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Sussidi Amplificator.. - dieet

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1SUSSIDI DIDATTICI AL CORSO DI DISPOSITIVI ELETTRONICIMauro Mosca (A.A. 2011-12)AMPLIFICATORI A COMPONENTI DISCRETIIniziamo con questo capitolo lo studio dei circuiti elettronici veri e propri. Dopo aver passato inrassegna i dispositivi elettronici più comuni, possiamo adesso analizzare come questi funzionano seinseriti all’interno di circuiti elettrici. In elettronica analogica l’applicazione più importante deltransistor è l’amplificatore: si può dire che la quasi totalità dei circuiti analogici è rappresentata daamplificatori o, in ogni modo, da circuiti il cui schema elettrico è riconducibile ad essi. Nel capitoloche segue analizzeremo e progetteremo amplificatori che possano essere ottenuti con BJT e FET(che d’ora in poi, per comodità, chiameremo indifferentemente transistor), vale a dire concomponenti discreti. Benché gli schemi dei circuiti amplificatori integrati differiscanosensibilmente da quelli a componenti discreti, il loro principio di funzionamento è semprerimandabile a quello degli amplificatori a componenti discreti.S.1 Generalità sugli amplificatoriSebbene il concetto di amplificatore sia (o perlomeno “sembri”) abbastanza intuitivo, giova lostesso darne una definizione più “ufficiale”: un amplificatore è un circuito biporta in grado diinnalzare il livello del segnale d’ingresso conferendo ad esso una potenza maggiore rispetto aquella che aveva in ingresso. La necessità di amplificare un segnale deriva dal fatto che i trasduttori(sistemi in gradi di trasformare un determinato tipo di segnale – meccanico, ottico, ecc. – in unsegnale elettrico) forniscono segnali piuttosto “bassi” dell’ordine di V o mV e dotati di energiepiuttosto basse; essi non sono pertanto adatti ad essere sottoposti ad un’elaborazione attendibile epossono facilmente confondersi con il rumore di fondo, sempre presente in qualsiasi sistemaelettrico.Detto ciò, ci si potrebbe chiedere per quale motivo “scomodare” i transistor per un’operazionedel genere, quando esistono già componenti elettrici “tradizionali” o, al limite, circuiti abbastanzasemplici, in grado di realizzare ciò. Un trasformatore, ad esempio, non è in grado di innalzare illivello di tensione di segnale, progettando il numero di avvolgimenti in modo opportuno? Oppure ilduplicatore di tensione a diodi non permette di raddoppiare (e, con qualche modifica, n-plicare) il


2valore della tensione d’ingresso? Leggete tuttavia bene, la seconda parte della definizione diamplificatore prima riportata. Ne siete ancora convinti? Indicata con v 1 la tensionesull’avvolgimento primario del trasformatore e con i 1 la corrente che ivi scorre, con v 2 la tensionesecondario e con i 2 la corrente che scorre in esso, si ha v 1 i 1 > v 2 i 2 , cioè la potenza in uscita deltrasformatore è sempre minore di quella d’ingresso o, in altri termini, il rendimento deltrasformatore è sempre minore di 1. Analizzando allo stesso modo il duplicatore di tensione a diodisi scopre anche qui l’inghippo: la corrente d’uscita è sempre molto più bassa di quella in ingresso.Ritornando nuovamente alla definizione, qualcuno potrebbe obiettare che non può esistere untale circuito in grado di fornire in uscita maggiore potenza rispetto a quella d’ingresso, altrimenti simanderebbero a casa – con buona pace dei padri fondatori della fisica moderna – tutti i principi diconservazione dell’energia (e si risolverebbero d’un tratto i problemi energetici mondiali). Tuttavia,non è neanche questo il caso: un amplificatore è senz’altro in grado di fornire in uscita una potenzamaggiore rispetto a quella del segnale d’ingresso, semplicemente perché esso stesso la ricevedall’esterno, diciamo da un “secondo” ingresso. In realtà, l’amplificatore riceve all’ingressopropriamente detto un segnale alternato di bassa tensione e bassa potenza, mentre al “secondo”ingresso è applicata una tensione continua, in grado di fornire una corrente assai più elevata diquella che circola nel circuito d’ingresso. L’amplificatore in questo modo, fornisce in uscita unsegnale alternato il cui andamento è esattamente lo stesso del segnale alternato d’ingresso, ma conuna potenza parecchio più elevata rispetto a quella di tale segnale. A tale incremento di potenzaprovvede interamente la sorgente continua applicata all’altro ingresso. Quindi, uno schemasemplificato dell’amplificatore può essere quello riportato in Fig. S.1.V CAv 1 (t)v 2 (t)Fig. S.1 – Schema semplificato di un amplificatoreLa Fig. S.1 suggerisce una nuova definizione dell’amplificatore: quella di un convertitore dipotenza DC-AC (il segnale d’ingresso alternato allora serve soltanto a “suggerire” all’amplificatorela forma e la frequenza che dovrà avere il segnale d’uscita).


3In qualunque modo si voglia definire un amplificatore, una cosa a questo punto dovrebbe esserechiara, cioè che per amplificare un segnale avremo sempre bisogno, oltre che del segnale daamplificare, anche di una tensione continua proveniente da una sorgente in grado di fornire unacorrente non troppo bassa.Si noti che il termine elemento attivo, con il quale vengono spesso indicati tutti i tipi ditransistor, indica la loro capacità di fornire in uscita una potenza maggiore di quella d’ingresso seopportunamente alimentati. Diodi, resistenze, condensatori, induttanze, non possedendo talefunzionalità, sono definiti elementi passivi.È opportuno, a questo punto, illustrare la necessità di linearità per gli amplificatori.Amplificando un segnale bisogna avere cura di non alterare le informazioni in esso contenute e dinon introdurre informazioni differenti. In altre parole, vogliamo ottenere un segnale d’uscita che siaun’esatta replica del segnale d’ingresso, a parte la maggiore ampiezza. Ogni alterazione della formad’onda è considerata distorsione ed è, ovviamente, indesiderabile.Un amplificatore che conservi nei dettagli la forma d’onda del segnale è caratterizzato dalla notarelazione vo ( t) Avi( t), dove v o e v i sono rispettivamente i segnale d’uscita e d’ingresso e A è unacostante che rappresenta il valore dell’amplificazione, chiamata guadagno dell’amplificazione osemplicemente amplificazione. Tale relazione è di tipo lineare e quindi l’amplificatore da essacaratterizzato è detto amplificatore lineare. Affinché la relazione sia lineare è fondamentale che Arisulti sempre costante perché in tal modo le forme d’onda d’ingresso e d’uscita avranno sempre lostesso andamento, mentre l’ampiezza del segnale d’uscita sarà A volte quella del segnale d’ingresso.Gli amplificatori che vedremo più avanti sono di solito destinati a funzionare con segnalid’ingresso molto piccoli. Il loro scopo è quello di rendere maggiore l’ampiezza del segnale e, pertale motivo, sono considerati amplificatori di tensione. Esiste anche un’altra classe di amplificatori,detti di potenza. È chiaro che sia gli amplificatori di tensione che quelli cosiddetti di potenza,permettono sempre di avere in uscita una potenza maggiore di quella in ingresso, solo che nel primocaso ciò che davvero interessa è l’aumento di ampiezza del segnale, mentre la potenza si mantiene alivelli non troppo alti, in genere inferiore a 1 watt. Gli amplificatori di potenza, invece, fornisconouna modesta amplificazione di tensione ma una sostanziosa amplificazione di corrente. Quindi, purassorbendo poca energia dal generatore di segnale ai quali sono connessi, forniscono una grossaquantità di energia al loro carico. Un esempio può essere costituito dall’amplificatore di potenza diun sistema stereo hi-fi, il cui scopo è quello di erogare una potenza sufficiente a pilotare glialtoparlanti. Vale la pena notare che gli altoparlanti rappresentano il trasduttore d’uscita del sistema,poiché convertono il segnale elettrico in uscita dal sistema in un segnale acustico. Mediante questoesempio possiamo anche apprezzare meglio la necessità, per gli amplificatori, della proprietà di


4linearità. Un amplificatore di potenza lineare fa in modo che sia i passaggi musicali forti che quellibassi siano riprodotti senza distorsioni.S.2 Principio di funzionamento degli amplificatori a componenti discretiUn transistor per potere fornire un’amplificazione deve essere polarizzato e inserito all’internodi un circuito appropriato. A questo proposito è utile fare riferimento alle loro caratteristiche. Siconsideri il circuito a BJT di Fig. S.2a, dove l’elemento attivo (configurato ad emettitore comune) èpolarizzato, avendo applicato le tensioni (continue) V BB alla giunzione EB e V CC alla giunzione CB.Così come operato con i diodi, è possibile ricavare il punto di riposo (o di lavoro) del BJT, ossia letensioni applicate alle giunzioni e le correnti che scorrono in esso. La costruzione grafica sullecaratteristiche d’uscita è riportata in Fig. S.2b: l’intersezione tra le caratteristiche d’uscita deltransistor e la retta di carico relativa al circuito d’uscita fornisce il punto di riposo Q.a)b)Fig. S.2 – a) BJT ad emettitore comune polarizzato. b) Punto di riposo del BJTSi noti che la retta di carico ha equazione V CC = V CE + R C I C e pertanto le intersezioni con gli assisono V CC (ascisse) e V CC /R C (ordinate).Vi è tuttavia una differenza con i circuiti a diodi: questi hanno una caratteristica tensionecorrentecostituita da una sola curva, mentre i BJT hanno delle caratteristiche formate da parecchi


5rami che dipendono dalla variabile d’ingresso. Pertanto, per ricavare il punto di riposo bisognaconoscere la corrente d’ingresso I B , ma questa si può agevolmente ricavare dall’equazione alcircuito d’ingresso, che è V BB = V BE + R B I ( B , ponendo con buona approssimazione V BE = 0,7 V.Si noti che d’ora in poi, utilizzeremo lettere maiuscole, sia per le variabili che per i pedici, perindicare valori di tensione e di corrente continui. Utilizzeremo lettere minuscole per variabili epedici, per indicare le sole variazioni di tensione e corrente attorno al valore (costante) di riposo.Infine, le variabili saranno scritte in minuscolo e i pedici in maiuscolo per indicare i valori istantanei(dati, cioè, dalla somma tra il valore di riposo continuo e l’eventuale segnale alternato sovrapposto).Nel modo in cui è realizzato, un circuito come quello di Fig. S.2a non serve a niente, se non aconsumare corrente e a fare scaricare le batterie V CC e V BB . Per funzionare da amplificatore ènecessario che vi sia “qualcosa” da amplificare. Supponiamo allora di applicare un “piccolo”segnale di tensione sinusoidale (vedremo fra poco, cosa s’intenda per “piccolo”) all’ingresso delcircuito (sulla base), come indicato in Fig. S.3a. Se siamo all’istante t = 0, il segnale d’ingresso v s èuguale a 0; sulle caratteristiche d’ingresso i B -v BE di Fig. S.3b il punto di riposo Q può esserericavato analogamente a come operato sulle caratteristiche d’uscita. Non appena t > 0, v s ≠ 0 e laretta di carico inizia ad oscillare rispetto alla retta per v s = 0 con la stessa frequenza del segnaled’ingresso. La retta trasla parallelamente a sé stessa (viene detta infatti dinamica), visto che la suapendenza dipende da R B , mentre ovviamente cambiano le intersezioni con gli assi. Ad esempio,considerando le intersezioni della retta di carico con l’asse delle ascisse, è evidente che per i B = 0,v BE = V BB + v s = e B . Quando v s raggiunge il suo picco massimo, anche v BE è massima (= e B1 ); quandov s raggiunge il suo valore minimo, v BE è minima (= e B2 ); quando v s passa per lo zero, v BE = V BB . Latensione v be e la corrente i b hanno allora l’andamento riportato in Fig. S.3b.Tramite la transcaratteristica i C -i B , le variazioni di i b possono essere riportate sull’asse i C sulpiano delle caratteristiche d’uscita, come mostrato in Fig. S.3c. Il punto di riposo Q allora, varia traQ 1 e Q 2 e, per costruzione grafica, si ricava agevolmente anche la tensione v ce . Dall’analisi graficadi Fig. S.3c si evince che: Ad un aumento di i c corrisponde una diminuzione di v ce ; per tal motivo la configurazione ademettitore comune viene detta invertente. Pertanto, nel caso di segnali sinusoidali, v s , i b , v bee i c sono in fase, mentre v ce risulta sfasata di 180°.Indicata con v be il segnale di tensione all’ingresso del transistor e con v ce il segnale d’uscita,si ha un’amplificazione di tensione, data dal rapporto v ce /v be , come si osserva nelle Figg.S.3b e S.3c (gli assi v BE e v CE sono alla stessa scala).( Si noti che questa può essere considerata come retta di carico (in ingresso) e il valore i B si può ricavare comeintersezione tra la suddetta retta e le caratteristiche d’ingresso i B -v BE .


6Si ha anche un’amplificazione di corrente, data da i c /i b (l’asse i B è tarato in A, mentrel’asse i C in mA).Risulta logicamente anche un’amplificazione di potenza (data dal prodotto tral’amplificazione di tensione e quella di corrente).a)b)c)Fig. S.3 – a) <strong>Amplificator</strong>e di un piccolo segnale v s (ad emettitore comune).b) Funzionamento dinamico del BJT sul piano della caratteristicad’ingresso. c) Processo di amplificazione visto nel piano dellecaratteristiche d’uscita


7Si noti infine come l’amplificazione, e quindi l’innalzamento di livello del segnale d’ingresso, èinteramente dovuto alla tensione continua – che chiameremo da adesso tensione di polarizzazione otensione d’alimentazione – mentre l’unico contributo del segnale d’ingresso è quello di riportare inuscita la stessa frequenza delle oscillazioni. Provate a pensare, osservando la Fig. S.3c, cosasuccede se si interrompe di alimentare il circuito d’uscita, ponendo V CC = 0. La retta di carico sitrasforma in un punto, coincidente con l’origine degli assi, e non si ha più alcun segnale d’uscita.Ovviamente, la stessa situazione sussiste se si utilizza un FET, anziché un BJT. Se consideriamoil MOSFET di Fig. S.4a, configurato a source comune e supponiamo che al gate sia applicata unatensione continua V GS ed un segnale triangolare v gs di ampiezza picco-picco pari a 1 V (Fig. S.4b),l’analisi grafica sulle caratteristiche d’uscita permette di ricavare la tensione e la corrente d’uscita(Fig. S.4c).a) b)c)Fig. S.4 – a) <strong>Amplificator</strong>e di un piccolo segnale v gs (a source comune).b) Segnale v gs applicato al gate. c) Processo di amplificazionevisto nel piano delle caratteristiche d’uscita


8Il punto di riposo Q in assenza di piccolo segnale si trova sulla caratteristica v GS = V GS = 5 V;esso poi viene incrementato (seguendo un andamento triangolare) di un valore massimo di 0,5 V: ilpunto di riposo si sposta allora sulla retta di carico sino ad intersecare la curva v GS = 5 V + 0,5 V == 5,5 V. Analogamente, il minimo valore raggiunto dalla tensione applicata al gate è 5 V – 0,5 V == 4,5 V, per cui quando il segnale triangolare raggiunge il suo valore minimo, il punto di riposo sisposta sulla retta di carico verso il basso sino ad incrociare la caratteristica v GS = 4,5 V. Conoscendole escursioni massime del punto di riposo, si ricavano agevolmente i D (t) e v DS (t). Questimantengono lo stesso andamento triangolare dell’ingresso, eccetto per uno sfasamento di 180° div DS , come già osservato per il BJT.La conservazione dell’andamento triangolare (e il mantenimento della stessa frequenza) è unaconseguenza della linearità dell’amplificatore. In un amplificatore lineare, la “rapidità” con cui lavariabile d’ingresso (v GS ) passa da un estremo all’altro del punto di riposo deve essere la stessa concui varia la grandezza d’uscita (i D o v DS ).S.3 Limiti di funzionamento degli amplificatori a componenti discretiDa quanto detto finora, sembra emergere che per avere amplificazione sia sufficientepolarizzare il transistor in un punto qualunque del piano i D -v DS che sia diverso dall’origine. Èproprio così?Analizziamo cosa succede se si aumenta il valore della resistenza di drain R D nel circuitoprecedente di Fig. S.4a. Visto che la pendenza della retta di carico (V DS = V DD - R D I D ) è 1/R D ,all’aumentare di R D diminuisce la pendenza della retta di carico, come si osserva in Fig. S.5 (doveR D è passata da 1,33 k a 1,78 k). La costruzione è analoga a quella di Fig. S.4c, però il punto diriposo si è spostato a sinistra verso la regione di triodo. Adesso l’escursione di Q al variare di v GSnon è più simmetrica rispetto al valore che si ha per v GS = 5 V (corrispondente a v gs = 0). Il risultatoè che le forme d’onda d’uscita non riproducono più il segnale d’ingresso e sono ovviamente più“schiacciate” dove l’escursione di Q è più limitata: l’amplificatore in questo caso non è più linearee il segnale d’uscita subisce una distorsione non lineare. Pertanto il circuito amplifica sino a quandoil punto Q non entra in regione di triodo.


9Fig. S.5 – Processo di amplificazione nel piano delle caratteristiche d’uscitanel caso in cui la pendenza della retta di carico diminuisca e il puntodi riposo possa entrare nella regione di triodoAnalogamente è facile dimostrare che l’amplificatore non è più lineare ed inizia a distorcere isegnali anche quando il punto di riposo entra in regione d’interdizione. In realtà, non è necessarioche il MOSFET sia polarizzato in regione di triodo o d’interdizione per non avere piùamplificazione lineare: è sufficiente esserne sufficientemente vicini, perché in tal modo leoscillazioni del segnale d’ingresso portano il punto Q in regione di triodo o d’interdizione.Da quest’ultima considerazione emerge che il segnale d’ingresso deve essere abbastanza piccoloda non fare uscire il punto di riposo dalla zona di saturazione. Ecco perché questi amplificatorivengono sovente definiti come amplificatori a piccoli segnali.Nei FET la regione di saturazione è definita di linearità, mentre le regioni di triodo ed’interdizione sono dette non lineari. Quanto detto per i FET, vale esattamente anche per i BJT: lazona attiva costituisce la regione di linearità, mentre quella di saturazione e d’interdizione sono nonlineari. Per potere funzionare correttamente, un amplificatore a FET deve essere polarizzato inregione di saturazione, mentre un amplificatore a BJT in zona attiva () .() A proposito del concetto di “saturazione” nei FET e nei BJT, vale la pena sottolineare la poco opportunaterminologia adoperata. È infatti evidente che questo termine indica due fenomeni notevolmente differenti nei duedispositivi, tuttavia questa è la terminologia che viene universalmente adottata.


10Per potere ottenere la maggiore escursione del punto di riposo – o, in termini più specifici, lamassima dinamica – è intuitivo prevedere che il punto di riposo debba trovarsi (in assenza disegnale) al centro della regione di linearità. Nel caso dei FET, questo significa che Q deve esseresituato al centro della regione di saturazione, cioè per V DS compresa tra V DS(sat) = V GS – V t (regionedi triodo) e V DD (interdizione); nel caso dei BJT, la massima dinamica si ha ponendo Q al centrodella zona attiva che si ha per V CE compresa tra V CE(sat) ≈ 0 (saturazione) e il valore della tensioned’alimentazione V CC (interdizione).S.4 Metodo di analisi degli amplificatoriRicapitolando quanto detto sinora, un amplificatore funzionante correttamente deve essereinnanzitutto polarizzato con una o più tensioni continue, in modo da portare il punto di riposo nellaregione di linearità; deve essere inoltre applicato un piccolo segnale, le cui oscillazioni si traduconoin escursioni del punto di riposo con la stessa cadenza, le quali a loro volta produconoun’amplificazione del segnale d’uscita.Come si nota, l’analisi di un amplificatore è composta da due parti: un’analisi statica, relativaall’effetto delle tensioni continue sul circuito, e un’analisi dinamica, che invece si riferisce aglieffetti delle variazioni del segnale d’ingresso sull’uscita.Sino a quando il punto di riposo si trova in regione di linearità, è possibile applicare il principiodi sovrapposizione degli effetti, cioè analizzare separatamente i due effetti separando le loro cause econsiderando alla fine la somma dei due effetti come dovuta alla somma delle due cause. In altritermini, si può eseguire dapprima l’analisi statica, ignorando la presenza del piccolo segnaleapplicato in ingresso e in seguito l’analisi dinamica non preoccupandosi più della presenza delletensioni d’alimentazione. Si noti che questo è il procedimento che è stato applicato nei paragrafiprecedenti per effettuare l’analisi grafica.Per svolgere l’analisi completa si possono considerare le seguenti linee generali:1. Si esegue l’analisi statica, ossia il calcolo delle tensioni e correnti di polarizzazione,annullando le sorgenti di segnale, vale a dire cortocircuitando i generatori variabili ditensione indipendenti e aprendo i rami con generatori variabili di corrente indipendenti.2. Si esegue l’analisi dinamica, ossia il calcolo delle ampiezze delle tensioni e correnti(variabili) d’uscita, annullando le sorgenti continue, vale a dire cortocircuitando le tensionid’alimentazione e aprendo i rami con correnti d’alimentazione.In realtà, in quasi tutti i problemi, lo scopo è semplicemente di calcolare l’amplificazione ditensione. Poiché quest’ultima è un rapporto di ampiezze di tensioni sinusoidali, non è influenzatadalla componente continua presente nei segnali. Pertanto, per il calcolo dell’amplificazione è


11sufficiente la sola analisi dinamica. L’analisi statica, tuttavia, è sempre necessaria per verificare chel’amplificatore sia correttamente polarizzato in regione di linearità in modo da poter amplificare.Inoltre, se si desidera conoscere il segnale d’uscita completo, vale a dire il segnale alternato con lasua componente continua, è necessario effettuare entrambe le analisi.S.5 Analisi statica. Reti di polarizzazioneOsserviamo innanzitutto che le correnti e le tensioni in un transistor non sono indipendenti traloro. Normalmente una o più grandezze è imposta dalla rete di polarizzazione esterna (e sicomportano pertanto da variabili indipendenti), le altre (variabili dipendenti) sono sempre ricavabilidalle relazioni:V DS = V DG + V GS ,(S.1)IG 0 , (S.2)ID ISvalide per i FET; inoltre si ha:V CE = V CB + V BE ,(S.3)I C = I B + I E ,(S.4)valide per i BJT npn (per un pnp la (S.4) diviene I E = I B + I C ).Consideriamo l’amplificatore a JFET a source comune di Fig. S.6a. Esso è simile ad altrischemi visti precedentemente, dove l’alimentazione V DD e la resistenza R D formano la retta di caricoe la tensione di polarizzazione V GG fissa il ramo della caratteristica d’uscita sulla quale individuareil punto di riposo.In realtà, la polarizzazione fissa di gate è uno dei peggiori metodi per stabilire il punto di riposo.Come sappiamo, le caratteristiche dei transistor hanno delle elevate dispersioni; ad esempio inFig. S.6b sono riportate le transcaratteristiche I D -V GS minime e massime di un tipico JFET(2N5459). Se il gate è direttamente polarizzato con una tensione fissa V GG (= -1 V, nell’esempio diFig. S.6b), il punto di riposo può trovarsi sulla retta verticale compreso tra Q 1 e Q 2 (dunque lacorrente di drain può variare tra 1 mA e 12,3 mA).


12b)Fig. S.6 – a) JFET a source comune con polarizzazione fissa di gate. b) Escursioneminima e massima del punto di riposo sulla transcaratteristica I D -V GSPer migliorare la stabilità del punto di riposo del JFET alla dispersione delle caratteristiche, sipuò ricorrere a reti di polarizzazione alternative. Uno schema più efficace, detto di polarizzazioneautomatica, è riportato in Fig. S.7a.b)a)Fig. S.7 – a) Polarizzazione automatica. b) Escursione minima e massimadel punto di riposo sulla transcaratteristica I D -V GS


13Il gate è posto a massa tramite la resistenza R G , tuttavia poiché la corrente di gate è sempretrascurabile, si haV G = 0 .(S.5)Allora l’equazione alla maglia d’ingresso è la seguenteV GS = V G – V S = – R S I D .(S.6)Questa è l’equazione di una retta nel piano delle transcaratteristiche I D -V GS . Le intersezioni con ledue transcaratteristiche minime e massime sono i due punti Q 1 e Q 2 , che corrispondono ai valorilimite che il punto di riposo può assumere a causa della dispersione delle caratteristiche. La correntedi drain adesso dipende dalla pendenza della retta, cioè da R S ; è ovviamente auspicabile che lapendenza sia quanto minore possibile – ossia R S quanto più grande possibile – in modo che lacorrente di drain sia stabile. Il problema è che, in tal modo, per ottenere un punto di riposo stabile sideve limitare eccessivamente la corrente di drain.Uno dei metodi migliori per polarizzare un FET è sicuramente tramite une rete di polarizzazionea 4 resistenze (o a divisore di tensione), riportata in Fig. S.8a. Se alla sezione d’ingresso sisostituisce il circuito equivalente di Thevenin, si ottiene lo schema equivalente di Fig. S.8b. Latensione di Thevenin V TH e la resistenza equivalente di Thevenin R TH sono rispettivamente date daVR , (S.7)2THV DDR1 R2R R1 2R // TH R1 R2 . (S.8)R1 R2La tensione V TH coincide con la tensione con la tensione sul gate V G ; pertanto la tensione sul sourceV S si può scrivere comeV S = V TH – V GS ,(S.9)da cui si ricava la corrente di drain:IVVVS TH GSD IS . (S.10)RSRSDiagrammando questa retta nel piano I D -V GS si hanno due intersezioni con le transcaratteristicheminima e massima, come mostrato in Fig. S.8c. In questo caso, la corrente I D varia molto poco traQ 1 e Q 2 e se V TH » V GS la corrente di drain si può considerare praticamente costante. Si noti chetanto più la tensione V TH è grande, tanto più la retta è orizzontale (e il punto di riposo è stabile).


14a) b)c)Fig. S.8 – a) Polarizzazione a 4 resistenze. b) Schema semplificato applicandoil teorema di Thevenin. c) Escursione minima e massima del punto diriposo sulla transcaratteristica I D -V GSL’elemento stabilizzatore della rete di polarizzazione a 4 resistenze è costituito dalla resistenzaR S : infatti, se si suppone che I D tenda a variare per cause esterne, per esempio ad aumentare, diconseguenza la caduta su R S aumenta anch’essa; la tensione V GS (= V TH - R S I D ) tende allora adiminuire diventando ancora più negativa. In tal modo, viene contrastato la tendenza all’aumentoiniziale di I D .La polarizzazione a 4 resistenze è utilizzata anche nei circuiti lineari a BJT; per tali transistoressa è forse la rete di polarizzazione più diffusa e risulta ancora più efficiente che nei FET. Diciamosubito che anche nel caso del BJT, lo scopo più importante di una rete di polarizzazione è quello difissare un punto di riposo stabile, per il quale la corrente d’uscita – tipicamente quella di collettore –non varia anche se variano le caratteristiche del transistor. Nei BJT il parametro più “insidioso” daquesto punto di vista è il guadagno di corrente , in quanto presenta una forte dispersione e variasensibilmente con la temperatura. Un buon circuito di polarizzazione a BJT deve pertanto fornire unpunto di riposo stabile che sia indipendente (il più possibile) da .


15Lo schema tipico di un BJT polarizzato a 4 resistenze è identico a quello vista prima per i FET;esso è riportato in Fig. S.9a, insieme allo schema semplificato tramite il teorema di Thevenin(Fig. S.9b).a)b)Fig. S.9 – a) Polarizzazione a 4 resistenze per un BJT. b) Schema semplificatoapplicando il teorema di TheveninEvidentemente per lo schema equivalente di Thevenin risultaVR , (S.11)2THV CCR1 R2mentre R TH è dato sempre dalla (S.8). La somma delle tensioni lungo la maglia d’ingresso delcircuito di Fig. S.9b dàV BE + R E I E – V TH + R TH I B = 0 ,(S.12)da cui, considerando che I B = I C /, si ricava la corrente di collettore:ICVTHVBE IE . (S.13)RTHREAffinché I C risulti indipendente da , deve risultare R E » R TH / cosicché:IVVTH BEC . (S.14)RETale condizione è facilmente ottenibile dato che il valore tipico di è circa 100, dunque più piccolesono le resistenze del partitore d’ingresso (R TH ), tanto più stabile è la corrente di collettore. Permotivi che saranno più chiari in seguito (cfr. par. S.6), conviene che l’impedenza d’ingresso


16dell’amplificatore sia sufficientemente elevata e ciò obbliga a mantenere R TH ad un valore nontroppo basso.L’equazione (S.14) è analoga alla (S.10) ottenuta per i FET. Tuttavia, mentre in un transistorbipolare V BE è uguale a circa 0,7 V e varia poco da un transistor all’altro, nei FET invece V GS puòvariare di alcuni volt da un dispositivo all’altro (per tale motivo i costruttori riportano le curvetranscaratteristiche minima e massima, o altrimenti i valori minimo e massimo di V GS ). Inoltre ivalori tipici delle tensioni d’alimentazioni rendono difficilmente la tensione V TH molto più grande diV GS (tale da potere trascurare V GS rispetto a V TH ). Ecco perché un divisore di tensione polarizzameno bene un FET che un BJT.Allo scopo di mascherare le variazioni di V GS e migliorare la stabilità del punto di riposo deiFET, si può modificare lo schema di polarizzazione, come riportato in Fig. S.10.Fig. S.10 – Polarizzazione di sourceQuesto schema prende il nome di polarizzazione di source, visto che il source viene alimentatoindipendentemente. Si calcola facilmente che la corrente di drain valeIVVSS GSD . (S.15)RSAffinché la polarizzazione di source funzioni correttamente, la tensione V SS deve essere molto piùgrande di V GS . Poiché i valori tipici di V GS sono compresi in una gamma che va da -5 V a -1 V, èevidente che non è possibile “mascherare” completamente V GS con le tensioni tipiched’alimentazione. Tuttavia V SS è normalmente maggiore di V TH , per cui tale schema costituisce pursempre un miglioramento della rete di polarizzazione precedente.Per poter definitivamente stabilizzare il punto di riposo, è necessario produrre una corrente didrain indipendente da V GS . La polarizzazione a 4 resistenze e quella di source tentano di pervenirvi


17mascherando le variazioni di V GS e proprio per tale motivo sono molto utilizzati (soprattutto loschema a 4 resistenze, visto che necessita di una sola tensione d’alimentazione). Per rendere lacorrente di drain indipendente da V GS si può ricorrere allo schema di polarizzazione tramitegeneratore di corrente costante rappresentato in Fig. S.11a.a)b)Fig. S.11 – a) Polarizzazione tramite generatore di corrente costante.b) Escursione minima e massima del punto di riposo sullatranscaratteristica I D -V GSIl BJT è alimentato tramite una polarizzazione d’emettitore, analoga alla polarizzazione disource dei FET vista prima. Dunque, la sua corrente di collettore valeIVVEE BEC . (S.16)REIl BJT si comporta come un generatore di corrente continua. Poiché il collettore del transistor èconnesso direttamente con il source del FET, allora si ha:I D = I C .(S.17)La Fig. S.11b illustra l’efficacia della polarizzazione tramite generatore di corrente costante.Poiché I C è costante, i due punti Q 1 e Q 2 hanno lo stesso valore di corrente di drain. Pertanto, ilgeneratore di corrente elimina l’influenza di V GS . La tensione V GS varia passando da Q 1 a Q 2 , ma inogni caso non influisce sulla corrente di drain.


18Tutti i tipi di reti di polarizzazione fin qui analizzati possono essere adottati anche se si lavoracon MOSFET a svuotamento, il cui funzionamento (se non si considera che esso può anchefunzionare ad arricchimento) è, infatti, simile a quello dei FET.Per i MOSFET ad arricchimento vi è invece qualche piccola differenza. Infatti, per ottenere unacorrente, la tensione V GS deve essere superiore a V t (che è un numero positivo). Ciò esclude lapolarizzazione automatica e la polarizzazione tramite generatore di corrente costante, in quanto ilgate è posto a massa e la tensione sul source è normalmente positiva, pertanto V GS non può cheessere negativa.La rete di polarizzazione più versatile è sicuramente quella a 4 resistenze, poiché può essereutilizzata con qualsiasi tipo di transistor (BJT, JFET, MOSFET) e permette di ottenere un punto diriposo discretamente stabile.S.6 Analisi dinamica. AmplificazioneGiova ripetere che per l’analisi dinamica tutte i generatori di tensione costanti devono esserecortocircuitati, mentre quelli di corrente (se ve ne sono) devono essere sostituiti da un circuitoaperto. Compiute tali operazioni, lo schema ottenuto (detto schema dinamico) può esseresemplificato sostituendo al transistor un modello costituito da elementi più semplici da trattare. Talemodello è valido solamente in zona lineare, dato che al di fuori di tale zona il comportamento deltransistor cambia drasticamente.Consideriamo dapprima un FET (configurato a source comune). Come sappiamo, se il FETlavora in zona lineare la corrente di drain è espressa dalla 2iD KvGS Vt: il dispositivo puòallora essere considerato come un generatore di corrente dipendente dalla tensione v GS . Riferiamociadesso soltanto ai piccoli segnali, ossia alle variazioni attorno al punto di riposo, ed esaminiamo laFig. S.12.Se il segnale d’ingresso v gs è sufficientemente piccolo, la transcaratteristica i D -v GS può esserelinearizzata nell’intorno del punto Q e la corrente i d può essere ricavata moltiplicando v gs per ilcoefficiente angolare della retta che rappresenta la transcaratteristica linearizzata nell’intorno di Q,come si evince dalla costruzione grafica in Fig. S.12.


19Fig. S.12 – Funzionamento di un amplificatore per piccoli segnali a FETTale coefficiente angolare costituisce la transconduttanza g m , alla quale si era già accennato nelCap. 3. Essa può essere calcolata come la derivata della corrente totale di collettore i D rispetto allatensione totale applicata tra gate e source v GS , calcolata in corrispondenza della tensione v GS nelpunto di riposo (V GS ). In sintesi:gmivdgsivDGSvGS VGSGSt 2 K V V. (S.18)In un MOSFET il parametro K dipende dalle dimensioni del canale in base alla1K C2oxW ; sostituendo quest’ultima nella (S.18) si ottiene L gmW CoxVGSVt. (S.19)LPertanto per ottenere una transconduttanza relativamente grande il dispositivo deve essere corto(L piccolo) e largo (W grande). Essa dipende anche da (V GS – V t ), cioè da quanto la tensione dipolarizzazione V GS supera quella di soglia; tuttavia per aumentare g m , non conviene aumentaretroppo V GS poiché si riduce la dinamica del segnale d’uscita (il punto di riposo sale sulla retta dicarico verso la regione di triodo).Valori tipici di g m per MOSFET ordinari (esclusi, cioè, quelli di potenza) sono dell’ordine diuna decina di mS (e ancora minori, nel caso di JFET). Nei BJT la transconduttanza è sensibilmentepiù grande, quasi due ordini di grandezza maggiore.


20Da quanto detto sopra, dovrebbe risultare chiaro come sia possibile sostituire nello schemadinamico al posto del FET, il modello equivalente per piccoli segnali riportato in Fig. S.13.GDFig. S.13 – Modello per piccoli segnali del FET(Volendo includere nel modello l’effetto di modulazione della lunghezza del canale, ossia il fattoche le caratteristiche d’uscita non sono perfettamente orizzontali, è sufficiente porre in parallelo algeneratore dipendente di corrente una resistenza pari alla resistenza d’uscita r o ).Consideriamo adesso un BJT (configurato ad emettitore comune). Intuitivamente è facileprevedere che il modello equivalente per piccoli segnali è costituito anch’esso da un generatore dicorrente pilotato in uscita (eventualmente con una resistenza in parallelo, per tenere conto dellalieve pendenza delle caratteristiche d’uscita). In ingresso, però, la situazione è differente: infatti iltransistor può essere pilotato sia da una tensione (v be ), che da una corrente (i b ). Mentre alloral’ingresso del modello equivalente del FET è costituito da un circuito aperto (poiché la corrente digate è nulla), nel caso di un BJT l’ingresso è costituito da una resistenza che rappresenta larelazione intercorrente tra v be e i b . Questo ovviamente è vero solo per piccoli segnali, ove cioè siapossibile linearizzare la caratteristica i b -v be . In Fig. S.14 è riportato lo schema equivalente perpiccoli segnali di un BJT.Fig. S.14 – Modello per piccoli segnali del BJT (con generatore di corrente pilotato in corrente)


21La resistenza r è la resistenza d’ingresso del transistor ed è ovviamente uguale a v be /i b . Ilgeneratore di corrente è pilotato in corrente (i b ): esso rappresenta la corrente i c che (in zona lineare)è uguale a i b . Tuttavia, vista la reciproca dipendenza di v be da i b , si può anche immaginare che ilgeneratore di corrente sia pilotato dalla tensione v be , anziché dalla corrente i b . Poichéi b = v be /r ,(S.20)la corrente i c fornita dal generatore pilotato valeavendo postoicvbe ib gmvbe, (S.21)rg m . (S.22)rLa grandezza g m prende il nome di transconduttanza ed è analoga a quella del FET (eccetto che perl’ordine di grandezza, che nei BJT può essere tipicamente un centinaio di mS). Lo schema diFig. S.14 resta pertanto valido se, al posto del generatore di corrente i b pilotato in corrente, sisostituisce un generatore di corrente g m v be pilotato in tensione (Fig. S.15).Fig. S.15 – Modello per piccoli segnali del BJT (con generatore di corrente pilotato in tensione)Come amplificatore di piccoli segnali, il transistor opportunamente polarizzato viene inserito trauna sorgente di segnale v s con resistenza interna R s ed un utilizzatore (carico) caratterizzato dallasua resistenza R L . Questa situazione è illustrata dallo schema generale di Fig. S.16 nel qualecompaiono due capacità C a1 e C a2 , dette di accoppiamento, con il compito di evitare che la sorgentedi segnale ed il carico siano percorsi dalla corrente continua presente nella rete di polarizzazione,cosa che in molti casi può essere dannosa. Allo stesso tempo il punto di riposo risulta cosìindipendente da R s e da R L , il che rende più semplice il dimensionamento della rete dipolarizzazione. In questa sezione, supporremo che le capacità siano di valore infinito, cioè X C ≈ ,


22in modo da poterle considerare circuiti aperti con segnali continui (frequenza zero) e cortocircuiti incaso di segnali alternati (frequenza maggiore di zero).Fig. S.16 – Schema generale di uno stadio di amplificazioneIniziamo adesso ad analizzare le configurazioni amplificatrici fondamentali a transistor. Nelseguito, come rete di polarizzazione sarà sempre utilizzata la rete a 4 resistenze, grazie alla suaversatilità che la rende adatta a qualsiasi tipo di transistor, oltre che alle sue buone caratteristiche distabilità.S.6.1 <strong>Amplificator</strong>e a source comune e ad emettitore comuneLa Fig. S.17a mostra lo schema tipico di un amplificatore a source comune. Al lettore attentonon dovrebbe sfuggire un’apparente contraddizione nello schema riportato. Come detto in altresezioni, una configurazione a source comune prevede che il source, “comune” ad ingresso ed uscita,sia posto a massa, mentre palesemente ciò non si ha nello schema di Fig. S.17a. Ed, in teoria, non sipotrà mai avere adottando una rete di polarizzazione a 4 resistenze, giacché in tal caso è semprepresente una resistenza sul source (o sull’emettitore, in caso di BJT). La soluzione a questoproblema è quella di porre in parallelo alla resistenza di source R S una capacità C S , detta di by-pass,che ha la funzione di porre dinamicamente a massa il source, cioè di cortocircuitare, per il segnale,la resistenza R S ; dal punto di vista statico, essa invece si comporta da circuito aperto, in modo danon alterare la topologia della rete di polarizzazione. Ovviamente tale capacità deve essere di valoremolto elevato per potere cortocircuitare un segnale a qualsiasi frequenza; in questo capitolosupporremo, come per le capacità di accoppiamento, che la reattanza sia infinita.


23C a2C a1R G =a)C Sb)Fig. S.17 – a) <strong>Amplificator</strong>e a source comune. b) Schema equivalente dinamicoSi noti innanzitutto, che non appena la tensione v gs aumenta, la corrente i d aumenta pure e latensione sul drain diminuisce (giacché aumenta la caduta di tensione su R D ). Pertanto unsemiperiodo positivo della tensione d’ingresso produce un semiperiodo negativo della tensioned’uscita e viceversa. L’amplificatore a source comune, di conseguenza, inverte la fase del segnaled’ingresso.Dallo schema equivalente dinamico di Fig. S.17b risulta che le due resistenze R 1 e R 2 sonodinamicamente in parallelo (ricordiamo che V DD viene cortocircuitata nello schema dinamico),quindi sono riunite in un’unica resistenza R G = R 1 //R 2 . La tensione d’uscita è, tuttavia indipendente,dal valore di tale resistenza ed è uguale av g v R . (S.23)oIl segno meno del secondo membro indica l’inversione di fase. La tensione d’ingresso è uguale av i = v gs .(S.24)Definita amplificazione di tensione il rapporto tra la tensione d’uscita e quella d’ingresso, si ha:AvmgsDo gmRD. (S.25)viL’amplificazione dipende pertanto solo dalla transconduttanza e dalla resistenza sul drain.Analizziamo adesso un amplificatore ad emettitore comune. Lo schema tipico è mostrato in Fig.S.18a, insieme al suo schema equivalente dinamico in Fig. S.18b.Lo schema è il complementare di quello del FET a source comune; come è facile verificare,l’amplificazione è la stessa del caso precedente sostituendo R C al posto di R D :Avo gmRC. (S.26)vi


24C a1C a2a)C S=R 1 // R 2b)Fig. S.18 – a) <strong>Amplificator</strong>e a emettitore comune. b) Schema equivalente dinamicoCome vedremo più avanti (par. S.7), negli amplificatori a più stadi il carico di un amplificatoreè spesso costituito dallo stadio d’ingresso di un altro amplificatore, mentre l’ingresso dallo stadiod’uscita di un ulteriore amplificatore. Riveste allora notevole importanza conoscere la resistenzad’uscita e d’ingresso di un amplificatore.Per calcolare la resistenza d’uscita dell’amplificatore a source comune, facendo riferimento alloschema dinamico di S.17b, basta cortocircuitare tutti i generatori di tensione indipendenti e apriretutti i generatori di corrente indipendenti e calcolare il rapporto tra la tensione e la corrente vistidall’uscita, inserendo eventualmente un generatore ausiliario ai morsetti d’uscita. Se si cortocircuitail generatore di segnale v i (= v gs ), è evidente che il generatore di corrente dipendente g m v gs siannulla, cioè diviene un circuito aperto. In queste condizioni, la resistenza d’uscita R o è ugualesemplicemente aR o = R D .(S.27)Analogamente, in un amplificatore ad emettitore comune si calcola:R o = R C .(S.28)Dal punto di vista dell’amplificazione di tensione e della resistenza d’uscita non vi sonodifferenze tra un amplificatore a source comune ed uno ad emettitore comune, se non la differentenomenclatura adoperata. Va tuttavia evidenziato che la transconduttanza di un BJT è generalmente


25maggiore di quella di un FET (a meno che non si tratti di un MOSFET di potenza), per cuil’amplificazione risulta più grande per un BJT.I due tipi di amplificatori differiscono invece parecchio per quanto riguarda la resistenzad’ingresso. Per un FET, dallo schema di Fig. S.17b discende immediatamente che la resistenzad’ingresso R i valeR i = R G = R 1 //R 2 ;(S.29)per i BJT, dallo schema di Fig. S.18b deriva inveceR i = R B //r = R 1 //R 2 //r .(S.30)Risulta evidente come, nel caso dei BJT, non sia possibile ottenere una resistenza d’ingressogrande a piacimento, semplicemente agendo su parametri esterni (vale a dire R 1 e R 2 ); in altritermini, la resistenza d’ingresso dell’amplificatore R i è “limitata” dalla resistenza d’ingresso deltransistor r , il cui valore tipico è poco più di 1 k. Ovviamente, per ottenere la massima resistenzad’ingresso, R 1 e R 2 vanno dimensionati in modo che siano almeno di un ordine di grandezzamaggiori di r e risulti pertantoR i ≈ r .(S.31)Ma per quale motivo in un amplificatore di tensione siamo così tanto interessati ad avere unaresistenza d’ingresso elevata? E – aggiungiamo – una resistenza d’uscita piccola? Per capire questoimportante concetto, consideriamo nuovamente l’amplificatore ad emettitore comune, questa voltacon l’inserzione di una resistenza di carico R L in uscita e con un generatore di segnale reale, vale adire con una sua resistenza interna R s in ingresso. L’amplificatore completo è rappresentato in Fig.S.19a, insieme al suo schema equivalente (Fig. S.19b).r i ba) b)Fig. S.19 – a) <strong>Amplificator</strong>e a emettitore comune completo (con resistenza di caricoe generatore disegnale con resistenza interna). b) Schema equivalentedinamico


26L’amplificazione di tensione del circuito completo A T evidentemente non è più v o /v i , bensì v o /v s(v o /v i è piuttosto l’amplificazione del transistor). Si noti che è possibile scrivere:Avvvo o iT . (S.32)vsvivsDinamicamente il carico R L è in parallelo a R C , pertanto il valore del rapporto v o /v i espresso dalla(S.26), è dato semplicemente dalla transconduttanza moltiplicata per il parallelo tra queste dueresistenze (cioè g m ∙R C //R L ). A questo punto, per ricavare l’amplificazione totale, si trattasemplicemente di ricavare il rapporto v i /v s . Il circuito d’ingresso tra v s e v i è esattamente equivalenteallo schema di Fig. S.20, nel quale si è sostituito alla rete circuitale a valle del generatore di segnalereale, la sua resistenza d’ingresso R i .Fig. S.20 – Schema equivalente del circuito d’ingresso dell’amplificatore aemettitore comune completoIl calcolo del rapporto v i /v s si riduce quindi al calcolo delle tensioni in un partitore.L’amplificazione totale si può infine scrivere:voviRi R A T A gm// . (S.33)v v R RissiiRCRL Rs RiIn sostanza, la presenza della resistenza interna R s comporta un’attenuazione del segnaled’ingresso. Questa attenuazione è tanto più forte, quanto maggiore è la resistenza R s ; se al contrario,R s è piccola rispetto a R i , il rapportosull’amplificazione totale.RiR Rsitende a 1, pertanto R s non ha più influenzaQuesta considerazione dovrebbe chiarire il motivo per il quale negli amplificatori di tensione èsempre importante avere basse resistenze d’uscita (come nel caso di R s ) e alte resistenze d’ingresso(come nel caso di R i ).Attenzione! Per non attenuare un segnale di tensione attraverso un circuito è lecito imporre chesia R i » R s e R o « R L , ma per ottenere il massimo trasferimento di potenza dalla sorgente al carico


27deve invece essere R i ≡ R s e R o ≡ R L . Evidentemente, se si realizzano le condizioni per avere unamplificazione di tensione senza attenuazioni in ingresso o in uscita, non si può ottenerel’adattamento in potenza. Questo ovviamente non significa non avere alcuna amplificazione dipotenza (altrimenti il circuito non sarebbe più un amplificatore…), ma semplicemente chel’amplificazione di potenza non è la massima ottenibile (in alcuni tipi di amplificatori – quelli dipotenza – si preferisce privilegiare l’adattamento in potenza, sacrificando un poco l’amplificazionedi tensione).Riassumendo, le caratteristiche dell’amplificatore a source comune e ad emettitore comune sonole seguenti:1. Resistenza d’uscita non troppo bassa, dell’ordine del k. Sebbene sia facile modificarla,visto che coincide con R D (amplificatore a source comune) o con R C (amplificatore ademettitore comune), da queste resistenze dipende anche il valore dell’amplificazione ditensione, quindi non è possibile ridurle troppo.2. Resistenza d’ingresso elevata nel caso di FET, dell’ordine delle decine di k, coincidentecon il parallelo R 1 //R 2 ; resistenza d’ingresso abbastanza bassa, nel caso di BJT, dell’ordinedel k. Si noti che quest’ultima è uguale all’incirca al valore della resistenza r , se sidimensiona il parallelo R 1 //R 2 in modo che sia molto più grande rispetto a r . C’è tuttavia unlimite all’aumento di R 1 //R 2 : infatti l’equazione (S.13) mostra che se R TH = R 1 //R 2 è troppoelevata, la corrente I C dipende fortemente da e il punto di riposo è instabile.3. Amplificazione di tensione > 1 e con sfasamento di 180° del segnale d’uscita per entrambi itransistor. L’amplificazione, in tutti e due i casi, è proporzionale alla transconduttanza g m deldispositivo (e per tale motivo, maggiore nei BJT di almeno un ordine di grandezza rispettoai FET). Purtroppo, la transconduttanza nei FET dipende dalla corrente di drain, come siosserva sostituendo la 2iD K v V nella (S.19):GStWgm 2CoxID; (S.34)Lanche nei BJT la transconduttanza dipende dalla corrente di collettore e si può dimostrarecheICgm . (S.35)VT Infatti se R i » R s si ha la massima amplificazione di tensione ottenibile, ma ciò non vale per l’amplificazione dicorrente, la quale peggiora se R s diminuisce (in quanto la corrente i s su R s aumenta).


28Questo significa che si hanno variazioni istantanee dell’amplificazione legate alle variazionidi corrente: ciò comporta una perdita di linearità da parte dell’amplificatore, in quantol’amplificazione non è più costante con le variazioni del segnale d’ingresso.Quest’ultima considerazione pone il problema dell’individuazione di una configurazioneamplificatrice, nella quale l’amplificazione di tensione sia perfettamente costante e non dipendadalle variazioni delle tensioni o delle correnti in gioco.S.6.2 <strong>Amplificator</strong>e a doppio caricoIl problema precedente è risolto dall’amplificatore a doppio carico, vale a dire un amplificatorea source comune con resistenza sul source, oppure ad emettitore comune con resistenzasull’emettitore. La Fig. S.21a illustra lo schema di un amplificatore a doppio carico (a JFET), il cuischema equivalente dinamico è riportati in Fig. S.21b.g ma)b)Fig. S.21 – a) <strong>Amplificator</strong>e a doppio carico a JFET. b) Schema equivalentedinamico


29PostoR R // RLLD, la tensione d’uscita èvo gv R; (S.36)mgsLla tensione v gs si ottiene valutando separatamente le due tensioni al gate e al source:v vgsgs vg vvi1 gmsR v ge sostituendo nella (S.36) si ottiene immediatamente l’amplificazione:SeR m SvA voiSgmRL 1 g Rg » 1, l’espressione dell’amplificazione si semplifica notevolmente:A ≈RRSimmSRSvgs(S.37). (S.38)L . (S.39)Questo significa che l’amplificazione della configurazione a doppio carico, sebbene lievementeminore di quella a source comune, risulta indipendente dai parametri del transistore, dipendendosoltanto da elementi circuitali esterni. L’accuratezza del valore dell’amplificazione dipende dallaprecisione con cui si conoscono i valori delle resistenze. Le resistenze sono i componenti elettronici(insieme ai quarzi) che si possono calibrare con la massima precisione (grazie a sistemi di taraturadi tipo laser trimming). Inoltre, sull’emettitore o sul collettore si può utilizzare un trimmer o unpotenziometro da regolare in modo da ottenere esattamente l’amplificazione voluta.Si noti che affinché l’amplificazione possa esprimersi come un rapporto tra resistenze deveessere verificata la condizioneg R » 1 ( Rm Sm Eg » 1 per i BJT). Questa è sempre verificata per i BJTe, in genere, anche per i MOSFET; non è sempre verificata, invece, per i JFET a causa della minoretransconduttanza.L’amplificazione di tensione totale si ricava sempre considerando la resistenza d’ingresso R i delcircuito, in modo da calcolare l’attenuazione del partitore R i –R s . Poiché, come è facile verificare,anche in questo caso (cfr. equazione (S.29)) la resistenza d’ingresso è uguale al’espressione dell’amplificazione totale èAvvR i = R G = R 1 //R 2 ,RRR(S.40)o iiL iLT A , (S.41)vivsRs RiRSRs RiRSdato che il valore della resistenza interna è sempre molto più piccolo del valore della resistenzad’ingresso.Per il calcolo della resistenza d’uscita conviene fare riferimento allo schema di Fig. S.22, nelquale è riportato il generatore ausiliario in uscita e tutti i generatori indipendenti sono annullati.R


30g mi x+v xFig. S.22 – Schema circuitale per il calcolo della resistenza d’uscita di unamplificatore a FET a doppio caricoÈ immediato constatare che il generatore di corrente pilotato fornisce una corrente nulla in quantov gs = 0; se infatti proviamo a ricavare la tensione tra i nodi G e S otteniamo:v gs = v g - v s = 0 – R S ∙(g m v gs ) v gs = 0 .(S.42)Il ramo col generatore pilotato deve essere pertanto aperto e la resistenza d’uscita valesemplicementeR o = R D .(S.43)Per il BJT configurato a doppio carico, il procedimento è analogo e non vi sono particolari“sorprese” per ciò che concerne l’amplificazione di tensione e la resistenza d’uscita; si verifica,infatti, facilmente che(avendo postovA voigmRL 1g RL RLRCe nell’ipotesi che R m ER //mEg » 1) eR o = R C .RL RE(S.44)(S.45)La resistenza d’ingresso risulta invece notevolmente modificata dalla presenza della resistenzasull’emettitore. Infatti, mentre nei FET il circuito d’ingresso non risente di ciò che avviene in uscitaa causa del fatto che i nodi G e S sono fisicamente sconnessi (in realtà vi è una resistenza ma essa èmolto grande e supera – soprattutto nei MOSFET – le decine di M), nei BJT i terminali B e Esono connessi tramite la resistenza r . Per calcolare la resistenza d’ingresso di un amplificatore aBJT con resistenza sull’emettitore possiamo fare riferimento allo schema di Fig. S.23.


31v bei xBr E i Bi Bv xRB(1 + ) i BRERL// RDFig. S.23 – Schema circuitale per il calcolo della resistenza d’ingresso di unamplificatore a BJT a doppio caricoIn tale schema si è preferito fare riferimento al modello del transistor con il generatore pilotato dallacorrente i b . Si può osservare che la corrente che scorre su r è la corrente di controllo i b . Poiché essaarriva sul nodo E, sul quale perviene anche la corrente del generatore i b , allora la corrente chescorre su R E è uguale alla somma delle due correnti per il primo principio di Kirchoff, vale a dire(1 + )i b . Per un osservatore posto all’ingresso del circuito, la situazione non cambia se si elimina ilgeneratore pilotato i b e si sostituisce la resistenza R E con una resistenza di valore pari a (1 + )R E :in tal modo resta una sola maglia – quella d’ingresso – nella quale circola la corrente i b sullaresistenza r e sulla resistenza (1 + )R E . La resistenza d’ingresso è allora uguale al parallelo tra R Be le due resistenze in serie r e (1 + )R E :R i = R B // [r + (1 + )R E ] ≈ R B .(S.46)Rispetto all’amplificatore ad emettitore comune, la resistenza r del transistor è in questo casoincrementata di un valore molto elevato (approssimativamente di un centinaio di volte la resistenzasull’emettitore). Pertanto, essa non prevale più sulla resistenza del partitore R B = R 1 // R 2 ma, alcontrario, è il partitore R B a prevalere. Dal punto di vista della resistenza d’ingresso, l’amplificatorea BJT a doppio carico si comporta come l’amplificatore a FET.Sebbene un amplificatore a doppio carico permetta di stabilire a priori il valore del rapporto diamplificazione tramite un’opportuna scelta delle resistenze sul drain (o sul collettore) e sul source(o sull’emettitore) – purché la resistenza di carico sia sufficientemente elevata – in realtà i valori dialmeno una delle due resistenze sono vincolati dalla rete di polarizzazione. In altre parole, se simodificano a piacere i valori di R D (o R C ) e R S (o R E ) per stabilire l’amplificazione, si modifica


32anche il punto di riposo. E se quest’ultimo esce dalla regione di linearità non si ha più alcunaamplificazione, indipendentemente dal valore del rapporto R D /R S (o R C /R E ).Per avere un grado di libertà in più, in sede di progetto si può cortocircuitare dinamicamenteuna parte della resistenza sul source (o sull’emettitore), così come mostrato in Fig. S.24.r E1R Er E2Fig. S.24 – <strong>Amplificator</strong>e a BJT a doppio carico con resistenza sull’emettitoreparzialmente cortocircuitata dinamicamenteIn questo modo, poiché per stabilizzare il punto di riposo la R E non deve essere in genere troppopiccola, cortocircuitandone dinamicamente una parte si può rendere piccola r E1 – che è la solaporzione che appare sullo schema dinamico – in modo da aumentare l’amplificazione, senza variareil punto di riposo (che invece dipende da r E1 + r E2 , cioè R E ). Si noti che R E può essere costituito daun potenziometro per regolare con precisione il valore dell’amplificazione.Ricapitolando, le caratteristiche dell’amplificatore a doppio carico sono le seguenti:1. Resistenza d’uscita non troppo bassa, come nell’amplificatore a source/emettitore comune.Non è possibile ridurla troppo perché altrimenti si ridurrebbe anche l’amplificazione.2. Resistenza d’ingresso elevata sia nel caso di FET, che di BJT, coincidente con il paralleloR 1 //R 2 . Si noti tuttavia che nei BJT, R 1 //R 2 non può aumentare troppo altrimenti la correnteI C dipenderebbe fortemente da con conseguente instabilità del punto di riposo. Nei FETquesto problema non sussiste poiché la corrente di gate è in pratica nulla.3. Amplificazione di tensione > 1 e con sfasamento di 180° del segnale d’uscita per entrambi itransistor, ma indipendente dal particolare tipo di transistor scelto. L’amplificazione, pertutti e due i tipi di transistor, è uguale ad un rapporto di resistenze e ciò comporta una


33maggiore linearità dell’amplificatore (sebbene rispetto alla configurazione asource/emettitore comune l’amplificazione risulti lievemente minore). Nei JFETl’amplificazione può risultare lievemente dipendente dalla transconduttanza del transistor,poiché in tali dispositivi non è sempre valida l’approssimazioneg R » 1.m SL’amplificatore a doppio carico costituisce sicuramente un miglioramento della configurazionea source/emettitore comune. Tuttavia per quanto riguarda la resistenza d’uscita, essa risulta semprepiù alta di quanto desiderato per le comuni applicazioni. Inoltre, negli amplificatori a BJT, anche ivalori della resistenza d’ingresso non sono pienamente soddisfacenti, dato che essi sono vincolatidal partitore d’ingresso che non può assumere valori troppo elevati senza compromettere la stabilitàdell’amplificatore.S.6.3 <strong>Amplificator</strong>e a drain comune e a collettore comuneUna soluzione al sopraindicato problema è costituita dall’adozione di configurazioni del tipo adrain comune o a collettore comune. Grazie alla sua elevatissima impedenza d’ingresso, questaconfigurazione è molto utilizzata – in forma discreta o integrata – come ingresso di apparecchiaturedi misura, quali i voltmetri e gli oscilloscopi.Lo schema di un amplificatore a drain comune è riportato in Fig. S.25a; il suo schema dinamicoè mostrato a fianco in Fig. S.25b.a) b)Fig. S.25 – a) <strong>Amplificator</strong>e a drain comune. b) Schema equivalente dinamicoL’uscita del circuito si trova questa volta sul source ed è approssimativamente uguale a quellad’ingresso e in fase con essa (V o = V i – V GS ). Da tale osservazione scaturisce il termine con il qualetale configurazione è designata, cioè inseguitore di source (source follower).A prima vista, tale circuito può sembrare inutile, a meno che non vi rendiate conto che laresistenza d’ingresso è molto più elevata di quella d’uscita. Questo significa che il circuito richiede


34meno potenza al segnale d’ingresso per pilotare un carico dato, rispetto al caso in cui il segnaledebba pilotare il carico direttamente. Pertanto, possiamo dire che un generatore di segnale diresistenza interna data, può adesso pilotare una resistenza di carico paragonabile, o addiritturainferiore, senza l’attenuazione dovuta all’effetto abituale dei divisori di tensione. In altri termini, uninseguitore di source presenta un’amplificazione di corrente, anche se non ha alcun guadagno ditensione. D’altronde, per avere un guadagno di potenza, non avendo amplificazione di tensione,dobbiamo necessariamente averla di corrente. Morale: l’amplificazione di tensione non è tutto!Eseguiamo adesso i calcoli per ricavare l’amplificazione di tensione e le resistenze d’ingresso ed’uscita. La tensione v gs , “ponte” tra ingresso e uscita, è uguale av gs = v i – R S ∙(g m v gs ) v i = (1 + g m R S ) v gs .(S.47)La tensione d’uscita èv o = g m v gs R S .(S.48)Pertanto l’amplificazione valeAvvo m SS . (S.49)ig R R1 g R R 1 gmSe la resistenza R S è molto più grande di 1/g m , l’amplificazione di tensione tende a 1. Dovrebbeormai essere evidente che, in presenza di un carico R L , si dovrà considerare il paralleloR R // R , al posto della sola R S . In ogni caso A non potrà mai essere maggiore dell’unità.LSLLa distorsione dell’inseguitore di source è inferiore a quella di un amplificatore a sourcecomune. Se la resistenza R S è uguale a 10 volte 1/g m , la distorsione è pressappoco divisa anch’essaper 10. Per sua natura, un inseguitore di source è un amplificatore a bassa distorsione, perché la suaamplificazione tende a 1 ed è dunque poco sensibile a g m . Se l’amplificazione è esattamente ugualea 1, non vi è alcuna distorsione perché l’uscita è la copia esatta dell’ingresso.Per il calcolo della resistenza d’uscita si possono evitare i calcoli effettuando le seguentisemplici considerazioni. L’espressione (S.49) dell’amplificazione permette di ricavare l’uscita infunzione dell’ingresso, ovverossiavRSSmSo vi. (S.50)RS 1 gmQuesta formula vi ricorda qualcosa? Certamente, è la formula di un partitore di tensione! Latensione v i è applicata a due resistenze R S e 1/g m , mentre la tensione v o è prelevata ai capi di R S .Pertanto uno schema equivalente dinamico semplificato dell’intero amplificatore è quello riportatoin Fig. S.26a, cioè lo schema di un partitore di tensione. Se si applica il teorema di Thevenin alcircuito d’uscita si ottiene lo schema di Fig. S.26b. Questo è il più elementare schema equivalente


35del circuito d’uscita dell’inseguitore di source. Il generatore di tensione fornisce la tensione d’uscita(Av i ), mentre la resistenza in serie costituisce la resistenza d’uscita, cioèR o = R S //1 . (S.51)Si noti che se la resistenza R S è molto più grande della resistenza 1/g m , la resistenza d’uscitadell’inseguitore di source è uguale a circa 1/g m . Si può altresì osservare che, tanto piùl’amplificazione tende a 1, tanto più piccola è la resistenza d’uscita che tende al valore 1/g m .g ma) b)Fig. S.26 – a) Circuito equivalente dinamico dell’uscita di un inseguitore di source.b) Schema equivalente di Thevenin di un inseguitore di sourceLa resistenza d’ingresso è uguale allo stesso valore assunto nelle altre configurazioni, cioèR i = R G = R 1 //R 2 .(S.52)Questa coincidenza di valori è ovviamente dovuta all’elevatissima resistenza offerta dal gate deiFET, la quale separa nettamente il circuito d’ingresso da quello d’uscita.Per i BJT si possono fare delle considerazioni simili a quelle già fatte per i FET. Lo schema diun amplificatore a collettore comune è riportato in Fig. S.27a; il suo schema dinamico è mostrato afianco in Fig. S.27b.L’uscita del circuito si trova sull’emettitore ed è approssimativamente uguale a quellad’ingresso e in fase con essa (V o = V i – V BE = V i – 0,7 V). Analogamente alla terminologia adoperataper l’amplificatore a drain comune, chiameremo – per le stesse ragioni – l’amplificatore a collettorecomune inseguitore di emettitore (emitter follower).


36r a) i bb)Fig. S.27 – a) <strong>Amplificator</strong>e a collettore comune. b) Schema equivalente dinamicoI risultati sono pressappoco gli stessi già visti nel caso dell’amplificatore a drain comune.Basandoci sullo schema equivalente dinamico di Fig. S.27b, ponendosi calcola nel modo seguente:vvio RL r iπ bib βi RLibb βibvA vpoiché si può approssimare 1 + ≈ , allora ricordando che g m = /r , si haoiπLRL= R L //R E , l’amplificazioneRL1β; (S.53)r R1 βg mRLRLA 1. (S.54)g R 1 R 1 gmLL’espressione è analoga alla (S.49) ricavata per l’inseguitore di source, con l’unica differenza che inquesto caso si considera anche un carico R L .Lm


37Pure la resistenza d’uscita R o si può ricavare con lo stesso procedimento descritto per ottenere la(S.51), cioè R o = R E //1 . (S.55)Il calcolo della resistenza d’ingresso è lievemente differente da quello effettuato perl’inseguitore di source, a causa della r che collega l’ingresso con l’uscita. Poiché il circuito(dinamico) d’ingresso dell’inseguitore di emettitore non differisce da quello dell’amplificatore adoppio carico a BJT (Fig. S.23), allora la resistenza d’ingresso è la stessa, vale a direavendo postoRL= R L //R E .g mR i = R B // [r + (1 + ) R ] ≈ R B ,In conclusione, le caratteristiche dell’amplificatore a collettore comune sono le seguenti:L(S.56)1. Resistenza d’uscita bassa, dell’ordine di poche decine di . Nei BJT può sensibilmentedipendere dalla resistenza interna del generatore di segnale, se questi ha un’uscita ad altaimpedenza. Nei casi pratici, essa è praticamente uguale all’inverso della transconduttanzadel transistor: nei JFET, dove valori tipici di g m sono dell’ordine di 1-2 mS, si ha R o = 0,5-1k; nei BJT con g m ≈ 100 mS, si ha R o ≈ 10 .2. Resistenza d’ingresso elevata sia nel caso di FET, che di BJT, coincidente con il paralleloR 1 //R 2 . La resistenza d’ingresso si può ulteriormente aumentare tramite alcune piccolemodifiche della configurazione a collettore comune (che in tal caso prende il nome dicircuito di “bootstrap”).3. Amplificazione di tensione ≈ 1 e senza sfasamento del segnale d’uscita per entrambi itransistor. Poiché l’amplificazione, per tutti e due i tipi di transistor, è praticamente unitariaanche per valori relativamente bassi di R L , la distorsione è praticamente nulla. Il segnaled’uscita v o , in fase con v i e di ampiezza all’incirca uguale, tende pertanto ad inseguirnel’andamento. In realtà, nel caso dei FET, per il calcolo di R o si era del tutto trascurata l’influenza della resistenza interna delgeneratore R s , infatti lo schema equivalente di Thevenin di Fig. S.26b non includeva in alcun modo la resistenza R s(altrimenti, il generatore avrebbe dovuto erogare una tensione pari a A T v s , invece di Av i ). A rigore, ciò ha senso nei FETperché la resistenza d’ingresso è molto elevata, sicuramente più della resistenza interna del generatore. Con i transistorciò non è detto, perché la resistenza d’ingresso è sempre più bassa (visto che il partitore d’ingresso non può essere resogrande quanto si vuole per motivi di stabilità). Considerando la resistenza R s si può calcolare facilmente (omettiamo icalcoli) che( Rs// RB) rR o = R E //. (S.55bis)1Chiaramente, se – come avviene spesso – si considera R s « R B , R s « r , 1 + ≈ , allora ricordando che g m = /r , siottiene di nuovo la (S.55).


38Per le sue caratteristiche di resistenza d’ingresso alta e resistenza d’uscita bassa, l’amplificatorea drain/collettore comune viene abitualmente utilizzato come stadio separatore (buffer), ossia comeadattatore d’impedenza, tipicamente tra una sorgente con elevata R s e un carico R L basso.Per completezza, citiamo due ulteriori configurazioni amplificatrici: l’amplificatore a gatecomune e a base comune. Questi hanno caratteristiche opposte agli amplificatori a drain comune e acollettore comune, vale a dire bassa resistenza d’ingresso e alta resistenza d’uscita. Essi non sonoparticolarmente diffusi e trovano qualche utilizzo solo ad alta frequenza in alcuni schemi particolari(ad esempio, la configurazione cascode).S.7 <strong>Amplificator</strong>i multistadiLo schema di Fig. S.28 rappresenta in forma generale un sistema di amplificazione a più stadidisposti in cascata, ovvero connessi in modo tale che ciascuno stadio funga da sorgente di segnaleper lo stadio che segue e costituisca invece il carico di quello che lo precede. I vari blocchi sonocostituiti dalle semplici configurazioni amplificatrici analizzate nel precedente paragrafo. Essipossono essere connessi l’uno con l’altro in modo diretto come mostrato in Fig. S.28, oppurepossono essere disaccoppiati in continua tramite opportune impedenze come vedremo fra poco.Fig. S.28 – Stadi amplificatori disposti in cascataQualunque sia il modo con il quale tali blocchi sono connessi tra loro, l’analisi statica è sempremolto semplice. Infatti, se l’ingresso di ogni blocco è costituito dal terminale di gate di un FET, o dibase di un BJT, allora la corrente che circola in uscita (sul drain o sul collettore del transistor) èsicuramente più grande – tranne rare eccezioni – della corrente che scorre in ingresso dello stadiosuccessivo. Pertanto gli stadi non assorbono corrente dagli stadi contigui che si trovano a monte e lostudio statico di ogni stadio può essere effettuato in modo “quasi” indipendente. Tuttavia, latensione continua applicata all’ingresso dello stadio n-mo – ad esempio alla base di un BJT – èimposta dalla tensione continua d’uscita dello stadio (n – 1)-mo. Se, invece, gli stati sono tra loro


39accoppiati, tramite un opportuno condensatore di accoppiamento (cfr. accoppiamento RC, piùavanti in questo stesso paragrafo), essi sono completamente indipendenti dal punto di vista statico.L’analisi dinamica è più complessa, poiché ciascuno stadio ha una sua amplificazione checontribuisce all’amplificazione totale; è evidente che per n stadi disposti in cascata come in Fig.S.28 risulta:vA voivvoninvvo,n1i,n1vvo2o1 An An1A2 A1, (S.57)vi2vi1dove A i (i = 1,…,n) rappresenta l’amplificazione dell’i-mo stadio. Inoltre, poiché ogni stadio“carica” lo stadio precedente e l’amplificazione di ogni stadio dipende dalla resistenza di carico, èallora chiaro che le amplificazioni dei singoli stadi che compaiono nella (S.57), A n , A n-1 ,…, A 2 e A 1 ,non possono essere valutate “a vuoto” ma deve essere sempre considerato l’effetto di caricointrodotto dallo stadio successivo, che interviene con la sua resistenza d’ingresso.L’amplificazione di un amplificatore multistadio può essere ricavata in due modi:1. sostituendo ad ogni elemento attivo il corrispondente schema equivalente e ricavando latensione d’uscita del circuito ottenuto in funzione di quella d’ingresso;2. calcolando le amplificazioni di ogni stadio “caricato” e moltiplicandole tra di loro;ovviamente, come resistenza di carico si considera la resistenza d’ingresso dello stadio avalle.Esistono diverse modalità per trasmettere un segnale dall’uscita di uno stadio all’ingresso dellostadio successivo: esse prendono il nome di accoppiamenti degli stadi. Vediamo quali sono iprincipali.a) Accoppiamento RCLa Fig. S.29a rappresenta un accoppiamento resistenza-condensatore (RC), forse la tecnica piùdiffusa per trasmettere un segnale tra due stadi contigui. Il segnale presente sulla resistenza dicollettore di ogni stadio è trasmesso alla base dello stadio successivo attraverso il condensatore diaccoppiamento. Tale condensatore lascia passare le correnti alternate di segnale, mentre blocca lecorrenti continue di polarizzazione. Gli stadi sono isolati dal punto di vista statico, pertanto non siha alcuna interazione in continua (e nessuno spostamento del punto di riposo dovuto alla presenzadegli altri stadi). Lo svantaggio di tale tecnica è che i condensatori di accoppiamento impongonouna frequenza limite inferiore. Si deve pertanto fare sempre in modo che, alla frequenza di lavoropiù bassa prevista per il segnale, la rete passa alto formata dal condensatore e dalle resistenzepresenti abbia una reattanza trascurabile. Tali concetti saranno chiariti meglio nel Cap. 9.


40L’amplificatore ad accoppiamento RC è particolarmente indicato per l’amplificazione di segnalidi frequenza superiore a circa 10 Hz. L’accoppiamento RC è inoltre la maniera più semplice e menocostosa di fabbricare un amplificatore a più stadi discreto.b) Accoppiamento tramite impedenzaL’accoppiamento tramite impedenza, rappresentato in Fig. S.29b, è in genere utilizzato ad altefrequenze. In questo caso, un’induttanza è posta in luogo della resistenza di collettore, comemostrato in figura. Allorché la frequenza aumenta, la reattanza della bobina diventa più elevata e sicomporta al limite da circuito aperto. In altre parole, le bobine lasciano passare la corrente continua,ma bloccano la componente alternata. Esse prendono il nome di bobine di blocco di radiofrequenza.Il vantaggio dell’accoppiamento tramite impedenza è che non si perde potenza sul collettore:infatti le bobine, a differenza delle resistenze di collettore presenti negli altri tipi di accoppiamento,dissipano una potenza molto bassa. Lo svantaggio delle bobine di blocco di radiofrequenza è il loroprezzo relativamente elevato e la drastica diminuzione della loro impedenza a basse frequenze.Questo tipo di accoppiamento è indicato solamente alle radiofrequenze (> 20 kHz).c) Accoppiamento diretto (o in continua)A frequenze pari a circa 10 Hz, i condensatori di accoppiamento e quelli di disaccoppiamentosull’emettitore (o sul source) sono estremamente voluminosi, elettricamente e fisicamente. Adesempio, per disaccoppiare una resistenza d’emettitore di 100 a 10 Hz, è necessario uncondensatore di circa 1,6 mF! Più la resistenza o la frequenza è piccola (o più entrambe sonopiccole), tanto più la capacità del condensatore deve essere grande.L’accoppiamento diretto elimina la “barriera” a bassa frequenza; non richiedendo alcuncondensatore d’accoppiamento o di disaccoppiamento, esso trasmette sia la corrente continua chequella alternata. Non esiste pertanto alcun limite inferiore di frequenza: l’amplificatore amplificatutti i segnali per quanto bassa possano essere le loro frequenze, ivi compresi i segnali continui o difrequenza nulla.L’accoppiamento diretto è particolarmente indicato per segnali continui o lentamente variabilinel tempo, ma può essere utilizzato anche per segnali variabili non lentamente. Con questasoluzione circuitale, tuttavia, i punti di riposo dei vari stadi non si possono fissare in modoindipendente.Nell’amplificatore ad accoppiamento diretto mostrato in Fig. S.29c per la polarizzazione dellabase del transistor T2 si utilizza la tensione del collettore di T1 rendendo così superfluo l’uso delpartitore resistivo. In questo modo, però, una variazione del punto di riposo di T1 determinaconseguentemente quella del punto di riposo di T2. Questo tipo di accoppiamento richiede quindiparticolare cura nella stabilizzazione della struttura circuitale nel suo complesso, specie se i segnali


41sono lentamente variabili o continui. In questo caso, infatti, gli spostamenti occasionali dei punti diriposo provocano variazioni del segnale d’uscita v o non distinguibili da quelle determinate dalsegnale applicato all’ingresso.A titolo di esempio, se l’amplificazione del primo stadio di Fig. S.29c è pari a -10 e quella delsecondo stadio -40, l’amplificazione totale sarà pari a 400. Ciò vuol dire che una variazione diappena 5 mV del segnale d’ingresso v i produrranno uno spostamento in continua del segnaled’uscita pari a 400 × (5 mV) = 2 V. Questa variazione indesiderata della tensione d’uscita prende ilnome di deriva, la quale ovviamente non è distinguibile dal segnale d’uscita vero e proprio. Provatea pensare cosa può succedere nel caso di più stadi a BJT posti in cascata, in seguito ad unavariazione di temperatura. La tensione V BE varia tipicamente di -2 mV per ogni aumento di gradocentigrado; se si considera che tale variazione viene amplificata al passaggio di ogni stadio, è facileprevedere che il livello di continua può essere tale da fare uscire dalla zona attiva i transistor.a)b)c)Fig. S.29 – <strong>Amplificator</strong>i ad accoppiamento: a) di tipo RC; b) tramite impedenza; c) diretto


42L’accoppiamento in continua degli stadi è tipico dei circuiti integrati, dove, per motivitecnologici, è escluso l’impiego di capacità di valore elevato.Riassumendo, la forza dell’accoppiamento diretto risiede nella possibilità d’amplificare segnalid’ingresso continui o lentamente variabili nel tempo (bassa frequenza), mentre il suo punto deboleconsiste nel fatto che non riesce ad impedire l’amplificazione di ingressi indesiderati, qualivariazioni di tensioni d’alimentazione o dei parametri dei transistor.S.8 Criteri di progettoLe specifiche variano a seconda della configurazione e del tipo di applicazione. Tuttavianormalmente si richiede che l’escursione del segnale d’uscita (dinamica d’uscita) sia la più ampiapossibile, che l’amplificazione rimanga stabile malgrado la dispersione delle caratteristiche e che ladistorsione sia minima.Per semplicità, nel seguito ci riferiremo ad una configurazione amplificatrice a doppio caricocon una rete di polarizzazione a 4 resistenze. I criteri di progetto che diamo di seguito possonoessere eventualmente affinati, se si considerano ulteriori parametri quali sensibilità alla temperatura,variazioni minime e massime dei parametri dei dispositivi attivi, ecc. Tuttavia un buon progettodeve essere normalmente rapido e, per quanto possibile, indipendente dai parametri dei transistor.Eventuali correzioni, relative a situazioni di lavoro particolari, possono essere effettuate in secondaapprossimazione.Facciamo riferimento alla Fig. S.30a e dimensioniamo i parametri circuitali di tale amplificatorea MOSFET, procedendo secondo i seguenti passi: Se il punto di riposo non è fornito dalle specifiche, si sceglie sulla transcaratteristica tipica ilpunto di riposo (I D , V GS ), graficamente o tramite l’equazione I D = K(V GS – V t ) 2 ; Si sceglie V DS in modo che il punto di riposo si trovi a metà circa fra l’inizio della zona disaturazione e V DD (in modo da massimizzare la dinamica); Nei MOSFET la corrente I D tende a diminuire con l’aumentare della temperatura; per talemotivo la stabilità termica di un MOSFET è normalmente garantita pur senza imporrevincoli specifici ai parametri circuitali (in realtà, si potrebbe mostrare che ciò è vero pervalori di V GS non troppo alti). In ogni caso, per una buona stabilità termica si dimostra cheR S deve valereRVVGS tS ; (S.58)IDSi ricava R D dall’equazione alla maglia d’uscita:


43RDVVIDD DS S D ; (S.59)D RI Si ricava V GG (tensione equivalente di Thevenin del circuito d’ingresso) in base allarelazioneV GG = V GS + R S I D ;(S.60) Si impone per R 1 + R 2 un valore di qualche M in modo da mantenere alta la resistenzad’ingresso, ad esempio 10 M; dall’equazione del partitore si ricavano così sia R 2 ,VGGRV , (S.61)R 12 GGVDD R2 R1 R2R2VDDche R 1 per differenza:R 1 = (R 1 + R 2 ) – R 2 .(S.62)Alternativamente, per dimensionare R S e R D si può tenere in conto l’espressionedell’amplificazione|A| = R D / R S ,(S.63)mettendo a sistema la (S.63) e la (S.59). Bisogna tuttavia fare sempre attenzione che risultiV DS > V GS – V t , altrimenti il FET esce dalla zona lineare. Per evitare ciò, si può dimensionaredapprima la rete di polarizzazione in base ai soli requisiti statici (equazioni (S.58) ÷ (S.62));ovviamente, in tal modo non è detto che i valori di R S e R D così ricavati, permettano di ottenerel’amplificazione desiderata. Per ottenere l’amplificazione espressa dalla (S.63), è sufficientebypassare dinamicamente una parte della R S tramite una capacità, così come operatonell’amplificatore a BJT di Fig. S.24.a) b)Fig. S.30 – Schemi circuitali per il progetto della rete di polarizzazione di un amplificatorea) a MOSFET; b) a BJT


44Per il progetto della rete di polarizzazione di un amplificatore a BJT – come quello riprodotto inFig. S.30b – i passi da seguire sono simili; tuttavia, a differenza di quanto avviene nei MOSFET, iBJT sono più sensibili a fenomeni di fuga termica, intendendo con questo termine il processo per ilquale, dissipandosi potenza nel transistor, cresce la temperatura di giunzione. Nei BJT ciò porta adun aumento del che, a sua volta, fa aumentare la corrente di collettore e, di conseguenza, lapotenza dissipata, dando luogo ad una reazione destabilizzante che può determinare la distruzionedel dispositivo. Nei BJT si dimostra chedPCdTd IB2 VCEVCC , (S.64)dTe dato che dβ / dT è senz’altro maggiore di 0, al fine di verificare una delle condizioni per lastabilità termica, è opportuno scegliere il punto di riposo in modo che V CE sia minore di V CC /2 . Uncriterio di progetto è allora quello di ripartire la tensione di alimentazione V CC tra le tre cadute ditensione in modo che un terzo cada su R C , un terzo ai capi di V CE ed un terzo cada su R E .In breve, la stesura del progetto comporta i seguenti passi: Si fissa la corrente I C ; Si poneV CE = R E I C = R C I C = V CC /3 ;(S.65) Le formule (S.13) e (S.14) indicano che la resistenza equivalente del partitore d’ingressodeve essere sufficientemente piccola (rispetto a R E ) per potere considerare la corrente I Cindipendente da β. Tuttavia, se è troppo piccola, oltre a provocare un aumento della correnteassorbita dall’alimentatore, essa abbassa la resistenza d’ingresso in funzionamentodinamico. Un buon compromesso si raggiunge progettando il partitore come se funzionassea vuoto, cioè in modo tale che la corrente che scorre nella serie delle due resistenze R 1 ed R 2risulti maggiore della corrente I B spillata dalla base. Si può allora imporre cheI R1 ≈ I R2 = (0,1 ÷ 1)I E ;(S.66) Si ricavano R 1 e R 2 : VBVBE REIR2 IR2IR2VCCVBVCCR1 IR1CVIBER1 R IEC. (S.67)Per avere la massima dinamica del segnale d’uscita sarebbe meglio scegliere V CE in modo che sitrovi al centro della zona attiva. Per tale motivo, talvolta, alcuni testi suggeriscono di scegliereV CE = V CC /2 e una caduta di tensione sulla resistenza d’emettitore pari a 1/10 di V CC .Si osservi che, anche in questo caso, la resistenza R E può parzializzarsi con una capacità inparallelo, al fine di ottenere l’amplificazione di tensione desiderata.


45S.9 Un’applicazione tipica: impianto di riproduzione suonoIn Fig. S.31 è schematizzato un impianto per la riproduzione del suono comprendenti diversesorgenti. Ciascuna sorgente fornisce all’uscita segnali di ampiezza anche molto diversa e conpotenza associata assolutamente inadeguata a pilotare altoparlanti, che spesso devono diffonderepotenze sonore dell’ordine delle decine di watt.Fig. S.31 – Impianto di riproduzione suonoIn molti casi il preamplificatore e l’amplificatore di potenza costituiscono un’unicaapparecchiatura, sebbene in questa sede si è preferito scinderla in due per evidenziare un processodi amplificazione sostanzialmente diviso in due fasi. Preamplificatore:La sua funzione è quella di equiparare le caratteristiche di livello e di frequenza dei segnaliprovenienti dalle varie sorgenti, in modo da poter pilotare lo stadio finale di potenza con un livellodi riferimento uniforme. A questo scopo il preamplificatore è dotato di ingressi specifici per ognisorgente e ciascun segnale è sottoposto a processi di amplificazione diversificati.Il segnale proveniente dal giradischi (con pick-up magnetico) è dell’ordine di 5 ÷ 10 mV; quelliprovenienti dal registratore, dal lettore di CD e dal sintonizzatore hanno valori normalmente noninferiori a 500 mV. La testina di lettura del registratore fornisce un segnale di circa 1 mV, masubisce un processo di amplificazione interna. Inoltre, non in tutti gli amplificatori è previsto uningresso microfonico. Si può comunque dire che un microfono dinamico fornisce in uscita unsegnale piuttosto debole, dell’ordine di 2 mV, mentre un microfono a condensatore (conamplificatore incorporato) fornisce segnali di diverse centinaia di mV.Nella fase di preamplificazione si rimane nell’ambito di potenze piuttosto modeste, pertanto ilpreamplificatore deve essere sostanzialmente considerato come un amplificatore di tensione.


46Ovviamente, esistono innumerevoli schemi di preamplificatore audio, di tipo generico o adattatia esigenze particolari. La Fig. S.32 mostra un preamplificatore audio a due stadi a doppio carico.Ne illustriamo per sommi capi il funzionamento, mostrando inoltre un procedimento d’analisi“veloce”; questi permette di avere subito un quadro chiaro del principio di funzionamento e di comeoperano le tensioni e le correnti in gioco, senza che sia necessario effettuare calcoli complessi.Fig. S.32 – Preamplificatore audioLa rete di polarizzazione prevede una resistenza “di reazione” R 5 che riporta staticamente ilsegnale presente sull’emettitore del transistor d’uscita sulla base del transistor d’ingresso.Dinamicamente, invece, il condensatore C 2 pone tale resistenza in parallelo a R 6 (R 5 //R 6 ≈ 1 k). Laresistenza R 1 che viene invece a trovarsi in parallelo nel circuito d’ingresso fissa il limite teoricodella resistenza d’ingresso R i a 10 k.L’elevato valore di R 2 implica una corrente di collettore molto piccola. Essendo inoltre R 2 » R 3 èfacile prevedere che la tensione d’alimentazione di 12 V cadrà principalmente su R 2 e il transistorT1 sarà molto prossimo alla saturazione. Ipotizziamo allora che la tensione sul collettore di T1 siapari a 1 V (V C1 ≈ 1 V). La corrente su R 2 sarà allora pari a I R2 = V R2 / R 2 ≈ 11/220 = 50 A. Lacorrente di collettore I C1 sarà ancora più piccola di tale valore, non potendo trascurare a priori lacorrente I B2 . Supponendo tuttavia in prima approssimazione che I C1 = I R2 = 50 A, la caduta ditensione su R 3 è sicuramente irrilevante (50 A × 1 k = 50 mV) e si ha quindi


47V B1 ≈ V BE1 ≈ 0,6 ÷ 0,7 V. Anche assumendo un valore di abbastanza piccolo, dell’ordine di30 ÷ 40 (visto che diminuisce molto per correnti piccole), sulla serie costituita da R 1 e R 5 la cadutadi tensione non supera 0,15 ÷ 0,2 V (infatti per = 30 ÷ 40, si ha I B1 = I C1 / = 1,25 ÷ 1,5 A, dacui si ottiene che la caduta di tensione su R 1 + R 5 è (R 1 + R 5 ) × I B1 = 0,15 ÷ 0,2 V). Pertanto si hache V E2 = V R5 + V R1 + V B1 ≈ 0,75 ÷ 0,8 V, da cui segue I C2 ≈ V E2 / R 6 ≈ 0,8 mA. La tensione sulcollettore di T1 è allora V C1 = V BE2 + V E2 = 1,5 V. Come si nota, la tensione V C1 non è troppodistante da quella supposta di 1 V, pertanto anche la corrente su R 2 è sostanzialmente uguale aquella ipotizzata e I B2 non supera 8 A (per = 100). Si calcola infine V C2 = 12 V – 6,8 k × 0,8mA ≈ 6 V.Dal punto di vista dinamico, la resistenza d’ingresso del transistor T1 è almeno di qualchedecina di k, tenuto conto della presenza di R 3 sull’emettitore e dell’alto valore assunto da r (> 10k) a causa del basso valore di I C1 (dato che r è inversamente proporzionale a g m , ma g m èdirettamente proporzionale a I C ). Pertanto la resistenza d’ingresso del preamplificatore R i non saràdi molto inferiore a R 1 = 10 k. Questo livello consente l’adattamento con vari tipi di sorgenti disegnale (in particolare microfoni).La resistenza d’uscita R o è circa uguale a R 4 = 6,8 k. L’amplificazione di tensione è elevata:considerando per il secondo stadio una resistenza d’ingresso R i2 non inferiore a 100 k, si calcolaapprossimativamente A = (R 4 / R 6 ) × [(R 2 // R i2 ) / R 3 ] ≈ 467.La bassa corrente del primo stadio ha come fine quello di minimizzare il rumore. <strong>Amplificator</strong>e di potenza:In questa fase del processo di amplificazione il dato caratteristico maggiormente significativo èla potenza disponibile in uscita, più del livello di tensione che può raggiungere anche alcune decinedi volt. Appare quindi importante fornire un’interpretazione energetica del processo diamplificazione, il quale avviene secondo lo schema di Fig. S.33.Un dispositivo attivo (ad esempio un BJT) converte la potenza continua P a erogatadall’alimentazione, in potenza P o disponibile sul carico, variabile in relazione alla caratteristiche delsegnale proveniente dalla sorgente. In realtà, una parte della potenza ceduta dall’alimentazioneviene dissipata dal dispositivo sotto forma di calore e quindi perduta. Pertanto, se in uno stadio dipreamplificazione il rendimento del processo di conversione della potenza assume poca rilevanza(per l’esiguità delle potenze in gioco), il suo valore diventa invece della massima importanza in unostadio finale di potenza.


48Fig. S.33 – Bilancio energetico del processo di amplificazioneConfigurazioni circuitali particolari sono necessarie, in questo caso, per rendere accettabile ilrendimento. A secondo delle metodologie impiegate e della configurazione circuitale adottata, gliamplificatori di potenza vengono suddivisi in “classi” differenti (classi A, B, AB, C e D).Osserviamo infine, che la potenza P s fornita dalla sorgente di segnale è in questo processoscarsamente significativa, perché di molto inferiore alle altre.

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