener conto o meno delle norme straniere diapplicazione necessaria ( 80 ): non si tratta dun-( 77 ) V. per tutti Boschiero, Norme inderogabili,« disposizioni del diritto comunitario » e « leggi di polizia», cit., p. 110 s.( 78 ) In tal senso anche Lando e Nielsen, The RomeI Regulation, cit., p. 1721.( 79 ) Così, Corrao, sub art. 7 (Disposizioni imperativee legge del contratto), inConvenzione sulla leggeapplicabile alle obbligazioni contrattuali (Roma, 19giugno 1980) – Commentario, a cura di Bianca eGiardina, in questa Rivista, 1995, p. 954 ss., spec. p.1017; Mayer, Le lois de police étrangères, inJourn.dr. internat., 1981, p. <strong>27</strong>7 ss., spec. p. 326 ss.; Treves,Norme imperative e di applicazione necessaria,cit., p. 33.( 80 ) Non sembra invece possibile, nel nuovo quadronormativo, che il giudice debba applicare questiNLCC 3/4-2009


804reg. CE n. 593/2008[Art. 10]1. – La disposizione in commento, assieme aisuccessivi <strong>artt</strong>. 11 e 12, contribuisce a definire ilregime internazionalprivatistico del contratto e,in particolare, dei requisiti sostanziali di validitàdel medesimo, riconducendoli alla legge individuatain forza degli art. 3 e seguenti del regolacriteriper valutare i conflitti fra più norme di applicazionenecessaria di Stati terzi, come riteneva Treves,Norme imperative e di applicazione necessaria,cit., p. 34, semplicemente perché tali conflitti non sononeppure configurabili.( 81 ) Sulle norme comunitarie in questo campo, v.già Segre, Il diritto comunitario della concorrenza comelegge di applicazione necessaria, inRiv. dir. internaz.priv. e proc., 1986, p. 75 ss.que di attribuire meccanicamente rilevanza aqueste ultime sulla base della loro posizione formaleall’interno del giuoco delle regole di conflitto,bensì di verificare preliminarmente il lorocontenuto, le loro caratteristiche e i loro effetti.In primo luogo, il giudice deve valutare la« natura » di queste norme, che attiene non soloalla posizione formale delle stesse nell’ordinamentodi origine, ma anche alla materia regolata;costituiscono ad es. norme di applicazionenecessaria, con una certa frequenza, le norme inmateria valutaria, fiscale, doganale o quelle inmateria di tutela della concorrenza ( 81 ).Il secondo criterio è quello della « finalità»(che ha sostituito, rispetto all’art. 7, par. 1, dellaConvenzione di Roma, quello dell’oggetto) dellanorma. Il giudice dovrà dunque farsi carico diverificare quali interessi la norma mira a perseguiree proteggere e, nell’ambito di tale operazioneermeneutica, anche di accertare se i medesimiscopi sono già presi in considerazione eraggiunti dalle norme della lex causae.Infine, la disposizione richiede all’interprete ungiudizio prognostico, imponendogli di valutarequale sarebbe il contenuto della decisione a secondache alle norme di applicazione necessaria sia attribuitaefficacia o meno ( 82 ). Si tratta in definitivadi una valutazione di equità sostanziale, che derogaal criterio dell’applicazione meccanica e neutraledelle norme di conflitto, a prescindere dallasoluzione materiale che esse determinano. Essa dovrebbemirare, in particolare, ad evitare che attraversol’attribuzione di efficacia alle norme imperativedi Stati terzi si producano abusi o squilibrisul piano contrattuale, consentendo ad una partedi speculare sull’interferenza di tali norme perliberarsi d<strong>agli</strong> obblighi assunti.Giacomo Biagioni( 82 ) Viene peraltro meno, rispetto alla proposta diregolamento, l’indicazione che tali conseguenze debbonoessere esaminate alla luce degli effetti sull’obiettivoperseguito dalla norma di applicazione necessariae sulla posizione delle parti; tale modifica èvalutata in senso positivo da Ubertazzi, Il regolamentoRoma I sulla legge applicabile alle obbligazionicontrattuali, Milano, 2008, p. 123; contra, De Cesari,« Disposizioni alle quali non è possibile derogare convenzionalmente», cit., p. 267.Art. 10.(Consenso e validità sostanziale)1. L’esistenza e la validità del contratto o di una sua disposizione si stabiliscono in base allalegge che sarebbe applicabile in virtù del presente regolamento se il contratto o la disposizionefossero validi.2. Tuttavia, un contraente, al fine di dimostrare che non ha dato il suo consenso, può riferirsialla legge del paese in cui ha la residenza abituale, se dalle circostanze risulta che non sarebberagionevole stabilire l’effetto del comportamento di questo contraente secondo la legge previstanel paragrafo 1.Sommario: 1. Rapporti con le altre disposizioni del regolamento.– 2. L’esistenza del contratto. – 3. Il secondoparagrafo: l’assenza del consenso secondo unalegge diversa dalla lex contractus. – 4. La validità delcontratto. – 5. Interferenze con il problema della qualificazione.– 6. Invalidità di una parte del contratto;dépeçage. – 7. Esistenza e validità della scelta di legge.NLCC 3/4-2009


[Art. 10] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 805mento (lex causae). Dalla stessa legge dipendepoi la disciplina del rapporto contrattuale, mentrel’art. 11 individua la legge regolatrice dellequestioni relative alla forma.Ora, mentre non sorgono particolari problemidi coordinamento tra la disposizione in commentoe l’art. 12, più problematica potrebbe esserela delimitazione dell’ambito rispettivo diapplicazione dell’art. 10 e del successivo art. 11,per quanto attiene alle questioni relative al consenso( 1 ).L’art. 10 va inoltre coordinato con la previsionedell’art. 1 del regolamento, in cui è definitol’ambito di applicazione materiale dello stesso.In particolare, l’esclusione da tale ambito di alcuniprofili coessenziali alla determinazione dellavalidità di un contratto, quali la capacità dellepersone fisiche ( 2 ) e la capacità giuridica dellesocietà, associazioni e persone <strong>giuridiche</strong> ( 3 ),comporta una corrispondente limitazione dellaportata della disposizione in commento, con laconseguente possibilità di frazionamento delladisciplina della validità del contratto, destinatoa prodursi qualora non vi sia in concreto corrispondenzatra il diritto applicabile al contrattoin forza del regolamento e quello applicabile allesuddette questioni, in forza delle norme di dirittointernazionale privato del foro ( 4 ).( 1 ) Si tratta in particolare della questione relativaalla qualificazione del silenzio di una delle parti. Sulpunto v. infra, par. 2; v. altresì Cortese, infra, commentosub art. 11, par. 3.( 2 ) Art. 1, par. 2, lett. a).( 3 ) Art. 1, par. 2, lett. e).( 4 ) Individuato, nel nostro ordinamento, in forzadegli <strong>artt</strong>. 20, 23 e 25 della l. 31 maggio 1995, n. 218,di riforma del sistema italiano di diritto internazionaleprivato.2. – L’art. 10 del regolamento stabilisce anzituttoche la legge (ipoteticamente) applicabilealla sostanza dell’(eventuale) contratto ne determinal’esistenza. Con ciò la disposizione incommento, come già l’art. 8 della Convenzionedi Roma, si riferisce in particolare alla determinazionedel mutuo consenso tra le parti, compresoil valore del silenzio. La norma di conflittoin questione rileva cioè quando si tratta distabilire se il silenzio di una parte valga accettazionedell’altrui proposta. In tal senso si esprimela Relazione Giuliano-Lagarde alla Convenzionedi Roma ( 5 ). Data tuttavia la possibilità diuna qualificazione concorrente della questioneora menzionata, come attinente vuoi all’esistenzadel contratto, vuoi invece al profilo della validitàformale dello stesso, la norma in commentoandrà coordinata con la previsione del successivoart. 11 ( 6 ).L’art. 10 si applicherà inoltre alla questionedel valore del silenzio, ai fini della determinazionedell’oggetto del consenso contrattuale,profilo di particolare rilievo nei rapporti checoinvolgono l’ordinamento tedesco. In quell’ordinamento,infatti, è ammessa in particolare larecezione nella disciplina contrattuale dellecondizioni generali di contratto comunicate dauna parte dopo la conclusione del contrattostesso, e non espressamente contestate dall’altraparte ( 7 ). Sul punto, però, la regola dettata dalprimo comma della disposizione in commento ètemperata dalla previsione del secondo comma,su cui dunque si tornerà più oltre.La disciplina di conflitto di cui all’art. 10 siapplicherà altresì alla questione degli effetti dellaproposta, o di una sua revoca, alla determinazionedel suo termine di efficacia, ed ancora allaquestione degli effetti di una dichiarazione tardivadi accettazione. Non sembra che possa inveceritenersi sottoposto alla legge applicabilealla sostanza del contratto il profilo dell’efficaciadella proposta contrattuale oltre la morte delproponente. Tale profilo merita infatti di esserequalificato come attinente alla disciplina dellesuccessioni ( 8 ).Ancora, sembrano doversi far rientrare neldominio della legge applicabile alla sostanza delcontratto – sub specie esistenza del contratto, edunque ex art. 10, ovvero comunque dal puntodi vista dei « diversi modi di estinzione delleobbligazioni », ai sensi dell’art. 12 – le questionirelative <strong>agli</strong> effetti di condizioni e termini, non-( 5 ) Relazione Giuliano-Lagarde, sub art. 8, punto2.( 6 )V.Cortese, infra, commento sub art. 11, par.3.( 7 ) Cfr. Martiny, inInternationales Vertragsrecht,a cura di Reithmann e Martiny, Köln, 2004, Rz. 198;von Hoffmann, sub art. 31 EGBGB,inBGB, a curadi Soergel, Stuttgart, 2002, vol. X, Rz. 14 ss.( 8 ) Nel senso criticato v. però Heimberg, sub art.8, in Czernich e Heiss, EVÜ Kommentar, Wien,1999, p. 195.NLCC 3/4-2009


806reg. CE n. 593/2008[Art. 10]ché quelle relative all’operare di un diritto di recesso( 9 ), fatto salvo il regime internazionalprivatisticodi tutela del consumatore, ed in particolareil rispetto delle norme imperative postein materia dalle direttive comunitarie, in coerenzacon quanto previsto in linea generale dallagiurisprudenza della Corte di giustizia ( 10 ).È invece sottratta alla lex contractus la questionedegli effetti in capo al mandante dell’attocompiuto da un mandatario nei confronti di terzi,conformemente all’espressa previsione dell’art.1, par. 2, lett. g), del regolamento.( 9 ) Cfr. Bundesgerichtshof 19 marzo 1997, inIPRax, 1998, p. <strong>28</strong>5.( 10 ) Cfr. Corte giust. CE 9 novembre 2000, causa381/98, Ingmar, inRaccolta, p. I-9305 ss.( 11 ) In tal senso la relazione alla convenzione, subart. 8, 2. Da ultimo in senso conforme v. Lando eNielsen, The Rome I Regulation,inCommon MarketLaw Rev., 2008, p. 1716.3. – Il secondo paragrafo della disposizione incommento consente ad una parte di invocareuna legge diversa dalla lex contractus, per dimostrareche non ha prestato il proprio consenso.In particolare, la norma prevede la possibilità diinvocare la legge dello Stato in cui la parte ha laresidenza abituale, quando dalle circostanze risultiche non sarebbe ragionevole desumere dalsuo comportamento la manifestazione di unconsenso, in applicazione della lex contractus.La norma è anzitutto pensata per la risoluzionedelle questioni relative al valore del silenzio( 11 ), ed acquista particolare rilievo nellaprassi in relazione al problema dell’inserzionenel contratto delle condizioni generali di unaparte, tramite un loro invio successivo alla conclusionedel contratto (c.d. battle of forms). Piùin generale, il paragrafo in commento trova frequenteapplicazione in caso di mutamento delregime contrattuale in conseguenza di comunicazioninegoziali unilaterali successive alla conclusionedel contratto (c.d. vertragsänderndeskaufmännisches Bestätigungsschreiben).In giurisprudenza, la disposizione ha trovatotuttavia applicazione anche per la determinazionedegli effetti di una clausola di scelta di leggeinserita in condizioni generali di contratto cheerano sì richiamate dal documento contrattualefirmato dalle parti, ma venivano invocate controun consumatore, in circostanze in cui non apparivaragionevole sottrarlo alla tutela predispostadalla legge del Paese in cui risiedeva abitualmente,coerentemente con la ratio della normativainternazionalprivatistica di tutela del consumatoreprevista dall’art. 5 della Convenzione,ora divenuto art. 6 del regolamento ( 12 ).Il ruolo della legge dello Stato di residenzaabituale della parte che nega di aver prestato ilconsenso è meramente negativo: essa non potràessere invocata per stabilire l’esistenza di unvincolo contrattuale altrimenti inesistente secondola lex contractus, ma solo al fine opposto( 13 ).Inoltre, la disposizione in questione può essereinvocata unicamente per opporsi all’affermazionedell’esistenza del contratto, non inveceper dimostrarne l’invalidità. Neppure sembraessere ammissibile l’invocazione della legge dellaresidenza abituale del contraente che intendafar valere un diritto di recesso, non previsto dallalex contractus ( 14 ).L’effetto ostativo del diritto dello Stato di residenzaabituale della parte che invoca la mancanzadi consenso non è automatico, né rilevabiled’ufficio dal giudice: la legge della residenzaabituale non sostituisce qui per intero, vale lapena di insistere, la lex contractus, ma si limitaad offrire un’eccezione alla parte che intendavalersene. Quella parte, del resto, non può limitarsiad invocare la disciplina della legge delloStato in cui ha la residenza abituale, alla streguadella quale il suo comportamento (attivo o passivo)non vale espressione di consenso contrattuale,ma deve altresì dimostrare che, in consi-( 12 )V.Oberlandesgericht Düsseldorf 14 gennaio1994, in Recht internat. Wirtschaft, 1994, p. 420: lasentenza è relativa ad un contratto di investimentopronti contro termine su titoli di borsa.( 13 ) Per la determinazione del consenso in forzadella legge dello Stato di residenza abituale dell’accettantev. invece, nel vigore del testo originario dellepreleggi al codice civile tedesco, Bundesgerichtshof 22settembre 1971, in BGHZ, 57, p. 72; OberlandesgerichtHamburg 1 o giugno 1979, in Neue Juristische Wochenschrift,1980, p. 1232.( 14 ) Cfr. in tal senso la sentenza Timesharing delBGH tedesco del 1997, cit. supra, che respinge l’oppostasoluzione generalmente raggiunta sul puntodalle corti di merito tedesche. In argomento v. in precedenzaMankowski, Widerrufsrecht und Artikel 31Abs. 2 EGBGB, inRecht internat. Wirtschaft, 1996,p. 382.NLCC 3/4-2009


[Art. 10] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 807derazione delle circostanze, non sarebbe ragionevoleconsiderare prestato il consenso ( 15 ). Ilcriterio di giudizio della (non) ragionevolezzadovrà intendersi soddisfatto qualora l’applicazionedella lex contractus dia luogo ad un vincolocontrattuale che un contraente di normale diligenzanon avrebbe potuto attendersi. Si trattadi un giudizio di fatto, che il giudice dovrà operarealla luce delle circostanze del caso di specie.È possibile tuttavia menzionare già inastratto alcuni elementi che il giudice dovràconsiderare come particolarmente rilevanti: anzitutto,la presenza di pratiche consolidate tra leparti, così come l’esistenza di usi del commerciointernazionale ampiamente conosciuti e regolarmenterispettati dalle parti di contratti dellostesso tipo nel ramo commerciale in cui l’operazionede qua si inserisce ( 16 ). Del pari, in caso dicontestazione quanto al valido inserimento dellaclausola relativa alla legge applicabile, il giudicedovrà considerare particolarmente rilevantela soluzione fatta propria dalla legge che sarebbeapplicabile in mancanza di scelta, soluzionesulla quale il contraente che rifiuta l’inserzionedella clausola controversa poteva ragionevolmentefare affidamento, specie secoincidente con quella del Paese di residenzaabituale.La previsione in commento non contiene unpreciso riferimento temporale (« la parte (...)può riferirsi alla legge del Paese in cui ha la residenzaabituale »). Si deve comunque intendereche il momento rilevante per la determinazionedella residenza abituale è quello della conclusionedel contratto, perché soltanto allora sipuò essere creato quel ragionevole affidamentodella parte che contesta la formazione di un vincolocontrattuale, che giustifica un esito diversoda quello cui porterebbe, altrimenti, la legge applicabilealla sostanza del contratto.( 15 ) In giurisprudenza si veda in tal senso HighCourt 11 gennaio 1995, Egon Oldendorff v. LiberiaCo., in Lloyd’s Law Rep., 1995, p. 64 ss.( 16 ) Si argomenti in tal senso per analogia dall’art.23 del reg. CE n. 44/2001 del 22 dicembre 2000 (inG.U.U.E. n. L 12 del 16 gennaio 2001, p. 1 ss.), giàart. 17 della Convenzione di Bruxelles del <strong>27</strong> settembre1968.4. – La norma in commento conferma la sottoposizionealla lex contractus delle questioni relativealla validità sostanziale del contratto: sitratta dunque dei requisiti di validità, delle causedi invalidità, dei regimi di nullità o annullabilitàin genere ( 17 ). In particolare, è dettata dallalex causae la disciplina dei vizi della volontà, cosìcome quella delle cause di invalidità connesseall’illiceità dell’oggetto o della causa del contratto.Tra queste anche l’eventuale invaliditàper mancanza di causa, e le questioni relative allaconsideration in common law.Anche le conseguenze dell’invalidità del contratto,ed in particolare la previsione di differentiregimi di nullità o annullabilità, sono disciplinatedalla lex contractus, che ne regolerà ipresupposti, comprese le decadenze, e gli effetti.Inoltre, quella stessa legge determina le conseguenzedella nullità del contratto, secondoquanto previsto dall’art. 12, par. 1, lett. e) ( 18 ).Va notato sin d’ora, comunque, che la trasformazionedella Convenzione in regolamentocomporta sul punto un’innovazione del dirittointernazionale privato italiano, venendo menola riserva in precedenza apposta dal nostro Paeseall’art. 10, lett. e), della Convenzione( 18 bis ).Infine, l’art. 10 del regolamento determina lasottoposizione alla lex contractus delle questionirelative a simulazione e riserva mentale, oltreche l’eventuale rilievo della frode alla legge ( 19 ).Sfuggono invece all’ambito di applicazionedella disposizione in commento, come del regolamentonel suo insieme, i requisiti relativi allacapacità delle parti ( 20 ), salvo quanto dispostodall’art. 13.Del pari, l’art. 10 non si occupa dei requisitidi validità formale, il cui regime internazionalprivatisticoè disposto dall’art. 11. Il conseguentefrazionamento della disciplina internazionalprivatisticadel contratto può dar luogo a problemidi qualificazione, sui quali si fa rinvio alcommento all’art. 11. Profilo di confine tra ledue disposizioni è ad esempio quello della validitàdi una clausola redatta in caratteri tanto ri-( 17 ) V. in tal senso Villani, La convenzione di Romasulla legge applicabile ai contratti 2 , Bari, 2002, p.185.( 18 )V.Leandro, infra, commento sub art. 12,par. 6.( 18 bis )V.Marongiu Bonaiuti, supra, Note introduttive,II, par. 3.( 19 ) Cfr. Villani, op. cit., p. 186.( 20 ) V. art. 1, par. 2, lett. a), del regolamento.NLCC 3/4-2009


808reg. CE n. 593/2008[Art. 10]dotti da risultare illeggibili. Sottopone tale questionealla lex causae il Bundesgerichtshof, nellasentenza 15 dicembre 1986 ( 21 ), ritenendola pacificamenteattinente alla validità sostanziale.5. – L’art. 10 può indubbiamente giocare unruolo nel dibattito dottrinale sulla teoria dellaqualificazione, smentendo per tabulas l’argomentodel circolo vizioso, spesso invocato daicritici della teoria della qualificazione secondola lex causae ( 22 ). Ciò posto, va però detto che lanorma in questione non si occupa direttamentedella qualificazione della fattispecie come contrattualeo non contrattuale, profilo che va tenutodistinto rispetto a quello dell’esistenza delcontratto. Di conseguenza, in mancanza di unachiara presa di posizione in senso contrario dellegislatore comunitario, la qualificazione dellafattispecie, in quanto elemento preliminare alladefinizione dell’ambito di applicazione del reg.« Roma I », dovrà operarsi in forza di una nozionecomunitaria (autonoma) ( 23 ), e non invecein base alla lex fori o alla lex causae ( 24 ). In sensocontrario sembra esprimersi chi afferma la sottoposizionealla lex contractus anche del profilodella Notwendigkeit einer vertr<strong>agli</strong>chen Bindung:la questione del se sia o meno necessaria(per accogliere le pretese del richiedente) l’avvenutainstaurazione di un legame contrattuale( 25 ). Va peraltro notato che uno dei profili inpassato più controversi, quello della qualificazionecontrattuale o extracontrattuale delle obbligazionida culpa in contrahendo, è ora espressamenterisolto dall’art. 12 del reg. CE n. 864/2007 (Roma II) ( 26 ), cui il regolamento in commentofa rinvio (v. 10 o considerando).6. – Il riferimento all’invalidità di una disposizionedel contratto, di cui all’art. 10, par. 1, sispiega anzitutto in relazione alla normale ipotesidi invalidità parziale del contratto che sia sottopostonel suo insieme ad una sola legge. Tuttavia,come già sottolineato in sede di commentoall’art. 8 della convenzione, l’ammissibilità del( 21 ) Bundesgerichtshof 15 dicembre 1996, inIPRax, 1998, p. 26.( 22 ) Ancor oggi vi è chi critica la soluzione dell’art.8 della Convenzione, ora ripresa dall’art. 10 del regolamento,ritenendola « criticabile dal punto di vistalogico »: così Ballarino, Dalla convenzione di Romadel 1980 al regolamento Roma I, inRiv. dir. internaz.,2009, p. 49.( 23 ) Si tratterà, ad avviso di chi scrive, di una nozionebasata su un’interpretazione non restrittiva,modellata su quella di obbligo liberamente assuntoda una parte nei confronti di un’altra, sviluppata dallaCorte in relazione all’art. 5 della Convenzione diBruxelles, ora reg. CE n. 44/2001. Si vedano in proposito:Corte giust. CE 17 giugno 1992, causa 26/91,Handte, inRaccolta, 1992, p. I-3967 ss., punto 15;Corte giust. CE <strong>27</strong> ottobre 1998, causa 51/97, Réunioneuropéenne, ivi, 1998, p. I-6511 ss., punto 17;Corte giust. CE 17 settembre 2002 nella causa334/00, Tacconi, ivi, 2002, p. I-7357, punto 23; Cortegiust. CE 5 febbraio 2004, causa 265/02, Frahuil, ivi,2004, p. I-1543 ss., punto 24; Corte giust. CE 2 gennaio2005, causa <strong>27</strong>/02, Engler, ivi, 2005, p. I-481,punto 50. Sul punto, anche per ulteriori indicazionicirca la giurisprudenza e la dottrina relative alla nozionedi contratto ai sensi dell’art. 5 della Convenzionedi Bruxelles, v. Franzina, La giurisdizione in materiacontrattuale, Padova, 2006, p. 222 ss. Per l’utilitàdi un riferimento all’art. 5 del regolamento, nell’interpretazionedella nozione di obbligazioni contrattualirilevante ai fini della Convenzione di Roma, eora del reg. Roma I, basti por mente al legame funzionale,incontestato, tra l’unificazione delle normesulla giurisdizione e quella del diritto internazionaleprivato dei contratti, sorto anzitutto con la finalità dievitare il forum shopping in relazione all’applicazionedella norma convenzionale sulla competenza in materiacontrattuale: cfr. la Relazione Giuliano-Lagarde,cit., sub considerazioni introduttive.( 24 ) In tal senso cfr. Plenders e Wilderspin, TheEuropean Contracts Convention 2 , London, 2001, p.205 s.( 25 ) In tal senso v. Heimberg, op. loc. cit.( 26 ) Ai sensi del quale: « 1. La legge applicabile alleobbligazioni extracontrattuali derivanti dalle trattativeprecontrattuali, a prescindere dal fatto che ilcontratto sia stato effettivamente concluso o meno, èla legge che si applica al contratto o che sarebbe stataapplicabile al contratto se lo stesso fosse stato concluso.2. Quando la legge applicabile non può essere determinatain base al par. 1, si applica: a) la legge delPaese in cui si verifica il danno, indipendentementedal Paese nel quale si è verificato il fatto che ha determinatoil danno e a prescindere dal Paese o dai Paesiin cui si sono verificate le conseguenze indirette delfatto; oppure, b) se le parti hanno la loro residenzaabituale nel medesimo Paese nel momento in cui siverifica il fatto che determina il danno, la legge di talePaese; oppure, c) se dal complesso delle circostanzedel caso risulta evidente che l’obbligazione extracontrattualeche deriva da trattative precontrattuali presentacollegamenti manifestamente più stretti con unPaese diverso da quello di cui alle lettere a) eb), lalegge di quest’altro Paese ».NLCC 3/4-2009


[Art. 11] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 809dépeçage volontario impone di individuare lalegge chiamata a stabilire le conseguenze di unanullità parziale sulla sorte dell’intero contratto( <strong>27</strong> ). Si fa qui riferimento alla situazione in cuile diverse parti del contratto sono state assoggettatea differenti leggi e, mentre una parte delcontratto è invalida in forza del diritto ad essaapplicabile, un’altra parte dello stesso rispettasenz’altro i requisiti sostanziali e formali di validitàdi una diversa lex contractus. Ora, in similicasi sembra opportuno che le conseguenze dell’invaliditàparziale del contratto siano determinatein forza del diritto applicabile alla parte dicontratto validamente formatasi. Ciò perché laquestione non riguarda tanto la sorte dell’interocontratto in conseguenza dell’invalidità di unasua parte, ma attiene più semplicemente allasorte della parte di contratto che residua dopola constatazione dell’invalidità di altra parte dellostesso. Non si tratta qui, a ben vedere, di individuareuna parte del contratto che si possaqualificare come prevalente, e con essa una lexcontractus destinata ad applicarsi all’intero contrattononostante il frazionamento operato dalleparti, ma di dare invece pienamente seguito all’indicazionedelle parti circa il dépeçage delladisciplina contrattuale.( <strong>27</strong> ) Villani, op. cit., p. 186.7. – L’art. 3, par. 5, del regolamento fa rinvioall’art. 10 per la determinazione del diritto applicabilealle questioni di esistenza e validità sostanzialedel consenso delle parti sulla legge applicabile.Ricadono dunque nell’ambito dellalex contractus (putativa) le questioni relative all’esistenzae validità di una scelta di leggeespressa, ma anche il problema della scelta implicita:se cioè dalle circostanze possa desumersiuna scelta delle parti a favore dell’applicazionedi una legge determinata.Va qui notato il diverso approccio seguito sulpunto dal Restatement 2nd - Conflict of Laws:incaso di scelta di una legge che porterebbe all’invaliditàdel contratto si asserisce infatti in quellasede l’invalidità della clausola di scelta, assumendosiche la volontà delle parti sia viziata daerrore ( <strong>28</strong> ).Bernardo Cortese( <strong>28</strong> ) Cfr. Juenger, The E.E.C. Convention on theLaw Applicable to Contractual Obligations: An AmericanAssessment,inContract Conflicts, a cura di North,Amsterdam, 1982, p. <strong>29</strong>8; critica l’approccio statunitense,ritenendo ingiustificato il ricorso alla figuradell’errore, Kaye, The New Private InternationalLaw of Contract of the European Community: Implementationof the EEC’s Contractual Obligations Conventionin England and Wales, Aldershot, 1993, p.<strong>27</strong>2; cfr. ivi, p. <strong>27</strong>3, per l’enunciazione di possibili ragionidi una lettura limitativa dell’articolo in commento,a favore di un più ampio ricorso alla lex fori o,quantomeno, alla legge applicabile in mancanza discelta.Art. 11.(Validità formale)1. Un contratto concluso tra persone che si trovano, o i cui intermediari si trovano, nellostesso paese al momento della conclusione è valido quanto alla forma se soddisfa i requisiti diforma della legge che ne disciplina la sostanza ai sensi del presente regolamento o della leggedel paese in cui è concluso.2. Un contratto concluso tra persone che si trovano, o i cui intermediari si trovano, inpaesi diversi al momento della conclusione è valido quanto alla forma se soddisfa i requisitidi forma della legge che ne disciplina la sostanza ai sensi del presente regolamento o dellalegge del paese in cui si trova una delle parti, o il loro intermediario, al momento della conclusioneoppure della legge del paese in cui una delle parti risiedeva abitualmente in quelmomento.3. Un atto giuridico unilaterale relativo ad un contratto concluso o da concludere è validoquanto alla forma se soddisfa i requisiti di forma della legge che disciplina o disciplinerebbe laNLCC 3/4-2009


810reg. CE n. 593/2008[Art. 11]sostanza del contratto ai sensi del presente regolamento, o della legge del paese in cui detto attoè stato compiuto, o della legge del paese in cui l’autore dell’atto risiedeva abitualmente nel momentoin cui l’ha compiuto.4. I paragrafi 1, 2 e 3 del presente articolo non si applicano ai contratti che rientrano nelcampo d’applicazione dell’articolo 6. La forma di questi contratti è disciplinata dalla legge delpaese in cui il consumatore ha la residenza abituale.5. In deroga ai paragrafi da 1a4,qualsiasi contratto avente per oggetto un diritto reale immobiliareo la locazione di un immobile è sottoposta ai requisiti di forma della legge del paesein cui l’immobile è situato, sempre che, secondo tale legge:a) tali requisiti si applichino indipendentemente dal paese in cui il contratto è concluso edalla legge che disciplina il contratto; eb) a tali requisiti non è permesso derogare convenzionalmente.Sommario: 1.Laratio della norma. – 2. Rapporti conaltre disposizioni del regolamento. – 3. Il rapporto tral’art. 10 e l’art. 11: alcuni problemi di qualificazione. –4. Le leggi alternativamente rilevanti: la legge che regolala sostanza. – 5. Segue: la legge del luogo di conclusionedel contratto. – 6. Il contratto concluso traparti che si trovano in Paesi differenti ed il ruolo dellalegge della residenza abituale di una delle parti. – 7. Iltempo (e non solo il luogo) della conclusione del contrattoe la delimitazione tra par. 1e2.– 8. Il contrattoconcluso tramite intermediari. – 9. Gli atti giuridicinegoziali unilaterali. – 10. I contratti dei consumatori.– 11. I contratti aventi ad oggetto gli immobili.1. – L’art. 11 del reg. Roma I individua la leggeapplicabile alla validità formale del contratto.La disposizione in commento si caratterizza perl’utilizzazione di più criteri di collegamento alternativi,determinando un potenziale concorsodi più leggi alternativamente applicabili alla medesimaquestione. Ne risulta una norma di conflittoespressione del c.d. metodo delle considerazionimateriali. Essa persegue infatti l’obiettivodi favorire l’affermazione della validità formaledel contratto (favor negotii o validitatis):ciò perché l’alternativa tra i diversi criteri o metodidi collegamento ivi contemplati è scioltatramite il riferimento alla legge (più) favorevoleal conseguimento di un determinato risultatonormativo, quello appunto della validità delcontratto quanto alla forma.2. – La disposizione in questione va coordinatacon gli art. 3 ss., come completati d<strong>agli</strong> <strong>artt</strong>.10 e 12: per definire l’esatta portata dell’art. 11,infatti, è necessario distinguere tra requisiti sostanzialie formali di validità. Inoltre, vanno tenutedistinte le questioni relative alla forma equelle attinenti all’esistenza di una manifestazionedi volontà negoziale. La previsione di unadisciplina di conflitto speciale dei requisiti divalidità formale del contratto costituisce in effettil’esempio principale di frazionamento delladisciplina dei conflitti di leggi nella materia contrattuale,escludendo almeno potenzialmente lequestioni in oggetto dall’ambito di applicazionedella lex contractus.Inoltre, la norma in commento va coordinatacon la previsione in materia di prova, di cui all’art.18, par. 2. In forza del rinvio operato dall’art.18, infatti, le leggi individuate dall’art. 11,che confermino la validità formale del contrattoo dell’atto negoziale in questione, rilevano ancheal fine della determinazione delle forme adprobationem e dei mezzi di prova ammissibili,purché quei mezzi siano utilizzabili davanti algiudice adito ( 1 ).3. – In particolare, la disciplina speciale incommento va tenuta distinta da quella relativaall’esistenza del contratto ed ai requisiti sostanzialidi validità dello stesso, di cui si occupal’art. 10. Problemi di qualificazione potranno inparticolare sorgere in riferimento alla determinazionedell’esistenza del consenso. Infatti, speciein relazione a fattispecie in cui si invochil’avvenuta conclusione di un contratto per fatticoncludenti, o per silenzioso assenso, tale questionepotrebbe essere alternativamente qualificatacome attinente all’esistenza del contratto, oinvece al rispetto dei requisiti formali di validità( 1 ) Sul punto si fa rinvio al commento alla disposizionede qua, oltre che a Forlati Picchio, voceContratto nel diritto internazionale privato, inDigestoIV ed., Disc. priv., Sez. civ., IV, Torino, 1989, p. 203.NLCC 3/4-2009


[Art. 11] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 811dello stesso. La Relazione Giuliano-Lagarde allaConvenzione di Roma non è di aiuto per risolvereil problema. Vi si dà conto, infatti, del problemadi qualificazione determinato dalla frammentazionedel regime internazionalprivatisticodella forma e della sostanza del contratto, ma cisi limita ad osservare che l’importanza dellaquestione sarebbe « alquanto diminuita in conseguenzadelle soluzioni fornite in materia dicollegamento, nelle quali forma e sostanza risultanoravvicinate in misura alquanto ampia » ( 2 ).Neppure alla luce del regolamento sembra condivisibileun tale understatement, data la diversitàfondamentale degli approcci conflittualisticiseguiti dalle disposizioni in questione, di cui sidirà subito oltre.Sul punto va osservato anzitutto che, trattandosiora dell’interpretazione di un regolamentocomunitario istitutivo di un regime di diritto(internazionale privato) uniforme, la qualificazionedelle fattispecie in esso ricomprese deveoperarsi in via autonoma ( 3 ).Una qualificazione autonoma impone dunquedi attribuire ai termini utilizzati dal regolamentoun significato « comunitario », valorizzandofin dove possibile la sistematica del regolamentostesso, ed escludendo invece il riferimento adun determinato ordinamento nazionale, sia essola lex fori olalex causae. Al fine dunque di assicurareuna qualificazione autonoma, va presoatto essenzialmente delle differenti rationes perseguitedalle disposizioni di cui si tratta, vale adire l’art. 10 nel suo complesso, da un lato, el’art. 11, dall’altro, ed alla luce di quelle rationesva poi individuato l’ambito rispettivo di applicazionedelle due previsioni di conflitto.Anzitutto, quanto all’art. 10, par. 1, nel sottoporrela questione dell’esistenza del contrattoalla lex contractus, esso si inserisce in una logicadi « giustizia di diritto internazionale privato »,indifferente <strong>agli</strong> esiti concreti della disciplina.L’art. 10, par. 2, da parte sua, mira invece a proteggerele ragionevoli aspettative di una delleparti a veder confermata l’inesistenza di un vincolo.L’art. 11, per contro, nel perseguire anch’essoconsiderazioni di giustizia materiale,perviene ad un risultato opposto rispetto all’art.10, par. 2, poiché tende a far prevalere la leggefavorevole al mantenimento del vincolo, sul presuppostodella comune aspettativa dei contraenti.Ciò posto, data l’inconciliabilità degli obiettiviperseguiti dalle due norme in questione, laquestione della conclusione di un contratto perfatti concludenti, o per silenzioso assenso, dovràessere risolta facendo ricorso alla norma diconflitto di cui all’art. 10. Ciò perché l’assorbimentodi tali questioni, pur relative all’esistenzadi un consenso sufficientemente formalizzato,nel regime relativo alla forma del contratto, ridurrebbea ben poca cosa la previsione dell’art.10, par. 2.In particolare, allora, in relazione a questionisiffatte, anche laddove la controversia abbia essenzialmentead oggetto la forma della manifestazionedi volontà, non sarà possibile utilizzarela pluralità di collegamenti alternativi previstidall’art. 11, ma ci si riferirà esclusivamente allalex contractus, fermo il ruolo, meramente negativo,della legge dello Stato di residenza abitualedella parte che invoca l’inesistenza del contratto,ai sensi e secondo i presupposti limitativi dicui all’art. 10, par. 2.4. – Al fine di stabilire la validità formale delcontratto, l’art. 11 consente di invocare anzituttol’(ipotetica) lex contractus. Si tratta, da unpunto di vista generale, della legge individuatain base all’art. 3, qualora le parti abbiano sceltoil diritto applicabile, o in base all’art. 4, ovemanchi una tale scelta ( 4 ).L’art. 3, par. 2, nel prevedere che le parti possanoconvenire di sottoporre il contratto ad unalegge diversa da quella che lo disciplinava inprecedenza, fa salva la validità formale del contratto.Ciò significa, dunque, che la validitàaquisita in forza dell’originaria lex contractuspermane pur laddove la legge successivamente( 2 ) Relazione Giuliano-Lagarde, sub art. 9.( 3 ) In senso conforme, circa la qualificazione deirequisiti attinenti alla manifestazione « elettronica »del consenso, Martiny, Objektive Vertragsanknüpfungund Form, inDas Grünbuch zum InternationalenVertragsrecht, a cura di Leible, München,2004, p. 1<strong>28</strong>.( 4 ) In relazione ai contratti di trasporto, ai contrattidi assicurazione e a quelli di lavoro, si tratterà invecedelle leggi individuate come applicabili in forzadegli <strong>artt</strong>. 5, 7e8delregolamento. Per quanto concernei contratti dei consumatori di cui all’art. 6, invece,l’art. 11 contiene una disciplina speciale al suopar. 4, su cui v. infra, par. 10.NLCC 3/4-2009


812reg. CE n. 593/2008[Art. 11]scelta non consideri valido il contratto, quantoalla forma. La valutazione giuridica della leggeoriginariamente applicabile, inoltre, sarà confermataa prescindere dalla valutazione che sulpunto potrebbero esprimere le altre leggi rilevantiin materia di forma ai sensi dell’art. 11.Né l’art. 3, par. 2, né la disposizione in commento,si occupano invece dell’ipotesi inversa:quella, cioè, in cui un contratto originariamenteinvalido per mancato rispetto dei requisiti formalirilevanti, sia successivamente sottopostoper scelta delle parti ad una nuova legge, che loconsidera validamente concluso. Di fronte aduna tale eventualità, sembra ragionevole valorizzarela ratio dell’art. 11, orientata al favor validitatis,e considerare pertanto sanata l’originariainvalidità del contratto, facendo applicazionedella legge successivamente scelta dalle parti( 5 ).La norma in commento non precisa a qualetra le diverse leggi applicabili alla sostanza sidebba fare riferimento, ai fini della validità formale,in caso di dépeçage volontario, o qualoraeccezionalmente il giudice abbia sottoposto diverseparti del contratto a leggi differenti ( 6 ).Sembra preferibile, in tal caso, considerare sufficientela validità formale raggiunta in base aduna delle leggi applicabili alle diverse parti delcontratto, e ciò per l’intero contratto. Sebbenesia infatti possibile anche a tal fine un dépeçagedella disciplina di conflitto ( 7 ), un simile mododi procedere non sembra condivisibile, nella( 5 ) Secondo Kaye, op. cit., p. <strong>28</strong>3, tale risultato deriverebbedirettamente dall’art. 3, par. 2.( 6 ) Tale eventualità, esplicitamente contemplatadall’art. 4 della Convenzione, non è più prevista neltesto del regolamento: se l’omissione abbia escluso lapossibilità per il giudice di valorizzare la presenza disegmenti contrattuali separabili nell’ambito del rapportonegoziale è questione aperta. Ritengono che ilgiudice non abbia più la possibilità di valorizzare ilcarattere separabile del contratto Lagarde e Tenenbaum,De la convention de Rome au règlement RomeI, inRev. crit. dr. internat. privé, 2008, p. 742; in sensoopposto si esprimono invece Lando e Nielsen,The Rome I Regulation, in Common Market LawRev., 2008, p. 1703. V. comunque sul punto, con valutazioniperaltro non coincidenti, Salerno, supra,Note introduttive, I, par. 4, e Leandro, commentosub art. 4, I, par. 12.( 7 ) Così, ad esempio, Plenders e Wilderspin,op. cit., p. 211.normalità delle circostanze, dando luogo ad esitipoco praticabili. Si tratta qui, per l’essenziale,di individuare la legge in base alla quale stabilirese l’incontro delle manifestazioni di volontàdei contraenti abbia dato luogo ad un validovincolo contrattuale. Una valutazione siffattadeve pertanto avvenire alla stregua di un’unicalegge ( 8 ). Nella gran parte dei casi, relativi acontratti semplici, la scelta delle parti di procederead un frazionamento della disciplina contrattualein riferimento a singole prestazioni ogruppi di prestazioni del contratto sarà giustificatadall’aspettativa di ognuno dei contraenti divedere applicata alla propria prestazione la leggecon la quale egli ha maggiore dimestichezza.Il frazionamento quanto alla disciplina delleprestazioni e della loro esecuzione, tuttavia, nonintacca l’unità del vincolo contrattuale. Apparedunque impraticabile una disciplina che sottopongala questione di validità formale della manifestazionedi volontà negoziale a leggi differenti.Diversa potrà essere la valutazione in relazionea parti separabili di contratti complessi, per iquali sia possibile individuare, in realtà, unapluralità di vincoli e correlativi rapporti contrattuali,collegati da finalità economiche coerenti,ma logicamente e giuridicamente scindibili ( 9 ).Va infine ricordato che, ai sensi dell’art. 3, n.5, la validità formale dell’accordo sulla legge applicabileè disciplinata dall’art. 11, e può dunqueessere acquisita sulla base della legge chesarebbe applicabile se quell’accordo fosse valido( 10 ). Non si rinviene, è ben vero, all’art. 11una corrispondente previsione in relazione alla( 8 ) In tal senso cfr. Kaye, op. cit., p. <strong>28</strong>3; in precedenza,per un’osservazione di senso coerente conquanto qui sostenuto, cfr. Ballarino, Disciplina dellaforma, inLa convenzione di Roma sulla legge applicabilealle obbligazioni contrattuali, Milano, 1983, p.167.( 9 ) In tal senso deve allora intendersi, probabilmente,il cenno della relazione alla convenzione, secondocui « qualora il contratto sia sottoposto a varieleggi (...) sembra opportuno adottare la legge che regolala sostanza, applicabile alla parte di contratto allaquale si ricollega più strettamente la controversiarelativa alla condizione di forma »: così la RelazioneGiuliano-Lagarde, sub art. 9.( 10 ) Per un’applicazione di tale norma v. Bundesgerichtshof22 gennaio 1997, in IPRax, 1998, p. 479ss., specialmente punto II.1 della motivazione.NLCC 3/4-2009


[Art. 11] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 813validità (formale) della manifestazione di volontàrelativa a clausole diverse da quella della sceltadi legge. Ciò non significa tuttavia che sia intal caso degno di considerazione l’argomentodel circulum inextricabilis: sottrarre alla lex contractus(potenziale) la soluzione dei problemi divalidità formale del contratto, infatti, priverebbel’art. 11 del suo effetto utile ( 11 ).5. – In relazione ai contratti conclusi tra personeche si trovano nello stesso Paese al momentodella conclusione del contratto, l’art. 11,par. 1 consente di invocare la validità formaledel contratto stabilita in base al diritto del Paesein cui il contratto «èconcluso », anche laddove,eventualmente, le condizioni di validità formalepreviste dalla lex contractus non siano soddisfatte.Il criterio di collegamento utilizzato,pur essendo eminentemente giuridico, non sollevaparticolari problemi di interpretazione (odi qualificazione). Poiché infatti si utilizza il criterioin questione unicamente nell’ipotesi in cuile parti – pur non trovandosi necessariamentenello stesso luogo – si trovano nello stesso Paese,la determinazione del luogo (rectius: Paese)di conclusione del contratto è di norma estremamenteagevole, e diviene in concreto irrilevantestabilire in base a quale diritto avvenga laqualificazione del criterio di collegamento( 11 bis ).6. – Il secondo par. detta una norma di conflittospeciale destinata ad operare nell’ipotesiin cui le parti si trovino in Paesi diversi al momentodella conclusione del contratto. In tal caso,per evitare le difficoltà interpretative legatealla determinazione del momento e del luogo diconclusione del contratto, questo si consideravalido quanto alla forma se soddisfa, alternativamente,i requisiti di validità della legge che neregola la sostanza, o della legge di uno dei luoghiin cui si trovano le parti nel momento dellaconclusione. Fin qui la disposizione ricalca lasoluzione già adottata dalla corrispondente previsionedella Convenzione di Roma. Il regolamento,tuttavia, va oltre, poiché considera validoanche quel contratto che soddisfi i requisiti( 11 ) Cfr. in tal senso la Relazione Giuliano-Lagarde,sub art. 9.( 11 bis ) V. però quanto si osserverà infra, par. 7.di forma della legge del Paese in cui una delleparti risiedeva abitualmente al momento dellaconclusione del contratto.Nel far ciò, la disposizione in commento innovain maniera significativa rispetto alla disciplinaprevigente. Nuovo è il ruolo riconosciutoalla legge del Paese di residenza abituale delleparti. L’inserzione di tale ulteriore alternativamanifesta una netta accentuazione del favor validitatis,rispetto al regime convenzionale. È significativo,al proposito, il passaggio della relazionealla Convenzione in cui si dava conto che,al fine di evitare alle parti « la sorpresa di un annullamentodell’atto per vizio di forma imprevisto» l’applicazione alternativa della lex loci actuse della lex contractus «èstata ritenuta sufficiente;è stata quindi scartata l’eventuale applicazionedella legge del Paese di cui le parti abbianola cittadinanza comune o in cui abbianoambedue la residenza abituale » ( 12 ). Se nel1980 si considerava inopportuno il riferimentoalla legge di comune residenza delle parti, poichéaltrimenti « un’eccessiva libertà di formesvuoterebbe di ogni efficacia quelle esigenzeche in proposito hanno trovato espressione, perfinalità spesso legittime, nelle varie legislazioni», nel 2007 l’assunto sembra quasi essere rovesciato.Valorizzando la residenza abituale delsingolo contraente, il regolamento manifesta infattila tendenza ad imporre ai contraenti a distanzal’assunzione di una piena responsabilitàdella propria manifestazione di volontà, in qualsiasiforma essa sia espressa: facile intravvederein questo cambiamento di prospettiva la presad’atto del radicale mutamento nei costumi dellacontrattazione seguito all’avvento della rete edel commercio elettronico ( 13 ).( 12 )V.laRelazione Giuliano-Lagarde, sub art. 9.( 13 ) In questo senso era del resto motivata la propostadi modifica dell’art. 9 della Convenzione avanzatadal Groupe Européen de Droit International Privé(GEDIP): se ne veda il commento a cura di Lagardeai punti <strong>27</strong>-30 del Troisieme commentaire consolidé,in GEDIP, Treizième réunion (Vienne, 19-21 septembre2003), Réponse au Livre vert de la Commissionsur la transformation de la Convention de Romeen instrument communautaire ainsi que sur sa modernisation,reperibile nel sito della Commissione (http://ec.europa.eu).V. nello stesso senso anche la propostadi modifica dell’art. 9 avanzata dal Max PlanckInstitut für ausländisches und internationales Priva-NLCC 3/4-2009


814reg. CE n. 593/2008[Art. 11]In forza della distinzione tra il par. 1e2dell’articoloin commento, il rilievo della legge delluogo di residenza abituale è limitato al caso dicontratto concluso tra parti che si trovano inPaesi differenti, mentre è escluso nel caso dicontratto concluso tra persone che si trovanonello stesso Paese. La ratio di tale distinzione risiedeprobabilmente nel diverso peso che hannonelle due ipotesi le normali aspettative delleparti. Mentre chi contratta con una controparteche si trova nello stesso Paese si aspetta ragionevolmenteche la validità del contratto sia sottopostaalla legge del luogo di conclusione, nonaltrettanto vale nell’ipotesi contemplata dal par.2, in cui dunque può trovare applicazione unprincipio di tendenziale libertà delle forme, com’èquello che ispira la disposizione in commento.7. – Di norma, la determinazione del tempo edel luogo di conclusione del contratto non avràalcuna influenza significativa sulla qualificazionedel criterio di collegamento del luogo dellaconclusione del contratto, di cui al par. 1 dell’art.11. Sia che ci si ponga infatti nella prospettivadell’art. 1326 c.c., o del par. 130 BGB, checollegano gli effetti della dichiarazione di accettazioneal momento in cui questa giunge al destinatario,sia che ci si ponga invece nella prospettivaopposta, alla cui stregua l’accettazioneproduce effetto già nel momento in cui lascia lasfera dell’accettante ( 14 ), ove le manifestazionidi volontà contrattuale siano scambiate tra personeche si trovano nello stesso Paese, è in quellostesso Paese che il contratto si considereràconcluso.Non è tuttavia da escludere una possibilecomplicazione del quadro di cui al par. 1 dell’articoloin commento, quando tra il momentodell’invio e quello dell’arrivo a destinazione dell’accettazionemuti il luogo in cui si trovano letrecht: Max Planck Institute for Foreign Privateand Private International Law, Commentson the European Commission’s Green Paper on theConversion of the Rome Convention of 1980 on theLaw Applicable to Contractual Obligations into aCommunity Instrument and its Modernization, inRabelsZ,2004, p. 83.( 14 ) Così, ad es., la section 63 del Restatement ofthe Law Second, Contracts, consultabile nella bancadati Westlaw (http://www.westlaw.com).parti. In tal caso potrebbero infatti sorgere problemidi qualificazione di quel criterio, facendoemergere nel contempo una difficile delimitazionedelle norme di conflitto del par. 1e2(edunque un problema di qualificazione delle fattispecie).Quid ad esempio del contratto « concluso »tra parti che al momento in cui manifestano laloro volontà negoziale si trovano entrambe inGermania, ma in luoghi diversi, ed affidano taleloro volontà ad una lettera? Quid, in particolare,del caso in cui una delle parti, dopo aver inviatola propria accettazione per posta, voli aNew York, dove abitualmente risiede e vi giungaprima che la lettera di accettazione sia recapitataal destinatario? Se la validità formale delcontratto è acquista in base al diritto dello Statodi New York, ma non invece in base al dirittotedesco, che richiede ad esempio la forma notarile,che effetto avrà ai fini dell’art. 11, par. 1, ilmutamento del luogo in cui si trova uno deicontraenti, prodottosi in un momento in cui ilcontratto non si era ancora formato secondo ildiritto tedesco, ma era invece già concluso secondoil diritto dello Stato di New York? Saràrilevante la constatazione che le parti si trovavanoentrambe in Germania al momento in cui lalegge dello Stato di New York considera avvenutala conclusione del contratto, con la conseguenzadell’invalidità dello stesso quanto allaforma, in applicazione dell’art. 11, par. 1, o potràinvece dirsi che il contratto è concluso trapersone che, al momento della sua conclusione(secondo il diritto tedesco) si trovavano in Paesidiversi, potendosi così invocare la disposizionedel par. 2, con conseguente validità del contrattoin forza delle più liberali prescrizioni delloStato americano?In ipotesi del genere – sicuramente non frequenti!– l’interprete dovrà considerare la ratiodelle norme in questione, per stabilire quali esigenzedebbano prevalere nel caso di specie. Sela disposizione del par. 1 è certo ispirata al favorvaliditatis, ma tiene conto altresì della legittimaesigenza di tutelare serietà e ponderazione delconsenso, quella del paragrafo seguente fa delfavor validitatis un valore pressoché assoluto,imponendo alle parti un alto livello di autoresponsabilità,come si vedrà meglio subito oltre.Se cosìè, sarà decisivo valutare se la compresenzadei contraenti in uno stesso Paese fosse notaad entrambi nel momento di manifestazioneNLCC 3/4-2009


[Art. 11] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 815delle rispettive volontà: in tal caso l’applicazionedel par. 2 sembrerebbe eccessiva, perchécontraria alla normale aspettativa di vedere applicataalle questioni di validità formale la leggedel Paese di contrattazione. Ove invece la presenzadi una delle parti in quel Paese fosse ignotaall’altra parte, perché eminentemente transitoria,la validità formale del contratto in forzadella legge di residenza abituale di uno dei contraentinon sarebbe in contraddizione con leesigenze espresse dal par. 1 dell’art. 11. In talcaso, dunque, si dovrà preferire l’interpretazioneche porta all’applicazione del par. 2 del suddettoarticolo, e consente di confermare la validitàformale del contratto ( 15 ).8. – L’art. 11, ai par.1e2,precisa che, in casodi contratto concluso tramite intermediari, illuogo da prendere in considerazione è quello incui si trova l’intermediario. Sul punto il testodel regolamento si distacca da quello dell’art. 9della Convenzione, ma unicamente sotto unprofilo redazionale. La disposizione convenzionaleconteneva infatti un par. 3, separatamentededicato all’ipotesi di contratto concluso da unrappresentante. La nuova formulazione si limitadunque ad integrare il suddetto riferimento neltesto dei parr. 1e2,eliminando il bisogno diuna disposizione a sé. Anche la modifica delladizione nel testo italiano, in cui si sostituisce iltermine « rappresentante » con quello di « intermediario» (laddove altre versioni linguistichecontinuano a far riferimento ai contratticonclusi tramite « représentants », « agents »,« Vertreter ») non deve intendersi significativadi un cambiamento di disciplina: la nozione diintermediario deve infatti ritenersi equivalente aquella di rappresentante, e riferita tanto allarappresentanza diretta che a quella indiretta. Iltermine di intermediario va infatti inteso nelsenso generico accolto ad esempio dall’art. 1,comma 3 o , della Convenzione dell’Aja del 1976,secondo il quale « la Convention s’applique,que l’intermédiaire agisse en son propre nomou au nom du représenté», tenendo conto delvariabile rilievo della contemplatio domini neidiversi sistemi giuridici.( 15 ) Cfr. invece Kaye, op. cit., per l’affermazionesecondo cui, in caso di dubbio sul momento di conclusionedel contratto, la questione dovrebbe essererisolta alla stregua della lex causae.Il riferimento all’intermediario solleva comunquequalche problema interpretativo, se lettoin connessione con l’art. 1, par. 2, lett. g), delregolamento. Poiché infatti quell’articolo escludedall’ambito di applicazione del regolamento« la questione di stabilire se l’atto compiuto daun intermediario valga ad obbligare di fronte aiterzi il mandante », può non essere agevole determinarequando si sia in presenza di un contrattoconcluso tramite intermediario. In effetti,si tratta di questione eminentemente giuridica,che dipende appunto dall’esistenza di poteri dirappresentanza in capo al soggetto che affermadi agire in quanto intermediario. Ai fini dell’applicazionedella disposizione in commento, èdunque rilevante la qualificazione operata dallalegge applicabile al rapporto tra rappresentantee rappresentato. Diversamente, l’applicazionedel par. 2, in caso di falsus procurator, condurrebbea conseguenze incongrue, per il rilievo artificiosoche assumerebbe in tal caso la legge delPaese di residenza abituale della parte solo putativa.Quid infatti del contratto concluso tra Tizio,che si trova nello Stato A, e Caio, presenteinvece nello Stato B, che afferma di agire in nomee per conto di Mevio, abitualmente residentenello Stato C, quando la legge applicabile allarappresentanza escluda che, nel caso di specie,l’atto compiuto dall’intermediario valga ad obbligaredi fronte ai terzi il mandante? Quid inparticolare dell’ipotesi in cui il contratto sia invalidoquanto alla forma sia per la lex contractus,sia per le leggi dello Stato A e dello Stato B, mainvece valido per la legge dello Stato C? In talcaso sembra di doversi escludere il rilievo di taleultima legge: ciò perché, in assenza di valido poteredi rappresentanza, si deve escludere che ilsoggetto residente nello Stato C sia una delleparti, ai fini dell’applicazione dell’art. 11.9. – Il par. 3 dell’articolo in commento, inparziale continuità con la Convenzione di Roma,si occupa delle condizioni di validità formaledegli atti giuridici unilaterali relativi a contratticonclusi o da concludere. Come chiarivala relazione alla Convenzione, gli atti in questionesono, ad esempio: l’offerta, l’accettazione, oanche la promessa di contratto (atti relativi adun contratto da concludere); la disdetta, la remissioneed il riconoscimento di debito, la dichiarazionedi recesso o di risoluzione (atti relativiad un contratto già concluso). È evidenteNLCC 3/4-2009


816reg. CE n. 593/2008[Art. 11]inoltre che si deve trattare di atti relativi a contrattirientranti nell’ambito di applicazione rationemateriae del regolamento ( 16 ): sono pertantoesclusi, in particolare, gli atti unilateralirelativi ai contratti di assicurazione di cui all’art.1, par. 2, lett. g), del regolamento.La disposizione in commento contiene una significativainnovazione rispetto al regime convenzionale,nella parte in cui considera acquisitala validità dell’atto unilaterale che soddisfa irequisiti di forma posti dalla legge del Paese diresidenza abituale dell’autore dell’atto, riprendendocosì l’innovazione introdotta al par. 2dell’art. 11, che si è più sopra commentato.Rispetto a quanto colà osservato, tuttavia, duesono le precisazioni da farsi. Anzitutto, nel presentecontesto il ruolo della legge della residenzaabituale è generalizzato, e non invece limitatoai soli contratti conclusi tra persone che si trovanoin Paesi diversi. In secondo luogo, la liberalitàdella disposizione in commento può giocaresia nel senso di favorire il sorgere di un vincolocontrattuale, sia nel senso di favorirnel’estinguersi, dando rilievo anche a dichiarazionimanifestate secondo modalità non abitualiper la parte che le riceve. Si può pertanto direche, attraverso la disposizione in commento, ilregolamento imponga ai contraenti non soltantol’assunzione di una piena responsabilità dellapropria manifestazione di volontà finalizzata alsorgere di un vincolo contrattuale, ma pretendaaltresì da queste, almeno tendenzialmente, lanon contestazione dell’altrui manifestazione divolontà mirante alla dissoluzione di un siffattovincolo, in qualsiasi forma sia espressa.( 16 ) In tal senso, con riferimento al regime convenzionale,cfr. la Relazione Giuliano-Lagarde, sub art. 9.10. – Al par. 4, l’art. 11 contiene una regolaspeciale relativa alla forma dei contratti conclusidai consumatori, cui si applica l’art. 6 del regolamento.Per quei contratti si impone infatti ilrispetto dei requisiti di forma della legge delPaese in cui il consumatore ha la propria residenzaabituale.La disposizione riprende nella sostanza quantoprevisto in precedenza all’art. 9, par. 5, dellaConvenzione. Rispetto a quella disposizionescompare il riferimento a specifiche modalità diconclusione del contratto. Ciò, tuttavia, è unicamentela conseguenza del mutare della disciplinadi riferimento. Nel vigore della Convenzionedi Roma, infatti, le circostanze di conclusionedel contratto, ed in particolare l’atteggiamento« passivo » o invece « attivo » del consumatore,erano rilevanti al fine di determinare l’ambito diapplicazione della normativa di favore contenutaall’art. 5. Per contro, il nuovo art. 6 escludeormai la rilevanza di quelle circostanze, allineandosiin tal modo all’approccio già introdotto inmateria di giurisdizione dall’art. 15 del reg. CEn. 44/2001 del 22 dicembre 2000 sulla competenzagiurisdizionale ed il riconoscimento delledecisioni in materia civile e commerciale ( 17 ).Come già sottolineava la relazione alla Convenzione,il legislatore non ha ritenuto sufficienteper i contratti dei consumatori la possibilità diinvocare l’art. 7 della Convenzione, ed ora l’art.9 del regolamento, relativi alle norme di applicazionenecessaria. In relazione ai contratti in discorsosi è voluto da un lato prescindere da talequalificazione, per preservare l’applicazione diqualsiasi regola in materia di forma, anche ove sitratti di una norma imperativa c.d. semplice. Ladisposizione in commento, inoltre, impone il rispettoanche delle determinazioni di un ordinamentodiverso da quello del foro, al di fuori deiristretti limiti ora accolti dall’art. 9, par. 3, attraversola valorizzazione delle norme imperativedello Stato di residenza del consumatore.Si è sostenuto che la norma in questione si applicaunicamente alle previsioni nazionali cheimpongono una certa forma quale condizione divalidità: non invece a quelle che prevedonol’inefficacia del contratto o dell’atto che non rispettiuna certa forma ( 18 ).La conclusione sembra da un lato eccessivamenterigida, ed orientata ad una sopravvalutazionedelle categorie <strong>giuridiche</strong> nazionali, mentrel’interpretazione del regolamento dovrebbein linea di principio muovere da un’interpretazioneautonoma dei concetti in esso contenuti.Dall’altro lato, la questione sembra essere essenzialmenteteorica. Laddove infatti le normein questione siano poste a tutela del consumatore,la loro necessaria applicazione ai contratti( 17 )InG.U.U.E. n. L 12 del 16 gennaio 2001, p. 1ss. In argomento, v. Pizzolante, supra, commentosub art. 6.( 18 ) Kaye, op. cit., p. <strong>29</strong>2.NLCC 3/4-2009


[Art. 12] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 817conclusi dai consumatori deriverà comunquedall’art. 6 del regolamento.11. – Il par. 5 dell’art. 11 si occupa della formadei contratti aventi ad oggetto diritti realiimmobiliari o locazioni di immobili. Per talicontratti il rispetto dei requisiti della lex causaeo della lex loci actus non è sufficiente, ove nonsiano rispettati eventuali ulteriori requisiti previstidalla lex rei sitae. Ciò, tuttavia, vale unicamentese la legge del luogo di situazione dell’immobilequalifica tali requisiti quali norme diapplicazione necessaria, poiché ne impone l’applicazione« indipendentemente dal Paese incui il contratto è concluso e dalla legge che disciplinail contratto ». Il testo del regolamentospecifica inoltre che a tali requisiti non deve esserepermesso derogare convenzionalmente.L’utilità di tale ultima precisazione non appareaffatto scontata. Sembra infatti assai difficileche norme derogabili dall’autonomia delle partisul piano interno possano essere di applicazionenecessaria sul piano internazionale. Anche la sostituzionedel termine « diritto di utilizzazione», che si legge nel testo della Convenzione,con la nozione di « locazione », cui si riferisceora il regolamento, non sembra foriera di significativeconseguenze pratiche. Ricadute potrebberoaversi tuttavia nel settore del c.d. timesharing.Infatti, ove la lex rei sitae qualifichi il dirittooggetto del contratto come diritto reale, nullaquaestio. Ove invece il diritto oggetto del contrattodi timesharing sia essenzialmente obbligatorio,si potrebbe ritenere che la nuova dizioneintenda escludere il rilievo delle norme di formadella lex situs. Vero è però che, ove le norme inquestione siano applicabili indipendentementedalla legge che regola la sostanza del contratto edal luogo di conclusione del contratto, tali normesaranno comunque destinate a prevalere aisensi dell’art. 9 del regolamento, almeno laddovela questione sia portata davanti ai giudici delloStato in cui l’immobile è situato. Coerentecon tale ipotesi ricostruttiva è del resto la direttivatimesharing, tanto nella sua versione originaria,che in quella di recente modificata ( 19 ).La direttiva in questione prevede infatti che iconsumatori non possano essere privati dellatutela da essa garantita, in conseguenza dell’applicazionedel diritto di uno Stato terzo (art. 12nuovo testo; art. 9 vecchio testo). Ciò vale, evidentemente,anche per le disposizioni in materiadi forma, di cui all’art. 5 del testo in vigoreed all’art. 4 dell’abrogata dir. 1994/47/CE.Bernardo Cortese( 19 ) Dir. 2008/122/CE del 14 gennaio 2009 sullatutela dei consumatori per quanto riguarda taluniaspetti dei contratti di multiproprietà, dei contrattirelativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine edei contratti di rivendita e di scambio, in G.U.U.E. n.L 33 del 3 febbraio 2009, p. 10; in precedenza v. ladir. 1994/47/CE del 26 ottobre 1994, concernente latutela dell’acquirente per taluni aspetti dei contrattirelativi all’acquisizione di un diritto di godimento atempo parziale di beni immobili, in G.U.C.E. n. L<strong>28</strong>0 del <strong>29</strong> ottobre 1994, p. 83.Art. 12.(Ambito della legge applicabile)1. La legge applicabile al contratto ai sensi del presente regolamento disciplina in particolare:a) la sua interpretazione;b) l’esecuzione delle obbligazioni che ne discendono;c) entro i limiti dei poteri attribuiti al giudice dalla sua legge processuale, le conseguenzedell’inadempimento totale o parziale di quelle obbligazioni, compresa la liquidazione del dannoin quanto sia disciplinata da norme <strong>giuridiche</strong>;d) i diversi modi di estinzione delle obbligazioni nonché le prescrizioni e decadenze;e) le conseguenze della nullità del contratto.2. Per quanto concerne le modalità di esecuzione e le misure che il creditore dovrà prenderein caso di esecuzione difettosa, si avrà riguardo alla legge del paese in cui ha luogo l’esecuzione.NLCC 3/4-2009


818reg. CE n. 593/2008[Art. 12]Sommario: 1. La portata della disposizione. – 2. L’interpretazionedel contratto. – 3. L’esecuzione delleobbligazioni che discendono dal contratto. – 4.Adempimento e responsabilità contrattuale. – 5.L’estinzione delle obbligazioni, le prescrizioni e le decadenze.– 6. Le conseguenze della nullità del contratto.( 1 ) In questo senso, peraltro, la Relazione Giuliano-Lagarde,sub art. 10, par. 2. Cfr. altresì Lagarde,The Scope of the Applicable Law in the EEC Convention,inContracts Conflicts. The EEC Convention onthe Law Applicable to Contractual Obligations: AComparative Study, a cura di North, Amsterdam,1982, p. 54.( 2 )L’esclusione degli effetti reali, intesi come insiemedelle vicende da cui dipendono la produzionee il godimento di un diritto reale, vale anche con riferimentoalla Convenzione di Roma sulla scia di un’indicazionegià contenuta nell’Avant-projet de Conventionsur la loi applicable aux obligations contractuelles1. – La legge individuata ai sensi degli <strong>artt</strong>. 3,4,5,6,7e8delreg. « Roma I » regola la vitadel contratto ed ha un àmbito di applicazionedefinito dall’articolo in commento nonché d<strong>agli</strong><strong>artt</strong>. 10, 11, 13 e 18 quanto, rispettivamente, allavalidità sostanziale del contratto o di alcune suedisposizioni (ivi compresa quella che contienel’electio iuris), alla validità formale, all’eccezionedi incapacità in caso di contratti tra persone chesi trovano nello stesso Stato e, infine, alla materiadella prova nei limiti in cui questa viene inrilievo nel regolamento.Occorre notare subito che l’art. 12 contemplaun elenco non esaustivo delle materie ricondottea tale legge: ciò si evince dall’inciso « in particolare» premesso a detto elenco ( 1 ). La soluzioneaccolta si pone in linea con l’art. 10 dellaConvenzione di Roma analogamente, invero, aquanto accade per l’intera disciplina della portatadella lex contractus.Ne viene che ogni profilo della vita del contrattonon espressamente regolato da altre disposizionidel regolamento (e, s’intende, da altrenorme che vi deroghino appartenenti ad altriatti comunitari o convenzioni internazionali)è sottoposto, almeno in via di principio, alla lexcontractus: in ossequio a consolidati esempi propostiin dottrina, si pensi <strong>agli</strong> effetti del contratto(eccetto quelli reali, sottratti all’àmbito di applicazionedel regolamento secondo un’opinionelargamente condivisa) ( 2 ), <strong>agli</strong> elementi accidentali(quali la condizione, il modo e il termine),<strong>agli</strong> effetti della impossibilità sopravvenutao della eccessiva onerosità, al recesso e ad altriatti unilaterali di scioglimento del contratto, all’efficacianei confronti dei terzi (esclusi gli effettiriflessi, quali l’opponibilità della costituzionedi un diritto reale) ( 3 ), al patto di riservatodominio e al patto di riscatto ( 4 ). Quanto alla simulazionee alla rescindibilità del contratto nonv’è dubbio circa la competenza della lex contractusanche se sul relativo richiamo sussistonoopinioni circa la riconduzione di tali istituti allaet non contractuelles del 1972 (in Riv. dir. internaz.priv. e proc., 1973, p. 189 ss.); esclusione non espressamenteenunciata nel testo definitivo della Convenzioneperché ritenuta addirittura superflua rispetto ailimiti naturali di applicazione della convenzione desumibilidal riferimento di questa alle sole « obbligazionicontrattuali ». V. sul punto Carbone e Luzzatto,voce Obbligazione: VI) Diritto internazionaleprivato e processuale: obbligazioni da contratto, inEnc. giur. Treccani, XXI, Roma, 1990, p. 17; Licini ePasqualis, Contratti ad effetti reali: gli atti negozialiaventi ad oggetto diritto reali, inLa convenzione diRoma sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali.I Limiti di applicazione. Lectio notariorum, acura di Ballarino, Milano, 1994, p. 241; Damascelli,Le materie regolate dalla lex contractus e la disciplinainternazionalprivatistica degli effetti reali del contratto,inIl nuovo diritto europeo dei contratti: dalla Convenzionedi Roma al regolamento « Roma I », Milano,2008, p. 146; Ubertazzi, Il regolamento Roma I sullalegge applicabile alle obbligazioni contrattuali, Milano,2008, p. 100.( 3 ) V. in argomento Bianca, Diritto civile, III, Ilcontratto, Milano, 2000, p. 535 ss.; Angeloni, Ilprincipio di relatività del contratto quale regola generaleper la soluzione dei conflitti di diritti,inContr. e impr.,1999, p. 897 ss. La questione dell’opponibilitàdelle situazioni <strong>giuridiche</strong> sorte dal contratto, almenolà dove si tratta di diritti reali, è sottoposta alla leggeregolatrice di questi. La competenza di tale legge, ossiadella legge di situazione del bene, è vieppiù sostenibile,specie in ragione della tutela dell’affidamentodei terzi, quando l’opponibilità dipende dalla registrazionedel contratto in appositi registri (si pensi aibeni immobili e ai cc.dd. beni mobili registrati): cosìDamascelli, op. cit., p. 148.( 4 )V.Villani, La Convenzione di Roma sulla leggeapplicabile ai contratti 2 , Bari, 2000, p. 190; Damascelli,op. cit., p. 145, nonché Vecchi, sub art. 10(Portata della legge del contratto), inConvenzione sullalegge applicabile alle obbligazioni contrattuali (Roma,19 giugno 1980) – Commentario, a cura di Biancae Giardina, in questa Rivista, 1995, p. 1039.NLCC 3/4-2009


[Art. 12] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 819validità sostanziale del contratto e al richiamo diquella legge ai sensi dell’art. 10 del regolamentopiuttosto che in ragione della competenza generaleattribuitale ai sensi della norma in commento( 5 ).Va notato, inoltre, che la disposizione riguardaprofili per lo più di diritto sostanziale sulpresupposto che il giudice possa conoscere icontenuti della lex contractus. L’individuazionedi tali contenuti è questione giuridica che siidentifica con quella – ben nota – della conoscenzadella legge straniera applicabile: ora, nelsilenzio del regolamento sul punto, il giudice risolveràtale questione conformemente ai dettamiprevisti al riguardo dalla lex fori. Ove il giudiceappartenga a un ordinamento che accoglieil principio iura novit curia tra le norme di funzionamentodel proprio sistema di diritto internazionaleprivato (si pensi all’art. 14, l. 31 maggio1995, n. 218, di riforma del sistema italianodi diritto internazionale privato), egli svolgerà lepredette indagini conformemente a tale principio( 6 ).Sulla scia di quanto detto a proposito dellacompetenza della lex contractus sui profili sostanzialidel rapporto, preme da ultimo evidenziareche tale legge non riguarda, in quanto lexcausae, e almeno in via di principio, profili processualisuscettibili di porsi in relazione al contratto.Tale affermazione, giustificabile in ragionedei limiti materiali del regolamento, il qualenon si occupa della materia processuale, postulache tale materia rientra nelle competenze degliordinamenti nazionali i quali convergono per laquasi esclusiva applicazione della lex fori. Ilpunto merita due precisazioni di ordine generale:innanzitutto, il regolamento reca alcune disposizioniche impongono un coordinamentocon la lex fori ovvero un’ingerenza in essa (se neveda un caso nella materia della prova ai sensidell’art. 18) ( 7 ); in secondo luogo, e ancora piùin generale, la lex fori interviene sulla disciplinadella vicenda contrattuale non soltanto ove sene discutano implicazioni di ordine processuale,ma anche quando rispetto a tale vicenda (esul piano sostanziale) essa è richiamata dal (osuscettibile di applicazione in base al) regolamento.Si tratta, in particolare, dell’interventodi norme di applicazione necessaria ai sensi dell’art.9, parr. 1e2,ovvero delle norme imperativedi derivazione comunitaria come attuatenello Stato membro del foro ai fini applicatividel limite di cui all’art. 3, par. 4; va da sé chequanto ai principi fondamentali dell’ordinamentodel foro, essi emergono come contenutodel limite dell’ordine pubblico conformementeall’art. 21.Fatte queste premesse di ordine per lo più sistematico,è tempo di occuparsi dei profiliespressamente ricondotti alla lex contractus aisensi dell’art. 12.2. – L’art. 12 fa parola, innanzitutto, dell’interpretazione.Poiché la categoria di riferimentodell’art. 12 è la disciplina della interpretazione,il rinvio è diretto alle norme <strong>giuridiche</strong> della lexcontractus che se ne occupano ( 8 ).Occorre preliminarmente definire la nozionedi interpretazione per cogliere al meglio le competenzedella lex contractus partendo dalla costatazioneche, almeno in via di principio, si( 5 ) Cfr. Vecchi, op. cit., p. 1040.( 6 ) In argomento si rinvia a Boschiero, sub art.14, in Legge 31 maggio 1995, n. 218. Riforma del sistemaitaliano di diritto internazionale privato, a cura diBariatti, in questa Rivista, 1996, p. 1035 ss.; Carbone,sub art. 14, in Commentario del nuovo diritto internazionaleprivato, a cura di Pocar, Treves, Carbone,Giardina, Luzzatto, Mosconi e Clerici, Padova,1996, p. 58 ss.; Giardina, Les caractères généraux dela réforme, inRev. crit. dr. internat. privé, 1996, p. 13ss.; Picone, La prova del diritto straniero nella leggeitaliana di riforma del diritto internazionale privato,inFestschrift für Erik Jayme, I,München, 2004, p. 691ss.; Mosconi e Campiglio, Diritto internazionaleprivato e processuale. Parte generale e contratti 4 , Torino,2007, p. 220 ss.( 7 )V.Leandro, infra, commento sub art. 18.( 8 ) Cfr. Toubiana, La domaine de la loi du contraten droit international privé (contrats internationaux etdirigisme étatique), Paris, 1972, p. 80. V. altresì, rispettoal sistema italiano delle preleggi, Quadri,L’interpretazione dei negozi giuridici nel diritto internazionaleprivato, inQuadri, Studi critici di dirittointernazionale, I,Diritto internazionale privato, Milano,1958, p. 255 ss. Un panorama comparativo di criterie strumenti ermeneutici degli ordinamenti stataliè fornito da Ferreri, Il giudice italiano e l’interpretazionedel contratto internazionale, Padova, 2000. Sultema dell’interpretazione della clausola contrattualesulla scelta di legge e, più in generale, della volontàdelle parti in questo senso v. Gardella, supra, commentosub art. 3.NLCC 3/4-2009


820reg. CE n. 593/2008[Art. 12]tratta di chiarire la volontà delle parti sul pianonegoziale ( 9 ).Non pone problemi la questione se l’integrazioneo la modificazione ope legis del contrattoappartengano al tema della interpretazione ( 10 ).Si tratta di un profilo in ogni caso riconducibilealla lex contractus anche in ragione dell’ampiezzadel rinvio fattole dall’art. 12. Va detto, però,che l’integrazione o la modificazione mediantenorme suppletive sono spesso giustificate per ilcontenuto imperativo delle disposizioni che leparti hanno omesso, sicché, se tali disposizionifanno parte di una legge diversa da quella sceltadalle parti (o quest’ultima legge ne prevede ladisponibilità a differenza dell’altra) e il contrattoè interamente collegato con lo Stato di quellalegge, siffatte disposizioni saranno applicabili aisensi dell’art. 3, par. 3. Ciò vale a fortiori in casodi integrazione cogente ( 11 ). Integrazioni e modificazioniconseguenti all’intervento di leggi diversedalla lex contractus possono peraltro determinarsiper effetto del carattere di applicazionenecessaria di talune norme del foro ai sensidell’art. 9; può dirsi lo stesso per norme analoghedello Stato di esecuzione dell’obbligazionese, in ossequio al diverso impatto che, comevedremo, esse hanno, a’ termini dell’art. 9, par.( 9 ) Cfr. Dicey, Morris e Collins, The Conflitctof Laws 14 , II, London, 2006, p. 1610. V. Cour d’appelGrenoble 15 gennaio 1997, consultabile nella bancadati LexisNexis. Juris Classeur (http://www.lexisnexis.com/fr),per la valutazione di accordi successivi trauna società inglese e un cittadino francese riguardantila locazione di un immobile situato in Francia. Sulpiano sostanziale v. ampiamente Scognamiglio, Interpretazionedel contratto e interessi dei contraenti,Padova, 1992.( 10 ) In senso affermativo v. Lando e Nielsen,The Rome I Regulation, in Common Market LawRev., 2008, p. 1715. Un esempio di intervento delgiudice sul contratto che si pone border-line tra l’integrazionee l’interpretazione è dato, quanto a regole<strong>giuridiche</strong>, dai cc.dd. terms implied in law, strumentodi common law che consente l’inserzione di clausoleomesse dalle parti soprattuto in ordine a contratti tipici.V. sul punto Ferreri, op. cit., pp. 417 ss. e 436ss., nonché p. 448 ss. per la ricostruzione dei trattidifferenziali tra integrazione e interpretazione delcontratto nella tradizione giuridica italiana.( 11 ) In argomento v. Rodotà, Le fonti di integrazionedel contratto, Milano, 1969; Barcellona, Interventostatale e autonomia privata nella disciplinadei rapporti economici, Milano, 1969.3, sullo specifico profilo costituito dall’adempimento,il relativo rispetto conduca a una modificadel contratto idonea ad eliminare i profili diilliceità altrimenti sussistenti ( 12 ).Altro profilo da segnalare è la non sempreagevole distinzione tra i criteri di interpretazionericostruttivi della volontà contrattuale e imezzi di prova del contratto. È noto che la materiadella prova è esclusa dal regolamento aisensi dell’art. 1, par. 2, eccetto che per il profilodisciplinato dall’art. 18 ( 13 ). In realtà, l’aspettoin discorso riguarda la distinzione tra fatti e materieda cui ricavare l’intenzione delle parti (sipensi ai negoziati precedenti la conclusione delcontratto, alla corrispondenza tra le parti, ovvero<strong>agli</strong> usi interpretativi) e la prova della relativaesistenza. Conviene, al riguardo, assumere chel’accertamento di tali fatti e materie rappresentaun segmento dell’interpretazione del contrattoda risolvere in base ai criteri previsti dalla lexcontractus ( 14 ); che, poi, occorra coordinare, insede processuale, quest’ultima legge con la lexfori (ma non solo) ai sensi dell’art. 18 per individuarela disciplina della prova di essi, è questioneestranea all’art. 12, lett. a) ( 15 ).Ciò detto, l’acquisizione delle regole interpretativedalla sola lex contractus è operazione talvoltadi non semplice realizzazione. Occorre,infatti, coordinare le regole di tale legge con disposizionidi diversa derivazione per effetto siadella presenza di talune indicazioni sostanzialinel regolamento, da seguire al momento di interpretareil contratto, sia della circostanza cheil contratto può essere sottoposto a più leggi sia,infine, alla eventualità che esso presenti al riguardocollegamenti più stretti con una leggediversa dalla lex contractus.Quanto al primo aspetto, si pensi alla nozionedi consumatore nei contratti di consumo (nozionedefinita nell’art. 6), ai contratti di viaggio« tutto compreso » per i quali si rinvia alla per-( 12 ) Si veda in generale Biagioni, supra, commentosub art. 9.( 13 ) Sul punto, a proposito della convenzione diRoma, v. Plender e Wilderspin, The EuropeanContracts Convention 2 , London, 2001, pp. 80 s. e217.( 14 ) Tali sono i criteri di interpretazione soggettivae oggettiva della volontà contrattuale: cfr. Ballarino,Diritto internazionale privato 3 , 1999, p. 637.( 15 ) Dicey, Morris e Collins, op. cit., p. 1611.NLCC 3/4-2009


[Art. 12] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 821tinente definizione della dir. 1990/314/CE del13 giugno 1990, alla definizione dei « grandi rischi» da attingere, ai sensi dell’art. 7, par. 2,reg. « Roma I », dalla prima dir. 1973/239/CEdel 24 luglio 1973, alla nozione di « distacco »rilevante nei contratti individuali di lavoro e reperibilenella dir. 1996/71/CE del 16 dicembre1996 relativa, appunto, al distacco dei lavoratorinell’àmbito di una prestazione di servizi. Si pensialtresì alla enunciazione del <strong>29</strong> o considerandosecondo la quale: « ai fini del presente regolamento,i riferimenti ai diritti e alle obbligazionicostitutivi dei termini clausole e delle condizioniche disciplinano l’emissione, l’offerta al pubblicoo le offerte pubbliche di acquisizione divalori mobiliari e i riferimenti alla sottoscrizionee al rimborso di quote negli organismi di investimentocollettivo dovrebbero comprendere itermini che disciplinano, tra l’altro, l’assegnazionedei titoli e delle quote, i diritti in caso disottoscrizione eccedente » (aspetti, questi, che,se non costituiscono prestazione di un serviziofinanziario sono sottratti, ove rilevanti in uncontratto tra professionista e consumatore, alladisciplina di cui all’art. 6, parr. 1 e 2). Ove neicontratti di emissione o di offerta al pubblico divalori mobiliari non sussista una chiara indicazionedi legge applicabile <strong>agli</strong> aspetti che il <strong>29</strong> oconsiderando ricollega ai diritti e alle obbligazioniche discendono da tali contratti, l’operatoregiuridico dovrà in ogni caso tenere conto delparametro interpretativo che tale considerandosuggerisce, in vista, peraltro, dell’obiettivo percui tutti « gli aspetti contrattuali di un’offertache vincolano l’emittente o l’offerente al consumatoresiano disciplinati da un’unica legge »:tale parametro è in grado di incidere su regolestatali eventualmente previste per l’interpretazionecomplessiva delle clausole contrattuali(cfr. art. 1363 c.c.).In ordine al caso del contratto sottoposto apiù leggi, appare agevole riferirsi alle conseguenzedi un dépeçage operato dalle parti ai sensidell’art. 3: in tali casi è da immaginare che lalegge scelta dalle parti regoli l’interpretazionedella parte del contratto che ne è interessata,mentre la legge individuata dal giudice ai sensidell’art. 4 (o di altra disposizione, se si tratta discelta parziale attinente ai contratti per cui sonopreviste norme speciali del regolamento) regolil’interpretazione della parte restante (sul presupposto,s’intende, che si tratti di legge diversada quella designata dai contraenti). Poco probabile,ma non escludibile a priori, è il caso di undépeçage delle parti per effetto del quale la disciplinadell’interpretazione è sottoposta a unalegge diversa da quella scelta qua lex contractus.Anche il caso del contratto che presenta sottoil profilo in esame un collegamento più strettocon un ordinamento diverso dalla lex contractuspresuppone la possibilità di un dépeçage. Vadasé che qui si discorre su un’ipotesi diversa daquella in cui rileva il collegamento più stretto aisensi dell’art. 4, parr. 3e4:tali disposizioni riguardanola ricerca della lex contractus il cuicompimento è invece assunto ai fini applicatividell’art. 12.Si pensi, invece, al caso in cui i contraenti sianoricorsi, per redigere il contratto o alcune sueclausole, a una lingua diversa da quella delloStato della lex contractus ovvero abbiano impiegatonel contratto termini o espressioni di quellalingua: può darsi che in questi casi lo Statodella lingua in questione presenti un collegamentopiù stretto in ordine alla interpretazionedel contratto, delle clausole o delle espressioniivi utilizzate ( 16 ).L’esempio è suscettibile di valutazione, comesi è visto, in caso di dépeçage volontario ai sensidell’art. 3, ma lo è anche ove ancora si ammettail dépeçage ad opera del giudice ( 17 ). Senonché,in tale caso occorre adottare un approccio assairestrittivo perché l’orientamento a favore di unalegge diversa da quella individuata in base aicriteri oggettivi (e legittimamente applicabile aisensi dell’art. 12 sull’interpretazione del contratto)porta con sé un frazionamento poco att<strong>agli</strong>atoalle scelte del legislatore comunitario improntateai principi della certezza del diritto ealla prevedibilità del diritto applicabile almenolimitatamente all’inserimento dei criteri di collegamentodi cui all’art. 4, parr. 1 e 2. Tali principiincidono vieppiù per la chiarezza dell’art.( 16 )V.Villani, op. cit., p. 191; Damascelli, op.cit., p. 142.( 17 ) Analogamente è a dirsi per l’interpretazionedel contratto a proposito di obbligazioni di pagamentoin valuta diversa da quella corrente nello Stato dellalex contractus: cfr. Plender e Wilderspin, op.cit., p. 217 s. Per considerazioni sul tema del frazionamentoad opera del giudice nel contesto del regolamentov. Leandro, supra, commento sub art. 4,par. 12.NLCC 3/4-2009


822reg. CE n. 593/2008[Art. 12]12, la quale giustifica l’affidamento di parti eterzi circa il richiamo della lex contractus nellamateria in esame.Non può farsi a meno di sottolineare che laprassi commerciale è caratterizzata in frequenticasi dalla presenza di contratti internazionali redattiin lingua inglese che contengono clausolesulla legge applicabile a favore di Stati non anglofonio di elementi che, in assenza di scelta,conducono, principalmente ai sensi dell’art. 4,all’applicazione della legge di questi Stati. Enon va infine sottaciuto che, là dove il contratto,le sue clausole o alcune sue espressioni sianoscritti in una lingua comune a più Stati, pur volendoammettere il dépeçage in parola, non si saprebbedi quale Stato prendere in considerazionela legge per disciplinare l’interpretazione.Quanto infine, al tema, attiguo a quello oratrattato, dell’interpretazione della lex contractus,è solo il caso di ricordare che esso va affrontatosecondo i parametri propri di tale legge: sitratta di un profilo così disciplinato in ragionedi un principio generale reso positivo in alcuniordinamenti (cfr. art. 15, l. n. 218/95) ( 18 ).3. – Il tema dell’esecuzione comprende ogniprofilo attinente alla prestazione tipica oggettodella obbligazione. Esempi classici in tal sensosono: la questione della diligenza con cui va eseguitala prestazione, la possibilità che sia un terzoa eseguirla, le condizioni per l’esecuzione sulpiano sostanziale, quelle per la liberazione deldebitore, per l’imputazione del pagamento, perla quietanza ( 19 ).Quanto alle condizioni dell’esecuzione sovvengonole peculiarità delle obbligazioni solidali,alternative, divisibili e indivisibili, pecuniariee non.Restano escluse dal richiamo tout court dellalex contractus le modalità di esecuzione e le misureche il creditore dovrà prendere in caso diesecuzione difettosa per le quali l’art. 12, par. 2afferma che dovrà aversi riguardo « alla leggedel Paese in cui ha luogo l’esecuzione ».Invero, la lex loci assume rilievo per ragioni digiustizia sostanziale che emergono quando l’obbligazioneva eseguita nel territorio di uno Stato( 18 ) In argomento v. Garofalo, Interpretazione econflitti di legge, Torino, 2002.( 19 ) Relazione Giuliano-Lagarde, sub art. 10, par. 2.diverso da quello della lex contractus ( 20 ), quandocioè le parti (specie quella tenuta alla prestazionein tale territorio) confidano sulla disciplinadella lex loci a proposito delle attività in cuil’esecuzione si concreta ( 21 ).Sorgono però problemi di qualificazione circala nozione di « modalità di esecuzione ».Non può accogliersi l’impostazione della RelazioneGiuliano-Lagarde secondo la quale, poichétale nozione è priva di un « contenuto uniformee preciso nei vari ordinamenti », la relativaqualificazione andrebbe svolta di conseguenzain base alla lex fori ( 22 ). A meno che lalex loci non coincida con la lex fori, quest’ultimaassumerebbe rilievo se si seguisse un approccio« unilaterale » in punto di qualificazionepoco compatibile con la natura comunitariadell’espressione contenuta nel regolamento e,soprattutto, con l’obiettivo di pervenire, quantopiù possibile, alla stessa indicazione di leggeapplicabile quale che sia il foro adito ( 23 ). Èpreferibile, dunque, determinare il significato eil contenuto della nozione « modalità di esecuzionedell’obbligazioni » da sottoporre alla lexloci utilizzando la legge che il regolamento richiamaper disciplinare complessivamentel’esecuzione, vale a dire la lex contractus. D’altrocanto, poiché èindiscutibile che tale leggeregoli il profilo sostanziale dell’esecuzione (sipensi, su tutto, alla determinazione degli obblighiderivanti alla parte che ne deve dare corsoe allo stesso luogo di esecuzione) ( 24 ), ad essa( 20 ) Cfr. Dicey, Morris e Collins, op. cit., p.1611.( 21 )V.Conforti, L’esecuzione delle obbligazioninel diritto internazionale privato, Pompei, 1962, pp.100 ss. e 204 ss., specie per la ricostruzione dellacompetenza della lex loci executionis sugli aspetti socialidell’esecuzione.( 22 ) Cfr. la Relazione Giuliano-Lagarde, sub art. 10,par. 3.( 23 ) Cfr. 6 o considerando del reg. « Roma I ».( 24 ) Cfr. espressamente ai fini applicativi dell’art.10, par. 2, della Convenzione di Roma, Cour d’appelMetz 19 novembre 2008, consultabile nella banca datiLexisNexis. Juris Classeur (http://www.lexisnexis.com/fr).Sulla nota funzionalità di tale richiamo aifini applicativi dei criterio di giurisdizione in materiacontrattuale con riguardo all’art. 5, n. 1, della Convenzionedi Bruxelles del <strong>27</strong> settembre 1968 e all’art.5, n. 1, lett. a), del reg. CE n. 44/2001 del 22 dicembre2000 (in G.U.C.E. n. L 12 del 16 gennaio 2001, p.NLCC 3/4-2009


[Art. 12] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 8231 ss.) entrambi concernenti la competenza giurisdizionale,il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioniin materia civile e commerciale, v. Corte giust.CE 6 ottobre 1976, causa 12/76, Tessili, inRaccolta,1976, p. 1473 ss., punto 13; Corte giust. CE <strong>29</strong> giugno1994, causa <strong>28</strong>8/92, Custom Made, ivi, 1994, I, p.<strong>29</strong>49 ss., punto 26; Corte giust. CE <strong>28</strong> settembre1999, causa 440/97, Groupe Concorde, ivi, 1999, I, p.6342 ss., punto 32; Corte giust. CE 5 ottobre 1999,causa 420/97, Leathertex, ibidem, p. 6779 ss., punto33. La posizione della Corte di giustizia è stata di recenteribadita nella sentenza 23 aprile 2009, causa533/07, Falco, punto 47 (sentenza non ancora pubblicata,ma consultabile nel sito della Corte: http://www.curia.eu). Nella giurisprudenza italiana v. Cass.,sez. un., 25 ottobre 1993, n. 10600, in Riv. dir. internaz.priv. e proc., 1994, p. 649 ss.; Cass. 23 dicembre1997, n. 13015, ivi, 1998, p. 160 ss.; Cass. 6 agosto1998, n. 7714, ivi, 1999, p. 583 ss.; Cass. 8 maggio1998, n. 4668, ibidem, p. <strong>29</strong>0 ss.; Cass. <strong>28</strong> luglio 1998,n. 7398, ibidem, p. 319 ss.; Cass., sez. un., 30 giugno1999, n. 366, ivi, 2000, p. 738 ss.; Cass. 10 marzo2000, n. 58, ivi, p. 773 ss.; Cass. 6 giugno 2002, n.8224, ivi, 2003, p. 473 ss.; nonché, nella giurisprudenzadi merito, App. Milano 18 luglio 1997, in Riv.dir. internaz. priv. e proc., 1997, p. 980 ss.; Trib. Milano4 dicembre 1997, ivi, 1999, p. 63 ss.( 25 ) Sulla circostanza che « the scope of the law ofthe place of performance is confined to matters concernedwith the mode, place and time of performance,and does not extend to matters which affect thesubstance of obligation » v. Dicey, Morris e Collins,op. cit., p. 1612.( 26 ) Lagarde, op. cit., p.55;Id., Le nouveau droitinternational privé des contrats après l’entrée envigueurde la Convention de Rome du 19 juin 1980, inRev. crit. dr. internat. privé, 1991, p. 333.( <strong>27</strong> ) Così Lagarde, Le nouveau droit internationalprivé des contrats, cit., p. 333. V. infra, nel testo a propositodelle misure da prendere quando l’esecuzionedifettosa dia luogo ad inadempimento.occorre rivolgersi per conoscere le relative modalità( 25 ).Ciò posto, valgono anche rispetto al reg.« Roma I » gli esempi di norme che regolano lemodalità di esecuzione e di misure da prenderein caso di esecuzione difettosa proposti con riguardoalla Convenzione di Roma. Quanto allemodalità si pensi alla disciplina dei giorni festivie quella in tema di valuta del pagamento ( 26 );quanto alle misure da prendere in caso di esecuzionedifettosa, si pensi alle modalità di esamedella merce ( <strong>27</strong> ). Si sostiene, tuttavia, che le regolerilevanti su questi aspetti riguardano anchealtri profili disciplinati dall’art. 10 della Convenzionee, dunque, dall’art. 12 del regolamento,ovvero che possono venire in rilievo a prescindereda un richiamo fattone a titolo di lexcontractus. Per esempio, le regole sui giorni festivipotrebbero ricondursi alla disciplina deltermine per l’adempimento e le norme valutariepresentano peculiarità imperative tali da esserericondotte alla categoria delle norme di applicazionenecessaria ( <strong>28</strong> ). In realtà, salvo che in quest’ultimaipotesi, si perverrebbe in ogni caso all’applicazionedella lex contractus, sicché la divergenzadi vedute sul piano della qualificazionenon produce effetti di rilievo sul piano pratico.Quanto alla eventuale riconduzione della disciplinavalutaria a una norma di applicazione necessaria,essa genera un frazionamento (tra lex contractuse tale norma) della disciplina delle modalitàdi esecuzione (non presentando invero peculiaritàdifferenti dal frazionamento conseguente all’interventodelle norme di applicazione necessarianella determinazione della disciplinacomplessiva del contratto), specie quando si trattadi norme valutarie del foro qua lex loci o di normeuniformi sui sistemi di pagamento e la lex contractussia quella di uno Stato terzo o di uno Statomembro estraneo all’area dell’euro ( <strong>29</strong> ).In realtà, che si rinvii alle disposizioni dellalex loci a titolo di norme di applicazione necessariaovvero di norme richiamate dall’art. 12,par. 2, non fa differenza sul piano pratico. Laloro riconduzione tra le norme di applicazionenecessaria può semmai incidere sul coordinamentotra lex loci e lex contractus il quale, comeora vedremo, dipende dal significato attribuitoall’inciso « si avrà riguardo alla legge del Paesein cui ha luogo l’esecuzione » contenuto nello( <strong>28</strong> )V.Villani, op. cit., p. 192.( <strong>29</strong> ) Sulla esatta rilevanza della disciplina valutariaquale settore del diritto pubblico dell’economia cheassume i connotati di norma di applicazione necessaria,v. Carbone e Luzzatto, Il contratto internazionale,Torino, 1994, p. 105 s. In tema di disciplina comunitariasui sistemi di pagamento alternativi allamoneta e regolati in uno spazio integrato v. Moliterni,Autoregolamentazione e sorveglianza nei sistemidi pagamento, Bari, 2001, p. 113 ss. Sull’impattodell’introduzione dell’euro in materia contrattuale v.Pocar e Malatesta, L’euro e i contratti internazionali,Milano, 1999; Giardina, L’euro: aspetti internazionalprivatistici,inRiv. dir. internaz. priv. e proc.,1999, p. 789 ss.NLCC 3/4-2009


824reg. CE n. 593/2008[Art. 12]stesso art. 12, par. 2. Per esempio, considerandole disposizioni in discorso quali norme di applicazionenecessaria del foro rilevanti ai sensi dell’art.9, par. 2, esse saranno applicate a prescinderedal fatto che dal predetto inciso possa ricavarsiil fondamento di una facoltà del giudice dipreferire la lex contractus alla lex fori.Là dove si tratta di norme di uno Stato diversoda quello della lex contractus e della lex fori,esse saranno applicate conformemente alla teoriadella illegality of performance come accoltanell’art. 9, par. 3, nel senso cioè che le normevalutarie (di applicazione necessaria) della lexloci executionis suscettibili di considerazione sarannosoltanto quelle che « rendono illecitol’adempimento del contratto » ( 30 ) (art. 9, par.3).È da condividere l’opinione secondo la qualela lex loci sia applicabile <strong>agli</strong> obblighi di sicurezzae protezione di beni o interessi suscettibili diessere pregiudicati dall’esecuzione della prestazionedebitoria ( 31 ): in effetti, le disposizioniprotettive si applicano in ordine alle conseguenzedel concreto svolgimento della prestazione lequali emergono logicamente dove l’esecuzioneha luogo, sempreché, beninteso, le conseguenzediano luogo a responsabilità di natura contrattuale.Occorre ora chiarire il significato della giàmenzionata enunciazione secondo la quale inmateria di modalità di esecuzione (e di misureche il creditore dovrà prendere in caso di esecuzionedifettosa) « si avrà riguardo » alla lex loci.È da chiedersi, in particolare, se essa contengaun rinvio a quella legge ovvero introduca unanorma che impone all’interprete soltanto di« conciliare » la lex loci con la lex contractus sulpresupposto che questa sia in ogni caso competentein tema di modalità di esecuzione. La secondaprospettiva è quella maggiormente condivisanel contesto della Convenzione di Romae, come per questa, essa è tuttavia foriera di risvoltiproblematici alla luce dei principi dellaprevedibilità delle soluzioni di conflitto e, più ingenerale, della certezza del diritto ( 32 ). In effetti,se il regolamento avesse voluto disciplinare ilcoordinamento tra le due leggi ovvero richiamaresoltanto la lex loci avendo riguardo ai menzionatiprincipi, esso avrebbe dovuto superarele perplessità suscitate dalla corrispondente disposizionedella Convenzione di Roma propendendoespressamente per l’unaol’altra soluzione.Anche a noi pare che il predetto inciso ha untono letterale ben diverso da quello di una disposizionecontenente un rinvio internazionalprivatistico.È da pensare che il coordinamentotra lex loci e lex contractus sia volto più che altroa disciplinare la modalità di esecuzione del contrattoin modo tale che esso sia idoneo a produrreogni effetto per le due leggi. Ma non puòtacersi sul fatto che l’inciso « si avrà riguardo »impone all’interprete che si imbatta in un contrastotra i contenuti normativi delle due leggiin discorso di preferire la lex loci; preferenzache le va accordata anche fuori dalle ipotesi diun contrasto in senso stretto, quando cioè essadisponga in maniera soltanto più restrittiva opiù rigida della lex contractus.4. – Il profilo dell’adempimento viene in considerazionein vario modo nell’art. 12.Oltre a costituire una questione naturalmenteoggetto di un problema interpretativo quando ilrelativo accertamento dipende dall’esatta determinazionedegli obblighi contrattuali (specie inordine al giudizio di conformità della prestazionecompiuta a quella dovuta secondo il contratto),l’adempimento costituisce, a seconda delruolo ad esso attribuito dalla lex contractus, siala conseguenza della corretta esecuzione (totaleo parziale) della prestazione, sia il presuppostoper escludere responsabilità dell’obbligato, sia,infine, un modo di estinzione dell’obbligazione.A ciascuna di tali peculiarità sono dedicatespecifiche lettere dell’art. 12. Si è già riferito aproposito delle lett. a) eb) in tema, rispettivamente,di interpretazione del contratto e di esecuzionedelle obbligazioni. In ordine a quest’ultimapreme soltanto sottolineare che, quando( 30 )V.Biagioni, supra, commento sub art. 9, par.8 ss., qui essendo sufficiente ricordare che la disposizionedell’art. 9, par. 3, evoca la regola formulata dalDicey (e ripresa dalla sentenza della Court of Appeal,Ralli Brothers v. Compañia Naviera Sota y Aznar del1920) nel modo seguente: « a contract, whetherlawful by its proper law or not, is in general invalid inso far the performance of it is unlawful by the law ofthe country where the contract is to be performed ».( 31 ) Vecchi, op. cit., p. 1046. ( 32 ) Ancora Villani, op. cit., p. 193.NLCC 3/4-2009


[Art. 12] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 825( 33 ) Tale è il caso della domanda di condanna deldebitore all’esecuzione forzata della prestazione fondatasulla lex contractus ma rivolta ad un giudice appartenentea un ordinamento che non conosce unamisura del genere. V. Villani, op. cit., p. 194; Lagarde,Le nouveau droit international privé, cit., p.334.( 34 ) Lagarde, Le nouveau droit international privé,cit., p. 333.l’inadempimento dipende da un’esecuzione difettosadella prestazione, la disciplina delle misureche il creditore dovrà prendere al riguardoè ricavabile, come visto, oltre che dalla lex contractus,anche dalla lex loci ai sensi dell’art. 12,par. 2. Sul piano sostanziale, si pensi, ai terminie alle condizioni per l’azione di garanzia per ivizi della merce venduta e consegnata in unoStato diverso da quello della lex contractus.In merito alla responsabilità da inadempimento,la lett. c) richiama la lex contractus perregolare, « entro i limiti dei poteri attribuiti algiudice dalla sua legge processuale, le conseguenzedell’inadempimento totale o parziale »delle obbligazioni che discendono dal contratto,« compresa la liquidazione del danno inquanto sia disciplinata da norme <strong>giuridiche</strong> ».Il rispetto della lex fori è giustificato dal fattoche alcune conseguenze dell’inadempimentostabilite dalla lex contractus possono dar luogo a(o costituire il presupposto per) comandi rivoltidal giudice alla parte inadempiente affinchéquesta dia esecuzione all’obbligazione. Poichétali comandi non sono previsti d<strong>agli</strong> ordinamentidi alcuni Stati membri, l’art. 12 dispensa ilgiudice competente dal procedere <strong>agli</strong> interventinon consentiti dalla lex fori ancorché ammessidalla lex contractus ( 33 ). Si tratta di una disposizioneaffine a quella contenuta nell’art. 18 aproposito dell’ammissibilità di mezzi di provasecondo cui il mezzo previsto dalla legge diversadalla lex fori è utilizzabile purché «possa essereimpiegato davanti al giudice adito ».Fuori da questi casi, la nozione « conseguenzedell’inadempimento » accoglie le condizioni egli effetti stabiliti dalla legge e dal contratto.Quanto alle condizioni, si pensi alla rilevanzadell’elemento soggettivo (dolo, colpa, responsabilitàoggettiva), alla disciplina della messa inmora del debitore, a quella delle cause di esclusionedella responsabilità (forza maggiore, casofortuito) ( 34 ). Quanto <strong>agli</strong> effetti, si pensi alla risoluzionedel contratto (in particolare al carattereautomatico o condizionato di questa) ( 35 ),alla eccezione di inadempimento ( 36 ), al dirittodi ritenzione del creditore ( 37 ), alla domanda diadempimento e al relativo coordinamento conquella di risarcimento dei danni.L’art. 12, par. 1, lett. c), accoglie peraltro lastessa disposizione di « compromesso » elaboratain seno alla Convenzione di Roma per agevolarela formulazione di una regola sui limitiapplicativi della lex contractus che fosse sensibilealle tradizioni di alcuni ordinamenti (quelli dicommon law) secondo i quali la liquidazione deldanno da responsabilità contrattuale costituisceuna questione di fatto che il giudice risolve sullabase delle pertinenti regole della lex fori e nonpuò inserirsi in una disciplina invece dedicata aprofili del contratto sottoposti a norme <strong>giuridiche</strong>( 38 ).Il compromesso riguarda, tuttavia, soltanto laquestione del calcolo del danno non anchequella della risarcibilità che, in quanto tale, attieneai presupposti della responsabilità contrattualee, pertanto, essa non si sottrae a valutazionedi ordine giuridico da condurre, almenoin via di principio, in base alla lex contrac-( 35 ) La risoluzione non automatica è quella che dipende,per esempio, da una apposita dichiarazionedella parte adempiente ovvero da una pronuncia giudiziale.V. Villani, op. cit., p. 193 s.( 36 ) Il fatto che l’eccezione di inadempimento è reciprocama riferibile ad obbligazioni sottoposte a diverseleges contractus non impedisce che la relativadisciplina sia ricavata, in quanto conseguenza dell’inadempimentodella specifica obbligazione, dallalegge che regola ciascuna di questa: cfr. Vecchi, op.cit., p. 1051. Diverso, come si vedrà nel testo, è il casodell’eccezione di compensazione volta all’estinzionedell’obbligazione.( 37 ) Gli effetti reali della ritenzione (espressamentequelli consistenti nella nascita di un diritto reale digaranzia sul bene) sono però sottratti al regolamento,sicché per essi varranno le prescrizioni delle norme diconflitto nazionali in materia di diritti reali almenoper la determinazione delle modalità di acquisto e diesercizio del diritto nonché per il relativo contenuto.( 38 )V.laRelazione Giuliano-Lagarde, sub art. 10,par. 2. Contro la distinzione tra questione di fatto odi diritto sono state mosse critiche fondate sull’ideache, in realtà, essa celi l’assunto che la quantificazionedel danno sia estranea alla materia contrattualespettando alla lex fori determinarne la misura: così,Lando e Nielsen, op. cit., p. 1715.NLCC 3/4-2009


826reg. CE n. 593/2008[Art. 12]tus ( 39 ). Dovendosi limitare al calcolo del danno,il giudice applicherà le eventuali regole chelex contractus detti al riguardo; in caso contrario,ossia quando da tale legge si evince la naturadi fatto del calcolo del danno, egli procederàin base alla lex fori ( 40 ).In tema di adempimento, l’indicazione di leggeapplicabile proveniente dalla disposizionegenerale e da quelle speciali è da coordinare conl’eventuale intervento delle norme di applicazionenecessaria. Tali norme possono rivestireun ruolo determinante nella disciplina complessivadell’adempimento non soltanto in qualitàdi norme protettive degli interessi imperatividel foro (nel qual caso, esse, ai sensi dell’art. 9,par. 2, andranno a sostituire totalmente o parzialmentela disciplina della lex contractus), maanche in qualità di norme dello Stato in cui gliobblighi devono essere o sono stati eseguiti.( 39 ) Così, sarà in base alla lex contractus che potràvalutarsi la fondatezza della richiesta di danni morali(Villani, op. cit., p. 194) e la determinazione del regimedegli interessi (Lagarde, Le nouveau droit internationalprivé, cit., p. 334). D’altro canto sulla stessascia si pone la dottrina inglese: cfr. Dicey, Morrise Collins, op. cit., p. 1612 a proposito di « remotenessand recoverable heads of damage ».( 40 ) Di diverso avviso Villani, op. cit., p. 195 e, inadesione, Damascelli, op. cit., p. 143 con riguardoalla disciplina prevista nella Convenzione di Roma.Gli AA. ritengono che l’art. 10 di questa Convenzionesembra far dipendere la scelta se applicare o no lalex contractus da una qualificazione della liquidazionecondotta in base alla lex fori. Ove la liquidazionesia configurata come questione giuridica, il giudiceapplicherebbe la lex contractus, in caso contrario, egli« deciderà (...) alla stregua dei poteri, dei criteri edelle modalità previsti dalla sua legge processuale ».La tesi non convince perché muove da un approcciolegeforista contraddetto dalla circostanza che, secondola disposizione (« comune » alla Convenzione diRoma e al reg. « Roma I »), le norme <strong>giuridiche</strong> rilevantial riguardo sono quelle della lex contractus poiché,almeno in via di principio, l’enunciazione che fariferimento ad esse è compresa in una norma che dettai limiti applicativi di tale legge. Inoltre, tale tesi èpoco compatibile con il ripetuto obiettivo (cfr. ancorail 6 o considerando), che ha ispirato il sistema convenzionaleprima e il regolamento in commento successivamente,di pervenire, quanto più possibile, allastessa indicazione di legge applicabile quale che sia ilforo adito; un traguardo, questo, poco raggiungibilemuovendo, nel caso in discorso, da approcci interpretativilegati alla lex fori.In particolare, ai sensi dell’art. 9, par. 3 puòessere data efficacia a tali norme conformementealla menzionata dottrina della illegality of performancesul presupposto che, « per decidere sevada data efficacia a queste norme, si deve tenereconto della loro natura e della loro finalitànonché delle conseguenze derivanti dal fattoche siano applicate, o meno » (art. 9, par. 3, ultimafrase). Occorre, pertanto, muovere dallalex contractus per individuare il luogo di adempimentodell’obbligazione e considerare (se delcaso) la norma di applicazione necessaria delterzo Stato per formulare la soluzione complessivadella vicenda.5. – Tra i modi di estinzione delle obbligazionerientrano i fatti e gli atti ai quali la lex contractusricollega l’effetto estintivo. In tal sensosono suscettibili di venire in rilievo, quanto aifatti, la morte dell’obbligato (per le prestazioniinfungibili), la riunione nella stessa persona dellaqualità di creditore o debitore (confusione) el’impossibilità sopravvenuta per causa non imputabileal debitore; quanto <strong>agli</strong> atti, l’adempimento,la novazione, la remissione del debito, lacompensazione volontaria, la cessione del credito.Ora, occorre intendersi sull’esatto inquadramentoda dare nel regolamento <strong>agli</strong> atti negozialiproduttivi di effetti estintivi dell’obbligazionecontrattuale, ricordando in via preliminare chel’estinzione dell’obbligazione può avere luogoper via di atti non contrattuali o di atti più in generalenon sottoposti al regolamento (si pensi aiprovvedimenti di compensazione giudiziale iquali rientrano nella materia processuale cui ilregolamento non si applica ai sensi dell’art. 1,par. 3) ( 41 ).Come correttamente notato rispetto alla Convenzionedi Roma, se gli atti in discorso hannonatura contrattuale e sono sottoposti a una leggediversa da quella dell’obbligazione della cuiestinzione si tratta, soltanto l’effetto estintivoandrà disciplinato in base alla legge del contrattoda cui sorge tale obbligazione ( 42 ). Ciòèspiegabileagevolmente per la circostanza che l’art.( 41 )V.Leandro, infra, commento sub art. 17,par. 8.( 42 ) Cfr. Villani, op. cit., p. 195; Vecchi, op. cit.,pp. 1039 e 1055; Damascelli, op. cit., p. 144. In argomento,specie sul trattamento nel diritto interna-NLCC 3/4-2009


[Art. 12] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 8<strong>27</strong>12 riconduce alla lex contractus la disciplina dei« modi » di estinzione non imponendo (né presupponendoquale categoria astratta di riferimento)che anche la fonte da cui essi derivanosia sottoposta alla medesima legge ( 43 ).D’altro canto, che possa sussistere diversità dileggi applicabili nonché un problema di coordinamentotra esse con riguardo al profilo ora inesame è un dato che discende dalla stessa previsionenel regolamento di disposizioni sulla leggeapplicabile a vicende <strong>giuridiche</strong> suscettibili diestinguere obbligazioni sottoposte a leggi diverse.È il caso della cessione del credito (art. 14) edella compensazione legale (art. 17).Così,l’idoneità della cessione di un credito adestinguere per modificazione del lato attivol’obbligazione da cui il credito sorge è un aspettosottoposto alla legge di tale obbligazione aisensi dell’art. 12, lett. d), ma i rapporti di cessionesono sottoposti, ai sensi dell’art. 14, par. 1,del regolamento alla legge del contratto che vincolacedente e cessionario (c.d. « legge dellacessione ») ( 44 ).Quanto alla compensazione legale, il regolamentoha risolto indirettamente un problemainterpretativo legato alla sua qualificazione e allerelative conseguenze sul piano della legge applicabilequando i crediti da compensare trovanofonte in contratti sottoposti a leggi diverse.Pur rinviando alla pertinente trattazione dell’argomento( 45 ), qui preme ricordare che, qualificandola compensazione legale come modo diestinzione dell’obbligazione, essa andrebbe ricondottaalla lex contractus del credito che si intendecompensare. Senonché, tale soluzione,che appare indicativa della designazione di unasola legge applicabile, va commisurata con ilfatto che la compensazione spiega effetti estintivianche sull’altro credito. Ove i crediti siano regolatida leggi diverse, siffatta soluzione non impedirebbel’applicazione cumulativa di tali leggisulla compensazione, la quale sarebbe efficace(conducendo all’estinzione di ciascun credito)soltanto soddisfacendole entrambe ( 46 ). Il cumulodelle leggi applicabili in tal senso è statasostenuto dalla Corte di giustizia CE ( 47 ), maoggi esso non ha spazio, almeno in via di principio,perché l’art. 17 del regolamento prevedeche « qualora il diritto di compensazione nonsia stato convenuto dalle parti, la compensazioneè regolata dalla legge applicabile al creditoper il quale è fatto valere il diritto di compensazione».Ove si tratti di compensazione convenzionale(o volontaria), la disciplina andrà ricavata, sullascia di quanto surriferito a proposito di negoziestintivi di obbligazioni, dalla legge regolatricedell’accordo di compensazione, per individuarnela validità sostanziale (ferma restando lacompetenza delle altre leggi eventualmente applicabiliin base al regolamento per i profili dellavalidità formale), e dalla legge del contrattoda estinguere, per disciplinare l’effetto estintivosu quest’ultimo ( 48 ).Un coordinamento di leggi applicabili in temadi estinzione dell’obbligazione contrattuale è richiestoanche là dove uno dei contraenti sia sottopostoa procedura di insolvenza. In via diprincipio, il fatto che sia aperta una proceduradel genere – specie quando essa determina lospossessamento dei beni del debitore, privaquesto della disponibilità di proseguire l’impegnocontrattuale assunto e comporta la nominadi curatore al quale è attribuito il potere di deciderese proseguire o no, dopo l’apertura dellaprocedura, il rapporto de quo –ècircostanzache spiega perché gli effetti della procedura suicontratti in corso di cui il debitore è parte sonosottoposti alla lex concursus secondo un’opiniozionaleprivato di negozi che incidono sull’efficaciadi altri atti o rapporti v. Starace, La rappresentanzanel diritto internazionale privato, Napoli, 1962, p. 88ss.( 43 ) Atti quali il recesso per giusta causa o per giustificatomotivo trovano la loro disciplina nella lexcontractus perché consistono in diritti potestativi derivantidal rapporto contrattuale i cui contenuto e limitisono ricavati dalla legge regolatrice di questo.( 44 )V.Leandro, infra, commento sub art. 14,par. 2 s.( 45 )V.Leandro, infra, commento sub art. 17.( 46 ) Ibidem.( 47 ) Corte giust. CE 10 luglio 2003, causa 87/01,Commissione delle Comunità europee c. Conseil descommunes et régions d’Europe, inRaccolta, 2003, p.I-7617 ss.( 48 ) V. ancora Leandro, infra, commento sub art.17, par. 8, per l’approfondimento sulla questione dellalegge regolatrice degli accordi di compensazionespecie con riguardo all’incidenza del legame tra l’accordoe l’obbligazione da estinguere ai fini applicatividel criterio del collegamento più stretto.NLCC 3/4-2009


8<strong>28</strong>reg. CE n. 593/2008[Art. 12]( 49 )InG.U.C.E n. L 160 del 30 giugno 2000, p. 1ss. V. sul punto, anche per gli opportuni riferimentibibliografici, Leandro, Il ruolo della lex concursusnel regolamento comunitario sulle procedure di insolvenza,Bari, 2008, p. 194 ss.( 50 ) Il rinvio è motivato in base a fattori differentia seconda del rapporto preso in considerazione. Così,rispetto ai contratti relativi ai beni immobili può dirsiche la scelta di richiamare la lex rei sitae rifletta l’ideache sull’applicazione di tale legge i terzi nutrono affidamentospecie in ordine alle prescrizioni in materiadi pubblicità e opponibilità erga omnes del trasferimentodei diritti. Analogamente, nel caso di sistemidi pagamento o mercati finanziari, si intende proteggerel’affidamento che i partecipanti nutrono in meritoall’integrità del sistema e alla completezza delle disposizionidella legge applicabile anche a propositone consolidata rispetto al diritto internazionaleprivato comune ed elevata a disposizione normativanell’art. 4, par. 2, lett. e), del reg. CE n.1346/2000 del <strong>29</strong> maggio 2000 relativo alle proceduredi insolvenza ( 49 ). Ne viene che, qualeche sia la lex contractus, per stabilire se l’aperturadi una procedura costituisca un presuppostoper estinguere il contratto occorre richiamare lalex concursus.Senonché, lo stesso reg. CE n. 1346/2000 prevededelle eccezioni al riguardo: si tratta delledisposizioni dedicate ai contratti relativi a beniimmobili, alle obbligazioni derivanti dalla partecipazionea un sistema di pagamento oaunmercato finanziario e ai contratti di lavoro.Riguardo ai primi, si rinvia esclusivamente allalegge dello Stato membro nel cui territorio ilbene è situato (art. 8, reg. CE n. 1346/2000);per i secondi, è disposta l’applicazione della leggedello Stato membro cui sottostà il sistema dipagamento o il mercato finanziario (art. 9, reg.CE n. 1346/2000); quanto ai contratti di lavoro,si rinvia esclusivamente alla legge dello Statomembro applicabile al contratto di lavoro (art.10, reg. CE n. 1346/2000). Ora, posto che il rinvioabbraccia anche le norme concorsuali dell’ordinamentodesignato, dato che la categoriaastratta prevista d<strong>agli</strong> <strong>artt</strong>. 8, 9e10delreg. CEn. 1346/2000 è costituita d<strong>agli</strong> « effetti dellaprocedura » rispetto ai contratti ivi contemplati,la lex concursus, appartenente in ipotesi a unoStato membro diverso da quello della lex contractus,si ritrae, con riguardo alla materia in parola,a favore delle leggi individuate dalle predettedisposizioni ( 50 ), ferma restando l’applicabilitàdella prima legge per definire la posizionedei creditori di tali contratti nell’àmbito dellaprocedura ( 51 ). Rispetto ai contratti di lavoro lalegge così applicabile è la lex contractus, ma, difatto, alla medesima legge si perviene quanto<strong>agli</strong> effetti della procedura per i contratti relativiai beni immobili e per i contratti relativi a strumentifinanziari conclusi in un sistema multilateralepoiché sia il reg. CE n. 1346/2000 che ilreg. « Roma I » utilizzano al riguardo, rispettivamente,il criterio del situs rei e la tecnica dirinvio alla legge che regola il sistema.Con riguardo, infine, alla prescrizione e alladecadenza, il regolamento ne ha accolto la configurazionedi istituti di diritto sostanziale provenientedalla Convenzione di Roma. Il rinviodell’art. 12, par. 1, lett. d) alla lex contractusmette in secondo piano sul punto le divergenzedi opinioni, emerse rispetto al diritto internazionaleprivato comune, tra coloro che suggerivanol’applicazione della lex fori, qualificandoprescrizione e decadenza come istituti di dirittoprocessuale legati al diritto di azione, e coloroche ripiegavano sulla lex causae considerando laprescrizione « come istituto di diritto sostanzialeche opera direttamente sul diritto subbiettivosostanziale » ( 52 ).degli effetti di una procedura d’insolvenza regolatada una legge diversa. Ciò vale specialmente – si osservanel <strong>27</strong> o considerando del reg. CE n. 1346/2000 –riguardo ai sistemi di compensazione e alla realizzazionedelle garanzie. Infine, per i contratti di lavoro,la deroga all’applicazione della lex concursus è giustificabilealla luce dell’affidamento nutrito dai lavoratorisu designazioni di legge applicabile (quelle inmassima parte discendenti dall’art. 8 del reg. « RomaI ») formulate nell’ottica di una loro protezione.( 51 ) Si pensi, ad esempio, al grado assunto nellaprocedura dal credito del lavoratore in seguito alloscioglimento del rapporto di lavoro: cfr. peraltro il<strong>28</strong> o considerando del reg. CE n. 1346/2000.( 52 ) Così, Morelli, Diritto processuale civile internazionale2 , Padova, 1954, p. <strong>29</strong> ss., il quale precisache alcuni termini sono direttamente riferibili all’azionee, come tali, sottoposti alla lex fori: è il casodei termini concernenti le azioni costitutive. Secondol’A. ciò accade perché l’azione costitutiva è in gradodi modificare un rapporto giuridico per effetto dell’eserciziodi un potere (quello di promuovere unprocesso) dipendente non dal diritto sostanziale applicabileal rapporto, ma dal diritto processuale cheregola il diritto di azione. V. altresì Morviducci, vocePrescrizione (dir. intern. priv.),inEnc. dir., XXXV,NLCC 3/4-2009


[Art. 12] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 8<strong>29</strong>6. – Gli effetti della nullità del contratto e leconseguenze di questa sono sottoposte alla lexcontractus. La natura di regolamento comunitarioche detta questa regola impedisce che rispettoad essa valga la facoltà degli Stati membri diformulare la riserva prevista al riguardo dall’art.22, par. 1, lett. b), della Convenzione di Roma.Siffatta riserva rispecchia, come è noto, la volontàdel gruppo di lavoro di coinvolgere nellaConvenzione anche gli Stati i cui ordinamentiattribuiscono alle obbligazioni restitutorie,principali conseguenze della nullità del contratto,natura non contrattuale ( 53 ).Gli Stati parti che hanno apposto la riservaimpongono ai loro giudici di rivolgersi alle pertinentinorme nazionali di diritto internazionaleprivato per individuare la legge applicabile<strong>agli</strong> effetti della nullità del contratto. Così, perportare l’esempio dell’ordinamento italiano (inquanto l’Italia è uno degli Stati che ha formulatola predetta riserva) ( 54 ), si sostiene l’applicazionedelle norme di conflitto dedicate all’arricchimentosenza causa e al pagamento dell’indebitoper regolare le restituzioni conseguentialla nullità del contratto (art. 61, l. n.218/95) ( 55 ) e di quelle sulla responsabilitàaquiliana per accertare l’obbligo al risarcimentodei danni derivanti dalla conclusione di unMilano, 1988, p. 132, là dove sostiene che spetta inogni caso alla lex fori stabilire se il giudice può rilevared’ufficio la prescrizione in quanto si tratta di precisareun potere del giudice relativo al trattamentoprocessuale del rapporto dedotto in giudizio. Peropinioni contrarie a quest’ultima v. Vecchi, op. cit.,p. 1059 il quale, in particolare, ritiene che la questionese la prescrizione e la decadenza siano rilevabilid’ufficio dipende dal carattere disponibile del dirittoe dell’effetto estintivo, circostanza, questa, da valutarein base alla lex contractus in quanto, detto in sintesi,aspetto concernente il contenuto del diritto contrattuale.( 53 ) Cfr. la Relazione Giuliano-Lagarde, sub art. 10,par. 2.( 54 )L’altro Stato è il Regno Unito.( 55 ) Per l’idea che il legislatore italiano si siaespresso nel senso dell’autonomia dell’arricchimentosenza causa e del pagamento dell’indebito dalla materiacontrattuale con la riserva formulata alla Convenzionedi Roma, quindi già prima della l. n. 218/95, v.Pocar, Le droit des obligations dans le nouveau droitinternational privé italien, inRev. crit. dr. internat.privé, 1996, p. 59.contratto dichiarato nullo (art. 62, l. n. 218/95) ( 56 ).La statuizione del reg. « Roma I » non lasciaspazio alle conseguenze in punto di legge applicabilederivante dai contrasti di qualificazioneche ancora sussistono al riguardo ponendosinell’ottica di ciascuno degli Stati membri e dalledifferenti soluzioni di conflitto ivi accolte, speciea proposito della distinzione tra norme chefissano criteri territoriali e norme che utilizzanoil criterio di collegamento accessorio al fine disottoporre l’obbligazione restitutoria al rapportogiuridico preesistente tra le parti ( 57 ).È d’altro canto da sottolineare che, per effettodell’adozione del reg. CE n. 864/2007 dell’11luglio 2007 sulla legge applicabile alle obbligazioniextracontrattuali (« Roma II ») ( 58 ) e dall’accoglimentoin esso del criterio di collegamentoaccessorio, si perviene alla medesima leggeindicata dal reg. « Roma I » anche là dove sivolesse muovere da un inquadramento per cuile conseguenze della nullità del contratto abbianonatura non contrattuale. Così, nel caso dell’arricchimentosenza causa e della ripetizionedell’indebito, l’art. 10, par. 1, reg. « Roma II »( 56 ) Villani, op. cit., p. 189 s., sostiene, con riferimentoalla restituzione di somme o beni, che sia lalegge dello Stato nel quale è stato eseguito il pagamento(o più in generale la prestazione) a porsi qualelex loci actus rilevante ai sensi dell’art. 61, l. n.218/95.( 57 ) V. ampiamente Carella, La disciplina internazionalprivatisticadelle obbligazioni da fatto lecitonella proposta di regolamento « Roma II », inRiv. dir.internaz. priv. e proc., 2005, p. <strong>27</strong> ss. V. altresì Nourissate Treppoz, Quelques observation sur l’avantprojetde proposition de règlement du Conseil sur la loiapplicable aux obligations non contractuelles « RomeII »,inJourn. dr. internat., 2003, p. 26; Brière, Le règlement(CE) n. 864/2007 du 11 juillet 2007 sur la loiapplicable aux obligations non contractuelles (« RomeII »), ivi, 2008, p. 50 s.; Franzina, Il reg. n. 864/2007/CE sulla legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali(« Roma II »), in questa Rivista, p.1020 ss. Sull’applicazione della lex contractus all’obbligazionederivante dall’arricchimento senza causaquando l’arricchimento è connesso al contratto nullov. Jayme, L’articolo 10 della convenzione di Roma del1980 e l’arricchimento senza causa nel diritto internazionaleprivato, inStudi in memoria di Mario Giuliano,Padova, 1989, p. 525.( 58 )InG.U.U.E. n. L 199 del 31 luglio 2007, p. 40ss.NLCC 3/4-2009


830reg. CE n. 593/2008[Art. 13]stabilisce che quando l’obbligazione che ne deriva« si ricolleghi a una relazione esistente tra leparti, come quella derivante da un contratto (...)la legge applicabile è quella che disciplina talerelazione ». Fermi restando i casi in cui la riferitadisposizione del reg. « Roma II »èinapplicabile,dovendosi ripiegare sui criteri fissati nell’art.10, parr. 2 e 3, e quelli in cui opera la clausoladi eccezione di cui all’art. 10, par. 4, si perverràin ogni caso alla lex contractus a prescinderedal fatto che l’obbligazione per indebito oper arricchimento senza causa conseguenti a uncontratto nullo sia qualificata come contrattualeo non contrattuale ( 59 ).In tema di ripetizione dell’indebito possonoperaltro profilarsi interferenze sulle competenzedella lex contractus a causa dei limiti generalial suo richiamo previsti dal regolamento. Ponendosidal punto di vista dell’ordinamento italiano,un caso si profila a proposito del divietodi ripetizione per contrarietà del contratto albuon costume (art. 2035 c.c.): poiché la disposizionemira a tutelare l’interesse generale dellacomunità contro l’esistenza e gli effetti di contrattidel genere, là dove la lex contractus prevedala ripetizione del pagamento in caso di loronullità, non è da escludere che il giudice italiano,inquadrando la tutela di quell’interesse inun principio di ordine pubblico, possa rigettarela pretesa della parte adempiente fondata sulleprescrizioni della lex contractus o comunqueescludere l’applicazione di quest’ultima.Quanto detto finora riguarda le conseguenzedella nullità del contratto sul presupposto che lalex contractus detti anche la causa della nullità.Si pensi, per esempio, alla violazione di normeimperative di tale legge quando ad essa si ricollegala nullità (cfr. art. 1418 c.c.).In realtà, è possibile che la causa dipenda dallaviolazione di regole stabilite da leggi diverse,mentre la lex contractus ne disciplina le conseguenze.Ciò accade, ad esempio, quando uncontratto avente per oggetto un diritto reale immobiliaresia sottoposto dalle parti a una leggediversa dalla lex rei sitae e concluso in violazionedelle forme sostanziali di questa nei casi incui essa ne impone il rispetto (argomentando exart. 11, par. 5) ( 60 ), oppure quando un contrattoè nullo per effetto dell’applicazione di normeimperative semplici o di applicazione necessariaai sensi, rispettivamente, degli <strong>artt</strong>. 3, parr. 3 e4,e9.( 59 ) Si tratta di scelte normative che, grazie alla reciprocainterazione, rendono uniforme il funzionamentodel criterio di collegamento accessorio; circostanza,questa, non realizzabile senza uniformità didisciplina internazionalprivatistica dei rapporti allaAntonio Leandrocui legge regolatrice si sottopongono le obbligazionirestitutorie: cfr. Carella, op. cit., p. 32. Sulle problematicheconnesse alla responsabilità precontrattualev. Bertoli, supra, commento sub art. 1, VIII, par. 3. ( 60 )V.Cortese, supra, commento sub art. 11.Art. 13.(Incapacità)In un contratto concluso tra due persone che si trovano in uno stesso paese, una persona fisica,capace secondo la legge di tale paese, può invocare la sua incapacità risultante da un’altralegge soltanto se, al momento della conclusione del contratto, l’altra parte contraente era a conoscenzadi tale incapacità ol’ha colpevolmente ignorata.Sommario: 1. Continuità della soluzione accolta rispettoalla convenzione di Roma. – 2. Le origini della regola:l’arrêt Lizardi della Cassazione francese e la suapresenza anche nel sistema italiano di diritto internazionaleprivato. – 3. Prevalenza della regola dell’art.23, par. 2, della legge italiana di riforma sul richiamooperato dall’art. 57 della legge. – 4. Presupposti dell’applicazionedell’art. 13 del regolamento: mero miglioramentoterminologico rispetto all’art. 11 dellaconvenzione. – 5. Dubbi irrisolti: limitazione dell’ambitodi applicazione della regola all’incapacità dellepersone fisiche. – 6. Segue: portata del riferimento adNLCC 3/4-2009


[Art. 13] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 831altra legge: operatività del rinvio. – 7. Segue: rilevanzadell’incapacità derivante da provvedimenti emanatinel Paese la cui legge regola la capacità della parte oivi efficaci. – 8. Perdurante giustificazione della soluzioneaccolta, alla luce del più evoluto contesto deirapporti contrattuali internazionali.1. – La disposizione dell’art. 13 del reg. « RomaI » costituisce un elemento di continuità rispettoalla disciplina contenuta nella Convenzionedi Roma del 1980, nella quale la medesimadisposizione figurava all’art. 11, seppurecon una formulazione lievemente diversa.Il regolamento mantiene, infatti, la stessa soluzionedi principio che venne adottata in sededi elaborazione del testo della Convenzione,consistente nel lasciare fuori della disciplinauniforme contenuta nello strumento le questionirelative alla capacità delle parti, dal momentoche tali questioni mal si prestavano, in considerazionedella loro ben più ampia portata, ad essereaffrontate nell’ambito di uno strumentoconcernente la determinazione della legge applicabilead una specifica categoria di rapporti( 1 ).L’inclusione di una regola specifica comportanteuna limitazione della rilevanza dell’eventualeincapacità di una delle parti in base allapropria legge nazionale costituisce, quindi,un’eccezione rispetto alla scelta chiaramenteoperata in tal senso nella Convenzione e confermatadal regolamento, la quale trova giustificazione,secondo quanto si può leggere, nel silenziotanto della relazione alla proposta di regolamentoquanto del preambolo di quest’ultimo,nella Relazione Giuliano-Lagarde alla Convenzione,nell’esigenza, comunemente sentita negliordinamenti giuridici degli Stati membri, di tutelarela parte che, in buona fede, abbia conclusoun contratto senza aspettarsi che la contropartepotesse essere incapace secondo la proprialegge nazionale, ove questa fosse diversa daquella del luogo di conclusione del contratto( 2 ).( 1 ) Si veda al riguardo Mosconi, Le norme relativealla capacità dei contraenti nella convenzioneC.E.E. sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali,inLa convenzione di Roma sulla legge applicabilealle obbligazioni contrattuali, Milano, 1983, p. 189ss., spec. p. 192 ss.( 2 ) Relazione Giuliano-Lagarde, sub art. 11.2. – L’origine della regola viene comunementefatta risalire ad uno dei grands arrêts dellagiurisprudenza francese di diritto internazionaleprivato ( 3 ), precisamente alla sentenza dellaCour de cassation relativa al caso Lizardi ( 4 ).Nella specie, un cittadino messicano, minore inbase alla propria legge nazionale, aveva acquistatoa più riprese dei gioielli di rilevante valorepresso alcuni gioiellieri parigini, i quali avevanoconfidato nella sua capacità di concludere taliacquisti in quanto apparentemente maggiore inbase alla legge francese, che prevedeva il raggiungimentodella maggiore età ad un’età inferiore.Una parte consistente degli acquisti eraavvenuta verso l’emissione di cambiali, sulla basedelle quali i gioiellieri avevano intentato delleazioni esecutive, alle quali il Lizardi, nel frattempodivenuto maggiore in base alla proprialegge nazionale, si era opposto eccependo lapropria incapacità di contrarre al momento incui i contratti erano stati conclusi.La Cour de cassation ritenne si dovesse in lineadi principio applicare per reciprocità la regolacontenuta nell’art. 3 del code civil francese,in base alla quale lo stato e la capacità dei cittadinifrancesi determinati in base alla proprialegge nazionale seguono i cittadini stessi ancheove essi si trovino all’estero, dovendo quindi lacapacità dei cittadini stranieri, pur residenti inFrancia, restare soggetta alla propria legge nazionale.A tale statuizione di principio, checomportava una sostanziale bilateralizzazionedella regola di conflitto unilaterale contenutanella norma, la Cassation francese ritenne tuttaviaopportuno apportare una limitazione, al finedi tutelare i cittadini francesi di fronte al rischiodi un’applicazione a sorpresa di leggi straniere( 3 ) Per riprendere l’indicativo titolo di una notaraccolta, Les grands arrêts de la jurisprudence françaisede droit international privé 5 , a cura di Ancel e Lequette,Paris, 2006, che racchiude le principali sentenzealle quali si deve l’elaborazione del sistemafrancese di diritto internazionale privato, basato inlarga parte sulla giurisprudenza formatasi nell’arco didue secoli relativamente all’interpretazione di un limitatonumero di disposizioni contenute nel code civil.( 4 ) Cassation 16 gennaio 1861, Lizardi c. Chaize eta., inDalloz Périodique, 1861, I, p. 193 ss., e in Grandsarrêts, cit., p. 39 ss., con osservazioni dei curatori,ivi, p.40ss.NLCC 3/4-2009


832reg. CE n. 593/2008[Art. 13]( 5 ) Interpreta la soluzione formulata dalla Cassazionefrancese nella sentenza relativa la caso Lizardicome comportante una sottoposizione alla lex loci actusdella capacità di agire dei contraenti Ubertazzi,La capacità delle persone fisiche nel diritto internazionaleprivato, Padova, 2006, p. <strong>28</strong>8 ss.; nel senso che lasoluzione adottata dalla Cour de cassation e ripresaanche in diverse legislazioni nazionali appare dettataessenzialmente da considerazioni di equità sostanziale,oltreché, specificamente, di protezione degli interessidegli operatori commerciali francesi, Batiffol,La capacité civile des étrangères en France, Paris,19<strong>29</strong>, p. 233 ss.; osservano Mayer e Heuzé, Droit internationalprivé 7 , Paris, 2001, p. 349 s., che sul pianometodologico la soluzione accolta dalla Cour de cassationappare riflettere, da un lato, il modus operandidelle norme di applicazione necessaria, in quanto impone,nelle circostanze considerate, l’applicazionedelle norme della legge francese in materia di capacitàdi agire nonostante la sottoposizione della capacitàdello straniero alla propria legge nazionale, dell’altroquello delle norme di diritto internazionale privatomateriali. Essendo i due metodi sostanzialmente alternativi,il ricorso al primo sarebbe da intravedersi,secondo detti AA., nel carattere necessario conferitosu tutto il territorio all’applicazione della legge francese,ad esclusione della legge straniera eventualmenteapplicabile. Il secondo apparirebbe nella regolaper cui la parte francese deve aver agito in buona fedee senza imprudenza, regola la quale appare volta adisciplinare la condotta degli operatori commercialifrancesi in tutti i casi in cui si trovino a contrattarecon una controparte straniera.( 6 ) Tra gli esempi più noti, si possono citare l’art.7, par. 3, EGBGB tedesca del 1896 e la legge polaccadel 1926: si veda al riguardo Capotorti, La capacitéen droit international privé, inRec. Cours, 1963, vol.110, p. 223 ss.; Id., Lezioni di diritto internazionaleprivato. Parte speciale: La capacità, Bari, 1966, p. 100ss.da essi non conosciute, in base alle quali le lorocontroparti avrebbero potuto rivelarsi incapaci.Il presupposto dell’applicazione dell’eccezioneera costituito dall’avere la parte francese fattoaffidamento in buona fede, senza leggerezza oimprudenza, nella capacità dell’altra parte, realizzandoin tal modo un contemperamento dellaregola che assoggetta la capacità alla legge nazionaledella persona con l’opposta regola dellalex loci actus ( 5 ).La regola formatasi in via pretoria nell’ambitodell’ordinamento francese è stata in seguito recepitanelle norme di diritto internazionale privatodi diversi ordinamenti ( 6 ), tra cui l’Italia. Nel sistemaitaliano di diritto internazionale privato anteriorealla riforma del 1995, infatti, la regola si trovavaformulata, in termini molto ampi, nel comma2 o dell’art. 17 delle disposizioni sulla legge ingenerale. La norma prevedeva un’eccezione allaregola dell’assoggettamento dello stato e capacitàdelle persone alla propria legge nazionale, nelsenso che lo straniero che avesse compiuto un attoin Italia per il quale sarebbe stato incapace inbase alla propria legge nazionale, avrebbe dovutoessere considerato capace ove tale sarebbe statoun cittadino italiano. La norma, estendendo,sulla falsariga dell’arrêt Lizardi,l’applicazione dellalegge italiana qua lex loci al fine di regolare la capacitàdello straniero, non prevedeva, a differenzadella regola giurisprudenziale richiamata e dellasoluzione poi accolta nell’art. 11 della Convenzionedi Roma, alcun presupposto di carattere soggettivo,in termini di buona fede della controparte,sub specie di ignoranza incolpevole da parte diquesta dell’altrui incapacità derivante da una leggestraniera, non precisando, peraltro, che la contropartedebba a propria volta trovarsi in Italia, néche debba essere di cittadinanza italiana, la normapotendo quindi trovare applicazione anche acontratti conclusi a distanza ( 7 ). Essa, pur sempre,limitava il proprio ambito di applicazione ai solirapporti patrimoniali, ad esclusione, in particolare,dei rapporti di famiglia e di successioni, oltrechédelle donazioni e degli atti di disposizione dibeni immobili siti all’estero. Tali atti presuppongono,infatti, una maggiore diligenza nell’accertarsidella capacità della controparte straniera, o unaminore esigenza di protezione dell’affidamentodella parte italiana, ovvero, nell’ultimo caso, unaminore giustificazione dell’applicazione della leggeitaliana per regolare la capacità della parte straniera,in una situazione in cui il contratto si presentamaggiormente collegato con un altro Paese.( 7 ) Gli accennati profili di differenziazione della normacontenuta nell’art. 17, comma 2 o , delle disposizionisulla legge in generale rispetto alla soluzione accoltanella Convenzione di Roma e l’incidenza eccessivamenteampia della legge italiana che la soluzione prevista dalprevigente sistema italiano di diritto internazionale privatocomportava rispetto a situazioni anche scarsamentecollegate con il nostro ordinamento sono sottolineatida Lenzi, Carrabba e Tatarano, Capacità dei contraenti,inLaconvenzione di Roma sulla legge applicabilealle obbligazioni contrattuali. II. Limiti di applicazione.Lectio notariorum, a cura di Ballarino, Milano, 1994,p. 213 ss., spec. p. 216 ss.NLCC 3/4-2009


[Art. 13] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 833( 8 ) Si veda al riguardo, per tutti, Falzea, voce Capacità,II). – Teoria generale, inEnc. dir., VI, Milano,1960, pp. 10 ss. e 16 ss., il quale identifica con la primaespressione l’idoneità del soggetto ad essere destinatariodegli effetti giuridici della soggettività, con laseconda la possibilità per il soggetto di porre in esserefatti giuridici e di provocare la costituzione di effettigiuridici. Nel senso che nel previgente sistema didiritto internazionale privato entrambe erano da ricondursiall’unica norma dell’art. 17 disp. prel., Luzzatto,voce Persona fisica (Diritto internazionale privato),ivi, XXXIII, Milano, 1983, p. 2<strong>27</strong> ss., spec. p.2<strong>28</strong> s.; Mosconi, voce Capacità nel diritto internazionaleprivato, inDigesto IV ed., Disc. priv., Sez. civ., II,Torino, 1988, p. 225 ss., spec. p. 2<strong>28</strong> ss.; Tamburrino,voce Capacità, III) Diritto internazionale privato eprocessuale, inEnc. giur. Treccani, V, Roma, 1988, p.1 ss. La tesi, peraltro, non era unanimemente condivisa,essendo stata in precedenza pur autorevolmentesostenuta la diversa tesi, la cui motivazione appare adire il vero scarsamente persuasiva, per cui la normadell’art. 17 avrebbe riguardato la sola capacità d’agire,la questione della capacità giuridica dovendo invececonsiderarsi, in quanto direttamente derivantedalla personalità giuridica – per la quale il sistema italianodi diritto internazionale privato non prevedevanorme di conflitto – sottratta al gioco delle norme didiritto internazionale privato: si vedano in tal sensoMorelli, Elementi di diritto internazionale privatoitaliano 13 , Napoli, 1986, p. 95 ss.; Monaco, L’efficaciadella legge nello spazio (Diritto internazionale privato)2 , Torino, 1964, p. 143 ss.La legge di riforma del sistema italiano di dirittointernazionale privato ha innovato la disciplinacontenuta nella norma ora richiamata, articolandola disciplina internazionalprivatisticadella capacità delle persone fisiche in disposizionidistinte, che tengono conto anche a livellodi legge applicabile della distinzione tra capacitàgiuridica e capacità di agire che è tradizionalmenteconosciuta nell’ambito del diritto sostanziale( 8 ). Nell’ambito della nuova disciplina, ladisposizione dell’art. 17, comma 2 o delle preleggisi trova riformulata, con alcuni opportuniadattamenti che la avvicinano maggiormente aldettato dell’art. 11 della Convenzione, nel comma2 o dell’art. 23, relativo alla capacità di agire.La norma così come riformulata limita, infatti, ilproprio ambito di applicazione alla sola ipotesiin cui il contratto sia concluso tra persone che sitrovano nello stesso Stato, e presuppone, al finedell’applicazione dell’eccezione che essa comportaalla regola della sottoposizione della capacitàdi agire delle parti alle rispettive leggi nazionali,che la controparte sia a conoscenza dell’incapacitàdi agire derivante dalla legge nazionaledella parte che la invoca, o la abbia ignorataper propria colpa ( 9 ).La norma, pur sempre, si differenzia dall’art. 11della Convenzione di Roma, sia per il fatto di fareriferimento unicamente all’incapacità derivantedalla legge nazionale della parte, mentre la Convenzionefa più ampiamente riferimento all’incapacitàderivante da qualsiasi altra legge, sia perchéessa va letta in congiunzione con i successivi parr.3 e 4, i quali, rispettivamente, prevedono una regolaanaloga relativamente <strong>agli</strong> atti unilaterali edescludono l’applicabilità di tali limitazioni all’applicazionedella legge nazionale con riferimento<strong>agli</strong> atti inerenti a rapporti di famiglia e di successioneper causa di morte ovvero <strong>agli</strong> atti concernentidiritti reali su immobili situati in un Paese diversoda quello in cui l’atto è compiuto.3. – Una questione della quale merita brevementediscutere con riferimento alla disciplinadi diritto comune è data dall’incidenza del rimandoche l’art. 57 della legge di riforma del sistemaitaliano di diritto internazionale privatoopera alla Convenzione di Roma del 1980, delquale si è in altra sede prospettata l’estensibilitàalla nuova disciplina recata dal reg. « RomaI » ( 10 ), al fine di disciplinare le situazioni quali-( 9 ) Si vedano, con riguardo alla nuova disciplinacontenuta nell’art. 23, par. 2 della l. n. 218/95, tra glialtri, Baruffi, sub art. 23, in Legge 31 maggio 1995, n.218. Riforma del sistema italiano di diritto internazionaleprivato – Commentario, a cura di Bariatti, in questaRivista, 1996, p. 1100 s.; Daniele, Capacità e dirittidelle persone (<strong>artt</strong>. 20-25),inIl nuovo sistema italianodi diritto internazionale privato, in Corr. giur.,1995, p. 1239 ss., spec. p. 1241 s.; Di Blase, sub art.23, in Commentario del nuovo diritto internazionaleprivato, a cura di Pocar et alii, Padova, 1996, p. 115ss., spec. p. 118 s.; Mosconi e Campiglio, Capacitànel diritto internazionale privato, inDigesto IV ed.,Disc. priv., Sez. civ., Agg., I, Torino, 2000, p. 125 ss.,spec. p. 1<strong>28</strong> s.; Id., Diritto internazionale privato eprocessuale, Parte speciale 2 , Torino, 2006, p. 9 ss.,spec. p. 13 ss.; Villani, voce Capacità e diritti dellepersone fisiche (diritto internazionale privato), inEnc.dir., Agg., IV, Milano, 2000, p. 173 ss., spec. p. 188 ss.( 10 ) Ci si permette di rinviare a quanto osservato inMarongiu Buonaiuti, supra, Note introduttive, II,par. 1) e già, con riferimento alla proposta di regolamento,in Id., Conseguenze della trasformazione dellaconvenzione di Roma in regolamento comunitario perNLCC 3/4-2009


834reg. CE n. 593/2008[Art. 13]il sistema italiano di diritto internazionale privato, inLa legge applicabile ai contratti nella proposta di regolamento« Roma I », a cura di Franzina, Padova,2006, p. 142 ss.; propende invece per l’interpretazioneper cui il rimando operato dall’art. 57 per le questioninon rientranti nell’ambito di applicazione delreg. « Roma I » continuerebbe a dirigersi alla Convenzionedi Roma anche una volta entrato in vigorequest’ultimo, Salerno, Le conseguenze del regolamento« Roma I » sulla legge italiana di diritto internazionaleprivato, inIl nuovo diritto europeo dei contratti:dalla convenzione di Roma al regolamento « RomaI », Milano, 2007, p. 179 ss., spec. p. 183 ss.; Id.,supra, Note introduttive, I, par. 8.ficabili ai sensi del nostro ordinamento qualiobbligazioni contrattuali, ma non rientranti nell’ambitodi applicazione della disciplina convenzionaleovvero, ove si accolga la tesi che si èprospettata, del regolamento. Si tratta in sostanzadi stabilire se, nei casi in cui la disciplina contenutanella Convenzione o nel regolamentonon si applichi per forza propria bensì in forzadel richiamo effettuato dall’art. 57 della nostralegge, la questione dell’eventuale incapacità diuna delle parti debba essere disciplinata dall’art.11 della Convenzione – ovvero dall’art. 13del regolamento – piuttosto che dall’art. 23,par. 2, della legge di riforma. Al riguardo, deveessere rilevato che, in relazione ad alcune dellematerie che sfuggono all’applicazione della disciplinaconvenzionale come pure a quella delreg. « Roma I », neppure sarebbe applicabile, inforza del suo par. 4, la norma contenuta nellalegge italiana. Al tempo stesso, si deve osservareche, da una parte, le esigenze di uniformità didisciplina internazionalprivatistica, che hannogiustificato la previsione di un richiamo allaConvenzione al fine di sottoporre alla sua disciplinaanche le fattispecie che ne sarebbero rimasteescluse, appaiono orientare l’interprete insenso favorevole ad un’estensione della disciplinaconvenzionale nel suo insieme, ivi inclusa lanorma che regola il problema in questione. Dall’altra,considerato che tra l’art. 57 e l’art. 23,par. 2 della legge di riforma vi è, con evidenza,assoluta parità di rango, un argomento di specialitàappare inclinare verso l’opposta soluzione.Quest’ultima norma, infatti, in quanto relativaallo specifico aspetto della capacità delleparti di concludere il contratto, presenta caratterespeciale in rapporto all’altra, che si preoccupameramente di individuare la disciplina internazionalprivatisticagenerale per le obbligazionicontrattuali non rientranti nell’ambito diapplicazione della disciplina convenzionale ( 11 ).Nel senso della prevalenza della soluzione contemplatadall’art. 23, comma 2 o , della legge italianadi riforma nelle ipotesi considerate apparemilitare, decisivamente, anche un argomento dinon ridondanza, non trovando evidentementegiustificazione, ove si concludesse in senso opposto,la presenza di un’apposita disposizionein proposito nella legge italiana.4. – Venendo ora specificamente ai termini neiquali la regola in esame si trova riformulata nell’art.13 del regolamento, si deve osservare cheessa non si discosta sensibilmente dal testo dell’art.11 della Convenzione di Roma, se non perla per la parte finale, in cui la nuova norma fa riferimentoall’eventualità che l’altra parte contraenteabbia colpevolmente ignorato l’incapacitàfatta valere da una parte, usando un’espressionemaggiormente omogenea con quella adottatadall’art. 23, comma 2 o , della legge italiana diriforma rispetto alla precedente, che faceva riferimentoall’eventualità che tale parte la avesseignorata per imprudenza da parte sua. Alla diversaformulazione utilizzata dal regolamentonon sembra, tuttavia, doversi attribuire un’incidenzasignificativa sulla portata della disposizione,costituendo la nuova formulazione adottatapiuttosto un miglioramento e una chiarificazionedel dettato precedente, essendo, peraltro, lanozione di colpa maggiormente in linea con lecategorie <strong>giuridiche</strong> del nostro ordinamento inluogo di quella di imprudenza che, per quantosuscettibile di rilevare come elemento della colpa,non assume autonoma rilevanza come connotazionegiuridica della condotta. La formulacontenuta nell’art. 11 della Convenzione sembrapiuttosto desunta dalla terminologia ricorrentenella regola affermata dalla Cour de cassationfrancese nella sentenza Lizardi prima ricordata,la quale richiedeva, peraltro, che la parte avesseagito, oltreché sans imprudence, anche sans( 11 ) Si veda in questo senso Davì,Ildiritto internazionaleprivato italiano della famiglia e le fonti di origineinternazionale o comunitaria, inRiv. dir. internaz.,2002, p. 861 ss., spec. p. 890; si vedano ancheMosconi e Campiglio, Diritto internazionale privato,cit., p. 16.NLCC 3/4-2009


[Art. 13] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 835légèreté e avec bonne foi ( 12 ), dovendo quindi intendersila formula « senza imprudenza » utilizzatanella Convenzione come sostanzialmentecomprensiva degli altri elementi implicanti unatteggiamento colpevole o, più specificamente,negligente della parte che ha fatto affidamentosulla capacità della controparte ( 13 ).( 12 ) Cassation 16 gennaio 1861, cit., p. 195.( 13 ) Si veda, nel senso che la formulazione adottatanell’art. 11 della Convenzione deve considerarsi sostanzialmenteispirata alla formula contenuta nell’arrêtLizardi, dovendo quindi il riferimento all’assenzadi imprudenza della parte intendersi come comprensivoanche degli altri elementi indicati nella sentenza,Lenzi, Carrabba e Tatarano, Capacità dei contraenti,cit., p. 230. V., nel senso che la diversa formulazionecontenuta nell’art. 23, comma 2 o , dellalegge italiana di riforma, sostanzialmente corrispondentesul punto a quella ora contenuta nell’art. 13 delregolamento, non si discosta quanto al significatonormativo da quella contenuta nella Convenzione,Lenzi, Prime osservazioni sulla legge 218 del 31 maggio1995,inRiv. not., 1995, p. 1133 ss., spec. p. 1146;Villani, Capacità e diritti, cit., p. 189; in senso diverso,Daniele, Capacità e diritti, cit., p. 1241, il qualefa leva sulla portata tendenzialmente più ampia deltermine colpa per rilevare che in base alla diversa formulazioneutilizzata dall’art. 23, comma 2 o , della leggeitaliana di riforma potrebbe essere fatta valere dall’incapaceuna mera negligenza dell’altra parte, laquale, a rigore, non raggiungerebbe la più restrittivasoglia della « imprudenza » richiesta dalla Convenzione;nello stesso senso Baruffi, sub art. 23, cit., p.1102 s. Lo stesso mutamento terminologico aveva,del resto, interessato il testo dell’art. 23, comma 2 o ,della legge di riforma, dato che il corrispondente art.21, comma 2 o , dell’articolato predisposto dalla Commissioneministeriale incaricata di redigere il testo delprogetto di riforma (in Riv. dir. internaz. priv. e proc.,1989, p. 932 ss.), recava l’espressione « soltanto persua imprudenza », la quale è stata sostituita con l’attualeformulazione in sede di presentazione del disegnodi legge (in La riforma del diritto internazionaleprivato e processuale, a cura di Gaja, Milano, 1994, p.448 ss.), senza che la relazione (ivi, p. 414 s.) evidenzialcuna intenzione di introdurre un mutamento nel significatodella norma rispetto al testo predispostodalla Commissione ministeriale. Nel senso che si siatrattato, come in altri casi presenti nel testo del disegnodi legge, di una sostituzione dei termini utilizzatinel progetto con altri di significato equivalente, si vedaFumagalli, La riforma del diritto internazionaleprivato nel disegno di legge governativo,inRiv. dir. internaz.priv. e proc., 1993, p. 499 s. Nel senso della sostanzialeequivalenza delle due espressioni appareporsi, infine, anche la Relazione Giuliano-Lagarde,A parte questo mutamento terminologico, lanorma dell’art. 13 del reg. « Roma I » riproducetestualmente l’enunciato dell’art. 11 della Convenzione,riprendendone gli altri presupposti,costituiti dal trattarsi di un contratto conclusotra due persone che si trovano in uno stessoPaese e dal fatto che una delle parti, persona fisica,che sia capace in base alla legge di tale Paese,invochi una propria incapacità derivante dauna legge diversa. Tale legge potrebbe eventualmenteanche non coincidere con la legge nazionaledella parte, purché, come appare implicitonell’economia della disposizione, si tratti di unalegge che sia applicabile al fine di determinarnela capacità a concludere il contratto in questione( 14 ). Coincidenti sono pure gli effetti derivantidalla previsione normativa, i quali si pongonoesclusivamente sul piano del diritto materiale,legittimando la parte interessata a far valerela condizione giuridica di incapacità derivantedall’applicazione di tale legge, e non già sulpiano conflittuale, non potendo determinarel’assoggettamento della capacità della parte adetta legge, considerato che il regolamento nonsi occupa di disciplinare le questioni inerenti allostato e alla capacità delle persone fisiche ( 15 ).sub art. 11, ove si osserva espressamente che la formula« per imprudenza da parte sua » contenuta nell’art.11 della Convenzione deve intendersi riferita all’ipotesiin cui la controparte ha ignorato l’incapacitàfatta valere « per sua colpa ». Indicazioni nello stessosenso giungono anche da un riscontro delle altre versionilinguistiche della Convenzione e del regolamento:la versione inglese della prima, ad esempio, ricorreall’espressione « as a result of negligence », lamedesimaespressione figurando ora nell’art. 13 del regolamento,mentre la versione francese del regolamentoconserva la stessa espressione « en raisond’une imprudence de sa part » già adottata nellaConvenzione, mentre la versione tedesca di entrambigli strumenti fa riferimento ad una generica nozionedi colpa (Fahrlässigkeit), segno evidente che le diverseespressioni, che appaiono riflettere le tradizionidei rispettivi sistemi giuridici di riferimento, devonoconsiderarsi, alla luce dell’obiettivo di un’interpretazioneed applicazione uniforme della Convenzioneed ora del regolamento, sostanzialmente equivalenti.( 14 ) Questo specifico profilo verrà esaminato infra,par. 6, trattando della portata del riferimento adun’incapacità derivante da « altra legge » contenutonella norma.( 15 ) Si vedano, con riferimento alla disciplina contenutanell’art. 11 della Convenzione, tra gli altri,NLCC 3/4-2009


836reg. CE n. 593/2008[Art. 13]5. – Data la continuità anche testuale con laConvenzione di Roma, la norma del regolamentolascia quindi irrisolti alcuni interrogativi chegià si ponevano con riguardo alla corrispondentedisposizione della Convenzione, costituiti, innanzitutto,dall’apparente asimmetria della norma.Essa, infatti, prendendo in considerazioneuna fattispecie ampiamente delineata, costituitada un contratto concluso tra due persone genericamenteindicate, le quali si trovino in unostesso Paese, detta invece una regola la quale siapplica unicamente alle persone fisiche. La norma,così strutturata, potrebbe rivelarsi discriminatoria,in quanto può applicarsi anche ad uncontratto concluso tra una persona fisica e unapersona giuridica, dovendo, a questo riguardo,il requisito del « trovarsi » nello stesso Paesedella controparte essere interpretato in sensomateriale, vale a dire come richiedente la contestualepresenza, al momento della conclusionedel contratto, del soggetto abilitato a concluderloper conto della persona giuridica nello stessoPaese in cui si trova la controparte persona fisica,a prescindere tanto dalla sede legale dellaprima quanto dal Paese di residenza abituale diquest’ultima. In un’ipotesi del genere, alla qualela norma appare applicabile, essa finirebbe perimporre ad una delle parti, la persona fisica, unalimitazione alla possibilità di far valere la propriaincapacità che non è invece prevista perl’altra ( 16 ). Né, del resto, un argomento decisivoMarchio, sub art. 11, in Convenzione sulla legge applicabilealle obbligazioni contrattuali (Roma, 19 giugno1980) – Commentario, a cura di Bianca e Giardina,in questa Rivista, 1995, p. 1060 ss., spec. p. 1062ss.; Plender, Wilderspin, The European ContractsConvention 2 , London, 2001, p. 59 ss.; Villani, Laconvenzione di Roma sulla legge applicabile ai contratti3 , Bari, 2000, p. 37 s.( 16 ) Il problema in esame non si porrebbe nel casodi un contratto concluso tra due persone <strong>giuridiche</strong>,in quanto nessuna delle parti potrebbe all’evidenzaavvalersi della regola in questione. Tra l’altro, ove sitratti di un contratto concluso tra società commerciali,è stata ipotizzata in dottrina l’applicazione di unonere maggiore di informarsi circa il regime giuridicocui è sottoposta la controparte, rientrando al giornod’oggi l’assunzione di tali informazioni nell’ordinariastrategia d’impresa: si vedano in questo senso Ancele Lequette, in Grands arrêts, cit., p. 46; Muir-Watt, « Law and Economics »: quel apport pour ledroit international privé?, inLe contrat au début dunel senso di escludere la potenziale applicazionedella norma dell’art. 13 del regolamento ai contrattiin cui una parte sia una persona giuridicasembra poter essere desunto dalla presenza dell’inciso« fatto salvo l’art. 13 » unicamente nell’art.1, par. 2, lett. a), che esclude dall’ambitodi applicazione del regolamento le questioni distato e capacità delle persone fisiche ( 17 ), e nonanche nella successiva lett. f), relativa all’esclusionedelle questioni relative al diritto delle società,associazioni e persone <strong>giuridiche</strong>, tra cui,in particolare, la capacità giuridica ( 18 ). L’assenzadi un riferimento all’art. 13 in quest’ultimadisposizione appare potersi spiegare, infatti, allaluce della considerazione che la norma nei terminiin cui è formulata finisce con l’incidereunicamente sulla capacità della persona fisica,pur potendo determinare effetti rilevanti anchesui contratti che questa abbia concluso con unapersona giuridica. Con riferimento all’ipotesiche si è posta, deve pur sempre osservarsi cheun eventuale problema di capacità di concludereil contratto da parte della persona giuridicaappare presentarsi più verosimilmente non tantoin termini di capacità in senso proprio, nonponendosi, evidentemente, i problemi attinentipiù propriamente alla capacità di agire che sipongono per le persone fisiche, quanto, più frequentemente,in termini di legittimazione dell’organoa concludere il contratto per conto dellapersona giuridica ( 19 ). Tale questione, nondimeno,esula dall’ambito di applicazione del regolamentoin base all’art. 1, par. 2, lett. g) diquesto ( 20 ).6. – Un altro profilo problematico che la nor-XXI e siècle. Études offerts à Jacques Ghestin, Paris,2001, p. 685 ss., spec. p. 694.( 17 ) Si veda al riguardo Biagioni, supra, commentosub art. 1, II.( 18 ) Si veda in proposito Gardella, supra, commentosub art. 1, V.( 19 ) Si veda, in proposito, Cassation 8 dicembre1998, in Rev. crit. dr. internat. privé, 1998, p. <strong>28</strong>4 ss.,con nota di Menjucq, ibidem, p. <strong>28</strong>5 ss., in cui laCassation ha affermato che l’estensione dei poteri deidirigenti di una società di impegnare la società stessanei rapporti con i terzi deve essere determinata in basealla lex societatis, indipendentemente dalla leggeche regola il contratto concluso.( 20 ) Si veda al riguardo Franzina, supra, commentosub art. 1, VI, par. 1.NLCC 3/4-2009


[Art. 13] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 837( 21 ) La formula generica utilizzata dall’art. 13 delregolamento come già dall’art. 11 della Convenzionetrova giustificazione alla luce dell’esigenza di tenereconto delle diverse soluzioni adottate nei sistemi didiritto internazionale privato degli Stati membriquanto alla legge regolatrice della capacità, essendovi,accanto a quelli che la sottopongono alla legge nazionalecome nel caso dell’ordinamento italiano, sistemiche la sottopongono a quella del domicilio, comeosservato nella Relazione Giuliano-Lagarde, subart. 11.( 22 ) Si veda ancora, in questo senso, la Relazionesulla convenzione, cit., p. 33; anche Mosconi, Lenorme relative alla capacità dei contraenti, cit., p. 196s.ma in esame presenta e che è già stato in precedenzaaffrontato dalla dottrina anche in relazionealla soluzione contenuta nel previgente sistemaitaliano di diritto internazionale privato ècostituito dalla portata del riferimento alla« legge » sulla base della quale la parte interessatapuò invocare la propria incapacità. La normadell’art. 13 del regolamento, come già il dettatosotto questo profilo coincidente dell’art. 11della Convenzione, si limita a precisare che debbatrattarsi di una legge diversa da quella delPaese nel quale le parti hanno concluso il contratto.La norma non precisa, come già rilevato,che debba trattarsi della legge nazionale delsoggetto interessato, né indica alcun altro criteriosulla cui base tale legge debba essere individuata( 21 ). Ciò, del resto, è coerente con la sceltaeffettuata dal legislatore comunitario di mantenereal di fuori dell’ambito di applicazionedella disciplina uniforme la questione della capacitàdelle parti, la quale rimane soggetta allalegge individuata come applicabile in base allenorme interne di diritto internazionale privato.Ne discende che, non potendo ammettersi chepossa rilevare a questo fine una qualsivoglia legge,magari individuata ad arte dalla parte interessataal puro scopo di poter affermare la propriaincapacità a concludere il contratto, questa« altra legge » in tanto verrà in considerazionein quanto essa sia individuata come applicabileal fine di regolare la capacità della parte in baseal sistema di diritto internazionale privato delforo ( 22 ), dovendo attribuirsi rilevanza, in questamateria, anche all’eventuale rinvio che la leggeda questo designata effettui ad altra legge,nella misura in cui il sistema di diritto internazionaleprivato del foro lo preveda. Esorbitando,infatti, le questioni relative alla capacità delleparti dall’ambito di applicazione del regolamento,deve ritenersi che non trovi applicazionerispetto ad esse l’esclusione del rinvio previstadall’art. 20 di questo ( 23 ).7. – L’individuazione della legge regolatricedella capacità delle parti non esaurisce, tuttavia,i problemi posti dal riferimento che la normadel regolamento compie ad un’incapacità «risultanteda un’altra legge ». La norma non chiarisce,infatti, se si debba fare riferimento unicamentead un’incapacità che derivi dalle mere disposizioniastratte della legge presa in considerazione,ovvero anche ad una condizione acquisitadal soggetto in base a provvedimenti che,( 23 ) Deve ritenersi a questo riguardo inapplicabilela disposizione dell’art. 13, comma 4 o , della legge italianadi riforma, la quale prevede che nei casi in cui lastessa legge dichiara applicabile in ogni caso una Convenzioneinternazionale si debba seguire sempre in temadi rinvio la soluzione prevista dalla Convenzione.Con riferimento al caso specifico della Convenzionedi Roma, ovvero, secondo la soluzione in altra sedeprospettata (v. Marongiu Buonaiuti, supra, Noteintroduttive, II, par. 1), del reg. « Roma I » deve infattiritenersi che l’effetto estensivo derivante dal rimandooperato dall’art. 57 della legge di riforma non possacomunque comportare l’applicazione delle disposizionidella Convenzione, ovvero del regolamento, aquestioni che ai sensi del nostro ordinamento non sonoqualificabili in termini di obbligazioni contrattualie per le quali la stessa legge di riforma detta regole apposite,come è il caso della capacità delle parti. Si vedano,con riguardo alla soluzione accolta nell’art. 13,comma 4 o , della legge italiana di riforma, tra gli altri,Boschiero, Appunti sulla riforma del sistema italianodi diritto internazionale privato, Torino, 1996, p. 196ss.; Mosconi, sub art. 13, in Commentario del nuovodiritto internazionale privato, cit., p. 54 ss., spec. p. 56;Munari, sub art. 13, in Legge 31 maggio 1995, n. 218– Commentario, a cura di Bariatti, cit., p. 1018 ss.,spec. p. 1034 s.; Picone, La teoria generale del dirittointernazionale privato nella legge italiana di riformadella materia, inRiv. dir. internaz., 1996, p. <strong>28</strong>9 ss.,spec. p. 340 ss.; aveva prospettato de iure condendol’accoglimento di tale soluzione nell’ambito di unanuova disciplina del rinvio che ne superasse l’esclusionedisposta dalla disciplina previgente e dall’inizialeprogetto di riforma Davì, Le questioni generali deldiritto internazionale privato nel progetto di riforma,in La riforma del diritto internazionale privato e processuale,a cura di Gaja, cit., p. 99 s. Si veda ancheFranzina, infra, commento sub art. 20, par. 3.NLCC 3/4-2009


838reg. CE n. 593/2008[Art. 13]secondo detta legge, siano idonei ad incideresulla sua capacità. In proposito, per quanto lanorma dell’art. 13 del regolamento appaia formulatain termini tendenzialmente restrittivi inconsiderazione della finalità da essa perseguitadi tutelare l’affidamento incolpevole della controparte( 24 ), essa non consente di escludereche, nella misura in cui la legge che regola la capacitàdella parte preveda che una sua eventualeincapacità di concludere un contratto possa derivareda un provvedimento giurisdizionale oamministrativo che sia efficace secondo tale legge,per essere stato emanato dai giudici o dalleautorità di quel Paese o per essere stato ivi riconosciuto,l’espressione utilizzata dalla norma inesame debba intendersi come comprensiva anchedi tali provvedimenti, in quanto contribuisconoa dettare la disciplina della capacità dellaparte nell’ordinamento considerato ( 25 ).8. – Qualche ultima considerazione che appareopportuno aggiungere riguarda la perdurantegiustificazione della soluzione offerta dalla normaesaminata nel mutato contesto dei rapporticommerciali, segnatamente a seguito del diffondersidell’uso di mezzi elettronici di comunicazioneal fine della conclusione di contratti. Intale mutato contesto, il presupposto dell’applicazionedella norma costituito dal trovarsi leparti nel medesimo Paese potrebbe rivelarsi difficilmenteidentificabile dai contraenti, o, comunque,scarsamente rilevante, alla luce dellemodalità di conclusione del contratto, al fine di( 24 ) Da notare, peraltro, a questo riguardo, che laformulazione restrittiva derivante dall’utilizzo dell’avverbio« soltanto » appare riguardare le condizionisoggettive della controparte (conoscenza o ignoranzacolpevole dell’incapacità al momento dellaconclusione del contratto), e non già la fonte da cuil’incapacità derivi, con riguardo alla quale la normaappare formulata piuttosto ampiamente (« risultanteda un’altra legge »). Si rimanda a quanto osservato inordine alla formulazione adottata nella norma, supra,par. 4.( 25 ) Secondo quanto prospettato, con rifermentoall’art. 17, comma 2 o , delle disposizioni sulla legge ingenerale, da Luzzatto, voce Persona fisica (dirittointernazionale privato), inEnc. dir., XXXIII, Milano,1983, p. 2<strong>27</strong> ss., spec. p. 2<strong>29</strong> s., facendo riferimentoall’ampia analisi teorica del tema del riconoscimentodell’efficacia sostanziale dei provvedimenti giurisdizionalistranieri in materia di stato e capacità dellepersone per tramite delle norme di diritto internazionaleprivato svolta in Id., Stati giuridici e diritti assolutinel diritto internazionale privato, Milano, 1965,spec. p. 149 ss. La tesi, accolta anche in giurisprudenza– v. in particolare: App. Roma 17 giugno 1961, inForo it., 1961, I, c. 1224 ss., Cass. 14 marzo 1968, n.823, in Riv. dir. internaz., 1969, p. 592 ss. (su cui, tr<strong>agli</strong> altri, v. Comba, Pregiudizialità della sentenza di divorzioed accertamento dello stato libero dello straniero,inGiur.it., 1969, I, c. 1603 ss., Starace, Sullo statolibero dello straniero divorziato, inRiv. dir. internaz.priv. e proc., 1968, p. 843 ss., e più ampiamentePicone, La capacità matrimoniale dello straniero divorziato,Napoli, 1970, p. 15 ss.); Cass., sez. un., 15luglio 1974, n. 2126, in Riv. dir. internaz., 1975, p.781 ss.; Cass. 25 maggio 1985, n. 3187, in Riv. dir. internaz.priv. e proc., 1985, p. 871 ss.; con riguardo all’efficaciadegli atti pubblici stranieri concernenti lostatus delle persone aventi la cittadinanza del medesimoStato in cui gli atti sono stati emanati, Cass., sez.un., <strong>28</strong> marzo 1985, n. 2186, ivi, 1986, p. 625 ss. (v. inproposito, Davì, voce Separazione personale (dirittointernazionale privato), in Enc. dir., XLI, Milano,1989, p. 1425 ss.) –èstata ripresa con riferimento alnuovo sistema di diritto internazionale privato introdottodalle legge di riforma del 1995, tra gli altri, daVillani, voce Capacità e diritti delle persone fisiche(diritto internazionale privato), inAgg., IV, Milano,2000, p. 173 ss., spec. p. 184 s., osservando che talepossibilità non può ritenersi esclusa per via della presenzadell’apposita disciplina del riconoscimento deiprovvedimenti stranieri in materia di stato e di capacitàdelle persone contenuta nell’art. 65, dato che talenorma ha ad oggetto il diverso fenomeno del riconoscimentodi tali provvedimenti nella loro natura di attigiurisdizionali: si veda in proposito Picone, Sentenzestraniere e norme italiane di conflitto, inRiv.dir. internaz., 1997, p. 922 ss. L’autonomia del metododel riconoscimento degli effetti sostanziali deiprovvedimenti stranieri per tramite delle norme didiritto internazionale privato rispetto al meccanismodi cui all’art. 65 della legge di riforma è sottolineataanche da Davì, La Rivista e gli studi di diritto internazionaleprivato in Italia nel dopoguerra, inRiv. dir. internaz.,2007, pp. 40 ss. e 49. Il metodo in questione,peraltro, è alla base dell’elaborazione teorica del riferimentoall’ordinamento giuridico competente, in basealla quale il richiamo operato dalle norme di conflittosi dirige non già alla legge in senso formale,bensì all’ordinamento giuridico nel suo insieme, ricomprendendotutti quei provvedimenti che incidonosul modo di essere del rapporto all’interno diquell’ordinamento, a prescindere dalla loro origine,dovuta a Picone, Ordinamento competente e dirittointernazionale privato, Padova, 1986, p. 43 ss.; Id.,Laméthode de la référence à l’ordre juridique compétenten droit international privé, inRec. Cours, vol. 197, p.264 ss.NLCC 3/4-2009


[Art. 13] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 839giustificare l’applicazione di un regime diverso( 26 ).Il problema, con evidenza, si presenta in terminidifferenti a seconda che si tratti di un contrattonel quale una delle parti sia un operatoreprofessionale del commercio elettronico, vale adire un’impresa, normalmente costituita in formadi persona giuridica, la quale disponga di unsito internet che consenta la conclusione automaticadi contratti con soggetti che accedano amezzo della rete al sito stesso, ovvero di un contrattotra due persone fisiche, concluso a distanzaa mezzo di comunicazioni elettroniche. Nelprimo caso, al di là delle difficoltà tecniche chela parte-persona giuridica dovrà superare peraccertare la effettiva localizzazione della partepersonafisica che accede al proprio sito internetper concludere il contratto, le quali sono peraltroormai facilmente risolvibili tramite idoneiaccorgimenti che si può ragionevolmente aspettarsisiano adottati da chi opera professionalmentein tale contesto, si pone in concreto laquestione se sia giustificato applicare una regolache prevede un regime diverso a seconda che lapersona fisica che conclude un contratto a mezzodel sito internet di un dato operatore commercialesi trovi o meno nello stesso Paese incui questo ha sede. Tra l’altro, è frequente l’ipotesiin cui gli operatori del commercio elettronicosi avvalgono di siti internet localizzati in Paesidiversi da quello della propria sede e, persino,di una pluralità di siti in diversi Paesi, tra i qualigli utenti vengono automaticamente ripartiti aseconda del Paese o dell’area geografica dallaquale accedono alla rete, anche se, in questi casi,dovrà verificarsi se all’ubicazione materialedegli apparati su cui si basa il funzionamentodel sito corrisponda un’effettiva realtà organizzativalocale, non rilevando altrimenti tale luogoal fine della effettiva localizzazione della partedel contratto ( <strong>27</strong> ).Motivi di perplessità anche maggiori possonoporsi quanto all’opportunità dell’applicazionedella regola ad un contratto concluso tra personefisiche a mezzo di comunicazioni elettroniche,per esempio quando si tratti di soggetti entrambiabitualmente residenti nel medesimoPaese, che casualmente si trovano a concludereil contratto mentre si trovano in Paesi diversi,ad esempio quando lo scambio dell’offerta edell’accettazione a mezzo di messaggi di postaelettronica avvenga mentre una delle parti sitrovi temporaneamente all’estero, circostanzache potrebbe non essere evidente alla controparteove la prima si avvalga sempre del proprioabituale indirizzo di posta elettronica, oppure,all’inverso, ove due soggetti abitualmente residentiin Paesi diversi si trovino casualmente aconcludere il contratto nello stesso Paese, perchélo scambio di messaggi di posta elettronicasi verifica mentre una delle due si trova temporaneamentenel Paese dell’altra all’insaputa diquest’ultima, o entrambe si trovino in uno stessoterzo Paese senza esserne a conoscenza ( <strong>28</strong> ).( 26 ) Si veda in questo senso Draetta, Internet ecommercio elettronico nel diritto internazionale deiprivati, Milano, 2001, p. 208 ss.( <strong>27</strong> ) Una chiara indicazione in questo senso è contenutanell’art. 2, lett. c), della dir. 2000/31/CE dell’8giugno 2000, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizidella società dell’informazione, in particolare ilcommercio elettronico, nel mercato interno (direttivasul commercio elettronico), in G.U.C.E., L 178 del17 luglio 2000, p. 1 ss., la quale, a proposito della nozionedi « prestatore stabilito », precisa che la presenzae l’uso dei mezzi tecnici e delle tecnologie necessarieper prestare un servizio non costituiscono diper sé uno stabilimento del prestatore. Tale regolaappare peraltro valere anche per le attività non rientrantinell’ambito di applicazione della direttiva: siveda in questo senso Draetta, op. cit., p. 212; Zanobetti,Contract Law in International Electronic Commerce,inRev.dr. affaires internat., 2000, p. 545 ss.; insenso contrario, argomentando, piuttosto discutibilmente,che la mera presenza di un sito internet interattivocomporti l’esistenza di un « centro operativo» dell’impresa (secondo l’espressione utilizzata inCorte giust. CE 22 novembre 1978, causa 33/78, Somafer,inRaccolta, 1978, p. 2183 ss., punto 12, in relazioneall’art. 5, n. 5, della Convenzione di Bruxellesdel 1968), Caiazza, È sufficiente un sito internet perchésussista uno stabilimento ai fini della determinazionedella legge applicabile e della competenza giurisdizionale?,inDir. comun. e scambi internaz., 1999,p. 191 ss.( <strong>28</strong> ) È evidente, a questo riguardo, che l’identificazionedel momento nel quale il contratto deve considerarsiconcluso dipende dalla legge applicabile, essendoal riguardo previste soluzioni diverse nei dirittinazionali. Un tentativo di fornire un’indicazione uniformein proposito è compiuto dalla dir. 2000/31/CEsul commercio elettronico, cit., la quale, all’art. 11,par. 1, prevede che le comunicazioni delle parti trasmesseper via elettronica, che la direttiva identificaNLCC 3/4-2009


840reg. CE n. 593/2008[Art. 13]rispettivamente con « ordine » e « ricevuta » si consideranopervenute quando la parte alla quale sono direttehanno la possibilità di accedervi. Al fine di ovviarealle difficoltà insite nell’incertezza circa la materialelocalizzazione di ciascuna parte al momento dellaconclusione del contratto, la recente convenzionedelle Nazioni Unite sull’uso di mezzi elettronici dicomunicazione nei contratti internazionali, elaboratadall’Uncitral ed adottata a New York il 23 novembre2005 (http://www.uncitral.org), non ancora in vigore,prevede all’art. 10, par. 3, che le comunicazionielettroniche sono da considerarsi come, rispettivamente,inviate o ricevute nel luogo in cui il mittenteovvero il destinatario hanno la propria sede d’affari.Si veda al riguardo, in ordine alla definizione del concettodi sede d’affari (« place of business ») deglioperatori, utilizzata nella citata convenzione, IorioFiorelli, Il contratto elettronico tra armonizzazionemateriale e diritto internazionale privato, Padova,2006, p. 56 ss. Tale soluzione, già prevista nella leggemodello adottata dalla stessa Uncitral in materia eprobabilmente ispirata alla soluzione già contenutanell’art. 24 della Convenzione delle Nazioni Unite suicontratti di vendita internazionale di beni mobili, costituisceun evidente superamento della soluzioneadottata ai presenti fini dalla Convenzione di Romaed ora dal regolamento, in cui, come già osservato, ilcriterio rilevante è dato dal concreto trovarsi dei contraentinello stesso paese al momento della conclusionedel contratto.Quest’ultimo esempio mette particolarmentein luce come il presupposto della presenza delleparti nel medesimo Paese al momento dellaconclusione del contratto renda l’applicazionedella regola potenzialmente aleatoria in relazionead un contratto concluso con modalità elettronicheche non garantiscano un’effettiva localizzazionedelle parti contraenti con i mezzi ordinariamentedisponibili a soggetti che non sianooperatori professionali del commercio elettronico,frustrando quelle stesse finalità di prevedibilitàdella legge applicabile alla capacitàdella controparte e, sul piano materiale, di tuteladell’affidamento incolpevole che la norma inesame persegue. In definitiva, appare doversiosservare che la sempre più frequente diffusionedel ricorso a mezzi elettronici di comunicazioneal fine della conclusione di contratti, unitaalla crescente mobilità delle persone ed alla delocalizzazionedelle attività economiche, rendanoancora più fortuito il luogo o il Paese in cui ilcontratto è concluso, facendolo apparire ancormeno idoneo come elemento suscettibile di incidere,seppur limitatamente alla questione dellacapacità delle parti, sulla disciplina internazionalprivatisticadel rapporto ( <strong>29</strong> ).Fabrizio Marongiu Buonaiuti( <strong>29</strong> ) La problematicità dell’individuazione del luogoin cui un contratto può considerarsi concluso facendouso di mezzi elettronici di comunicazione, soprattuttoalla luce delle evoluzioni tecnologiche checonsentono un facile accesso alla rete anche con mezzimobili (computer portatili ed anche telefoni cellulari),è sottolineata da Iorio Fiorelli, Il contratto elettronico,cit., p. 74 ss., il quale propone che all’imprevedibilitàdel luogo in cui la parte proponente puòconcretamente trovarsi a ricevere il messaggio elettronicodi accettazione della controparte, ove si segualo schema di cui all’art. 1326 c.c., possa ovviarsi facendoriferimento all’ubicazione del server di postaelettronica del destinatario della comunicazione diaccettazione, soluzione che non sfugge, tuttavia, al rilievogià compiuto in merito alla scarsa rilevanza dellalocalizzazione delle apparecchiature tecniche disupporto (server) del sito internet di una parte, ovverodel provider del servizio di posta elettronica di cuiquesta si avvale, al fine della localizzazione della partestessa. Una qualche rilevanza all’elemento della localizzazionedella rete utilizzata dalle parti per l’accessoa internet al fine di stabilire se le medesime sitrovino nello stesso Paese ai fini, segnatamente, dell’art.9 della Convenzione, sembra riconosciuta, inun’epoca in cui le comunicazioni elettroniche eranobasate unicamente su terminali connessi stabilmentetramite le reti di telefonia fissa o reti dedicate, da DiGiovanni, Il contratto concluso mediante computeralla luce della convenzione di Roma sulla legge applicabilealle obbligazioni contrattuali del 19 giugno 1980,in Dir. comm. internaz., 1993, p. 581 ss., spec. p. 608ss., il quale nondimeno ammetteva già allora che taleelemento non poteva dirsi decisivo, considerato cheavrebbero potuto trovarsi nello stesso paese ancheparti connesse a mezzo di networks internazionali.Alcuni approfondimenti anche in merito <strong>agli</strong> aspettidi carattere tecnico della problematica sono compiutida Parenti, Le peculiarità dei contratti telematici internazionali,inIl commercio elettronico. Profili giuridicie fiscali internazionali, a cura di Sacerdoti e Marino,Milano, 2001, p. 36 ss. Le difficoltà inerenti allalocalizzazione delle attività che si svolgono a mezzodella rete sono sottolineate, con particolare riferimentoa fattispecie di tipo diverso, come quella delladiffamazione o della violazione del diritto d’autore amezzo internet, anche da Bariatti, Internet: aspectsrelatifs aux conflits de lois, inRiv. dir. internaz. priv. eproc., 1997, p. 545 ss., spec. p. 551 ss.NLCC 3/4-2009


[Art. 14] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 841Art. 14.(Cessione di credito e surrogazione convenzionale)1. I rapporti tra cedente e cessionario o tra surrogante e surrogato nell’ambito di una cessioneo di una surrogazione convenzionale di credito nei confronti di un altro soggetto (« il debitore») sono disciplinati dalla legge che, in forza del presente regolamento, si applica al contrattoche li vincola.2. La legge che disciplina il credito ceduto o surrogato determina la cedibilità di questo, irapporti tra cessionario o surrogato e debitore, le condizioni di opponibilità della cessione osurrogazione al debitore e il carattere liberatorio della prestazione fatta dal debitore.3. Il concetto di cessione nel presente articolo include i trasferimenti definitivi di crediti, itrasferimenti di crediti a titolo di garanzia nonché gli impegni e altri diritti di garanzia sui crediti.Sommario: 1. La nozione di « cessione del credito ». –2. I « rapporti » tra cedente e cessionario. – 3. Lalegge della cessione. – 4. Le competenze della leggedel credito: a) la cedibilità. – 5. Segue: b) i« rapporti» tra cessionario e debitore e la posizione di quest’ultimo.– 6. La questione ancora aperta dell’opponibilitàai terzi. – 7. Segue: i problemi derivanti dallecessioni in blocco, dalle cessioni di crediti futuri edalle cessioni inserite in operazioni economiche complesse.– 8. Segue: la necessità di elaborare una disposizioneche tenga conto delle peculiarità di cessionidiverse da quella ordinaria. – 9. La surrogazione convenzionale.( 1 ) Sui profili di diritto internazionale privato dellacessione del credito. v. ampiamente Malatesta,La cessione del credito nel diritto internazionale privato,Padova, 1996; Pardoel, Les conflits de lois en matièrede cession de créance, Paris, 1997; Flessner eVerhagen, Assignment in European Private InternationalLaw. Claims as property and the EuropeanCommission’s « Rome I Proposal », München, 2006.( 2 ) Il trasferimento del credito può avere anchefunzione satisfattiva: si pensi alla datio in solutum, ossiaalla cessione del credito in luogo della prestazione,regolata dall’art. 1198 c.c. La funzione di garanzia1. – La cessione del credito è accolta nel reg.« Roma I » come categoria giuridica dai trattiampi secondo quanto si afferma nell’art. 14,par. 3 ( 1 ): vi si può inquadrare il « trasferimentodefinitivo », il« trasferimento a titolo di garanzia», oppure la costituzione di diritti di garanzia.Ne viene che, nel regolamento, la cessione delcredito ha finalità analoghe a quelle riconosciutelenegli ordinamenti nazionali e nella praticadel commercio internazionale: alienazione di unbene o costituzione di una garanzia ( 2 ). Tali finalitàriflettono peraltro peculiarità proprie econsolidate della nozione comunitaria di « dirittosul credito » già derivante da altri regolamentisulla cooperazione giudiziaria civile ( 3 ).Invero, la costituzione di un pegno quale causadel trasferimento del credito si evince, sempreper i predetti fini, dalle traduzioni in linguadiversa da quella italiana, la quale invece prevedegenericamente gli « impegni » sul credito:per esempio, in quella inglese si parla più chiaramentedi « pledges » e in quella francese di« nantissements ».La condizione che il rapporto tra cedente ecessionario presenti un conflitto di leggi fa sìche la cessione contemplata dall’art. 14 sia quellainternazionale: ciò accade, per esempio,quando i contraenti abbiano residenza abitualedifferente, quando essi scelgono per la discipli-si ha quando la cessione supporta una prestazionederivante da un negozio distinto. Su questa particolarecausa della cessione v. Dolmetta e Portale, Cessionedel credito e cessione in garanzia nell’ordinamentoitaliano, inBanca, borsa, tit. cred., 1985, p. <strong>27</strong>6.Sulla cessione quale mezzo di garanzia dell’accesso alcredito di piccole e medie imprese v. Bonomi, Lalegge applicabile alla cessione del credito: la delimitazionedi competenza tra leggi suscettibili di considerazione,inIl nuovo diritto europeo dei contratti: dallaconvenzione di Roma al regolamento Roma I, Milano,2007, p. 165 ss.( 3 ) Si pensi, su tutto, al « diritto (...) di recuperareil credito (...) in particolare in seguito alla costituzionedi un pegno o alla cessione di tale credito a titolodi garanzia » previsto dall’art. 5 del reg. CE n. 1346/2000 relativo alle procedure di insolvenza. Vedi, infra,par. 7.NLCC 3/4-2009


842reg. CE n. 593/2008[Art. 14]na del loro rapporti una legge diversa da quelladel credito ceduto ovvero quando la differenzatra le due leggi è determinata sulla base dei criteridi collegamento oggettivi. A ciò si aggiungail caso in cui sia il credito ceduto a presentareelmenti di internazionalità rispetto ad un contrattodi cessione squisitamente interno ( 4 ).I profili giuridici salienti della cessione sono iltrasferimento del credito, la modificazione dellato attivo di un rapporto obbligatorio ad essaprecedente e il conseguente coinvolgimento dialmeno tre soggetti: cedente, cessionario, debitoreceduto.È sempre vivo nella dottrina italiana il dibattitotra chi afferma ( 5 ) e chi nega ( 6 )l’autonomiadella causa cedendi rispetto a quella propria deicontratti o dei negozi giuridici (vendita, donazione,garanzia) sottostanti al trasferimento delcredito.Va da sé che, nel diritto internazionale privato,se la cessione del credito è qualificata comeatto autonomo, essa ha un proprio statuto internazionalprivatistico,mentre, se, al contrario, sirivela soltanto come effetto di un negozio giuridico,essa andrà disciplinata dalla legge regolatricedi questo ( 7 ). Casi problematici in tal sensosono: la cessione dei crediti gratuita, che può inquadrarsinella fattispecie della donazione, o deirapporti di famiglia, e la cessione dei crediticontro corrispettivo, che può qualificarsi come( 4 )L’internazionalità della cessione caratterizzaanche l’àmbito di applicazione di alcune convenzioniinternazionali in materia. V. la Convenzione di Ottawadel <strong>28</strong> maggio 1988 sul factoring internazionale,la quale fa riferimento ai « créances cédées en vertud’un contrat d’affacturage naissent d’un contrat devente de marchandises entre un fournisseur et un débiteurqui ont leur établissement dans des Etats différents». V. pure la Convenzione Uncitral di NewYork del 12 dicembre 2001 sulla cessione di creditinel commercio internazionale la quale prende in considerazionesia le cessioni di crediti internazionali siale cessioni internazionali di crediti, qualificando leprime come le cessioni riguardanti crediti di cui « lecédant et le débiteur sont situés dans des Etats différents» e le seconde come le cessioni concluse dacedente e cessionario che « sont situés dans des Etatsdifférents » (art. 3).( 5 ) Panuccio, voce Cessione dei crediti, inEnc.dir., VII, Milano, 1960, p. 859.( 6 ) Così Dolmetta e Portale, op. loc. cit.( 7 ) Cfr. Malatesta, La cessione del credito, cit., p.20 s.vendita di crediti. A ciò si aggiunga che, se lacessione è considerata una vicenda del rapportoda cui sorge il credito ceduto (la vicenda che nemodifica il lato attivo), sorge il problema se essavada regolata in base alla legge di tale rapporto.Anche in tal caso, la soluzione dipende dal preliminareaccertamento della natura autonoma ono della funzione traslativa della cessione rispettoalla sua incidenza sul contratto da cuiproviene il credito.Invero, tali problemi risentono della diversaposizione assunta al riguardo d<strong>agli</strong> ordinamentistatali. Difatti, è possibile distinguere tra ordinamentisecondo i quali la cessione ha naturaastratta, nel senso che essa riguarda l’effetto traslativodel credito ed è autonoma dal rapportoche ne costituisce il titolo, e ordinamenti che accolgonola cessione causale, ossia riconduconoall’atto traslativo del credito la causa del negozio( 8 ).Ora, la nozione contemplata nel reg. « RomaI », sulla scia di quanto accade nella Convenzionedi Roma del 1980, compromette i due orientamentitesté menzionati e punta essenzialmentea ripartire sotto due leggi la vicenda della cessionea seconda che si tratti dei rapporti obbligatoritra cedente e cessionario ovvero degli effettidella cessione nei confronti del debitore( 9 ).La disposizione è formulata, difatti, in mododa accogliere anche la cessione di tipo astratto:sulla scia della Convenzione, difatti, il regolamentonon inserisce la cessione come categoriadi riferimento della norma di conflitto bensì «irapporti tra cedente e cessionario ». Se fossestato utilizzato il termine « cessione » ovverol’espressione « trasferimento del credito », l’interpreteancorato a tradizioni <strong>giuridiche</strong> informatealla cessione di tipo astratto avrebbe ricondottoalla legge che regola il rapporto tra cedentee cessionario una serie di effetti che, comevedremo, vanno regolati dalla legge del creditoceduto ( 10 ).( 8 ) Nell’ordinamento italiano la cessione è un negozioa causa variabile, in quello francese sono piùnitidi i contorni di un negozio causale. Invece, nell’ordinamentotedesco vige la cessione astratta.( 9 ) V. da ultimo, Bonomi, La legge applicabile,cit., p. 168.( 10 ) Nell’art. 12 della Convenzione di Roma si usal’espressione « obbligazioni tra cedente e cessiona-NLCC 3/4-2009


[Art. 14] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 843Quanto al titolo in base al quale la cessione haluogo, il regolamento potrà applicarsi se esso hanatura contrattuale: per esempio, una cessionedi credito derivante da obblighi di natura familiarene è esclusa ( 11 ). D’altro canto, che sianosoltanto le cessioni fondate su contratto a venirein considerazione è circostanza provata dal fattoche i rapporti tra cedente e cessionario sono regolati,ai sensi dell’art. 14, dalla legge che « siapplica al contratto che li vincola ».2. – La legge che regola il contratto tra cedentee cessionario regola altresì i rapporti che questistringono in tema di cessione.Per cogliere appieno l’àmbito materiale dellalegge, occorre intendersi sulla nozione di « rapportitra cedente e cessionario ».Il 38 o considerando sembra venire in soccorsoaffermando che « il termine “rapporti” dovrebbeindicare chiaramente che l’art. 14, par. 1, siapplica anche <strong>agli</strong> aspetti di una cessione inerentialla proprietà tra cedente e cessionario inordinamenti giuridici in cui tali aspetti sonotrattati separatamente d<strong>agli</strong> aspetti inerenti aldiritto in materia di obbligazioni ». Ma che,« tuttavia, il termine “rapporto” non dovrebbeessere inteso come riferito a eventuali rapportiesistenti tra cedente e cessionario ». « In particolare,non dovrebbe comprendere questionipreliminari per quanto concerne una cessionedi crediti o una surrogazione contrattuale ». Ilconsiderando si conclude con la precisazioneche il termine « rapporti »«dovrebbe limitarsistrettamente <strong>agli</strong> aspetti che sono direttamentepertinenti per la cessione di crediti o la surrogazioneconvenzionale in questione ».Le enunciazioni del 38 o considerando servonoa fissare in via uniforme alcuni importanti parametriinterpretativi.Va detto subito che tali enunciazioni confermanola menzionata scelta di compromesso tramodello astratto e modello causale di cessione.La precisazione riguardante la qualificazionedei profili di proprietà connessi al credito serverio ». Per quanto detto a proposito dei problemi interpretativiconnessi all’uso del termine « trasferimentodel credito » nell’ottica degli ordinamenti cheaccolgono la cessione di tipo astratto v. la RelazioneGiuliano-Lagarde, sub art. 12, punto 1.( 11 )V.Malatesta, La cessione del credito, cit., p.37.infatti a evitare che i differenti atteggiamenti d<strong>agli</strong>ordinamenti giuridici degli Stati membri incidanosull’àmbito materiale di applicazionedella legge della cessione e, di conseguenza, sullaripartizione di competenza tra questa legge equella del credito. Si tratta, in particolare, di unenunciato che impone di attenersi alle indicazionidella legge della cessione a prescinderedalla circostanza che l’effetto traslativo abbianatura reale o obbligatoria dal punto di vista delforo ( 12 ).Quanto alla precisazione che i rapporti tra cedentee cessionario non abbracciano, ai fini applicatividell’art. 14, eventuali questioni preliminaridella cessione, è agevole pensare alla titolaritàdel credito ceduto o all’esistenza di un rapportotra i due soggetti che giustifica la conclusionedell’accordo di cessione.L’esempio della titolarità del credito serve peraltroa comprendere come alcune questionipreliminari al rapporto di cessione sfuggano allalegge che lo regola, ma non alla disposizionedell’art. 14. In effetti, in quanto aspetto dellavalida ed efficace costituzione del diritto di credito,la titolarità sarà disciplinata dalla legge diquesto: una competenza questa desumibile, comesi vedrà, anche dalla circostanza che taleprofilo rientra tra le eccezioni opponibili dal debitoreal cessionario le quali sono sottoposte allalegge del credito ai sensi dell’art. 14, par. 2.Che poi la determinazione concreta di tale leggedipenda da altre norme di conflitto del regolamento(in specie gli <strong>artt</strong>. 3 e 4) è circostanza legataal fatto che il credito sia sorto da contratto.Va da sé che anche la questione della titolaritàdel credito può sfuggire allo stesso regolamentoove riguardi rapporti ad esso estranei: si pensi,per esempio, ai crediti derivanti da obbligazioniextracontrattuali che vengono ceduti per contratto.Tra i punti che meritavano maggiore attenzione,giustificando in particolare un intervento( 12 )Un’analoga prospettiva è adottata da CashinRitaine, Les règles applicables aux transfert internationauxde créance à l’aune du nouveau Règlement RomeI et du droit conventionnel, inLe nouveau règlementeuropéen « Rome I » relatif à la loi applicableaux obligations contractuelles. Actes de la 20 e Journéede droit international privé du 14 mars 2008 à Lausanne,a cura di Bonomi e Cashin Ritaine, Zürich, 2009,p. 198 s.NLCC 3/4-2009


844reg. CE n. 593/2008[Art. 14]normativo – o un parametro interprativo da inserirenel preambolo –, spicca la questione delladoppia o plurima cessione. Fermo restandoquanto si dirà a proposito della disciplina conflittualein tema di opponibilità della cessione adebitore e terzi, qui preme sottolineare che talequestione investe un fascio di rapporti di cessionetutti sottoposti alle corrispondenti leggi individuatein base all’art. 14, par. 1.Si è detto che l’aspetto della titolarità del creditoè preliminare, e, pertanto, non rientra neirapporti di cessione. È però da chiedersi se laquestione della valida ed efficace prima cessioneche determina l’assenza della titolarità delcredito ceduto nella seconda e nelle successivecessioni fatte dal medesimo autore sia da trattareallo stesso modo.È facile rispondere nel senso che ogni cessioneavrà la sua legge regolatrice (la quale si vedràessere quella del contratto che vincola cedente ecessionario), ma altrettanto lo è immaginare chele due leggi possano disporre diversamentequanto alla validità e all’efficacia inter partesdella cessione di un credito già ceduto e che, indefinitiva, la questione preliminare della titolaritàdel diritto di credito costituisce, almeno invia di principio, un aspetto « direttamente pertinenteper la cessione » che, come tale, andrebbesottoposto alla legge di quest’ultima.Sempre in ordine alla determinazione dei rapportitra cedente e cessionario, è da chiarire seun « impegno o altro diritto di garanzia su crediti» di cui all’art. 14, par. 2, costituito nel corsodi una trattativa precontrattuale, sia valutabile,sulla scia del 10 o considerando, in base all’art.12 del reg. CE n. 864/2007 dell’11 luglio 2007sulla legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali(« Roma II »)( 13 ), piuttosto che alreg. « Roma I » e alle disposizioni ora in commento.Una risposta al riguardo dipende, a nostroavviso, dal modo con cui la cessione si ponerispetto alla trattativa.Difatti, ove la cessione sia conclusa in base aun contratto collegato, a scopo di garanzia, conl’altro in fase di conclusione, la circostanza cheessa sia legata a una trattativa contrattuale nonincide sulla sua natura contrattuale e sulla conseguenteapplicabilità del reg. « Roma I »: altroè il discorso relativo all’eventuale rilevanza, in( 13 ) G.U.U.E. n. L 199 del 31 luglio 2007, p. 40 ss.questo caso, del collegamento tra i contratti aifini dell’applicabilità dell’art. 4, par. 3, del regolamentoper individuare la legge regolatrice dellacessione.Si pensi, però, al caso di doppia cessione dicui il cessionario viene a conoscenza prima dellaconclusione del contratto principale, ma dopo ilperfezionamento della cessione. Ferma restandola diversa e (per così dire) autonoma questionedell’opponibilità della cessione a debitore eterzi, ci pare che in questo caso si profili un’ipotesidi responsabilità extracontrattuale del cedenteda valutare, in quanto avvenuta nel corsodi una trattativa precontrattuale, in base allalegge individuata ai sensi dell’art. 12 del reg.« Roma II » (il quale richiama, attraverso il criteriodel collegamento accessorio utilizzato inprima battuta, la legge del contratto della cuiconclusione si tratta ( 14 )) quale che sia la leggeregolatrice della cessione.3. – Ai sensi dell’art. 14, par. 1, i rapporti tracedente e cessionario sono regolati dalla leggeapplicabile al contratto che li vincola. Per designarela legge regolatrice di tale contratto, occorreavvalersi delle norme di conflitto generalidi cui <strong>agli</strong> <strong>artt</strong>. 3e4delreg. « Roma I » ediquelle speciali eventualmente rilevanti ( 15 ).Se il criterio della volontà delle parti non pre-( 14 ) In argomento v. Franzina, Il regolamento n.864/2007/CE sulla legge applicabile alle obbligazioniextracontrattuali (« Roma II »), in questa Rivista,2008, p. 1024 ss.( 15 ) È il caso di ricordare che la legge regolatricedella forma della cessione è quella prevista dall’art.11 del reg. « Roma I », il quale alterna la legge delluogo in cui l’atto è compiuto alla legge della sostanzadel contratto. Si potrebbe sostenere che il richiamodella lex loci actus possa ledere l’esigenza di assicurareai terzi e al debitore ceduto un certo grado diprevedibilità della disciplina sulla forma delle cessionirelative al credito considerato; esigenza garantitase si applica la legge del credito senza ricorrere allalex substantiae. Maè invece da accogliere anche lalegge del luogo di conclusione sia sulla base di un interpretazionesistematica dell’art. 14 e dell’art. 11, masoprattutto in relazione al principio del favor validitatisil quale, realizzato attraverso la predisposizione dipiù criteri di collegamento in concorso alternativo traloro, favorisce l’ampliamento piuttosto che la restrizionedel numero delle leggi applicabili in materia.Così, rispetto alla Convenzione di Roma, Malatesta,La cessione del credito, cit., p. 211.NLCC 3/4-2009


[Art. 14] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 845( 16 )V.Malatesta, La cessione del credito, cit., p.147 ss.; v. altresì Bonomi, Il nuovo diritto internazionaleprivato dei contratti: la Convenzione di Roma del19 giugno 1980 è entrata in vigore,inBanca, borsa, tit.cred., 1992, I, p. 99; Villani, La Convenzione di Romasulla legge applicabile ai contratti 2 , Bari, 2000, p.221; Cashin Ritaine, Les règles applicables aux transfertinternationaux de créance, cit., p. 193 s.senta problemi diversi da quelli legati al funzionamentodell’art. 3, più di un cenno merita l’applicazionedell’art. 4. In particolare, si tratta dichiarire quale categoria contrattuale nominatascegliere, come individuare il prestatore caratteristicoper il caso di contratti non nominati, peri contratti misti o complessi che diano tutti luogoa trasferimenti di credito, e, quando possonooperare la clause d’exception e il richiamo delcollegamento più stretto di cui, rispettivamente,ai parr. 3e4dell’art. 4.La scelta del regolamento di non contemplarela categoria contrattuale o negoziale della cessione,ma di riferirsi soltanto ai rapporti tra cedentee cessionario, impone quanto mai di valutarele circostanze del caso. Queste, in effetti,servono già a stabilire se la cessione abbia o noavuto luogo in base a un contratto nominatonell’art. 4, par. 1.Allo scopo di fugare buona parte dei dubbiinterpretativi suscettibili di emergere in questosenso e di assicurare omogeneità e uniformitàtanto alla qualificazione del contratto quanto alfunzionamento della regola conflittuale (ondeconseguire l’obiettivo primo del regolamento diintrodurre regole certe e prevedibili), l’interpreteè chiamato a confrontare siffatte circostanzecon il « concetto di cessione » enucleato nell’art.14, par. 3.Nel caso in cui il contratto abbia come oggettoil « trasferimento definitivo del credito » versocorrispettivo soccorre la legge Stato in cui ilcedente ha la residenza abituale: ciò sia qualificandoil contratto come vendita (il cedente verrebbein rilievo a titolo di venditore e si applicherebbela legge di quello Stato ai sensi dell’art.4, par. 1) sia sottoponendolo alla disciplinadei contratti non nominati (detta legge sarebberichiamata ai sensi dell’art. 4, par. 2). Siffatte soluzionicoincidono con quelle agganciate allaprestazione caratteristica in base alla Convenzionedi Roma ( 16 ).Qualora la cessione abbia funzione meramentesolutoria di un precedente obbligo contrattuale(datio in solutum) è opinione comunequella per cui essa è sottoposta alla legge regolatricedel contratto da risolvere, in quanto formadi adempimento ovvero di estinzione diquesto ( 17 ).Nel caso di un contratto di factoring, ove si ritenesseche questo sia un contratto di prestazionedi servizi, si applicherebbe la legge individuatain base all’art. 4, par. 1, lett. b), ossìa lalegge dello Stato di residenza abituale del prestatore/factor;ma alla stessa legge si perverrebbeanche se il factoring fosse ricondotto tra icontratti tipici non nominati di cui all’art. 4,par. 2, visto che, per effetto dell’art. 4, par. 2,verrebbe in rilievo il criterio della residenza abitualedel factor quale indubbio prestatore caratteristicodel contratto ( 18 ).Nel caso, infine, in cui il credito sia trasferito« a titolo di garanzia », sebbene possa ancoraindividuarsi nel cedente il prestatore caratteristico,il collegamento tra la cessione e l’obbligazioneche si intende garantire talvolta giustifica,alla luce del caso concreto, l’attrazione dellaprima nella sfera della seconda con conseguenteapplicazione della legge regolatrice di questa airapporti tra cedente e cessionario. Ciò conseguirebbead un funzionamento della claused’exception di cui all’art. 4, par. 3, fatta funzionarerispetto al negozio di cessione ( 19 ).( 17 ) V. sul punto, Malatesta, La cessione del credito,cit., p. 149 s. Una prospettiva differente è quelladella cessione quale modo di estinzione del rapportosoggettivo da cui sorge il credito ceduto per effetto diuna modificazione del lato attivo.( 18 ) Cfr. Villani, Aspetti problematici della prestazionecaratteristica, inRiv. dir. internaz. priv. e proc.,1993, p. 5<strong>29</strong> s.; Bonomi, La legge applicabile, cit., p.167 e nt. 20. Sul factoring v., dello stesso A., La cessioneinternazionale dei crediti e il factoring internazionale,in Liber memorialis Petar Sărčević: universalism,tradition and the individual, a cura di Erauw, Tomljenovice Volken, München, 2006, p. 401 ss.; Malatesta,La cessione del credito, cit., p. 225 ss.( 19 ) In questo senso si spiega – sebbene occorrav<strong>agli</strong>arne la congruità rispetto alla natura eccezionaleoggi indubbiamente rivestita dalla clausola di cui all’art.4, par. 3 – anche la posizione del Bundesgerichtshof26 luglio 2004, in IPRax, 2005, p. 342, il quale,chiamato a decidere sulla qualificazione comecontrattuale o no della responsabilità per doppia cessionedi un credito sottoposto alla legge tedesca maNLCC 3/4-2009


846reg. CE n. 593/2008[Art. 14]La legge della cessione, qua lex contractus, regolale materia racchiuse negli <strong>artt</strong>. 10, 11, 12,13 e 18 del regolamento. In particolare, ad essaspetta la disciplina delle condizioni di validitàdel contratto, degli obblighi reciproci tra cedentee cessionario (si pensi alla responsabilitàimputabile al cedente per la cessione di un creditoincedibile e al corrispettivo dovuto dal cessionario),dell’esistenza e dei limiti di una garanzia,della misura del trasferimento degli accessoridel credito (gli interessi e le garanziepersonali o reali) ( 20 ), delle modalità di trasferimentodel credito (ivi compresa la questionedella consegna di documenti probatori), nonchédel trasferimento delle azioni volte a realizzareil credito.Alcuni aspetti sottoposti alla legge della cessionepresuppongono talvolta la definizione diprofili ricondotti alla legge del credito. Si pensiall’accertamento della cedibilità di un credito –da definirsi in base alla legge di questo regolatriceai sensi dell’art. 14, par. 2 – in assenza dellaquale può sorgere la responsabilità del cedentedisciplinata, come visto, dalla legge della cessione.Il coordinamento tra le leggi (al pari dellapreliminare determinazione dell’àmbito materialespettante a ciascuna) è, dunque, necessarioper l’apprezzamento complessivo della vicendatraslativa. E non può escludersi al riguardo unconflitto o un’incompatibilità di valutazioni tragarantito da ipoteca iscritta su un immobile sito inFrancia ritiene che i legami più stretti della cessionefossero con lo Stato di situazione dell’immobile inveceche con quello di residenza abituale del cedente(considerato il prestatore caratteristico della cessione)in quanto lo scopo primario della domanda eral’acquisto non tanto del credito quanto dell’ipotecasull’immobile francese iscritta in sua garanzia.( 20 ) Quanto al trasferimento delle garanzie reali (sipensi a cessioni di credito garantiti da pegno), lacompetenza della legge della cessione è limitata <strong>agli</strong>effetti che rientrano nel campo di applicazione del regolamento,sicché non riguarda gli effetti reali (sipensi alla questione delle modalità di trasferimento alcessionario del bene costituito in pegno o della escussionedella garanzia, come la vendita del bene medesimo).Tali effetti sono ricondotti alla lex rei sitae inossequio alle competenze a questa riconosciute allaluce dei sistemi di diritto internazionale privato nazionali:quanto all’ordinamento italiano si pensi all’art.51.le due leggi: si pensi a una cessione valida per lalegge ad essa applicabile che non sia efficace neiconfronti del debitore secondo la legge del creditoceduto ( 21 ).4. – La legge del credito ceduto regola, ex art.14, par. 2, la cedibilità, i rapporti tra cessionarioe debitore, le condizioni di opponibilità dellacessione al debitore nonché il carattere liberatoriodella prestazione del debitore.Il reg. « Roma I » accoglie una nozione di cedibilitàche appare omogenea tra le varie versionilinguistiche a differenza di quanto accadevanella Proposta della Commissione ( 22 ). Essarappresenta, in estrema sintesi, l’idoneità delcredito a essere ceduto e, pertanto, è sottopostaalla legge regolatice di questo ( 23 ). Può darsi che( 21 ) Il problema del dépeçage imposto dalla Convenzionedi Roma (e ripreso dal reg. « Roma I ») haindotto alcuni autori a suggerire, in sede di revisionedella prima, l’adozione di una sola soluzione di conflittoper gli effetti della cessione tra le parti e neiconfronti del debitore. V. sul punto Bonomi, La leggeapplicabile, cit., p. 169.( 22 ) In particolare, la limitazione nel testo inglesealla questione dell’« effectiveness of contractual limitationon assignment », a differenza del testo italiano,tedesco e francese che si riferivano, rispettivamente,a « cedibilità», «Übertragbarkeit », « caractère cessible», portava ad escludere i divieti di cessione stabilitidalla legge. Cfr. Lagarde, Remarques sur la propositionde règlement de la Commission europèennesur la loi applicable aux obligations contractuelles, inRev. crit. dr. internat. privé, 2006, p. 345; Max PlanckInstitute for Comparative and InternationalPrivate Law, Comments on the European Commission’sProposal for a Regulation of the EuropeanParliament and the Council on the law applicable tocontractual obligations (Rome I), inRabels Zeitschrift,2007, p. 324.( 23 ) Sulle difficoltà di qualificare e disciplinare lacedibilità diversamente da quanto dispone la leggedel credito ceduto, v. Magnus e Mankowski, TheGreen Paper on a future Rome I Regulation on theroad to a renewed European Private International Lawof contracts,inZeitschrift für vergleichende Rechtswissenschaft,2004, p. 150. Malatesta, Some remarks tothe Green Paper on the conversion of the Rome Conventionof 1980 on the Law applicable to ContractualObligations into a Community Instrument and its Modernisation,inwww.europa.eu.int, p. 5, sostiene – inlinea con opinioni espresse in La cessione del credito,cit., p. 165 ss. –, che la cedibilità sia un profilo dellacessione e che, pertanto, esso troverebbe miglioreNLCC 3/4-2009


[Art. 14] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 847sione poiché incidono sulla validità e sull’efficaciainter partes della cessione (può dirsi che esseabbiano natura di condizioni), attenendo, pertanto,ai « rapporti » tra cedente e cessionario( 26 ). Può darsi che le due leggi confliggano:l’una, per esempio, ritiene cedibile un creditoche l’altra afferma non correttamente trasferito.In dottrina si è tentato di riunire le due questionisotto una sola legge o, quantomeno, di ricavaredal loro legame la soluzione sul piano deldiritto internazionale privato ( <strong>27</strong> ).A noi pare, tuttavia, che, in ossequio ai dettamidel regolamento, pur ammettendo lo strettolegame tra cedibilità e modalità di trasferimentodel credito, occorre in ogni caso ricordare che il« rapporto » tra cedente e cessionario è chiaracollocazionesotto la legge della cessione. Ci si chiede,peraltro, se il fatto che la cedibilità riguarda spessointeressi del solo cedente possa giustificare unasua riconduzione sotto la legge della cessione: cfr.Bonomi, La legge applicabile, cit., p. 169. Che la cedibilitàsia questione da accertare esclusivamente inbase alla legge del credito ceduto è confermato indirettamentedalla Relazione Giuliano-Lagarde, sub art.12, punto 2, là dove si afferma che, se creditore e debitoreconvengono di sottoporre alcuni aspetti consideratidall’art. 12 a una legge diversa da quella delcredito, la legge scelta regola le materie contemplatein quella norma « ad eccezione del carattere cedibile».( 24 ) Sul punto v. Köts, Rights of Third Parties.Third Party Beneficiaries and Assignment, inInternationalEncyclopaedia of Comparative Law, VII, Tübingen,1992, p. 52 ss., e Rasche, Divieto di cessione,diritto civile unitario e finanza delle imprese, inEur.Legal Forum, 2002, p. 133 ss. Anche per l’ordinamentofrancese il divieto di cessione è efficace solotra le parti del negozio da cui sorge il credito (art.1689 del code civil), per cui la cessione determina laresponsabilità per inadempimento del cedente versoil debitore originario. In direzione analoga si pongonol’art. 6 della Convenzione di Ottawa sul factoringinternazionale, e l’art. 9, n. 1, della Convenzione diNew York sulla cessione dei crediti nel commerciointernazionale, sopra citate. In Germania, il par. 399,comma 2 o , BGB consente alle parti di creare un creditotrasferibile nei limiti della disposizione di cui alpar. 354 HGB secondo il quale i crediti di denaroprovenienti da attività commerciali possono esserevalidamente trasferiti nonostante il divieto di cessione.( 25 )V.Bonomi, La legge applicabile, cit., p. 169.il credito sia incedibile per il carattere strettamentepersonale della prestazione del creditore(art. 1260, comma 1 o , c.c.) o per la particolaretutela riservata dal legislatore a questo (si pensiai casi di incedibilità legale di crediti derivantida obbligazioni alimentari, da rapporti di lavoro,di assicurazione o da risarcimento dei danni),ovvero per scelta delle parti (art. 1260, comma2 o , c.c.) ( 24 ). In tale ultimo caso è condivisibilel’idea che la legge del credito regoli gli effettidel pactum de non cedendo nei confrontidel debitore, mentre tali effetti rispetto a cedentee cessionario dipendono dalla legge della cessione( 25 ).Il fatto che la legge del credito regoli la cedibilitàgenera alcuni problemi di coordinamentocon la disciplina delle modalità di trasferimentodel credito. Queste spettano alla legge della ces-( 26 ) Cfr. Malatesta, La cessione del credito, cit.,p. 165 ss.( <strong>27</strong> ) È stato sostenuto, per esempio, che l’accertamentodelle modalità di trasferimento del credito siauna questione preliminare alla cedibilità e che, pertanto,andrebbe sottoposto, secondo il metodo c.d.« congiunto » di soluzione delle questioni preliminari,alla legge indicata dalla norma di conflitto dellalegge del credito. Se vi è contrasto tra la legge del creditoe la legge così individuata, il negozio di cessione,pur valido tra le parti, non è idoneo a trasferire il credito:così, Ruegsegger, Die Abtretung im InternationalenPrivatrecht auf Rechtsvergleichender Grundlage,Zürich, 1973, p. 66. Sul problema delle questionipreliminari v. Melchior, Die Grundlagen des deutschenInternationalen Privatrecht, Berlin-Leipzig,1932, p. 246 ss.; Wengler, Die Vorfrage im Kollisionsrecht,inRabels Zeitschrift, 1934, p. 148 ss.; Picone,Saggio sulla struttura formale del problema dellequestioni preliminari nel diritto internazionale privato,Napoli, 1971, p. 17 ss. V. altresì, Gottlieb,The Incidental Question revisited, Theory and Practicein the Conflict of Law,inInternat. Comp. Law Quart.,1977, p. 734 ss. Di diverso avviso coloro che muovonodalla premessa che la circolazione del credito presentaanalogie con quella dei diritti reali. Costoro sostengonola stretta connessione tra cedibilità (idoneitàa circolare) e metodi di trasferimento del credito(modalità di circolazione), e, riconoscendo per i dueprofili la competenza della lex rei sitae nel caso di trasferimentodei diritti sui beni mobili, concludono perl’applicazione della legge del credito, che, nella materiain discorso avrebbe funzioni analoghe a quelle assoltedalle lex rei sitae nel campo dei diritti reali. Cfr.Keller, Zessionsstatut im Lichte des Übereinkommensüber das Auf Vertr<strong>agli</strong>che Schuldverhältnisse anzuwendenderecht vom 19.6.1980, Zürich, 1985, p.151 s.NLCC 3/4-2009


848reg. CE n. 593/2008[Art. 14]( <strong>28</strong> ) Malatesta, La cessione del credito, cit., p. 173s.( <strong>29</strong> ) Cfr. Bonomi, La legge applicabile, cit., p. 169.mente distinto da quello tra cessionario e debitoreceduto. La competenza della legge del creditosi giustifica per il collegamento con gli interessidei soggetti estranei alla cessione, i qualisoltanto in base a detta legge possono conoscerel’idoneità del credito a costituire oggetto di alienazionio di trasferimenti di altro genere. Lacompetenza della legge della cessione sulle modalitàdi trasferimento si spiega perché il regolamento,al pari della Convenzione di Roma, riconducead essa, almeno in via di principio, lecondizioni per dare luogo <strong>agli</strong> effetti obbligatorivoluti da cedente e cessionario. La circostanzache le due leggi possano confliggere sul punto èconnaturata alla distinzione imposta dal regolamentotra i rapporti testé menzionati.Del pari problematica è la questione della cedibilitàdi crediti futuri. L’idoneità di un creditoancora inesistente a essere ceduto è certamenteun requisito di cedibilità del credito e, come tale,andrebbe sottoposto alla legge di questo.Aciò si è opposto che i creditori del cedenteconoscono meglio la legge regolatrice della cessione,e che questa andrebbe applicata alla cedibilitàdei crediti futuri per non privare di tutelal’unico interesse realmente rilevante, che, aquanto pare, è quello dei terzi creditori e nondel debitore ( <strong>28</strong> ).Alla competenza della legge della cessione sirichiamano anche coloro che qualificano la cedibilitàdei crediti futuri non come questioneche riguarda la natura o le caratteristiche delcredito, ma come profilo di validità della cessione,in particolare la validità del suo oggetto consistentenella trasmissione anticipata di creditinon ancora esistenti ( <strong>29</strong> ).Senonché, se fosse riconosciuta competenzaalla legge della cessione, cedente e cessionariopotrebbero scegliere una legge conveniente perloro e meno favorevole per i terzi creditori delcedente. In realtà, i problemi sollevati da questecessioni riguardano per lo più il timore di frodia danno dei terzi creditori del cedente, specie iltimore di occultamento di ricchezze.Una soluzione prevedibile e rigida, comequella che assegna alla legge del credito la competenzasulle cessioni de quibus, legge che si riferisceal rapporto da cui è suscettibile di sorgereil credito, si mostra più adatta allo scopo ditutelare i soggetti estranei al rapporto di cessione.5. – La legge del credito regola, come detto, irapporti tra debitore e cessionario (si pensi allalegittimazione a chiedere il pagamento e ai motividi rifiuto opposti dal debitore), le condizionidi opponibilità della cessione al debitore, ilcarattere liberatorio della prestazione fatta daquesto. La competenza della legge del creditoriflette il principio comunemente condiviso secondocui la posizione del debitore può esserealterata dall’atto di cessione soltanto conformementealle prescrizioni della legge del credito( 30 ).Dal rispetto delle condizioni di opponibilitàdipende innanzitutto l’idoneità della cessione aprodurre effetti nei confronti del debitore ( 31 ).Vanno posti, tra tali condizioni, la notificazionee in genere gli strumenti mediante i quali renderenota al debitore l’avvenuta cessione.Si tratta di condizioni riconducibili alla categoriacontemplata dall’art. 14, par. 2, invece chea quella della pubblicità o a quella della formadel contratto di cessione, perché tutelano l’interessespecifico del debitore – alla conoscenzadell’atto di cessione per individuare il soggettoda soddisfare in modo da liberarsi dalla posizionedebitoria ( 32 ) –, ma non interessi genera-( 30 ) Batiffol, Assignment,inLectures on the Conflictof Laws and international Contracts, Ann Arbor,University of Michigan Law School, 1951, p. 48 ss.;Bonomi, La legge applicabile, cit., p. 168 il quale sottolinea« il principio che la cessione non può averel’effetto di aggravare la condizione del debitore ».( 31 ) Cfr. Relazione Giuliano-Lagarde, sub art. 12,punto 2.( 32 ) Così, Malatesta, La cessione del credito, cit.,p. 80 ss. In giurisprudenza, v. Cass. 12 maggio 1998,n. 4774, in Foro it., 1998, I, 2114 ss., la quale precisache la notificazione ha lo scopo di rendere nota al debitorel’avvenuta cessione del credito e ha una sferad’azione circoscritta a determinati soggetti (il debitore,appunto, e i terzi cessionari dello stesso credito ocreditori pignoranti del cedente); peraltro – osservala Cassazione –, poiché la notificazione in parola perseguetali finalità, l’ordinamento non impone, salvocasi eccezionali che attengono per lo più alla cessionedi somme dovute dallo Stato, il rispetto di formalitàad hoc mediante le quali essa deve avere luogo. NelNLCC 3/4-2009


[Art. 14] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 849senso che la notificazione (o la conoscenza) della cessioneè posta in massima parte a garanzia del dirittodel debitore di liberarsi dalla prestazione dovuta, v.Panuccio, op. cit., p. 853.( 33 ) Vitta, Diritto internazionale privato, III, Torino,1975, p. 172.( 34 ) Vedi Leandro, infra, commento sub art. 17.li ( 33 ), e perché la loro assenza non incide, almenoin via di principio, sulla validità del negoziodi cessione.È vero, però, che, quando la legge del creditoprevede forme di pubblicità e queste vanno realizzatenel territorio di Stati diversi, occorreconsiderare le prescrizioni della legge di taliStati per non privare le forme stesse di efficaciae validità in base a quest’ultima.Può darsi che la legge del luogo di compimentodella notificazione sia meno rigorosa dellalegge del credito ovvero che, al contrario, essapreveda un regime più restrittivo.Nel primo caso, se le prescrizioni della leggedel credito non sono rispettate, la notificazionenon produce l’effetto di rendere la cessione opponibileal debitore; nel secondo caso, tale effettoè riconosciuto da ciascun ordinamentoquando la notificazione è compiuta conformementealle modalità della lex loci, mentre è dapensare che non lo sia per questa legge quandoessa è validamente compiuta soltanto in base allalegge del credito.Sul piano sostanziale, la legge del credito regolai rapporti tra debitore e cessionario: si tratta,in altri termini, di definire le eccezioni desumibilidal rapporto di credito che possano opporsial – o essere sollevate dal – debitore: nonc’è dubbio che esse derivino dal rapporto dicredito, il quale, ove sorto da un contratto, è regolatodalla legge cui questo è sottoposto secondole pertinenti disposizioni del regolamento.È altresì ammissibile ricondurre alla legge delcredito anche l’ipotesi del debitore che eccepiscain compensazione contro il cessionario uncredito vantato verso il cedente al fine di estingueretotalmente o parzialmente la propria obbligazione.Ora, il regolamento prevede che « qualora ildiritto di compensazione non sia stato convenutodalle parti, la compensazione è regolata dallalegge applicabile al credito per il quale è fattovalere il diritto di compensazione » (art.17) ( 34 ). Ne viene che la questione dell’eccezionedi compensazione sollevata nell’àmbito diuna cessione dal debitore nei confronti del cessionarioandrà risolta, salvo accordi tra le parti,sempre in base alla legge del credito ceduto. Inrealtà alle medesime conclusioni si pervieneconsiderando la questione della compensazionecome connessa in tali casi all’opponibilità dellacessione al debitore (fatto che, sul piano sostanziale,può determinare l’impossibilità della compensazionein caso positivo e la possibilità inquello negativo) ( 35 ): poiché l’opponibilità dellacessione è sottoposta alla legge del credito cedutoaltrettanto è a dirsi a proposito della disciplinadella compensazione del controcredito.Questo esempio mostra che la disciplina deirapporti tra debitore ceduto e cessionario spessorichiede un coordinamento tra leggi. Una soluzionepuò giungere in proposito dalla volontàdelle parti.Si può immaginare già che cedente e debitorescelgono la legge del rapporto da cui sorge ilcredito ceduto o diano luogo ad un regolamentonegoziale. Ma è plausibile che i due soggettiinsieme al cessionario compongano una vicendanegoziale in cui il debitore partecipi al contrattodi cessione, ovvero condivida la scelta della leggeapplicabile alla cessione o allo specifico profilodelle eccezioni. Peraltro, l’ipotesi della sceltadi legge che sottopone la questione della opponibilitàal debitore ad una disciplina diversada quella della legge del credito è ammissibile, adeterminate condizioni, secondo alcuni sistemistatali di diritto internazionale privato ( 36 ).In ogni caso, il negozio trilaterale sulla sceltadi legge o, più in generale, il concorso del debitorenella scelta di legge, sembrerebbe garantire( 35 ) Cfr., per esempio, l’art. 1248 c.c.( 36 ) Così, l’art. 145 della legge svizzera di dirittointernazionale privato, il quale sottopone la cessionecontrattuale al diritto scelto dalle parti o, in mancanzadi scelta, a quello applicabile al credito, precisando,tuttavia, che la scelta operata dalle parti è inefficacenei confronti del debitore che non vi acconsenta. Intal caso, la volontà del debitore, seppur non direttamenteconsiderata dalla norma come concorrente allascelta di legge, è rilevante affinché questa produca effettinei suoi confronti. Analogamente, l’art. 120 dellalegge rumena sulla disciplina dei rapporti di dirittointernazionale privato, n. 105 del 22 settembre 1992,in Monitorul Official di Romania, I, 1 o ottobre 1992,n. 245, p. 57 ss., tradotta in francese su Rev. crit. dr.internat. privé, 1994, p. 172 ss.NLCC 3/4-2009


850reg. CE n. 593/2008[Art. 14]le esigenze di protezione del debitore stesso eoffrirebbe i vantaggi di una disciplina unitariadella cessione ( 37 ).Più complesso è il caso in cui il creditore e ildebitore scelgano, conformemente all’art. 3,par. 2, reg. « Roma I », di sottoporre il contrattoda cui deriva il credito a una legge diversa daquella originaria ovvero di regolarne alcuni profilimediante un distinto contratto sempre sottopostoa una legge diversa. L’ipotesi è ammissibilegià alla luce della Convenzione di Roma: laRelazione Giuliano-Lagarde prospetta la presenzadi una legge del credito e di una legge regolatricedei rapporti tra cedente e debitore originario( 38 ), lasciando intendere che costoro possanosottoporre alcuni aspetti considerati dall’art.12 della Convenzione, tra cui le condizionidi opponibilità e i rapporti tra debitore e cessionario,a una legge diversa da quella del credito.Posto che il reg. « Roma I » accorda alla volontàdelle parti facoltà non minori di quelle riconosciuteledalla Convenzione di Roma, puòprospettarsi un simile scenario anche rispettoad esso.Senonché, come per la Convenzione, ancheper il regolamento si pone, in tema di cessionedei crediti, il problema del coinvolgimento diterzi che fanno affidamento solo sulla legge delcredito originario. Nella suesposta ipotesi, il terzode quo è il cessionario. La Relazione Giuliano-Lagarde,sensibile su questo punto, precisache l’accordo con cui alcuni profili dell’opponibilitàsono sottratti alla legge del credito valeper quanto concerne il rapporto tra cedente e debitoree non si scorgono ragioni per assumereorientamenti differenti rispetto al reg. « RomaI » ( 39 ).( 37 ) Cfr. Bonomi, La legge applicabile, cit., p. 170.( 38 )LaRelazione Giuliano-Lagarde, sub art. 12,punto 2, afferma che « nonostante le disposizioni delcomma 2 o (dell’art. 12), le materie ivi contemplate,ad eccezione del carattere cedibile, sono regolate, perquanto concerne il rapporto tra cedente e debitore,qualora esista un contratto tra di loro, dalla legge cheregola tale contratto, purché tali materie siano trattatenel contratto stesso ».( 39 ) Cfr. Relazione Giuliano-Lagarde, sub art. 12,punto 2. Problemi analoghi nascono per effetto dell’art.3, par. 2, che consente alle parti di modificare lascelta di legge anche dopo la conclusione del contratto,quando il mutamento della legge applicabile haCollocata in tale luce, la disciplina della cessionedel credito è sottoposta al potenziale concorsodi due leggi (legge della cessione e leggedel credito ceduto), ma nondimeno possono intervenireulteriori disposizioni sostanziali se sitratta di norme di applicazione necessaria di cuiall’art. 9 ( 40 ). Sempre ponendosi sul piano dei limitiapplicativi delle predette leggi, non puòfarsi a meno di notare che rispetto alla cessione,al pari di ogni vicenda contrattuale oggetto didisciplina nel regolamento, è suscettibile di intervenire,sia pure in via eccezionale, il limitedell’ordine pubblico ai sensi dell’art. 21 ( 41 ).6. – In materia di opponibilità della cessionenei confronti dei terzi – in materia cioè di condizionida cui dipende l’efficacia della cessionenei confronti di soggetti titolari di posizioni <strong>giuridiche</strong>assunte nei confronti del cedente (o deldebitore ceduto) e/o vantate sul credito ( 42 ) – illuogo prima della cessione e il cessionario non potrebbevantare nei confronti del debitore gli stessi dirittidi cui era titolare il cedente prima della modificadi legge.( 40 ) Tale può essere il caso della normativa valutariain tema di pagamento del credito: cfr. Cashin Ritaine,Les règles applicables aux transfert internationauxde créance, cit., p. 191. Al riguardo è da rilevaretuttavia che tali norme sono suscettibili di applicazionea titolo di lex loci ai sensi dell’art. 12 del regolamentoquando il pagamento deve avvenire nel territoriodel foro e che ne è assai ristretta l’eventualità diun intervento ai sensi dell’art. 9, par. 3, quando cioèesse appartengono a un ordinamento diverso da lexfori e lex contractus: v.Leandro, supra, commentosub art. 12, par. 3. Non è condivisibile l’idea diCashin Ritaine, op. loc. cit., secondo cui anche lenorme che regolano la capacità delle parti sia di applicazionenecessaria: si tratta infatti di profili estraneial regolamento (fermo restando quanto dispostodall’art. 13 in tema di incapacità).( 41 ) Cashin Ritaine, Les règles applicables auxtransfert internationaux de créance, cit., p. 190 s. riferiscedell’ipotesi di una cessione che riduce fino adeliminare la libertà di impresa del cedente argomentandoalla luce dell’ordinamento tedesco.( 42 ) Il terzo è estraneo tanto alla cessione quanto alrapporto da cui sorge il credito ceduto e vanta unaposizione giuridica in concorso con quella sorta dallacessione medesima nelle ipotesi, ad esempio, di doppiao plurima cessione dello stesso credito o di conflittotra cessionario e creditori del cedente o beneficiaridi garanzia sul credito ceduto. Sintetica ma efficaceè l’affermazione della Cassation 4 dicembreNLCC 3/4-2009


[Art. 14] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 851regolamento si pone nel segno della continuitàrispetto alla Convenzione di Roma abbandonandoil tentativo della Proposta della Commissionedi inserire una disposizione ad hoc: taleera quella di richiamare la legge della residenzaabituale del cedente al momento della cessione.Rispetto alla Convenzione, dottrina e giurisprudenzahanno avanzato alcune tesi – riformulatenel Libro verde – riconducibili a duegruppi: il primo volto alla ricerca di una soluzioneall’interno della Convenzione di Roma, ilsecondo che se ne pone al di fuori ( 43 ). Convieneriferire brevemente su tali posizioni.Del primo gruppo fanno parte le tesi che, inbase ad argomenti diversi, prospettano l’applicazionedella legge della cessione o della leggedel credito.La competenza della prima legge è giustificatain vario modo. Secondo un’opinione essa regolail rapporto obbligatorio (tra cedente e cessionario)ed è applicabile in materia perché èrispetto a tale rapporto che i terzi possano vantarediritti concorrenti. In base ad altra opinione,tale legge disciplina tutti gli aspetti dellacessione non espressamente ricondotti alla leggedel credito ai sensi dell’art. 12, par. 2, tra i1985, in Rev. trim. dr. civ., 1986, p. 750 ss., secondola quale terzo è chi ha « intérêt à ce que le cédant soitencore créancier ». In proposito si segnalano gli studidi Wéry,Dugardin,Gilcart e de Lhoneux, L’opposabilitéde la cession de créance aux tiers, Actes duColloque du 9 février 1995 organisé par l’Associationdes Juristes Namurois, Brugge, 1995, e di Duclos,L’opposabilité (essai d’une théorie générale), Paris,1984, p. 350 ss. Cfr. altresì Malatesta, La cessionedel credito, cit., p. 199 ss.( 43 ) Malatesta, La cessione del credito, cit., p.200, sottolinea che i redattori della Convenzione abbandonaronol’idea di annoverare l’opponibilità aiterzi tra le materie comprese nella legge del credito.Per Lagarde, Le nouveau droit international privédes contrats aprèsl’entrée en vigueur de la Conventionde Rome du 19 juin 1980,inRev. crit. dr. internat. privé,1991, p. 305, tale scelta cela la decisione di assegnareai singoli sistemi statali di diritto internazionaleprivato il compito di determinare la legge in propositoapplicabile. V. infra nel testo. Dalla scelta dei predettiredattori, Sinay-Cytermann, Les conflits delois concernant l’opposabilité des transferts de créance,in Rev. crit. dr. internat. privé, 1992, p. 42, trae laconseguenza che anche in base alla Convenzione diRoma l’opponibilità va sottoposta a un regime diversoa seconda che si tratti di debitore o terzo.quali rientra l’efficacia della cessione nei confrontidei terzi. Infine, si sostiene che la leggedella cessione regoli i profili di validità del contrattodi cessione dei quali farebbe parte l’opponibilitàai terzi ( 44 ).A favore della legge del credito ceduto si adduce,da un lato, che il terzo potrebbe vantare pretesenei confronti di debitore e creditore solo sul-( 44 ) Così, Hoge Raad 16 maggio 1997, in NetherlandsInternat. Law Rev., 1998, p. 1<strong>29</strong> ss., su un casodi cessione in garanzia di crediti futuri. La SupremaCorte olandese precisa che, sebbene l’art. 12 dellaConvenzione di Roma non disponga circa la legge applicabileall’opponibilità della cessione ai terzi, occorrein ogni caso cercare una soluzione all’interno ditale Convenzione in ragione della indiscutibile competenzadi questa sui profili internazionalprivatisticidel rapporto dedotto in giudizio. Essa quindi riconducel’opponibilità al terzo tra i profili di validità dellacessione sottoponendola, pertanto, alla legge dellacessione. A sostegno di tale conclusione, l’Hoge Raadosserva che la scelta dei redattori della Convenzioneè stata di sottrarre l’opponibilità ai terzi alla competenzadella legge del credito ma non a quella dellacessione e che l’art. 12, par. 1, va applicato su ogniaspetto della cessione estraneo all’àmbito materialedell’art. 12, par. 2. Peraltro – conclude la Corte olandese– l’applicazione della legge del credito creerebbel’inconveniente di sottoporre aspetti di uno stessorapporto (cessione) a leggi differenti – inconvenienteavversato, sempre secondo la Corte, dai redattori dellaConvenzione – e di privare le parti della facoltà discegliere la legge applicabile <strong>agli</strong> effetti della cessione.In senso conforme a tale pronuncia, v. Koppenol-Laforce,The Property Aspects of an internationalAssignment and Article 12 of Rome Convention,ivi, p. 1<strong>29</strong> ss.; Struycken, The Proprietary Aspects ofinternational Assignment and the Rome Convention,Article 12, in Lloyd’s Maritime Commercial LawQuarterly, 1998, p. 347 s.; Carbone, Derivati finanziarie diritto internazionale privato e processuale: alcuneconsiderazioni, inDir. comm. internaz., 2000, p.11. In senso critico, Malatesta, La legge sulla cartolarizzazionee la cessione di crediti « esteri », inBanca,borsa, tit. cred., 2002, p. 96. La tesi secondo cui opponibilitàal debitore e disciplina del rapporto di cessionepossano sottoporsi a un’unica legge accogliendouna soluzione analoga a quella dell’art. 145 dellalegge svizzera di diritto internazionale privato circa lafacoltà del debitore di aderire alla scelta di leggecompiuta da cedente e cessionario è sostenuta da Bonomi,Conversion of the Rome Convention on Contractsinto an EC Instrument: Some Remarks on TheGreen Paper of the EC Commission, inYearb. Priv.Internat. Law, 2003, p. 94.NLCC 3/4-2009


852reg. CE n. 593/2008[Art. 14]la base della legge che regola gli obblighi tra questi,dall’altro, che l’art. 12, par. 2 andrebbe interpretatonel senso di sottoporre a siffatta legge lematerie estranee ai rapporti obbligatori tra cedentee cessionario sostenendosi che l’efficacia neiconfronti dei terzi ne sia un esempio ( 45 ).Del secondo gruppo, ossia quello che cercauna soluzione al di fuori della Convenzione,fanno parte, innanzitutto, l’opinione che laConvenzione non si dedichi <strong>agli</strong> effetti reali delcontratto tra i quali ricondurre la questione dell’efficaciadella cessione nei confronti dei terzie, pertanto, che questa va sottoposta alle pertinentisoluzioni di conflitti previste dal dirittonazionale ( 46 ).In particolare, spicca la tesi – espressa per lopiù dalla dottrina francese – secondo cui occorrerichiamare la legge del domicilio del debitoreceduto in quanto legge che regola gli strumentiper mezzo dei quali il debitore ha conoscenzadell’avvenuta cessione – applicabile perché talistrumenti sono frequentemente eseguiti in quel( 45 ) Cfr. Cour d’appel Grenoble 13 settembre1995, in Revue crit. dr. internat. privé, 1996, p. 667ss. V. altresì Bundesgerichtshof 8 dicembre 1998, inIPRax, 2000, p. 1<strong>28</strong> ss., il quale si è pronunciato inordine a una controversia, relativa a una doppia cessione,sorta intorno alla legittimazione ad agire per ilpagamento del debitore. Walsh, Receivables Financingand the Conflict of Laws: the Uncitral DraftConvention on the Assignment of Recevables in InternationalTrade, inDickinson Law Rev., 2001, p.162, si dedica alla questione della legge applicabilealla priorità nel caso di doppia cessione o di cessionesuccessiva dello stesso credito, comparandoquanto è deducibile dalla Convenzione di Roma conquanto è stabilito dalla Convenzione delle NazioniUnite del 12 dicembre 2001 sulla cessione di creditinel commercio internazionale. Circa le opinioniespresse riguardo alla Convenzione di Roma, l’A. respingequella di applicare la legge della cessione,perché legge scarsamente prevedibile dai terzi e pocoprossima alle esigenze di questi in ragione dell’ampialibertà di cui cedente e cessionario godonoa’ termini dell’art. 3 per individuarla, mentre accogliequella di applicare la legge del credito, in quantolegge che riflette un fattore di connessione piùoggettivo e, come tale, prevedibile dai terzi.( 46 )V.Lagarde, Le nouveau droit internationalprivé, cit., p. 305; Id., Retour sur la loi applicable àl’opposabilité des transferts conventionnels de créances,inDroit et Actualité. Mélanges offertes à JacquesBéguin, Paris, 2005, p. 415 ss.luogo – e dal compimento dei quali dipende altresìl’efficacia della cessione nei confronti deiterzi ( 47 ).Inoltre, è stata espressa l’opinione di applicarela legge della sede del cedente in quanto leggeindividuabile dal terzo (avente causa del cedente)più facilmente di altre e in quanto, ricorrendoa essa, si consentirebbe, come sarà chiaritoin seguito, di sottoporre l’opponibilità ai terzia una sola legge nel caso di cessioni di crediti inblocco, di determinare con certezza la legge rispettoalle cessioni di crediti futuri e di sottoporrela questione in esame alla stessa legge chedisciplina la procedura di insolvenza aperta neiconfronti del cedente ( 48 ).Il dato che accomuna le tesi testé riferite è, anostro avviso, la premessa che, in base alla Convenzionedi Roma, occorre individuare la leggedell’opponibilità al terzo in modo distinto daquanto avviene per l’opponibilità al debitore ceduto( 49 ).Senonché, tale premessa è desumibile sì daldato letterale, ma non da quello sistematico seconfrontata con il fatto che la Convenzione sottoponealla legge del credito ceduto alcuniaspetti dell’efficacia esterna della cessione – co-( 47 ) In questo senso, Sinay-Cytermann, op. cit.,p. 43. In giurisprudenza v. Cour d’appel Paris 26 marzo1986, in Rev. crit. dr. internat. privé, 1987, p. 351.( 48 ) Questa soluzione è stabilita negli <strong>artt</strong>. 22 e 30della Convenzione delle Nazioni Unite del 12 dicembre2001 sulla cessione di crediti nel commercio internazionalee spiegata nei termini suesposti nel testodalla relazione illustrativa consultabile sul sitowww.unictral.org. Una disposizione che analogamentesottopone alla legge della residenza abituale del cedente« les effets de la cession d’une créance » neiconfronti di diritti reali costituiti sul credito ceduto èpresente nell’art. 87, par. 3, del codice di diritto internazionaleprivato belga (in Riv. dir. internaz. priv.e proc., 2005, p. 231 ss.). Giungeva a conclusioni analoghe,Kaiser, Verlängerter Eigentumsvorbehalt undGlobalzession im IPR. Rechtsvergleichende Darstellungvon Zession und Zessionsstatut im deutschen,österreichischen, schweizerischen, französischen, englischen,und US-Amerikanischen Recht, Pfaffenweiler,1986, p. 208 ss. Pardoel, op. cit., p. 189, ritiene chein materia di opponibilità ai terzi sia necessaria unasoluzione che presenti « apparence, stabilité et unité»:tale è, secondo l’A., quella a favore della sededel cedente.( 49 ) Così Malatesta, La cessione del credito, cit.,p. 201.NLCC 3/4-2009


[Art. 14] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 853me l’opponibilità al debitore – la cui natura è,invero, analoga a quella dell’opponibilità ai terzi.Ora, poiché il regolamento accoglie la stessasistemazione della Convenzione di Roma, è ragionevoleseguire per esso gli stessi ragionamentiche conducono alla soluzione ritenuta preferibilerispetto alla Convenzione. Tale identità disistemazione non viene certo meno per il fattoche il regolamento sottopone alla legge dellacessione « aspetti (...) inerenti alla proprietà»(argomentando ex art. 14, par. 1, e 38 o considerando):come anticipato si tratta di aspetti cheriguardano i « rapporti tra cedente e cessionario», sicché, pur volendo ammettere che la questionedell’efficacia nei confronti dei terzi costituiscaun profilo reale della cessione, essa inogni caso è estranea a quei rapporti e, pertanto,non rientra, almeno a questo titolo, nelle competenzedella legge della cessione ( 50 ).Ciò posto, l’opponibilità ai terzi rappresenta,come si è visto, l’idoneità della cessione a produrreeffetti nei confronti di soggetti estranei alrapporto tra cedente e cessionario.Dato che la cessione è negozio di disposizionedi un diritto di credito, l’opponibilità riguardal’effetto traslativo del credito piuttosto che glieffetti obbligatori e, più in generale, il contrattodi cessione ( 51 ). Tuttavia, poiché l’effetto traslativodella cessione si perfeziona con il consensodelle parti, l’opponibilità si pone non come condizioneda cui dipende il trasferimento del creditoma come condizione affinché il trasferimentosia efficace erga omnes a prescindere dallavalidità o dall’efficacia inter partes del negoziogiuridico ( 52 ).( 50 ) Di diverso avviso Flessner, Die internationaleForderungsabtretung nach der Rom I-Verordung, inIPRax, 2009, p. 38 s.( 51 ) In questo senso, con riferimento al generaleprofilo dell’opponibilità del contratto ai terzi, v. Roppo,Il contratto, inTratt. Iudica-Zatti, Milano, 2001,p. 569.( 52 ) Nel nostro ordinamento, l’art. 1265 c.c. stabilisceche, in caso di più cessioni dello stesso credito,prevale quella per prima notificata al – o accettatacon atto di data certa dal – debitore ceduto, mentrel’art. 5, l. 21 febbraio 1991, n. 52 condiziona l’opponibilitàdella cessione di crediti di impresa al pagamentodel cessionario avente data certa. Cfr. Cass. <strong>27</strong>settembre 1999, n. 10668, in Fallimento, 2000, p.1237.E, poiché le regole sull’opponibilità condizionanol’efficacia erga omnes del trasferimento delcredito, quella tra le situazioni <strong>giuridiche</strong> concorrentisul credito (cessioni, garanzie, dationesin solutum, ecc.) che vi si conforma prevarràsull’altra.In altri termini, le regole da cui dipende l’opponibilitàai terzi del trasferimento di un creditosono poste a salvaguardia del principio dell’assolutezzadell’effetto traslativo ( 53 ).Ciò posto, la questione dell’opponibilità aiterzi ha in comune con l’opponibilità al debitoreceduto la natura di condizione per cui il trasferimentodel credito possa produrre effetti ergaomnes. Inoltre, nel diritto materiale può talvoltacostatarsi un legame tra le due forme diopponibilità per il quale dall’espletamento delleformalità necessarie a opporre la cessione al debitoredipende l’opponibilità ai terzi ( 54 ).( 53 ) Così, Roppo, op. cit., p. 566. In senso analogo,Panuccio, op. cit., p. 852.( 54 ) Cfr. i citati <strong>artt</strong>. 1265 c.c., e 5, l. 21 febbraio1991, n. 52. Vedi altresì l’art. 3, d.l. 9 ottobre 2008, n.155 recante « misure urgenti per garantire la stabilitàdel sistema creditizio e la continuità nell’erogazionedel credito alle imprese e ai consumatori, nell’attualesituazione di crisi dei mercati finanziari », inG.U. n.237 del 9 ottobre 2008 (convertito in l. 4 dicembre2008, n. 190, in G.U. n. <strong>28</strong>6 del 6 dicembre 2008) ilquale stabilisce che, ove la Banca d’Italia eroghi finanziamentiad altre banche che siano garantiti mediantepegno o cessione del credito, la garanzia si intendeprestata con effetto nei confronti del debitore edei terzi aventi causa, all’atto della sottoscrizione delcontratto di garanzia, in deroga <strong>agli</strong> <strong>artt</strong>. 1264, 1265 e<strong>28</strong>00 c.c. e all’art. 1, comma 1 o , lett. q) e comma 2 o ,lett. b), d.lgs. 21 maggio 2004, n. 170 relativo ai contrattidi garanzia finanziaria. Nell’ordinamento francese,è prevista la partecipazione del debitore al perfezionamentodella cessione. Allo scopo, gli <strong>artt</strong>.1689 e 1690 code civil subordinano l’efficacia dellacessione all’accettazione espressa del debitore o allanotificazione dell’avvenuta cessione da effettuarsinelle forme prescritte dalle norme processuali (cfr. ingenerale Aynes, La cession de contrat et les opérationsjuridiques à trois personnes, Paris, 1984). Ora, la notificazionemira a risolvere anche il concorso tra titolaridel credito e a proteggere i terzi, i quali, in assenzadelle prova certa della notifica, possono considerarela cessione inesistente e soddisfarsi sul cedente, mentrela protezione del debitore è data dal fatto che,senza notificazione, egli può soddisfare il creditoreoriginario e liberarsi dall’obbligo anche se il creditoreabbia già ceduto il credito <strong>agli</strong> altri. Fuori dal conte-NLCC 3/4-2009


854reg. CE n. 593/2008[Art. 14]Ne deriva che, se uno è l’aspetto dell’efficaciadella cessione oltre la sfera dei contraenti e nonmuta la natura dell’opponibilità a seconda chesi tratti di debitore o terzi, una deve essere lalegge sotto cui porre quest’ultima.Tale conclusione è confortata dalla costatazionedi alcuni vantaggi pratici derivanti dal sottoporrel’efficacia esterna della cessione a unasola legge nel caso di operazioni complesse incui la cessione concorre con altri negozi giuridiciin vista dello scopo economico finale ( 55 ). Sipensi alla cartolarizzazione dei crediti mediantecessione. Se l’opponibilità della cessione al debitorefosse sottoposta a una legge diversa daquella regolatrice dell’opponibilità ai terzi, profilisalienti dell’operazione – efficacia della cessionenei confronti di questi soggetti e riparodalle pretese di essi – sarebbero riconducibili apiù leggi, dai contenuti eventualmente discordanti,e ciò susciterebbe negli investitori un’incertezzatale da indurli a diffidare dell’operazionenel suo insieme al momento di devolvere icapitali nell’acquisto degli strumenti finanziariche incorporano i crediti ( 56 ).Chiarito, dunque, che la questione dell’oppostodella Convenzione e del regolamento, il ruolo determinanterivestito dalla notificazione conduceva lagiurisprudenza ad affermare la competenza della leggedello Stato in cui essa avrebbe dovuto essere eseguita(ossia, lo Stato del domicilio del debitore) sulladisciplina dell’opponibilità della cessione nei confrontidel terzo: cfr. Cour d’appel Paris <strong>28</strong> gennaio1961, in Rev. crit. dr. internat. privé, 1963, p. 64 ss.;Cour d’appel Paris 26 marzo 1986, ivi, 1987, p. 351 ss.A questa tesi si opponeva in dottrina quella secondocui le misure di pubblicità legate alla cessione (tra cuila notificazione) sono strumenti necessari per conoscerela sorte del credito e, come tali, esse sono attrattenella lex substantiae di questo (così, Sinay eCytermann, Les conflits des lois, cit., p. 41 ss.). Insomma,all’orientamento comune tra dottrina e giurisprudenzacirca il fatto che gli effetti del trasferimentosu debitore e terzi fossero sottoposti alla stessa soluzionedi conflitto non ne corrispondeva uno analogocirca la determinazione di questa, riscontrandosi,in giurisprudenza, la competenza della legge del domiciliodel debitore, e in dottrina, la competenze dellalegge del credito V. sul punto Malatesta, La cessionedel credito, cit., p. 70 ss.; Pardoel, op. cit., p.35 ss.( 55 ) Peraltro lo stesso Libro verde, sub punto3.2.13, considerava come un « inconveniente » sottoporrel’opponibilità al debitore e l’opponibilità aiterzi a leggi differenti, ma proponeva, per ovviare asiffatto inconveniente e al problema della differentevalutazione che i vari ordinamenti possono esprimerenel silenzio della Convenzione di Roma, l’inserimentodi una norma materiale che « dia la priorità acolui che agisce per primo, pur prendendo in considerazionela buona fede o la malafede dei creditoriin concorrenza ». Affine a quanto testé riferito èl’opinione della Fédération Bancaire Française,Réponse au Livre vert de la Commission sur la transformationde la Convention de Rome en instrumentcommunautaire ainsi que sur sa modernisation, inhttp://www.europa.eu.int,p. 14, secondo la quale, perfacilitare il finanziamento del commercio internazionaleattraverso il trasferimento di crediti da impresea banche, occorre armonizzare, almeno nello spaziogiuridico comunitario, quanto gli ordinamenti degliStati membri dispongono in ordine alle formalitànecessarie affinché la cessione sia opponibile ai terzi.( 56 ) Nel senso che un regime internazionalprivatisticounitario dell’opponibilità assicura coerenza inoperazioni economiche complesse, v. Malatesta,La cessione del credito, cit., p. 201 s. Al riguardo v.altresì Kieninger, Brussels I, Rome I and Questionsrelating to Assignment and Subrogation, inEnforcementof International Contracts in the EuropeanUnion. Convergence and divergence between BrusselsI and Rome I, a cura di Meeusen, Pertegás e Straetmans,Antwerp-Oxford-New York, 2004, p. 378 ss.Sulla disciplina italiana dell’opponibilità della cessionein caso di cartolarizzazione dei crediti si rinviaa Seassaro, La cessione dei crediti, opponibilità aidebitori ceduti ed ai terzi, inLa cartolarizzazione deicrediti in Italia. Commentario alla legge 20 aprile1999, n. 130, a cura di Pardolesi, Milano, 1999, p.122 ss.; e Sacchi Lodispoto, Cessione dei creditifuturi e mercato delle cartolarizzazione, inBanca, borsa,tit. cred., 2003, II, p. 541 ss. Va soltanto ricordatoche l’art. 4, l. 20 aprile 1999, n. 130, recante la disciplinadella cartolarizzazione in Italia, rinvia aquanto dispone l’art. 58 del testo unico delle leggi inmateria bancaria circa la cessione dei rapporti giuridicia banche. Secondo quest’ultima disposizione, ilcessionario deve dare notizia dell’avvenuta cessionemediante pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale ameno che la Banca d’Italia non richieda ulterioriforme di pubblicità; detti adempimenti fanno sì chela cessione produca, nei confronti dei debitori ceduti,gli effetti di cui all’art. 1264 c.c. Inoltre, l’art. 4,n. 2, l. 20 aprile 1999, n. 130 stabilisce che dalla datadi pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, la cessionedei crediti è opponibile <strong>agli</strong> altri aventi causadel cedente, il cui titolo di acquisto non sia stato resoefficace verso i terzi in data anteriore, e ai creditoridel cedente che non abbiano pignorato il creditoprima di detta pubblicazione.NLCC 3/4-2009


[Art. 14] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 855nibilità richiede una sola soluzione di conflitto aprescindere dal fatto che venga in considerazioneil debitore ceduto o un terzo, occorre individuaretale soluzione.Ora, posto che la questione dell’opponibilitàè estranea ai profili dell’esistenza, della validitàe della efficacia inter partes dei negozi di trasferimentodel credito, che oggetto di contesa trale situazioni <strong>giuridiche</strong> concorrenti di cui si èfatto parola è il credito, che la soluzione da ricercaredeve essere la più neutrale possibile rispettoalle esigenze dei soggetti titolari di quellesituazioni, nonché praticabile e prevedibile daquesti, a noi pare logico concludere per l’applicazionedella legge regolatrice del credito ceduto.Tale legge è la sola intimamente connessacon la questione di quale posizione giuridicavantata sul credito debba prevalere; intima connessione,questa, che giustifica l’affidamento deiterzi e del debitore su di essa.Pur difettando di un’espressa indicazione inproposito, il regolamento non osta a tale conclusione;anzi, poiché il suo art. 14, par. 2, sottoponealla legge del credito altri aspetti delproblema dell’efficacia della cessione oltre lasfera dei contraenti, essa va a maggior ragionenella direzione di accogliere anche la questionedell’opponibilità ai terzi nella competenza diquella legge per far sì che la disciplina dell’efficaciaesterna della cessione discenda da un’unicalegge ( 57 ).Il fatto che, come visto, l’opponibilità al debitoreha la stessa natura dell’opponibilità ai terzi,e che essa è talvolta necessaria per determinarequest’ultima, sarebbe già di per sé sufficiente adaffermare che, sottoposta la prima alla legge del( 57 ) Malatesta, La cessione del credito, cit., p.202, ritiene che la soluzione a favore della legge delcredito sia vantaggiosa sotto il profilo pratico perché,accogliendola, si eviterebbero l’inconveniente di qualificarel’opponibilità alla stregua della lex fori dei variordinamenti per scegliere la norma di conflitto statalepertinente e la discordanza suscettibile di generarsiin proposito tra le qualificazioni così ottenute.Villani, La Convenzione di Roma, cit., p. 221 s., sostieneche, in caso di doppia o plurima cessione, qualorale cessioni siano sottoposte a leggi diverse, risultapiù agevole risolvere il conflitto tra cessionari in baseall’unica legge del credito ceduto che applicare le leggidelle cessioni.credito ceduto, la seconda dovrebbe esserlo altrettanto.Ma si pensi anche alla cedibilità del credito:poiché si è visto che essa rappresenta l’idoneitàdel credito a essere ceduto – un requisito, questo,il cui difetto può essere eccepito dal terzo(e dal debitore) per impedire che la cessioneproduca effetti nei suoi confronti – e, pertanto,si pone anch’essa quale fattore da cui dipendel’efficacia della cessione nei confronti di debitoree terzi, non v’è ragione per sottrarre allalegge di essa regolatrice la disciplina di altrecondizioni – quali il rispetto delle regole sull’opponibilitàai terzi – da cui parimenti dipendel’efficacia della cessione oltre la sfera deicontraenti ( 58 ).7. – Il ricorso alla legge del credito cedutosolleva secondo alcuni peculiari problemi perle cessioni in blocco e per quelle di crediti futuri.Si costata che, per le prime, sorgono i problemidi individuare e di applicare tante leggiquanti sono i crediti ceduti, mentre per le seconde,giusta il difetto di un credito al momentodella cessione, non si saprebbe a quale leggesottoporre la questione in discorso ( 59 ), e che,pertanto, quale che sia la cessione, la disciplinadell’opponibilità sarebbe scarsamente prevedibiledai soggetti interessati tanto da disincentivareil ricorso alla cessione nel commercio internazionalea favore di altre forme di trasferimentodei crediti ( 60 ).( 58 ) Non v’è ragione di valutare la cedibilità differentementea seconda che sia eccepita da – o neiconfronti di – terzo o debitore poiché essa, si è visto,è una caratteristica del credito la quale rilevaper come disciplinata e limitata dalla legge di questoregolatrice a prescindere dal soggetto che ne eccepiscail difetto.( 59 )V.Bonomi, La legge applicabile, cit., p. 172 s.( 60 ) Invero, anche con riferimento alla Convenzionedi Roma, a tali critiche sono seguite proposte di ricorrerea leggi diverse da quella del credito cedutoper regolare l’opponibilità ai terzi limitatamente acessioni del genere su indicato. In argomento v. Mattout,Cessions internationales de créances. Les besoinsde la pratique, inRev. dr. banc. et de la bourse,1999, p. 165 ss. Va notato, però, che tali proposteerano infondate per il semplice fatto che la convenzionenon distingue tra cessioni ordinarie e cessionidi altri tipo. Così,Malatesta, La cessione del credito,NLCC 3/4-2009


856reg. CE n. 593/2008[Art. 14]Proprio a seguito di tali costatazioni è statosuggerito – in buona parte delle risposte al Libroverde ( 61 ) – di introdurre il criterio di collegamentodella residenza abituale del cedente,fissandolo al momento della cessione, al fine diindividuare la legge applicabile all’opponibilitàai terzi; suggerimento, questo, accolto, come visto,dalla Proposta della Commissione.Siffatta soluzione offrirebbe, come altresì visto,un’indicazione di legge applicabile dotatadi una serie di pregi ( 62 ).Innanzitutto, essa sarebbe realmente prevedibileda tutti i soggetti coinvolti perché opererebbein modo oggettivo e perché si presumeche la sede del cedente sia nota da qualunquesoggetto vanti pretese sul credito ( 63 ).In secondo luogo, si è sostenuto che la leggedella residenza abituale del cedente coincide soventecon quella applicabile al credito cedutoquando si tratta di cessioni di crediti nascenti davendita e prestazione di servizi e che quella leggecoincide, sia pure meno frequentemente, conla legge della cessione: per ciascuna ipotesi lacoincidenza discende dal fatto che il prestatorecaratteristico tanto di vendita e prestazione diservizi quanto della cessione è il soggetto che rivesteil ruolo del cedente ( 64 ).In terzo luogo, essa garantirebbe unitarietà didisciplina all’opponibilità ai terzi nel caso dellecessioni in blocco e certezza in quello delle cessionidi crediti futuri ( 65 ).Inoltre, essa spesso coinciderebbe con la leggeregolatrice della procedura di insolvenzaaperta nei confronti del cedente, individuata inbase al reg. CE n. 1346/2000 del <strong>29</strong> maggio2000 relativo alle procedure di insolvenza ( 66 );pregio, questo, di indubbio rilievo perché i problemidi priorità e di opponibilità delle cessioniemergono frequentemente nell’àmbito delleprocedure concorsuali ( 67 ).Infine, l’introduzione della soluzione in parocit.,p. <strong>27</strong>3, il quale, tuttavia, a p. <strong>27</strong>4, pur considerandoinfondato applicare a determinate cessioni unadisciplina diversa da quella che ai termini dell’art. 12ripartisce le competenze della legge della cessione edella legge del credito, ritiene che le conclusioni ricavabilide iure condito sono poco conformi alla realtàdel commercio internazionale. Nel senso che sianodifficilmente concepibili norme di conflitto implicitein un sistema di diritto internazionale privato codificato,v. Starace, La rappresentanza nel diritto internazionaleprivato, Napoli, 1962, p. 72.( 61 ) Ci consta che soltanto il Comitato economicoe sociale, Parere del <strong>28</strong> e <strong>29</strong> gennaio 2004 in merito alLibro verde sulla trasformazione in strumento comunitariodella Convenzione di Roma del 1980 sulla leggeapplicabile alle obbligazioni contrattuali e sul rinnovamentodella medesima, inG.U.U.E. n. C 108 del 30aprile 2004, spec. p. 18, e la Conférence des Notariatsde l’Union européenne, Réponse au Livre vert de laCommission sur la transformation de la Convention deRome en instrument communautaire ainsi que sur samodernisation, consultabile nel sito http://www.europa.eu.int,hanno approvato la soluzione a favore dellalegge del credito ceduto rilevandone il pregio di esserepiù chiara e certa di altre.( 62 ) Propendono per tale soluzione, Groupe européende droit international privé, Réponseau Livre vert de la Commission sur la transformationde la Convention de Rome en instrument communautaireainsi que sur sa modernisation, consultabile nelsito http://www.europa.eu.int, p.18;Bonomi, Conversion,cit., p. 94; Malatesta, Some remarks, cit., p.2; Magnus e Mankowski, The Green Paper on a futureRome I Regulation, cit., p. 149 ss.; Max PlanckInstitute for Foreign Private and Private Internationallaw, Comments on the European Commission’sGreen Paper on the Conversion of the RomeConvention of 1980 on the Law applicable to contractualObligations into a Community Instrument and itsModernisation, inRabels Zeitschrift, 2004, pp. 79 s. e113; Fédération Bancaire Française, op. cit., p.12; vedi, peraltro, Kieninger, Das Statut der Forderungsabtretungim Verhältnis zu Dritten, inRabelsZeitschrift, 1998, p. 702 ss.( 63 )V.Bonomi, La legge applicabile, cit., p. 172;Lein, Proposal for a Regulation on the Law applicableto contractual Obligation (Rome I)COM (2005) 650final, 15.12.2005, inYearb. Priv. Internat. Law, 2005,p. 409. Ad avviso del Max Planck Institute for ForeignPrivate and Private International law, in Commentson the European Commission’s Green Paper, cit., p.113, la residenza abituale del cedente è«perceptibleto all other parties involved ».( 64 ) Cfr. Max Planck Institute for ForeignPrivate and Private International law, Commentson the European Commission’s Green Paper,cit., p. 113 s.; Bonomi, La legge applicabile, cit., p.173. Sul punto v. altresì Flessner e Verhagen, op.cit., p.53ss.( 65 ) Cfr. La legge applicabile, cit., p. 173. Nellostesso senso, con riferimento a cessioni in blocco utilizzatein operazioni finanziarie quali cartolarizzazionee project financing, v.Magnus e Mankowski, op.loc. cit.( 66 ) G.U.C.E. n. L 160 del 30 giugno 2000, p. 1 ss.( 67 ) Così, Bonomi, Conversion, cit., p. 95; Id., Lalegge applicabile, cit., p. 172.NLCC 3/4-2009


[Art. 14] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 857( 68 ) Cfr. Bonomi, Conversion, cit., p. 95; Id., Lalegge applicabile, cit., p. 174. V. altresì Lein, op. cit.,p. 410. La International Chamber of Commerce,Comments on the European Commission’s GreenPaper on the Conversion of the Rome Convention of1980 on the Law applicable to contractual Obligationsinto a Community Instrument and its Modernisation,consultabile nel sito http://www.europa.eu.int, addiritturaauspicava direttamente la ratifica di tale Convenzioneper abbandonare definitivamente l’attualeformulazione dell’art. 12 della Convenzione di Roma.Alla legge della sede del cedente si ispira anche l’ordinamentostatunitense. È noto che in questo ordinamentomanca una codificazione di diritto internazionaleprivato. I Restatements dell’American Law Institute,dettanto, <strong>agli</strong> <strong>artt</strong>. 208 e 211, alcune regole diconflitto sulla cedibilità, sui rapporti fra cedente ecessionario, sugli effetti per il debitore, e, infine, suiconflitti con i cessionari. Tali regole, rinviano alla leggedello Stato « which has the most significant relationshipto the contract and the parties ». Dal cantosuo, lo Uniform Commercial Code (UCC), contienenella sezione dedicata alla cessione regole valide perogni bene ceduto, nonché alcune norme di conflitto.La disciplina dell’UCC è la seguente: è richiesta laforma scritta per la validità della cessione e la perfectionper l’opponibilità ai terzi (si tratta di una registrazioneincombente sul cessionario di modo che ilconcorso tra questo e altri aventi causa si risolve sullabase della priorità della registrazione). La sez. 9-203dell’UCC affronta il problema del conflitto di leggi edispone che va applicata la legge del luogo in cui sitrova il cedente per stabilire se occorre la perfectiondella cessione. Per luogo va inteso il place of businesse, in caso di pluralità di places, ilchief executive officee, infine, se questo difetti, assume rilievo il domiciliodel cedente. Se il cedente ha il place of business inuno Stato straniero, si applica ai fini della registrazionela legge dello Stato federale in cui ha la major executiveoffice; in mancanza, la cessione può essere oppostaai terzi mediante notificazione al debitore ceduto.( 69 )V.Leandro, La disciplina della opponibilitàdella cessione del credito nella proposta di regolamentola avrebbe presentato il vantaggio di allineare ilreg. Roma I a quanto dispongono gli <strong>artt</strong>. 22 e30 della Convenzione delle Nazioni Unite sullacessione dei crediti nel commercio internazionale,i quali fissano nella sede o nel centro di affaridel cedente i criteri di collegamento rilevantiper l’individuazione della legge applicabile allapriorità in caso di doppia cessione o di cessionesuccessiva dello stesso credito ( 68 ).Senonché, la proposta, oggetto di analisi criticain dottrina ( 69 ), è stata abbandonata e un interventonormativo al riguardo dipenderà soltantod<strong>agli</strong> studi che la Commissione è chiamataa svolgere in vista della relazione che l’art. <strong>27</strong>,par. 2, del reg. « Roma I » le impone di presentareal Parlamento, al Consiglio e Comitato economicoe sociale europeo entro il 17 luglio 2010sul « problema dell’efficacia della cessione delcredito o della surrogazione nel credito nei confrontidei terzi e sul privilegio del credito cedutoo surrogato rispetto al diritto di un’altra persona» ( 70 ): si prevede nella stessa disposizioneche la relazione possa essere « corredata (...) dauna proposta di modifica del presente regolamentoe da una valutazione dell’impatto delledisposizioni da introdurre ».In realtà, il difetto di maggior momento che laProposta presentava era, a nostro avviso, rappresentatosia dalla scelta del criterio di collegamentosia dall’idea di distinguere tra opponibilitàal debitore e opponibilità ai terzi ( 71 ). Convieneapprofondire la questione specie tenutoRoma I, inRiv. dir. internaz. priv. e proc., 2006, p.675 ss. e, con adeguamenti, Id., La disciplina della opponibilitàdella cessione del credito, inLa legge applicabileai contratti nella proposta di regolamento « RomaI », a cura di Franzina, Padova, 2006, p. 1<strong>29</strong> ss.;Gardella, Prevedibilità contro flessibilità? La leggeapplicabile all’opponibilità della cessione del credito aiterzi nella proposta di regolamento « Roma I », ivi, p.106 ss.; Flessner e Verhagen, op. cit., p. 17 ss.; Ancel,Kieninger e Sigman, La proposition de règlementRome I et les effets sur les tiers de la cession decréance, inBanque & Droit, 2006, p. 39 ss.; Bonomi,La legge applicabile, cit., p. 172 ss.( 70 )L’utilizzo della parola « privilegio » nel testoitaliano può essere fuorviante. Invero, leggendo le altreversioni linguistiche, si può agevolmente notareche la disposizione si riferisce alla questione dellapriorità dei diritti sul credito ceduto (in quella inglesesi usa la parola « priority », in quella francese siusa l’espressione « rang de la crèance ») e, dunque,più in generale, alla soluzione dei conflitti tra titolivantati nei confronti del medesimo credito.( 71 ) In proposito, Malatesta, Some Remarks, cit.,suggeriva di introdurre una soluzione che accogliesseeffetti erga tertios ed effetti nei confronti del debitoresotto la legge della residenza abituale del cedente.L’idea non persuade perché muove da ragioni di opportunitàche non tengono in debita considerazionela circostanza, affatto frequente, che il debitore hapiù familiarità con la legge del credito ceduto, speciequando egli ha concorso a individuarla. Cfr. Bonomi,La legge applicabile, cit., p. 174.NLCC 3/4-2009


858reg. CE n. 593/2008[Art. 14]conto del prospettato intervento correttivo dellaCommissione.Poiché il reg. « Roma I » non fa differenze tracessioni ordinarie e cessioni di altro genere (inspecie, le cessioni in blocco e quelle di creditifuturi), ma accoglie, come visto, una nozione dicessione affatto generica, è necessario ricercareuna soluzione che non dia luogo a problemipratici di tenore analogo a quelli per cui essavuole essere introdotta.Riferirsi alla legge della residenza abituale delcedente è soluzione incapace di garantire unitarietàe prevedibilità di disciplina nelle frequentiipotesi di cessioni successive dello stesso creditooperate dai cessionari: i terzi – invero anche ildebitore – non saprebbero di quale cedenteprendere in considerazione la residenza abitualeal fine di individuare la legge applicabile all’opponibilitàdella cessione oppure dovrebberoconsiderarle tutte ( 72 ).Quanto alle cessioni in blocco, è vero che il richiamodella legge « del cedente » escluderebbeil concorso di tante leggi quanti sono i crediti,ma è anche vero che il problema del concorso dipiù leggi è realmente escluso soltanto se fosseunica la legge applicabile tanto all’opponibilitàai terzi quanto all’opponibilità ai debitori ceduti( 73 ): infatti, ove la cessione in blocco avesseoggetto crediti sottoposti a leggi diverse, la molteplicitàdelle leggi applicabili, evitata per regolarel’opponibilità ai terzi, si riproporrebbe perdisciplinare l’opponibilità ai debitori ceduti( 74 ).Inoltre, la tesi della coincidenza delle leggi incaso di cessione di crediti nascenti da vendita oprestazione di servizi, sebbene confortata dalfatto che l’art. 4 utilizza criteri di collegamentooggettivi che conducono alla legge della residenzaabituale del soggetto (venditore, prestatoredi servizi) che nella cessione riveste il ruolodi cedente, prova troppo. Infatti, come lostesso suo sostenitore precisa ( 75 ), tale tesi nonvale, in via di principio, per i contratti conclusicon i consumatori, ed è messa fuori gioco se leparti decidono di sottoporre il contratto da cuisorge il credito a una legge diversa da quelladesignata dai criteri oggettivi. La stessa tesi èperaltro poco compatibile con la nozione dicessione accolta dal regolamento, specie per larilevanza datavi alla cessione a scopo di garanzia:in assenza di una tipologia contrattuale nominatanell’art. 4, la coincidenza di cui si parladipende sia dalla determinazione del prestatorecaratteristico sia dall’eventualità che non operila clausola di eccezione di cui all’art. 4, par. 3,a favore di uno Stato diverso da quello dellaresidenza abituale del cedente per effetto delcollegamento tra la cessione in garanzia e ilcontratto principale.Peraltro, non può farsi a meno di notare che ilvantaggio derivante dalla coincidenza tra la leggedella residenza del cedente e quella applicabileal credito ceduto può addursi a sostegno diuna soluzione att<strong>agli</strong>ata <strong>agli</strong> interessi coinvoltiin una cessione ordinaria, non anche a quellipropri di cessioni in blocco e di cessioni di creditifuturi. Ma poiché conforme alle peculiaritàdella cessione ordinaria, siffatto argomento èdel pari utilizzabile in un ragionamento condottoa favore della legge del credito ceduto.Ancora, il criterio della sede del cedente malsi presta a determinare la legge applicabile all’opponibilitàdella cessione in garanzia di dirittisu crediti perfezionata con la scrittura in registricontabili ( 76 ): di questi negozi occorre tenereconto in quanto rientrano appieno nella categoriadi cessione del credito accolta nell’art. 14.È consolidato – nonché indicativo dell’esistenza( 72 ) In questo senso, Malatesta, La cessione delcredito, cit., p. 266 ss. Secondo Bonomi, La legge applicabile,cit., p. 172, l’inconveniente della pluralità dileggi crea un onere a carico di debitore e cessionarionon impossibile da affrontare. V. altresì Gardella,Prevedibilità, cit., p. 115.( 73 ) Nota il problema anche Francq, Le règlement« Rome I » sur la loi applicable aux obligationscontractuelle. De quelques changements..., in Journ.dr. internat., 2009, p. 67 là dove menziona i vantaggidi una soluzione agganciata alla legge del credito ceduto.( 74 ) Per Cashin Ritaine, Les règles applicablesaux transfert internationaux de créance, cit., p. 210 sicreano i presupposti per il problematico caso di unacessione efficace rispetto ai terzi secondo la legge delcedente che non lo sia rispetto al debitore ceduto secondola legge del credito. Ad avviso di Bonomi, Lalegge applicabile, cit., p. 172 s., è vero che la formulazionedi più criteri di collegamento genera problemi– come quelli evidenziati nel testo –, ma evitarla significalasciare insoluti i problemi per la cessione inmassa e per quella di crediti futuri.( 75 )V.Bonomi, La legge applicabile, cit., p. 173.( 76 )V.Gardella, Prevedibilità, cit., p. 124 ss.NLCC 3/4-2009


[Art. 14] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 859( 77 ) Sul punto si rinvia in generale a Leandro, Lalegge regolatrice degli effetti reali del trasferimento distrumenti finanziari tramite intermediari, inRiv. dir.internaz., 2006, p. 384 ss.; Villata, Gli strumenti finanziarinel diritto internazionale privato, Padova,2008, p. 211 ss., e, sul profilo delle garanzie, a CrespiReghizzi, Lex rei sitae e disciplina delle garanzie mobiliarinel diritto internazionale privato, Milano, 2007,p. 179 ss.; Gardella, Le garanzie finanziarie nel dirittointernazionale privato, Milano, 2007, p. 152 ss.( 78 ) G.U. n. 130 del 7 giugno 2001.( 79 ) G.U.C.E. n. L 166 dell’11 giugno 1998, p. 45ss.( 80 ) G.U. n. 164 del 15 luglio 2004.( 81 ) G.U.C.E. n. L 168 del <strong>27</strong> giugno 2002, p. 43ss.di obblighi comunitari a carico degli Stati membri– il ricorso a criteri di collegamento agganciatial luogo di tenuta del registro per disciplinare,tra l’altro, la questione in esame in occasionedi trasferimento (a vario titolo) di dirittisu crediti, depositi, strumenti finanziari iscrittisu conti tenuti da intermediari (si pensi allebanche) ( 77 ). Tale criterio è accolto, per esempio,nel d.lgs. 12 aprile 2001, n. 210 ( 78 ), emanatoin attuazione della dir. 1998/26/CE del 19maggio 1998 concernente il carattere definitivodel regolamento nei sistemi di pagamento e neisistemi di regolamento titoli ( 79 ), e nel d.lgs. 21maggio 2004, n. 170 ( 80 ), emanato in attuazionedella dir. 2002/47/CE del 6 giugno 2002 relativaai contratti di garanzia finanziaria ( 81 ). Inparticolare, si tratta di considerare, tra quelli dislocatilungo la catena di intermediazione, ilconto in cui è iscritto il diritto sullo strumentofinanziario considerato dal punto di vista del titolare:poiché il conto in questione è gestito daun intermediario, questi assume la veste dell’intermediariorelevant (ossia di pertinenza) elalegge applicabile è quella del c.d. place of relevantintermediary approach (PRIMA). Va peraltroricordato che, per porre rimedio ai casi incui sia difficile individuare il luogo in cui si trovail conto di pertinenza, specie nel caso in cuila gestione del medesimo avviene per via telematicao nel caso in cui l’intermediario de quoabbia sedi in Stati diversi tutte abilitate alle gestionedi conti, e stabilire quale conto prenderein considerazione se un’operazione è scanditada più trasferimenti dello stesso strumento finanziariosu conti diversi rispetto ai quali è datoindividuare un intermediario relevant, siè pensatodi attribuire alle parti la facoltà di selezionaresiffatto conto. Si tratta del metodo introdottodalla Convenzione dell’Aja del 5 luglio2006 su alcuni diritti relativi <strong>agli</strong> strumenti finanziaridetenuti attraverso un intermediario( 82 ), la quale consente alle parti (intermediarioe cliente) di determinare la legge regolatricedell’accordo istitutivo del conto per sottoporvi,tra l’altro, la questione della opponibilità dell’iscrizionenei confronti dei terzi ovvero di inserireuna clausola in detto accordo che designila legge regolatrice di tali questioni anche se diversada quella applicabile al conto (art. 4). Tralasciandoi risvolti problematici sollevati da unmetodo del genere ( 83 ), qui preme sottolinearecome i criteri di collegamento testé illustratiesprimono un attacco con il diritto trasferito(credito iscritto sui conti dell’intermediario)non riscontrabile nel criterio della sede del cedente.Infine, il pregio dai più riconosciuto alla leggedella residenza abituale del cedente di coinciderecon la lex concursus della procedura di insolvenzaaperta nei confronti di questo in base alreg. CE n. 1346/2000 non va è, a ben vedere,enfatizzato. L’art. 19 del reg. « Roma I » definiscela residenza abituale del «soggetto» che concludecontratti nell’esercizio dell’attività professionale.Esso stabilisce che, per le società, laresidenzaabituale è il luogo dell’amministrazionecentrale ovvero, in caso di contratti conclusi tramitesuccursale, agenzia o qualunque altra sede– eventualmente indicata nel contratto –, il luogoin cui si trova tale sede, mentre, per le personefisiche, è la sede di attività principale salvo ilrilievo di ulteriori sedi come nel caso di società.Si tratta in effetti di una definizione che, almenoin ordine alle società, identifica la residenzaabituale di queste con ciò che, ai terminidell’art. 3, par. 1, del reg. CE n. 1346/2000, sipresume essere il loro centro di interessi principali.Senonché, siffatta coincidenza, e con essa ilpregio in discorso, viene meno se la cessione èconclusa presso una delle sedi rilevanti ai sensi( 82 ) La Convenzione non è in vigore. Il testo è consultabilenel sito della Conferenza dell’Aja di dirittointernazionale privato (http://www.hcch.net).( 83 ) V. ancora Leandro, La legge regolatrice, cit.,p. 390 ss.; Crespi Reghizzi, Lex rei sitae, cit., p. 208ss.; Gardella, Le garanzie, cit., p. 304 ss.; Villata,Gli strumenti finanziari, cit., p. 221 ss.NLCC 3/4-2009


860reg. CE n. 593/2008[Art. 14]dell’art. 19, par. 2, del reg. « Roma I », perchéin tal caso l’opponibilità ai terzi sarebbe sottopostaalla legge dello Stato presso cui è situatatale sede, mentre la procedura di insolvenza delcedente medesimo è disciplinata da quella dellaluogo in cui si trova l’amministrazione centrale( 84 ). Quanto detto non esclude, beninteso,che le leggi possano coincidere se, nei confrontidell’imprenditore, è aperta una procedura a carattereterritoriale ai sensi dell’art. 3, par. 4, delreg. CE n. 1346/2000, ossia una proceduraaperta prima di quella principale. Si pensi, sututto, al caso di apertura della procedura nelloStato membro della dipendenza del debitore suistanza di un soggetto il cui credito deriva dall’eserciziodella dipendenza medesima. In talcaso, la lex concursus della dipendenza sarebbela stessa legge rilevante per l’opponibilità dellacessione. L’ipotesi appare tuttavia priva di unaportata tale da giustificare in sé e in via generalel’introduzione del criterio della residenza abitualedel cedente.D’altro canto, i supposti vantaggi derivantidalla coincidenza di lex concursus e legge applicabileall’opponibilità nei confronti dei terzivanno in ogni caso commisurati con la disciplinadell’opponibilità nei confronti del debitoreceduto; anzi, ciò èvieppiù rilevante quando ilcessionario intende recuperare il credito beneficiandodella clausola di salvaguardia del suo dirittostabilita nell’art. 5 del reg. CE n. 1346/2000. Pur non potendoci soffermare sul punto,è da rilevare che il diritto del cessionario « di recuperareil credito (...) in seguito alla costituzionedi un pegno o alla cessione di tale credito atitolo di garanzia » (fatto salvo dall’art. 5 a determinatecondizioni ( 85 )) dipende dall’opponibilitàdella cessione nei confronti del debitoreceduto, sicché anche là dove lex concursus e leggeregolatrice dell’efficacia nei confronti dei terzi(selezionata in base al criterio della sede del( 84 ) Coglie questo risvolto la Fédération BancaireFrançaise, op. cit., p. 14. V. più in generale, sia purecon riferimento alla Proposta del 2005, sulla difficoltàdi determinare i crediti sorti nel quadro dell’eserciziodell’attività di una filiale, di un’agenzia o di altrasede, Ancel, Kieninger e Sigman, op. cit., p.43ss.( 85 ) Sia consentito di rinviare in argomento aLeandro, Il ruolo della lex concursus nel regolamentocomunitario sulle procedure di insolvenza, Bari,2008, p. 171 ss.cedente) coincidessero, occorrerebbe in ognicaso rivolgersi alla legge del credito ceduto laquale ben può appartenere ad un differente Stato.8. – La proposta di richiamare la legge dellasede del cedente se, da un lato, avrebbe appagatotalune esigenze degli operatori del commerciointernazionale, dall’altro, come visto, nonsarebbe stata in grado di eliminare alcuni problemipratici per la cui soluzione essa è stataavanzata e di escludere che se ne ponessero dialtri in seguito a una sua eventuale applicazione,così risultando nel complesso insoddisfacente( 86 ).In realtà, la ricerca di una soluzione che rispondaa doglianze giustificate soltanto rispettoad alcuni tipi di cessione cui si ricorre nel commercio(cessione in blocco, cessione di creditifuturi ovvero cessioni del genere inserite in operazionicomplesse quali la cartolarizzazione deicrediti), si realizzerebbe meglio con l’introduzionedi soluzioni di conflitto più flessibili conriguardo all’opponibilità di siffatte cessionipiuttosto che imponendo una disposizione rigidaa carattere generale.L’indubbia rilevanza assunta dalle cessioni inblocco e dalle cessioni di crediti futuri nel commerciopuò bensì incidere su questa ricerca, manon più di quanto avvenga nel diritto materiale,il quale sottopone tali cessioni a una disciplinaspeciale rispetto a quella generale della cessioneordinaria, in particolare con riguardo all’opponibilità( 87 ). Se così non fosse, si finirebbe perprivilegiare tali cessioni a discapito dei caratteridella – e dei diversi interessi coinvolti nella –( 86 ) Il fatto che la soluzione proposta non sia ingrado di risolvere problemi di natura pratica confermai limiti della ricerca pilotata da ragioni di opportunitàdella stessa natura; ragioni, queste, che si« prestano a varie interpretazioni e adattamenti perpotervi fondare dei risultati sicuri ». Così, Starace,op. cit., p.66.( 87 )V.supra, ntt. 52 e 54 per indicazioni sulla disciplinaitaliana a seconda che si regoli l’opponibilitàdi cessioni ordinarie o di cessioni di crediti di impresa.Altro esempio è fornito dall’ordinamento francesein cui l’art. 1690 code civil reca, in ipotesi di cessioniordinarie, una disciplina in massima parte analoga aquella italiana in ordine a cessioni dello stesso tipo,mentre l’art. 4 della Loi Dailly del 2 gennaio 1981 stabilisceche, in caso di cessioni di crediti commerciali,NLCC 3/4-2009


[Art. 14] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 861cessione ordinaria come se quest’ultima fosseminoris generis (pertanto sacrificabile a beneficiodi altre) invece che regolata autonomamentedalle cessioni praticate nel commercio ( 88 ).Contro l’introduzione di disposizioni ad hoc siè sollevato il problema di trattare diversamentegli effetti erga tertios a seconda che si tratti dicessione ordinaria o di altro genere di cessione,e di introdurre, così, una distinzione « altrettantocomplicata (e probabilmente meno coerente)di quella preconizzata dalla Commissione » nelpunto di proporre la legge della residenza abitualedel cedente al momento della cessione( 89 ).Senonché, un vero problema si pone soltantorispetto ad operazioni in cui il credito cedutosingolarmente viene poi ceduto in massa ( 90 ),posto che, se si tratta di una cessione ordinarianon può neanche immaginarsi il problema di farecoesistere la « sua » soluzione di conflitto conquella specificamente introdotta per la cessionedi crediti futuri: l’una esclude l’altra. Quanto allepredette operazioni, non si presenterebberopeculiarità molto differenti da una cessione successivadello stesso credito (cessione plurima) se« la cession prend effet entre les parties et devientopposable aux tiers à la date portée sur le bordereau».( 88 ) Attenzione in proposito è prestata dal Comitatoeconomico e sociale, Parere, cit., p. 18, il qualesuggerisce di introdurre precisazioni che riflettano ilquadro comparatistico delle diverse cessioni. Gardella,Prevedibilità, cit., p. 125 ha parlato in toni criticidi una « soluzione one size fits all che contieneun’unica regola rigida (...) senza riguardo alle peculiaritàdello strumento ».( 89 ) Così, Bonomi, La legge applicabile, cit., p.173.( 90 ) Nel corso dei lavori preparatori della Convenzionedelle Nazioni Unite sulla cessione dei creditinel commercio internazionale, in particolare riguardoalla formulazione della norma di conflitto in materiadi priorità nel concorso tra cessionari e terzi sul credito,fu suggerito invero di ricorrere alla legge del cedentenel caso di cessioni in blocco o cessioni di creditifuturi e alla legge del credito in quello di cessioniordinarie. Senonché, la proposta fu bocciata sulla base,appunto, dell’argomentazione qui criticata: ci sichiese, difatti, come fosse sostenibile un doppio regimeinternazionalprivatistico per l’ipotesi di un creditoceduto in modo ordinario successivamente cedutoin blocco con altri dello stesso o di differenti creditori.non per il fatto che i due modelli di cessione chesi susseguono (ordinaria prima e in blocco successivamente)sarebbero sottoposte, quanto altema ora in discorso, a due leggi diverse.Attingendo, dunque, alle esperienze del dirittomateriale, si coglie che la disciplina delle regoleper rendere efficace nei confronti dei terzile cessioni maggiormente praticate nel commerciomira a proteggere la celerità e il buon esitodi un’operazione nella quale sono le parti dellacessione a rappresentare i soggetti di maggioreconsiderazione per l’ordinamento giuridico. Aciò si aggiunga la circostanza che, secondo alcuniordinamenti, l’efficacia nei confronti dei terziè ricollegata ad atti compiuti dalle parti dellacessione: è da pensare che ciò abbia un riflessosul piano internazionalprivatistico ( 91 ).In tal senso, fermando l’attenzione sulle esigenzedelle parti della cessione, la legge che simostra più intimamente connessa al profilo indiscorso quando si tratta di cessioni in blocco,di cessioni di crediti futuri e, più in generale, dicessioni che caratterizzano operazioni economichecomplesse è quella che regola la cessione( 92 ).Nel caso di cessioni innestate in operazionicomplesse (si pensi al factoring o alla cartolarizzazionein cui la mobilizzazione dei crediti mediantecessione riguarda numerosi cespiti dell’impresaed è volta squisitamente al reperimentodi finanziamenti per questa ( 93 )), cadono infattile obiezioni, invece condivisibili, che sipossono muovere all’applicabilità della leggedella cessione in caso di cessioni ordinarie,compiute cioè fuori da operazioni del genereora indicato. Rispetto alle cessioni ordinarie laprotezione del terzo (circa l’affidamento sui( 91 ) Vedi ancora supra, ntt. 52 e 54.( 92 ) In questo senso v. già Malatesta, La cessionedel credito, cit., p. 169 s.( 93 )Alfactoring ricorrono per lo più le piccole emedie imprese, ma la crisi finanziaria dei mercati, lamancanza di liquidità e lo stato di recessione che caratterizzal’attualità hanno condotto anche i grossigruppi industriali a ricorrervi preferendolo alla stessacartolarizzazione, invece affatto dipendente dalleoscillazioni del mercato e poco conveniente se questoè carente di liquidità (ciò perché il buon esito dell’operazione,in cui i crediti di impresa sono ceduti auna società veicolo che emette, con riferimento <strong>agli</strong>stessi crediti, strumenti finanziari, dipende dal successodella sottoscrizione di questi).NLCC 3/4-2009


862reg. CE n. 593/2008[Art. 14]( 94 ) Respingono la generalizzazione di un richiamodella legge della cessione Walsh, op. loc. cit.; Bonomi,Conversion, cit., p. 94; Id., La legge applicabile,cit., p. 171 (il quale sottolinea la difficoltà di pervenirea una sola indicazione di legge applicabile in casodi conflitto tra più cessionari di cessioni sottoposte aleggi diverse); Fédération Bancaire Française,Réponse au Livre vert, cit., p. 12; Malatesta, Someremarks, cit., p. 2. Contra, Flessner e Verhagen,op. cit., p. 21 ss. Sul punto v. altresì Gardella, Prevedibilità,cit., pp. 110 s. e 118 s.( 95 ) Si pensi alla disciplina italiana in tema di factoringche prescinde da oneri di pubblicità. Vedi supra,nt. 52.contenuti della legge del credito e sulla prevedibilitàdel regime di opponibilità) primeggia infattisulle esigenze delle parti e sul ruolo chel’autonomia può giocare nella determinazionedel diritto applicabile all’efficacia esterna dellacessione ( 94 ).I risvolti problematici cui dà luogo il ricorsoalla legge della cessione si stemperano di frontealla constatazione che soltanto in base a tale leggeè dato determinare il modello di cessioneconcluso dalle parti e che rispetto a tale modellosono previste, sul piano sostanziale, forme dipubblicità volte a rendere rapido ed efficacel’esito dell’operazione.In definitiva, sulla scorta di quanto detto, laCommissione è chiamata a valutare l’opportunitàdi inserire una disposizione ad hoc per le cessionimaggiormente praticate nel commercio internazionaleche non abbiano i caratteri dellacessione ordinaria. In alternativa, essa può considerarel’ipotesi di un rinvio flessibile alla leggedel credito suscettibile di deroga a favore dellalegge della cessione quando dal complesso dellecircostanze questa risulti più strettamente collegataall’operazione.È però da chiedersi se, rispetto a una cessionevolta al (o caratterizzante il) compimento dioperazioni economiche complesse, le regolesulla opponibilità (non già, beninteso, soltantoquelle in tema di pubblicità ( 95 )), sebbene semplicie conformi all’obiettivo di agevolare l’operazione,presentino carattere imperativo, perchégarantiscono la conoscenza di una determinatasituazione giuridica da parte dei terzi e deldebitore, l’affidamento dell’efficacia della cessionedal punto di vista del cessionario e l’affidamentodel mercato in cui l’operazione haluogo ( 96 ).Accogliendo la tesi qui espressa, le parti sarebberolegittimate a scegliere l’ordinamento adesse più «conveniente » in tema di regole sull’opponibilitàai terzi e occorre chiarire in qualitermini l’imperatività delle predette regole possacontrapporsi al riguardo.La chiave lettura appare agevole: riconoscendoalle disposizioni in tema di opponibilità lapredetta natura, le parti non potrebbero disporredi esse in via negoziale e, là dove il contrattoda cui nasce la cessione fosse interamente collegatocon uno Stato diverso da quello la cui leggeè scelta dalle parti, ben può intervenire, sulla disciplinadella opponibilità della cessione, laclausola di salvaguardia dell’art. 3, par. 3, a favoredelle norme imperative di tale Stato.Quanto alle norme di applicazione necessariadel foro, sempre premesso in ipotesi che il regimedi opponibilità abbia una simile natura ( 97 ),non inciderebbero in proposito più di quantonon facciano rispetto ad altri profili della cessione.Ancora più semplice è il discorso sulle normedi applicazione necessaria rilevanti ai sensi dell’art.9, par. 3: qualora la legge scelta ai sensidell’art. 3 fosse diversa da quello dello Stato incui deve essere o è stato eseguito il trasferimentodei crediti, il contratto avesse collegamenticon più Stati e le disposizioni fossero di applicazionenecessaria di tale Stato, la disposizione dicui all’art. 9, par. 3, non avrebbe spazio di applicazionein quanto essa riguarda il caso di normeche rendono illecito l’adempimento del contratto:va da sé che le disposizioni in parola nonproducono tale effetto poiché incidono soltantosulla efficacia, peraltro erga tertios, del contratto.9. – L’art. 14 regola altresì l’ipotesi della surrogazioneconvenzionale assegnandole una di-( 96 ) Secondo Audit, inRec. Dalloz, 1985, p. 179s., si può parlare di norme di applicazione necessarianella misura in cui l’ordinamento giuridico non ammettealtre forme di prova dell’avvenuta cessione.( 97 ) Va detto che è comune in dottrina l’idea che leregole sull’opponibilità ai terzi non abbiano natura dinorme di applicazione necessaria: v. Malatesta, Lacessione del credito, cit., p. 86 ss.; Gardella, Prevedibilità,cit., p. 120.NLCC 3/4-2009


[Art. 14] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 863sciplina analoga a quella della cessione del credito.L’analogia sul piano internazionalprivatisticoè facilmente spiegabile alla luce di quellatracciabile sul piano sostanziale dove la surrogazione,al pari della cessione del credito, può esserequalificata come modo di estinzione dell’obbligazione(debito surrogato) o come attoassociato al trasferimento di un credito.Va subito detto che l’art. 14 si dedica alla surrogazioneper contratto, lasciando all’art. 15 ladisciplina della surrogazione legale. È però veroche nella pratica si assiste a casi in cui le partipreferiscono « rinforzare » la surrogazione perlegge con la conclusione di una surrogazionecontrattuale per definire puntualmente i dett<strong>agli</strong>della vicenda traslativa del credito ( 98 ); sicché,gli <strong>artt</strong>. 14 e 15 potranno concorrere per risolverei conflitti di legge di una medesima vicendain cui la surrogazione discende, nel suocomplesso, dal contratto e dalla legge.La previsione di una disposizione ad hoc perla surrogazione convenzionale costituisce unanovità rispetto alla Convenzione di Roma laquale invece si occupa della surrogazione legale(art. 13).L’art. 14 regola, dunque, le surrogazioni pervolontà unilaterale o bilaterale delle parti. In lineadi principio, potrebbero rientrare in questanozione la surrogazione per volontà del debitoree quella per volontà del creditore.La disposizione ha, tuttavia, un àmbito materialeche, almeno dal punto di vista letterale,presuppone la conclusione della sola surrogazioneper volontà del creditore: il par. 1 si riferisceai rapporti tra « surrogante e surrogatonell’àmbito (...) di una surrogazione nei confronti(...) del debitore », e il par. 2 attribuiscealla legge del credito la competenza sulla questionedei rapporti tra surrogato e debitore edelle condizioni dell’opponibilità della surrogazioneal debitore.La surrogazione per volontà del debitore, chesi ha ove il debitore stipuli un contratto di mutuoper far fronte a un debito e surroghi il mutuantenei diritti del suo creditore e in cui l’accordoè concluso tra il debitore e il terzo al finedi trasferire a quest’ultimo il credito originarionon è, in effetti, riconducibile alla disposizione( 98 ) Malatesta, La cessione del credito, cit., p.130, nt. 21.in esame ( 99 ). Ciò perché essa non presenta i caratteridel fenomeno negoziale riconducibile allacategoria dell’art. 14 dove il trasferimento delcredito ha luogo per volontà del creditore (cessionee surrogazione convenzionale toutcourt) ( 100 ).Peraltro, come ripetutamente detto, la ripartizionedi leggi sancita dall’art. 14, oltre a risponderealla differenza sul piano sostanziale tra rapportiobbligatori ed effetti traslativi, è introdotta pergarantire la posizione del debitore di fronte ad attiche, conclusi a prescindere dalla sua volontà,modificano gli assetti di un rapporto di cui egli èparte. Nella surrogazione per volontà del debitoreciò non accade: tale negozio ha finalità per lo piùsatisfattiva e produce effetti soltanto ove il creditoreoriginario sia stato soddisfatto. Viene meno,pertanto, la necessità di applicare la legge del creditoper tutelare il debitore visto che è il debitorestesso a prendere l’iniziativa per la conclusione delnegozio medesimo ( 101 ).Lo stesso non può dirsi a proposito di terzi ti-( 99 ) Nella dottrina italiana la surrogazione per volontàdel debitore di cui all’art. 1202 c.c. conosce uninquadramento dogmatico di non semplice definizione.È controverso, infatti, se essa dia luogo a una vicendatraslativa del credito ovvero una vicenda novativacon la conseguenza che il terzo surrogato, a secondache si propenda per l’uno o l’altro degli inquadramenti,è da ritenere un successore del creditoreoriginario ovvero il titolare di una posizione giuridicanuova dal contenuto uguale a quella spettante a talecreditore. Vedi in argomento Rolli, Il pagamentocon surrogazione, inLe obbligazioni, I,L’obbligazionein generale a cura di Franzoni, Torino, 2004, p. 973ss. Vivo e attuale è il dibattito intorno alla qualificazioneesatta della c.d. « portabilità del mutuo », ossiala surrogazione per volontà del debitore regolata dall’art.8, d.l. 31 gennaio 2007, n. 7 (c.d. decreto Bersanibis), convertito con modificazioni dalla l. 2 aprile2007, n. 40 e modificato dall’art. 2, l. 24 dicembre2007, n. 244 (finanziaria 2008): in argomento v. Tassinari,Portabilità del mutuo e surrogazione dopo l’articolo8 del D.L. sulla concorrenza (cd. Bersani-bis), inCNN Notizie, 30 gennaio 2007, p. 3 ss.; Sirena, La« portabilità del mutuo » bancario o finanziario, inRiv. dir. civ., 2008, I, p. 449 ss.( 100 ) In questo senso v. Max Planck Institutefor Foreign Private and Private Internationallaw, Comments on the European Commission’sGreen Paper, cit., p. 81.( 101 ) Vedi Malatesta, La cessione del credito, cit.,p. 132 s.NLCC 3/4-2009


864reg. CE n. 593/2008[Art. 14]tolari di posizioni <strong>giuridiche</strong> relative al creditosurrogato, i quali possono essere sfavoriti dallasurrogazione perché, per esempio, la legge dellasurroga attribuisce al nuovo creditore diritti piùampi di quelli in capo al creditore originario operché rispetto ad essi si pone un problema diopponibilità.Pur considerando l’opponibilità come materiaattinente <strong>agli</strong> effetti della surrogazione neiconfronti dei terzi, la quale sarebbe sottoposta,in via di principio, alla legge dell’accordo di surrogazionegiusta l’ampia competenza attribuitaalla lex contractus dall’art. 12 del reg. « RomaI », non può sottacersi che gli effetti in questioneattengono a un atto traslativo del creditospecie considerando che dal regime di opponibilitàdipende la soluzione di profili quali lapriorità dei diritti sul credito. In questo senso,la vicenda è analoga alla cessione del credito edè, pertanto, ragionevole ricavare il regime di opponibilitàdella surrogazione dalla legge che regolail credito surrogato come ragionevole è applicarela legge del credito all’opponibilità neiconfronti dei terzi in caso di cessione ordinaria.Tale conclusione non esclude l’intervento di altreleggi nei casi (assai frequenti) di costituzionedi garanzie che accompagnano la surrogazione(si pensi all’applicazione della lex rei sitae sugliaspetti obbligatori e sulla validità formale di unnegozio costitutivo di una garanzia ipotecaria incaso di surrogazione di credito fondiario, competenzaderivante dal combinato disposto degli<strong>artt</strong>. 4, par. 1, lett. c) e 11, par. 5, ed estesa <strong>agli</strong>effetti reali, compresa la questione della relativaopponibilità –specie quando ancorata ad annotazioniin pubblici registri – secondo l’orientamentocomune assunto dai sistemi nazionali didiritto internazionale privato ( 102 )). A ciò si aggiungano,ovviamente, le tecniche di salvaguardiadell’affidamento dei terzi rilevanti sul pianointernazionalprivatistico quali l’inefficacia delmutamento convenzionale di legge dopo la conclusionedel contratto e la clausola dell’ordinepubblico ( 103 ).( 102 ) Vedi in argomento, Damascelli, Le materiaregolate dalla lex contractus e la disciplina internazionalprivatisticadegli effetti reali del contratto, inIlnuovo diritto europeo dei contratti, cit., pp. 146 e148.( 103 ) Malatesta, La cessione del credito, cit., p.133.È possibile che la Commissione, rifletterà, a’termini dell’art. <strong>27</strong>, sull’inserimento di una disposizionead hoc in tema di efficacia della surrogazioneper volontà del debitore nei confrontidei terzi: d’altro canto, a differenza dell’art. 14dove si parla di « surrogazione convenzionale »,nell’art. <strong>27</strong> il regolamento si riferisce alla « surrogazione», sicché lo studio della Commissioneè regolato in modo tale da accogliere le surrogazionidi ogni genere connesse ad obblighi contrattuali,ivi compresa quella legale e quella, appunto,per volontà del debitore.Quanto alla surrogazione per volontà del creditore,definita comunemente surrogazionecontrattuale o convenzionale, si può tracciare,sul piano del reg. « Roma I », un’analogia piùampia con la cessione del credito. L’analogiacon la cessione dipende, nell’ottica del regolamento,dalla natura negoziale del trasferimentodi un credito e dal fatto che, a differenza dellasurrogazione per volontà del debitore, il debitoreè estraneo all’atto di surrogazione e merita latutela offert<strong>agli</strong> dall’applicabilità della legge delcredito ai sensi dell’art. 14, par. 2 ( 104 ).Sul piano sostanziale, la surrogazione si caratterizza,in ciò differenziandosi dalla cessione,per lo stretto legame con il pagamento del creditoda parte del terzo surrogato ( 105 ). Va da séche, ai sensi dell’art. 14, par. 1, tale profilo è ricondotto,quando attinente al rapporto tra surrogantee surrogato, alla legge che regola l’attodi surrogazione ( 106 ).( 104 ) I tratti caratteristici della surrogazione convenzionaleconducevano la dottrina ad applicare neisuoi riguardi l’art. 12 della Convenzione di Romamalgrado non ve ne fosse un riferimento espresso.Cfr. ancora Malatesta, La cessione del credito, cit.,p. 135.( 105 ) Bianca, L’obbligazione, Milano, 1993, p. 358rende l’idea della distinzione tra cessione e surrogazioneaffermando che la prima « concerne un rapportonon ancora eseguito, mentre [la seconda] è lavicenda traslativa di un credito già adempiuto ». Siffattacaratteristica ha portato la dottrina a ritenereche, a prescindere dal contratto sottostante tra surrogantee surrogato, il trasferimento del credito hauna funzione spiccatamente satisfattiva: in argomento,v. Malatesta, La cessione del credito, cit., p.134.( 106 ) Nell’ordinamento italiano, la surrogazionenon può avere luogo dopo il pagamento poiché l’obbligazioneda cui sorge il credito è da considerarsi giàNLCC 3/4-2009


[Artt. 15, 16] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 865A questa legge spetta disciplinare anche gliobblighi del surrogante e del surrogato nonchéla portata del subingresso nel diritto di credito.Su questo punto occorre però intendersi circa ilcoordinamento tra legge della surrogazione elegge che regola il credito surrogato.È da chiedersi, infatti, se il solvens possa subentrarein un credito ritenuto incedibile dallalegge del credito.Il contrasto tra legge della surrogazione (checonsente la surrogabilità) e legge del credito chenon ammette la cedibilità può sussistere e l’art.14, par. 2, il quale stabilisce che « la legge chedisciplina il credito (...) surrogato determina lacedibilità di questo », sembra deporre nel sensoche occorre considerare soltanto le prescrizionidella seconda legge.Conviene però ricordare che i divieti di cessioneriguardano il credito quale oggetto di uncontratto di vendita o di garanzia e sono estraneialla surrogazione la quale si pone come effettodi un atto di volontà condizionato al pagamentodel credito ( 107 ).Anche a volersi sostenere che l’applicazionedella legge del credito garantisca meglio il debitoresul piano della conoscenza dei limiti allasurrogabilità del credito, non può sottacersiche, in caso di surrogazione, il terzo ha già pagato,apparendo come il soggetto maggiormentemeritevole di tutela sotto il medesimo profiloapprezzato, però, dal punto di vista della leggedella surrogazione ( 108 ).In realtà, occorre compromettere le due ottichedi tutela tenendo conto che la surrogazionediscende in ogni caso da un atto di volontà (nonanche dalla legge) ed eventuali limiti alla surrogabilitàstabiliti dalla legge del credito sarebberoagevolmente aggirati dalle parti medianteuna scelta di legge conveniente ove si affermassel’esclusiva competenza della legge che regolal’accordo di surrogazione.Una premessa del genere induce a sottoporrela questione della surrogabilità al cumulo tra lalegge della surrogazione e quella del credito ceduto( 109 ).La legge del credito surrogato regola, infine,le condizioni di opponibilità della surrogazioneal debitore nonché le eccezioni che questi può asua volta opporre al terzo surrogato. Alla lucedell’analogia tra cessione del credito e surrogazioneconvenzionale sul piano dell’effetto traslativodi un credito è spiegabile come la legge delcredito sia applicabile altresì all’efficacia dellasurrogazione nei confronti dei terzi.Antonio Leandroestinta: così Bianca, op. cit., p. 348; Galgano, Dirittocivile e commerciale, II, Le obbligazioni e i contratti,1,Obbligazioni in generale. Contratti in generale 4 ,Padova, 2004, p. 148 s.( 107 ) Bianca, op. cit., p. 359.( 108 ) V. ancora Malatesta, La cessione del credito,cit., p. 126, nt. 14.( 109 ) Sulla diversa soluzione prospettabile in casodi surrogazione legale v. Leandro, infra, commentosub <strong>artt</strong>. 15-16, par. 3.Art. 15.(Surrogazione legale)Qualora, in virtù di un’obbligazione contrattuale, un soggetto, il creditore, vanti diritti neiconfronti di un altro soggetto, il debitore, e un terzo sia tenuto a soddisfare il creditore, ovveroil terzo abbia soddisfatto il creditore in esecuzione di questo obbligo, la legge applicabile a taleobbligo del terzo determina se e in quale misura questi possa esercitare nei confronti del debitorei diritti vantati dal creditore nei confronti del debitore in base alla legge che disciplina iloro rapporti.NLCC 3/4-2009


866reg. CE n. 593/2008[Artt. 15, 16]Art. 16.(Obbligazioni solidali)Qualora un creditore vanti un credito nei confronti di vari debitori che sono responsabili insolido e uno di essi abbia già adempiuto in tutto o in parte, la legge che regola l’obbligazione ditale debitore nei confronti del creditore regola anche il diritto di regresso del debitore nei confrontidegli altri debitori. Gli altri debitori possono opporre le eccezioni che potevano opporreal creditore nella misura consentita dalla legge che regola la loro obbligazione nei confronti delcreditore.Sommario (<strong>artt</strong>. 15 e 16): 1. L’àmbito della disposizionesulla surrogazione legale. – 2. Il coordinamento tralegge della surroga e legge del credito. – 3. La trasferibilitàdel credito. – 4. Le obbligazioni solidali.1. – Il reg. « Roma I »«novella » la Convenzionedi Roma separando la disciplina in temadi surrogazione da quella delle azioni di regressoche il solvens può esercitare nei confronti deicondebitori nel caso di adempimento di obbligazionisolidali: queste ultime sono contemplatenell’art. 16.Rispetto alla Convenzione di Roma, l’art. 15del regolamento precisa, peraltro, che il fenomenosurrogatorio preso in considerazione èquello che deriva da obbligazioni contrattuali:la precisazione vale sia per il rapporto da cui derival’obbligo del terzo sia per quello da cui sorgeil credito. Ciò si spiega, oltre che in ragionedei limiti materiali di applicazione del regolamento( 1 ), anche per il coordinamento con ladisposizione contenuta nell’art. 19 del reg. CEn. 864/2007 dell’11 luglio 2007 sulla legge applicabilealle obbligazioni extracontrattuali(« Roma II ») il quale dispone in tema di surrogazionederivante da tali obbligazioni ( 2 ).L’art. 15 contempla l’ipotesi della surrogazionelegale relativa a rapporti contrattuali, lasciandoall’art. 14 la disciplina della surrogazioneconvenzionale ( 3 ).Esso si dedica, in particolare, all’ipotesi delterzo che, in virtù di un obbligo contrattuale,paghi o sia tenuto a pagare un debito altrui edell’effetto legale, a ciò ricollegato, della sua sostituzionenei diritti del creditore ( 4 ).( 1 ) La limitazione era enunciata, rispetto alla Convenzionedi Roma del 1980, dalla Relazione Giuliano-Lagarde, sub art. 13, punto 1, là dove si afferma che« tenendo conto del fatto che la Convenzione concernesoltanto la legge applicabile alle obbligazioni contrattuali,[il gruppo dei lavori preparatori] ha ritenutoopportuno limitare l’applicazione dell’art. 13 soltantoai trasferimenti di credito di natura contrattuale». Vedi al riguardo Grasso, sub art. 13, (Surrogazione),inConvenzione sulla legge applicabile alle obbligazionicontrattuali (Roma, 19 giugno 1980) –Commentario, a cura di Bianca e Giardina, in questaRivista, 1995, p. 1071; Malatesta, La cessione delcredito nel diritto internazionale privato, Padova,1996, p. 120 ss. Resta escluso, per esempio, il casodella surrogazione per effetto dell’ordine che un giudiceimpartisce in base all’art. 8 della l. 1 o dicembre1970, n. 898 a un terzo, tenuto a corrispondere sommea un coniuge, di pagare all’altro coniuge l’assegnodi mantenimento. Escluse sono le ipotesi riconducibilial terzo adempiente che è erede con beneficio diinventario e paga i debiti ereditari (art. 1203, n. 4,c.c.) o del terzo interveniente che paga la cambiale(art. 82 della l. cambiaria) o, ancora, il terzo girantedella nota di pegno che paga il possessore di questa(art. 1796 c.c.). Cfr. per altri casi di esclusione, Malatesta,op. cit., p. 1<strong>28</strong>, nt. 17.( 2 ) G.U.U.E. n. L 199 del 31 luglio 2007, p. 40 ss.In argomento v. Mari, La disciplina della surrogazionenel regolamento (CE) n. 864/2007 sulla legge applicabilealle obbligazioni extracontrattuali (« RomaII »). Note critiche,inEur. dir. priv., 2008, p. 893 ss. ep. 897 anche per l’idea che si dispone di un regimegenerale della surrogazione legale valida, con alcunidistinguo, « tanto in campo contrattuale quanto inquello extracontrattuale »; nonché Malatesta, Lalegge applicabile <strong>agli</strong> incidenti stradali nella propostadi regolamento (CE) « Roma II »,inRiv. dir. internaz.priv. e proc., 2006, p. 62; Brière, Le règlement (CE)n. 864/2007 du 11 juillet 2007 sur la loi applicable auxobligations non contractuelles (« Rome II »), inJourn.dr. internat., 2008, p. 64 s.; Franzina, Il regolamenton. 864/2007/CE sulla legge applicabile alle obbligazioniextracontrattuali (« Roma II »), in questa Rivista,2008, p. 1036.( 3 ) Vedi Leandro, supra, commento sub art. 14,par. 9.( 4 ) Cfr. Plender e Wilderspin, The EuropeanNLCC 3/4-2009


[Artt. 15, 16] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 867La categoria astratta rilevante è definita surrogazionelegale soltanto nel titolo della disposizionenon anche nel dettato normativo. In effetti,questa nozione è nota soltanto da alcuni ordinamentidegli Stati membri e al fenomeno disciplinatonell’art. 13 spesso non corrisponde lastessa qualificazione che essi offrono sul pianosostanziale. In sintesi può dirsi che la surrogazionerilevante in questa sede può essere qualificata,ponendosi dal punto di vista degli ordinamentistatali, come un modo di estinzionedell’obbligazione oppure come un negozio traslativodel diritto di credito ( 5 ).L’art. 15, al pari dell’art. 13 della Convenzionedi Roma, parla di « obbligo del terzo », sicchéesso non riguarda i casi in cui il terzo paghispontaneamente o perché ha un « interesse economicoriconosciuto dalla legge » ( 6 ).La disposizione muove dall’assunto che lasurrogazione nei diritti del creditore soddisfatto« ha luogo di pieno diritto a favore di colui cheessendo tenuto per altri a saldare un debito, abbiainteresse ad effettuarne il pagamento » ( 7 ).Ciò posto, i conflitti di leggi emergono là dovel’obbligo del terzo e il rapporto da cui sorgeil credito soddisfatto sono sottoposti a leggi diversee si pone il problema di stabilire se e inquale misura il terzo possa opporre al debitore idiritti vantanti dal creditore nei confronti diquest’ultimo in base alla legge che regola il rapportoda cui sorge il credito.L’ipotesi normativa postula, dunque, la presenzadi due rapporti: il rapporto tra debitoreoriginario e creditore soddisfatto e il rapportotra quest’ultimo (o il debitore) e un terzo. È unschema affatto rispondente a quello dell’art.1203, n. 3, c.c., nella parte in cui si descrive ilcaso del terzo « tenuto per altri » a soddisfare ilcreditore, ed implica, come questo, il subingressodi un terzo nei diritti di un creditore rispettoaun’obbligazione che, sebbene adempiuta, sopravvive( 8 ).Si pensi, dunque, alla fideiussione, nella qualeè da chiedersi se e in quale misura il fideiussore,una volta pagato il debito in vece del debitore,sia surrogato per legge nei diritti del creditoresoddisfatto; a un contratto di apertura di creditoo da altro contratto di garanzia in personam,ovvero a un contratto di assicurazione che accompagnaun contratto di trasporto, nei qualidetto quesito riguarda i diritti di subingressodel garante e dell’assicuratore ( 9 ); si pensi, an-Contracts Convention 2 , London, 2001, p. 230. Con iltermine « legale » il regolamento si riferisce anche aicasi di surrogazione previsti dalla dottrina di commonlaw. A tal proposito è stato foriero di chiarezza il passaggiodalla Proposta della Commissione al regolamentopoiché la prima intitolava la disposizione« Statutory subrogation » lasciando intendere chequesta si riferisse ai soli casi previsti dalla legge: cfr.:Max Planck Institute for Comparative and InternationalPrivate Law, Comments on the EuropeanCommission’s Proposal for a Regulation of theEuropean Parliament and the Council on the law applicableto contractual obligation (« Rome I »), inRabelsZeitschrift, 2007, p. 3<strong>27</strong>.( 5 ) Così, Malatesta, La cessione del credito, cit.,p. 119.( 6 ) V., a proposito della Convenzione di Roma,Grasso, op. loc. cit.; Ballarino, Diritto internazionaleprivato 3 , Padova, 1999, p. 656; Villani, La Convenzionedi Roma sulla legge applicabile ai contratti 2 ,Bari, 2000, p. 223; Dicey, Morris e Collins, TheConflitct of Laws 14 , II, London, 2006, p. 1618. Dicontro, la Relazione Giuliano-Lagarde, sub art. 13,punto 2, afferma che l’art. 13 della Convenzione potrebbeapplicarsi « in linea di principio » anche ai casidi surroga per interesse economico protetto. Lastessa Relazione precisa, tuttavia, che il giudiceavrebbe al riguardo un margine « di valutazione discrezionale». Un esempio in tal senso è costituito dalterzo che paga in luogo del debitore per evitare chesul suo patrimonio ricadono negativamente gli effettidel mancato adempimento là dove il debitore ha obblighinei suoi confronti. Si pensi anche al caso delterzo adempiente, egli stesso creditore, che paga uncreditore il quale, in base al regime delle garanzie, hadiritto di essergli preferito e, a seguito del pagamento,si surroga di diritto nel credito (art. 1203, n. 1,c.c.): un concorso tra due ipoteche di gradi differentipotrebbe giustificare il pagamento del debito da partedel creditore con ipoteca di grado inferiore. Perquesto caso v., sul piano sostanziale, Bianca, L’obbligazione,Milano, 1993, p. 351.( 7 ) Cfr. Relazione Giuliano-Lagarde, sub art. 13,punto 2, la quale menziona la surrogazione di cui <strong>agli</strong><strong>artt</strong>. 1251, n. 3, code civil e 1203, n. 3, c.c.( 8 ) In argomento v. Nicolò, L’adempimento dell’obbligoaltrui, Milano, 1936; Carpino, Pagamentocon surrogazione. Art. 1201-1205, in CommentarioScialoja-Branca, Bologna-Roma, 1988; Galgano, Dirittocivile e commerciale, II, Le obbligazioni e i contratti,1,Obbligazioni in generale. Contratti in generale4 , Padova, 2004, p. 148.( 9 ) Vedi, per l’applicazione dell’art. 13 della Convenzionedi Roma alla surrogazione derivante da assi-NLCC 3/4-2009


868reg. CE n. 593/2008[Artt. 15, 16]cora, a un rapporto di mediazione che obbliga ilmediatore a eseguire un contratto per uno deicontraenti senza rivelare il nome dell’altro e occorreaccertare la misura del suo subingressonei diritti del contraente non nominato.Considerando l’ipotesi di un accordo tra debitoree terzo in base al quale questo paga il creditoredel primo, si sarebbe portati a ricondurrenella disposizione in esame anche il caso dell’accollointerno ignoto al creditore ( 10 ). Riteniamo,tuttavia, che ciò va escluso almeno quando, pereffetto dell’intervento dell’assuntore, il debitoreoriginario è liberato e viene meno, pertanto, unpresupposto della surrogazione ( 11 ).Lo stesso è a dirsi quanto al pagamento delterzo espromittente ai sensi dell’art. 1<strong>27</strong>2, c.c.,che ha luogo quando il terzo si impegna, con ilcreditore e senza previa delegazione del debitore,a pagare il debito ( 12 ).lare l’effetto surrogatorio con quella secondocui spetta alla legge della fonte della surrogazionedisciplinare tale effetto ( 14 ). In proposito sicontrappongono profili di « materialità » connessialla tutela della posizione del debitore –circa l’affidamento nutrito rispetto ai contenutidella legge del credito – ovvero del solvens, inquanto unico soggetto adempiente nella vicenda,avente il peculiare interesse di adempiereper liberarsi dall’obbligo nei confronti del creditore( 15 ), e beneficiario del diritto di rivalersiper quanto pagato ( 16 ). In ogni caso per nulla rilevanteè la posizione del creditore originarioperché egli è il soggetto che riceve soddisfazione( 17 ) e la surrogazione ha luogo, almeno in viadi principio, senza il concorso della sua volontà( 18 ).La regola stabilita distribuisce le leggi avendoprincipalmente riguardo, da un lato, a presuppostie condizioni della surrogazione del solvensper effetto del pagamento – sottoponendoli allalegge del rapporto da cui sorge l’obbligo di pagamento– e, dall’altro, alla situazione creditoriain cui il solvens si surroga nei confronti del debitore– la quale resta totalmente disciplinatadalla legge da cui essa trae origine ( 19 ).Ciò detto, può darsi che la legge che regola lafonte della surrogazione escluda il subingressoovvero lo ammetta senza prevedere la successionetotale o parziale nei diritti del creditore soddisfatto( 20 ): ciò si evince, per un verso, dal fattoche gli ordinamenti statali non sono omogeneial riguardo e, in ogni caso, non si sono spinti ficurazioniche coprono un contratto di trasporto marittimo,Trib. Bergamo 4 dicembre 2002, in Riv. dir.internaz. priv. e proc., 2003, p. 986 ss.( 10 ) Così Grasso, op. cit., p. 1071.( 11 ) In argomento v. Rescigno, voce Accollo, inDigesto IV ed., Disc. priv., Sez. civ., I, Torino, 1987, p.40 ss.; G. e D. Giacobbe, Delegazione, estromissione,accollo. Artt. 1268-1<strong>27</strong>6, in Commentario Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1992.( 12 ) V. in generale G. e D. Giacobbe, op. cit.( 13 ) Così, a proposito della fideiussione, Villani,op. loc. cit.2. – Dato che la categoria di riferimento è inogni caso quella del trasferimento ope legis delterzo nei diritti del creditore, la legge rilevanteal riguardo è quella che regola il rapporto in virtùdel quale il terzo ha adempiuto o ha l’obbligodi adempiere: seguendo gli esempi testé indicati,la legge applicabile al contratto di fideiussione,a quello di garanzia, ovvero a quello di assicurazioneetc.Tale legge determinerà se e in quale misura lasurrogazione ha luogo nei diritti che il creditoreha nei confronti del debitore in base alla leggeche regola i loro rapporti (c.d. « legge del credito») ( 13 ).La soluzione si allinea alla Convenzione diRoma e compromette, può dirsi definitivamente,l’opinione, espressa con riferimento ai sistemidi diritto internazionale privato statali, secondola quale la legge del credito debba rego-( 14 ) Vedi ampiamente Malatesta, op. cit., p.122ss.( 15 )V.Battifol e Lagarde, Droit internationalprivé 7 , II, Paris, 1983, p. 396 ss.( 16 ) A proposito della surrogazione in obblighi extracontrattualiv. Davì, La responsabilità extracontrattualenel nuovo diritto internazionale privato italiano,Torino, 1997, p. 86 ss.( 17 ) Mari, op. cit., p. 897.( 18 ) Plender e Wilderspin, op. loc. cit.( 19 ) Si tratta della trasposizione sul piano positivodi un orientamento accolto in giurisprudenza aproposito della surrogazione in àmbito extracontrattuale:cfr. Cassation 17 marzo 1970 e, per l’ordinamentobelga, Cassation 23 ottobre 1969, in Rev. crit.dr. internat. privé, 1970, p. 688 con nota di Lagarde.( 20 ) Si pensi alla surrogazione parziale di cui <strong>agli</strong><strong>artt</strong>. 1252 code civil e 1205 c.c.NLCC 3/4-2009


[Artt. 15, 16] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 869no al punto di « elevare la surrogazione a principiolegale valevole a favore di chiunque paghiun debito altrui » ( 21 ), e, per altro verso, dallalettera dell’art. 15 là dove si afferma che la « leggeapplicabile a tale obbligo del terzo determinase e in quale misura » la surrogazione ha luogo.La legge della surroga regola, in quanto tale, idiritti di subingresso, ma non va dimenticatoche è la legge che disciplina il rapporto da cuisorge l’obbligo del solvens, sicché essa regoleràin primis i rapporti tra terzo e debitore (o creditoresoddisfatto).La legge del credito disciplina il contenutodella surrogazione: si pensi alle eccezioni opponibilidal terzo al debitore e viceversa ( 22 ), al carattereliberatorio della prestazione fatta daquesto al creditore originario, nonché alle decadenzee alle prescrizioni. Tale legge determinaaltresì il diritto del solvens di recuperare quantoprestato anche attraverso le azioni, le garanzie ei privilegi del creditore soddisfatto.3. – Un aspetto che non trova una chiara collocazioneriguarda il problema della « trasferibilità»del credito, aspetto che, mutatis mutandissolleva problemi affini a quelli della cedibilitàdel credito nel caso della cessione.A proposito della cessione del credito, il reg.« Roma I » accoglie nell’art. 14, par. 2, una nozionedi cedibilità da intendere come idoneitàdel credito a essere ceduto. Può darsi che il creditosia incedibile per il carattere strettamentepersonale della prestazione del creditore (art.1260, comma 1 o , c.c.) o per la particolare tutelariservata dal legislatore a quest’ultimo (si pensiai casi di incedibilità legale di crediti derivantida rapporti di lavoro), ovvero per scelta delleparti (art. 1260, comma 2 o , c.c.).Ora, a proposito della surrogazione possonoemergere due ipotesi dai tratti apparentementeproblematici: stabilire se il solvens possa subentrarein un credito ritenuto incedibile dalla leggedel credito, e stabilire in base a quale leggeva regolata la trasferibilità legale del credito. Ineffetti la ripartizione operata dall’art. 15 tra leggedella surroga, per regolare il subingresso, elegge del credito, per regolare il contenuto della( 21 ) Bianca, op. cit., p. 348.( 22 ) Villani, op. cit., p. 222; Trib. Bergamo 4 dicembre2002, cit.surrogazione, non pare offrire elementi per disciplinaresiffatte ipotesi.Rispetto alla prima ipotesi, è da notare che ilcarattere incedibile del credito non assume rilevanzanella surrogazione come accade nella cessionedel credito poiché il trasferimento del creditoè dettato dalla legge e presuppone il pagamentodel credito. Il contrasto tra legge dellasurrogazione (che consente l’effetto traslativo) elegge del credito che non ammette la cedibilitàpuò sussistere, ma l’art. 15 detta l’applicazionedella prima legge sui diritti di subingresso postulandoche soltanto in base a tale legge possaammettersi (totalmente o parzialmente) o escludersila surrogabilità. D’altro canto, i divieti dicessione riguardano il credito quale oggetto diun contratto di vendita o di garanzia e sonoestranei alla surrogazione la quale si atteggia adeffetto del pagamento del credito ( 23 ).Rispetto alla seconda ipotesi, è da chiedersi,in altri termini, se per trasferibilità del creditodebba intendersi la cedibilità di questo e richiamarein tali casi l’art. 14, par. 2, come se questocontenesse una norma ad hoc a prescindere dalcontesto in cui ha luogo il trasferimento del credito.Senonché, come correttamente notato ( 24 ),non può farsi a meno di ricordare che l’art. 15 sidedica al trasferimento ex lege non anche aquello per volontà delle parti ( 25 ) e che, ai finiapplicativi della medesima disposizione, la leggede qua e quella che regola le fonte della surrogazioneossia l’unica legge rilevante sull’effettotraslativo ( 26 ). D’altronde, anche a volersi sostenereche l’applicazione della legge del creditogarantisce meglio il debitore sotto il profilo dell’affidamentosui relativi contenuti e sulla sorteche il credito può avere in base ad essa, non puòsottacersi che, in caso di surrogazione, il terzoha già pagato, apparendo, dunque, come già notato,il soggetto maggiormente meritevole di tutelasotto il predetto profilo ( <strong>27</strong> ).( 23 ) Bianca, op. cit., p. 359.( 24 ) Malatesta, op. cit., p. 125 s.( 25 ) Cfr. Galgano, op. cit., p. 149. Per il differenteorientamento da assumere rispetto alla surrogazioneconvenzionale v. Leandro, supra, commento subart. 14, par. 9.( 26 ) In questo senso v. Lagarde, op. cit., p. 696.( <strong>27</strong> )V.Davì, op. cit., p. 89 e nt. 23 al quale non appare« facilmente accettabile l’idea che le parti dellacessione possano con il loro accordo rendere cedibileNLCC 3/4-2009


870reg. CE n. 593/2008[Artt. 15, 16]4. – L’art. 16, come anticipato, regola i conflittidi leggi in tema di obbligazioni solidali. Ladisposizione accoglie una categoria che nellaConvenzione di Roma è racchiusa nell’art. 13,par. 2, il quale si riferisce indifferentemente alterzo « tenuto con altri o per altri » al pagamentodi un debito ( <strong>28</strong> ).Si è visto che il regolamento separa le dueipotesi di surrogazione assegnando quella delcoobligato all’art. 16.Poiché però tale articolo contempla soltantoil diritto di regresso è da ritenere che il diritto disubingresso sia sottoposto all’art. 15; circostanza,questa, che, in realtà, non esclude la coincidenzadelle leggi posto che la legge della surrogazioneche verrebbe in rilievo ai sensi dell’art.15 è, almeno in via di principio, la stessa del regressoai sensi dell’art. 16, la legge cioè che regolal’obbligo del terzo nei confronti del creditoresoddisfatto.Al pari della surrogazione legale, le obbligazionisolidali in discorso sono quelle relative arapporti di natura contrattuale: quanto al dirittodel debitore di rivalersi in ipotesi di condebitoda obbligazione extracontrattuale viene in rilievol’art. 20 del reg. « Roma II », il quale reca inproposito una disposizione analoga a quella inesame.La disposizione è applicabile sul presuppostoche sussista un « vincolo di solidarietà »tra i debitoritale da determinare la « responsabilità insolido » nei confronti dello stesso creditore: salvoprossimi interventi in via pregiudiziale dellaCorte di giustizia CE, incidono al riguardo ledifferenze sul piano sostanziale tra gli ordinauncredito che non è considerato tale (...) dal dirittoche lo regola », ma che la situazione sia diversa nelcaso di surrogazione disposta dalla legge in cui il solvenssarebbe pregiudicato ove gli fosse opposto il carattereincedibile del credito. Non mancano casi diopinioni per cui occorre procedere ad un’applicazionecumulativa della legge del credito e della leggedella surrogazione al fine di stabilire se il credito sia ono trasferibile. V. ancora Malatesta, op. cit. p. 126,nt. 14. Limitatamente alla surrogazione in materia extracontrattuale,Mari, op. cit., pp. 902 ss. e 905 sostieneche non vi sono ostacoli a sottoporre la questionealla legge regolatrice dell’obbligazione extracontrattuale:si argomenta in base all’àmbito materialedi applicazione di tale legge sancito dal reg. « RomaII », in particolare, dal suo art. 15, lett. e (letteradedicata alla trasferibilità del diritto alla richiesta dirisarcimento o indennizzo), nonché alla luce delledifferenze di ordine concettuale – desunte soprattuttodalla disciplina materiale dei rapporti assicurativi–, tra la surrogazione legale in un diritto di naturacontrattuale e quella in un diritto al risarcimento dadanno extracontrattuale.Un ultimo aspetto riguarda il carattere imperativodell’effetto surrogatorio.In realtà, la designazione di competenza dellalegge dell’obbligo del terzo è affatto neutrale rispettoai contenuti imperativi che essa eventualmentepresenta a proposito dell’effetto surrogatorio.Che siano le parti a scegliere la legge applicabileo che sia il criterio di collegamento oggettivorilevante ai sensi dell’art. 4, i margini didisponibilità della disciplina sostanziale in temadi surrogazione dipenderanno esclusivamentedai contenuti della legge così designata. A questaspetterà, dunque, regolare la questione dellavalidità di una rinuncia (totale o parziale) al subingressoper atto del terzo o per clausola contrattualeovvero di un patto che deroghi al principioper cui al pagamento parziale corrispondela surrogazione parziale.L’unica precisazione da fare riguarda la sceltaespressa ai sensi dell’art. 3 a favore di una leggediversa da quella dello Stato dove sono localizzatitutti gli altri elementi del rapporto: in tal caso,interverrà, come è noto, la clausola di salvaguardiadelle norme imperative della legge ditale Stato (par. 3). Si pensi al caso del compratoredi un immobile gravato da ipoteca e all’accordoper cui il compratore si impegna a pagareil debito del proprietario assistito da tale ipoteca.Per cogliere appieno l’esempio, si aggiungache compratore, creditore e proprietario abbianola residenza nello Stato dell’immobile la cuilegge disciplina il debito de quo. Ora, anche se ilcompratore e il creditore sottoponessero l’accordodi pagamento a una legge diversa daquella dello Stato in cui si trova il bene immobile(nell’esercizio di una facoltà legittima ai sensidel regolamento), è da ritenere che i contenutinormativi di tale diversa legge non potrebberoderogare le norme imperative della lex rei sitaein tema di surrogazione (la scelta potrebbe miraread aggirare l’insurrogabilità del credito stabilitada tale legge).( <strong>28</strong> ) Nel testo si sono utilizzate alcune espressionidell’art. 1203, n. 3, c.c.NLCC 3/4-2009


[Artt. 15, 16] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 871menti degli Stati membri, nonché l’apprezzamentodel giudice rispetto al caso concreto. Vada sé che, in ragione del tenore letterale delladisposizione e della categoria circoscritta al dirittodi regresso, non trova spazio la solidarietàattiva, la solidarietà cioè tra creditori che conducealla liberazione del debitore adempienteverso uno di essi (art. 1<strong>29</strong>2 c.c.) ( <strong>29</strong> ).Può dirsi, tuttavia, che la formulazione dell’art.16 è diversa dall’art. 13, par. 2 della Convenzionedi Roma, consentendo di accogliervinon soltanto l’ipotesi di condebito in senso proprioin cui le posizioni di tutti i debitori scaturisconodal medesimo contratto, ma anche quelladi vincoli di solidarietà sorti in ordine a distintirapporti obbligatori di natura contrattuale ( 30 ).L’accertamento del vincolo lato sensu di solidarietànon è oggetto della disposizione: poichétuttavia l’effetto del vincolo preso in considerazionedall’art. 17 è la costituzione di un dirittodi regresso, e poiché questo è sottoposto allalegge che regola l’obbligo del solvens è da ritenereche tale legge stabilisce se e in quale misurasussistano tutti i presupposti del regresso ivicompresa l’esistenza di un vincolo di solidarietà.A breve vedremo che tale soluzione nonesclude il concorso di altre leggi.Ciò posto, la via di regresso del solvens controi suoi condebitori è regolata, a’ termini dell’art.16, dalla legge applicabile all’obbligazione postaa carico del primo nei confronti del creditoresoddisfatto. Spetterà, per esempio, a tale leggestabilire i presupposti dell’azione di regresso(si pensi alla validità del pagamento, all’interessealla soddisfazione del debitore specie se essadipende o no dalla scadenza del credito e, comevisto, all’esistenza di un vincolo di solidarietà);( <strong>29</strong> ) In argomento v. Rubino, Obbligazioni alternative.Obbligazioni in solido. Obbligazioni divisibili.Artt.1<strong>28</strong>5-1320 2 , in Commentario Scialoja-Branca,Bologna-Roma, 1961.( 30 ) Così, con riferimento alla Convenzione di Roma,Grasso, op. cit., p. 1072. Nello stesso senso MaxPlanck Institute for Comparative and InternationalPrivate Law, Comments on the EuropeanCommission’s Proposal, cit., p. 330. La versione ingleseè più chiara in questo senso di quella italiana: nonvi si usa l’espressione joint liability (che può att<strong>agli</strong>arsialla nozione italiana di « responsabilità in solido »),ma quella più generica di multiple liability, nell’intitolazione,e di liability for the same claim nella descrizionedella fattispecie astratta.se il regresso opera soltanto nei limiti della suddivisionedel debito nei rapporti interni tra condebitoriindipendentemente dalla posizione diquesti nei confronti del creditore; le conseguenzesul regresso di un pagamento parziale del debitosolidale o dell’estinzione di questo tramiteuna modalità differente da quella pattuita nelcontratto (si pensi a una datio in solutum in luogodella prestazione dovuta).La Proposta della Commissione prevedeva unaclausola per cui « quando la legge applicabileall’obbligazione di un debitore verso il creditoreprevede norme destinate a proteggere il debitoreda azioni di responsabilità, egli può farle valereanche nei confronti degli altri debitori ».Larelazione che accompagna la Proposta precisavaal riguardo che tale clausola è diretta « a chiarirela situazione di un debitore che goda di unaprotezione particolare ».Si trattava di una clausola ricalcata sul modellopresente nel sistema svizzero di diritto internazionaleprivato ( 31 ) e suggerito nel corso deilavori preparatori del regolamento per evitareche la via di regresso del solvens potesse renderela situazione del codebitore diversa e più restrittivadi quella riveniente dalla legge della suaobbligazione ( 32 ).Ora, l’art. 16, seconda frase, adotta una formulazionepiù elastica a proposito della disciplinadei rapporti tra coobbligati che ricalca quelladi altre disposizioni in cui emerge, rispetto a undato obbligo, un problema di opponibilità di situazioniderivanti, acquisite e regolate in base aleggi diverse. L’espressione « eccezioni che potevanoopporre al creditore nella misura consentitadalla legge che regola l’obbligazione »adempiuta è in grado di accogliere, senza identificarsicon essa, l’eventuale esistenza di disposizioniche proteggono i debitori da azioni di responsabilità.Laratio è, dunque, quella di impedirein generale che l’azione di rivalsa possa aggredirei condebitori più di quanto sia ammissi-( 31 ) Art. 146, par. 2.( 32 ) Cfr. Max Planck Institute for Comparativeand International Private Law, Commentson the European Commission’s Proposal, cit., p. 331.Nello stesso senso v. Hambourg Group for PrivateInternational Law, Comments on the EuropeanCommission’s Draft Proposal for a Council Regulationon the Law Applicable to Non-Contractual Obligations,ivi, 2003, p. 46 s.NLCC 3/4-2009


872reg. CE n. 593/2008[Artt. 15, 16]bile alla luce degli obblighi a carico di questi edella relativa legge regolatrice ( 33 ).Il primo – e sicuramente più importante –esempio si ha quando la legge che regola l’obbligodi uno dei debitori escluda il vincolo chela legge dell’obbligo del solvens prevede. È evidenteche in un caso del genere si crea incertezzaspecie riguardo alla posizione del debitoresolvens, ma non va dimenticato che si tratta diun caso che accade quando i rapporti con il creditoresono sottoposti a leggi diverse e che sitratta di una naturale conseguenza dell’ammissibilitàdi vincoli che nascono a proposito di rapportisottoposti a leggi diverse.Altro esempio è dato dalla circostanza cheuna legge consente di opporre in compensazioneun credito a differenza dell’altra ( 34 ).Si pensi ancora all’ipotesi in cui secondo unalegge, la circostanza che un debitore sia tenutoad adempiere con modalità diverse d<strong>agli</strong> altriesclude la solidarietà (contrariamente, peresempio, a quanto prevede l’art. 1<strong>29</strong>3, c.c.): alcreditore – e dunque al solvens – il debitoreadempiente può opporre l’esistenza di una disposizionedel genere per svincolarsi dalla corresponsabilità,specie là dove abbia correttamenteeseguito l’obbligazione a suo carico secondole modalità previste dal contratto o dallalegge a questo applicabile.Si pensi, infine, alla deduzione contro il solvensdi fatti estintivi l’obbligazione a carico delcodebitore previsti dalla legge ad essa applicabilema non da quella che regola l’obbligazionedel solvens. Lo stesso dicasi, più in generale,per i fatti impeditivi la pretesa creditoriaquali l’impossibilità sopravvenuta della prestazione.In definitiva, il codebitore può opporre alsolvens non soltanto le eccezioni fondate sul( 33 )V.Lagarde, Remarques sur la proposition derèglement de la Commission européenne sur la loi applicableaux obligations contractuelles, inRev. crit. dr.internat. privé, 2006, p. 346; Corneloup, La loi applicableaux obligations contractuelles. Transformationde la Convention de Rome en règlement communautaire« Rome I », inSem. jur., 2008, n. 44, p. 26.( 34 ) Per i problemi concernenti la compensazionedel codebitore e il coordinamento tra l’art. 16 e l’art.17 v. amplius il commento di Leandro, infra, sub art.17, par. 5.rapporto solidale, ma anche quelle opponibilial creditore in base alla legge che regola il rapportoconcluso con esso. In ogni caso, il testonormativo presuppone, ai fini applicativi dellaclausola di salvaguardia dei debitori solidali,che le obbligazioni siano rette da leggi differenti( 35 ).Una prima ipotesi si ha in caso di danno provocatodall’inadempimento di contratti diversiconclusi da altrettanti debitori con il solo danneggiato:si pensi al credito per il danno dascorretto adempimento di obblighi professionaliderivanti per più avvocati nei confrontidello stesso cliente secondo contratti di operaprofessionale, aventi lo stesso oggetto, ma sottopostia leggi diverse. Si pensi ora a un creditoda lavoro derivante dall’esecuzione di unamansione che il lavoratore presta per diversidatori di lavoro secondo contratti sottoposti aleggi diverse senza, tuttavia, che possa distinguersiquale aspetto della prestazione lavorativaattenga all’interesse di un datore e a quellodi un altro. Si pensi anche a una catena di contrattidi trasporto relativi alla stessa merce derivatida un contratto principale concluso con ilmedesimo produttore ( 36 ).Altra ipotesi di fascio di rapporti riconducibilia leggi diverse, ma nondimeno generatoredi vincoli di solidarietà, è la cofideiussione,sussistente quando la garanzia è fornita da piùfideiussori. L’ipotesi è differente da quella dellefideiussioni plurime, che hanno luogo separatamentee senza collegamento, e che, ove sottopostea leggi diverse, determinano un fasciodi surrogazioni legali sottoposte ad altrettanteleggi.La cofideiussione genera invece un’obbligazionesolidale, la quale può fare capo a singolicontratti di fideiussioni sottoposti a leggi diverse.Antonio Leandro( 35 ) Così, Lagarde, Remarques, cit., p. 345.( 36 ) È il caso proposto dal Max Planck Institutefor Comparative and International PrivateLaw, Comments on the European Commission’s Proposal,cit., p. 330.NLCC 3/4-2009


[Art. 17] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 873Art. 17.(Compensazione legale)Qualora il diritto di compensazione non sia stato convenuto dalle parti, la compensazione èregolata dalla legge applicabile al credito per il quale è fatto valere il diritto di compensazione.Sommario: 1.L’àmbito materiale dell’art. 17. – 2. Lesoluzioni prospettate in dottrina rispetto alla compensazionelegale. – 3. La soluzione accolta dal reg. « RomaI ». – 4. L’àmbito della legge individuata dall’art.17. – 5. Il coordinamento con altre disposizioni del regolamentoin tema di cessione del credito, di surrogazionelegale e di obbligazioni solidali. – 6. Il trattamentodella compensazione in base ad altri strumenticomunitari: il reg. CE n. 1346/2000. – 7. Segue: ...eilreg. « Bruxelles I ». – 8. Cenni sulle forme di compensazionesottratte all’art. 17: la compensazione volontariae la compensazione giudiziale.1. – L’art. 17 dispone in tema di compensazionelegale ed ha, dunque, un àmbito di applicazioneal quale sono estranee la compensazionedecisa dalle parti mediante accordo ovveroquella decisa dal giudice nel corso di un processo( 1 ).È altresì da ritenere che l’art. 17 sia dedicatosoltanto alla compensazione di crediti. A talproposito il passaggio dalla Proposta della Commissioneal regolamento è stato foriero di chiarezza:infatti, l’enunciazione nell’art. 16 dellaprima si riferiva genericamente alle « obbligazioni» tanto da favorire l’idea che essa accogliesseipotesi di compensazione tra obbligazioniche danno luogo a prestazioni diverse daquella pecuniaria ovvero tra prestazioni di naturadiversa tra loro ( 2 ). È vero che nel testo francesedell’art. 17 si parla ancora di « obligation», maè vero anche che alla luce delle altreversioni linguistiche non può che concludersiper un riferimento ai soli crediti (si pensi alleversione italiana, inglese, spagnola e tedesca incui si parla, rispettivamente, di « credito »,« claim », « crédito » e « Forderung »). Altro èil discorso, attinente per lo più alla compensazionegiudiziale, se è possibile determinare il valoredi una prestazione e, in seguito, operare lacompensazione con il controcredito o la controprestazionea sua volta liquidata.Da ultimo occorre ricordare che la disciplinain esame riguarda la compensazione di creditiderivanti da obbligazioni contrattuali conformementeai limiti oggettivi di applicazione delreg. « Roma I ». Viè stato chi ha suggerito diestendere la soluzione di conflitto dell’art. 17anche ai casi di obbligazioni di diversa natura( 3 ), specie quelle extracontrattuali, ma pareche questa opinione costituisca, visti appunto ilimiti oggettivi del regolamento, soltanto unaproposta interpretativa volta ad uniformare ilfenomeno della compensazione nel diritto internazionaleprivato comunitario sotto la regolacontenuta nell’art. 17 a causa del silenzio sulpunto degli altri regolamenti rilevanti in tema diobbligazioni ( 4 ).( 1 ) Vedi infra, par. 8.( 2 ) Magnus, Set-off and the Rome I proposal, inYearb. Priv. Internat. Law, 2006, p. 120. Si adduce adesempio un effetto della rescissione del contrattoanalogo a quello dell’art. 84, par. 2, della Convenzionedi Vienna del 1980 sulla vendita internazionale dimerci ai cui termini l’acquirente deve al venditorel’equivalente di qualsiasi profitto abbia tratto dallemerci o da una parte di esse (secondo l’art. 84, ciò haluogo: quando l’acquirente deve restituire le merci intutto in parte o quando egli è nell’impossibilità di restituirlein uno stato pressoché identico a quello incui le ha ricevute, e tuttavia ha dichiarato il contrattorescisso o ha preteso dal venditore la consegna dimerci sostitutive). In realtà tale interpretazione nonconvinceva neanche alla luce del tenore letterale dellaProposta in quanto i bilanciamenti delle prestazionicostituiscono in tali casi un effetto della rescissionedel contratto e rappresentano un profilo della responsabilitàcontrattuale dell’acquirente, il quale èsottoposto ad altro titolo alla lex contractus.( 3 ) V., con riferimento all’art. 16 della Propostadella Commissione, Magnus, op. cit., p. 118; Ekelmans,La loi applicable à la compensation, inRev. dr.comm. belge, 2006, p. 939.( 4 ) In proposito vi è chi afferma che l’applicazionedella legge che regola l’obbligazione in relazione allaquale è fatto valere il diritto di compensazione oramaiappartenga all’acquis communautaire: così, Kolmann,Diritto fallimentare europeo ed internazionale.Il Regolamento (CE) n. 1346/200 relativo alle proceduredi insolvenza, inEur. Legal Forum, 2002, p. 175.NLCC 3/4-2009


874reg. CE n. 593/2008[Art. 17]2. – Passando all’analisi dell’istituto, è da rilevareche, intorno ai suoi effetti sul piano sostanziale,c’è sempre stata concordia in dottrina sulfatto che esso costituisca un modo di estinzionetotale o parziale di crediti derivanti da obbligazionireciproche ( 5 ). Analogamente, poiché imodi di estinzione dell’obbligazione sono sottopostialla legge di questa regolatrice, v’è concordiasul fatto che tale legge regoli anche la compensazione( 6 ).Non vi è traccia di una norma in materia nel reg. CEn. 864/2007 dell’11 luglio 2007 sulla legge applicabilealle obbligazioni extracontrattuali (« Roma II »), inG.U.U.E. n. L 199 del 31 luglio 2007, p. 40 ss., né nelProtocollo dell’Aja del 23 novembre 2007 relativo allalegge applicabile alle obbligazioni alimentari richiamatodall’art. 15 del reg. CE n. 4/2009 del 18 dicembre2008 relativo alla competenza, alla legge applicabile,al riconoscimento e all’esecuzione delle decisionie alla cooperazione in materia di obbligazionialimentari (in G.U.U.E n. L 7 del 10 gennaio 2009, p.1 ss.) quale parte integrante di esso limitatamente <strong>agli</strong>Stati membri che siano vincolati dal protocollo. Laparticolare natura dei crediti e la presenza di divietidi compensazione negli ordinamenti di alcuni Statimembri si sono contrapposte all’inserimento di unanorma uniforme al riguardo. È però vero che, inquanto modo di estinzione delle obbligazioni, lacompensazione rientra nell’àmbito della legge designatada tali atti normativi: cfr. art. 15, lett. h), delreg. « Roma II ». Lo stesso dicasi rispetto all’art. 11del Protocollo dell’Aja, giusta il carattere non tassativodell’elenco ivi racchiuso. Pertanto l’ammissibilitàdella compensazione sul piano sostanziale dipenderàdalle prescrizioni della legge applicabile ai crediti.Vedi nel testo l’interpretazione secondo cui, nel silenzionormativo in punto di compensazione, puògiungersi al cumulo delle leggi quando i crediti ingioco derivano da obbligazioni sottostanti a leggi diverse.( 5 ) Sulla compensazione quale modo di estinzionedelle obbligazioni v. in generale Di Prisco, I modi diestinzione delle obbligazioni diversi dall’inadempimento,inTratt. dir. priv. Rescigno, IX, Torino, 1984, p.311 ss.; e per l’idea che si tratti di uno scambio reciprocodi estinzioni, Perlingieri, Dei modi di estinzionedelle obbligazioni diversi dall’inadempimento,inCommentario Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1975,p. <strong>29</strong>5 ss.; in diritto comparato v. Zimmermann,Comparative Foundations of a European law of Set-Offand Prescription, Cambridge, 2002, p. 18 ss. e passimper le enunciazioni dei Principi di diritto europeo deicontratti; García Gutiérrez, La compensacion decréditos en el commercio internacional, Madrid, 2002.( 6 )V.Batiffol, Les conflits de lois en matière deUna conclusione del genere trova già fondamentonella Convenzione di Roma il cui art. 10sottopone i modi di estinzione dell’obbligazionealla legge che ne regola la sostanza. Per individuaretale legge, occorre rivolgersi <strong>agli</strong> articoliche, di volta in volta, rilevano ai fini della designazionedella lex contractus ( 7 ).Nulla quaestio, se le obbligazioni in gioco ricadanosotto la stessa legge: una sarà la legge regolatricedella compensazione ( 8 ).Di contro, ove le obbligazioni siano sottopostea leggi diverse, la premessa che la compensazioneè disciplinata dalla legge dell’obbligazioneda estinguere deve misurarsi con il fatto che lacompensazione produce effetti estintivi anchesul credito opposto a quello per cui è invocata.Ed è su questo punto che la suddetta concordiaè venuta meno lasciando spazio ad opinionidivergenti e assai condizionate dalla disciplinadell’istituto sul piano sostanziale.A quest’ultimo proposito è possibile individuare,in primo luogo, ordinamenti che ricolleganol’effetto estintivo all’automatico operaredelle condizioni di compensabilità dei crediti( 9 ); in secondo luogo, ordinamenti secondo icontrats. Etude de droit international privé comparé,Paris, 1938, p. 448; De Nova, L’estinzione delle obbligazioniconvenzionali nel diritto internazionale privato,Pavia, 1930, p. 137 ss.; Morelli, Elementi didiritto internazionale privato 12 , Napoli, 1986, p. 180;Czernich e Heiss, Das Europäische Schuldvertragsübereinkommen,Wien, 1999, sub art. 10, par. 32.( 7 ) Lagarde, Le nouveau droit international privédes contrats après l’entrée en vigeur de la Conventionde Rome du 19 juin 1980,inRev. crit. dr. internat. privé,1991, p. 334.( 8 ) Così, Lagarde, op. loc. cit.( 9 ) Cfr. l’art. 1<strong>28</strong>9 ss. code civil francese anche sein dottrina è stato sostenuto che l’automaticità dell’effettoestintivo nondimeno presuppone, sia pure difatto, un’iniziativa di chi invoca la compensazione(Ghestin, Billiau e Loiseau, Le régime des créanceset des dettes, inTraité dr. civ. a cura di Ghestin,Paris, 1995, n. 1021). Lo stesso dicasi per l’ordinamentoitaliano (la cui disciplina in materia è contenutanegli articoli da 1241 a 1252 c.c.), specie perl’enunciazione dell’art. 1242, comma 1 o , c.c., secondola quale la compensazione non può essere rilevatad’ufficio dal giudice. Vedi in argomento, RagusaMaggiore, voce Compensazione, inEnc. dir., VIII,Milano, 1961, p. 17 ss.; De Lorenzi, voce Compensazione,inDigestoIV ed., Disc. priv., Sez. civ., III, Torino,1988, p. 66.NLCC 3/4-2009


[Art. 17] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 875quali tale effetto dipende da una dichiarazionedi parte ( 10 ); infine, ordinamenti nei quali lacompensazione acquista rilievo squisitamentenel terreno processuale quale reazione alla pretesacreditoria dell’attore e pone il problema sea sua volta possa costituire oggetto di azione( 11 ).L’esposta disomogeneità sul piano sostanzialeha favorito la formazione delle seguenti correntidi pensiero su quello internazionalprivatistico.In primo luogo, vi è quella secondo cui lacompensazione va ricondotta alla legge dei duecrediti in gioco di modo che risulti efficace(conducendo all’estinzione di entrambi i crediti)soltanto se soddisfa le condizioni previste datali leggi ( 12 ). Si muove dalla considerazione chel’effetto estintivo riguarda due crediti e che essopuò avere luogo nella misura dettata dalle leggiapplicabili alle obbligazioni in gioco. Il cumulodi leggi implica la creazione di una disciplinaibrida dell’effetto estintivo perché risultante dalconcorso di disposizioni proprie di due distintiordinamenti, ma è una inevitabile conseguenzadella parità con cui i crediti e le leggi si pongononell’operazione: considerando che la compensazioneè un modo di estinzione di tali crediti,siffatta conseguenze è stata addirittura definita« très logique » ( 13 ).La soluzione del cumulo è stata accolta anchedalla Corte di giustizia CE ( 14 ). Essa, sulla scia( 10 ) Cfr. par. 388 BGB. Nella letteratura v. Enneceruse Lehmann, Recht des Schuldverhältnisse,Tübingen,1958, II, p. <strong>27</strong>6 ss.( 11 ) È l’approccio degli ordinamenti di commonlaw, per un’analisi dei quali v. Wood, English andInternational Set-Off, London, 1989.( 12 )V.Sacerdoti, Conflits de lois en matière decompensation dans les obligations, inClunet, 1896, p.57; Batiffol, op. loc. cit.; De Nova, op. loc. cit.; Morelli,op. loc. cit.; con riguardo alla Convenzione diRoma v. Lagarde, op. loc. cit.; Mayer e Heuzé,Droit international privé 7 , Paris, 2001, p. 501; CalvoCaravaca e Carrascosa Gonzáles, Derecho internacionalprivado 7 , II, 2001, p. 384; Rigaux e Fallon,Droit international privé 3 , Bruxelles, 2005, p. 815.( 13 ) Sacerdoti, op. loc. cit.( 14 ) Corte giust. CE 10 luglio 2003, Conseil descommunes et régions d’Europe (CCRE), causa 87/01,in Raccolta, 2003, p. I-7617 ss., per un commento allaquale v. Tonolo, La legge applicabile alla compensazionelegale dei crediti nell’ordinamento comunitario,di un suo precedente ( 15 ), ha individuato le peculiaritàdella compensazione secondo una valutazionecomparativa dei sistemi normativi suscettibilidi considerazione (in specie si trattavadel diritto comunitario e del diritto belga). Datale comparazione essa ha desunto l’esistenza diun principio di diritto comunitario che ammettela compensazione anche quando il credito oppostosia sorto da un rapporto regolato dal dirittocomunitario. Ma, ritenendo che la compensazione« estingue simultaneamente due obbligazioniesistenti reciprocamente tra due persone» ( 16 ), essa conclude nel senso che tale effetto,quando riguardante due obbligazioni sottopostea ordinamenti diversi, si ha soltanto seentrambi l’ammettano ( 17 ).In secondo luogo, spicca la tesi secondo cui lacompensazione è regolata dalla legge del credi-in Riv. dir. internaz. priv. e proc., 2004, p. 575 ss.;Magnus, op. cit., p. 116 s.( 15 ) Cfr. Corte giust. CE 1 o marzo 1983, Deka Getreideprodukte,causa 250/78, in Raccolta, 1983, p.421 ss., punti 13 s. per l’affermazione che tra le istituzionicomunitarie e gli operatori economici possonosorgere, in base al diritto comunitario, crediti reciproci(e connessi) suscettibili di compensazione. Inparticolare, si trattava di crediti derivanti da rapportitra Comunità e operatori in materia di restituzione allaproduzione e all’esportazione di granoturco. Altresìrichiamato e il caso Jensen (Corte giust. CE 19maggio 1998, causa 132/95, in Raccolta, 1998, p.I-<strong>29</strong>75 ss.) sebbene vi si tratti la questione della compensazionenei rapporti tra individuo e Stato effettuatain base a una prassi nazionale (controversa era,infatti, la prassi danese di riscuotere i crediti fiscalianche mediante la compensazione con il controcreditovantato dai privati nei confronti dello Stato: in particolare,del controcredito derivante da aiuti comunitarinel settore agricolo).( 16 ) Cfr. sentenza CCRE, cit., punto 59.( 17 ) Nel caso sottoposto alla Corte, il diritto belganon consentiva la compensazione, sicché la Corte hanegato che questa potesse avere luogo. Nel casoDeka, cit., la Corte è stata meno esplicita ma ha affrontatola questione della rilevanza del diritto statalein termini di fatto analoghi: essa, infatti, ha respintola tesi del ricorrente secondo cui l’abolizione delle restituzionialla produzione di granoturco costituisseun atto illecito intenzionale e desse luogo, pertanto, aun credito della Comunità non compensabile in baseal diritto tedesco non perché tale diritto fosse irrilevantesul piano della compensazione ma perché l’attodel Consiglio non costituiva un atto illecito intenzionale(cfr. punto 20).NLCC 3/4-2009


876reg. CE n. 593/2008[Art. 17]to rispetto al quale essa è fatta valere. Qui si enfatizzala circostanza, come visto propria delladisciplina sostanziale di alcuni ordinamenti, chela compensazione muove dall’iniziativa di unsoggetto volta a incidere su un diritto altrui perestinguerlo totalmente o parzialmente: l’oggettodi tale diritto è il credito contro il quale è oppostala compensazione (Passivforderung)( 18 ).Sulla scorta di tali considerazioni, è agevoleper siffatta opinione ricondurre la compensazionealla legge regolatrice del Passivforderung( 19 ).Minoritaria è invece la tesi per cui occorre applicarequella tra le due leggi che sia più favorevoleal diritto di compensazione: qui si ponel’accento sui benefici derivanti dall’operazione(in specie la liberazione di ciascun debitore finoal valore del controcredito) a prescindere dalfatto che essa trae origine da un’iniziativa diparte ( 20 ).Va da sé, infine, che, argomentando in materiasul terreno processuale, nel senso che lacompensazione acquista rilievo soltanto comereazione a una pretesa attorea ponendo il problemase possa a sua volta costituire oggetto diazione, si conclude per la competenza della lexfori ( 21 ).3. – Del panorama dottrinario suesposto,l’art. 17 del regolamento, secondo il quale« qualora il diritto di compensazione non siastato convenuto dalle parti, la compensazione èregolata dalla legge applicabile al credito per ilquale è fatto valere il diritto di compensazione», abbraccia la seconda opinione ( 22 ).L’affinità con l’approccio seguito da siffattaopinione emerge chiaramente dalla Relazioneche accompagnava la Proposta della Commissionelà dove si afferma che la soluzione «èintesaa facilitare la compensazione pur rispettando lelegittime aspettative della persona che non hapreso l’iniziativa » ( 23 ). Malgrado tale enunciazionenon sia stata trasposta in un considerandodel regolamento è da ritenere che la scelta disottoporre la compensazione alla legge del creditoper cui essa è fatta valere sottende la ratioivi descritta ( 24 ).Il legislatore comunitario si è mostrato peraltrosensibile alle preoccupazioni di chi avversal’idea del cumulo di leggi, il quale postula il rispettodei contenuti di ciascuna legge ed incontral’esigenza – tipica della giustizia internazionalprivatistica– di conseguire l’armonia delledecisioni, specie ponendosi alla luce dei variordinamenti in gioco ( 25 ), ma conduce a risultatipoco compatibili con l’efficienza e la certezzagiuridica delle operazioni commerciali.Si pensi infatti alla circostanza che la compensazioneefficace per una legge, ma non per l’al-( 18 )V.Rabel, The Conflict of Laws. A ComparativeStudy, Ann Arbor, Chicago, 1950, III, pp. 467 ss. e474 s.; Dicey, Morris eCollins, The Conflicts ofLaws 14 , London, 2006, I, p. 190 (limitatamente al casodella compensazione che « may (...) amount to anequity directly attaching to the claim and operate inpartial or total extinction thereof »; alla compensazionedi common law è attribuita, come visto, naturaprocessuale), ed ivi, II, p. 1617, n. 32-208; Kropholler,Internationales Privatrecht 6 ,Tübingen, 2006, p.474 ss. In adesione Vecchi, sub art. 10 (Portata dellalegge del contratto), inConvenzione sulla legge applicabilealle obbligazioni contrattuali (Roma, 19 giugno1980) – Commentario, a cura di Bianca e Giardina, inquesta Rivista, 1995, p. 1056.( 19 ) Un riscontro normativo si trova nell’art. 148,par. 2, della legge svizzera sul diritto internazionaleprivato del 18 dicembre 1987 a proposito dell’estinzioneper compensazione.( 20 ) Kannengiesser, Die Aufrechnung im internationalenPrivat – und Verfahrensrecht, Tübingen,1998, p. 117.( 21 ) Vedi al riguardo la perentoria risposta n. <strong>29</strong>del Governo del Regno Unito al Libro verde: « theUK Government does not favour any new choice oflaw rule on “offsetting”. This should properly be regardedas a procedural matter which should continueto be determined in accordance with the lex fori » (ildocumento è consultabile nel sito della Commissioneeuropea http://www.ec.europa.eu).( 22 ) Ubertazzi, Il regolamento Roma I sulla leggeapplicabile alle obbligazioni contrattuali, Milano,2008, p. 113 ss.( 23 ) Vedi Magnus, op. cit., passim; Lein, Proposalfor a Regulation on the Law applicable to ContractualObligations (Rome I) Com (2005) 650 Final,15.12.2005, inYearb. Priv. Int. Law, 2005, p. 411.( 24 ) Il regolamento sceglie, dunque, di allinearsi allesoluzioni materiali del diritto tedesco secondo cui,come visto, il debitore può invocare la compensazionesoltanto eccependo l’esistenza di un credito attraversoun’iniziativa ad hoc (in specie, una dichiarazione).Cfr. Lagarde, Remarques sur la proposition derèglement de la Commission européenne sur la loi applicableaux obligations contractuelles (Rome I), inRev. crit. dr. internat. privé, 2006, p. 346.( 25 ) Tonolo, op. cit., p. 591.NLCC 3/4-2009


[Art. 17] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 877tra, non possa avere luogo e alla limitazione dellepossibilità per le parti di soddisfarsi reciprocamenteal solo caso contrario ( 26 ). Si pensi pureal pregiudizio per l’affidamento della parteche confida sui contenuti della legge in base allaquale la compensazione è ammissibile: in talsenso è stato peraltro suggerito di procederemediante un cumulo soft, ossia sottoporre ciascunaobbligazione alla sua legge regolatrice edisciplinare gli effetti della compensazione inbase ad essa ( <strong>27</strong> ). È tuttavia chiaro che, proiettandoanche siffatta soluzione sul piano di unacompensazione internazionale di crediti, ilbuon esito dell’operazione nel suo complessodipenderebbe in ogni caso dal contenuto delledue leggi.I medesimi rilievi critici sono stati mossi anchealla sentenza della Corte di giustizia CE postasiin linea con la tecnica del cumulo delle leggi( <strong>28</strong> ).Per evitare i problemi connessi al cumulo, occorredunque individuare il credito rilevantenella compensazione e l’art. 17 sceglie il creditoper il quale è fatto valere il diritto di compensazione.Il cumulo invero si sarebbe evitato ugualmentedando rilievo al credito di cui è titolare chi favalere la compensazione. Senonché una opzionedel genere è per nulla compatibile con un altroobiettivo della disposizione, quello, già sottolineato,di rispettare « le legittime aspettative dellaparte che non ha preso l’iniziativa ».La disposizione muove, dunque, dalla premessache il soggetto avverso il quale è oppostoun credito di compensazione sia quello degnodi tutela e la vicenda compensativa assume icontorni di un’incidenza nel diritto di credito ditale soggetto nonché nel suo diritto di riceveresoddisfazione.Inoltre, il fatto che la legge « dipende » dall’iniziativadel debitore induce a ritenere chel’art. 17 sia maggiormente operativo in un processo,specie quando tale iniziativa è racchiusa( 26 ) Vecchi, op. loc. cit.( <strong>27</strong> ) Cfr. Jud, Die Aufrechnung im internationalenPrivatrecht, inIPRax, 2005, p. 107 s.( <strong>28</strong> )V.Magnus, op. cit., p. 117, il quale oppone almetodo del cumulo anche di condurre « to a certainnumber of unnecessary legal proceedings, because,(...), set-off is more often refused and the debtor isthen forced to sue for his claim separately ».in una eccezione opposta a pretese creditorie.Alla luce dello stretto legame tra iniziativa giudiziariae iniziativa volta alla compensazione èperaltro condivisibile l’idea che l’art. 17, quandoapplicato in sede processuale, incontra le esigenzeanche degli ordinamenti nei quali la compensazioneopera automaticamente senza, comesi è visto, dipendere da una previa dichiarazionedi parte ( <strong>29</strong> ). Ove, infatti, il foro appartenga auno di questi ordinamenti, l’iniziativa processualedel debitore consente, ponendosi dal puntodi vista del creditore avverso il quale essa èpromossa, di determinare il credito da prenderein considerazione ai fini applicativi dell’art. 17.4. – La legge individuata ai sensi dell’art. 17regola l’esercizio del diritto di compensazionenel suo complesso. Si tratta, in altri termini, dideterminare i requisiti e le condizioni per dareluogo a compensazione.Ponendosi sul piano sostanziale emergonouna serie di questioni riconducibili a siffatte determinazioni.In specie, occorre accertare l’esistenza deicrediti ai fini dell’apprezzamento della coesistenzaove questa sia un presupposto della compensazione;se la compensazione è suscettibiledi operare soltanto tra crediti reciproci e omogenei;se essa vale soltanto tra crediti liquidi edesigibili; se sussistono divieti al riguardo; se èpossibile opporre in compensazione un creditoscaduto; se l’effetto estintivo consegue automaticamenteo dipende da una dichiarazione dellaparte; se esso dipende da una pronuncia giudiziale;quale è il momento a quo di produzione( <strong>29</strong> ) Lagarde, Remarques, cit., p. 346 a propositodell’art. 1<strong>29</strong>0 ss. del code civil francese; Magnus, op.cit., p. 119. D’altronde, nel senso di comprometteresenza equivoci i diversi modi di intendere la compensazionelegale nei vari ordinamenti si spiega perchénel passaggio dalla Proposta della Commissione al regolamentodal titolo della disposizione è stato eliminatodalla versione inglese l’aggettivo « Statutory » ilquale avrebbe potuto, se equivocato, escludere lecompensazioni che hanno luogo a seguito di dichiarazionidi parte e non per effetto della legge: cfr. MaxPlanck Institute for Comparative and InternationalPrivate Law, Comments on the EuropeanCommission’s Proposal for a Regulation of the EuropeanParliament and the Council on the law applicableto contractual obligations (Rome I), inRabels Zeitschrift,2007, p. 332 s.NLCC 3/4-2009


878reg. CE n. 593/2008[Art. 17]dell’effetto compensativo; se è possibile rinunciareal diritto di compensazione; se è ammissibilela compensazione di più debiti; se è possibilecompensare crediti di valuta differente ( 30 ).Alcune delle menzionate questioni richiedonoun coordinamento con leggi diverse da quelladel credito per il quale si fa valere la compensazionee pongono, pertanto, problemi connessi ailimiti applicativi dell’art. 17 e del reg. « RomaI » nel suo complesso.Si pensi a un presupposto della compensabilitàcostituito dalla coesistenza dei crediti che implicala valutazione sull’esistenza di questi e sullarelativa titolarità ( 31 ). Ciò vale in particolarequando, come spesso capita, la compensazioneè dichiarata nel processo su iniziativa di parte.Si tratta, a ben vedere, di questioni preliminariche l’art. 17 non è suscettibile di risolvere, manondimeno si tratta di questioni che, ove implicanola valutazioni di aspetti sostanziali del contratto,trovano soluzione in altre disposizionidel regolamento. Per esempio, l’esistenza e la titolaritàdel credito sono profili sostanziali riguardantiil contratto o l’obbligazione da cui ilcredito trae origine – o per effetto della quale( 30 ) Sul problema della compensazione di creditidi valuta differente v. Magnus, op. cit., p. 123 specieper l’idea che, pur trattandosi di una « question of substantivelaw », come tale spettante alla legge individuataai sensi dell’art. 17 (16 della Proposta dellaCommissione), meriterebbe una soluzione positivauniforme almeno quando i crediti siano in valuta correnteall’interno dell’Unione e finché in questa nonavrà corso una sola moneta. Il riferimento è ai divietidi compensazione di crediti che si ha ove uno sia ineuro e l’altro in valuta di Stati membri estranei all’aeraeuro. Considerato l’impatto sul corretto funzionamentodel mercato interno che avrebbe un diversotrattamento della compensazione di crediti tra imprenditoridi Stati membri a seconda che i crediti sianoentrambi nella stessa moneta o in valuta differente(una delle quali l’euro), sentiamo di condividerel’opinione dell’autore. È però vero che, allo stato attuale,un ragionamento del genere vale soltanto affinchéla legge designata dall’art. 17 sia interpretata eapplicata in modo conforme <strong>agli</strong> obiettivi del Trattato,tra i quali rientra appunto il corretto funzionamentodel mercato interno, cui tende lo stesso reg.« Roma I ».( 31 ) Una parte della dottrina italiana riconducel’esistenza e la titolarità del credito al requisito piùgenerale della liquidità. Cfr. De Lorenzi, op. cit., p.70.esso è stato trasferito – e vanno pertanto sottopostialla pertinente lex contractus ( 32 ).Strettamente legato al profilo della titolaritàè quello della reciprocità ove prevista dalla leggedel credito ( 33 ): può darsi che il debitoreopponga un controcredito derivante dal medesimorapporto contrattuale ovvero lo faccia neiconfronti di chi non gli sia realmente creditore.In tali casi, occorre accertare innanzitutto sela legge prevede il requisito della reciprocità,per concludere nel senso dell’ammissibilità ono della compensazione e, ove previsto, valutarloalla luce del titolo da cui sorgono entrambii crediti. Ciò conduce ad un apprezzamentoanche della legge regolatrice del credito opposto.Un caso problematico può verificarsi a seguitodella successione mortis causa quando è necessarioaccertare se e in quale misura l’eredepuò opporre un credito (o vedersi opposto undebito) del de cuius. Poiché il tema dipende dall’accertamentopreliminare della qualità di eredee, soprattutto, del titolo di successione (secioè universale o particolare), è logico concludereper l’estraneità di esso tanto dall’art. 17quanto dal regolamento in generale e per la de-( 32 ) Un aspetto particolare riguardante l’esistenzadei crediti è quello della individuazione sul piano intertemporaledella disciplina applicabile. Muovendodall’assunto che la disciplina in questione è quella vigenteall’epoca in cui si è verificato l’effetto estintivodeterminato dalla coesistenza dei crediti (assunto affermatoda Cass. 30 maggio 1997, n. 4800, in Foro it.,1997, I, c. 2463 ss.), ci pare che a siffatto momentovada cristallizzata la ricerca della lex contractus qualeche ne sia lo ius superveniens.( 33 ) La reciprocità èun requisito della compensabilitàdei crediti nell’ordinamento italiano e può intendersicome « coesistenza di crediti e debiti di dueautonomi o separati centri di interesse giuridicamenterilevante »: così Perlingieri, op. cit., p. 257. Ingiurisprudenza peraltro è precisato che non sonocompensabili ai sensi degli <strong>artt</strong>. 1241 ss. c.c. i creditiderivanti dallo stesso contratto quando riguardinoobbligazioni corrispettive – si metterebbe in discussionel’efficacia del contratto ammettendo la « reciprocaelisione delle obbligazioni per effetto dellacompensazione »–, mentre lo sono in caso di obbligazioniche, sebbene aventi causa in una stessa fontenegoziale, presentino caratteri di autonomia (cfr.Cass., sez. un., 16 novembre 1999, n. 775, in Nuovagiur. civ. comm., 2000, I, p. 265 ss.).NLCC 3/4-2009


[Art. 17] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 879voluzione dello stesso alle norme di conflittodella lex fori in materia successoria ( 34 ).Ora si pensi ai requisiti che il credito oppostoin compensazione deve presentare affinché sirealizzino le condizioni di compensabilità previstedalla legge individuata ai sensi dell’art. 17.N’è un esempio l’esigibilità del credito, vale adire idoneità del credito ad essere adempiuto: ilrelativo accertamento può assorbire questioniquali l’assenza di condizioni sospensive e di termininon scaduti (elementi questi accessori – o,se del caso, essenziali – dell’obbligazione dequa) che vanno disciplinate in base alla lex contractusin ossequio al richiamo che ne fa l’art. 12a proposito dell’adempimento ( 35 ). Ciò condurrebbe,beninteso, non ad un cumulo di leggi masoltanto alla determinazione dell’esigibilità delcontrocredito alla luce della sua legge regolatrice.Un ultimo profilo degno di considerazione riguardai divieti di compensazione che la leggeindividuata ai sensi dell’art. 17 detta in ragionedella natura del credito e della tutela di determinatisoggetti.I divieti riguardano perlopiù i crediti derivantida rapporti estranei all’àmbito materiale delregolamento ( 36 ), ma si pensi, ad esempio, ai casiin cui i crediti del lavoratore per stipendio, salarioo altre indennità relative ai rapporti di lavorosiano regolati da una legge che ne vieta lacompensazione ( 37 ). Il divieto emerge tuttaviasoltanto se la legge applicabile ai sensi dell’art.17 sia quella del credito di lavoro e, pertanto,soltanto se l’iniziativa di compensazione sia promossadal datore di lavoro avverso (è da immaginare)un’azione di adempimento esercitata dal( 34 ) Vale la pena ricordare che l’esclusione riguardasuccessioni e testamenti malgrado alcune versionilinguistiche del regolamento (italiana e francese) nonfacciano menzione dei secondi nell’art. 1, par. 2, lett.c). Cfr. Lagarde eTenenbaum, De la convention deRome au règlement Rome I, inRev. crit. dr. internat.privé, 2008, p. 734.( 35 ) Vedi Leandro, supra, commento sub art. 12.( 36 ) Si pensi ai crediti alimentari il cui divieto dicompensazione è sancito per la natura di credito impignorabile:cfr. il combinato disposto degli articoli545 c.p.c. e 1246, n. 3, c.c., nonché il par. 394 BGB.( 37 ) Nell’ordinamento italiano, la natura di creditonon compensabile è anche in questo caso collegata aquella di credito non pignorabile conformemente allapronuncia della Corte cost. 4 luglio 2006, n. 259.lavoratore. Secondo un’opinione, ciò darebbeluogo a una ingiusta disparità di trattamento aseconda di chi agisce e si vede opposta la compensazioneposto che soltanto nel caso di azionedel lavoratore la compensazione non avrebbeluogo ( 38 ). È stato però notato che siffatta disparitàdipende non dalla tecnica utilizzata dal legislatorecomunitario ma dalle norme materialiposte a protezione del lavoratore ( 39 ).Non può tacersi tuttavia sull’eventualità cheun soggetto intenda rinunciare alla protezionesottesa al divieto di compensazione: si pensi alcaso in cui il lavoratore dichiari di volere compensareil proprio credito nonostante il divietoimposto dal legislatore nazionale. Si tratta conevidenza di accertare la natura del divieto medesimo(se disponibile o no) e la questione apparecollegata alla legge del rapporto di lavoro –per l’analogia, sul piano della protezione del lavoratore,tra il divieto in discorso e la disciplinasulla designazione di tale legge –, in specie allapossibilità che il divieto discenda da una normaimperativa.Tutto ciò imporrebbe di considerare i contenutidella legge applicabile al contratto di lavoroanche quando la compensazione sia oppostadallo stesso lavoratore.Tuttavia, una conclusione del genere, sia purevolta a rafforzare la protezione del lavoratore,stride con la constatazione che la deroga al divietodi compensazione riguarda in ogni casoun’eccezione alla compensabilità, ossia una restrizionedel diritto di compensazione il quale èin toto sottoposto alla legge individuata dall’art.17. Ne viene, dunque, che la legge regolatricedel contratto di lavoro interviene in subiecta materiasoltanto se richiamata a titolo di legge delPassivforderung.5. – La necessità di un coordinamento con altredisposizioni del regolamento emerge là dovela compensazione sia opposta nei confronti diun cessionario di crediti (e, alla luce dell’estensioneconferita alla nozione « cessione di credito» ai sensi dell’art. 14, par. 3, anche nei confrontidel terzo titolare di un diritto reale di ga-( 38 ) Cfr. la risposta al Libro Verde del Group européende droit international privé, par. 46, nel sitodella Commissione (http://www.ec.europa.eu).( 39 ) Lagarde, Remarques, cit., p. 346.NLCC 3/4-2009


880reg. CE n. 593/2008[Art. 17]( 40 ) Vedi Leandro, supra, commento sub art. 14,par. 1.( 41 ) Cfr. gli <strong>artt</strong>. 1247 (compensazione opposta daterzi garanti), 1248 (inopponibilità della compensazione)e 1250 c.c. (compensazione rispetto a terzi titolaridi usufrutto o di pegno sui uno dei crediti).( 42 ) Cfr. art. 1248 c.c. Altro è il discorso riguardantel’effetto di una procedura di insolvenza sull’efficaciadella cessione del credito e sul diritto di compensazione:problema che emerge soprattutto quandol’insolvenza colpisce il cedente e la cessione si pretendeconclusa in danno al debitore controcreditore.Vedremo a breve che sul diritto di compensazione inquesto come in altre ipotesi suscettibili di emergerenel corso di una procedura di insolvenza sovviene ladisciplina speciale del reg. CE n. 1346/2000.ranzia sul credito ( 40 )) o sia opposta da un solvens(in ipotesi di surrogazione legale o adempimentodi obbligazioni solidali) e sorgono problemicirca, rispettivamente, l’individuazionedel titolare del credito e l’opponibilità di uncontrocredito di cui sia titolare il debitore. Leipotesi problematiche evocano specifiche previsioniche il codice civile italiano contempla peresse sul piano sostanziale ( 41 ).V’è chiedersi se la legge designata in base all’art.17 è la sola a regolare tali ipotesi, se essacollide o collima con quanto si può ricavare dalcoordinamento delle leggi suscettibili di considerazioneai sensi degli <strong>artt</strong>. 14, 15 e 16 in tema,rispettivamente, di cessione del credito, di surrogazionelegale e di obbligazioni solidali, ovverose essa è messa fuori gioco da tali disposizioni.Partendo dalla compensazione di un creditoceduto e ponendosi dal punto di vista dell’art.14, la questione si ricollega all’efficacia dellacessione nei confronti del debitore e alla circostanzaad essa pertinente della conoscenza chequesti abbia del trasferimento del credito ai finidella opponibilità del controcredito.A ben vedere, che la questione sia affrontatanella luce della vicenda trilaterale della cessioneovvero di quella bilaterale della compensazioneconcernente i rapporti reciproci tra debitore cedutoe cessionario, sarà sempre la legge del creditoceduto a venire in considerazione: in baseall’art. 14, par. 2, ove il problema della legittimazionedel debitore a opporre il controcreditosia ritenuto dipendente dall’opponibilità dellacessione al debitore ( 42 ); in base all’art. 17, ovesi apprezzi il problema nell’ottica dei soli rapportitra debitore ceduto e cessionario.Quanto alla surrogazione, il profilo di maggiorrilievo è dato dalla questione se il solvenspuò opporre in compensazione un credito vantatodal debitore nei confronti del creditore.Non ha granché rilievo l’eventualità che sia ildebitore ad opporre il suo controcredito poichéil diritto di compensazione sarà accertato agevolmenteai sensi dell’art. 17. Del diritto dicompensazione del solvens è invece da risolverepreliminarmente la questione se e in quale misuraesso sia collegato al diritto di regresso e allafacoltà di avvalersi delle stesse difese concesse aldebitore sul piano sostanziale (in specie quelladi estinguere il debito mediante compensazione)( 43 ). Posta in questi termini, la questione siassesta sotto la legge che l’art. 15 individua perla fonte della surrogazione in quanto legge sullaquale il diritto di regresso è fondato.Senonché, le competenze di questa legge nonpossono derogare alla disposizione dell’art. 17,ma ne limitano soltanto l’àmbito di applicazione.In proposito preme evidenziare che la sussistenzadel diritto di compensazione in casi delgenere – ammessa dalle disposizioni in tema dicompensazione previste in alcuni ordinamentigiuridici –, presuppone che il terzo rivesta ilruolo di solvens nella vicenda e l’accertamentodi siffatto presupposto rappresenta un altroesempio di questione preliminare da risolvereattraverso una disposizione diversa dall’art. 17.Ma è su questo punto che sorgono dubbi inmerito all’applicazione dell’art. 15. Esso dettauna disciplina sul diritto di regresso del solvens,ma non stabilisce la legge applicabile alla fontedella surrogazione: ne presuppone l’individuazionecoordinandola con la legge del credito( 44 ). Saranno dunque le disposizioni rilevantiai fini della determinazione di tale presuppostoa venire in rilievo, ossia in primis gli <strong>artt</strong>. 3e4del regolamento.In tema, infine, di obbligazioni solidali, emergela questione se il codebitore può opporre incompensazione soltanto un suo controcredito,ovvero anche quello di altro codebitore ( 45 ) e se,( 43 ) Così De Lorenzi, op. cit., p.72.( 44 ) Vedi Leandro, supra, commento sub <strong>artt</strong>. 15-16, par. 4.( 45 ) Per l’ammissibilità dell’esempio sul piano materialev. art. 1302 c.c.NLCC 3/4-2009


[Art. 17] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 881in tale seconda ipotesi, la compensazione valeper la quota del codebito e quale incidenza abbiasul diritto di compensazione degli altri codebitori.L’art. 16 prevede una disciplina che sottoponeil diritto di regresso del codebitore solvensalla legge che regola l’obbligo solidale facendosalva l’opponibilità da parte degli altri codebitoridelle eccezioni rivenienti dalla legge della loroobbligazione nei confronti del creditore, ove diversadalla prima ( 46 ).Nulla quaestio se il codebitore oppone incompensazione un suo controcredito di pari valoredel credito principale: art. 17 e art. 16 convergonoverso la medesima legge poiché il primoimpone di disciplinare l’eccezione in basealla legge del credito nei cui confronti è sorto ilvincolo di solidarietà e il secondo la richiamaper regolare il diritto di regresso del solvens.Problematici sono, invece, i casi della compensazionedel controcredito di un altro codebitore.L’art. 17 impone certo di applicare alla compensazionela legge del credito nei cui confrontiè sorto il vincolo di solidarietà. Senonché, quandole obbligazioni legate dal vincolo di solidarietàsono sottoposte a leggi differenti – ipotesi,questa, cui è principalmente devoluta la statuizionedell’art. 16, seconda frase –, la legge designabilein base all’art. 17 per l’iniziativa del predettocodebitore non è detto sia la stessa individuabileove la compensazione fosse opposta daaltro codebitore. In tali casi, occorre ricordareche il codebitore può opporre al solvens le eccezioniopponibili al creditore in base a tale differentelegge, ivi compreso il divieto di compensazione.Per non vanificare la finalità dell’art. 16 diproteggere i codebitori dall’iniziativa di uno diessi e mantenere ferma la regola dell’art. 17poggiata sul Passivforderung, è auspicabile disciplinarela compensazione in tali casi in basealla legge del credito per cui essa si fa valeremuovendo però dal punto di vista del rapportoobbligatorio che vede coinvolto il codebitore ilcui controcredito è opposto.Infine è appena il caso di notare che quandola compensazione è eccepita contro il regresso( 46 ) Vedi Leandro, supra, commento sub <strong>artt</strong>. 15-16.del solvens per crediti vantanti nei confronti diquesto, sovviene soltanto l’art. 17 perché, sebbenesi tratti di regolare l’idoneità del creditoopposto a restringere l’azione di recupero deltotale esercitata dal solvens, la compensazioneha luogo tra crediti suscettibili di compensazionea prescindere dal vincolo di solidarietà.6. – La soluzione accolta nell’art. 17 coincidecon quella dell’art. 6 del reg. CE n. 1346/2000del <strong>29</strong> maggio 2000 relativo alle procedure diinsolvenza ( 47 ).Più in generale, il reg. CE n. 1346/2000 disciplinala materia nel combinato disposto degli<strong>artt</strong>. 4 par. 2, lett. d) e 6. Da tale combinato normativodiscende che le condizioni di opponibilitàdella compensazione sono determinate dallalex concursus (art. 4 par. 2, lett. d), ma che« l’apertura della procedura di insolvenza nonpregiudica il diritto del creditore di invocare lacompensazione del proprio credito con il creditodel debitore, quando la compensazione èconsentita dalla legge applicabile al credito deldebitore insolvente » (art. 6).Pur non potendoci soffermare su tali disposizioni( 48 ), conviene chiarire se all’identità delcriterio utilizzato dalle due disposizioni (art. 6del reg. CE n. 1346/2000 e 17 del reg. « RomaI ») corrisponde la medesima ratio quando lacompensazione con elementi di internazionalitàè eccepita nel corso di una procedura concorsuale.In via preliminare è già utile notare che ledisposizioni del reg. CE n. 1346/2000 costituisconolex specialis e, pertanto, sono almeno invia di principio le sole a regolare il fenomenocompensativo nel corso di una procedura di insolvenza.In tale contesto, la compensazione mira adestinguere obbligazioni reciproche tra debitoreinsolvente e terzo creditore, ma pone problemisul piano della par condicio creditorum, in quantol’estinzione ad esse ricollegabile soddisfa soltantoun creditore, e sul piano dell’efficienzadella procedura in quanto essa comporta l’im-( 47 ) G.U.C.E. n. L 160 del 30 giugno 2000, p. 1 ss.( 48 ) Al riguardo sia consentito rinviare a Leandro,Il ruolo della lex concursus nel regolamento comunitariosulle procedure di insolvenza, Bari, 2008, p.185 ss.NLCC 3/4-2009


882reg. CE n. 593/2008[Art. 17]poverimento della massa attiva ( 49 ). È però veroche la possibilità di avvalersi della compensazionecostituisce una garanzia per i creditori ai finidella concessione di un credito al debitore ( 50 ),nonché evita l’ingiusto risvolto per cui il debitoredel soggetto insolvente dovrebbe essere tenutoa pagare senza ottenere a sua volta soddisfazione.Lasciando da parte la questione se la compensazionede qua sia soltanto quella legale ovveroanche quella convenzionale ( 51 ), l’approfondimentodelle tesi espresse a proposito del coordinamentotra lex concursus e legge del credito( 52 ), nonché la questione della revocabilitàdegli atti da cui derivano i crediti in gioco ovverodelle cessioni di credito concluse dal cedente-insolventein danno al debitore ceduto (fattasalva, insieme ad altre iniziative volte all’annullamento,alla nullità e all’inopponibilità di attipregiudizievoli per la massa ai sensi dell’art. 6,par. 2 ( 53 )) è solo da sottolineare che l’art. 6 delreg. CE n. 1346/2000 tiene conto delle espostepeculiarità di una compensazione eccepita nell’àmbitodi una procedura di insolvenza e contemplanon una norma sulla legge ad essa applicabile,ma una norma che attribuisce al creditorela facoltà di invocarla quando essa è consentitadalla legge del credito del debitore insolventee non è riconosciuta (o lo è in maniera più restrittiva)dalla lex concursus.In particolare, l’art. 6 si limita a stabilire che ildiritto di invocare la compensazione, sancitodalla legge del credito del debitore insolvente,non può essere pregiudicato dalle prescrizionidella lex concursus applicabili al riguardo ai sensidell’art. 4, par. 2, e fa intendere, dunque, chela legge del credito, ove beninteso appartenentea uno Stato diverso da quello di apertura, assumerilievo se e nella misura in cui l’apertura dellaprocedura possa pregiudicare il diritto cheessa riconosce al creditore ( 54 ).( 49 ) In argomento v. Foschini, La compensazionenel fallimento, Napoli, 1965.( 50 ) Cfr. 26 o considerando e Virgós e Schmit, Reporton the Convention on Insolvency Proceedings(doc. Consiglio n. 6500/96/EN), par. 107. Il Report èconsultabile in Fletcher, Insolvency in Private InternationalLaw 2 , Oxford, 2005, p. 339 ss.( 51 ) È stato sostenuto che debba ricomprendersianche la compensazione convenzionale prevista dallalegge dell’accordo concluso tra le parti (sul presupposto,dunque, che sussista un accordo di compensazioneopposto alla procedura e regolato da una leggediversa tanto dalla lex concursus quanto dalla leggedel credito). Si adduce a sostegno di tale tesi che l’art.6 fa un generico riferimento alla compensazione taleda potervi includere quella voluta dalle parti, chel’esclusione di questo tipo di compensazione non sarebbeil linea con l’obiettivo di proteggere i creditorie, infine, che accogliere la compensazione convenzionaleallineerebbe la disciplina del regolamento aquella introdotta dalla dir. 2001/24/CE del Parlamentoeuropeo e del Consiglio del 4 aprile 2001 inmateria di risanamento e liquidazione degli enti creditizila quale, invece, considera espressamente gli accordidi compensazione sottoponendoli alla « lexcontractus sotto la quale ricadono » (art. 25, dir.2001/24/CE). Cfr. Virgós Soriano e GarcimartínAlfèrez, The European Insolvency Regulation: Lawand Practice, The Hague, 2004, p. 117 ss. Nello stessosenso, Bureau, La fin d’un îlot de résistance. Le Règlementdu Conseil relatif aux procédures d’insolvabilité,inRev. crit. dr. internat. privé, 2002, p. 662; DeCesari, Disposizioni generali, inDe Cesari e Montella,Le procedure di insolvenza nella nuova disciplinacomunitaria, Milano, 2004, p. 151. La dir. 2001/24/CE è pubblicata in G.U.C.E. L 125 del 5 maggio2001, p. 15 ss. Essa è stata attuata in Italia con d.lgs. 9luglio 2004, n. 197, in G.U. n. 182 del 5 agosto 2004.Un forte elemento che induce a respingere tale interpretazioneè il riferimento fatto dall’art. 6 al « dirittodi invocare la compensazione » perché «la compensazioneè consentita dalla legge applicabile al creditodel debitore insolvente »; un riferimento, questo, chepare assai incompatibile con gli accordi di compensazionese non nel senso estraneo alla soluzione di conflittostabilita nell’art. 6 che la compensazione convenzionaledi cui si parla è quella regolata dalla leggedel credito.( 52 ) V. ancora Leandro, Il ruolo della lex concursus,loc. cit.( 53 )Può notarsi al riguardo che il diritto del cessionariodi recuperare il credito è fatto salvo d<strong>agli</strong> effettidella procedura ai sensi dell’art. 5 del reg. CE n.1346/2000 quando il debitore ceduto ha il centro degliinteressi principali in uno Stato membro diversoda quello di apertura al momento in cui questa vienedichiarata (argomentando ex <strong>artt</strong>. 5e2,lett. g). È peròvero che in tal caso il debitore ceduto (nonché ilcuratore ovvero qualsiasi terzo creditore concorsuale)può agire per la revocatoria della cessione ove sene presentino i presupposti (argomentando ex art. 4,par. 2, lett. m), e 5, par. 4, e 13).( 54 ) Il concorso alternativo tra le leggi designated<strong>agli</strong> <strong>artt</strong>. 4e6è limitato ai profili sostanziali dell’eccezionedi compensazione. Rispetto ai profiliprocessuali, consistenti essenzialmente nelle forme eNLCC 3/4-2009


[Art. 17] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 883Ne viene, dunque, che a dispetto dell’identitàdi criterio, il reg. CE n. 1346/2000 accoglie unasoluzione squisitamente ispirata al favor dellacompensazione (ossia, assicurare la possibilitàdi compensare il credito ( 55 )) il quale si traducein un favor nei confronti di chi invoca la compensazione,mentre l’art. 17 del reg. « Roma I »,ai cui fini non vengono in rilievo le peculiaritàdi una compensazione nel contesto concorsuale,mira a proteggere il soggetto avverso il cuicredito la compensazione è invocata.7. – L’art. 17 sarà applicato per lo più quandoad un’azione di adempimento di un credito sioppone in compensazione l’esistenza di un controcredito.È noto che, se l’iniziativa volta alla compensazioneha luogo nel processo, essa può determinare,per ragioni di connessione, lo spostamentodella competenza interna affermata sulla domandaprincipale ( 56 ).È non meno noto che, sul piano della competenzagiurisdizionale, una consolidata giurisprudenzadella Corte di giustizia formatasisull’art. 6 n. 3 della Convenzione di Bruxellesdel <strong>27</strong> settembre 1968 (e, dunque, rilevante aifini applicativi dell’omologo articolo del reg.CE n. 44/2001 del 22 dicembre 2000 concernentela competenza giurisdizionale, il riconoscimentoe l’esecuzione delle decisioni in materiacivile e commerciale (« Bruxelles I » ( 57 ))chiarisce che l’eccezione sfugge da tale disposizionein quanto « costituisce parte integrantedel processo instaurato dall’attore e non presupponeche ques’ultimo sia « citato » dinanzial giudice adito con l’azione » a differenza diquanto accade nel caso della domanda riconvenzionale( 58 ).L’eccezione di compensazione costituisce,in particolare, un atto di parte che, almeno invia di principio, introduce nel processo un dirittodi origine diversa da quello posto a fondamentodella domanda principale ed ammissibilealle condizioni previste dal diritto nazionale( 59 ).Non ci si può trattenere in questa sede sulpunto se non per evidenziare che, a prescindeneitermini per eccepire l’esistenza del diritto dicompensazione nel corso della procedura di insolvenza,resta senz’altro competente la lex concursus,sia in ragione della natura processuale della questionesia in virtù dello stesso richiamo a quella leggeenunciato proprio dal menzionato art. 4, par. 2, lett.d), a proposito delle condizioni di opponibilità dellacompensazione.( 55 ) Così, Virgós e Schmit, Report, cit., par.110. Nello stesso senso, Mélin, La loi applicable àla compensation dans les procédures communautairesd’insolvabilité, inJourn. dr. internat., 2007, p. 525.In giurisprudenza v. i casi affrontati dal RechtbankRotterdam 12 dicembre 2002 e Maastricht 14 luglio2004 reperibili nella banca dati European InsolvencyRegulation Database (http://www.eir-database.com),rispettivamente, n. 16 e n. 56 in cui le corti olandesihanno dato preferenza alla lex contractus o alla lexconcursus a seconda di quale tra esse consentisse lacompensazione dei crediti. Invero, nella giurisprudenzaolandese si riscontra anche la posizione perla quale la compensazione è ammissibile soltantose è prevista da entrambe le predette leggi: cfr. GerechtshofHertogenbosch <strong>28</strong> novembre 2002, ivi, n.30.( 56 ) È appena il caso di segnalare che non vi è concordiasulla riconducibilità del criterio di connessionedi cui all’art. 35 c.p.c. tra i criteri di competenzaper territorio idonei a funzionare a fini giurisdizionaliai sensi dell’art. 3, comma 2 o , ultima frase, l. n. 218/1995. In argomento v. Starace, La disciplina dell’àmbitodella giurisdizione italiana nel disegno di legge,inLa riforma del diritto internazionale privato eprocessuale. Raccolta in ricordo di Edoardo Vitta a curadi Gaja, Milano, 1994, p. 248.( 57 ) G.U.C.E. n. L 12 del 16 gennaio 2001, p. 1 ss.( 58 ) Corte giust. CE 13 luglio 1995, causa 341/93,Danvaern, inRaccolta, 1995, p. I-2053, punto 18. Inargomento v. Salerno, Giurisdizione ed efficacia delledecisioni straniere nel Regolamento (CE) n.44/2001 3 , Padova, 2006, p. 182 anche per ulteriori riferimentigiurisprudenziali; Carbone, Il nuovo spaziogiudiziario europeo 5 , Torino, 2006, p. 124 s. Nonè inopportuno ricordare che rientra nell’art. 6 delreg. « Bruxelles I » anche la domanda riconvenzionalefondata su un rapporto contrattuale diverso daquello posto alla base della domanda principale: cfr.ancora Salerno, Giurisdizione ed efficiacia, cit., p.183.( 59 ) Sentenza Danvaern, cit., punto 13. Ai principielaborati dalla Corte comunitaria sull’art. 6, par. 3del reg. « Bruxelles I » si ispira il preambolo del reg.CE 861/2007 dell’11 luglio 2007 che istituisce unprocedimento europeo per le controversie di modestaentità (G.U.U.E. L 199 del 31 luglio 2007, p. 1ss.). Il 16 o eil17 o considerando di tale regolamentospiegano, sulla scorta di quanto la Corte ha affermatoin materia, perché l’eccezione di compensazionenon può concorrere nella determinazione del valoredella controversia ai fini applicativi del regolamento.NLCC 3/4-2009


884reg. CE n. 593/2008[Art. 17]re dalla portata che si vuol dare al richiamo deldiritto nazionale enunciato dalla Corte comunitaria– se circoscritto al diritto sostanziale ovveroesteso alle norme processuali del foro ivicomprese quelle recanti i titoli di giurisdizione– ( 60 ), esso non incide sulle previsioni dell’art.17 poiché questo sostituisce nell’ordinamentodel foro ogni norma nazionale di diritto internazionaleprivato rilevante quando la controversiarientra nell’àmbito di applicazione delreg. « Bruxelles I » ed è caratterizzata daun’eccezione di compensazione nel senso testéindicato.8. – La disposizione in commento riguarda,come anticipato, la compensazione dei creditiquale effetto previsto dalla legge ed ha un àmbitodi applicazione determinato in primis dal fattoche le parti non abbiano convenuto un dirittodi compensazione tra loro.Il significato della disposizione non mutagranché secondo la versione linguistica presa inconsiderazione. Per esempio, sia da quella inglese(« where the right to set-off is not agreedby the parties ») che da quella francese («àdéfaut d’accord entre les parties sur la possibilitéde procéder à une compensation ») si evinceagevolmente che l’art. 17 riguarda compensazionidiverse da quelle volontarie ( 61 ).( 60 ) Il rinvio al diritto nazionale affermato dallasentenza Danvaern è inteso, alternativamente, alle solenorme sostanziali ivi comprese quelle di diritto internazionaleprivato in senso stretto – la Corte avrebbeimplicitamente consentito l’estensione della giurisdizionesull’eccezione di compensazione almenoquando si verta nell’àmbito del reg. « Bruxelles I »–ovvero anche alle norme processuali nel senso chel’eccezione di compensazione pone un problema digiurisdizione soltanto se il diritto nazionale esiga lasussistenza di un titolo di giurisdizione su di essa. VediMerlin, Convenzione di Bruxelles e competenzasul controcredito eccepito in compensazione, inInt’lis,2002, p. 65 ss.( 61 ) È discusso in dottrina se la compensazionec.d. facoltativa sia o no inquadrabile nello schema diuna compensazione volontaria. Vi è in proposito chisostiene che tale genere di compensazione altro nonsia che una modalità della compensazione legale(perché essa si ha quando una parte rimuove di suainiziativa un ostacolo alla realizzazione di questa – sipensi all’esistenza di un termine non scaduto, da cuidipende l’esigibilità del credito, al quale il debitorerinuncia – cfr. De Lorenzi, op. cit., p. 77): seguendoLa compensazione volontaria, in quanto oggettodi accordo, è regolata dalla legge a questoapplicabile in virtù degli <strong>artt</strong>. 3e4delregolamento( 62 ). Va da sé che la legge così designatadisciplina i rapporti obbligatori nati dall’accordo,i profili sostanziali di questo e i profili formali,ferma restando, in questo ultimo caso, lacompetenza delle altre leggi eventualmente applicabiliin base al regolamento.In caso di mancanza di scelta di legge, poichénon è dato rinvenire nell’art. 4, par. 1 una categoriadi contratti nominati in grado di accoglierel’accordo di compensazione (ove, beninteso,esso sia autonomo rispetto ad un contratto nominatoe non ne rappresenti una clausola perchéaltrimenti sarebbe sottoposto alla legge cheregola tale contratto ( 63 )), la « sua » legge dovrebbeessere individuata in base al criterio dellaresidenza abituale del prestatore caratteristico(art. 4, par. 2).È tuttavia problematico se non impossibile individuareil prestatore caratteristico in questicasi poiché si tratta di un accordo da cui derivanoper le parti obblighi simmetrici, come tali,tutti a giusto titolo indicativi della funzione socio-economiadel contratto ( 64 ). Ne viene cheoccorre ripiegare sul criterio del collegamentopiù stretto ai sensi dell’art. 4, par. 4.A tal proposito è emersa l’opinione secondocui l’accordo è strettamente collegato con loStato la cui legge regola la compensazione aisensi dell’art. 17, così ponendosi l’accento sulcredito che si intende compensare ( 65 ).Senonché tale tesi presuppone che anche nellacompensazione volontaria possa individuarsiil Passivforderung. Ma a noi pare che in tali casiquesta impostazione, la compensazione facoltativarientra nell’àmbito dell’art. 17.( 62 ) In tal senso cfr. la Relazione alla Proposta dellaCommissione, p.1;Cheshire, North e Fawcett,Private International Law 14 , Oxford, 2008, p. 761.Con riferimento alla Convenzione di Roma v. Vecchi,op. cit., p. 1056; Villani, La Convenzione di Romasulla legge applicabile ai contratti 2 , Bari, 2000, p.195.( 63 ) Così Magnus, op. cit., p. 123.( 64 ) Kannengiesser, op. cit., p.74ss.ep.136ss.( 65 )V.Magnus, op. cit., p. 123 con riferimento alladisposizione contenuta nell’art. 16 della Propostadella Commissione.NLCC 3/4-2009


[Art. 17] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 885(nei quali l’accordo tende per lo più a rimuoveregli ostacoli al funzionamento della compensazionelegale o a derogare i contenuti della disciplinaprevista per quest’ultima) ciò sia discutibilee che i crediti vanno posti su un piano di parità.È opportuno risolvere il problema muovendodalla diversa premessa, connaturata alla funzionedella compensazione ed enfatizzata dallastessa Corte di giustizia, secondo cui la compensazionetende ad estinguere due obbligazioni reciproche.Se, da un lato, la legge applicabile all’accordodi compensazione ne regola i profili obbligatori,dall’altro, l’accordo produce effettiestintivi sulle obbligazioni in gioco, i quali, a’termini dell’art. 12, sono sottoposti alla lexcontractus di tali obbligazioni. Da ciò si deducela competenza della legge applicabile alleobbligazioni sulla questione dell’idoneità di unaccordo di compensazione a produrre effettiestintivi.Ora, poiché la funzione estintiva dell’accordoesprime uno stretto collegamento tra questoel’obbligazione, è da ritenere che il primo siastrettamente collegato con l’ordinamento cheregola la seconda e che verso tale ordinamentopuò volgere il criterio di cui all’art. 4, par.4( 66 ).Emerge, tuttavia, un problema: allorché l’accordodi compensazione sia concluso per estinguereobbligazioni derivanti da due o più contrattisottoposti a leggi differenti sarebbe inevitabileapplicare cumulativamente tali leggi, salvol’eventualità che i contratti siano collegati traloro in modo da fare operare la clausola di eccezionedi cui all’art. 4, par. 3.L’applicazione cumulativa delle leggi è tuttaviada respingere non tanto per il problema diincertezza giuridica che ne deriva quanto perchéèassai difficile, in casi del genere, valutarea monte l’esistenza del collegamento più stretto( 66 ) Così, Villani, La Convenzione di Roma, loc.citt. Lo stesso dicasi per altri negozi estintivi:cfr. Vecchi, op. cit., p. 1055; Damascelli, Le materieregolate dalla lex contractus e la disciplina internazionalprivatisticadegli effetti reali del contratto, inIl nuovo diritto europeo dei contratti: dalla Convenzionedi Roma al reg. « Roma I », Milano, 2008, p.144.alla luce del nesso tra l’accordo di compensazionee le obbligazioni da estinguere: lo strettocollegamento tra l’accordo di compensazione edue Stati mostra che l’accordo non ha un collegamentopiù stretto con alcuno di essi.Occorre, dunque, ripiegare su fattori diconnessione non agganciati alla funzione estintivadella compensazione, ma ricavati autonomamentedall’accordo alla luce delle peculiaritàcon le quali si presenta nel caso concreto:può darsi eventualmente conto della residenzacomune delle parti, del luogo di stipulazionese rispetto ad esso convergono altri fattori(per esempio, la lingua dell’atto e la sededei professionisti preposti alla stipulazione),etc.L’esclusione degli accordi di compensazionedall’art. 17 vale anche per le « stanze di compensazione» e, più in generale, per i sistemi dicompensazione multilaterale nei quali i rapporticredito/debito tra i partecipanti sono convertitiin un’unica posizione a credito o a debito( 67 ). Sebbene non sia agevole qualificare lavicenda giuridica di siffatti sistemi come compensazionevolontaria solo perché ad essi vi siaccede per atto di volontà, l’esclusione dall’art.17 è in ogni caso giustificata in quanto tali sistemicostituiscono un caso di autoregolamentazionederivante da un accordo formale tra ipartecipanti e perché il diritto comunitarioprevede per tali accordi una normativa di settorerecante anche disposizioni sulla legge applicabile( 68 ).( 67 ) Vedi in argomento Olivieri, Compensazionee circolazione della moneta nei sistemi di pagamento,Milano, 2002, spec. p. 78 ss. per la qualificazionedelle stanze di compensazione alla luce della disciplinaitaliana sulla compensazione dei crediti.( 68 ) I sistemi di compensazione multilaterale dipagamento possono essere ricondotti <strong>agli</strong> accordiformali previsti dall’art. 2, lett. a), della dir. 1998/26/CE del 19 maggio 1998 concernente il caratteredefinitivo del regolamento nei sistemi di pagamentoe nei sistemi di regolamento titoli ove se ne rispettinoi requisiti. Il 31 o considerando del reg. « Roma I »fa salva la realizzazione di tali accordi ed è da ritenereche, ai fini della individuazione della legge ad essiapplicabile, sovvenga l’art. 2 della menzionata direttivail quale impone tra i loro elementi essenziali lasottoposizione alla legge di uno Stato membro sceltadai partecipanti. Per un’analisi di siffatti sistemi v.Wood, Set-Off and Netting, Derivatives, Clearing Sy-NLCC 3/4-2009


886reg. CE n. 593/2008[Art. 18]Quanto, da ultimo, alla compensazione giudiziale,è utile soltanto ricordare che essa è unistituto di diritto processuale riguardante unpotere del giudice teso a rimediare alla mancanzadi alcuni requisiti della compensazionelegale ( 69 ): peculiarità del genere inducono,come si è anticipato, ad escludere tale tipo dicompensazione dall’àmbito del regolamento ericondurla alle competenze della lex fori speciein ordine alla determinazione della forma e dellecondizioni per poterla dichiarare nel processo( 70 ).Antonio Leandrostems 2 , London, 2007. Sui vantaggi derivanti da talesoluzione – specie per l’applicazione di una sola leggea molteplici operazioni di trasferimento – v., siapure a proposito dei sistemi di regolamento titoli,Garcímartin Alfèrez, New Issues in the Rome IRegulation: the Special Provisions on FinancialMarket Contracts, in Yearb. Priv. Internat. Law,2008, p. 250.( 69 ) Cfr. art. 1243, comma 2 o , c.c. ai cui termini ilgiudice procede alla liquidazione del credito purchéquesta sia facile e pronta e può dichiarare la compensazioneparziale nonché sospendere la condanna peril credito liquido fino all’accertamento del creditoopposto.( 70 ) Morelli, op. loc. citt.; Vecchi, op. cit., p.1056; Villani, op. cit., p. 196; Rigaux e Fallon, op.loc. citt.; Ekelmans, op. cit., p. 940; Magnus, op. cit.,p. 120. Quando l’accertamento di alcuni requisiti implicavalutazioni di ordine giuridico (a differenza, peresempio, della decisione circa la pronta e facile liquidazionela quale si risolve in una valutazione di fatto:cfr. Cass. 16 novembre 1996, n. 10065, in Mass.Giust. civ., 1996, p. 1534) non è escluso che il giudicedovrà ricorrere a leggi diverse dalla lex fori: si pensi,sulla scorta di quanto detto in precedenza a propositodella compensazione legale, alle determinazionicirca l’esistenza e l’esigibilità del credito medesimo lequali vanno condotte in base alla legge regolatrice diquesto.Art. 18.(Onere della prova)1. La legge che disciplina un’obbligazione contrattuale ai sensi del presente regolamento siapplica nella misura in cui, in materia di obbligazioni contrattuali, stabilisca presunzioni legalio ripartisca l’onere della prova.2. Il contratto o un atto giuridico possono essere provati con ogni mezzo di prova ammessotanto dalla legge del foro quanto da una delle leggi di cui all’articolo 11 secondo la quale il contrattoo l’atto è valido quanto alla forma, sempreché il mezzo di prova di cui si tratta possa essereimpiegato davanti al giudice adito.Sommario: 1. L’oggetto e l’onere della prova. – 2.L’ammissibilità dei mezzi di prova. – 3. L’efficaciaprobatoria.1. – La disposizione racchiusa nell’art. 18 delreg. « Roma I » costituisce un’eccezione alla regolaper cui il regolamento non si applica allaprova e alla procedura (art. 1, par. 3).Al pari della Convenzione di Roma (art. 14), ilreg. « Roma I »èsensibile al fatto che la disciplinadella prova presenta aspetti non assorbitidalla materia processuale ( 1 ) (sia perché mancauna considerazione omogenea tra i vari Statimembri quanto ai limiti di tale materia quandosi tratta di prova di fatti e atti giuridici ( 2 ), sia( 1 ) Villani, La Convenzione di Roma sulla leggeapplicabile ai contratti 2 , Bari, 2000, p. 224.( 2 )V.Patti, sub art. 14 (Prova), inConvenzionesulla legge applicabile alle obbligazioni contrattualiNLCC 3/4-2009


[Art. 18] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 887(Roma, 19 giugno 1980) – Commentario, a cura diBianca e Giardina, in questa Rivista, 1995, p. 1072.( 3 ) In generale v. Pocar, voce Prova (diritto internazionaleprivato e processuale), inNoviss. Digesto it.,App., VI, Torino, 1986, p. 92 ss.; Morviducci, voceProva (Diritto internazionale privato), in Enc. dir.,XXXVII, Milano, 1988, p. 695 ss., in specie perl’idea che il problema della legge applicabile alla provasi « risolve in quello dell’individuazione del criteriodiscretivo tra gli aspetti sostanziali e processualidell’istituto » (p. 696).( 4 ) Cfr. Relazione Giuliano-Lagarde, sub art. 14,punto A.( 5 ) G.U.U.E. n. L 199 del 31 luglio 2007, p. 40 ss.perchéècondivisa l’idea che alcuni aspetti dellaprova riguardano profili sostanziali dei rapportidedotti in giudizio) ( 3 ), sicché anch’esso escludequalsiasi rinvio generico alla lex fori e introducedue regole che tengono conto di tale peculiarità:la prima è dedicata all’oggetto e all’oneredella prova, la seconda è dedicata all’ammissibilitàdei mezzi di prova del contratto o di un attogiuridico ( 4 ).Una sensibilità del genere si rinviene anchenel reg. CE n. 864/2007 dell’11 luglio 2007 sullalegge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali(« Roma II »)( 5 ) il cui art. 22 contieneuna disposizione analoga a quella in commento.Considerando che l’art. 18 richiama al riguardole leggi individuate sulla base di altre disposizionidel reg. « Roma I »,può dirsi subito che,da un punto di vista sistematico, esso definisceulteriormente i limiti applicativi di tali leggi: ciòvale specialmente per la lex contractus, ilcuiàmbito è delineato in via generale dall’art. 12, eper la legge che, ai sensi dell’art. 11, regola lavalidità formale del contratto o di un atto giuridicounilaterale.Quanto all’oggetto e all’onere della prova,l’art. 18 stabilisce che la lex contractus è applicabilese contiene presunzioni legali ovvero regolesulla ripartizione dell’onere della prova attinentiall’obbligazione contrattuale controversa.Si conferma, dunque, l’opinione, espressa conriguardo alla Convenzione di Roma, secondo laquale quando le presunzioni legali e le regolesulla ripartizione dell’onere della prova hannonatura sostanziale e dettano conseguenze sulpiano dei diritti e degli obblighi contrattuali, esse« non possono essere dissociate dalla leggeche regola il contratto » ( 6 ).La circostanza che deve trattarsi di disposizionidi diritto sostanziale si desume, oltre chedai limiti materiali di applicazione del regolamento,anche dall’inciso « in materia di obbligazionicontrattuali » il quale circoscrive il richiamodella lex contractus soltanto alla disciplinache riguardi tale materia ( 7 ), escludendo cosìche se ne possano richiamare norme processuali( 8 ).Ne viene che i precetti disposti da tale legge aproposito di presunzioni iuris tantum o iuris etde iure si applicheranno in virtù di detto richiamoa prescindere dalla disciplina riguardante losvolgimento del processo ( 9 ), specie quella dedicataall’istruzione probatoria e al comportamentoprocessuale delle parti ( 10 ). Il che, benin-( 6 ) Vedi ancora Relazione Giuliano-Lagarde, subart. 14, punto A, la quale adduce ad esempio di presunzionelegale, quella contenuta nell’art. 1731 codecivil in tema di contratti di locazione, e di regola sullaripartizione dell’onere probatoria, quella previstadall’art. 1147 dello stesso codice in tema di risarcimentodei danni da inadempimento. Si tratta, dunque,di mezzi che, precisando gli obblighi sostanzialidelle parti, producono effetti non diversi da un’indicazioneproveniente dal diritto materiale e, come tali,vanno disciplinati dalla legge che regola il rapportoda cui sorgono detti obblighi: in questo senso, Morelli,Diritto processuale civile internazionale 2 , Padova,1954, p. 38, specie a proposito delle presunzionilegali; Pocar, op. cit., p. 94; Campeis eDe Pauli, Laprocedura civile internazionale 2 , Padova, 1996, p. 70.( 7 ) Plender e Wilderspin, The European ContractsConvention 2 , London, 2001, p. 213.( 8 ) Cfr. Pocar, op. cit., p. 95. La Relazione Giuliano-Lagarde,sub art. 14, punto A, propone il caso diuna norma della lex contractus « per cui il silenzio diuna parte nel processo sui fatti allegati dalla controparteequivale ad ammissione dei medesimi ». Unanorma del genere non è oggetto di richiamo dall’art.18 del regolamento perché ha natura squisitamenteprocessuale.( 9 ) Per l’idea che le presunzioni iuris et de iureequivalgono a regole sostanziali del contratto poichénon ammettono prova contraria, v. Patti, op. cit., p.1073.( 10 ) Che sia la lex fori a dettare la disciplina processualedell’istruzione probatoria, specie quanto alcomportamento delle parti e al ruolo del giudice èopinione largamente condivisa: v. Morelli, op. cit.,p. 36 ss.; Gaudemet-Tallon, Le nouveau droit internationalprivé européen des contrats, inRev. trim.NLCC 3/4-2009


888reg. CE n. 593/2008[Art. 18]teso, conduce non ad un’esclusione totale dellalex fori, ma a un coordinamento tra questa e lalex contractus al fine di comporre la disciplinacomplessiva del profilo sostanziale e di quelloprocessuale del profilo ora in esame ( 11 ).Va da sé che la questione se la disciplina in temadi presunzioni o ripartizione dell’onere probatoriaabbia natura processuale o sostanzialedipende da una preliminare opera di qualificazione.Posto che si tratta di definire i casi in cui,secondo la lex contractus, la presunzione legalede qua o la regola sull’onere della prova attengonoalla materia contrattuale da un punto di vistasostanziale e che ciò incide, come già detto, anchesulla stessa determinazione dei limiti applicatividi tale legge, è da ritenere che siffatta qualificazionevada condotta proprio in base allalex contractus ( 12 ).Il rinvio a siffatta legge riveste importanzaperaltro nei casi in cui siano le parti stesse astabilire la ripartizione dell’onere della provamediante accordo (si pensi alle clausole sull’inversionedell’onere della prova): spetterà allalex contractus determinare l’ammissibilità di taleripartizione. È vero però che, anche in talicasi, occorre distinguere la ripartizione dell’oneredella prova sul piano sostanziale daisuoi effetti sul piano processuale (si pensi allemodalità con le quali l’onere va assolto) poichérispetto a questi ultimi il richiamo della lexcontractus s’imbatte nuovamente nel limite dellanatura processuale dell’effetto da regolare( 13 ).Di limite all’applicazione della lex contractuspuò certo parlarsi qualora le presunzioni legali e2. – Quanto alla individuazione dei mezzi diprova ammissibili, l’art. 18 raccorda i contenutidella legge rilevante ai sensi dell’art. 11 per stabilirela validità formale del contratto o di un attounilaterale con quelli della legge del foro stabilendotra esse un concorso alternativo.Considerato, peraltro, che, in base all’art. 11,le leggi suscettibili di applicazione sono postegià tra loro in concorso alternativo (con adeguadr.eur., 1981, p. <strong>28</strong>2. In particolare, sull’applicazionedella lex fori alle presunzioni connesse alla contumaciao al silenzio di una parte del processo (al fine didare, rispettivamente, per provate o ammesse le allegazionidella controparte), v. Villani, op. cit., p. 224.( 11 ) Cfr. Lucchini, La disciplina della forma e dellaprova nella Convenzione di Roma,inLa Convenzionedi Roma sul diritto applicabile ai contratti internazionali,a cura di Sacerdoti e Frigo, Milano, 1993, p.40.( 12 )V.Benedetelli, La legge regolatrice delle obbligazionicontrattuali tra convenzione di Roma e dirittointernazionale privato comune, in Dir. comm. internaz.,1996, p. 737.( 13 ) Vedi di recente gli interessanti contributi raccoltiin Accordi di parte e processo, suppl. a Riv. trim.dir. e proc. civ., 2008, n. 3.le regole sulla ripartizione dell’onere della provaurtino con l’ordine pubblico del foro ai sensidell’art. 21 e il giudice, compatibilmente con leprescrizioni di questa disposizione, decida diescluderne l’applicazione nel processo ( 14 ).I precetti dell’art. 18 rispecchiano in larga misuraquelli dell’art. 14 della Convenzione di Roma.Le differenze consistono nel fatto che laConvenzione adotta l’espressione « legge chedisciplina il contratto » a proposito della leggeda cui ricavare presunzioni legali o regole sullaripartizione dell’onere della prova, mentre il regolamentosi riferisce alla « legge che disciplinaun’obbligazione contrattuale ». La scelta del regolamentooffre una risposta sul piano normativoal fatto che la controversia spesso verte suun’obbligazione non anche sull’intero contrattoe che tale obbligazione può essere sottoposta auna determinata legge la quale, specie in ossequioal frazionamento che le parti hanno la facoltàdi praticare al momento dell’electio iuris,ben può essere diversa da quella che regola lerestanti parti del contratto. Siffatta scelta sembra,dunque, ispirata dall’obiettivo di garantirela prevedibilità e la certezza del diritto applicabileanche in tema di presunzioni legali e ripartizionedell’onere probatorio che riguardino laspecifica obbligazione, facendo sì che un aspettoaltamente incisivo sull’esito delle controversiegiudiziarie, quale è il tema della prova, ricevala medesima soluzione a prescindere dallo Statodel foro al quale la controversia è deferita; unasoluzione, questa, nei cui confronti le parti nutronoaffidamento nell’esercizio del predettofrazionamento.( 14 ) Che il limite dell’ordine pubblico operi soltantoin relazione alle norme probatorie particolari èopinione di Morviducci, op. cit., p. 701 ss., la qualea p. 703 (nt. 37) porta l’esempio di una ripartizionedell’onere della prova che rende « troppo difficile all’attoreprovare le proprie pretese ».NLCC 3/4-2009


[Art. 18] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 889menti in caso di atto unilaterale, di contrattoconcluso da persone che si trovano nello stessoPaese, di contratto di consumo ovvero di contrattoavente per oggetto un diritto reale immobiliareo la locazione di un immobile per il qualeoccorre rispettare specifiche regole sull’applicabilitàdella lex rei sitae ( 15 )), è agevole ravvisarenella sistemazione data a tutte queste leggi unapproccio rispondente al metodo delle considerazionimateriali ispirato al favor probationis( 16 ).La disposizione parla di mezzi ammessi « tantodalla legge del foro quanto da una delle leggidi cui all’art. 11 secondo la quale il contratto ol’atto è valido quanto alla forma ». Ad una letturasuperficiale, le leggi paiono sistemate in modotale che il mezzo di prova rilevante sia quelloammesso da ciascuna legge: in altri termini, datale lettura potrebbe evincersi l’accoglimento diun concorso cumulativo tra legge della validitàformale e legge del foro per stabilire l’ammissibilitàdel mezzo di prova. Senonché, una conclusionedel genere urta con la precisazione dell’art.18 secondo la quale il mezzo è suscettibiledi utilizzo « sempreché (...) possa essere impiegatodavanti al giudice adito »: il concorso cumulativoassorbe il verificarsi di tale condizionee ne rende superflua l’enunciazione (perché unmezzo che sia ammesso rispetto all’obbligazionecontroversa, per esempio, dalla lex loci actus,ma non dalla lex fori, non sarebbe utilizzabiledinanzi al foro), la quale invece ha una sua funzionesoltanto nei casi in cui sia addotto davantial giudice un mezzo di prova ammissibile secondoleggi diverse dalla lex fori. Tale circostanza siprofila soltanto ponendo tra loro le leggi su unpiano di alternatività.L’alternatività in parola si pone a garanziadell’affidamento nutrito dalle parti sui contenutidella legge in base alla quale il contratto è validoquanto alla forma, specie sulla circostanzache i mezzi di prova ivi prescritti siano suscettibilidi utilizzo nel processo (e, come si vedrà,che le forme possano spiegare nel processo laforza probatoria prevista da tale legge), anche( 15 ) Sulle disposizioni in materia di validità formalev. Cortese, supra, commento sub art. 11.( 16 ) Di soluzione « molto favorevole alla provadell’atto » parla, con riferimento alla Convenzione diRoma, la Relazione Giuliano-Lagarde, sub art. 14,punto B.quando sia diversa la legge che regola quest’ultimo( 17 ). L’affidamento riguarda, dunque, lastretta connessione tra la validità del contratto ela prova che di questa possa darsi in sede processuale.Ciò posto, è agevole osservare che il concorsoalternativo vede coinvolta con la lex fori la solalegge che consente l’accertamento della validitàformale: « l’ammissibilità, in regime probatorio,della legge regolatrice della validità formale presupponeevidentemente che tale legge sia stataosservata » ( 18 ).Può darsi che la legge rilevante ai sensi dell’art.11 sia diversa da quella che regola la sostanzadel contratto (si pensi al caso del contrattovalido quanto alla forma secondo la leggedello Stato in cui è concluso, ma non secondo ladiversa legge scelta dalle parti in base all’art. 3).Un’eventualità del genere, affatto concepibile,mostra quanto la disciplina della prova nelregolamento faccia proprie, ponendole in alternativa,le soluzioni che la dottrina ha proposto(in assenza di un’espressa previsione normativaal riguardo) a favore della lex fori o della lex substantiaeo della lex formae muovendo da distintequalificazioni del mezzo di prova e dellarelativa ammissibilità nel processo ( 19 ).( 17 )Aciò può aggiungersi che la legge della formaè prevedibile per le parti, mentre la legge del processono (v. Patti, op. cit., p. 1073); a meno che, s’intende,non si tratti di una causa tra contraenti che abbianoinserito nel contratto una clausola sul foro competente.L’alternatività tra lex fori e lex loci actus in vistadel favor probationis è stata suggerita più in generaleper evitare fenomeni di forum shopping volti al radicamentodel processo in ordinamenti dai contenutipiù rigorosi in tema di prova: sul punto vedi Morviducci,La legge competente a regolare l’ammissibilitàdei mezzi di priva nel diritto internazionale privato, inRiv. dir. internaz. priv. e proc., 1977, p. 768 s. perconsiderazioni critiche e riferimenti bibliografici.( 18 ) Così la Relazione Giuliano-Lagarde, sub art.14, punto B. È da escludere, dunque, il richiamo diun’altra legge suscettibile di applicazione in base all’art.11 anche quando contenga disposizioni più vantaggiosein tema di ammissibilità dei mezzi di prova.V. Lucchini, op. cit., p.41.( 19 ) Ricorrono anche opinioni che negano la presenzadi una soluzione univoca preferendo propendereper l’unaol’altra legge a seconda della funzioneche i mezzi di prova esercitano nel caso concreto. Inargomento v. Pocar, op. cit., p.94;Morviducci,Prova, cit., p. 706 ss.NLCC 3/4-2009


890reg. CE n. 593/2008[Art. 18]( 20 ) Villani, op. cit., p. 225.( 21 ) In questo senso, a proposito dell’art. 14 dellaConvenzione di Roma, v. Plender e Wilderspin,op. cit., p. 213, secondo i quali la disposizione « authorisesa court of a Contracting State to disallow amode of proof (...) on grounds of practicability ». Èstata espressa peraltro l’opinione secondo cui, in ragionedello spirito liberale cui si ispira l’art. 14 dellaConvenzione, un mezzo di prova non previsto dallalex fori possa nondimeno essere impiegato dal giudicequando quest’ultimo possa « adattare esigenze delcaso per regole procedurali del proprio ordinamento», v.Patti, op. cit., p. 1074. L’A. fa salva l’ipotesiL’accento posto sulla lex formae non esclude,però, che la validità discenda da più leggi: sipensi al caso del contratto valido quanto allaforma sia per la lex contractus che per la lex loci.In tali ipotesi, sempre nell’ottica del ripetuto favordella prova, le parti potranno avvalersi deimezzi previsti da ciascuna legge.I casi di scuola che spiegano il significatodell’alternatività tra lex fori e altra legge riguardanoper lo più la previsione nella legge del foro dimezzi di prova più rigidi di quelli contemplatidalla legge della forma. Ciò accade, per esempio,quando la prima impone la prova scritta di attiper la validità dei quali la seconda prevede la formascritta e la prova testimoniale di quest’ultima.La surriferita condizione che il mezzo previstodalla legge della forma « possa essere impiegatodavanti al giudice adito » conferma, tuttavia,l’impostazione della Convenzione di Romasecondo cui il favor della prova non può invaderela disciplina dell’attività processuale, la qualespetta alla lex fori.È da chiedersi se la regola comporti che lalegge della forma possa dettare il mezzo di prova,ma se questo non è previsto dalla lex fori, essonon sarà preso in considerazione dal giudiceovvero che la regola consenta al giudice diescludere mezzi ignoti all’ordinamento del forosoltanto quando, sul piano squisitamente pratico,essi non siano suscettibili di impiego. In altritermini, si pone il quesito se l’alternatività in temadi ammissione dei mezzi di prova muova dalpresupposto che i mezzi siano noti a tutte le leggiin gioco e concretamente esperibili dal giudice( 20 ) – il favor consisterebbe nel fatto che ilmezzo de quo sia ammesso nel processo anchefuori dall’àmbito nel quale la lex fori ne consentel’utilizzo ( 21 ) –, ovvero si sganci da tale presuppostoper ricollegarsi a un potere discrezionaledel giudice esercitato alla luce della concretaassunzione del mezzo.La risposta al quesito dipende dai margini didisponibilità offerti al giudice rispetto alle regoleprocessuali in tema di prova: una valutazionedel genere dipende bensì dai contenuti della lexfori sul punto, specie a proposito dei poteri edella discrezionalità del giudice riguardo all’utilizzodi mezzi di prova ignoti all’ordinamentocui appartiene.Senonché, è da ritenere che l’art. 18 faccia riferimentosoltanto ai casi di difficoltà odiimpossibilitàda parte del giudice di utilizzare ilmezzo di prova previsto dalla lex causae. A riprovadi ciò èsufficiente ricordare che l’art. 18si riferisce all’inutilizzabilità del mezzo e non alfatto che la lex fori non lo preveda, che l’alternativitàtra le leggi richiamata nella prima partedell’art. 18, par. 2, è concretamente funzionaleal favor di cui si è riferito soltanto ove nel foropossano essere utilizzati anche mezzi non previstidalla lex fori, e, infine, che le varie versionilinguistiche del regolamento enfatizzano il rapportotra il giudice e l’amministrazione del mezzodi prova nel caso concreto ( 22 ). La lex foripuò semmai rilevare quale legge che disciplinale modalità di assunzione della prova ( 23 ) (fermorestando l’eventuale ricorso ad altri sistemi normativiin materia di prova ( 24 )) allorché vi sipog-in cui il mezzo di prova previsto soltanto dalla lex formaecontrasti con l’ordine pubblico del foro. Senonché–come la Relazione Giuliano-Lagarde, sub art.14, punto B, precisa – l’esclusione di un mezzo diprova ai sensi dell’art. 14 è giustificata già (e soltanto)dal difetto nel caso concreto della condizione, confermatanell’art. 18 del regolamento, per cui il giudicepossa impiegare tale mezzo nel corso del processo,senza, dunque, che sia necessario invocare il limitedell’ordine pubblico: cfr. Plender e Wilderspin,op. cit., p. 213.( 22 ) Vedi, per esempio, la versione inglese secondola quale il contratto può essere provato con i mezzi indiscorso « provided that such mode of proof can beadministred by the forum ».( 23 ) Cfr. Morviducci, Prova, cit., p. 711; Campeise De Pauli, op. cit., p.70.( 24 ) V., su tutti, il reg. CE n. 1206/2001 del Consigliodel <strong>28</strong> maggio 2001 relativo alla cooperazione frale autorità giudiziarie degli Stati membri nel settoredell’assunzione delle prove in materia civile e commerciale,pubblicato in G.U.C.E. n. L 174 del <strong>27</strong> giu-NLCC 3/4-2009


[Art. 18] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 8914. – Ancora sulla scia della Convenzione diRoma, l’art. 18 del regolamento nulla disponesull’efficacia probatoria dei mezzi di prova. Ilprofilo di maggior momento riguarda certamentela « forza » della prova nel senso di stabilirese essa abbia natura legale o libera.Nel silenzio del regolamento sono a giusto titolosuscettibili di considerazione sia la lex fori,perché l’efficacia della prova incide sul liberoconvincimento del giudice ed ha, pertanto, caratteresquisitamente processuale, sia la lex contractus,perché dall’efficacia probatoria dipendela solidità del regime probatorio che il regolamentosottopone a tale legge, risultando anch’essastrettamente attinente al diritto sostanzialeper cui la prova è fatta valere (ciò valeprincipalmente per le presunzioni legali) ( <strong>28</strong> ). Inquest’ultimo senso depone altresì la circostanzache la parte, il cui diritto è oggetto di prova,confida nella forza di quest’ultima discendentedalla legge regolatrice del contratto.Nei limiti del regime probatorio contemplatodall’art. 18, di affidamento può parlarsi, peraltro,a proposito della stretta relazione tra disciplinadell’ammissibilità dei mezzi di prova e disciplinadell’efficacia probatoria. Vale al riguardola costatazione che i mezzi di prova in tantosono accolti rispetto al contratto o all’atto giurigno2001, p. 1 ss., per un analisi del quale si rinvia aFumagalli, La nuova disciplina comunitaria dell’assunzionedelle prove all’estero in materia civile,inRiv.dir. internaz. priv. e proc., 2002, p. 3<strong>27</strong> ss. Sul temadell’assunzione delle prove all’estero in generale v.Frigo e Fumagalli, L’assistenza giudiziaria internazionalein materia civile, Padova, 2003, p. 101 ss.( 25 ) Vedi nt. precedente.( 26 ) Vedi, per esempio, l’art. 69, comma 4 o ,l.n.218/95 il quale, a proposito dell’assunzione di mezzidi prova ordinati da giudici stranieri, afferma che« può disporsi l’assunzione di mezzi di prova ol’espletamento di altri atti istruttori non previsti dall’ordinamentoitaliano sempreché essi non contrastinocon i principi dell’ordinamento stesso ». In tali casi,dunque, è fondato ritenere che un limite all’ammissibilitàdel mezzo sia costituito dalla sua contrarietàcon l’ordine pubblico del foro poiché ciò che vatutelato non è lo svolgimento del processo secondo lalex fori e le valutazioni di impiego del mezzo di provadecise dal giudice nel caso concreto (rispetto alla cuitutela si pone la regola dell’art. 18, par. 2, del reg.« Roma I »), ma l’ordinamento nel suo complesso, inparticolare per impedire l’ingresso di strumenti probatoriagganciati a valori giuridici in manifesto contrastocon esso.gi il giudizio circa la possibilità o no di impiegarenel processo il mezzo di prova « straniero ».Le problematiche testé esposte non valgonoquando l’assunzione dei mezzi di prova sia richiestaal foro da parte di giudici stranieri infunzione di un processo in materia contrattualeinstaurato dinanzi ad essi. A parte la (già notata)circostanza che l’assunzione della prova è regolatain questi casi da atti comunitari o da strumentiinternazionali ad hoc ( 25 ), preme evidenziareche, in siffatti casi, l’eventuale condizioneche il mezzo di prova sia previsto dalla lex fori(sia pure per àmbiti diversi da quello propriodella controversia) non ha alcun rilievo, salvoeccezioni, per effetto della diversa funzione dellalegge processuale dello Stato richiesto dicoordinarsi con la corrispondente legge delloStato richiedente al fine della migliore soddisfazionedella richiesta probatoria proveniente daigiudici di quest’ultimo ( 26 ).Anche in materia di ammissibilità dei mezzi diprova, il regolamento presenta lievi differenzecon i precetti della Convenzione. Esso, infatti,estende l’oggetto di prova dal solo atto giuridico(secondo la Convenzione) al contratto (secondoil regolamento). Si tratta, in questo caso,di una chiosa rispetto alla Convenzione di Romache precisa l’àmbito di applicazione della disposizionee che riveste una certa importanzaperché nel vigore del regolamento non potrà discutersi,neanche da un punto di vista letterale,sulla identità di disciplina della prova di un contrattoo di un atto unilaterale a questo relativo(si pensi, per esempio, alla remissione del debito,alla risoluzione e al recesso) ( <strong>27</strong> ).( <strong>27</strong> ) Quanto ad atti unilaterali quali l’accettazione,l’offerta, la promessa di contratto, sebbene occorrastabilire preliminarmente se l’obbligazione che ne derivaall’autore o al destinatario abbia o no natura contrattualeper scegliere il sistema conflittuale rilevante– in specie il reg. « Roma I » o il reg. « Roma II » qualoral’atto dia luogo a culpa in contrahendo –, la circostanzache le due categorie di obbligazioni ricadonosotto distinte leggi (e, con esse, la prova che le riguarda)può verificarsi soltanto ove la legge regolatrice delcontratto non possa essere determinata (argomentandoex <strong>artt</strong>. 12, par. 2, e 22 del reg. « Roma II »).( <strong>28</strong> ) Morviducci, Prova, cit., p. 710 sostiene chedall’efficacia probatoria può determinarsi l’esistenzastessa del diritto.NLCC 3/4-2009


892reg. CE n. 593/2008[Art. 19]( <strong>29</strong> ) Ibidem, sul rapporto tra ammissibilità deimezzi di prova ed efficacia probatoria.dico unilaterale, in quanto si riconosca il valoreconferito ad essi dalla legge cui sottostanno ( <strong>29</strong> ).Questo argomento porta con sé, alla luce dell’alternativitànella quale l’art. 18 pone tra loro,anche attraverso il richiamo dell’art. 11, la lexfori,lalex substantiae,elalex formae, la conclusioneche la legge regolatrice dell’efficacia probatoriasarà quella in base alla quale si è ritenutoammissibile il mezzo di prova de quo.D’altro canto, il concorso tra tali leggi è ispiratoal favor probationis eciò può giustificarel’applicazione della legge che assegna la maggioreforza probante alla prova ammessa. Sipensi al caso in cui, sull’esistenza di un contrattosia ammessa nel foro, in ossequio alla lex formae,la prova testimoniale, là dove la lex foriprevedrebbe la prova documentale e si immaginiche alla prova testimoniale così ammessa siaattribuita, in ossequio al predetto favor, la maggioreforza probante sancita dalla lex fori rispettoalle prescrizioni della lex formae.Senonché, a nostro avviso, ha poco senso introdurreun mezzo di prova nel foro attribuendogliuna forza diversa da quella stabilita dallalegge che ne ammette l’utilizzo. Oltre alla difficoltàdi concepire un frazionamento dei dueprofili (ammissibilità ed efficacia del mezzo),emergerebbe un problema di incertezza del diritto,specie in ordine all’affidamento delle parti,a prescindere dal fatto che ci si ponga dalpunto di vista della parte a favore o di quellacontro cui la prova è addotta.Ne viene che l’efficacia probatoria, almeno limitatamenteal regime contemplato nell’art. 18,sottostà alla legge che regola la prova in base aquest’ultimo.Antonio LeandroCapo IIIALTRE DISPOSIZIONIArt. 19.(Residenza abituale)1. Ai fini del presente regolamento, per residenza abituale di società, associazioni e persone<strong>giuridiche</strong> si intende il luogo in cui si trova la loro amministrazione centrale.Per residenza abituale di una persona fisica che agisce nell’esercizio della sua attività professionalesi intende la sua sede di attività principale.2. Quando il contratto è concluso nel quadro dell’esercizio dell’attività di una filiale, diun’agenzia o di qualunque altra sede di attività, o se, secondo il contratto, la prestazione deveessere fornita da una siffatta filiale, agenzia o sede di attività, il luogo in cui è ubicata la filiale,l’agenzia o altra sede di attività èconsiderato residenza abituale.3. Al fine di determinare la residenza abituale il momento rilevante è quello della conclusionedel contratto.Sommario: 1. Apparente novità della disposizione. Suasostanziale corrispondenza con le regole in propositocontenute nell’art. 4 della Convenzione di Roma. – 2.Caratteristiche del criterio di collegamento della residenzaabituale ed elementi identificativi dell’abitualità,con riferimento alle persone fisiche. – 3. Identificazionedella residenza abituale di società, associazioni epersone <strong>giuridiche</strong> con il luogo in cui si trova l’amministrazionecentrale. Rapporti con la determinazionedel domicilio ai fini della competenza giurisdizionalenell’art. 60 del reg. CE n. 44/2001. – 4. La residenzaabituale intesa come sede principale dell’attività professionaledi persone fisiche. – 5. La regola specialeconcernente i contratti conclusi tramite filiali, agenzieNLCC 3/4-2009


[Art. 19] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 893o sedi di attività e i suoi rapporti con l’art. 5, n. 5, delreg. CE n. 44/2001. – 6. Momento determinante dellaresidenza abituale: conferma della soluzione accoltanell’art. 4 della Convenzione di Roma.1. – Il reg. « Roma I » presenta un’opportunainnovazione sul piano della tecnica legislativa rispettoalla Convenzione di Roma del 1980, inquanto dedica una norma apposita, l’art. 19, all’individuazionedelle concrete modalità applicativedel criterio di collegamento della residenzaabituale, il quale costituisce il criterio di collegamentoprincipale adottato dal regolamentoper l’individuazione della legge applicabile inassenza di scelta. Esso ricorre, infatti, innanzituttonell’art. 4, nel quale è utilizzato tanto conriferimento alle parti specificamente individuatenei contratti rientranti nelle categorie espressamenteindicate nel par. 1 della norma, quantocon riferimento alla parte tenuta ad eseguire laprestazione caratteristica del contratto in basealla regola residuale contenuta nel par. 2 ( 1 ). Alcriterio della residenza abituale fanno ugualmentericorso le successive disposizioni del regolamentoche dettano una disciplina specialeper alcune categorie di contratti che presentanocaratteristiche particolari, come è il caso deicontratti di trasporto ai sensi dell’art. 5 ( 2 ), ovveroin cui si pone l’esigenza di proteggere laparte debole del rapporto, con particolare riferimentoai contratti conclusi da consumatori ( 3 )e ai contratti di assicurazione ( 4 ).La rilevanza del criterio della residenza abitualenell’ambito di diverse disposizioni del regolamentogiustifica da un punto di vista sistematicola formulazione delle regole relative allasua applicazione in una separata disposizione,anziché nell’ambito della già complessa disciplinacontenuta nell’art. 4, come invece avvenivanella Convenzione di Roma. La Convenzione,infatti, forniva alcune indicazioni in ordine allemodalità di determinazione della residenza abitualecontestualmente al primo riferimento checompiva a tale criterio, nell’ambito della presunzione,formulata nel par. 2, in base alla qualeil Paese con il quale il contratto presenta il collegamentopiù stretto è da identificarsi con( 1 ) Si veda in generale, quanto all’articolazionedella disciplina della legge applicabile in assenza discelta nell’art. 4 del regolamento, Leandro, supra,commento sub art. 4, I, par. 4; Ballarino, Dalla Convenzionedi Roma del 1980 al regolamento Roma I, inRiv. dir. internaz., 2009, p. 40 ss., spec. p. 54 ss.; Cheshire,North e Fawcett, Private InternationalLaw 14 , a cura di Fawcett, Carruthers e North,Oxford, 2008, p. 722 ss.; Garcimartín Alferez,The Rome I Regulation: Much ado about nothing?, inEur. Legal Forum, 2008, I, p. I-61 ss., spec. p. I-67 ss.;Lagarde e Tenenbaum, De la convention de Romeau règlement Rome I, inRev. crit. dr. internat. privé,2008, p. 7<strong>27</strong> ss., spec. p. 738 ss.; Lando e Nielsen,The Rome I Regulation,inCommon Market Law Rev.,2008, p. 1687 ss., spec. p. 1700 ss.; Ubertazzi, Il regolamentoRoma I sulla legge applicabile alle obbligazionicontrattuali, Milano, 2008, p. 67 ss.; Wilderspin,The Rome I Regulation: Communitarisation andmodernisation of the Rome Convention, inERA Forum,2008, p. 259 ss., spec. p. 265 ss.; con riferimentoalla disciplina risultante dalla proposta di regolamento,in larga parte mantenuta nel testo definitivo, salvo,in particolare, il ripristino della clausola d’eccezione,tra gli altri, Cortese, La proposta di reg. « Roma I »:spunti critici su collegamento obiettivo e rapporti con leconvenzioni di diritto internazionale privato uniforme,in La legge applicabile ai contratti nella proposta di reg.« Roma I », a cura di Franzina, Padova, 2006, p. 41ss., spec. p. 42 ss.; Hartley, The Proposed « Rome I »Regulation: Applicable Law in the Absence of Choice(Article 4), in Vers des nouveaux équilibres entreordres juridiques. Liber amicorum Hélène Gaudemet-Tallon,Paris, 2008, p. 717 ss.; Kessedjian, PartyAutonomy and Characteristic Performance in the RomeConvention and the Rome I Proposal, inJapaneseand European Private International Law in ComparativePerspective, a cura di Basedow, Baum e Nishitani,Tübingen, 2008, p. 118 ss.; Lopes Pegna, Il rilievodel collegamento più stretto dalla Convenzione diRoma alla proposta di reg. « Roma I », inRiv. dir. internaz.,2006, p. 758 ss.; Solomon, The Private InternationalLaw of Contracts in Europe: Advances andRetreats,inTulane Law Rev., 2008, p. 1712 s.; Villani,La legge applicabile in mancanza di scelta tra vecchiae nuova disciplina, inIl nuovo diritto europeo deicontratti: dalla Convenzione di Roma al reg. « RomaI », Milano, 2007, p. 67 ss.. V. altresì Max PlanckInstitute for Comparative and InternationalPrivate Law, Comments on the European Commission’sProposal for a Regulation of the European Parliamentand the Council on the law applicable to contractualobligations (Rome I), inRabels Zeitschrift,2007, p. 253 ss.( 2 ) Si veda al riguardo Biagioni, supra, commentosub art. 5.( 3 ) Si veda in proposito Pizzolante, supra, commentosub art. 6.( 4 ) Si veda al riguardo Pizzolante, supra, commentosub art. 7.NLCC 3/4-2009


894reg. CE n. 593/2008[Art. 19]( 5 ) Si vedano, in proposito, tra gli altri, Baratta,Il collegamento più stretto nel diritto internazionaleprivato dei contratti, Milano, 1991, p. 1<strong>28</strong> ss., spec. p.139 ss.; Id., sub art. 4. Legge applicabile in mancanzadi scelta, inConvenzione sulla legge applicabile alleobbligazioni contrattuali (Roma, 19 giugno 1980) –Commentario, a cura di Bianca e Giardina, in questaRivista, 1995, p. 956 s.; Id., La Convenzione di Romasulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali, inIl diritto privato dell’Unione europea 2 , a cura di Tizzano,II, Torino, 2006, p. 1916 s.; Boschiero, Versoil rinnovamento e la trasformazione della Convenzionedi Roma: problemi generali, inDiritto internazionaleprivato e diritto comunitario, a cura di Picone, Padova,2004, p. 413 ss.; Magagni, La prestazione caratteristicanella Convenzione di Roma del 19 giugno 1980,Milano, 1989, p. 53 ss.; Villani, La Convenzione diRoma sulla legge applicabile ai contratti 2 , Bari, 2000,p. 85 ss., spec. p. 104 ss.; Plender e Wilderspin,The European Contracts Convention 2 , London, 2001,p. 109 ss., spec. p. 113 ss.; Martiny, inInternationalesVertragsrecht 2 , a cura di Reithmann e Martiny,Köln, 2004, p. 124 ss., spec. p. 139 ss.( 6 ) Si rimanda, quanto alla struttura generale dell’art.4 del regolamento, a Leandro, supra, commentosub art. 4, I, par. 4, e ai commenti alle singole disposizionirelative ai tipi contrattuali espressamentepresi in considerazione nel par. 1 della norma.quello nel quale la parte tenuta ad eseguire laprestazione caratteristica ha la residenza abituale( 5 ). Tale soluzione redazionale, peraltro, nelcontesto della nuova disciplina contenuta nell’art.4 del regolamento si sarebbe rilevata scarsamenteopportuna, essendo il criterio della residenzaabituale utilizzato, innanzitutto, con riferimentoai tipi contrattuali individuati dal par.1 della norma ( 6 ).Ciò rilevato, deve essere nondimeno osservatoche, quanto al merito, le indicazioni fornitedall’art. 19 del reg. « Roma I » non innovanosostanzialmente, salvo qualche miglioramentonella formulazione, rispetto alle indicazioni inproposito già contenute nell’art. 4, par. 2, dellaConvenzione di Roma. L’una come l’altra disposizione,infatti, non affrontano il problemadella definizione di residenza abituale con riferimentoalle persone fisiche in quanto tali, fornendounicamente dei criteri per identificare,ricorrendo a delle finzioni <strong>giuridiche</strong> non sempreomogenee rispetto ai caratteri salienti di talecriterio di collegamento, la residenza abituale diqueste in relazione ad un’attività professionalenell’ambito della quale il contratto sia stato concluso,ovvero la residenza abituale, se tale puòdirsi, delle persone <strong>giuridiche</strong>, società o associazioni,prevedendo altresì una soluzione di caratterespeciale per l’ipotesi in cui il contratto siastato concluso per tramite di una filiale, agenziaod altra sede di attività ( 7 ).2. – La scelta compiuta nell’art. 19 del regolamento,come, del resto, già nell’art. 4, par. 2,della Convenzione di Roma e nell’art. 23 delreg. « Roma II » ( 8 ), di non fornire indicazioniin ordine all’ordinario significato da attribuirsiall’espressione « residenza abituale » delle personefisiche, ad eccezione dell’ipotesi particolaresopra ricordata, trova giustificazione nelle caratteristicheparticolari di tale criterio di collegamento.Esso viene generalmente considerato,infatti, alla stregua di un criterio di fatto, il qualemal si presta, conseguentemente, a formareoggetto di definizione nel contesto di strumentigiuridici ( 9 ). Ciò nondimeno, un tentativo di in-( 7 ) Si rimanda alla dottrina citata supra, nt. 5, inmerito alla presunzione della prestazione caratteristicanell’art. 4, par. 2, della Convenzione di Roma e, inparticolare, tra coloro che si sono soffermati specificamentesul profilo della determinazione della residenzaabituale della parte tenuta ad eseguire tale prestazione,a Baratta, Il collegamento più stretto, cit.,p. 139 ss.; Id., sub art. 4, cit., p. 956 s.; Villani, LaConvenzione di Roma, cit., p. 104 ss.; Martiny, inInternationales Vertragsrecht, cit., p. 139 ss.( 8 ) Si veda, con riferimento alla disciplina sostanzialmentecorrispondente contenuta nell’art. 23 delreg. CE n. 864/2007 relativo alla legge applicabile inmateria di obbligazioni extracontrattuali (c.d. « RomaII »), Hohloch, Place of Injury, Habitual Residence,Closer Connections and Substantive Scope –The Basic Principles, inThe Rome II Regulation: AnOverview, inYearb. Priv. Internat. Law, 2007, p. 1ss., spec. p. 11 s.( 9 ) Si vedano al riguardo le osservazioni di Baetge,Der gewöhnliche Aufenthalt im InternationalenPrivatrecht,Tübingen, 1994, p. 1 ss.; in ordine al ruolodi tale criterio nelle convenzioni elaborate dallaConferenza dell’Aja di diritto internazionale privato,van Hoogstraten, La codification par traités endroit international privé dans le cadre de la Conférencede la Haye, inRec. Cours, 1967, vol. 122, p. 337 ss.,spec. p. 355 ss., il quale osserva che il basarsi del criteriosu meri elementi di fatto rimessi all’apprezzamentodel giudice può far sussistere il rischio diun’incertezza nel caso in cui la valutazione di certielementi di fatto differisca nei diversi Paesi contraentidella singola convenzione.NLCC 3/4-2009


[Art. 19] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 895dividuarne i presupposti essenziali deve esserecompiuto anche al fine di assicurare il perseguimentodell’obiettivo di un’interpretazione uniformedell’espressione in questione, che appareimporsi in misura significativa data l’ampia rilevanzaattribuita a tale criterio non solo, come siè visto, nel regolamento in esame e nel paralleloreg. « Roma II » concernente la legge applicabilealle obbligazioni extracontrattuali, bensì anchenella disciplina della competenza giurisdizionalein materia matrimoniale e di potestà genitorialecontenuta nel reg. « Bruxelles IIbis» ( 10 ), la quale è destinata ad essere integrata( 10 ) Nell’ambito del quale la residenza abituale rilevain quanto criterio di competenza giurisdizionale,sia relativamente ai procedimenti di separazione,divorzio ed annullamento del matrimonio ai sensidell’art. 3, sia in materia di potestà genitoriale, aisensi dell’art. 8: si vedano in proposito, tra gli altri,Baratta, Scioglimento e invalidità del matrimonionel diritto internazionale privato, Milano, 2004, p.168 s.; Espinosa Calabuig, Custodia y visita de menoresen el espacio judicial europeo, Madrid-Barcelona,2007, p. 123 ss.; Gallant, Responsabilité parentaleet protection des enfants en droit internationalprivé, Paris, 2004, p. 234 ss.; Mc Eleavy, The Communitarizationof Divorce Rules: What Impact forEnglish and Scottish Law?, inInternat. Comp. LawQuart., 2004, p. 605 ss., spec. p. 622 s.; Lamont,Habitual Residence and Brussels IIbis: DevelopingConcepts for European Private International FamilyLaw, inJournal of Priv. Internat. Law, 2007, p. 261ss.; Salerno, I criteri di giurisdizione comunitari inmateria matrimoniale, in Riv. dir. internaz. priv.eproc., 2007, p. p. 72 ss.; Ricci, Habitual Residence inMatrimonial Disputes, inThe External Dimension ofEC Private International Law in Family and SuccessionMatters, a cura di Malatesta, Bariatti e Pocar,Padova, 2008, p. 207 ss. L’interpretazione della nozionedi residenza abituale ai fini dell’art. 8 del reg.CE n. 2201/2003 ha formato da ultimo oggetto diuna pronuncia in via pregiudiziale della Corte giust.CE 2 aprile 2009, causa 523/07 A., non ancora pubblicatain Raccolta, ma disponibile gratuitamente nelsito internet della Corte di giustizia (http://curia.europa.eu),punto 44. La Corte ha affermato in propositoche la nozione di residenza abituale, così comecontemplata dall’art. 8, n. 1 del regolamento in questione,presuppone un certo grado di integrazionedel minore in un dato ambiente sociale e familiare.Conseguentemente, al fine dell’accertamento del criterioin questione si deve tenere conto della durata edella regolarità della permanenza del minore nelPaese membro interessato, oltreché delle condizionie delle ragioni che hanno determinato il soggiornocon apposite norme sulla legge applicabile inmateria di divorzio e separazione personale,nelle quali pure è fatto ampio ricorso al criterioin esame ( 11 ).Nella giurisprudenza tanto italiana quanto comunitaria,si intende per residenza abituale illuogo nel quale una persona ha stabilito il centroprincipale dei propri interessi, rilevando alriguardo due presupposti essenziali che appaionointegrare il carattere abituale della residenzain un dato Paese, suscettibili di apprezzamentosu di un piano di mero fatto, indipendentemente,quindi, da elementi di carattere giuridico,quali l’avere la persona la residenza anagrafica oil domicilio in un dato Paese ( 12 ). Tali presuppostisono costituiti, da un lato, dalla continua-del minore in tale Paese e, più in generale, il trasferimentodella famiglia in detto Stato. Tra i fattori specificida prendere in considerazione nell’ambito ditale valutazione – che, alla luce della specifica finalitàdi protezione dell’interesse del minore perseguitadal regolamento in esame, presenta, come sottolineatodalla Corte (punto 36), carattere autonomo rispettoalla valutazione della residenza abituale ai finidi altre disposizioni del diritto comunitario – rientranola cittadinanza del minore, il luogo e le condizionidella frequenza scolastica, le conoscenze linguistichee le relazioni familiari e sociali del minorenel Paese considerato, elementi la cui valutazionedovrà essere compiuta dal giudice di merito alla lucedelle specifiche circostanze di ciascun caso di specie.( 11 ) Si veda la Proposta di regolamento del Consiglioche modifica il regolamento (CE) n. 2201/2003 relativamentealla competenza giurisdizionale e introducenorme sulla legge applicabile in materia matrimoniale,testo elaborato dalla presidenza del Consiglioalla luce dei lavori svolti nella riunione del Comitatoper le questioni di diritto civile (Roma III) dell’8maggio 2008, doc. 9712/08, fasc. interistituz. 2006/0135 (CNS), del 23 maggio 2008, <strong>artt</strong>. 20 bis-20 ter.( 12 ) Si veda in questo senso, nella giurisprudenzaitaliana, Cass., sez. un., ord. 3 febbraio 2004, n. 1994,in Riv. dir. internaz. priv. e proc., 2004, p. 1390 ss., incui la Cassazione ha attribuito rilevanza al fine dellasussistenza della giurisdizione italiana in base all’art.3, comma 2 o , della l. n. 218/95, nella parte in cui richiama,per le questioni non rientranti nell’ambito diapplicazione della Convenzione di Bruxelles, le normesulla competenza per territorio, nella specie l’art.18 c.p.c., ad una residenza di mero fatto della parteattrice in Italia, in quanto sorretta dall’intento, oggettivamenterisultante dalle circostanze, di conferire caratterestabile a tale residenza. Si veda, nel senso chequesta interpretazione rifletta l’orientamento accolto,NLCC 3/4-2009


896reg. CE n. 593/2008[Art. 19]tività della permanenza della persona in un determinatoPaese per un periodo di tempo sufficientementelungo e, in via in qualche misurasussidiaria, dall’intenzione dimostrata dalla persona,attraverso le diverse forme di comportamentoche sono suscettibili di venire in considerazionea tal fine, di stabilire in tale Paese il centroprincipale dei propri interessi ( 13 ).Quest’ultimo elemento, relativamente al quale,con evidenza, vi è maggiore spazio per unavalutazione discrezionale da parte dell’interprete,rileverà maggiormente nei casi in cui dal primoelemento, quello del carattere continuativoe duraturo della presenza della persona in undato Paese, non si desumano indicazioni univoche.È il caso, in particolare, dei soggetti che sispostano frequentemente tra diversi Paesi persvolgervi la propria attività lavorativa, ovveroche la prestano continuativamente in un Paesediverso da quello nel quale sono stabilite le lorofamiglie e nel quale frequentemente ritornano.Qualche indicazione con riguardo all’identificazionedella residenza abituale in situazioni diquesto tipo può essere reperita nella giurisprudenzadella Corte di giustizia delle Comunitàeuropee relativa all’interpretazione delle normecomunitarie in materia di libera circolazione deilavoratori e di diritto di stabilimento negli Statimembri, per quanto questa abbia essenzialmentead oggetto questioni relative alla presenza deipresupposti per l’erogazione di determinateprestazioni sociali o previdenziali ovvero per laconcessione di esenzioni fiscali, in quanto taliestranee all’ottica internazionalprivatistica nellaquale ci si pone in questa sede ( 14 ). Nel contestoda ultimo menzionato, la Corte di giustizia hainfatti affermato che la permanenza di un soggettoin un determinato Paese membro per unperiodo di alcuni mesi al fine di svolgere un’attivitàlavorativa non è sufficiente per una suaequiparazione quanto al trattamento fiscale aisoggetti domiciliati in tale Stato membro, salvonei casi in cui il soggetto non sia titolare nelloStato membro di residenza di redditi imponibili( 15 ). Al di là della specificità della materia,sembrerebbe doversene desumere un’indicazionenel senso che lo svolgimento temporaneo diun’attività lavorativa in un dato Paese non possaconsiderarsi sufficiente al fine di acquisire la residenzaabituale, qualora il soggetto mantengadei legami stabili con lo Stato di provenienza evi faccia ritorno al termine dell’esperienza lavorativa.Qualche contributo in più nell’individuazionedegli elementi costituitivi della nozione di residenzaabituale è giunto da una pronuncia dellaCorte di giustizia CE relativa al diritto dei dipendentidella Comunità all’indennità di dislocazione,il quale è subordinato all’effettivo trasferimentodella residenza abituale del dipendentenel Paese membro in cui è fissata la sededi servizio, posto che questo sia diverso da quellodi provenienza del soggetto. Al riguardo, laCorte ha affermato che al fine di valutare se ilsoggetto abbia la propria residenza abituale inun determinato Paese occorre accertare che egliabbia fissato con voluto carattere di stabilità ilcentro permanente o abituale dei propri interessiin quel Paese, vi abbia risieduto e vi abbiaesercitato per la maggior parte del tempo lapropria attività lavorativa, non rilevando a frontedi tali elementi concordanti l’eventuale assensebbenein relazione a materie diverse, dalla Corte digiustizia, Salerno, I criteri di giurisdizione comunitari,cit., p. 73.( 13 )L’identificazione della residenza abituale conil centro principale degli interessi di una persona sideve alla giurisprudenza della Corte di giustizia, inparticolare alle sentenze del 15 settembre 1994, causa452/93, Magdalena Fernandez, inRaccolta, 1994, p.I-4<strong>29</strong>5 ss., punto 22, e del 25 febbraio 1999, causa90/97, Swaddling, ivi, 1999, p. I-1075 ss., punti <strong>29</strong> ss.(v. infra, nel testo).( 14 ) Il diverso peso da attribuire ai vari elementi rilevantial fine di stabilire la sussistenza della residenzaabituale di una persona in un dato Paese a secondadel contesto non soltanto fattuale bensì anche normativoe delle specifiche finalità per le quali tale accertamentorileva – e la conseguente difficoltà di ricostruireuna nozione unitaria che possa essere utilizzataindifferentemente per tutte le materie –èsottolineato,in particolare, da McEleavy, The Communitarizationof Divorce Rules, cit., p. 622; Lamont, HabitualResidence, cit., p. 265 s.; Ricci, HabitualResidence, cit., p. 212 ss.( 15 ) Corte giust. CE 1 o luglio 2004, causa 169/03,Wallentin, inRaccolta, 2004, p. I-6443 ss., spec. punti15 ss. Nello stesso senso, con riferimento alla posizionesostanzialmente analoga del coniuge non residentein un dato Stato membro, che tuttavia percepisceredditi unicamente in quel Paese, in cui è inveceresidente l’altro coniuge, Corte giust. CE 25 gennaio2007, in causa 3<strong>29</strong>/05, Finanzamt Dinslaken, ivi,2007, p. I-1107 s., spec. punti 26 ss.NLCC 3/4-2009


[Art. 19] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 897za temporanea da tale Paese, specialmente ove,come nella specie, questa si sia concentrata inun unico periodo, pur di una certa consistenza,all’inizio del lasso di tempo preso in considerazione( 16 ). Nel senso della rilevanza non decisivadella durata della permanenza ai fini dello stabilimentodella residenza abituale di una personain un dato Stato membro, a fronte dell’intenzionechiaramente manifestata da essa di trasferirsistabilmente in tale Paese dopo aver soggiornatoper un certo periodo in un altro Stato membroper svolgervi un’attività lavorativa, è giuntaun’ulteriore pronuncia della Corte di giustizia,nella quale questa ha rilevato il contrasto con lenorme comunitarie della legislazione internabritannica che invece subordinava espressamentel’acquisto della residenza abituale e leprestazioni sociali ad essa connesse ad un requisitodi carattere temporale ( 17 ).Non sembra, infine, alla luce del carattere fattualedel criterio della residenza abituale, che alfine del suo accertamento rilevi l’ulteriore elementodella legalità della permanenza della personanel Paese in questione. Nella misura in cui,infatti, l’illegalità del soggiorno non influisce suglievidenziati elementi determinanti il carattereabituale della residenza, essa non sembra acquistareautonoma rilevanza al fine dell’accertamentodel criterio in questione. La situazione sipresenta diversamente, come già rilevato, neicasi in cui la residenza abituale rilevi non giàquale criterio di collegamento al fine della disciplinainternazionalprivatistica dei rapporti dicui la persona è titolare, bensì quale presuppostoper l’erogazione di determinati benefici dicarattere sociale o previdenziale, al fine dei quali,alla luce della finalità pubblicistica perseguitadalle norme che li istituiscono, può essere giustificatamentepresupposta la legalità della residenzadel beneficiario nello Stato che ne prevedel’erogazione ( 18 ).3. – Come premesso, il regolamento regola inveceespressamente, nel par. 1 della norma inesame, il modo in cui debba identificarsi la « residenzaabituale » di società, associazioni e persone<strong>giuridiche</strong>. Al riguardo, deve innanzituttoosservarsi che la norma ricorre ad una finzionegiuridica, essendo a rigore improprio l’uso dell’espressionein questione in relazione a soggettiche non siano persone fisiche ed ai quali, conseguentemente,mal si adatta la nozione stessa diresidenza. L’espediente adottato dal legislatorecomunitario si giustifica evidentemente conl’esigenza squisitamente pratica di evitare il ricorsoa criteri di collegamento differenti nellesingole disposizioni in relazione alle diverse categoriedi soggetti di cui si tratti, apparendosenz’altro più semplice utilizzare nelle singolenorme uno stesso criterio di collegamento relativamentea tutte le categorie di soggetti e rimetteread un’unica disposizione di carattere generalela formulazione delle opportune precisazioniin proposito ( 19 ).( 16 ) Corte giust. CE 15 settembre 1994, cit., spec.punto 22.( 17 ) Corte giust. CE 25 febbraio 1999, cit., spec.punti <strong>29</strong> ss.( 18 ) Appare in proposito condivisibile quanto affermato,sebbene in un’ottica di diritto interno, dallaHouse of Lords 30 giugno 2005, Mark v. Mark,[2005] UKHL 42, disponibile gratuitamente sul sitodel Parlamento britannico (http://www.parliament.uk),nel senso dell’irrilevanza della legalità del soggiornonel Regno Unito al fine di stabilire se un soggettopotesse considerarsi ivi domiciled o abitualmenteresidente al fine dell’applicazione dei criteri giurisdizionalicontemplati dal Domicile and MatrimonialProceedings Act 1973, nel frattempo modificati in baseai regolamenti comunitari nn. 1347/2000 (« BruxellesII ») e 2201/2003 (« Bruxelles II-bis »). Si vedaal riguardo Forsyth, The Domicile of the Illegal Resident,inJournal of Priv. Internat. Law, 2005, p. 335ss., spec. p. 343, ove l’A. sottolinea come la House ofLords, nell’opinion di Lady Hale, abbia adottato unconcetto relativo di residenza abituale, suscettibile divalutazioni difformi a seconda del contesto giuridicoin cui rileva. In proposito, sembrerebbe più correttoritenere che considerazioni desunte dal contesto giuridiconon rilevino strettamente al fine di identificarei requisiti essenziali, di carattere fattuale, del criteriodi collegamento in questione, bensì nel senso di imporreulteriori presupposti in ragione delle specificheesigenze della materia ai cui fini il criterio rileva. Nellostesso senso, per cui il mancato rilascio di un permessodi soggiorno definitivo non pregiudica l’accertamentodella residenza abituale, si è espressa la giurisprudenzaargentina: si veda Cour d’appel nationalecivile, 22 maggio 2002, in Journ. dr. internat., 2008, p.202 s.( 19 ) Nella formulazione dell’art. 4, par. 2 dellaConvenzione di Roma il criterio della residenza abitualeera riferito unicamente alle persone fisiche, indicandosidirettamente il luogo dell’amministrazionecentrale per le società, associazioni e persone giuridi-NLCC 3/4-2009


898reg. CE n. 593/2008[Art. 19]che, ovvero il luogo della sede principale dell’attivitàper la persona fisica che operi a titolo professionale,come rilevante ai fini della norma. Una formulazionein questi termini sarebbe stata chiaramente più precisa,ma al tempo stesso più difficile da inserire in unadisposizione di carattere generale come quella dell’art.19 del regolamento.( 20 ) Si veda, ad esempio, la versione francese, laquale reca, similmente all’italiana: « société, associationou personne morale », mentre quella inglese utilizzala formula, che si presenta più ampia « companiesand other bodies, corporate and unincorporated»; quella tedesca reca invece « Gesellschaften,Vereinen oder juristische Personen ».( 21 ) Si vedano a sostegno di questa tesi, formulatagià con riguardo alle corrispondenti espressioni adottatenell’art. 4, par. 2, della Convenzione di Roma,Baratta, Il collegamento più stretto, cit., p. 142 ss.;Id., sub art. 4, cit., p. 956 s.; Martiny, inInternationalesVertragsrecht, cit., p. 140; Villani, La Convenzionedi Roma, cit., p. 105.Inoltre, deve ritenersi che l’indicazione dellecategorie di soggetti cui la norma fa riferimento– società, associazioni e persone <strong>giuridiche</strong> –debba essere interpretata con la dovuta ampiezza,in modo tale da consentire il superamento,nell’ottica di un’interpretazione uniforme delleespressioni adottate, dei particolarismi propridei sistemi giuridici dei singoli Stati membri,come emerge anche da un raffronto delle formulazionialquanto differenziate alle quali lanorma ricorre nelle diverse versioni linguistiche( 20 ). Essenzialmente, appare persuasiva alriguardo la tesi che ricomprende nelle categoriedi soggetti prese in considerazione dalla normaogni ente, munito o meno di personalità giuridica,che possa essere parte di un contratto e relativamenteal quale si ponga quindi un problemadi localizzazione al fine dell’applicazione delleregole di conflitto poste dal regolamento ( 21 ).Venendo al criterio di collegamento adottatocon riferimento a detti enti, la norma fa riferimentoal luogo in cui si trova la loro amministrazionecentrale, con ciò esprimendo quindiuna chiara scelta a favore di un criterio che garantiscaun radicamento effettivo dell’ente stessoin un dato Paese, piuttosto che un mero legamedi carattere formale quale potrebbe esseredato dal riferimento alla sede statutaria ovveroal luogo di perfezionamento del procedimentocostituivo, secondo i criteri di collegamento chevengono prevalentemente utilizzati relativamentealle società ( 22 ). La scelta a favore di tale criteriosi giustifica, chiaramente, alla luce dellaconsiderazione che nella presente sede non sitratta di individuare la legge regolatrice dell’entein quanto tale, bensì la legge applicabile aicontratti da esso conclusi, il che rende opportunoil riferimento al luogo nel quale l’ente stessoconcretamente opera e nel quale, in particolare,si riuniscono stabilmente i suoi organi direttivi,piuttosto che al luogo in cui è stabilita la sedestatutaria dell’ente ( 23 ). Questa, infatti, con particolareriferimento alle società, potrebbe perragioni diverse, anche in base a considerazionidi convenienza legate al regime più favorevoleche sotto vari profili sia assicurato da un ordinamentopiuttosto che da un altro, essere situatain un Paese diverso da quello in cui la societàopera effettivamente ( 24 ).( 22 ) Si veda, per un quadro di tali criteri alla lucedella soluzione accolta nell’art. 25 della legge di riformadel sistema italiano di diritto internazionale privato,Benedettelli, La legge regolatrice delle persone<strong>giuridiche</strong> dopo la riforma del diritto internazionaleprivato,inRiv. società, 1997, p. 39 ss.; Id., sub art. 25,in Legge 31 maggio 1995, n. 218, Riforma del sistemaitaliano di diritto internazionale privato – Commentario,a cura di Bariatti, in questa Rivista, 1996, p. 1108ss.; Santa Maria, sub art. 25, in Commentario delnuovo diritto internazionale privato, a cura di Pocar etalii, Padova, 1996, p. 133 ss.; Damascelli, I conflittidi legge in materia di società, Bari, 2004, p. 51 ss.; nell’otticadel rapporto in cui le norme di conflitto inmateria di società si pongono rispetto alle norme comunitariein materia di libertà di stabilimento, Benedettelli,Diritto internazionale privato delle società eordinamento comunitario, in Diritto internazionaleprivato e diritto comunitario, a cura di Picone, Padova,2004, p. 205 ss.; Contaldi, Libertà di stabilimentodelle società e norme nazionali di conflitto, inIl dirittoprivato dell’Unione europea 2 , a cura di Tizzano,II, Torino, 2006, p. 1325 ss.( 23 ) La diversità della prospettiva in cui gli ordinamentistatali si pongono nel disciplinare la legge regolatricedell’attività d’impresa svolta dalle società rispettoalla problematica della legge regolatrice dell’entein quanto tale è sottolineata da Benedettelli,Diritto internazionale privato delle società, cit., p. 263ss.( 24 ) Questo profilo è particolarmente evidenziatodalla dottrina che tende a vedere nella differenziazioneesistente nella disciplina materiale delle società neivari Stati membri della Comunità Europea un vero eproprio « mercato delle regole », nel quale, in sostanza,gli operatori avrebbero il diritto di scegliere la di-NLCC 3/4-2009


[Art. 19] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 899Il criterio adottato dal reg. « Roma I » a questospecifico proposito si discosta in parte, riflettendo,del resto, le caratteristiche distintivedella residenza abituale rispetto al domicilio inquanto criteri di collegamento, dalla soluzioneaccolta nell’art. 60 del reg. CE n. 44/2001, ilquale, al fine di identificare il « domicilio » dellesocietà e persone <strong>giuridiche</strong> al diverso fine distabilire il criterio rilevante per l’affermazionedella competenza giurisdizionale ai sensi dell’art.2 e delle altre disposizioni del regolamentoin cui il medesimo criterio rilevi, fa riferimentoalternativamente al luogo in cui è situata la sedestatutaria, al luogo in cui vi è l’amministrazionecentrale ovvero al luogo in cui è ubicato il suocentro di attività principale, ove questo non dovessecoincidere con il luogo in cui l’ente ha lapropria amministrazione centrale. La presenza,in particolare, del luogo in cui è stabilita la sedestatutaria dell’ente tra i criteri alternativi contemplatidalla norma richiamata può trovare inparte giustificazione nella già rilevata diversanatura del criterio del domicilio adottato nelreg. CE n. 44/2001 rispetto a quello della residenzaabituale accolto nel reg. « Roma I ». Ilprimo è infatti generalmente considerato, comesi è osservato, alla stregua di un criterio giuridico,in quanto tale tendenzialmente legato adelementi di carattere formale quali la sede statutaria,mentre il secondo è maggiormente ancoratoa circostanze di fatto e potrebbe quindi trovarsimaggiormente riflesso nella localizzazioneeffettiva dell’amministrazione centrale dell’ente.Deve peraltro essere osservato che la previsionedi criteri alternativi nell’art. 60 del reg. CE n.44/2001 trova giustificazione nell’esigenza digarantire alla parte che si trovi a dover agire neisciplina nazionale che maggiormente soddisfa le loroesigenze: si veda in questo senso Benedettelli,« Mercato » comunitario delle regole e riforma del dirittosocietario italiano, inRiv. società, 2003, p. 699ss., spec. p. 701 ss. I rischi insiti in questo contesto, inmodo particolare di una concorrenza verso il basso,che porta a considerare più attraente al fine di stabilirvila sede di una società i Paesi che presentino standardsdi protezione dei lavoratori, di sicurezza ambientaleed altro, meno stringenti, sono sottolineatida Muir-Watt, Integration and Diversity: The Conflictof Laws as a Regulatory Tool, inThe InstitutionalFramework of European Private Law, a cura di Cafaggi,XV/2, Oxford, 2006, p. 107 ss., spec. p. 138 ss.confronti di una società o persona giuridica ungiudice che sia munito di competenza giurisdizionalein base al regolamento, a fronte dellapotenziale incertezza nell’individuazione dellasede effettiva dell’amministrazione dell’ente.Diversa è, a questo riguardo, la finalità perseguitadall’art. 19 del reg. « Roma I », il qualepersegue l’obiettivo di ridurre per quanto possibilel’incertezza in ordine alla legge regolatricedel contratto in assenza di scelta, finalità la qualeverrebbe frustrata dalla previsione di criterialternativi di collegamento ( 25 ).( 25 ) Come espressamente osservato nel preambolodel reg. « Roma I », al39 o considerando, l’adozionedella soluzione accolta nell’art. 60 del reg. CE n. 44/2001 si sarebbe rivelata inopportuna, in quanto, nelprevedere tre criteri alternativi di localizzazione,avrebbe esposto le parti al rischio di un’imprevedibilitàdella legge regolatrice. La previsione di tali criterialternativi nell’art. 60 del reg. CE n. 44/2001 trovagiustificazione, come rilevato da Carbone, Lo spaziogiudiziario europeo in materia civile e commerciale 5 ,Torino, 2006, p. 66 s., nella diversità dei criteri utilizzatinegli Stati membri per l’individuazione del forogenerale delle persone <strong>giuridiche</strong>. Osserva al riguardoDavì, Il diritto internazionale privato italiano dellafamiglia e le fonti di origine internazionale o comunitaria,inRiv. dir. internaz., 2002, p. 861 ss., spec. p.898 s., che la previsione di un’autonoma determinazionedel domicilio delle società e persone <strong>giuridiche</strong>nell’art. 60 del reg. CE n. 44/2001 trova giustificazionenell’esigenza di superare l’incertezza derivantedalla diversità dei criteri accolti nei diversi ordinamenti,alla quale non poneva rimedio la soluzione accoltanell’art. 53 della Convenzione di Bruxelles, che,anzi, di essa prendeva atto, rimettendo la questionealla legge designata dalle norme di diritto internazionaleprivato del foro. Nel senso che ai tre criteri recatidalla norma andrebbe data un’interpretazione perquanto possibile convergente, attribuendo rilevanzaprevalente alla sede statutaria, salvo appaia chiaramenteche essa non coincida con la localizzazione effettivadella società verso la quale tendono gli altridue criteri, Salerno, Giurisdizione ed efficacia delledecisioni straniere nel regolamento (CE) n. 44/2001 3 ,Padova, 2006, p. 83 s., il quale fa al riguardo riferimentoall’art. 7 del reg. CE n. 2157/2001, istitutivodella società europea, il quale relativamente a questotipo di società prevede una necessaria coincidenzadello Stato membro in cui è fissata la sede statutariacon quello in cui vi è l’amministrazione centrale. Rilevache la soluzione accolta nell’art. 60 si discosta daquella inizialmente avanzata dalla Commissione nellaProposta di atto del Consiglio che stabilisce la Convenzionerelativa alla competenza giurisdizionale, alNLCC 3/4-2009


900reg. CE n. 593/2008[Art. 19]4. – Una logica in parte simile, volta ad unalocalizzazione effettiva della parte, che presentidiretta attinenza con il contratto, appare ispirarela regola contenuta nella seconda parte dell’art.19, par. 1, il quale fa riferimento all’ipotesidi un contratto concluso da una persona fisicanell’esercizio della propria attività professionale.In relazione a questa ipotesi, ricorrendo nuovamentealla finzione giuridica di indicare come« residenza abituale » ciò che in realtà costituisceun criterio di collegamento diverso, il regolamentoprevede che come tale debba intendersila sede di attività principale della persona fisica( 26 ).Un criterio che potrebbe presentare profili dianalogia rispetto alla sede di attività principalealla quale fa riferimento la norma in esame, èdato dal centro degli interessi principali del debitore,accolto quale criterio di competenza giurisdizionaleal fine dell’apertura della proceduraprincipale di insolvenza dall’art. 3, par. 1, delreg. CE n. 1346/2000 ( <strong>27</strong> ). Tale criterio perseguenondimeno una finalità specifica, propriadella materia considerata, costituita dalla prevedibilitàe dalla riconoscibilità da parte dei terzidel luogo nel quale il debitore potrà essere assoggettatoalla procedura principale d’insolvenza( <strong>28</strong> ). Come osservato, infatti, nella relazioneesplicativa della Convenzione sulle procedured’insolvenza del 1995 dalla quale il criterio inquestione è mutuato, tale luogo dovrà essereagevolmente identificabile dai potenziali creditoriin modo da consentire ad essi di tenere adeguatamenteconto dei rischi giuridici insiti nell’eventualitàdell’insolvenza della parte con cuisi trovano ad instaurare rapporti economici ( <strong>29</strong> ).Le specifiche esigenze poste dalla disciplina dell’insolvenzaappaiono riflesse anche nella presunzioneche integra la regola in questione conriferimento all’ipotesi in cui il debitore sia unasocietà o persona giuridica. La presunzione percui tale luogo deve reputarsi coincidere, salvaprova contraria, con il luogo in cui è situata lasede statutaria dell’ente può considerarsi infattiriconoscimento e all’esecuzione, negli Stati membridell’Unione europea, delle decisioni in materia civilee commerciale, doc. COM/1997/609 def., art. 2 – laquale, sostituendo nel par. 1 al domicilio la residenzaabituale, nel par. 2 assimilava ad essa per le società epersone <strong>giuridiche</strong> il luogo in cui si trova la relativaamministrazione centrale, o, in mancanza, la sede statutaria– Staudinger, Art. 60 Brüssel I-Verordnung,in Europäisches Zivilprozessrecht 2 , a cura di Rauscher,München, 2006, p. 717 ss.( 26 ) La soluzione, ancora una volta, corrisponde aquella già prevista nell’art. 4, par. 2, della Convenzionedi Roma, con la stessa differenza nella formulazioneper cui nella norma della Convenzione la sede diattività principale della persona fisica era direttamenteindicata come criterio rilevante, senza passare peril riferimento alla residenza abituale, dalla quale, conevidenza, il criterio in questione si discosta. Si vedanoal riguardo, tra gli altri, Baratta, Il collegamentopiù stretto, cit., p. 145 ss.; Id., sub art. 4, cit., p. 957;Martiny, in Internationales Vertragsrecht, cit., p.141 s.; Plender e Wilderspin, The European ContractsConvention, cit., p. 115; Villani, La Convenzionedi Roma, cit., p. 105 s.( <strong>27</strong> ) Reg. CE n. 1346/2000 del Consiglio, del <strong>29</strong>maggio 2000, relativo alle procedure d’insolvenza, inG.U.C.E., L 160 del 30 giugno 2000, p. 1 ss. Si vedanoal riguardo, tra gli altri, Bariatti, L’applicazionedel regolamento CE n. 1346/2000 nella giurisprudenza,inRiv. dir. proc., 2005, p. 673 ss., spec. p. 678 ss.;Benedettelli, « Centro degli interessi principali »del debitore e forum shopping nella disciplina comunitariadelle procedure di insolvenza transfrontaliera,in Riv. dir. internaz. priv. e proc., 2004, p. 499 ss.;Fletcher, Scope and Jurisdiction, inThe EC Regulationon Insolvency Proceedings 2 , a cura di Moss,Fletcher e Isaacs, Oxford, 2009, p. 45 ss.; Moss eSmith, Commentary on Council Regulation 1346/2000 on Insolvency Proceedings, ivi, p. 245 ss., spec.p. 253 ss.; Raimon, Centre des intérêts principaux etcoordination des procédures dans la jurisprudence européennesur le règlement relatif aux procédures d’insolvabilité,inJourn. dr. internat., 2005, p. 739 ss.;Lupoi, Conflitti di giurisdizioni e di decisioni nel regolamentosulle procedure d’insolvenza: il caso « Eurofood» e non solo, inRiv. trim. dir. e proc. civ.,2005, p. 1393 ss.; Paulus, Die ersten Jahre mit derEuropäischen Insolvenzverordnung, in Rabels Zeitschrift,2006, p. 458 ss., spec. p. 460 ss.; Carrara,The Parmalat case, ivi, p. 538 ss., spec. p. 549 ss.( <strong>28</strong> ) Come affermato nel preambolo del regolamento,13 o considerando, come centro degli interessiprincipali deve intendersi il luogo nel quale il debitoreesercita in modo abituale e, conseguentemente, riconosibiledai terzi, la gestione dei propri interessi.( <strong>29</strong> ) Si veda la relazione esplicativa della Convenzionerelativa alle procedure d’insolvenza, aperta allafirma da parte degli Stati membri dell’Unione Europeail 23 novembre 1995 e mai entrata in vigore, Reporton the Convention on Insolvency Proceedings, acura di Virgós e Schmit, doc. Consiglio n. 6500/1/96,riprodotta in appendice a The EC Regulation on InsolvencyProceedings, cit., p. 381 ss., par. 75, p. 403.NLCC 3/4-2009


[Art. 19] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 901dettata dall’esigenza di far coincidere il criteriofattuale dato dal centro degli interessi principalicon un criterio di carattere giuridico. Il criteriodella sede statutaria, se da una parte non presentaordinariamente problemi di conoscibilitàda parte dei terzi, può nondimeno dare luogoad incertezze quanto alla sua corrispondenzacon il luogo nel quale viene effettivamente condottal’amministrazione della società o personagiuridica. Al riguardo, la Corte di giustizia CE,nella nota sentenza relativa al caso Eurofood, haritenuto che la presunzione fissata dall’art. 3,par. 1, del regolamento non possa essere superatada altri elementi, come ad esempio il controlloda parte di una società-madre avente sedein un altro Paese, ove la sede statutaria coincidacon il luogo nel quale si svolge effettivamentel’amministrazione della società ( 30 ).5. – La regola contenuta nel par. 2 dell’art. 19obbedisce alla stessa logica di perseguire l’applicazionedi una legge che presenti un collegamentoper quanto possibile effettivo con il contratto,che si può considerare espressione delprincipio di prossimità cui già la disciplina dellalegge applicabile in mancanza di scelta contenutanella Convenzione di Roma si presenta ispirata,in misura forse anche più evidente, data laben maggiore centralità del criterio del collegamentopiù stretto, di quanto avvenga ora nel regolamento( 31 ).( 30 ) Corte giust. CE 2 maggio 2006, causa 341/04,Eurofood IFSC Ltd., inRaccolta, 2006, p. I-3813 ss.,punto 37 della motivazione. Si vedano al riguardo,tra gli altri, Bacc<strong>agli</strong>ni, Il caso Eurofood: giurisdizionee litispendenza nell’insolvenza transfrontaliera,in Int’l Lis, 2006, p. 123 ss.; Consalvi, The Regimefor Circulation of Judgments Under the EC Regulationon Insolvency Proceedings, in Internat. InsolvencyRev., 2006, p. 147 ss., spec. p. 156 ss.; Garašic,What is Right and What is Wrong in the ECJ’s Judgmenton Eurofood IFSC Ltd, in Yearb. Priv. Internat.Law, 2006, p. 87 ss., spec. p. 89 ss.; Saenger e Klockenbrink,Anerkennungsfragen im internationalenInsolvenzrecht gelöst?, inEur. Zeitschrift für Wirtschaftsrecht,2006, p. 363 ss.( 31 ) Si vedano, quanto alla diversa misura in cui ladisciplina della legge applicabile in assenza di sceltacontenuta nel reg. « Roma I » rispetto a quella contenutanella Convenzione di Roma appaia rifletterel’obiettivo di assicurare la sottoposizione del contrattoalla legge con la quale presenta il collegamento piùLa norma, che si presenta applicabile in relazionea contratti conclusi tanto da una società,associazione o persona giuridica di cui alla primaparte del par. 1, quanto da una persona fisicache agisca nell’ambito della propria attivitàprofessionale ai sensi della seconda parte dellostesso par., prevede che ove il contratto non siaconcluso direttamente dall’amministrazionecentrale dell’ente o dal professionista o imprenditorepersona fisica o suoi ausiliari nella sedeprincipale d’attività di quest’ultimo, bensì nell’ambitodell’attività di una filiale, di un’agenziao di una qualunque altra sede d’attività, si intenderàcome residenza abituale il luogo in cui l’articolazionerilevante della struttura dell’ente odell’impresa individuale è ubicata. La regola,già contenuta nell’art. 4, par. 2, della Convenzionedi Roma, pone problemi interpretativi inparte analoghi a quelli posti dalla regola contenutanella prima parte del par. 1, trattandosi anchea questo proposito di stabilire se le espressioni<strong>giuridiche</strong> utilizzate dalla norma debbanoo meno essere interpretate tassativamente. Al riguardo,appare soccorrere da una parte l’esigenzagenerale di un’interpretazione uniformedelle espressioni utilizzate dal regolamento, cheprescinda dai particolarismi dei sistemi giuridicidei diversi paesi, dall’altra un argomento di carattereteleologico desunto dalla già evidenziatafinalità della norma di individuare come appli-stretto, tra gli altri, Ballarino, Dalla Convenzione diRoma del 1980, cit., p. 55 ss.; Cheshire, North eFawcett, Private International Law, cit., p. 724 s.;Garcimartín Alferez, The Rome I Regulation, cit.,p. I-67 s.; Hartley, The Proposed « Rome I » Regulation,cit., p. 726; Lagarde e Tenenbaum, De la conventionde Rome, cit., p. 738 ss.; Lando e Nielsen,The Rome I Regulation, cit., p. 1702 s.; Ubertazzi, Ilregolamento Roma I, cit., p. 67 ss.; Wilderspin, TheRome I Regulation, cit., p. 265 ss. Si veda inoltre,Leandro, supra, commento sub art. 4, I, par. 8 s. Perun’illustrazione generale del principio di prossimità edel modo in cui esso trova espressione nelle soluzioniaccolte nel diritto internazionale privato dei contratti,si rimanda a Lagarde, Le principe de proximitédans le droit international privé contemporain, Coursgénéral de droit international privé,inRec. Cours, vol.196, 1986, p. 9 ss., spec. p. 32 ss.; con riguardo allesoluzioni contenute nella proposta di reg. « RomaI », Id., Remarques sur la proposition de règlement dela Commission européenne sur la loi applicable auxobligations contractuelles, inRev. crit. dr. internat.privé, 2006, p. 331 ss., spec. p. 338 ss.NLCC 3/4-2009


902reg. CE n. 593/2008[Art. 19]( 32 ) Al riguardo, la versione francese reca: « d’unesuccursale, d’une agence ou de tout autre établissement»; quella inglese: « of a branch, agency or anyother establishment »; quella tedesca: « einer Zweigniederlassung,Agentur oder sonstigen Niederlassung».( 33 ) Si vedano, tra coloro che si erano soffermatisulla questione con riferimento all’analoga previsionecontenuta nell’art. 4, par. 2 della Convenzione di Roma,Baratta, Il collegamento più stretto, cit., p. 136s.; Id., sub art. 4, cit., p. 955; Martiny, inInternationalesVertragsrecht, cit., p. 142 ss.; Plender e Wilderspin,The European Contracts Convention, cit., p.115; Villani, La Convenzione di Roma, cit., p. 105 s.( 34 ) La regola figura sostanzialmente immutata,salva una lieve variazione della terminologia adottata,alla quale, tuttavia, per le stesse ragioni sopra indicate,non sembra doversi attribuire un’incidenza significativasulla portata della norma: laddove l’art. 5, n.5 della Convenzione di Bruxelles faceva riferimento acontroversie concernenti l’esercizio « di una succursale,di un’agenzia o di qualsiasi altra filiale », lamedesimanorma del regolamento 44/2001 usa leespressioni: « di una succursale, di un’agenzia o diqualsiasi altra sede d’attività». La versione francesedel regolamento non registra alcuna modifica rispettoalla Convenzione di Bruxelles, recando entrambela formula « d’une succursale, d’une agence ou detout autre établissement », che appare anche nell’art.19 del reg. « Roma I », la stessa corrispondenza riscontrandosinelle versioni inglese e tedesca.cabile al contratto una legge con la quale essosia quanto più strettamente collegato. Tali elementi,unitamente all’ampiezza della formulazioneadottata dalla norma nelle sue diverse versionilinguistiche ( 32 ), fanno senz’altro propendereper un’interpretazione atecnica delleespressioni utilizzate, dovendo quindi intendersiper filiale, agenzia od altra sede di attivitàogni articolazione della struttura d’impresa, chepresenti caratteri di sufficiente autonomia e stabilitàda essere identificabile come tale e sia ubicatain un luogo diverso da quello in cui è stabilital’amministrazione centrale dell’ente o la sedeprincipale dell’attività del professionista oimprenditore persona fisica ( 33 ).In questo senso, chiare indicazioni possonoessere desunte dalla giurisprudenza relativa all’interpretazionenella regola sostanzialmenteanaloga contenuta nell’art. 5, n. 5 del reg. CEn. 44/2001 e in precedenza nella disposizionepressoché corrispondente recata dalla Convenzionedi Bruxelles del 1968 ( 34 ). La norma richiamataprevede infatti che, in alternativa alforo generale del domicilio del convenuto,quando si tratti di una controversia che concernel’esercizio di una succursale, di un’agenziao di qualsiasi altra sede d’attività, il convenutodomiciliato in uno Stato membro possaessere convenuto in un altro Stato membro innanziai giudici del luogo in cui questa sia ubicata( 35 ).( 35 ) Si vedano in particolare, in relazione all’art. 5,n. 5 della Convenzione di Bruxelles, Corte giust. CE6 ottobre 1976, causa 14/76, De Bloos, inRaccolta,1976, p. 1497 ss., punti 19 ss. della motivazione, incui la Corte ha indicato come un elemento identificativodelle nozioni di « succursale » edi« agenzia »utilizzate dalla norma la subordinazione alla direzionee al sindacato della casa madre, aggiungendo chequanto alla nozione di « filiale » utilizzata dalla normaessa, alla luce dell’oggetto e dello scopo dellaConvenzione, si basa sugli stessi elementi che caratterizzanouna succursale o un’agenzia (in particolare,un concessionario di vendita in esclusiva non rientrerebbenelle figure contemplate dalla norma ove nonsia in grado di impegnare il concedente e non agiscasotto la sua direzione e controllo); Corte giust. CE 9dicembre 1987, causa 218/86, Schotte, ivi, 1987, p.4905 ss., punti 16 s. della motivazione, in cui la Corteha ritenuto rientrare nell’art. 5, n. 5 l’ipotesi di unasocietà la quale, pur non disponendo in senso propriodi una succursale, agenzia o filiale, si avvalga perla conclusione di contratti in un altro Paese di unasocietà avente lo stesso nome e la stessa direzione,che agisce in suo nome alla stregua di una sua estensione.V. anche Corte giust. CE 22 novembre 1978,causa 33/78, Somafer, ivi, 1978, p. 2183 ss., punto 13della motivazione, in cui la Corte individua come riconducibiliall’esercizio di una succursale, agenzia ofiliale le obbligazioni inerenti da una parte alla gestionedi tale entità in sé considerata, come per la locazionedella sede e i rapporti di lavoro del personalead essa adibito, dall’altra le obbligazioni assunte dal« centro operativo » che essa configura per contodella casa madre e che devono essere adempiute nelterritorio dello Stato contraente in cui questo è stabilito.Nel senso che rientrano nell’ambito di applicazionedella norma le controversie relative ad obbligazioniassunte da un dato centro operativo per contodella casa madre, anche ove siano da eseguirsi in unPaese diverso da quello in cui questo è stabilito, Cortegiust. CE 6 aprile 1995, causa 439/93, Lloyd’s Registerof Shipping, inRaccolta, 1995, p. I-961 ss., punti20 ss. Si vedano al riguardo, anche per ulteriori riferimenti,Carbone, Lo spazio giudiziario europeo,cit., p. 109 ss., Salerno, Giurisdizione ed efficacia,NLCC 3/4-2009


[Art. 20] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 9036. – Il par. 3 dell’art. 19 enuncia una regola diportata generale, idonea a riferirsi, quindi, tantoalle diverse ipotesi prese in considerazione dallanorma, quanto, come appare implicito, alla determinazionedella residenza abituale delle personefisiche che agiscano al di fuori di un’attivitàprofessionale, per quanto concerne il momentocon riferimento al quale deve esserecompiuto l’accertamento della residenza abitualedella parte. La norma, confermando anche inquesto caso una regola già contenuta nell’art. 4,par. 2, della Convenzione di Roma, prevede chela sussistenza di tale criterio di collegamentodebba essere accertata con riferimento al momentodella conclusione del contratto.La soluzione adottata appare imporsi per evidentiragioni di certezza del diritto e, specificamente,di prevedibilità della legge applicabile,dovendo ciascuno dei contraenti essere in gradodi prevedere ragionevolmente, al di fuori dell’ipotesidi scelta di legge, quale potrà essere lalegge regolatrice delle obbligazioni che va ad assumerenei confronti della controparte al momentostesso di vincolarsi, senza che possanoassumere rilevanza in proposito eventuali successivevariazioni delle circostanze sulla cui basetale valutazione è stata compiuta ( 36 ). Ciò posto,cit., p. 167 ss.; Leible, Art. 5 Brüssel I-Verordnung,inEuropäisches Zivilprozessrecht, cit., p. 142 ss., spec. p.212 ss.( 36 ) Come osservato nella Relazione Giuliano-Lagarde,sub art. 4, punto 3, la corrispondente precisazioneinserita nell’art. 4, par. 2, della Convenzione diappare opportuno osservare che la norma nonfornisce indicazioni quanto alla legge sulla cuibase si debba determinare il momento nel qualeil contratto dovrà considerarsi concluso, questionesulla quale influisce inevitabilmente la diversitàdel contenuto materiale delle diverse leggistatali. Considerato che tale valutazione rilevaspecificamente al fine di stabilire l’ubicazionedella residenza abituale della parte in quantocriterio di collegamento utilizzato dalla normaal fine di individuare la legge regolatrice delcontratto, appare giustificato ritenere che questavalutazione debba essere compiuta in basealla legge del Paese nel quale si deve accertarese la parte stessa abbia la residenza abituale.Detta legge peraltro coinciderà, trattandosi dellaresidenza abituale della parte indicata nell’art.4 o nelle altre pertinenti disposizioni delregolamento, con la stessa lex contractus ( 37 ).Fabrizio Marongiu BuonaiutiRoma persegue il fine di evitare l’insorgere di « conflittimobili ». Nella stessa relazione, nondimeno, subart. 4, punto 2. Si osserva che al fine di individuare ilPaese con quale il contratto presenta il collegamentopiù stretto – esigenza che tuttora si può porre ai sensidell’art. 4, parr. 3e4delregolamento – possa essereattribuita rilevanza anche ad elementi intervenutisuccessivamente alla conclusione del contratto. Si vedaal riguardo Martiny, inInternationales Vertragsrecht,cit., p. 1<strong>27</strong> s.( 37 ) Si veda in questo senso Villani, La Convenzionedi Roma, cit., p. 106.Art. 20.(Esclusione del rinvio)Qualora il presente regolamento prescriva l’applicazione della legge di un paese, esso si riferisceall’applicazione delle norme <strong>giuridiche</strong> in vigore in quel paese, ad esclusione delle normedi diritto internazionale privato, salvo che il presente regolamento disponga altrimenti.Sommario: 1. La scelta antirinviistica dei redattori del reg.« Roma I » e le sue giustificazioni. – 2. La portata dellaesclusione del rinvio: la « eccezione » di cui al secondocapoverso dell’art. 7, par. 3, del regolamento. – 3. Segue:il riferimento operato da alcune norme del regolamentoalle valutazioni operate da un determinato ordinamentogiuridico e la possibilità di far venire in gioco, ai finidi simili riferimenti, il meccanismo del rinvio.NLCC 3/4-2009


904reg. CE n. 593/2008[Art. 20]1. – L’art. 20 enuncia la soluzione accolta dalreg. « Roma I » in ordine al problema del « rinvio»: questo, come è noto, è il problema checonsiste nello stabilire se, ai fini della individuazionedella legge applicabile alla fattispecie,debba aversi riguardo, o meno, alle norme di dirittointernazionale privato dell’ordinamento richiamato( 1 ). La previsione, riproducendo pressochéalla lettera l’art. 15 della Convenzione diRoma del 1980 ( 2 ), stabilisce che la designazionedi un dato ordinamento giuridico, compiutadal regolamento, implica l’applicazione dellenorme <strong>giuridiche</strong> in vigore in quel Paese ( 3 ),escluse le relative norme di conflitto. Risultadunque priva di rilievo, « salvo che il regolamentodisponga altrimenti » ( 4 ), la circostanzache le norme di diritto internazionale privatodella legge richiamata assoggettino a loro voltala fattispecie, dal proprio punto di vista, ad unadiversa legge, sia essa la legge del foro (c.d. rinvioindietro, o di primo grado) o quella di un altroPaese (c.d. rinvio oltre, o di secondo grado)( 5 ).La necessità pratica di una presa di posizionein ordine al problema del rinvio, volta a scon-( 1 ) Nella vasta letteratura dedicata all’istituto, oltrealle pagine ad esso dedicate nelle trattazioni manualistiche(come Ballarino, Diritto internazionaleprivato 3 , Padova, 1999, p. 254 ss., o Bureau e Muir-Watt, Droit international privé, Paris, 2007, I, p. 491ss.), v. in generale Sperduti, Théorie du droit internationalprivé, inRec. Cours, 1967, vol. 122, p. 211ss., nonché, più recentemente, Sonnentag, DerRenvoi im internationalen Privatrecht, Tübingen,2001, e Kassir, Réflexions sur le renvoi en droit internationalprivé comparé, Bruxelles, 2002.( 2 ) « Quando la presente Convenzione prescrivel’applicazione della legge di un Paese, essa si riferiscealle norme <strong>giuridiche</strong> in vigore in questo Paese, adesclusione delle norme di diritto internazionale privato».( 3 )L’espressione impiegata dalla norma, proprioperché formulata in termini generali e corredata diuna sola eccezione (quella relativa alle norme di conflitto),consente di affermare che tutte le norme in vigorenell’ordinamento richiamato, quale ne sia la fontee la natura, debbono essere applicate nel foro a titolodi lex contractus per il solo fatto della loro vigenzain tale ordinamento. Manca ancora, in questa fasedel diritto internazionale privato comunitario, uno« statuto giuridico » della legge straniera richiamata;manca, cioè, un organico insieme di previsioni (o diconsolidati principi interpretativi) che stabiliscano,fra l’altro, con quali modalità (specie in ambito giudiziale),secondo quali criteri ermeneutici e sotto qualigaranzie (in sede di impugnazione, ad es.) il dirittostraniero debba essere applicato nel foro in forza delrichiamo operato da regole di conflitto sovranazionali.La norma in commento, pur nella sua laconicità,può essere letta come un embrione di tale statuto,quanto meno sotto due profili. Da un lato, perché essasembra scorgere nell’applicazione della legge stranierarichiamata dal regolamento un vero e proprioobbligo (« [q]ualora il presente regolamento prescrival’applicazione della legge di un paese », si leggenella versione italiana; altre versioni linguistiche, comequella francese, sono egualmente chiare nel rimarcarela natura non facoltativa dell’applicazionedella legge straniera, anche se altre ancora – fra cuiquella inglese – impiegano delle espressioni « neutre»: « [t]he application of the law of any countryspecified by this regulation »). Dall’altro lato perché,nel momento stesso in cui prevede – come si è detto –l’applicazione di tutte le norme in vigore nell’ordinamentorichiamato, essa di fatto impone all’interpretedi assumere, se non altro ai fini della rilevazione dellesingole norme materiali pertinenti, il « punto di vista» dell’ordinamento richiamato. Un passo, questo,che potrebbe servire da premessa ad un formale riconoscimento,anche a livello comunitario, del principiodell’integrale applicazione del diritto straniero, oprincipio di contestualità, rinvenibile, fra gli altri, nelsistema italiano di diritto internazionale privato; suquest’ultimo principio e sul suo accoglimento nel sistemaitaliano, v. per tutti Garofalo, Interpretazionee conflitti di leggi, Torino, 2002, p. 32 ss. Peraltro, lamessa a punto di un simile « statuto » nell’ambito diun corpo normativo di recentissima formazione comeil diritto internazionale privato comunitario, tuttoraprivo in larga misura di una « parte generale », presupponeuna riflessione teorica sulla funzione dellenorme di conflitto comunitarie e un tentativo di comporrele divergenze riscontrabili su questo terreno fr<strong>agli</strong> orientamenti invalsi nei diversi Stati membri.( 4 ) Sul significato di tale inciso v. infra, par. 2.( 5 )L’irrilevanza di entrambe le forme di rinvio trovaconferma, se ve ne fosse bisogno, nella versione tedescadella rubrica della norma in esame: « Ausschlussder Rück – und Weiterverweisung ». Il problemadella rilevanza da assegnare alle norme di dirittointernazionale privato dell’ordinamento richiamatonon va confuso con quello – che si pone in caso dirichiamo di ordinamenti plurilegislativi – che interessala rilevanza delle norme di conflitto interlocali daesso eventualmente stabilite. Questo secondo problemarinviene peraltro nel regolamento una soluzionecoerente con lo sfavore espresso dalla disposizione incommento per il ricorso a norme « strumentali » diverseda quelle del regolamento stesso. V. Franzina,infra, commento sub art. 22, par. 1.NLCC 3/4-2009


[Art. 20] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 905giurare il rischio che nei diversi Stati membripotessero trovare seguito, nella sfera applicativadel regolamento, le soluzioni consacrate nei varisistemi internazionalprivatistici nazionali ( 6 ), discendedalle opzioni accolte dai redattori del regolamentoin ordine a all’efficacia erga omnesdella nuova disciplina (art. 2) e alla salvaguardiadelle convenzioni internazionali anteriori allasua adozione (art. 25). Se il regolamento, ponendosicome fonte di disciplina esclusiva dellamateria, si fosse limitato a risolvere i conflitti suscettibilidi insorgere fra le leggi degli Statimembri, la possibilità di rinvenire nell’ordinamentorichiamato soluzioni conflittuali ulteriorio diverse rispetto a quelle contemplate dalla disciplinauniforme sarebbe stata, evidentemente,esclusa in radice.Alla base della scelta antirinviistica possonoravvisarsi almeno tre ordini di considerazioni( 7 ). L’esclusione del rinvio integra, innanzitutto,una sorta di « difesa » della uniforme applicazionedelle norme di conflitto introdottedal regolamento e delle policies ad esse sottese.Così, seè vero che il meccanismo della electioiuris, previsto in linea generale dall’art. 3, mira a( 6 ) In Italia, come è noto, la materia è regolata dall’art.13 della l. 31 maggio 1995, n. 218, a norma delquale si tiene conto del rinvio operato dal diritto internazionaleprivato straniero alla legge di un altroStato in due casi: se il diritto di tale Stato accetta ilrinvio, o se si tratta di rinvio alla legge italiana. Laprevisione, comunque inapplicabile rispetto ad alcunedisposizioni (ad es., quelle che rendono applicabilela legge straniera sulla base della scelta effettuata intal senso dalle parti interessate, o quelle concernentila forma degli atti) è assortita di una previsione particolareconcernente le ipotesi in cui la stessa l. n. 218/95 dichiari applicabile « in ogni caso » una convenzioneinternazionale (come avviene, ai sensi dell’art.57, per la Convenzione di Roma). In tal caso, vienechiarito, « si segue sempre, in materia di rinvio, la soluzioneadottata dalla Convenzione ».( 7 ) Le ragioni esposte nel testo sono ragioni specificamenteriferite all’oggetto del regolamento e ad alcuneparticolari caratteristiche della disciplina iviracchiusa. È invece difficile dire se l’esclusione delrinvio rifletta un più ampio sfavore del legislatore comunitarionei confronti di tale istituto, basato su argomentazioniattinenti alla teoria generale del dirittointernazionale privato. In argomento, con riguardoalla Convenzione di Roma, v. Baratta, Il collegamentopiù stretto nel diritto internazionale privato deicontratti, Milano, 1991, p. 252 ss.valorizzare la capacità di autoregolamentazionedelle parti e a promuovere un’agevole determinazionedella legge applicabile al rapporto, in lineacon le aspettative delle parti stesse ( 8 ), pocosi comprenderebbe una soluzione – quella favorevoleal rinvio – che rischia di frustrare le previsionidei contraenti (attenti, plausibilmente, alcontenuto materiale della legge scelta più chealle soluzioni internazionalprivatistiche ivi consacrate)e di alterare l’equilibrio di interessi daessi ricercato nelle soluzioni dell’ordinamentoprescelto ( 9 ). Analoghe esigenze di « tutela »( 8 ) Su questi temi, v. Gardella, supra, commentosub art. 3, I, par. 1 s.( 9 ) V. in questo senso già Siehr, Zur Vorentwurfeines EWG-Übereinkommens über das internationaleSchuldrecht, inRecht internat. Wirtschaft, 1973, p.584. Ci si può chiedere, alla luce di quanto osservatonel testo, se l’esclusione del rinvio disposta dal regolamentodebba ritenersi operante anche al cospettodi una inequivocabile indicazione delle parti di segnocontrario, come accade nell’ipotesi (di scuola, probabilmente)in cui la electio iuris compiuta da queste ultimeabbracci dichiaratamente anche le norme diconflitto dell’ordinamento statale designato. La soluzionefavorevole, pur trovando riscontro nella risoluzioneadottata dall’Institut du droit international nellasessione di Basilea del 1991 sull’autonomia della volontàdelle parti nei contratti internazionali (ai sensidel cui art. 2, par. 2, « [l]a loi choisie par les partiess’applique à l’exclusion de ses règles de conflit, saufvolonté expresse contraire »), non sembra poter essereaccolta nel sistema del regolamento. Da un lato, perchéla scelta dei redattori di escludere il rinvio appareformulata in termini rigidi, contemplandosi una derogaa detta esclusione per il solo caso in cui il regolamentostesso « disponga altrimenti » (v. infra, par.3). Dall’altro, perché la possibilità di determinare inmodo agevole la legge applicabile al rapporto (unadelle giustificazioni della soluzione antirinviistica, comesi dice subito infra, nel testo) risponde ad un’esigenzadi certezza che investe non soltanto le parti(che potrebbero essere in grado di « amministrare »il complesso procedimento da esse eventualmenteprefigurato attraverso l’ammissione del rinvio), maanche i terzi interessati al rapporto (arg. ex art, 3, par.2, secondo periodo), sui quali verrebbe a gravare, pereffetto di una clausola siffatta, un onere informativonon facile da soddisfare, dato che investirebbe tantole norme dell’ordinamento indicato dalle parti, compresele norme di conflitto, quanto le norme dell’ordinamentocui queste ultime facciano eventualmenterinvio. Per condurre a risultati pronosticabili unaclausola come quella in esame rischia, oltretutto, didover essere formulata in maniera assai dett<strong>agli</strong>ata,NLCC 3/4-2009


906reg. CE n. 593/2008[Art. 20]delle norme uniformi si pongono in relazionealle disposizioni applicabili in mancanza di scelta,siano esse ispirate al principio di prossimitào tributarie di considerazioni di ordine materiale( 10 ). Nel primo caso, infatti, il gioco del rinviorischierebbe di pregiudicare l’obiettivo del legislatorecomunitario di vedere applicata la leggedel Paese che, secondo una propria valutazionegenerale ed astratta, presenta il legame più intensoe significativo con il rapporto di cui si discute( 11 ). Nel secondo caso, renderebbe aleatorioo addirittura ostacolerebbe il soddisfacimentodegli interessi materiali – si pensi, ad es.,alla tutela del lavoratore dipendente – cui le soluzionidel regolamento appaiono asservite ( 12 ).Esigenze, queste, che sommandosi alla sensibilitàdegli autori del regolamento per soluzioni didovendo precisare, ad es., a quali condizioni si debbatener conto di un eventuale rinvio di secondo grado.La possibilità di ricollegare comunque qualche effettoa una simile pattuizione, in particolare scorgendoviuna valida electio iuris in favore dell’ordinamentorichiamato « in prima battuta » ed ignorando il riferimentooperato dalle parti alle relative norme di conflitto(utile per inutile non vitiatur), presuppone unlavoro volto a ricostruire l’intenzione dei contraenti,da condurre – visti l’art. 3, par. 5, e l’art. 12, par. 1,lett. a), del regolamento – sulla scorta dei criteri ermeneuticidettati dalla legge applicabile al pactum delege utenda. Esclusa la possibilità di attribuire rilievoa una soluzione favorevole al rinvio accolta in terminiespressi dalle parti, deve ritenersi a fortiori estranea alregolamento la possibilità che una soluzione siffattaemerga implicitamente da un accordo delle parti voltoa designare la competenza di un certo giudice, comese tale accordo sottintendesse la volontà delleparti stesse di vedere sottoposto il contratto a tutte lenorme del foro, comprese quelle sui conflitti di leggi;in argomento v. Briggs, In Praise and Defence ofRenvoi, in Internat. Comp. Law Quart., 1998, p. 880s.( 10 ) Stando alla Relazione Giuliano-Lagarde, subart. 15, se la disciplina uniforme « cerca di localizzarenel miglior modo possibile la situazione giuridica e dideterminare il Paese con il quale essa presenta il collegamentopiù stretto, è opportuno non permettereche la legge designata (...) rimetta in causa detta localizzazione».( 11 ) Cfr. Siehr, Engste Verbindung und Renvoi, inPrivatrecht in Europa: Vielfalt, Kollision, Kooperation– Festschrift für Hans Jürgen Sonnenberger zum 70.Geburtstag, München, 2004, p. 667 ss.( 12 ) Sulle finalità «materiali » del regolamento intema di contratti individuali di lavoro e sul modo inconflitto suscettibili di un impiego « semplice »e di esiti prevedibili ( 13 ), devono essere state ritenuteprevalenti rispetto ai vantaggi, legati all’armoniainternazionale delle soluzioni ( 14 ), cheil meccanismo del rinvio è di per sé stesso intesoa realizzare.La decisione di non dare rilievo alle norme didiritto internazionale privato dell’ordinamentorichiamato mira, in secondo luogo, a far sì che ilprocedimento volto all’identificazione della leggeapplicabile alla fattispecie non si riveli, neifatti, eccessivamente complesso ( 15 ). L’obiettivocui le stesse vengono perseguite dalle relative normedi conflitto, v. Venturi, supra, commento sub art. 8,par. 2.( 13 ) Cfr. il 16 o considerando del regolamento. Giàin relazione alla Convenzione di Roma era stato rilevatoche l’ammissione del rinvio si sarebbe posta incontrasto con il genere di certezza (astratta) perseguitodalle relative norme di conflitto; sul tema, v. ad es.Cavallera, La convenzione di Roma del 1980 sulleobbligazioni contrattuali e il sistema italiano di dirittointernazionale privato, inForo pad., 1985, II, c. 246.( 14 )L’uniformità delle decisioni nazionali relativead un medesimo rapporto (äußeren Entscheidungseinklang)costituisce, come è noto, uno dei fini fondamentalidel diritto internazionale privato (v. pertutti Wengler, The General Principles of Private InternationalLaw, inRec. Cours, 1961, vol. 104, p. 364ss.). L’impiego del meccanismo del rinvio è soventedifeso richiamandone la strumentalità rispetto a taleobiettivo; in argomento, v. ad es. Derruppé, Plaidoyerpour le renvoi, in Trav. du Comité français,1964-1966, p. 181 ss.( 15 )L’aggettivo « semplice »èimpiegato, qui, nelledue accezioni descritte da Brilmayer, The Role ofSubstantive and Choice of Law Policies in the Formationand Application of Choice of Law Rules, inRec.Cours, 1995, vol. 252, p. 46 ss., secondo la quale lasemplicità di applicazione di una norma di diritto internazionaleprivato s’identifica, talora, nella possibilitàche la stessa riceva un impiego « meccanico »,fornisca, cioè, « a set of instructions which, whenproperly carried out, purport to specify a unique resultand which limit the decision-maker’s discretionto consider other factors » (è il genere di semplicitàcui apparentemente ambiva il legislatore comunitarionel ridisegnare l’art. 4 della Convenzione di Roma,promuovendo l’astratta prevedibilità della legge applicabile);altre volte, la « semplicità»di una regoladi diritto internazionale privato connota una disposizionerispetto alla quale « one does not need intelligenceto apply it », onde all’interprete venga richiestosoltanto di seguire « the recipe on the side of thebox »: la semplicità della disciplina del regolamento,NLCC 3/4-2009


[Art. 20] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 907di dar vita ad una disciplina internazionalprivatistica« semplice » concorre a spiegare piùd’una delle soluzioni del regolamento, inscrivendosiall’interno di un più generale disegnoteso a promuovere l’astratta ed agevole prevedibilitàdella legge regolatrice del rapporto, infunzione di un elevato livello di certezza dellesituazioni <strong>giuridiche</strong> ( 16 ).Sulla scelta dei redattori del reg. « Roma I »ha infine verosimilmente pesato l’orientamentosfavorevole al rinvio manifestatosi, oltre che inampi settori della dottrina ( 17 ), anche nel dirittointernazionale privato convenzionale (come attestal’oramai sistematico rigetto delle soluzionifavorevoli al rinvio nelle convenzioni elaboratein seno alla Conferenza dell’Aja di diritto internazionaleprivato) ( 18 ) e, a livello nazionale, inmolte codificazioni recenti della materia, nellequali la possibilità di far venire in gioco le normedi conflitto dell’ordinamento richiamato –ove non venga esclusa tout court ( 19 ) – risulta2. – In un inciso che non trova riscontro nellaConvenzione di Roma, la norma in esame stabilisceche l’esclusione del rinvio non ha carattereassoluto, dovendosi considerare inoperante làdove il regolamento « disponga altrimenti »(« unless provided otherwise in this Regulation», « sauf disposition contraire du présentrèglement »).La formula, inserita nel testo del regolamentosolo nel corso dei lavori preparatori, allude, aquanto pare ( 23 ), ad una delle previsioni checompongono l’art. 7, in tema di contratti assicurativi:la previsione di cui al par. 3 ( 24 ). Quest’ultima,riprendendo quasi alla lettera unaprevisione contenuta già nella seconda direttivasulle assicurazioni diverse dall’assicurazionesulla vita ( 25 ), riconosce alle parti di un contratintesain questo senso, sarebbe grandemente ridottase la « ricetta » comportasse la rilevazione e l’applicazionedelle norme di conflitto dell’ordinamento richiamato.( 16 ) Cfr. il 6 o considerando del regolamento.( 17 ) Cfr., fra gli altri, Mäsch, Der Renvoi –Plädoyer für die Begrenzung einer überflüssigen Rechtsfigur,inRabels Zeitschrift, 1997, p. <strong>28</strong>5 ss. Temi eargomenti del dibattito fra i fautori delle diverse soluzioniin tema di rinvio sono ripercorsi, con riferimentoalla riforma italiana del sistema di diritto internazionaleprivato, da Davì, Le questioni generali deldiritto internazionale privato nel progetto di riforma,in Riv. dir. internaz., 1990, p. 597 ss.( 18 ) Come si legge nella Relazione Giuliano-Lagarde,sub art. 15, le Convenzioni dell’Aja optano sistematicamente,dal 1951, per l’esclusione del rinvio;l’esempio più recente è offerto dal Protocollo del 23novembre 2007 sulla legge applicabile alle obbligazionialimentari, a norma del cui articolo 12, « theterm “law” means the law in force in a State otherthan its choice of law rules ». Su tutta la tematica, v.in dottrina Migliorino, La questione del rinvio e lesoluzioni accolte nelle convenzioni internazionali, inRiv. dir. internaz. priv. e proc., 1996, p. 499 ss., nonchéKropholler, Der Renvoi im vereinheitlichenKollisionsrecht, inFestschrift für Dieter Henrich, Bielefeld,2000, p. 393 ss., e Chen, Rück- und Weiterverweisung(Renvoi) in staatsvertr<strong>agli</strong>chen Kollisionsnormen,Frankfurt am Main, 2004.( 19 ) V., ad es., l’art. 16 del codice belga di dirittointernazionale privato del 2004, in Riv. dir. internaz.priv. e proc., 2005, p. 231 ss.confinata a settori particolari, in genere diversidal contratto, o appare altrimenti limitata ( 20 ).Appare del resto significativo, in quest’ottica, ilfatto che l’opzione accolta dalla Convenzione diRoma, e da questa passata al reg. CE n. 593/2008, si rinvenga anche nel reg. « Roma II » sullalegge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali( 21 )e– ancor più significativamente,trattandosi di un settore nel quale le soluzionifavorevoli al rinvio hanno tradizionalmente avutopiù seguito – nella proposta di reg. « RomaIII » sulla legge applicabile in materia matrimoniale( 22 ).( 20 ) V., ad es., l’art. 2, par. 3, del codice turco didiritto internazionale privato del 2007 (trad. inglesein Yearb. Priv. Internat. Law, 2007, p. 584 ss.), cheammette il rinvio solamente nel campo del dirittodelle persone e della famiglia.( 21 ) Reg. CE n. 864/2007 dell’11 luglio 2007, inG.U.U.E. n. L 199 del 31 luglio 2007, p. 40 ss.( 22 ) La proposta, presentata dalla Commissione il17 luglio 2006 (doc. COM/2006/399 def.) si rinvienenella banca dati Eur-Lex (http://eur-lex.europa.eu);l’esclusione del rinvio è disposta all’art. 20 quinquies.( 23 )L’inciso di cui si parla nel testo e la disciplinadi conflitto speciale in materia assicurativa, contenutanell’art. 7, hanno del resto fatto contemporaneamentela loro comparsa nell’iter che ha condotto all’adozionedel regolamento; cfr. il doc. n. 15316/07reperibile nel registro dei documenti del Consiglio(http://register.consilium.europa.eu).( 24 )V.Pizzolante, supra, commento sub art. 7.( 25 )V.l’art. 7 della dir. 1988/357/CE del 22 giugno1988, che coordina le disposizioni legislative, re-NLCC 3/4-2009


908reg. CE n. 593/2008[Art. 20]to assicurativo diverso dall’assicurazione« grandi rischi » la possibilità di assoggettare illoro rapporto alla legge di uno Stato membro,prevedendo che la designazione possa avere adoggetto soltanto la legge di uno degli Stati membriche la norma stessa provvede ad identificareper il tramite di appositi criteri generali edastratti. Il secondo capoverso dell’art. 7, par. 3,detta un’ulteriore disposizione applicabile al casoin cui la scelta delle parti sia caduta sulla leggedello Stato in cui il rischio è localizzato, sullalegge dello Stato in cui l’assicurato risiede oppure– nel caso in cui l’assicurato svolga un’attivitàdi impresa ed il contratto copra dei rischiplurilocalizzati relativi a tale attività –sulla leggedi uno degli Stati membri interessati. In questaipotesi, vi si dice, le parti possono avvalersidella « più ampia libertà di scelta della legge applicabileal contratto di assicurazione » eventualmenteaccordata d<strong>agli</strong> Stati membri « inquestione », quelli cioè designati dalle parti(« Member States referred to »; « Etats membresmentionnés »).La previsione attribuisce effettivamente rilievo,ai fini della disciplina di conflitto dettata dalregolamento, alle norme di diritto internazionaleprivato del Paese designato dalle parti. Ilcomplesso meccanismo che essa prefigura nonpuò tuttavia essere accostato alla figura del« rinvio », perlomeno se a tale espressione vieneattribuito il significato che essa generalmente rivestenella teoria del diritto internazionale privato( 26 ).Eciò, da un lato, perché il secondo capoversodell’art. 7, par. 3, diversamente dal rinviopropriamente inteso non fa riferimento all’insiemedelle norme di diritto internazionaleprivato applicabili nell’ordinamento richiamatoalle fattispecie de quibus, ma a solo quelle chericonoscono alle parti la possibilità di sceglierela legge applicabile al rapporto. Dall’altro, perchélo scopo del secondo capoverso dell’art. 7,3. – Al di là del secondo capoverso dell’art. 7,par. 3, non si rinvengono nel reg. CE n. 593/2008 disposizioni che espressamente contemplino,ai fini della individuazione della legge regolatricedel rapporto (o di singole questioni adesso relative) o ad altri fini, l’applicazione dellenorme di conflitto di un ordinamento particolare.Si tratta dunque di verificare se non possanorinvenirsi delle implicite eccezioni alla regoladell’art. 20 in quelle disposizioni del regolamentoche attribuiscono rilievo, a vario titolo, a« valutazioni » operate da un dato ordinamentogiuridico, occorrendo stabilire se le valutazionirilevanti, in queste ipotesi, siano solo quelleespresse dalle norme materiali dell’ordinamentoin questione o anche quelle rinvenibili nella digolamentaried amministrative riguardanti l’assicurazionediretta diversa dall’assicurazione sulla vita, inG.U.C.E. n. L 172 del 4 luglio 1988, p. 1 ss. Su taledisposizione, v. per tutti Seatzu, Insurance in PrivateInternational Law, Oxford, 2003, p. 141.( 26 ) Per Lagarde e Tenenbaum, De la conventionde Rome au règlement Rome I, inRev. crit. dr. internat.privé, 2008, p. 775, la norma in esame introduce« un mécanisme apparenté au renvoi » (il corsivo èaggiunto).par. 3, non sembra essere quello di far venire inrilievo il « punto di vista » dell’ordinamento richiamato,per ragioni di armonia internazionaledelle soluzioni, ma – più modestamente – quellodi allentare le restrizioni che il regolamentostesso impone alle parti, in questa materia, in temadi electio iuris. Di fatto, con il secondo capoversodell’art. 7, par. 3, il reg. « si appropria » dialcune norme di conflitto nazionali, consentendoalle parti di avvalersi delle opportunità discelta ivi previste ( <strong>27</strong> ). L’esito di tale operazionenon è–come nel caso del rinvio – un procedimentoarticolato in due (o più) fasi, in forza delquale l’interprete provvede dapprima ad individuarel’ordinamento giuridico cui il rapportodeve ritenersi sottoposto in base alle norme diconflitto del foro per poi determinare, sullascorta delle norme di conflitto dell’ordinamentorichiamato, la legge materiale applicabile alla situazione.Il meccanismo disciplinato dal regolamentosi esaurisce in un unico passaggio: in forzadella norma ora esaminata, le parti sono infattiposte nelle condizioni di assoggettare direttamenteil loro rapporto alla legge di uno deiPaesi che le norme di conflitto in vigore in unodegli Stati membri indicati nelle lettere a), b) ede) dell’art. 7, par. 3, consentono eventualmentedi eleggere.( <strong>27</strong> )Ciò non avviene tramite una ricezione materialedelle norme nazionali in discorso, ma attraversoun « rinvio formale » ad esso. Ci sembra che sia soloin questo senso che nel secondo capoverso dell’art. 7,par. 3, possa scorgersi un « rinvio ».NLCC 3/4-2009


[Art. 20] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 909versa legge eventualmente richiamata dalle relativenorme di conflitto.Il problema si pone in almeno tre contesti differenti.Vi sono, innanzitutto, norme del regolamentoche si riferiscono ad un certo ordinamentoe alle relative valutazioni al fine di individuareil regime giuridico applicabile a profili delrapporto contrattuale che lo stesso regolamentointende disciplinare ( <strong>28</strong> ): è quanto accade, inparticolare, con l’art. 11, in materia di forma, ilquale si riferisce – nei termini che saranno esaminatifra un istante – alla legge del Paese in cuiil contratto è stato concluso, alla legge del Paesedi residenza delle parti (o quello in cui queste sitrovavano al momento di emettere le relative dichiarazionenegoziale) e, in materia immobiliare,alla lex rei sitae. Esistono, poi, norme del regolamento– come l’art. 13, in tema di capacità– che fanno riferimento ad un dato ordinamentogiuridico per risolvere delle questioni chenon sono di per sé stesse disciplinate dal regolamento,ma che possono nondimeno venire in( <strong>28</strong> ) La tesi secondo cui la disciplina uniforme dovevaritenersi « aperta », in qualche caso, all’impiegodi norme di conflitto ad essa estranee era stata affacciata,per la verità, già sotto la Convenzione di Roma.In particolare, la dottrina si era chiesta se l’art. 1, par.3, della Convenzione – che escludeva l’applicabilitàdella Convenzione ai contratti assicurativi volti allacopertura di rischi « localizzati nei territori degli Statimembri della Comunità economica europea », con laprecisazione che, al fine di determinare se un rischiofosse localizzato in tali territori, il giudice dovesse applicare« la propria legge interna »–non desse implicitamenterilievo alle stesse norme di diritto internazionaleprivato del foro; (la questione è affrontata daCubeddu, sub art. 15 (Esclusione del rinvio), inConvenzionesulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali(Roma, 19 giugno 1980) – Commentario, acura di Bianca e Giardina, in questa Rivista, 1995, p.1077 s. La soluzione negativa, peraltro avvalorata dailavori preparatori (cfr. la Relazione Giuliano-Lagarde,sub art. 1, par. 10), trova oggi in un certo modo riscontronella previsione dell’art. 7, par. 6, del reg.« Roma I », secondo cui il « Paese in cui il rischio èsituato » si determina, ai fini della norma di conflittospeciale dettata dal regolamento in materia di contrattiassicurativi, utilizzando i parametri autonomamenteposti dal diritto comunitario, e in modo specificodalla dir. 1988/357/CEE del 22 giugno 1988,sull’assicurazione diretta diversa dall’assicurazionesulla vita, ovvero dalla dir. 2002/83/CE sull’assicurazionesulla vita; su tale autonoma definizione, v. Pizzolante,supra, commento sub art. 7, par. 4.considerazione, a titolo preliminare, nella soluzionedei conflitti di leggi all’interno della « materiacontrattuale ». Infine, esistono norme delregolamento che si riferiscono ad un certo ordinamentoallo scopo di identificare questioni, orapporti, a cui il regolamento stesso intende rimanereestraneo: è il caso, come meglio si diràoltre, dell’art. 1, par. 2, lett. b) ec), in forza delquale sono escluse dal regolamento le obbligazionicontrattuali connesse a rapporti di ordinepersonale e patrimoniale riconducibili al matrimonioe alle relazioni produttive di effetti comparabilial matrimonio.Per stabilire se nelle diverse situazioni ora illustratevi sia spazio per il meccanismo del rinvio,a dispetto della esclusione generale dispostadall’art. 20, occorre esaminare separatamenteognuna delle menzionate previsioni.L’art. 11, par. 1, del regolamento prevede cheil contratto stipulato fra persone che si trovinonel medesimo Paese al momento della conclusionedel contratto deve considerarsi validoquanto alla forma se soddisfa i requisiti stabilitidalla legge che ne disciplina la sostanza ai sensidel regolamento, o dalla legge del Paese in cui èconcluso ( <strong>29</strong> ). Questa seconda ipotesi, in assenzadi contrarie indicazioni di indole testuale, ricadede plano nella previsione di principio dell’art.20, ed implica dunque un riferimento allesole norme materiali della lex loci actus. Una diversaconclusione, volta a consentire in questamateria almeno un rinvio in favorem (cioè a tenerconto delle norme di diritto internazionaleprivato del Paese della conclusione del contrattosolo se conducano alla designazione di unalegge che reputi valido l’accordo), non sembrain effetti poter essere raggiunta facendo leva sulfavor validitatis che ispira la norma. Se è vero,infatti, che il legislatore comunitario ha intesoprivilegiare le soluzioni che permettono di « salvare» la validità del contratto, è vero anche chetale obiettivo esige di essere bilanciato con gliscopi generali del reg. « Roma I », compresiquelli – attinenti alla certezza del diritto e all’agevolesoluzione dei conflitti di leggi – checoncorrono a spiegare la stessa esclusione delrinvio. Analoghe considerazioni, mutatis mutan-( <strong>29</strong> ) Su tale disposizione v. Cortese, supra, commentosub art. 11.NLCC 3/4-2009


910reg. CE n. 593/2008[Art. 20]dis, possono farsi per i parr. 2, 3e4dello stessoart. 11.Per l’art. 11, par. 5, valgono rilievi diversi, ancorchéla conclusione sia a nostro modo di vederela stessa. Il par. 5 dell’art. 11 stabilisce cheper il contratto avente per oggetto un dirittoreale immobiliare o la locazione di un bene immobilesi deve avere riguardo ai requisiti di formadella legge del Paese in cui l’immobile è situato;ma ciò –si aggiunge – a patto che, « secondotale legge » i predetti requisiti « si applichinoindipendentemente dal Paese in cui ilcontratto è concluso e dalla legge che disciplinail contratto » ed abbiano carattere imperativo.La possibilità che, per questa via, possano assumererilievo le norme di diritto internazionaleprivato dell’ordinamento richiamato – ossia dellalex rei sitae – appare esclusa in radice. Le disposizioniin materia di forma dettate da talelegge vengono infatti in rilievo, ai sensi dellanorma citata, in quanto norme « di applicazionenecessaria ». Appare dunque « strutturalmente» impossibile pervenire tramite esse al richiamodi una legge diversa da quella del situs rei,onde non serve domandarsi se tale diversa leggevenga in gioco solamente nei suoi contenuti materiali,oppure anche nelle sue soluzioni di conflitto.L’art. 13 del regolamento stabilisce che, in uncontratto concluso tra persone che si trovanonello stesso Paese, « una persona fisica, capacesecondo la legge di tale Paese, può invocare lasua incapacità risultante da un’altra legge soltantose, al momento della conclusione del contratto,l’altra parte contraente era a conoscenzadi tale incapacità ol’ha colpevolmente ignorata». Il regolamento non dice – né può dire, vistal’esclusione disposta dall’art. 1, par. 2, lett.a) ( 30 ) – quale sia, ai fini della norma in esame,l’« altra legge » abilitata a stabilire la capacitàdell’individuo di cui trattasi. Tale legge dovràdunque essere determinata per il tramite di normedi conflitto estranee al regolamento (quelledella lex fori) e nulla, nel regolamento stesso,impedisce che dette norme diano rilievo allestesse norme di diritto internazionale privatodell’ordinamento richiamato ( 31 ). Anzi, gliobiettivi di certezza del diritto e uniformità internazionaledelle soluzioni che lo stesso regolamentopersegue sembrano suggerire di seguire« in blocco »–in casi come questo, non disciplinatidal regolamento né da altri strumenti comunitari– l’approccio del sistema internazionalprivatisticodel foro: per questa via, infatti,i predetti obiettivi risulteranno tendenzialmentegarantiti quantomeno nell’ottica del foro,giacché la quaestio relativa alla capacità sarà ivirisolta dalla stessa legge sia quando venga in rilievoa titolo principale sia quando venga in rilievoa titolo preliminare. Vale la pena di aggiungereche ammettere in casi siffatti il giocodel rinvio non equivale a configurare una « deroga» alla soluzione di principio dettata dall’art.20. Tale disposizione, come si è visto,esclude infatti che possa darsi rilievo alle normedi diritto internazionale privato di un certo ordinamentostatale quando questo sia oggetto dirichiamo ad opera del regolamento: quando,cioè, il regolamento stessa ne « prescriva l’applicazione». Tale presupposto, però, non ricorre,a rigore, nel caso appena considerato, dato che– per l’appunto – il regolamento non richiama,in materia di capacità delle persone fisiche, alcunalegge.Considerazioni non dissimili valgono, a pareredi chi scrive ( 32 ), anche per quelle norme delregolamento che rinviano alle valutazioni di unacerta legge statale per stabilire che cosa rientrinell’ambito di applicazione della disciplina diconflitto sovranazionale, e che cosa invece necada al di fuori. Tale situazione si verifica, comesi diceva, in relazione dell’art. 1, par. 2, lett. b)elett. c), del regolamento. La prima delle due disposizioniesclude l’applicabilità del regolamentoalle obbligazioni derivanti « dai rapporti difamiglia o dai rapporti che secondo la legge applicabilea tali rapporti hanno effetti comparabili». La seconda fa altrettanto per le obbligazioniderivanti da regimi patrimoniali tra coniugie da regimi patrimoniali « relativi a rapportiche secondo la legge applicabile a questi ultimihanno effetti comparabili al matrimonio ». Con( 30 ) Per un’analisi della norma (che esclude dalreg. « le questioni di stato e di capacità delle personefisiche, fatto salvo l’articolo 13 »), v. Biagioni, supra,commento sub art. 1, II, par. 1.( 31 )V.Marongiu Buonaiuti, supra, commentosub art. 13, par. 6.( 32 ) Per una diversa lettura v. Biagioni, supra,commento sub art. 1, II, par. 2.NLCC 3/4-2009


[Art. 21] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 911queste previsioni, il regolamento, se non andiamoerrati, rinuncia in via eccezionale ad esigereuna qualificazione autonoma delle nozioni diunione civile, registered partnership e simili, rimettendoalle norme nazionali – quelle dell’ordinamentoidentificato tramite le pertinenti regoledi diritto internazionale privato del foro, sedel caso anche tenendo conto del rinvio operatodalle norme di conflitto dell’ordinamento richiamato– il compito di stabilire se la particolarerelazione di cui si discute produca, o meno,degli « effetti comparabili » a quelli di un rapporto« familiare » odiun« matrimonio ». Riferita,significativamente, a una materia nellaquale si registrano sensibilità assai diverse fra ivari Stati membri all’altro e a cui dunque si ricolleganoproblemi di armonizzazione particolarmenteacuti, la norma del regolamento sembraprendere atto della impossibilità di pervenireper il momento ad una definizione comunitariadelle particolari unioni sopra menzionate, edella diversità delle soluzioni che attualmente sirinvengono in quest’ambito all’interno dei diversiordinamenti nazionali.Pietro FranzinaArt. 21.(Ordine pubblico del foro)L’applicazione di una norma della legge di un paese designata dal presente regolamento puòessere esclusa solo qualora tale applicazione risulti manifestamente incompatibile con l’ordinepubblico del foro.Sommario: 1. La presenza di una disposizione sull’ordinepubblico. – 2. L’ordine pubblico degli Stati membri.– 3. L’ordine pubblico comunitario ed europeo. –4. Il funzionamento del limite dell’ordine pubblico. –5. La necessità di un’interpretazione restrittiva. – 6.Le conseguenze dell’incompatibilità con l’ordine pubblico.1. – Il reg. « Roma I » riproduce, nella disposizionein commento, la formulazione dell’art.16 della Convenzione di Roma in materia di ordinepubblico come motivo di non applicazionedella legge straniera ( 1 ). Il principio della equivalenza,e della concorrenza, tra ordinamentidegli Stati membri, specialmente in materia dirapporti economici, e la stessa idea di mercatounico rendevano questa soluzione tutt’altro chescontata.Sotto questo profilo, è opportuno rammentareche la proposta di regolamento relativo allacompetenza, alla legge applicabile, al riconoscimentoe all’esecuzione delle decisioni e alla cooperazionein materia di obbligazioni alimentari,( 1 ) « L’applicazione di una norma della legge designatadalla presente Convenzione può essere esclusasolo se tale applicazione sia manifestamente incompatibilecon l’ordine pubblico del foro ».adottata nello stesso giorno della proposta cheha dato poi luogo al reg. « Roma I » ( 2 ), escludevaespressamente che l’ordine pubblico potesseimpedire l’applicazione della legge di unoStato membro. La ragione di questa scelta va ricercatanella crescente uniformità delle legislazionimateriali degli Stati membri, che rendesempre meno probabile, nei rapporti tra questiultimi, il ricorso al limite dell’ordine pubblico( 3 ).In effetti, nel senso di introdurre nel reg.« Roma I » una disposizione in materia di ordinepubblico ha deposto probabilmente il carattereuniversale delle sue norme, e dunque lapossibilità che esso conduca ad applicare la leggedi uno Stato terzo ( 4 ).( 2 ) La proposta (doc. COM/2005/649 def.), presentatadalla Commissione il 15 dicembre 2005, silegge nella banca dati Eur-Lex (http://eur-lex.europa.eu).( 3 ) Per una posizione favorevole a questa soluzionev. Mosconi, La difesa dell’armonia interna dell’ordinamentodel foro tra legge italiana, convenzioni internazionalie ordinamento comunitario, inRiv. dir.internaz. priv. e proc., 2007, p. 25.( 4 ) In tal senso De Cesari, « Disposizioni alle qualinon è permesso derogare convenzionalmente » eNLCC 3/4-2009


912reg. CE n. 593/2008[Art. 21]In ogni caso, pare che la scelta di mantenerela disposizione sull’ordine pubblico, senza limitarlaai casi di applicazione della legge di unoStato extracomunitario, debba essere valutatapositivamente. Anche ammesso che un ruolo attenuatodell’ordine pubblico possa essere suggeritoin relazione all’applicazione delle libertàdi circolazione comunitarie ed al richiamo delprincipio dello Stato d’origine ( 5 ), e che quest’ultimopossa rilevare pienamente anche rispettoalle norme di conflitto ( 6 ), va rilevato che« norme di applicazione necessaria » nel regolamentoRoma I, inNuovi strumenti del diritto internazionaleprivato. Liber Fausto Pocar, a cura di Venturini e Bariatti,Milano, 2009, p. <strong>27</strong>1.( 5 ) Ampi riferimenti alla nozione di « ordine pubblico» si ritrovano, ad esempio, in Corte giust. CE19 giugno 2008, causa 319/06, Commissione c. Lussemburgo,non ancora pubblicata in Raccolta, punti<strong>27</strong>, 32 e 50. Sembra tuttavia a chi scrive che in quelcontesto si sia inteso piuttosto far riferimento alla nozionedi norme imperative (cui egualmente – e senzamarcare alcuna differenza – la Corte si riferisce), oltretuttoin considerazione del fatto che la stessa dir.1996/71/CE del Parlamento Europeo e del Consigliodel 16 dicembre 1996, relativa al distacco dei lavoratorinell’ambito di una prestazione di servizi (inG.U.C.E. n. L 18 del 21 gennaio 1997, p. 1 ss.), richiamail concetto di « disposizioni di ordine pubblico» (art. 3, par. 10). D’altra parte, non sembra neppuresostenibile che la nozione di « ordine pubblico» richiamata nel Tratt. CE quale deroga alle libertàdi circolazione ivi previste – la quale è stata ravvisatadalla giurisprudenza comunitaria nella « esistenzadi una minaccia reale, attuale e sufficientementegrave nei confronti di un interesse fondamentale dellasocietà» (tra le altre, Corte giust. CE <strong>29</strong> aprile2004, cause riunite 482/01 e 493/01, Orfanopoulos,in Raccolta, 2004, p. I-5257, punto 66; Corte giust.CE 14 ottobre 2004, Omega, causa 36/02, ivi, p.I-9609, punto 30; Corte giust. CE 10 luglio 2008, Jipa,causa 33/07, non ancora pubblicata in Raccolta,punto 23) – sia sovrapponibile a quella utilizzata nelladisposizione in commento, che attiene alla coerenzacoi principi essenziali dell’ordinamento nazionale.V. anche, Venturi, supra, commento sub art. 8.( 6 ) Sul problema del principio dello Stato d’originerispetto alle norme di conflitto, o addirittura comenorma di conflitto in sé, v.Bariatti, Prime considerazionisugli effetti dei principi generali e delle normemateriali del trattato CE sul diritto internazionale privatocomunitario, in Riv. dir. internaz. priv. e proc.,2003, p. 671 ss.; Id., The Future Community Rules inthe Framework of the Communitarization of PrivateInternational Law, inThe Unification of Choice ofanche in ambito comunitario le regole appenarichiamate conoscono limiti in situazioni di carattereeccezionale che possono equivalere aquelle che giustificano l’intervento dell’ordinepubblico.Occorre anche considerare che la presenzadel limite dell’ordine pubblico nel sistema di dirittointernazionale privato non è neppure incompatibilecon la logica degli Stati federali, comedimostra l’esperienza statunitense ( 7 ). D’altraparte, come si vedrà meglio oltre, talora l’interventodel limite dell’ordine pubblico serve apreservare valori e principi fondamentali cheappartengono allo stesso ordinamento comunitarioe che potrebbero essere pregiudicati dallalegge di un singolo Stato membro.Non può comunque che essere valutata positivamente,in termini sistematici, la scelta del legislatorecomunitario di inserire nel reg. « RomaI » una disposizione dalla formulazioneidentica rispetto all’art. 26 del reg. « Roma II »,ai fini di un più agevole coordinamento tra i dueatti normativi.2. – La disposizione riflette, nella sua formulazionetestuale, l’impostazione tradizionale dell’ordinepubblico come insieme di principi fondamentalidell’ordinamento dello Stato del foro.Si può pertanto continuare a riferirsi, in proposito,alla nozione di « ordine pubblico internazionale», inteso quale nucleo irrinunciabiledell’ordinamento, che non può flettersi neppuredinanzi all’ingresso di precetti giuridici derivantida ordinamenti stranieri. D’altra parte, amarcare più chiaramente la distinzione tra que-Law Rules on Torts and Other Non-Contractual Obligationsin Europe, Padova, 2005, p. 22 ss.; De Baere,‘Is this a Conflict Rule which I see Before Me?’ Lookingfor a Hidden Conflict Rule in the Principle ofOrigin ad Implemented in Primary European CommunityLaw and in the ‘Directive on Electronic Commerce’,inMaastricht Journal of Eur. and ComparativeLaw, 2004, p. <strong>28</strong>7 ss.; Malatesta, Principio dello Statodi origine e norme di conflitto dopo la direttiva2006/123/CE sui servizi nel mercato interno: una partitafinita?, inRiv. dir. internaz. priv. e proc., 2007, p.<strong>29</strong>3 ss.; Munari, La ricostruzione dei principi internazionalprivatisticiimpliciti nel sistema comunitario, ibidem,p. 9<strong>27</strong> ss.( 7 ) Da ultimo, Am. Interstate Ins. Co. v. G & HServ. Ctr., Inc., 112 Ohio St.3d 521, 2007-Ohio-608,pubblicata in http://www.sconet.state.oh.us.NLCC 3/4-2009


[Art. 21] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 913sto concetto e l’insieme delle norme cogenti sulpiano interno e rispetto all’autonomia negoziale(c.d. ordine pubblico interno) sovviene la nozionedi « disposizioni alle quali non è permessoderogare convenzionalmente », utilizzata negli<strong>artt</strong>. 3, parr. 3e4,6e8delregolamento.All’interno della nozione di ordine pubblicoc.d. internazionale rientrano dunque, come giàsecondo la giurisprudenza comunitaria relativaalla Convenzione di Bruxelles ( 8 ), i valori fondamentaliperseguiti e tutelati, nell’interesse pubblicoo delle parti, dall’ordinamento del foro,come ricavabili, non solo in via immediata masoprattutto attraverso l’interpretazione sistematica,dalle disposizioni di quest’ultimo.Pertanto, la specifica individuazione di taliprincipi dovrà essere compiuta dal giudice aditodal punto di vista dell’ordinamento del foro;sotto questo profilo, il ruolo della Corte di giustiziadovrebbe limitarsi alla determinazione deisoli parametri generali cui un principio deve rispondereper poter essere considerato partedell’ordine pubblico di uno Stato membro ( 9 ).Tuttavia, nella giurisprudenza comunitaria relativaall’interpretazione dell’analoga nozione utilizzatanella Convenzione di Bruxelles o in altristrumenti comunitari v’è la tendenza a individuaredirettamente, a livello comunitario, iprincipi di ordine pubblico ( 10 ).Per la delimitazione del concetto è dunquepossibile richiamare il consueto parametro dellarelatività nello spazio, nel senso che ciascunoStato resta libero di determinarne il contenutoalla luce della struttura del suo ordinamento edella concezione politica, economica e socialecui esso è improntato.La mutabilità dei principi di ordine pubblicopuò essere peraltro completamente valorizzataquando sia applicabile la legge di uno Stato extracomunitario.Quando il regolamento richiamainvece la legge di uno Stato membro diversoda quello del foro, potrebbe discutersi se, nel( 8 ) V. Corte giust. CE <strong>28</strong> marzo 2000, causa 7/98,Dieter Krombach, inRaccolta, 2000, p. I-1935 ss.,punto 37; Corte giust. CE 11 maggio 2000, causa 38/98, Renault, ibidem, 2000, p. I-<strong>29</strong>73 ss., punto 30.( 9 ) Sostanzialmente in questo senso già Cortegiust. CE <strong>28</strong> marzo 2000, cit., punto 23.( 10 ) Cfr., con riferimento, al reg. CE n. 1346/2000,Corte giust. CE 2 maggio 2006, causa 341/04, Eurofood,inRaccolta, 2006, p. I-3813 ss., punto 61 ss.tener conto dell’ordine pubblico, debbano esserprese in considerazione, in funzione di controlimite,talune norme comunitarie fondamentali,quali quelle sulle libertà di circolazione, sullapolitica di concorrenza ecc. Tuttavia, il caratterefondamentale e inderogabile dei principi diordine pubblico non sembra imporre come necessariaquesta soluzione: lo Stato membro –nella misura in cui resta libero, anche in relazionealle sue norme costituzionali, di non applicarele norme del Tratt. CE quando confligganocon tali valori ( 11 ) – non può che mantenere anchela facoltà di escludere l’applicazione di unalegge straniera incompatibile con quegli stessivalori per conservare la coerenza dell’ordinamentointerno ( 12 ).Peraltro, il contenuto del limite dell’ordinepubblico è anche integrato da una serie di principiricavati dalle norme sovranazionali, nonsoltanto di jus cogens, che riflettono i valori fondamentalidella comunità degli Stati, in tema didivieto dell’uso o della minaccia dell’uso dellaforza; di rispetto dei diritti umani; di tutela dell’integritàterritoriale degli Stati; di autodeterminazionedei popoli, e così via ( 13 ).Inoltre, l’art. 21 non sembra allontanarsi dalcriterio, altrettanto consolidato, della relativitàdell’ordine pubblico nel tempo: secondo il c.d.principio di attualità, tale nozione dovrà essereutilizzata nel concreto contenuto che essa ha, all’internodell’ordinamento del foro, nel momentoin cui la legge straniera dev’essere applicata( 14 ). Può accadere che la legge straniera siaconforme all’ordine pubblico del foro nel momentodella conclusione del contratto e incom-( 11 ) Per l’ordinamento italiano il riferimento è aCorte cost. <strong>27</strong> dicembre 1973, n. 183, in Giur. cost.,1973, I, p. 2401 ss.; Corte giust. CE 21 aprile 1989, n.232, in Riv. it. dir. pubbl. comun., 1991, p. 138 ss.( 12 ) Sul tema v. Fumagalli, EC Private InternationalLaw and the Public Policy Exception. Modern Featuresof a Traditional Concept, inYearbook of Priv.Internat. Law, 2004, p. 171 ss.( 13 ) Sul tema dell’ordine pubblico c.d. « veramenteinternazionale », anche per riferimenti bibliografici,v. Boschiero, sub art. 16, in Legge 31 maggio1995, n. 218 – Riforma del sistema italiano di dirittointernazionale privato, a cura di Bariatti, in questa Rivista,1996, p. 1060.( 14 ) Cfr., in questo senso, Cass., sez. lav., 7 dicembre2005, n. 26976, in Orient. giur. lav., 2005, p. 986ss.NLCC 3/4-2009


914reg. CE n. 593/2008[Art. 21]patibile al momento in cui il giudice debba deciderela controversia; ma tale possibilità, seppureconfliggente con le aspettative delle parti,è coerente con la funzione dell’istituto di nonconsentire l’ingresso di valori giuridici contrariai principi ispiratori della lex fori, salvaguardandola coerenza di quest’ultima.La formulazione testuale dell’art. 21, ma anchemotivi sistematici escludono invece la possibilitàche tale disposizione possa essere utilizzata ancheper attribuire rilevanza all’ordine pubblico di unoStato diverso da quello del foro ( 15 ).Questa possibilità contrasta anzitutto con lacaratterizzazione dell’ordine pubblico come fenomenoeccezionale, idoneo ad operare solo inun limitato numero di casi; è evidente che l’ampliamentodel novero dei principi fondamentalirilevanti produrrebbe effetti opposti. A questoprofilo si collega d’altronde il principio di prevedibilitàdella lex contractus, che realizza un significativointeresse delle parti e viene di conseguenzavalorizzato nel regolamento, qualeespressione del più ampio principio della certezzadel diritto ( 16 ): l’applicazione di un parametrotanto flessibile, quale l’ordine pubblicostraniero, metterebbe a rischio tale interesse.Va altresì considerato che l’esclusione del rinvioe il ruolo attenuato attribuito alle norme diapplicazione necessaria di Stati terzi rendonomeno frequente la possibilità che l’ordine pubblicodi uno Stato diverso da quello del foropossa rilevare.3. – Nel regolamento manca invece qualunqueriferimento alle nozioni, sviluppate dallagiurisprudenza e dalla dottrina in anni recenti,di « ordine pubblico comunitario » e « ordinepubblico europeo » ( 17 ). La prima, richiamataanche esplicitamente dalla Corte di giustizia apartire dalla sentenza Eco Swiss ( 18 ), identifical’insieme dei principi fondamentali dell’ordinamentocomunitario; la seconda, che emerge dallagiurisprudenza della Corte europea dei dirittidell’uomo, si richiama ai principi ricavabili d<strong>agli</strong>strumenti convenzionali regionali in materiadi diritti fondamentali.Nonostante l’omissione di una menzioneespressa, questi principi entrano comunque afar parte dell’ordine pubblico dei singoli Statimembri per effetto dell’integrazione negli ordinamentiinterni dei principi comunitari e convenzionali.A questa soluzione la Corte di giustiziaera d’altronde già pervenuta sia con riferimentoalle norme della Convenzione di Bruxellesin materia di riconoscimento delle decisionistraniere, sia con riferimento alle norme nazionalisul riconoscimento dei lodi arbitrali ( 19 ).Sebbene, dunque, la mancanza di una specificaindicazione sia in effetti priva di conseguenzepratiche, certamente il riferimento all’ordinepubblico comunitario e all’ordine pubblico europeoavrebbe imposto all’interprete di centrarela sua attenzione su questi profili dell’istituto,rimeditandone la nozione e la funzione. La diversascelta – che non è mai stata in sostanza discussanel corso dei lavori preparatori e che trovariscontro anche nel reg. « Roma II » ( 20 ) –( 15 ) In dottrina, v., in particolare, Boschiero, subart. 16, cit., p. 1056 ss., e Picone, Ordinamento competentee diritto internazionale privato, Padova, 1986,p. 223 ss.( 16 ) Cfr., in particolare, il 6 o eil16 o considerandodel regolamento.( 17 ) Sulla nozione di « ordine pubblico europeo »,v. Nascimbene, Riconoscimento di sentenza stranierae « ordine pubblico europeo », inRiv. dir. internaz.priv. e proc., 2002, p. 659 ss.; per un’applicazione deivalori desunti dalla Convenzione europea dei dirittidell’uomo in materia di ordine pubblico, cfr. Cortegiust. CE <strong>28</strong> marzo 2000, Dieter Krombach, cit., punto25. Per un riferimento ai diritti dell’uomo nella nozionedi ordine pubblico, v. il parere, in prima lettura,del Parlamento europeo alla Proposta di reg.« Roma II », reperibile in http://europarl.europa.eu.( 18 ) Corte giust. CE 1 o giugno 1999, causa 126/97,Eco Swiss, inRaccolta, 1999, p. I-3055 ss., punto 39.( 19 ) Per riferimenti, oltre a Fumagalli, Public PolicyException, cit., e Nascimbene, Riconoscimento disentenza straniera, cit., v. Biagioni, L’art. 6 dellaConvenzione europea dei diritti dell’uomo e l’ordinepubblico processuale nella Convenzione di Bruxelles,in Riv. dir. internaz., 2001, p. 723 ss.; Focarelli,Equo processo e riconoscimento di sentenze straniere:il caso Pellegrini, in Riv. dir. internaz., 2001, p. 955ss.; Poillot-Peruzzetto, L’ordre public internationalen droit communautaire. A propos de l’arret de laCour de Justice des Communautés du 1er juin 1999, inJourn. dr. internat., 2000, p. <strong>29</strong>9 ss. Sulla connotazionedell’ordine pubblico nel diritto internazionale privatocomunitario, Meidanis, Public policy and ordrepublic in the private international law of the EC/EU:Traditional positions of the Member States and moderntrends, inEur. Law Rev., 2005, p. 95 ss.( 20 ) Nella discussione di questo regolamento, ineffetti, il Parlamento europeo aveva suggerito, in pri-NLCC 3/4-2009


[Art. 21] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 915deve considerarsi evidentemente espressione diun indirizzo consapevole delle istituzioni comunitarie,anche in considerazione del fatto che rispettoad altri istituti si è ritenuto opportuno richiamareespressamente certe definizioni contenutenella giurisprudenza comunitaria ( 21 ).In ogni caso, la nozione testuale di « ordinepubblico del foro » deve considerarsi comprensivadi quelle di ordine pubblico comunitarioed europeo e può essere pertanto utilizzata ancheper escludere l’applicazione di norme contrariea principi comuni e condivisi tra gli Statimembri. Sotto questo profilo, in particolare,non si può che confermare l’utilità del limitedell’ordine pubblico, nello stesso interesse deiprincipi sottesi all’integrazione europea, anchenel caso che la legge designata dal regolamentoappartenga all’ordinamento di uno Stato membro.In questo caso, infatti, il riferimento all’ordinepubblico si rivela funzionale a rendereinapplicabile una norma nazionale incompatibilecoi valori comunitari e dunque ne favorisce laconcreta attuazione.4. – Anche in termini di funzionamento del limitedell’ordine pubblico, l’art. 21 si richiamaall’impostazione tradizionale. Esso è tuttoraqualificato come un limite essenzialmente negativo,nel senso che non mira a dare concreta edimmediata applicazione ai principi fondamentalidell’ordinamento del foro, bensì, letteralmente,ad escludere l’applicazione della legge straniera,che sia richiamata dal regolamento a qualunquetitolo (comprese le disposizioni protettivedegli <strong>artt</strong>.6e8elenorme di applicazione necessaria,ove non appartengano alla lex fori).Naturalmente, benché la disposizione in commentosi riferisca alla legge designata dal regolamento,l’effetto preclusivo si produrrà solo conma lettura, di fornire una definizione « comunitaria »di ordine pubblico; secondo tale definizione, mai piùesaminata nel corso dei lavori preparatori, l’applicazionedi una legge straniera potrebbe essere esclusa« qualora tale applicazione violi diritti e libertà fondamentalisanciti dalla Convenzione europea sui dirittidell’uomo, da disposizioni costituzionali nazionalio dal diritto umanitario internazionale ».( 21 ) Il riferimento è, in particolare, alla definizionedi norme di applicazione necessaria contenuta nell’art.9, par. 1, ricavata dalla sentenza Corte giust. CE23 novembre 1999, causa 369/96, Arblade, inRaccolta,1999, p. I-8453 ss., punto 34.riguardo alle specifiche disposizioni che presentinoelementi di incompatibilità con l’ordinepubblico ed a quelle da esse inscindibili, mentreresterà possibile l’applicazione delle disposizioninon incompatibili ( 22 ).La formulazione della disposizione (« l’applicazionedi una norma (...) può essere esclusa »)sembra invece trascurare la possibile funzione« positiva » dell’ordine pubblico, che si realizzerebbequando i principi riconducibili a taleconcetto debbano essere tutelati attraverso laloro diretta applicazione alla fattispecie ( 23 ).Vale anche rispetto all’art. 21 la qualificazionedell’ordine pubblico come limite successivo,nel senso che solo a seguito della specifica valutazionedegli effetti della legge straniera il giudicepuò escluderne l’applicazione, non potendosilimitare a una comparazione in astratto coivalori perseguiti dall’ordinamento del foro ( 24 ).Tale indicazione trova riscontro anche testualenella disposizione, laddove si precisa che a risultareincompatibile con l’ordine pubblico del foropuò essere solo la « applicazione » della leggestraniera. Il giudice dovrà dunque individuarequale sia la legge applicabile designata dallenorme del regolamento e compiere una prognosidegli effetti della sua applicazione, escludendoliquando questi effetti collidano coi valorifondamentali della lex fori.In questo contesto dev’essere anche ricondottoil fenomeno del c.d. ordine pubblico attenuato,che si verificherebbe allorché la fattispecie( 22 ) In proposito, v., con riferimento all’analogadisposizione della Convenzione di Roma, la RelazioneGiuliano-Lagarde, sub art. 16.( 23 ) Sulla nozione di « ordine pubblico positivo »v. Picone, La riforma del diritto internazionale privato,Padova, 1998, p. <strong>29</strong>0 ss.; Bucher, L’ordre publicet le but social des lois en droit international privè, inRec. Cours, 1994, vol. 239, p. <strong>28</strong> ss. Si pronuncia insenso sfavorevole all’idea di una funzione positivadell’ordine pubblico, e alla conseguente connessionetra ordine pubblico e norme di applicazione necessariaDavì, L’adozione nel diritto internazionale privatoitaliano, I, Milano, 1981, p. 219 ss.( 24 ) Per una critica a tale ricostruzione (e alla concezionedelle norme di applicazione necessaria comelimite preventivo) v. Bonomi, Le norme imperativenel diritto internazionale privato,Zürich, 1998, p. 199ss. Tale criterio discretivo è invece particolarmentevalorizzato in Davì, L’adozione nel diritto internazionaleprivato italiano, cit., p. 221 s.NLCC 3/4-2009


916reg. CE n. 593/2008[Art. 21]presenti significativi elementi di estraneità rispettoall’ordinamento del foro e vi produca limitatieffetti, in particolare laddove un certorapporto giuridico sia stato costituito all’estero.Deve in proposito considerarsi che, in materiacontrattuale, l’ampia libertà attribuita alle partinella scelta del foro competente rende particolarmentefrequente la possibilità che la fattispecienon presenti un significativo collegamentocon lo Stato del giudice adito. Peraltro, il regolamentosembra particolarmente sensibile aquesto genere di considerazioni essendo improntatoal principio di prossimità ( 25 ) sia nelladeterminazione della legge applicabile sia dei limitialla stessa ( 26 ).Va infine rammentato che il limite dell’ordinepubblico ha valenza generale nel sistema del regolamento,poiché può rilevare sia rispetto alla leggescelta dalle parti, sia rispetto alla legge determinatasulla base dei criteri di collegamento obiettivi,nonché sulla base di regole speciali di conflitto;inoltre, l’ordine pubblico può naturalmente investirequalunque profilo della legge applicabileche sia disciplinato dal reg. « Roma I ».Peraltro, rispetto alle norme di conflitto chesono dirette alla cura di particolari interessi,quali la tutela del contraente debole, anche l’ordinepubblico non ha carattere meramente neutrale,ma dev’essere, almeno in linea di principio,orientato alla protezione dei medesimi valori.Ciò non significa che anche le norme protettive(eventualmente, anche di carattere inderogabile)non possano risultare contrarie all’ordinepubblico, ma in tali ipotesi la valutazionedi incompatibilità o meno della norma dovrà essereparticolarmente rigorosa.5. – Peraltro, l’art. 21 ripropone la necessitàdi una interpretazione restrittiva del limite dell’ordinepubblico, richiedendo che l’incompatibilitàdella norma straniera con quest’ultimo siamanifesta, secondo una tendenza comune a( 25 ) In tale direzione depone l’uso frequente delcriterio, almeno sussidiario, del collegamento piùstretto, che si ricava d<strong>agli</strong> <strong>artt</strong>. 4,5e8delregolamento.( 26 ) In tal senso si può menzionare particolarmentel’art. 9, par. 3, del regolamento, che ammette l’interventodi norme applicazione necessaria di Statiterzi solo quando in essi sia ubicato il locus destinataesolutionis.molte convenzioni di diritto internazionale privatouniforme ( <strong>27</strong> ). In questi termini, si rileva unulteriore elemento di continuità con l’esperienza,oltre che della Convenzione di Roma, anchedella Convenzione di Bruxelles e dei regolamenticomunitari che disciplinano il riconoscimentodelle decisioni. In quel contesto, la Cortedi giustizia CE ha espressamente chiarito che lariserva dell’ordine pubblico non può intervenireche in casi del tutto eccezionali ( <strong>28</strong> ).Questa indicazione – che nel sistema dellaConvenzione di Bruxelles risultava funzionalealla compiuta realizzazione del principio dellalibera circolazione delle decisioni –èstata confermatanel reg. « Roma I » alla luce di due essenzialiobiettivi da questo perseguiti, e cioè ilprincipio di prevedibilità della legge applicabileel’uniformità della sua designazione nei variStati membri.Infatti, il limite dell’ordine pubblico introduceun elemento di evidente incertezza nella determinazionedella disciplina applicabile allafattispecie superando il richiamo conseguente alfunzionamento delle regole di conflitto; la libertàdi valutazione rimessa al giudice e la relativitàdell’ordine pubblico nello spazio sono, sotto altroprofilo, suscettibili di recare pregiudizio alprincipio secondo cui in tutti gli Stati membriad una determinata fattispecie dovrebbe essereapplicata la stessa legge. Si può anche aggiungereche, in un sistema fondato sull’autonomiadella volontà nella designazione della legge regolatricedel contratto, un uso eccessivamenteampio della disposizione in commento, fondataessenzialmente su considerazioni pubblicistiche,può apparire incoerente.Nonostante l’apparente limitazione che discendedalla presenza del termine « manifesta-( <strong>27</strong> )D’altra parte, il 37 o considerando del regolamentoprevede la possibilità di deroghe per ragioni diordine pubblico solo « in circostanze eccezionali ».In argomento, v. Fioravanti, Ordine pubblico e incompatibilitàmanifesta per le convenzioni di dirittointernazionale privato uniforme, inAnnali dell’Universitàdi Ferrara, 1991, p. 39 ss.; Mosconi, La difesadell’armonia interna, cit., p. 9 ss.( <strong>28</strong> ) Corte giust. CE 4 febbraio 1988, causa145/86, Hoffmann, inRaccolta, 1988, p. 645 ss., punto21; Corte giust. CE 10 ottobre 1996, causa 78/95,Hendrikman, ivi, 1996, p. 4943 ss., punto 23; Cortegiust. CE <strong>28</strong> marzo 2000, cit., punto 21.NLCC 3/4-2009


[Art. 21] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 917mente » nel testo dell’art. 21, il ricorso all’ordinepubblico mantiene peraltro, anche nel reg.« Roma I », un carattere molto flessibile. Infatti,il giudice adito può godere di ampia discrezionalità,se non nell’individuazione dei principi diordine pubblico – che comunque non possonomai risultare delineati in maniera del tutto nitida,anche in ragione della loro relatività neltempo –, quantomeno nella valutazione di incompatibilitàdella norma richiamata.In proposito, la disposizione vincola il giudicesolo ad esigere che il contrasto coi principi diordine pubblico abbia connotati di particolaregravità, ma non contiene, né potrebbe contenere,criteri prestabiliti per accertare quando l’incompatibilitàètanto seria da ricadere nella disciplinadell’art. 21. Questa valutazione dovràessere dunque compiuta in concreto per ciascunafattispecie, determinando così possibili disomogeneitànell’applicazione del regolamento,anche se dovrebbe considerarsi ormai consolidato,nonostante talune oscillazioni giurisprudenziali( <strong>29</strong> ), il principio secondo cui non puòessere considerata sufficiente al fine che qui interessauna mera divergenza nel contenuto dellalegge richiamata rispetto alla lex fori.6. – Secondo il tenore testuale della disposizionein commento la contrarietà all’ordinepubblico concerne singole norme della lex causae( 30 ), che pertanto non possono essere applicatealla fattispecie e debbono essere sostituitecon altre norme.Tuttavia, nel ripetere la formulazione dell’art.16 della Convenzione di Roma, la disposizionein commento ripropone anche la medesimalacuna, nel senso che non contiene alcunaprevisione in ordine alle conseguenze della incompatibilitàdella legge applicabile con l’ordinepubblico del foro. Un’espressa indicazionesarebbe stata invece assai utile, come si deduce( <strong>29</strong> ) In senso diverso, cfr. ad es. Cass. <strong>27</strong> marzo1996, n. <strong>27</strong>56, in Foro it., 1996, I, c. 24<strong>27</strong> ss.( 30 ) Com’è noto, di diverso tenore è l’art. 16 dellal. n. 218/95, la quale esclude l’applicazione delle normestraniere i cui effetti siano contrari all’ordine pubblicoe dunque richiede di valutare la concreta operativitàdelle stesse rispetto alla specifica fattispecie all’esamedel giudice. La disposizione in commentosembrerebbe invece postulare una valutazione dellanorma su un piano meramente astratto.dalla varietà di soluzioni del problema elaboratedalla dottrina rispetto alla Convenzione diRoma.Anzitutto, in proposito è stata prospettata lasoluzione dell’applicazione immediata della lexfori ( 31 ), che costituisce una scelta frequentementeaccolta anche negli ordinamenti degliStati contraenti e che era emersa anche nel corsodei lavori preparatori del reg. « RomaII » ( 32 ). Tuttavia, questo metodo non sembracoerente col sistema del regolamento poichénon garantisce l’omogeneità delle soluzioni nell’ordinamentocomunitario: infatti, ove si accedessea tale soluzione, l’incompatibilità dellalegge richiamata con l’ordine pubblico comporterebbel’applicazione di una legge diversa daparte dei giudici di ciascuno Stato membro.Ancora in ragione dell’esigenza di uniformitàtra gli Stati membri si dovrebbe escludere che lamancanza di una disciplina espressa sul puntoconsenta <strong>agli</strong> Stati stessi di applicare la soluzioneprevista dalle loro regole interne comuni didiritto internazionale privato a proposito dell’eventualecontrarietà delle norme straniere all’ordinepubblico ( 33 ). Tale impostazione – cheper l’Italia comporterebbe l’applicazione dell’art.16, 2 o comma, della legge di riforma ( 34 ) –( 31 ) In particolare, v. Frigo, La determinazionedella legge applicabile in mancanza di scelta dei contraentie le norme di applicazione necessaria, inLaConvenzione di Roma sul diritto applicabile ai contrattiinternazionali, a cura di Sacerdoti e Frigo, Milano,1994, p. <strong>29</strong>, nonché, apparentemente, Dutoit, TheRome Convention on the Choice of Law for Contracts,in European Private International Law, a cura di VonHoffmann, Nijmegen, 1998, spec. p. 63. Nello stessosenso rispetto all’art. 16 della Convenzione di Roma,pur senza alcuna specifica motivazione, è ancheCass., sez. lav., 7 dicembre 2005, n. 26976, cit.( 32 ) Cfr. il già citato parere del Parlamento europeoin prima lettura, ove si legge (art. 22, par. 1-bis)« l’applicazione di una disposizione di legge di unPaese designata dal presente regolamento può essereesclusa e/o può essere applicata la legge del foro ».( 33 ) Cfr. Villani, La Convenzione di Roma sullalegge applicabile ai contratti 2 , Bari, 2000, p. 190 s.;Baratta, La Convenzione di Roma del 19 giugno1980 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali,inDir. Unione eur., 1997, p. 700.( 34 ) Per un’applicazione di questo principio, peraltrofondata su argomenti non del tutto perspicui,v. Cass., sez. lav., 9 maggio 2007, n. 10549 (pubblicatain Riv. it. dir. lav., 2008, p. 335 ss.), la quale pro-NLCC 3/4-2009


918reg. CE n. 593/2008[Art. 21]nuncia sulla stessa vicenda già esaminata da Cass.,sez. lav., 11 novembre 2002, n. 15822, in Riv. dir. internaz.,2003, p. 1159 ss. (sulla quale v. Clerici, Rapportidi lavoro, ordine pubblico e Convenzione di Roma,inRiv.dir. internaz. priv e proc., 2003, p. 809 ss.).Nella specie, il giudice di legittimità, pur dichiarandoespressamente di ritenere applicabile l’art. 16, comma2 o , della legge di riforma per individuare la leggeapplicabile una volta venuta meno per incompatibilitàcon l’ordine pubblico la legge richiamata dallaConvenzione di Roma, conferma – senza argomentaresul punto – la sentenza di merito che aveva fattoimmediato ricorso alla lex fori. Nel ricorso per cassazioneera stato peraltro espressamente sostenuto chesi sarebbe dovuto far ricorso a criteri alternativi osuccessivi di collegamento, presenti nella Convenzionedi Roma, per l’individuazione della legge applicabile;ma la Corte si limita a rilevare che l’art. 16 dellaConvenzione, « escludendo l’applicazione della disciplinadettata da tale testo normativo per l’identificazionedella legge che deve regolare il contratto, imponenecessariamente di far riferimento, a tal fine, ad altrafonte di diritto, che può essere rinvenuta solo nelprincipio dettato dalla l. n. 218/95, art. 16 ». Tale argomentonon è certamente condivisibile ove si consideriche l’art. 16 della Convenzione di Roma, come ladisposizione in commento, può portare a escludere« l’applicazione di una norma della legge designatadalla Convenzione » e non certo il sistema convenzionalenel suo complesso, come la Corte sembra ritenere.La sentenza appare criticabile sotto altro profilo,poiché la Corte di Cassazione dimentica che essastessa, nella sentenza 11 novembre 2002, n. 15822,aveva invitato il giudice del rinvio, ove fosse giuntoalla conclusione che la lex causae era incompatibilecon l’ordine pubblico italiano, ad applicare i criteriprevisti nell’art. 4 della Convenzione di Roma. Su taledecisione, v. anche Biagioni, Le conseguenze dell’incompatibilitàdella legge straniera con l’ordine pubbliconella Convenzione di Roma, inRiv. dir. internaz.,2003, p. 1083 ss.( 35 ) La circostanza che la norma sia oggi contenutain un regolamento comunitario rende ancor più difficilmenteaccoglibile tale soluzione, poiché il dirittocomunitario deve generalmente essere interpretato inchiave autonoma: cfr. Corte giust. CE 8 novembre2005, causa 443/03, Leffler, in Raccolta, 2005, p.I-9611 ss., punto 43 ss., sulla quale v. Daniele e Marino,Momento perfezionativo e regime linguisticodelle notificazioni: dalla sentenza Leffler alla propostadi modifica del regolamento n. 1348/2000, inRiv. dir.internaz. priv. e proc., 2007, p. 969 ss.determinerebbe infatti una frammentazionedelle conseguenze del limite dell’ordine pubblico,a seconda del giudice adito ( 35 ).Come già sostenuto altrove a proposito dell’art.16 della Convenzione di Roma ( 36 ), ad avvisodi chi scrive la disposizione in commentodovrebbe essere interpretata nel senso che, qualorala legge straniera risulti contraria all’ordinepubblico, occorrerà applicare la legge richiamatada un altro criterio di collegamento, in presenzadi un concorso successivo o alternativo, esolo in ultima analisi la lex fori. Di questa impostazioneera già stata prospettata l’applicabilitàanche in relazione alla disciplina convenzionale« anche per ottenere un maggiore rispetto delcarattere di estraneità della fattispecie ed evitareche il limite sia invocato proprio per ottenerel’applicazione della legge interna » ( 37 ). A ciò sipuò aggiungere che una simile soluzione avrebbeil pregio di garantire, nell’applicazione dell’art.21, una maggiore omogeneità delle decisionitra gli Stati membri, e dunque una piùcompiuta realizzazione del principio dell’applicazioneuniforme.Anche nel sistema del regolamento, lo scopoprecipuo perseguito è creare norme di conflittouniformi per gli Stati membri, con il conseguenteaumento della prevedibilità della legge applicabile,che dovrebbe essere designata, per le diversefattispecie concrete, in maniera tendenzialmenteunivoca negli Stati membri ( 38 ). D’altraparte, questo obiettivo viene anche espressamenteformulato nel 6 o considerando del regolamento,da cui risulta che « il corretto funzionamentodel mercato interno esige che le regole diconflitto di leggi in vigore negli Stati membridesignino la medesima legge nazionale qualeche sia il Paese del giudice adito ».Se si interpreta l’art. 21 in questa luce, ne derivache l’obiettivo della certezza del diritto puòessere più efficacemente perseguito applicando,in sostituzione della legge straniera i cui effetti( 36 ) In argomento, ci sia consentito rinviare, ancheper più ampi riferimenti bibliografici, a Biagioni, Leconseguenze dell’incompatibilità della legge straniera,cit., p. 1089 ss.( 37 ) Fumagalli, sub art. 16 (Ordine pubblico), inConvenzione sulla legge applicabile alle obbligazionicontrattuali (Roma, 19 giugno 1980) – Commentario,a cura di Bianca e Giardina, in questa Rivista, 1995,p. 1086. V. in senso adesivo anche Ubertazzi, Il regolamentoRoma I sulla legge applicabile alle obbligazionicontrattuali, Milano, 2008, p. 124.( 38 ) Cfr. Relazione Giuliano-Lagarde, Considerazioniintroduttive, punti 1 e 9.NLCC 3/4-2009


[Art. 22] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 919contrastano con l’ordine pubblico, la leggeeventualmente designata da un altro criterio dicollegamento previsto per la stessa fattispecie ericorrendo solo in caso di assenza o inutilizzabilitàdi ulteriori criteri di collegamento, e per finalitàmeramente pratiche, alla lex fori. In questocaso, infatti, anche a seguito dell’interventodel limite dell’ordine pubblico, la legge applicabileverrebbe comunque determinata sulla basedi una regola di conflitto uniforme e comune atutti gli Stati membri (salvo il necessario ricorsoalla lex fori, in mancanza di criteri alternativi osuccessivi).Giacomo BiagioniArt. 22.(Stati con più sistemi giuridici)1. Ove uno Stato si componga di più unità territoriali, ciascuna con una normativa propria inmateria di obbligazioni contrattuali, ogni unità territoriale è considerata come un paese ai finidella determinazione della legge applicabile ai sensi del presente regolamento.2. Uno Stato membro in cui differenti unità territoriali abbiano le proprie norme <strong>giuridiche</strong>in materia di obbligazioni contrattuali non è tenuto ad applicare il presente regolamento aiconflitti di leggi che riguardano unicamente tali unità territoriali.Sommario: 1. Ragioni della soluzione accolta dal regolamentoin tema di richiamo di ordinamenti plurilegislativi.– 2. Segue: la possibile residua rilevanza, nell’ambitodel regolamento, del diritto interlocale. – 3.L’applicazione del regolamento ai conflitti di leggiche interessino unicamente le diverse unità territorialidi un medesimo Stato membro.( 1 ) Il regolamento, come la Convenzione, noncontempla l’eventualità che le proprie norme di conflittorichiamino un ordinamento plurilegislativo abase personale. L’omissione può spiegarsi in considerazionedel fatto che tali ordinamenti predispongonoin genere delle regole differenziate in materia di statuse rapporti personali, più che in tema di rapportigiuridici a contenuto patrimoniale. Ciò, tuttavia, nonrende del tutto irrilevante nella prospettiva del regolamentol’eventualità del richiamo di un ordinamentosiffatto. La lacuna non sembra poter essere colmatain via interpretativa. Il regolamento, nella misura incui utilizza criteri di collegamento di tipo oggettivo,fondati su circostanze sintomatiche di una proiezioneterritoriale del rapporto considerato, non si prestaper sua natura a risolvere un conflitto fra sistemi giuridicila cui sfera di efficacia risponde invece a parametripersonali. In queste condizioni, sembra inevitabileconcludere che la disciplina comunitaria non ostiall’impiego delle norme del foro relative al richiamo1. – La previsione in commento disciplina, alpar. 1, l’ipotesi del richiamo di un ordinamento« plurilegislativo » a base territoriale ( 1 ), per taleintendendosi un ordinamento articolato alproprio interno in due o più sistemi normativirecanti un’autonoma disciplina materiale in temadi contratti e dotati di una propria sfera diefficacia delimitata in senso geografico ( 2 ). Dettandouna soluzione identica a quella dell’art.di ordinamenti plurilegislativi (i riferimenti, perquanto riguarda l’Italia, sono infra, nella nt. 8). V. inquesto senso, per quanto concerne la Convenzione,Villani, La Convenzione di Roma sulla legge applicabileai contratti 2 , Bari, 2000, p. 31 s., nonché Ricci, Ilrichiamo di ordinamenti plurilegislativi nel diritto internazionaleprivato, Padova, 2004, p. 203. Quanto aiconflitti di leggi in materia di capacità delle personefisiche, tema in relazione al quale può concretamentevenire in rilievo il richiamo di un ordinamento plurilegislativoa base personale, v. peraltro anche infra,par. 2.( 2 ) Si pensi, ad es., alla diversa disciplina del fenomenocontrattuale che si rinviene nelle province canadesi;cfr. Cumyn, The Law of Contracts,inElementsof Quebec Civil Law: A Comparison with the CommonLaw of Canada, a cura di Grenon e Bélanger-Hardy, Toronto, 2008, p. 239 ss. Un quadro di insiemedel fenomeno, in relazione ai diversi settori in cuisi registra l’esistenza di autonomi sistemi normativiinfrastatuali, si trova in Borrás Rodriguez, Les ordresplurilégislatifs dans le droit international privé actuel,inRec. Cours, 1994, vol. 249, p. 186 ss.NLCC 3/4-2009


920reg. CE n. 593/2008[Art. 22]19 della Convenzione di Roma ( 3 ) (a sua voltaservita da modello anche ai redattori del reg.CE n. 864/2007 dell’11 luglio 2007 sulla leggeapplicabile alle obbligazioni extracontrattuali,« Roma II ») ( 4 ), il reg. CE n. 593/2008 prevedeche, ai fini della determinazione della lex contractus,le unità di cui si compone un siffatto ordinamentovadano considerate alla stregua dialtrettanti Paesi: le disposizioni del regolamentorendono pertanto applicabile senza mediazionila normativa in vigore nell’unità territoriale incui si localizza il pertinente criterio di collegamento( 5 ). Così, per limitarsi a qualche esempio,risulterà direttamente applicabile, in forza dell’art.4, par. 2, del regolamento, la normativa invigore nell’unità territoriale in cui risiede il prestatorecaratteristico, ovvero, in forza dell’art.11, par. 1, quella in vigore nell’unità territorialein cui le parti si trovavano al momento dell’accordo( 6 ). La stessa soluzione vale per il caso in( 3 ) La norma, rubricata « Sistemi giuridici nonunificati » prevede, al par. 1, che « [s]e uno Stato sicompone di più unità territoriali di cui ciascuna ha leproprie norme in materia d’obbligazioni contrattuali,ogni unità territoriale è considerata come un Paese aifini della determinazione della legge applicabile secondola presente Convenzione ».( 4 ) Si tratta dell’art. 25, par. 1, di tale regolamento.( 5 ) Non vi è traccia, nei lavori preparatori, di unariflessione di ordine teorico circa la peculiare naturadi un richiamo internazionalprivatistico rivolto nongià ad un ordinamento statale considerato nella suainterezza ma ad un sottosistema di norme ad esso interno.Sull’ammissibilità in linea di principio di taleipotesi v. peraltro, anche per i necessari riferimenti,Baratta, Il collegamento più stretto nel diritto internazionaleprivato dei contratti, Milano, 1991, p. 262 s.Lo stesso A., con specifico riferimento alla Convenzionedi Roma, rileva come la soluzione consistentenel rendere applicabile la normativa della specificaunità territoriale in cui si localizzano le circostanze dicollegamento utilizzate dalle norme di conflitto sia inlinea con la logica del collegamento più stretto cheispira tale Convenzione (ivi, p. 264 s.). Deve ritenersiche il rilievo conservi validità nell’ambito del reg.« Roma I », a dispetto del favor dimostrato dai redattoridel nuovo testo per l’astratta prevedibilità dellalegge regolatrice del rapporto, anche a detrimentodella massima « prossimità» di tale legge <strong>agli</strong> elementidella fattispecie; su quest’ultimo orientamento,v. supra, Salerno, Note introduttive, I, par. 3.( 6 ) Per Ricci, Il richiamo di ordinamenti plurilegislativi,cit., p. 201 s., l’identificazione del luogo diconclusione del contratto (come del luogo in cui sicui la legge applicabile al contratto sia determinatain base alla volontà delle parti. Nulla infattiimpedisce a queste ultime di designare comelegge applicabile al rapporto la normativa privatisticapropria di una determinata unità facenteparte di un ordinamento statale complesso ( 7 ).I lavori preparatori del regolamento non indicanoin modo esplicito le ragioni che hanno indottoad optare per la soluzione testé descrittaed a preferirla a quella, accolta in alcuni sisteminazionali, basata sull’impiego « in seconda battuta» dei criteri che presiedono, nell’ordinamentorichiamato, alla soluzione dei c.d. conflittiinterlocali ( 8 ). Vi è motivo di credere, purtrova l’amministrazione centrale o la sede principaledelle parti contraenti) coinvolgerebbe criteri giuridicipiù che di fatto, rispetto ai quali, pertanto, la soluzioneaccolta (dalla Convenzione, e ora) dal regolamentosusciterebbe qualche perplessità.( 7 ) Ricci, Il richiamo di ordinamenti plurilegislativi,cit., p. 202 s. L’eventuale designazione, ad operadelle parti, di un ordinamento plurilegislativo toutcourt, senza cioè l’indicazione della specifica normativainfrastatuale che le parti hanno avuto di mira, faràinsorgere, in prima battuta, un problema di interpretazionedel pactum de lege utenda, occorrendo accertarese nella generica indicazione delle parti nonvada scorto, in realtà, unpiù preciso riferimento aduna delle unità di cui quell’ordinamento si compone.Tale operazione, sia detto per inciso, può risultarecomplicata dal fatto che l’incertezza circa l’oggettodella scelta delle parti rende incerta la stessa identificazionedell’ordinamento giuridico sulla scorta deicui criteri ermeneutici va interpretata la electio; l’art.3, par. 5, richiama infatti per l’accordo di scelta gli<strong>artt</strong>. 10, 11 e 13 del regolamento, ma non l’art. 12,che prevede il ricorso alla lex contractus, e dunque allalegge scelta dalle parti, per la stessa interpretazionedel contratto. La soluzione andrà verosimilmentecercata, ogniqualvolta ciò sia possibile, facendo applicazionedel nucleo di regole interpretative comunealle diverse unità che formano l’ordinamento plurilegislativoin questione. Laddove la volontà delle partinon possa essere ricostruita in modo univoco (in modotale, cioè, che la stessa possa assolvere la funzionedi certezza cui, tra l’altro, è preordinata), sarà giocoforzaconcludere che la legge regolatrice del contrattova determinata in base ai criteri di collegamentoobiettivi, applicabili in mancanza di scelta.( 8 ) V. ad es., in Italia, la soluzione accolta dall’art.18, comma 1 o , della l. 31 maggio 1995, n. 218, a normadel quale, « [s]e nell’ordinamento dello Stato richiamato(...) coesistono più sistemi normativi a baseterritoriale o personale, la legge applicabile si determinasecondo i criteri utilizzati da quell’ordinamen-NLCC 3/4-2009


[Art. 22] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 921in questo silenzio, che la decisione dei redattoridel regolamento rifletta, come per la Convenzionedi Roma, l’ampio favore di cui gode la soluzionein discorso nel diritto internazionaleprivato convenzionale ( 9 ) e il desiderio di evitare,attraverso la designazione diretta del sottosistemagiuridico statale competente, le difficoltàlegate alla ricerca e all’applicazione delle normedi diritto interlocale, agevolando così l’identificazionedella lex contractus in linea con gliobiettivi generali del regolamento ( 10 ).La scelta dei redattori, del resto, appare coerentecon l’opzione da essi accolta (sempre in lineadi continuità con la Convenzione) circa ilproblema del rinvio (art. 20). Quello del rinvio,beninteso, è un problema concettualmente distintoda quello esaminato in questa sede ( 11 ).Esso tuttavia prospetta, al pari di quello in esame,l’eventualità di un ricorso a norme « strumentali» dell’ordinamento richiamato. Tanto ladisposizione in commento quanto l’art. 20escludono ai propri fini l’impiego di dette norme,di fatto consentendo all’interprete di rinvenireper regola all’interno della disciplina comunitariatutti gli elementi necessari alla individuazionedella legge regolatrice del rapporto.2. – Quella adottata dalla norma in esame siconferma essere, anche alla luce di quanto appenaosservato, una soluzione di principio. Ciòto »; il comma 2 o della medesima disposizione aggiungeche qualora tali criteri non possano essere individuati,« si applica il sistema normativo con il qualeil caso di specie presenta il collegamento più stretto».( 9 ) V. in questo senso la Relazione Giuliano-Lagarde,sub art. 19. Fra le convenzioni elaborate in senoalla Conferenza dell’Aja di diritto internazionale privato(tutte consultabili nel sito http://www.hcch.net),soluzioni sostanzialmente corrispondenti a quella delreg. « Roma I » si trovano, ad es., nell’art. 17 dellaConvenzione del 14 marzo 1978 sulla legge applicabileai regimi patrimoniali fra i coniugi, nell’art. 19della Convenzione del 14 marzo 1978 sulla legge applicabileai contratti di intermediazione e alla rappresentanza,nell’art. 5 della Convenzione del 5 luglio2006 sulla legge applicabile ad alcuni diritti su strumentifinanziari detenuti presso un intermediario enell’art. 16 del Protocollo del 23 novembre 2007 sullalegge applicabile alle obbligazioni alimentari.( 10 ) V.il16 o considerando.( 11 ) In argomento, v. per tutti Ricci, Il richiamo diordinamenti plurilegislativi, cit., p. <strong>28</strong> ss.peraltro non implica che il regolamento escludasempre e in ogni caso la possibilità di fare appello,ai fini dell’applicazione delle sue norme, aldiritto interlocale.Tale eventualità si verifica, in particolare ( 12 ),là dove si tratti di risolvere, in sede di applicazionedel regolamento, questioni (preliminari)che quest’ultimo dichiara di non disciplinare (senon per qualche aspetto). È questo, fra gli altri,il caso della capacità ( 13 ).L’art. 13 stabilisce che rispetto a un contrattoconcluso tra persone che si trovano nello stessoPaese, una persona fisica, capace secondo lalegge di tale Paese, possa invocare la sua incapacitàrisultante « da un’altra legge » soltanto se,al momento della conclusione del contratto,l’altro contraente fosse a conoscenza di tale incapacitàol’abbia colpevolmente ignorata. Il regolamentonon detta alcun criterio atto ad identificarequesta « altra legge » e lascia dunqueche vengano in rilievo, a tal fine, le pertinentidisposizioni di conflitto del foro ( 14 ). Sembracorretto ritenere che nell’applicazione di queste( 12 ) Con riferimento alla Convenzione di Roma èstata affacciato, in dottrina, anche un altro possibileprofilo di rilevanza delle norme di conflitto interlocali.Queste –èstato sostenuto – potrebbero infatticoncorrere alla individuazione del Paese con cui ilcontratto presenta il collegamento più stretto, allorchési tratti di un Paese dotato di un ordinamentoplurilegislativo e si tratti dunque di stabilire con qualedelle diverse unità in questione la fattispecie risultapiù intensamente connessa; cfr. Ricci, Il richiamo diordinamenti plurilegislativi, cit., p. 202 s. La tesi, chepuò oggi essere riferita alle previsioni di cui all’art. 4,parr.3e4,delreg. « Roma I », suscita invero qualcheperplessità, specie perché –venendo prospettata perammettere l’impiego di norme di conflitto interlocaliai fini della individuazione della legge applicabile aquestioni di per sé stesse soggette (alla Convenzionee) al regolamento – essa prospetta una deroga « secca» all’art. 22 e sembra dunque porsi in contrastocon quest’ultima previsione la quale, testualmente,non contempla deroghe (altro, in effetti, è immaginarel’impiego del diritto interlocale per risolvere questionicui il regolamento si applica a titolo principale,e altro è ipotizzare una siffatta eventualità per questionidi per sé stesse estranee alla disciplina sovranazionale,affrontate nell’ambito di quest’ultima solo atitolo preliminare).( 13 )V.l’art. 1, par. 2, lett. a), del regolamento.( 14 )V.Marongiu Buonaiuti, supra, commentosub art. 13, par. 6.NLCC 3/4-2009


922reg. CE n. 593/2008[Art. 22]ultime si dovrà tener conto anche delle normeche, sempre nel foro, disciplinano il richiamo diordinamenti plurilegislativi, a prescindere dalfatto che tali norme utilizzino la « via diretta »scelta dal regolamento o prevedano il ricorso alleregole di conflitto interlocali. A favore di questasoluzione – che in molti casi si presenteràpriva di alternative, visto che l’art. 22 risulta perregola incapace di individuare da solo l’« altralegge » di cui all’art. 13, in caso di ordinamentoplurilegislativo ( 15 ) – depone il fatto che, procedendonel modo indicato, viene salvaguardata,perlomeno nella prospettiva del foro, l’uniformitàdelle soluzioni in tema di capacità dellepersone fisiche: la capacità del contraente risulteràinfatti sottoposta alla medesima normativainfrastatuale, a prescindere dal fatto che la questionevenga affrontata a titolo principale o invia preliminare.3. – L’art. 22, par. 2, chiarisce che la disciplinacomunitaria non esige di essere applicata,negli Stati membri il cui ordinamento privatisticosi compone di più unità territoriali, aiconflitti di leggi che riguardano unicamente taliunità ( 16 ). La norma implicitamente riconosceche rapporti collegati in via esclusiva a due opiù unità territoriali di uno stesso Stato membronon integrano, se osservate dal punto di vistadi quel medesimo Stato membro, delle « circostanzeche comportino un conflitto di leggi »ai sensi dell’art. 1, par. 1, del regolamento ( 17 ).( 15 )Seè vero che il regolamento non reca alcuncriterio di collegamento teso ad identificare la leggeapplicabile alla capacità dei contraenti <strong>agli</strong> effetti dell’art.13, diviene impossibile in partenza identificarenel regolamento delle norme localizzatrici capaci diidentificare, in caso di ordinamento plurilegislativo,la normativa infrastatuale a cui la questione deve ritenersisoggetta.( 16 ) La norma riprende pressoché alla lettera l’art.19, par. 2 della Convenzione, e rinviene – come ilpar. 1 – numerosi riscontri nel diritto internazionaleprivato convenzionale (v. per tutti l’art. 20 della citataConvenzione del 14 marzo 1978 sulla legge applicabileai contratti di intermediazione e alla rappresentanza).Anche il reg. « Roma II » contiene, all’art.25, par. 2, una soluzione identica a quella già rinvenibilenella Convenzione di Roma.( 17 ) Sul significato da attribuire al concetto di « internazionalità»aifini del regolamento, v. più ampiamenteBertoli, supra, commento sub art. 1, I, par. 3.Simili situazioni, in effetti, benché diano luogoad un conflitto fra sistemi normativi diversi (erivestano dunque un « interesse » internazionalprivatistico,quanto meno per quantoconcerne i metodi che possono essere impiegatiper risolvere detto conflitto) non rientrano ingenerale nel novero delle fattispecie che la Comunitàpretende di disciplinare ( 18 ), tanto piùove si tratti di settori, come quello in esame, incui l’adozione di misure da parte delle istituzioniè espressamente confinata ai casi che presentano« implicazioni transfrontaliere » ( 19 ).Priva, a questo titolo, di una reale valenza precettiva,la norma dell’art. 22, par. 2, prende attoche l’eventuale estensione del regime sovranazionalea questa categoria di situazioni è rimessaad una libera determinazione dei singoliStati membri ( 20 ).Avvalersi di tale facoltà –come ha fatto ilRegno Unito con riferimento alla Convenzione( 18 ) V. ad es. Papadopoulou, Situations purementinternes et droit communautaire: un instrumentjurisprudentiel à double fonction ou une arme à doubletranchant?, inCahiers droit eur., 2002, p. 95 ss., eIdot, Variations sur le domaine spatial du droit communautaire,inLe droit international privé: esprit etméthodes. Mélanges en l’honneur de Paul Lagarde,Paris, 2005, p. 431 ss.( 19 )L’espressione è quella che si legge nell’art. 65del Tratt. CE. Per Borrás, Diritto internazionale privatocomunitario e rapporti con Stati terzi, inDirittointernazionale privato e diritto comunitario, a cura diPicone, Padova, 2004, p. 474, tale espressione vale adescludere dalla emprise del diritto comunitario inquesto campo le situazioni puramente interne relativead uno Stato membro, « anche se questo ha un ordinamentoplurilegislativo ».( 20 ) Diversa, sul punto, sembra essere l’opinionedi alcuni commentatori del regolamento. Per Ubertazzi,Il regolamento Roma I sulla legge applicabilealle obbligazioni contrattuali, Milano, 2008, p. 58 s., eper la dottrina ivi citata, se non fosse stata inserita nelregolamento questa parte della disposizione (l’originariaProposta della Commissione, in effetti, ne erapriva), gli Stati membri vincolati dal regolamentoavrebbero dovuto applicare le norme ivi stabilite ancheai conflitti interni alla propria vita giuridica. Adavviso di chi scrive, e come è detto supra, nel testo,l’omissione non avrebbe tuttavia prodotto tale conseguenza,essendo i conflitti interlocali (se osservati dal« punto di vista » dell’ordinamento plurilegislativo inquestione) estranei tout court alla sfera del reg. CE n.593/2008.NLCC 3/4-2009


[Art. 23] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 923di Roma ( 21 ) – può avere in realtà delle ricadutepositive sul conseguimento dei fini di certezzadelle situazioni <strong>giuridiche</strong> e di armonia internazionaledelle soluzioni che ispirano lostesso regolamento. Un medesimo rapporto,implicante un mero conflitto interlocale se consideratonella prospettiva dello Stato membroin cui si situano tutti i relativi elementi, verràinfatti ricondotto – se osservato nella prospettivadi un altro Stato membro, vincolato dal regolamento– alla disciplina comunitaria: da taleangolatura, infatti, il rapporto assume senz’altroil carattere di « internazionalità»cui alludel’art. 1, par. 1, quando parla di « circostanzeche comportano un conflitto di leggi » ( 22 ). Lapossibilità di vedere applicata ad un simile rapportola medesima disciplina di conflitto ( 23 ),( 21 ) Ai sensi dell’art. 2, par. 3, del Contracts (ApplicableLaw) Act del 26 luglio 1990, reperibile nellabanca dati dell’Office of Public Sector Informationbritannico (http://www.opsi.gov.uk), « [n]otwithstandingArticle 19(2) of the Rome convention », ladisciplina convenzionale « shall apply in the case ofconflicts between the laws of different parts of theUnited Kingdom ».( 22 ) Baratta, La Convenzione di Roma sulla leggeapplicabile alle obbligazioni contrattuali, inIl dirittoprivato dell’Unione europea, a cura di Tizzano, II, Torino,2000, p. 1380.( 23 )L’eventuale « estensione » del regime regolamentareai conflitti interlocali interni ad uno Statomembro implica, in linea di principio, anche la necessitàdi un raccordo sul piano interpretativo fra leoltre a tradursi in una semplificazione del quadronormativo, renderebbe irrilevante sul pianopratico la circostanza che la questione dellaindividuazione della legge applicabile al rapportovenga affrontata dalla prospettiva dell’ordinamentoplurilegislativo in cui la fattispecierisulta incardinata, o dalla prospettiva di un altroStato membro.Pietro Franzinanorme del regolamento e quelle, ad esse corrispondenti,applicabili per volontà dello Stato membro inquestione ai conflitti interlocali. L’opportunità di untale raccordo risulta avvertita nell’ambito dell’esperienzabritannica ricordata in precedenza: l’art. 3,par. 1, del già menzionato Contracts (Applicable Law)Act precisa, senza distinguere a seconda che la Convenzionesia applicabile proprio vigore, o meno, che« [a]ny question as to the meaning or effect of anyprovision [della Convenzione di Roma] shall, if notreferred to the European Court (...), be determinedin accordance with the principles laid down by, andany relevant decision of, the European Court ». A taleesigenza di raccordo fa riscontro, in generale, lapossibilità, per le giurisdizioni nazionali abilitate a« dialogare » con la Corte di giustizia ai sensi dell’art.234 del Tratt. CE, di sollecitare l’interpretazione invia pregiudiziale delle norme comunitarie riprodotteo richiamate dal diritto nazionale; v. in proposito, ancheper le condizioni cui deve in generale ritenersisubordinata l’ammissibilità di un rinvio in casi siffatte,Corte giust. CE 18 ottobre 1990, cause riunite<strong>29</strong>7/88 e 197/89, Dzodzi, inRaccolta, 1990, p. I-3763ss., punti 36 ss., e Corte giust. CE 8 novembre 1990,causa 231/89, Gmurzynska-Bscher, ivi, p. I-4003 ss.,punti 15 ss.Art. 23.(Relazioni con altre disposizioni del diritto comunitario)Fatto salvo l’articolo 7, il presente regolamento non pregiudica l’applicazione delle disposizionidell’ordinamento comunitario che, con riferimento a settori specifici, disciplinino i conflittidi legge in materia di obbligazioni contrattuali.Sommario: 1. Raffronto con la disposizione contenutanell’art. 20 della Convenzione di Roma: mutamento diprospettiva derivante dalla mutata natura giuridicadello strumento. – 2. Individuazione della categoria didisposizioni alle quali la norma si riferisce: disposizionirelative a settori specifici, che disciplinino i conflittidi legge; inidoneità della norma a riferirsi a principigenerali dell’ordinamento comunitario, che contenganoregole di conflitto implicite. – 3. Segue: inidoneitàdella norma a ricomprendere norme di diritto materialecontenute in atti comunitari; eventuale rilevanza,riguardo a queste ultime, di altre disposizioni del regolamento.– 4. Eventuale incidenza del mancato riferimentoalle norme contenute nelle legislazioni nazio-NLCC 3/4-2009


924reg. CE n. 593/2008[Art. 23]nali armonizzate in attuazione di atti comunitari. – 5.L’eccezione relativa all’art. 7: mutamento di prospettivaper quanto attiene alla disciplina della legge applicabileai contratti di assicurazione.1. – La regola contenuta nell’art. 23 del reg.« Roma I » appare richiamare la disposizionegià contenuta nell’art. 20 della Convenzione diRoma, che affrontava sostanzialmente, pur trattandosidi una norma contenuta in una Convenzioneinternazionale anziché in un atto comunitario( 1 ), il medesimo problema del coordinamentocon altre norme di diritto internazionaleprivato in materia contrattuale di fonte comunitaria,adottando la stessa soluzione di principio,nel senso di prevedere la prevalenza di questeultime in quanto contenenti una disciplinaavente carattere di specialità ( 2 ).Al riguardo, pur sempre, non si può fare ameno di rilevare alcune sensibili differenziazionitra le due disposizioni. La prima, che appareevidente già dalla diversa rubrica delle due norme,è costituita dal mutato contesto normativo( 1 ) Con riferimento alle implicazioni della diversanatura giuridica dello strumento v. Salerno, supra,Note introduttive, I, par. 5 ss., e Marongiu Buonaiuti,supra, Note introduttive, II, parr. 3-4. Si vedaanche Franzina, infra, commento sub art. 24.( 2 ) V. al riguardo, tra gli altri, Sacerdoti, I rapporticon le altre convenzioni e con le norme di dirittocomunitario, inVerso una disciplina comunitaria dellalegge applicabile ai contratti, a cura di Treves, Padova,1983, p. 74 ss.; Id., Il coordinamento della Convenzionedi Roma con altre convenzioni e con il diritto comunitario,inLaConvenzione di Roma sul diritto applicabileai contratti internazionali 2 , a cura di Sacerdoti eFrigo, Milano, 1994, p. 77 s., spec. p. 84 ss.; Lagarde,Les limites objectives de la convention de Rome(Conflits de lois, primauté du droit communautaire,rapports avec les autres conventions),inLa Convenzionedi Roma sulla legge applicabile alle obbligazionicontrattuali, II. Limiti di applicazione. Lectio notariorum,a cura di Ballarino, Milano, 1994, p. 59 ss.;Stoppa, sub art. 20, inConvenzione sulla legge applicabilealle obbligazioni contrattuali (Roma, 19 giugno1980) – Commentario, a cura di Bianca e Giardina, inquesta Rivista, 1995, p. 1104 ss.; Villani, La Convenzionedi Roma sulla legge applicabile ai contratti 2 ,Bari, 2000, p. 12 ss.; Plender e Wilderspin, TheEuropean Contracts Convention. The Rome Conventionon the Choice of Law for Contracts 2 , London,2001, p. 7 s., p. 194 ss.; Martiny, inInternationalesVertragsrecht 2 , a cura di Reithmann e Martiny, Köln,2004, p. <strong>27</strong> s.di riferimento. Se, infatti, l’art. 20 della Convenzionedi Roma si rubricava, in termini in qualchemisura enfatici, « primato del diritto comunitario», l’art. 23 del regolamento adotta unarubrica che esclude la componente di gerarchianel rapporto tra le norme confliggenti che è insitanel concetto di primato, parlando in terminiorizzontali di « relazioni con altre disposizionidel diritto comunitario ». Il mutamento, come èevidente, discende dalla natura stessa di atto comunitariodel regolamento e, quindi, di disciplinaappartenente allo stesso ordinamento che lesue regole presentano, restando superate le questioniche avevano occupato la dottrina con riferimentoalla Convenzione di Roma, della quale,come è noto, si discuteva in ordine a quale fossel’esatta collocazione sistematica in rapporto aldiritto comunitario ( 3 ).2. – Ponendosi con evidenza il rapporto chela norma dell’art. 23 del regolamento intenderegolare interamente all’interno dell’ordinamentocomunitario, il solo criterio su cui si basala prevalenza delle regole contemplate dallanorma sulle disposizioni del regolamento apparecostituito dalla specialità ratione materiae.Non sembra, infatti, che possano rilevare, conriguardo alle regole prese in considerazione dallanorma, rapporti di carattere gerarchico rispettoalle disposizioni contenute nel regola-( 3 ) La questione è stata ampiamente discussa indottrina, con particolare riferimento all’esistenza edalla rilevanza di un collegamento sistematico dellaConvenzione con gli obiettivi indicati dall’art. 220(ora <strong>29</strong>3) del Tratt. CE e specificamente alla finalitàche con essa si è perseguita di completare sul pianodella legge applicabile la disciplina già introdotta conriferimento alla competenza giurisdizionale e il riconoscimentodelle decisioni mediante la Convenzionedi Bruxelles del 1968. Si vedano in proposito, oltrealla Relazione Giuliano-Lagarde, Considerazioni introduttive,punto 2; Giuliano, Osservazioni introduttive,inVersouna disciplina comunitaria della leggeapplicabile ai contratti, cit., p. xxi; Id., Origini dellaConvenzione, inLa Convenzione di Roma sulla leggeapplicabile alle obbligazioni contrattuali, Milano,1983, p. 5 ss.; Sacerdoti, Finalità e caratteri generalidella Convenzione di Roma. La volontà delle parti comecriterio di collegamento, inLa Convenzione di Romasul diritto applicabile ai contratti internazionali,cit., p. 2 ss.; Villani, La Convenzione di Roma, cit.,p. 8 s.; Plender e Wilderspin, The European ContractsConvention, cit., p. 3 ss.NLCC 3/4-2009


[Art. 23] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 925mento. Invero, la norma, nel fare riferimento alledisposizioni dell’ordinamento comunitarioche, con riferimento a settori specifici, disciplininoi conflitti di legge in materia di obbligazionicontrattuali, non sembra potersi dirigere anorme di diritto comunitario primario, vale adire contenute nei trattati istitutivi, che, inquanto tali, occupano una posizione sovraordinatarispetto <strong>agli</strong> atti adottati dalle istituzioni. Intali norme, infatti, si trova il fondamento dellacompetenza di queste ultime ad adottare dettiatti e, conseguentemente, la conformità a tali disposizioniè requisito di legittimità degli attistessi ( 4 ).A questo proposito, occorre rilevare che,mentre è pacifica l’assenza nel Tratt. CE di disposizioniche disciplinino espressamente i conflittidi legge, da più parti è stata ravvisata lapresenza di norme del Trattato che recherebberoal proprio interno regole di conflitto implicite,volte a favorire l’applicazione di una leggeche presenti con il rapporto da regolare un collegamentomaggiormente funzionale al perseguimentodegli obiettivi di disciplina materialeche le norme stesse perseguono. Al riguardo,deve essere rilevato che difficilmente tali normepotrebbero essere fatte rientrare nel riferimentooperato dall’art. 23 del regolamento, e ciò per ilmotivo che se, da una parte, la norma in questionesi presenta più ampia nel suo enunciatorispetto all’art. 20 della Convenzione, in quantofa riferimento indistintamente a « disposizioni( 4 ) Si rimanda per questi profili di carattere generalealle trattazioni istituzionali di diritto comunitario,tra cui, per limitarsi ad alcuni riferimenti, Daniele,Diritto dell’Unione europea 2 , Milano, 2007, p. 108ss.; Gaja, Introduzione al diritto comunitario, Bari,2007, p. 97 ss.; Strozzi, Diritto dell’Unione europea,Parte istituzionale 4 , Torino, 2009, p. 225 ss.; Tesauro,Diritto comunitario 4 , Padova, 2005, p. 83 ss.;Villani, Istituzioni di diritto dell’Unione europea,Bari, 2008, p. 197 ss.; per quanto attiene specificamentealla ricostruzione di una gerarchia delle fontiall’interno dell’ordinamento comunitario, tra gli altri,Tizzano, La gerarchia delle norme comunitarie, inDir. Unione eur., 1996, p. 57 ss.; più recentemente,con riferimento anche alle innovazioni prospettatedal Trattato costituzionale europeo, Acconci, Qualegerarchia delle fonti nel nuovo diritto dell’Unione?,ivi, 2005, p. 253 ss.; Cannizzaro, Gerarchia e competenzanel sistema delle fonti dell’Unione europea,ibidem, p. 651 ss.del diritto comunitario » anziché specificamentea quelle contenute in atti comunitari o nellelegislazioni nazionali armonizzate in esecuzionedi questi, pur sempre la norma fa riferimento adisposizioni che hanno per proprio specificooggetto di regolare i conflitti di legge e non già anorme aventi oggetto e finalità diversi. Con riferimentoa quest’ultimo profilo, deve essere osservatoche l’interpretazione alla quale si allude,per la quale determinate norme del Tratt. CE, esegnatamente quelle relative alle libertà fondamentalidi circolazione delle merci, servizi, personee capitali, conterrebbero delle regole diconflitto implicite, volte ad assicurare l’applicazionedi una determinata legge, tipicamente –nelle ipotesi più frequentemente discusse dellacircolazione dei beni e della prestazione di servizi– quella del Paese in cui è stabilito il produttoreo, rispettivamente, il prestatore del servizio,non appare persuasiva. Si deve, infatti, osservareche la logica nella quale operano le normein questione è meramente quella di individuarei soggetti e le fattispecie alle quali si applicala disciplina materiale posta dal Trattato enon già di indicare la legge dell’uno ovvero dell’altroStato membro come applicabile a talisoggetti o rapporti ( 5 ).( 5 ) La questione dell’idoneità di determinate normedel Tratt. CE a contenere delle norme di conflittoimplicite è stata ampiamente discussa in dottrina, conparticolare riguardo al diritto delle società, a seguitodi Corte giust. CE 9 marzo 1999, causa 212/97, Centros,inRaccolta, 1999, I-1459 ss., Corte giust. CE 5novembre 2002, causa 208/00, Überseering, ivi, 2002,p. I-9919 ss. e Corte giust. CE 30 settembre 2003,causa 167/01, Inspire Art, ivi, 2003, p. I-10155 ss., daBenedettelli, Diritto internazionale privato dellesocietà e ordinamento comunitario, inDiritto internazionaleprivato e diritto comunitario, a cura di Picone,Padova, 2004, p. 205 ss.; Contaldi, Libertà di stabilimentodelle società e norme nazionali di conflitto, inIl diritto privato dell’Unione europea 2 , a cura di Tizzano,t. II, Torino, 2006, p. 1325 ss. In proposito, laCorte di giustizia in una recente sentenza del 16 dicembre2008, causa 210/06, Cartesio, non ancorapubblicata in Raccolta ma reperibile, con le conclusionidell’avv. gen. Poiares Maduro presentate il 22maggio 2008, nel sito della Corte (http://curia.europa.eu),ha affermato che le norme del Tratt. CE inmateria di diritto di stabilimento non ostano al mantenimentonella legge interna di uno Stato membro didisposizioni che subordinano il trasferimento dellasede principale di una società in un Paese diverso alNLCC 3/4-2009


926reg. CE n. 593/2008[Art. 23]Inoltre, appare problematico configurare lenorme del Tratt. CE alle quali si allude comenorme che si riferiscano a settori specifici e cheriguardino la materia delle obbligazioni contrattuali.Infatti, per quanto sicuramente il contrattosia lo strumento giuridico attraverso il qualepiù frequentemente si attuano, nei rapporti tramutamento di nazionalità della società stessa, con ciòimplicitamente riconoscendo che le norme del Trattatonon incidono direttamente sulle norme di dirittointernazionale privato degli Stati membri. Un analogodibattito si è sviluppato con riguardo all’incidenzasui sistemi di diritto internazionale privato degli Statimembri del principio dello Stato d’origine, desuntoin via interpretativa dal principio del mutuo riconoscimentoaffermato nella giurisprudenza comunitariaa partire da Corte giust. CE 20 febbraio 1979, causa120/78, Rewe,inRaccolta, 1979, p. 649 ss., relativa alcaso Cassis de Dijon. Si vedano al riguardo, tra gli altri,Boschiero, Verso il rinnovamento e la trasformazionedella Convenzione di Roma: problemi generali,in Diritto internazionale privato e diritto comunitario,a cura di Picone, Padova, 2004, p. 369 ss., con particolareriferimento alla dir. 2000/31/CE sul commercioelettronico, ambito nel quale la questione si ponecon maggiore rilevanza, data la facilità con la qualeattraverso la rete telematica un prestatore di servizi sipuò trovare a concludere contratti con soggetti residentiin altri paesi. Si vedano, per diverse posizioni inproposito, Benedettelli, Connecting Factors, Principlesof Coordination Between Conflict Systems, Criteriaof Applicability: Three Different Notions for a« European Community Private International Law »,in Dir. Unione eur., 2005, p. 424 ss., il quale tende avedere nel principio in questione più un criterio diapplicabilità della disciplina comunitaria, che una verae propria regola di diritto internazionale privato,che risulterebbe estranea alla logica materiale nellaquale operano le norme del Trattato; Heuzé, De lacompétence de la loi du pays d’origine en matière contractuelleou l’anti-droit européen, inLe droit internationalprivé: esprit et méthodes. Mélanges en l’honneurde Paul Lagarde, Paris, 2005, p. 404 ss., per unaforte critica della tesi che tende a vedere nel principiodello Stato d’origine una regola implicita di dirittointernazionale privato; Audit, Régulation du marchéintérieur et libre circulation des lois,inJourn. dr. internat.,2006, p. 1358 ss.; Ballarino e Mari, Uniformitàe riconoscimento. Vecchi problemi e nuove tendenzedella cooperazione giudiziaria nella Comunià europea,in Riv. dir. internaz., 2006, p. 7 ss.; Mansel, Anerkennungals Grundprinzip des Europäischen Rechtsraums,inRabels Zeitschrift, 2006, p. 651 ss.; Muir-Watt, Aspects économiques du droit internationalprivé, inRec. Cours, 2004, vol. 307, p. 190 ss.privati, le libertà contemplate dal Trattato, siache si tratti della circolazione dei beni, i quali,evidentemente, in tanto si trovano a circolarematerialmente tra gli Stati membri in quantoformino oggetto di contratti di vendita o di distribuzionetra parti stabilite in Stati membri diversi,sia che si tratti della circolazione di servizi,ovvero di capitali ed anche di persone, soloche si pensi ai lavoratori subordinati, non è certola materia delle obbligazioni contrattuali l’oggettodelle norme in questione, le quali, per dipiù, prendono in considerazione categorie dirapporti economici ampiamente delineate, alpunto di poter difficilmente essere consideratecome relative a settori specifici ( 6 ).( 6 ) Nel senso che le norme che rilevano ai presentifini sono quelle che hanno per oggetto di stabilireuna disciplina di conflitto speciale per determinatecategorie di contratti si erano espressi i commentatoridella disposizione dell’art. 20 della Convenzione diRoma, che adottava la diversa formula « in materieparticolari », che, tuttavia, si può considerare di portataequivalente a quella utilizzata nel regolamento.Si vedano, in particolare, Sacerdoti, I rapporti conle altre convenzioni, cit., p. 74 ss.; Id., Il coordinamentodella Convenzione di Roma, cit., p. 84 s.; Lagarde,Les limites objectives de la convention de Rome, cit.,p. 60; Stoppa, sub art. 20, cit., p. 1107 s. Con riferimentoall’art. 23 del regolamento, identifica senz’altronel diritto comunitario derivato l’oggetto del riferimentocompiuto dalla norma alle disposizioni dell’ordinamentocomunitario Ubertazzi, Il regolamentoRoma I sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali,Milano, 2008, p. 25 ss.; nello stesso senso,Lagarde e Tenenbaum, De la convention de Romeau règlement Rome I, inRev. crit. dr. internat. privé,2008, p. 731 s., i quali osservano che la prevalenzadel diritto comunitario primario sulle norme contenutein atti di diritto derivato può essere considerataun dato acquisito sul quale la trasformazione dellaConvenzione in regolamento non incide. Si vedanoanche, con riferimento alla proposta di regolamento– che, sul punto recava una fomulazione sensibilmentepiù articolata, facendo riferimento, nell’art. 22, adatti comunitari recanti una disciplina sia di conflittodi leggi, sia di diritto materiale uniforme, sia, infine,volte a favorire il buon funzionamento del mercatointerno ove non applicabile congiuntamente alla leggedesignata dalle norme di diritto internazionale privato– Cannone, Rapporti della proposta di reg. « RomaI » con le altre disposizioni rilevanti di diritto comunitarioe con le convenzioni internazionali, inIlnuovo diritto europeo dei contratti: dalla Convenzionedi Roma al reg. « Roma I », Milano, 2007, p. 199 ss.;NLCC 3/4-2009


[Art. 23] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 9<strong>27</strong>Lagarde, Remarques sur la proposition de règlementde la Commission européenne sur la loi applicable auxobligations contractuelles (Rome I),inRev. crit. dr. internat.privé, 2006, p. 331 ss., spec. p. 347 s.;Mankowski, Der Vorschlag für die Rom I-Verordnung,inIPRax, 2006, p. 112 s. Sottolinea come il riferimentoad altri strumenti contenenti disposizionivolte a favorire il buon funzionamento del mercatointerno, scomparso dalla norma dell’art. 23 del regolamento,sia invece presente nel 40 o considerando, rilevandocome tale riferimento non chiarisca l’incidenzadei principi inerenti al mercato interno sul funzionamentodella disciplina di conflitto, GarcimartínAlférez, The Rome I Regulation: Much adoabouth nothing?, inEur. Legal Forum, 2008, I, p. 66.( 7 ) Come appare doversi desumere sia dall’ampiezzadella formulazione adottata nella disposizione,sia dal preambolo del regolamento, nel quale, al 40 oconsiderando, si precisa che il regolamento non escludela possibilità di inserire regole di conflitto relativealle obbligazioni contrattuali nell’ambito di disposizionicomunitarie concernenti materie particolari.3. – Dovendo, quindi, il riferimento operatodall’art. 23 del regolamento intendersi essenzialmenteriferito a disposizioni contenute in altriatti comunitari, siano essi adottati precedentementeovvero successivamente al regolamento( 7 ), come tali pariordinate a quest’ultimo anchese aventi diversa natura, come nel caso, particolarmentefrequente, di disposizioni contenutein direttive, appare opportuno interrogarsisulla portata concreta del riferimento a normeche disciplinino i conflitti di legge in materia diobbligazioni contrattuali.La questione, già postasi con riguardo all’analogaformula contenuta nell’art. 20 della Convenzionedi Roma, assume una sensibile rilevanza,ove si consideri che frequentemente gli attiadottati dalla Comunità per introdurre regolespecifiche con riguardo a determinate categoriedi contratti, in particolare in relazione a quellefigure contrattuali nelle quali si pone uno specificoobiettivo di carattere materiale – tipicamentein termini di protezione della parte debole –non contengono esclusivamente regole di dirittointernazionale privato. Bensì, prevalentemente,introducono regole di carattere sostanziale,alle quali talvolta si affiancano delle norme diconflitto, aventi tendenzialmente carattere strumentaleall’applicazione delle norme materialicontenute nell’atto stesso. A fronte di questa articolazionedella realtà normativa, appare opportunoun approccio selettivo, teso ad individuare,nell’ambito di ciascun atto, le disposizioniche propriamente recano una disciplina diconflitto di leggi, recando in sostanza dei criteriper l’individuazione della legge applicabile alleobbligazioni contrattuali relativamente a un materiaparticolare, come possono essere i contratticonclusi dai consumatori nelle loro diverse tipologie,ovvero i contratti individuali di lavoro.In relazione a tali disposizioni, è un evidentecriterio di specialità ratione materiae a giustificarnela prevalenza sulla disciplina generale diconflitto in materia di obbligazioni contrattualiapprestata dal regolamento, e ciò anche se la disciplinadi conflitto in esse contenuta si possa rivelaresistematicamente non omogenea rispettoa quella recata dal regolamento, per esempioadottando un approccio inter partes, volto adassicurare comunque l’applicazione della disciplinaprotettiva posta dalle disposizioni materialicontenute nel singolo atto comunitario perquella data categoria di contratti, anziché ergaomnes come avviene nel regolamento ( 8 ).Per quanto concerne, invece, le disposizioniche dettano una disciplina di carattere materiale,la regola dell’art. 23 del regolamento non haragione di applicarsi, in quanto dette regole,proprio in quanto si pongono su di un pianodifferente, non sono a rigore idonee ad interferirecon l’applicazione del regolamento. Nonpare al riguardo persuasiva la tesi che vedrebbeanche tali norme ricomprese nella previsione dicui all’art. 23, sulla base dell’argomentazioneche anche tali regole per loro natura avrebberoad oggetto la disciplina delle obbligazioni contrattualiin una data materia in situazioni che( 8 ) Si veda, per un sintetico quadro delle disposizionicontenute in atti comunitari recanti la disciplinaspecifica di determinate categorie contrattuali, conparticolare riferimento ai contratti di assicurazione eai contratti conclusi dai consumatori, Basedow, Spécificitéet coordination du droit international privécommunautaire, inTrav. du Comité français, 2002-2004, p. <strong>27</strong>5 ss., il quale rileva il carattere frammentarioe scarsamente coordinato di tale disciplina, nellaquale le disposizioni di conflitto hanno tendenzialmenteun ruolo strumentale rispetto alle finalità materialidella disciplina contenuta nel singolo strumento.Si veda al riguardo anche Borrás, Le droit internationalprivé communautaire: réalités, problèmes etperspectives d’avenir, inRec. Cours, 2005, vol. 317,pp. 393 ss. e 4<strong>27</strong> s.NLCC 3/4-2009


9<strong>28</strong>reg. CE n. 593/2008[Art. 23]( 9 ) La tesi della prevalenza delle disposizioni di dirittomateriale uniforme relative a determinate categoriedi contratti era stata sostenuta, con riguardo all’art.20 della Convenzione di Roma, da Pocar, Campodi applicazione della Convenzione di Roma del 19giugno 1980 sulla legge applicabile alle obbligazionicontrattuali, inForo pad., 1987, II, c. 2 s., osservandoche in presenza di tali norme verrebbe meno la situazionedi conflitto di leggi. Tale tesi era stata sostenutaanche da Sacerdoti, I rapporti con le altre convenzioni,cit., p. 74 s.; Id., Il coordinamento con altre convenzioni,cit., p. 84 s., osservando, diversamente, chequeste norme, attraverso le disposizioni di diritto internazionaleprivato che le accompagnano e ne stabilisconoi limiti di applicazione, possono comportarel’esclusione dell’applicazione della disciplina generaledi conflitto o, comunque, avere un’incidenza sullasua applicazione. Deve essere al riguardo rilevato chela presenza di dette disposizioni di conflitto, alle qualiin senso proprio deve essere riconosciuta la prevalenzaaccordata dalla norma, è di per sé sufficiente adassicurare l’applicazione della disciplina di dirittomateriale uniforme alla quale esse si riferiscono, senzache a tale disciplina debba essere accordata un’autonomaprevalenza sulla disciplina generale di dirittointernazionale privato.comportano un conflitto di leggi ( 9 ). Infatti, deveessere innanzitutto rilevato che più frequentementele norme di carattere materiale contenutenegli atti di cui si discute non sono in sensoproprio delle norme di diritto internazionaleprivato materiale, vale a dire norme di caratteresostanziale destinate ad applicarsi specificamentealle fattispecie che presentano caratteri diestraneità rispetto ad un singolo ordinamento,come ad esempio avviene in alcune convenzionidi diritto materiale uniforme. Le norme di cui sidiscute, infatti, tendenzialmente regolano indifferentementetutti i contratti rientranti nel loroambito di applicazione, siano essi puramente internio internazionali. Inoltre, anche ove essepresentassero tale carattere, limitandosi a regolarele fattispecie presentanti carattere di estranietà,deve rilevarsi che regole siffatte non puòdirsi a stretto rigore che « disciplinino i conflittidi legge ». Infatti, come è noto, le norme di dirittointernazionale privato materiale risolvonoil problema della disciplina di situazioni che sipresentano collegate con più ordinamenti ricorrendoa un metodo che è diverso da quello dellenorme di conflitto. Esse superano, in effetti, ilproblema di determinare quale delle diverseleggi in conflitto debba applicarsi, e cioè, per riprenderele parole utilizzate dalla norma in esame,di disciplinare il conflitto di leggi, dettandoesse stesse la disciplina materiale del rapporto,escludendo le leggi statali potenzialmente applicabili( 10 ).Piuttosto, la prevalenza della disciplina di caratteremateriale, contenuta nelle disposizionidegli atti comunitari applicabili in materia, sullalegge resa applicabile per effetto delle disposizionidel regolamento potrà essere assicurata daun’altra disposizione di questo, che più specificamenteaffronta il diverso problema della prevalenzadi tali norme, ove aventi carattere imperativo,non già sulle norme del regolamento inquanto tale, con le quali, trattandosi di normemeramente strumentali, un’incompatibilità insenso proprio non potrebbe sussistere, bensìsulle norme della legge resa applicabile in baseal regolamento stesso, ove, come ben può avvenirein considerazione del carattere erga omnesdella disciplina da questo dettata, si tratti dellalegge di un Paese non membro, come tale nonsoggetta al primato di tali norme e potenzialmenteinidonea ad assicurare una tutela soddisfacentedegli interessi da esse salvaguardati.Tale eventualità èinfatti contemplata, seppurelimitatamente ai casi in cui la sottoposizione delcontratto alla legge di un Paese terzo derivi dal-( 10 ) Si veda, per un’illustrazione delle caratteristichedelle regole materiali di diritto internazionale privato,Batiffol, Le pluralisme des méthodes en droitinternational privé, inRec. Cours, 1973, vol. 139, p.113 ss.; con specifico riferimento al rapporto tra convenzioniinternazionali recanti una disciplina di dirittomateriale uniforme e norme di diritto internazionaleprivato, Vitta, International Conventions andNational Conflicts Systems, ivi, 1969, vol. 126, p. 187ss.; Pamboukis, Droit international privé holistique:droit uniforme et droit international privé, in Rec.Cours, 2007, vol. 330, p. 176 ss. e, con specifico riferimentoal coordinamento tra regole di diritto materialee regole di diritto internazionale privato all’internodella disciplina comunitaria, p. 2<strong>28</strong> ss. Del tuttodiverso dal metodo in questione è quello detto delleconsiderazioni materiali nel diritto internazionaleprivato, come tale intendendosi il ricorso a regole didiritto internazionale privato le quali sono concepite– prevedendo, ad esempio, un concorso alternativotra criteri di collegamento – in funzione del perseguimentodi un dato risultato materiale: si veda, al riguardo,per tutti, Picone, Les méthodes de coordinationentre ordres juridiques en droit international privé,inRec. Cours, 1999, vol. <strong>27</strong>6, p. 84 ss.NLCC 3/4-2009


[Art. 23] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 9<strong>29</strong>la volontà delle parti e, inoltre, si tratti di uncontratto che sotto ogni altro aspetto si presentacollegato unicamente con uno o più Stati membridella Comunità, dall’art. 3, par. 4 del regolamento,il quale prevede che in tali casi l’applicazionedella legge di un Paese terzo non possaportare pregiudizio alle disposizioni del dirittocomunitario che presentano carattere inderogabiledalla volontà delle parti ( 11 ).( 11 ) La norma (su cui v. Biagioni, supra, commentosub art. 3, II, par. 5 s.) persegue la finalità di evitarel’elusione di norme comunitarie aventi carattereimperativo mediante la scelta delle legge di un Paeseterzo, ponendosi quindi dichiaratamente su di unpiano ben diverso da quello del coordinamento tradiverse disposizioni di diritto internazionale privatosul quale opera l’art. 23 del regolamento. La normadell’art. 3, par. 4, ha formato oggetto di osservazionicritiche in dottrina, in quanto tende a imporre l’applicazionedi tali disposizioni anche oltre i limiti daesse stesse posti alla propria applicazione, facendoassumere sostanzialmente ad esse il carattere di normed’applicazione necessaria. Non appare, inoltre,coerente con la funzione propria della norma di porreun limite alla scelta di legge operata dalle parti laprevisione per cui dovrà aversi riguardo, ove del caso,alla forma in cui tali disposizioni sono attuate nelloStato membro del foro, anziché nello Stato la cuilegge sarebbe stata applicabile in assenza di scelta,posto che, trattandosi di fattispecie interamente collegatacon Stati membri, i criteri di collegamento oggettivinon potrebbero evidentemente portare che all’applicazionedella legge di uno Stato membro. Sivedano al riguardo, tra gli altri, Boschiero, Normeinderogabili, « disposizioni imperative del diritto comunitario» e « leggi di polizia » nella proposta di reg.« Roma I », inIl nuovo diritto europeo dei contratti,cit., p. 118 ss.; Ballarino, Dalla Convenzione di Romadel 1980 al regolamento Roma I, inRiv. dir. internaz.,2009, p. 40 ss., spec. p. 52; Cheshire, North eFawcett, Private International Law 14 , a cura diFawcett, Carruthers e North, Oxford, 2008, p. 697 s.;Garcimartín Alférez, The Rome I Regulation, cit.,p. 65; Lagarde, Remarques sur la proposition de règlement,cit., p. 337 s.; Lagarde e Tenenbaum, Dela convention de Rome au règlement Rome I, cit., p.737 s.; Lando e Nielsen, The Rome I Regulation, inCommon Market Law Rev., 2008, p. 1687 ss., spec. p.1718 s.; Mankowski, Der Vorschlag für die RomI-Verordnung, cit., p. 102; Radicati di Brozolo eSalerno, Verso un nuovo diritto internazionale privatodei contratti in Europa, inLa legge applicabile aicontratti nella proposta di reg. « Roma I », cit., p. 7;Ubertazzi, Il regolamento Roma I, cit., p. 67; Wilderspin,The Rome I Regulation: Communitarisation4. – Un’altra questione sollevata dalla formulazioneadottata nella norma dell’art. 23 del regolamentoè costituita dalla estensibilità dellaprevalenza che essa accorda anche a norme chenon sono strettamente parte dell’ordinamentocomunitario, bensì sono poste in essere dai singoliordinamenti degli Stati membri allo scopodi dare attuazione a norme comunitarie che nonsiano direttamente applicabili negli ordinamentidegli Stati membri.Tale questione, come è noto, non si ponevarelativamente alla più precisa formulazione dell’art.20 della Convenzione di Roma, il qualeespressamente estendeva la prevalenza accordataalle disposizioni contenute negli atti posti inessere dalle istituzioni comunitarie anche allenorme della legislazione statale armonizzata inesecuzione di tali atti. Pur sempre, deve osservarsiche, nella norma della Convenzione appenarichiamata, l’aggiunta di una tale precisazionetrovava giustificazione nel rischio di una letturapotenzialmente restrittiva alla quale avrebbepotuto prestarsi un riferimento che fosse direttounicamente alle norme contenute negli atticomunitari. Come già rilevato, l’art. 23 del regolamentosi richiama invece più genericamentealle disposizioni dell’ordinamento comunitario,senza specificarne la natura. A fronte della maggioreampiezza della formulazione adottata dallanorma del regolamento, se da una parte è certoche le norme nazionali emanate in esecuzionedegli atti comunitari non mutano per ciò solo laloro natura di norme interne e non possonoquindi stricto sensu considerarsi come appartenentiall’ordinamento comunitario, dall’altranon appare peregrino sostenere che un argomentodi carattere teleologico, basato sul fineproprio della norma di favorire la prevalenzadella disciplina speciale di conflitto, giustifichiun’estensione dell’applicazione della norma anchea quelle disposizioni dell’ordinamento comunitarioche, in quanto sprovviste della direttaapplicabilità, necessitano di un’attuazione a livellonazionale ( 12 ).and modernisation of the Rome Convention, inERAForum, 2008, p. 264 s.( 12 ) Un argomento a sostegno di questa ricostruzionepuò essere tratto dalla Relazione Giuliano-Lagarde,sub art. 20, ove si afferma che le disposizioninazionali emanate al fine di adattare il diritto internoal contenuto di una direttiva comunitaria ne mutue-NLCC 3/4-2009


930reg. CE n. 593/2008[Art. 23]Una diversa interpretazione, peraltro, si porrebbein contrasto con l’effetto utile proprio ditali disposizioni, le quali hanno precisamente ilfine di istituire un regime di conflitto specialee, come tale, derogatorio rispetto alla disciplinagenerale in materia di legge applicabile alle obbligazionicontrattuali contenuta dapprima nellaConvenzione di Roma ed ora nel regolamentoin esame. È evidente che, se alle norme diconflitto relative a specifiche categorie contrattualicontenute in atti comunitari non direttamenteapplicabili, vale a dire in direttive comunitarie,non fosse consentito di prevalere sulladisciplina generale di conflitto recata dal regolamento,queste non potrebbero realizzare il fineloro proprio, rischiando anzi di rimaneredel tutto prive di un proprio ambito di applicazione,salvo, evidentemente, ove regolino categoriedi obbligazioni contrattuali che fuoriesconodall’ambito di applicazione del regolamento.rebbero in un certo senso il valore comunitario, in ciòtrovando giustificazione la prevalenza accordata a talinorme sulla disciplina di conflitto contenuta nellaConvenzione.( 13 ) In merito alla quale si veda Pizzolante, supra,commento sub art. 7. Questo profilo di differenziazionedella disciplina contenuta nell’art. 23 del regolamentorispetto all’art. 20 della Convenzione èsottolineato anche da Lagarde e Tenenbaum, De laconvention de Rome au règlement Rome I, cit., p. 766;Wilderspin, The Rome I Regulation, cit., p. <strong>27</strong>1.5. – Una più sensibile differenziazione dell’art.23 del regolamento rispetto alla precedentedisposizione dell’art. 20 della Convenzione èdettata dalla scelta del legislatore comunitariodi includere nell’ambito di applicazione del regolamentola disciplina della legge applicabile aicontratti di assicurazione relativi a rischi situatiin uno Stato membro, come pure a grandi rischianche situati in un Paese terzo, introducendo atal fine un’apposita disciplina di conflitto, contenutanell’art. 7 ( 13 ).Coerentemente con la scelta effettuata di inserirenel testo stesso del regolamento una disciplinaspeciale della legge applicabile ai contrattiin questione, la norma dell’art. 23 sottrae taledisciplina alla regola della prevalenza delle altredisposizioni dell’ordinamento comunitario cherechino regole di conflitto in materia, riducendocosì in misura considerevole l’ambito di applicazionedella disciplina speciale della leggeapplicabile ai contratti di assicurazione contenutanei diversi atti comunitari emanati in materia,la quale, pur sempre, è ripresa nelle sue lineeessenziali nel testo dell’art. 7 ( 14 ). Quest’ultimadisposizione tende in effetti a sostituire ladisciplina di conflitto contenuta in detti atti,che resterà applicabile in Danimarca, Statomembro il quale non è soggetto all’applicazionedel regolamento. La norma dell’art. 7 si presenta,infatti, destinata a regolare i contratti di assicurazionerelativi a rischi situati negli Statimembri, oltreché quelli relativi a grandi rischi,come definiti dalla dir. 1973/239/CEE ( 15 ), anchenon situati in uno Stato membro. Per dipiù, la norma del regolamento presenta un ambitodi applicazione più ampio rispetto alle disposizionicontenute nelle direttive comunitariein materia, in quanto prescinde dal presuppostoche si tratti di contratti conclusi con un assicuratorestabilito in uno Stato membro. Negli altricasi che fuoriescono dall’ambito di applicazionetanto della regola contenuta nell’art. 7 del regolamentoquanto della disciplina contenuta negliatti comunitari in questione, costituiti essenzialmentedai contratti di riassicurazione e dai contrattidi assicurazione relativi a rischi non situati( 14 ) Si vedano, per un quadro della disciplina dellalegge applicabile contenuta negli atti comunitari inmateria di contratti di assicurazione, tra gli altri, Pocar,Conflitti di leggi e di giurisdizioni in materia diassicurazioni nella Comunità economica europea, inRiv. dir. internaz. priv. e proc., 1987, p. 417 ss.; Celle,Le nuove norme di diritto internazionale privatoapplicabili ai contratti di assicurazioni merci relativi arischi localizzati nella CEE, inDir. comm. internaz.,1995, p. 165 ss.; Id., I contratti di assicurazione grandirischi nel diritto internazionale privato, Padova, 2000;Frigessi di Rattalma, Il contratto internazionale diassicurazione, Padova, 1990, p. 157 ss.; Id., La leggeapplicabile al contratto di assicurazione nell’attuazionedelle direttive comunitarie,inRiv. dir. internaz. priv. eproc., 1996, p. 19 ss.; Seatzu, Insurance in private internationallaw, Oxford, 2003, in particolare, perquanto attiene ai rapporti con la Convenzione di Roma,p. 91 ss.( 15 ) Prima direttiva del Consiglio, del 24 luglio1973, recante coordinamento delle disposizioni legislative,regolamentari e amministrative in materia diacceso e di esercizio dell’assicurazione diretta diversadall’assicurazione sulla vita (in G.U.C.E. n. L 2<strong>28</strong> del16 agosto 1973, p. 3 ss.).NLCC 3/4-2009


[Art. 24] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 931in uno Stato membro, si deve ritenere che possatrovare applicazione a titolo residuale, non operandoné l’art. 7, né l’art. 23, la disciplina generaledella legge applicabile contenuta nelle altredisposizioni del regolamento ( 16 ).Fabrizio Marongiu Buonaiuti( 16 ) Rimandandosi a Pizzolante, supra, commentosub art. 7, si vedano, con riferimento al nuovoassetto della disciplina internazionalprivastisticadei contratti di assicurazione introdotto dal regolamento,tra gli altri, Ballarino, Dalla Convenzionedi Roma del 1980 al regolamento Roma I, cit., p. 53s.; Garcimartín Alférez, The Rome I Regulation,cit., p. 74 s.; Lagarde e Tenenbaum, De la conventionde Rome au règlement Rome I, cit., p. 764 ss.;Lando e Nielsen, The Rome I Regulation, cit., p.1710 ss.; Ubertazzi, Il regolamento Roma I, cit., p.88 ss.; Wilderspin, The Rome I Regulation, cit., p.<strong>27</strong>0 s. Da notare, peraltro, che il regolamento, all’art.1, par. 2, lett. j), esclude dal proprio ambito diapplicazione i contratti di assicurazione, diversi daquelli soggetti alla dir. 2002/83/CE relativa all’assicurazionesulla vita, aventi per finalità di realizzareun sistema previdenziale collettivo a favore dei lavoratori:v. al riguardo Pizzolante, supra, commentosub art. 1, IX.Art. 24.(Relazioni con la convenzione di Roma)1. Il presente regolamento sostituisce la convenzione di Roma negli Stati membri, salvo perquanto riguarda i territori degli Stati membri che rientrano nel campo di applicazione territorialedi tale convenzione e ai quali il presente regolamento non è applicabile a norma dell’articolo<strong>29</strong>9 del trattato.2. Nella misura in cui il presente regolamento sostituisce le disposizioni della convenzione diRoma, ogni riferimento a tale convenzione si intende fatto al presente regolamento.Sommario: 1.La« sostituzione » della Convenzione diRoma ad opera del regolamento. – 2. Segue: La residuaefficacia della Convenzione di Roma sul piano internazionalee il problema della sua applicazione neirapporti fra gli Stati membri vincolati dal regolamentoe la Danimarca.1. – La norma in commento disciplina (inmodo tutt’altro che esaustivo, come si vedrà)( 1 ) i rapporti intercorrenti fra il reg. CE n.593/2008 e la Convenzione di Roma del 19giugno 1980 sulla legge applicabile alle obbligazionicontrattuali. Essa innanzitutto dispone,al par. 1, che il regolamento « sostituisce » laConvenzione negli Stati membri, salvo perquanto riguardo quelle aree geografiche che,pur essendo comprese nella sfera di applicazioneratione loci della Convenzione, siano nondimenoestranee al « territorio comunitario »quale è definito dall’art. <strong>29</strong>9 del Tratt. CE (è il( 1 )V.infra, par. 2.caso ad es. di Aruba, regione autonoma deiPaesi Bassi) ( 2 ). Il regolamento non dice preci-( 2 ) La Convenzione non dispone specificamentealcunché circa la propria portata territoriale. Unanorma generale del diritto dei trattati, codificata nell’art.<strong>29</strong> della convenzione di Vienna del 23 maggio1969, vuole che uno Stato – laddove non consti dalTrattato una diversa intenzione o non risulti altrimentistabilito – sia vincolato dalle convenzioni checonclude con riguardo all’integralità del proprio territorio,cioè, in linea di principio, con riguardo all’insiemedelle aree geografiche su cui si estende la suasovranità. Su tale norma v. per tutti Aust, ModernTreaty Law and Practice 2 , Oxford, 2008, p. 200 ss.Alcuni Stati, come è noto, estendono la propria sovranitàsu territori soggetti ad un regime particolare,determinato dalle proprie norme interne (territorid’oltremare, per brevità). Tali Stati, peraltro, provvedonosovente ad emettere, vuoi al momento della firmadel Trattato, vuoi al momento della ratifica o dellaadesione, delle dichiarazioni tese a chiarire se glieffetti del Trattato stesso si producano, o meno, an-NLCC 3/4-2009


932reg. CE n. 593/2008[Art. 24]samente che cosa implichi la circostanza che laConvenzione di Roma seguiti ad essere applicabile« per quanto riguarda » (« as regards »;« en ce qui concerne ») i predetti territori. Paretuttavia corretto affermare che la Convenzionesarà applicabile nelle particolari aree geografichein questione, mentre il regolamento spiegheràpienamente i propri effetti nel rimanenteterritorio degli Stati membri, dove deve ritenersiabilitato a disciplinare tutte le situazionicomprese nella propria sfera applicativa rationemateriae e ratione temporis, comprese quelleche risultino connesse con una delle zone soggettesoltanto alla Convenzione. La soluzioneproposta, oltre ad essere suggerita dal tenoreletterale della disposizione in commento (aisensi della quale il regolamento sostituisce laConvenzione di Roma « negli » Stati membri,salvo alcuni loro territori), si rivela essere l’unicacompatibile con il carattere « universale »del regolamento (art. 2) e con le condizioni dacui dipende l’applicabilità della sua disciplina.L’impiego della nuova disciplina, infatti, prescindeda qualsiasi nesso di carattere geograficofra la fattispecie da regolare e gli Stati membri,occorrendo soltanto che, nella specie, lasoluzione dei conflitti di leggi riguardi un rapportoricompreso nel campo di applicazionemateriale e temporale del regolamento, e sia rimessoal v<strong>agli</strong>o dell’autorità giudiziaria di unoStato membro ( 3 ).Nella misura in cui il regolamento sostituiscela Convenzione di Roma ogni riferimento fattonell’ordinamento comunitario a tale Convenzione– aggiunge il par. 2 della stessa disposizione– deve intendersi fatto al regolamento( 4 ).che rispetto a quei territori. Le dichiarazioni emessecon riferimento alla Convenzione di Roma si leggononell’Agreements database del Consiglio dell’Unione(http://www.consilium.europa.eu).( 3 )V.Franzina, supra, commento sub art. 2, par.1.( 4 ) È il caso, ad es., della dir. 2002/65/CE del23 settembre 2002 concernente la commercializzazionea distanza di servizi finanziari ai consumatori(in G.U.U.E. n. L <strong>27</strong>1 del 9 ottobre 2002, p. 16ss.), che menziona la Convenzione nell’8 o considerando.2. – La « sostituzione » della Convenzione diRoma ad opera del reg. CE n. 593/2008 non implical’estinzione del primo dei due strumenti,ma solo una « ritrazione »–peraltro assai significativa– della sua sfera di efficacia. Il regolamento,come si è visto, dà atto in termini espressidi tale fenomeno ma non ne contempla tutti iprofili e non ne disciplina per intero le implicazioni.Va rilevato, in particolare, che il nuovo testonon produce di per sé alcun effetto nei confrontidi uno Stato contraente della Convenzione,la Danimarca ( 5 ). Questa gode infatti di unregime particolare nel settore dei visti, dell’asilo,dell’immigrazione e delle altre politicheconnesse alla libera circolazione delle persone(compresa la « cooperazione giudiziaria in materiacivile »), giacché un protocollo allegato alTratt. CE e al Tratt. UE stabilisce che le disposizionicontenute nel titolo IV del Tratt. CE ele misure adottate dalle istituzioni in forza dellestesse (come, appunto, il reg. « Roma I »)non vincolano tale Paese né sono in esso applicabili( 6 ). In pratica, l’opting out danese comportal’inidoneità del regolamento ad incideresu diritti e obblighi aventi titolo nella Convenzionedi Roma, nella misura in cui questi riguardinola posizione della Danimarca. Occorrestabilire, in queste circostanze, se la Convenzionerimanga effettivamente applicabile airapporti fra tale Paese e gli Stati vincolati dalregolamento, ed in che modo, se del caso, essasi coordini – in questi ultimi Stati – con il nuovoregime comunitario.La risposta al primo quesito appare senz’altroaffermativa. Nulla, in effetti, induce a ritenereche gli Stati contraenti abbiano inteso determinare,in occasione dell’adozione del regolamento,la estinzione della Convenzione. Quest’ultima,originariamente conclusa per unadurata decennale ma tacitamente rinnovabileper periodi successivi di cinque anni ( 7 ), non è( 5 ) Anche il Regno Unito e l’Irlanda, come è noto,godono di uno status particolare in questo settore deldiritto comunitario. Tali Paesi, tuttavia, avendo esercitatola facoltà di opting in loro riconosciuta partecipanoa pieno titolo al regolamento. Sulla posizionedei tre Stati menzionati nel testo, v. Salerno, supra,Note introduttive, I, par. 1.( 6 ) Cfr. il 46 o considerando del regolamento.( 7 )V.l’art. 30 della Convenzione.NLCC 3/4-2009


[Art. 24] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 933( 8 )V.Salerno, supra, Note introduttive, I, nt. 3.( 9 )V.supra, par. 1.stata del resto denunciata da alcuno Stato, nérisulta che le parti contraenti si siano in alcunmodo accordate fra loro per porre definitivamenteun termine ai suoi effetti. La persistente« vitalità »della Convenzione appare anzi confermatadal fatto che, anche a ridosso dell’adozionedel regolamento, alcuni Stati divenuti recentementemembri dell’Unione europea – laBulgaria e la Romania – abbiano proceduto(per la verità secondo modalità particolari, legateall’imminente « comunitarizzazione » dellamateria) ad aderire alla Convenzione stessa( 8 ).A rigore, il corollario di questo assunto dovrebbeessere che tanto la Danimarca quantogli altri Stati contraenti della Convenzione sonoancor oggi tenuti, l’uno nei confronti dell’altro,in base al diritto internazionale, ad applicarela disciplina dettata nella Convenzionedi Roma. Occorre dunque capire – e veniamoal secondo dei quesiti enunciati poc’anzi – se ecome l’obbligo anzidetto si raccordi con gli obblighigravanti in capo <strong>agli</strong> Stati membri vincolatidal regolamento in forza delle norme ivistabilite, risultando impossibile, in tali Stati, assicurarecontemporaneamente il rispetto degliobblighi convenzionali e di quelli comunitari.Come rilevato a proposito dei territori d’oltremare( 9 ), infatti, tanto il reg. « Roma I » quantola Convenzione di Roma prescindono, ai finidella propria applicabilità, da qualsiasi condizionedi ordine geografico, onde risulta impossibileimmaginare un’applicazione « parallela »dei due strumenti, non esistendo alcun criterioidoneo a ricondurre la fattispecie considerata,per ragioni territoriali, ora sotto il regime convenzionaleora sotto il regime comunitario.D’altro canto, considerato il carattere universaledel regolamento (come della stessa Convenzione),le situazioni connesse con la Danimarcanon appaiono in alcun modo distinguibili, ai finidell’applicabilità del regolamento, dalle situazionicollegate solo (o prevalentemente) conaltri ordinamenti.Detto questo, va anzitutto verificato se ilproblema di coordinamento di cui si è dettonon riceva una risposta all’interno della stessaConvenzione di Roma. I redattori di tale strumentonon sembrano, beninteso, essersi in alcunmodo rappresentati l’eventualità della« comunitarizzazione » della relativa disciplina.Una sua previsione appare, nondimeno, suscettibiledi interessare il nostro tema: l’art.20 ( 10 ). Esso stabilisce che la Convenzione« non pregiudica l’applicazione delle disposizioniche, in materie particolari, regolano iconflitti di leggi nel campo delle obbligazionicontrattuali e che sono contenute in atti emanatio da emanarsi dalle istituzioni delle Comunitàeuropee o nelle legislazioni nazionaliarmonizzate in esecuzione di tali atti ». La norma,espressiva del carattere « cedevole » delladisciplina convenzionale rispetto alle normedel diritto comunitario derivato (siano esse applicabilia tutti gli Stati membri, come accadenella quasi totalità dei casi, o solo ad alcuni,( 10 ) Ci si potrebbe chiedere se anche l’art. 24 dellaConvenzione di Roma non fornisca qualche elementoutile ai fini di un’indagine sui rapporti fra ilregolamento e la Convenzione stessa. Vi si disponeche, se uno Stato contraente desidera divenire partedi una Convenzione multilaterale che abbia quale« oggetto principale », o che « comprend[a] tra isuoi oggetti principali », una disciplina di conflittorelativa a « una delle materie » disciplinate dallaConvenzione, esso debba avviare la procedura di informazionee consultazione tra Stati membri previstadall’art. 23 della Convenzione stessa, finalizzataalla definizione di una soluzione condivisa circa irapporti fra la Convenzione e il nuovo strumento;per non pregiudicare l’esito di tale procedura, loStato interessato è tenuto ad astenersi per un annodallo stipulare il nuovo accordo. La procedura, vieneperaltro precisato all’art. 24, par. 2, non deve essereseguita allorché «uno Stato contraente o unadelle Comunità europee » siano parti della Convenzionemultilaterale di cui si discute, o se l’oggetto ditale Convenzione sia « la revisione di una Convenzionecui lo Stato interessato è parte », ovvero, ancora,se si tratti di una Convenzione conclusa « nelquadro dei trattati istitutivi delle Comunità europee». Le ipotesi contemplate dalla norma appaionoper molti aspetti diverse da quella verificatasi conl’elaborazione del reg. « Roma I », vuoi per la peculiarenatura di questo atto, vuoi perché l’unificazionenormativa che essa evoca ha carattere settoriale(si parla infatti di convenzioni relative a « una »delle materie disciplinate dalla Convenzione diRoma) e interessa plausibilmente uno Stato contraente,o pochi Stati contraenti, e non invece una« sostituzione » ad ampio spettro del regime convenzionale.NLCC 3/4-2009


934reg. CE n. 593/2008[Art. 24]come avviene nel campo della « cooperazionegiudiziaria in materia civile » per via dell’optingout della Danimarca), non sembra primafacie riferibile a un’ipotesi come quella allostudio, dato che il regolamento, lungi dal disciplinare« materie particolari », sottende ilmedesimo approccio « globale » che connotala Convenzione.Il superamento di questo ostacolo testuale èsubordinato alla possibilità di valorizzare unaserie di fattori esterni tanto alla Convenzionequanto al regolamento, onde affermare – assiemeai primi commentatori del nuovo regime( 11 ) e sulla scia delle laconiche indicazioniricavabili dai lavori preparatori ( 12 ) – che ilpermanere in vigore della Convenzione nonpregiudica, negli Stati membri vincolati dal regolamento,il ricorso (esclusivo) alla nuova disciplina,mentre la precedente resta applicabilein Danimarca. A tal fine, si tratta in particolaredi far leva su quella che, plausibilmente, è statala concorde volontà degli Stati membri (ditutti gli Stati membri, compresa la Danimarca):la volontà degli Stati membri soggetti alnuovo strumento di vedere assicurato il funzionamentodel nuovo strumento alle condizioniivi previste (cioè in chiave universale, qualeche sia il Paese – Danimarca compresa – in cuila fattispecie da regolare risulta localizzata); ela volontà danese di non impedire negli altripaesi il raggiungimento di tale risultato, in coerenzacon l’obbligo di leale cooperazione gravantein generale su tale Paese, in forza dell’art.10 del Tratt. CE ( 13 ), anche in rapporto asettori dell’azione comunitaria cui esso non( 11 ) Wilderspin, The Rome I Regulation: Communitarisationand Modernisation of the Rome Convention,inERAForum, 2008, p. 261; Lando e Nielsen,The Rome I regulation, inCommon Market LawRev., 2008, p. 1689.( 12 ) V. il doc. del Consiglio n. 1<strong>29</strong>18/06, nel registropubblico dei documenti del Consiglio (http://register.consilium.europa.eu).( 13 ) La norma, come è noto, prevede che gli Statimembri adottino « tutte le misure di carattere generalee particolare atte ad assicurare l’esecuzione degliobblighi derivanti dal presente Trattato ovvero determinatid<strong>agli</strong> atti delle istituzioni della Comunità», facilitandoquest’ultima nell’adempimento dei propricompiti e astenendosi « da qualsiasi misura che rischidi compromettere la realizzazione degli scopi » delTrattato.partecipa. Tutto ciò in coerenza con il mutatoquadro giuridico in cui si colloca l’azione dellaComunità europea nel campo dei conflitti dileggi, posto che all’epoca della redazione dellaConvenzione tale azione aveva una portataesclusivamente settoriale, mentre ora, dopo ilTrattato di Amsterdam del 1997, nulla impedisceche l’intera materia contrattuale – come effettivamenteè avvenuto – sia disciplinata danorme sovranazionali ( 14 ). L’esistenza, per partedanese, di una simile volontà sembra avvaloratadal fatto che la Danimarca, pur avendopartecipato attivamente ai lavori che hannocondotto all’adozione del regolamento ( 15 ),non sembra avere in alcun modo reagito allaprospettiva che gli altri Stati membri applicassero,col regolamento, una disciplina priva diqualsiasi « salvaguardia » in favore degli obblighida essi assunti nei suoi confronti con laConvenzione.Da qui, in conclusione, la possibilità di ritenereche – nell’accordo fra gli Stati membri –la Convenzione vada oggi intesa nel senso cheessa « ceda » di fronte alle norme comunitariesui conflitti di leggi anche oltre i limiti testualmentesanciti dall’art. 20, cioè anche nei casi incui (come nell’ipotesi del reg. CE n. 593/2008)le norme adottate dalle istituzioni non sianoconfinate a « materie particolari ».Esula da questo commento valutare se nonsia opportuno che lo stato di cose sopra descritto,caratterizzato dalla coesistenza in Europadi due distinti regimi « generali » dei conflittidi leggi in materia di contratti, entrambiconnessi alle esigenze del corretto funzionamentodel mercato interno, venga in qualchemodo « corretto » in avvenire. Basti dire, al ri-( 14 )L’art. 31, par. 3, lett. c), della Convenzione diVienna del 1969 sul diritto dei trattati dispone, in temadi interpretazione dei trattati, che si debba tenerconto, fra le altre cose, di « any relevant rules of internationallaw applicable in the relations betweenthe parties ». Su tale previsione e sulla sua utilizzabilitàin vista di una lettura « evolutiva » delle normepattizie, v. per tutti Gardiner, Treaty Interpretation,Oxford, 2008, p. 253 ss.( 15 ) V., ad es., il doc. n. 14691/06 - ADD 2 delConsiglio, e il doc. n. 14222/07 – ADD 2, e il doc. n.9765/07, entrambi reperibili nel registro pubblicodei documenti del Consiglio (http://register.consilium.europa.eu).NLCC 3/4-2009


[Artt. 25, 26] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 935guardo, che nel perdurare dell’opting out danese,un’iniziativa in questo senso potrebbe assumerela forma di un accordo fra la Comunità ela Danimarca volto ad estendere ai rapporticon tale Paese, in base al diritto internazionale,il regime sortito dalla revisione della Convenzionedi Roma, sul modello di quanto avvenutoin altre aree della cooperazione giudiziaria inmateria civile ( 16 ).Pietro Franzina( 16 ) Il riferimento è <strong>agli</strong> accordi, entrambi conclusiil 19 ottobre 2005, tra la Comunità europea e il Regnodi Danimarca, concernenti rispettivamente lacompetenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzionedelle decisioni in materia civile e commerciale(in G.U.U.E. L <strong>29</strong>9 del 16 novembre 2005, p. 62ss.) e la notificazione e alla comunicazione degli attigiudiziari ed extragiudiziali in materia civile o commerciale(in G.U.U.E., n. L 300 del 17 novembre2005, p. 55 ss.).Art. 25.(Relazioni con convenzioni internazionali in vigore)1. Il presente regolamento non osta all’applicazione delle convenzioni internazionali di cuiunoopiù Stati membri sono parti contraenti al momento dell’adozione del presente regolamentoe che disciplinano i conflitti di leggi inerenti ad obbligazioni contrattuali.2. Tuttavia, il presente regolamento prevale, tra Stati membri, sulle convenzioni concluseesclusivamente tra due o più di essi nella misura in cui esse riguardano materie disciplinate dalpresente regolamento.Art. 26.(Elenco delle convenzioni)1. Entro il 17 giugno 2009 gli Stati membri comunicano alla Commissione le convenzioni dicui all’articolo 25, paragrafo 1. Dopo tale data, gli Stati membri comunicano alla Commissioneogni eventuale denuncia di tali convenzioni.2. La Commissione pubblica nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, entro sei mesidal ricevimento delle notifiche di cui al paragrafo 1:a) l’elenco delle convenzioni di cui al paragrafo 1;b) le denunce di cui al paragrafo 1.Sommario (<strong>artt</strong>. 25 e 26): 1. Il reg. « Roma I » e il dirittodei contratti internazionali di origine convenzionale.– 2. Il problema dei rapporti con le convenzioni didiritto materiale uniforme. – 3. Il rapporto tra il regolamentoe le convenzioni di diritto internazionale privatouniforme esistenti. – 4. Le relazioni esterne dellaComunità nel settore del diritto internazionale privatodei contratti: cenni.1. – La regolamentazione dei contratti internazionaliforma l’oggetto da tempo di un’intensa attivitàdi cooperazione fra Stati, volta a ridurre, senon ad eliminare (quanto meno per qualche aspetto),le differenze di disciplina che intercorrono frai diversi ordinamenti nazionali. Tale cooperazione,limitatasi in qualche caso all’elaborazione disemplici « leggi modello » e di strumenti comunquesprovvisti di una formale forza vincolante, hasaputo in altri casi tradursi nell’adozione di convenzioniinternazionali di diritto uniforme. Ciòèavvenuto tanto a livello « regionale » (nell’ambitodella Comunità europea, ovviamente, ma ancheNLCC 3/4-2009


936reg. CE n. 593/2008[Artt. 25, 26]( 1 ) Il riferimento è alla Convenzione interamericanasul diritto applicabile ai contratti internazionali,aperta alla firma il 17 marzo 1994 a Città del Messico;il testo può leggersi nel sito della Organizzazione degliStati americani (http://www.oas.org). Fra i varicontributi dedicati a tale strumento, v. PereznietoCastro, Introducción a la convención interamericanasobre derecho aplicable a los contratos internacionales,in Riv. dir. internaz. priv. e proc., 1994, p. 765 ss., eMalloy, The Inter-American Convention on the LawApplicable to International Contracts: Another Pieceof the Puzzle of the Law Applicable to InternationalContracts, inFordham Internat. Law Journal, 1995, p.662 ss., nonché –per quanto riguarda i rapporti conla Convenzione di Roma – Carbone, Dos intentos regionalesde regulación de los contratos internacionales:el convenio de Roma de 1980 sobre ley aplicable a lasobligaciones contractuales y su relación con la convenciónInteramericana de 1994 sobre derecho aplicable alos contratos internacionales,inRevista jur. de Castilla- La Mancha, 2003, p. 45 ss.( 2 ) Su tali organizzazioni, v. in generale Rudolf,Organizations Active in the Unification of PrivateLaw: Hague Conference on Private Law, InternationalInstitute for the Unification of Private Law (Unidroit),United Nations Commission for InternationalTrade Law (Uncitral), Inter-AmericanSpecialized Conference on Private Law (Cidp): a selectedbibliography, inIntroduction to TransnationalLegal Transactions, a cura di Raisch e Shaffer, NewYork, 1995, p. 191 ss.nell’ambito di altre organizzazioni regionali, comel’Organizzazione degli Stati americani) ( 1 ), quantoa livello « universale », specie sulla spinta delleattività promosse dalla Conferenza dell’Aja didiritto internazionale privato, dalla Commissionedelle Nazioni Unite per il diritto del commercio internazionale(Uncitral) e dall’Istituto internazionaleper l’unificazione del diritto privato (Unidroit)( 2 ).Il reg. « Roma I » si inserisce, in effetti, in untessuto normativo complesso, in cui convivonouna pluralità di strumenti, diversi fra loro pernatura e sfera di efficacia. Varie, per un verso,sono infatti le tecniche di regolamentazione impiegatenell’ambito della cooperazione giuridicainternazionale nel campo dei contratti: accantoa strumenti recanti regole di diritto internazionaleprivato uniforme, tese cioè alla individuazionedella legge statale applicabile al rapporto,se ne rinvengono altri volti ad introdurre negliStati contraenti una disciplina di diritto materialeinternazionalmente uniforme, idonea a delinearesenz’altro sul piano sostanziale il regimegiuridico del contratto o di alcuni suoi aspetti.Eterogenea, per altro verso, è la portata delleconvenzioni in discorso, incontrandosi in questocampo quasi esclusivamente degli strumentisettoriali (in quanto riferiti a particolari categoriedi contratti, spesso oltretutto limitati alla disciplinadi particolari aspetti di detti rapporti),che solo di rado, oltretutto, risultano applicabiliad un numero rilevante di Stati.In questo quadro frammentario e « plurale »si pone il problema del coordinamento fra il regimeracchiuso nel reg. « Roma I » e le normepattizie applicabili negli Stati membri in materiadi contratti internazionali, siano esse contenutein convenzioni già adottate ed in vigore ( 3 )(esclusa la Convenzione di Roma, oggetto diuna specifica previsione) ( 4 ), o in convenzionisuccessive al regolamento stesso ( 5 ).2. – Il testo del regolamento fornisce, al riguardo,una risposta parziale. Ai sensi dell’art.25, il nuovo strumento « non osta all’applicazionedelle convenzioni internazionali di cui uno opiù Stati membri sono parti contraenti » al momentodella sua adozione, in quanto disciplinino« i conflitti di leggi inerenti ad obbligazionicontrattuali ». La norma, contenente una clausoladi subordinazione, o di compatibilità ( 6 ),riecheggia l’art. 21 della Convenzione di Roma( 7 ). Rispetto a quest’ultimo, la previsione in( 3 )V.infra, par. 3.( 4 ) Cfr. Franzina, supra, commento sub art. 24.( 5 )V.infra, par. 4.( 6 ) Sull’uso di questo genere di previsioni nel dirittointernazionale privato uniforme, v. in generaleBrière, Les conflits de conventions internationales endroit privé, Paris, 2001, spec. p. 42 ss.( 7 ) « La presente convenzione non pregiudical’applicazione delle convenzioni internazionali di cuiuno Stato contraente è o sarà parte ». Il problema deirapporti fra le norme comunitarie di diritto internazionaleprivato e le convenzioni concluse d<strong>agli</strong> Statimembri è oggetto di disposizioni specifiche anche all’internodi altri atti delle istituzioni. Le soluzioni accolte,tuttavia, non rispondono invariabilmente allostesso schema. Diverso, del resto, è l’oggetto dellenorme comunitarie in discorso (dai conflitti di leggi,alla competenza giurisdizionale, dall’efficacia delledecisioni all’assistenza giudiziaria internazionale,etc.), diverso ne è lo scopo e il modus operandi. Taliprofili di diversità incidono in vario sul problema delNLCC 3/4-2009


[Artt. 25, 26] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 937commento si differenzia sotto almeno due profili.Da un lato, infatti, la nuova formula non abbracciatestualmente l’insieme delle convenzioniinternazionali in vigore per gli Stati membri, male sole convenzioni di diritto internazionale privatouniforme; dall’altro, essa non dispone alcunchéin ordine ai futuri strumenti pattizi,menzionando unicamente le convenzioni anteriorial 17 giugno 2008 ( 8 ).Se quest’ultima « omissione » si spiega facilmente,alla luce della competenza esterna esclusivamaturata in capo alla Comunità per effettocoordinamento con gli strumenti pattizi. Senza potersviluppare la tematica in questa sede, basti considerarela differenza che intercorre – da questo punto divista – tra uno strumento come il reg. « Roma I », chepersegue un fine di uniformità di disciplina e di certezzadel diritto, ed uno strumento come, ad es., ilreg. CE n. 1206/2001 del <strong>28</strong> maggio 2001 sull’assunzionedelle prove in materia civile o commerciale (inG.U.U.E. n. L 174 del <strong>27</strong> giugno 2001, p. 1 ss.), il cuiscopo principale è quello di agevolare la cooperazionefra gli Stati membri in questo campo. Solo in relazioneal secondo dei due atti, e coerentemente con lafinalità appena ricordata, si può pensare di modularediversamente i rapporti con le norme pattizie a secondadel fatto che queste facilitino, o meno, gliobiettivi della norma comunitaria: ai sensi dell’art.21, par. 2, il reg. CE n. 1206/2001 « non osta a che gliStati membri mantengano o concludano accordi o intesetra due o più Stati membri », in quanto si tratti,fra l’altro, di accordi « intesi a facilitare l’assunzionedelle prove » (il corsivo è aggiunto).( 8 ) Va quanto meno segnalato, per contro, che daun diverso punto di vista la vecchia e la nuova normapresentano un elemento in comune: entrambe, infatti,fanno salve non solo le convenzioni in materie particolari,ma anche quelle « generali », relative al fenomenocontrattuale considerato nel suo complesso. Riferitaalla Convenzione di Roma, la scelta aveva destatoperplessità, ponendosi in potenziale contrasto,in prospettiva, con la vocazione della Convenzione arecare una disciplina generale del contratto nelle situazioniimplicanti un conflitto di leggi; cfr. Sacerdoti,I rapporti con le altre convenzioni e con le normedi diritto comunitario, inVerso una disciplina comunitariadella legge applicabile ai contratti, a cura diTreves, Padova, 1983, p. 70 s. Il problema, calato nell’otticadel regolamento, sembra aver perduto pressochéinteramente la sua rilevanza pratica: le sole convenzionicui il nuovo regime dichiara di cedere sonoquelle precedenti alla sua adozione, e queste, nei fatti,sono solamente convenzioni settoriali; v. infra, par.3.dell’adozione del reg. « Roma I » ( 9 ), più problematicasi rivela la prima delle modifiche citate.Si tratta infatti di stabilire quale rapporto intercorrafra il nuovo strumento e le convenzionidi diritto materiale uniforme e, a tal fine, se possaessere ripresa in rapporto al regolamento lasoluzione accolta da buona parte degli studiosidella Convenzione di Roma, favorevoli a ricondurreentro l’ampia clausola di compatibilitàprevista dall’art. 21 di quel testo anche il coordinamentocon le convenzioni recanti normemateriali uniformi ( 10 ).Al riguardo, la soluzione preferibile consistenel ritenere che anche il regolamento, come laConvenzione, non osti all’applicazione dellenorme materiali uniformi contenute nelle convenzioniinternazionali in vigore per gli Statimembri, in quanto si applichino – conformementealle condizioni da esse stesse stabilite – afattispecie caratterizzate da elementi di internazionalità( 11 ). Al cospetto di una situazione( 9 )V.Salerno, supra, Note introduttive, I, par. V.altresì infra, par. 4.( 10 ) V., fra gli altri, in questo senso, Sacerdoti, Ilcoordinamento della Convenzione di Roma con altreconvenzioni e con il diritto comunitario,inLa Convenzionedi Roma sul diritto applicabile ai contratti internazionali2 , a cura di Sacerdoti e Frigo, Milano, 1994,p. 78, e Villani, La Convenzione di Roma sulla leggeapplicabile ai contratti 2 , Bari, 2000, p. 15. L’opportunitàdi rendere esplicita, con lo strumento della clausoladi compatibilità, la soluzione da seguire quantoai rapporti fra norme di conflitto uniformi e normemateriali uniformi è stata avvertita dai redattori di altristrumenti, cui evidentemente gli autori del reg.« Roma I » non hanno ritenuto di ispirarsi: la « salvezza» della Convenzione di Vienna del 1980 sullacompravendita internazionale di beni mobili, ad es.,si trova espressamente sancita dall’art. 23 della Convenzionedell’Aja del 22 dicembre 1986 sulla leggeapplicabile ai contratti di compravendita internazionaledi beni mobili (peraltro mai entrata in vigore); iltesto della Convenzione, nelle versioni inglese e francese,facenti fede, può leggersi nel sito della Conferenzadell’Aja di diritto internazionale privato (http://www.hcch.net).( 11 ) La precisazione indicata da ultimo allude alfatto che l’unificazione materiale del diritto può avereobiettivi differenti: se quello degli strumenti recenticonsiste perlopiù nella elaborazione di norme voltea disciplinare una certa categoria di situazioni transnazionali,non mancano atti che perseguono l’introduzione,negli Stati contraenti, di norme materiali indistintamenteapplicabili alle fattispecie interne comeNLCC 3/4-2009


938reg. CE n. 593/2008[Artt. 25, 26]compresa nella sfera applicativa di una normamateriale internazionalmente uniforme in vigorenel foro, l’interprete dovrà dunque avere riguardoin via prioritaria a tale norma, ricorrendosolamente in seconda battuta, se del caso, alleregole sui conflitti di leggi ( 12 ).A favore di tale soluzione non può essere invocatauna lettura in termini ampi del tenore testualedell’art. 25 del regolamento. Questo, infatti,parlando di norme « di conflitto » uniformi(« international conventions (...) which laydown conflict-of-law rules »; « conventions internationales(...) qui règlent les conflits delois »), non sembra di per sé implicare un riferimentoad una tecnica di regolamentazione –quella basata sull’impiego di norme materialiuniformi – che non solo si distingue nettamentedalla tecnica dei conflitti di leggi ( 13 )mainuncerto senso, stando ad una tradizionale lettura,si contrappone ad essa ( 14 ).La spiegazione va dunque cercata altrove.Una prima possibilità consiste nel ritenere chel’art. 25 del regolamento, pur non rivolgendosialle convenzioni di diritto materiale uniforme,possa nondimeno essere utilizzato per far salvea quelle internazionali. In argomento, v. anche per ulterioririferimenti Bariatti, L’interpretazione delleconvenzioni di diritto uniforme, Padova, 1986, p. 18ss.( 12 ) La questione dell’ordine con cui le norme materialie quelle di conflitto vengono in considerazionenell’analisi della fattispecie non presenta un interessepuramente teorico, potendo dipenderne la soluzionedei conflitti – positivi e negativi – suscettibili di insorgerefra gli atti contenenti l’unoel’altro genere di regole;cfr., per alcuni esempi, Béraudo, Droit uniformeet règles de conflits de lois dans les conventions internationalesrecente, inSemaine jur., 1992, p. 509 ss.( 13 ) Sui diversi caratteri delle due tecniche v. pertutti Lalive, Tendances et méthodes en droit internationalprivé, inRec. Cours, 1977, vol. 155, p. 88 ss.( 14 ) Cfr. Broggini, Conflitto di leggi, armonizzazionee unificazione nel diritto europeo delle obbligazionie delle imprese,inRiv. dir. internaz. priv. e proc.,1995, p. 241 ss., e Ferreri, Unificazione, uniformazione,inDigestoIV ed., Disc. priv., Sez. civ., XIX, Torino,1999, p. 510 s. Il carattere « alternativo » delledue tecniche non esclude l’esigenza che si instauri un« dialogo » fra le stesse e che i rispettivi effetti sianofra loro complementari; v. in generale, anche per ulterioririferimenti, Lecuyer, Appréciation critique dudroit international privé conventionnel, Paris, 2007, p.372 ss.alcune delle disposizioni ivi contenute, e precisamentequelle che definiscono le condizioni diapplicabilità del regime ivi stabilito ( 15 ). Tali disposizioni– stando a un’opinione che gode diautorevoli sostenitori ( 16 ) – costituiscono infatti,in ultima analisi, delle norme di conflitto specialia carattere unilaterale, le quali richiamanonon già un diritto statale, ma la disciplina materialecontenuta nella Convenzione in questione( 17 ). In quanto norme « strumentali »–al paridelle norme di conflitto – esse risulterebberodunque comprese nella previsione dell’art. 25 ebeneficerebbero della clausola di subordinazioneivi stabilita.Questa ipotesi ricostruttiva, che pure ha ilpregio di muoversi all’interno del regolamento,sfruttando gli argomenti da esso offerti in unalinea di sostanziale continuità con gli indirizzisviluppatisi per la Convenzione di Roma, sconta,a parere di chi scrive, almeno tre elementi didebolezza. In primo luogo, essa appare artificiosa,poiché il risultato pratico che persegue vieneraggiunto in modo mediato, con un argomentoche non si riferisce direttamente alle norme cheper questa via si vogliono « salvare » (le normemateriali uniformi) ma ad altre norme, diverseda queste ultime e semplicemente funzionali allaloro applicazione. In secondo luogo, essa nonsembra attribuire alcun rilievo al fatto che i redattoridel regolamento – che in molte disposizioninon hanno esitato a riprendere pressochéalla lettera le corrispondenti previsioni convenzionali– hanno invece, in questo caso, adottatouna formula diversa da quella della convenzione,impiegando una precisa locuzione tecnica(« convenzioni internazionali (...) che disciplinanoi conflitti di leggi ») che integra, quantomeno prima facie, una discontinuità rispetto al( 15 ) Su questa soluzione v. Biagioni, supra, commentosub art. 5, par. 2, e gli AA. ivi citati.( 16 ) Sulla relazione fra le due tecniche di regolamentazione,v. in generale Malintoppi, Les rapportsentre droit uniforme et droit international privé, inRec. Cours, 1965, vol. 116, p. 5 ss., e Van Hecke,Principes et méthodes de solution de conflits de lois,inRec. Cours, 1969, vol. 126, p. 468 ss.( 17 ) Così, ad es., Carbone e La Mattina, L’ambitodi applicazione del diritto uniforme dei trasporti marittimiinternazionali dalla Convenzione di Bruxellesalla Convenzione Uncitral, in Riv. dir. internaz.priv. e proc., 2008, p. 954 ss.NLCC 3/4-2009


[Artt. 25, 26] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 939precedente dettato convenzionale. In terzo luogo,essa muove da un presupposto perlomenoincerto, essendo tutt’altro che sicuro che le normeche definiscono le condizioni di applicabilitàdi una convenzione di diritto materiale uniformesiano, ai fini del regolamento, delle normerelative ai « conflitti di leggi ». A quest’ultimoproposito, al di là del fatto che nell’ottica del regolamentosembrerebbero essere suscettibili diun richiamo internazionalprivatistico solo gliordinamenti statali e non i regimi convenzionalidi diritto materiale uniforme ( 18 ), giova forse rifletteresulle conseguenze di ordine « istituzionale» cui condurrebbe l’adesione alla tesi soprariferita. Premesso, infatti, che l’espressione« conflitti di leggi » deve ritenersi rivestire, nell’art.25 del regolamento, lo stesso significato adessa ascrivibile nell’art. 65, lett. b), del Tratt. CE(dove si prevede la competenza comunitaria adadottare misure tese a promuovere la « compatibilitàdelle regole applicabili negli Stati membriai conflitti di leggi e di competenza giurisdizionale»), accogliere la tesi in questione significherebbeimplicitamente affermare che la Comunità,per effetto della norma indicata da ultimo,è oramai competente a concludere (al fiancodegli Stati membri ed eventualmente per iltramite di essi) qualsiasi convenzione di dirittomateriale uniforme; e ciò alla sola condizioneche si tratti di convenzioni che prevedano (comeè normale) delle regole intese a tracciare iconfini della propria sfera di applicabilità. Unaconclusione, questa, difficilmente sostenibilenella fase attuale dello sviluppo delle competenzecomunitarie, e comunque priva di riscontritanto nella prassi degli Stati membri, che hannoseguitato anche in epoca recente ad aderire da( 18 )L’ipotesi di consentire alle parti di sceglierequale normativa applicabile al contratto una Convenzionedi diritto uniforme, si è posta all’attenzione delladottrina, di recente, alla luce delle soluzioni innovativeprospettate dalla Proposta di regolamento inmateria di electio iuris; su tali soluzioni v. per tuttiMarrella, Prime note circa la scelta della legge applicabilealle obbligazioni contrattuali nella proposta direg. « Roma I »,inLa legge applicabile ai contratti nellaproposta di reg. « Roma I », a cura di Franzina, Padova,2006, p. <strong>28</strong> ss. Il reg. CE n. 593/2008 ha confermato,in ultima analisi, che la scelta delle parti, perprodurre gli effetti di cui all’art. 3, può cadere solo suun ordinamento giuridico statale. V. Gardella, supra,commento sub art. 3, I, par. 6 ss.soli, sulla base delle loro autonome determinazioni,a questo genere di convenzioni ( 19 ), quantonella prassi della stessa Comunità, che nonsembra aver in alcun modo preteso di « interferire» con la negoziazione e la stipulazione didette convenzioni ( 20 ), se non quando questecontenessero anche norme di conflitto propriamenteintese ( 21 ). D’altro canto, anche a volerritenere superate le implicazioni « istituzionali »appena affacciate, la tesi qui criticata si rivelerebbecomunque incapace di conseguire per interoi risultati che essa stessa apparentemente sipropone: se infatti la questione viene affrontatanell’ottica dell’art. 25 del regolamento, è giocoforzaconcludere che il regolamento prevale sulleconvenzioni di diritto materiale uniforme dicui gli Stati membri potranno divenire parti inavvenire, dato che – come si è detto – nel « passaggio» dalla Convenzione di Roma al reg.( 19 ) Cipro, ad es., ha depositato il 7 marzo 2005 ilproprio strumento di adesione alla Convenzione diVienna dell’11 aprile 1980 sui contratti internazionalidi compravendita di beni mobili; l’informazione sirinviene nel sito dell’Uncitral (http://www.uncitral.org).( 20 ) Appare significativo che i documenti concernentila strategia della Comunità circa le relazioniesterne nel settore della cooperazione giudiziaria inmateria civile non facciano menzione di strumenti didiritto materiale uniforme; v. ad es., il doc. n. 6118/07 del Consiglio, reperibile nel registro pubblico deidocumenti del Consiglio (http://register.consilium.europa.eu).( 21 ) Cfr., di recente, la proposta modificata di decisionedel Consiglio sulla conclusione da parte dellaComunità europea della Convenzione relativa alle garanzieinternazionali su beni mobili strumentali e delprotocollo riguardante alcuni aspetti inerenti al materialeaeronautico, adottati congiuntamente a Città delCapo il 16 novembre 2001 (doc. COM/2008/0508def.), e la Proposta di decisione del Consiglio sullafirma da parte della Comunità europea del protocolloriguardante alcuni aspetti inerenti al materiale rotabileferroviario, annesso alla Convenzione relativaalle garanzie internazionali su beni mobili strumentali,adottato a Lussemburgo il 23 febbraio 2007 (doc.COM/2009/94 def.); entrambi i documenti si rinvengononella banca dati Eur-Lex (http://eur-lex.europa.eu).Le relazioni che accompagnano le due propostegiustificano la competenza della Comunità a concluderetali strumenti richiamando, fra gli altri, il reg.« Roma I ». Tanto il protocollo aeronautico quantoquello ferroviario recano, accanto a norme di dirittomateriale uniforme, delle norme di conflitto.NLCC 3/4-2009


940reg. CE n. 593/2008[Artt. 25, 26]( 22 ) In questo modo, oltretutto, diviene più semplicerisolvere le difficoltà connesse al fatto che anchealcune convenzioni di diritto materiale uniforme contengonodelle clausole di subordinazione riferibili(fra l’altro) alle norme di diritto internazionale privatouniforme applicabili negli Stati contraenti; v., ades, l’art. 90 della già citata Convenzione di Viennasulla compravendita internazionale di beni mobili,sulla cui interpretazione, anche in riferimento allenorme di conflitto uniforme (di origine convenzionale),v. per tutti Schlechtriem, sub art. 90, in Commentaryon the UN Convention on the InternationalSale of Goods (CISG) 2 , a cura di Schlechtriem eSchwenzer, Oxford, 2005, p. 919 s.( 23 ) Cfr. ad es. gli strumenti menzionati supra, nellant. 21.( 24 ) Su tutta la tematica v., anche per ulteriori riferimentiCarella, Autonomia delle volontà e scelta dilegge nel diritto internazionale privato, Bari, 1999, p.222 ss. Più di recente, la differente natura ed il differenteoggetto delle norme di conflitto e delle normemateriali uniformi (in materia di vendita) è valorizzata,in funzione del loro coordinamento, da Ferrari,La convention de Vienne sur la vente internationale etle droit international privé, inJourn. droit internat.,2006, p. <strong>28</strong> s. In argomento, v. pure Ragno, Convenzionedi Vienna e diritto europeo, Padova, 2008, p. 61ss.« Roma I » l’operatività della clausola di compatibilitàdi cui stiamo discorrendo è stata circoscrittaalle sole convenzioni anteriori all’adozionedel regolamento.La « salvezza » delle norme materiali uniformipuò spiegarsi più utilmente, a nostro avviso,collocandone il problema al di fuori del perimetrodell’art. 25 ( 22 ). Norme di conflitto e normemateriali uniformi, a dispetto dell’impiego« combinato » che di esse si registra all’internodi alcuni strumenti recenti di diritto uniforme( 23 ), riflettono tecniche di regolamentazionedistinte ed obbediscono ad autonomi presuppostiapplicativi ( 24 ). Nella prospettiva del dirittocomunitario le norme di diritto internazionaleprivato (strettamente intese) implicano l’esistenza,al cospetto della concreta fattispecie dicui trattasi, di una pluralità di ordinamenti nazionaliche « aspirano » a disciplinare la fattispecie;in tali circostanze, e senza pretendere dieliminare la diversità di tali ordinamenti, esseassicurano il coordinamento delle diverse sfere<strong>giuridiche</strong> statali con cui la fattispecie è connessaattraverso la designazione della legge applicabileal rapporto ( 25 ). Le norme materiali uniformi,per contro, mirano a ridurre il pluralismonormativo (quello stesso pluralismo che le normedi conflitto « accettano » e si dispongono ad« amministrare »), proponendosi di regolaresenz’altro le fattispecie ricomprese nel proprioambito di applicazione ( 26 ). Le due classi di norme,in definitiva, operano a livelli distinti, e leregole di conflitto conservano una « pretesa » diapplicabilità solo se e nella misura in cui le normemateriali uniformi non abbiano già eliminatoquel pluralismo che ne rappresenta la ragiond’essere ( <strong>27</strong> ). Il problema dei rapporti fra il reg.( 25 ) Che sia questo l’intendimento delle norme elaboratedalla istituzioni per « promuovere la compatibilità»delle regole sui « conflitti di leggi » emergedal 6 o considerando dello stesso reg. « Roma I », cherichiama la necessità, per il corretto funzionamentodel mercato interno, di avere negli Stati membri regoledi conflitto che « designino la medesima leggenazionale quale che sia il paese del giudice adito »,onde favorire la prevedibilità dell’esito delle controversiee la certezza circa la disciplina materiale applicabileal rapporto.( 26 ) In giurisprudenza, v. a questo riguardo, fra lealtre, Trib. Padova 31 marzo 2004, in Giur. merito,2004, p. 1065 ss., con nota di Ferrari, dove si asserisceil primato della Convenzione di Vienna del1980 sulla compravendita internazionale di beni mobilirispetto alla Convenzione dell’Aja del 15 giugno1955 sulla legge applicabile alle vendite a carattereinternazionale di beni mobili, in considerazione delfatto che la prima «èuna Convenzione di diritto materialeuniforme e, in quanto tale, risolve il problemasostanziale « direttamente », evitando cioè il doppiopassaggio che si rende sempre necessario quando sifa ricorso alle norme di diritto internazionale privato». V. altresì Trib. Padova 11 gennaio 2005, in Dir.comm. internaz., 2005, p. 593 ss., con nota di FinazziAgrò.( <strong>27</strong> ) Cfr. Pamboukis, Droit international privé holistique:droit uniforme et droit international privé, inRec. Cours, 2007, vol. 330, p. 178 ss., che giustificasulla scorta di argomenti non dissimili la « regola dipriorità»che a suo avviso informa, in generale, i rapportifra diritto materiale uniforme e regole sui conflittidi leggi. Lo stesso A. si richiama inoltre (sullascorta di Malintoppi, Droit uniforme, cit., p. 41 ss)alla « specialità» del diritto materiale uniforme, essendoquesto in grado di soddisfare, più e meglio diquanto non faccia un diritto nazionale reso applicabileda una regola di conflitto, le esigenza della giustiziamateriale internazionale. L’idea della specialità deldiritto materiale internazionalmente uniforme vienespesso invocata anche in giurisprudenza, anche seNLCC 3/4-2009


[Artt. 25, 26] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 941non sempre secondo accezioni coincidenti v. ad es.;Trib. Pavia <strong>29</strong> dicembre 1999, in Corr. giur., 2000, p.932 ss., con nota di Ferrari.( <strong>28</strong> ) Le convenzioni di diritto materiale uniformecontengono in genere norme direttamente applicabilinegli ordinamenti statali; la prassi italiana, come dialtri Paesi, è del resto nel senso di assicurare l’adattamentoa tali convenzioni tramite un semplice ordinedi esecuzione.( <strong>29</strong> ) Cfr. Malintoppi, Droit uniforme, cit., p. 42:« Les conventions de droit uniforme, qui cherchent àassurere une plus grande “certitude de droit”, ont(...) pour conséqucence de’éliminer les “conflits delois” concernnat une matière déterminée ».( 30 ) Cfr. Ivaldi, Diritto uniforme dei trasporti e dirittointernazionale privato, Milano, 1990, p. 19 ss., eTonolo, Il contratto di trasporto nella Convenzionedi Roma del 19 giugno 1980 sulla legge applicabile alleobbligazioni contrattuali, inDir. trasporti, 1994, p.833 ss.« Roma I » e le convenzioni di diritto materialeuniforme va dunque inteso come un problemadi rapporti fra strumenti normativi – tutti egualmentesuscettibili di produrre i propri effetti invia diretta negli ordinamenti degli Stati membri( <strong>28</strong> ) – che si distinguono fra loro già in ragionedel loro oggetto. Se dunque il regolamentonon garantisce espressamente la salvaguardiadelle norme materiali uniformi, ciò accade perchéesso non ha bisogno di farlo, giacché questeultime mirano precisamente ad eliminare, all’internodella loro sfera applicativa, quella diversitàdelle esperienze <strong>giuridiche</strong> nazionali che « innesca» il ricorso alle regole di conflitto. Il reg.CE n. 593/2008, insomma, non interferisce conle norme di diritto materiale uniforme perchéqueste ultime, provviste come sono di una autonomasfera di efficacia, forniscono già, per lefattispecie ivi contemplate, una disciplina cheassicura (per altra via) gli obiettivi ultimi del regolamentostesso, ossia la certezza delle situazioni<strong>giuridiche</strong> e la loro omogenea regolamentazionenello spazio ( <strong>29</strong> ).L’idea che la salvaguardia delle norme materialiuniformi discenda dal loro carattere « autolimitato»èin realtà tutt’altro che nuova, essendostato da tempo rilevato che la « prevalenza »delle norme materiali internazionalmente uniformirispetto alle regole di conflitto discenderebbe,almeno in qualche caso, dalla possibilitàdi qualificare tali norme come « norme di applicazionenecessaria » ( 30 ). La tesi della « autolimitazione» non si pone, a nostro avviso, in contrastocon i dati ricavabili dal reg. « RomaI » ( 31 ). È vero, infatti, che la categoria dellenorme « autolimitate »èstata elaborata nell’alveodi una più ampia riflessione che ha condottoalla emersione delle « norme di applicazionenecessaria » ( 32 ); ed è pure vero che quest’ultimacategoria trova nel reg. « Roma I » una definizione,quella dell’art. 9, par, 1 ( 33 ), che non siatt<strong>agli</strong>a a norme in larga parte derogabili dall’autonomiaprivata, come le norme materialiuniformi in tema di contratti ( 34 ). Ciò tuttavianon impedisce di affermare che, anche nella prospettivadel regolamento, le norme « autolimitate» siano una categoria diversa e più ampia dellenorme di applicazione necessaria. Se ne traeuna conferma indiretta da una norma – l’art. 11,par. 5 – che di per sé non ha nulla a che fare conla questione affrontata in queste pagine, ma chepuò ugualmente essere utile per ricostruire lenozioni di cui si serve, in generale, il legislatore( 31 ) Per una diversa affermazione v. Biagioni, supra,commento sub art. 5, par. 2.( 32 ) La riflessione sulle norme autolimitate si è sviluppata,specie in Italia, in Francia e nel Regno Unito,a partire degli anni ’50 e ’60 del secolo scorso, sullaspinta, fra gli altri, dei contributi di Rodolfo DeNova (Ancora sulle norme sostanziali « autolimitate», inDir. internaz., 1959, p. 500 ss.), di PhocionFrancescakis (Quelques précisions sur les « loisd’application immédiate » et leurs rapports avec les règlesde conflits de loi, inRev. crit. dr. internat. privé,1966, p. 1 ss.) e di Kurt Lipstein (Inherent Limitationsin Statutes and the Conflict of Laws, inInternat.Comp. Law Quart., 1977, p. 884 ss.). Sul concetto dinorma internazionalmente imperativa e i suoi rapporticol concetto di « autolimitazione » v., anche per ulterioririferimenti, Mosconi, Exceptions to the Operationof Choice of Law Rules, inRec. Cours, 1989,vol. 217, p. 141 ss.( 33 ) Sono « di applicazione necessaria », per il regolamento,« le disposizioni il cui rispetto è ritenutocruciale da un Paese per la salvaguardia dei suoi interessipubblici, (...) al punto da esigerne l’applicazionea tutte le situazioni che rientrino nel loro campod’applicazione, qualunque sia la legge applicabile alcontratto ». Su tale definizione, v. Biagioni, supra,commento sub art. 9, par. 2 s.( 34 ) Frequenti, negli strumenti di diritto uniforme,sono anzi le norme che riconoscono espressamentealle parti la facoltà di derogare in tutto o in parte alladisciplina in essi prevista; v. ad es. l’art. 6 della Convenzionedi Vienna sulla compravendita internazionaledi beni mobili.NLCC 3/4-2009


942reg. CE n. 593/2008[Artt. 25, 26]comunitario. Ebbene, la norma citata da ultimo,per individuare all’interno della lex rei sitae i requisitiformali cui deve reputarsi sottoposto uncontratto avente ad oggetto un immobile, evocaseparatamente i due concetti di cui stiamo discorrendo:l’autolimitazione e l’imperatività. Irequisiti cui allude la norma sono infatti quelliche si applicano « indipendentemente dal Paesein cui il contratto è concluso e dalla legge chedisciplina il contratto », sempre che ad essi nonsia permesso derogare convenzionalmente. Insomma,il fatto che alcune norme autolimitatesiano « di applicazione necessaria » in ragionedella loro imperatività (ai sensi, dunque, dell’art.9 del regolamento) non esclude che altrenorme, egualmente autolimitate, possano venirein considerazione a fianco delle norme di conflittodel regolamento, o prima di esse, se cosìvogliono i rispettivi presupposti applicativi.3. – Riferendosi alle convenzioni che disciplinanoi conflitti di leggi in materia contrattuale,l’art. 25, par. 1, dispone che il reg. « Roma I »non osta all’applicazione di quelle convenzionidi cui uno o più Stati membri siano parti contraential momento dell’adozione del regolamentostesso ( 35 ). La disciplina comunitaria –aggiunge invece il par. 2 della disposizione –prevale sulle convenzioni concluse esclusivamentetra Stati membri.Nei fatti, il regolamento fa salve essenzialmentela Convenzione dell’Aja del 15 giugno1955 sulle vendite a carattere internazionale dibeni mobili e la Convenzione dell’Aja del 14marzo 1978 sui contratti di intermediazione e larappresentanza ( 36 ). Negli Stati membri vincolatida tali strumenti la soluzione dei conflitti dileggi rimarrà dunque affidata, in tali settori, aquanto disposto dalle predette convenzioni;l’impiego del regime comunitario rispetto allefattispecie ricomprese nella sfera applicativa diquelle convenzioni dovrà dunque ritenersi limitatoa quanto risulti compatibile con l’osservanzadegli obblighi assunti d<strong>agli</strong> Stati membri interessatiin forza di esse ( 37 ).Comprensibili ragioni di certezza sono allabase della previsione, contenuta nell’art. 26, inforza della quale gli Stati membri sono tenuti acomunicare alla Commissione, entro il 17 giugno2009, le Convenzioni di cui all’art. 25, par.1 (e, in seguito, ogni eventuale denuncia dellestesse), così che la Commissione possa provvederea darne pubblicità nella Gazzetta ufficialedell’Unione europea ( 38 ).L’art. 25, par. 1, risponde all’esigenza di garantireil rispetto degli impegni previamente assuntid<strong>agli</strong> Stati membri sul piano internazionale( 39 ). Si tratta di un rispetto giuridicamente dovuto,in quanto riflette la previsione – contenutanell’art. 307, par. 1, del Tratt. CE – in forza dellaquale il diritto comunitario non pregiudica idiritti e gli obblighi derivanti dalle convenzioniconcluse d<strong>agli</strong> Stati membri anteriormente alla( 35 )L’espressione « parte », nella norma in esame,deve intendersi riferita <strong>agli</strong> Stati che abbiano manifestatoil proprio consenso ad essere vincolati dalleconvenzioni in questione e per i quali tali convenzionisiano in vigore (cfr. l’art. 2, par. 1, lett. g), dellaConvenzione di Vienna sul diritto dei trattati). Lanorma dunque non « copre » l’ipotesi che si verificaallorché uno Stato membro abbia semplicemente firmatouna certa Convenzione o allorché questa, benchéoggetto di ratifica da parte di tale Stato, non siain vigore sul piano internazionale.( 36 ) Entrambi gli strumenti possono leggersi, neitesti francese e inglese (gli unici facenti fede), nel sitodella Conferenza dell’Aja di diritto internazionaleprivato (http://www.hcch.net). La Convenzione del1955 è attualmente in vigore nei rapporti fra Danimarca,Finlandia, Francia, Italia, Niger, Norvegia,Svezia e Svizzera; quella del 1978, invece, nei rapportitra Argentina, Francia, Paesi Bassi e Portogallo.( 37 ) Per un’analisi dei profili di compatibilità delregolamento rispetto alla disciplina dettata nellaConvenzione dell’Aja del 1955. v. Franzina, supra,commento sub art. 4, II, par. 7.( 38 ) La norma replica, nel contesto del reg. « RomaI », meccanismi « pubblicitari » contemplati davari atti delle istituzioni adottati nell’ambito dellacooperazione giudiziaria in materia civile; v. ad es.l’art. 21, par. 3, del già citato reg. CE n. 1206/2001, el’art. 59, par. 3, del reg. CE n. 2201/2003 del <strong>27</strong> novembre2003 sulla competenza giurisdizionale ed ilriconoscimento delle decisioni in materia matrimonialee di responsabilità genitoriale (in G.U.U.E. n. L338 del 23 dicembre 2003, p. 1 ss.). La meta « naturale» del flusso di informazioni proveniente d<strong>agli</strong>Stati membri a questo proposito è rappresentata dalsistema informativo che fa capo alla Rete giudiziariaeuropea in materia civile e commerciale, accessibileattraverso l’Atlante giudiziario europeo in materia civilee commerciale (http://ec.europa.eu/justice_home/judicialatlascivil).( 39 ) V.il41 o considerando.NLCC 3/4-2009


[Artt. 25, 26] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 943loro adesione alla Comunità ( 40 ). Calata nel particolarecontesto del diritto internazionale privatodei contratti e letta alla luce dei principiche nel diritto internazionale presiedono alla soluzionedei conflitti fra norme pattizie ( 41 ), l’art.307, par. 1, del Trattato garantisce il rispettodegli obblighi assunti d<strong>agli</strong> Stati membri primache la Comunità si vedesse attribuire delle competenzenel settore del diritto internazionaleprivato, e le esercitasse ( 42 ). Se questa premessaè corretta, il rispetto degli obblighi assunti d<strong>agli</strong>Stati membri sulla base delle convenzioni in paroladeve ritenersi assicurato anche in rapportoalle norme di conflitto contenute (non già nelregolamento, ma) nel diritto comunitario derivato( 43 ).L’art. 25, par. 1, del regolamento non si limita,per la verità, a ribadire il senso della normadel Trattato. Oltre a chiarirne la portata, rendendoesplicito che il regolamento non osta ache le convenzioni in discorso restino applicabilianche ai rapporti fra gli Stati membri (sempreche non siano in vigore solo fra Stati membri)( 44 ), l’art. 25, par. 1, provvede, per così dire,( 40 ) Sull’art. 307 del Trattato, v. in generale Manzini,The Priority of Pre-Existing Treaties of ECMember States within the Framework of InternationalLaw, inEur. Journal of Internat. Law, 2001, p. 781ss., e Mastroianni, Articolo 307, in Trattati dell’Unioneeuropea e della Comunità europea, a cura diTizzano, Milano, 2004, p. 1372 ss.( 41 ) Cfr. l’art. 30, par. 4, lett. b), della Convenzionedi Vienna del 23 maggio 1969 sul diritto dei trattati.( 42 ) Cfr. Cortese, La proposta di reg. « Roma I »:spunti critici su collegamento obiettivo e rapporti conle convenzioni di diritto internazionale privato uniforme,inLa legge applicabile ai contratti nella propostadi reg. « Roma I », cit., p. 48.( 43 ) Una volta ricondotto l’art. 25 del reg. « RomaI » alla previsione di principio di cui all’art. 307 delTrattato, viene risolto l’apparente conflitto fra le dueclausole di compatibilità dettate dal regolamento, ossiaquella in esame e quella prevista dall’art. 23, concernentele « disposizioni dell’ordinamento comunitarioche, con riferimento a settori specifici, disciplininoi conflitti di legge in materia di obbligazionicontrattuali ».( 44 )L’art. 307 del Trattato implica, per regola, chele convenzioni di cui siano parti gli Stati membri, ancorchéanteriori al Trattato stesso o all’adesione, cessinodi essere applicabili fra gli Stati membri inter se(nella giurisprudenza della Corte di giustizia CE, v.in questo senso, fra le molte, la sent. 22 settembreanche a declinare il principio ivi accolto in funzionedelle particolari esigenze della cooperazionegiudiziaria in materia civile. Così, mentrel’art. 307 completa il principio in questione stabilendo,al par. 2, che gli Stati membri interessatidebbano ricorrere « a tutti i mezzi » idoneiad eliminare le situazioni di incompatibilità daessi constatate fra le convenzioni e il Trattato(ovvero fra le convenzioni e gli atti delle istituzioni)( 45 ), la norma del regolamento non ag-1988, causa <strong>28</strong>6/86, Deserbais, inRaccolta, 1988, p.4907 ss., punto 18), a condizione però che, per questavia, non vengano violati i diritti degli Stati terzi.Tale eventualità si verifica peraltro proprio nel casodelle convenzioni di diritto uniforme: queste, infatti,sottendono la volontà di vedere applicate da parte ditutti gli Stati parti la medesima disciplina e non possonodunque essere ricostruiti alla stregua di un fasciodi autonome relazioni bilaterali. A ciò si aggiungache le convenzioni che l’art. 25, par. 1, del regolamentoconcretamente fa salve – la Convenzione dell’Ajadel 1955 sulla vendita e quella del 1978 sullarappresentanza – non sembrano in alcun modo consentiredi identificare situazioni rilevanti esclusivamenteper una « coppia » di Stati membri e indifferentiad ogni altro. Ciò di fatto rende impraticabilel’ipotesi di una applicazione differenziata delle convenzioniin parola nei rapporti fra gli Stati membri.Una soluzione basata sul presupposto della ammissibilitàdi tale ipotesi, avanzata nella Proposta dellaCommissione, è stata significativamente abbandonata.Vi si prevedeva, quale eccezione al principio dellasalvaguardia degli impegni internazionali precedentementeassunti d<strong>agli</strong> Stati membri, che, quando tuttigli elementi pertinenti della situazione fossero localizzati,al momento della conclusione del contratto, inunoopiù Stati membri, il regolamento dovesse prevaleresu entrambe le convenzioni citate. Le riserveemerse a questo proposito nel corso dei lavori preparatori,tanto per i problemi applicativi cui poteva darluogo la soluzione ora descritta quanto per il rischiodi assistere ad una violazione degli obblighi internazionalidegli Stati membri interessati, sono efficacementeriassunte nelle osservazioni della delegazionececa riportate nel doc. n. 14708/06 del Consiglio, nelsito http://register.consilium.europa.eu, p. 153. Il dibattitodottrinale suscitato dalla proposta sul terrenodei rapporti fra il regolamento e le convenzioni preesistentiè ripercorso da Ubertazzi, Il regolamentoRoma I sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali,Milano, 2008, p. <strong>28</strong> ss. Per quanto concernele Convenzioni in vigore solo per due o più Statimembri, v. infra, nel testo.( 45 ) Nella giurisprudenza comunitaria è affermazionericorrente quella secondo cui la « eliminazioneNLCC 3/4-2009


944reg. CE n. 593/2008[Artt. 25, 26]giunge alcunché alla clausola di compatibilitàsopra riportata, apparentemente assicurando alleconvenzioni internazionali concluse primadella sua adozione una incondizionata ( 46 ) prevalenzasulla disciplina comunitaria ( 47 ).Un’omissione, questa, tanto più significativaove si consideri che in altri strumenti normativi,le istituzioni, lungi dal venir meno al principiodella salvaguardia degli obblighi internazionali,si sono preoccupate di corredare le clausole dicompatibilità da esse redatte con un richiamo« onnicomprensivo » all’art. 307 del Trattato,cioè all’insieme degli obblighi ivi previsti, compresiquelli relativi alla eliminazione delle incompatibilitàriscontrate ( 48 ).In realtà, più che come una (inammissibile)« eccezione » all’art. 307, par. 2, la norma delregolamento va letta come il riflesso di una valutazioneoperata dal legislatore comunitario circal’opportunità di tenere aperti i « canali » di cooperazionetracciati da alcuni Stati membri nelleloro relazioni con gli Stati terzi, specie in considerazionedel fatto che tali aperture si sono realizzatenell’ambito di una organizzazione, laConferenza dell’Aja di diritto internazionaleprivato, di cui la stessa Comunità èmembro e acui dunque si ricollegano – nei rapporti fra laConferenza, la Comunità e i relativi Stati membri– dei doveri di leale cooperazione ( 49 ).La norma in discorso costituisce, in definitiva,un meccanismo teso ad agevolare un raccordodelle incompatibilità»che la norma prescrive implichinormalmente, per lo Stato membro interessato,l’obbligo di rinegoziare gli accordi in questione, ovvero– se del caso, e in quanto la cosa sia consentitasecondo il diritto internazionale nel caso di specie –l’obbligo di denunciarli. V. in tal senso, ad. es., Cortegiust. CE 14 settembre 1999, causa 170/98, Commissionec. Belgio, inRaccolta, 1999, p. I-5493 ss., punto42, e Corte giust. CE 4 luglio 2000, causa 62/98,Commissione c. Portogallo, ivi, 2000, p. I-5171 ss.,punti 33 s.( 46 ) Appare doveroso segnalare che la lettura propostasubito infra, nel testo, circa la consapevolezzadel mancato richiamo all’art. 307, par. 2, del Trattato,sembrerebbe mal conciliarsi con quanto si leggenel 3 o considerando della proposta di regolamentoche istituisce una procedura per la negoziazione e laconclusione di accordi bilaterali tra gli Stati membrie i paesi terzi riguardanti aspetti settoriali e aventiad oggetto la legge applicabile alle obbligazioni contrattualied extracontrattuali (doc. COM/2008/893def.), il quale si riferisce, senza distinzioni o inflessioni,all’esigenza, posta dall’art. 307, « che siano eliminatetutte le incompatibilità tra l’acquis comunitarioe gli accordi internazionali conclusi d<strong>agli</strong> Statimembri con i paesi terzi »; il documento citato sirinviene nella banca dati Eur-Lex (http://eur-lex.europa.eu).( 47 ) Cisipuò domandare, sotto un diverso aspetto,se la « comunitarizzazione » della disciplina deiconflitti di leggi in materia contrattuale non possaspiegare quanto meno delle conseguenze di ordineinterpretativo sulle convenzioni contemplate dallanorma in commento; se, cioè, non discenda dall’adozionedel reg. CE n. 593/2008 l’obbligo degli Statimembri che siano parti di tali convenzioni di privilegiare,nell’interpretazione di quanto in esse previsto,la soluzione maggiormente compatibile con gli impegniderivanti dalla loro partecipazione alla Comunitàeuropea. La risposta è affermativa (v., in generale,Lenaerts, Van Nuffel e Bray, Constitutional Lawof the European Union, London, 1999, p. 560), mal’incidenza concreta di questa direttiva ermeneuticanon può essere sopravvalutata. Se è vero che lo scopodell’art. 307 del Trattato è quello di assicurare il rispettodegli obblighi internazionali assunti d<strong>agli</strong> Statimembri con le convenzioni preesistenti, è chiaro chetale obiettivo rischia di essere frustrato anche daun’interpretazione di tali convenzioni che si riveli« condizionata » da un fattore ad esso esterno, comequello comunitario. Nei fatti, fra le diverse interpretazionipossibili della Convenzione in questione occorreràprivilegiare quella più compatibile col dirittocomunitario (e con lo stesso reg. « Roma I »), solo inquanto ciò appaia « consentito » dalla Convenzionestessa, alla luce in particolare dell’esigenza (insita inqualsiasi strumento di diritto uniforme) che le suenorme ricevano un’applicazione omogenea in tutti gliStati da essa vincolati.( 48 )V.l’art. 69, par. 1, in fine del reg. CE n.4/2009 in materia di obbligazioni alimentari (inG.U.U.E. n. L 7 del 10 gennaio 2009, p. 1 ss.). Unaformula pressoché identica a quella che si legge nell’art.25 del reg. « Roma I » si ritrova, invece, nell’art.<strong>28</strong> del reg. CE n. 864/2007 dell’11 luglio 2007 sullalegge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali(in G.U.U.E., n. L 199 del 31 luglio 2007, p. 40 ss.),su cui v. Fallon, La relation du règlement « RomeII » avec d’autres règles de conflits de lois, inRev. dr.comm. belge, 2008, p. 549 ss., e Garriga, The Relationshipbetween « Rome II » and Other InternationalInstruments – A Commentary on Article <strong>28</strong> of the RomeII Regulation, inYearb. Priv. Internat. Law, 2007,p. 137 ss.( 49 ) Franzina, Las relaciones entre el reglamentoroma I y los convenios internacionales sobre conflictosde leyes en materia contractual, inCuadernos de derechotransnacional, 2009, p. 95.NLCC 3/4-2009


[Artt. 25, 26] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 945( 50 )L’unificazione regionale del diritto internazionaleprivato intrattiene un rapporto ambivalente conquella universale. La prima, per il fatto stesso di metterein contatto culture <strong>giuridiche</strong> relativamenteomogenee e di concorrere in molti casi ad un disegnodi integrazione economica che ne ne motiva e ne« orienta » i risultati, può generalmente ambire, piùdi quanto accada per la cooperazione universale, adesiti di ampio respiro e di rapida realizzazione. Le soluzionielaborate in tale contesto possono in tal modocostituire un « modello » (o almeno un utile elementodi raffronto) per la stessa unificazione universale,la quale, sulla carta, è posta nelle condizioni di « avvantaggiarsi» del lavoro svolto in sede regionale,estendendone in prospettiva i risultati. Per altro verso,proprio il particolarismo dell’azione regionale rischiadi far sì che i risultati conseguiti localmente sianoassunti, d<strong>agli</strong> Stati che vi hanno concorso, comeuna rigida base di discussione in sede universale,convertendosi in tal modo in un ostacolo all’elaborazionedi progetti più comprensivi. Echi di un rischiosiffatto, per la verità paventato da tempo dalla dottrina(v. fra gli altri Nadelmann, Impressionism andUnification of Law: the EEC Draft Convention on theLaw Applicable to Contractual and Non-ContractualObligations, in American Journal of ComparativeLaw, 1976, p. 2), si sono avvertiti, ad es., in occasionedella infruttuosa negoziazione, in seno alla Conferenzadell’Aja di diritto internazionale privato, di unaConvenzione universale sulla competenza giurisdizionaleed il riconoscimento delle decisioni in materiacivile e commerciale; cfr. von Mehren, La rédactiond’une convention universellement acceptable surla compétence internationale et les effets des jugementsétrangers: le projet de la Conférence de La Hayepeut-il aboutir?, inRev. crit. dr. internat. privé, 2001,p. 85 ss. Sulla tematica, v. pure Salerno, supra, Noteintroduttive, I, par. 5. In generale, sulla dimensioneregionale della cooperazione comunitaria e le sueproiezioni universali, v. Bonomi, Le droit internationalprivé entre régionalisme et universalisme. Quelquesconsidérations sur les compétences européennesen matière de droit international privé et leurs effetspour les Etats tiers, inRev. suisse dr. internat. eur.,2006, p. <strong>29</strong>5 ss.( 51 )L’esistenza di un simile margine di discrezionalitàèinsito nella ratio dell’art. 307 del Trattato, ilfra la dimensione regionale (europea) della cooperazionein ambito internazionalprivatistico ela sua dimensione universale ( 50 ). Evitando diimporre <strong>agli</strong> Stati membri interessati l’eliminazionedi queste « isole » di « non-uniformità»,le istituzioni, muovendosi nell’ambito del marginedi discrezionalità che lo stesso art. 307sembra accordare loro ( 51 ), hanno apparentementeespresso l’idea secondo cui gli inconvenientidi una non completa unificazione dellenorme di conflitto in materia di contratti è compensatadai vantaggi insiti nelle aperture universalisticherealizzate da qualche Stato membro( 52 ). Si tratta, beninteso, di una valutazioneche riflette la attuale fase di sviluppo dell’azionecomunitaria nel campo dei conflitti di leggi, eche dovrebbe conoscere una significativa evoluzionein futuro: vuoi sulla spinta delle iniziativeche gli Stati interessati potrebbero assumerecon riguardo alle convenzioni di cui sono parti(è lo stesso regolamento, come si è visto, cheprefigura all’art. 26 la « eventuale denuncia » ditali strumenti); vuoi in ragione dello sviluppodell’azione esterna della stessa Comunità inquesta campo ( 53 ), plausibilmente destinata aconseguire risultati ben più significativi di quelliraggiunti sin qui dai singoli Stati membri e, mediotempore, salvaguardati.Là dove l’esistenza di precedenti impegni internazionalidegli Stati membri non assecondiquale contempla l’eventualità di un conflitto fra gliobblighi che derivano dal Trattato stesso e quelli chediscendono per uno Stato membro da una Convenzionedi cui sia parte. Proprio perché basata sull’ideadi un conflitto fra obblighi pattizi, essa implica unraffronto fra le disposizioni, l’oggetto e lo scopo deglistrumenti convenzionali in questione. Un’operazionedi questo genere appare per sua natura non rigidamentepredeterminata nei suoi esiti e aperta in qualchemisura alla sensibilità e all’apprezzamento di chila compie; in argomento v. in generale, per tutti,Gardiner, Treaty Interpretation, Oxford, 2008, p.189 ss. Non è del resto privo di significato, in quest’ottica,che nel diritto comunitario derivato si prevedatalora un particolare procedimento all’internodel quale la predetta discrezionalità dev’essere esercitatadalle istituzioni: cfr., ad es., in un contesto diversoda quello qui considerato, l’art. 12, par. 2, lett. b),del reg. CE n. 216/2008 del 20 febbraio 2008 recanteregole comuni nel settore dell’aviazione civile (inG.U.U.E. n. L 79 del 19 marzo 2008, p. 1 ss.), nonché– in relazione alla materia trattata in queste pagine –l’art. 4 della Proposta di regolamento menzionata supra,alla nt. 46.( 52 )L’idea di un bilanciamento fra interessi contrastantinon è del resto estranea all’art. 307 del Trattato.Secondo Klabbers, Treaty Conflict and the EuropeanUnion, Oxford, 2009, p. 118 ss., l’art. 307« does not protect anterior treaties tout court, but aimsto balance respect for anterior treaties with thedemands of Community law ».( 53 )V.infra, par. 4.NLCC 3/4-2009


946reg. CE n. 593/2008[Artt. 25, 26]alcuna apertura « universalistica »–come accadeper le convenzioni concluse esclusivamentetra due o più Stati membri – il regolamento,coerentemente, torna a prevalere, assicurandol’omogeneità «regionale » della disciplina deiconflitti di leggi. La previsione, dettata dall’art.25, par. 2, del regolamento replica del restouna soluzione consolidata, riconducibile anch’essaall’art. 307 del Tratt. CE ( 54 ).4. – Con l’adozione del regolamento, la Comunitàacquista – come si è accennato in precedenza– una competenza esterna esclusivaquanto alla stipulazione di convenzioni internazionalirecanti norme di conflitto in materia diobbligazioni contrattuali. Si prefigura così, inarmonia con i principi elaborati dalla Corte digiustizia in tema di relazioni esterne, specie allaluce del Parere 1/03 sulla conclusione dellanuova Convenzione di Lugano concernente lacompetenza giurisdizionale e il riconoscimentodelle decisioni in materia civile e commerciale( 55 ), un’azione potenzialmente assai estesa( 54 ) Nella giurisprudenza della Corte, v. Cortegiust. CE <strong>27</strong> febbraio 1962, causa 10/61, Commissionec. Italia, inRaccolta, 1962, p. 3 ss., e Corte giust.CE 2 agosto 1993, causa 158/91, Lévy, ivi, 1993, p.I-4<strong>28</strong>7 ss., punti 12 e 13. V. inoltre supra, nt. 44.( 55 ) Nella dottrina successiva al Parere 1/03 v., sultema della competenza esterna della Comunità europea,Rossi, Conclusione di accordi internazionali ecoerenza del sistema: l’esclusività della competenza comunitaria,inRiv. dir. internaz., 2007, p. 1008 ss.,Cannizzaro, Le relazioni esterne della Comunità:verso un nuovo paradigma unitario?, inDir. Unioneeur., 2007, p. 223 ss., e Cortese, Sui rapporti tra regolamentoBruxelles I, sistemi nazionali e Convenzionedi Lugano nell’ottica delle relazioni esterne alla Comunità.Considerazioni critiche a margine del parere1/03 e della recente giurisprudenza comunitaria, ivi,2008, p. 533 ss. V. altresì i contributi di diversi AA.raccolti in The External Competence of the EuropeanUnion and Private International Law, a cura di Pocar,Padova.della Comunità europea in questo campo, specienell’ambito dei « fori » di discussione neiquali di fatto converge la grande maggioranzadelle iniziative di cooperazione in questo campo,vale a dire la Conferenza dell’Aja, di cui –come detto – la Comunità èmembro, oltre chel’Uncitral el’Unidroit, presso cui, invece,la Comunità gode di un semplice status di osservatore( 56 ).L’analisi di tali competenze (l’identificazionedei settori da esse interessati, lo studio dei principalistrumenti in corso di elaborazione, l’esamedelle modalità concrete di svolgimento dell’azionecomunitaria, etc.) esula d<strong>agli</strong> scopi diun commento <strong>agli</strong> <strong>artt</strong>. 25 e 26 del reg. « RomaI » ( 57 ). Vale piuttosto la pena di segnalare, anchein considerazione dello spazio che la questionericeve nel preambolo del reg. CE n. 593/2008 ( 58 ), che la « dimensione » delle relazioniesterne della Comunità nel settore dei conflittidi leggi in materia di contratti non sarà necessariamentesolo quella multilaterale. La Commissioneha infatti recentemente presentato unaproposta riguardante le procedure e condizionisecondo le quali gli Stati membri potrebbero essereautorizzati a negoziare e concludere a proprionome, in singoli casi eccezionali riguardantimaterie settoriali, accordi bilaterali con paesiterzi contenenti disposizioni sulla legge applicabilealle obbligazioni contrattuali ( 59 ).Pietro Franzina( 56 ) Per maggiori raggu<strong>agli</strong>, v. Nicholas, TheNew Rome I Regulation on the Law Applicable toContractual Obligations: Relationships with InternationalConventions of Uncitral, the Hague Conferenceand Unidroit, inLe nouveau règlement européen« Rome I » relatif à la loi applicable aux obligationscontractuelles. Actes de la 20 e Journée de droitinternational privé du 14 mars 2008 à Lausanne, a curadi Bonomi e Cashin Ritaine, Zürich, 2009, p. 49 ss.( 57 ) In argomento v., anche per ulteriori rinvii,Franzina, Las relaciones, cit., p. 99 ss.( 58 ) V.il42 o considerando.( 59 ) Gli estremi della proposta sono riportati supra,nella nt. 46.NLCC 3/4-2009


[Artt. <strong>27</strong>, <strong>28</strong>, <strong>29</strong>] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 947Art. <strong>27</strong>.(Clausola di revisione)1. Entro il 17 giugno 2013, la Commissione presenta al Parlamento europeo, al Consiglio eal Comitato economico e sociale europeo una relazione sull’applicazione del presente regolamento.Tale relazione, se del caso, è corredata di proposte di modifica del presente regolamento.La relazione comprende:a) uno studio sulla legge applicabile ai contratti di assicurazione e una valutazione dell’impattodelle eventuali disposizioni da introdurre; eb) una valutazione sull’applicazione dell’articolo 6, in particolare per quanto riguarda lacoerenza del diritto comunitario nel settore della protezione dei consumatori.2. Entro il 17 giugno 2010, la Commissione presenta al Parlamento europeo, al Consiglio eal Comitato economico e sociale europeo una relazione sul problema dell’efficacia della cessionedi credito o della surrogazione nel credito nei confronti dei terzi e sul privilegio del creditoceduto o surrogato rispetto al diritto di un’altra persona. La relazione è corredata, se del caso,da una proposta di modifica del presente regolamento e da una valutazione dell’impatto delledisposizioni da introdurre.Art. <strong>28</strong>.(Applicazione nel tempo)Il presente regolamento si applica ai contratti conclusi dopo il 17 dicembre 2009.Capo IVDISPOSIZIONI FINALIArt. <strong>29</strong>.(Entrata in vigore e applicazione)Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nellaGazzetta ufficiale dell’Unione europea.Il presente regolamento si applica a decorrere dal 17 dicembre 2009 fatta eccezione per l’articolo26, che si applica a decorrere dal 17 giugno 2009.Sommario: 1. Distinzione tra entrata in vigore ed applicazione.– 2. Regime di diritto intertemporale del regolamento.– 3. Clausola di revisione.1. – Le tre ultime disposizioni del regolamentotrattano questioni tra di loro connesse e, se sifa eccezione per il regime di applicazione neltempo, non suscettibili di sollevare particolariquestioni <strong>giuridiche</strong>, al punto che appare giustificatoesaminarle congiuntamente in un unicocommento.Tra di esse, appare opportuno soffermarsipreliminarmente sull’art. <strong>29</strong> del regolamento, ilquale ne disciplina l’entrata in vigore, distinguendo,al riguardo, secondo una prassi ormaidiffusa nell’ambito degli atti emanati nella materia,tra entrata in vigore e applicazione. Se perla prima viene seguito il regime generale previstodall’art. 254 del Tratt. CE, per cui gli atti comunitaridestinati ad essere pubblicati entranoin vigore il ventesimo giorno successivo alla loropubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unioneeuropea, per l’applicazione la normastabilisce una vacatio legis ben più lunga, indi-NLCC 3/4-2009


948reg. CE n. 593/2008[Artt. <strong>27</strong>, <strong>28</strong>, <strong>29</strong>]cando la data del 17 dicembre 2009, pari a diciottomesi dalla data di adozione del regolamento.L’espediente di prevedere due date distinteper l’entrata in vigore del regolamento e per lasua applicazione aveva trovato giustificazione inaltri regolamenti emanati in materia di cooperazionegiudiziaria civile alla luce dell’esigenza diconcedere <strong>agli</strong> Stati membri il tempo occorrenteper compiere determinati adempimenti strumentaliall’applicazione della disciplina postadal regolamento, con particolare riferimento allecomunicazioni inerenti alle autorità competentinei rispettivi ordinamenti interni per compiereo ricevere determinati atti, ovvero alle disposizioniinterne applicabili relativamente adalcuni aspetti della materia disciplinata, ovveroancora, come nel caso del presente regolamento,alle convenzioni internazionali di cui gli Statimembri siano parti nella materia considerata( 1 ).La giustificazione per la previsione di due diversedate per l’entrata in vigore e per l’applicazionepare a dire il vero venire meno nel reg.« Roma I », dato che l’art. <strong>29</strong>, par. 2 indica unaseparata data di entrata in applicazione, anticipatadi sei mesi rispetto alle restanti disposizionidel regolamento, per l’art. 26, che pone infattiun obbligo di comunicazione per gli Stati membricon riguardo alle convenzioni internazionali( 1 ) Questa soluzione è adottata, ad esempio, dalreg. CE n. 1206/2001 del <strong>28</strong> maggio 2001 relativo allacooperazione fra le autorità giudiziarie degli Statimembri nel settore dell’assunzione delle prove in materiacivile o commerciale, (in G.U.U.E. n. L 174 del<strong>27</strong> giugno 2001, p. 1 ss.), il cui art. 24, dopo aver indicatocome data di entrata in vigore il 1 o luglio 2001,precisa che esso si applicherà a decorrere dal 1 o gennaio2004, eccettuati gli <strong>artt</strong>. 19, 20 e 21, che pongonoi detti obblighi di comunicazione, i quali si applicanoa partire dalla stessa data indicata per l’entratain vigore del regolamento. La medesima soluzione èadottata nei regolamenti adottati successivamente, inparticolare nell’art. 72 del reg. CE n. 2201/2003 del<strong>27</strong> novembre 2003 concernente la competenza, il riconoscimentoe l’esecuzione delle decisioni in materiamatrimoniale e in materia di potestà genitoriale(in G.U.U.E. n. L 338 del 23 dicembre 2003, p. 1 ss.),come pure nell’art. 33 del reg. CE n. 805/2004 del 21aprile 2004, che istituisce il titolo esecutivo europeoper i crediti non contestati (in G.U.U.E. n. L 143 del30 aprile 2004, p. 15 ss.).di cui siano parte al momento dell’adozione delregolamento e che rechino regole di conflitto inmateria di obbligazioni contrattuali. Quest’ultimaindicazione solleva due ordini di problemi,il primo dei quali inerente al coordinamentocon lo stesso art. 26. Appare, infatti, scarsamenteopportuno che la stessa data del 17 giugno2009 sia indicata al tempo stesso dall’una disposizionecome data a decorrere dalla quale lanorma in questione si applica nei confronti degliStati membri e dall’altra come termine entroil quale l’obbligo di comunicazione che essa ponedeve essere adempiuto ( 2 ). Il secondo problema,di portata più generale ed indice dellascarsa chiarezza alla quale a volte l’eccessivotecnicismo del legislatore comunitario può portare,è dato dal fatto che, se una separata data diapplicazione è fissata per quelle disposizioniche stabiliscono obblighi per così dire propedeuticialla effettiva applicazione del regolamento,non è ben chiaro a cosa si riferisca la datadi entrata in vigore prevista dal primo paragrafodella norma. Essa appare in effetti ridottaad un mero dato formale, sprovvisto di effetticoncreti sul piano dell’applicazione di alcunadelle disposizioni del regolamento ( 3 ).( 2 ) La stessa soluzione è, peraltro, adottata dall’art.<strong>29</strong> del parallelo reg. CE n. 864/2007 dell’11 luglio2007 (« Roma II ») sulla legge applicabile alleobbligazioni extracontrattuali (in G.U.U.E., L 199del 31 luglio 2007, p. 40 ss.), che impone <strong>agli</strong> Statimembri l’obbligo di comunicare alla Commissione leconvenzioni di cui all’art. <strong>28</strong>, par. 1 entro l’11 luglio2008, data nella quale lo stesso art. <strong>29</strong> diviene applicabileai sensi dell’art. 32 del regolamento. In alcuniregolamenti adottati in precedenza, era stato previstoun periodo di tempo più o meno esteso tra la data fissataper l’applicazione delle disposizioni imponentigli obblighi di comunicazione e il termine entro iquali questi dovevano essere adempiuti (due anni nelcaso del reg. CE n. 1206/2001, tre mesi per quantoconcerne gli obblighi di cui all’art. 67 del reg. CE n.2201/2003). V. anche Franzina, supra, commentosub <strong>artt</strong>. 25-26, par. 3.( 3 ) La stessa perplessità èsollevata, da ultimo, dall’art.76 del reg. CE n. 4/2009 del 18 dicembre 2008relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimentoe all’esecuzione delle decisioni e allacooperazione in materia di obbligazioni alimentari(in G.U.U.E., n. L 7 del 10 gennaio 2009, p. 1 ss.), ilquale, nel prevederne, analogamente al regolamentoin esame, l’entrata in vigore il ventesimo giorno successivoalla pubblicazione, fissa poi una data distintaNLCC 3/4-2009


[Artt. <strong>27</strong>, <strong>28</strong>, <strong>29</strong>] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 9492. – Per quanto attiene al regime di diritto intertemporaledel regolamento, l’art. <strong>28</strong> riprende,con alcuni adattamenti dettati dalla diversanatura giuridica dello strumento e dalle diversemodalità in cui ne è regolata l’entrata in vigore el’applicazione, la soluzione già prevista dall’art.17 della Convenzione di Roma del 1980, prevedendoche esso si applichi ai contratti conclusidopo il 17 dicembre 2009, data fissata dall’art.<strong>29</strong> per l’applicazione del regolamento.La soluzione adottata, se da una parte confermail carattere meramente formale e sprovvistodi effetti concreti dell’entrata in vigore del regolamento,dall’altra mantiene la stessa soluzionedell’irretroattività della disciplina da esso introdotta.Tale soluzione trova giustificazione allaluce dell’esigenza di continuità della disciplinainternazionalprivatistica dei contratti, non apparendoopportuno dal punto di vista della certezzadel diritto che un contratto disciplinato, almomento in cui è stipulato, da una data legge inbase alla Convenzione di Roma del 1980 o adaltre disposizioni di diritto internazionale privatoeventualmente applicabili ( 4 ), possa a partireda un certo momento divenire soggetto ad unaper l’applicazione delle disposizioni relative <strong>agli</strong>adempimenti propedeutici all’applicazione del regolamentonel suo insieme. Appare in questo senso piùchiara la soluzione adottata dal reg. CE n. 864/2007,« Roma II », il quale all’art. 32 omette del tutto il riferimentoalla data di entrata in vigore, indicando direttamentela data di applicazione tanto per il regolamentonel suo insieme (11 gennaio 2009), quanto perla disposizione dell’art. <strong>29</strong>, relativa all’obbligo di comunicarealla Commissione le convenzioni contemplateall’art. <strong>28</strong>, par. 1 (11 luglio 2008). La soluzioneadottata, nondimeno, pone dei problemi di coordinamentocon l’art. 31 del regolamento stesso, il qualeinvece, al fine dell’applicazione della regola di dirittointertemporale che stabilisce, fa riferimento alla datadi entrata in vigore, come tale dovendosi verosimilmenteintendere la data fissata per l’applicazione delregolamento nel suo insieme ai sensi dell’art. 32.( 4 ) Con particolare riferimento, ad esempio, alladisciplina di conflitto relativa ai contratti di assicurazionerelativi a rischi localizzati negli Stati membri,che la Convenzione escludeva dal proprio ambito diapplicazione rimettendoli alle disposizioni contenutenelle direttive comunitarie emanate in materia, mentreil regolamento li ricomprende nel proprio ambitodi applicazione, formulando nell’art. 7 un’appositadisciplina in proposito. Si veda Marongiu Buonaiuti,supra, commento sub art. 23, par. 5.legge diversa per effetto dell’applicazione delledisposizioni del regolamento ( 5 ).( 5 ) Si vedano, con riferimento alla soluzione di dirittointertemporale prevista dalla Convenzione diRoma, la Relazione Giuliano-Lagarde, sub art. 17; indottrina, tra gli altri, Troiano, sub art. 17, in Convenzionesulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali(Roma, 19 giugno 1980) – Commentario, acura di Bianca e Giardina, in questa Rivista, 1995, p.1091 ss.; Villani, La Convenzione di Roma sulla leggeapplicabile ai contratti 2 , Bari, 2000, p. 61 s.; Martiny,inInternationales Vertragsrecht 6 , a cura di Reithmanne Martiny, Köln, 2004, p. 187 ss.; Plender eWilderspin, The European Contracts Convention.The Rome Convention on the Law Applicable to ContractualObligations 2 , London, 2001, p. 23. La regolain questione costituisce espressione di un principio diirretroattività delle nuove regole di diritto internazionaleprivato, il quale è suscettibile, tuttavia, di deroghenell’ipotesi in cui, come avviene, ad esempio neirapporti di lavoro, con il contratto si venga ad instaurareun rapporto giuridico destinato a perdurare neltempo. È stato a questo riguardo ritenuto giustificatoin giurisprudenza applicare alla risoluzione del rapportola legge individuata in base alla nuova disciplinadi diritto internazionale privato nel frattempo sopravvenuta:si veda, in particolare, per un caso risalente,relativo all’applicazione della disciplina di conflittoitaliana alla risoluzione un contratto di lavoroche era stato concluso a Trieste anteriormente all’annessioneall’Italia, Magistratura del lavoro di Trieste10 novembre 1936, in Riv. dir. internaz., 1937, p. 409ss. Si vedano in proposito Gavalda, Les conflits dansle temps en droit international privé, Paris, 1955, p.237 ss.; Giardina, Successione di norme di conflitto,Milano, 1970, p. 188 ss.. Merita in proposito ricordareche in quest’ultimo senso si pone la soluzione accoltadall’art. 72 della l. 31 maggio 1995, n. 218, di riformadel sistema italiano di diritto internazionaleprivato, il quale prevede l’applicazione della nuovadisciplina in tutti i giudizi iniziati dopo la sua entratain vigore, anche aventi ad oggetto rapporti giuridicisorti precedentemente, facendo salva l’applicazionedel previgente sistema di diritto internazionale privatounicamente in relazione alle situazioni esaurite primadi tale data, come tali intendendosi quelle che abbianogià esplicato compiutamente i propri effetti. Sivedano al riguardo, tra gli altri, Broggini, sub art. 72(Disposizioni transitorie), inLegge 31 maggio 1995, n.218, Riforma del sistema italiano di diritto internazionaleprivato e processuale – Commentario, a cura diBariatti, in questa Rivista, 1996, p. 1493 ss., Giacalone,Disposizioni transitorie e finali, inIl nuovo sistemaitaliano di diritto internazionale privato, Legge31 maggio 1995, n. 218, a cura di Capotorti, in Corr.giur., 1995, p. 1265 ss.; Giardina, sub art. 72, inNLCC 3/4-2009


950reg. CE n. 593/2008[Artt. <strong>27</strong>, <strong>28</strong>, <strong>29</strong>]La regola di diritto intertemporale che il regolamentofa propria, pur rispondendo all’esigenzache si è evidenziata, non manca di ripresentarequelle stesse incertezze applicative propriedella corrispondente disposizione della Convenzione.In particolare, l’art. <strong>28</strong> solleva il problemadell’individuazione della legge in base allaquale si deve determinare il momento di conclusionedel contratto, e più specificamente setale legge sia da individuarsi in base alle disposizionidel regolamento ovvero in base alle previgentinorme di diritto internazionale privato,contenute prevalentemente nella Convenzionedi Roma. Il riferimento alle norme del regolamentoconsente di realizzare una maggiore uniformitàdi soluzioni, avuto riguardo al fatto che,per quanto la gran parte degli Stati membri sianogià vincolati dalla Convenzione di Roma, sipossono pur sempre porre questioni alle qualiquesta non si applica, restando soggette ad altredisposizioni di diritto internazionale privato,mentre vengono ora ad essere sottoposte alla disciplinadi conflitto posta dal regolamento ( 6 ).Dall’altra, un argomento a favore di un’applicazionedel regolamento anche in relazione a queicasi in cui si discute della sussistenza dei presuppostiper la sua applicazione può essere desuntodall’art. 10 del regolamento stesso, ove siprevede, riprendendo la soluzione già contenutanell’art. 8 della Convenzione, che l’esistenza ela validità sostanziale del contratto o di una suadisposizione si determinino in base alla stessalegge che sarebbe applicabile in base al regolamentoove il contratto o la disposizione fosserovalidi ( 7 ).Deve, peraltro, essere osservato che la regolaCommentario del nuovo diritto internazionale privato,a cura di Pocar et alii, Padova, 1996, p. 360 ss.; ci sipermette di rinviare anche, per un esame dei problemiparticolari posti dall’applicazione di tale regola alledisposizioni processuali della nuova legge, diverseda quelle idonee a far sorgere la giurisdizione del giudiceitaliano ai sensi del secondo comma della norma,a Marongiu Buonaiuti, Litispendenza e connessioneinternazionale, Napoli, 2008, p. 137 ss.( 6 )V.supra, nt. 4.( 7 ) Fanno ricorso a questa argomentazione di caratteresistematico in relazione alla regola contenutanell’art. 17 della Convenzione di Roma Troiano, subart. 17, cit., p. 1092, Villani, La Convenzione di Roma,cit., p. 62. V., con riferimento alla disposizionerichiamata, Cortese, supra, commento sub art. 10.contenuta nell’art. <strong>28</strong> risulta di più agevole applicazionerispetto a quella contenuta nell’art.17 della Convenzione a causa della diversa naturagiuridica dello strumento. Il regolamento,infatti, per sua stessa natura è entrato in vigoreed è destinato a ricevere applicazione a partiredalla data indicata dall’art. <strong>29</strong> in tutti gli Statimembri soggetti alla sua efficacia, superandol’esigenza, che si poneva invece con la Convenzione,di fare riferimento allo specifico momentoin cui la medesima fosse entrata in vigore peril singolo Stato contraente interessato ( 8 ).( 8 ) Da notare, peraltro, che la stessa RelazioneGiuliano-Lagarde, sub art. 17, afferma che la regola intal senso contenuta nell’art. 17 di questa non precludevache essa potesse essere applicata quale ratioscripta anche negli Stati contraenti nei quali non fosseformalmente ancora in vigore, opportunità della qualeha fatto uso Cour d’appel Paris <strong>27</strong> novembre 1986,in Rev. crit. dr. internat. privé, 1988, p. 314 ss., connota di Lyon-Caen, ibidem, p. 322 ss., spec. p. 324ss., affermando che la Convenzione costituival’espressione di principi comunemente accettati inmateria, che avevano ricevuto l’approvazione del legislatorefrancese in sede di autorizzazione alla ratifica,pur non essendosi ancora raggiunto il numero diratifiche necessario per la sua entrata in vigore sulpiano internazionale. V. al riguardo Villani, La Convenzionedi Roma, cit., p. 61. La stessa soluzione potrebbeora valere, mutatis mutandis, per il reg. « RomaI », nella misura in cui il medesimo, nelle parti incui si discosta dal testo della Convenzione di Roma,può dirsi espressione di un accordo tra gli Stati membrinel senso di un adattamento della disciplina contenutanella Convenzione alle esigenze emerse dallaprassi applicativa. Ciò nondimeno, un’eventuale applicazioneanticipata del regolamento, anziché colmareuna situazione di vuoto normativo come avvenivanel caso della Convenzione, che prendeva il postodelle regole ben più scarne contenute nei sistemi nazionalidi diritto internazionale privato, si urterebbecon la formale vigenza della Convenzione. Tale considerazionedeve ritenersi abbia portato alla eliminazionedal testo finale del regolamento della previsioneinizialmente contenuta nella Proposta della Commissione,all’art. 24, nel senso che le norme del regolamentoavrebbero potuto trovare applicazione ancheai contratti conclusi anteriormente alla data fissataper la sua applicazione, ove la loro applicazioneavesse portato all’applicazione della stessa legge chesarebbe stata applicabile in base alla Convenzione diRoma, previsione che appariva introdurre un inutileelemento di complessità, come rilevato, tra gli altri,da Lagarde, Remarques sur la proposition de règlementde la Commission européenne sur la loi applica-NLCC 3/4-2009


[Artt. <strong>27</strong>, <strong>28</strong>, <strong>29</strong>] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 951La norma lascia, invece, irrisolte le altre questioniinterpretative che già si potevano porrecon riguardo alla Convenzione, con particolareriguardo alle modalità in cui la regola di dirittointertemporale da essa recata debba ricevereapplicazione nel caso di contratti collegati, ovveronel caso di un contratto preliminare. Taliipotesi pongono infatti la questione se sia opportuno,in considerazione dell’esigenza di unitarietànella disciplina internazionalprivatisticadi tali contratti rispetto al contratto principaleovvero, rispettivamente, al contratto definitivo,derogare alla regola in questione applicando ladisciplina di conflitto posta dal regolamento aicontratti collegati ovvero al contratto preliminareconclusi prima della data indicata per l’applicazionedel regolamento, ove, rispettivamente,il contratto principale ovvero il contratto definitivosiano stati conclusi successivamente. A questoriguardo, appaiono condivisibili le considerazionigià svolte in dottrina con riferimento all’art.17 della Convenzione di Roma, nel sensoche l’introduzione di una tale deroga alla normaintrodurrebbe un inopportuno elemento di incertezzagiuridica e di potenziale disomogeneitànell’interpretazione, considerate, da una parte,le difficoltà che frequentemente si presentanonella pratica per quanto concerne l’identificazionedel contratto principale nell’ambito di piùcontratti collegati e, dall’altra, le caratteristichepeculiari della figura del contratto preliminarequale conosciuto dall’ordinamento italiano, chenon trovano esatta corrispondenza negli ordinamentidegli altri Stati membri ( 9 ).ble aux obligations contractuelles (Rome I), inRev.crit. dr. internat. privé, 2006, p. 331 ss., spec. p. 348;Mankowski, Der Vorschlag für die Rom I-Verordnung,inIPRax, 2006, p. 101 ss., p. 113; v. pureUbertazzi, Il regolamento Roma I sulla legge applicabilealle obbligazioni contrattuali, Milano, 2008, p. 57s.( 9 ) La questione è discussa, con riferimento all’art.17 della Convenzione di Roma, da Troiano, sub art.17, cit., p. 1092 s., giungendo alla conclusione, cheappare condivisibile, che il collegamento esistente trai contratti nelle due diverse ipotesi prese in considerazionenon possa giustificare una deroga all’applicazionedella regola stabilita dalla norma. Si veda anche,nel senso della tendenziale autonomia dei contratticollegati dal punto di vista della disciplina internazionalprivatistica,Cassoni, I contratti collegatinel diritto internazionale privato, inRiv. dir. internaz.Nemmeno appare giustificata una deroga all’applicazionedella norma nella diversa ipotesidi un contratto aperto all’adesione successiva dialtre parti. Deve, a questo riguardo, osservarsiche l’adesione successiva di altre parti ad uncontratto aperto comporta sostanzialmente l’accettazionead opera delle parti aderenti dellaclausola, qualificabile in termini di offerta, a talfine inserita nel contratto originario dalle partidi quest’ultimo. Con tale accettazione si vienequindi a concludere un nuovo contratto tra gliaderenti e le parti contraenti del contratto originario( 10 ). Accogliendosi questa ricostruzione,priv. e proc., 1979, p. 23 ss., il quale ritiene che a taleregola si possa fare eccezione solo in ipotesi molto limitate,come quella di contratti ausiliari, volti adestinguere o a modificare gli effetti di un contrattoprecedentemente stipulato, i quali sarebbero necessariamenteassoggettati alla stessa legge che regola quest’ultimocontratto, registrando invece, con riferimentoalla diversa ipotesi dei rapporti che intercorronotra contratto di fideiussione e contratto principale,un’oscillazione della giurisprudenza, peraltro ormairisalente, tra le due opposte tesi della sottoposizionedel contratto di fideiussione alla stessa leggeche regola il contratto principale, affermata da Cass.4 ottobre 1954, in Riv. dir. internaz., 1957, p. 402 ss.,con nota di Arangio Ruiz, e della sua autonomiasotto il profilo internazionalprivatistico, affermata daCass. 12 settembre 1957, in Riv. dir. internaz., 1958,p. 251 ss., con nota di Curti Gialdino. Nel sensodell’autonomia dei contratti collegati dal punto di vistadella disciplina internazionalprivatistica si vedaanche Martiny,inInternationales Vertragsrecht, cit.,p. 164; maggiormente favorevole alla sottoposizionead un’unica legge è invece Giardina, Les contratsliés en droit international privé, inTrat. du Comitéfrançais, 1995-1996, p. 97 ss., spec. p. 102 ss.; alcunetrattazioni più recenti delle diverse figure di collegamentonegoziale, limitate al piano sostanziale, Meoli,I contratti collegati nelle esperienze <strong>giuridiche</strong> italianae francese, Napoli, 1999, p. 16 ss.; Rappazzo, Icontratti collegati, Milano, 1998, p. 19 ss.; Nuzzo,Contratti collegati e operazioni complesse, inStudi inonore di Giuseppe Benedetti, II, Napoli, 2008, p.12<strong>27</strong> ss.( 10 ) Si veda in questo senso, con riferimento all’ordinamentoitaliano, tra gli altri, Bianca, Diritto civile,III, Il contratto 2 , Milano, 2000, p. 243 ss., spec. p.244.; Sacco, La conclusione dell’accordo, inTrattatodei contratti, dir. da Rescigno e Gabrielli, I contrattiin generale 2 , I, a cura di Gabrielli, Torino, 2006, p.172 s., il quale osserva che per quanto la norma dell’art.1332 c.c. non lo indichi espressamente, nell’adesionedi altre parti possano rientrare tanto una pro-NLCC 3/4-2009


952reg. CE n. 593/2008[Artt. <strong>27</strong>, <strong>28</strong>, <strong>29</strong>]appare doversi argomentare nel senso che alnuovo contratto, che viene in essere con l’adesionedi altre parti al precedente contratto, debbaapplicarsi, in base alla regola contenuta nellanorma in esame, la disciplina contenuta nel regolamento,ove l’adesione si sia perfezionatasuccessivamente alla data a partire dalla qualeesso si applica, e ciò anche qualora il contrattooriginario fosse stato concluso anteriormente( 11 ).3. – Il regolamento prevede infine, all’art. <strong>27</strong>,seguendo una prassi ormai diffusasi negli attiemanati in materia di cooperazione giudiziariacivile, una clausola di revisione ( 12 ). Essenzialmente,vi si prevede che entro cinque anni dall’adozionedel regolamento – il che, in sostanza,data la lunga vacatio legis disposta dall’art. <strong>29</strong>,vale a dire dopo tre anni e mezzo dalla data fissataper la sua applicazione – la Commissionedebba presentare un’apposita relazione sull’applicazionedel regolamento, la quale dovrà esserecorredata, ove del caso, da apposite propostedi modifica.La norma prosegue con lo specificare, in termini,come sembra doversi ritenere, non esaustivi,il contenuto della relazione, precisandoche essa dovrà contenere un esame specificodell’applicazione delle regole di conflitto conriferimento a due categorie di contratti nellequali si pone con particolare rilevanza il problemadel coordinamento tra le regole contenutenel regolamento e le disposizioni contenutein altri atti comunitari. Esse sono costituitespecificamente dai contratti conclusi dai consumatorie dai contratti di assicurazione ( 13 ). Conposta quanto un’accettazione; la medesima tesi èespressa in Id., La conclusione dell’accordo, inTratt.dir. priv. Rescigno, Obbligazioni e contratti 2 , 2, Torino,1995, p. 107 s. e in Sacco e De Nova, Il contratto,1,inTratt. dir. civ. Sacco, Torino, 2004, p. 357 s.;più sfumata è la ricostruzione di Roppo, Il contratto,in Tratt. dir. priv. Iudica e Zatti, Milano, 2001, p. 130s., il quale afferma in termini generali che con l’adesionei soggetti aderenti diventano anch’essi parti delmedesimo contratto che già legava le parti orignarie,ammettendo però che, quanto alle modalità concretein cui l’adesione si realizza, la clausola d’apertura delcontratto possa configurarsi come proposta, e l’adesionecome accettazione, come tale idonea a concludereil contratto, il quale, pertanto, venendo in essereal momento dell’adesione, appare inevitabilmente distintodal contratto originario, pur avendo il medesimocontenuto di questo e ricomprendendone le parti.( 11 ) V. in senso diverso Bianca, Diritto civile, cit.,p. 245, il quale propende per la tesi per cui il nuovocontratto che viene in essere con l’adesione di nuoveparti al contratto originario accederebbe a quest’ultimo,restando conseguentemente assoggettato allamedesima legge regolatrice. Una tale tesi, secondoquanto rilevato da Troiano, sub art. 17, cit., p. 1093,introdurrebbe una deroga al criterio di diritto intertemporalegià adottato dall’art. 17 della Convenzionedi Roma, in quanto nell’ipotesi in esame comporterebbel’assoggettamento del nuovo contratto al regimeinternazionalprivatistico previgente, soluzioneche, nell’ottica di un favor per l’applicazione dellanuova disciplina in quanto maggiormente idonea a rifletterele esigenze attuali in termini di disciplina internazionalprivatisticadella materia, appare scarsamenteplausibile.( 12 ) Disposizioni che prevedono la presentazioneda parte della Commissione di relazioni periodichesull’applicazione dei regolamenti emanati nella materia,corredate ove del caso di proposte di modifica, figurano,per limitarsi ad alcuni esempi, nell’art. 46 delreg. CE n. 1346/2000 del <strong>29</strong> maggio 2000 relativo alleprocedure d’insolvenza (in G.U.U.E., n. L 160 del30 giugno 2000, p. 1 ss.); nell’art. 24 del reg. CE n.1348/2000 del <strong>29</strong> maggio 2000 relativo alla notificazionee alla comunicazione negli Stati membri degliatti giudiziari ed extragiudiziali in materia civile ocommerciale (in G.U.U.E. n. L 160 del 30 giugno2000, p. 37 ss.), previsione la quale ha portato all’adozionedel nuovo reg. CE n. 1393/2007 del 13 novembre2007 relativo alla notificazione e alla comunicazionenegli Stati membri degli atti giudiziari ed extragiudizialiin materia civile o commerciale e cheabroga il regolamento (CE) n. 1348/2000 del Consiglio;nell’art. 23 del reg. CE n. 44/2001 del 22 dicembre2000 (« Bruxelles I ») concernente la competenzagiurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delledecisioni in materia civile e commerciale (inG.U.U.E. n. L 12 del 16 gennaio 2001, p. 1 ss.); nell’art.65 del reg. CE n. 2201/2003 (« Bruxelles IIbis»), e nell’art. 30 del reg. CE n. 864/2007 (« RomaII »).( 13 ) Con riferimento alle problematiche poste dalladisciplina della legge applicabile relativamente atali categorie di contratti contenuta nel regolamento,v. Pizzolante, supra, commento sub art. 6 e Id.,commento sub art. 7, e già, con riferimento alla disciplinarelativa ai primi nella Proposta della Commissione,Id., I contratti conclusi dai consumatori nella propostadi regolamento « Roma I », inLa legge applicabileai contratti nella proposta di regolamento « RomaI », a cura di Franzina, Padova, 2006, p. 50 ss.; si ve-NLCC 3/4-2009


[Artt. <strong>27</strong>, <strong>28</strong>, <strong>29</strong>] Legge applicabile alle obbligazioni contrattuali 953mente ai rapporti tra cedente e cessionario o trasurrogante e surrogato e ai rapporti tra questi eil debitore, senza recepire la soluzione che erastata prospettata relativamente all’opponibilitàai terzi nell’art. 13 della proposta della Commissione( 15 ). La disposizione ripropone in sostanz<strong>agli</strong> stessi problemi interpretativi già affacciatisirelativamente all’art. 12 della Convenzionedi Roma. Con riferimento a quest’ultima disposizione,erano state infatti prospettate diversetesi, volte ora a veder ricompresa nella portatadella norma, per opportune e condivisibili ragionidi unitarietà di regime giuridico, anche laquestione dell’efficacia della cessione nei confrontidei terzi, ora invece, piuttosto discutibilmente,a considerare la questione dell’efficacianel confronti dei terzi come attinente <strong>agli</strong> effettireali del contratto di cessione, come tali nonrientranti nella disciplina posta dalla Convenzione( 16 ). In considerazione di questa incertezdanoinoltre, con riferimento alla disciplina contenutanel regolamento relativamente alle due categorie dicontratti, tra gli altri, Ballarino, Dalla Convenzionedi Roma del 1980 al regolamento Roma I, inRiv. dir.internaz., 2009, pp. 50 s. e 53 s.; Garcimartín Alférez,The Rome I Regulation: Much ado aboutnothing?, inEur. Legal Forum, 2008, p. I-71 ss., I-74s.; Lagarde e Tenenbaum, De la convention de Romeau règlement Rome I, inRev. crit. dr. internat. privé,2008, pp. 743 ss. e 764 ss.( 14 ) Ci si permette di rinviare anche, con riferimentoall’incidenza dell’inclusione nel testo del regolamentodell’apposita disposizione dell’art. 7 sui rapportiintercorrenti tra questo e le disposizioni di conflittocontenute in altri atti comunitari nella materiaconsiderata, a Marongiu Buonaiuti, supra, commentosub art. 23, par. 5.riguardo a questi ultimi, la formulazione dellalettera a) del par. 1 della norma appare evidenziareun probabile difetto di coordinamentodel testo del regolamento, in quanto fa riferimentonon già –come avviene nella lettera b)relativamente ai contratti conclusi dai consumatori– ad una valutazione dell’applicazionericevuta dalla disposizione in proposito contenutanel regolamento, bensì genericamente aduno studio in materia di legge applicabile aicontratti di assicurazione, oltreché ad una valutazionedell’impatto delle eventuali disposizionida introdurre, omettendo qualsiasi riferimentoalla disciplina contenuta nell’art. 7 del regolamento.Questa singolarità dà motivo di ritenereche la formula adottata sia stata concepita anteriormentealla decisione di inserire nel regolamentoun’apposita disciplina delle legge applicabileai contratti di assicurazione e non siastata successivamente adattata alla sistemazionefinale del testo normativo ( 14 ).Il par. 2 della norma prevede che la Commissionedebba presentare, entro un termine benpiù ristretto, pari in sostanza a soli sei mesi dalladata fissata per l’applicazione del regolamento,una separata relazione riguardante i problemiinerenti alla cessione dei crediti, con particolareriferimento alle questioni degli effetti della cessioneo della surrogazione nel credito nei confrontidei terzi e del privilegio del credito cedutoo surrogato rispetto ai diritti di altre persone.Con evidenza, si tratta di aspetti relativamenteai quali la disciplina contenuta nell’art. 14 delregolamento non prende espressamente posizione,riferendosi testualmente la norma unica-( 15 )LaProposta della Commissione, all’art. 13, par.3, prevedeva espressamente che la legge del Paese diresidenza abituale del cedente o del surrogante almomento della cessione o trasferimento disciplinassel’opponibilità della cessione o della surrogazione aiterzi. Come osservato nella Relazione alla Propostadella Commissione, punto 4.2, sub art. 13, la soluzioneprospettata trovava riscontro nella maggior partedelle risposte pervenute sul punto al Libro verde ecorrispondeva alla soluzione accolta nella ConvenzioneUncitral del 2001 sulla cessione di crediti commerciali,la quale, all’art. 22, prevede l’applicazionedella legge del Paese in cui è situata la sede dell’amministrazionecentrale del cedente. Il testo della Convenzione,con relativa nota esplicativa, è consultabileal sito dell’Uncitral (http://www.uncitral.org). V.,con riferimento alla disciplina contenuta nella Propostadella Commissione, Bonomi, La legge applicabilealla cessione del credito: la delimitazione di competenzatra leggi suscettibili di considerazione, inIl nuovodiritto europeo dei contratti: dalla Convenzione di Romaal regolamento « Roma I », Milano, 2007, p. 167ss.; Gardella, Prevedibilità contro flessibilità? Lalegge applicabile all’opponibilità della cessione del creditoai terzi nella proposta di regolamento « Roma I »,in La legge applicabile ai contratti nella proposta di regolamento« Roma I », cit., p. 106 ss.; Leandro, Ladisciplina dell’opponibilità della cessione del credito,ivi, p. 1<strong>29</strong> ss.( 16 ) V., per una discussione della tesi in questione,la quale appare costituire il frutto di un’inopportunaassimilazione dei contratti di cessione di crediti aicontratti traslativi di diritti reali, con la conseguenteassimilazione degli uni <strong>agli</strong> altri anche per quanto at-NLCC 3/4-2009


954reg. CE n. 593/2008[Artt. <strong>27</strong>, <strong>28</strong>, <strong>29</strong>]za interpretativa, che l’art. 14 del regolamentolascia irrisolta ( 17 ), la relazione prevista dall’art.<strong>27</strong>, par. 2, deve tendere a valutare l’opportunitàtiene alla determinazione dei rispettivi ambiti di applicazionedella legge regolatrice del titolo e della leggeregolatrice del contenuto del diritto, dovendosi invececonsiderare pertinente la qualificazione dellacessione di credito in termini di contratto ad effettireali unicamente per quanto attiene alla sua idoneitàa trasferire la titolarità di un diritto di credito e nonanche nel diverso senso di considerarla idonea a creare,modificare o estinguere diritti reali, Malatesta,La cessione del credito nel diritto internazionale privato,Padova, 1996, p. 18.( 17 ) Si rimanda, con riferimento alla disciplina dellalegge applicabile alla cessione di credito e alla surrogazioneconvenzionale contenuta nell’art. 14 delregolamento e, specificamente, alle diverse soluzionidi integrare la disciplina al momento contenutanel regolamento con ulteriori disposizioni chedisciplinino espressamente tali aspetti, formulandoa tal fine apposite proposte di modificacorredate da una valutazione dell’impatto delleregole da introdurre.Fabrizio Marongiu Buonaiutigià in precedenza prospettate relativamente al problemadella legge applicabile alla opponibilità dellacessione ai terzi, a Leandro, supra, commento subart. 14, par. 6; oltreché, tra gli altri, a GarcimartínAlférez, The Rome I Regulation, cit., p. I-77 s.; Lagardee Tenenbaum, De la convention de Rome aurèglement Rome I, cit., p. 776 s.; Lando e Nielsen,The Rome I Regulation, cit., p. 1713 s.; Ubertazzi, Ilregolamento Roma I, cit., p. 106 ss.NLCC 3/4-2009

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