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corso di storia della filosofia per i licei e per gli adulti che ... - Ousia.it

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CORSO DI STORIA DELLA FILOSOFIA PER I LICEI E PER GLI ADULTICHE DESIDERANO CONOSCERLA: DALLA FILOSOFIA ANTICA AQUELLA CONTEMPORANEA.1A cura <strong>di</strong> Francesco LorenzoniAnno <strong>di</strong> stesura: 2012VOLUME QUARTOLA FILOSOFIA CONTEMPORANEAINTRODUZIONE.Ho osservato <strong>che</strong>, in mer<strong>it</strong>o al pensiero <strong>di</strong> ciascun filosofo, l'esposizione <strong>di</strong> unmanuale è chiara in alcuni tratti mentre, a causa <strong>di</strong> un linguaggio troppo tecnico opoiché sono saltati taluni passaggi logico-descr<strong>it</strong>tivi, <strong>di</strong>venta <strong>per</strong> i principianti pococomprensibile in altri aspetti, i quali tuttavia, a loro volta, sono esposti piùchiaramente in un ulteriore manuale. Questo <strong>corso</strong> è stato ricavato dai più accre<strong>di</strong>tatimanuali scolastici <strong>di</strong> <strong>storia</strong> <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong>, tra cui quelli <strong>di</strong> Nicola Abbagnano eGiovanni Fornero; Giovanni Reale e Dario Antiseri; Enrico Berti; Sergio Moravia;L.Tornatore, G. Polizzi, E. Ruffal<strong>di</strong>; V. e A. Perrone, G. Ferretti, C. Ciancio; G.Fornero e S. Tassinari; F. Adorno, T. Gregory , V. Verra; ecc.Pertanto, nell'obiettivo <strong>di</strong> <strong>per</strong>venire alla maggior chiarezza possibile, pur senzabanalizzare, nell'illustrazione del pensiero <strong>di</strong> ciascun filosofo o tema filosofico, hoo<strong>per</strong>ato una cern<strong>it</strong>a fra tutti i manuali presi in considerazione, estraendo i trattiespos<strong>it</strong>ivi più chiari ora da un manuale ora da un altro, talvolta riportando pari pariintere frasi e talaltra, frequentemente, cambiando e semplificando a mia volta il testo,rielaborando e collegando quin<strong>di</strong> il tutto secondo un cr<strong>it</strong>erio logico-consecutivo.Per contro ho riservato, <strong>per</strong> economia <strong>di</strong> scr<strong>it</strong>tura, solo brevi cenni alla biografia deivari filosofi, poiché rinvenibile in qualsiasi manuale senza particolari <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong>comprensione. Parimenti, non mi sono inoltrato in analisi tecnico-eru<strong>di</strong>te, <strong>di</strong> tipospecialistico, non necessarie ad una comprensione comunque idonea dei filosofi edargomenti filosofici <strong>di</strong> volta in volta illustrati. Peraltro, e con valore facoltativo <strong>per</strong> il1


lettore, ho trascr<strong>it</strong>to in corsivo una serie <strong>di</strong> argomentazioni integrative, se qualcunoavesse eventualmente intenzione <strong>di</strong> prendere conoscenza an<strong>che</strong> <strong>di</strong> esse.Sono convinto <strong>che</strong> la chiarezza espos<strong>it</strong>iva è il sistema mi<strong>gli</strong>ore <strong>per</strong> attirare <strong>gli</strong> studentiallo stu<strong>di</strong>o <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong>, come an<strong>che</strong> coloro <strong>che</strong>, ormai <strong>adulti</strong>, intendano accostarsiad essa <strong>per</strong> la prima volta ovvero rispolverare le conoscenze filosofi<strong>che</strong> apprese ascuola.Dalla comprensibil<strong>it</strong>à espos<strong>it</strong>iva può nascere inoltre il piacere e il gusto stesso <strong>per</strong> la<strong>filosofia</strong> ed il desiderio <strong>di</strong> <strong>per</strong>sonali ulteriori approfon<strong>di</strong>menti. Ciò sarebbe il risultatopiù lusinghiero derivante da questa mia fatica, de<strong>di</strong>cata a tutti coloro <strong>che</strong> abbianooccasione e vo<strong>gli</strong>a <strong>di</strong> approf<strong>it</strong>tarne, essendomi preoccupato <strong>di</strong> inserire il presente<strong>corso</strong> nella rete Web.Dell'importanza <strong>di</strong> una chiara narrazione ho fatto <strong>per</strong>sonale es<strong>per</strong>ienza <strong>per</strong> via <strong>di</strong>lezioni <strong>di</strong> <strong>filosofia</strong> <strong>che</strong> ho avuto modo <strong>di</strong> impartire a giovani studenti, con risultati, misia consent<strong>it</strong>o <strong>di</strong>re, più <strong>che</strong> sod<strong>di</strong>sfacenti.2Francesco Lorenzoni2


4L’EMPIRIOCRITICISMO.L'empiriocr<strong>it</strong>icismo è un in<strong>di</strong>rizzo epistemologico, sorto a fine Ottocento, <strong>che</strong>propone il r<strong>it</strong>orno all'es<strong>per</strong>ienza sensibile, naturale, chiamata "es<strong>per</strong>ienzapura", considerata come l'unica davvero reale, mentre la s<strong>per</strong>imentazione scientificaha sempre un valore soggettivo <strong>per</strong>ché <strong>di</strong>pende da<strong>gli</strong> strumenti <strong>di</strong> ricerca e dal punto<strong>di</strong> vista dello scienziato.L'es<strong>per</strong>ienza pura è quella originaria, è la facoltà <strong>di</strong> fare es<strong>per</strong>ienze <strong>che</strong>, in quantotale, precede la <strong>di</strong>stinzione tra il fisico e lo psichico e <strong>che</strong> non può venireinterpretata né in maniera idealistica né in maniera materialistica. Alla letteraempiriocr<strong>it</strong>icismo significa cr<strong>it</strong>ica, ossia analisi, dell'es<strong>per</strong>ienza pura: essointende cr<strong>it</strong>icare il primato metodologico attribu<strong>it</strong>o alla fisica su tutto il sa<strong>per</strong>e,proprio <strong>per</strong>ché la prima forma <strong>di</strong> es<strong>per</strong>ienza, <strong>che</strong> come tale sta alla base an<strong>che</strong>del sa<strong>per</strong>e scientifico, non è la s<strong>per</strong>imentazione fisico-scientifica ma è, appunto,l'es<strong>per</strong>ienza pura, <strong>che</strong> viene prima sia dell'es<strong>per</strong>ienza fisica <strong>che</strong> <strong>di</strong> quella psichica.Cr<strong>it</strong>ica altresì le pretese del pos<strong>it</strong>ivismo secondo cui la scienza è in grado <strong>di</strong>scoprire le strutture defin<strong>it</strong>ive <strong>della</strong> realtà. Queste pretese portano la scienza stessa aduna degenerazione metafisica nonché ad una contrapposizione dualistica tramaterialismo e spir<strong>it</strong>ualismo mentre, come evidenziato, l'es<strong>per</strong>ienza pura èin<strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> materialismo e spir<strong>it</strong>ualismo, cioè <strong>di</strong> fisico e <strong>di</strong> psichico.Maggiori esponenti dell'empiriocr<strong>it</strong>icismo sono stati Avenarius e Mach.Richard Avenarius (1843-1896).Filosofo tedesco, è stato docente a Zurigo.L'es<strong>per</strong>ienza pura e il concetto naturale <strong>di</strong> mondo.Avenarius vuole eliminare ogni metafisica dalla <strong>filosofia</strong>, la quale deve essereinvece scienza rigorosa e rifiutare i dualismi (contrapposizioni) metafisici come trasoggetto e oggetto o tra pensiero e realtà.Per Avenarius occorre ripensare il significato <strong>di</strong> es<strong>per</strong>ienza su cui si basa laconoscenza e la scienza. Reale è solo l'es<strong>per</strong>ienza pura, ossia quella sensibile,naturale, or<strong>di</strong>naria, mentre tutto il resto è rielaborazione e concettualizzazione. Ilsenso popolare chiama es<strong>per</strong>ienze sia le <strong>per</strong>cezioni <strong>di</strong> oggetti, sia il ricordo <strong>di</strong> questioggetti, sia le visioni immaginarie, sia le idee, i giu<strong>di</strong>zi, le valutazioni. Sel'es<strong>per</strong>ienza è tutte queste cose, spetta allora alla cr<strong>it</strong>ica filosofica dell'es<strong>per</strong>ienzapura analizzarle e <strong>di</strong>stinguerle. Un'es<strong>per</strong>ienza è analizzabile solo quando vieneasser<strong>it</strong>a, comunicata, resa pubblica. L'es<strong>per</strong>ienza <strong>per</strong> Avenarius è quin<strong>di</strong> tutto ciò <strong>che</strong>viene asser<strong>it</strong>o, a prescindere da chi formula l'asserzione, saggio o folle <strong>che</strong> sia.Uno de<strong>gli</strong> es<strong>it</strong>i più importanti dell'analisi dell'es<strong>per</strong>ienza pura è il r<strong>it</strong>orno alconcetto naturale <strong>di</strong> mondo, cioè al concetto originario, popolare, prima dellesuccessive concezioni e ricostruzioni stori<strong>che</strong>, filosofi<strong>che</strong> e scientifi<strong>che</strong> circa il4


mondo, fra <strong>di</strong> esse <strong>di</strong>verse ed includenti conoscenze, credenze ed es<strong>per</strong>ienzesviluppatesi in epo<strong>che</strong> e in amb<strong>it</strong>i sociali <strong>di</strong>fferenti. L'obiettivo è <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare <strong>gli</strong>elementi comuni tra i vari tipi <strong>di</strong> es<strong>per</strong>ienza <strong>per</strong> <strong>per</strong>venire ad un concetto naturale <strong>di</strong>mondo valido <strong>per</strong> tutti, riportandolo a quello <strong>che</strong> l'uomo originariamente avevaquando non era ancora stato ingabbiato nei m<strong>it</strong>i o nelle teorie filosofi<strong>che</strong>.Tre sono i fondamentali elementi <strong>di</strong> cui è composto il concetto naturale <strong>di</strong> mondo:1) <strong>gli</strong> in<strong>di</strong>vidui; 2) l'ambiente; 3) i rapporti tra <strong>gli</strong> in<strong>di</strong>vidui e l'ambiente e tra i <strong>di</strong>versielementi dell'ambiente. L'es<strong>per</strong>ienza è <strong>per</strong> l'appunto una continua reazione eadattamento v<strong>it</strong>ale dell'organismo all'ambiente. Ciò significa <strong>che</strong> non ha sensoeserc<strong>it</strong>are la cr<strong>it</strong>ica sui contenuti dell'es<strong>per</strong>ienza poiché, se ricondotta a<strong>gli</strong> elementifondamentali, medesima è la struttura con riguardo a tutti i vari tipi <strong>di</strong> es<strong>per</strong>ienza. Lacr<strong>it</strong>ica vale invece nei confronti delle asserzioni <strong>di</strong> es<strong>per</strong>ienze, cioè dei mo<strong>di</strong> in cuiesse sono comunicate, ossia la cr<strong>it</strong>ica vale sul comportamento linguistico de<strong>gli</strong>in<strong>di</strong>vidui.Se l'es<strong>per</strong>ienza è interazione tra ambiente e sistema nervoso dell'in<strong>di</strong>viduo, se cioè èprocesso biologico e fisiologico, nell'es<strong>per</strong>ienza pura allora in<strong>di</strong>viduo e ambientenon sono due realtà opposte ma sono elementi <strong>di</strong> un'unica e medesimaes<strong>per</strong>ienza. Quando <strong>di</strong>co <strong>che</strong> io vedo un albero, il mio io e l'albero sono il contenuto<strong>di</strong> un'es<strong>per</strong>ienza un<strong>it</strong>aria, <strong>di</strong> una medesima sensazione: ho la sensazione <strong>di</strong> me stesso<strong>che</strong> ha la sensazione <strong>di</strong> un albero. Nell'es<strong>per</strong>ienza pura dunque non c'è dualismotra il fisico e lo psichico, né vi è <strong>di</strong>stinzione tra cosa pensiero, tra materia e spir<strong>it</strong>o, trares cog<strong>it</strong>ans e res extensa. Neppure si dà la possibil<strong>it</strong>à <strong>di</strong> <strong>di</strong>stinguere, come in Kant,un io dotato <strong>di</strong> forme a priori contrapposto alle cose in sé. Ciò <strong>che</strong> l'analisi ciconsente <strong>di</strong> vedere è semplicemente l'adattamento del sistema nervoso all'ambiente.Il principio <strong>di</strong> economic<strong>it</strong>à del pensiero e il valore pratico <strong>della</strong> conoscenza e<strong>della</strong> scienza.In quanto progressivo adattamento de<strong>gli</strong> in<strong>di</strong>vidui all'ambiente, il principioregolativo <strong>di</strong> ogni es<strong>per</strong>ienza, e quin<strong>di</strong> an<strong>che</strong> del pensiero, è un principio <strong>di</strong>economic<strong>it</strong>à, tendente ad ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo. Tutti ifenomeni tendono alla semplificazione. Perciò, contro i dualismi <strong>della</strong> metafisica, la<strong>filosofia</strong> intesa come cr<strong>it</strong>ica dell'es<strong>per</strong>ienza pura assume il comp<strong>it</strong>o <strong>di</strong> purificarel'ambiente culturale dalle <strong>di</strong>verse visioni del mondo <strong>di</strong> stampo dualistico, fonti <strong>di</strong><strong>per</strong>enni e sterili contrapposizioni <strong>che</strong>, in quanto tali, vanno oltre l'es<strong>per</strong>ienza pura nelsenso <strong>che</strong> sono mere rielaborazioni concettuali.Il principio del minimo sforzo si applica an<strong>che</strong> sul piano gnoseologico: da ciòderiva il valore pratico, più <strong>che</strong> teoretico, sia <strong>della</strong> conoscenza <strong>che</strong> <strong>della</strong> scienza. Iconcetti <strong>della</strong> scienza non riproducono la struttura autentica <strong>della</strong> realtà ma sonopiuttosto strumenti e s<strong>che</strong>mi orientativi <strong>di</strong> carattere pratico-economico.Per il carattere <strong>di</strong>rompente delle sue concezioni Avenarius fu attaccato da tutti edemarginato: Wundt lo accusò <strong>di</strong> materialismo a causa del suo biologismo; Husserl <strong>di</strong>psicologismo e Lenin <strong>di</strong> idealismo. Peraltro Avenarius, in virtù <strong>della</strong> sua teoria55


concernente la funzione biologico-adattativa delle concezioni filosofi<strong>che</strong> del mondo,anticipa in parte la modellistica cibernetica e in parte la teoria generale dei sistemi.6Ernst Mach (1838-1910).Fisico e filosofo austriaco.La crisi <strong>della</strong> concezione meccanicistica newtoniana del mondo fisico, prodotta dallesco<strong>per</strong>te nel campo <strong>della</strong> termo<strong>di</strong>namica (entropia) e dell'elettromagnetismo (la luce èun'onda elettromagnetica) inducono Mach a una cr<strong>it</strong>ica generale, in sensoantipos<strong>it</strong>ivistico, delle teorie scientifi<strong>che</strong>.L'analisi delle sensazioni e la conoscenza scientifica come evento biologico.An<strong>che</strong> Mach, come Avenarius, propone una concezione biologica <strong>della</strong>conoscenza, considerata come progressivo adattamento ai fatti dell'es<strong>per</strong>ienza. PerMach le cose e la natura <strong>di</strong> cui parla la scienza sono ben lontane dalla cosa in sé edalla struttura oggettiva del mondo (da come il mondo è effettivamente cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o).Mach riprende i temi dell'empirismo e r<strong>it</strong>iene <strong>che</strong> la conoscenza sia basata sullesensazioni empiri<strong>che</strong> e sulla ricerca delle relazioni tra <strong>di</strong> esse esistenti, ma rifiutal'idea <strong>che</strong> tali relazioni siano oggettive. An<strong>che</strong> <strong>per</strong> Mach non c'è <strong>di</strong>stinzione, nellesensazioni, tra il fisico, il chimico e lo spir<strong>it</strong>uale bensì continu<strong>it</strong>à. I concetti <strong>di</strong>corpo (le cose fisi<strong>che</strong>) e <strong>di</strong> soggetto pensante (l'io, lo spir<strong>it</strong>o) sono semplici segniconvenzionali <strong>per</strong> in<strong>di</strong>care fasce <strong>di</strong> sensazioni più <strong>per</strong>sistenti. La conoscenza è uncontinuo adattamento all'ambiente fisico e/o culturale (è il nostro modo <strong>di</strong> adattarciall'ambiente), provocato da bisogni biologici derivanti dalle es<strong>per</strong>ienze compiute. Ifatti dell'es<strong>per</strong>ienza sono il fondamento <strong>della</strong> conoscenza ma, contro il pos<strong>it</strong>ivismo,Mach r<strong>it</strong>iene <strong>che</strong> i fatti si risolvono nelle sensazioni: i fatti sono complessi <strong>di</strong>sensazioni (bello, caldo, spiacevole, colorato, eccetera), sensazioni <strong>che</strong>, secondo ilpunto <strong>di</strong> vista, possono essere psichi<strong>che</strong> e contemporaneamente fisi<strong>che</strong> (davanti aduna fonte <strong>di</strong> calore si può avere al tempo stesso la sensazione <strong>di</strong> "piacevole", <strong>che</strong> è <strong>di</strong>carattere psichico e la sensazione <strong>di</strong> "caldo" <strong>che</strong> è <strong>di</strong> carattere fisico). La sensazioneinoltre non è <strong>di</strong> natura esclusivamente in<strong>di</strong>viduale ma altresì è il risultatodell'evoluzione <strong>della</strong> specie.La scienza sorge sempre me<strong>di</strong>ante un processo <strong>di</strong> adattamento delle idee a undeterminato amb<strong>it</strong>o <strong>di</strong> es<strong>per</strong>ienza. Il risultato <strong>di</strong> tale processo sono i pensieri <strong>che</strong>rappresentano l'intero amb<strong>it</strong>o. Se l'amb<strong>it</strong>o <strong>di</strong> es<strong>per</strong>ienza si amplia o si mo<strong>di</strong>fica, <strong>gli</strong>elementi <strong>di</strong> pensiero ab<strong>it</strong>uali, quali ere<strong>di</strong>tati, non sono più sufficienti a rappresentareil nuovo amb<strong>it</strong>o. Sorgono allora i problemi, <strong>che</strong> svaniranno una volta compiuto ilnuovo adattamento, e così via. Il problema è defin<strong>it</strong>o da Mach come il <strong>di</strong>saccordo<strong>che</strong>, quando sorge, si manifesta tra i pensieri e <strong>gli</strong> amb<strong>it</strong>i o settori <strong>di</strong> es<strong>per</strong>ienzaoppure il <strong>di</strong>saccordo tra i pensieri.Di fronte ai problemi tentiamo <strong>di</strong> risolverli attraverso le ipotesi. Le ipotesi formulateci conducono a fare nuove osservazioni e nuove ricer<strong>che</strong> in grado <strong>di</strong> confermare o6


contrad<strong>di</strong>re le ipotesi stesse. Il ruolo delle ipotesi quin<strong>di</strong> è <strong>di</strong> ampliare il nostro settore<strong>di</strong> es<strong>per</strong>ienza <strong>per</strong> ripristinare, nei confronti del problema, l'adattamento al nuovoambiente. L'adattamento dei pensieri nei confronti <strong>di</strong> nuove es<strong>per</strong>ienze èl'osservazione; l'adattamento dei pensieri tra loro è la teoria.Diversamente dal pos<strong>it</strong>ivismo <strong>che</strong> r<strong>it</strong>eneva la scienza capace <strong>di</strong> comprendere lestrutture ultime <strong>della</strong> realtà, <strong>per</strong> Mach ciò <strong>che</strong> la s<strong>per</strong>imentazione e la scienzapossono farci conoscere è solo l'interrelazione o l'in<strong>di</strong>pendenza fra <strong>di</strong> loro deifenomeni osservati. Infatti, quando le scienze sono molto sviluppate sempre piùraramente esse impiegano i concetti <strong>di</strong> causa ed effetto, poiché sono provvisori,incompleti ed imprecisi; ricorrono invece alla nozione <strong>di</strong> funzione <strong>che</strong> <strong>per</strong>mette <strong>di</strong>rappresentare assai me<strong>gli</strong>o le relazioni de<strong>gli</strong> elementi fenomenici tra <strong>di</strong> loro. Oltre alconcetto <strong>di</strong> causa, Mach cr<strong>it</strong>ica an<strong>che</strong> il concetto <strong>di</strong> sostanza: ciò <strong>che</strong> noi chiamiamosostanza o materia non è nient'altro <strong>che</strong> la <strong>per</strong>sistenza <strong>di</strong> un determinato complesso <strong>di</strong>sensazioni.Il carattere <strong>di</strong> economic<strong>it</strong>à <strong>della</strong> conoscenza scientifica.La conoscenza è dunque il progressivo adattamento delle es<strong>per</strong>ienze all'ambiente.Buona parte dell'adattamento avviene <strong>per</strong> l'in<strong>di</strong>viduo in modo inconscio, grazie aipensieri ab<strong>it</strong>uali tramandati dalla specie.An<strong>che</strong> <strong>per</strong> Mac siamo indotti a conseguire l'obiettivo dell'adattamento dellees<strong>per</strong>ienze all'ambiente con il minor sforzo intellettuale; an<strong>che</strong> <strong>per</strong> lui vale quin<strong>di</strong> ilcarattere <strong>di</strong> economic<strong>it</strong>à <strong>della</strong> scienza. Comp<strong>it</strong>o <strong>della</strong> scienza è <strong>di</strong> ricercare ciò <strong>che</strong>è costante nei fenomeni, i loro elementi e le loro interrelazioni me<strong>di</strong>ante descrizionisinteti<strong>che</strong> e generalizzazioni, allo scopo <strong>di</strong> rendere inutili e <strong>di</strong> ev<strong>it</strong>are lo sforzo <strong>di</strong>ricorrere a nuove s<strong>per</strong>imentazioni. Allorché si conosca la <strong>di</strong>pendenza reciproca <strong>di</strong> duefenomeni, l'osservazione <strong>di</strong> uno rende su<strong>per</strong>flua la dell'altro.An<strong>che</strong> il linguaggio è strutturato secondo cr<strong>it</strong>eri <strong>di</strong> economic<strong>it</strong>à. Attraverso illinguaggio noi non riproduciamo mai i fatti nella loro completezza ma solo in queiloro aspetti <strong>che</strong> sono importanti <strong>per</strong> noi.La conoscenza scientifica <strong>della</strong> natura, pur partendo dalle sensazioni, non è dunquedescrizione completa e <strong>per</strong>fetta <strong>di</strong> tutto ciò <strong>che</strong> cost<strong>it</strong>uisce la natura medesima, ma ilrisultato <strong>di</strong> progressive astrazioni <strong>che</strong> nel tempo si sono rivelate utili allasopravvivenza <strong>della</strong> specie umana. Ne consegue <strong>che</strong> an<strong>che</strong> la scienza ha un suoproprio sviluppo storico e <strong>che</strong> il suo valore, più <strong>che</strong> teoretico, è soprattutto <strong>di</strong> pratic<strong>it</strong>àed economic<strong>it</strong>à, cioè <strong>di</strong> risparmio <strong>di</strong> es<strong>per</strong>ienze e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> lavoro.Con Mach si entra nella fase cr<strong>it</strong>ica <strong>della</strong> fisica, <strong>che</strong> rinuncia ad attribuire alle leggivalore assoluto bensì, più semplicemente, <strong>di</strong> strumento <strong>di</strong> previsione. Gli sviluppisaranno la teoria <strong>della</strong> relativ<strong>it</strong>à e la meccanica quantistica. In ultima analisi, sigiunge alla consapevolezza dell'impossibil<strong>it</strong>à <strong>di</strong> elaborare una scienza fisica unificatabasata sulla meccanica.77


8Henri Poincaré (1854-1912) e il convenzionalismo.Per convenzionalismo <strong>della</strong> scienza si intende quella concezione secondo cui lespiegazioni scientifi<strong>che</strong> dei fenomeni non corrispondono con sicura certezza allaeffettiva realtà e ai mo<strong>di</strong> in cui i fenomeni stessi accadono, ma sono sempliciconvenzioni adottate dalla comun<strong>it</strong>à scientifica, vale a <strong>di</strong>re ipotesi e s<strong>che</strong>miorientativi aventi vali<strong>di</strong>tà pratica più <strong>che</strong> teorica e mantenuti fintanto <strong>che</strong> appaionoutili.Eduard Le Roy (1870-1954), spir<strong>it</strong>ualista legato al modernismo, fu sosten<strong>it</strong>ore <strong>di</strong> unconvenzionalismo esas<strong>per</strong>ato nella teoria <strong>della</strong> scienza, asserendo <strong>che</strong> leggi eteorie scientifi<strong>che</strong> hanno carattere essenzialmente convenzionale, tanto <strong>che</strong> è vanaogni loro verifica o controllo <strong>per</strong> accertarne una presunta oggettiv<strong>it</strong>à. Larappresentazione <strong>di</strong> qualsiasi fatto scientifico è filtrata da<strong>gli</strong> s<strong>che</strong>mi metodologiciutilizzati dallo scienziato ed è <strong>per</strong>ciò <strong>di</strong> natura più soggettiva <strong>che</strong> oggettiva.Contro tale convenzionalismo estremo Poincaré (matematico francese) ha propostoun convenzionalismo più moderato. Riconosce cioè l'aspetto convenzionale <strong>della</strong>scienza ma <strong>di</strong>fende an<strong>che</strong> il carattere oggettivo e conosc<strong>it</strong>ivo delle teorie scientifi<strong>che</strong>.Per Le Roy, scrive Poincaré, la scienza non è <strong>che</strong> una regola d'azione allo stessomodo delle regole del gioco. Ma la scienza, risponde Poincaré, è una regolad'azione <strong>che</strong> funziona, almeno in linea generale, mentre la regola contraria nonrisulterebbe funzionante, cosa invece possibile nelle regole <strong>di</strong> gioco. Pertanto se leregole d'azione <strong>della</strong> scienza generalmente funzionano, vuol <strong>di</strong>re <strong>che</strong> qualcosa ineffetti si conosce e <strong>che</strong> dunque non è vero <strong>che</strong> non si può conoscere nulla. Lascienza può fare previsioni e proprio <strong>per</strong> questo può essere utile e servire comeregola d'azione, mentre non vale il contrario se fosse pura convenzione. Contestal'affermazione <strong>di</strong> Le Roy secondo cui è lo scienziato <strong>che</strong> crea il fatto precisando <strong>che</strong>,se è vero <strong>che</strong> lo scienziato crea "il fatto scientifico" attraverso il linguaggio <strong>della</strong>scienza, ossia me<strong>di</strong>ante le proposizioni scientifi<strong>che</strong> nelle quali lo enuncia, tuttavia loscienziato non crea i fatti bruti. I fatti bruti esistono e lo scienziato fa <strong>di</strong>ventare fattiscientifici alcuni <strong>di</strong> essi, pur dovendo riconoscere <strong>che</strong> è lo scienziato <strong>che</strong> sce<strong>gli</strong>equali fatti mer<strong>it</strong>ano <strong>di</strong> essere osservati, in particolare quelli <strong>che</strong> possono essere <strong>di</strong>aiuto a pre<strong>di</strong>rne altri o a confermare una legge. Altrettanto, è vero <strong>che</strong> ogni legge èsolo una generalizzazioni, cioè un'ipotesi, ma è an<strong>che</strong> vero <strong>che</strong> l'ipotesi vasottoposta a verifica s<strong>per</strong>imentale.Le scienze s<strong>per</strong>imentali sono solo parzialmente convenzionali: la parte nonconvenzionale è cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>a dai fatti bruti <strong>che</strong> co<strong>gli</strong>amo attraverso i sensi; la parteconvenzionale è invece cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>a dalle teorie e dalle formule attraverso cui si mira adesprimere una serie <strong>di</strong> fenomeni tram<strong>it</strong>e una legge generale. Poincaré definisce lalegge scientifica come la traduzione del fatto bruto in un linguaggio "comodo".L'intento delle scienze s<strong>per</strong>imentali è <strong>di</strong> fornire un'interpretazione dei fenomenila più economica possibile, tendendo ad inquadrare i fatti bruti nel minor numeropossibile <strong>di</strong> leggi. Ne è un esempio la teoria co<strong>per</strong>nicana rispetto a quella tolemaica.An<strong>che</strong> quest'ultima era in grado <strong>di</strong> spiegare i fenomeni celesti, <strong>per</strong>ò ricorrendo ad unenorme armamentario <strong>di</strong> leggi, sottoleggi ed eccezioni alle leggi. La teoria8


co<strong>per</strong>nicana-newtoniana invece funziona altrettanto bene servendosi <strong>di</strong> due soleleggi: la grav<strong>it</strong>azione universale e il principio <strong>di</strong> inerzia. Più <strong>che</strong> vere o false le leggiscientifi<strong>che</strong> sono comode o scomode.Poincaré è invece più marcatamente convenzionalista nei confronti <strong>della</strong>matematica e dei suoi assiomi e postulati. Rifiuta l'opinione secondo cui lamatematica avrebbe origine dall'es<strong>per</strong>ienza, ravvisandone piuttosto l'originenell'intuizione. In particolare, dopo la sco<strong>per</strong>ta delle geometrie non euclidee si ponevail problema <strong>della</strong> natura dello spazio fisico, se cioè esso abbia una struttura euclidea onon euclidea. Poincaré risponde <strong>che</strong> <strong>gli</strong> assiomi geometrici non sono né giu<strong>di</strong>zisintetici a priori né fatti s<strong>per</strong>imentali, ma sono convenzioni. Pertanto non ha sensointerrogarsi se la geometria euclidea è più vera o meno <strong>di</strong> quella non euclidea: lageometria e la matematica possono essere solamente più o meno comode.L'epistemologia contemporanea, inaugurata dall'empiriocr<strong>it</strong>icismo, segna la fine delloscientismo (scienza intesa come ver<strong>it</strong>à in<strong>di</strong>scutibile, dogmatica) pos<strong>it</strong>ivista e <strong>di</strong> unapresunta ver<strong>it</strong>à assoluta delle scienze fisico-matemati<strong>che</strong>.99


10IL NEOPOSITIVISMO E IL CIRCOLO DI VIENNA.Il neopos<strong>it</strong>ivismo, o empirismo logico o pos<strong>it</strong>ivismo logico, è un in<strong>di</strong>rizzoepistemologico secondo cui la conoscenza si fonda essenzialmente sulla scienza. Hainoltre teorizzato l'un<strong>it</strong>à metodologica del sa<strong>per</strong>e, basata su principi e procedurederivanti dalla matematica, dalla logica e dalla fisica. È sorto a Vienna ne<strong>gli</strong> anniventi del Novecento, da cui la denominazione de "Il circolo <strong>di</strong> Vienna", in<strong>di</strong>canteun'associazione <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>osi i cui principali esponenti sono stati Schlick, Neurath eCarnap. An<strong>che</strong> a Berlino, nel 1928, sorge un circolo analogo, chiamato "Società<strong>per</strong> la <strong>filosofia</strong> empirica", fondato da Rei<strong>che</strong>nbach e <strong>che</strong> ha avuto come esponentilo psicologo Kurt Lewin, il matematico ed epistemologo von Mises e il filosofoGustav Hempel.Vienna cost<strong>it</strong>uiva un terreno particolarmente adatto allo sviluppo del neopos<strong>it</strong>ivismo,<strong>per</strong> il prevalente orientamento liberale dell'epoca ed inoltre <strong>per</strong>ché l'Univers<strong>it</strong>à <strong>di</strong>Vienna, a causa dell'influenza <strong>della</strong> Chiesa cattolica, si era mantenuta immunedall'idealismo e più vicina alla tra<strong>di</strong>zione scolastica me<strong>di</strong>evale. In tal senso lamental<strong>it</strong>à scolastica ha preparato la base <strong>per</strong> l'approccio logico alle questionifilosofi<strong>che</strong>.Dopo l'ascesa al potere del nazismo e l'annessione dell'Austria alla Germania, ilCircolo <strong>di</strong> Vienna cessa la propria attiv<strong>it</strong>à e molti esponenti emigrano ne<strong>gli</strong> StatiUn<strong>it</strong>i, dove si incontrano fruttuosamente col pragmatismo americano e con i logici edepistemologi americani come Morris, Nagel e Quine.Nel 1929 viene pubblicato il manifesto programmatico del Circolo: "La concezionescientifica del mondo", scr<strong>it</strong>to da Hahen, Neurath e Carnap. Scopo <strong>di</strong>chiarato eraquello dell'unificazione delle varie scienze attraverso la creazione <strong>di</strong> unlinguaggio comune e <strong>di</strong> un unico complessivo metodo scientifico. Ciò hacomportato la ricerca <strong>di</strong> un linguaggio capace <strong>di</strong> fare riferimento alla realtà dei fatti(a<strong>gli</strong> stati <strong>di</strong> cose) secondo regole logi<strong>che</strong>, ossia la ricerca <strong>di</strong> un linguaggio logicoprivo delle ambigu<strong>it</strong>à e im<strong>per</strong>fezioni del linguaggio or<strong>di</strong>nario. Da Mach e dal suoconcetto <strong>di</strong> fatto e <strong>di</strong> sensazione i neopos<strong>it</strong>ivisti derivano l'impronta realistica ed antiessenzialistica(i fatti sono fasce <strong>di</strong> sensazioni e non sono in<strong>di</strong>viduabili essenzesottostanti), mentre da Frege, da Peano, dalla <strong>filosofia</strong> del linguaggio, dal primoW<strong>it</strong>tgenstein e da Russell derivano il loro logicismo, cioè le basi logi<strong>che</strong>.La tesi <strong>di</strong> fondo del neopos<strong>it</strong>ivismo è <strong>che</strong>, dato un qualunque problema, unarigorosa analisi logica del linguaggio usato <strong>per</strong> esporlo, previa trasformazione delleproposizioni del linguaggio or<strong>di</strong>nario in enunciati logici (enunciato= proposizionecon cui si afferma o si nega qualcosa), <strong>per</strong>mette <strong>di</strong> <strong>di</strong>stinguere un enunciatoscientificamente significativo da uno privo <strong>di</strong> senso, in<strong>di</strong>viduando chiaramente sia iriferimenti <strong>di</strong>retti all'es<strong>per</strong>ienza sia la coerenza delle connessioni (collegamenti)logi<strong>che</strong> nelle proposizioni e tra <strong>di</strong> esse.Con riguardo alla metafisica e secondo il proce<strong>di</strong>mento sopra descr<strong>it</strong>to, leproposizioni metafisi<strong>che</strong> e teologi<strong>che</strong> risultano allora prive <strong>di</strong> qualsiasiriferimento a stati <strong>di</strong> cose, ossia a fatti es<strong>per</strong>ibili (suscettibili <strong>di</strong> es<strong>per</strong>ienza), <strong>per</strong> cuiesse non possono nemmeno essere giu<strong>di</strong>cate false ma semplicemente prive <strong>di</strong>10


senso. Il senso <strong>di</strong> una proposizione, <strong>di</strong>rà Schlick, è il metodo <strong>della</strong> sua verifica; epoiché le proposizioni metafisi<strong>che</strong> e teologi<strong>che</strong> non possono essere verificate essesono <strong>di</strong> conseguenza insensate. Per il neopos<strong>it</strong>ivismo la metafisica non ha dunquevalore conosc<strong>it</strong>ivo; vale semmai come espressione <strong>di</strong> stati d'animo e <strong>di</strong> sentimenti <strong>di</strong>fronte alla v<strong>it</strong>a, sentimenti <strong>che</strong> trovano <strong>per</strong>ò, secondo i neopos<strong>it</strong>ivisti, più adeguataespressione in un'o<strong>per</strong>a d'arte anziché in una esposizione teorica.An<strong>che</strong> Kant aveva <strong>di</strong>mostrato <strong>che</strong> la pretesa <strong>della</strong> metafisica <strong>di</strong> trascendere (su<strong>per</strong>are)il mondo fenomenico è pura illusione. I neopos<strong>it</strong>ivisti si spingono oltre, affermando<strong>che</strong> la metafisica non ha nemmeno senso alcuno, in quanto pretende <strong>di</strong> definire conlinguaggio <strong>che</strong> vorrebbe essere scientifico qualcosa <strong>che</strong> nulla ha in comune con lascienza <strong>per</strong>ché non verificabile.Nel neopos<strong>it</strong>ivismo fondamentale è il principio <strong>di</strong> verificazione: un enunciato èsignificativo (ha valore scientifico) solo se è possibile verificarlo, ossia se sonoconosciute o rese note quali osservazioni possono condurre, sotto certe con<strong>di</strong>zioniempiri<strong>che</strong> e logi<strong>che</strong>, ad accettare la proposizione enunciata come vera o a rifiutarlacome falsa. Si parla <strong>di</strong> significato e non <strong>di</strong> ver<strong>it</strong>à <strong>di</strong> un enunciato <strong>per</strong>ché esso non è unfatto ma è una proposizione linguistica.La <strong>filosofia</strong> <strong>per</strong>tanto assume il ruolo <strong>di</strong> attiv<strong>it</strong>à chiarificatrice basata sull'analisidel linguaggio, come affermato altresì da W<strong>it</strong>tgenstein; la <strong>filosofia</strong> non è cioè una<strong>di</strong>sciplina produttrice <strong>di</strong> conoscenza (solo la scienza consente <strong>di</strong> conoscere), ma è unostrumento in grado <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare le proposizioni scientificamente sensate da quelle<strong>che</strong> non lo sono.Per i neopos<strong>it</strong>ivisti la realtà non ha nulla <strong>di</strong> profondo e misterioso: non ci sonoessenze e sostanze. Perciò non vi è necess<strong>it</strong>à alcuna <strong>di</strong> una metafisica, <strong>di</strong> categorie apriori, <strong>di</strong> una fenomenologia o altro. Il mondo reale può essere integralmenteconosciuto qualora venga concep<strong>it</strong>o come insieme <strong>di</strong> fatti <strong>che</strong> siano <strong>di</strong>rettamenteosservabili in modo empirico e verificabili secondo determinate procedure logi<strong>che</strong>,oppure <strong>che</strong> siano comunque riconducibili a tali fatti attraverso rigorose connessionilogi<strong>che</strong> anch'esse controllabili (concezione logico-fisica del mondo).11Mor<strong>it</strong>z Schlick (1882-1936) e il principio <strong>di</strong> verificazione.L'orientamento <strong>di</strong> Schlick è prevalentemente <strong>di</strong> tipo realistico (c'è una serie <strong>di</strong> fattioggettivi e un linguaggio <strong>che</strong> cerca <strong>di</strong> esprimerli). E<strong>gli</strong> si propone <strong>di</strong> fondare lascienza sulla <strong>di</strong>stinzione tra un conoscere soggettivo-intu<strong>it</strong>ivo e un riconoscereobiettivo-concettuale, ma sempre rifer<strong>it</strong>o a dati empirici: "le con<strong>di</strong>zioni in cui unaproposizione è vera vanno trovate nel dato".Successivamente mo<strong>di</strong>fica in senso meno realistico la sua posizione: al dato vieneattribu<strong>it</strong>a una funzione significante <strong>che</strong> tuttavia non appare più esclusivamentefondata sul piano empirico in quanto, si convince Schlick, noi es<strong>per</strong>iamo dati defin<strong>it</strong>isolo attraverso le "nostre" regole logico-linguisti<strong>che</strong>. Da qui la necess<strong>it</strong>à <strong>di</strong>in<strong>di</strong>viduare un cr<strong>it</strong>erio in grado <strong>di</strong> stabilire il significato <strong>di</strong> un enunciato(principio <strong>di</strong> verificazione), senza ricorrere a ipotesi e postulati metafisici. Per11


Schlick stabilire il significato <strong>di</strong> un enunciato vuol <strong>di</strong>re stabilire la maniera in cuiesso può essere verificato: il significato <strong>di</strong> una proposizione è il metodo <strong>della</strong> suaverifica". Due sono i mo<strong>di</strong> in base a cui trovare il senso <strong>di</strong> una proposizione e quin<strong>di</strong>verificarla:1. scomporre la proposizione attraverso l'introduzione <strong>di</strong> definizioni particolarisuccessive finché, da ultimo, ci troveremo <strong>di</strong> fronte a parole <strong>che</strong> non potrannovenir ulteriormente defin<strong>it</strong>e con altre parole ed il cui significato potrà alloraessere <strong>di</strong>rettamente mostrato (funzione ostensiva);2. scomporre la proposizione sino a giungere a<strong>gli</strong> assiomi o postulati <strong>di</strong> base.La verificabil<strong>it</strong>à <strong>di</strong> una proposizione non è necessariamente una verificabil<strong>it</strong>à <strong>di</strong> fattobensì <strong>di</strong> principio, nel senso <strong>che</strong> non necess<strong>it</strong>a <strong>di</strong> essere sempre verificata ma devepoterlo essere quando si intenda farlo.Per la sua impostazione realistica Schlick non concorda con quella piùconvenzionalistica <strong>di</strong> Neurath, e in parte an<strong>che</strong> <strong>di</strong> Carnap, <strong>di</strong> consideraresemplicemente valido ogni linguaggio non contrad<strong>di</strong>ttorio sotto il profilo logico; ciònon è sufficiente <strong>per</strong> fare scienza ribatte Schlick: an<strong>che</strong> una favola ben congegnatapuò essere non contrad<strong>di</strong>ttoria ma senza <strong>che</strong> <strong>per</strong> questo possa essere r<strong>it</strong>enutascientifica.12Otto Neurath (1882-1945) e il fisicalismo.Neurath si colloca su posizione opposta al realismo <strong>di</strong> Schlick, sostenendo unnominalismo ra<strong>di</strong>cale, tale da ridurre la scienza a puro linguaggio senza riferimento,o quanto meno con un riferimento trascurabile, al dato <strong>di</strong> fatto empirico esterno allinguaggio medesimo. Per Neurath soltanto nel linguaggio e non nel rapporto tralinguaggio e mondo (la realtà fisica concreta) avvengono tutte le costruzioni teori<strong>che</strong><strong>della</strong> scienza (panlinguismo= tutto è solo linguaggio). Il linguaggio infatti, prosegueNeurath, risulta insu<strong>per</strong>abile: non si può uscire dal linguaggio <strong>per</strong>ché non si puògiu<strong>di</strong>care una proposizione, un enunciato, se non formulando un'altra proposizione.Conseguentemente, il principio <strong>di</strong> verificazione consiste <strong>per</strong> Neurath soprattuttonella verifica <strong>della</strong> coerenza logica de<strong>gli</strong> enunciati fra <strong>di</strong> loro più <strong>che</strong> nelconfronto tra enunciati e realtà. La possibil<strong>it</strong>à <strong>di</strong> stabilire una corrispondenza traproposizioni e realtà viene giu<strong>di</strong>cata un'affermazione metafisica <strong>per</strong>ché nonverificabile: qualunque verifica infatti dovrebbe tradursi essa stessa in terminilinguistici.Del resto, <strong>di</strong>ce Neurath, il contatto con la realtà è minimo, trascurabile e comunquemai <strong>di</strong>retto. La stessa sensazione <strong>di</strong> Mach, <strong>gli</strong> stati <strong>di</strong> cose o fatti <strong>di</strong> W<strong>it</strong>tgenstein, ifatti atomici <strong>di</strong> Russell, l'es<strong>per</strong>ienza vissuta <strong>di</strong> Carnap sono un modo soggettivo <strong>di</strong><strong>per</strong>cepire la realtà: <strong>per</strong> essere descr<strong>it</strong>ti devono tradursi in linguaggio. An<strong>che</strong> Mach<strong>di</strong>ceva <strong>che</strong> le sensazioni, cioè i dati fisici fattuali imme<strong>di</strong>ati, non sono esclusivamenteriferibili all'oggetto <strong>per</strong>ché tra fisico e psichico (soggettivo) non c'è separazione macontinu<strong>it</strong>à.12


Però, se i dati dell'es<strong>per</strong>ienza sono mo<strong>di</strong> del tutto soggettivi <strong>di</strong> vedere e sentire larealtà, il rischio allora è quello dello solipsismo: ognuno, isolato da<strong>gli</strong> altri, sente evede una sua propria realtà in mo<strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenti e con accentuazioni <strong>di</strong>verse; ognunoresta chiuso in se stesso nel suo contatto con la realtà. Per ev<strong>it</strong>are questo <strong>per</strong>icoloNeurath sviluppa la concezione cosiddetta "fisicalista". Per fisicalismo si intendequell'in<strong>di</strong>rizzo volto a ricondurre tutti i linguaggi al linguaggio <strong>della</strong> fisica, r<strong>it</strong>enutoquello più valido <strong>per</strong>ché pubblico, intersoggettivo, universale e <strong>per</strong>tantoantisolipsistico. Il fisicalismo, appunto, ha come scopo sia <strong>di</strong> impe<strong>di</strong>re nella scienzaaffermazioni <strong>di</strong> tipo metafisico, ossia prive <strong>di</strong> senso, sia <strong>di</strong> su<strong>per</strong>are il <strong>per</strong>icolo delsolipsismo e soggettivismo. Nella scienza sono accettabili solamente osservazioniformulate in termini fisici o comunque ad essi riconducibili. Il sistema <strong>per</strong>trasformare tutte le proposizioni nel linguaggio fisicalista consiste nel ridurle aproposizioni protocollari, cioè a protocolli. I protocolli non sono le sensazioni in sestesse ma le proposizioni con cui le sensazioni vengono espresse, tenuto conto <strong>che</strong>esse sono espresse <strong>per</strong>ò in termini fisici, private cioè <strong>di</strong> ogni enunciato soggettivo,riducendo ad esempio la proposizione del linguaggio or<strong>di</strong>nario "sento freddo" nellaproposizione protocollare "in un determinato punto spazio-temporale la tem<strong>per</strong>atura è<strong>di</strong> x gra<strong>di</strong>".Le proposizioni protocollari <strong>di</strong> Neurath si contrappongono alle proposizioniosservative, ostensive, sostenute invece da Schlick a motivo del suo realismo. Mentrele proposizioni protocollari stanno <strong>per</strong> Neurath alla base del principio <strong>di</strong>verificazione, <strong>per</strong> Schlick invece lo strumento del principio <strong>di</strong> verificazione ècost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o dalle proposizioni osservative. Queste infatti, a <strong>di</strong>fferenza delleproposizioni protocollari, non sono passibili <strong>di</strong> ulteriore trascrizione o riduzione masono pure e semplici constatazioni <strong>di</strong> dati elementari non ulteriormente riducibili;sono cioè osservazioni imme<strong>di</strong>ate <strong>che</strong> verificano le ipotesi confermandole osmentendole.L'impossibil<strong>it</strong>à <strong>di</strong> stabilire una corrispondenza tra linguaggio e realtà nonconduce tuttavia Neurath a negare la realtà concreta. Per Neurath l'uomo èfondamentalmente un essere fisico concreto e reale, come altresì concreto e reale è<strong>per</strong> Neurath an<strong>che</strong> il linguaggio. Il linguaggio, e<strong>gli</strong> prosegue è un fatto fisico, anzilinguaggio e realtà coincidono, essendo il linguaggio il modo in cui la realtà èespressa e raffigurata. La realtà è la total<strong>it</strong>à delle proposizioni. In tale maniera tuttaviaNeurath valorizza soltanto la <strong>di</strong>mensione sintattica del linguaggio, concernente irapporti tra le proposizioni, a scap<strong>it</strong>o <strong>della</strong> <strong>di</strong>mensione semantica, concernente il lorosignificato. Da ciò la conseguente concezione <strong>della</strong> ver<strong>it</strong>à come coerenza (ossia comenon contrad<strong>di</strong>zione) interna al <strong>di</strong>s<strong>corso</strong> anziché come corrispondenza tra il <strong>di</strong>s<strong>corso</strong> ei fatti <strong>della</strong> realtà esterna.Coerentemente con la teoria del fisicalismo, Neurath respinge la <strong>di</strong>stinzione trascienze <strong>della</strong> natura e scienze dello spir<strong>it</strong>o: sia le une <strong>che</strong> le altre possono e devonoessere formulate in termini fisici. Tant'è vero <strong>che</strong> abbraccia con entusiasmo ilcomportamentismo psicologico, <strong>che</strong> riduce l'in<strong>di</strong>viduo a risultante <strong>di</strong> un sistemafisico <strong>di</strong> interazione "stimolo-risposta".1313


Sempre sulla base del fisicalismo Neurath <strong>per</strong>segue l'ambizioso obiettivo, comune alCircolo <strong>di</strong> Vienna, <strong>di</strong> unificare tutte le scienze in un medesimo linguaggio, <strong>per</strong>giungere così all'un<strong>it</strong>à del sa<strong>per</strong>e grazie alla riduzione <strong>di</strong> tutti i linguaggi, an<strong>che</strong>delle scienze umane e sociali, a quello <strong>della</strong> fisica (sociologia fisicalista). Così lasociologia è riducibile alla psicologia, la psicologia alla biologia, la biologia allachimica e la chimica alla fisica. Questo progetto è stato sviluppato da Carnap ma èstato avviato proprio da Neurath, il quale talvolta dà l'impressione <strong>di</strong> concepirel'unificazione <strong>della</strong> scienza in termini ad<strong>di</strong>r<strong>it</strong>tura sostanziali, mentre altre volte, piùcautamente, in termini soltanto metodologici.Conformemente al principio <strong>di</strong> un<strong>it</strong>arietà <strong>della</strong> scienza, Neurath nega l'esistenza<strong>di</strong> <strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong> causal<strong>it</strong>à (causa materiale, causa formale, causa efficiente, causafinale, come in Aristotele). Kantianamente asserisce <strong>che</strong> in tutte le scienze ilproce<strong>di</strong>mento è lo stesso, un proce<strong>di</strong>mento <strong>che</strong> la fisica ha espresso e reso rigoroso almassimo grado con un esclusivo ri<strong>corso</strong> alla causa efficiente.14Rudolf Carnap (1891-1970).Carnap è il maggior esponente del neopos<strong>it</strong>ivismo. Quattro sono i principali temidel suo pensiero: la cr<strong>it</strong>ica <strong>della</strong> metafisica; l'un<strong>it</strong>à del sa<strong>per</strong>e e <strong>della</strong> scienzaattraverso il riduzionismo e il fisicalismo; la "liberalizzazione" del neopos<strong>it</strong>ivismo e ilriesame del principio <strong>di</strong> verificazione; la sintassi logica.Poiché il senso <strong>di</strong> una proposizione sta nel metodo <strong>della</strong> sua verifica, attraversol'analisi logica si può mostrare l'insensatezza <strong>di</strong> qualunque proposizione <strong>che</strong>, comequelle <strong>della</strong> metafisica, vo<strong>gli</strong>a co<strong>gli</strong>ere qualcosa <strong>che</strong> trascenda l'es<strong>per</strong>ienza,risultando <strong>per</strong>ciò non verificabile. Nell'o<strong>per</strong>a "Che cos'è la metafisica" Carnapspiega <strong>che</strong> le proposizioni <strong>della</strong> metafisica sono pseudoproposizioni non tanto inrelazione al significato delle parole impiegate, ma <strong>per</strong>ché costru<strong>it</strong>e in modosintatticamente scorretto, attribuendo a certi oggetti pre<strong>di</strong>cati <strong>che</strong> non possono avere.È il caso <strong>della</strong> parola "nulla", <strong>che</strong> <strong>per</strong> Carnap non è, come <strong>per</strong> Heidegger, il nome <strong>di</strong>qualcosa, il pre<strong>di</strong>cato <strong>di</strong> un oggetto come <strong>per</strong> i metafisici, ma è una proposizioneesistenziale negativa, <strong>che</strong> cioè afferma l'inesistenza <strong>di</strong> qualcosa. Infatti, la banalefrase "fuori non c'è nulla" non equivale ad affermare l'esistenza del nulla ma equivaleall'affermazione, logicamente più corretta, "non esiste qualcosa <strong>che</strong> sia fuori". Unerrore comune e fondamentale delle teorie metafisi<strong>che</strong> risulta l'uso <strong>della</strong> parola"essere", parola <strong>che</strong> nel linguaggio or<strong>di</strong>nario viene usata sia come copula, cioè comecongiunzione verbale (il libro è sul tavolo, in cui il verbo essere è usato comepre<strong>di</strong>cato <strong>per</strong> in<strong>di</strong>care proprietà) oppure viene usata in significato esistenziale, comepre<strong>di</strong>cato esistenziale <strong>che</strong> afferma il sussistere <strong>di</strong> qualcosa (c'è un libro sul tavolo).Ma an<strong>che</strong> in quest'ultimo caso l'analisi logica ci mostra <strong>che</strong> la frase non affermaaffatto l'esistenza <strong>della</strong> cosa in sé, ma <strong>di</strong> qualcosa <strong>che</strong> ha la proprietà <strong>di</strong> "essere sultavolo", riconducendo quin<strong>di</strong> al significato copulativo. Per Carnap l'esistenza puòessere asser<strong>it</strong>a solo in connessione ad un pre<strong>di</strong>cato e non ad un singolo nome:14


non posso <strong>di</strong>re "A esiste" ma posso <strong>di</strong>re "esiste un A tale <strong>che</strong> possiede la proprietà P".Quin<strong>di</strong>, l'essere in sé non esiste: è una proposizione insensata, una pseudoproposizione.L'analisi logica rivela non soltanto l'insensatezza delle teorie metafisi<strong>che</strong>, ma an<strong>che</strong> <strong>di</strong>ogni teoria <strong>che</strong> pretenda <strong>di</strong> co<strong>gli</strong>ere, attraverso la sola ragione, qualcosa <strong>che</strong> vadaoltre l'es<strong>per</strong>ienza, come ad esempio nel caso dell'etica, poiché i valori etici (buono,bello, giusto) non possono essere verificati o dedotti dall'es<strong>per</strong>ienza. Per Carnap,come in W<strong>it</strong>tgenstein, an<strong>che</strong> le espressioni eti<strong>che</strong> non hanno valore conosc<strong>it</strong>ivopoiché sono soltanto frutto <strong>di</strong> sentimenti: svolgono l'importante funzione <strong>di</strong> esprimereil nostro atteggiamento verso la v<strong>it</strong>a e <strong>di</strong> susc<strong>it</strong>are altri sentimenti e volizioni <strong>che</strong>spingono all'azione, ma non possiedono vali<strong>di</strong>tà teoretica.Carnap ha creduto a lungo nel principio dell'un<strong>it</strong>à del sa<strong>per</strong>e, obiettivoconsiderato realizzabile attraverso la procedura del riduzionismo, vale a <strong>di</strong>reattraverso la possibil<strong>it</strong>à <strong>di</strong> ridurre i concetti <strong>di</strong> tutte le scienze ad alcuni pochi efondamentali concetti comuni. An<strong>che</strong> Carnap r<strong>it</strong>iene il linguaggio <strong>della</strong> fisica comequello più valido e rigoroso dal punto <strong>di</strong> vista scientifico, <strong>per</strong>ché privo <strong>di</strong> ambigu<strong>it</strong>à e<strong>di</strong> elementi qual<strong>it</strong>ativi e <strong>per</strong>ché intersoggettivo e universale. I linguaggi <strong>di</strong> tutte levarie <strong>di</strong>scipline si possono ricondurre al linguaggio <strong>della</strong> fisica poiché ognienunciato è traducibile in termini <strong>di</strong> fisicalismo. È questo un atteggiamento <strong>che</strong>Carnap ha defin<strong>it</strong>o <strong>di</strong> "materialismo meto<strong>di</strong>co".In tal senso Carnap, utilizzando an<strong>che</strong> le sofisticate teorie logi<strong>che</strong> <strong>di</strong> Russell eWh<strong>it</strong>ehead, cerca <strong>di</strong> elaborare un sistema <strong>di</strong> pochi concetti fondamentali e un<strong>it</strong>ariin grado <strong>di</strong> spiegare scientificamente il mondo e, con ciò stesso, <strong>di</strong> fondarlo egiustificarlo. Tali concetti non devono essere scollegati ma essere invecegradualmente derivati dalle classi <strong>di</strong> oggetti più elevate fino alla classe de<strong>gli</strong> oggetti<strong>di</strong> base. Costruisce così un albero genealogico dei concetti, una piramideepistemologica, in cui le classi <strong>di</strong> oggetti su<strong>per</strong>iori sono presupposte da quelleinferiori:1. <strong>gli</strong> oggetti spir<strong>it</strong>uali, cioè i valori quali l'arte, la religione, la morale;2. <strong>gli</strong> oggetti psichici altrui, cioè le es<strong>per</strong>ienze de<strong>gli</strong> altri uomini, da essicomunicate o in<strong>di</strong>rettamente comprese <strong>per</strong> simil<strong>it</strong>u<strong>di</strong>ne;3. <strong>gli</strong> oggetti fisici, cioè i dati <strong>della</strong> scienza;4. <strong>gli</strong> oggetti psichici propri, cioè le es<strong>per</strong>ienze imme<strong>di</strong>ate del nostro vissutoquoti<strong>di</strong>ano.La costruzione del sistema <strong>di</strong> unificazione del sa<strong>per</strong>e conduce Carnap ad affrontare laquestione del rapporto e corrispondenza tra linguaggio e mondo, cioè tralinguaggio e realtà, assumendo una posizione interme<strong>di</strong>a tra il realismo <strong>di</strong> Schlicke il nominalismo <strong>di</strong> Neurath. Per Carnap i concetti/oggetti fondamentali <strong>della</strong>scienza vengono ricavati da certi dati originali ed elementari, <strong>che</strong> e<strong>gli</strong> chiama"es<strong>per</strong>ienze vissute elementari", <strong>che</strong> non sono <strong>di</strong>rettamente <strong>di</strong> natura logica, come<strong>per</strong> Neurath, né <strong>di</strong>rettamente realistico-fattuali, come <strong>per</strong> Schlick e come lesensazioni in Mach, ma <strong>che</strong> sono comunque extralinguisti<strong>che</strong>, extralogi<strong>che</strong> e <strong>che</strong>hanno una base psicologica, <strong>per</strong> cui la realtà non è mai colta <strong>di</strong>rettamente ma èfiltrata dalla psi<strong>che</strong> in<strong>di</strong>viduale. Per Carnap le sensazioni <strong>di</strong> Mach non sono1515


<strong>di</strong>rettamente dati o fatti oggettivi ma già in origine sono astrazioni da dati: <strong>per</strong>ciòparla <strong>di</strong> "es<strong>per</strong>ienze vissute elementari". Le es<strong>per</strong>ienze vissute elementari sono <strong>per</strong>Carnap sufficientemente neutre (cioè né fisi<strong>che</strong> né psichi<strong>che</strong> o completamentepsicologi<strong>che</strong>), tali da consentire fra <strong>di</strong> esse relazioni fondamentali oggettive a partiredalle quali, attraverso l'uso dei protocolli (cioè attraverso la riduzione delleproposizioni <strong>che</strong> esprimono le es<strong>per</strong>ienze vissute a proposizioni tradotte in terminifisici) e tram<strong>it</strong>e l'impiego delle regole logi<strong>che</strong> dell'inferenza e <strong>della</strong> coerenteconnessione tra le proposizioni protocollari, <strong>di</strong>venta possibile la ricostruzionescientifica <strong>della</strong> conoscenza. Quale relazione fondamentale tra le es<strong>per</strong>ienzeelementari vissute Carnap considera soprattutto quella del "ricordo <strong>di</strong> somi<strong>gli</strong>anza",in base a cui due es<strong>per</strong>ienze sono riconosciute parzialmente simili <strong>per</strong> mezzo delconfronto tra una <strong>di</strong> esse e il ricordo dell'altra. Quin<strong>di</strong> si possono ricavare dellecostanti sufficientemente oggettive, traducibili in protocolli intersoggettivi,comprensibili cioè non solo dal soggetto senziente ma an<strong>che</strong> da<strong>gli</strong> altri. In tal modo èpossibile, secondo Carnap, ricostruire il mondo psichico e fisico in<strong>di</strong>pendentementedai concetti <strong>di</strong> sostanza e <strong>di</strong> causa. Lo stesso concetto <strong>di</strong> essenza viene r<strong>it</strong>radotto esemplicemente inteso come il significato <strong>della</strong> parola <strong>che</strong> in<strong>di</strong>ca l'oggetto. Cosicchél'io non è un'essenza ma soltanto la classe (il luogo) delle es<strong>per</strong>ienze elementari.L'unificazione del sa<strong>per</strong>e è intesa da Carnap an<strong>che</strong> come obiettivo dacontrapporre all'immagine <strong>di</strong> una realtà <strong>di</strong>s<strong>per</strong>sa, caotica e incoerente qualedelineata dalle filosofie irrazionalisti<strong>che</strong>, dalla <strong>filosofia</strong> dell'azione edall'esistenzialismo. Raggiungendo l'unificazione del sa<strong>per</strong>e "<strong>gli</strong> oggetti non sifrantumano in campi <strong>di</strong>versi e senza connessione, ma esiste soltanto un campo unico<strong>di</strong> oggetti e <strong>per</strong>tanto solo un'unica scienza": la fisica e il fisicalismo. Peraltro, <strong>di</strong> lì anon molto apparirà a<strong>gli</strong> stu<strong>di</strong>osi più attenti quanto complesso e in fondo<strong>di</strong>scutibile sia il progetto <strong>di</strong> unificazione del sa<strong>per</strong>e. Infatti, essi osservano, <strong>di</strong>etrotale convinzione si nasconde la concezione "monistica" (esiste un unico e soloprincipio) <strong>di</strong> una natura fondamentalmente un<strong>it</strong>aria <strong>della</strong> realtà oppure, in alternativa,si nasconde la concezione kantiana secondo cui, in<strong>di</strong>pendentemente dalla natura <strong>della</strong>realtà, la conoscenza <strong>che</strong> vo<strong>gli</strong>a essere scientifica deve seguire in qualsiasi campoun'unica metodologia. Ma invece, ribattono i cr<strong>it</strong>ici dell’un<strong>it</strong>à del sa<strong>per</strong>e, moltiaspetti dell'umano e del sociale restano inesplorati o ad<strong>di</strong>r<strong>it</strong>tura ignorati nelquadro <strong>di</strong> questo orientamento teorico tendente all'unificazione delle conoscenze.Successivamente, an<strong>che</strong> allo stesso Carnap il fisicalismo comincia ad appariretroppo chiuso e rigido, basato su <strong>di</strong> un principio <strong>di</strong> verificazione <strong>che</strong> <strong>per</strong> lo piùprescinde dai dati <strong>di</strong> fatto e si risolve nella verifica <strong>della</strong> coerenza soprattuttologica (e non an<strong>che</strong> fattuale) delle proposizioni. Da un lato, infatti, il principio <strong>di</strong>verificazione non garantisce <strong>che</strong> i protocolli siano assolutamente chiari, poichélasciano libera l'interpretazione <strong>della</strong> natura del mondo (<strong>che</strong> può essere cosa materialeo processo psichico) e poiché possono essere redatti in modo <strong>di</strong>fforme pur se rifer<strong>it</strong>ial medesimo fatto. Dall'altro lato, e soprattutto, risultava ormai evidentel'impossibil<strong>it</strong>à <strong>di</strong> sottoporre una teoria ad una verifica completa, considerandonetutti <strong>gli</strong> innumerevoli casi possibili. Per <strong>di</strong> più lo stesso principio <strong>di</strong> verificazione1616


non è a sua volta verificabile empiricamente e logicamente, assumendoparadossalmente, in qual<strong>che</strong> modo, una veste <strong>di</strong> tipo metafisico.Carnap <strong>di</strong> conseguenza giunge a quella <strong>che</strong> è stata defin<strong>it</strong>a una sorta <strong>di</strong>"liberalizzazione" (a<strong>per</strong>tura) del neopos<strong>it</strong>ivismo, rivedendo il principio <strong>di</strong>verificazione ed elaborando una logica non esclusivamente fisicalistica ma più a<strong>per</strong>taa considerare la molteplic<strong>it</strong>à dei linguaggi. Sost<strong>it</strong>uisce il principio <strong>di</strong> verificazionecon quello <strong>di</strong> confermabil<strong>it</strong>à, <strong>che</strong> è più elastico e svincolato dall'esigenza <strong>di</strong> una<strong>di</strong>retta verificabil<strong>it</strong>à empirica delle proposizioni scientifi<strong>che</strong>. Infatti, secondo ilprincipio <strong>di</strong> confermabil<strong>it</strong>à non è più necessario verificare empiricamente tutti icasi <strong>di</strong> una legge o <strong>di</strong> una proposizione scientifica, ma è sufficiente controllarlaattraverso es<strong>per</strong>imenti condotti su enunciati particolari (non su tutti i casi) <strong>che</strong>derivano dalla legge o proposizione stessa. Se attraverso più es<strong>per</strong>imenti <strong>di</strong> controllo icasi pos<strong>it</strong>ivi (ossia <strong>di</strong> conferma <strong>della</strong> legge o proposizione) aumentano, alloraaumenterà an<strong>che</strong> il grado <strong>di</strong> confermabil<strong>it</strong>à <strong>della</strong> stessa legge o proposizione.Insomma, le teorie scientifi<strong>che</strong> vengono a <strong>per</strong>dere la pretesa <strong>di</strong> una vali<strong>di</strong>tàassoluta, <strong>per</strong> acquistare invece il carattere <strong>di</strong> ipotesi soggette a un certo grado <strong>di</strong>conferma e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> vali<strong>di</strong>tà relativa.Tale processo <strong>di</strong> liberalizzazione è parallelo a quello <strong>per</strong><strong>corso</strong> dal "secondoW<strong>it</strong>tgenstein" nonché in linea con le cr<strong>it</strong>i<strong>che</strong> <strong>che</strong> Pop<strong>per</strong> muoverà al principio <strong>di</strong>verificazione.Ulteriore liberalizzazione del neopos<strong>it</strong>ivismo è o<strong>per</strong>ata da Carnap me<strong>di</strong>antel'elaborazione <strong>di</strong> una innovativa sintassi logica (sintassi= stu<strong>di</strong>o delle relazioniesistenti tra le parti <strong>di</strong> una frase o tra le frasi). Mentre W<strong>it</strong>tgenstein, come vedremo,insiste sull'atomismo del linguaggio, secondo cui ogni proposizione è riducibile aelementi (atomi) non più ulteriormente riducibili, <strong>di</strong>visibili, e <strong>che</strong> in quanto tali sonoa se stanti, non più in relazione con altri elementi, Carnap sottolinea la naturasintattica del linguaggio, vale a <strong>di</strong>re <strong>che</strong> le proposizioni non sono a se stanti ma fra<strong>di</strong> esse in relazione. Definendo il linguaggio come un contesto <strong>di</strong> relazioni, Carnapriconosce conseguentemente il carattere arb<strong>it</strong>rario e convenzionale del sistema <strong>di</strong>relazioni (cioè <strong>della</strong> logica stessa) in cui il linguaggio consiste. Nell'o<strong>per</strong>a "Lasintassi logica del linguaggio" Carnap espone due tesi fondamentali.La prima tesi prende atto <strong>che</strong> esiste una molteplic<strong>it</strong>à <strong>di</strong> linguaggi, i quali sono quin<strong>di</strong>relativi, attenuando in tal modo il primato del linguaggio fisicalista <strong>che</strong> comunque<strong>per</strong>mane. Carnap esprime questa tesi sotto forma <strong>di</strong> "principio <strong>di</strong> tolleranza": "Non ènostro comp<strong>it</strong>o stabilire proibizioni ma soltanto giungere a convenzioni … In logicanon c'è morale. Ognuno può costruire come vuole la sua propria logica, cioè la suaforma <strong>di</strong> linguaggio. Se vuole comunicare con <strong>gli</strong> altri basta solo <strong>che</strong> in<strong>di</strong>chi qualisono le regole sintatti<strong>che</strong> <strong>che</strong> ha adottato". Da questo punto <strong>di</strong> vista allora non esisteun linguaggio unico o privilegiato, ma <strong>per</strong> ogni linguaggio esistono determinateregole proprie.La seconda tesi è <strong>che</strong> le regole proprie <strong>di</strong> ciascun linguaggio sono comunque, tutte,<strong>di</strong> natura sintattica: esprimono cioè quali sono le possibil<strong>it</strong>à <strong>di</strong> combinazione de<strong>it</strong>ermini linguistici all'interno de<strong>gli</strong> enunciati (proposizioni) e tra <strong>gli</strong> enunciati. S<strong>it</strong>ratta quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> un'arte combinatoria nel senso <strong>di</strong> Leibniz o, secondo la definizione <strong>di</strong>1717


Carnap, <strong>di</strong> un calcolo le cui regole determinano in primo luogo le con<strong>di</strong>zionisecondo cui un'espressione risulta appartenente ad una certa categoria e, in secondoluogo, le con<strong>di</strong>zioni in base a cui è lec<strong>it</strong>a la trasformazione <strong>di</strong> una o più espressioniin un'altra (riduzionismo). Ciò <strong>che</strong> rileva è <strong>che</strong> questo calcolo prescindecompletamente dal significato dei termini e non presuppone alcun riferimento a fattio a realtà <strong>di</strong> qualsiasi genere. Per determinare se una proposizione è conseguenza <strong>di</strong>un'altra o no non occorre fare riferimento ai rispettivi significati, basta <strong>che</strong> sia data(<strong>che</strong> sia nota) la regola sintattica assunta. Per Carnap quin<strong>di</strong> la logica è logicaformale ed è sintassi.Trasfer<strong>it</strong>osi ne<strong>gli</strong> Stati Un<strong>it</strong>i dopo l'avvento del nazismo, Carnap estendeulteriormente i propri interessi e l'amb<strong>it</strong>o <strong>della</strong> ricerca filosofica. Comp<strong>it</strong>o <strong>della</strong><strong>filosofia</strong> non è più solo quello <strong>di</strong> costruire una sintassi logica del linguaggio maan<strong>che</strong> <strong>di</strong> interpretare, me<strong>di</strong>ante la semantica, il significato delle proposizionisintatticamente costru<strong>it</strong>e. Il linguaggio viene considerato secondo una<strong>di</strong>mensione/funzione più complessa e viene ora defin<strong>it</strong>o come sistema <strong>di</strong> atti ocomportamenti <strong>che</strong> si propongono in primo luogo la "comunicazione" tra i membri <strong>di</strong>una data comun<strong>it</strong>à. In tal senso il linguaggio può e deve essere stu<strong>di</strong>ato in tre mo<strong>di</strong><strong>di</strong>versi:1. in modo pragmatico, quando ci si propone <strong>di</strong> analizzare i segni e <strong>gli</strong> enunciati<strong>di</strong> un linguaggio in relazione al soggetto <strong>che</strong> li usa e al contesto sociale (i finie i motivi del soggetto);2. in modo semantico, quando ci si propone <strong>di</strong> analizzare i segni e <strong>gli</strong> enunciatinon in relazione al soggetto ma ai contenuti (il significato de<strong>gli</strong> enunciati);3. in modo sintattico, quando ci si propone <strong>di</strong> analizzare i segni e <strong>gli</strong> enunciati aprescindere dai soggetti e dai contenuti ma solo nelle loro relazioni e nellastruttura logica delle connessioni formali.18Hans Rei<strong>che</strong>nbach (1891- 1953).È il principale esponente <strong>della</strong> "Società <strong>per</strong> la <strong>filosofia</strong> empirica" <strong>di</strong> Berlino, <strong>di</strong>in<strong>di</strong>rizzo neopos<strong>it</strong>ivista analogo a quello del Circolo <strong>di</strong> Vienna, impegnata tuttavia inricer<strong>che</strong> e temi più specifici.Rei<strong>che</strong>nbach è sosten<strong>it</strong>ore <strong>di</strong> un assoluto empirismo, secondo cui l'es<strong>per</strong>ienza èl'unico cr<strong>it</strong>erio e fondamento possibile <strong>della</strong> scientific<strong>it</strong>à del linguaggio. Applica taleempirismo anz<strong>it</strong>utto alla concezione dello spazio del tempo negando, contro Kant,<strong>che</strong> questi siano forme a priori ed affermando <strong>che</strong> essi sono piuttosto s<strong>che</strong>midescr<strong>it</strong>tivi dell'es<strong>per</strong>ienza concernenti successioni causali (successioni <strong>per</strong> l'appuntonello spazio e nel tempo).Applica quin<strong>di</strong> l'empirismo alla stessa legge <strong>di</strong> causal<strong>it</strong>à, affermando <strong>che</strong> essa non hanessun carattere a priori, ma si fonda solo sull'induzione empirica. Questa <strong>per</strong>ò, puressendo necessaria, non è sufficiente ad assicurare la ver<strong>it</strong>à assoluta delle leggicausali <strong>che</strong> hanno valore solo probabile.18


Con<strong>di</strong>vide la <strong>di</strong>stinzione <strong>di</strong> tutte le proposizioni, tipica del neopos<strong>it</strong>ivismo, inproposizioni anal<strong>it</strong>i<strong>che</strong> (necessarie ma vuote <strong>di</strong> informazioni) e in proposizionifattuali (informative ma soltanto probabili). Di conseguenza non ha alcun carattereconosc<strong>it</strong>ivo qualunque <strong>di</strong>s<strong>corso</strong> <strong>che</strong> non si serva né delle une né delle altre, come adesempio il linguaggio dell'etica. Le asserzioni dell'etica sono soltanto coman<strong>di</strong> o<strong>di</strong>vieti, sono delle <strong>di</strong>rettive, delle prescrizioni, e come tali non sono né vere né falsema hanno solo valore pratico, in<strong>di</strong>viduale o sociale.19Osservazioni generali sul neopos<strong>it</strong>ivismo.Uno dei principali ostacoli incontrati dal neopos<strong>it</strong>ivismo è quello del solipsismolinguistico. Infatti, negare l'esistenza <strong>di</strong> altri soggetti in grado <strong>di</strong> conoscere in modoconforme a quello soggettivo proprio o negare l'esistenza <strong>di</strong> un mondo comune adaltri soggetti equivale a mettere in questione la stessa oggettiv<strong>it</strong>à scientifica.Il neopos<strong>it</strong>ivismo ere<strong>di</strong>ta dall'empirismo <strong>di</strong> Hume la teoria in base alla quale, <strong>per</strong>conservare la maggior oggettiv<strong>it</strong>à possibile, occorre attenersi al dato cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o dallasensazione. In tal senso, il neopos<strong>it</strong>ivismo ricorre al linguaggio protocollare, <strong>che</strong> ècost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o dalle proposizioni <strong>che</strong> tali sensazioni esprimono. Il linguaggio protocollareè collocato alla base <strong>di</strong> ogni altro linguaggio.In propos<strong>it</strong>o si può osservare <strong>che</strong> la sensazione in se stessa non è altro <strong>che</strong> oscura econfusa impressione. Per darle un senso occorre interpretarla, cioè inserirla in unastruttura logica spazio-temporale, causale, relazionale, ecc. An<strong>che</strong> dal punto <strong>di</strong> vistafisiologico, la sensazione non è un dato ma un prodotto. Non proviene daun'es<strong>per</strong>ienza originale ma è il risultato <strong>di</strong> un complesso processo psico-fisico <strong>che</strong>coinvolge, ad esempio, pupille, retina, sistema nervoso, strutture cerebrali. Indefin<strong>it</strong>iva, la sensazione è ben lontana dall'essere quella realtà prima, assolutamenteincontestabile, sulla quale è possibile costruire un sistema scientifico del tuttooggettivo.Paradossalmente, la sensazione, o <strong>per</strong>cezione, intesa come dato oggettivo primario,nonché il solipsismo linguistico, <strong>che</strong> chiude il soggetto nell'amb<strong>it</strong>o <strong>della</strong> propriain<strong>di</strong>viduale es<strong>per</strong>ienza, fanno sì <strong>che</strong> il neopos<strong>it</strong>ivismo rischi <strong>di</strong> trasformarsi in unasorta <strong>di</strong> idealismo (o fenomenismo) sul tipo <strong>di</strong> quello sostenuto da Berkeley, il qualeaffermava <strong>che</strong> "esse est <strong>per</strong>cipi", ovvero <strong>che</strong> non esiste realtà se non quella colta daimiei organi <strong>di</strong> senso, senza garanzia <strong>per</strong>ò <strong>che</strong> la realtà colta dai "miei" organi siaconforme a quella colta da<strong>gli</strong> altri.19


20L’OPERAZIONISMO DI BRIDGMAN.O<strong>per</strong>azionismo è defin<strong>it</strong>o l'in<strong>di</strong>rizzo epistemologico secondo cui il significato <strong>di</strong> unconcetto scientifico consiste prevalentemente nell'insieme <strong>di</strong> o<strong>per</strong>azioni e proceduremesse in atto <strong>per</strong> ricavarlo.Esponente dell'o<strong>per</strong>azionismo è il fisico americano e premio Nobel Percy WilliamBridgman (1882-1961).In parte Bridgman concorda su taluni principi del neopos<strong>it</strong>ivismo ma d'altraparte ne respinge altri. Cr<strong>it</strong>ica come astratta la tendenza riduzionistica delneopos<strong>it</strong>ivismo mirante a trasformare e ridurre i vari tipi <strong>di</strong> linguaggio a quellologico-fisico. Cr<strong>it</strong>ica la pretesa <strong>di</strong> elaborare gran<strong>di</strong> e onnicomprensivi sistemiepistemologici fondati su <strong>di</strong> un unico o pochi principi e giu<strong>di</strong>ca <strong>per</strong>icoloso an<strong>che</strong> ilprincipio dell'un<strong>it</strong>à metodologica delle <strong>di</strong>verse scienze, poiché privilegia cr<strong>it</strong>erigenerali e formali rispetto alle concrete e varie esigenze euristico procedurali(euristico= concernente la ricerca). Considera troppo ambiziosa e fuorviantel'interpretazione <strong>della</strong> conoscenza e <strong>della</strong> ver<strong>it</strong>à come qualcosa <strong>che</strong> "co<strong>gli</strong>e" larealtà o le "corrisponde".Bridgman è invece influenzato dal pragmatismo americano: le procedure eo<strong>per</strong>azioni scientifi<strong>che</strong> prati<strong>che</strong>, concrete e funzionali, prevalgono sui princip<strong>it</strong>eorico-epistemologici generali. La scienza deve soprattutto occuparsi de<strong>gli</strong>specifici problemi incontrati dallo scienziato al <strong>di</strong> fuori delle gran<strong>di</strong> teorizzazionirigidamente precost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>e.Fermo restando il riferimento al "fatto", i rivoluzionari sviluppi <strong>della</strong> fisicacontemporanea (la teoria <strong>della</strong> relativ<strong>it</strong>à, il principio <strong>di</strong> indeterminazione, la fisicaquantistica) sono <strong>per</strong> Bridgman destinati a mo<strong>di</strong>ficare <strong>gli</strong> atteggiamenti. Contro ognirigida teoria, Bridgman, in particolare, è convinto <strong>della</strong> possibil<strong>it</strong>à <strong>di</strong> es<strong>per</strong>ienzesempre nuove e inaspettate, <strong>per</strong> cui nessun elemento <strong>di</strong> una s<strong>it</strong>uazione fisica, <strong>per</strong>quanto irrilevante o banale, va trascurato fino a <strong>che</strong> <strong>gli</strong> es<strong>per</strong>imenti nonproveranno effettivamente la mancanza <strong>di</strong> effetti. Perciò l'atteggiamento del fisicodeve essere <strong>di</strong> puro empirismo; non deve ammettere nessun principio generale apriori <strong>che</strong> determini o lim<strong>it</strong>i le possibil<strong>it</strong>à <strong>di</strong> nuove es<strong>per</strong>ienze. Ciò significa <strong>che</strong>dobbiamo rinunciare alla pretesa <strong>che</strong> tutta la natura possa essere spiegata in unaformula.Invece, il contenuto e il significato dei concetti scientifici coincide con le"o<strong>per</strong>azioni" <strong>che</strong> vengono elaborate <strong>per</strong> ottenerli: si tratta <strong>di</strong> ridurre il significatodei concetti scientifici ad una o<strong>per</strong>azione empirica o ad un insieme <strong>di</strong> o<strong>per</strong>azioni. Perillustrare questa tesi Bridgman prende in considerazione il concetto <strong>di</strong> lunghezza: ilconcetto <strong>di</strong> lunghezza è defin<strong>it</strong>o quando sono fissate le o<strong>per</strong>azioni me<strong>di</strong>ante cui lalunghezza si misura. Il concetto si definisce semplicemente in base alle o<strong>per</strong>azionicompiute <strong>per</strong> costruirlo: in tal caso si può presumere <strong>che</strong> vi sia corrispondenza tral'es<strong>per</strong>ienza e la descrizione <strong>di</strong> essa.L'adozione <strong>della</strong> cr<strong>it</strong>erio o<strong>per</strong>ativo consente altresì <strong>di</strong> comprendere come tuttauna serie <strong>di</strong> problemi e <strong>di</strong> concetti risulti priva <strong>di</strong> significato. Se una questione hasenso, deve essere possibile trovare o<strong>per</strong>azioni me<strong>di</strong>ante cui ad essa si può dare una20


isposta. Quando tali o<strong>per</strong>azioni non possono essere trovate non resta <strong>che</strong> r<strong>it</strong>enere laquestione priva <strong>di</strong> senso. L'intento <strong>di</strong> Bridgman è quello <strong>di</strong> ev<strong>it</strong>are spreco <strong>di</strong> tempo e<strong>di</strong> energia <strong>per</strong> generalizzazioni e idealizzazioni insensate.Oltre a privilegiare i proce<strong>di</strong>menti o<strong>per</strong>ativi ai fini <strong>della</strong> formulazione delle teorie,anziché il cr<strong>it</strong>erio razionalistico-metafisico <strong>della</strong> deduzione/induzione pura,Bridgman accentua an<strong>che</strong> l'aspetto costruttivo nella definizione dei concetti. Iconcetti non si scoprono me<strong>di</strong>ante la pura ragione induttiva/deduttiva ma sicostruiscono me<strong>di</strong>ante un gruppo s<strong>per</strong>imentato <strong>di</strong> o<strong>per</strong>azioni. La scienza è anz<strong>it</strong>uttocostruzione <strong>di</strong> concetti <strong>che</strong> servono come modelli <strong>di</strong> indagine. Tali concettimodelli<strong>per</strong> quanto rifer<strong>it</strong>i a fatti reali non vi corrispondono realisticamente: essisono, appunto, costrutti teorici <strong>che</strong> hanno valore essenzialmente euristico (<strong>di</strong>guida alla ricerca).I concetti scientifici inoltre, ben lungi dall'essere un rigi<strong>di</strong>, mutano col mutaredelle o<strong>per</strong>azioni compiute <strong>per</strong> costruirli. Ad esempio il concetto <strong>di</strong> lunghezza variaa seconda <strong>che</strong> si riferisca alla misurazione <strong>di</strong> una particella subatomica, <strong>di</strong> un corpovisivamente <strong>per</strong>cepibile o <strong>di</strong> una <strong>di</strong>stanza interstellare.Infine Bridgman in<strong>di</strong>vidua nell'o<strong>per</strong>azionismo un cr<strong>it</strong>erio <strong>di</strong> controlloepistemologico mi<strong>gli</strong>ore e più valido dei cr<strong>it</strong>eri proposti dalla <strong>filosofia</strong>neopos<strong>it</strong>ivista (principio <strong>di</strong> verificazione o confermabil<strong>it</strong>à) o da quella, comevedremo, <strong>di</strong> Pop<strong>per</strong> (principio <strong>di</strong> falsificazione).Molti sono i concetti analizzati o<strong>per</strong>ativamente da Bridgman quali: lunghezza, tempo,energia, campo.Nonostante il rilievo delle sue concezioni, numerose sono state an<strong>che</strong> le obiezionirivolte a Bridgman. Tra le principali, quella <strong>di</strong> "solipsismo": viene osservato <strong>che</strong>riducendo la scienza alle o<strong>per</strong>azioni compiute dallo scienziato, queste rimangonochiuse nel soggetto (nello scienziato) e ne esce svalutato l'aspetto scientificooggettivo. Bridgman risponde <strong>che</strong> la scienza ha sempre una genesi "privata", ma <strong>che</strong>poi la comunicazione pubblica delle sco<strong>per</strong>te e teorie scientifi<strong>che</strong> aggiunge ad essevalore intersoggettivo.Cr<strong>it</strong>icato è stato an<strong>che</strong> il "particolarismo" <strong>di</strong> Bridgman, <strong>per</strong> la sua avversionecontro i principi generali nonché <strong>per</strong> la sua enfasi sulla plural<strong>it</strong>à e mutevolezza deiconcetti scientifici a seconda delle o<strong>per</strong>azioni adottate. A Bridgman vienerimproverato <strong>di</strong> <strong>di</strong>sconoscere la tendenza a spiegazioni sistemati<strong>che</strong> e unificanti deifenomeni (unificanti= unificare in una teoria o in una formula la spiegazione <strong>di</strong> moltifenomeni <strong>di</strong>versi). La concezione <strong>di</strong> Bridgman è stata in effetti accusata <strong>di</strong> implicareuna proliferazione <strong>di</strong> concetti poco maneggevole e teoricamente senza termine.Invece, spesso è proprio lo sviluppo delle teorie generali <strong>che</strong> introduce mo<strong>di</strong>fi<strong>che</strong>an<strong>che</strong> dei cr<strong>it</strong>eri o<strong>per</strong>ativi originariamente adottati. Al riguardo, e tra <strong>gli</strong> altri, an<strong>che</strong>Pop<strong>per</strong> afferma <strong>che</strong> è ineliminabile il bisogno <strong>di</strong> termini universali.2121


22GASTON BACHELARD (1884-1962).Contro l'impostazione logico-formale e astratta del neopos<strong>it</strong>ivismo, Ba<strong>che</strong>lard,filosofo francese, riven<strong>di</strong>ca il ruolo an<strong>che</strong> storico e sociale del pensieroscientifico. "La scienza, <strong>di</strong>ce Ba<strong>che</strong>lard, non ha la <strong>filosofia</strong> <strong>che</strong> si mer<strong>it</strong>a", nel senso<strong>che</strong> lo sviluppo dell'epistemologia è sempre in r<strong>it</strong>ardo rispetto allo sviluppo <strong>della</strong>scienza. In particolare, Ba<strong>che</strong>lard cr<strong>it</strong>ica la "<strong>filosofia</strong> dei filosofi", <strong>per</strong>ché chiusa,immobile e dogmatica nell'enunciazione <strong>di</strong> principi assoluti. Vi contrappone "la<strong>filosofia</strong> prodotta dalla scienza", cioè una nuova epistemologia a<strong>per</strong>ta, pluralistica,s<strong>per</strong>imentale e applicata: una <strong>filosofia</strong> non rinchiusa nella presunzione <strong>di</strong> un sa<strong>per</strong>eun<strong>it</strong>ario, generale e integrale, ma <strong>di</strong>stribu<strong>it</strong>a su sa<strong>per</strong>i <strong>di</strong>fferenziati, "locali", dotati <strong>di</strong>logi<strong>che</strong> <strong>di</strong>verse e <strong>di</strong> una plural<strong>it</strong>à <strong>di</strong> punti <strong>di</strong> vista secondo i vari settori, pur nonescludendo la ricerca <strong>di</strong> possibili integrazioni e sintesi inter<strong>di</strong>sciplinari tra i <strong>di</strong>versisettori <strong>di</strong> indagine.Ba<strong>che</strong>lard polemizza sia contro l'empirismo ingenuo, <strong>di</strong> cui denuncia il cultoacr<strong>it</strong>ico del fatto bruto, sia contro il razionalismo astratto, <strong>di</strong> cui denuncia il culto<strong>della</strong> ragione pura, considerata strumento autosufficiente <strong>della</strong> conoscenza. Il sa<strong>per</strong>e,afferma Ba<strong>che</strong>lard, non è né fattualistico né razionalistico puro. La scienza deverifuggire l'astrattezza ed essere invece applicata a campi <strong>di</strong> indagine e a problemiconcreti.L'epistemologia deve quin<strong>di</strong> stare al passo con la scienza; ma <strong>per</strong>ché sia a<strong>per</strong>ta epluralistica è necessario entrare dentro le prati<strong>che</strong> scientifi<strong>che</strong> e non giu<strong>di</strong>carledall'esterno. Occorre insomma <strong>che</strong> il filosofo sia e<strong>gli</strong> stesso scienziato prima <strong>che</strong>filosofo. Mentre i neopos<strong>it</strong>ivisti sono andati alla ricerca <strong>di</strong> un principio rigido (ilprincipio <strong>di</strong> verificazione) in grado <strong>di</strong> <strong>di</strong>videre nettamente la scienza dalla nonscienza,Ba<strong>che</strong>lard non accetta <strong>che</strong> vi sia un cr<strong>it</strong>erio apriori <strong>che</strong> pretenda <strong>di</strong> co<strong>gli</strong>erel'essenza <strong>della</strong> scientific<strong>it</strong>à. Non c'è un principio logico apriori <strong>che</strong> caratterizza ciò<strong>che</strong> è scienza, ma vi sono dapprima le varie scienze e solo dopo esse vannologicamente analizzate.La scienza inoltre procede secondo uno sviluppo storico. Pertanto lo strumentoprivilegiato <strong>per</strong> le indagini epistemologi<strong>che</strong> non è, come <strong>per</strong> i neopos<strong>it</strong>ivisti, lalogica bensì la <strong>storia</strong> <strong>della</strong> scienza e delle sue fasi <strong>di</strong> sviluppo.Nell’amb<strong>it</strong>o <strong>di</strong> un in<strong>di</strong>rizzo storico-sociale, si può constatare <strong>che</strong> an<strong>che</strong> certemetafisi<strong>che</strong> hanno pos<strong>it</strong>ivamente influenzato l'evoluzione delle scienze. Ba<strong>che</strong>lardnon reputa quin<strong>di</strong> la metafisica come insensata o, quantomeno, come in<strong>di</strong>fferente <strong>per</strong>la scienza. Non nutre pregiu<strong>di</strong>zi antimetafisici, ma avversa invece quella <strong>filosofia</strong> <strong>che</strong>non cammina <strong>di</strong> pari passo con la scienza e quei filosofi <strong>che</strong> "pensano prima <strong>di</strong>stu<strong>di</strong>are". Se è vero <strong>che</strong> "un po' <strong>di</strong> metafisica ci allontana dalla natura, moltametafisica ci avvicina".Lo scienziato, ben lungi dall'assumere in modo imme<strong>di</strong>ato i dati empirici,"costruisce" l'oggetto <strong>della</strong> propria indagine, elaborando i dati secondo specifi<strong>che</strong>ipotesi teori<strong>che</strong>. Pertanto il dato scientifico non è imme<strong>di</strong>ato: bisogna <strong>che</strong> esso siacollocato in un'ipotesi, in un sistema teorico. Lo scienziato non parte maidall'es<strong>per</strong>ienza pura.22


Lo sviluppo <strong>della</strong> scienza non avviene secondo un graduale processo <strong>di</strong>continu<strong>it</strong>à, ma ogni nuova autentica conoscenza implica un mutamento e unosconvolgimento ra<strong>di</strong>cale rispetto alle sussistenti concezioni e categorie <strong>di</strong>riferimento. "Si conosce sempre contro una concezione anteriore, <strong>di</strong>struggendoconoscenze malfatte". Ogni nuova consistente sco<strong>per</strong>ta scientifica cost<strong>it</strong>uisce unarottura rispetto alle teorie precedenti <strong>che</strong> Ba<strong>che</strong>lard definisce "rotturaepistemologica". Si pensi alla teoria <strong>della</strong> relativ<strong>it</strong>à e alla teoria quantistica <strong>che</strong>,mettendo in <strong>di</strong>scussione i previgenti concetti <strong>di</strong> spazio, tempo e causal<strong>it</strong>à,cost<strong>it</strong>uiscono effettivi e clamorosi rivolgimenti nel quadro delle conoscenzescientifi<strong>che</strong>. C'è rottura, prosegue Ba<strong>che</strong>lard contrariamente a quanto r<strong>it</strong>enuto daPop<strong>per</strong>, an<strong>che</strong> tra sa<strong>per</strong>e comune conoscenza scientifica. Il senso comune hasempre più risposte <strong>che</strong> domande: è su<strong>per</strong>ficiale <strong>per</strong>ché r<strong>it</strong>iene <strong>di</strong> sa<strong>per</strong> molto. Laconoscenza scientifica invece ci proibisce <strong>di</strong> avere opinioni su questioni <strong>che</strong> noncompren<strong>di</strong>amo o <strong>che</strong> non sappiamo formulare correttamente. Prima <strong>di</strong> tutto bisognasa<strong>per</strong> porre i problemi. Ogni teoria è la risposta a una domanda.In questa prospettiva <strong>di</strong>ventano importanti <strong>gli</strong> stessi errori <strong>che</strong> ci <strong>per</strong>mettono lacorrezioni delle teorie, an<strong>che</strong> se non saranno mai defin<strong>it</strong>ive e complete poiché ilnostro sa<strong>per</strong>e non è assoluto ma solo <strong>per</strong>fezionabile. Diversamente dall'es<strong>per</strong>ienzacomune, la conoscenza scientifica avanza <strong>per</strong> successive rettifi<strong>che</strong> delle teorieprecedenti. "Non esiste una ver<strong>it</strong>à prima. Ci sono solo primi errori". Per progre<strong>di</strong>rebisogna avere il coraggio <strong>di</strong> sba<strong>gli</strong>are. Proprio dall'errore deriva il fatto nuovo e l'ideanuova. Il dubbio deve stare davanti al metodo e non <strong>di</strong>etro, come in Cartesio. Per talemotivo il pensiero scientifico è un pensiero impegnato: <strong>per</strong>ché mette continuamentein gioco la sua stessa organizzazione. È antiscientifico l'atteggiamento <strong>di</strong> colui <strong>che</strong>trova sempre la maniera <strong>di</strong> verificare la propria teoria forzandola piuttosto <strong>che</strong>mostrarla errata e quin<strong>di</strong> rettificarla. Ba<strong>che</strong>lard avversa <strong>di</strong> conseguenza le pretese e lapratica <strong>della</strong> <strong>di</strong>vulgazione scientifica, posta l'inconciliabil<strong>it</strong>à dei relativi linguaggi(linguaggio generico contro linguaggio specialistico), pur ammettendo <strong>che</strong> la rotturaepistemologica tra conoscenza comune e scientifica pone grossi problemi nella<strong>di</strong>dattica delle scienze.Poiché dunque ogni nuova conoscenza è una rottura <strong>della</strong> sussistente concezione<strong>della</strong> realtà e una rettificazione de<strong>gli</strong> errori cogn<strong>it</strong>ivi precedenti, accade <strong>che</strong> le rottureepistemologi<strong>che</strong> si affermano con fatica, dovendo su<strong>per</strong>are quelli <strong>che</strong> Ba<strong>che</strong>lardchiama "ostacoli epistemologici". Non si tratta tanto <strong>di</strong> ostacoli <strong>di</strong>pendenti dallacompless<strong>it</strong>à dei fenomeni quanto piuttosto <strong>di</strong> ostacoli <strong>di</strong> carattere storico-sociale,in<strong>di</strong>viduabili nelle ab<strong>it</strong>u<strong>di</strong>ni intellettuali incall<strong>it</strong>e, nello spir<strong>it</strong>o <strong>di</strong> inerzia, nelle teoriescientifi<strong>che</strong> insegnate come dogmi. Il primo ostacolo da su<strong>per</strong>are è l'opinionecomune, <strong>per</strong>ché considera <strong>gli</strong> oggetti secondo la loro util<strong>it</strong>à impedendo <strong>di</strong> conoscerli.Ulteriori ostacoli <strong>di</strong> grande rilievo sono l'ostacolo realista, imprigionato nell'idea <strong>di</strong>sostanza, e l'ostacolo animista, <strong>che</strong> pretende <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare nei fenomeni fisicil'esistenza <strong>di</strong> principi v<strong>it</strong>alistici e spir<strong>it</strong>uali.Di fronte a questi ostacoli, il comp<strong>it</strong>o <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong> è allora quello <strong>di</strong> proporsi comeuna sorta <strong>di</strong> terapia psicoanal<strong>it</strong>ica volta a liberarci da tali impe<strong>di</strong>menti. Rilevante<strong>per</strong>tanto è la funzione <strong>della</strong> negazione all'interno <strong>della</strong> nostra attiv<strong>it</strong>à conosc<strong>it</strong>iva e2323


<strong>della</strong> stessa <strong>filosofia</strong>, <strong>che</strong> deve configurarsi come una "<strong>filosofia</strong> del non", risolutanel respingere la pretesa dei vecchi sistemi <strong>di</strong> presentarsi come concezioni assolute etotalizzanti <strong>della</strong> realtà. Non c'è alcun principio assoluto al <strong>di</strong> sopra e al <strong>di</strong> fuori <strong>della</strong>pratica scientifica e <strong>della</strong> <strong>storia</strong> <strong>della</strong> scienza. Questa <strong>storia</strong> è frutto <strong>di</strong> lavorocollettivo (in équipe) e va riscr<strong>it</strong>ta sempre <strong>di</strong>versamente ogni qual volta è soggetta atrasformazione.Ba<strong>che</strong>lard è sensibile an<strong>che</strong> ai temi dell'immaginario, <strong>della</strong> fantasti<strong>che</strong>ria e delsogno. L'immaginario cost<strong>it</strong>uisce una forma <strong>di</strong> conoscenza <strong>che</strong> a volte è più profonda<strong>di</strong> quella tecnico-scientifica e, soprattutto, l'immaginario è il fondamento intu<strong>it</strong>ivodelle concezioni <strong>che</strong>, razionalizzate ed elaborate, <strong>di</strong>ventano poi conoscenzascientifica.L'epistemologia <strong>di</strong> Ba<strong>che</strong>lard è ripresa in vario modo da Foucault e Althusser, ilprimo esponente dello strutturalismo storico e il secondo <strong>di</strong> uno strutturalismoepistemologico marxiano contrario all'interpretazione "umanistica" <strong>di</strong> Marx.2424


25KARL RAIMOND POPPER (1902-1994).Di origine austriaca, stu<strong>di</strong>a matematica, fisica e <strong>filosofia</strong>. Passa da una inizialeadesione al marxismo a posizioni antimarxiste e si fa esponente <strong>di</strong> un liberalismoprogressista <strong>di</strong> carattere anglosassone.È tra i maggiori esponenti dell'epistemologia contemporanea.O<strong>per</strong>e principali: La logica <strong>della</strong> sco<strong>per</strong>ta scientifica; Che cos'è la <strong>di</strong>alettica; Miseriadello storicismo; La società a<strong>per</strong>ta e i suoi nemici.Così come Kant o<strong>per</strong>ò nella <strong>filosofia</strong> <strong>della</strong> conoscenza (gnoseologia) una rivoluzionedelle idee e corrispondente alla rivoluzione co<strong>per</strong>nicana in astronomia e newtonianain fisica, Pop<strong>per</strong> o<strong>per</strong>a nella <strong>filosofia</strong> <strong>della</strong> scienza (epistemologia) unarivoluzione dei concetti corrispondente alla rivoluzione scientifica <strong>di</strong> Einstein: leteorie scientifi<strong>che</strong>, <strong>di</strong>ce Pop<strong>per</strong>, non sono ver<strong>it</strong>à assolute e verificate ma sonocongetture, ossia ipotesi; la scienza deve avere il coraggio <strong>di</strong> o<strong>per</strong>are previsioni"rischiose", organizzandosi in vista non <strong>di</strong> facili <strong>di</strong> verifi<strong>che</strong> ma <strong>di</strong> possibilifalsificazioni (sment<strong>it</strong>e).Il carattere non induttivo ma ipotetico-deduttivo <strong>della</strong> scienza. Le fasi del nuovometodo scientifico.Pop<strong>per</strong> cr<strong>it</strong>ica il metodo induttivo nella scienza, su cui era invece basato ilneopos<strong>it</strong>ivismo, <strong>per</strong> concludere <strong>che</strong> "l'induzione non esiste", ovverosia negando <strong>che</strong>essa cost<strong>it</strong>uisca il punto <strong>di</strong> partenza <strong>della</strong> ricerca scientifica.Nel passato, sostiene Pop<strong>per</strong>, il termine "induzione" (passaggio dal particolare,ossia dal singolo fenomeno, al generale, ossia alla teoria) è stato usato soprattuttoin due sensi: 1) induzione <strong>per</strong> ripetizione o <strong>per</strong> enumerazione; 2) induzione <strong>per</strong>eliminazione.L'induzione <strong>per</strong> ripetizione consiste nell'accumulo <strong>di</strong> osservazioni ripetute su <strong>di</strong> unmedesimo fenomeno, in base a cui giungere a conclusioni teori<strong>che</strong> generali, cioè aduna teoria generale <strong>di</strong> spiegazione del fenomeno osservato. Ma poiché la frequenza<strong>di</strong> un fenomeno (il numero <strong>di</strong> volte in cui accade) è smisurata, an<strong>che</strong> un miliardo<strong>di</strong> osservazioni confermative non garantisce la vali<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> una teoria, mentrebasta una sola osservazione <strong>di</strong>fforme, contraria, <strong>per</strong> smentirla. Ad esempio, an<strong>che</strong><strong>di</strong> fronte a numerosissime osservazioni <strong>di</strong> cigni bianchi non si può stabilire concertezza <strong>che</strong> tutti siano bianchi, mentre basta l'osservazione <strong>di</strong> un solo cigno nero <strong>per</strong>confutare defin<strong>it</strong>ivamente la teoria <strong>che</strong> tutti siano bianchi.L'induzione <strong>per</strong> eliminazione si basa, appunto, sul metodo dell'eliminazione, o <strong>della</strong>confutazione, <strong>di</strong> tutte le teorie false <strong>per</strong> far valere la teoria vera. Tale è stata <strong>per</strong>esempio la posizione <strong>di</strong> Bacone e <strong>di</strong> Stuart Mill nonché del neopos<strong>it</strong>ivismo. Ma leteorie rivali e alternative a quella vera sono sempre innumerevoli, <strong>per</strong> cui èimpossibile esaminarle tutte <strong>per</strong> eliminarle o confermarle. Per ogni problemateorico infatti esiste sempre un'infin<strong>it</strong>à <strong>di</strong> soluzioni logicamente possibili.25


Il tra<strong>di</strong>zionale metodo induttivo impiegato nella scienza non è dunque valido,non dà garanzia. Pop<strong>per</strong> propone dunque un nuovo metodo scientifico articolatoin tre fasi:1. sorge un problema;2. viene formulata una teoria, cioè un'ipotesi o congettura <strong>per</strong> tentare <strong>di</strong> risolvereil problema;3. la teoria formulata è sottoposto a cr<strong>it</strong>ica, a controllo e confutazione (si prova averificare se può essere sment<strong>it</strong>a), imparando da<strong>gli</strong> eventuali errori.Dunque una teoria scientifica non parte dall'induzione, ossia da una pura esemplice osservazione dei fenomeni senza nessuna ipotesi guida, ma partedall'emergere <strong>di</strong> un problema. L'osservazione pura non esiste: infatti noi nonosserviamo a caso né possiamo osservare tutto. Invece, l'osservazione è sempreguidata secondo le questioni e i problemi <strong>che</strong> r<strong>it</strong>eniamo importanti, mentretrascuriamo <strong>di</strong> osservare quelli <strong>che</strong> non ci interessano. L'osservazione scientificacioè, come del resto an<strong>che</strong> quella comune, è sempre in<strong>di</strong>rizzata in base alle ipotesi ocongetture <strong>che</strong> sono formulate con riguardo ai problemi <strong>che</strong> vo<strong>gli</strong>amo affrontare erisolvere.La scienza <strong>per</strong>tanto non può basarsi sul metodo induttivo bensì sul metodoipotetico-deduttivo: le ipotesi o teorie non vengono indotte (ricavate) dalleosservazioni dei fenomeni ma, viceversa, è dalle ipotesi formulate nei confronti <strong>di</strong> unproblema <strong>che</strong> ci interessa <strong>che</strong> vengono dedotte (in<strong>di</strong>viduate) le osservazioni dacompiere.Un nuovo problema scientifico sorge quando, in base ai fatti ed alle es<strong>per</strong>ienze<strong>che</strong> ci cap<strong>it</strong>ano, avvertiamo <strong>che</strong> una nostra aspettativa viene <strong>di</strong>sattesa, non sirealizza. Infatti, spiega Pop<strong>per</strong>, la nostra mente non è una "tabula rasa", un fo<strong>gli</strong>obianco <strong>che</strong> non contiene niente, come sosteneva l'empirismo tra<strong>di</strong>zionale (Locke,Hume) secondo cui ogni conoscenza parte esclusivamente da una sensazioneempirica. La nostra mente invece, <strong>di</strong>chiara Pop<strong>per</strong>, è una "tabula plena", è cioè piena<strong>di</strong> aspettative, <strong>che</strong> <strong>per</strong>ò non sono idee innate come affermava Cartesio, ma sonoere<strong>di</strong>tate dalla tra<strong>di</strong>zione e dallo sviluppo culturale cui si è giunti (ogni epoca ha lapropria mental<strong>it</strong>à, le proprie idee, i propri punti <strong>di</strong> vista e le proprie aspettative circail mondo e i fenomeni del mondo). Insomma, noi ci aspettiamo <strong>che</strong> i fatti, ifenomeni, si svolgano in un certo modo. Se le nostre aspettative non sirealizzano, se cioè i fatti non si svolgono come ci aspettiamo, sorgono allora iproblemi. È proprio dall'emergere dei problemi <strong>che</strong> inizia la ricerca scientifica.Oppure può iniziare da una teoria in <strong>di</strong>fficoltà, <strong>che</strong> ha fatto nascere aspettativerimaste poi deluse.Per risolvere i problemi <strong>che</strong> sorgono occorre un'immaginazione creatrice <strong>di</strong> idee"nuove e buone", scrive Pop<strong>per</strong>, ossia <strong>di</strong> ipotesi e congetture.A questo punto, avverte Pop<strong>per</strong>, bisogna <strong>di</strong>stinguere tra "contesto <strong>della</strong> sco<strong>per</strong>ta"e "contesto <strong>della</strong> giustificazione", ossia tra la sco<strong>per</strong>ta <strong>di</strong> un'idea, <strong>di</strong> un'ipotesi, e lasua giustificazione scientifica, <strong>per</strong>ché una cosa è avere e scoprire un'idea, altra cosa ècomprovarla e giustificarla. Le idee o ipotesi scientifi<strong>che</strong> formulate <strong>per</strong> risolvere iproblemi <strong>che</strong> si incontrano non hanno fonti privilegiate: possono scaturire an<strong>che</strong>2626


dal m<strong>it</strong>o, dal sogno, dalla metafisica, dall'entusiasmo o dal caso, ma ciò <strong>che</strong> importaè <strong>che</strong> vengano provate e controllate me<strong>di</strong>ante il metodo <strong>per</strong> congetture econfutazioni, ossia <strong>per</strong> prove ed errori.27Il cr<strong>it</strong>erio <strong>della</strong> falsificabil<strong>it</strong>à delle teorie. Verosimi<strong>gli</strong>anza e probabil<strong>it</strong>à delleteorie. La ver<strong>it</strong>à come ideale regolativo.Per controllare e giustificare le teorie, cioè le ipotesi formulate <strong>di</strong>nnanzi ad unproblema in cui ci imbattiamo, Pop<strong>per</strong>, abbiamo visto, non considera validal'induzione: infatti dovremmo prima verificare tutti i casi e le conseguenze derivantidalla teoria (ad esempio la teoria secondo cui il calore <strong>di</strong>lata i corpi), il <strong>che</strong> èimpossibile poiché i casi sono praticamente infin<strong>it</strong>i.Di conseguenza Pop<strong>per</strong>, quale nuovo cr<strong>it</strong>erio <strong>di</strong> demarcazione (<strong>di</strong>stinzione) trascienza e non scienza sost<strong>it</strong>uisce al principio <strong>di</strong> verificazione o <strong>di</strong> confermabil<strong>it</strong>àdel neopos<strong>it</strong>ivismo, basato sull'induzione, il principio o cr<strong>it</strong>erio <strong>della</strong>falsificabil<strong>it</strong>à <strong>di</strong> una teoria o <strong>di</strong> un sistema scientifico (<strong>di</strong> un insieme <strong>di</strong> teorie).In base al cr<strong>it</strong>erio <strong>della</strong> falsificabil<strong>it</strong>à, le teorie o ipotesi vanno provate estraendoda esse le conseguenze derivanti e controllando se tali conseguenze ci sono o no(ad esempio se effettivamente con il caldo tutti i corpi si <strong>di</strong>latano). Se questeconseguenze vi sono, <strong>di</strong>ciamo <strong>che</strong> <strong>per</strong> il momento la teoria è confermata, seinvece almeno una conseguenza non si riscontra, <strong>di</strong>ciamo <strong>che</strong> la teoria èfalsificata. Una teoria non <strong>di</strong>venta dunque una teoria scientifica <strong>per</strong> il fatto <strong>di</strong> esserestata verificata in senso pos<strong>it</strong>ivo una volta <strong>per</strong> tutte (principio <strong>di</strong> verificazione),<strong>per</strong>ché una teoria non può mai essere verificata in modo defin<strong>it</strong>ivo. Ogni teoriainfatti è <strong>per</strong> definizione sempre smentibile, cioè falsificabile, se non altro in futuro(non possiamo essere mai sicuri se la teoria sarà valida an<strong>che</strong> in un futuro più omeno lontano). Non possiamo nemmeno verificare, <strong>per</strong>ché assolutamenteinnumerevoli, tutti i casi presenti <strong>che</strong> la teoria intende spiegare (non possiamoesaminare tutti i corpi del mondo <strong>per</strong> verificare se ognuno col calore aumenta <strong>di</strong>volume); tantomeno potremmo verificare i casi futuri.Pertanto si <strong>di</strong>ce <strong>che</strong> una teoria è una teoria scientifica, e <strong>che</strong> in tal senso si<strong>di</strong>stingue dalle teorie e ipotesi non scientifi<strong>che</strong>, solo se e <strong>per</strong>ché essa, <strong>per</strong> principio,può sempre essere confutata, falsificata dall'es<strong>per</strong>ienza (da successivees<strong>per</strong>ienze).Pop<strong>per</strong> osserva <strong>che</strong> esiste una vera e propria asimmetria logica (=noncorrispondenza) tra verificazione e falsificazione <strong>di</strong> una teoria: miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong>conferme (presenti e future) non rendono certa una teoria, mentre un solo riscontronegativo è sufficiente a falsificare l'intera teoria.Essendo <strong>per</strong> definizione una teoria scientifica sempre falsificabile (nel senso <strong>che</strong><strong>per</strong>mane e viene conservata fino a <strong>che</strong>, an<strong>che</strong> <strong>per</strong> un solo caso o fatto, non vengafalsificata e sment<strong>it</strong>a) Pop<strong>per</strong> allora riconosce l'importanza e la forza dell'errore:"sba<strong>gli</strong>are non è triste, e<strong>gli</strong> scrive, triste è non imparare da<strong>gli</strong> errori". Tanto prima si27


trova un errore, tanto prima si potrà eliminarlo, formulando una teoria più corretta emi<strong>gli</strong>ore.Pop<strong>per</strong> non parla quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> teorie valide indefin<strong>it</strong>amente ma <strong>di</strong> teorie mi<strong>gli</strong>ori(rispetto ad altre) relativamente allo stato delle conoscenze dell'epoca in cui ci s<strong>it</strong>rova. Scopo <strong>della</strong> scienza è proprio la formulazione <strong>di</strong> teorie progressivamentemi<strong>gli</strong>ori, sempre più verosimili (vicine al vero). Una teoria T2 è mi<strong>gli</strong>ore e piùverosimile <strong>di</strong> una teoria T1 quando possiede un maggior contenuto informativo,ossia <strong>di</strong> conseguenze confermate (cioè quando spiega un maggior numero <strong>di</strong>fenomeni controllati e confermati dall'es<strong>per</strong>ienza), e quando invece T1 possiede unmaggior contenuto <strong>di</strong> fals<strong>it</strong>à, cioè un minor contenuto informativo.Secondo la concezione <strong>della</strong> maggior verosimi<strong>gli</strong>anza <strong>di</strong> una teoria rispetto adun'altra, Pop<strong>per</strong> conclude <strong>che</strong> <strong>per</strong>ò la teoria più verosimile è an<strong>che</strong> la teoriameno probabile, <strong>per</strong>ché quanto più è verosimile una teoria, ossia quanto più ampiesono le informazioni e le spiegazioni <strong>che</strong> fornisce, maggiori <strong>di</strong>ventano le possibil<strong>it</strong>à<strong>di</strong> sba<strong>gli</strong>are e, dunque, la teoria più verosimile è an<strong>che</strong> quella meno probabile. Adesempio, consideriamo le asserzioni: (a) "venerdì pioverà" e (b) "sabato sarà sereno"e poi l'asserzione (a più b) "venerdì pioverà e sabato sarà sereno". È chiaro <strong>che</strong>l'asserzione (a più b) ha maggior contenuto informativo sia <strong>di</strong> (a) <strong>che</strong> <strong>di</strong> (b), è cioèpiù verosimile, ma è pure evidente <strong>che</strong> la probabil<strong>it</strong>à <strong>che</strong> si verifichi (a più b) èminore <strong>della</strong> probabil<strong>it</strong>à <strong>di</strong> (a) o <strong>di</strong> (b). Di conseguenza, se ci proponiamo ilprogresso <strong>della</strong> scienza e <strong>della</strong> conoscenza non dobbiamo essere su<strong>per</strong>bi epretendere <strong>di</strong> formulare teorie <strong>che</strong> siano contemporaneamente altamenteverosimili e altamente probabili; dobbiamo accontentarci <strong>di</strong> procederegradualmente, un passo alla volta.28Scienza e ver<strong>it</strong>à: la ver<strong>it</strong>à come un ideale regolativo.Abbiamo visto <strong>che</strong> <strong>per</strong> Pop<strong>per</strong>:1. la scienza non può giungere mai a ver<strong>it</strong>à defin<strong>it</strong>ive e assolute ma solo relative;2. le ver<strong>it</strong>à <strong>della</strong> scienza e <strong>della</strong> conoscenza non riguardano i fatti ma le teorie,<strong>che</strong> sono ipotesi provvisorie e sempre falsificabile.La ver<strong>it</strong>à dunque non è mai una conquista defin<strong>it</strong>iva ma solo un idealeregolativo, cioè una regola, una linea <strong>di</strong> tendenza: non c'è quin<strong>di</strong> una definizioneassoluta <strong>di</strong> ver<strong>it</strong>à ma solo un cr<strong>it</strong>erio <strong>di</strong> ver<strong>it</strong>à, vale a <strong>di</strong>re la progressivaaccumulazione delle teorie, falsificando ed eliminando <strong>gli</strong> errori delle teorieprecedenti e sost<strong>it</strong>uendo ad esse nuove teorie.Altrettanto non c'è una legge <strong>di</strong> progresso continuo <strong>della</strong> scienza e <strong>della</strong> <strong>storia</strong>,come r<strong>it</strong>enuto dal pos<strong>it</strong>ivismo e dallo storicismo, poiché la scienza e la <strong>storia</strong>possono subire fasi <strong>di</strong> arresto o an<strong>che</strong> <strong>di</strong> regresso a causa dei molti ostacoli <strong>che</strong>possono intervenire, <strong>di</strong> tipo sia epistemologico (scientifico) <strong>che</strong> economico oideologico-culturale. An<strong>che</strong> rispetto al progresso <strong>della</strong> scienza, così come <strong>per</strong> laver<strong>it</strong>à, non c'è una legge certa ma solo un ideale (un cr<strong>it</strong>erio) regolativo, fiduciosonell'avvento <strong>di</strong> teorie mi<strong>gli</strong>ori e più verosimili. La scienza, scrive Pop<strong>per</strong>, non va28


considerata come un e<strong>di</strong>ficio stabile, basato su solida roccia, ma come unacostruzione su palaf<strong>it</strong>te e <strong>per</strong>ciò precaria.Occorre an<strong>che</strong> osservare <strong>che</strong> il principio <strong>di</strong> falsificabil<strong>it</strong>à, mentre è semplice dalpunto <strong>di</strong> vista logico (secondo l'argomentazione: "se la teoria T è vera allora saràvera an<strong>che</strong> la sua conseguenza C; ma C è falsa, quin<strong>di</strong> an<strong>che</strong> T è falsa") è inveceassai complesso ed incerto dal punto <strong>di</strong> vista metodologico. Infatti lafalsificazione <strong>di</strong> una teoria, allorquando almeno una delle conseguenze (dei casi)derivabili si sia <strong>di</strong>mostrata falsa (l'osservazione <strong>di</strong> un cigno nero dopo le precedentiosservazioni <strong>di</strong> cigni tutti bianchi) non ci da una garanzia certa <strong>che</strong> davveroquella teoria non sia valida <strong>per</strong>ché è sempre possibile sba<strong>gli</strong>are nelle procedurestesse <strong>di</strong> controllo e <strong>di</strong> falsificazione, eliminando una teoria <strong>di</strong> <strong>per</strong> sé invececonfermabile. Quin<strong>di</strong> non vi sono né teorie defin<strong>it</strong>ivamente certe né teoriesicuramente falsificate.Ma allora quale cr<strong>it</strong>erio o regola si può seguire? Pop<strong>per</strong> risponde <strong>che</strong> al massimosi può seguire una regola <strong>di</strong> preferenza (non <strong>di</strong> certezza), secondo cui una teoria èmi<strong>gli</strong>ore e preferibile ad un'altra se ha un maggior contenuto informativo, cioè sespiega <strong>di</strong> più soprattutto dove l'altra ha fall<strong>it</strong>o, e se sembra corrispondere me<strong>gli</strong>o aifatti; le teorie non possono mai essere defin<strong>it</strong>ivamente <strong>di</strong>mostrate, ma tutt'al piùcorroborate (rafforzate): è questa la tesi <strong>della</strong> preferenza e corroborazione delleteorie.Il rifiuto <strong>della</strong> concezione fondazionalista e giustificazionista del sa<strong>per</strong>e.La tesi secondo cui una teoria è scientifica solo se è falsificabile, se è cioè formulatain modo tale <strong>che</strong> risulti possibile sottoporre a controllo le conseguenze <strong>che</strong> nederivano al fine <strong>di</strong> confermare o falsificare la teoria stessa, conduce Pop<strong>per</strong> arespingere il modello classico fondazionalista e giustificazionista del sa<strong>per</strong>e,con<strong>di</strong>viso sia dai razionalisti <strong>che</strong> da<strong>gli</strong> empiristi come pure da Kant, il qualemodello concepisce la scienza come un insieme <strong>di</strong> ver<strong>it</strong>à dotate <strong>di</strong> un fondamentocerto (fondazionalismo) <strong>che</strong> la <strong>filosofia</strong> ha il comp<strong>it</strong>o <strong>di</strong> scoprire e <strong>di</strong> giustificare(giustificazionismo).Al contrario, Pop<strong>per</strong> afferma <strong>che</strong>:1. il nostro sa<strong>per</strong>e è sostanzialmente problematico e incerto;2. la scienza è <strong>per</strong> definizione fallibile e autocorreggibile;3. non ha senso la pretesa <strong>di</strong> giustificare in via defin<strong>it</strong>iva la nostra conoscenza;4. l'uomo non può possedere la ver<strong>it</strong>à ma solo cercarla in una ricerca maiconclusa.Questa concezione <strong>della</strong> ver<strong>it</strong>à e <strong>della</strong> scienza avvicina Pop<strong>per</strong> a Socrate, il quale,<strong>di</strong>cendo <strong>che</strong> "io so <strong>di</strong> non sa<strong>per</strong>e", affermava come Pop<strong>per</strong> <strong>che</strong> tutte le conoscenzeumane sono incerte e <strong>che</strong> la ricerca <strong>della</strong> ver<strong>it</strong>à non ha mai fine.2929


30Il realismo <strong>di</strong> Pop<strong>per</strong> contro l'essenzialismo e lo strumentalismo.Per Pop<strong>per</strong>, da un lato, la scienza non può pretendere <strong>di</strong> spiegare l'essenza certa,ultima e defin<strong>it</strong>iva <strong>della</strong> realtà (essenzialismo), ma neppure, dall'altro lato, è dar<strong>it</strong>enersi un semplice e utile strumento <strong>di</strong> previsione, <strong>che</strong> ha valore pratico ma nonteorico, conosc<strong>it</strong>ivo (strumentalismo).Tra essenzialismo e strumentalismo Pop<strong>per</strong> sce<strong>gli</strong>e una terza via: quella del"realismo oggettivo", basato sull'idea <strong>di</strong> una corrispondenza, all'interno <strong>di</strong> unateoria, fra proposizioni (<strong>della</strong> teoria) e fatti (<strong>della</strong> realtà). La scienza non può mai<strong>per</strong>venire a spiegazioni essenziali (= del <strong>per</strong>ché) dei fenomeni, ma le teoriescientifi<strong>che</strong> non sono esclusivamente strumenti <strong>di</strong> previsione e <strong>di</strong> calcolo; sonoinvece enunciati (affermazioni, spiegazioni) <strong>che</strong> ci informano, an<strong>che</strong> se in modoincompleto, sulla realtà e <strong>che</strong>, rispetto ad essa, possono essere vere o false.È vero, <strong>di</strong>ce Pop<strong>per</strong>, <strong>che</strong> le teorie scientifi<strong>che</strong> sono una costruzione <strong>della</strong> nostramente, ma non è vero <strong>che</strong> siano senza rapporto alcuno con la realtà, <strong>che</strong> sianocioè del tutto convenzionali e relative, come vedremo sarà sostenuto da<strong>gli</strong>epistemologi post-pop<strong>per</strong>iani quali Khun, Lakatos e Feyerabend: le teoriescientifi<strong>che</strong>, <strong>di</strong>chiara Pop<strong>per</strong>, devono poter "cozzare" contro la realtà (confrontarsicon la realtà). Solo in questo modo infatti le teorie possono essere <strong>di</strong>chiarate vereo false, altrimenti tutto <strong>di</strong>venta relativo e inconsistente.Certamente, ammette Pop<strong>per</strong>, il realismo non è <strong>di</strong>mostrabile ( non si può<strong>di</strong>mostrare <strong>che</strong> vi sia corrispondenza sicura fra teoria e realtà), <strong>per</strong>ò non è nemmenoconfutabile (non si può nemmeno <strong>di</strong>mostrare <strong>che</strong> è infondato). In ogni caso,conclude Pop<strong>per</strong>, a favore <strong>della</strong> realismo vi è una serie <strong>di</strong> argomenti <strong>che</strong> fanno <strong>di</strong>esso l'ipotesi più cre<strong>di</strong>bile e ai quali non è stata contrapposta finora alcunaalternativa valida.Per corroborare (rafforzare) l'ipotesi realista, vale a <strong>di</strong>re <strong>che</strong> vi sia corrispondenzafra teoria e realtà, Pop<strong>per</strong> elabora la cosiddetta teoria dei tre mon<strong>di</strong>:il mondo 1 è quello delle cose e dei fatti naturali; è il mondo fisico reale;il mondo 2 è quello <strong>della</strong> coscienza in<strong>di</strong>viduale e delle es<strong>per</strong>ienze soggettive,ossia è il mondo dei pensieri, delle sensazioni e dei sentimenti in<strong>di</strong>viduali;il mondo 3 è quello <strong>della</strong> conoscenza e delle teorie, non solo scientifi<strong>che</strong> maan<strong>che</strong> metafisi<strong>che</strong>, religiose, m<strong>it</strong>i<strong>che</strong>, ecc., le quali non <strong>di</strong>pendono da<strong>gli</strong> statid'animo soggettivi del mondo 2 ma hanno una loro oggettiv<strong>it</strong>à poichétrascendono (oltrepassano) <strong>gli</strong> in<strong>di</strong>vidui: si tratta del carattere intersoggettivo estorico delle idee e delle conoscenze <strong>che</strong> caratterizzano una società o ungruppo sociale in ogni predeterminato <strong>per</strong>iodo storico e <strong>che</strong> hanno quin<strong>di</strong> unvalore oggettivo.L'ipotesi realista, ossia il realismo <strong>di</strong> Pop<strong>per</strong>, si basa sul terzo mondo, poiché leteorie del mondo 3, attraverso <strong>gli</strong> in<strong>di</strong>vidui del mondo 2, possono agire sul mondo 1,renderlo comprensibile, an<strong>che</strong> se non in modo completo e defin<strong>it</strong>ivo, ed an<strong>che</strong>mo<strong>di</strong>ficarlo, ossia utilizzarlo e sfruttarlo.Il mondo 3, quello delle teorie, assomi<strong>gli</strong>a al mondo delle idee <strong>di</strong> Platone <strong>per</strong>ché siale teorie sia le idee platoni<strong>che</strong> sono in<strong>di</strong>pendenti dal singolo in<strong>di</strong>viduo e dalla30


coscienza soggettiva. Tuttavia, mentre le idee <strong>di</strong> Platone sono immutabili, le teorieinvece mutano col trascorrere delle epo<strong>che</strong> stori<strong>che</strong> e col progresso conosc<strong>it</strong>ivo.31La riabil<strong>it</strong>azione <strong>della</strong> metafisica.Abbiamo visto <strong>che</strong> <strong>per</strong> Pop<strong>per</strong> la linea <strong>di</strong> demarcazione tra scienza e nonscienza non è cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>a, come <strong>per</strong> i neopos<strong>it</strong>ivisti, dal principio <strong>di</strong> verificazione,bensì dal cr<strong>it</strong>erio o principio <strong>di</strong> falsificabil<strong>it</strong>à. Da questo punto <strong>di</strong> vista an<strong>che</strong> <strong>per</strong>Pop<strong>per</strong> la metafisica non è una scienza, in quanto le sue teorie non sonofalsificabili poiché derivano solo dal ragionamento e non possono essere controllates<strong>per</strong>imentalmente. Ma ciò non significa, precisa Pop<strong>per</strong>, <strong>che</strong> le teorie metafisi<strong>che</strong>siano insensate, come invece sostenevano i neopos<strong>it</strong>ivisti. Infatti noicompren<strong>di</strong>amo benissimo <strong>che</strong> cosa i metafisici vo<strong>gli</strong>ono <strong>di</strong>re, ossia quale è il sensodelle teorie metafisi<strong>che</strong>, an<strong>che</strong> se non siamo in grado <strong>di</strong> controllare attraversol'es<strong>per</strong>ienza la loro vali<strong>di</strong>tà. Molti gran<strong>di</strong> problemi filosofici, come quellicosmologici, etici, pol<strong>it</strong>ici, ecc., sono problemi metafisici, ma non <strong>per</strong> questo si puòimmaginare <strong>che</strong> si possano semplicemente scartare come privi <strong>di</strong> senso.Oltretutto, prosegue Pop<strong>per</strong>, non si può negare <strong>che</strong>, accanto alle idee metafisi<strong>che</strong><strong>che</strong> hanno ostacolato il cammino <strong>della</strong> scienza (come le idee <strong>di</strong> essenza, <strong>di</strong>sostanza, ecc.) ve ne sono altre, come l'atomismo <strong>di</strong> Democr<strong>it</strong>o, <strong>che</strong> hanno aiutatoil progresso scientifico e <strong>che</strong> ad<strong>di</strong>r<strong>it</strong>tura si sono trasformate in teorie scientifi<strong>che</strong>.Anzi, le gran<strong>di</strong> idee metafisi<strong>che</strong> del realismo (contro l'idealismo), dell'or<strong>di</strong>ne equin<strong>di</strong> <strong>della</strong> conoscibil<strong>it</strong>à e misurabil<strong>it</strong>à dell'universo, nonché del principio <strong>di</strong>causal<strong>it</strong>à, hanno consent<strong>it</strong>o quella visione razionale del mondo da cui è nata la stessascienza moderna. Le idee metafisi<strong>che</strong> possono contribuire tuttora a costruire leipotesi scientifi<strong>che</strong> <strong>che</strong> vengono formulate <strong>per</strong> risolvere i problemi <strong>che</strong> la scienzaincontra.Certo, una teoria metafisica è più vaga e soprattutto incontrollabile <strong>di</strong> una teoriascientifica, ma è pur sempre anch'essa cr<strong>it</strong>icabile razionalmente e <strong>di</strong>scutibile al fine<strong>di</strong> giu<strong>di</strong>care quanto efficacemente risolve i suoi problemi, se propone soluzioni piùnuove e mi<strong>gli</strong>ori <strong>di</strong> una teoria rivale, ecc.Mente e corpo. Nuvole e orologi. Determinismo e indeterminismo.Nel libro "L'io e il suo cervello" Pop<strong>per</strong> affronta il problema dei rapporti tramente e corpo, considerato il più <strong>di</strong>fficile <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong>. Tale problema, secondoPop<strong>per</strong>, non può essere risolto né in modo esclusivamente spir<strong>it</strong>uale o idealisticoné in modo esclusivamente materialistico <strong>per</strong>ché, da un lato, non si può dub<strong>it</strong>are,in quanto evidente, <strong>della</strong> coscienza e dell'autocoscienza (la mente) e, dall'altro lato,non si può dub<strong>it</strong>are nemmeno <strong>della</strong> materia (corpo), in quanto altrettanto evidente.Al riguardo Pop<strong>per</strong> ha una concezione dualistica <strong>della</strong> realtà simile al dualismo <strong>di</strong>Cartesio, <strong>che</strong> contrapponeva e faceva coesistere nella realtà sia lo spir<strong>it</strong>o, il pensiero31


(res cog<strong>it</strong>ans), sia la materia (res extensa). A <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> Cartesio, <strong>per</strong>ò, Pop<strong>per</strong> nonconcepisce lo spir<strong>it</strong>o e la materia come sostanze, cioè ognuna come realtà in sestessa, bensì come due mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> presentarsi <strong>della</strong> medesima realtà, due punti <strong>di</strong> vistatra <strong>di</strong> essi interagenti, ossia in rapporto <strong>di</strong> azione reciproca. Infatti, pur nonconoscendo "come", tuttavia constatiamo <strong>che</strong> mente e corpo interagiscono fra<strong>di</strong> loro: la mente influenza il corpo e viceversa. In conclusione, il problema delrapporto fra anima e corpo non si spiega facilmente ma si può constatare in modoevidente ed è giu<strong>di</strong>cato da Pop<strong>per</strong> non già in termini <strong>di</strong> rapporto tra due sostanze,come in Cartesio, bensì in termini <strong>di</strong> rapporto interattivo tra due mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> essere <strong>della</strong>realtà.Pop<strong>per</strong> interviene poi nella <strong>di</strong>sputa tra deterministi (i quali sostengono <strong>che</strong> tuttociò <strong>che</strong> accade avviene necessariamente e <strong>che</strong> ogni fatto è predeterminato) eindeterministi (i quali invece sostengono <strong>che</strong> tutto ciò <strong>che</strong> accade avviene <strong>per</strong> caso).Pop<strong>per</strong> parla <strong>di</strong> "nuvole" con riferimento alla concezione indeterministica,secondo cui i sistemi (i fenomeni) fisici sono in prevalenza irregolari, <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>nati,impreve<strong>di</strong>bili e indeterminabili come il gas (nuvole), e parla <strong>di</strong> "orologi" conriferimento alla concezione deterministica, secondo cui i sistemi (i fenomeni)fisici sono in prevalenza regolari, or<strong>di</strong>nati, preve<strong>di</strong>bili e determinabili, come ipendoli e il sistema solare. Con Newton è prevalsa la tesi deterministica, secondocui i fenomeni non sono come nuvole ma come orologi. Con il crollo <strong>della</strong> fisicaclassica e col sorgere <strong>della</strong> teoria <strong>della</strong> relativ<strong>it</strong>à e <strong>della</strong> teoria dei quanti èprevalsa invece la tesi indeterministica, secondo cui i fenomeni non sono comeorologi ma come nuvole.Inoltre il determinismo, avverte Pop<strong>per</strong>, sostenendo <strong>che</strong> tutti i fatti e <strong>gli</strong> eventi delmondo fisico sono predeterminati, <strong>di</strong>strugge ogni idea <strong>di</strong> creativ<strong>it</strong>à e <strong>di</strong> libertà.L'indeterminismo invece rappresenta una con<strong>di</strong>zione preliminare necessaria, an<strong>che</strong>se in sé non sufficiente, <strong>per</strong> r<strong>it</strong>enere <strong>che</strong> l'azione umana possieda una sua libertà. Ècon<strong>di</strong>zione necessaria ma non sufficiente <strong>per</strong>ché l'indeterminismo, <strong>che</strong> attribuisceal caso <strong>gli</strong> eventi <strong>che</strong> accadono, non garantisce ancora la credenza nella libertàdell'agire umano. La con<strong>di</strong>zione <strong>per</strong> poter pensare <strong>che</strong> il comportamentoumano sia libero e razionale è piuttosto qualcosa <strong>di</strong> interme<strong>di</strong>o tradeterminismo e indeterminismo, fra orologi e nuvole. Ciò <strong>che</strong> <strong>di</strong>stingue la libertàdell'agire umano dall'indeterminazione casuale (dal prodotto del caso) e dallapredeterminazione necess<strong>it</strong>ata (i fatti e <strong>gli</strong> eventi come conseguenza necessaria <strong>di</strong>rapporti meccanici e predeterminati <strong>di</strong> causa-effetto) sta nel controllo deicomportamenti tram<strong>it</strong>e la razional<strong>it</strong>à cr<strong>it</strong>ica, <strong>che</strong> è possibile in quei sistemiorganici complessi cost<strong>it</strong>uenti <strong>gli</strong> esseri umani. È libero chi non agisce a casaccio,ma secondo progetti <strong>di</strong> soluzione dei problemi <strong>che</strong> incontra, controllando irisultati e imparando dai propri errori.3232


33La miseria dello storicismo.Già nel saggio "Che cos'è la <strong>di</strong>alettica" Pop<strong>per</strong> inizia ad interessarsi ai problemi <strong>di</strong><strong>filosofia</strong> sociale e, <strong>per</strong> primo, ai problemi <strong>della</strong> metodologia delle scienze sociali.Dopo aver precisato <strong>che</strong> la contrad<strong>di</strong>zione logica non deve essere confusa con lacontrad<strong>di</strong>zione-opposizione <strong>di</strong>alettica, <strong>che</strong> è cosa ben <strong>di</strong>versa, Pop<strong>per</strong> cr<strong>it</strong>ica ilmetodo <strong>di</strong>alettico applicato alle scienze sociali e allo stu<strong>di</strong>o <strong>della</strong> <strong>storia</strong>, <strong>di</strong>chiarando<strong>che</strong> esso è un frainten<strong>di</strong>mento del metodo scientifico. Il metodo scientifico infattinon è caratterizzato né dal compiersi necessario <strong>della</strong> sintesi fra tesi e ant<strong>it</strong>esi nédalla conservazione necessaria, nella sintesi, <strong>della</strong> tesi e dell'ant<strong>it</strong>esi, come invecepretendono i <strong>di</strong>alettici. La <strong>di</strong>alettica, conclude Pop<strong>per</strong>, o è banale tautologia (non<strong>di</strong>ce niente <strong>di</strong> nuovo) oppure è teoria <strong>che</strong> <strong>per</strong>mette <strong>di</strong> giustificare tutto ciò <strong>che</strong> accadenella realtà, secondo il principio hegeliano dell'ident<strong>it</strong>à <strong>di</strong> reale e razionale, in quantonon essendo falsificabile sfugge al controllo dell'es<strong>per</strong>ienza.Nell'o<strong>per</strong>a "La miseria dello storicismo" Pop<strong>per</strong> sviluppa ulteriormentel'interesse <strong>per</strong> la <strong>filosofia</strong> sociale e pol<strong>it</strong>ica. In tale o<strong>per</strong>a Pop<strong>per</strong> cr<strong>it</strong>ica sia lostoricismo sia l'olismo.Lo storicismo è quella concezione e quel metodo, applicato alle scienze stori<strong>che</strong> esociali, <strong>che</strong> pretende <strong>di</strong> co<strong>gli</strong>ere e in<strong>di</strong>viduare le leggi <strong>di</strong> fondo dello sviluppo <strong>della</strong><strong>storia</strong> umana in modo da prevederne <strong>gli</strong> acca<strong>di</strong>menti successivi. Invece, <strong>per</strong> Pop<strong>per</strong>,lo storicismo non si accorge <strong>che</strong> <strong>gli</strong> sviluppi <strong>della</strong> <strong>storia</strong> sono impreve<strong>di</strong>bili equin<strong>di</strong> è impossibile trovarne le leggi. Tutt'al più possono essere scorte talunetendenze, <strong>che</strong> sono <strong>per</strong>ò cosa ben <strong>di</strong>versa da una legge. In realtà, <strong>di</strong>ce Pop<strong>per</strong>, la<strong>storia</strong> umana non ha alcun senso eccetto quello <strong>che</strong> le <strong>di</strong>amo noi, ma ognuno lo dàsecondo i suoi punti <strong>di</strong> vista e la sua ideologia.L'olismo (dall'inglese "all"= tutto) è quella concezione de<strong>gli</strong> storicisti <strong>che</strong> pretende<strong>di</strong> co<strong>gli</strong>ere la total<strong>it</strong>à <strong>della</strong> realtà storica e sociale <strong>di</strong> una società o ad<strong>di</strong>r<strong>it</strong>tura <strong>di</strong> tuttal'uman<strong>it</strong>à, sulla quale basare un corrispondente programma pol<strong>it</strong>ico <strong>di</strong>trasformazione o rivoluzione sociale. Ma è un grave errore, <strong>di</strong>ce Pop<strong>per</strong>, pensare <strong>di</strong>poter co<strong>gli</strong>ere la total<strong>it</strong>à non solo <strong>di</strong> tutto il mondo ma an<strong>che</strong> <strong>di</strong> un piccoloinsignificante pezzo <strong>di</strong> mondo, <strong>per</strong>ché tutte le teorie possono co<strong>gli</strong>ere soltanto aspettiparticolari <strong>della</strong> realtà e tutte sono, <strong>per</strong> principio, falsificabili (non sono defin<strong>it</strong>ive evalide <strong>per</strong> sempre). In via <strong>di</strong> fatto poi l'olismo si trasforma quasi semprenell'utopismo (nell'elaborazione <strong>di</strong> utopie sociali) e nel total<strong>it</strong>arismo (in unprogramma <strong>di</strong> società autor<strong>it</strong>aria in cui lo Stato vuole controllare tutto, non solo lav<strong>it</strong>a pubblica ma an<strong>che</strong> quella privata e le idee dei c<strong>it</strong>ta<strong>di</strong>ni). Ogni utopia <strong>di</strong>ventaprima o poi autor<strong>it</strong>aria e total<strong>it</strong>aria: vuole cambiare completamente la società<strong>per</strong>ché crede <strong>di</strong> sa<strong>per</strong>e quale sia la società <strong>per</strong>fetta e <strong>per</strong> far questo è <strong>di</strong>sposta atutto, ad usare an<strong>che</strong> la forza e la costrizione, imprigionando o ad<strong>di</strong>r<strong>it</strong>tura mandandoa morte chi la pensa <strong>di</strong>versamente. Ma niente ci assicura <strong>che</strong> la nuova società nonsia invece peggiore, <strong>per</strong>ché non è possibile tenere sotto controllo "tutto" quandosi vuole cambiare "tutto" (total<strong>it</strong>arismo). Per Pop<strong>per</strong> invece il comportamentopol<strong>it</strong>ico razionale è quello del riformismo graduale, <strong>che</strong> <strong>per</strong>mette <strong>di</strong> dosare <strong>gli</strong>33


interventi, <strong>di</strong> provare la vali<strong>di</strong>tà dei cambiamenti realizzati e <strong>di</strong> conservare quanto <strong>di</strong>buono c'è e c'era nella società <strong>che</strong> si vuol riformare.34La società a<strong>per</strong>ta e i suoi nemici.Nell'o<strong>per</strong>a "La società a<strong>per</strong>ta e i suoi nemici" Pop<strong>per</strong> passa dalla cr<strong>it</strong>icametodologica (contro il metodo) a quella sostanziale (contro le concezioni) dellostoricismo, visto come <strong>filosofia</strong> reazionaria, conservatrice, <strong>per</strong>ché <strong>di</strong>fende la"società chiusa" anziché favorire lo sviluppo <strong>della</strong> "società a<strong>per</strong>ta".La società chiusa è quella total<strong>it</strong>aria, organizzata in modo autor<strong>it</strong>ario e nonrispettosa dei <strong>di</strong>r<strong>it</strong>ti e delle libertà in<strong>di</strong>viduali.La società a<strong>per</strong>ta è invece la società democratica: una società è democratica quandosono democrati<strong>che</strong> le sue ist<strong>it</strong>uzioni (Governo, Parlamento, Magistratura, ecc.). Essaè basato sull'esercizio cr<strong>it</strong>ico <strong>della</strong> ragione e favorisce la libertà dei singoli e dei varigruppi sociali allo scopo <strong>di</strong> risolvere i problemi me<strong>di</strong>ante la graduale attuazione <strong>di</strong>continue riforme.Ciò <strong>che</strong> contrad<strong>di</strong>stingue la democrazia non è tanto lo stabilire chi debbacomandare, se la maggioranza o una minoranza più o meno illuminata o una classesociale o una sola <strong>per</strong>sona, quanto invece il modo in cui sono organizzate leist<strong>it</strong>uzioni pol<strong>it</strong>i<strong>che</strong>, <strong>che</strong> deve essere tale da consentire ai governati la possibil<strong>it</strong>àeffettiva <strong>di</strong> cr<strong>it</strong>icare i governanti e <strong>di</strong> sost<strong>it</strong>uire quelli incapaci e indegni senzaviolenza e spargimento <strong>di</strong> sangue.La maggioranza infatti, <strong>di</strong>ce Pop<strong>per</strong>, non è <strong>di</strong> <strong>per</strong> sé garanzia <strong>di</strong> democratic<strong>it</strong>à<strong>per</strong>ché può an<strong>che</strong> decidere <strong>di</strong> governare <strong>di</strong>spoticamente, senza rispettare i<strong>di</strong>r<strong>it</strong>ti <strong>della</strong> minoranza.La società a<strong>per</strong>ta, democratica, è una società tollerante, ma non è tenuta e nondeve essere tollerante fino all'eccesso, nel senso <strong>che</strong> è suo dovere <strong>di</strong>fendere <strong>it</strong>olleranti ma combattere <strong>gli</strong> intolleranti <strong>per</strong> ev<strong>it</strong>are <strong>che</strong> i primi siano <strong>di</strong>strutti.Pop<strong>per</strong> parla in propos<strong>it</strong>o del "paradosso <strong>della</strong> tolleranza" quando è concep<strong>it</strong>apuramente fine a se stessa, senza se e senza ma. L'unico caso in cui è ammessa unarivoluzione violenta è <strong>per</strong> abbattere un eventuale <strong>di</strong>ttatura, rivoluzione <strong>che</strong>comunque deve avere l'unico scopo <strong>di</strong> instaurare la democrazia. In tutti <strong>gli</strong> altri casila violenza genera sempre maggior violenza e le rivoluzioni violente uccidono irivoluzionari e corrompono i loro ideali.In base alla sua concezione pol<strong>it</strong>ica Pop<strong>per</strong> <strong>di</strong>stingue due soli tipi <strong>di</strong> governo: igoverni democratici e i governi non democratici. E<strong>gli</strong> è un sosten<strong>it</strong>ore <strong>della</strong>libertà in<strong>di</strong>viduale e collettiva contro lo strapotere dello Stato (contro lostatalismo) e la prepotenza <strong>della</strong> burocrazia. Tuttavia riconosce <strong>che</strong> lo Stato è unmale necessario. Ciò <strong>che</strong> conta allora è la possibil<strong>it</strong>à <strong>di</strong> risolvere razionalmente iconfl<strong>it</strong>ti. Per Pop<strong>per</strong> i più gran<strong>di</strong> ideali sociali e pol<strong>it</strong>ici sono la giustizia e lalibertà, ma la libertà viene prima <strong>della</strong> giustizia, poiché in una società libera,attraverso la cr<strong>it</strong>ica ed il controllo dei governanti nonché attraverso riforme34


tempestive, si potrà giungere an<strong>che</strong> alla giustizia, mentre in una società chiusa,total<strong>it</strong>aria e <strong>di</strong>ttatoriale, dove la cr<strong>it</strong>ica non è possibile, nemmeno la giustizia saràraggiunta <strong>per</strong>ché ci sarà sempre la classe privilegiata dei capi e capetti pol<strong>it</strong>ici, deiburocrati e dei "servi del tiranno".Alla base <strong>di</strong> questa <strong>di</strong>fesa razionale e appassionata delle ist<strong>it</strong>uzioni democrati<strong>che</strong> c'èla "fede nella ragione", nel razionalismo. Esso attribuisce valore al ragionamento eal controllo dei fatti me<strong>di</strong>ante l'es<strong>per</strong>ienza, <strong>per</strong>ò il razionalismo è una decisione <strong>di</strong>v<strong>it</strong>a <strong>che</strong> non può essere a sua volta <strong>di</strong>mostrato, <strong>per</strong>ché non è <strong>di</strong> caratterepuramente logico-intellettuale ma è soprattutto una scelta <strong>di</strong> carattere morale.Tuttavia, argomenta Pop<strong>per</strong>, il razionalismo corrisponde a<strong>gli</strong> ideali uman<strong>it</strong>ari me<strong>gli</strong>odell'irrazionalismo <strong>che</strong> rifiuta e non riconosce l'ugua<strong>gli</strong>anza dei <strong>di</strong>r<strong>it</strong>ti.Quin<strong>di</strong>, dopo aver illustrato i pregi <strong>della</strong> società a<strong>per</strong>ta, democratica, e delrazionalismo, Pop<strong>per</strong> passa in rassegna quelli <strong>che</strong> e<strong>gli</strong> chiama i principali nemici<strong>della</strong> società a<strong>per</strong>ta, cioè i sosten<strong>it</strong>ori <strong>della</strong> società chiusa e dello storicismo.Già in Eracl<strong>it</strong>o, a causa <strong>della</strong> sua idea <strong>di</strong> un destino spietato e ferreo <strong>che</strong> domina lav<strong>it</strong>a e la <strong>storia</strong> umana, Pop<strong>per</strong> vede emergere lo storicismo e la concezione <strong>di</strong> unasocietà chiusa, <strong>che</strong> non <strong>per</strong>mette all'uomo <strong>di</strong> progettare programmi <strong>di</strong> razionaleorganizzazione sociale e nemmeno sogni utopistici. Ma, secondo Pop<strong>per</strong>, ilprincipale esponente dello storicismo e <strong>della</strong> società chiusa nel pensiero antico èPlatone. Il modello <strong>di</strong> Stato <strong>di</strong> Platone, scrive Pop<strong>per</strong>, è quello <strong>di</strong> uno Stato rigido,basato su <strong>di</strong> una ferrea <strong>di</strong>visione <strong>di</strong> classe (i governanti, i guerrieri, i conta<strong>di</strong>ni e <strong>gli</strong>artigiani) <strong>che</strong> esclude ogni mutamento e affida il comando non a<strong>gli</strong> eletti ma aifilosofi <strong>che</strong> <strong>di</strong>ventano dei re. La Repubblica <strong>di</strong> Platone è lo stato del razzismo e delprivilegio; preferisce la sicurezza alla libertà. Non era così con Socrate, umilericercatore <strong>della</strong> ver<strong>it</strong>à e quin<strong>di</strong> democratico. Nel pensiero moderno Pop<strong>per</strong>in<strong>di</strong>vidua poi il ripresentarsi dell'ideologia storicista e dei nemici <strong>della</strong> societàa<strong>per</strong>ta in Hegel e Marx.È vero, riconosce Pop<strong>per</strong>, <strong>che</strong> Hegel ha avuto il mer<strong>it</strong>o <strong>di</strong> farci capire <strong>che</strong> le idee e lamental<strong>it</strong>à de<strong>gli</strong> uomini sono in larga misura il prodotto dell'evoluzione storica esociale, ma la sua colpa è quella <strong>di</strong> avere identificato il reale col razionale,giustificando quin<strong>di</strong> tutto ciò <strong>che</strong> accade nella <strong>storia</strong>, an<strong>che</strong> i fatti più ingiusti e<strong>di</strong>sumani, e finendo col considerare lo Stato prussiano come quello su<strong>per</strong>iore a tutti.È da questa concezione dello Stato, considerato non come ist<strong>it</strong>uzione umana, quin<strong>di</strong>mo<strong>di</strong>ficabile e mi<strong>gli</strong>orabile, ma come manifestazione dello Spir<strong>it</strong>o, e quin<strong>di</strong>immo<strong>di</strong>ficabile e non cr<strong>it</strong>icabile, <strong>che</strong> nascono i total<strong>it</strong>arismi (fascismo, nazismo,comunismo) <strong>che</strong> hanno tormentato il ventesimo secolo.Marx, a sua volta, viene accusato <strong>di</strong> aver attribu<strong>it</strong>o un'importanza assoluta edesagerata alla struttura economica <strong>della</strong> società rispetto alla sovrastruttura, cioèrispetto alle idee, a<strong>gli</strong> ideali e alla cultura, facendo in tal modo non <strong>della</strong> scienza ma<strong>della</strong> metafisica dogmatica (non <strong>di</strong>scutibile e non cr<strong>it</strong>icabile). I marxisti poi hannousato tutta una serie <strong>di</strong> stratagemmi artificiosi <strong>per</strong> giustificare le teorie e le previsioni<strong>di</strong> Marx an<strong>che</strong> quando risultavano sba<strong>gli</strong>ate e sment<strong>it</strong>e dalla <strong>storia</strong>, pur <strong>di</strong> nonmettere in crisi e far crollare l'intero sistema e ideologia marxista. Ma in questomodo hanno infranto la legge più importante <strong>della</strong> ricerca scientifica, cioè il3535


principio <strong>di</strong> falsificazione. Pop<strong>per</strong> riconosce <strong>che</strong> Marx ci ha fatto capire molte cose emolte ingiustizie <strong>della</strong> società del suo tempo nonché l'importanza, <strong>per</strong>ò nondeterminante, <strong>della</strong> struttura economica nello sviluppo <strong>della</strong> <strong>storia</strong> sociale. Riconoscean<strong>che</strong> <strong>gli</strong> ideali uman<strong>it</strong>ari del marxismo e la sua cr<strong>it</strong>ica a<strong>gli</strong> eccessi del cap<strong>it</strong>alismo.Respinge <strong>per</strong>ò lo storicismo <strong>di</strong>alettico marxista (il materialismo storico e ilmaterialismo <strong>di</strong>alettico), <strong>che</strong> si è trasformato in determinismo economico (ciò <strong>che</strong>conta ed è determinante è solo la struttura economica e non an<strong>che</strong> le idee e lacultura) ed in utopia e, conseguentemente, in ideologia total<strong>it</strong>aria (società chiusa).Per tutto quanto sopra considerato, la <strong>filosofia</strong> <strong>di</strong> Pop<strong>per</strong> è stata defin<strong>it</strong>a"razionalismo cr<strong>it</strong>ico": razionalismo <strong>per</strong> la fiducia nelle capac<strong>it</strong>à <strong>della</strong> ragioneumana; cr<strong>it</strong>ico <strong>per</strong>ché esso deve sempre essere controllato in base all'es<strong>per</strong>ienza e<strong>per</strong>ché, inoltre, non è possibile giustificare (spiegare) razionalmente la fiducia nellaragione, la quale rimane un atto <strong>di</strong> fede <strong>per</strong> la mancanza <strong>di</strong> un concetto filosoficounivoco e generale <strong>di</strong> razional<strong>it</strong>à.Riassumendo, i capisal<strong>di</strong> del razionalismo cr<strong>it</strong>ico <strong>di</strong> Pop<strong>per</strong> possono essereconsiderati quelli seguenti:1. l'aver sost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o il principio <strong>della</strong> falsificazione a quello <strong>della</strong> verificazione;2. l'aver elaborato il concetto <strong>della</strong> corroborazione delle teorie;3. l'aver concep<strong>it</strong>o la scienza come ricerca continua <strong>che</strong> <strong>per</strong>ò non giunge mai allafine, <strong>che</strong> non giunge mai a ver<strong>it</strong>à defin<strong>it</strong>ive ma sempre falsificabili;4. l'aver lodato l'importanza dell'errore <strong>che</strong>, quando è compreso, ci consente <strong>di</strong>correggere i nostri sba<strong>gli</strong>;5. l'aver <strong>di</strong>feso la democrazia, il <strong>di</strong>r<strong>it</strong>to in<strong>di</strong>viduale alla libertà e il riformismocontro i total<strong>it</strong>arismi.3636


37L’EPISTEMOLOGIA POST-POPPERIANA O POST-POSITIVISTICA.Per "epistemologia post-pos<strong>it</strong>ivistica" o "epistemologia post-pop<strong>per</strong>iana" siintende quell'in<strong>di</strong>rizzo epistemologico <strong>che</strong> ha assunto posizioni ra<strong>di</strong>calmente cr<strong>it</strong>i<strong>che</strong>sia nei confronti del neopos<strong>it</strong>ivismo sia <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong> <strong>della</strong> scienza <strong>di</strong> Pop<strong>per</strong>.Tratti salienti <strong>di</strong> tale in<strong>di</strong>rizzo sono:1. l'antiempirismo e l'antifattualismo, ossia la convinzione <strong>che</strong> i "fatti" sono dati(non sussistono in sé ma) solo all'interno <strong>di</strong> determinati quadri concettuali eipotesi teori<strong>che</strong> (primato <strong>della</strong> teoria e <strong>della</strong> costruzione <strong>di</strong> ipotesi scientifi<strong>che</strong>sui dati sensibili);2. l'attenzione <strong>per</strong> la <strong>di</strong>mensione storico-concreta del sa<strong>per</strong>e scientifico ("la<strong>filosofia</strong> <strong>della</strong> scienza senza la <strong>storia</strong> <strong>della</strong> scienza è vuota", scrive Lakatos);3. la messa in evidenza dei con<strong>di</strong>zionamenti extra scientifici (sociali, pratici,metafisici) cui è sottoposta la scienza, vista come attiv<strong>it</strong>à "impura", <strong>che</strong> cioènon vive esclusivamente nel mondo <strong>della</strong> "pura teoria" (concezionepluralistica e talvolta relativistica del sa<strong>per</strong>e);4. l'esclusione <strong>di</strong> una base empirica neutrale in grado <strong>di</strong> fungere da cr<strong>it</strong>erio <strong>di</strong>verificabil<strong>it</strong>à o falsificabil<strong>it</strong>à delle teorie;5. la negazione <strong>di</strong> un presunto metodo unico e fisso del sa<strong>per</strong>e e <strong>di</strong> ogni rigidademarcazione <strong>della</strong> scienza rispetto alle altre attiv<strong>it</strong>à umane extra scientifi<strong>che</strong>;6. il rifiuto del m<strong>it</strong>o <strong>della</strong> ragione e il ri<strong>di</strong>mensionamento del valore conosc<strong>it</strong>ivo<strong>della</strong> scienza;7. la propensione a considerare le teorie non in termini <strong>di</strong> ver<strong>it</strong>à bensì <strong>di</strong>consenso;8. la contestazione dell'epistemologia tra<strong>di</strong>zionale e dei suoi classici interrogativi(Che cos'è la scienza? Qual è il suo metodo? Quali sono i cr<strong>it</strong>eri <strong>per</strong> valutarneil progresso?).Tra i principali esponenti si possono c<strong>it</strong>are Kuhn, Lakatos, Feyerabend, Quine,Goodman.Thomas Kuhn, statun<strong>it</strong>ense (1922-1996).O<strong>per</strong>a principale: La struttura delle rivoluzioni scientifi<strong>che</strong>.Kuhn ha elaborato una concezione epistemologica originale, secondo cui le nuoveteorie non sorgono né dalle verificazioni né dalle falsificazioni ma dallasost<strong>it</strong>uzione del modello esplicativo vigente o "para<strong>di</strong>gma" con uno nuovo.Per Kuhn lo sviluppo storico <strong>della</strong> scienza si articola in "<strong>per</strong>io<strong>di</strong> <strong>di</strong> scienzanormale" e in "<strong>per</strong>io<strong>di</strong> <strong>di</strong> scienza rivoluzionaria", <strong>di</strong> rotture rivoluzionarie.Per "para<strong>di</strong>gma" (visione scientifica del mondo) Kuhn intende un complessoorganizzato <strong>di</strong> teorie, <strong>di</strong> modelli <strong>di</strong> ricerca, <strong>di</strong> prati<strong>che</strong> s<strong>per</strong>imentali ai quali unaparticolare comun<strong>it</strong>à scientifica <strong>per</strong> un certo <strong>per</strong>iodo <strong>di</strong> tempo riconosce il valore <strong>di</strong>fondamento <strong>della</strong> propria prassi. L'astronomia tolemaica e quella co<strong>per</strong>nicana, la37


<strong>di</strong>namica <strong>di</strong> Aristotele e quella <strong>di</strong> Newton, l'ottica corpuscolare e quell'ondulatoria,ecc. sono altrettanti esempi <strong>di</strong> para<strong>di</strong>gmi, <strong>di</strong> visioni <strong>della</strong> scienza.Nel <strong>per</strong>iodo <strong>di</strong> scienza normale <strong>gli</strong> scienziati sono rivolti a consolidare il modello opara<strong>di</strong>gma vigente, risolvendo i problemi emergenti cercando comunque <strong>di</strong>ricondurli entro il para<strong>di</strong>gma stesso. In tal senso, il fallimento <strong>di</strong> una soluzione èvisto <strong>per</strong> lo più non come fallimento del para<strong>di</strong>gma ma del ricercatore. Anziché"falsificare" il para<strong>di</strong>gma, <strong>gli</strong> scienziati nel <strong>per</strong>iodo <strong>di</strong> scienza normale cercanopiuttosto <strong>di</strong> riformularlo, <strong>di</strong> correggerlo e adeguarlo. La scienza normale ècumulativa e lo scienziato normale non cerca la nov<strong>it</strong>à. Ma la nov<strong>it</strong>à prima poiappare. Quanto più il para<strong>di</strong>gma viene sviluppato e aumenta il contenuto informativo<strong>della</strong> teoria, tanto più essa è esposta al rischio <strong>della</strong> sment<strong>it</strong>a.Si producono <strong>per</strong>io<strong>di</strong> <strong>di</strong> scienza rivoluzionaria quando le anomalie all'interno delpara<strong>di</strong>gma su<strong>per</strong>ano una certa so<strong>gli</strong>a, determinando una vera e propria crisirivoluzionaria all'interno del para<strong>di</strong>gma medesimo. Di fronte all'eccesso <strong>di</strong> anomalie<strong>gli</strong> scienziati <strong>per</strong>dano la fiducia nella teoria <strong>che</strong> prima avevano abbracciato. La crisicessa con l'abbandono del vecchio para<strong>di</strong>gma e con l'accettazione <strong>di</strong> un nuovosistema, <strong>di</strong> un nuovo para<strong>di</strong>gma, col quale guardare al mondo in manieracompletamente <strong>di</strong>versa. Col nuovo para<strong>di</strong>gma <strong>gli</strong> scienziati adottano nuovi strumentie si in<strong>di</strong>rizzano verso nuove <strong>di</strong>rezioni. Durante le rivoluzioni scientifi<strong>che</strong> <strong>gli</strong>scienziati vedono cose nuove e <strong>di</strong>verse an<strong>che</strong> guardando con <strong>gli</strong> strument<strong>it</strong>ra<strong>di</strong>zionali; <strong>gli</strong> oggetti familiari sono visti sotto una luce <strong>di</strong>fferente e sono accostatiad oggetti insol<strong>it</strong>i.I vari para<strong>di</strong>gmi <strong>che</strong> si succedono nella <strong>storia</strong> <strong>della</strong> scienza rimandano a quadriconcettuali ( a concetti) e ad interpretazioni scientifi<strong>che</strong> del mondo completamente<strong>di</strong>versi, fra i quali vige, secondo Kuhn, una sostanziale incommensurabil<strong>it</strong>à(impossibil<strong>it</strong>à <strong>di</strong> confronto). Tale incommensurabil<strong>it</strong>à impe<strong>di</strong>sce il confronto cr<strong>it</strong>ico(nel senso <strong>di</strong> Pop<strong>per</strong>) fra i vari para<strong>di</strong>gmi in competizione e quin<strong>di</strong> rende impossibileogni cr<strong>it</strong>erio <strong>di</strong> scelta, compresi possibili "es<strong>per</strong>imenti cruciali" capaci <strong>di</strong> metterli allaprova (l'es<strong>per</strong>imento cruciale, dalle croci erette nei bivi <strong>per</strong> in<strong>di</strong>care la separazionedelle vie, è quell'es<strong>per</strong>imento <strong>che</strong> consente <strong>di</strong> sce<strong>gli</strong>ere l'ipotesi più vera o verosimiletra le varie ipotesi possibili <strong>per</strong> la spiegazione <strong>di</strong> un fenomeno): ogni osservazioneempirica assume un significato <strong>di</strong>verso a seconda del contesto teorico in cui la siinterpreta, <strong>per</strong> cui non è <strong>di</strong>sponibile un comune quadro comparativo.Ma allora, posta l'incommensurabil<strong>it</strong>à fra i vari para<strong>di</strong>gmi, in base a quali altrimotivi può avvenire l'accettazione <strong>di</strong> un nuovo para<strong>di</strong>gma? I singoli scienziati,risponde Kuhn, abbracciano un nuovo para<strong>di</strong>gma <strong>per</strong> una serie svariata <strong>di</strong> ragioni.Alcune <strong>di</strong> esse, come ad esempio il culto del sole <strong>che</strong> contribuì a convertire Kepleroalla co<strong>per</strong>nicanesimo, si trovano completamente al <strong>di</strong> fuori <strong>della</strong> sfera <strong>della</strong> scienza.Altre possono <strong>di</strong>pendere da i<strong>di</strong>osincrasie (inclinazioni particolari) <strong>per</strong>sonali. Persinola nazional<strong>it</strong>à o la reputazione dell'innovatore e dei suoi maestri può talvolta svolgereuna funzione importante. In sostanza, il passaggio ad un nuovo para<strong>di</strong>gma è frutto,più <strong>che</strong> <strong>di</strong> affinamento logico-scientifico razionale, <strong>di</strong> una "es<strong>per</strong>ienza <strong>di</strong>conversione", ossia <strong>di</strong> un trasferimento <strong>di</strong> maggior fiducia nel nuovo para<strong>di</strong>gma. Èuna decisione basata più sulle promesse ed aspettative future <strong>che</strong> sulle conquiste e3838


acquisizioni realizzate; ciò <strong>che</strong> conta è la fede <strong>che</strong> il nuovo para<strong>di</strong>gma riuscirà infuturo a risolvere maggiori problemi. Il passaggio ad un nuovo para<strong>di</strong>gma non ètanto una conversione <strong>di</strong> gruppo, quanto un progressivo spostamento <strong>di</strong> fiducia de<strong>gli</strong>specialisti. Il progresso scientifico dunque non è graduale ma <strong>di</strong>scontinuo. Comeè misurabile allora il progresso nel passaggio da un para<strong>di</strong>gma all'altro? E ilprogresso verso <strong>che</strong> cosa è? Verso una maggiore ver<strong>it</strong>à? Kuhn risponde <strong>che</strong> nella<strong>storia</strong> c'è progresso non <strong>per</strong>ché ci si avvicina sempre <strong>di</strong> più a una qual<strong>che</strong> ver<strong>it</strong>à, ma<strong>per</strong>ché ci si allontana sempre <strong>di</strong> più da sta<strong>di</strong> prim<strong>it</strong>ivi e da prati<strong>che</strong> meno adeguate <strong>di</strong>ricerca. In altri termini, nella scienza non c'è progresso verso qualcosa ma a partireda qualcosa.L'epistemologia <strong>di</strong> Kuhn è stata accusata da più parti <strong>di</strong> irrazionalismo e <strong>di</strong>misticismo. Ad esempio, Lakatos scrive <strong>che</strong> <strong>per</strong> Kuhn la rivoluzione scientifica è <strong>di</strong>tipo irrazionale, è una questione <strong>di</strong> psicologia <strong>di</strong> massa. E Pop<strong>per</strong>, a propos<strong>it</strong>odell'incommensurabil<strong>it</strong>à dei para<strong>di</strong>gmi, sostiene <strong>che</strong> Kuhn "esagera una <strong>di</strong>fficoltàfacendola <strong>di</strong>ventare un'impossibil<strong>it</strong>à". Certo, puntualizza Pop<strong>per</strong>, visioni del mondo<strong>di</strong>fferenti possono essere incommensurabili, ma "teorie <strong>che</strong> offrono soluzioni a<strong>gli</strong>stessi problemi o a problemi analoghi sono <strong>di</strong> regola confrontabili. Per esempio,l'astronomia <strong>di</strong> Tolomeo è ben lungi dall'essere incommensurabile con quella <strong>di</strong>Aristarco e <strong>di</strong> Co<strong>per</strong>nico".39Imre Lakatos, ungherese (1922-1974).Da un lato si confronta con Kuhn e dall'altro con Pop<strong>per</strong>. Vicino alle posizionirazionalisti<strong>che</strong> <strong>di</strong> Pop<strong>per</strong>, Lakatos contesta Kuhn <strong>per</strong> aver assimilato le rivoluzioniscientifi<strong>che</strong> a delle "conversioni religiose" derivanti da un irrazionale (extrascientifico)cambiamento <strong>di</strong> fede. D'altro canto, corregge ed integra il principio <strong>di</strong>falsificabil<strong>it</strong>à <strong>di</strong> Pop<strong>per</strong> . Lakatos <strong>di</strong>stingue tra falsificazionismo dogmatico, <strong>che</strong>considera infallibile il metodo falsificazionista senza tener conto <strong>che</strong> le proposizioniempirico-osservative e le prati<strong>che</strong> <strong>di</strong> falsificazione non sono in se stesseassolutamente certe, <strong>per</strong> cui non si danno falsificazioni infallibili o incontrovertibili,e falsificazionismo metodologico. Riconosce il carattere metodologico delfalsificazionismo <strong>di</strong> Pop<strong>per</strong>, <strong>che</strong> considera tuttavia rimasto ad un livello ingenuo einsod<strong>di</strong>sfacente, in quanto lim<strong>it</strong>ato ad es<strong>per</strong>imenti cruciali nonché al confronto frauna teoria e le relative osservazioni empiri<strong>che</strong>. Per Lakatos invece lo sviluppo <strong>della</strong>scienza non avviene attraverso successivi confronti tra una teoria e i fatti, poiché frateoria e fatti il confronto non è mai <strong>di</strong>retto ma in<strong>di</strong>retto. Non è a due ma avvienesempre <strong>per</strong>lomeno fra tre termini <strong>di</strong> confronto: tra due teorie in competizione e ifatti. Una teoria viene scartata non <strong>per</strong>ché un'osservazione empirica la falsifica,come <strong>di</strong>ce Pop<strong>per</strong>, ma solo quando alla comun<strong>it</strong>à scientifica è presentata ed èmessa a <strong>di</strong>sposizione una teoria mi<strong>gli</strong>ore <strong>per</strong> maggior contenuto empirico edesplicativo. Per esempio, la meccanica <strong>di</strong> Newton venne respinta solo dopo esserevenuti in possesso <strong>della</strong> teoria <strong>di</strong> Einstein. Lakatos chiama questa sua integrazione39


"falsificazionismo metodologico sofisticato" (e non ingenuo, quale attribu<strong>it</strong>oPop<strong>per</strong>).All'idea pop<strong>per</strong>iana <strong>di</strong> una <strong>storia</strong> <strong>della</strong> scienza <strong>che</strong> procede <strong>per</strong> congetture econfutazioni rispetto a singole teorie rivali, oppure all'idea kuhniana <strong>di</strong> una <strong>storia</strong><strong>della</strong> scienza <strong>che</strong> procede <strong>per</strong> improvvise svolte e conversioni, Lakatos contrapponela concezione secondo cui lo sviluppo <strong>della</strong> scienza procede invece attraverso ilconfronto razionale tra programmi <strong>di</strong> ricerca rivali in competizione tra loro ecomunque sulla base <strong>di</strong> fattori scientifico-razionali e non an<strong>che</strong> extra scientificied irrazionali, come sostenuto da Kuhn.Per "programma <strong>di</strong> ricerca scientifico" Lakatos intende un complesso <strong>di</strong> teoriescientifi<strong>che</strong> coerenti fra loro ed obbe<strong>di</strong>enti ad alcune regole metodologi<strong>che</strong> fissata dauna determinata comun<strong>it</strong>à scientifica. In particolare, un programma <strong>di</strong> ricerca ècost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o da un nucleo <strong>di</strong> ipotesi <strong>di</strong> base r<strong>it</strong>enuto inconfutabile <strong>per</strong> decisionemetodologica. Attorno a questo nucleo si trova una cintura protettiva, cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>a daipotesi ausiliarie aventi la funzione <strong>di</strong> rappresentare uno "s<strong>che</strong>rmo" <strong>per</strong> la <strong>di</strong>fesa delnucleo. Questa cintura protettiva deve resistere all'attacco dei controlli, essereadattata e riadattata o an<strong>che</strong> completamente sost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>a, <strong>per</strong> <strong>di</strong>fendere il nucleo cosìconsolidato. La cintura protettiva si articola a sua volta in una "euristica negativa",<strong>che</strong> prescrive quali vie <strong>di</strong> ricerca ev<strong>it</strong>are, e in una "euristica pos<strong>it</strong>iva", <strong>che</strong> prescrivequali vie <strong>di</strong> ricerca seguire. Un programma <strong>di</strong> ricerca è valido finché si mantieneprogressivo, ovvero fin quando continua a prevedere fatti nuovi con un certosuccesso. Viceversa è "regressivo" o "in stagnazione" se si lim<strong>it</strong>a a inventareteorie solo al fine <strong>di</strong> giustificare casi noti e <strong>di</strong>fendere il nucleo senza tuttavia riuscirea pre<strong>di</strong>re fatti nuovi. Vale a <strong>di</strong>re <strong>che</strong> un programma <strong>di</strong> ricerca si mostra regressivoquando le mo<strong>di</strong>ficazioni <strong>della</strong> cintura protettiva <strong>di</strong> fronte all'emergere <strong>di</strong> un problemanon riescono più a pre<strong>di</strong>re nuovi elementi. La scienza, insomma, è un campo <strong>di</strong>batta<strong>gli</strong>a <strong>per</strong> programmi <strong>di</strong> ricerca piuttosto <strong>che</strong> <strong>per</strong> teorie isolate.40Paul Karl Feyerabend, austriaco (1924-1994).O<strong>per</strong>a principale: Contro il metodo.Feyerabend propone una "epistemologia anarchica" o "dadaista", basata sullaconvinzione secondo cui non esiste nessun metodo scientifico generale predefin<strong>it</strong>o.La <strong>storia</strong>, e<strong>gli</strong> scrive, è sempre più ricca, varia e astuta <strong>di</strong> quanto si possaimmaginare. Gli uomini intelligenti non si lasciano lim<strong>it</strong>are da norme, regole,meto<strong>di</strong>, neppure da meto<strong>di</strong> razionali, ma sono opportunisti, utilizzano i mezzimentali e materiali <strong>che</strong> si rivelano più idonei al raggiungimento del proprio fine. Intal senso vale il principio <strong>che</strong> "tutto può andar bene".Questa tesi è stata attaccata da numerosi cr<strong>it</strong>ici, defin<strong>it</strong>i da Feyerabend"benpensanti", i quali non si rendono conto, e<strong>gli</strong> prosegue, <strong>che</strong> non esiste neppureuna regola, <strong>per</strong> quanto plausibile e logica possa sembrare, <strong>che</strong> non sia stataspesso violata nello sviluppo delle singole scienze. Tali violazioni furono anzi40


necessarie al progresso scientifico. Eventi come l'atomismo <strong>di</strong> Democr<strong>it</strong>onell'antich<strong>it</strong>à, la rivoluzione co<strong>per</strong>nicana, la teoria atomica moderna, la teoriaquantistica, la teoria ondulatoria <strong>della</strong> luce, si verificano solo <strong>per</strong>ché alcuniricercatori o si decisero a non seguire certe regole "ovvie" o <strong>per</strong>ché le violaronoinconsciamente. Per Feyerabend <strong>di</strong>fendere l'epistemologia anarchica ed ilconseguente pluralismo teorico e metodologico non mira tanto a <strong>di</strong>struggere regole ecr<strong>it</strong>eri bensì a proclamare la libera inventiv<strong>it</strong>à <strong>della</strong> scienza al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> qualsiasimetodologia prefissata. Quella <strong>di</strong> Feyerabend più <strong>che</strong> essere una lotta contro ilmetodo è una lotta <strong>per</strong> la libertà del metodo, <strong>per</strong> un'epistemologia più uman<strong>it</strong>aria ea<strong>per</strong>ta.Altro tema caratteristico <strong>di</strong> Feyerabend (spinto fino al lim<strong>it</strong>e) è quello <strong>della</strong>cosiddetta "teoria dei quadri", secondo cui non esistono fatti nu<strong>di</strong> e cru<strong>di</strong>, al <strong>di</strong>fuori delle teorie, ma soltanto nell'amb<strong>it</strong>o <strong>di</strong> determinati quadri mentali econcettuali. Da ciò l'impossibil<strong>it</strong>à pratica <strong>di</strong> <strong>di</strong>stinguere fra osservazione empirica eteoria. Effetto <strong>della</strong> teoria dei quadri è <strong>che</strong> neppure le nozioni più semplici oapparentemente neutrali possono venire considerate in modo oggettivo in quantoassumono <strong>di</strong>verso significato secondo il contesto teorico entro cui sono formulate.Per esempio, il termine "massa" assume accezioni <strong>di</strong>verse a seconda <strong>che</strong> si tratti<strong>della</strong> fisica <strong>di</strong> Newton o <strong>di</strong> Einstein: <strong>per</strong> Newton la massa è una proprietà de<strong>gli</strong>oggetti fisici, <strong>per</strong> Einstein esprime invece una relazione tra oggetti fisici. Da ciò ilrecu<strong>per</strong>o, in termini ancor più ra<strong>di</strong>cali, <strong>della</strong> tesi <strong>di</strong> Kuhn circal'incommensurabil<strong>it</strong>à delle teorie e il parallelo rifiuto <strong>della</strong> visione <strong>della</strong> scienzacome accumulazione progressiva <strong>di</strong> conoscenze o come approssimazione gradualealla ver<strong>it</strong>à, <strong>per</strong> aderire invece ad una prospettiva <strong>che</strong> affida la preferenza fra teoriein competizione a cr<strong>it</strong>eri <strong>di</strong> tipo pragmatico quali l'efficacia, il successo, lacapac<strong>it</strong>à <strong>di</strong> <strong>per</strong>suasione, ecc.La dottrina <strong>di</strong> Feyerabend intende essere deliberatamente provocatoria nonsolo nei confronti del neopos<strong>it</strong>ivismo ma an<strong>che</strong> dello sforzo <strong>di</strong> Lakatos esoprattutto <strong>di</strong> Pop<strong>per</strong> <strong>di</strong> costruire un or<strong>di</strong>nato apparato <strong>di</strong> regole in grado <strong>di</strong>guidare le procedure e le decisioni dello scienziato. Senonché Pop<strong>per</strong> non è cosìingenuo come Feyerabend pensa e controbatte a sua volta.Circa la teoria <strong>che</strong> i fatti non esistono nu<strong>di</strong> e cru<strong>di</strong> ma solo all'interno <strong>di</strong> determinatiquadri mentali, Pop<strong>per</strong>, pur ammettendo anch'e<strong>gli</strong> <strong>che</strong> i fatti sono "carichi <strong>di</strong> teoria",r<strong>it</strong>iene comunque <strong>che</strong> le teorie siano semplici congetture obbligate a "cozzare" (aconfrontarsi) contro i fatti. Anzi, <strong>per</strong> sfuggire a conseguenze relativisti<strong>che</strong> Pop<strong>per</strong> è<strong>per</strong>suaso <strong>che</strong> "il m<strong>it</strong>o del quadro mentale, nel nostro tempo, è il baluardo centraledell'irrazionalismo", facendo propria invece la teoria <strong>della</strong> ver<strong>it</strong>à come"corrispondenza" tra pensiero e realtà. E ancora, Feyerabend afferma <strong>che</strong> vi sonocircostanze nelle quali è consi<strong>gli</strong>abile introdurre e <strong>di</strong>fendere ipotesi <strong>che</strong>contrad<strong>di</strong>cono risultati s<strong>per</strong>imentali acquis<strong>it</strong>i, e ciò contro la teoria pop<strong>per</strong>ianasecondo cui una teoria dovrebbe r<strong>it</strong>enersi confutata solo se esistono dati s<strong>per</strong>imentali<strong>che</strong> la contrad<strong>di</strong>cono. Pop<strong>per</strong> invece precisa <strong>che</strong> non bisogna confondere laconfutazione <strong>di</strong> una teoria con il suo rifiuto, <strong>di</strong>pendendo esso da quali teoriealternative sono <strong>di</strong>sponibili. Così, mentre Feyerabend sostiene l'incommensurabil<strong>it</strong>à4141


delle teorie, Pop<strong>per</strong> replica facendo rilevare <strong>che</strong>, mentre due <strong>di</strong>fferenti visionireligiose o filosofi<strong>che</strong> del mondo possono effettivamente essere incommensurabili,due teorie <strong>che</strong> tentano <strong>di</strong> risolvere un medesimo genere <strong>di</strong> problemi sono invecesempre commensurabili come lo sono la teoria <strong>di</strong> Newton e <strong>di</strong> Einstein.Il tratto e l'es<strong>it</strong>o forse più caratteristico dell'epistemologia anarchica <strong>di</strong>Feyerabend è <strong>che</strong> e<strong>gli</strong>, oltre <strong>che</strong> alla <strong>di</strong>struzione del m<strong>it</strong>o <strong>della</strong> ragione, <strong>della</strong>razional<strong>it</strong>à (scrive Feyerabend: "La ragione si unisce alla sorte <strong>di</strong> tutti que<strong>gli</strong> altrimostri astratti come l'obbligo, il dovere, la morale, la ver<strong>it</strong>à e i loro predecessori piùconcreti, <strong>gli</strong> dei, <strong>che</strong> furono usati <strong>per</strong> incutere timore nell'uomo e lim<strong>it</strong>arne il libero efelice sviluppo), <strong>per</strong>viene altresì alla <strong>di</strong>struzione del m<strong>it</strong>o <strong>della</strong> scienza.Denunciando lo strapotere <strong>della</strong> scienza nel mondo d'oggi Feyerabend <strong>di</strong>chiara <strong>che</strong>essa è solo uno dei molti strumenti inventati dall'uomo <strong>per</strong> far fronte al suoambiente e <strong>che</strong>, al <strong>di</strong> là <strong>della</strong> scienza, esistono i m<strong>it</strong>i, esistono i dogmi <strong>della</strong>teologia, esiste la metafisica e molti altri mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> costruire una concezione delmondo. Uno scambio fecondo tra la scienza e tali concezioni "non scientifi<strong>che</strong>" delmondo avrà bisogno dell'anarchismo ancor più <strong>di</strong> quanto ne ha bisogno la scienza.L'anarchismo quin<strong>di</strong> è non soltanto possibile ma necessario tanto <strong>per</strong> il progressointerno alla scienza quanto <strong>per</strong> lo sviluppo <strong>della</strong> nostra cultura nel suo complesso.Il pluralismo antiautor<strong>it</strong>ario e antidogmatico <strong>di</strong> Feyerabend si volge verso unprogetto <strong>di</strong> società non solo a<strong>per</strong>ta, come in Pop<strong>per</strong>, ma an<strong>che</strong> totalmente libera,in cui vengono riconosciuti davvero uguali <strong>di</strong>r<strong>it</strong>ti e possibil<strong>it</strong>à <strong>di</strong> accesso ai centri <strong>di</strong>potere sia a<strong>gli</strong> in<strong>di</strong>vidui sia alle <strong>di</strong>verse tra<strong>di</strong>zioni culturali. Sinora, an<strong>che</strong> nellesocietà democrati<strong>che</strong>, il nero, l'in<strong>di</strong>ano, l'uomo sessuale o la donna hanno potutopartecipare alla v<strong>it</strong>a sociale e alle decisioni collettive solo a patto <strong>di</strong> uniformarsi aimodelli dominanti, accettando l'uomo <strong>di</strong> colore la tra<strong>di</strong>zione dell'uomo bianco e ladonna <strong>di</strong> "maschilizzarsi". Il vero problema <strong>di</strong> una società libera, <strong>di</strong>chiaraFeyerabend, è quello <strong>di</strong> impe<strong>di</strong>re <strong>che</strong> una o alcune tra<strong>di</strong>zioni particolari segu<strong>it</strong>ino adavere il sopravvento su tutte le altre.42Willard Van Orman Quine (1908-2000).Statun<strong>it</strong>ense, ha forn<strong>it</strong>o fondamentali contributi teorici nel campo <strong>della</strong> logica e<strong>della</strong> <strong>filosofia</strong> del linguaggio.Così come Pop<strong>per</strong> aveva attaccato due fondamentali principi del neopos<strong>it</strong>ivismo,vale a <strong>di</strong>re l'induttivismo e il verificazionismo, Quine a sua volta ne demolisce altridue: la tesi dell'anal<strong>it</strong>ic<strong>it</strong>à e la tesi del riduzionismo.Il principio dell'anal<strong>it</strong>ic<strong>it</strong>à esprime un assunto logico e una credenza gnoseologica:l'assunto è <strong>che</strong> esistano proposizioni autoevidenti e universalmente vere; la credenzaè <strong>che</strong> tale assunto e tali proposizioni possano essere impiegati nell'amb<strong>it</strong>o <strong>della</strong>conoscenza del mondo, giungendo ad un sa<strong>per</strong>e assolutamente rigoroso attraversouna progressiva traduzione delle proposizioni sinteti<strong>che</strong>, im<strong>per</strong>fette e impure, inproposizioni anal<strong>it</strong>i<strong>che</strong> certe e assolute. Quine, fatte salve le indubbie proprietàdelle proposizioni anal<strong>it</strong>i<strong>che</strong> esclusivamente formali (A=A; A è <strong>di</strong>verso da B; se42


A=B e B=C allora A=C), contesta tale assunto e tali credenze: non esiste unlinguaggio del tutto libero da riferimenti empirici e quin<strong>di</strong> in grado <strong>di</strong> consentireenunciati e ver<strong>it</strong>à puri e assoluti. Ogni proposizione, an<strong>che</strong> quella apparentementepiù autoevidente e tautologica, è legata ad usi e regole con<strong>di</strong>zionati dall'ambiente edai contesti storico-culturali. Gli anal<strong>it</strong>icisti <strong>di</strong>fendevano le loro posizioni c<strong>it</strong>andoproposizioni del tipo "nessuno scapolo è sposato", <strong>che</strong> in apparenza sono del tuttooggettive e autonome da qualsiasi controllo empirico. Quine confuta taleinterpretazione e afferma <strong>che</strong> la proposizione portata ad esempio non è assoluta,ossia non è sciolta da legami e da con<strong>di</strong>zionamenti. Essa non ha un significatounivoco, oggettivo e puro ma, <strong>di</strong>stinguendo fra teoria del significato e teoria delriferimento empirico, <strong>di</strong>pende invece da un'interpretazione extra-logica. Glianal<strong>it</strong>icisti replicano <strong>che</strong> scapolo è sinonimo <strong>di</strong> non sposato e <strong>che</strong> la sinonimiaprova la ver<strong>it</strong>à anal<strong>it</strong>ica <strong>della</strong> proposizione. Ma, <strong>di</strong>ce Quine, bisogna allora spiegare<strong>che</strong> cosa sia la sinonimia. Ebbene, e<strong>gli</strong> conclude, neppure il principio <strong>della</strong>sinonimia può essere assunto in modo autonomo e assoluto. Infatti la sinonimia sibasa su una definizione: <strong>di</strong>co <strong>che</strong> "scapolo" è sinonimo <strong>di</strong> "non sposato" ma iltermine "non sposato" riguarda an<strong>che</strong> i bambini mentre ciò non vale <strong>per</strong> il termine"scapolo". La sinonimia non è quin<strong>di</strong> assoluta; si tratta piuttosto <strong>di</strong> un circolovizioso <strong>che</strong> mette in crisi la presunta oggettiv<strong>it</strong>à delle proposizioni anal<strong>it</strong>i<strong>che</strong> nonformali, <strong>che</strong> hanno cioè un riferimento empirico. Dunque non sussistono(contrariamente a Carnap) ver<strong>it</strong>à anal<strong>it</strong>i<strong>che</strong> non formali <strong>che</strong> siano certe e oggettive.In tutte le proposizioni riguardanti il mondo, ossia oggetti empirici, non vi sonosignificati in<strong>di</strong>pendenti e oggettivi (come nel caso delle idee platoni<strong>che</strong>), bensì "usicorrenti", convenzioni e comportamenti derivanti da ab<strong>it</strong>u<strong>di</strong>ni e interessi <strong>di</strong> tipopragmatico, sociale e culturale: rifiuto del concetto <strong>di</strong> significato come ent<strong>it</strong>à a sé.Circa il principio del riduzionismo (secondo cui tutte le proposizioni vere sono taliin virtù <strong>della</strong> loro relazione all'es<strong>per</strong>ienza, alla quale possono essere ridottescomponendole), Quine afferma <strong>che</strong> esso è fall<strong>it</strong>o sul piano dei fatti ed è infondatosul piano teorico-epistemologico. Precisa <strong>che</strong> ogni riduzione e riconduzione è nellasostanza una traduzione dal linguaggio scientifico al linguaggio dei dati e dellees<strong>per</strong>ienze sensoriali (al linguaggio comune). Ma tale traduzione si rivela generica,velle<strong>it</strong>aria e quin<strong>di</strong> impossibile. Lo stesso Carnap, massimo sosten<strong>it</strong>ore del principiodel riduzionismo, "non ha offerto nessuna in<strong>di</strong>cazione, <strong>di</strong>ce Quine, <strong>di</strong> come unaproposizione formale, logico-matematica, possa venir tradotta nel linguaggio dellees<strong>per</strong>ienze empiri<strong>che</strong>". Inoltre, prosegue Quine, non si vede <strong>per</strong>ché le es<strong>per</strong>ienzefisico-sensibili, o il linguaggio <strong>che</strong> le enuncia, dovrebbero avere quel ruoloprivilegiato ad esse attribu<strong>it</strong>o dai neopos<strong>it</strong>ivisti. "Io credo, e<strong>gli</strong> <strong>di</strong>ce, ne<strong>gli</strong> oggettifisici e non nelle idee <strong>di</strong> Omero. Ma in quanto a fondamento ontologico essi<strong>di</strong>fferiscono solo <strong>per</strong> grado e non <strong>per</strong> natura: il m<strong>it</strong>o de<strong>gli</strong> oggetti fisici è su<strong>per</strong>iorea<strong>gli</strong> altri solo <strong>per</strong>ché si è <strong>di</strong>mostrato più efficace de<strong>gli</strong> altri m<strong>it</strong>i". Respingendo sia lasoluzione platonica sia quella concettualistica e sia quella nominalistica (riproposte<strong>per</strong>altro an<strong>che</strong> nella contemporane<strong>it</strong>à con nomi <strong>di</strong>versi: il logicismo <strong>di</strong> Frege, Russele Carnap; l'intuizionismo <strong>di</strong> Poincaré; il formalismo <strong>di</strong> Hilbert), l'accettazione <strong>di</strong>un'ontologia piuttosto <strong>che</strong> <strong>di</strong> un'altra, afferma Quine, è principalmente in funzione4343


dell'accettazione dello s<strong>che</strong>ma concettuale più semplice entro il quale or<strong>di</strong>nare lenostre es<strong>per</strong>ienze. Questa è una tesi battezzata da Quine <strong>di</strong> "relativ<strong>it</strong>à ontologica",<strong>di</strong>pendente cioè dal contesto culturale e da un in<strong>di</strong>rizzo pragmatico.Contro il riduzionismo Quine procede quin<strong>di</strong> nel <strong>di</strong>re <strong>che</strong> è insostenibile l'assunto<strong>della</strong> conferma empirica, r<strong>it</strong>enuto possibile <strong>per</strong> ogni proposizione isolatamenteridotta al linguaggio sensoriale: <strong>gli</strong> es<strong>per</strong>imenti non confermano o non sconfessanomai delle ipotesi isolate ma tutto un insieme teorico. La scienza non si presenta maiin forma <strong>di</strong> singole proposizioni irrelate (senza relazioni tra <strong>di</strong> esse) ma comesistema olistico (complessivo). È sba<strong>gli</strong>ato privilegiare il fatto e la singolaosservazione rispetto al quadro teorico entro cui sono collocati: i fatti e leosservazioni si leggono e si fondano sempre alla luce <strong>di</strong> determinate teorie. È quin<strong>di</strong>improponibile la riduzione <strong>della</strong> teoria ad un insieme <strong>di</strong> singole proposizioniisolatamente osservabili e verificabili empiricamente. La teoria non è scomponibileal <strong>di</strong> fuori <strong>della</strong> base complessiva su cui si regge.Oltretutto, i significati e le interpretazioni dei fatti e delle es<strong>per</strong>ienze non si dannomai al <strong>di</strong> fuori del contesto storico, culturale e concettuale <strong>di</strong> riferimento e dellinguaggio posseduto: non si danno cioè in modo oggettivo, esterno al sistemaconcettuale e linguistico <strong>di</strong> chi parla. Deriva l'impossibil<strong>it</strong>à <strong>di</strong> tradurre in modocerto un enunciato appartenente a un dato sistema in un enunciato all'interno <strong>di</strong> unaltro sistema ogniqualvolta manchi un terzo termine <strong>di</strong> riferimento comune adentrambi i sistemi. Poiché ogni fatto è colto e detto attraverso un linguaggio (unateoria), non è possibile una verifica oggettiva extralinguistica del significato <strong>di</strong>termini appartenenti a sistemi linguistici <strong>di</strong>fferenti (incommensurabil<strong>it</strong>à deilinguaggi). Sono soltanto cr<strong>it</strong>eri <strong>di</strong> pratic<strong>it</strong>à, <strong>di</strong> eleganza, <strong>di</strong> economic<strong>it</strong>à <strong>che</strong> cisuggeriscono quali enunciati mo<strong>di</strong>ficare o respingere.An<strong>che</strong> <strong>di</strong>nnanzi alla cosa apparentemente più semplice e univoca noi possiamoprodurre una serie assai estesa <strong>di</strong> enunciati (libertà delle teorie). Ciò accade <strong>per</strong>chéle enunciazioni, <strong>che</strong> pure si riferiscono a determinati oggetti e stati del mondo,possono poi essere integrate ed organizzate in modo relativamente in<strong>di</strong>pendente eplurimo. In quanto relativamente in<strong>di</strong>pendente rispetto ai fatti, il sa<strong>per</strong>e apparerelativamente in<strong>di</strong>pendente an<strong>che</strong> rispetto allo stesso metodo scientifico. In effetti,<strong>per</strong> Quine il metodo scientifico è la via alla ver<strong>it</strong>à ma non offre alcuna definizioneunica <strong>di</strong> ver<strong>it</strong>à. Ciò non implica <strong>per</strong> Quine, a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> Feyerabend, unabbandono del metodo ma invece una pluralizzazione <strong>della</strong> ver<strong>it</strong>à e <strong>della</strong> suaricerca. Pluralizzare la ver<strong>it</strong>à (ammettere l'esistenza <strong>di</strong> ver<strong>it</strong>à plurime) non significa<strong>per</strong>ò rinunciare ad essa. Certo, non si può dare (ammettere) una ver<strong>it</strong>à oggettivaassoluta, poiché la ver<strong>it</strong>à è solo il prodotto <strong>di</strong> un'elaborazione teorica in rapporto aben precise premesse, interessi e contesti. In questo senso Quine <strong>di</strong>stingue tra ilproprio principio <strong>di</strong> relativ<strong>it</strong>à e quello, più <strong>per</strong>icoloso, del relativismo. "Ciò <strong>che</strong> cisalva è la continua mi<strong>gli</strong>orabil<strong>it</strong>à del metodo scientifico", secondo cr<strong>it</strong>eri <strong>di</strong>convenienza e pratic<strong>it</strong>à.Per effetto <strong>di</strong> tutte queste premesse, Quine assume una concezione antifondazionistariguardo alla <strong>filosofia</strong> <strong>della</strong> scienza. Essa non ha nulla da <strong>di</strong>rci intorno alla realtà,comp<strong>it</strong>o <strong>che</strong> spetta invece alle scienze, e neppure è da considerare base4444


metodologica delle scienze. Essa non ha cioè alcuna funzione prescr<strong>it</strong>tiva ofondazionistica. La derivazione dei concetti dall'es<strong>per</strong>ienza mostra come noi liposse<strong>di</strong>amo, ma non c'è una <strong>filosofia</strong> <strong>che</strong> possa invece pretendere <strong>di</strong> offrirne lagiustificazione, quale era l'intento <strong>di</strong> Kant. Al contrario, sono le scienze <strong>che</strong> nel loroautonomo progre<strong>di</strong>re in<strong>di</strong>cano il <strong>per</strong><strong>corso</strong> alla <strong>filosofia</strong>. Essa deve solo spiegarecome dallo stimolo sensibile si passi all'enorme compless<strong>it</strong>à <strong>della</strong> scienza.L'epistemologia <strong>di</strong>venta così un ramo <strong>della</strong> psicologia ed è rivolta, secondoun'impostazione comportamentistica, a stu<strong>di</strong>are la genesi del linguaggio ed inparticolare del linguaggio scientifico. La <strong>filosofia</strong> si <strong>di</strong>stingue <strong>di</strong> conseguenza dalle<strong>di</strong>scipline scientifi<strong>che</strong> soltanto <strong>per</strong> l'ampiezza dei suoi ques<strong>it</strong>i: la fisica e la biologiaconsiderano <strong>gli</strong> enti dal loro specifico punto <strong>di</strong> vista; la <strong>filosofia</strong> parla de<strong>gli</strong> entinella loro massima general<strong>it</strong>à, ossia quali tipi <strong>di</strong> enti in genere esistano (problemiontologici) e quali domande possono venir leg<strong>it</strong>timamente poste (problemipre<strong>di</strong>cativi). La vecchia metafisica sul senso <strong>della</strong> v<strong>it</strong>a, sul fine dell'universo e via<strong>di</strong>cendo è invece inconcludente e priva <strong>di</strong> significato. Non sono le teorie filosofi<strong>che</strong>ma quelle scientifi<strong>che</strong> a <strong>di</strong>rci qualcosa intorno alla realtà. In quanto ricondotta adun settore <strong>della</strong> scienza naturale (a quello psicologico-linguistico) an<strong>che</strong> la <strong>filosofia</strong>deve obbe<strong>di</strong>re al principio dell'empirismo, <strong>che</strong> ci conduce a rigettare que<strong>gli</strong>atteggiamenti conosc<strong>it</strong>ivi <strong>che</strong> si mostrino scarsamente produttivi o <strong>che</strong> faccianoappello a principi empiricamente non verificabili.45Nelson Goodmann (1906-1998).Statun<strong>it</strong>ense, amico e collega <strong>di</strong> Quine, ne con<strong>di</strong>vide i fondamentali principi, valea <strong>di</strong>re:1. l'impostazione epistemologica empirista, depurata del principio <strong>di</strong> anal<strong>it</strong>ic<strong>it</strong>àe del riduzionismo;2. l'esigenza <strong>di</strong> valorizzare in più mo<strong>di</strong> l'aspetto teorico-costruttivo dell'attiv<strong>it</strong>àconosc<strong>it</strong>iva rispetto alla sua <strong>di</strong>mensione osservativo-fattuale;3. l'obiettivo <strong>di</strong> "liberalizzare" e pluralizzare <strong>gli</strong> s<strong>che</strong>mi concettuali con i qualil'uomo conosce e "<strong>di</strong>ce" il mondo;4. il rifiuto, nell'amb<strong>it</strong>o <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong> del linguaggio e <strong>della</strong> logica, <strong>di</strong> ogniconcezione <strong>di</strong> tipo platonico-essenzialistico (non ci sono idee, essenze,concetti e significati <strong>di</strong> tipo generale e astratto, ma solo le proprietà de<strong>gli</strong>oggetti fisici singoli: ci sono cose bian<strong>che</strong>, non c'è la bian<strong>che</strong>zza);5. la matematica, considerata da molti, a cominciare da Russell, espressione eprova <strong>di</strong> ver<strong>it</strong>à autonome e universali, viene invece interpretata come mero"apparato" strumentale; le sue formule sono solo como<strong>di</strong> mezzi <strong>per</strong> renderepiù facili i calcoli, ma non comportano questioni <strong>di</strong> ver<strong>it</strong>à.Nell'o<strong>per</strong>a "La struttura dell'apparenza", Goodman cr<strong>it</strong>ica i principali punti <strong>di</strong> vistadel neopos<strong>it</strong>ivismo. In particolare:1. respinge il m<strong>it</strong>o del dato sensibile: non esistono dati dal significato unico,oggettivo, in grado <strong>di</strong> cost<strong>it</strong>uire un fondamento empirico certo <strong>per</strong> la45


conoscenza, in<strong>di</strong>pendentemente dallo s<strong>che</strong>ma concettuale e dal linguaggiousati;2. cr<strong>it</strong>ica la <strong>di</strong>stinzione neopos<strong>it</strong>ivistica tra il piano dell'osservazione e quelloteorico: ogni atto è atto teorico in quanto si muove all'interno <strong>di</strong> un sistema <strong>di</strong>concetti non <strong>di</strong> tipo empirico-fattuale bensì simbolico-concettuale;3. cr<strong>it</strong>ica l'ulteriore <strong>di</strong>stinzione neopos<strong>it</strong>ivistica tra anal<strong>it</strong>ico e sintetico nonchéle concezioni sulla vali<strong>di</strong>tà del metodo induttivo, sul principio riduzionistico,sulle procedure protocollari.Per Goodman il pensiero è una complessa e <strong>di</strong>versificata attiv<strong>it</strong>à confer<strong>it</strong>rice <strong>di</strong>senso. Anzi, esso è una costruzione simbolico-concettuale <strong>di</strong> forme e <strong>di</strong> significati. Ilpensiero (e la conoscenza del mondo) è una costruzione <strong>della</strong> mente. Il"costruttivismo " <strong>di</strong> Goodman è <strong>di</strong> impostazione ancor più ra<strong>di</strong>cale rispetto aQuine: non solo è privo <strong>di</strong> un fondamento prestabil<strong>it</strong>o ma an<strong>che</strong> <strong>di</strong> un metodounivoco e a priori. La realtà non è un dato, cioè non è colta come tale, ma unacostruzione simbolico-concettuale <strong>di</strong> forme e <strong>di</strong> significati o<strong>per</strong>ata dal nostropensiero, <strong>che</strong> agisce in modo estremamente libero e pluralistico. Esso costruisce ipropri concetti, le proprie "versioni del mondo" come le chiama Goodman, inrapporto, da un lato, ai propri fini e interessi e, dall'altro lato, in rapporto ai propricontesti e riferimenti concettuali-normativi. Ciò an<strong>che</strong> <strong>per</strong>ché il suo obiettivo non ètanto (o non necessariamente) la "costruzione" <strong>della</strong> ver<strong>it</strong>à quanto quella del senso.La funzione <strong>di</strong> un sistema costruttivo <strong>di</strong> una versione del mondo non è quella <strong>di</strong>ricreare l'es<strong>per</strong>ienza ma <strong>di</strong> <strong>di</strong>segnarne una mappa. Quest'ultima rispetto alla realtàè s<strong>che</strong>matica, selettiva, convenzionale. Ma queste caratteristi<strong>che</strong> sono virtù piuttosto<strong>che</strong> <strong>di</strong>fetti. Una mappa uguale alla realtà sarebbe del tutto inutile, mentre proprio ilsuo carattere riassuntivo non solo chiarisce e sistematizza, ma spesso rivela fatti <strong>che</strong><strong>di</strong>fficilmente avrebbero potuto essere appresi me<strong>di</strong>ante esplorazioni empiri<strong>che</strong>. Lamappa non deve essere un doppione <strong>della</strong> realtà ma deve presentare semplicementeuna certa corrispondenza strutturale con essa. Si può elaborare una molteplic<strong>it</strong>à <strong>di</strong>mappe (<strong>di</strong> versioni del mondo) a seconda del fine <strong>per</strong>segu<strong>it</strong>o (pluralismo). "Ci sonomoltissime descrizioni <strong>di</strong>verse del mondo tutte ugualmente vere. Tutte implicanodelle convenzioni e nessuna delle <strong>di</strong>fferenti descrizioni è esclusivamente vera".In base a tali presupposti Goodman riabil<strong>it</strong>a fortemente il ruolo e la funzionedell'arte. Essa non adempie solo una funzione puramente espressiva <strong>di</strong> sentimenti edemozioni, ma è capac<strong>it</strong>à cost<strong>it</strong>utivo-costruttiva <strong>di</strong> elaborare versioni einterpretazioni <strong>di</strong> fenomeni dotate <strong>di</strong> una loro irriducibile significazione razionale.Così come l'attiv<strong>it</strong>à estetica consiste nel "trattare simboli", altrettanto vale <strong>per</strong> ilcostruttivismo gnoseologico. Il termine "simbolo" è inteso in una accezionegenerale <strong>che</strong> ricomprende: lettere, parole, testi, quadri, <strong>di</strong>agrammi, mappe, modelli,ecc. Un sistema simbolico è uno strumento <strong>di</strong> cui ci serviamo <strong>per</strong> creare ecomprendere i mon<strong>di</strong>. I simboli sono metaforici, cioè non rinviano semplicemente arealtà precost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>e ma contribuiscono a farle sorgere, a costruirle. In secondoluogo, i simboli sono contingenti: il loro valore simbolico può essere o non esserepresente e variare a seconda delle s<strong>it</strong>uazioni. Salta dunque la <strong>di</strong>stinzione tra forma econtenuto, a cui invece Quine era rimasto fedele.4646


Per Goodman il rifiuto da parte dei neopos<strong>it</strong>ivisti <strong>di</strong> tutto quanto è valutativo,figurativo, non verbale, non descr<strong>it</strong>tivo e denotativo, ha fatto <strong>per</strong>dere importantiaspetti <strong>della</strong> realtà e non solo <strong>di</strong> quell'artistica. Ciò <strong>che</strong> è necessario èl'in<strong>di</strong>viduazione rigorosa dei vari sistemi simbolici, senza esclusioni pregiu<strong>di</strong>ziali,nonché il loro confronto non più in base ad una nozione <strong>di</strong> corrispondenza <strong>di</strong> ver<strong>it</strong>àtra fatti e pensiero, o linguaggio (non esistono fatti esterni al linguaggioin<strong>di</strong>pendenti e immutabili), bensì secondo cr<strong>it</strong>eri <strong>di</strong> adattamento e accordo reciprocodei vari sistemi.La teoria <strong>della</strong> ver<strong>it</strong>à come corrispondenza del linguaggio al mondo, alla realtà(sostenuta da una parte del neopos<strong>it</strong>ivismo nonché dalla <strong>filosofia</strong> scientifica daRussell a Pop<strong>per</strong>), viene respinta da Goodman. L'obiettivo <strong>di</strong> tale teoria è <strong>per</strong>Goodman irrealizzabile e fuorviante, non essendo il mondo qualcosa <strong>di</strong> definibile inmodo oggettivo, univoco ed extra linguistico. Ben altri sono i cr<strong>it</strong>eri <strong>di</strong> valutazionedelle "versioni del mondo", a cominciare da quello <strong>di</strong> appropriatezza o congruenza(pragmatismo).Questa impostazione pluralistica e convenzionalistica delle versioni del mondo nonspinge tuttavia Goodman a proclamare la loro assoluta incommensurabil<strong>it</strong>à <strong>per</strong> lamancanza <strong>di</strong> dati neutrali, oggettivi e universali <strong>di</strong> riferimento. Per Goodman questopluralismo non è privo <strong>di</strong> un generale cr<strong>it</strong>erio <strong>di</strong> valutazione, nel senso <strong>che</strong> vi ècomunque un certo isomorfismo (somi<strong>gli</strong>anza <strong>di</strong> forme, punti d'accordo) fra le<strong>di</strong>verse versioni <strong>della</strong> realtà <strong>che</strong> produciamo. Quello <strong>di</strong> Goodman è dunque unrelativismo parziale e non generalizzato. Tanto meno esso conduce a<strong>gli</strong> es<strong>it</strong>ianarchici <strong>di</strong> Feyerabend.La tesi a prima vista antirealista <strong>di</strong> Goodman, secondo cui i dati non esistono e <strong>gli</strong>oggetti sono piuttosto dei costrutti, cioè il risultato del nostro modo <strong>di</strong> organizzare idati medesimi, non significa <strong>che</strong> la realtà non esista: <strong>di</strong> <strong>per</strong> sé <strong>gli</strong> oggetti esistono,an<strong>che</strong> se la loro immagine e interpretazione <strong>di</strong>pende dai nostri s<strong>che</strong>mi concettuali.Se Goodman respinge un realismo ra<strong>di</strong>cale, respinge altresì, <strong>per</strong>altro, un ra<strong>di</strong>caleidealismo, secondo cui la realtà sarebbe null'altro <strong>che</strong> una versione concettuale, unprodotto <strong>della</strong> mente. Piuttosto, essendoci tanti mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> costruire la realtà, si dannotante realtà quante sono le nostre versioni del mondo (pluralismo delle descrizionidel mondo). Il riferimento an<strong>che</strong> al medesimo oggetto ha molteplici modal<strong>it</strong>à: si puòdenotare, descrivere, interpretare, metaforizzare, ecc. Non esiste una versione delmondo oggettivamente più vera o più fondata rispetto alle altre, non essendo noi ingrado <strong>di</strong> co<strong>gli</strong>ere oggettivamente la realtà. Il <strong>che</strong> non significa, dato l’isomorfismotra le <strong>di</strong>verse versioni del mondo, <strong>che</strong> sia a priori impossibile valutare quale sia laversione più vera o comunque più conveniente, non già in assoluto bensìrelativamente a un determinato contesto, a un determinato fine, a un determinatoinsieme <strong>di</strong> regole e <strong>di</strong> sistemi simbolici. Il cr<strong>it</strong>erio <strong>di</strong> valutazione delle versioni delmondo non può né deve essere necessariamente solo quello vero/falso; oltre ad essove ne sono altri, an<strong>che</strong> in sede cogn<strong>it</strong>iva, spesso <strong>di</strong> importanza non minore, quali icr<strong>it</strong>eri <strong>di</strong> rilevanza, <strong>di</strong> efficacia, <strong>di</strong> semplic<strong>it</strong>à (pragmatismo).4747


48L’EPISTEMOLOGIA FRA REALISMO E ANTIREALISMO.La <strong>di</strong>sputa tra realismo e antirealismo è tra quelle più <strong>di</strong>battute nell'epistemologiacontemporanea, intendendosi <strong>per</strong> realismo l'idea <strong>che</strong> vi sia corrispondenza trapensiero e realtà e <strong>per</strong> antirealismo l'idea <strong>che</strong> tale corrispondenza non sussista. Èuna questione non semplice né un<strong>it</strong>aria poiché le posizioni assunte al riguardo sonoestremamente <strong>di</strong>fferenziate e soprattutto <strong>per</strong>ché un filosofo può essere realista sucerte questioni e antirealista su altre.Tuttavia circa il realismo si possono compiere due <strong>di</strong>stinzione <strong>di</strong> fondo.1. La prima <strong>di</strong>stingue tra un "realismo ontologico", <strong>che</strong> si pone il problema <strong>di</strong><strong>che</strong> cosa esista realmente e riguarda quin<strong>di</strong> il mondo esterno, ed un "realismoscientifico", <strong>che</strong> si pone invece il problema del valore conosc<strong>it</strong>ivo delle teoriescientifi<strong>che</strong> e del rapporto fra teoria e realtà.2. La seconda <strong>di</strong>stingue tra "realismo sulle teorie", secondo cui le teorie sonovere e dunque parlano del mondo così com'è, cioè descrivendolo, e un"realismo sulle ent<strong>it</strong>à", secondo cui le ent<strong>it</strong>à (<strong>gli</strong> oggetti) <strong>di</strong> cui parlano leteorie esistono <strong>per</strong> davvero e non sono modelli o costrutti teorico-concettuali<strong>della</strong> mente.Simmetricamente, l'antirealismo epistemologico <strong>di</strong>stingue tra:1. un "antirealismo sulle ent<strong>it</strong>à", <strong>che</strong> nega l'esistenza delle ent<strong>it</strong>à <strong>di</strong> cui parla lascienza;2. un "antirealismo sulle teorie" <strong>che</strong>, più lim<strong>it</strong>atamente, nega <strong>che</strong> la scienzaparli <strong>della</strong> realtà.Si può osservare <strong>che</strong> mentre il realismo sulle ent<strong>it</strong>à è <strong>per</strong> forza <strong>di</strong> cose an<strong>che</strong> unrealismo sulle teorie, il realismo sulle teorie non comporta necessariamente ilrealismo sulle ent<strong>it</strong>à.Una delle più <strong>di</strong>ffuse argomentazioni a favore del realismo è la cosiddetta"inferenza (=il risalire a) alla mi<strong>gli</strong>or spiegazione" (adottata fra <strong>gli</strong> altri an<strong>che</strong> daPop<strong>per</strong>), ovvero l'idea <strong>che</strong> il successo <strong>di</strong> una teoria, <strong>di</strong> una spiegazione, basatasull'osservazione empirica non può essere dovuto al caso o un miracolo bensìsemplicemente al fatto <strong>che</strong> tale teoria o spiegazione è vera o comunque molto vicinaalla realtà delle cose.Gli antirealisti, <strong>per</strong> contro, hanno obiettato <strong>che</strong> in molti casi storici la mi<strong>gli</strong>orspiegazione <strong>di</strong>sponibile in una certa epoca <strong>per</strong> un determinato problema si è poi<strong>di</strong>mostrata falsa; inoltre obiettano <strong>che</strong> talora sono state presentate teorie tra esseincompatibili e <strong>che</strong> tuttavia spiegano altrettanto bene la realtà.Una delle posizioni realiste più interessanti è quella del filosofo statun<strong>it</strong>enseHilary Putnam (nato nel 1926). E<strong>gli</strong> parte da una prospettiva da lui stesso defin<strong>it</strong>a<strong>di</strong> "realismo metafisico", la quale confida, in maniera prossima al senso comune,nell'esistenza reale e in<strong>di</strong>pendente del mondo esterno. In particolare, <strong>di</strong>fende ilcosiddetto "realismo empirico", fondato sulla c<strong>it</strong>ata inferenza alla mi<strong>gli</strong>orspiegazione. Successivamente mo<strong>di</strong>fica la sua prospettiva in senso kantiano,ribattezzata da Putnam come "realismo interno": "dell'esistenza (<strong>di</strong> una reltà edelle cose esterne) non possiamo avere notizia se non all'interno delle nostre teorie".48


Sul fronte dell'antirealismo e dello strumentalismo possiamo annoverare vanFraassen, Cartwright, Hacking e Laudan.Bas van Fraassen (olandese nato nel 1941) si definisce un antirealista scientifico,sostenendo <strong>che</strong> le teorie scientifi<strong>che</strong> non possono essere valutate nei termini <strong>della</strong>loro ver<strong>it</strong>à o fals<strong>it</strong>à <strong>per</strong>ché non sono descrizioni del mondo ma valgono piuttosto <strong>per</strong>la loro ampiezza e accettabil<strong>it</strong>à sul piano pragmatico. Le teorie scientifi<strong>che</strong> nonsono <strong>che</strong> modelli formalizzati con i quali fornire spiegazioni dei fenomeni osservati esolo <strong>di</strong> essi: non riguardano le cose bensì riguardano il modo in cui noipragmaticamente organizziamo i fenomeni.Circa la <strong>di</strong>stinzione tra ent<strong>it</strong>à osservabili e non osservabili, introdotta daineopos<strong>it</strong>ivisti <strong>per</strong> salvaguardarsi dalla <strong>di</strong>ssoluzione <strong>della</strong> scienza in praticaesclusivamente linguistica, van Fraassen sostiene <strong>che</strong> è sempre possibile riconoscerequesti due tipi <strong>di</strong> ent<strong>it</strong>à. Già il senso comune co<strong>gli</strong>e sub<strong>it</strong>o la <strong>di</strong>fferenza fral'osservabil<strong>it</strong>à <strong>di</strong> una se<strong>di</strong>a e l'inosservabil<strong>it</strong>à <strong>di</strong> un quark, ipotetica particellaelementare <strong>della</strong> materia. Se riconosciamo indub<strong>it</strong>abilmente le ent<strong>it</strong>à osservabili non<strong>per</strong> questo dobbiamo negare le ent<strong>it</strong>à non osservabili. Giova piuttosto fermarsi adun prudente agnosticismo.Il realismo sostiene <strong>che</strong> è leg<strong>it</strong>timo inferire (desumere) la ver<strong>it</strong>à <strong>di</strong> una teoria dalfatto <strong>che</strong> descrive nel mi<strong>gli</strong>or modo possibile l'osservazione (inferenza alla mi<strong>gli</strong>orspiegazione). van Fraassen rileva invece <strong>che</strong> questa procedura estendeindeb<strong>it</strong>amente al campo <strong>della</strong> fisica una pura e semplice ab<strong>it</strong>u<strong>di</strong>ne dell'es<strong>per</strong>ienzaquoti<strong>di</strong>ana. Tuttavia ammette <strong>che</strong> una siffatta teoria può mostrarsi più adeguata daun punto <strong>di</strong> vista empirico a rendere conto dei fenomeni osservabili (pragmatismo).La scelta fra due o più teorie non può o<strong>per</strong>arsi <strong>che</strong> in base a un cr<strong>it</strong>erio pragmatico:quella me<strong>gli</strong>o strutturata, più semplice o elegante, più funzionale a determinatiscopi.Antirealista è an<strong>che</strong> l'americana Nancy Cartwright (nata nel 1959). A suo avvisotutte le leggi teori<strong>che</strong> poste dalla scienza sono idealizzazioni <strong>che</strong> non corrispondonoalla realtà poiché si riferiscono ad oggetti e a s<strong>it</strong>uazioni ideali <strong>che</strong> non r<strong>it</strong>roviamomai nella nostra es<strong>per</strong>ienza, quali ad esempio un punto inesteso, un corpo<strong>per</strong>fettamente sferico, ecc. Vere sono soltanto le leggi fenomenologi<strong>che</strong>, cioè quelle<strong>che</strong> offrono spiegazioni <strong>di</strong> fatti particolari ma <strong>che</strong> sono prive dell'universal<strong>it</strong>à delleleggi fondamentali. Le teorie scientifi<strong>che</strong> spiegano la realtà ma da ciò non si puòinferire la loro ver<strong>it</strong>à; <strong>per</strong>ò hanno un'util<strong>it</strong>à irrinunciabile poiché consentono <strong>di</strong>sistemare in forma rigorosa, matematica, la molteplic<strong>it</strong>à eterogenea dellees<strong>per</strong>ienze.A metà strada tra realismo e antirealismo si colloca il filosofo canadese JeanHacking: le teorie scientifi<strong>che</strong> sono una elaborazione teorica, ossia unarappresentazione <strong>che</strong> deve offrire delle connessioni interne <strong>di</strong> coerenza e <strong>che</strong> solo inun secondo momento viene confrontata con la realtà. I fenomeni fisici non sonoquasi mai a <strong>di</strong>sposizione del ricercatore in modo imme<strong>di</strong>ato, ma vengono cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>iall'interno dell'es<strong>per</strong>imento, <strong>per</strong> cui non siamo <strong>di</strong> fronte alla realtà in sé ma soltantoalla rappresentazione <strong>che</strong> ce ne facciamo. Noi siamo autorizzati ad ammettere4949


l'esistenza solo delle ent<strong>it</strong>à <strong>che</strong> siamo in grado <strong>di</strong> manipolare. Tale realismo sulleent<strong>it</strong>à non implica tuttavia il realismo a propos<strong>it</strong>o delle teorie, le quali più <strong>che</strong> veresono semmai efficaci. Della realtà noi riusciamo a conoscere solo quel tanto <strong>che</strong> ci<strong>per</strong>mettono i nostri es<strong>per</strong>imenti. Il realismo sulle ent<strong>it</strong>à s<strong>per</strong>imentabili vuolsignificare <strong>che</strong> le proprietà <strong>di</strong> tali ent<strong>it</strong>à esistono prima e in<strong>di</strong>pendentemente dallanostra coscienza e <strong>che</strong> non sono create dall'es<strong>per</strong>imento.Più spinto è lo strumentalismo del filosofo statun<strong>it</strong>ense Larry Laudan, <strong>per</strong> il qualela scienza è uno strumento <strong>di</strong>mostratosi finora il più potente <strong>per</strong> risolvere problemiempirici o concettuali. Questa posizione si <strong>di</strong>stingue nettamente dal realismo <strong>di</strong>Pop<strong>per</strong>. Per Laudan infatti le teorie si possono misurare solo in termini <strong>di</strong>adeguatezza relativamente ad altre teorie e non in termini <strong>di</strong> ver<strong>it</strong>à. Le teorievivono in un complesso un<strong>it</strong>ario e non sono valutabili singolarmente, nel loroisolamento.Il progresso si muove all'interno delle tra<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> ricerca (come ad esempio ilco<strong>per</strong>nicanesimo, il darwinismo, la fisica quantistica). Esse sono concezioni globali<strong>che</strong> forniscono due tipi <strong>di</strong> <strong>di</strong>rettive:1. metodologi<strong>che</strong>, <strong>che</strong> prescrivono <strong>gli</strong> strumenti concettuali con cui procedere(ad esempio il metodo deduttivo <strong>per</strong> la tra<strong>di</strong>zione aristotelica e newtoniana eil comportamentismo <strong>per</strong> l'o<strong>per</strong>azionismo);2. ontologi<strong>che</strong>, <strong>che</strong> enunciano le ent<strong>it</strong>à ammesse all'interno <strong>della</strong> teoria (adesempio il cartesianesimo ammetteva solo la sostanza pensante e quellaestesa; il comportamentismo ammette solo <strong>gli</strong> atti fisici e fisiologiciempiricamente riscontrabili.Tuttavia queste tra<strong>di</strong>zioni non producono <strong>che</strong> risposte più o meno felici ai problemidel loro tempo e non hanno nulla a <strong>che</strong> fare con la ver<strong>it</strong>à, obiettivo <strong>che</strong>, più <strong>che</strong>irraggiungibile, è insensato.5050


51LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO O FILOSOFIA ANALITICA.La <strong>filosofia</strong> del linguaggio, detta an<strong>che</strong> <strong>filosofia</strong> anal<strong>it</strong>ica, è un in<strong>di</strong>rizzo filosofico<strong>che</strong> sorge all'inizio del Novecento nell'univers<strong>it</strong>à inglese <strong>di</strong> Cambridge. Riprende, inmodo più moderno e attuale, la grande tra<strong>di</strong>zione dell'empirismo inglese,caratterizzata dal privilegiare il senso comune rispetto ai ragionamenti astratti,dall'approccio empirico alla realtà, piuttosto <strong>che</strong> su base metafisica o <strong>di</strong> principi apriori, nonché dall'interesse <strong>per</strong> <strong>gli</strong> aspetti logico-linguistici dei problemi filosofici escientifici (i problemi vanno tradotti e formulati in un linguaggio logico).Rispetto ad in<strong>di</strong>rizzi filosofici <strong>di</strong> tipo metafisico <strong>di</strong>ffusi nel continente europeo (ilneoidealismo, lo spir<strong>it</strong>ualismo, la <strong>filosofia</strong> <strong>della</strong> v<strong>it</strong>a), <strong>che</strong> pongono l'accentosull'aspetto soggettivo <strong>della</strong> coscienza nella visione e conoscenza <strong>della</strong> realtà, la<strong>filosofia</strong> del linguaggio si ispira invece ad un atteggiamento <strong>di</strong> realismo, <strong>che</strong>mette in rilievo il carattere oggettivo (anziché soggettivo) <strong>della</strong> conoscenza, ossia ilcarattere oggettivo posseduto dai dati elementari dell'es<strong>per</strong>ienza, cioè dallesensazioni in atto (nel momento in cui si <strong>per</strong>cepiscono) prima <strong>della</strong> lororielaborazione intellettuale e concettuale.È utile ricordare <strong>che</strong> la metafisica si basa sull'idea <strong>che</strong> i principi fondamentali <strong>della</strong>realtà siano ultrasensibili, tali cioè da poter essere colti solo dalla ragione e non daisensi. Per l'empirismo invece ogni conoscenza parte dall'es<strong>per</strong>ienza sensibileesteriore (relativa a<strong>gli</strong> oggetti) o interiore (relativa a<strong>gli</strong> stati d'animo).Per il prevalente carattere metafisico e soggettivo <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong> europea continentalee <strong>per</strong> quello invece prevalentemente empirico-realistico e logico-anal<strong>it</strong>ico (basatosull'analisi logica del linguaggio, cioè <strong>di</strong> impostazione "anal<strong>it</strong>ica") <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong>anglosassone è stata elaborata la <strong>di</strong>stinzione, <strong>di</strong>venuta nota, fra "anal<strong>it</strong>ici" (ifilosofi anglosassoni) e "continentali" (i filosofi del continente europeo).L'impostazione empirico-realista <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong> del linguaggio è <strong>per</strong>ò, come si èdetto, <strong>di</strong> carattere più moderno e attuale rispetto all'empirismo tra<strong>di</strong>zionale edaltresì al pos<strong>it</strong>ivismo. Il pos<strong>it</strong>ivismo credeva con assoluta fiducia nel valoreautonomo e oggettivo dei "fatti": basta soltanto racco<strong>gli</strong>erli, osservarli e classificarlicon metodo <strong>per</strong> giungere ad una conoscenza certa.Ma la gnoseologia e l'epistemologia contemporanea si rendono conto <strong>che</strong> "i fatti"cioè i dati e <strong>gli</strong> oggetti dell'es<strong>per</strong>ienza, non sono colti <strong>di</strong>rettamente in se stessi masolo in<strong>di</strong>rettamente dalle nostre sensazioni e <strong>per</strong>cezioni, <strong>che</strong> filtrano e selezionano ifatti stessi. Fin dall'inizio i fatti sono <strong>per</strong>ciò sottoposti ad una nostra interpretazionesoggettiva, venendo quin<strong>di</strong> a <strong>per</strong>dere quel carattere <strong>di</strong> oggettiv<strong>it</strong>à assoluta qualeinvece r<strong>it</strong>enuto dal pos<strong>it</strong>ivismo e dall'empirismo ingenuo (su<strong>per</strong>ficiale), dato <strong>che</strong> visono molti mo<strong>di</strong> possibili <strong>di</strong> organizzare e interpretare i fatti medesimi,<strong>di</strong>fferentemente da soggetto a soggetto. Con l'avvento delle geometrie non euclidee,con la teoria <strong>della</strong> relativ<strong>it</strong>à e col principio <strong>di</strong> indeterminazione an<strong>che</strong> la stessaconoscenza matematica e quella <strong>della</strong> fisica sono in crisi e non appaiono più certezzeassolute. Non solo aumenta la sensazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>stacco tra es<strong>per</strong>ienza comune escienza ma si giunge altresì a dub<strong>it</strong>are <strong>che</strong> vi sia corrispondenza tra conoscenzascientifica e realtà.51


Nella nuova prospettiva la <strong>filosofia</strong> del linguaggio e il realismo contemporaneosono <strong>per</strong>tanto consapevoli <strong>che</strong> i fatti, ossia <strong>gli</strong> oggetti dell'es<strong>per</strong>ienza, le sensazioni,non sono completamente oggettivi, cioè in<strong>di</strong>pendenti da qualsiasi interpretazione(modo <strong>di</strong> vedere e <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>care) e classificazione soggettiva. R<strong>it</strong>engono <strong>per</strong>ò <strong>che</strong>un'attenta analisi dei mo<strong>di</strong> del conoscere e del linguaggio scientifico sia in grado<strong>di</strong> mostrare l'esistenza <strong>di</strong> concetti e <strong>di</strong> principi logici <strong>che</strong> possiedono un lorovalore autonomo, oggettivo, in<strong>di</strong>pendente dalle interpretazioni soggettive. Inparticolare, si tenta <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare la certezza <strong>della</strong> scienza attraverso, <strong>per</strong>l'appunto, l'analisi del suo linguaggio, <strong>per</strong> evidenziare da un lato la vali<strong>di</strong>tà delleconoscenze acquis<strong>it</strong>e me<strong>di</strong>ante l'uso <strong>della</strong> matematica e <strong>della</strong> logica e <strong>per</strong>rilevare, dall'altro lato, le contrad<strong>di</strong>zioni e l'insensatezza <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong>tra<strong>di</strong>zionale e <strong>della</strong> metafisica, a causa dell'ambigu<strong>it</strong>à, dell'incoerenze e de<strong>gli</strong> errorilogici presenti nel linguaggio da esse impiegato. L'analisi del linguaggiorispettivamente usato sia nella scienza <strong>che</strong> nella <strong>filosofia</strong> è conseguentemente ilnuovo comp<strong>it</strong>o attribu<strong>it</strong>o alla <strong>filosofia</strong> <strong>per</strong> chiarire la coerenza (=non contrad<strong>di</strong>zione)delle proposizioni formulate.Caratteristi<strong>che</strong> generali <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong> del linguaggio sono dunque:1. l'analisi logica del linguaggio sia scientifico <strong>che</strong> filosofico e la chiarificazioneminuziosa de<strong>gli</strong> enunciati (proposizioni) e dei concetti logici, scientifici edan<strong>che</strong> etici esaminati;2. la tendenza ad impostare i problemi filosofici in modo il più possibileoggettivo e comunque antimetafisico;3. la propensione <strong>per</strong> indagini circoscr<strong>it</strong>te ed il rifiuto <strong>di</strong> trattazioni sistemati<strong>che</strong>globali;4. l'uso <strong>di</strong> tecni<strong>che</strong> logi<strong>che</strong> rigorose nell'argomentazione ed esposizione dei temie delle questioni;5. l'attenzione ai fatti e a<strong>gli</strong> usi del linguaggio, sia scientifico e logico-formale siaor<strong>di</strong>nario.Principali esponenti <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong> del linguaggio sono Bertrand Russell eLudwig W<strong>it</strong>tgenstein. Sono da c<strong>it</strong>are an<strong>che</strong> Eduard Moore e Alfred Wh<strong>it</strong>ehead.La <strong>filosofia</strong> del linguaggio in parte anticipa e in parte <strong>di</strong>viene importantecomponente del neopos<strong>it</strong>ivismo sviluppatosi nel "Circolo <strong>di</strong> Vienna".L'avvento <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong> del linguaggio, con il suo accentuato interesse nei confrontidell'analisi del linguaggio, è stato defin<strong>it</strong>o dai commentatori "svolta linguistica"<strong>della</strong> <strong>filosofia</strong>, nel senso <strong>che</strong> viene privilegiata una concezione <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong> il cuicomp<strong>it</strong>o essenziale è l'analisi e la chiarificazione del linguaggio. La convinzione <strong>di</strong>fondo è <strong>che</strong> i problemi filosofici possono essere risolti attraverso l'ampliamento <strong>della</strong>conoscenza del linguaggio usato e me<strong>di</strong>ante la precisa chiarificazione de<strong>gli</strong> usi e de<strong>it</strong>ipi <strong>di</strong> linguaggio. Due sono i tipi <strong>di</strong> analisi linguistica <strong>per</strong>segu<strong>it</strong>i:1. L'analisi del linguaggio scientifico, e in tal caso la <strong>filosofia</strong> è ridotta ocomunque assimilata alla logica, a cui è attribu<strong>it</strong>o an<strong>che</strong> il comp<strong>it</strong>o <strong>di</strong>determinare le con<strong>di</strong>zioni generali <strong>che</strong> rendono possibile un linguaggioqualsiasi. In questo filone si inserisce Bertrand Russell, lo stessoneopos<strong>it</strong>ivismo già preso in esame ed il cosiddetto "primo W<strong>it</strong>tgenstein". Uno5252


dei principali obiettivi posti è quello, caraterizzante altresì il predettoneopos<strong>it</strong>ivismo, dell'unificazione metodologica delle scienze (in<strong>di</strong>viduare ununico e comune metodo <strong>di</strong> base) me<strong>di</strong>ante la creazione <strong>di</strong> un comunelinguaggio logico-scientifico e <strong>di</strong> una comune metodologia scientifica. Lastessa matematica è ridotta e trasformata in logica, in formule logi<strong>che</strong>.2. L'analisi del linguaggio comune od or<strong>di</strong>nario, e in tal caso il comp<strong>it</strong>o <strong>della</strong><strong>filosofia</strong> è l'interpretazione delle forme (dei mo<strong>di</strong>) espressive proprie dellinguaggio comune nonché la ricerca del loro significato autentico, previaeliminazione de<strong>gli</strong> equivoci ai quali conduce l'uso improprio dei mo<strong>di</strong>espressivi del linguaggio or<strong>di</strong>nario stesso. In questo secondo filone si inserisceMoore e il cosiddetto "secondo W<strong>it</strong>tgenstein".5353


54BERTRAND RUSSEL (1872-1970).Inglese e cultore <strong>di</strong> molti interessi: logica, matematica, <strong>filosofia</strong>, pol<strong>it</strong>ica, moralesociale. Al Trin<strong>it</strong>y College è stato maestro <strong>di</strong> W<strong>it</strong>tgenstein, <strong>che</strong> in segu<strong>it</strong>o si èallontanato da lui <strong>per</strong> <strong>di</strong>vers<strong>it</strong>à <strong>di</strong> vedute. Pol<strong>it</strong>icamente <strong>di</strong> spir<strong>it</strong>o libertario, ra<strong>di</strong>cale,progressista e pacifista, si schiera contro ogni autor<strong>it</strong>arismo e dogmatismo pol<strong>it</strong>ico ereligioso.È stato <strong>per</strong> breve tempo hegeliano, influenzato dal filosofo neoidealista ingleseBradley. Dopo aver letto le o<strong>per</strong>e <strong>di</strong> Moore muta punto <strong>di</strong> vista e si avvicina alrealismo contemporaneo <strong>di</strong> Cambridge. Scrive in propos<strong>it</strong>o Russell: "Bradley avevasostenuto <strong>che</strong> qualsiasi cosa in cui crede il senso comune è mera apparenza; noipassammo all'estremo opposto e pensammo <strong>che</strong> reale è ogni cosa <strong>che</strong> il sensocomune, non influenzato dalla <strong>filosofia</strong> e dalla religione, suppone <strong>che</strong> sia reale".O<strong>per</strong>a principale: I principi <strong>di</strong> matematica.La logica.Influenzato dai logici-matematici Peano e Frege, Russel r<strong>it</strong>iene <strong>che</strong> l'intera<strong>filosofia</strong>, <strong>per</strong> essere rigorosa, debba adottare un linguaggio formalizzato, precisoe non equivoco, simile a quello <strong>della</strong> matematica e <strong>della</strong> logica. Russell si proponeil programma <strong>di</strong> una completa riduzione e trasformazione delle formulematemati<strong>che</strong> in formule logi<strong>che</strong>. Considera infatti la matematica una branca <strong>della</strong>logica e la logica è intesa come scienza <strong>di</strong> oggetti (i principi e le regole logi<strong>che</strong>)esistenti in<strong>di</strong>pendentemente dalla mente umana nonché in<strong>di</strong>pendenti l'unodall'altro, dotati cioè solo <strong>di</strong> relazioni esterne. Tali oggetti esistono a tutti i livelli<strong>della</strong> realtà: ad esempio <strong>gli</strong> atomi <strong>di</strong> cui è cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>a la materia; <strong>gli</strong> istanti <strong>di</strong> cui ècost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o il tempo; i punti <strong>di</strong> cui è cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o lo spazio, i numeri <strong>di</strong> cui si occupa lamatematica, i principi e le proposizioni <strong>di</strong> cui si occupa la logica. La concezione<strong>della</strong> logica e <strong>della</strong> matematica <strong>di</strong> Russell è stata defin<strong>it</strong>a "realismo platonico"proprio <strong>per</strong>ché r<strong>it</strong>iene <strong>che</strong> <strong>gli</strong> enti logici e matematici esistano in<strong>di</strong>pendentementedalla mente umana, cioè an<strong>che</strong> se non sono pensati, come appunto le idee <strong>di</strong> Platone.Nell'o<strong>per</strong>a "I principi <strong>di</strong> matematica" rilevante è la sco<strong>per</strong>ta <strong>di</strong> Russell secondo cuiall'interno <strong>della</strong> stessa logica-matematica esistono paradossi, cioè contrad<strong>di</strong>zionianaloghe a quella del "ment<strong>it</strong>ore" Epamenide, come già formulato dalla logicaantica, vale a <strong>di</strong>re la proposizione: "Epamenide, cretese, <strong>di</strong>ce <strong>che</strong> tutti i cretesimentono". Questa è una proposizione vera o falsa? Presa <strong>di</strong> <strong>per</strong> sé è un'antinomia(contrad<strong>di</strong>zione) irrisolvibile, come il moderno paradosso delle classi formulatodallo stesso Russell e cioè: "la classe (insieme) <strong>di</strong> tutte le classi <strong>che</strong> non contengonose stesse come elemento contiene o non contiene se stessa come elemento?". Russellgiunge a risolvere questi paradossi o antinomie elaborando la cosiddetta "teoria de<strong>it</strong>ipi", secondo cui bisogna stabilire una <strong>di</strong>stinta tipologia gerarchica, cioè <strong>di</strong>stintilivelli tra le proposizioni secondo la regola seguente: un concetto non può maifungere da pre<strong>di</strong>cato in una proposizione in cui il soggetto sia <strong>di</strong> livello uguale o54


maggiore del concetto stesso. Dunque, essendo quella del ment<strong>it</strong>ore Epamenide (o laclasse <strong>di</strong> tutte le classi <strong>che</strong> non contengono se stesse come elemento) proposizione <strong>di</strong>livello su<strong>per</strong>iore a quella asser<strong>it</strong>a, allora essa è vera.Due sono dunque le caratteristi<strong>che</strong> fondamentali <strong>della</strong> logica <strong>di</strong> Russell:1. la riduzione <strong>della</strong> matematica alla logica, nel senso <strong>che</strong> <strong>per</strong> Russell lamatematica deriva dalla logica ed anzi consiste in quella parte <strong>della</strong> logica <strong>che</strong>e<strong>gli</strong> chiama la "logica delle relazioni": entrambe infatti hanno <strong>per</strong> oggetto lateoria generale delle relazioni tra numeri o tra proposizioni;2. l'impostazione realistica <strong>della</strong> logica, secondo cui i termini logici (i principie le regole <strong>della</strong> logica) e i numeri non sono una nostra creazione o intuizione,ma esistono in<strong>di</strong>pendentemente dalla nostra mente, sia <strong>che</strong> li pensiamo o no;sono ent<strong>it</strong>à esistenti in se stesse, hanno cioè consistenza ontologica reale,come le idee <strong>di</strong> Platone, con la <strong>di</strong>fferenza <strong>per</strong>ò <strong>che</strong> sono concep<strong>it</strong>i da Russellnon già come realtà soprasensibili ma come la struttura stessa (il modofondamentale <strong>di</strong> essere) del mondo. An<strong>che</strong> la logica e la matematica, infatti, sioccupano del mondo reale, sia pure nei suoi aspetti più generali e astratti. Lamatematica e la logica cost<strong>it</strong>uiscono in qual<strong>che</strong> modo la sostanza delle cose, inquanto colgono e spiegano le relazioni tra le cose e si applicano a<strong>gli</strong> oggetticon cui siamo in contatto.Russell non accetta <strong>per</strong>tanto la contemporanea logica formale, poiché slegatadalla realtà, e neppure la logica antica, da Aristotele in poi, concep<strong>it</strong>a solo come"arte del pensare" riguardante soltanto il soggetto <strong>che</strong> pensa e non an<strong>che</strong> la realtà.Respinge altresì la concezione secondo cui <strong>gli</strong> assiomi, ossia i postulati logici ematematici, sono semplici convenzioni (anticonvenzionalismo).Fondamentale <strong>per</strong> Russell, come abbiamo visto, è quella parte <strong>della</strong> logica chiamata"la logica <strong>della</strong> relazione", sulla quale si fonda più <strong>di</strong>rettamente la matematica e<strong>che</strong> cost<strong>it</strong>uisce la principale <strong>di</strong>fferenza tra vecchia e nuova logica. Nella teoriagenerale delle relazioni infatti, precisa Russell, oltre <strong>che</strong> la logica rientra inparticolare la matematica: contare significa stabilire una relazione tra la serie de<strong>gli</strong>oggetti contati e i numeri naturali, così come il ragionare logico significa stabilireuna relazione tra i termini logici e <strong>gli</strong> oggetti a cui sono applicati. La vecchia logicaconsiderava una sola forma <strong>di</strong> proposizione, cioè quella cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>a dal soggetto e dalpre<strong>di</strong>cato, fondata sul presupposto metafisico <strong>che</strong> nella realtà esistono solo le cose e iloro pre<strong>di</strong>cati, cioè le loro qual<strong>it</strong>à (ad esempio, Socrate è un uomo; l'arte è bella,ecc.). Nella realtà, afferma Russell, esistono invece an<strong>che</strong> relazioni tra le cose e nonsolo tra le cose in se stesse e i loro pre<strong>di</strong>cati. Le relazioni del tipo A è maggiore <strong>di</strong> Boppure A è fratello <strong>di</strong> B sono il fondamento <strong>della</strong> nuova logica ed esse non sipossono ridurre alle qual<strong>it</strong>à <strong>di</strong> una cosa, cioè al solo pre<strong>di</strong>cato. Vi sono relazionisimmetri<strong>che</strong> (<strong>di</strong> corrispondenza), trans<strong>it</strong>ive o intrans<strong>it</strong>ive <strong>che</strong> possono an<strong>che</strong>esprimere il possesso <strong>di</strong> qual<strong>it</strong>à, ma le relazioni asimmetri<strong>che</strong> del tipo "prima, dopo,più grande, più piccolo" non esprimono il possesso <strong>di</strong> alcuna qual<strong>it</strong>à e quin<strong>di</strong> nonsono riducibili a qual<strong>it</strong>à delle cose ma hanno invece una loro autonomia e sussistenzaontologica reale, in<strong>di</strong>pendentemente dall'es<strong>per</strong>ienza.5555


56La teoria delle descrizioni.Allo scopo <strong>di</strong> realizzare an<strong>che</strong> nel linguaggio comune, or<strong>di</strong>nario, lo stesso rigore eprecisione <strong>della</strong> logica-matematica, Russell propone la cosiddetta "teoria delledescrizioni". Essa afferma <strong>che</strong> solo i nomi propri <strong>di</strong> <strong>per</strong>sona o <strong>di</strong> cosa (ad esempioFrancesco, il cavallo, la mela, ecc.) hanno una denotazione chiara, ossia siriferiscono necessariamente ad un oggetto esistente e <strong>per</strong>ciò possono fungere(valere) da soggetti <strong>di</strong> proposizioni esistenziali (corrispondenti ad enti esistenti nellarealtà) vere o false. Ma le descrizioni usate nel linguaggio comune, fa presenteRussell, non si riferiscono sempre e necessariamente ad un oggetto esistente, comenel caso delle espressioni "la montagna d'oro" o "il circolo quadrato", e <strong>per</strong>ciòfinché tali espressioni restano formulate in questo modo impreciso esse non possonovalere come soggetto <strong>di</strong> proposizioni esistenziali vere o false. Per ev<strong>it</strong>are taleinconvenienti, prosegue Russell, simili descrizioni devono essere trasformate inenunciati <strong>che</strong> in<strong>di</strong>cano la relazione fra due pre<strong>di</strong>cati del tipo <strong>di</strong> quelli <strong>della</strong> logicamatematica. Per esempio, le espressioni "la montagna d'oro" o "il circolo quadrato"non esistono, non sono proposizioni esistenziali, <strong>per</strong>tanto devono essere trasformatenelle proposizioni corrette "nessuna ent<strong>it</strong>à è al tempo stesso una montagna ed è <strong>di</strong>oro " o "nessuna cosa è al tempo stesso circolo e quadrato".Proposizioni atomi<strong>che</strong>, proposizioni molecolari e proposizioni generali. I tipi <strong>di</strong>ver<strong>it</strong>à.La realtà <strong>per</strong> Russell è cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>a da oggetti particolari <strong>che</strong> hanno proprietà erelazioni semplici, le quali danno origine a fatti singoli, specifici e in<strong>di</strong>visibili, ossianon ulteriormente <strong>di</strong>visibili o scomponibili in fatti ancor più particolari (ad esempio"Napoleone era ambizioso" oppure "Napoleone <strong>di</strong>ventò im<strong>per</strong>atore <strong>di</strong> Francia"),chiamati <strong>per</strong>ciò "fatti atomici" (atomico significa appunto in<strong>di</strong>visibile). Ogni fattoatomico è espresso da una proposizione chiamata "proposizione atomica". È unaproposizione la quale esprime <strong>che</strong> una certa cosa possiede una certa qual<strong>it</strong>à o unacerta relazione con un'altra (ad esempio "questa mela è rossa" oppure "Maria è miasorella"). La proposizione atomica è la forma più semplice ed elementare <strong>di</strong>proposizione, formata da un singolo soggetto e da un singolo pre<strong>di</strong>cato e non èulteriormente scomponibile. La ver<strong>it</strong>à o fals<strong>it</strong>à <strong>di</strong> una proposizione atomica èverificabile solo in base all'es<strong>per</strong>ienza, poiché essendo in<strong>di</strong>visibile non può esserericavata da altre proposizioni.L'unione <strong>di</strong> più proposizioni atomi<strong>che</strong> <strong>per</strong> mezzo <strong>di</strong> congiunzioni del tipo "e", "o","se", dà luogo e forma le "proposizioni molecolari" (la molecola è infatti l'unione<strong>di</strong> due o più atomi). La ver<strong>it</strong>à o fals<strong>it</strong>à delle proposizioni molecolari <strong>di</strong>pende dallaver<strong>it</strong>à o fals<strong>it</strong>à <strong>di</strong> quelle atomi<strong>che</strong> <strong>di</strong> cui sono cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>e nonché dalla correttezza,ossia dalla coerenza, delle congiunzioni con cui esse sono collegate. Questecongiunzioni o connessioni non sono un fatto atomico <strong>di</strong> cui si possa fare es<strong>per</strong>ienza56


ma sono collegamenti logici fondati sulla correttezza o coerenza (ossia sulla noncontrad<strong>di</strong>zione logica) anziché sulla verifica empirica del vero o falso. I collegamentilogici sono quin<strong>di</strong> in<strong>di</strong>pendenti dai fatti espressi dalle proposizioni atomi<strong>che</strong> masono tuttavia ontologicamente fondati anch'essi sulla realtà.Oltre alle proposizioni atomi<strong>che</strong> e molecolari, esistono proposizioni chiamate daRussell "proposizioni generali", le quali si riferiscono invece alle classi, cioè a<strong>gli</strong>insiemi, come ad esempio: "tutti <strong>gli</strong> uomini (l'insieme de<strong>gli</strong> uomini) sono mortali".La ver<strong>it</strong>à delle proposizioni generali, <strong>di</strong>versamente da quella delle proposizioniatomi<strong>che</strong> e in parte an<strong>che</strong> da quella delle proposizioni molecolari, è del tuttoin<strong>di</strong>pendente dall'osservazione o es<strong>per</strong>ienza sensibile, ma <strong>di</strong>pende inveceesclusivamente dalla correttezza-coerenza logica delle relazioni <strong>di</strong> implicazione o<strong>di</strong> esclusione tra le classi o insiemi <strong>di</strong> cui sono cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>e.Esistono in tal modo due tipi <strong>di</strong> ver<strong>it</strong>à:1. quella basata sui dati dei sensi, <strong>che</strong> riguarda le proposizioni atomi<strong>che</strong> emolecolari, le quali sono sempre particolari e ci fanno conoscere il mondoesterno; tali sono le proposizioni delle scienze empiri<strong>che</strong>;2. quella basata sulla relazione tra le classi, <strong>che</strong> riguarda le proposizionigenerali (i principi <strong>della</strong> logica e i postulati <strong>della</strong> matematica-geometria), lequali cost<strong>it</strong>uiscono l'oggetto <strong>della</strong> logica e <strong>della</strong> matematica, cioè <strong>di</strong> un mondougualmente oggettivo, reale, nel senso <strong>di</strong> in<strong>di</strong>pendente dalla nostra mente matuttavia <strong>di</strong>verso dal mondo sensibile.Allora comp<strong>it</strong>o <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong> è, secondo Russell, <strong>di</strong> tradurre il linguaggio comunein un linguaggio formalizzato, cioè rigoroso, non ambiguo, cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o o daproposizioni particolari (atomi<strong>che</strong> o molecolari) o da proposizioni generali,verificando la ver<strong>it</strong>à delle prime me<strong>di</strong>ante il ri<strong>corso</strong> ai dati sensibili, all'osservazioneempirica, e verificando la ver<strong>it</strong>à delle seconde me<strong>di</strong>ante l'analisi logica. In tal modosi potrà eliminare una quant<strong>it</strong>à <strong>di</strong> falsi problemi o <strong>di</strong> problemi insolubili, nati da unuso scorretto del linguaggio, quali sono i problemi metafisici, e si potrà ricondurrel'intero linguaggio comune al linguaggio scientifico, similmente a quello dellescienze empiri<strong>che</strong> e matemati<strong>che</strong>.57La teoria <strong>della</strong> conoscenza.La conoscenza, <strong>di</strong>ce il Russell, comincia innanz<strong>it</strong>utto dall'es<strong>per</strong>ienza, anzidall'es<strong>per</strong>ienza in<strong>di</strong>viduale e concreta dell'uomo. Tuttavia Russell è an<strong>che</strong>consapevole dei lim<strong>it</strong>i dell'empirismo, cioè <strong>di</strong> un'idea <strong>di</strong> conoscenzaesclusivamente basata sull'osservazione e l'es<strong>per</strong>ienza sensibile.In effetti l'empirismo può essere defin<strong>it</strong>o come una concezione secondo cui tutta laconoscenza scientifica è fondata sull'es<strong>per</strong>ienza, ma tuttavia questo principio stessonon è a sua volta fondato e non deriva dall'es<strong>per</strong>ienza. Comunque, tra quelle<strong>di</strong>sponibili, l'empirismo è <strong>per</strong> Russell la teoria mi<strong>gli</strong>ore. Contrario al pragmatismo,Russell ha avversato an<strong>che</strong> quei neopos<strong>it</strong>ivisti (Neurath) i quali paiono aver<strong>di</strong>menticato <strong>che</strong> lo scopo delle parole è <strong>di</strong> occuparsi <strong>di</strong> cose <strong>di</strong>verse dalle parole57


medesime. Accomuna in questo attacco an<strong>che</strong> il cosiddetto "secondo W<strong>it</strong>tgenstein"<strong>per</strong> il vizio <strong>di</strong> certa <strong>filosofia</strong> anal<strong>it</strong>ica <strong>di</strong> occuparsi sterilmente del senso delle paroleanziché cercare il senso delle cose e <strong>della</strong> realtà descr<strong>it</strong>ta dalle parole.Consapevole dunque dei lim<strong>it</strong>i <strong>di</strong> una concezione esclusivamente empiristica <strong>della</strong>conoscenza, Russell avverte <strong>che</strong> se la conoscenza parte dall'es<strong>per</strong>ienza essaconsiste an<strong>che</strong> nel confronto, nella generalizzazione, nelle procedure <strong>di</strong> verificae <strong>di</strong> controllo dei dati dell'es<strong>per</strong>ienza e soprattutto nella correttezza e coerenzalogica delle connessioni e collegamenti stabil<strong>it</strong>i tra i dati medesimi.Russell <strong>di</strong>stingue due tipi <strong>di</strong> conoscenza: 1) la conoscenza <strong>di</strong>retta o <strong>per</strong>denotazione; 2) la conoscenza <strong>per</strong> descrizione o <strong>per</strong> connotazione.La conoscenza <strong>di</strong>retta o <strong>per</strong> denotazione si ha quando si fa es<strong>per</strong>ienza <strong>di</strong>retta de<strong>gli</strong>oggetti o quando questi ci vengono <strong>di</strong>rettamente in<strong>di</strong>cati (denotati), cosicchépossiamo vederli e toccarli. I contenuti <strong>di</strong> tale conoscenza sono anz<strong>it</strong>utto i datisensibili e poi i dati introspettivi, derivanti dalla riflessione sui nostri stati interni <strong>di</strong>coscienza (i pensieri, i sentimenti, le emozioni) ma an<strong>che</strong> i dati <strong>della</strong> memoria e lastessa coscienza del nostro io, cioè la consapevolezza <strong>di</strong> noi stessi come esseriviventi e pensanti. Senza una conoscenza <strong>di</strong>retta <strong>della</strong> nostra ident<strong>it</strong>à (l'io-pensokantiano) non potremmo neppure avere una conoscenza <strong>di</strong>retta dei dati sensibili.Oggetto <strong>della</strong> conoscenza <strong>di</strong>retta sono an<strong>che</strong>, <strong>per</strong> Russell, <strong>gli</strong> "universali", cioè iprincipi e le relazioni (le regole) fondamentali <strong>della</strong> logica (ad esempio il principio <strong>di</strong>ident<strong>it</strong>à, <strong>di</strong> non contrad<strong>di</strong>zione, del terzo escluso). In tal modo Russell fa rientrarenell'impostazione empiristica <strong>della</strong> conoscenza an<strong>che</strong> una componente <strong>di</strong> tipo logicorazionalistico:<strong>gli</strong> universali sussistono in<strong>di</strong>pendentemente da ogni oggettoparticolare; sono mo<strong>di</strong> e regole generali del pensare in<strong>di</strong>pendenti dai contenuti delpensiero e si applicano in ugual modo qualunque sia la cosa pensata. Oltre a fondarele proposizioni <strong>della</strong> logica e <strong>della</strong> matematica, <strong>gli</strong> universali consentono leprocedure <strong>di</strong> deduzione o induzione e <strong>di</strong> controllo delle ver<strong>it</strong>à scientifi<strong>che</strong> <strong>che</strong> fannoparte integrante <strong>della</strong> conoscenza. La natura <strong>di</strong> questi universali è particolare:non sono né ent<strong>it</strong>à fisi<strong>che</strong> né psichi<strong>che</strong>. Sono cioè ent<strong>it</strong>à reali fuori dal tempo,intemporali, non cambiano nel tempo (come le idee <strong>di</strong> Platone) e sono altresìin<strong>di</strong>pendenti dal loro essere pensati. Anzi, <strong>per</strong> Russell il mondo de<strong>gli</strong> universali èquello più autentico dell'essere (<strong>della</strong> realtà), <strong>di</strong>stinto dall'esistere e quin<strong>di</strong> sottratto altempo. Poiché tali universali possono essere oggetto solo <strong>di</strong> intuizione <strong>di</strong>retta e non<strong>di</strong> conoscenza me<strong>di</strong>ante <strong>di</strong>mostrazione, essi sono assimilabili ai postulati <strong>della</strong>geometria.Relativamente alla conoscenza <strong>di</strong>retta, va rilevato <strong>che</strong> i dati sensibili <strong>che</strong> essaco<strong>gli</strong>e non coincidono espressamente con <strong>gli</strong> oggetti reali in quanto vengonopiuttosto a far parte dell'es<strong>per</strong>ienza soggettiva. La questione è delicata poichécoinvolge la stessa possibil<strong>it</strong>à <strong>per</strong> l'uomo <strong>di</strong> accertare l'esistenza <strong>della</strong> realtà esterna ede<strong>gli</strong> altri esseri umani. Il rischio è quello del solipsismo (<strong>di</strong> rimanere chiusi in sestessi, ossia <strong>di</strong> una conoscenza rinchiusa solo nell'in<strong>di</strong>viduo <strong>che</strong> <strong>per</strong>cepisce: ognunovede e conosce a modo suo), <strong>per</strong>ché in sede <strong>di</strong> conoscenza <strong>di</strong>retta "bisognaammettere <strong>che</strong> non potremo mai provare l'esistenza <strong>di</strong> cose in<strong>di</strong>pendenti da noi edalle nostre <strong>per</strong>cezioni".5858


Ma l'uomo <strong>di</strong>spone an<strong>che</strong> <strong>della</strong> conoscenza <strong>per</strong> descrizione o <strong>per</strong> connotazione,<strong>che</strong> consente <strong>di</strong> conoscere un oggetto quando ci viene descr<strong>it</strong>to an<strong>che</strong> se non se ne faes<strong>per</strong>ienza <strong>di</strong>retta. Tale conoscenza ha il pregio <strong>di</strong> essere <strong>di</strong> carattere pubblicopoiché è comunicabile, intersoggettiva e quin<strong>di</strong> <strong>per</strong>mette <strong>di</strong> su<strong>per</strong>are il rischiodel solipsismo. Infatti la conoscenza <strong>per</strong> descrizione si avvale anch'essa, <strong>per</strong> viaanalogica, <strong>di</strong> dati sensoriali (quando mi viene descr<strong>it</strong>to un oggetto o<strong>per</strong>o un'analogiaparagonandolo a sensazioni simili già da me <strong>per</strong>cep<strong>it</strong>e), <strong>per</strong>ò si avvale altresì <strong>di</strong>procedure logi<strong>che</strong>, induttive e deduttive, me<strong>di</strong>ante cui possiamo collegare insiemedeterminati dati sensibili e accertare <strong>che</strong>, in rapporto a specifi<strong>che</strong> descrizioni, rimanedeterminato un preciso oggetto reale ed uno solo. Ad esempio, osservando un tavolo,o qualora mi venga descr<strong>it</strong>to, io non arrivo certo a co<strong>gli</strong>ere la cosa in sé, ma solo ciò<strong>che</strong> mi appare <strong>di</strong> esso (il fenomeno). Giungo <strong>per</strong>ò a stabilire <strong>che</strong> i miei dati sensorialisi producono in mo<strong>di</strong> regolari e costanti. Tale inferenza (=deduzione/induzione) miporta <strong>per</strong>ciò concludere <strong>che</strong> qualcosa come un tavolo esiste fuori <strong>di</strong> me.Analogamente, posso co<strong>gli</strong>ere an<strong>che</strong> l'esistenza de<strong>gli</strong> altri esseri umani.59Etica, pol<strong>it</strong>ica e religione.Attribuendo valore <strong>di</strong> ver<strong>it</strong>à unicamente alla scienza, Russell non riconosce ver<strong>it</strong>àalcuna all'etica, alla pol<strong>it</strong>ica e alla religione, poiché non trattano <strong>di</strong> fatti o relazionilogi<strong>che</strong> bensì del bene e del male, del giusto e dell'ingiusto, <strong>di</strong> Dio e del destinodell'uomo. Questi sono valori <strong>che</strong> non possono essere oggetto <strong>di</strong> conoscenza inquanto empiricamente non verificabili; <strong>di</strong> conseguenza non esistono valori assoluti euniversali.L'etica <strong>per</strong>ciò, afferma Russell, non si fonda sulla conoscenza del bene ma solo suldesiderio, <strong>per</strong> cui è bene ciò <strong>che</strong> sod<strong>di</strong>sfa il desiderio ed è male ciò <strong>che</strong> vi è <strong>di</strong>contrario. I desideri tuttavia, benché in gran parte <strong>di</strong>pendano da inclinazioni naturali,possono essere parzialmente mo<strong>di</strong>ficati me<strong>di</strong>ante l'educazione e la cultura socialeaccettata. Bisogna <strong>per</strong>tanto educare ciascuno a rispettare an<strong>che</strong> i desideri de<strong>gli</strong> altriin modo da ottenere la maggior felic<strong>it</strong>à possibile <strong>per</strong> il maggior numero <strong>di</strong> <strong>per</strong>sone.Si tratta <strong>di</strong> una concezione etica <strong>di</strong> tipo util<strong>it</strong>aristico. I desideri e le passioni umanenon vanno condannati in nome <strong>di</strong> principi morali dogmatici e repressivi, ma vannosemmai moderati i desideri <strong>che</strong> possono creare confl<strong>it</strong>ti con <strong>gli</strong> altri e/o conseguentiinfelic<strong>it</strong>à, mentre vanno incoraggiati quelli <strong>che</strong> favoriscono la pacifica convivenzasociale.La concezione pol<strong>it</strong>ica <strong>di</strong> Russell è <strong>di</strong> tipo liberal-democratico ra<strong>di</strong>cale, volta adassicurare a tutti la maggior libertà possibile, con l'unico lim<strong>it</strong>e <strong>di</strong> non impe<strong>di</strong>re lalibertà altrui. Sostiene la libertà dell'in<strong>di</strong>viduo contro ogni <strong>di</strong>ttatura e sopruso delpotere. Convinto pacifista, è stato avversario delle ingiustizie sociali, assai cr<strong>it</strong>icocontro le ingiustizie del cap<strong>it</strong>alismo ed altrettanto duro contro i meto<strong>di</strong> <strong>di</strong>ttatoriali delcomunismo sovietico.Famose sono state le sue contestazioni alla guerra del Vietnam.59


Rifiuta tutte le religioni <strong>per</strong>ché si basano sulla fede e non sulla conoscenza e <strong>per</strong>chésono considerate <strong>di</strong>sumane dal punto <strong>di</strong> vista etico, in quanto reprimono i desideriumani al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> quanto richiesto dal rispetto dei desideri e <strong>della</strong> libertà de<strong>gli</strong> altri.Per le sue idee ra<strong>di</strong>cali, an<strong>che</strong> nel campo dei costumi sociali, ha pagato <strong>di</strong> <strong>per</strong>sona:<strong>gli</strong> è stata tolta la cattedra <strong>di</strong> <strong>filosofia</strong> al C<strong>it</strong>y College <strong>di</strong> New York ed è statoimprigionato più volte.60GEORGE EDWARD MOORE (1873-1958).Inglese, docente alle univers<strong>it</strong>à <strong>di</strong> E<strong>di</strong>mburgo e <strong>di</strong> Cambridge, ha avuto come scolaroW<strong>it</strong>tgenstein.La teoria <strong>della</strong> conoscenza.Mentre Russell attribuisce alla <strong>filosofia</strong> il comp<strong>it</strong>o <strong>di</strong> tradurre il linguaggio comunenel linguaggio scientifico formalizzato, Moore, suo compagno <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>, concepisceinvece la <strong>filosofia</strong> come analisi del linguaggio comune, inaugurando con ciò unnuovo in<strong>di</strong>rizzo nell'amb<strong>it</strong>o <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong> anal<strong>it</strong>ica.Nell'articolo "La natura del giu<strong>di</strong>zio" Moore confuta l'idealismo, cui avevainizialmente ader<strong>it</strong>o, osservando <strong>che</strong> i pre<strong>di</strong>cati (le qual<strong>it</strong>à delle cose) comunementeusati nei giu<strong>di</strong>zi (nelle proposizioni) conservano sempre lo stesso significato an<strong>che</strong>quando vengono usati in giu<strong>di</strong>zi <strong>di</strong>versi. Ciò <strong>di</strong>mostra, a suo avviso, <strong>che</strong> i concettiespressi dai pre<strong>di</strong>cati non <strong>di</strong>pendono dal nostro pensiero, come sostenutodall'idealismo, ma sono oggetti in<strong>di</strong>pendenti. Moore analizza successivamente lafamosa affermazione <strong>di</strong> Berkeley "esse est <strong>per</strong>cipi" (esistere significa essere<strong>per</strong>cep<strong>it</strong>o), anch'essa a suo parere <strong>di</strong> impostazione idealistica, e <strong>di</strong>chiara <strong>che</strong> in realtàla <strong>per</strong>cezione de<strong>gli</strong> oggetti va tenuta <strong>di</strong>stinta da<strong>gli</strong> oggetti <strong>per</strong>cep<strong>it</strong>i <strong>per</strong>ché essaricomprende sempre an<strong>che</strong> caratteri e stati <strong>di</strong> coscienza <strong>che</strong> non appartengono a<strong>gli</strong>oggetti medesimi. Ad esempio, quando noi <strong>per</strong>cepiamo il colore azzurro, siamoconsapevoli <strong>che</strong> la nostra <strong>per</strong>cezione, in quanto tale, è <strong>di</strong>versa dall'azzurro. In talmodo Moore non solo confuta l'idealismo, sviluppando una teoria <strong>della</strong> conoscenza<strong>di</strong> tipo realistico, ma offre an<strong>che</strong> un esempio <strong>di</strong> come possa essere usata l'analisi dellinguaggio.Ne<strong>gli</strong> scr<strong>it</strong>ti successivi Moore precisa ulteriormente la sua teoria <strong>della</strong> conoscenza,affermando <strong>che</strong> esiste una realtà esterna, in<strong>di</strong>pendente dal nostro pensiero, laquale è esattamente come ce la presenta il "senso comune" e <strong>che</strong> <strong>per</strong>ciò non èriducibile né alle nostre <strong>per</strong>cezioni né ai nostri concetti. Tale realtà è cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>a dalnostro corpo, dal corpo de<strong>gli</strong> altri esseri viventi nonché da<strong>gli</strong> oggetti <strong>che</strong> questi<strong>per</strong>cepiscono, oggetti <strong>che</strong> sono <strong>di</strong>stinti dalla corrispondente <strong>per</strong>cezione.Dell'esistenza <strong>di</strong> tale realtà tuttavia non c'è alcuna altra prova se non quella60


dello stesso senso comune, <strong>per</strong> il quale l'esistenza <strong>di</strong> una realtà esterna è evidente, ècioè una ver<strong>it</strong>à intu<strong>it</strong>iva.Il senso comune è ciò <strong>che</strong> è espresso dal linguaggio or<strong>di</strong>nario. Perciò la <strong>filosofia</strong>deve essere soprattutto analisi del linguaggio or<strong>di</strong>nario, ossia deve sa<strong>per</strong><strong>di</strong>stinguere <strong>che</strong> cosa effettivamente esso esprime nonché quali elementi insensatisiano stati in esso introdotti a causa <strong>di</strong> teorie filosofi<strong>che</strong> particolari e astratte,eliminando quin<strong>di</strong> accuratamente tali teorie come origine <strong>di</strong> falsi problemi, <strong>di</strong>equivoci e <strong>di</strong> frainten<strong>di</strong>menti.61L'etica.Per Moore l'analisi del linguaggio va applicata an<strong>che</strong> ai problemi morali. E<strong>gli</strong>elabora così un'etica originale, <strong>di</strong>retta unicamente a chiarire <strong>che</strong> cosa noi inten<strong>di</strong>amo<strong>di</strong>re quando affermiamo <strong>che</strong> una cosa è buona, <strong>che</strong> cioè è un bene. Il concetto <strong>di</strong>bene <strong>per</strong> Moore è un concetto semplice, non composto da altri concetti, e <strong>per</strong>ciònon può essere defin<strong>it</strong>o, può essere solo intu<strong>it</strong>o in virtù <strong>di</strong> un sentire imme<strong>di</strong>ato.Rifiuta <strong>per</strong>ciò tutte le dottrine <strong>che</strong> pretendono <strong>di</strong> definire il bene me<strong>di</strong>anteconcezioni scientifi<strong>che</strong> o filosofico-metafisi<strong>che</strong>. Esse commettono tutte un unicotipo <strong>di</strong> errore, defin<strong>it</strong>o "fallacia naturalistica", consistente nello scambiare il bene<strong>per</strong> un oggetto appartenente alla natura, descrivibile dalla scienza o dalla <strong>filosofia</strong>.Ma il bene non è un oggetto fisico, come può esserlo il piacere o l'utile secondol'util<strong>it</strong>arismo, poiché non esiste nel tempo come invece tutti <strong>gli</strong> oggetti fisici. Essonon è nemmeno un oggetto metafisico, inteso quale idea o valore trascendente comenell'idealismo, poiché non è eterno come <strong>gli</strong> oggetti metafisici bensì è una nozioneumana <strong>che</strong> varia nel tempo.L'etica insomma non può essere fondata né sulla conoscenza scientifica néfilosofica ma deriva da una semplice intuizione, cioè da una scelta. Ciò nonimpe<strong>di</strong>sce tuttavia a Moore <strong>di</strong> affermare <strong>che</strong> l'ideale da porre a guida delle nostreazioni consiste ne<strong>gli</strong> affetti <strong>per</strong> le <strong>per</strong>sone e nei piaceri <strong>di</strong> tipo estetico, ossia insentimenti entrambi <strong>di</strong>sinteressati.La concezione etica <strong>di</strong> Moore è stata defin<strong>it</strong>a "intuizionismo etico" ed ha eserc<strong>it</strong>atoun vasta influenza su tutta la <strong>filosofia</strong> anal<strong>it</strong>ica anglo-americana. In particolare, èstato commentato, la fallacia naturalistica denunciata da Moore cost<strong>it</strong>uisce unaviolazione e un su<strong>per</strong>amento <strong>della</strong> legge <strong>di</strong> Hume, secondo la quale è fatto <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong>dedurre da proposizioni descr<strong>it</strong>tive contenente il verbo "essere" proposizioniprescr<strong>it</strong>tive contenente il verbo "dovere". In effetti, contro Hume, Moore attribuisceall'etica ideali regolativi.61


62Alfred North Wh<strong>it</strong>ehead (1871-1947).Inglese, si occupa inizialmente <strong>di</strong> matematica e <strong>di</strong> logica. In segu<strong>it</strong>o si interessa <strong>di</strong>questioni cosmologi<strong>che</strong>.Se il realismo contemporaneo inglese, sviluppatosi nell'univers<strong>it</strong>à <strong>di</strong> Cambridge, haprevalente carattere anal<strong>it</strong>ico, volto a scomporre e separare, in base al modelloscientifico, i vari problemi filosofici <strong>per</strong> stu<strong>di</strong>arli isolatamente, non sono mancati <strong>per</strong>contro, come nel caso <strong>di</strong> Wh<strong>it</strong>ehead, tentativi ar<strong>di</strong>ti <strong>di</strong> spiegazione cosmologica <strong>della</strong>realtà in continu<strong>it</strong>à con la grande tra<strong>di</strong>zione metafisica <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong> occidentale.Quello <strong>di</strong> Wh<strong>it</strong>ehead è stato in effetti il tentativo <strong>di</strong> costruire, sulla base dei risultatipiù recenti <strong>della</strong> fisica, una cosmologia sistematica me<strong>di</strong>ante cui ricercare unaspiegazione un<strong>it</strong>aria dei processi del mondo organico come pure <strong>della</strong> coscienza edelle forme <strong>della</strong> v<strong>it</strong>a delle forme umana.Nel proprio sforzo <strong>di</strong> generalizzazione metafisica an<strong>che</strong> la <strong>filosofia</strong> deve <strong>per</strong>ò,sostiene Wh<strong>it</strong>ehead, partire sempre dall'es<strong>per</strong>ienza e r<strong>it</strong>ornare all'es<strong>per</strong>ienza. Nonpotrà partire da fatti particolari osservati, come <strong>per</strong> lo scienziato, ma partirà da essi<strong>per</strong> co<strong>gli</strong>ere le nozioni generali <strong>che</strong> si applichino a tutti i fatti e <strong>che</strong> quin<strong>di</strong>, dopoessere state generalizzate, possano essere messe alla prova nella misura in cui si<strong>di</strong>mostrino capaci <strong>di</strong> illuminare campi nuovi e remoti del reale. Fare metafisicaquin<strong>di</strong> non significa <strong>per</strong> Wh<strong>it</strong>ehead trascendere l'es<strong>per</strong>ienza ma attingere ad essaricavandone s<strong>che</strong>mi metafisici.Lo s<strong>che</strong>ma elaborato da Wh<strong>it</strong>ehead è quello <strong>di</strong> un universo pluralistico, cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o dauna molteplic<strong>it</strong>à <strong>di</strong> ent<strong>it</strong>à chiamate "ent<strong>it</strong>à attuali", intese come le realtà <strong>di</strong> fondo <strong>di</strong>cui il mondo è fatto. Non soltanto la v<strong>it</strong>a umana bensì l'intera <strong>storia</strong> dell'universo èconcep<strong>it</strong>a come processual<strong>it</strong>à nello spazio e nel tempo, ossia continua creativ<strong>it</strong>à,autoformazione, "concrescenza" (=crescere insieme alla cresc<strong>it</strong>a e allo sviluppo <strong>di</strong>tutte le ent<strong>it</strong>à ed eventi del mondo). Ogni ent<strong>it</strong>à emerge nel mondo e si pone <strong>di</strong> frontealla molteplic<strong>it</strong>à del mondo come punto <strong>di</strong> vista e come sintesi unificatrice (unificain una sintesi le <strong>di</strong>verse molteplic<strong>it</strong>à con cui si trova in relazione). Tutte le ent<strong>it</strong>àsono in relazione e le ent<strong>it</strong>à attuali presenti non mo<strong>di</strong>ficano quelle passate ma sonoin qual<strong>che</strong> modo da esse mo<strong>di</strong>ficate (il passato con<strong>di</strong>ziona il presente). Concepirel'universo come processual<strong>it</strong>à (continuo sviluppo e mutamento) significa <strong>che</strong> noi nons<strong>per</strong>imentiamo sostanze e qual<strong>it</strong>à, fatte oggetto (come in Russel) <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong>meccanicistica e <strong>che</strong> in quanto tali sono stati<strong>che</strong> e chiuse in se stesse. S<strong>per</strong>imentiamoinvece il verificarsi senza sosta <strong>di</strong> eventi in relazione uno con l'altro. Ogni evento èin un rapporto <strong>di</strong> "prensione" o <strong>di</strong> intenzional<strong>it</strong>à con ogni altro, passato e presente,e con tutto l'universo. La "prensione" è il sentirsi <strong>di</strong> ogni evento collegato econ<strong>di</strong>zionato da ogni altro. Non l'idea <strong>di</strong> sostanza, dunque, ma quella <strong>di</strong> evento è lostrumento efficace <strong>per</strong> capire il mondo. L'idea <strong>di</strong> sostanza, ossia <strong>di</strong> materia inerte,come quelle <strong>di</strong> spazio e <strong>di</strong> tempo assoluti erano i concetti <strong>della</strong> fisica newtoniana.Ma la fisica contemporanea ci costringe ad abbandonare tali categorie <strong>per</strong> parlare<strong>di</strong> eventi connessi dalle loro relazioni spazio-temporali. L'universo così inteso non èpiù una macchina, una ent<strong>it</strong>à statica ma un processo, un organismo <strong>che</strong> "concresce"e dove il soggetto non è, come pretendono <strong>gli</strong> idealisti, il punto <strong>di</strong> partenza del62


processo ma un punto <strong>di</strong> arrivo, nel senso <strong>che</strong> l'autocoscienza è quell'evento,piuttosto raro rispetto alle <strong>di</strong>verse potenzial<strong>it</strong>à <strong>di</strong> sviluppo, <strong>che</strong> ha avuto luogo apartire da un altro insieme <strong>di</strong> eventi <strong>che</strong> è il corpo umano. La coscienza non è <strong>che</strong> uncaso particolare <strong>di</strong> quelle relazioni <strong>che</strong> ogni evento ha con il resto dell'universo dacui emerge e verso cui si muove.Le ent<strong>it</strong>à, ossia <strong>gli</strong> eventi, <strong>di</strong>vengano, si sviluppano, acquistando una forma <strong>di</strong>esistenza rispetto alle altre varie forme potenziali <strong>che</strong> avrebbero potuto realizzarsi.Perciò Wh<strong>it</strong>ehead chiama queste ultime forme "oggetti eterni" (simili alle idee <strong>di</strong>Platone) poiché, in quanto potenzial<strong>it</strong>à alternative, esse possono essere descr<strong>it</strong>tesenza riferimento necessario alla <strong>di</strong>mensione temporale. L'ent<strong>it</strong>à reale in cui èinclusa la potenzial<strong>it</strong>à totale delle forme nella loro illim<strong>it</strong>atezza è Dio. Dio è ent<strong>it</strong>à<strong>che</strong> è necessario ammettere <strong>per</strong> spiegare l'or<strong>di</strong>ne, sia pur relativo, dell'universo.In Dio Wh<strong>it</strong>ehad <strong>di</strong>stingue una natura primor<strong>di</strong>ale, originaria, e una naturaconseguente. Come natura originaria Dio include tutte le potenzial<strong>it</strong>à <strong>di</strong> sviluppo <strong>di</strong>ogni evento; stimola, senza <strong>per</strong>ò necess<strong>it</strong>are, ogni ent<strong>it</strong>à ad attuarsi nel proprioevento secondo una processual<strong>it</strong>à <strong>di</strong> crescente armonia. Come natura conseguenteDio cresce o, me<strong>gli</strong>o, concresce con l'universo (poiché ogni evento <strong>che</strong> viene almondo è realizzazione <strong>di</strong> Dio) in una armonia cosciente e infin<strong>it</strong>amente grande <strong>che</strong>abbraccia tutte le ent<strong>it</strong>à ed eventi senza annullarne nessuno. Vi sono così due realtà:una eterna (Dio come natura originaria) e una <strong>di</strong>veniente (Dio come naturaconseguente). La metafisica <strong>di</strong> Wh<strong>it</strong>ehead assume da ultimo un tonofondamentalmente religioso e si pone come sentimento <strong>della</strong> presenza <strong>di</strong> un altroor<strong>di</strong>ne, al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> quello mondano, in cui non c'è inquietu<strong>di</strong>ne ma pace.6363


64LUDWIG WITTGENSTEIN (1889-1951).Nasce a Vienna; stu<strong>di</strong>a <strong>di</strong> ingegneria e poi matematica e logica a Cambridge comeallievo <strong>di</strong> Russell. Partecipa alla prima guerra mon<strong>di</strong>ale e viene fatto prigioniero aCassino. Dopo la pubblicazione del "Tractatus", pensando <strong>di</strong> non aver più nulla da<strong>di</strong>re in <strong>filosofia</strong> va ad insegnare come maestro elementare. R<strong>it</strong>orna poi a Cambridge<strong>per</strong> ricoprire una cattedra <strong>di</strong> <strong>filosofia</strong>.O<strong>per</strong>e principali: Tractatus logico-philosophicus; Ricer<strong>che</strong> filosofi<strong>che</strong>.Come esponente, tra i maggiori, <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong> del linguaggio, W<strong>it</strong>tgenstein in<strong>di</strong>caquale comp<strong>it</strong>o principale <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong> l'analisi e la cr<strong>it</strong>ica del linguaggio, <strong>per</strong>rilevarne ed eliminarne le ambigu<strong>it</strong>à e le antinomie (contrad<strong>di</strong>zioni).R<strong>it</strong>enendo <strong>che</strong> vi sia corrispondenza tra struttura <strong>della</strong> realtà e struttura dellinguaggio, la sua iniziale concezione filosofica è vicina a quella del realismocontemporaneo inglese. In segu<strong>it</strong>o si allontana da questa concezione a causa <strong>di</strong>prevalenti interessi sorti <strong>per</strong> la logica formale, avvicinandosi maggiormente,quin<strong>di</strong>, al neopos<strong>it</strong>ivismo. Nella seconda fase <strong>della</strong> sua <strong>filosofia</strong>, quella chiamatadel "secondo W<strong>it</strong>tgenstein", r<strong>it</strong>orna ad una impostazione più realistica epragmatica.Il "Tractatus logico-philosophicus".Similmente allo stile dell’"Etica" <strong>di</strong> Spinoza, il Trattato non si presenta comeun'o<strong>per</strong>a <strong>di</strong>scorsiva, ma come un insieme <strong>di</strong> enunciati (affermazioni,proposizioni), progressivamente numerati da quelli più generali a quelli piùparticolari e formulati secondo un linguaggio spesso complesso, <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficileinterpretazione. È comprensibile <strong>per</strong>tanto <strong>che</strong> il Trattato sia stato variamenteinterpretato, talora in senso kantiano, talora in senso antirazionalistico, mistico edetico, ma soprattutto in senso logico-epistemologico.Punto <strong>di</strong> partenza del Trattato è la definizione del mondo. Il mondo, <strong>di</strong>ceW<strong>it</strong>tgenstein, è tutto ciò <strong>che</strong> accade. Ossia è l'insieme dei fatti <strong>che</strong> accadono, è latotal<strong>it</strong>à dei fatti. Il mondo è un dato <strong>di</strong> fatto, una constatazione. Ciò significa allora,come vedremo, <strong>che</strong> non ha senso ricercare l'essenza, il fine del mondo, comepretende <strong>di</strong> fare la metafisica.Il fatto, precisa W<strong>it</strong>tgenstein, non è una cosa, un oggetto, invece ogni fatto è unaplural<strong>it</strong>à <strong>di</strong> cose, una combinazione <strong>di</strong> oggetti cioè, come da W<strong>it</strong>tgensteinchiamato, è uno "stato <strong>di</strong> cose". I fatti sono <strong>di</strong>stinti da<strong>gli</strong> oggetti <strong>per</strong>ché questi ultimi<strong>di</strong>pendono sempre dalle loro qual<strong>it</strong>à e proprietà, mentre i fatti sono in se stessiautonomi e in<strong>di</strong>pendenti, nel senso <strong>che</strong> ogni fatto possiede in sé un significatocompiuto. Gli oggetti sono elementi semplici, non ulteriormente scomponibili,mentre i fatti sono invece, ciascuno, un aggregato <strong>di</strong> oggetti. Soltanto dei fatti, inquanto combinazione <strong>di</strong> oggetti aventi un determinato significato compiuto, si può64


<strong>di</strong>re se sono veri o falsi, mentre non si può <strong>di</strong>rlo dei singoli oggetti: sono solo ciò<strong>che</strong> si vede e si tocca.A questo punto W<strong>it</strong>tgenstein si pone il problema del rapporto tra i fatti (cioè ilmondo) il pensiero e il linguaggio, <strong>che</strong> è espressione del pensiero. Come avviene ilpassaggio dai fatti alla loro descrizione e conoscenza? Al riguardo W<strong>it</strong>tgenstein hauna concezione antimentalistica ed antisoggettivistica. Nega cioè <strong>che</strong> il pensieroabbia una realtà propria e autonoma, <strong>di</strong>stinta dal linguaggio. Non esiste il pensiero, oil soggetto pensante, come elemento <strong>di</strong> me<strong>di</strong>azione e collegamento tra i fatti e illinguaggio, ma il linguaggio coincide col pensiero poiché non esiste alcun pensierose non è contemporaneamente espresso dal linguaggio: si può parlare solo pensando,a voce alta, <strong>per</strong> iscr<strong>it</strong>to o in silenzio. Il pensiero è l'immagine logica dei fatti nel senso<strong>che</strong> attribuisce significato ai fatti stessi, è cioè linguaggio.Allora, se pensiero e linguaggio coincidono, il problema del rapporto fra ilmondo (cioè l'insieme dei fatti), il pensiero e il linguaggio <strong>di</strong>venta il problema delrapporto fra il mondo e il linguaggio o del rapporto tra i fatti e il linguaggio.W<strong>it</strong>tgenstein risolve questo problema con la sua "teoria raffigurativa dellinguaggio", <strong>di</strong> tipo empirico-realista, <strong>di</strong>versa sia dall'idealismo e dal neoidealismo,sia dalla teoria delle forme o funzioni mentali a priori <strong>di</strong> Kant, <strong>che</strong> W<strong>it</strong>tgensteinr<strong>it</strong>iene poco verificabile. Il rapporto tra fatti e linguaggio veniva sent<strong>it</strong>o come unproblema poiché si trattava <strong>di</strong> spiegare come mai dei fatti ben precisi quali i segni,ossia le parole del linguaggio stesso, potessero esprimere altri fatti del tutto <strong>di</strong>versiquali i fenomeni <strong>della</strong> realtà.Abbiamo visto <strong>che</strong> <strong>per</strong> W<strong>it</strong>tgenstein il pensiero è l'immagine logica dei fatti (ossia delmondo, <strong>della</strong> realtà) e <strong>che</strong> il pensiero è a sua volta linguaggio; quin<strong>di</strong>, <strong>per</strong> la proprietàtrans<strong>it</strong>iva, il linguaggio è l'immagine <strong>della</strong> realtà: le proposizioni del linguaggiosono cioè immagini, modelli, raffigurazioni <strong>della</strong> realtà. Per comprendere me<strong>gli</strong>oquesta affermazione si può considerare <strong>che</strong> cos'è la proiezione. Noi sappiamo <strong>che</strong> unoggetto reale tri<strong>di</strong>mensionale (ad esempio una casa) può essere riprodotto,raffigurato, me<strong>di</strong>ante una proiezione prospettica bi<strong>di</strong>mensionale (la pianta <strong>della</strong> casa).Non vi è coincidenza ma la proiezione è un modello, una raffigurazione i cui elementistanno tra loro in relazione in modo corrispondente a<strong>gli</strong> elementi dell'oggetto reale.Non vi è dunque coincidenza ma c'è corrispondenza (la pianta <strong>della</strong> casacorrisponde alla casa reale). Lo stesso avviene nel linguaggio: il segno linguistico (adesempio una frase, una proposizione) è caratterizzato da connessioni (collegamenti)interne tra <strong>gli</strong> elementi <strong>che</strong> lo compongono (tra le parole) <strong>che</strong> sono corrispondentia quelle relative al fatto, all'oggetto reale.Con riguardo alle proposizioni del linguaggio, W<strong>it</strong>tgenstein <strong>di</strong>stingue, comeRussell, fra proposizioni atomi<strong>che</strong> e proposizioni molecolari. Le proposizioniatomi<strong>che</strong>, chiamate an<strong>che</strong> elementari, sono quelle <strong>che</strong> descrivono un fatto singolo esono cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>e nella forma più elementare, cioè soltanto dal soggetto e dal pre<strong>di</strong>cato.La proposizione è un segno linguistico (un elemento del linguaggio) composto da piùelementi semplici, ossia il soggetto e il pre<strong>di</strong>cato, <strong>che</strong> stanno in un certo rapporto traloro. Gli elementi più semplici sono i nomi ed essi, nella proposizione, stanno alposto de<strong>gli</strong> oggetti <strong>che</strong> rappresentano. Una proposizione atomica descrive un fatto,6565


cioè uno stato <strong>di</strong> cose, quando i suoi elementi stanno nel medesimo rapporto incui stanno <strong>gli</strong> elementi del fatto reale <strong>che</strong> essa descrive. In questo caso laproposizione è vera; in caso contrario è falsa. Ogni proposizione va quin<strong>di</strong>verificata in termini <strong>di</strong> corrispondenza rispetto al fatto reale descr<strong>it</strong>to. Infatti in sé e<strong>per</strong> sé ogni proposizione, come immagine <strong>di</strong> un fatto, rappresenta soltanto un fattopossibile ma non necessariamente reale e accaduto: <strong>per</strong> stabilirlo bisogna verificarlo.Diverse dalle proposizioni vere o false sono le proposizioni sensate o insensate. Leproposizioni sono sensate quando raffigurano un fatto, uno stato <strong>di</strong> cose,effettivamente possibile. Nel caso contrario sono insensate. Ad esempio, laproposizione "il quadrato è rotondo" non può essere verificata (non si potrà mai farees<strong>per</strong>ienza <strong>di</strong> un quadrato rotondo), non si potrà mai stabilire cioè se è vera o falsa,ma si potrà <strong>di</strong>re <strong>che</strong> è insensata poiché è incomprensibile e contrad<strong>di</strong>ttoria.Le proposizioni molecolari (da molecola=aggregazione <strong>di</strong> più sostanze chimi<strong>che</strong>)sono cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>e dall'aggregazione <strong>di</strong> più proposizioni atomi<strong>che</strong> tra <strong>di</strong> esse connesse oposte in connessione. La ver<strong>it</strong>à o fals<strong>it</strong>à delle proposizioni molecolari <strong>di</strong>pendedalla ver<strong>it</strong>à o fals<strong>it</strong>à delle proposizioni atomi<strong>che</strong> <strong>che</strong> le cost<strong>it</strong>uiscono. W<strong>it</strong>tgenstein<strong>di</strong>ce <strong>che</strong> sono "funzioni <strong>di</strong> ver<strong>it</strong>à" (<strong>di</strong>pendono) delle proposizioni atomi<strong>che</strong>cost<strong>it</strong>uenti.Il pensiero o, me<strong>gli</strong>o, il linguaggio in cui il pensiero si esprime è dunqueraffigurazione del mondo, cioè dei fatti, ed è cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o da proposizioni atomi<strong>che</strong> emolecolari raffigurative dei fatti stessi. Vi sono inoltre, aggiunge W<strong>it</strong>tgenstein,proposizioni generali <strong>che</strong> non raffigurano fatti ma fissano le con<strong>di</strong>zioni <strong>della</strong> loropossibil<strong>it</strong>à, ossia <strong>della</strong> loro pensabil<strong>it</strong>à; fissano cioè i principi, le regole, i mo<strong>di</strong> in cuinoi pensiamo ed esprimiamo i fatti attraverso il linguaggio. Tali sono i principi,<strong>della</strong> matematica e <strong>della</strong> logica a cui, an<strong>che</strong> <strong>per</strong> W<strong>it</strong>tgenstein come <strong>per</strong> Frege eRussell, la matematica può essere ricondotta. Le proposizioni generali non ci <strong>di</strong>cononulla del mondo, ossia non ci informano su un particolare stato <strong>di</strong> cose mavalgono <strong>per</strong> tutti i possibili stati <strong>di</strong> cose, poiché non fanno altro <strong>che</strong> esplic<strong>it</strong>are ciò<strong>che</strong> è già contenuto nel soggetto: sono cioè proposizioni tautologi<strong>che</strong>, in cui ilpre<strong>di</strong>cato è implic<strong>it</strong>o (ha il medesimo significato) nel soggetto. Sono i giu<strong>di</strong>zianal<strong>it</strong>ici considerati da Kant. Le proposizioni generali sono necessariamente vere,nel senso <strong>per</strong>ò <strong>che</strong> esprimono soltanto una con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> possibil<strong>it</strong>à, oppure, nel casodelle contrad<strong>di</strong>zioni, sono necessariamente false, nel senso <strong>che</strong> esprimonoun'impossibil<strong>it</strong>à. In esse dunque la ver<strong>it</strong>à coincide con la loro sensatezza mentre lafals<strong>it</strong>à coincide con l'insensatezza.Infine, la total<strong>it</strong>à delle proposizioni (atomi<strong>che</strong>, molecolari e generali) cost<strong>it</strong>uisce illinguaggio, mentre la total<strong>it</strong>à delle proposizioni vere cost<strong>it</strong>uisce la scienzanaturale, la quale è, <strong>per</strong> W<strong>it</strong>tgenstein, l'unica forma <strong>di</strong> conoscenza autentica.66La logica.La logica, secondo W<strong>it</strong>tgenstein, stu<strong>di</strong>a mo<strong>di</strong> in cui le proposizioni atomi<strong>che</strong> siaggregano formando proposizioni molecolari. I principi <strong>della</strong> logica, ossia le66


proposizioni generali, riguardano appunto la correttezza (coerenza) formale delleconnessioni tra le proposizioni atomi<strong>che</strong> cost<strong>it</strong>uenti le proposizioni molecolari aprescindere dal loro contenuto specifico, se vero o falso. La logica infatti ha <strong>per</strong>oggetto l'analisi <strong>della</strong> forma dei collegamenti (connessioni) tra le proposizioni dalpunto <strong>di</strong> vista <strong>della</strong> coerenza (cioè <strong>della</strong> non contrad<strong>di</strong>ttorietà) fra <strong>di</strong> essi e non dalpunto <strong>di</strong> vista <strong>della</strong> ver<strong>it</strong>à o fals<strong>it</strong>à dei relativi contenuti. Per tale ragione è appuntochiamata logica formale; in quanto tale ha sost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o quella antica e tra<strong>di</strong>zionalefondata da Aristotele, la quale ha invece carattere non formale ma realistico poiché<strong>di</strong>rettamente posta a verifica con la realtà, verifica <strong>che</strong> <strong>per</strong> W<strong>it</strong>tgenstein è invecelim<strong>it</strong>ata alle sole proposizioni atomi<strong>che</strong>. Quin<strong>di</strong>, non riguardando i contenuti <strong>di</strong>ver<strong>it</strong>à o fals<strong>it</strong>à delle proposizioni ma solo la forma, corretto o meno, dellerelative connessioni, i principi <strong>della</strong> logica sono sempre veri. Poiché sempre veri,i principi <strong>della</strong> logica sono "tautologie", come altresì le proposizioni <strong>della</strong>matematica. Sono sempre vere an<strong>che</strong> le proposizioni molecolari se sono vere leproposizioni atomi<strong>che</strong> cost<strong>it</strong>uenti e se sono corrette le connessioni fra <strong>di</strong> esse. Adesempio, la proposizione molecolare "piove o non piove" è sempre vera senzabisogno <strong>di</strong> verifica empirica. Invece, se in una proposizione molecolare non sirispetta la forma, ossia la correttezza formale dei collegamenti, non siamo <strong>di</strong> frontea proposizioni false (quando siano vere le proposizioni atomi<strong>che</strong> cost<strong>it</strong>uenti) ma aproposizioni insensate, prive <strong>di</strong> senso <strong>per</strong>ché contrad<strong>di</strong>ttorie (ad esempio, laproposizione molecolare "piove e non piove").67Il carattere delle teorie scientifi<strong>che</strong>.W<strong>it</strong>tgenstein ha una concezione del principio <strong>di</strong> causa e <strong>di</strong> inferenza (inferenza=induzione/deduzione) simile a quella <strong>di</strong> Hume. W<strong>it</strong>tgenstein infatti afferma <strong>che</strong> ogniprevisione da un fatto all'altro, da una proposizione atomica ad un'altra, puòavvenire solo a priori, in<strong>di</strong>pendentemente dall'es<strong>per</strong>ienza, tuttavia solo <strong>per</strong> effettodell'ab<strong>it</strong>u<strong>di</strong>ne, in quanto non vi è alcuna possibil<strong>it</strong>à <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare <strong>che</strong> il passaggioda un fatto presente (causa) a un predeterminato fatto futuro (effetto) cost<strong>it</strong>uisca unosviluppo, un processo logicamente necessario. Solo i principi <strong>della</strong> logica e <strong>della</strong>matematica, in quanto tautologici, sono sempre necessari, uguali a loro stessi. Ma ifatti del mondo fisico sono sempre accidentali (possono o non possono accadere)poiché non vi è possibil<strong>it</strong>à <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare in termini <strong>di</strong> necess<strong>it</strong>à logica <strong>che</strong> i fatti delpassato si ripeteranno sempre allo stesso modo an<strong>che</strong> nel futuro. Ad esempio, <strong>che</strong> ilsole sorga ogni mattina è solo un'ipotesi fondata sull'ab<strong>it</strong>u<strong>di</strong>ne, ma non vi è alcunapossibil<strong>it</strong>à <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare, su base logica, <strong>che</strong> sarà sempre e necessariamente così.Le teorie scientifi<strong>che</strong> e le leggi <strong>della</strong> scienza sono quin<strong>di</strong> solo delle ipotesi e non<strong>di</strong>mostrazioni necessarie e defin<strong>it</strong>ive: una nuova teoria può smentire quellaprecedente. Ciò non vuol <strong>di</strong>re <strong>che</strong> <strong>per</strong> W<strong>it</strong>tgenstein le scienze siano pocoimportanti ma <strong>che</strong>, piuttosto, le varie teorie scientifi<strong>che</strong> devono essere concep<strong>it</strong>ecome sistemi <strong>di</strong> descrizione e non <strong>di</strong> spiegazione del mondo, sistemi <strong>che</strong> devonorispettare cr<strong>it</strong>eri formali e principi logici interni rigorosi e coerenti, ma nessuno <strong>di</strong>67


essi potrà essere detto più vero <strong>di</strong> un altro. Vere possono essere solo quelleproposizioni atomi<strong>che</strong> <strong>che</strong> all'interno <strong>della</strong> teoria risultino corrispondentiall'es<strong>per</strong>ienza. Come si può notare, si tratta <strong>di</strong> una concezione delle teoriescientifi<strong>che</strong> affine a quella del neopos<strong>it</strong>ivismo.68La metafisica e la teoria del "mistico". Il comp<strong>it</strong>o <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong>.Si è visto <strong>che</strong> W<strong>it</strong>tgenstein definisce insensate le proposizioni <strong>che</strong> sonoraffigurazione <strong>di</strong> fatti empiricamente non verificabili; in quanto non verificabili, <strong>di</strong>esse non si può <strong>di</strong>re se sono vere o false; sono piuttosto prive <strong>di</strong> senso poichécontrad<strong>di</strong>ttorie o incomprensibili. Da ciò consegue, similmente alla concezioneneopos<strong>it</strong>ivistica, l'insensatezza attribu<strong>it</strong>a sia alla metafisica, sia allo scetticismo,sia an<strong>che</strong> alla religione, all'etica e all'arte.La metafisica non è falsa, dato <strong>che</strong> non si possono verificare empiricamente iproblemi <strong>di</strong> cui si occupa; è invece insensata e <strong>per</strong>ciò non può essere oggetto <strong>di</strong>conoscenza <strong>per</strong>ché non si accontenta <strong>di</strong> proposizioni semplicemente tautologi<strong>che</strong>,come la matematica e la logica, ma pretende <strong>di</strong> descrivere stati <strong>di</strong> cose inverificabili.Insensato è an<strong>che</strong> lo scetticismo, ossia la concezione <strong>che</strong> nega o dub<strong>it</strong>a <strong>della</strong> vali<strong>di</strong>tà<strong>della</strong> conoscenza, poiché contrad<strong>di</strong>ttoriamente fondato su <strong>di</strong> un presuppostometafisico <strong>che</strong>, da un lato, intende mettere in <strong>di</strong>scussione ma <strong>che</strong>, dall'altro lato, è insé non verificabile (lo scetticismo infatti dub<strong>it</strong>a <strong>di</strong> tutto ma, contrad<strong>di</strong>ttoriamente, nondub<strong>it</strong>a <strong>di</strong> se stesso).Parimenti insensate sono la religione, l'etica e l'arte poiché si occupano <strong>di</strong> valori(ideali) e non <strong>di</strong> fatti <strong>che</strong> accadono, in quanto tali verificabili. Il mondo è cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o dafatti e non da valori; riguarda l'essere e non il dover essere. L'etica <strong>per</strong>tanto non sifonda sulla conoscenza ma rimane affidata, come <strong>per</strong> Moore, a scelte e decisioniin<strong>di</strong>viduali e sociali. An<strong>che</strong> la religione non è conoscenza, ma è invece oggetto <strong>di</strong>intuizione mistica.In conclusione, solo la scienza è oggetto <strong>di</strong> conoscenza <strong>per</strong>ché si occupa <strong>di</strong> fattisuscettibili <strong>di</strong> verifica.Tuttavia W<strong>it</strong>tgenstein non esclude <strong>che</strong> vi sia qualcosa d'altro, an<strong>che</strong> <strong>di</strong>importante, al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> ciò <strong>che</strong> può essere conosciuto. Afferma soltanto <strong>che</strong> <strong>di</strong> essonon è possibile parlare (farne oggetto <strong>di</strong> conoscenza) poiché questo qualcosa d'altronon è esprimibile in un linguaggio verificabile. Questo qualcosa d'altro è il mondodell'ineffabile (=inesprimibile), chiamato da W<strong>it</strong>tgenstein "il mistico", ossia l'aspettomistico <strong>della</strong> realtà. Il mistico è l'insieme dei valori, de<strong>gli</strong> ideali, delle aspirazioni <strong>che</strong>non possono essere descr<strong>it</strong>ti e raffigurati dal linguaggio (scientifico). Ciò <strong>che</strong>possiamo conoscere e <strong>di</strong> cui possiamo parlare è l'esistenza del mondo inteso comeinsieme dei fatti <strong>che</strong> accadono. Non è invece conoscibile (e quin<strong>di</strong> non se ne puòparlare) l'essenza del mondo, il senso e il fine del mondo. Celebre è la frasepronunciata in propos<strong>it</strong>o da W<strong>it</strong>tgenstein: "Quanto può <strong>di</strong>rsi si può <strong>di</strong>re chiaro e suciò <strong>di</strong> cui non si può parlare si deve tacere".68


Tuttavia il mistico, an<strong>che</strong> se non può essere oggetto <strong>di</strong> conoscenza, è presente e sifa sentire in noi. A <strong>di</strong>fferenza del neopos<strong>it</strong>ivismo, secondo cui i fenomeni scientificie i principi <strong>della</strong> logica e <strong>della</strong> matematica sono tutto ciò <strong>che</strong> conta nella v<strong>it</strong>a,W<strong>it</strong>tgenstein non sottovaluta l'importanza del mistico, ossia del metafisico, delreligioso, dell’etico ed estetico. Non possiamo conoscerlo e quin<strong>di</strong> dobbiamo tacereeppure, afferma W<strong>it</strong>tgenstein, il mistico contiene problemi decisivi <strong>per</strong> l'essereumano. "Noi sentiamo, scrive, <strong>che</strong> an<strong>che</strong> quando tutte le possibili domandescientifi<strong>che</strong> abbiano avuto risposta, i nostri problemi v<strong>it</strong>ali non sono ancora neppuretoccati".Vi è quin<strong>di</strong> nel "Tractatus" l'espressione <strong>di</strong> un tragico contrasto: da un lato vi è laconstatazione <strong>che</strong> può essere detto solo ciò <strong>che</strong> risulta formulabile in modo chiaro esensato, e questo vale an<strong>che</strong> <strong>per</strong> la <strong>filosofia</strong>, ma dall'altro vi è la sensazione <strong>che</strong>l'in<strong>di</strong>cibile, ciò <strong>che</strong> la scienza e la <strong>filosofia</strong> non possono <strong>di</strong>re, ha forse un valoremaggiore.Comp<strong>it</strong>o <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong> è quello <strong>di</strong> tracciare una linea <strong>di</strong> demarcazione tra ciò <strong>che</strong> èconoscibile, e quin<strong>di</strong> può essere detto, è ciò <strong>che</strong> non è conoscibile, su cui quin<strong>di</strong>tacere, an<strong>che</strong> se magari più importante. Come già in Kant, l'intento <strong>di</strong> W<strong>it</strong>tgenstein è<strong>di</strong> stabilire i lim<strong>it</strong>i del conoscibile: <strong>per</strong> Kant la metafisica non è valida come scienza<strong>per</strong>ché non è basata su giu<strong>di</strong>zi sintetici a priori; <strong>per</strong> W<strong>it</strong>tgenstein non è valida <strong>per</strong>chéè insensata. La <strong>filosofia</strong>, prosegue W<strong>it</strong>tgenstein, non è una dottrina maun'attiv<strong>it</strong>à. Essa cioè non può e non deve esprimere enunciati (spiegazioni) suifatti, poiché questo è comp<strong>it</strong>o <strong>della</strong> scienza, ma deve invece svolgere un'azione <strong>di</strong>due tipi: negativo e terapeutico. Negativo <strong>per</strong>ché la <strong>filosofia</strong> deve <strong>di</strong>re <strong>che</strong> cosa ilpensiero-linguaggio non può fare, denunciando in primo luogo l'insensatezzadell'aspirazione a co<strong>gli</strong>ere i principi assoluti e i fondamenti metafisici del mondo e<strong>della</strong> realtà. Terapeutico <strong>per</strong>ché la <strong>filosofia</strong> deve eliminare e guarire dalle falsecredenze e ambigu<strong>it</strong>à del linguaggio e procedere ad un'o<strong>per</strong>a <strong>di</strong> chiarificazione logicadei pensieri e dei concetti, riducendo ogni <strong>di</strong>s<strong>corso</strong> a proposizioni fattuali verificabiliempiricamente oppure a proposizioni tautologi<strong>che</strong>.69Il "secondo W<strong>it</strong>tgenstein": la riabil<strong>it</strong>azione del linguaggio or<strong>di</strong>nario e la teoriadei giochi linguistici.Nel "Tractatus" W<strong>it</strong>tgenstein aveva attribu<strong>it</strong>o importanza pressoché esclusiva allinguaggio logico-scientifico. In segu<strong>it</strong>o, an<strong>che</strong> <strong>per</strong> effetto <strong>di</strong> nuovi incontri conpensatori <strong>di</strong> in<strong>di</strong>rizzo pragmatico, nell'o<strong>per</strong>a "Ricer<strong>che</strong> filosofi<strong>che</strong>" riconoscel'importanza altresì del linguaggio or<strong>di</strong>nario, nonché <strong>di</strong> quello morale, religiosoed estetico, mo<strong>di</strong>ficando quin<strong>di</strong> l'impostazione originaria. Per tale mutamento <strong>di</strong>pensiero si parla in propos<strong>it</strong>o, <strong>per</strong> l'appunto, <strong>di</strong> "secondo W<strong>it</strong>tgenstein" <strong>per</strong><strong>di</strong>fferenziare questa <strong>di</strong>versa concezione rispetto a quella dapprima espressa.Nel linguaggio or<strong>di</strong>nario, a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> quello logico-matematico e scientifico, leparole non denotano (in<strong>di</strong>cano) ciascuna un unico e preciso oggetto, regola69


necessaria questa nel linguaggio scientifico e logico al fine <strong>di</strong> ev<strong>it</strong>are ambigu<strong>it</strong>à,plural<strong>it</strong>à ed incertezze <strong>di</strong> significati. Tuttavia, pur presentando il linguaggioor<strong>di</strong>nario una varietà <strong>di</strong> forme e <strong>di</strong> significati an<strong>che</strong> in riferimento al medesimooggetto, W<strong>it</strong>tgenstein si rende conto <strong>che</strong> esso è comunque normalmente usato ecompreso. Passando dall'analisi del linguaggio scientifico a quella del linguaggioor<strong>di</strong>nario e<strong>gli</strong> rileva <strong>che</strong> espressioni linguisti<strong>che</strong> <strong>di</strong> tipo esclamativo, come "Aiuto!","Via!", "No!", "Grazie!", ecc., non hanno una funzione denotativa-denominativa espesso non si riferiscono neppure in modo univoco a determinati oggetti. Inoltreciascuna <strong>di</strong> queste parole può assumere <strong>di</strong> volta in volta significati <strong>di</strong>versi a secondadel contesto in cui viene usata.Insomma, W<strong>it</strong>tgenstein osserva <strong>che</strong> le parole del linguaggio or<strong>di</strong>nario non hannouna funzione esclusivamente denotativa (<strong>di</strong> precisa in<strong>di</strong>cazione) come nellinguaggio scientifico e logico, ma <strong>che</strong> invece il significato <strong>di</strong> una parola spessocambia in <strong>di</strong>pendenza del contesto e dell'uso <strong>che</strong> ne facciamo, un uso pur sempreregolato, benché in modo elastico, da norme con<strong>di</strong>vise, cioè reciprocamentecomprensibili dai parlanti. E<strong>gli</strong> elabora così la "teoria del significato d'uso de<strong>it</strong>ermini del linguaggio", chiamata an<strong>che</strong> "teoria dei giochi linguistici". Questateoria <strong>di</strong>ce <strong>che</strong> il significato <strong>di</strong> una parola varia e <strong>di</strong>pende dall'uso <strong>che</strong> ne viene fattononché dal contesto (amb<strong>it</strong>o, s<strong>it</strong>uazione) entro il quale è pronunciata. Ogni contesto(linguistico, musicale, artistico, morale, religioso, ecc.) ha sue proprie regole d'usodelle parole, così come ogni gioco ha regole proprie: da ciò il nome altresì <strong>di</strong> teoriadei giochi linguistici. Pur cambiando secondo il contesto in cui sono usate, no<strong>it</strong>uttavia riusciamo a <strong>di</strong>stinguere e a comprendere i <strong>di</strong>versi significati <strong>che</strong> lemedesime parole possono assumere <strong>per</strong>ché siamo ab<strong>it</strong>uati e addestrati a farlo. Cosìcome non esiste un solo tipo <strong>di</strong> gioco, ma plurimi, ognuno con regole <strong>di</strong>verse,altrettanto il linguaggio è cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o da giochi (contesti) <strong>di</strong>versi, ognuno con regole<strong>di</strong>fferenti: la denotazione (la funzione denotativa del linguaggio) non è l'unica eprincipale regola. Per <strong>di</strong> più i giochi e contesti linguistici non sono fissi,predeterminati ma variabili e mutevoli: possono esserne costru<strong>it</strong>i <strong>di</strong> nuovi ed altrivengono a cessare. "Col linguaggio facciamo le cose più <strong>di</strong>verse".In tal modo, da una concezione esclusivamente <strong>di</strong> tipo logico e scientifico dellinguaggio, W<strong>it</strong>tgenstein passa ad una concezione <strong>di</strong> tipo pragmatico, storico esociale: il linguaggio cioè non possiede più solo una base logica ma an<strong>che</strong> storica esociale. Di conseguenza, l'analisi del linguaggio e del significato delle proposizioninon è unica e valida in tutti i casi, e <strong>per</strong>tanto l'obiettivo inizialmente <strong>per</strong>segu<strong>it</strong>o <strong>di</strong>in<strong>di</strong>viduare una forma generale e univoca <strong>della</strong> proposizione viene riconosciutocome inattuabile. Non vi è un unico linguaggio del quale si possa ricercare lastruttura generale e universale, ma vi è una fami<strong>gli</strong>a <strong>di</strong> linguaggi, <strong>che</strong> hanno delleaffin<strong>it</strong>à, delle parentele uno con l'altro ma <strong>che</strong> nello specifico sono <strong>di</strong>versi. È solo amotivo <strong>di</strong> questa affin<strong>it</strong>à, ma non certo dell'univoc<strong>it</strong>à, <strong>che</strong> è possibile intendere lavarietà delle proposizioni e dei linguaggi poiché, se pur <strong>di</strong>fferenti, si possonocomunque intravedere fra <strong>di</strong> essi tratti omogenei, <strong>per</strong>altro mai generalizzabili inconcetti o termini <strong>di</strong> riferimento universali e oggettivi.7070


Al tempo stesso W<strong>it</strong>tgenstein respinge, <strong>di</strong> conseguenza, la concezione mentalisticadel linguaggio, nel senso <strong>che</strong> la caratteristica <strong>di</strong> una funzione, come il comprendere,il sa<strong>per</strong>e o il volere, non va in<strong>di</strong>viduata in un processo psichico, mentale, o in unaattiv<strong>it</strong>à spir<strong>it</strong>uale, ma nel fatto pragmatico <strong>di</strong> seguire una regola comune, cioè nellacon<strong>di</strong>visione e uniform<strong>it</strong>à delle ab<strong>it</strong>u<strong>di</strong>ni, de<strong>gli</strong> usi e delle modal<strong>it</strong>à pratico-sociali.Cambia allora an<strong>che</strong> il comp<strong>it</strong>o <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong>. Ad essa non spetta più un'univocafunzione chiarificatrice del linguaggio dal punto <strong>di</strong> vista logico bensì una funzione <strong>di</strong>tipo puramente descr<strong>it</strong>tivo, me<strong>di</strong>ante cui illustrare i <strong>di</strong>versi gruppi <strong>di</strong> regole dei varicontesti linguistici nonché le <strong>di</strong>fferenti grammati<strong>che</strong>, le analogie e le <strong>di</strong>vers<strong>it</strong>à <strong>che</strong>sussistono fra <strong>di</strong> essi. Questo comp<strong>it</strong>o descr<strong>it</strong>tivo è pressoché inesauribile e non puòessere concluso e condensato una volta <strong>per</strong> tutte entro un sistema <strong>per</strong> cui, <strong>di</strong>ceW<strong>it</strong>tgenstein, "non ci saranno più forse gran<strong>di</strong> filosofi, ma potranno esserci <strong>filosofia</strong>bili".A segu<strong>it</strong>o <strong>di</strong> queste molteplic<strong>it</strong>à concettuali la <strong>filosofia</strong> anal<strong>it</strong>ica anglosassone si èquin<strong>di</strong> sviluppata secondo filone plurimi, non più <strong>di</strong> esclusiva impostazione logicacome a<strong>gli</strong> inizi. Pur mantenendo un atteggiamento rigorosamente antimetafisico edun orientamento empiristico attento al senso comune, la <strong>filosofia</strong> anal<strong>it</strong>ica è venuta adoccuparsi altresì <strong>di</strong> analisi e <strong>di</strong> indagini <strong>di</strong> cui la <strong>filosofia</strong> già si era tra<strong>di</strong>zionalmenteinteressata, come l'analisi del linguaggio morale (Stevenson) e religioso (Ramsey).Ad<strong>di</strong>r<strong>it</strong>tura, <strong>di</strong>versamente da W<strong>it</strong>tgenstein <strong>che</strong> ne sottolineava l'inattuabil<strong>it</strong>à, è giuntaa r<strong>it</strong>enere <strong>che</strong> pure in or<strong>di</strong>ne al linguaggio or<strong>di</strong>nario sia possibile in<strong>di</strong>viduare un suoproprio carattere normativo, potendosi definire an<strong>che</strong> in esso l'uso corretto (logico)dei termini.7171


72L’ERMENEUTICA E HANS GADAMER.Per "ermeneutica" si intende la teoria dell'interpretazione e il metodo <strong>di</strong> analisi voltialla comprensione <strong>di</strong> un testo, sia esso scr<strong>it</strong>to, artistico, monumentale, ecc. Il terminederiva da Hermes, il nome greco <strong>di</strong> Mercurio, il <strong>di</strong>o messaggero e interprete tra <strong>gli</strong>dei e <strong>gli</strong> uomini. L'interpretazione dei testi come problema nasce col sorgere <strong>della</strong><strong>storia</strong> umana. Inizialmente riservata alla esegesi (= interpretazione) biblica e de<strong>it</strong>esti sacri in genere, nonché alle analisi filologi<strong>che</strong> del Rinascimento, ne è statosuccessivamente ampliato l'amb<strong>it</strong>o <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o e <strong>di</strong> interesse fino a comprendere nonsolo le tecni<strong>che</strong> e i processi interpretativi <strong>di</strong> ogni tipo <strong>di</strong> testo, ma altresì l'analisi delprocesso produttivo dei testi, accentuando le formulazioni teori<strong>che</strong> rispetto a quelleprevalentemente metodologi<strong>che</strong>. In epoca moderna viene così a cost<strong>it</strong>uirsil'ermeneutica come <strong>di</strong>sciplina autonoma.Soprattutto col Romanticismo, e con Schleirma<strong>che</strong>r in particolare, l'ermeneuticaviene a significare interpretazione-comprensione <strong>di</strong> ogni testo il cui senso non siaimme<strong>di</strong>atamente evidente. Con Dilthey il processo ermeneutico viene esteso allatotal<strong>it</strong>à <strong>della</strong> conoscenza storico-spir<strong>it</strong>uale. Per Heidegger, ancor più, il comprenderesi configura e si presenta come una delle strutture (modal<strong>it</strong>à fondamentali) cost<strong>it</strong>utivedell'esserci, cioè dell'uomo, il cui "essere nel mondo" si accompagna sempre a unapre-comprensione del mondo incentrata nel linguaggio. Poiché <strong>per</strong> Heidegger èattraverso il linguaggio <strong>che</strong> l'essere stesso si manifesta, allora l'ascolto el'interpretazione del linguaggio è la via dell'incontro con l'essere.Ad Heidegger si rifà Gadamer, maggior esponente dell'ermeneuticacontemporanea, facendone non solo una tecnica ma una teoria filosoficagenerale sull'uomo e sull'essere.Hans Georg Gadamer (1900-2002).Di nazional<strong>it</strong>à tedesca, ha insegnato nelle univers<strong>it</strong>à <strong>di</strong> Marburgo, Lipsia, Francofortee Heidelberg, succedendo nella cattedra <strong>di</strong> Jas<strong>per</strong>s. È stato allievo <strong>di</strong> Heidegger.O<strong>per</strong>a fondamentale: Ver<strong>it</strong>à e metodo. Lineamenti <strong>di</strong> un'ermeneutica filosofica.Gli scopi dell'ermeneutica. Distinzione tra ver<strong>it</strong>à e metodo.Comp<strong>it</strong>o dell'ermeneutica è chiarire la struttura (i mo<strong>di</strong>) <strong>della</strong> comprensione, intesanon come semplice interpretazione ma come modo <strong>di</strong> essere tipico dell'esistenza(umana). Tre sono in tal senso le caratteristi<strong>che</strong> e <strong>gli</strong> scopi dell'ermeneutica:1. Non lim<strong>it</strong>arsi a stabilire una serie <strong>di</strong> norme tecni<strong>che</strong> e metodologi<strong>che</strong> suimo<strong>di</strong> <strong>di</strong> procedere nell'interpretazione dei testi, ma elaborare una teoria sullastruttura e sulle con<strong>di</strong>zioni del comprendere, cioè chiarire i mo<strong>di</strong> cost<strong>it</strong>utivi72


<strong>della</strong> comprensione e analizzare le con<strong>di</strong>zioni <strong>che</strong> rendono possibile lacomprensione stessa.2. Mostrare come il comprendere non sia soltanto una delle possibili attiv<strong>it</strong>àdell'uomo, del soggetto, ma cost<strong>it</strong>uisca invece il modo fondamentale in cui sirealizza e si svolge l'esistenza: esistere significa essenzialmentecomprendere, interpretare, ossia attribuire significati alle es<strong>per</strong>ienze <strong>di</strong> v<strong>it</strong>a.L'esistere, l'essere nel mondo e l'essere in rapporto con <strong>gli</strong> altri, implica semprecost<strong>it</strong>utivamente l'interpretare, il comprendere. Da ciò il carattere universaledell'ermeneutica. Esistere e comprendere coincidono. L'interprete non èsolo lo specialista ma ognuno <strong>di</strong> noi nell'attribuire senso e significati alleproprie es<strong>per</strong>ienze.3. Mostrare come il comprendere sia un tipo <strong>di</strong> attribuzione <strong>di</strong> senso allees<strong>per</strong>ienze vissute e quin<strong>di</strong> un tipo <strong>di</strong> ver<strong>it</strong>à <strong>di</strong> natura <strong>di</strong>versa ma <strong>di</strong> pari valorerispetto all'applicazione del metodo scientifico, ossia quel tipo <strong>di</strong> sa<strong>per</strong>e <strong>che</strong><strong>per</strong>segue e si propone l'ideale <strong>di</strong> una conoscenza oggettiva e neutrale(imparziale) del mondo. Deriva da ciò una <strong>di</strong>fferenza e contrasto tra ver<strong>it</strong>à(filosofica ed ermeneutica) e metodo (scientifico), da cui il t<strong>it</strong>olo delcapolavoro <strong>di</strong> Gadamer. Non ci sono soltanto ver<strong>it</strong>à scientifi<strong>che</strong>"meto<strong>di</strong><strong>che</strong>" (derivanti dall'applicazione del metodo scientifico) ma, contro loscientismo moderno, ossia contro il presente predominio <strong>della</strong> scienza, vi sonoan<strong>che</strong> specifi<strong>che</strong> es<strong>per</strong>ienze extrameto<strong>di</strong><strong>che</strong> <strong>di</strong> ver<strong>it</strong>à, quali l'arte, la <strong>storia</strong>,la <strong>filosofia</strong>, le quali, pur collocandosi al <strong>di</strong> fuori delle conoscenze scientifi<strong>che</strong>,risultano fondamentali <strong>per</strong> l'uomo. Il comprendere è <strong>di</strong>verso dal conoscere(scientifico), ma non meno importante.La conoscenza scientifica si basa sulla netta separazione tra soggetto conoscente edoggetto da conoscere: concepisce il soggetto come neutrale, imparziale, libero dapregiu<strong>di</strong>zi e quin<strong>di</strong> capace <strong>di</strong> una conoscenza oggettiva e universale; concepiscedall'altro lato l'oggetto come un "dato" inerte, passivo, analizzabile scientificamente.Ma non tutti i processi conosc<strong>it</strong>ivi sono <strong>di</strong> questo tipo, prosegue Gadamer.L'es<strong>per</strong>ienza esistenziale (l'es<strong>per</strong>ienza <strong>di</strong> v<strong>it</strong>a) si <strong>di</strong>stingue nettamente dallaconoscenza scientifica: anzi è nell'es<strong>per</strong>ienza esistenziale <strong>che</strong> Gadamer colloca laver<strong>it</strong>à contro il metodo collocato nella scienza.L'es<strong>per</strong>ienza non viene intesa da Gadamer in senso empiristico (il vedere e toccare lecose) o fenomenico-kantiano bensì in senso hegeliano. È vera es<strong>per</strong>ienza <strong>per</strong>Gadamer, ossia un'es<strong>per</strong>ienza <strong>di</strong> ver<strong>it</strong>à, una comprensione ermeneutica, quella <strong>che</strong>"mo<strong>di</strong>fica ra<strong>di</strong>calmente chi la fa", <strong>che</strong> mo<strong>di</strong>fica il soggetto come pure l'oggetto,unificandoli in una sintesi <strong>che</strong> entrambi assorbe. Diversamente dalla conoscenzascientifica, <strong>per</strong> Gadamer la ver<strong>it</strong>à è il prodotto dell'incontro con qualcosa <strong>che</strong> siautoimpone come tale, così come il bello si impone al soggetto quando lo incontra.Questa ver<strong>it</strong>à non si co<strong>gli</strong>e attraverso la scienza ma attraverso l'ermeneutica: quandocompren<strong>di</strong>amo un testo, il suo significato si impone a noi proprio come si impone ilbello. La scienza è conoscenza meto<strong>di</strong>ca, mentre l'ermeneutica, la comprensione, èun'es<strong>per</strong>ienza extrameto<strong>di</strong>ca <strong>di</strong> ver<strong>it</strong>à. L'es<strong>per</strong>ienza <strong>di</strong> v<strong>it</strong>a non può mai esserescienza, dar luogo a generalizzazioni stabili e universali, <strong>per</strong>ché è mutevole e rimanda7373


sempre a nuove es<strong>per</strong>ienze, <strong>per</strong>ò è l'es<strong>per</strong>ienza <strong>che</strong> caratterizza l'esistenza e l'essenzastorica dell'uomo.74La teoria dell'arte.Un caso tipico <strong>di</strong> es<strong>per</strong>ienza <strong>di</strong> ver<strong>it</strong>à (cioè <strong>di</strong> comprensione ermeneutica <strong>di</strong>stintadalla conoscenza scientifica) è quella dell'arte. Infatti l'es<strong>per</strong>ienza estetica coinvolgee mo<strong>di</strong>fica entrambi i poli <strong>della</strong> relazione, sia il soggetto <strong>che</strong> l'oggetto: il soggettotrasforma la propria ident<strong>it</strong>à, la propria visione delle cose e <strong>di</strong>venta <strong>di</strong>sponibile adaltre possibil<strong>it</strong>à <strong>di</strong> senso (ad acquisire nuovi significati); l'oggetto si presta amostrarsi sotto altre possibili prospettive e angolature e possibil<strong>it</strong>à <strong>di</strong>interpretazione.Gadamer cr<strong>it</strong>ica la tendenza moderna <strong>che</strong>, sulla scia <strong>della</strong> "Cr<strong>it</strong>ica del giu<strong>di</strong>zio" <strong>di</strong>Kant, riduce l'arte a semplice espressione <strong>di</strong> sentimenti soggettivi, a solo fattoestetico soggettivo, solo a "bella apparenza" scollegata <strong>per</strong>ò dalla realtà concreta<strong>della</strong> v<strong>it</strong>a e senza valore dal punto <strong>di</strong> vista conosc<strong>it</strong>ivo del vero e del falso. La colpadel <strong>di</strong>stacco e dell'isolamento dell'arte dalla realtà è attribu<strong>it</strong>a da Gadamer a ciò <strong>che</strong>definisce "coscienza estetica", prodotta dalla società moderna e <strong>che</strong> prescinde dalcontesto originario dell'o<strong>per</strong>a artistica, ad esempio dal contesto religioso <strong>che</strong> nespiegava la motivazione, il senso, e verso quali fru<strong>it</strong>ori era particolarmente rivolta.La moderna "coscienza estetica" è un modo <strong>di</strong> vedere il prodotto artistico come purafantasia, come sogno, come oggetto atemporale <strong>che</strong> non ha rapporto con la realtà.Esempio dell'isolamento dell'arte sono i musei, le mostre, le gallerie d'arte, in cuil'o<strong>per</strong>a d'arte è separata dal suo contesto.Per Gadamer invece (come in Croce) l'arte è una forma <strong>di</strong> conoscenza tra le altre. Èun'autentica es<strong>per</strong>ienza <strong>di</strong> ver<strong>it</strong>à, un'es<strong>per</strong>ienza del mondo e nel mondo <strong>che</strong>"mo<strong>di</strong>fica ra<strong>di</strong>calmente chi la fa", ampliando la comprensione <strong>che</strong> ha <strong>di</strong> se stesso e<strong>della</strong> realtà <strong>che</strong> lo circonda. L'arte non deve quin<strong>di</strong> essere ridotta a "coscienzaestetica" ma recu<strong>per</strong>ata ad "es<strong>per</strong>ienza estetica", la quale è sempre interpretazione<strong>della</strong> realtà, ossia comprensione, nel presente, del significato originario del prodottoartistico del passato. L'estetica si risolve (si trasforma) quin<strong>di</strong> nell'ermeneutica.Il circolo ermeneutico.Nel proce<strong>di</strong>mento ermeneutico (interpretativo) l'interprete si accosta all'interpretato(al testo) tram<strong>it</strong>e una serie <strong>di</strong> pre-comprensioni o <strong>di</strong> pre-giu<strong>di</strong>zi, cioè <strong>di</strong> attese, <strong>di</strong>aspettative. La mente dell'interprete non è affatto una tabula rasa ma invece ècolma <strong>di</strong> pre-comprensioni, ossia <strong>di</strong> supposizioni in base a cui l'interprete stessoformula un preliminare significato del testo da interpretare. Poi, approfondendol'analisi del testo, queste pre-comprensioni si mo<strong>di</strong>ficano, rivelando quasi sempreerrori e inadeguatezze <strong>che</strong> obbligano l'interprete a rivedere la sua preliminare ipotesiinterpretativa giungendo ad una maggior comprensione del significato. Vi è quin<strong>di</strong>74


un incessante scambio, <strong>che</strong> non ha mai fine, fra l'interprete e il testo interpretato,<strong>che</strong> Gadamer chiama "circolo ermeneutico", attraverso il quale, in rapporto al testo,l'interprete verifica la vali<strong>di</strong>tà delle sue pre-comprensioni (supposizioni),sost<strong>it</strong>uendole via via con concetti più adeguati.Questi pre-giu<strong>di</strong>zi o pre-comprensioni non cost<strong>it</strong>uiscono affatto un lim<strong>it</strong>e, ma sono lanaturale conseguenza del fatto <strong>che</strong> sia l'interprete sia l'interpretato partecipano e sonoaccomunati dalla medesima tra<strong>di</strong>zione culturale e storica, da una medesima cultura.Sia le pre-comprensioni dell'interprete sia i contenuti del testo sono il frutto e l'ere<strong>di</strong>tà<strong>di</strong> un medesimo sviluppo storico e culturale, dal quale deriva, da un lato, il punto <strong>di</strong>vista e il senso <strong>che</strong> l'autore ha inteso attribuire al proprio testo e, dall'altro lato,derivano le pre-comprensioni dell'interprete. Il circolo ermeneutico è quin<strong>di</strong> il modotipico in cui avviene l'interpretazione e la comprensione le quali, <strong>di</strong>versamentedal metodo scientifico, si caratterizzano <strong>per</strong>ché non c'è separazione tra soggettoed oggetto.Gadamer sottolinea la descrizione <strong>che</strong>, in "Essere e tempo", Heidegger fa del circoloermeneutico, il quale "non deve essere degradato a circolo vizioso <strong>per</strong>ché in esso sinasconde una possibil<strong>it</strong>à pos<strong>it</strong>iva del conoscere più originario". Il problema non èquello <strong>di</strong> sbarazzarsi del circolo ma <strong>di</strong> acquistarne coscienza, mettendo alla prova ipre-giu<strong>di</strong>zi de<strong>gli</strong> interpreti <strong>che</strong> devono <strong>di</strong>mostrarsi <strong>di</strong>sponibili, <strong>di</strong> fronte all’"urto"(all'incontro) con i testi, ad adeguare le loro pre-supposizioni. L'interprete develasciarsi mettere in <strong>di</strong>scussione dal testo, deve essere <strong>di</strong>sposto a lasciarsi <strong>di</strong>requalcosa, essere cioè sensibile alla "alter<strong>it</strong>à" del testo.75Pregiu<strong>di</strong>zi, autor<strong>it</strong>à e tra<strong>di</strong>zione.Con la teoria del circolo ermeneutico Gadamer compie una vera e propriariabil<strong>it</strong>azione dei pregiu<strong>di</strong>zi, dell'autor<strong>it</strong>à e delle tra<strong>di</strong>zioni culturali.Chiarisce innanz<strong>it</strong>utto come i pregiu<strong>di</strong>zi non siano qualcosa <strong>di</strong> necessariamentefalso, secondo la concezione negativa dapprima <strong>di</strong> Bacone (contro <strong>gli</strong> "idola") e poidell'Illuminismo, <strong>che</strong> ha influenzato tutta la cultura moderna giungendo in sostanzaad instaurare un "pregiu<strong>di</strong>zio contro il pregiu<strong>di</strong>zio". Accanto a pregiu<strong>di</strong>zi falsi eilleg<strong>it</strong>timi, <strong>di</strong>ce Gadamer, esistono pregiu<strong>di</strong>zi veri e leg<strong>it</strong>timi. Di <strong>per</strong> sé pregiu<strong>di</strong>ziosignifica solo un giu<strong>di</strong>zio pronunciato prima <strong>di</strong> un esame completo <strong>di</strong> tutti <strong>gli</strong>elementi rilevanti. Pertanto pregiu<strong>di</strong>zio non significa affatto giu<strong>di</strong>zio sba<strong>gli</strong>ato bensìgiu<strong>di</strong>zio preliminare, <strong>che</strong> può verificarsi falso ma an<strong>che</strong> vero.In secondo luogo, Gadamer evidenzia come i pregiu<strong>di</strong>zi facciano parteintegrante <strong>della</strong> nostra natura <strong>di</strong> esseri sociali e storici: essi sono, cioè, i mo<strong>di</strong> <strong>di</strong>pre-vedere e pre-interpretare il mondo, <strong>che</strong> ognuno ere<strong>di</strong>ta dalla propria cultura edalla sua <strong>storia</strong>, al punto <strong>che</strong> un'ipotetica eliminazione dei pregiu<strong>di</strong>zi coinciderebbe <strong>di</strong>fatto con l'annullamento <strong>della</strong> nostra concreta coscienza (modo <strong>di</strong> vedere e <strong>di</strong>interpretare) storica e culturale.Gli illuministi <strong>di</strong>stinguevano fra pregiu<strong>di</strong>zi derivanti dal rispetto dell'autor<strong>it</strong>à epregiu<strong>di</strong>zi dovuti alla precip<strong>it</strong>azione. Essi, contro il rispetto acr<strong>it</strong>ico dell'autor<strong>it</strong>à,75


proclamavano, come Kant, il coraggio e il dovere <strong>di</strong> servirsi e <strong>di</strong> usare la propriaragione. Tuttavia, avverte Gadamer, se è vero <strong>che</strong>, quando il nostro giu<strong>di</strong>zio derivaesclusivamente dall'obbe<strong>di</strong>enza all'autor<strong>it</strong>à pol<strong>it</strong>ica e culturale prevalenti, esso èallora fonte <strong>di</strong> pregiu<strong>di</strong>zi, non è <strong>per</strong>ò escluso <strong>che</strong> l'autor<strong>it</strong>à possa essere an<strong>che</strong>fonte <strong>di</strong> ver<strong>it</strong>à. La riabil<strong>it</strong>azione del pregiu<strong>di</strong>zio si accompagna quin<strong>di</strong> in Gadamerad una riabil<strong>it</strong>azione an<strong>che</strong> dell'autor<strong>it</strong>à, quando essa non implichi obbe<strong>di</strong>enza cieca erinuncia ad usare la propria ragione e libertà <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio, ma consista invece nelriconoscere sinceramente chi ci sia su<strong>per</strong>iore <strong>per</strong> intelligenza.Contro la cr<strong>it</strong>ica de<strong>gli</strong> illuministi nei confronti dell'autor<strong>it</strong>à e <strong>della</strong> tra<strong>di</strong>zione si èschierato an<strong>che</strong> il Romanticismo, <strong>per</strong> il quale invece autor<strong>it</strong>à e tra<strong>di</strong>zione sonoconcep<strong>it</strong>e come modello, consacrato dalla <strong>storia</strong> e dall'uso, <strong>che</strong> deve ispirare le nostreazioni. Ma Gadamer cr<strong>it</strong>ica parimenti il culto romantico <strong>della</strong> tra<strong>di</strong>zione allorquandoessa pretenda <strong>di</strong> essere accettata in maniera in<strong>di</strong>scutibile. L'uomo non può collocarsial <strong>di</strong> fuori <strong>della</strong> tra<strong>di</strong>zione <strong>per</strong>ché essa fa parte <strong>della</strong> sua <strong>storia</strong>, è la sua memoria, mala tra<strong>di</strong>zione, <strong>per</strong> valere, non può essere imposta contro la ragione bensì ha bisogno <strong>di</strong>essere razionalmente e liberamente accettata. In tal senso, contro <strong>gli</strong> illuministiGadamer fa valere i <strong>di</strong>r<strong>it</strong>ti <strong>della</strong> tra<strong>di</strong>zione e contro i romantici fa valere i <strong>di</strong>r<strong>it</strong>ti <strong>della</strong>ragione. Fra tra<strong>di</strong>zione e ragione Gadamer non vede <strong>per</strong>ciò un contrasto. Anzi lagiusta conservazione delle tra<strong>di</strong>zioni è un atto <strong>della</strong> ragione <strong>che</strong>, nel mutamento <strong>di</strong>tutte le cose, sa conservare del passato quanto non contrasta con la libertà e larazional<strong>it</strong>à, conferendo così maggior significato al presente.76Le con<strong>di</strong>zioni del comprendere.Si è visto <strong>che</strong> <strong>per</strong> Gadamer comp<strong>it</strong>o dell'ermeneutica non è solo quello <strong>di</strong> fornireun insieme <strong>di</strong> tecni<strong>che</strong> e <strong>di</strong> meto<strong>di</strong> <strong>per</strong> interpretare un testo, ma altresì quello <strong>di</strong>elaborare una teoria in grado <strong>di</strong> spiegare quali sono le con<strong>di</strong>zioni e lecaratteristi<strong>che</strong> del comprendere, <strong>che</strong> rendono cioè possibile la comprensione.Gadamer elenca le seguenti cinque con<strong>di</strong>zioni:1. Il rapporto <strong>di</strong> lontananza/vicinanza fra interprete e testo interpretato.L'interpretazione ermeneutica implica un rapporto <strong>che</strong> è sempre <strong>di</strong> lontananza einsieme <strong>di</strong> vicinanza fra interprete ed interpretato. La lontananza è data dalla"alter<strong>it</strong>à" del testo, cioè dal fatto <strong>che</strong> il testo è qualcosa d'altro rispettoall'interprete, sia <strong>per</strong> collocazione nello spazio e nel tempo, sia <strong>per</strong> illinguaggio, il modo <strong>di</strong> pensare, ecc. La vicinanza è dovuta al fatto <strong>che</strong>comunque interprete e interpretato fanno parte entrambi <strong>della</strong> medesimatra<strong>di</strong>zione culturale, del medesimo sviluppo storico. La <strong>di</strong>stanza temporale<strong>che</strong> separa l'interprete dal <strong>per</strong>iodo <strong>di</strong> creazione del testo non è un ostacolo dasu<strong>per</strong>are <strong>per</strong> la comprensione del testo; non si tratta <strong>di</strong> spo<strong>gli</strong>arsi <strong>della</strong> propriavisione culturale (del proprio e attuale modo <strong>di</strong> pensare) <strong>per</strong> calarsi in quelladell'epoca storica <strong>di</strong> produzione del testo e in quella del suo autore, comer<strong>it</strong>iene lo storicismo. Anzi, un testo relativamente lontano in terminicronologici ci consente una maggior comprensione <strong>per</strong>ché siamo in grado <strong>di</strong>76


scartare le interpretazioni meno adeguate forn<strong>it</strong>e in precedenza. Ciò nonsignifica <strong>per</strong>altro <strong>che</strong> un'interpretazione è più valida solo <strong>per</strong>ché è quella piùrecente. "Della ver<strong>it</strong>à non si chiede la data <strong>di</strong> nasc<strong>it</strong>a". Piuttosto,un'interpretazione è valida finché non ne sopraggiungono <strong>di</strong> mi<strong>gli</strong>ori.2. La <strong>storia</strong> de<strong>gli</strong> effetti. Il rapporto <strong>di</strong> lontananza e vicinanza fra interprete einterpretato viene ulteriormente sviluppato da Gadamer attraversol'importante concetto <strong>di</strong> "<strong>storia</strong> de<strong>gli</strong> effetti", ossia <strong>gli</strong> effetti <strong>che</strong> un testo haprodotto sulla <strong>storia</strong> e sulla cultura. Gadamer fa presente <strong>che</strong> l'autore <strong>di</strong> untesto è, <strong>per</strong> certi aspetti, "un elemento occasionale". L'autore <strong>di</strong> un testo non è enon coincide col testo prodotto e, una volta prodotto, un testo vive una suav<strong>it</strong>a autonoma. Esso può infatti avere de<strong>gli</strong> effetti sulla <strong>storia</strong> e sulla culturasuccessiva <strong>che</strong> l'autore stesso non poteva prevedere né immaginare. Una voltacompiuto, il testo <strong>di</strong>venta in<strong>di</strong>pendente e non è più in<strong>di</strong>spensabile capireunicamente ciò <strong>che</strong> l'autore avrebbe voluto <strong>di</strong>re, <strong>per</strong>ché <strong>gli</strong> effetti <strong>che</strong> un testoproduce sullo sviluppo successivo <strong>della</strong> <strong>storia</strong> e <strong>della</strong> cultura hanno un lorosvolgimento, una loro <strong>storia</strong> an<strong>che</strong> separata dalle intenzioni dell'autore.Tali effetti <strong>per</strong>tanto , nell'interpretazione ermeneutica, devono essere tenutipresenti e compresi in se stessi. Anzi, la <strong>storia</strong> de<strong>gli</strong> effetti <strong>di</strong> un testo nedetermina più pienamente il senso. Un autore non vede tutte le conseguenzedel testo <strong>che</strong> e<strong>gli</strong> ha creato, non può vederne <strong>gli</strong> effetti storici. Ma uninterprete, posto a relativa <strong>di</strong>stanza dal tempo <strong>di</strong> produzione del testo, vede <strong>di</strong>più e me<strong>gli</strong>o dell'autore stesso proprio <strong>per</strong>ché vede e interpreta il testo an<strong>che</strong> inbase alla <strong>storia</strong> de<strong>gli</strong> effetti del testo medesimo. La cresc<strong>it</strong>a del sa<strong>per</strong>e nel <strong>corso</strong>dello sviluppo culturale e storico può altresì rivalutare un'interpretazioneproposta nel passato e scartata <strong>per</strong>ché r<strong>it</strong>enuta in tale epoca inadeguata, marivelatasi invece, successivamente, come più idonea. La <strong>storia</strong> de<strong>gli</strong> effetticonferma <strong>che</strong> la <strong>di</strong>stanza temporale non è affatto un impe<strong>di</strong>mento, anzi èuna con<strong>di</strong>zione pos<strong>it</strong>iva ai fini <strong>della</strong> possibil<strong>it</strong>à del comprendere. Ciò si capisceancor me<strong>gli</strong>o quando ci ren<strong>di</strong>amo conto <strong>di</strong> quanto sia invece <strong>di</strong>fficileinterpretare o<strong>per</strong>e contemporanee, <strong>che</strong> non hanno ancora avuto la loro <strong>storia</strong>e <strong>di</strong> cui non conosciamo ancora <strong>gli</strong> effetti.3. La coscienza <strong>della</strong> determinazione storica. Connesso al concetto <strong>di</strong> "<strong>storia</strong>de<strong>gli</strong> effetti" è il concetto <strong>di</strong> "coscienza <strong>della</strong> determinazione storica", col qualeGadamer intende la consapevolezza <strong>che</strong> l'interprete deve avere <strong>di</strong> essereanch'e<strong>gli</strong>, a sua volta, sempre storicamente determinato, <strong>che</strong> cioè il suopunto <strong>di</strong> vista, il suo modo <strong>di</strong> pensare, le sue aspettative e supposizioni sonosempre con<strong>di</strong>zionate dall'ambiente (contesto) storico-culturale del suo tempo.L'interprete deve quin<strong>di</strong> riconoscere come sia impossibile la pretesa <strong>di</strong>essere assolutamente imparziale, neutrale e oggettivo <strong>di</strong> fronte al testo.L'interprete, come tutti noi, è sempre esposto al con<strong>di</strong>zionamento culturale del<strong>per</strong>iodo storico in cui vive.4. La fusione de<strong>gli</strong> orizzonti. Si è visto come <strong>gli</strong> effetti e i con<strong>di</strong>zionamenti <strong>della</strong><strong>storia</strong> agiscano sempre sia nei confronti del testo sia nei confrontidell'interprete: da un lato, il testo ha una propria <strong>storia</strong> de<strong>gli</strong> effetti, cioè un7777


proprio orizzonte, un proprio amb<strong>it</strong>o <strong>di</strong> significativ<strong>it</strong>à; dall'altro, l'autore è unsoggetto, una coscienza, anch'e<strong>gli</strong> storicamente determinato, collocatoanch'e<strong>gli</strong> un suo proprio orizzonte, in una sua propria visione del mondoere<strong>di</strong>tata dalla <strong>storia</strong> e dalla cultura vissute. Sia il testo ed il relativo autoresia l'interprete si trovano sempre in un loro proprio orizzonte (amb<strong>it</strong>o)storicamente e culturalmente determinato. Nell'incontro e nel rapportofra testo e interprete avviene <strong>per</strong>tanto ciò <strong>che</strong> Gadamer chiama "lafusione de<strong>gli</strong> orizzonti". I reciproci orizzonti (ossia la <strong>storia</strong> de<strong>gli</strong> effetti deltesto e la coscienza dell'autore storicamente sempre determinata) non sonotalmente separati e lontani al punto <strong>che</strong> l'interprete debba abbandonare ilproprio orizzonte (punto <strong>di</strong> vista) <strong>per</strong> far proprio esclusivamente quello deltesto e del suo autore, né deve avvenire il contrario: la <strong>storia</strong> de<strong>gli</strong> effetti deltesto non deve essere ignorata <strong>per</strong> far prevalere solo la coscienza storicadell'autore, cioè il suo punto <strong>di</strong> vista, neppure tale coscienza deve essereignorata nell'interpretazione ermeneutica; è necessario tener conto <strong>che</strong> lostesso interprete è con<strong>di</strong>zionato dalla propria <strong>per</strong>sonale coscienza e punto <strong>di</strong>vista. Si tratta piuttosto <strong>di</strong> un venirsi incontro a metà strada, ossia <strong>gli</strong>orizzonti, i <strong>di</strong>versi punti <strong>di</strong> vista, devono <strong>per</strong> così <strong>di</strong>re fondersi: la coscienzastorica dell'interprete non è annullata ma posta al servizio <strong>della</strong> comprensionedell'epoca culturale <strong>di</strong> produzione del testo e de<strong>gli</strong> effetti <strong>della</strong> sua <strong>storia</strong>nonché del punto <strong>di</strong> vista dell'autore. La comune tra<strong>di</strong>zione storica, la comuneciviltà, è il collegamento fra il passato (il testo e il suo autore) e il presente(l'interprete). L'ermeneutica, in tal modo, è un processo senza fine, <strong>per</strong>chénuove interpretazioni si succedono a quelle vecchie. Nessuna interpretazione èdefin<strong>it</strong>iva <strong>per</strong>ché ogni testo offre sempre nuovi significati e nessun interprete, asua volta, è in grado <strong>di</strong> fornire interpretazioni conclusive. Gadameresemplifica il concetto <strong>di</strong> "fusione de<strong>gli</strong> orizzonti" contrapponendoSchleierma<strong>che</strong>r ed Hegel. Il primo, ispirandosi al principio <strong>della</strong>"ricostruzione" pura del testo, <strong>di</strong>chiara la necess<strong>it</strong>à <strong>di</strong> prescindere da qualsiasicoscienza ed orientamento storico-culturale dell'interprete a favore <strong>di</strong> unaoggettiva riproduzione-ricostruzione del passato. Il secondo, ispirandosi alprincipio dell'integrazione (sintesi) tra passato e presente, <strong>di</strong>chiaral'impossibil<strong>it</strong>à <strong>di</strong> un'esclusiva e oggettiva ricostruzione del passato, <strong>per</strong>ché ilsignificato <strong>che</strong> vi possiamo attribuire rimane comunque con<strong>di</strong>zionato dalnostro punto <strong>di</strong> vista e dalla s<strong>it</strong>uazione storica presente in cui ci si trova avivere.5. L'ermeneutica come <strong>di</strong>alogo <strong>di</strong> domanda e risposta. Ultima con<strong>di</strong>zione delcomprendere, <strong>di</strong>ce Gadamer, è il fatto <strong>che</strong> il proce<strong>di</strong>mento ermeneutico(interpretativo) assume sempre la forma <strong>di</strong> un <strong>di</strong>alogo fra passato (quellodel testo del suo autore) e presente (quello dell'interprete), come il <strong>di</strong>alogosocratico e platonico e la "phrònesis" (la saggezza) aristotelica, <strong>che</strong> non èsa<strong>per</strong>e meramente descr<strong>it</strong>tivo e oggettivo bensì pratico. Tale <strong>di</strong>alogo si svolgesecondo una continua <strong>di</strong>alettica (scambio) <strong>di</strong> domanda e risposta: noiesaminiamo il testo sulla base <strong>di</strong> una nostra domanda, <strong>di</strong> una nostra aspettativa7878


e supposizione; l'analisi del testo ci fornisce risposte spesso <strong>di</strong>verse dalle nostreaspettative e supposizioni e ci induce quin<strong>di</strong> a porre nuove domande, nuoviinterrogativi, secondo un processo infin<strong>it</strong>o in cui ogni risposta si trasforma inuna nuova e contrapposta domanda.Contro Hegel, Gadamer esclude, in una concezione ermeneutico-filosofica sull'uomoe sull'essere, la possibil<strong>it</strong>à <strong>di</strong> un sa<strong>per</strong>e assoluto, <strong>per</strong> Hegel invece raggiungibile altermine del processo <strong>di</strong>alettico (quantunque circolare) in forma <strong>di</strong> acquisizionedell'assoluta autocoscienza espressa dallo Spir<strong>it</strong>o assoluto. I concetti <strong>di</strong> "coscienza<strong>della</strong> determinazione storica" e <strong>di</strong> "fusione de<strong>gli</strong> orizzonti", a causa dei rispettiviprocessi continuamente mutevoli, escludono programmaticamente l'assolutezza delsa<strong>per</strong>e. Gadamer è d'accordo con Hegel sul fatto <strong>che</strong> ogni es<strong>per</strong>ienza ermeneuticointerpretativasorge cost<strong>it</strong>utivamente dall'incontro tra soggetto ed oggetto, ossiadalla "fusione de<strong>gli</strong> orizzonti", vale a <strong>di</strong>re dalla storic<strong>it</strong>à del nostro essere, ma èinvece d'accordo con Kant nel riconoscere la fin<strong>it</strong>u<strong>di</strong>ne (i lim<strong>it</strong>i) del nostro sa<strong>per</strong>e.L'uomo non può mai trascendere (su<strong>per</strong>are) i propri lim<strong>it</strong>i e la propria storic<strong>it</strong>à in<strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> un sa<strong>per</strong>e totale e concluso, poiché il nostro sa<strong>per</strong>e storico-ermeneuticoè e rimane strutturalmente parziale e cost<strong>it</strong>utivamente a<strong>per</strong>to sempre a nuovi sa<strong>per</strong>i ea nuove es<strong>per</strong>ienze.L'es<strong>per</strong>ienza ermeneutica e <strong>di</strong> v<strong>it</strong>a, in quanto tale, non può mai essere scienza(contrapposizione tra ver<strong>it</strong>à e metodo), tantomeno le es<strong>per</strong>ienze compiute, ancorchéripetute e temporalmente confermate, possono <strong>di</strong>ventare generalizzazioni, cioèconcetti stabili e universali, poiché l'es<strong>per</strong>ienza rimanda sempre a nuove es<strong>per</strong>ienze.L'es<strong>per</strong>ienza ermeneutica e <strong>di</strong> v<strong>it</strong>a è un elemento cost<strong>it</strong>utivo dell'esistenza <strong>che</strong>appartiene all'essenza storica, cioè mutevole, dell'uomo. In questo senso l'autenticaes<strong>per</strong>ienza è quella in cui l'uomo <strong>di</strong>venta cosciente <strong>della</strong> propria fin<strong>it</strong>ezza. L'idea <strong>che</strong>tutto si possa mo<strong>di</strong>ficare, annullare o generalizzare e dare <strong>per</strong> immutabile è puraapparenza. È pura illusione pensare <strong>che</strong> ogni momento sia quello giusto <strong>per</strong>qualunque cosa, <strong>che</strong> tutto in qual<strong>che</strong> modo r<strong>it</strong>orni. Chi sta e agisce nella <strong>storia</strong> fainvece continuamente l'es<strong>per</strong>ienza del fatto <strong>che</strong> nulla r<strong>it</strong>orna e <strong>che</strong> nessuno è padronedel tempo e del futuro.79Essere, linguaggio e ver<strong>it</strong>à. L'appartenenza alla ver<strong>it</strong>à e il gioco <strong>della</strong> ver<strong>it</strong>à.Come da Gadamer già <strong>di</strong>chiarato, l'ermeneutica non è solo questione <strong>di</strong> specialisti,<strong>di</strong> filologi, ma ognuno <strong>di</strong> noi in quanto fa es<strong>per</strong>ienza <strong>della</strong> realtàautomaticamente la interpreta, vi attribuisce un significato; ognuno fa attiv<strong>it</strong>àermeneutica.Ogni es<strong>per</strong>ienza, ogni interpretazione è possibile ed esiste solo attraverso illinguaggio e come linguaggio. Il linguaggio non è un semplice strumento col qualedare un nome alle cose, alla realtà <strong>che</strong> viene conosciuta. Anzi, afferma Gadamer,non esiste alcuna realtà in<strong>di</strong>pendentemente dal linguaggio, poiché non è possibileconoscere niente se non me<strong>di</strong>ante le parole, me<strong>di</strong>ante il linguaggio con cuichiamiamo le cose. Il linguaggio è fuso con la cosa <strong>che</strong> in<strong>di</strong>ca, <strong>per</strong> cui l'essere, cioè79


la realtà, e il linguaggio coincidono. Ciò induce Gadamer a formulare la tesifondamentale <strong>della</strong> sua ontologia ermeneutica: l'essere <strong>che</strong> può venir compreso è illinguaggio. Con tale formula Gadamer non intende solo evidenziare come all'uomorisulti comprensibile solo ciò <strong>che</strong> è strutturato come linguaggio ma, piùprofondamente, <strong>che</strong> l'essere è il linguaggio, cioè tutte le forme <strong>di</strong> realtà e <strong>di</strong> v<strong>it</strong>a sonolinguaggio e solo come tali possono essere oggetto <strong>di</strong> es<strong>per</strong>ienza e comprese.Dire <strong>che</strong> l'essere (la realtà) umano in generale e l'essere in particolare èlinguaggio, sotto forma <strong>di</strong> <strong>di</strong>scorsi, libri, o<strong>per</strong>e d'arte, ecc., significa <strong>di</strong>re allora<strong>che</strong> l'essere è interpretazione. Tale equivalenza suggerisce l'idea <strong>che</strong> il modo in cuil'essere si svela e si manifesta è proprio attraverso il linguaggio e l'interpretazione,secondo un processo interminabile.L'es<strong>per</strong>ienza ermeneutica <strong>di</strong> ver<strong>it</strong>à possiede <strong>per</strong> Gadamer la medesima strutturaontologica dell'es<strong>per</strong>ienza del bello; implica un tipo <strong>di</strong> incontro con i testi analogo aquello con la bellezza. Ha il significato <strong>di</strong> un incontro con qualcosa <strong>che</strong>, come le cosebelle, si autoimpone da sé. Rifacendosi ad un antico concetto <strong>di</strong> ver<strong>it</strong>à, ant<strong>it</strong>etico almoderno metodo scientifico, Gadamer lascia intendere <strong>che</strong> la ver<strong>it</strong>à ermeneutica nonè il risultato <strong>di</strong> una conoscenza meto<strong>di</strong>ca oggettivamente accertabile come nellascienza, bensì il frutto <strong>di</strong> una extrameto<strong>di</strong>ca automanifestazione dell'essere alsoggetto, analogamente alla concezione <strong>di</strong> Heidegger, <strong>per</strong> cui non è l'esserci, cioèl'uomo, <strong>che</strong> co<strong>gli</strong>e l'essere ma è l'essere <strong>che</strong>, attraverso il linguaggio, si rivela e simanifesta ad esso.La ver<strong>it</strong>à ermeneutica (l'es<strong>per</strong>ienza <strong>di</strong> v<strong>it</strong>a) <strong>che</strong> si presenta in manieraextrameto<strong>di</strong>ca (in modo <strong>di</strong>verso da quanto si viene a conoscere me<strong>di</strong>ante il metodoscientifico) è un'eventual<strong>it</strong>à, non è cioè una necess<strong>it</strong>à predeterminata epredeterminabile, <strong>che</strong> Gadamer descrive <strong>per</strong>tanto me<strong>di</strong>ante i concetti <strong>di</strong>appartenenza e <strong>di</strong> gioco.Per appartenenza e<strong>gli</strong> intende una s<strong>it</strong>uazione in cui non si ha tanto un agire delsoggetto sulla cosa (sull'essere), quanto un agire <strong>della</strong> cosa (la ver<strong>it</strong>à, la tra<strong>di</strong>zione, illinguaggio, l'o<strong>per</strong>a d'arte, ecc.) sul soggetto. La comprensione, secondo la concezionealtresì <strong>di</strong> Heidegger (<strong>di</strong> impostazione antiumanistica, nel senso <strong>di</strong> antisoggettivista<strong>che</strong> nega cioè il primato del soggetto), è una manifestazione dell'essere, un momentoin cui l'essere si rivela e non un'iniziativa del soggetto. Allora la ver<strong>it</strong>à, cioè lacomprensione, non è il prodotto dell'uomo, ma è un appartenere, unaappartenenza (un entrare a far parte) alla ver<strong>it</strong>à stessa da parte dell'uomo, <strong>che</strong> adesso si rivela. Non è l'uomo <strong>che</strong> scopre la ver<strong>it</strong>à ma è la ver<strong>it</strong>à (l'essere) <strong>che</strong> sirivela all'uomo, <strong>per</strong> cui l'uomo non possiede la ver<strong>it</strong>à ma appartiene, entra a far parte<strong>di</strong> essa. Viene con ciò su<strong>per</strong>ato il rischio <strong>di</strong> un'impostazione <strong>che</strong> riduca la ver<strong>it</strong>àad una serie <strong>di</strong> punti <strong>di</strong> vista relativi e soggettivi.In tal senso il rivelarsi <strong>della</strong> ver<strong>it</strong>à è un'eventual<strong>it</strong>à paragonabile al gioco: infattichi ha in mano il gioco non è l'uomo ma la ver<strong>it</strong>à (cioè l'essere), <strong>che</strong> all'uomo si rivelaattraverso il linguaggio quando e nei mo<strong>di</strong> in cui essa vuole; la ver<strong>it</strong>à gioca conl'uomo. Questa idea <strong>di</strong> gioco <strong>della</strong> ver<strong>it</strong>à è come una metafora, un simbolo dei nostrirapporti col mondo, concep<strong>it</strong>o come gioco infin<strong>it</strong>o, ossia come incessante8080


automanifestazione <strong>della</strong> ver<strong>it</strong>à-essere me<strong>di</strong>ante il linguaggio <strong>per</strong> cui, <strong>di</strong> conseguenza,an<strong>che</strong> l'interpretazione si configura e si presenta come un comp<strong>it</strong>o senza fine.Peraltro, pur ispirandosi all'antiumanismo e all'ontocentrismo <strong>di</strong> Heidegger, Gadamernon ne segue <strong>gli</strong> sviluppi più esoterici, più mistici e antimoderni, qualel'interpretazione <strong>della</strong> civiltà occidentale come luogo dell’"oblio dell'essere".Gadamer, <strong>per</strong>suaso <strong>che</strong> la ragione non possa ridursi a pura razional<strong>it</strong>à tecnicostrumentaleed efficientistica (in accordo su questo aspetto con <strong>gli</strong> esponenti <strong>della</strong>Scuola <strong>di</strong> Francoforte) sottolinea <strong>per</strong>altro la portata e il carattere praticodell'ermeneutica e del sa<strong>per</strong>e in generale, giungendo ad una riabil<strong>it</strong>azione <strong>della</strong>complessiva <strong>filosofia</strong> pratica (quella <strong>che</strong> in<strong>di</strong>ca regole <strong>di</strong> condotta e <strong>di</strong>comportamento). Conseguentemente, Gadamer auspica l'avvento <strong>di</strong> una saggezzain grado <strong>di</strong> affrontare i problemi pol<strong>it</strong>ici ed etici connessi al moderno svilupposcientifico e tecnico: una saggezza responsabile, sensibile al valore <strong>della</strong>solidarietà planetaria e del <strong>di</strong>alogo interculturale.81SVILUPPI DELL’ERMENEUTICA: PAREYSON E RICOEUR.Luigi Pareyson (1918-1991).Stu<strong>di</strong>a ed insegna Torino. Tra i suoi allievi si annoverano Gianni Vattimo e UmbertoEco. È stato tra i primi in Italia ad occuparsi dell'esistenzialismo. Successivamentesvolge ricer<strong>che</strong> <strong>di</strong> estetica, <strong>di</strong> <strong>storia</strong> <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong> e <strong>di</strong> teoretica.Il pensiero <strong>di</strong> Pareyson parte da un ben preciso giu<strong>di</strong>zio sull'esistenzialismo,concep<strong>it</strong>o come es<strong>it</strong>o <strong>della</strong> <strong>di</strong>ssoluzione <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong> hegeliana e come ripresa <strong>di</strong>interesse, dopo il suo affievolirsi col neopos<strong>it</strong>ivismo, <strong>per</strong> i problemi dell'uomo, sulsolco dei temi già affrontati da Feuerbach e Kierkegaard nella loro polemica controHegel.Pareyson tuttavia r<strong>it</strong>iene <strong>che</strong> la <strong>di</strong>ssoluzione dell'hegelismo nell'esistenzialismo siarimasta impi<strong>gli</strong>ata nelle medesime categorie (concetti) <strong>di</strong> quel razionalismometafisico hegeliano <strong>di</strong> cui ha voluto essere la denuncia e l'ant<strong>it</strong>esi. Da ciòl'ambigu<strong>it</strong>à cost<strong>it</strong>utiva dell'esistenzialismo, antihegeliano ed hegeliano ad un tempo,ed incapace quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> un su<strong>per</strong>amento defin<strong>it</strong>ivo dell'idealismo. Infattil'esistenzialismo, da un lato, ha voluto porsi, contro Hegel, come una rigorosa<strong>filosofia</strong> del fin<strong>it</strong>o ovvero del fin<strong>it</strong>o <strong>di</strong> fronte all'infin<strong>it</strong>o, ossia del fin<strong>it</strong>o <strong>che</strong> non sirisolve nell'infin<strong>it</strong>o ma sta <strong>di</strong> fronte ad esso e ad esso tende: una <strong>filosofia</strong> dell'uomosenza Dio o una <strong>filosofia</strong> dell'uomo <strong>di</strong> fronte a Dio. Ma, dall'altro lato,l'esistenzialismo ha continuato a pensare il fin<strong>it</strong>o in termini negativi alla maniera <strong>di</strong>Hegel: vale a <strong>di</strong>re <strong>che</strong> il fin<strong>it</strong>o <strong>di</strong> fronte all'infin<strong>it</strong>o, cioè l'uomo <strong>di</strong> fronte a Dio, èconsiderato peccatore, ma d’altro canto il fin<strong>it</strong>o concep<strong>it</strong>o sufficiente a se stesso,cioè l'uomo senza Dio, è considerato come man<strong>che</strong>vole e bisognoso. Insomma81


l'esistenzialismo, proprio mentre intende rivalutare il fin<strong>it</strong>o, cioè il particolare el'in<strong>di</strong>viduale, si accontenta <strong>di</strong> <strong>di</strong>ssociarlo dall'infin<strong>it</strong>o in cui lo la <strong>filosofia</strong> hegelianalo assorbiva, segu<strong>it</strong>ando ad attribuir<strong>gli</strong> lo stesso carattere <strong>di</strong> negativ<strong>it</strong>à come Hegel.Pareyson reputa allora <strong>che</strong> l'esistenzialismo, <strong>per</strong> pensare in modo adeguato il fin<strong>it</strong>o esu<strong>per</strong>are in modo ra<strong>di</strong>cale l' hegelismo, dovrebbe assumere la forma <strong>di</strong> un"<strong>per</strong>sonalismo ontologico", intendendo con questa formula una <strong>filosofia</strong> <strong>che</strong>interpreti l'esistenza come coincidenza <strong>di</strong> autorelazione ed eterorelazione, ossiacome coincidenza <strong>di</strong> rapporti con sé e rapporti con l'altro. In tal senso si puòaffermare quin<strong>di</strong> <strong>che</strong> l'uomo non ha rapporto con l'essere (non c'è rapporto tranegativo e pos<strong>it</strong>ivo) ma <strong>che</strong> l'uomo "è" rapporto con l'essere (<strong>per</strong> cui il negativo s<strong>it</strong>rasforma in pos<strong>it</strong>iv<strong>it</strong>à): il fin<strong>it</strong>o, pur segu<strong>it</strong>ando a risultare insufficiente, risultatuttavia an<strong>che</strong> pos<strong>it</strong>ivo; non tanto pos<strong>it</strong>ivo da essere sufficiente, ma neppure tantoinsufficiente da essere negativo.Questo <strong>per</strong>sonalismo ontologico, teso a salvaguardare sia i <strong>di</strong>r<strong>it</strong>ti <strong>della</strong> <strong>per</strong>sona (ilfin<strong>it</strong>o) <strong>che</strong> quelli dell'essere (l'infin<strong>it</strong>o), è un filosofare <strong>di</strong> valenza ermeneutica. Ilrapporto ontologico originario è <strong>di</strong> <strong>per</strong> sé ermeneutico: infatti <strong>di</strong>re <strong>che</strong> l'uomo èrapporto con l'essere è come <strong>di</strong>re <strong>che</strong> l'uomo è interpretazione <strong>della</strong> ver<strong>it</strong>à. Larisposta alla domanda "<strong>che</strong> cos'è l'essere?" non consiste in una definizione oggettivae compiuta ma in una interpretazione <strong>per</strong>sonale continuativamente approfon<strong>di</strong>bile.Su questa base Pareyson ha esteso il concetto <strong>di</strong> interpretazione, inizialmenteelaborato nell'amb<strong>it</strong>o dei suoi stu<strong>di</strong> estetici, al campo esistenziale ed ontologico:l'uomo è rapporto con l'essere in quanto lo interpreta ed è un rapporto <strong>che</strong> non è piùassimilabile al rapporto soggetto-oggetto. Ne deriva <strong>per</strong>tanto la natura soggettiva e<strong>per</strong>sonale <strong>della</strong> ver<strong>it</strong>à (la ver<strong>it</strong>à è graduale appropriazione da parte dell'io), ma altempo stesso la natura "sovrastata" dell'io, <strong>che</strong> è sempre rapporto a sé e ad altro,ossia ad un essere <strong>che</strong> ci su<strong>per</strong>a e ci cost<strong>it</strong>uisce.Secondo questa prospettiva, l'ermeneutica filosofica <strong>di</strong> Pareyson affronta quin<strong>di</strong>gran<strong>di</strong> interrogativi del tipo: "Com'è possibile filosofare se la <strong>filosofia</strong> è semprestoricamente con<strong>di</strong>zionata? E’ ancora possibile riconoscere al pensiero filosofico unvalore <strong>di</strong> ver<strong>it</strong>à dopo <strong>che</strong> i demistificatori (Hegel, Marx, Nietzs<strong>che</strong>, Freud, Dilthey)ne hanno <strong>di</strong>mostrato la con<strong>di</strong>zionabil<strong>it</strong>à storica, materiale, ideologica, psicologica,culturale? Il riconoscimento <strong>di</strong> un'essenziale molteplic<strong>it</strong>à <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong> noncomprometterà irrime<strong>di</strong>abilmente l'unic<strong>it</strong>à <strong>della</strong> ver<strong>it</strong>à? Come conciliare l'un<strong>it</strong>à <strong>della</strong>ver<strong>it</strong>à con la molteplic<strong>it</strong>à delle sue formulazioni?".Pareyson cerca <strong>di</strong> rispondere a queste domande sostenendo, al tempo stesso, l'unic<strong>it</strong>à<strong>della</strong> ver<strong>it</strong>à e la plural<strong>it</strong>à storica e <strong>per</strong>sonale delle sue interpretazioni. La ver<strong>it</strong>à ècolta solo in una interpretazione e dunque è inoggettivabile; è accessibile soloall'interno <strong>di</strong> una formulazione <strong>per</strong>sonale o collettiva, cioè storica. Tuttavia questonon significa <strong>che</strong> la ver<strong>it</strong>à sfugga alle forme in cui la co<strong>gli</strong>amo, ma solo <strong>che</strong> non tuttala ver<strong>it</strong>à ci è data in esse: quello <strong>che</strong> incontriamo nell'interpretazione è una ver<strong>it</strong>àautentica ma non defin<strong>it</strong>iva. La ver<strong>it</strong>à è unica ma molteplici sono, <strong>di</strong> volta in volta, lesue interpretazioni, le quali tuttavia si muovono tutte verso una ricerca <strong>di</strong> ver<strong>it</strong>àulteriore in un processo inesauribile. Questo processo è appunto chiamato da8282


Pareyson "ontologia dell'inesauribile" contrapposto al misticismo dell'ineffabile(=inesprimibile), <strong>della</strong> in<strong>di</strong>cibil<strong>it</strong>à dell'essere, <strong>di</strong> stampo heideggeriano.L'ontologia dell'inesauribile vuole ev<strong>it</strong>are sia l'illusione <strong>di</strong> un'ontologiadell'esplic<strong>it</strong>azione totale (Hegel), <strong>che</strong> pretenda <strong>di</strong> afferrare defin<strong>it</strong>ivamente la ver<strong>it</strong>à,sia la vaghezza <strong>di</strong> un'ontologia dell'ineffabile (Heidegger), <strong>che</strong> si arena <strong>di</strong> fronteall'ulterior<strong>it</strong>à (all'assoluta alter<strong>it</strong>à <strong>che</strong> sta oltre) dell'essere. Non ci sarebbeinterpretazione se la ver<strong>it</strong>à fosse o tutta nascosta o tutta manifesta: unnascon<strong>di</strong>mento totale <strong>della</strong> ver<strong>it</strong>à ne rende impossibile qualsiasi interpretazione; unamanifestazione completa comporta la rinuncia a ricercare qualsiasi altra ulterior<strong>it</strong>à<strong>che</strong> è la fonte del nuovo.All'irrazionalismo dell'ineffabil<strong>it</strong>à totale e al razionalismo dell'enunciazionecompleta, Pareyson contrappone invece una <strong>filosofia</strong> dell'interpretazione o una<strong>filosofia</strong> dell'implic<strong>it</strong>o (ciò <strong>che</strong> rimane ancora implic<strong>it</strong>o nella serie delleinterpretazioni), basata sulla consapevolezza <strong>che</strong> non si può possedere la ver<strong>it</strong>à senon nella forma del doverla cercare ancora.Parimenti, e a maggior ragione, il concetto <strong>della</strong> natura ver<strong>it</strong>ativa (<strong>della</strong> capac<strong>it</strong>à <strong>di</strong>co<strong>gli</strong>ere la ver<strong>it</strong>à, sia pure in parte e gradualmente) del pensiero interpretante sicontrappone a quelle forme nichilisti<strong>che</strong> e nominalisti<strong>che</strong> <strong>di</strong> ermeneutica le quali,privando l'interpretazione <strong>di</strong> ogni portata rivelativa, finiscono <strong>per</strong> ridurre la ver<strong>it</strong>àad una serie <strong>di</strong> punti <strong>di</strong> vista relativi e soggettivi.Ben lungi dall'identificare la <strong>per</strong>sona con la s<strong>it</strong>uazione e l'essere col tempo (o la<strong>storia</strong>), come in Heidegger, Pareyson insiste invece sulla <strong>di</strong>fferenza tra pensieroespressivo, <strong>che</strong> si lim<strong>it</strong>a ad esprimere la s<strong>it</strong>uazione storica e si chiude in se stesso, epensiero rivelativo il quale, insieme al proprio tempo (e quin<strong>di</strong> includendo in séan<strong>che</strong> il pensiero espressivo), rivela an<strong>che</strong> la ver<strong>it</strong>à, si apre alla ver<strong>it</strong>à. MentreGadamer, preoccupato <strong>di</strong> cadere nella metafisica e nell'infin<strong>it</strong>à, si muove in unorizzonte fin<strong>it</strong>o e storicistico, Pareyson tenta <strong>di</strong> agganciare il fin<strong>it</strong>o all'infin<strong>it</strong>o e <strong>di</strong>salvaguardare, pur rimanendo all'interno <strong>di</strong> una teoria dell'interpretazione, lospessore ontologico e il carattere trascendente o metastorico <strong>della</strong> ver<strong>it</strong>à, tant'è <strong>che</strong>essa viene concep<strong>it</strong>a come "unica e intemporale all'interno delle molteplici e stori<strong>che</strong>formulazioni <strong>che</strong> se ne danno". La ver<strong>it</strong>à è guardata come madre e non fi<strong>gli</strong>a deltempo (<strong>della</strong> <strong>storia</strong>); come fonte e non come oggetto <strong>di</strong> interpretazione.Inoltre, mentre Gadamer è più interessato a mettere in luce ciò <strong>che</strong> da sempre accadeal <strong>di</strong> là <strong>della</strong> nostra volontà e scelta (a causa <strong>della</strong> tra<strong>di</strong>zione e dell'ere<strong>di</strong>tà culturalee storica <strong>che</strong> ci con<strong>di</strong>zionano) Pareyson, conformemente all'origine esistenzialisticadel suo pensiero (la libertà/responsabil<strong>it</strong>à del progetto esistenziale), si mostraparticolarmente attento al valore <strong>della</strong> "libertà". Per Pareyson, a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong>Gadamer, la ver<strong>it</strong>à non è un gioco da cui si è "presi" o "giocati" e nemmeno unasorta <strong>di</strong> dato ontologico auto-imponentesi al soggetto, ma un "appello" a cui l'uomo,sintesi <strong>di</strong> attiv<strong>it</strong>à e recettiv<strong>it</strong>à, può liberamente rispondere o non rispondere.Quella <strong>di</strong> Pareyson è quin<strong>di</strong> ontologia <strong>della</strong> <strong>per</strong>sona (<strong>che</strong> è rapporto con l'essere), èontologia dell'inesauribile ma è an<strong>che</strong> "ontologia <strong>della</strong> libertà", <strong>per</strong>ché la libertàprecede l'essere an<strong>che</strong> nell'essere stesso: in origine vi è dapprima la scelta <strong>di</strong> essere.8383


Contemporaneamente Pareyson ha manifestato una viva sensibil<strong>it</strong>à sia <strong>per</strong>l'ermeneutica del m<strong>it</strong>o, concep<strong>it</strong>o come interpretazione primor<strong>di</strong>ale <strong>della</strong> ver<strong>it</strong>à, sia<strong>per</strong> la problematica del male. Parte dall'idea <strong>che</strong> il male non è assenza <strong>di</strong> essere,privazione <strong>di</strong> bene, mancanza <strong>di</strong> realtà, ma <strong>che</strong> male e dolore sono la parte negativa<strong>della</strong> realtà. Pareyson mette in <strong>di</strong>scussione tutte le teo<strong>di</strong>cee del passato (le passatespiegazioni-giustificazioni intorno al male): <strong>di</strong> fronte al male la <strong>filosofia</strong> o lo hainteramente negato, come nel caso <strong>della</strong> concezione storica del fato o nei gran<strong>di</strong>sistemi razionalistici come l'hegelismo, oppure ne ha attenuato se non eliminato la<strong>di</strong>stinzione dal bene, come nel <strong>di</strong>ffuso empirismo moderno, ovvero lo ha minimizzatointerpretandolo come semplice privazione o mancanza o, ancora, lo ha inser<strong>it</strong>o in unor<strong>di</strong>ne totale e armonico con una precisa funzione, secondo una <strong>di</strong>alettica <strong>che</strong>considera lo stesso Satana collaboratore necessarie <strong>di</strong> Dio. La Teo<strong>di</strong>cea non hacompreso <strong>che</strong> Dio e il male (il male assoluto) si possono o cancellare entrambi (equesta è la via dell'ateismo confortevole, del nichilismo consolatorio) oppure sidevono affermare entrambi e non presentarli come un <strong>di</strong>lemma (e questa è la via delpensiero tragico). La tesi <strong>di</strong> Pareyson è <strong>che</strong> la presenza del male e la presenza <strong>di</strong>Dio non sono incompatibili ma si richiamano a vicenda. Dio infatti è libertà <strong>che</strong>, purvincendo le tenebre, conserva in sé una traccia del male sconf<strong>it</strong>to. Che altro è Dio senon la v<strong>it</strong>toria sul nulla e sul male? Ed è qui <strong>che</strong> si presenta un elementosconvolgente e conturbante: l'esistenza del male in Dio. Proprio <strong>per</strong>ché è pos<strong>it</strong>iv<strong>it</strong>à,Dio ha dovuto conoscere la negativ<strong>it</strong>à e fare es<strong>per</strong>ienza del negativo <strong>per</strong> debellarlo.Proprio <strong>per</strong> scartare il male e<strong>gli</strong> ha dovuto tenerlo presente. La figura <strong>di</strong> Cristo, lasofferenza e il male pat<strong>it</strong>o, è il simbolo <strong>che</strong> serve a spiegare la parentele <strong>di</strong> Dio con ildolore. Pareyson richiama la tesi <strong>di</strong> Pascal: "Solo nella conoscenza del Cristo si puòtrovare tanto Dio quanto la nostra miseria".84Paul Ricoeur ( 1913-2005).Insegna nei <strong>licei</strong> e poi all'univers<strong>it</strong>à <strong>della</strong> Sorbona <strong>di</strong> Parigi, a Chicago e a Nanterre.Nella sua formazione intervengono la fenomenologia <strong>di</strong> Husserl e l'esistenzialismo <strong>di</strong>Jas<strong>per</strong>s e Marcel.Il suo programma è <strong>di</strong> recu<strong>per</strong>are all'ermeneutica quel buon rapporto con lascienza <strong>che</strong> Heidegger e Gadamer avevano pregiu<strong>di</strong>cato: occorre definire la"logica" dell'ermeneutica e chiarirne il rapporto con altre forme <strong>di</strong> conoscenza o <strong>di</strong>es<strong>per</strong>ienza. Lungo questa linea Ricoeur intende evidenziare la derivazionedell'ermeneutica dalla fenomenologia. Heidegger infatti aveva tentato <strong>di</strong>oltrepassare l'impostazione prevalentemente gnoseologica <strong>della</strong> fenomenologia inuna <strong>di</strong>rezione ontologica e aveva interpretato la cr<strong>it</strong>ica husserliana dell'oggettivismoscientifico come rifiuto <strong>della</strong> stessa problematica scientifica. In questa <strong>di</strong>rezione siera mosso an<strong>che</strong> Gadamer. Ricoeur invece si propone <strong>di</strong> recu<strong>per</strong>are all'internodell'ermeneutica le temati<strong>che</strong> gnoseologi<strong>che</strong> ma an<strong>che</strong> epistemologi<strong>che</strong>.84


Le prime ricer<strong>che</strong> <strong>di</strong> Ricoeur sono incentrate su temi come la volontà, il male, lacolpa e rappresentano tentativi originali <strong>di</strong> applicare il metodo fenomenologico aquesti amb<strong>it</strong>i. Peraltro, l'interesse <strong>di</strong> Ricoeur è maggiormente rivolto verso lamolteplic<strong>it</strong>à dei fenomeni espressivi e del loro significato <strong>di</strong> senso anziché verso illoro aspetto teoretico-conosc<strong>it</strong>ivo come in Husserl. Fin dall'inizio Ricoeur prende le<strong>di</strong>stanze dall'orientamento cartesiano <strong>di</strong> Husserl, mettendo in <strong>di</strong>scussione lafondamental<strong>it</strong>à del cog<strong>it</strong>o (la coscienza, il pensiero) husserliano: non è il mondo <strong>che</strong>è nel cog<strong>it</strong>o ma è piuttosto il cog<strong>it</strong>o <strong>che</strong> è nel mondo. Del resto, lo stesso Husserl<strong>di</strong>chiarava il carattere intenzionale <strong>della</strong> coscienza, <strong>che</strong> Ricoeur in tal sensoaccentua.La riflessione <strong>di</strong> Ricoeur, più <strong>che</strong> in termini <strong>di</strong> impianto sistematico si sviluppasecondo alcuni gran<strong>di</strong> cicli tematici. Vale prendere in esame quello de<strong>di</strong>cato a una"<strong>filosofia</strong> <strong>della</strong> volontà", <strong>che</strong> occupa l’autore nel decennio dal 1950 al 1960, concui Ricoeur applica il metodo fenomenologico all'analisi <strong>della</strong> v<strong>it</strong>a pratica, rimastain secondo piano in Husserl. Contro la riduzione <strong>della</strong> volontà ad atto <strong>di</strong> libertàpura, Ricoeur intende mettere in luce la <strong>di</strong>namica <strong>di</strong> volontario e involontario, <strong>di</strong>conscio e inconscio <strong>che</strong> è sottesa a ogni decisione, focalizzando così il problema delpre-razionale. In tale contesto tratta an<strong>che</strong> il problema <strong>della</strong> colpa e del male <strong>che</strong>possono essere considerati come una evidenziazione dei lim<strong>it</strong>i <strong>della</strong> volontà e <strong>della</strong>visione meramente morale del mondo.In questo <strong>per</strong><strong>corso</strong> è comprensibile l'avvicinarsi <strong>di</strong> Ricoeur ad Heidegger eall'ermeneutica e quin<strong>di</strong> al problema dell'interpretazione <strong>di</strong> senso e del linguaggio,passando cioè dal piano <strong>di</strong> un'indagine descr<strong>it</strong>tivo-anal<strong>it</strong>ica, <strong>che</strong> la fenomenologiacon<strong>di</strong>vide con la <strong>filosofia</strong> del linguaggio anglosassone, al piano <strong>di</strong> una <strong>filosofia</strong>ontologica dell'interpretazione ( una <strong>filosofia</strong> interpretativa <strong>della</strong> realtà), da cui haorigine l' ermeneutica.La fenomenologia infatti si caratterizza <strong>per</strong> una sospensione dell'atteggiamento"naturale" (epoché), grazie a cui ciò <strong>che</strong> chiamiamo "mondo" si <strong>di</strong>legua e si fa avantila cosa ovvero il "vissuto" (l'umano es<strong>per</strong>ire e sentire). L'ambizione <strong>della</strong>fenomenologia è appunto <strong>di</strong> andare alle "cose stesse", cioè alla manifestazione <strong>di</strong> ciò<strong>che</strong> si mostra all'es<strong>per</strong>ienza, privata <strong>di</strong> tutte le costruzioni ere<strong>di</strong>tate dalla <strong>storia</strong>culturale, filosofica, teologica. Il lim<strong>it</strong>e <strong>della</strong> fenomenologia tuttavia, <strong>di</strong>ce Ricoeur, èquello <strong>di</strong> essersi prevalentemente fermata ad una anal<strong>it</strong>ica (un'analisi) <strong>della</strong><strong>per</strong>cezione. Invece l'analisi dei vissuti presuppone un'indagine più ampia <strong>che</strong> mirian<strong>che</strong> alle es<strong>per</strong>ienze del "senso" e <strong>che</strong> coinvolga una anal<strong>it</strong>ica dell'essere edell'azione. Da ciò l'approdo all'ermeneutica <strong>che</strong> pone maggiormente l'accento sullaplural<strong>it</strong>à delle interpretazioni <strong>di</strong> senso. Ma an<strong>che</strong> l'ermeneutica sba<strong>gli</strong>a, prosegueRicoeur, <strong>per</strong>ché si contrappone, in quanto <strong>filosofia</strong> ontologico-interpretativa,all'impostazione anal<strong>it</strong>ico-descr<strong>it</strong>tiva <strong>della</strong> fenomenologia, presentandosi in tal modocome nuova versione <strong>della</strong> <strong>di</strong>fferenza teorizzata da Dilthey tra scienze <strong>della</strong> natura escienze umane. Tale contrapposizione non ha invece motivo <strong>di</strong> esistere poiché c'è unaconsequenzial<strong>it</strong>à naturale e un'integrabil<strong>it</strong>à dei due in<strong>di</strong>rizzi filosofici. Ricoeur sipropone <strong>per</strong>tanto una me<strong>di</strong>azione tra le esigenze epistemologi<strong>che</strong> <strong>della</strong>fenomenologia, delle scienze umane a base strutturale e <strong>di</strong> taluni es<strong>it</strong>i delle filosofie8585


anal<strong>it</strong>i<strong>che</strong> da un lato e, dall'altro lato, l'ermeneutica nei suoi risvolti ontologici edesistenzialisti. In tale prospettiva <strong>di</strong> integrazione si inquadra il punto <strong>di</strong> massima<strong>di</strong>vergenza tra Ricoeur e Gadamer.Ricoeur si pone dunque l'obiettivo <strong>di</strong> una ontologia <strong>della</strong> comprensione <strong>che</strong> su<strong>per</strong>i ilpiano descr<strong>it</strong>tivo-anal<strong>it</strong>ico entro cui si è fermata la fenomenologia senza <strong>per</strong>ònegarlo, ma partendo da esso. L'ermeneutica non ha mai fin<strong>it</strong>o <strong>di</strong> "fare i conti" conla fenomenologia <strong>per</strong>ché ogni ermeneutica presuppone il problema intenzionale delsenso, proprio <strong>della</strong> fenomenologia, il quale è altresì presupposto fondamentale <strong>di</strong>una <strong>filosofia</strong> dell'interpretazione poiché ogni interrogativo circa un qualsiasi ente èun interrogativo circa il senso <strong>di</strong> tale ente. D'altra parte, ogni fenomenologia delsenso non può a sua volta non approdare a una teoria e a una praticadell'interpretazione, <strong>per</strong>ché il senso dell'ente non si dà mai puro (non è una puraautodat<strong>it</strong>à, un puro presentarsi, <strong>della</strong> cosa) ma sempre in uno con la suainterpretazione.Due sono le vie in<strong>di</strong>cate da Ricoeur <strong>per</strong> giungere ad una ontologia <strong>della</strong>comprensione (una comprensione <strong>della</strong> realtà): la "via corta", praticata daHeidegger ma non con<strong>di</strong>visa, e una "via lunga", più tortuosa e faticosa, fattapropria da Ricoeur.Ricoeur definisce "via corta" quella <strong>di</strong> Heidegger <strong>per</strong>ché il filosofo tedesco sicolloca imme<strong>di</strong>atamente sul piano ontologico. Alla domanda "a quale con<strong>di</strong>zione unsoggetto conoscente può comprendere un testo o la <strong>storia</strong>?", sost<strong>it</strong>uisce la domanda"<strong>che</strong> cos'è un essere il cui essere consiste nel comprendere?". Ma così, <strong>di</strong>ce Ricoeur,il problema ermeneutico dell'interpretazione è saltato a piè pari ed è schiacciatodall'imme<strong>di</strong>ata proposizione del problema ontologico, del problema dell'essere.Invece, riba<strong>di</strong>sce, il senso dell'essere non si dà mai da solo, al <strong>di</strong> fuori <strong>di</strong> ogniorizzonte (s<strong>it</strong>uazione) interpretativo.An<strong>che</strong> Ricoeur ha l'ambizione <strong>di</strong> portare la riflessione a livello ontologico, tuttaviapreferisce seguire una "via più lunga", più articolata, continuativa e senza salti trafenomenologia, ermeneutica ed ontologia. Una via <strong>che</strong> passa attraverso tre tappe: ilpiano semantico; quello riflessivo-interpretativo; quello ontologico."Ciò contro cui mi oppongo, scrive Ricoeur, è un'ontologia separata <strong>che</strong> abbia rottoil <strong>di</strong>alogo con le scienze umane. Ecco, è questo <strong>che</strong> mi ha colp<strong>it</strong>o in Gadamer. Traver<strong>it</strong>à (<strong>filosofia</strong>) e metodo (scienza) secondo me bisogna cercare un cammino (unincontro) <strong>per</strong>ché la <strong>filosofia</strong> è sempre morta tutte le volte <strong>che</strong> ha interrotto il suo<strong>di</strong>alogo con le scienze".Ricoeur coltiva la sua teoria dell'interpretazione con un'impressionante vast<strong>it</strong>à <strong>di</strong>riferimenti culturali, <strong>che</strong> spaziano dalla linguistica alla psicanalisi, dalla semioticaall'antropologia strutturale, dal pensiero antico alla <strong>filosofia</strong> anal<strong>it</strong>ica. Da ciò larinuncia a una definizione univoca <strong>della</strong> ver<strong>it</strong>à e l'ideale <strong>di</strong> un "filosofare incomune", <strong>di</strong> un <strong>di</strong>alogo filosofico, teso a far "coab<strong>it</strong>are" autori e movimenti<strong>di</strong>sparati.Insistendo sulla sproporzione tra fragil<strong>it</strong>à e fallibil<strong>it</strong>à dell'uomo rispetto all'essereinfin<strong>it</strong>o, Ricoeur sottolinea l'esigenza <strong>di</strong> un'ontologia <strong>di</strong>retta <strong>della</strong> realtà umana sullosfondo <strong>di</strong> uno ontologia dell'essere in generale. Il rapporto sproporzionato tra8686


fin<strong>it</strong>ezza e infin<strong>it</strong>à cost<strong>it</strong>uisce il "luogo" ontologico tra "l'essere e il nulla" o, se sipreferisce, il "grado <strong>di</strong> essere" dell'uomo.Per Ricoeur Freud avrebbe prodotto la crisi <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong> del cog<strong>it</strong>o ed avrebbestimolato una nuova <strong>filosofia</strong> dell'uomo in grado <strong>di</strong> fare <strong>della</strong> coscienza non più un"dato" (l'essere conscio), bensì un "comp<strong>it</strong>o" (il <strong>di</strong>venire conscio). Dopo FreudRicoeur è convinto <strong>che</strong> si sia delineata la possibil<strong>it</strong>à <strong>di</strong> una duplice letturainterpretazione<strong>della</strong> psi<strong>che</strong>: una dal punto <strong>di</strong> vista dell'ar<strong>che</strong>ologia (del passato) delsoggetto e l'altra dal punto <strong>di</strong> vista <strong>della</strong> teologia (del destino) del soggetto. La primasi manifesta in un movimento anal<strong>it</strong>ico regressivo verso l'inconscio, inteso comeor<strong>di</strong>ne del primor<strong>di</strong>ale e dell'arcaico; la seconda si esprime con un movimento(proce<strong>di</strong>mento) sintetico (attraverso sintesi successive) e progressivo verso lo"spir<strong>it</strong>o", inteso come or<strong>di</strong>ne del dover essere futuro. L'ar<strong>che</strong>ologia del soggetto sipropone <strong>di</strong> spiegare le figure (le fasi) successive con quelle anteriori, come adesempio nella trage<strong>di</strong>a l'E<strong>di</strong>po <strong>di</strong> Sofocle. Il suo presupposto è <strong>che</strong> l'uomo sia l'esseredestinato a rimanere preda <strong>della</strong> sua infanzia (dei suoi istinti inconsci). La teologiadel soggetto trova il suo modello nella "Fenomenologia dello spir<strong>it</strong>o" <strong>di</strong> Hegel e sipropone, al contrario, <strong>di</strong> spiegare le figure anteriori con quelle posteriori. Il suopresupposto è la coscienza come comp<strong>it</strong>o, cioè come ver<strong>it</strong>à assicurata (acquisibile)solo alla fine del processo. Queste due <strong>di</strong>verse letture <strong>della</strong> psi<strong>che</strong> non sonocontrapposte, secondo Ricoeur, ma complementari: devono essere articolate fra <strong>di</strong>esse secondo un rapporto (<strong>di</strong>alettico) <strong>di</strong> complementarietà in grado <strong>di</strong> su<strong>per</strong>are lastatica alternativa fra un’"ermeneutica demistificatrice", tipica dei "maestri delsospetto" (Marx, Nietzs<strong>che</strong> e Freud) ed un’ "ermeneutica restauratrice", tipica deifilosofi protese a salvare la portata rivelativa e ver<strong>it</strong>ativa dei singoli in relazioneall'esistenza e al sacro. Per Ricoeur non c'è contrapposizione fra interpretazione esimbolo bensì connessione. Il simbolo si riferisce ad un senso letterale col quale sidesigna un senso in<strong>di</strong>retto, figurato. L'interpretazione consiste nel decifrare il sensonascosto, figurato, nel senso apparente. Simbolo e interpretazione <strong>di</strong>vengono cosìconcetti correlativi; c'è interpretazione là dove c'è senso molteplice ed ènell'interpretazione <strong>che</strong> la plural<strong>it</strong>à dei sensi è resa manifesta. Tuttavia, poichél'interpretazione si specifica in una molteplic<strong>it</strong>à confl<strong>it</strong>tuale <strong>di</strong> modelliinterpretativi, risulta in<strong>di</strong>spensabile un'azione <strong>di</strong> "arb<strong>it</strong>raggio" volta a contrastarele loro pretese total<strong>it</strong>arie (unilaterali).A questo punto Ricoeur <strong>per</strong>viene ad un secondo ciclo <strong>di</strong> temi (1960-1975)consistente nello sviluppo <strong>di</strong> una <strong>filosofia</strong> ermeneutica consapevole del confl<strong>it</strong>todelle interpretazioni, cioè del carattere confl<strong>it</strong>tuale dell'ermeneutica stessa <strong>che</strong> leimpe<strong>di</strong>sce <strong>di</strong> giungere allo stato <strong>di</strong> un "sa<strong>per</strong>e unificato". È qui importante, <strong>per</strong>Ricoeur, il confronto, da un lato, con i " tre maestri del sospetto", i quali col loroinsegnamento hanno sugger<strong>it</strong>o l'idea, <strong>che</strong> ha tormentato la cultura contemporanea,secondo cui il senso del vero e del falso, del bene del male (Nietzs<strong>che</strong>) <strong>della</strong> <strong>di</strong>namicasociale (Marx) e <strong>della</strong> v<strong>it</strong>a cosciente (Freud) non sta alla su<strong>per</strong>ficie (in evidenza) mava "sospettato" ad un livello più profondo (la volontà <strong>di</strong> potenza, la strutturaeconomica, l'inconscio) in cui è da ricercare la vera spiegazione <strong>di</strong> ciò <strong>che</strong> accade insu<strong>per</strong>ficie. Ma è importante, dall'altro lato, il contatto con le metodologie <strong>di</strong> ricerca8787


delle <strong>di</strong>verse <strong>di</strong>scipline scientifi<strong>che</strong>, secondo il principio <strong>che</strong> tra ver<strong>it</strong>à e metodo nonvi è, come <strong>per</strong> Gadamer, un'opposizione ma una implicazione reciproca, in quanto<strong>per</strong> Ricoeur la considerazione dell'oggettiv<strong>it</strong>à scientifica è un passaggio obbligatonella comprensione del senso.Di conseguenza, Ricoeur prende posizione nei confronti <strong>della</strong> psicanalisi e dellostrutturalismo, i quali sono <strong>per</strong>fettamente leg<strong>it</strong>timi quando o<strong>per</strong>ano nell'amb<strong>it</strong>oproprio (quello delle strutture inconsce), mentre <strong>di</strong>ventano insostenibili quandopretendono <strong>di</strong> invadere il settore dell'ermeneutica. Tra modello strutturale e modelloermeneutico esistono infatti profonde <strong>di</strong>fferenze, in quanto la spiegazione strutturalesi basa su <strong>di</strong> un sistema inconscio in<strong>di</strong>pendentemente dall'osservatore, mentrel'interpretazione <strong>di</strong> senso si basa su <strong>di</strong> un processo attivo <strong>di</strong> presa <strong>di</strong> coscienza daparte dell'interprete rispetto al fondo simbolico.Un'analoga funzione <strong>di</strong> "arb<strong>it</strong>raggio" è pure in<strong>di</strong>cata da Ricoeur nei confronti del<strong>di</strong>batt<strong>it</strong>o circa l'ermeneutica e la cr<strong>it</strong>ica dell'ideologia, nell'intento <strong>di</strong> salvare quelli<strong>che</strong> <strong>per</strong> lui sono <strong>gli</strong> irrinunciabili nuclei <strong>di</strong> ver<strong>it</strong>à presenti nelle rispettive istanze(prospettive, mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>care): da una parte, l'inelu<strong>di</strong>bile appartenenza alla <strong>storia</strong>e alla tra<strong>di</strong>zione (Gadamer); dall'altra, l'impegno cr<strong>it</strong>ico <strong>che</strong> presuppone un <strong>di</strong>staccodalla s<strong>it</strong>uazione storica (Habermas).A partire da<strong>gli</strong> anni Settanta Ricoeur si è concentrato sulle problemati<strong>che</strong> del testo,delle metafore e del linguaggio. Si oppone alla dottrina strutturalista del linguaggio,come insieme chiuso e formalizzato <strong>di</strong> segni, a favore <strong>di</strong> una concezione <strong>della</strong>compless<strong>it</strong>à del parlare umano, in grado <strong>di</strong> spiegare <strong>gli</strong> aspetti "creativi" dellinguaggio, come in particolare nella metafora, <strong>che</strong> apre nuove <strong>di</strong>mensioni e nuoviorizzonti <strong>di</strong> significato, scoprendo e producendo al tempo stesso nuovi aspetti <strong>della</strong>realtà. Alla metafora Ricoeur assegna una funzione conosc<strong>it</strong>iva importante, vale a<strong>di</strong>re la produzione <strong>di</strong> "innovazioni semanti<strong>che</strong>" (<strong>di</strong> nuovi significati).Per Ricoeur il linguaggio è anz<strong>it</strong>utto "<strong>di</strong>s<strong>corso</strong>", cioè "un <strong>di</strong>re qualcosa su qualcosaa qualcuno", formula <strong>che</strong> intende riassumere la triplice a<strong>per</strong>tura (prospettiva) del<strong>di</strong>s<strong>corso</strong>: verso il soggetto parlante, verso il mondo, verso <strong>gli</strong> altri. Ricoeur obiettatanto a Gadamer quanto allo strutturalismo <strong>che</strong> "il linguaggio non è in se stessomondo, ma è assoggettato a un mondo, rinvia ad un mondo". Viene quin<strong>di</strong> respinto il"panlinguismo" <strong>di</strong> tanta cultura contemporanea. La vocazione (l'interesse)ontologica <strong>di</strong> Ricoeur nasce proprio dal bisogno <strong>di</strong> procedere oltre il panlinguismo<strong>per</strong> r<strong>it</strong>rovare il rapporto dell'uomo con l'essere e la trascendenza: il linguaggio non èmai in se stesso ma sempre su qual<strong>che</strong> cosa (il linguaggio non è fine a se stesso, matrascende, su<strong>per</strong>a se stesso <strong>per</strong> riferirsi a qual<strong>che</strong> cosa d'altro). Ricoeur propone unanuova ontologia <strong>che</strong> dovrebbe innanz<strong>it</strong>utto attuare il passaggio da una "prima"rivoluzione co<strong>per</strong>nicana, fondata sul moderno primato <strong>della</strong> soggettiv<strong>it</strong>à, ad una"seconda" rivoluzione co<strong>per</strong>nicana, in grado <strong>di</strong> riportare la soggettiv<strong>it</strong>à all'essere,senza r<strong>it</strong>ornare <strong>per</strong> questo ad un mondo <strong>di</strong> oggetti ma collocando la soggettiv<strong>it</strong>à nelledeb<strong>it</strong>e proporzioni (in rapporto) con l'essere. Il <strong>per</strong>manente interesse <strong>di</strong> Ricoeur <strong>per</strong>l'essere del soggetto (e <strong>per</strong> le sue o<strong>per</strong>e) non esclude ma implica il <strong>per</strong>manenteinteresse <strong>per</strong> l'essere, all'interno del quale (il mondo) o in <strong>di</strong>pendenza del quale (ilsacro e la trascendenza) il soggetto si trova concretamente ad esistere. Ricoeur8888


sviluppo in tal senso una "ermeneutica del sé", ossia una riflessione sul problemadell'ident<strong>it</strong>à <strong>per</strong>sonale e sul suo cost<strong>it</strong>uirsi attraverso l'azione. È soprattuttoattraverso l'analisi dell'agire umano, quin<strong>di</strong> sulla base <strong>di</strong> una <strong>filosofia</strong> pratica, <strong>che</strong>Ricoeur arriva a configurare la possibil<strong>it</strong>à <strong>di</strong> una determinazione <strong>della</strong> <strong>per</strong>sonaumana, non solo come mero soggetto agente ma an<strong>che</strong> nella prospettiva <strong>di</strong>un'ontologia (<strong>di</strong> una concreta essenza) <strong>della</strong> <strong>per</strong>sona.8989


90LO STRUTTURALISMO.Lo strutturalismo, più <strong>che</strong> un movimento, è una tendenza <strong>di</strong> pensiero nataoriginariamente in amb<strong>it</strong>o linguistico (con De Saussure) e <strong>che</strong> ben presto si è estesaad altri settori (dall'antropologia alla linguistica, alla cr<strong>it</strong>ica letteraria, alla psicanalisied an<strong>che</strong> alla biologia), dando luogo ne<strong>gli</strong> anni sessanta-settanta del Novecento aduna specifica "atmosfera culturale" avente il suo centro <strong>di</strong> irra<strong>di</strong>azione in Francia.Tale atmosfera non si è storicamente incarnata in un in<strong>di</strong>rizzo omogeneo ma si ècaratterizzata attraverso una serie <strong>di</strong> dottrine tra <strong>di</strong> loro <strong>di</strong>verse. Pertanto, ilcomune orientamento <strong>di</strong> fondo <strong>che</strong> qualifica lo strutturalismo è in<strong>di</strong>viduabile,più <strong>che</strong> in specifici contenuti <strong>di</strong> pensiero, <strong>per</strong> una con<strong>di</strong>visa polemica:1. contro l'atomismo e il sostanzialismo: la realtà non è il derivato <strong>di</strong> singolielementi concettuali o <strong>di</strong> singole sostanze, ma è un sistema <strong>di</strong> relazioni i cu<strong>it</strong>ermini componenti non hanno valore <strong>di</strong> <strong>per</strong> se stessi ma solo in connessionefra loro;2. contro l'umanismo e il coscienzalismo: l'in<strong>di</strong>viduo non è il libero econsapevole autore <strong>di</strong> se stesso (come <strong>di</strong>chiarato dall'esistenzialismo in or<strong>di</strong>neal "progetto esistenziale"), bensì il risultato <strong>di</strong> strutture <strong>che</strong> agiscono <strong>per</strong>lopiù alivello inconscio (Freud) o come con<strong>di</strong>zionamenti materiali sulla coscienzain<strong>di</strong>viduale (Marx); vale cioè il primato <strong>della</strong> struttura sull'uomo; da ciò, dopola morte nietzschiana <strong>di</strong> Dio, consegue la teoria <strong>della</strong> "<strong>di</strong>ssoluzione" o <strong>della</strong>"morte" dell'uomo, <strong>che</strong> rappresenta il tema filosoficamente più caratteristico eprovocatorio dell'intero atteggiamento strutturalista;3. contro lo storicismo, ossia contro la visione ottocentesca <strong>di</strong> un <strong>di</strong>venire (unosviluppo storico) omogeneo e unilineare, immancabilmente <strong>di</strong>retto verso iltrionfo dell'uomo e dei suoi valori (libertà, giustizia, ecc.); la <strong>storia</strong> invece,secondo la concezione strutturalistica, è un insieme <strong>di</strong>scontinuo <strong>di</strong> processieterogenei retti da un sistema im<strong>per</strong>sonale (in<strong>di</strong>pendente dalle singole <strong>per</strong>sone)<strong>di</strong> strutture psico-antropologi<strong>che</strong>, culturali, economi<strong>che</strong>, ecc.; contro laconsiderazione <strong>della</strong> realtà in termini <strong>di</strong> sviluppo e progresso, lo strutturalismo<strong>di</strong>fende la concezione <strong>della</strong> realtà come insieme relativamente costante euniforme <strong>di</strong> relazioni tra <strong>gli</strong> elementi componenti la struttura; <strong>di</strong> conseguenzaviene privilegiato, nello stu<strong>di</strong>o dei sistemi strutturali, il punto <strong>di</strong> vistasincronico (statico, simultaneo) rispetto a quello <strong>di</strong>acronico (<strong>di</strong>namico,storico) nonché la propensione, da parte <strong>di</strong> alcuni autori, a considerare levicende stori<strong>che</strong> come qualcosa <strong>di</strong> su<strong>per</strong>ficiale e secondario nei confronti <strong>della</strong>realtà profonda e primaria delle strutture;4. contro l'empirismo e il soggettivismo: fare scienza significa procedere al <strong>di</strong> làdelle es<strong>per</strong>ienze empiri<strong>che</strong> e dei vissuti <strong>per</strong>sonali <strong>per</strong> collocarsi in un punto <strong>di</strong>vista assolutamente oggettivo; da ciò il progetto <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>are l'uomo "dal <strong>di</strong>fuori" e il ripu<strong>di</strong>o dei cosiddetti "dati imme<strong>di</strong>ati <strong>della</strong> coscienza" come via <strong>di</strong>accesso alla ver<strong>it</strong>à.Per il tentativo <strong>di</strong> proporre una nuova e più scientifica visione del mondo,appoggiata dalle forze intellettuali e pol<strong>it</strong>i<strong>che</strong> avverse alle "vecchie" forme culturali90


<strong>di</strong> tipo umanistico-retorico ma favorevoli ad una mental<strong>it</strong>à rigorosa, lostrutturalismo viene <strong>per</strong>tanto a contrapporsi alle filosofie del primo Novecentoquali l'idealismo, la fenomenologia, l'esistenzialismo, il pragmatismo, ilmarxismo.Fra le <strong>di</strong>verse nozioni <strong>di</strong> struttura concep<strong>it</strong>e dallo strutturalismo, la piùqualificante appare quella <strong>di</strong> Lévi-Strauss, secondo cui la struttura è un sistema,cioè un insieme <strong>di</strong> parti fra loro collegate secondo specifi<strong>che</strong> regole <strong>di</strong> relazione ecombinazione in base alle quali poterne comprendere le possibili trasformazioni.Qui il concetto <strong>di</strong> trasformazione ha una valenza logico-matematica in quantodescr<strong>it</strong>tivo-esplicativo delle variazioni possibili del sistema, vale a <strong>di</strong>re in grado <strong>di</strong>spiegare le possibili variazioni de<strong>gli</strong> altri elementi del sistema alla variazione <strong>di</strong>un suo elemento. Ogni struttura è autoregolata in quanto ha come fine ilfunzionamento e la conservazione <strong>di</strong> sé medesima.Come si può notare, questa nozione <strong>di</strong> struttura presenta una sua specific<strong>it</strong>à rispetto aquelle tra<strong>di</strong>zionali <strong>di</strong> sistema, <strong>di</strong> organismo, ecc. Ai fini <strong>della</strong> comprensione delleregole riguardanti la combinazione de<strong>gli</strong> elementi <strong>della</strong> struttura e la previsionabil<strong>it</strong>àdei successivi relativi movimenti, può essere portato ad esempio il gioco de<strong>gli</strong>scacchi. Per tale insieme <strong>di</strong> caratteristi<strong>che</strong> la struttura può venire stu<strong>di</strong>atatram<strong>it</strong>e modelli <strong>di</strong> tipo logico-matematico, capaci <strong>di</strong> esprimere, con formule esimboli, le possibili combinazioni fra i suoi elementi cost<strong>it</strong>utivi. Sorge a questopunto un problema: il fatto <strong>che</strong> le strutture siano matematicamente concepibilisignifica forse <strong>che</strong> esse sono semplicemente prodotte dalla nostra mente <strong>per</strong> renderecomprensibile una realtà a prima vista caotica? In altri termini, le strutture (come iconcetti, <strong>gli</strong> "universali") hanno consistenza reale o solo mentale? In propos<strong>it</strong>o lostrutturalismo, a volte an<strong>che</strong> nell'o<strong>per</strong>a <strong>di</strong> uno stesso autore, oscilla traun'interpretazione realistica e un'interpretazione metodologica <strong>della</strong> struttura.Secondo la prima, la struttura è ciò <strong>che</strong> cost<strong>it</strong>uisce ontologicamente l'uomo, la societàe il mondo; <strong>per</strong> la seconda, la struttura è un modello ipotetico in grado <strong>di</strong> stabilirerelazioni controllabili tra <strong>gli</strong> elementi <strong>della</strong> struttura stessa e <strong>di</strong> formulare previsionistatisti<strong>che</strong> delle loro trasformazioni.Con lo strutturalismo dunque si avanzano soluzioni ben <strong>di</strong>verse rispetto alle filosofiesoggettivisti<strong>che</strong> e storicisti<strong>che</strong>. Al fine <strong>di</strong> rendere scientifi<strong>che</strong> le scienze umane, <strong>gli</strong>strutturalisti hanno voluto invertire la <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> marcia del sa<strong>per</strong>e sull'uomo:hanno inteso spodestare il soggetto (l'io, la coscienza, lo spir<strong>it</strong>o) e le sue capac<strong>it</strong>à <strong>di</strong>libertà, <strong>di</strong> autodeterminazione, <strong>di</strong> creativ<strong>it</strong>à, ponendo a fondamento con<strong>di</strong>zionantedel medesimo strutture profonde, inconscie, onnideterminanti. Scrive Lévi-Strauss: "non esistono da un lato le scienze esatte e naturali e dall'altro le scienzesociali e umane. C'è un solo modo <strong>di</strong> approccio <strong>che</strong> ha carattere scientifico. Lescienze umane possono <strong>di</strong>ventare scienze solo cessando <strong>di</strong> essere umane. L'immaginedell'uomo costru<strong>it</strong>a dei vari umanismi (esistenzialismo, idealismo, ecc.) è falsa".In particolare, <strong>gli</strong> strutturalisti considerano <strong>che</strong>:1. la linguistica strutturale ha mostrato i complessi meccanismi <strong>di</strong> quella struttura<strong>che</strong> è il linguaggio (i meccanismi fonologici, sintattici, ecc.), all'interno dellecui possibil<strong>it</strong>à si muove il nostro pensiero;9191


2. l'etnolinguistica ci ha fatto vedere come la nostra visione del mondo <strong>di</strong>pendadal linguaggio <strong>che</strong> parliamo;3. il marxismo ha posto in evidenza il peso <strong>della</strong> struttura economica sulla v<strong>it</strong>adell'in<strong>di</strong>viduo, sulle sue idee e sui rapporti sociali;4. la psicanalisi ha sco<strong>per</strong>to la struttura dell'inconscio <strong>che</strong> governa icomportamenti consci dell'io;5. l'antropologia pone in evidenza sistemi compatti <strong>di</strong> regole, <strong>di</strong> valori, <strong>di</strong> idee, <strong>di</strong>m<strong>it</strong>i <strong>che</strong> ci plasmano fin dalla nasc<strong>it</strong>a;6. una storiografia rinnovata (ad esempio le "rotture epistemologi<strong>che</strong>) <strong>di</strong>Ba<strong>che</strong>lard) ci mette <strong>di</strong> fronte ad una <strong>storia</strong> del sa<strong>per</strong>e come sviluppo<strong>di</strong>scontinuo <strong>di</strong> strutture <strong>che</strong> in-formano e con<strong>di</strong>zionano il pensiero, la pratica ele ist<strong>it</strong>uzioni.Di fronte all'onnipotenza e onnipresenza <strong>di</strong> queste strutture psico-logi<strong>che</strong>,economi<strong>che</strong> e sociali, segu<strong>it</strong>are a parlare <strong>di</strong> un soggetto libero, responsabile, creativoe fac<strong>it</strong>ore <strong>di</strong> <strong>storia</strong> è un inganno: la libertà si assotti<strong>gli</strong>a e si smarrisce in un mondosempre più "amministrato" e organizzato, fonte dei con<strong>di</strong>zionamenti <strong>che</strong> l'uomoscopre e de<strong>gli</strong> ostacoli <strong>che</strong> e<strong>gli</strong> stesso magari si è creato nel <strong>per</strong>seguire illusorieiniziative libere e creative.Per lo strutturalismo l'idea <strong>di</strong> fondo non è l'essere ma la relazione, non è ilsoggetto ma la struttura. Gli uomini singoli, come i singoli pezzi nel gioco de<strong>gli</strong>scacchi, non hanno significato <strong>di</strong> <strong>per</strong> sé e non esistono al <strong>di</strong> fuori delle relazioni <strong>che</strong> licost<strong>it</strong>uiscono, dalle quali si trovano con<strong>di</strong>zionati. Gli uomini sono elementi <strong>di</strong> unastruttura <strong>che</strong> li sovrasta e non sostanze. L'umanismo esalta l'uomo ma non lospiega. Lo strutturalismo intende invece spiegarlo, ma spiegandolo proclama,dopo la morte <strong>di</strong> Dio, <strong>che</strong> an<strong>che</strong> l'uomo è morto (è morto in quanto è illusoria lasua libertà e creativ<strong>it</strong>à). L'uomo è stato ucciso dalle scienze umane nell'averloconcep<strong>it</strong>o come produttore delle sue o<strong>per</strong>e <strong>della</strong> sua <strong>storia</strong>. Anziché considerare <strong>gli</strong>oggetti delle <strong>di</strong>verse scienze umane come produzioni stori<strong>che</strong> dell'uomo, inteso comesoggetto, lo strutturalismo li indaga invece dall'esterno <strong>per</strong> riconoscerne le strutture,ossia le costanti e le relazioni sistemati<strong>che</strong> tra le parti cost<strong>it</strong>utive (le strutture e lecombinazioni dei relativi elementi hanno carattere <strong>di</strong> stabil<strong>it</strong>à e non sono soggette al<strong>di</strong>venire, al continuo cambiamento storico). La scienza dell'uomo non è possibilesenza cancellare la coscienza dell'uomo. "Il fine ultimo delle scienze umane, scriveLévi-Strauss, non consiste nel cost<strong>it</strong>uire l'uomo ma nel <strong>di</strong>ssolverlo". L'uomo non èente autonomo, ma è solo un elemento <strong>di</strong> molteplici strutture invarianti einconsce (strutture linguisti<strong>che</strong>, economi<strong>che</strong>, sociali, culturali), <strong>che</strong> si muovonosecondo regole logico-formali loro proprie e dalle quali l'uomo è governato.Avendo avuto come precursore De Saussure, i maggiori esponenti dellostrutturalismo sono Lévi-Strauss, Foucault, Lacan e Althusser, defin<strong>it</strong>i "i quattromos<strong>che</strong>ttieri dello strutturalismo". In una prospettiva <strong>di</strong> linguistica ormai poststrutturalistasi può c<strong>it</strong>are an<strong>che</strong> Noam Chomsky.9292


93Fer<strong>di</strong>nand De Saussure (1857-1913).Di nazional<strong>it</strong>à svizzera, De Saussure, col suo celebre "Corso <strong>di</strong> linguistica generale",ha prodotto ne<strong>gli</strong> stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> linguistica un'autentica rivoluzione decisiva an<strong>che</strong> <strong>per</strong>l'avvento dello strutturalismo.Secondo De Saussure la lingua è un "sistema <strong>di</strong> segni esprimenti delle idee". Se siipotizza l'esistenza <strong>di</strong> una scienza generale dei segni sociali, da De Saussurechiamata "semiologia", la linguistica sarà allora una parte <strong>di</strong> quest'ultima eprecisamente la scienza <strong>che</strong> si occupa <strong>di</strong> quel tipo particolare <strong>di</strong> segno <strong>che</strong> è ilsegno verbale (mentre la semiologia, <strong>di</strong>sciplina più generale, stu<strong>di</strong>a an<strong>che</strong> i segninon verbali quali la scr<strong>it</strong>tura, i gesti, la mimica, i r<strong>it</strong>i simbolici, le forme <strong>di</strong> cortesia, isegnali mil<strong>it</strong>ari, ecc.). L'oggetto specifico <strong>della</strong> linguistica non è tuttavia la total<strong>it</strong>àdel linguaggio, <strong>che</strong> in quanto tale può venire stu<strong>di</strong>ato da più punti <strong>di</strong> vista (fisico,fisiologico, psichico, ecc.), bensì quella sua parte essenziale e cost<strong>it</strong>utiva <strong>che</strong> è lalingua. Il linguaggio è la generale facoltà <strong>di</strong> parlare; la lingua è un prodottosociale <strong>della</strong> facoltà del linguaggio. La lingua è un qualcosa <strong>di</strong> esterno all'in<strong>di</strong>viduo:è un fatto ist<strong>it</strong>uzionale, è un'ere<strong>di</strong>tà <strong>che</strong> l'in<strong>di</strong>viduo apprende.De Saussure o<strong>per</strong>a quin<strong>di</strong> una prima fondamentale <strong>di</strong>stinzione: quella fra lingua eparola. La lingua è un prodotto sociale, cioè un sistema <strong>di</strong> segni, <strong>di</strong> regole e <strong>di</strong>strutture <strong>che</strong> l'in<strong>di</strong>viduo apprende e assimila dalla comun<strong>it</strong>à in cui vive senza poterlainventare o mutare. La parola invece è il momento in<strong>di</strong>viduale, è un atto in<strong>di</strong>viduale<strong>di</strong> costruzione an<strong>che</strong> <strong>di</strong> parole nuove; è atto mutevole e creativo del linguaggio; è ilmodo in cui il soggetto parlante utilizza il sistema <strong>della</strong> lingua. Ed è la parola <strong>che</strong> faevolvere la lingua.La seconda grande <strong>di</strong>stinzione è fra sincronia e <strong>di</strong>acronia. La linguisticasincronica (o statica) stu<strong>di</strong>a la lingua quale si presenta in un dato momento. Lalinguistica <strong>di</strong>acronica (o <strong>di</strong>namico-evolutiva) stu<strong>di</strong>a come la lingua si sviluppa neltempo. Secondo De Saussure il lim<strong>it</strong>e più grave <strong>della</strong> linguistica precedente è <strong>di</strong> averprivilegiato la <strong>di</strong>mensione <strong>di</strong>acronica, evolutiva, <strong>della</strong> lingua rispetto a quellasincronica, sistemica. Pur ammettendo <strong>che</strong> la sincronia non esclude la <strong>di</strong>acronia, DeSaussure il riven<strong>di</strong>ca il primato del punto <strong>di</strong> vista sincronico poiché la lingua è unsistema <strong>di</strong> "valori" determinato dallo stato momentaneo in cui si trovano i terminilinguistici. Detto altrimenti, sincronia (il valore attuale <strong>di</strong> un termine) edetimologia (la <strong>storia</strong> <strong>di</strong> un termine) sono due realtà <strong>di</strong>stinte al punto <strong>che</strong> <strong>per</strong> lacomprensione <strong>della</strong> prima non è necessaria la comprensione <strong>della</strong> seconda. I segnilinguistici, le parole, valgono più <strong>per</strong> la loro forma (<strong>per</strong> il loro significato attuale) <strong>che</strong><strong>per</strong> la loro <strong>storia</strong>. Una linguistica pura può stu<strong>di</strong>are soltanto la "lingua" e le suestrutture quali si presentano in un dato momento, ossia in senso sincronico, e non inbase alla loro origine e sviluppo, ossia in senso <strong>di</strong>acronico.Dal punto <strong>di</strong> vista sincronico De Saussure definisce la lingua come un sistema <strong>di</strong>segni linguistici con i quali avviene il collegamento <strong>di</strong> un suono con unarappresentazione, cioè con un concetto, vale a <strong>di</strong>re il collegamento <strong>di</strong> un elementosignificante (il segno linguistico, la parola, <strong>che</strong> in quanto tale è un suono) con un93


significato (con la rappresentazione o concetto <strong>della</strong> cosa in<strong>di</strong>cata). La nov<strong>it</strong>à quiintrodotta consiste nel fatto <strong>che</strong> De Saussure concepisce la funzione del linguaggionon più come rappresentazione <strong>di</strong> cose o contenuti, come nella concezione linguisticaprecedente, poiché ciò signifi<strong>che</strong>rebbe ridurre la lingua a qualcosa <strong>di</strong> secondariorispetto a ciò <strong>che</strong> essa designa. La funzione significante del linguaggio invece èimmanente (sta dentro) alla lingua stessa, poiché i segni linguistici (le parole) sonosignificanti non in base ai vari oggetti significati ma <strong>per</strong> la <strong>di</strong>fferenza <strong>che</strong> li <strong>di</strong>stinguel'uno dall'altro.Tre sono dunque le fondamentali concezioni <strong>che</strong> De Saussure ha lasciato inere<strong>di</strong>tà allo strutturalismo:1. il carattere strutturale <strong>della</strong> lingua, in cui ogni elemento ha valore solo inrapporto a<strong>gli</strong> altri;2. il primato <strong>della</strong> lingua sul parlante, sul soggetto;3. il primato <strong>della</strong> sincronia sulla <strong>di</strong>acronia (contro lo storicismo linguistico).94Lévi-Strauss (1908-1991).Antropologo strutturalista francese, int<strong>it</strong>ola la sua o<strong>per</strong>a principale "Tristi tropici". Èesponente quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> uno strutturalismo antropologico.Secondo la definizione <strong>di</strong> struttura data da Lévi-Strauss quale vista inprecedenza, e<strong>gli</strong> considera le strutture come forme e categorie invarianti(costanti) <strong>che</strong> governano sin dalla notte dei tempi le azioni de<strong>gli</strong> in<strong>di</strong>vidui e <strong>che</strong>stanno alla base <strong>di</strong> ogni cultura, cost<strong>it</strong>uendo nel loro insieme ciò <strong>che</strong> Lévi-Strausschiama lo "spir<strong>it</strong>o umano", vale a <strong>di</strong>re un inconscio collettivo, generale e costante,<strong>di</strong> tutta l'uman<strong>it</strong>à: in ogni cultura e società sussistono elementi <strong>di</strong> base costanti euniversali; in tutti <strong>gli</strong> uomini, passati e presenti, è riscontrabile una comune naturaculturale, un comune modo <strong>di</strong> pensare e <strong>di</strong> sentire. In tal senso Lévi-Strauss sipresenta come una sorta <strong>di</strong> "Kant dell'antropologia", in quanto <strong>per</strong> lui la culturasociale deriva da una sintesi fra le mutevoli es<strong>per</strong>ienze in<strong>di</strong>viduali e <strong>gli</strong> immutabilis<strong>che</strong>mi formali <strong>che</strong> cost<strong>it</strong>uiscono lo spir<strong>it</strong>o umano, vale a <strong>di</strong>re l'immutabile, comune enaturale struttura psichica dell'uman<strong>it</strong>à. Ricoeur parla in propos<strong>it</strong>o <strong>di</strong> "kantismo senzasoggetto trascendente", ovvero <strong>di</strong> un kantismo antropologico in cui al posto dell'iopenso,ossia <strong>della</strong> coscienza, troviamo l'inconscio, cioè un'organizzazione formaleinconscia.Da ciò l'antiumanismo <strong>di</strong> Lévi-Strauss, secondo cui le scienze umane possono<strong>di</strong>ventare scienze sono cessando <strong>di</strong> essere umane, nonché l'antistoricismo, poiché<strong>per</strong> Lévi-Strauss il <strong>di</strong>venire storico è solo un movimento su<strong>per</strong>ficiale <strong>che</strong> scorre sullesottostanti universali ed invariabili strutture <strong>di</strong> fondo dello spir<strong>it</strong>o umano, <strong>che</strong> sir<strong>it</strong>rovano in ogni cultura e <strong>che</strong> fanno dell'uman<strong>it</strong>à qualcosa <strong>di</strong> sostanzialmenteimmutabile (la natura dell'uomo è ed è rimasta sempre costante in ogni tempo ein ogni società). Questo antistoricismo, controcorrente rispetto ad una delleconvinzioni più ra<strong>di</strong>cate <strong>della</strong> modern<strong>it</strong>à, vale a <strong>di</strong>re quella <strong>di</strong> progresso, <strong>per</strong>mette a94


Lévi-Strauss <strong>di</strong> proporre l'antropologia come scienza universale, ossia come unaforma <strong>di</strong> sa<strong>per</strong>e capace <strong>di</strong> co<strong>gli</strong>ere ciò <strong>che</strong> sta alla base <strong>di</strong> tutte le culture.Lévi-Strauss ha applicato la sua metodologia strutturalista soprattutto a dueamb<strong>it</strong>i <strong>di</strong> ricerca: i legami <strong>di</strong> parentela, trattati nell'o<strong>per</strong>a "Le strutture elementari<strong>della</strong> parentela", e i m<strong>it</strong>i, trattati nell'o<strong>per</strong>a "M<strong>it</strong>ologi<strong>che</strong>".E<strong>gli</strong> ha mostrato come la logica dei rapporti <strong>di</strong> parentela obbe<strong>di</strong>sca al concetto<strong>di</strong> scambio delle donne, ossia alla necess<strong>it</strong>à <strong>di</strong> assicurare la circolazione delle donnein tutta la società, impedendo <strong>che</strong> ogni singolo clan familiare si isoli in se stesso,chiudendosi ai rapporti <strong>di</strong> collaborazione con <strong>gli</strong> altri; in questo modo il gruppo siamplia sempre <strong>di</strong> più, passando da uno stato <strong>di</strong> natura prim<strong>it</strong>iva ad una cultura piùsviluppata. Da tale concezione e<strong>gli</strong> ricava altresì la spiegazione del tabù (del<strong>di</strong>vieto) dell'incesto.Analogamente, Lévi-Strauss ha cercato <strong>di</strong> mettere in luce la presenza <strong>di</strong> unaferrea logica (caratteristica) strutturale an<strong>che</strong> nel mondo apparentemente arb<strong>it</strong>rariodei m<strong>it</strong>i, mostrando come le molteplici storie m<strong>it</strong>ologi<strong>che</strong> non siano nient'altro <strong>che</strong>variazioni <strong>di</strong> determinati temi e motivi sempre uguali nello spazio e nel tempo. Ilm<strong>it</strong>o non è il luogo <strong>della</strong> fantasia o <strong>della</strong> arb<strong>it</strong>rarietà ma è il modo in cui la mente deiprim<strong>it</strong>ivi or<strong>di</strong>nava, classificava e dava senso ai fenomeni. In tal senso il pensiero"selvaggio" non è affatto meno logico <strong>di</strong> quello dell'uomo civile, <strong>per</strong>ché medesimo èl'obiettivo <strong>di</strong> catalogazione de<strong>gli</strong> eventi. Scomposti nei loro elementi, l'ampiavarietà dei m<strong>it</strong>i risulta riconducibile a fondamentali e costanti categorie(s<strong>che</strong>mi): il padre e la madre, l'eroe e la v<strong>it</strong>tima, l'amico e il nemico, il crudo e ilcotto, ecc.In base alla sco<strong>per</strong>ta delle costanti culturali, Lévi-Strauss nega, contro lo storicismo,<strong>che</strong> la mental<strong>it</strong>à moderna sia su<strong>per</strong>iore a quella prim<strong>it</strong>iva, essendo entrambeugualmente complesse. Soprattutto, contro la fenomenologia e l'esistenzialismo, econtro Sartre in particolare, e<strong>gli</strong> afferma <strong>che</strong> il giu<strong>di</strong>zio dato dal soggetto circa lapropria cultura è fondamentalmente etnocentrico, vale a <strong>di</strong>re <strong>che</strong> la propria cultura èsempre considerata quella su<strong>per</strong>iore. È tale fatto <strong>che</strong> <strong>per</strong> lo più impe<strong>di</strong>sce laconsapevolezza delle costanti culturali, tant'è vero <strong>che</strong> la produzione delle strutture<strong>di</strong> fondo <strong>di</strong> una cultura, quali il sistema <strong>di</strong> relazioni sociali, i m<strong>it</strong>i, la lingua, non èo<strong>per</strong>a <strong>di</strong> un'attiv<strong>it</strong>à cosciente; l'io conscio è infatti un'apparizione molto tarda nella<strong>storia</strong> dell'uman<strong>it</strong>à.Ulteriore caratteristica <strong>di</strong>stinzione <strong>di</strong> Lévi-Strauss è quella tra "società fredde",quelle prim<strong>it</strong>ive <strong>che</strong> hanno una conoscenza confusa del <strong>di</strong>venire <strong>della</strong> <strong>storia</strong>, e"società calde", quelle evolute, <strong>che</strong> si fondono sul mutamento incessante dei mo<strong>di</strong> <strong>di</strong>v<strong>it</strong>a. Le prime sono svantaggiate sul piano culturale poiché producono menoprogresso, ma sono avvantaggiate sul piano sociale in quanto generano meno confl<strong>it</strong>tial proprio interno.Infine, in Lévi-Strauss troviamo una delle più appassionate polemi<strong>che</strong> control'etnocentrismo, ossia contro la tendenza a considerare la propria cultura su<strong>per</strong>iorerispetto tutte le altre. Anzi, i prim<strong>it</strong>ivi sono visti talora come l'incarnazione <strong>di</strong>un'uman<strong>it</strong>à più vergine e più pura, in ant<strong>it</strong>esi alla civiltà sempre più alienata edenaturalizzata dell'Occidente.9595


96Mi<strong>che</strong>l Foucault (1926-1984).È esponente francese <strong>di</strong> uno strutturalismo storico.O<strong>per</strong>e principali: Storia <strong>della</strong> follia nell'età classica; Le parole e le cose; Unaar<strong>che</strong>ologia delle scienze umane.Influenzato da Nietzs<strong>che</strong>, alla base del pensiero <strong>di</strong> Foucault sta l'idea <strong>di</strong> una"ar<strong>che</strong>ologia del sa<strong>per</strong>e" (<strong>di</strong> una ricostruzione ar<strong>che</strong>ologica del sa<strong>per</strong>e a partire dalCinquecento), volta a mettere in luce le motivazioni teorico-concettuali <strong>di</strong> alcuneprati<strong>che</strong> <strong>di</strong> fondo dell'età moderna: tra queste la pratica nel trattare i casi <strong>di</strong> follia.Foucault descrive il modo poco ragionevole con cui, <strong>per</strong> il timore <strong>di</strong> una ragione<strong>di</strong>versa, anormale, le <strong>per</strong>sone cosiddette "normali" e "razionali" dell'Europaoccidentale hanno relegato in strutture chiuse (i manicomi) i malati <strong>di</strong> mente,stabilendo in maniera repressiva cosa è mentalmente normale e cosa è patologico.Influenzato dallo strutturalismo, Foucault si propone <strong>di</strong> portare alla luce lestrutture mentali (le mental<strong>it</strong>à) <strong>di</strong> base inconsce e collettive, chiamate "epistemi",<strong>che</strong> hanno informato (caratterizzato) la <strong>storia</strong> europea dal Cinquecento in poi.Secondo il comune in<strong>di</strong>rizzo antistoricista dello strutturalismo, <strong>per</strong> Foucault la <strong>storia</strong>in generale, e quella <strong>della</strong> cultura e <strong>della</strong> scienza in particolare, non è progressivama <strong>di</strong>scontinua ed è in-formata o governata da strutture epistemi<strong>che</strong>, cioè daepistemi, <strong>che</strong> agiscono a livello inconscio. La struttura epistemica o <strong>gli</strong> epistemi(visioni del mondo) sono in particolare defin<strong>it</strong>i come l'insieme <strong>di</strong> tutti i rapporti <strong>che</strong> sisono stabil<strong>it</strong>i in una certa epoca fra i vari campi del sa<strong>per</strong>e e <strong>della</strong> scienza (adesempio tra matematica e fisica, fra linguistica e biologia, tra evoluzione estoriografia, ecc.). Questi rapporti sono rivelati dalle prati<strong>che</strong> <strong>di</strong>scorsive adottate, cioèdai significati <strong>di</strong> volta in volta attribu<strong>it</strong>a ai segni (alle parole o simili), significati <strong>che</strong>talora sono <strong>di</strong> corrispondenza, talaltra <strong>di</strong> rappresentazione o <strong>di</strong> esterior<strong>it</strong>à o <strong>di</strong> latenza.La scienza <strong>che</strong> stu<strong>di</strong>a tali <strong>di</strong>scorsi e tali epistemi è quella <strong>che</strong> Foucault chiama, <strong>per</strong>l'appunto, "ar<strong>che</strong>ologia del sa<strong>per</strong>e".Come si può osservare in propos<strong>it</strong>o, l'argomentazione si fa talora più astratta. Nonsempre <strong>gli</strong> strutturalisti si sono lim<strong>it</strong>ati a concepire il loro in<strong>di</strong>rizzo come un principioeuristico, ossia come un metodo <strong>di</strong> ricerca utile a evidenziare strutture e meccanismilatenti (profon<strong>di</strong>, nascosti, inconsci) esplicativi <strong>di</strong> aspetti <strong>della</strong> realtà. In taluni casil'in<strong>di</strong>rizzo strutturalista è stato trasformato in una teoria cui è stato attribu<strong>it</strong>o un valoreassoluto, <strong>di</strong>ventando una nuova metafisica, un idealismo soggettivo con risvoltiirrazionalistici: il passaggio da una struttura epistemica ad un'altra, in quanto<strong>di</strong>scontinuo, non è infatti razionalmente spiegabile.Foucault <strong>di</strong>stingue tre epistemi (mo<strong>di</strong> inconsci <strong>di</strong> pensare e <strong>di</strong> considerare ilrapporto con la realtà succedutisi nella <strong>storia</strong>) fondamentali:1. quello rinascimentale, caratterizzato dalla corrispondenza tra parole e cose;2. quello classico, da Cartesio fino alla fine del 18º secolo, in cui le parole noncorrispondono alle cose ma le rappresentano come fenomeni;3. quello moderno, in cui le parole, cioè il pensiero, il sa<strong>per</strong>e, vanno oltre larappresentazione visibile <strong>per</strong> ricercare strutture nascoste, inconsce,con<strong>di</strong>zionanti.96


Dei tre epistemi soprain<strong>di</strong>cati quello su cui maggiormente insiste Foucault èl'ultimo, quello moderno, <strong>per</strong>ché solo in epoca moderna si ha la "nasc<strong>it</strong>a"dell'uomo, ossia la nasc<strong>it</strong>a delle scienze umane (psicologia, psicoanalisi, etnologia,sociologia, linguistica, ecc.). Prima <strong>della</strong> fine del 18º secolo l'uomo non esisteva;l'uomo è un'invenzione recente poiché in precedenza non esisteva la peculiare figuradell'uomo come oggetto-soggetto <strong>di</strong> scienza. La nasc<strong>it</strong>a epistemica dell'uomo (voltaad uno stu<strong>di</strong>o scientifico; episteme in greco=scienza) ha tuttavia qualcosa <strong>di</strong>paradossale, scrive Foucault, poiché essa, mentre sorge con l’avvento delle presuntescienze umane (<strong>che</strong> <strong>per</strong> Foucault, come <strong>per</strong> <strong>gli</strong> strutturalisti in genere, non sonoveramente "scientifi<strong>che</strong>"), non può fare a meno <strong>di</strong> presupporre una simultanea"morte dell'uomo" (secondo la concezione vista nel paragrafo introduttivo dellostrutturalismo), se esso deve davvero <strong>di</strong>ventare oggetto <strong>di</strong> scienza autentica, cioè <strong>di</strong>tipo strutturalistico e non secondo l'impostazione delle scienze umane moderne. Perlo strutturalismo infatti ogni esistenza e ogni conoscenza umana è concepibile econoscibile solo come risultante <strong>di</strong> strutture profonde, inconsce ed im<strong>per</strong>sonali, <strong>che</strong>l'uomo può scoprire e descrivere ma non condeterminare (non sono un prodottodell'uomo ma si impongono ad esso). L'uomo <strong>per</strong>ciò cessa <strong>di</strong> essere soggetto, <strong>di</strong>essere protagonista, ossia autonoma e libera coscienza creativa, <strong>per</strong> <strong>di</strong>ventareoggetto <strong>di</strong> scienza. Questa <strong>di</strong>ssoluzione dell'uomo in quanto soggetto trova il suoes<strong>it</strong>o più significativo nel dominio (nel primato) attribu<strong>it</strong>o al linguaggio, in cui <strong>per</strong>Foucault appare finalmente chiaro (come in Heidegger e nella linguistica strutturalein genere) <strong>che</strong> chi parla non è l'in<strong>di</strong>viduo ma la parola stessa (il linguaggio e le parolenon sono un prodotto in<strong>di</strong>viduale bensì storico-sociale ere<strong>di</strong>tato da<strong>gli</strong> in<strong>di</strong>viduiovvero, <strong>per</strong> Heidegger, sono il luogo in cui l'essere si rivela).In una seconda fase del suo pensiero Foucault elabora una serie <strong>di</strong> teorie ormai<strong>di</strong> stampo post-strutturalistico. Rilevante in tal senso è la teoria sulla genealogiadel potere e sui nessi (collegamenti) tra sa<strong>per</strong>e e potere, intesa ad evidenziare la<strong>di</strong>namica dei microsistemi <strong>di</strong> potere o<strong>per</strong>anti nella società. Tale <strong>filosofia</strong> del potere,<strong>che</strong> si richiama a Nietzs<strong>che</strong>, manifesta la sua original<strong>it</strong>à soprattutto nei confronti <strong>di</strong>quella marxista, allora prevalente tra <strong>gli</strong> intellettuali. In primo luogo, contro l'idea delpotere come sovrastruttura, Foucault ne riven<strong>di</strong>ca invece un carattere espressamentestrutturale: tutto <strong>di</strong>pende dal potere, compresa l'economia. In secondo luogo, control'impostazione macrofisica <strong>di</strong> Marx, <strong>che</strong> considera solo i gran<strong>di</strong> rapporti <strong>di</strong> forza (leclassi e lo Stato), Foucault fa valere un'impostazione microfisica, <strong>che</strong> scorge il potereovunque, in tutti <strong>gli</strong> angoli <strong>della</strong> società a cominciare dalle relazioni quoti<strong>di</strong>ane fra <strong>gli</strong>in<strong>di</strong>vidui. Inoltre, a <strong>di</strong>fferenza del marxismo, Foucault <strong>di</strong>chiara <strong>che</strong> non sono possibili<strong>di</strong>visioni meccani<strong>che</strong> fra dominanti e dominati, poiché ogni in<strong>di</strong>viduo o grupporisulta simultaneamente l'uno e l'altro. Ma se il potere è ovunque (non solo neicap<strong>it</strong>alisti), i punti <strong>di</strong> resistenza ad esso risiedono dap<strong>per</strong>tutto (non solo nelproletariato e ne<strong>gli</strong> emarginati). Ovviamente, tale resistenza "decentrata" contro ilpotere non è destinata a concludersi ma dà v<strong>it</strong>a ad un processo incessante.9797


98Jacques Lacan (1901-1981).È esponente francese <strong>di</strong> uno strutturalismo psicoanal<strong>it</strong>ico. Due sono i maggioricontributi <strong>di</strong> Lacan alla teoria e <strong>filosofia</strong> dello strutturalismo: il ra<strong>di</strong>caleantiumanismo e l'interpretazione linguistica dell'Es (l'inconscio).Per Lacan il centro dell'uomo non risiede affatto, come invece <strong>per</strong> la <strong>filosofia</strong>tra<strong>di</strong>zionale, nella coscienza, nel cog<strong>it</strong>o (nel pensiero), nell'io, bensì nell'inconscio,come <strong>per</strong> Freud, ossia nell’"altro" (l'inconscio come altro rispetto all'io) <strong>di</strong> fronte acui l'io (la coscienza) si trova in uno stato <strong>di</strong> <strong>di</strong>pendenza (<strong>di</strong>ssoluzionedestrutturazionedell'io). L’"altro" è strutturato come un linguaggio, l'inconscio èlinguaggio, prosegue Lacan riformulando con ciò il pensiero <strong>di</strong> Freud, secondo cuil'inconscio è invece un luogo <strong>della</strong> mente. L'inconscio non è la sede de<strong>gli</strong> istinti ma illuogo privilegiato <strong>della</strong> parola. L'inconscio parla (attraverso i suoi impulsi) <strong>per</strong>chésoffre e più soffre più parla. Il comp<strong>it</strong>o <strong>della</strong> psicanalisi <strong>per</strong>ciò non è quello <strong>di</strong> faremergere e riportare l'inconscio al conscio, quanto piuttosto <strong>di</strong> lasciar parlarel'inconscio e poterlo così comprendere. Ma il <strong>di</strong>s<strong>corso</strong> dell'inconscio è indecifrabile<strong>per</strong> il soggetto conoscente. Tuttavia se l'inconscio è linguaggio, si muove allorasecondo le leggi <strong>della</strong> linguistica. Ciò significa quin<strong>di</strong> <strong>che</strong> la psicanalisi, nella suao<strong>per</strong>a <strong>di</strong> decifrazione dell'inconscio, potrà convenientemente utilizzare i meto<strong>di</strong> e lesco<strong>per</strong>te <strong>della</strong> linguistica strutturale.All'interno <strong>di</strong> questa concezione antiumanistica e strutturalistica <strong>della</strong> psicanalisi, sicollocano alcune delle tesi più significative <strong>di</strong> Lacan: "lo sta<strong>di</strong>o dello specchio" e"l'analisi del desiderio".Sembra <strong>che</strong> il bambino non abbia inizialmente es<strong>per</strong>ienza del suo corpo come <strong>di</strong> untutto unico. Anzi sembra prevalere in lui l'angoscia del corpo <strong>di</strong>sgregato, poichévengono <strong>per</strong>cep<strong>it</strong>e solo parti del corpo fra <strong>di</strong> esse scollegate e non il corpo intero.Con la teoria dello sta<strong>di</strong>o dello specchio Lacan mostra <strong>che</strong> la ricostruzione un<strong>it</strong>ariadel corpo non deriva dalla sola maturazione delle <strong>per</strong>cezioni ma richiede lame<strong>di</strong>azione (la causa interme<strong>di</strong>aria) dell'immagine del corpo. Dapprima il bambino<strong>per</strong>cepisce la sua immagine allo specchio come qualcosa <strong>di</strong> reale e <strong>di</strong> <strong>di</strong>stinto da lui<strong>che</strong> tenta <strong>di</strong> afferrare. Poi capisce <strong>che</strong> si tratta <strong>di</strong> un'immagine e non <strong>di</strong> un altro esserereale. Infine riconosce la sua immagine allo specchio come la propria. In questomodo il bambino apprende la forma completa del suo corpo dapprima comeimmagine esterna e simbolo <strong>di</strong> se stesso. L'immagine viene prima in quanto simbolo<strong>per</strong>ché solo i simboli, ossia il linguaggio, consentono in via preliminare laconsapevolezza <strong>di</strong> sé, de<strong>gli</strong> altri e del mondo. Solo nel simbolico l'uomo si umanizzao <strong>di</strong>sumanizza. Al mondo reale e a quello immaginario si sovrappone il mondo deisimboli <strong>che</strong> fonda l'uno e l'altro. Il mondo dei simboli è quello del linguaggio (nonsolo il linguaggio parlato o scr<strong>it</strong>to, ma an<strong>che</strong> mimico, gestuale, istintivo, inconscio)ed il linguaggio è assai <strong>di</strong> più <strong>di</strong> un mezzo <strong>di</strong> comunicazione; esso con<strong>di</strong>ziona ilnostro modo <strong>di</strong> vedere le cose e <strong>di</strong> pensare il mondo.Circa l'analisi del desiderio, Lacan <strong>di</strong>stingue tra desiderio, bisogno e domanda. Ilbisogno è essenzialmente un fatto fisiologico (bisogno <strong>di</strong> acqua, <strong>di</strong> aria, <strong>di</strong> zuc<strong>che</strong>ro).Il bisogno è appagato dall'oggetto <strong>che</strong> si raggiunge. La domanda, a sua volta, è98


domanda <strong>di</strong> una presenza o <strong>di</strong> una assenza. È prima <strong>di</strong> tutto una domanda d'amore, èun appello rivolto all’"Altro" (alle altre <strong>per</strong>sone o alle circostanze in cui ci si trova).Tuttavia la domanda si presenta spesso mas<strong>che</strong>rata dal bisogno. Chi non sariconoscere questo mas<strong>che</strong>ramento risponde al bisogno ma non alla domanda. Così,<strong>per</strong> esempio, quando un bambino chiede un dolce sembra <strong>che</strong> esprima un bisogno maspesso si tratta <strong>di</strong> una domanda d'amore. Il desiderio invece non è né una domandad'amore né un bisogno: è desiderio dell'altro, è desiderio <strong>di</strong> un altro desiderio,desiderio <strong>di</strong> fare a riconoscere dall'altro il proprio desiderio.Lacan conclude il suo pensiero con un lucido pessimismo: non ci sono ricette <strong>per</strong> lav<strong>it</strong>a. L'uomo è lacerato nella sua con<strong>di</strong>zione e non c'è s<strong>per</strong>anza <strong>di</strong> raggiungere unateoria <strong>che</strong> assegni un posto preciso e defin<strong>it</strong>ivo a ciascuno de<strong>gli</strong> elementi entro cuil'uomo è lacerato.99Luis Althusser (1918-1990).Di nazional<strong>it</strong>à francese, è esponente <strong>di</strong> uno strutturalismo marxista.O<strong>per</strong>e principali: Per Marx; Leggere il cap<strong>it</strong>ale.È ra<strong>di</strong>calmente contrario all'interpretazione umanistica <strong>di</strong> Marx, quale sugger<strong>it</strong>adai suoi scr<strong>it</strong>ti giovanili. Althusser si prefigge lo scopo <strong>di</strong> ridarci la specific<strong>it</strong>à <strong>della</strong>teoria marxista utilizzando il metodo strutturalista.Nell'o<strong>per</strong>a "Per Marx" Althusser fa presente <strong>che</strong> <strong>per</strong> lungo tempo la <strong>filosofia</strong>marxista ha svolto in maniera esclusiva tre funzioni:1. apologetica (celebrativa): <strong>per</strong> giustificare una ben determinata pol<strong>it</strong>ica eprassi;2. esegetica (interpretativa): nel commento dei testi <strong>di</strong> Marx reputati come ver<strong>it</strong>àdefin<strong>it</strong>ive;3. pratica: <strong>di</strong>videndo il mondo, con un ta<strong>gli</strong>o netto, in classi contrapposte e<strong>di</strong>videndo la scienza in scienza borghese e scienza proletaria.Althusser reagisce a queste riduzioni <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong> marxista. Non <strong>di</strong>stingue trascienza borghese e scienza proletaria poiché, e<strong>gli</strong> afferma, la caratteristicaspecifica del marxismo sta invece nella demarcazione-<strong>di</strong>stinzione tra scienza eideologia. Per Althusser l'ideologia non è una teoria descr<strong>it</strong>tiva <strong>della</strong> realtà quantopiuttosto una volontà, una s<strong>per</strong>anza o una nostalgia. L'ideologia è un sistema più omeno organizzato <strong>di</strong> rappresentazioni (immagini, m<strong>it</strong>i, idee, concetti) <strong>che</strong> esprimonoil rapporto vissuto de<strong>gli</strong> uomini col mondo e rivelano desideri, s<strong>per</strong>anze, modelli eprogetti <strong>di</strong> determinati gruppi sociali. La scienza consiste invece in unaricostruzione-descrizione obiettiva <strong>della</strong> realtà nelle sue strutture effettive. Marxstesso, dopo il <strong>per</strong>iodo giovanile in cui è ancora un razionalista liberale seguace <strong>di</strong>Kant e Fichte, e dopo il <strong>per</strong>iodo razionalistico social-comun<strong>it</strong>ario in cui Marx si<strong>di</strong>chiara <strong>di</strong>scepolo <strong>di</strong> Feuerbach, passa col "Cap<strong>it</strong>ale" dall'ideologia alla scienza.Si tratta <strong>per</strong> Althusser <strong>di</strong> una vera e propria rottura epistemologica (nel senso <strong>di</strong>Ba<strong>che</strong>lard): Marx abbandona categorie e concetti filosofici come uomo, essenza99


100dell'uomo, alienazione, ecc. e li sost<strong>it</strong>uisce con nuove categorie quali forzeproduttive, rapporti <strong>di</strong> produzione, ecc. Sono proprio queste categorie, <strong>per</strong> Althusser,a rendere possibile la conoscenza scientifica <strong>della</strong> <strong>storia</strong>.In polemica con la cultura tra<strong>di</strong>zionale <strong>della</strong> sinistra, Althusser sostiene dunque unainterpretazione antihegeliana, antiumanistica e antistoricistica del marxismo.Marx non avrebbe compiuto un semplice rovesciamento <strong>della</strong> <strong>di</strong>alettica (dalla teoriaalla prassi), ma una sua ra<strong>di</strong>cale trasformazione. Infatti, mentre <strong>per</strong> Hegel la total<strong>it</strong>à èuna un<strong>it</strong>à semplice(lo Spir<strong>it</strong>o assoluto un<strong>it</strong>ario <strong>che</strong> tutto assorbe in sé), <strong>per</strong> Marx latotal<strong>it</strong>à è un sistema complesso e articolato con l'economia in posizione dominante.Ciò non significa <strong>che</strong> Althusser intenda ripetere letteralmente Marx. Infatti, al posto<strong>della</strong> <strong>di</strong>cotomia (contrapposizione) marxiana tra struttura e sovrastruttura, Althusserpone il concetto <strong>di</strong> una struttura globale (il modo <strong>di</strong> produzione) articolata nelle trestrutture regionali (settoriali) dell'economia, <strong>della</strong> pol<strong>it</strong>ica e dell'ideologia. Fra essedeterminante è quella economica, ma ciò non to<strong>gli</strong>e <strong>che</strong> l'economia, in quantostruttura regionale, sia a sua volta determinata, <strong>per</strong> il principio <strong>di</strong> causal<strong>it</strong>àstrutturale, dalla struttura globale e quin<strong>di</strong> dalle altre strutture regionali. Althusserparla in propos<strong>it</strong>o <strong>di</strong> "surdeterminazione".Considerando l'umanismo un'ideologia, anziché scienza, poiché <strong>di</strong>mentica <strong>che</strong> iveri soggetti del processo sociale non sono <strong>gli</strong> in<strong>di</strong>vidui ma i rapporti <strong>di</strong> produzione,l'antiumanismo <strong>di</strong> Althusser si accompagna all'antistoricismo, ossia al rifiuto <strong>di</strong>considerare la <strong>storia</strong> come processo omogeneo e unilineare avente alla base l'uomo ei suoi valori. Gli in<strong>di</strong>vidui adempiono a funzioni non autonome ma determinate dallastruttura: sono portatori <strong>di</strong> forza-lavoro o rappresentanti del cap<strong>it</strong>ale. Per Althussernon esiste la <strong>storia</strong> in generale ma vi sono solo <strong>di</strong>mensioni specifi<strong>che</strong> <strong>di</strong> storic<strong>it</strong>àcorrispondenti alle <strong>di</strong>verse regioni o settori (vi è soltanto <strong>storia</strong> economica o pol<strong>it</strong>icao delle ideologie); la <strong>storia</strong> inoltre non può venire spiegata me<strong>di</strong>ante concettiideologici, quali l'uomo, il progresso, bensì solo tram<strong>it</strong>e concetti scientificostrutturali,quali formazione sociale, forze produttive, rapporti <strong>di</strong> produzione, ecc. La<strong>storia</strong> altresì non si sviluppa in modo lineare né inev<strong>it</strong>abilmente progressivo versouna meta prefissata ma procede <strong>per</strong> successive rotture.L'ideologia non è scienza e quin<strong>di</strong> non può essere fondamento <strong>della</strong> conoscenzastorica. Ma è an<strong>che</strong> vero <strong>che</strong> nessuna società umana può fare a meno dell'ideologia:la morale, la religione, l'arte, la pol<strong>it</strong>ica sono ideologie <strong>per</strong>ché in esse la funzionepratico-sociale prevale su quella teorica. È nell'amb<strong>it</strong>o <strong>di</strong> tali prati<strong>che</strong> ideologi<strong>che</strong><strong>che</strong> <strong>gli</strong> uomini mo<strong>di</strong>ficano la loro visione del mondo, ma non è da pensare <strong>che</strong> sianol'uomo o l'azione <strong>di</strong> una classe a fare la <strong>storia</strong>. La <strong>storia</strong> è piuttosto una serie<strong>di</strong>scontinua <strong>di</strong> congiunture (combinazioni casuali) <strong>di</strong> varie strutture e <strong>gli</strong> in<strong>di</strong>vidui,come le classi, non sono comprensibili al <strong>di</strong> fuori <strong>di</strong> esse.Successivamente, <strong>per</strong>altro, Althusser si è sottoposto ad un processo <strong>di</strong>autocr<strong>it</strong>ica, accusando se stesso <strong>di</strong> " teoricismo", <strong>per</strong> aver esaltato troppo la teoriarispetto alla pratica. In tal senso ha sottolineato in modo più marcato il ruolo pol<strong>it</strong>ico<strong>della</strong> <strong>filosofia</strong> e quello <strong>di</strong> una visione materialistica del mondo consona a<strong>gli</strong> interessidel proletariato.100


101Noam Chomsky (nato nel 1928).Linguista statun<strong>it</strong>ense <strong>di</strong> origine russa, Chomsky si muove in un amb<strong>it</strong>o <strong>di</strong> pensierogià <strong>di</strong> tipo post-strutturalistico. E<strong>gli</strong> rimprovera allo strutturalismo <strong>di</strong> essersi lim<strong>it</strong>atoa descrivere la lingua senza essere <strong>per</strong>ò riusc<strong>it</strong>o a spiegarla, ossia a mostrarne ilfunzionamento nonché la capac<strong>it</strong>à creativa <strong>di</strong> ogni parlante. La linguistica deveinvece partire dall'analisi delle capac<strong>it</strong>à linguisti<strong>che</strong> del parlante e trovare leregole su cui si basa la generazione delle frasi e non lim<strong>it</strong>arsi a classificare <strong>gli</strong>elementi strutturali <strong>della</strong> lingua.Espone una teoria secondo cui la lingua è formata da frasi nucleari, chiamate"struttura profonda", e da frasi complesse, chiamate "struttura su<strong>per</strong>ficiale". Questeultime sono derivabili dalle prime attraverso una serie <strong>di</strong> "trasformazioni" <strong>di</strong> tipologico-matematico. Da ciò l'idea e la teoria <strong>di</strong> una grammatica generativatrasformazionale, in grado <strong>di</strong> spiegare la generazione delle frasi complesse <strong>di</strong> unalingua (la struttura su<strong>per</strong>ficiale) in base alle trasformazioni delle frasi nucleari (lastruttura profonda, <strong>che</strong> sta nel significato non ambiguo <strong>di</strong> una frase). Ad esempio, lafrase complessa "Dio invisibile ha creato il mondo visibile" deriva dallatrasformazione <strong>di</strong> una struttura profonda composta da tre giu<strong>di</strong>zi presenti alla mentequando la frase complessa viene formulata e <strong>che</strong> sono i seguenti: 1) "Dio ha creato ilmondo" (proposizione principale); 2) "Dio è invisibile"; 3) "Il mondo è visibile". Laseconda e la terza sono proposizioni incidentali alla principale.Chomsky <strong>di</strong>stingue tra competenza, <strong>che</strong> è l'insieme delle regole e delle strutturelinguisti<strong>che</strong> generali possedute dal soggetto, ed esecuzione (<strong>per</strong>formance), <strong>che</strong> è larealizzazione <strong>della</strong> competenza posseduta, cioè l'uso effettivo <strong>della</strong> lingua ins<strong>it</strong>uazioni concrete. Tale <strong>di</strong>stinzione ricorda quella <strong>di</strong> De Saussure tra lingua eparola, con la <strong>di</strong>fferenza <strong>per</strong>ò <strong>che</strong> Chomsky evidenzia in grado massimo la creativ<strong>it</strong>àdel linguaggio, considerato come un meccanismo <strong>che</strong>, partendo da un numeroinfin<strong>it</strong>o <strong>di</strong> elementi a <strong>di</strong>sposizione, è capace <strong>di</strong> produrre un numero infin<strong>it</strong>o <strong>di</strong> frasi.Osserva Chomsky <strong>che</strong> l'in<strong>di</strong>viduo parlante (non solo l'adulto ma an<strong>che</strong> il bambino)ha la possibil<strong>it</strong>à <strong>di</strong> generare un numero illim<strong>it</strong>ato <strong>di</strong> frasi <strong>che</strong> pur non ha mai u<strong>di</strong>to oletto. Cr<strong>it</strong>ica <strong>per</strong> contro il comportamentismo <strong>per</strong> la pretesa <strong>di</strong> spiegarel'appren<strong>di</strong>mento e l'uso del linguaggio in base allo s<strong>che</strong>ma stimolo/risposta ed aiprocessi <strong>di</strong> adattamento e ripetizione.La valorizzazione del carattere creativo del linguaggio si accompagna ad una delletesi più note e <strong>di</strong>scusse <strong>della</strong> linguistica generativo-trasformazionale, ossia la tesi,cartesiana, dell'esistenza nell'uomo <strong>di</strong> strutture linguisti<strong>che</strong> innate e universali.Vale a <strong>di</strong>re <strong>che</strong> una quant<strong>it</strong>à estesa <strong>di</strong> conoscenze e regole linguisti<strong>che</strong> giunge a noicome ere<strong>di</strong>tà linguistica trasmessa dal patrimonio <strong>della</strong> specie. Un bambino ègeneticamente capace <strong>di</strong> parlare; l'ambiente non fa altro <strong>che</strong> susc<strong>it</strong>are queste suecapac<strong>it</strong>à innate. Il contenuto <strong>di</strong> queste <strong>di</strong>sposizioni innate è identificato in que<strong>gli</strong>"universali linguistici" la cui sco<strong>per</strong>ta è comp<strong>it</strong>o <strong>della</strong> grammatica universale. Se latesi innatistica allontana Chomsky dall'empirismo e dal comportamentismo, essad'altro canto lo avvicina al razionalismo classico e alla tra<strong>di</strong>zione linguistica <strong>che</strong>Chomsky chiama "cartesiana".101


102GLI SVILUPPI NOVECENTESCHI DELLA FILOSOFIA POLITICA.Le teorie filosofi<strong>che</strong> del Novecento sulla pol<strong>it</strong>ica e sulla società si sono sviluppatelungo quattro principali filoni <strong>di</strong> pensiero:1. Il primo filone è rappresentato da<strong>gli</strong> sviluppi <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong> marxista nelle dueespressioni <strong>di</strong> base del marxismo sovietico e del marxismo occidentale. Ilmarxismo sovietico si concretizza come interpretazione del mondo alla lucesoprattutto dei principi <strong>della</strong> <strong>di</strong>alettica, definendosi essenzialmente comematerialismo <strong>di</strong>alettico. Il marxismo occidentale (Lukàcs, Korsch, Bloch,Gramsci) abbandona ogni <strong>di</strong>alettica <strong>della</strong> natura e si rivolge esclusivamente almondo storico-sociale.2. Il secondo filone è rappresentato dal variegato gruppo <strong>di</strong> filosofi, economisti,giuristi, pol<strong>it</strong>ologi e psicologi raccolti presso l'Ist<strong>it</strong>uto <strong>per</strong> la ricerca sociale <strong>di</strong>Francoforte, da<strong>gli</strong> anni ‘20 fino a<strong>gli</strong> anni ‘70, denominato con l'appellativo <strong>di</strong>"Scuola <strong>di</strong> Francoforte", <strong>che</strong> sul piano filosofico elabora una complessiva"teoria cr<strong>it</strong>ica <strong>della</strong> società", la quale, contro la civiltà illuministicadell'Occidente, <strong>di</strong> cui è parte integrante la <strong>di</strong>ttatura dei me<strong>di</strong>a e dell'industriaculturale, <strong>per</strong>segue l'ideale <strong>di</strong>alettico <strong>di</strong> un'uman<strong>it</strong>à futura libera e <strong>di</strong>salienata.In tale ideale si sono rispecchiate le generazione del ‘68. La Scuola ha inHorkheimer, Adorno e Marcuse i maggiori esponenti.3. Il terzo filone è rappresentato da autori come Schm<strong>it</strong>t, Anna Arendt e Weil iquali, in un <strong>per</strong>iodo segnato dalla crisi delle democrazie e dall'avvento de<strong>it</strong>otal<strong>it</strong>arismi, tornano a riflettere sui concetti fondamentali <strong>della</strong> convivenzasociale e approdano a una ridefinizione del concetto <strong>di</strong> pol<strong>it</strong>ica <strong>di</strong> cui si cerca<strong>di</strong> mettere in luce i tratti peculiari e, con la Arendt, i punti <strong>di</strong> connessione colmondo classico, visto come modello alternativo alle degenerazioni <strong>della</strong>modern<strong>it</strong>à.4. Il quarto filone è rappresentato dalla rinasc<strong>it</strong>a tardonovecentesca <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong>pol<strong>it</strong>ica <strong>che</strong>, reagendo alla concezione puramente descr<strong>it</strong>tiva <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong>pol<strong>it</strong>ica segu<strong>it</strong>a dalle correnti d'ispirazione scientista e neopos<strong>it</strong>ivista (<strong>filosofia</strong>ridotta a semplice analisi <strong>di</strong> tipo linguistico-concettuale) torna a proporre unmodello normativo <strong>di</strong> <strong>filosofia</strong> pol<strong>it</strong>ica in grado <strong>di</strong> prendere posizione, ossia <strong>di</strong>in<strong>di</strong>care non solo i mezzi e i mo<strong>di</strong> ma an<strong>che</strong> i valori e <strong>gli</strong> scopi <strong>che</strong> devonoguidare la v<strong>it</strong>a associata, dando v<strong>it</strong>a ad un intenso <strong>di</strong>batt<strong>it</strong>o sui gran<strong>di</strong> temi<strong>della</strong> libertà e <strong>della</strong> giustizia, considerata quest'ultima come il prerequis<strong>it</strong>o <strong>di</strong>ogni società bene or<strong>di</strong>nata. Esponenti <strong>di</strong> questo filone sono il filosofoamericano Rawls, fautore <strong>di</strong> un liberalismo egual<strong>it</strong>ario e pluralista, vonHayek e Nozick, sosten<strong>it</strong>ori <strong>di</strong> un liberalismo in<strong>di</strong>vidualistico ed antistatalista,e Mac Intyre, teorico <strong>di</strong> un comun<strong>it</strong>arismo solidaristico.102


103GLI SVILUPPI DELLA FILOSOFIA MARXISTA NEL NOVECENTO.La Prima, la Seconda e la Terza Internazionale.Un cr<strong>it</strong>erio utile <strong>per</strong> seguire <strong>gli</strong> sviluppi <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong> marxista nel Novecento èquello <strong>di</strong> esaminare la <strong>storia</strong> delle Tre Internazionali Socialiste (organizzazioniinternazionali dei part<strong>it</strong>i <strong>di</strong> ispirazione socialista-comunista) <strong>che</strong> si sono succedutenel tempo.La Prima Internazionale (1864-1876) è stata fondata da Marx, è stata segnata dalcontrasto fra marxisti e anarchici seguaci <strong>di</strong> Bakunin e si è conclusa colriconoscimento del marxismo come dottrina ufficiale del movimento o<strong>per</strong>aio.La Seconda Internazionale (1889-1917) svolge funzioni <strong>di</strong> <strong>di</strong>batt<strong>it</strong>o sui problemi <strong>di</strong>interesse comune (lo scio<strong>per</strong>o generale, la legislazione sul lavoro, il colonialismo, lalotta contro la guerra e il mil<strong>it</strong>arismo cap<strong>it</strong>alistico). Al suo interno si sviluppa unimportante <strong>di</strong>batt<strong>it</strong>o <strong>di</strong> carattere ideologico <strong>che</strong> vede contrapposti i marxistiortodossi, capeggiati da Kautsky, e i marxisti revisionisti, rappresentati soprattutto daBernstein. Si conclude con la condanna <strong>della</strong> revisionismo, denunciato come eretico.Lo scoppio <strong>della</strong> prima guerra mon<strong>di</strong>ale pone in crisi la Seconda Internazionale, ovela solidarietà <strong>di</strong> classe e il pacifismo internazionale non riescono ad imporsisull'emergere <strong>di</strong> interessi nazionali e nazionalistici.La Terza Internazionale (1919-1943) ha come part<strong>it</strong>o guida quello bolscevico. Sulpiano pol<strong>it</strong>ico si pone l'obiettivo <strong>di</strong> creare una rete <strong>di</strong> part<strong>it</strong>i sul modello <strong>di</strong> quellosovietico, fedeli alle <strong>di</strong>rettive <strong>della</strong> Russia sovietica, con il riconoscimento <strong>della</strong>leadership prima <strong>di</strong> Lenin e dopo <strong>di</strong> Stalin. Sul piano dottrinale si porta in primopiano la tematica <strong>della</strong> <strong>di</strong>alettica (primato <strong>della</strong> struttura economica sullasovrastruttura e sviluppo <strong>della</strong> <strong>storia</strong> me<strong>di</strong>ante la lotta <strong>di</strong> classe) contro leinterpretazioni pos<strong>it</strong>ivisti<strong>che</strong> ed evoluzionisti<strong>che</strong> del marxismo da una parte erevisionisti<strong>che</strong> dall'altra.Il <strong>di</strong>batt<strong>it</strong>o all'interno <strong>della</strong> Seconda Internazionale tra revisionismo eortodossia.Eduard Bernstein (1850-1932), leader revisionista <strong>della</strong> socialdemocrazia tedescae vissuto lungamente in Inghilterra, collaborando con Engels, constata tutta una serie<strong>di</strong> fatti <strong>che</strong> vanno in senso contrario all'analisi e alle previsioni <strong>di</strong> Marx: ilproletariato mi<strong>gli</strong>ora le proprie con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> v<strong>it</strong>a e il cap<strong>it</strong>alismo <strong>di</strong>mostra nuovovigore; lo Stato borghese <strong>di</strong>venta sempre più democratico; <strong>gli</strong> strati interme<strong>di</strong> nonscompaiono dalla scena sociale ma anzi allargano la loro base e i privilegi deicap<strong>it</strong>alisti cedono terreno alle ist<strong>it</strong>uzioni democrati<strong>che</strong>. Queste constatazioniinducono Bernstein a r<strong>it</strong>enere <strong>che</strong> l'obiettivo da <strong>per</strong>seguire non sia più la rivoluzionema piuttosto la trasformazione e la riforma graduale <strong>della</strong> società attraverso unacollaborazione del part<strong>it</strong>o o<strong>per</strong>aio con le forze progressiste <strong>della</strong> borghesia. Rifiuta la103


104<strong>di</strong>alettica, <strong>che</strong> ha proclamato l'avvento del comunismo e <strong>della</strong> società senza classicome una necess<strong>it</strong>à storica anziché come un valore ideale <strong>di</strong> giustizia e <strong>di</strong>ugua<strong>gli</strong>anza. Contro il primato <strong>della</strong> struttura economica sostiene l'imprescin<strong>di</strong>bil<strong>it</strong>àdell'etica: l'analisi economica ci <strong>di</strong>ce come stanno le cose, ma sono i nostri idealietici <strong>che</strong> ci in<strong>di</strong>cano come creare la società del futuro. La morale è una potenzacapace <strong>di</strong> svolgere una funzione creatrice. Rifiuta an<strong>che</strong> la <strong>di</strong>ttatura del proletariato afavore <strong>della</strong> tesi <strong>di</strong> uno Stato sempre più democratico. Esso non è considerato soloun organo <strong>di</strong> oppressione ma, sotto l'influenza <strong>della</strong> grande maggioranza del popolo<strong>per</strong> mezzo del suffragio universale, lo Stato può essere trasformato in sensodemocratico.Ai revisionisti si contrappongono e prevalgono <strong>gli</strong> ortodossi, <strong>che</strong> hanno in KarlKautsky (1854-1938) il principale teorico. Influenzato dal clima <strong>di</strong> trionfo dellescienze naturali del pos<strong>it</strong>ivismo, Kautsky, <strong>che</strong> stu<strong>di</strong>a a Vienna e poi si trasferisce aZurigo, interpreta Marx me<strong>di</strong>ante categorie (concetti, tesi) <strong>di</strong> tipo naturalistico,economicistico ed evoluzionistico, abbandonando <strong>per</strong>altro la <strong>di</strong>alettica come residuodell'hegelismo <strong>per</strong> abbracciare una concezione darwiniana <strong>di</strong> evoluzione naturalesociale.La primaria importanza attribu<strong>it</strong>a al fattore economico ed evoluzionisticosocialecomporta una visione fatalistica <strong>della</strong> <strong>storia</strong>, secondo cui il passaggio dalcap<strong>it</strong>alismo al comunismo è considerato uno sbocco automatico ed inev<strong>it</strong>abiledell'evoluzione <strong>della</strong> società in conseguenza delle contrad<strong>di</strong>zioni del sistemacap<strong>it</strong>alistico, ingenerante una miseria o<strong>per</strong>aia sempre più vasta (determinismopos<strong>it</strong>ivistico). Contro Bernstein, Kautsky riba<strong>di</strong>sce la teoria marxista. Non negal'analisi <strong>di</strong> Bernstein ma ne rifiuta le conclusioni, sostenendo invece <strong>che</strong> proprio losviluppo del cap<strong>it</strong>alismo attraverso la ricerca <strong>di</strong> nuovi mercati con il colonialismoconferma, piuttosto <strong>che</strong> smentire, le previsioni <strong>di</strong> Marx, nel senso <strong>che</strong> la <strong>di</strong>s<strong>per</strong>ataricerca <strong>di</strong> nuovi mercati riba<strong>di</strong>sce la crisi del cap<strong>it</strong>alismo stesso e mostra l'acuirsidelle sue contrad<strong>di</strong>zioni interne. Conferma quin<strong>di</strong> l'ineluttabil<strong>it</strong>à <strong>della</strong> rivoluzionecontro ogni riformismo. Ma, compiendo tal o<strong>per</strong>azione, Kautsky rivede a sua voltaalcuni punti fondamentali <strong>della</strong> teoria marxiana: a proposto del rapporto fra strutturae sovrastruttura, più <strong>che</strong> <strong>di</strong> primato <strong>della</strong> prima sulla seconda parla piuttosto <strong>di</strong>continua e reciproca interazione; a propos<strong>it</strong>o del materialismo <strong>di</strong>alettico, più <strong>che</strong> <strong>di</strong>sviluppo <strong>di</strong>alettico parla piuttosto <strong>di</strong> interazione tra organismo e ambiente. In ciòconsiste il naturalismo o social-darwinismo <strong>di</strong> Kautsky: la <strong>storia</strong> dell'uman<strong>it</strong>à non è<strong>che</strong> un caso particolare <strong>della</strong> <strong>storia</strong> de<strong>gli</strong> esseri viventi, <strong>per</strong>ò con leggi specifi<strong>che</strong>connesse alle leggi generali <strong>della</strong> natura umana. La revisione del marxismo, <strong>di</strong> fattoo<strong>per</strong>ata an<strong>che</strong> dall'ortodosso Kautsky, non è dunque <strong>di</strong> poco conto e sul pianoo<strong>per</strong>ativo tende a coincidere con quella <strong>di</strong> Bernstein. Dopo la conquista del potere inRussia, an<strong>che</strong> Kautsky si contrappone a Lenin e al bolscevismo, accusato <strong>di</strong> averbuttato a mare, <strong>per</strong> conservare il potere, i principi socialisti originari. Al bolscevismoviene rimproverato <strong>di</strong> aver soppresso l'Assemblea nazionale, <strong>di</strong> aver reintrodotto illavoro a cottimo, <strong>di</strong> aver ist<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o una nuova oligarchia burocratica, <strong>di</strong> aver dato v<strong>it</strong>a auna tirannia sanguinosa, con soppressione <strong>della</strong> libertà <strong>di</strong> stampa e <strong>di</strong> opinione. Allatirannia dello zar è stata sost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>a la <strong>di</strong>ttatura non del proletariato ma <strong>di</strong> un gruppo (icapi del part<strong>it</strong>o comunista).104


105L'Austromarxismo.La concezione revisionistica <strong>di</strong> Bernstein è a sua volta ripresa, <strong>per</strong> taluni aspetti,dal cosiddetto "Austromarxismo" (marxisti <strong>di</strong> nazional<strong>it</strong>à austriaca) <strong>di</strong> Max Adler(1873-1937) e <strong>di</strong> Otto Bauer (1881-1938), <strong>che</strong> si propongono una fondazione etica,anziché economico-materialistica, de<strong>gli</strong> ideali marxisti su cui basare sostanzialmentela lotta <strong>per</strong> il socialismo, altresì secondo l'im<strong>per</strong>ativo kantiano <strong>di</strong> trattare l'uman<strong>it</strong>àcome fine e non come mezzo.Nella controversia sulla teoria marxista tra riformismo e total<strong>it</strong>arismo, <strong>per</strong> <strong>gli</strong>austromarxisti la tesi <strong>della</strong> necess<strong>it</strong>à storica e ineluttabile <strong>della</strong> rivoluzione socialedeve essere su<strong>per</strong>ata e il socialismo deve essere ricondotta a cause ideali <strong>di</strong> carattereetico, nella convinzione <strong>che</strong> il riformismo parlamentare rappresenti il veropresupposto del passaggio "civile" al socialismo, passaggio ben <strong>di</strong>verso dalla"inciviltà" del bolscevismo. Il progresso sociale non è il frutto <strong>di</strong> leggi <strong>di</strong> naturabensì dello spir<strong>it</strong>o; esso non può quin<strong>di</strong> essere spiegato e <strong>di</strong>mostrato ma solo credutoe creato da<strong>gli</strong> uomini, realizzando i valori in cui credono (giustizia, libertà,ugua<strong>gli</strong>anza, ecc.).Max Adler respinge la metafisica del materialismo storico, inteso come teoriasecondo cui l'ideologia è prodotta dalla base economica (a suo avviso nemmenoMarx l'ha sostenuto in modo così ra<strong>di</strong>cale). Il "materialismo" è <strong>di</strong> <strong>per</strong> se unaquestione concernente l'essenza del mondo, è un modo <strong>di</strong> vedere e concepire ilmondo e quin<strong>di</strong> è una concezione metafisica e ontologica fin dall'origine. Ma <strong>per</strong>Adler esso non va colto come metafisica <strong>della</strong> <strong>storia</strong> bensì come in<strong>di</strong>cazioneprogrammatica a guardare, nell'analisi scientifica dei fatti storici, a<strong>gli</strong> aspettieconomici.An<strong>che</strong> la <strong>di</strong>alettica, se concep<strong>it</strong>a come "modo dell'essere", ossia come concezionedel <strong>di</strong>venire storico-sociale me<strong>di</strong>ante la contrapposizione <strong>di</strong> elementi opposti, vienead in<strong>di</strong>care una "struttura essenziale" e <strong>di</strong> conseguenza è anch'essa metafisica. Adlerconsidera invece la <strong>di</strong>alettica un metodo, un principio <strong>di</strong> ricerca ai fini dello stu<strong>di</strong>o<strong>della</strong> v<strong>it</strong>a sociale, <strong>che</strong> non ha nulla a <strong>che</strong> fare con la natura dell'essere, lim<strong>it</strong>andosisemplicemente a constatare l'opposizione esistente fra l'interesse propriodell'in<strong>di</strong>viduo e le forme sociali in cui e<strong>gli</strong> viene costretto.Oltretutto, le con<strong>di</strong>zioni materiali non creano l'ideale etico ma spiegano il modo incui si è o non si è realizzato. L'ideale etico del socialismo non deriva dalle basimateriali. "Se dapprima non esistesse un ideale etico <strong>di</strong> giustizia, <strong>di</strong> libertà edugua<strong>gli</strong>anza, <strong>per</strong>ché alla fin fine il proletariato non dovrebbe essere sod<strong>di</strong>sfatto <strong>di</strong> unsistema <strong>di</strong> feudalesimo industriale -<strong>che</strong> non è affatto escluso- <strong>di</strong> salari mi<strong>gli</strong>ori, <strong>di</strong>ab<strong>it</strong>azioni pul<strong>it</strong>e, <strong>di</strong> giornate lavorative più brevi e <strong>di</strong> sufficienti assicurazioni controla malattia, l'infortunio e la vecchiaia?". L'idea pol<strong>it</strong>ica del socialismo è inveceeticamente motivata in quella versione dell'im<strong>per</strong>ativo categorico <strong>che</strong> pretende <strong>che</strong> inognuno venga rispettata l'uman<strong>it</strong>à e <strong>che</strong> nessuno venga considerato solo come mezzobensì come fine.105


106Rosa Luxemburg (1870-1919).In contemporanea al revisionismo si cost<strong>it</strong>uiscono <strong>per</strong> contro correnti non soltantoantirevisionisti<strong>che</strong>, ma tali <strong>che</strong> cr<strong>it</strong>icano da sinistra an<strong>che</strong> lo stesso marxismoortodosso nella versione <strong>di</strong> evoluzionismo fatalistico ad esso data da Kautsky. Tra imaggiori esponenti <strong>di</strong> tali correnti si annovera Rosa Luxemburg, nata dafami<strong>gli</strong>a ebrea sulla frontiera russo-polacca e <strong>di</strong>rigente del part<strong>it</strong>o socialista polacco.Muore assassinata da<strong>gli</strong> oppos<strong>it</strong>ori pol<strong>it</strong>ici.Dichiara <strong>che</strong> il socialismo non è un es<strong>it</strong>o ineluttabile dello sviluppo storico ma èpiuttosto una tendenza <strong>che</strong> unicamente l'azione <strong>di</strong> un proletariato organizzato ecosciente può condurre a realizzazione. Se non accetta la tesi <strong>della</strong> inev<strong>it</strong>abil<strong>it</strong>à delsocialismo, sostiene tuttavia la tesi del crollo inev<strong>it</strong>abile del cap<strong>it</strong>alismo. Esso tendead espandersi conquistando attraverso il colonialismo sempre nuovi mercati: ilcap<strong>it</strong>alismo <strong>di</strong>venta im<strong>per</strong>ialismo. Ma i nuovi mercati sono comunque lim<strong>it</strong>ati e<strong>per</strong>tanto il cap<strong>it</strong>alismo è destinato a crollare. "L'im<strong>per</strong>ialismo è tanto un metodostorico <strong>per</strong> prolungare l'esistenza del cap<strong>it</strong>ale, quanto il più sicuro mezzo <strong>per</strong>affrettarne la fine".Allo scoppio <strong>della</strong> prima guerra mon<strong>di</strong>ale denuncia il "socialpatriottismo" <strong>della</strong>socialdemocrazia a favore <strong>di</strong> manifestazioni rivoluzionarie in tutti i paesi contro laguerra e contro il sistema <strong>che</strong> la vuole e l'alimenta.In un primo tempo saluta con entusiasmo la rivoluzione sovietica, ma poi cr<strong>it</strong>icaseveramente la degenerazione <strong>di</strong>ttatoriale del bolscevismo, <strong>che</strong> da <strong>di</strong>ttatura delproletariato è <strong>di</strong>ventata <strong>di</strong>ttatura sul proletariato. An<strong>che</strong> la Luxemburg vuole la<strong>di</strong>ttatura, ma essa deve essere un modo <strong>per</strong> applicare la democrazia e non <strong>per</strong><strong>di</strong>struggerla; deve essere o<strong>per</strong>a <strong>della</strong> classe e non <strong>di</strong> un'oligarchia <strong>che</strong> pretende <strong>di</strong><strong>di</strong>rigere in nome <strong>della</strong> classe. I Soviet invece hanno represso il <strong>di</strong>batt<strong>it</strong>o e la libertà <strong>di</strong>espressione nella v<strong>it</strong>a pubblica. Quella sovietica è <strong>di</strong>ventata una <strong>di</strong>ttatura borghese <strong>di</strong>tipo giacobino.Il marxismo sovietico: Plechanov; Lenin; Stalin; Trotskij.Georgij Valentinovic Plechanov (1856-1918).In Russia è Plechanov a <strong>di</strong>ffondere il marxismo, <strong>che</strong> concepisce in termini ortodossi<strong>di</strong> materialismo storico e <strong>di</strong>alettico. In <strong>di</strong>fesa <strong>della</strong> prospettiva ortodossa, combatte ipopulisti poiché pensano <strong>che</strong> la rivoluzione in Russia possa compiersi senza passare<strong>per</strong> la fase del cap<strong>it</strong>alismo. La <strong>storia</strong> ha le sue leggi oggettive e immanenti e non sipossono ignorare. E male ha fatto Lenin, secondo Plechanov, a forzare l'andamento<strong>della</strong> <strong>storia</strong>. Ortodosso <strong>per</strong> quanto riguarda il materialismo storico, Plechanov lo èan<strong>che</strong> <strong>per</strong> quel <strong>che</strong> concerne il materialismo <strong>di</strong>alettico: non solo lo sviluppo <strong>della</strong><strong>storia</strong> ma an<strong>che</strong> quello <strong>della</strong> natura è <strong>di</strong> tipo <strong>di</strong>alettico (e non evoluzionistico). Il<strong>corso</strong> delle idee si spiega col <strong>corso</strong> delle cose: le nostre rappresentazioni non sono106


107altro <strong>che</strong> il riflesso delle cose. Cr<strong>it</strong>ica an<strong>che</strong> i cosiddetti "costruttori <strong>di</strong> Dio", <strong>che</strong>pensavano <strong>di</strong> innestare il marxismo scientifico su <strong>di</strong> un misticismo religioso.Nell'ultimo <strong>per</strong>iodo <strong>di</strong> v<strong>it</strong>a si <strong>di</strong>stanzia dal part<strong>it</strong>o giacobino e <strong>di</strong>ttatoriale <strong>di</strong> Lenin erifiuta an<strong>che</strong> la "Rivoluzione <strong>di</strong> ottobre", <strong>che</strong> vede come un colpo <strong>di</strong> mano in unas<strong>it</strong>uazione ancora non matura. Per tale motivo Plechanov viene accusato <strong>di</strong>tra<strong>di</strong>mento dalla maggioranza dei bolscevichi.Vla<strong>di</strong>mir Ilic Ulianov detto Lenin (1870-1924).Cr<strong>it</strong>ico contro il part<strong>it</strong>o socialdemocratico russo, dà v<strong>it</strong>a al part<strong>it</strong>o bolscevico (da"bolsci"=<strong>di</strong> più), mentre il gruppo avversario viene chiamato menscevico (da"mensci"=<strong>di</strong> meno). È la figura <strong>di</strong> maggior spicco del marxismo teorico sovietico, cuiLenin, in polemica con Mach e <strong>gli</strong> empiriocr<strong>it</strong>icisti, dà un'impostazione decisamenterealista e <strong>di</strong>alettico-materialistica, sviluppata nell'o<strong>per</strong>a "Materialismo edempiriocr<strong>it</strong>icismo". Lenin giu<strong>di</strong>ca reazionario l'empiriocr<strong>it</strong>icismo <strong>per</strong>ché anti<strong>di</strong>alettico.Mach sosteneva <strong>che</strong> "il mondo consiste soltanto nelle mie sensazioni".Lenin obietta <strong>che</strong> tale concezione non <strong>di</strong>ce nulla <strong>di</strong> più <strong>di</strong> quanto già aveva teorizzatoBerkeley contro il materialismo. La <strong>filosofia</strong> <strong>di</strong> Mach <strong>per</strong>tanto, accusa Lenin, "è dacima a fondo un plagio <strong>di</strong> Berkeley". Invece <strong>per</strong> Lenin la materia esistein<strong>di</strong>pendentemente dalle nostre sensazioni e dalla coscienza. La sensazione è solostrumento <strong>della</strong> conoscenza e non la realtà. La conoscenza umana non si sviluppa nelmodo inteso da Kant e da<strong>gli</strong> idealisti: la conoscenza è rispecchiamento, riflesso<strong>della</strong> realtà oggettiva nel cervello dell'uomo (corrispondenza tra fenomeno <strong>per</strong>cep<strong>it</strong>oe cosa in sé). Il rispecchiamento <strong>della</strong> realtà non avviene <strong>per</strong> Lenin una volta <strong>per</strong>tutte, defin<strong>it</strong>ivamente, ma si approfon<strong>di</strong>sce <strong>di</strong>aletticamente: "<strong>di</strong>alettico è non soltantoil passaggio dalla materia alla coscienza, ma an<strong>che</strong> dalla sensazione al pensiero". La<strong>di</strong>alettica materialista ammette la relativ<strong>it</strong>à delle nostre conoscenze, tuttavia non nelsenso <strong>della</strong> negazione <strong>della</strong> ver<strong>it</strong>à obiettiva ma nel senso <strong>della</strong> relativ<strong>it</strong>à storica e delgraduale ed incessante approssimarsi delle nostre conoscenze a questa ver<strong>it</strong>à.Il materialismo realistico <strong>di</strong> Lenin si esprime in sostanza nelle tesi:1. le cose esistono prima <strong>che</strong> l'uomo le conosca e sono in<strong>di</strong>pendenti dallaconoscenza stessa;2. la conoscenza si sviluppa <strong>di</strong>aletticamente, secondo un processo <strong>per</strong> cui nascedall'ignoranza e da conoscenza vaga e incompleta <strong>di</strong>venta più adeguata e piùprecisa;3. l'esistenza <strong>della</strong> realtà materiale garantisce il valore oggettivo <strong>della</strong> scienza<strong>che</strong>, <strong>per</strong> quanto non giunga mai in possesso <strong>della</strong> ver<strong>it</strong>à totale, progre<strong>di</strong>sceincessantemente verso <strong>di</strong> essa.Così come la conoscenza, an<strong>che</strong> la <strong>storia</strong> si sviluppa <strong>di</strong>aletticamente in termini <strong>di</strong>assoluta necess<strong>it</strong>à, <strong>per</strong> cui dalle contrapposizioni <strong>di</strong>aletti<strong>che</strong> <strong>di</strong> lotta de<strong>gli</strong> oppostisegue necessariamente la sintesi finale de<strong>gli</strong> opposti nella società senza classi.Questa concezione <strong>di</strong>alettica è applicata da Lenin an<strong>che</strong> alla teoria dello Stato,nell'o<strong>per</strong>a "Stato e rivoluzione". Lo Stato è il risultato dell'antagonismo tra le classi107


108sociali ed è lo strumento del dominio <strong>di</strong> una classe sull'altra. Nel passaggio dalcap<strong>it</strong>alismo al comunismo, cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o dal <strong>per</strong>iodo <strong>della</strong> <strong>di</strong>ttatura del proletariato, loStato si fa strumento <strong>della</strong> classe proletaria, nel senso <strong>che</strong> la maggioranza de<strong>gli</strong>oppressi reprime la minoranza de<strong>gli</strong> oppressori. Instaurato il comunismo, lo Stato siavvia a <strong>di</strong>ventare inutile e tende a scomparire, giacché il comunismo eliminal'occasione stessa dei del<strong>it</strong>ti e i reati in<strong>di</strong>viduali <strong>che</strong> potrebbero residualmenteverificarsi verrebbero repressi da<strong>gli</strong> stessi c<strong>it</strong>ta<strong>di</strong>ni. Ciò in teoria, <strong>per</strong>ché in pratica èaccaduto <strong>che</strong> il regime <strong>di</strong>ttatoriale non venisse mai su<strong>per</strong>ato e <strong>che</strong> pure lasocializzazione dei mezzi <strong>di</strong> produzione e la scomparsa delle classi sociali nonvenisse realizzata in quanto non si è mai oltrepassata la fase <strong>della</strong> statalizzazione deimezzi <strong>di</strong> produzione; quin<strong>di</strong> non è mai stato su<strong>per</strong>ato il regime statuale ed al posto<strong>della</strong> classe borghese dominante si è sost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o il dominio del ceto burocratico equello dei quadri e dei <strong>di</strong>rigenti del part<strong>it</strong>o sul proletariato.Peraltro, nella <strong>di</strong>alettica <strong>della</strong> <strong>storia</strong> e a propos<strong>it</strong>o dell'inev<strong>it</strong>abile avvento delcomunismo Lenin introduce, contro la tesi <strong>di</strong> uno sviluppo spontaneo, un elementovolontaristico portato dall'esterno dello stesso proletariato. Nel 1902 Lenin pubblical'o<strong>per</strong>a "Che fare", <strong>che</strong> è l'atto <strong>di</strong> nasc<strong>it</strong>a del bolscevismo. Da una parte e<strong>gli</strong> attacca ilrevisionismo, defin<strong>it</strong>o nient'altro <strong>che</strong> opportunismo e, dall'altra, contesta i teorici<strong>della</strong> spontane<strong>it</strong>à rivoluzionaria <strong>della</strong> classe o<strong>per</strong>aia. Costoro, seguaci ortodossidel materialismo storico <strong>di</strong> Marx, riducevano la pol<strong>it</strong>ica a riflesso e a derivatodell'economia e <strong>per</strong>tanto sostenevano <strong>che</strong> la coscienza <strong>di</strong> classe e la rivoluzionesarebbero state un prodotto spontaneo e automatico dello sviluppo del cap<strong>it</strong>alismo edelle sue contrad<strong>di</strong>zioni. Ma Lenin afferma <strong>che</strong> il proletariato non è in grado dasolo <strong>di</strong> maturare una seria coscienza rivoluzionaria; da solo giunge unicamente adelle riven<strong>di</strong>cazioni, non alla rivoluzione. Di conseguenza, la coscienza pol<strong>it</strong>ica puòessere portata all'o<strong>per</strong>aio solo dall'esterno <strong>della</strong> lotta economica tra o<strong>per</strong>ai e padroni;in particolare può essere portata da<strong>gli</strong> intellettuali borghesi progressisti, come Marxed Engels, consapevoli del fine supremo <strong>della</strong> società comunista a cui tendel'uman<strong>it</strong>à. In questa teoria Lenin rivede il marxismo classico <strong>di</strong> Marx ed Engels,secondo cui, essendo ogni pensiero, e quin<strong>di</strong> ogni concezione pol<strong>it</strong>ica, frutto <strong>di</strong>precisi interessi <strong>di</strong> classe, dovrebbe essere impossibile <strong>che</strong> intellettuali borghesi simettano a capo <strong>della</strong> classe o<strong>per</strong>aia. Per Lenin invece il proletariato deve avereuna guida <strong>per</strong> abbattere la borghesia e questa guida è il Part<strong>it</strong>o comunista, ossia unaél<strong>it</strong>e intellettuale la cui professione sia l'azione rivoluzionaria. Il part<strong>it</strong>o èl'avanguar<strong>di</strong>a armata del proletariato ed esso non può essere messo in <strong>di</strong>scussione. Ilmarxismo è posto come ideologia ufficiale del part<strong>it</strong>o comunista, <strong>di</strong> <strong>per</strong> sé sottratta adogni forma <strong>di</strong> cr<strong>it</strong>ica. Assume in tal senso la veste <strong>di</strong> dogmatismo ideologico, unaspecie <strong>di</strong> teologia laica assolutamente vincolante.Joseph Stalin (1879-1963).Prosegue e ra<strong>di</strong>calizza la concezione autor<strong>it</strong>aria del Part<strong>it</strong>o comunista, mentrealtri marxisti quali Plechanov, come già visto, e Trotskij <strong>di</strong>chiarano liberticida econtrario al socialismo il centralismo part<strong>it</strong>ico e statuale proposto da Lenin.108


109Plechanov ebbe a <strong>di</strong>re <strong>che</strong> se tale centralismo fosse stato realizzato la conseguenzasarebbe stata "un uomo <strong>che</strong> avrebbe concentrato in se tutti i poteri". An<strong>che</strong> Trotskijaveva affermato <strong>che</strong> "il Part<strong>it</strong>o sarebbe stato sost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o dall'organizzazione,l'organizzazione dal Com<strong>it</strong>ato centrale e il Com<strong>it</strong>ato centrale dal <strong>di</strong>ttatore". Taliprofezie si sono in effetti avverate. Con l'avvento al potere <strong>di</strong> Stalin vengonocondannati tutti i "deviazionisti" <strong>che</strong> non accettano il marxismo-leninismo integrale.Lev Trotskij (1879-1940).Già comandante dell'armata Rossa, scrive nell'ultimo <strong>per</strong>iodo <strong>della</strong> v<strong>it</strong>a l'o<strong>per</strong>a "Larivoluzione tra<strong>di</strong>ta", pronunciandosi a favore <strong>di</strong> un maggior pluralismo nel part<strong>it</strong>o e <strong>di</strong>una minor burocratizzazione nello Stato. Su mandato <strong>di</strong> Stalin viene assassinato inMessico dove si era rifugiato.Trotskij, contro la giustificazione staliniana dell'instaurazione del comunismo in unsolo paese, sostiene l'esigenza <strong>di</strong> una rivoluzione <strong>per</strong>manente <strong>che</strong> non si esauriscanella cost<strong>it</strong>uzione <strong>di</strong> un singolo Stato comunista. Dichiara <strong>per</strong>tanto l'impossibil<strong>it</strong>à <strong>di</strong>accettare la trasformazione del comunismo in nazionalismo dello Stato comunista.Il marxismo occidentale: Lukàcs, Korsch e Bloch.Si tratta <strong>di</strong> una forma <strong>di</strong> marxismo in<strong>di</strong>pendente sia dalla socialdemocrazia <strong>che</strong> dalcomunismo sovietico. È o<strong>per</strong>a <strong>di</strong> intellettuali al <strong>di</strong> fuori dei part<strong>it</strong>i.Se il materialismo sovietico cost<strong>it</strong>uisce un'interpretazione del marxismo più vicinaalla concezione <strong>di</strong>alettica <strong>di</strong> Engels, il marxismo occidentale cost<strong>it</strong>uisceun'interpretazione più vicina alla concezione <strong>di</strong>alettica <strong>di</strong> Hegel: è lasciata cadereogni <strong>di</strong>alettica <strong>della</strong> natura <strong>per</strong> rivolgersi esclusivamente al mondo storico-sociale.Gyorgy Lukàcs (1885-1971).Nasce in Ungheria, emigra nell'Unione Sovietica e nel 1949 torna in Ungheria. Dopola morte <strong>di</strong> Stalin è tra i promotori <strong>della</strong> destalinizzazione. Con l'invasionedell'Ungheria nel 1956 viene deportato in Romania. È indotto ad una pubblicaautocr<strong>it</strong>ica. Rientrato in Ungheria, vive isolato fino alla morte.O<strong>per</strong>e principali: Storia e coscienza <strong>di</strong> classe; La <strong>di</strong>struzione <strong>della</strong> ragione; L'estetica.Lukàcs vuole recu<strong>per</strong>are il marxismo ortodosso <strong>che</strong> <strong>per</strong>ò, a suo avviso, non significaaccettazione acr<strong>it</strong>ica dei risultati teorici <strong>della</strong> ricerca marxiana, non significa un "atto<strong>di</strong> fede". L'ortodossia <strong>che</strong> Lukàcs intende affermare si riferisce invece al metodo (ilmarxismo è concep<strong>it</strong>o essenzialmente come metodo <strong>di</strong>alettico), nella convinzione<strong>che</strong> nel marxismo <strong>di</strong>alettico sia stato sco<strong>per</strong>to il corretto metodo <strong>di</strong> ricerca <strong>per</strong>comprendere la <strong>storia</strong> umana. Il metodo <strong>di</strong>alettico ci proibisce <strong>di</strong> guardare a fattiisolati e non connessi in una total<strong>it</strong>à, come invece è concep<strong>it</strong>o dalla scienza109


110borghese. La società va stu<strong>di</strong>ata come un intero: non può essere compresa se nestu<strong>di</strong>amo singoli aspetti ma è invece necessario scoprire le connessioni profonde <strong>che</strong>legano <strong>di</strong>aletticamente fatti ed eventi tra <strong>di</strong> loro. Pertanto va riportato in primo pianola categoria (concetto) <strong>della</strong> total<strong>it</strong>à, il <strong>che</strong> non significa sopprimere i singoli fatti edeventi ma considerarli quali i momenti <strong>di</strong>alettico-<strong>di</strong>namici ed interconnessi <strong>di</strong> unintero. Ad esempio, produzione, <strong>di</strong>stribuzione, scambi e consumo non vannoanalizzati isolatamente ma nell'intero contesto delle recipro<strong>che</strong> inter-relazioni<strong>di</strong>aletti<strong>che</strong>.Lukàcs cr<strong>it</strong>ica quin<strong>di</strong> la scienza pos<strong>it</strong>ivistica, sia quella borghese ma an<strong>che</strong> quellarevisionistica <strong>della</strong> Seconda internazionale, <strong>che</strong> non applica il metodo <strong>di</strong>alettico e lacategoria <strong>della</strong> total<strong>it</strong>à. Tale scienza r<strong>it</strong>iene i fatti come qualcosa <strong>di</strong> dato e liconsidera separatamente, <strong>di</strong>menticandosi <strong>che</strong> essi sono invece, a loro volta, ilprodotto <strong>di</strong> determinate forze sociali. È una scienza reificante (dal latino "res"=cosa) in quanto riduce a cose e a fatti <strong>di</strong> natura i prodotti sociali e storici,assoggettandosi in tal modo ad un processo <strong>di</strong> feticismo (= <strong>di</strong> riduzione a feticcio,cioè ad un culto fanatico dell'oggetto) e <strong>di</strong> alienazione (i rapporti sociali non sonopiù visti come prodotti dell'uomo bensì come eventi naturali estraniati, privati <strong>della</strong>loro valenza sociale). Spezza inltre la total<strong>it</strong>à del conoscere sociale in tanti settoriparziali (economia, <strong>di</strong>r<strong>it</strong>to, sociologia) retti da leggi e meto<strong>di</strong> propri, assumendo unamental<strong>it</strong>à anal<strong>it</strong>ica, astratta e anti<strong>di</strong>alettica, incapace <strong>di</strong> co<strong>gli</strong>ere la complessivaorganic<strong>it</strong>à dei fatti. Tale mental<strong>it</strong>à deriva dalla logica stessa del cap<strong>it</strong>alismo, <strong>che</strong>concepisce una società scissa settorialmente a causa del modo <strong>di</strong> produzione, <strong>che</strong>separa il produttore dall'oggetto e <strong>che</strong> è basato sulla <strong>di</strong>visione frazionata del lavoro esulla atomizzazione <strong>della</strong> società in in<strong>di</strong>vidui e classi antagoniste (atomizzazione=ridurre <strong>gli</strong> in<strong>di</strong>vidui e i gruppi sociali ad atomi, a singole un<strong>it</strong>à isolate, non collegate enon interconnesse). Prigioniera del feticismo e dell'alienazione, la scienza borghesenon vede le contrad<strong>di</strong>zioni del cap<strong>it</strong>alismo e <strong>della</strong> società. Tutto ciò spiega <strong>per</strong>ché ilmarxismo <strong>della</strong> Seconda internazionale, ispirato alla scienza pos<strong>it</strong>ivista, risultarevisionista sul piano teorico e non rivoluzionario sul piano pratico. Occorre quin<strong>di</strong>r<strong>it</strong>ornare alla <strong>di</strong>alettica <strong>di</strong> Marx, il cui oggetto non è la natura, come sostieneEngels, e con lui il materialismo sovietico, ma è invece la realtà storico-socialenella sua total<strong>it</strong>à: deve essere abbandonato il concetto <strong>di</strong> materialismo <strong>di</strong>alettico afavore del concetto <strong>di</strong> materialismo storico.In tal senso Lukàcs, nell'o<strong>per</strong>a "Storia e coscienza <strong>di</strong> classe", <strong>per</strong>viene allasoluzione del problema dei rapporti tra struttura e sovrastruttura <strong>che</strong>, a suoavviso, non stanno fra <strong>di</strong> loro in rapporti <strong>di</strong> supremazia e subor<strong>di</strong>nazione bensì in unrapporto <strong>di</strong>alettico. Il primato dell'economia non è una costante storica (un fattostorico immutabile) ma solo una caratteristica peculiare del cap<strong>it</strong>alismo.La società dunque va stu<strong>di</strong>ata come total<strong>it</strong>à, come intero, il <strong>che</strong> è possibile solo daparte <strong>di</strong> un soggetto <strong>che</strong> sia esso stesso una total<strong>it</strong>à. Tale soggetto è "la coscienza <strong>di</strong>classe", <strong>che</strong> me<strong>di</strong>ante l'azione può comprendere e conoscere la realtà sociale nel suocomplesso, conoscendo <strong>per</strong> agire e agendo <strong>per</strong> conoscere in un nesso (collegamento)inscin<strong>di</strong>bile <strong>di</strong> teoria e prassi. Soggetto (protagonista) <strong>della</strong> <strong>storia</strong> è quin<strong>di</strong> lacoscienza <strong>di</strong> classe, <strong>che</strong> dapprima agisce in modo oscuro ed inconsapevole e poi110


111determina in modo chiaro e <strong>di</strong>stinto <strong>gli</strong> eventi. La coscienza <strong>di</strong> classe non è né lame<strong>di</strong>a né la somma <strong>di</strong> ciò <strong>che</strong> pensano e sentono <strong>gli</strong> in<strong>di</strong>vidui <strong>che</strong> formano unaclasse; essa è invece la comprensione del senso <strong>della</strong> s<strong>it</strong>uazione storica in cui ci s<strong>it</strong>rova; è consapevole presa <strong>di</strong> coscienza. Solo il proletariato può avere veracoscienza <strong>di</strong> classe, poiché la borghesia, ancorché giunga alla chiara consapevolezzadelle contrad<strong>di</strong>zioni <strong>della</strong> società cap<strong>it</strong>alistica, non può eliminarle pena il rischio <strong>della</strong>sua stessa scomparsa, dal momento <strong>che</strong> è proprio su tali contrad<strong>di</strong>zioni <strong>che</strong> essafonda il suo dominio. La borghesia è <strong>per</strong>ciò costretta a negare le contrad<strong>di</strong>zionidel cap<strong>it</strong>alismo e a camuffarle con ideologie <strong>di</strong> comodo. La sua è <strong>per</strong>tanto una falsaed astratta coscienza <strong>di</strong> classe <strong>per</strong>ché fondata sulla separazione fra teoria e prassi. Ilproletariato invece tende a negare e a su<strong>per</strong>are se stesso <strong>per</strong> realizzare unasocietà senza classi: questa è coscienza autentica <strong>per</strong>ché non <strong>di</strong>fende <strong>gli</strong> interessi<strong>di</strong> nessuno quanto piuttosto la libertà <strong>di</strong> tutti. È la coscienza <strong>di</strong> classe <strong>che</strong>, inultima analisi, determina il processo storico anziché la struttura economica. Ècon ciò ri<strong>di</strong>mensionato il primato <strong>della</strong> struttura sulla sovrastruttura culturale.Non è dalla riorganizzazione economico-pol<strong>it</strong>ica o<strong>per</strong>ata dal proletariato, e <strong>per</strong> essoprogettata in particolare dal part<strong>it</strong>o guida, <strong>che</strong> in primo luogo deriva il processorivoluzionario, bensì è dalla presa <strong>di</strong> coscienza <strong>di</strong> classe proletaria <strong>che</strong> matura l'azionee l'organizzazione rivoluzionaria. È la coscienza <strong>di</strong> classe il principale motore <strong>della</strong>rivoluzione storica, allorquando il proletariato, nel suo insieme, ne giunga adautentica consapevolezza, piuttosto <strong>che</strong> l'iniziativa <strong>di</strong> un part<strong>it</strong>o o <strong>di</strong> un gruppoél<strong>it</strong>ario (intellettualmente su<strong>per</strong>iore) <strong>di</strong> in<strong>di</strong>vidui, pur avendo il part<strong>it</strong>o una funzione<strong>di</strong> stimolo <strong>della</strong> coscienza proletaria.La parte più interessante dell'o<strong>per</strong>a è l'interpretazione <strong>che</strong> Lukàcs dà delcap<strong>it</strong>alismo, non solo come espressione dell'alienazione economica (la sottrazioneall'o<strong>per</strong>aio del prodotto del suo lavoro), bensì come alienazione totale, cioè come<strong>per</strong><strong>di</strong>ta da parte dell'uomo <strong>della</strong> propria complessiva essenza umana (reificazionedell'uomo, ossia riduzione dell'uomo a cosa in tutte le sue attiv<strong>it</strong>à). Tale è <strong>per</strong> Lukàcstutta la <strong>filosofia</strong> borghese, da Cartesio a Kant, così come la scienza moderna, <strong>che</strong>stu<strong>di</strong>a i fenomeni isolatamente e non <strong>di</strong>aletticamente, e <strong>che</strong> <strong>per</strong>ciò è valida solo comeconoscenza <strong>della</strong> natura <strong>per</strong>ché nella natura non c'è <strong>di</strong>alettica in quanto non c'ècoscienza. Parimenti, Lukàcs respinge la concezione <strong>della</strong> ver<strong>it</strong>à comerispecchiamento dell'essere (<strong>della</strong> realtà) da parte del pensiero (comecorrispondenza tra realtà e pensiero), concezione conseguente, in quanto tale, aldualismo (contrapposizione) tra soggetto e oggetto nonchè fra teoria e prassi. Laver<strong>it</strong>à <strong>per</strong> Lukàcs è data solo dalla prassi, anzi dalla prassi rivoluzionaria <strong>per</strong> cui,come <strong>per</strong> Marx, la <strong>filosofia</strong> non deve più interpretare il mondo ma deve trasformarlo.L'o<strong>per</strong>a "Storia e coscienza <strong>di</strong> classe" viene tuttavia condannata dai <strong>di</strong>rigenti<strong>della</strong> Terza internazionale in quanto accusata <strong>di</strong> soggettivismo (<strong>di</strong> primatoattribu<strong>it</strong>o al soggetto e alla coscienza anziché alla realtà oggettiva) e <strong>di</strong> idealismo.Lukàcs è costretto ad accettare la condanna e a fare autocr<strong>it</strong>ica. Si de<strong>di</strong>ca quin<strong>di</strong>a stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> storiografia filosofica e <strong>di</strong> estetica.Nell'o<strong>per</strong>a "La <strong>di</strong>struzione <strong>della</strong> ragione" Lukàcs cr<strong>it</strong>ica il pensieroirrazionalistico come si è storicamente sviluppato in S<strong>che</strong>lling, Schopenhauer,111


112Nietzs<strong>che</strong>, Dilthey, Simmel, Weber, Spengler, Heidegger e Jas<strong>per</strong>s. Lukàcscontrappone da un lato il pensiero <strong>di</strong>alettico e marxista, razionalista e progressista, e,dall'altro lato, il pensiero borghese, prevalentemente irrazionalista e conservatore, <strong>che</strong>svaluta e <strong>di</strong>strugge il valore <strong>della</strong> ragione, sia affidandosi ad intuizioni sovrarazionalisia rassegnandosi all'esistenza <strong>di</strong> realtà contrad<strong>di</strong>ttorie insu<strong>per</strong>abili. La<strong>di</strong>struzione <strong>della</strong> ragione o<strong>per</strong>ata dall'irrazionalismo trova il suo ultimo sbocco,secondo Lukàcs, nel nazifascismo.Nell'o<strong>per</strong>a "Estetica" Lukàcs elabora una vera e propria estetica marxistasecondo una concezione realistica dell'arte (realismo socialista). Concepisce l'artecome riproduzione <strong>della</strong> realtà, teoria <strong>che</strong> in sé non è affatto nuova come riconosce lostesso Lukàcs. Tuttavia l'arte come rispecchiamento <strong>della</strong> realtà deve essererecu<strong>per</strong>ata sia contro il formalismo sia contro il naturalismo. L'arte infatti non vaintesa come rappresentazione <strong>di</strong> singoli oggetti e aspetti <strong>della</strong> realtà, bensì comerappresentazione ver<strong>it</strong>iera e fedele <strong>della</strong> realtà nella sua total<strong>it</strong>à e nelle suecontrad<strong>di</strong>zioni. Oggetto dell'arte in tal senso è il "tipo" o il "tipico", ossia larappresentazione dei tratti salienti e delle tendenze <strong>di</strong> fondo <strong>di</strong> una certa società,me<strong>di</strong>ante la raffigurazione <strong>di</strong> <strong>per</strong>sonaggi o s<strong>it</strong>uazioni emblemati<strong>che</strong> (esemplari). Iltipo non è da confondersi con la "me<strong>di</strong>a", ossia con la quoti<strong>di</strong>an<strong>it</strong>à <strong>di</strong> tutti i giorni, nécol tipo astratto <strong>della</strong> trage<strong>di</strong>a classica o col soggetto idealistico e idealizzato delromanticismo. In quanto capace <strong>di</strong> rappresentazioni "tipi<strong>che</strong>", l'arte assume un valoreautonomo rispetto alle stesse ideologie e all'appartenenza <strong>di</strong> classe dell'autore, cometestimonia Balzac <strong>che</strong>, pur essendo soggettivamente un borghese reazionario, giungetuttavia a rappresentare realisticamente il carattere profondo <strong>di</strong> un'epoca e ad esserequin<strong>di</strong> oggettivamente progressista. La vera arte infatti, in quanto realista, è semprean<strong>che</strong> progressista poiché aiuta a promuovere l'evoluzione dell'uman<strong>it</strong>à. La fantasianon è proib<strong>it</strong>a ma essa deve essere in grado <strong>di</strong> ricostruire il "tipo". Se grazie allateoria <strong>della</strong> "tipo", Lukàcs riesce a recu<strong>per</strong>are molta <strong>della</strong> grande arte del passato,tuttavia, privilegiando l'arte realistica secondo l'equivalenza "realismo=socialismo" e,<strong>per</strong> contro, "antirealismo= cap<strong>it</strong>alismo", deriva da parte <strong>di</strong> Lukàcs una sostanzialeincomprensione nei confronti dei gran<strong>di</strong> scr<strong>it</strong>tori del Novecento, come Proust, Joyce eKafka, <strong>che</strong> ai temi sociali hanno prefer<strong>it</strong>o quelli dell'inquietu<strong>di</strong>ne dello spir<strong>it</strong>o e <strong>che</strong>sono stati <strong>per</strong>ciò accusati da Lukàcs <strong>di</strong> irrazionalismo e nichilismo, espressioni <strong>di</strong> unaclasse borghese al tramonto.Karl Korsch (1896-1961).Come Lukàcs, valorizza sia la categoria <strong>della</strong> total<strong>it</strong>à, sia la <strong>di</strong>alettica hegeliana comemetodo piuttosto <strong>che</strong> come teoria. Il marxismo cost<strong>it</strong>uisce un'analisi globale delmondo borghese nella total<strong>it</strong>à delle sue manifestazioni, delle sue struttureeconomi<strong>che</strong>, delle sue ist<strong>it</strong>uzioni pol<strong>it</strong>i<strong>che</strong> e delle sue forme <strong>di</strong> coscienza (economia,<strong>filosofia</strong>, <strong>storia</strong>, dottrina del <strong>di</strong>r<strong>it</strong>to e teoria dello Stato: nessuno <strong>di</strong> questi campi è daconsiderare separatamente). Conseguentemente il marxismo si presenta come112


113contestazione ra<strong>di</strong>cale <strong>della</strong> società <strong>di</strong> classe, proponendosi non già <strong>di</strong> sost<strong>it</strong>uire laclasse e lo Stato dominanti bensì <strong>di</strong> su<strong>per</strong>arli ed abbatterli <strong>per</strong> far posto alla societàsenza classi. L'affin<strong>it</strong>à tra Hegel e Marx consiste appunto nella visione globale <strong>della</strong>realtà sociale e nella consapevolezza <strong>della</strong> stretta connessione tra pensiero e realtà, frateoria e prassi.Apprezza maggiormente le o<strong>per</strong>e giovanili <strong>di</strong> Marx, ispirate a<strong>gli</strong> ideali umanistici<strong>di</strong> liberazione, <strong>di</strong> giustizia, <strong>di</strong> solidarietà, mentre imputa alle o<strong>per</strong>e successive,soprattutto al "Cap<strong>it</strong>ale", un'eccessiva impostazione scientifico-economica, <strong>che</strong> hacomportato una progressiva <strong>per</strong><strong>di</strong>ta <strong>della</strong> concezione <strong>di</strong>alettico-globale <strong>della</strong> realtà e<strong>della</strong> compenetrazione fra struttura e sovrastruttura.Cr<strong>it</strong>ica non solo Kautsky e il marxismo ortodosso, ma an<strong>che</strong> Lenin, <strong>per</strong> averconsiderato la coscienza <strong>di</strong> classe come qualcosa <strong>che</strong> doveva venir portatadall'esterno del proletariato (ossia da un part<strong>it</strong>o guida cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o da intellettualiprogressisti) e <strong>per</strong> aver altresì instaurato non già una <strong>di</strong>ttatura del proletariato ma sulproletariato, cioè la <strong>di</strong>ttatura del Part<strong>it</strong>o comunista e dei vertici del part<strong>it</strong>o.Per tali concezioni Korsch viene condannato dalla Terza internazionale e ra<strong>di</strong>ato dalPart<strong>it</strong>o comunista tedesco.Ernst Bloch (1885-1977).An<strong>che</strong> Bloch è condannato come eretico e costretto a lasciare la cattedra pressol'univers<strong>it</strong>à <strong>di</strong> Lipsia, dove insegnava, <strong>per</strong> aver cr<strong>it</strong>icato la <strong>di</strong>ttatura sovietica ed ilmaterialismo <strong>di</strong>alettico. Si rifugia nella Germania occidentale, andando ad insegnarepresso l'univers<strong>it</strong>à <strong>di</strong> Tubinga.Nell'o<strong>per</strong>a "Il principio s<strong>per</strong>anza" elabora un originale "<strong>filosofia</strong> <strong>della</strong> s<strong>per</strong>anza",secondo cui l'universo è concep<strong>it</strong>o come un processo incompiuto <strong>che</strong> tendeindefin<strong>it</strong>amente alla compiutezza in una continua tensione (slancio) verso il futuro, ilpossibile, il non ancora compiuto. La tensione verso le nov<strong>it</strong>à del futuro è un impulso<strong>che</strong> <strong>per</strong>vade tutta la realtà, non solo quella umana ma an<strong>che</strong> quella naturale. Blochchiama "fame" la <strong>di</strong>mensione cosmica <strong>di</strong> questo impulso e "s<strong>per</strong>anza" le suemanifestazioni nella v<strong>it</strong>a umana. Perciò la s<strong>per</strong>anza, e quin<strong>di</strong> l'utopia, il sogno,l'attesa, cost<strong>it</strong>uiscono la <strong>di</strong>mensione fondamentale dell'essere uomo, "animaleutopico" <strong>per</strong> eccellenza.In tal senso Bloch costruisce la sua ontologia del non-ancora-essere, del possibile,dell'attesa e dell'a<strong>per</strong>tura. Questa concezione ontologica spinge Bloch a delineare unafenomenologia de<strong>gli</strong> stati utopici, ovvero a descrivere le varie forme reali in cui simanifesta la s<strong>per</strong>anza utopica: dai sogni ad occhi a<strong>per</strong>ti dell'in<strong>di</strong>viduo ai gran<strong>di</strong> m<strong>it</strong>icollettivi; dalle favole alla letteratura; dai film alle canzonette. L'utopia non èl'impossibile ma ciò <strong>che</strong> non è ancora.La <strong>filosofia</strong> <strong>della</strong> s<strong>per</strong>anza trova nel marxismo l'espressione filosofica da Blochgiu<strong>di</strong>cata la più corrispondente. Più <strong>di</strong> ogni altro movimento, il marxismo haguardato alla s<strong>per</strong>anza nel futuro stimolando l'uomo alla ricerca <strong>di</strong> un riscatto dallesofferenze e dall'alienazione. Poiché an<strong>che</strong> <strong>per</strong> Bloch, come <strong>per</strong> Marx, lo scopo <strong>della</strong>113


114<strong>filosofia</strong> non è <strong>di</strong> contemplare il mondo ma <strong>di</strong> trasformarlo, il marxismo è <strong>per</strong> ciòstesso una <strong>filosofia</strong> rivolta al futuro, a ciò <strong>che</strong> ancora non è. Solo il sa<strong>per</strong>e comeunione <strong>di</strong> teoria e prassi riguarda il <strong>di</strong>venire. Un sa<strong>per</strong>e unicamente contemplativo,invece, può solo riferirsi a ciò <strong>che</strong> è accaduto. La <strong>filosofia</strong> marxista <strong>della</strong> s<strong>per</strong>anzapone come proprio fondamento la tesi <strong>che</strong> l'uomo si trovi in uno stato <strong>di</strong>alienazione. Però, mentre l'alienazione <strong>di</strong> cui parla Marx scaturisce da motivieconomici, Bloch fa risalire l'alienazione a ragioni più profonde e universali, aragioni ontologi<strong>che</strong> (cost<strong>it</strong>utive <strong>della</strong> reale natura umana): l'uomo è alienato <strong>per</strong>ché èincompleto, incompiuto, come l'universo <strong>di</strong> cui fa parte. Il marxismo <strong>per</strong>ciò deveessere integrato: finora si è prevalentemente sviluppato come cr<strong>it</strong>ica nei confrontidelle contrad<strong>di</strong>zioni antiumanisti<strong>che</strong> dell'economia cap<strong>it</strong>alista, mentre invece occorresviluppare il marxismo come progetto del "regno <strong>della</strong> libertà".La <strong>filosofia</strong> <strong>della</strong> s<strong>per</strong>anza, pur nel suo ateismo <strong>di</strong> fondo, deve inoltre prendere inseria considerazione il fenomeno religioso in base al principio <strong>che</strong> "ove c'è s<strong>per</strong>anza,c'è religione". Infatti, sebbene nella religione vi sia la ra<strong>di</strong>ce dell'alienazione, comedenunciato da Feuerbach e da Marx, in essa vi è pure, come <strong>di</strong>mostrano le eresie, laprotesta e la denuncia cr<strong>it</strong>ica dell'esistente, la s<strong>per</strong>anza nel futuro e il sentimentodell'attesa. "C'è nella Bibbia, scrive Bloch, un potenziale rivoluzionario esplosivo".Tale teoria ha assunto notevole importanza nell'avvicinamento tra cristianesimo emarxismo in termini <strong>di</strong> cristianesimo ateo: il vero Dio non è quello <strong>della</strong> trascendenzama è la s<strong>per</strong>anza del futuro.In relazione a<strong>gli</strong> sviluppi novecenteschi <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong> marxista va annoverato an<strong>che</strong>Louis Althusser, il cui pensiero <strong>per</strong>altro è stato già considerato nell'illustrare loStrutturalismo.Il neomarxismo in Italia: Labriola e Gramsci.Il marxismo teorico <strong>it</strong>aliano sorge solo ne<strong>gli</strong> ultimi anni dell'Ottocento <strong>per</strong> lapreesistente egemonia del neoidealismo <strong>di</strong> Croce e <strong>di</strong> Gentile da un lato e delpos<strong>it</strong>ivismo dall'altro. Inoltre il giovane Stato liberale <strong>it</strong>aliano si è sempre mostratoostile alla <strong>di</strong>ffusione delle teorie marxiste. Ciò nonostante la <strong>filosofia</strong> marxista riescead introdursi ne<strong>gli</strong> ambienti univers<strong>it</strong>ari in segu<strong>it</strong>o all'o<strong>per</strong>a <strong>di</strong> Antonio Labriola,allievo <strong>di</strong> Bertrando Spaventa e docente <strong>di</strong> <strong>filosofia</strong> presso l'univers<strong>it</strong>à <strong>di</strong> Roma,convert<strong>it</strong>o al marxismo dopo una sua iniziale adesione all'hegelismo.Antonio Labriola (1843-1904).Labriola si interessa del materialismo storico in contrapposizione altresì alpos<strong>it</strong>ivismo-naturalismo ed all'idealismo.Contro il pos<strong>it</strong>ivismo e il darwinismo, <strong>che</strong> concepiscono la <strong>storia</strong> come unprolungamento <strong>della</strong> natura, ossia su basi deterministi<strong>che</strong> e meccanicisti<strong>che</strong>, Labriola114


115sostiene <strong>che</strong> la <strong>storia</strong> è fatta da<strong>gli</strong> uomini e <strong>che</strong> <strong>gli</strong> uomini non sono solo natura maproducono cultura. Pertanto, pur accettando il metodo scientifico, il <strong>di</strong>venire storiconon è un automatismo naturalistico ma si sviluppa secondo proprie peculiar<strong>it</strong>à in baseal tipo <strong>di</strong> relazioni sociali e culturali ed ai rapporti <strong>di</strong> lavoro. Del pos<strong>it</strong>ivismo Labriolarifiuta la visione materialistica dell'universo, affermando <strong>che</strong> lo stesso concetto <strong>di</strong>materia è <strong>di</strong> tipo metafisico, intendendo <strong>per</strong> materia il sostrato ultimo (l’essenza) deifenomeni. La cultura non è natura ma è <strong>storia</strong>, an<strong>che</strong> se i due momenti si intreccianocontinuamente.Contro l'idealismo Labriola, conformemente alla teoria marxista, afferma <strong>che</strong> "leidee non cascano dal cielo" e <strong>che</strong> le cose non sono il mero derivato del pensiero. Leidee invece sono connesse a determinate s<strong>it</strong>uazioni socio-pol<strong>it</strong>i<strong>che</strong>. Ma ciò nonsignifica considerare la sovrastruttura come <strong>di</strong>pendente dalla strutturaeconomica. È in<strong>di</strong>scusso il principio <strong>per</strong> cui non è la coscienza <strong>che</strong> determina la v<strong>it</strong>ama sono le con<strong>di</strong>zioni dell'esistenza <strong>che</strong> determinano la coscienza. Tuttavia le forme<strong>della</strong> coscienza sono anch'esse <strong>storia</strong>. La sovrastruttura non deriva meccanicamentedalla struttura ma vi è reciproca interazione. Il materialismo storico, in questosenso, non pretende <strong>di</strong> essere ver<strong>it</strong>à assoluta ma piuttosto metodo <strong>di</strong> ricerca, in base alquale ricercare in ogni fatto storico an<strong>che</strong> le fondamentali cause economi<strong>che</strong>.Antonio Gramsci (1891-1937).È il maggior esponente del marxismo <strong>it</strong>aliano. Nasce ad Ales (Ca<strong>gli</strong>ari). Nel 1919fonda, insieme a Palmiro To<strong>gli</strong>atti, il giornale "Or<strong>di</strong>ne nuovo". Nel 1921,insod<strong>di</strong>sfatto del part<strong>it</strong>o socialista, è tra i fondatori del Part<strong>it</strong>o comunista <strong>it</strong>aliano.Inviato a Mosca, a partecipare ai lavori dell'Internazionale, conosce Lenin. Nel 1924<strong>di</strong>venta <strong>di</strong>rettore dell’"Un<strong>it</strong>à". E’ condannato dal fascismo, nel 1928, a vent'anni <strong>di</strong>carcere. Scarcerato nel 1937 <strong>per</strong> gravi motivi <strong>di</strong> salute, muore una settimana dopo.O<strong>per</strong>e principali: Il materialismo storico e la <strong>filosofia</strong> <strong>di</strong> Benedetto Croce; Quadernidal carcere.Due sono <strong>gli</strong> scopi principali <strong>della</strong> sua attiv<strong>it</strong>à: <strong>di</strong>ffondere il marxismo in Italiacontro <strong>gli</strong> altri in<strong>di</strong>rizzi filosofici prevalenti; analizzare i mo<strong>di</strong> e le forme in cui puòavvenire la conquista del potere in Italia.Ai fini <strong>della</strong> <strong>di</strong>ffusione del marxismo polemizza contro il pos<strong>it</strong>ivismo e ilnaturalismo proclamando, come Labriola, <strong>che</strong> il marxismo è un sa<strong>per</strong>e sociale nonriducibile a quello naturale. Ma polemizza soprattutto contro il neo-idealismo <strong>di</strong>Croce, in<strong>di</strong>rizzo filosofico allora prevalente. Riconosce a Croce il mer<strong>it</strong>o <strong>di</strong> aversottolineato il carattere storico, anziché astratto-concettuale, <strong>della</strong> realtà, especialmente del <strong>di</strong>venire sociale, nonché <strong>di</strong> aver combattuto contro le concezionimetafisi<strong>che</strong> teologi<strong>che</strong> e trascendenti. Ma accusa Croce <strong>di</strong> non aver condotto sino infondo la lotta contro la religione e la metafisica poiché il suo concetto <strong>di</strong> "Spir<strong>it</strong>o"richiama ancora la vecchia figura <strong>di</strong> Dio e un'idea <strong>di</strong> trascendenza alla base dellosviluppo <strong>della</strong> <strong>storia</strong>. Per Gramsci la <strong>storia</strong> è invece una vicenda assolutamente115


116immanente (immanentismo storicistico e umanesimo assoluto): nella <strong>storia</strong> nonagisce nessuna ent<strong>it</strong>à trascendente ma essa è esclusiva o<strong>per</strong>a de<strong>gli</strong> uomini, delle lorolotte, <strong>della</strong> loro cultura, delle loro s<strong>per</strong>anze e dei loro progetti. Né lo sviluppo <strong>della</strong><strong>storia</strong> è deterministico come sostenevano i pos<strong>it</strong>ivisti. Rimprovera inoltre a Croce <strong>di</strong>aver trascurato l'importanza dei fattori, delle strutture e de<strong>gli</strong> interessi economici e <strong>di</strong>aver privilegiato soprattutto una <strong>storia</strong> concep<strong>it</strong>a come <strong>storia</strong> delle idee, <strong>della</strong> cultura,dell'arte. La <strong>storia</strong> deve essere concep<strong>it</strong>a invece in termini <strong>di</strong>alettici e stu<strong>di</strong>ata colmetodo <strong>di</strong>alettico in quanto è <strong>storia</strong> dei rapporti e dei contrasti sociali, destinati adessere su<strong>per</strong>ati dall'azione matura e consapevole de<strong>gli</strong> uomini. In particolare la <strong>storia</strong>va considerata secondo la prospettiva <strong>di</strong>alettica del marxismo in quanto <strong>filosofia</strong> <strong>della</strong>prassi <strong>per</strong> eccellenza, in grado <strong>di</strong> me<strong>gli</strong>o spiegare il carattere globale dell'azioneumana nel mondo nonché l'impegno, <strong>di</strong>spiegato an<strong>che</strong> attraverso la cultura, nellatrasformazione rivoluzionaria <strong>della</strong> realtà: combinazione <strong>della</strong> <strong>di</strong>alettica con laprassi. Tale combinazione impe<strong>di</strong>sce <strong>di</strong> applicare la <strong>di</strong>alettica alla realtà secondos<strong>che</strong>mi teorici meccanici e deterministici, come nell'idealismo e nel pos<strong>it</strong>ivismo maan<strong>che</strong> in un certo marxismo. Prova ne è la stessa "Rivoluzione <strong>di</strong> ottobre" scoppiatain Russia, in un paese all'epoca poco industrializzato, e quin<strong>di</strong> contro la previsiones<strong>che</strong>matica dello stesso Marx espressa ne "Il cap<strong>it</strong>ale", secondo cui la rivoluzionecomunista può invece avvenire solo all'interno <strong>di</strong> un paese fortemente industrializzatoe con un forte proletariato o<strong>per</strong>aio. Significa <strong>che</strong> il marxismo, più <strong>che</strong> dottrina, vaconsiderato soprattutto come attiv<strong>it</strong>à e prassi rivoluzionaria e <strong>che</strong> le occasionistori<strong>che</strong> <strong>per</strong> la rivoluzione non possono essere teoricamente predeterminate, potendoessere molteplici e <strong>di</strong>verse secondo le circostanze.L'importanza <strong>della</strong> prassi rispetto alla teoria conduce Gramsci a riflettere sulle<strong>di</strong>nami<strong>che</strong>, ossia sui <strong>di</strong>versi mo<strong>di</strong> <strong>della</strong> conquista del potere da parte delproletariato. Inizialmente convinto <strong>che</strong> la presa del potere non possa comunqueprescindere dalla rivoluzione, in un secondo tempo e<strong>gli</strong> r<strong>it</strong>iene <strong>che</strong> essa possaavvenire, ad esempio in Italia, an<strong>che</strong> in segu<strong>it</strong>o ad un processo non necessariamentearmato, bensì <strong>di</strong> cresc<strong>it</strong>a ed allargamento dell'influenza culturale de<strong>gli</strong> intellettualiprogressisti, interpreti delle esigenze del proletariato. Deriva da ciò la teoriagramsciana dell'egemonia culturale de<strong>gli</strong> intellettuali "organici"(ossiastrumentali) al servizio de<strong>gli</strong> interessi del popolo e del part<strong>it</strong>o, così come i preti sonoorganici al mondo cattolico conta<strong>di</strong>no.Pur aderendo al leninismo, Gramsci afferma la necess<strong>it</strong>à <strong>di</strong> tener conto <strong>della</strong>particolare s<strong>it</strong>uazione <strong>della</strong> società <strong>it</strong>aliana, nella quale una rivoluzione comequella sovietica non era imme<strong>di</strong>atamente possibile a causa <strong>della</strong> resistenza oppostadalla religione cattolica specialmente nel mondo conta<strong>di</strong>no. Teorizza <strong>per</strong>tanto unastrategia rivoluzionaria <strong>di</strong>versa, chiamata poi "la via <strong>it</strong>aliana al socialismo",attraverso, <strong>per</strong> l'appunto, la preliminare conquista <strong>di</strong> un'egemonia culturale delpensiero marxista nella società civile.Il potere, afferma Gramsci, si realizza in due mo<strong>di</strong> alternativi: o come dominioeserc<strong>it</strong>ato me<strong>di</strong>ante la forza de<strong>gli</strong> apparati coerc<strong>it</strong>ivi dello Stato, oppure altresìcome capac<strong>it</strong>à <strong>di</strong> <strong>di</strong>rezione morale e intellettuale, ossia come capac<strong>it</strong>à <strong>di</strong> in<strong>di</strong>carela soluzione dei problemi attraverso e all'interno delle ist<strong>it</strong>uzioni <strong>della</strong> società civile:116


117la scuola, la chiesa, i part<strong>it</strong>i, i sindacati, la stampa, il cinema, la cultura in genere.Gramsci rivaluta quin<strong>di</strong> l'importanza <strong>della</strong> cultura, cioè <strong>della</strong> sovrastruttura,nei confronti del primato, sostenuto da Marx, <strong>della</strong> struttura economica, purrimanendo componente fondamentale <strong>della</strong> <strong>storia</strong> sociale.Finora, prosegue Gramsci, la classe borghese ha mantenuto il suo potere <strong>per</strong>ché hacontemporanemente eserc<strong>it</strong>ato all'interno <strong>della</strong> società an<strong>che</strong> un ruolo <strong>di</strong> egemoniaculturale. Ma se <strong>gli</strong> intellettuali progressisti riescono a soppiantare e sost<strong>it</strong>uire ilpredominio culturale <strong>della</strong> borghesia, acquisendo una mi<strong>gli</strong>ore capac<strong>it</strong>à <strong>di</strong> <strong>di</strong>rezione e<strong>di</strong> soluzione dei problemi, allora il controllo de<strong>gli</strong> apparati dello Stato da parte <strong>della</strong>classe borghese non sarà più sufficiente, da solo, a conservare il potere, <strong>che</strong> dopo uncerto <strong>per</strong>iodo potrà quin<strong>di</strong> passare nelle mani del proletariato.Risulta quin<strong>di</strong> oltre modo valorizzata la funzione de<strong>gli</strong> intellettuali progressisti,visti non già come gruppo sociale autonomo e ristretto bensì integrati all'interno enell'insieme dei quadri <strong>di</strong>rigenti del part<strong>it</strong>o, <strong>per</strong> elaborare e trasmettere, attraverso ilpart<strong>it</strong>o, le idee guida nei vari settori <strong>della</strong> produzione, dell'educazione, <strong>della</strong> pol<strong>it</strong>ica,<strong>della</strong> cultura e delle arti. Gli intellettuali, <strong>per</strong> Gramsci, non sono <strong>di</strong>sinteressatiricercatori culturali e scientifici ma assumono il ruolo <strong>di</strong> veri e propri "funzionari <strong>di</strong>part<strong>it</strong>o". Lo stesso part<strong>it</strong>o comunista, fortemente centralizzato e organizzato insenso gerarchico, si pone come l'intellettuale organico <strong>per</strong> eccellenza,rappresentante <strong>della</strong> total<strong>it</strong>à de<strong>gli</strong> interessi e delle aspirazioni <strong>della</strong> classe lavoratricee sua guida pol<strong>it</strong>ica, morale e ideale, al punto da paragonare e definire il part<strong>it</strong>ocome "il moderno Principe" pur se, a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> Machiavelli, esso non siidentifica con una <strong>per</strong>sona ma con un'organizzazione capace <strong>di</strong> esprimere la volontàcollettiva.Coerentemente con la teoria dell'egemonia culturale, Gramsci definisce lapropria strategia rivoluzionaria, affermando <strong>che</strong> in Occidente lo scontrorivoluzionario, più <strong>che</strong> frontale contro <strong>gli</strong> apparati dello Stato, deve opportunamenterealizzarsi attraverso una prolungata guerra <strong>di</strong> posizione <strong>per</strong> impadronirsi edassumere in primo luogo la supremazia nelle ist<strong>it</strong>uzioni <strong>della</strong> società civile e quin<strong>di</strong>,successivamente, conquistare an<strong>che</strong> lo Stato. Questa strategia gramsciana è stata fattapropria dal Part<strong>it</strong>o comunista <strong>it</strong>aliano, da To<strong>gli</strong>atti a Berlinguer, <strong>per</strong>seguendo l'idea <strong>di</strong>una conquista dello Stato borghese dall'interno <strong>della</strong> società civile. È an<strong>che</strong> vero,d'altra parte, <strong>che</strong> tale strategia è basata sulla concezione <strong>di</strong> un part<strong>it</strong>o centralistico etotal<strong>it</strong>ario, <strong>che</strong> si r<strong>it</strong>iene interprete assoluto e dogmatico <strong>della</strong> volontà collettiva.Gramsci affronta an<strong>che</strong> la questione meri<strong>di</strong>onale, <strong>che</strong> r<strong>it</strong>iene <strong>di</strong> importanzanazionale. Mobil<strong>it</strong>are contro il cap<strong>it</strong>alismo e lo Stato borghese la maggioranza <strong>della</strong>popolazione significa <strong>per</strong> Gramsci ottenere, in Italia, il consenso delle masseconta<strong>di</strong>ne. Ad avviso <strong>di</strong> Gramsci la questione conta<strong>di</strong>na in Italia è legata da un latocon la questione vaticana, cioè con l'influenza conservatrice <strong>della</strong> Chiesa e, dall'altro,con la <strong>di</strong>visione <strong>che</strong> si è instaurata tra la classe o<strong>per</strong>aia del Nord e i conta<strong>di</strong>ni del Sud.Da ciò la sua cr<strong>it</strong>ica al Part<strong>it</strong>o socialista, colpevole <strong>di</strong> non aver intu<strong>it</strong>o il caratterenazionale <strong>della</strong> questione meri<strong>di</strong>onale e <strong>di</strong> avere isolato le riven<strong>di</strong>cazioni o<strong>per</strong>aie delsettentrione da quelle conta<strong>di</strong>ne del meri<strong>di</strong>one, lasciandosi sfuggire l'enormepotenziale rivoluzionario delle masse sfruttate del Mezzogiorno.117


LA SCUOLA DI FRANCOFORTE E LA TEORIA CRITICA DELLA SOCIETA’.118È una corrente <strong>di</strong> pensiero nata a partire dal 1922 presso il celebre Ist<strong>it</strong>uto <strong>per</strong> laricerca sociale <strong>di</strong> Francoforte e <strong>che</strong> ha come principali esponenti Horkheimer,Adorno, Marcuse, Erich Fromm, Walter Benjamin e, in parte, Jurgen Habermasquale erede più significativo <strong>della</strong> Scuola (<strong>che</strong> sarà trattato in un paragrafosuccessivo). Con l'avvento del nazismo il gruppo è stato costretto ad emigrare, primaa Ginevra, poi a Parigi e infine a New York. Con la caduta <strong>di</strong> H<strong>it</strong>ler parte de<strong>gli</strong>esponenti rientra in Germania.Obiettivo programmatico è stata l'elaborazione <strong>di</strong> una teoria cr<strong>it</strong>ica <strong>della</strong> società,quella cap<strong>it</strong>alistica ed industriale avanzata, secondo l'ideale rivoluzionario <strong>di</strong>un'uman<strong>it</strong>à futura libera e <strong>di</strong>salienata, sviluppando quin<strong>di</strong> una forma <strong>di</strong> pensieronegativo (cioè cr<strong>it</strong>ico), volto a smas<strong>che</strong>rare le fondamentali contrad<strong>di</strong>zioni socialisussistenti e proponendo un modello utopico in grado <strong>di</strong> fungere da pungolorivoluzionario <strong>per</strong> un mutamento ra<strong>di</strong>cale <strong>della</strong> società industriale, caratterizzata dacrescente autor<strong>it</strong>arismo, conformismo e alienazione. A questo modello si è ispirata lacontestazione giovanile del 1968.Il pensiero <strong>della</strong> Scuola, oltre <strong>che</strong> da Nietzs<strong>che</strong> e Heidegger (nichilismo efenomenologia), è altresì influenzato da Hegel, Marx e Freud. Da Hegel e Marxderiva l'impostazione assunta <strong>di</strong> un'analisi cr<strong>it</strong>ica <strong>della</strong> società secondo unprincipio <strong>di</strong>alettico e totalizzante: <strong>di</strong>alettico <strong>per</strong>ché intesa ad evidenziare lecontrad<strong>di</strong>zioni intrinse<strong>che</strong> <strong>della</strong> società industriale e totalizzante <strong>per</strong>ché, nelrespingere un approccio <strong>di</strong> analisi sociale statistico-descr<strong>it</strong>tivo, l'intento è <strong>di</strong> metterein <strong>di</strong>scussione la società nella sua global<strong>it</strong>à e nella total<strong>it</strong>à non settoriale delleinterazioni, al fine <strong>di</strong> non lim<strong>it</strong>arsi a descrivere come la società è ma pronunciarsi sucome dovrebbe essere. Da Freud assume (specialmente Marcuse) <strong>gli</strong> strumentianal<strong>it</strong>ici <strong>per</strong> lo stu<strong>di</strong>o <strong>della</strong> <strong>per</strong>sonal<strong>it</strong>à e dei meccanismi <strong>di</strong> "introiezione"dell'autor<strong>it</strong>à (<strong>di</strong> con<strong>di</strong>zionamento e subor<strong>di</strong>nazione all'autor<strong>it</strong>à) <strong>che</strong>contrad<strong>di</strong>stinguono l'in<strong>di</strong>viduo nella società <strong>di</strong> massa. Dalla psicoanalisi la Scuolaricava an<strong>che</strong> i concetti <strong>di</strong> "ricerca del piacere" e <strong>di</strong> "libido", <strong>che</strong> interpreta comeistinti creativi <strong>che</strong> devono essere liberati dalle imposizioni autor<strong>it</strong>arie <strong>della</strong> società <strong>di</strong>classe cap<strong>it</strong>alistica. La fami<strong>gli</strong>a è concep<strong>it</strong>a (e cr<strong>it</strong>icata) come luogo privilegiato<strong>per</strong> l'assimilazione (<strong>per</strong> l'accettazione) del principio <strong>di</strong> autor<strong>it</strong>à e <strong>per</strong> la <strong>di</strong>ffusione<strong>di</strong> un consenso sociale conformistico.I fattori storico-sociali <strong>che</strong> stanno alla base dell'origine e de<strong>gli</strong> sviluppi <strong>della</strong>Scuola <strong>di</strong> Francoforte sono in<strong>di</strong>viduabili nell'avvento del nazismo e del fascismo,<strong>che</strong> stimolano analisi cr<strong>it</strong>i<strong>che</strong> sull'autor<strong>it</strong>arismo, nel trionfo <strong>della</strong> società tecnologicaopulenta, <strong>che</strong> favorisce originali riflessioni sul consumismo, sull'industria culturale esull'in<strong>di</strong>viduo etero-<strong>di</strong>retto (con<strong>di</strong>zionato da pressioni esterne), nonchénell'affermazione del comunismo sovietico, visto come esempio negativo <strong>di</strong>"rivoluzione fall<strong>it</strong>a" e <strong>di</strong> altra faccia del cap<strong>it</strong>alismo sotto forma <strong>di</strong> cap<strong>it</strong>alismo <strong>di</strong>Stato.118


119Benché fortemente influenzata dal marxismo, la Scuola <strong>di</strong> Francoforte ha tuttaviacon esso un rapporto tormentato (cr<strong>it</strong>ico) <strong>per</strong> motivi teorici e pratici, sia <strong>per</strong>chérespinge il concetto car<strong>di</strong>ne marxista <strong>di</strong> progresso sociale storicamentepredeterminato, sia <strong>per</strong>ché si oppone ai regimi total<strong>it</strong>ari del comunismo reale (quale siè realmente e storicamente sviluppato) <strong>di</strong> ispirazione marxista.MAX HORKHEIMER(1895-1973).O<strong>per</strong>e principali: Autor<strong>it</strong>à e fami<strong>gli</strong>a; Dialettica dell'illuminismo (scr<strong>it</strong>ta insieme adAdorno); L'eclissi <strong>della</strong> ragione.La società autor<strong>it</strong>aria.Horkheimer tende ad evidenziare il rapporto esistente tra l'autor<strong>it</strong>arismo <strong>della</strong>società borghese e la fami<strong>gli</strong>a. Nei sistemi pol<strong>it</strong>ici borghesi la libertà in<strong>di</strong>viduale ègarant<strong>it</strong>a solo da un punto <strong>di</strong> vista formale ma <strong>di</strong> fatto è con<strong>di</strong>zionata dalla s<strong>it</strong>uazioneeconomica e sociale. Sottolinea come il principio <strong>di</strong> autor<strong>it</strong>à trovi la sua primarealizzazione nella fami<strong>gli</strong>a, la cui struttura riflette quella <strong>della</strong> società come hanno<strong>di</strong>mostrato le ricer<strong>che</strong> psicoanal<strong>it</strong>i<strong>che</strong>.L'eclissi <strong>della</strong> ragione.Horkheimer esamina il concetto <strong>di</strong> razional<strong>it</strong>à <strong>che</strong> sta alla base del mondomoderno e <strong>della</strong> civiltà industriale. E<strong>gli</strong> <strong>di</strong>stingue tra una ragione oggettiva e unaragione soggettiva. La prima è quella dei gran<strong>di</strong> sistemi filosofici (Platone,Aristotele, la Scolastica, l'Idealismo), volta all'elaborazione <strong>di</strong> principi, <strong>di</strong> fini, <strong>di</strong>ideali posti a fondamento <strong>della</strong> realtà e <strong>che</strong> fungono da cr<strong>it</strong>eri del nostro conoscere edel nostro agire. La seconda è quella <strong>che</strong> si rifiuta <strong>di</strong> riconoscere uno scopo ultimonella realtà nonché <strong>di</strong> valutare i fini dell'azione, lim<strong>it</strong>andosi unicamente a determinare<strong>gli</strong> strumenti e i mezzi più efficienti <strong>per</strong> raggiungere i più <strong>di</strong>versi e qualsiasi fini,senza più riflettere su<strong>gli</strong> stessi.Questa ragione soggettiva e strumentale si è sviluppata soprattutto nella societàmoderna, col crescente <strong>di</strong>stacco dell'uomo dalla natura, ed è <strong>di</strong>ventata unacaratteristica non contingente, provvisoria e storicamente delim<strong>it</strong>ata, bensì strutturalee costante <strong>della</strong> civiltà moderna, non solo borghese ma an<strong>che</strong> sovietica. È nata dalbisogno umano <strong>di</strong> dominare la natura e, <strong>per</strong> assoggettarla, ha richiesto l'impianto <strong>di</strong>una organizzazione burocratica e im<strong>per</strong>sonale <strong>che</strong> è giunta a ridurre l'uomo asemplice strumento <strong>per</strong> una manipolazione <strong>della</strong> natura fine a se stessa. La scienza eil progresso tecnologico mettono a <strong>di</strong>sposizione <strong>di</strong> tutti oggetti e beni dapprima nonimmaginabili, ma <strong>per</strong> contro è <strong>di</strong>minu<strong>it</strong>a l'autonomia dell'in<strong>di</strong>viduo, la forza <strong>della</strong> suaimmaginazione e la sua in<strong>di</strong>pendenza <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio. Ne consegue un processo <strong>di</strong>119


120crescente <strong>di</strong>sumanizzazione e la ragione (la coscienza cr<strong>it</strong>ica), <strong>di</strong>venuta ragionestrumentale, si è incamminata in una <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong>alettica auto<strong>di</strong>struttiva inquanto minaccia <strong>di</strong> <strong>di</strong>struggere proprio quello scopo <strong>che</strong> dovrebbe realizzare, cioèl'emancipazione dell'uomo, il suo potere <strong>di</strong> cr<strong>it</strong>ica e <strong>di</strong> creativ<strong>it</strong>à. La civiltà modernaha fin<strong>it</strong>o col sost<strong>it</strong>uire i fini con i mezzi. La ragione è degradata unicamente acapac<strong>it</strong>à <strong>di</strong> calcolare e coor<strong>di</strong>nare i mezzi adatti rispetto ad un fine qualsiasi,rinunciando a stabilire quale fine sia più ragionevole <strong>di</strong> un altro. Il pensiero puòservire <strong>per</strong> qualunque scopo, buono o cattivo. È ridotto a solo strumento <strong>di</strong> azione ela coscienza in<strong>di</strong>viduale è <strong>di</strong>venuta incapace <strong>di</strong> stabilire e presce<strong>gli</strong>ere le norme<strong>di</strong> v<strong>it</strong>a, determinate ormai da altre forze. Gli scopi sono decisi dal "sistema",cioè dal potere dominante. La ragione si è eclissata, avendo rinunciato alla propriaautonomia. Il sistema, <strong>per</strong>seguendo come unico scopo il dominio <strong>della</strong> natura e de<strong>gli</strong>uomini, riduce la razional<strong>it</strong>à a funzional<strong>it</strong>à, il sa<strong>per</strong>e alla tecnica e la ver<strong>it</strong>à all'util<strong>it</strong>à,generando un tipo <strong>di</strong> uomo asserv<strong>it</strong>o alle esigenze produttive. Un uomo <strong>che</strong> non siinterroga mai sui fini autentici <strong>della</strong> società e <strong>che</strong> abbassa la propria razional<strong>it</strong>à darazional<strong>it</strong>à rispetto ai fini a razional<strong>it</strong>à rispetto ai mezzi, utilizzata come merostrumento <strong>di</strong> calcolo tecnico <strong>di</strong> convenienza in<strong>di</strong>vidualistica, in quanto tale funzionaleal potere dell'industria e del cap<strong>it</strong>alismo.Alla cr<strong>it</strong>ica sull'eclisse <strong>della</strong> ragione si accompagna quella contro le filosofie <strong>che</strong>la rispecchiano:1. contro il neopos<strong>it</strong>ivismo, <strong>che</strong> risolve tutti <strong>gli</strong> interrogativi filosofici nellescienze particolari e trascura la <strong>di</strong>mensione <strong>della</strong> total<strong>it</strong>à (<strong>di</strong> una visioneglobale e cr<strong>it</strong>ica <strong>della</strong> realtà);2. contro il pragmatismo, <strong>che</strong> trasforma la ver<strong>it</strong>à in util<strong>it</strong>à;3. contro l'idealismo, <strong>per</strong>ché la pur giusta prospettiva <strong>della</strong> total<strong>it</strong>à è andata infumo;4. contro il neokantismo, <strong>che</strong> si è risolto in vuoti formalismi;5. contro la fenomenologia, <strong>che</strong> resta un programma irrealizzabile;6. contro l'esistenzialismo <strong>di</strong> Heidegger, <strong>che</strong> <strong>di</strong> fatto è prim<strong>it</strong>ivismo (esaltazionedel mondo e del pensiero prim<strong>it</strong>ivo) e irrazionalismo;7. contro il pos<strong>it</strong>ivismo, <strong>che</strong> si riduce ad una accettazione acr<strong>it</strong>ica dei fatti manon si accorge <strong>che</strong> i fatti non sono dati rigi<strong>di</strong> ma piuttosto dei problemi;8. contro altresì tutte le forme dogmati<strong>che</strong> <strong>che</strong> ha assunto il marxismo, <strong>che</strong>pretende <strong>di</strong> sa<strong>per</strong>e in quale casella sistemare un fenomeno senza <strong>per</strong>òconoscere nulla del fenomeno. Il comunismo reale è in effetti nient'altro <strong>che</strong>cap<strong>it</strong>alismo <strong>di</strong> Stato ed è una variante dello Stato autor<strong>it</strong>ario. An<strong>che</strong> leorganizzazioni proletarie <strong>di</strong> massa si sono date una struttura burocratica,lim<strong>it</strong>andosi a sost<strong>it</strong>uire il principio <strong>della</strong> pianificazione economica a quello delprof<strong>it</strong>to, segu<strong>it</strong>ando comunque a mantenere <strong>gli</strong> uomini assoggettati ad unaamministrazione e ad un controllo centralizzato e burocratizzato. Il prof<strong>it</strong>to dauna parte ed il controllo pianificato dall'altra hanno generato sempre maggiorrepressione;9. parimenti, è condannata la sociologia <strong>di</strong> stampo pos<strong>it</strong>ivistico ed empiristico afavore <strong>di</strong> una sociologia cr<strong>it</strong>ica.120


121La sociologia <strong>di</strong> Horkheimer si <strong>di</strong>fferenzia da quella <strong>di</strong> Weber <strong>per</strong>ché nonintende essere "avalutativa", ossia semplicemente descr<strong>it</strong>tiva ed esplicativa,dovendo essere invece orientata secondo precisi valori e quin<strong>di</strong> cr<strong>it</strong>ica neiconfronti delle s<strong>it</strong>uazioni sociali esistenti. Da qui la concezione <strong>della</strong> sociologiacome "teoria cr<strong>it</strong>ica <strong>della</strong> società". Inoltre la sociologia non può esseresemplicemente una scienza particolare, lim<strong>it</strong>andosi a considerare i comportamentisociali come se fossero una realtà separata da tutte le altre, ma deve inserire i fattisociali nella total<strong>it</strong>à <strong>della</strong> realtà storica, deve cioè coincidere con quellaconsiderazione generale <strong>della</strong> total<strong>it</strong>à <strong>della</strong> realtà <strong>che</strong> è la <strong>filosofia</strong>.La <strong>di</strong>alettica dell'illuminismo.I motivi <strong>che</strong> spiegano l'eclisse <strong>della</strong> ragione stanno alla base <strong>della</strong> celebre o<strong>per</strong>a"Dialettica dell'illuminismo". Qui <strong>per</strong> Illuminismo non viene inteso soltanto quelmovimento <strong>di</strong> pensiero <strong>che</strong> ha caratterizzato il Settecento. Viene inteso piuttostocome linea <strong>di</strong> pensiero e <strong>per</strong><strong>corso</strong> <strong>della</strong> ragione <strong>che</strong>, partendo già da Senofane epoi soprattutto con Cartesio e Bacone, ha preteso <strong>di</strong> razionalizzare il mondo alsolo fine <strong>di</strong> renderlo manipolabile e sfruttabile, nell'obiettivo <strong>di</strong> to<strong>gli</strong>ere all'uomola paura e <strong>di</strong> renderlo padrone. Ma questo tipo <strong>di</strong> illuminismo va incontroall'auto<strong>di</strong>struzione <strong>per</strong>ché è rimasto paralizzato dalla paura <strong>della</strong> ver<strong>it</strong>à. In essoè prevalsa l'idea <strong>che</strong> il sa<strong>per</strong>e è tecnica anziché cr<strong>it</strong>ica. Quel <strong>che</strong> importa non è laver<strong>it</strong>à delle teorie ma la loro funzional<strong>it</strong>à. La pretesa <strong>di</strong> accrescere sempre <strong>di</strong> più ilpotere sulla natura e la separazione dell'uomo dalla natura hanno determinato ilprevalere dell'apparato tecnico e la <strong>per</strong><strong>di</strong>ta dell'autonomia del singolo in<strong>di</strong>viduo.L'uomo è <strong>di</strong>ventato un ingranaggio del sistema <strong>di</strong> cui sfruttare le capac<strong>it</strong>à senzanessuna gratificazione a livello <strong>per</strong>sonale. L'illuminismo prometteva libertà eautonomia <strong>per</strong> l'uomo, liberato dai dogmi e dalle credenze <strong>della</strong> metafisica e <strong>della</strong>religione, ma in realtà ha dato origine a nuove religioni, ai nuovi m<strong>it</strong>i <strong>della</strong> scienza,del progresso tecnologico, dell'efficienza, senza porsi il problema <strong>della</strong> felic<strong>it</strong>àumana. Da ciò il ribaltamento filosofico, ossia <strong>di</strong>alettico, dell'illuminismo: laragione produce ciò <strong>che</strong> inizialmente aveva negato, vale a <strong>di</strong>re il m<strong>it</strong>o <strong>della</strong> tecnica,l'accettazione passiva <strong>della</strong> realtà e infine la rinuncia alla razional<strong>it</strong>à stessa. Lavolontà <strong>di</strong> un crescente dominio sulla natura si è rovesciata in un progressivodominio dell'uomo sull'uomo e in un generale asservimento dell'in<strong>di</strong>viduoall'apparato tecnico e al sistema sociale. Di fronte alle potenze economi<strong>che</strong> il singoloè ridotto a zero.Simbolo <strong>della</strong> rovesciamento <strong>di</strong>alettico <strong>della</strong> ragione (da dominio sulla natura adominio sull'uomo) è Ulisse <strong>che</strong>, facendosi legare all'albero <strong>della</strong> nave e tappando leorecchie con la cera, rifiuta <strong>di</strong> prestare ascolto e <strong>di</strong> acco<strong>gli</strong>ere i richiami al piacere ealla felic<strong>it</strong>à delle sirene. Prezzo del deca<strong>di</strong>mento <strong>della</strong> razional<strong>it</strong>à è non solo la libertàma an<strong>che</strong> la felic<strong>it</strong>à.Il passaggio dalla ragione oggettiva alla ragione soggettiva non è avvenuto <strong>per</strong> caso,commenta Horkheimer, e se ciò è accaduto significa <strong>che</strong> le filosofie <strong>della</strong> ragione121


122oggettiva avevano fondamenta troppo deboli. Oggi sono ormai solo "filosofie <strong>di</strong>servizio". Nemmeno l'arte e la letteratura riescono a co<strong>gli</strong>ere e a dare significato allarealtà. Un tempo l'arte, la letteratura e la <strong>filosofia</strong> si sforzavano <strong>di</strong> esprimere ilsignificato delle cose e <strong>della</strong> v<strong>it</strong>a. Oggi alla natura è stata tolta la facoltà <strong>di</strong> parlare ela cultura <strong>della</strong> società industriale tace sui fini e, con ciò, sulle questioni <strong>che</strong> <strong>per</strong> unuomo sono le più importanti.In questa s<strong>it</strong>uazione <strong>di</strong> <strong>per</strong><strong>di</strong>ta <strong>della</strong> libertà <strong>di</strong> pensiero e <strong>di</strong> azione in<strong>di</strong>viduale,an<strong>che</strong> a causa dell'industria culturale, <strong>di</strong>venta <strong>di</strong> nuovo fondamentale il ruolo <strong>della</strong><strong>filosofia</strong>, non come "sistema" ma come denuncia <strong>di</strong> ciò <strong>che</strong> viene comunementechiamata ragione, <strong>per</strong> tornare ad una ragione intesa come attiv<strong>it</strong>à cr<strong>it</strong>ica <strong>che</strong>smas<strong>che</strong>ri le illusioni e <strong>gli</strong> inganni <strong>della</strong> società industriale.La nostalgia del "totalmente Altro".Dopo l'iniziale adesione al marxismo, Horkheimer si rende progressivamente conto<strong>che</strong> il marxismo stesso, inseguendo anch'esso l'ideale <strong>di</strong> un dominio sulla natura e <strong>di</strong>un controllo sulla società, finisce <strong>per</strong> rientrare nella logica illuministicostrumentale<strong>della</strong> nostra civiltà. Marx ha ottimisticamente r<strong>it</strong>enuto <strong>che</strong> giustizia elibertà potessero stare in un rapporto <strong>di</strong> ident<strong>it</strong>à. Invece i fatti hannodrammaticamente mostrato <strong>che</strong> stanno in un rapporto <strong>di</strong> esclusione. La solidarietàdel proletariato voluta da Marx non era forse la via mi<strong>gli</strong>ore <strong>per</strong> giungere ad unasocietà giusta. Le illusioni <strong>di</strong> Marx sono presto venute a galla: la s<strong>it</strong>uazione socialedel proletariato è mi<strong>gli</strong>orata senza rivoluzione e l'interesse comune non è più ilra<strong>di</strong>cale mutamento <strong>della</strong> società bensì una mi<strong>gli</strong>ore con<strong>di</strong>zione materiale <strong>di</strong> v<strong>it</strong>a.Per Horkheimer vi è una solidarietà <strong>che</strong> va al <strong>di</strong> là <strong>della</strong> solidarietà <strong>di</strong> unadeterminata classe: è la solidarietà fra tutti <strong>gli</strong> uomini, <strong>per</strong>ché tutti devonosoffrire e devono morire. Abbiamo tutti un interesse in comune, quello <strong>di</strong> creare unmondo in cui la v<strong>it</strong>a sia più bella, più lunga, più affrancata dal dolore e piùfavorevole allo sviluppo dello spir<strong>it</strong>o. Ma noi uomini siamo essere fin<strong>it</strong>i. Per questonon possiamo pensare <strong>che</strong> qualcosa <strong>di</strong> storico -una pol<strong>it</strong>ica, una teoria, uno Stato- siaqualcosa <strong>di</strong> assoluto.Si svela nell'ultimo Horkheimer una nostalgia <strong>per</strong> il <strong>di</strong>vino, una nuova sensibil<strong>it</strong>à<strong>per</strong> la riflessione teologica. La nostra fin<strong>it</strong>ezza e precarietà non <strong>di</strong>mostra l'esistenza<strong>di</strong> Dio. Tuttavia è avvertibile il bisogno <strong>di</strong> una teologia intesa non come scienza <strong>di</strong>Dio ma come coscienza <strong>che</strong> il mondo è fenomeno, <strong>che</strong> non è la ver<strong>it</strong>à assoluta, laquale soltanto è la realtà ultima. Dio non è certezza, ma esso è la s<strong>per</strong>anza, lanostalgia <strong>di</strong> un "totalmente Altro" <strong>per</strong> cui, "nonostante l'ingiustizia del mondo,non possa avvenire <strong>che</strong> l'ingiustizia possa essere l'ultima parola". Questo Dionostalgiaè assolutamente in<strong>di</strong>mostrabile e irrappresentabile, assumendo piuttosto, inHorkheimer, il carattere <strong>di</strong> teologia negativa. Tuttavia esprime una nostalgia <strong>di</strong>trascendenza in cui l'ingiustizia non possa trionfare. È la s<strong>per</strong>anza <strong>di</strong> una <strong>per</strong>fettagiustizia e ciò, ammette Horkheimer, non potrà mai essere realizzato nella<strong>storia</strong> umana.122


123THEODOR WIESENGRUND ADORNO (1903-1969).O<strong>per</strong>e principali: oltre alla "Dialettica dell'illuminismo", scr<strong>it</strong>ta insieme conHorkheimer, si possono c<strong>it</strong>are le o<strong>per</strong>e "Dialettica negativa"; Minima morali; Teoriaestetica (postuma).La <strong>di</strong>alettica negativa.Quello <strong>della</strong> <strong>di</strong>alettica è un tema centrale in Adorno. E<strong>gli</strong> è influenzato da <strong>di</strong>versefilosofie, da Marx a Nietzs<strong>che</strong>, ma è soprattutto la <strong>di</strong>alettica hegeliana a susc<strong>it</strong>are ilsuo interesse. Contro la fenomenologia e l'esistenzialismo da un lato e contro ilneopos<strong>it</strong>ivismo e il logicismo dall'altro, Adorno <strong>di</strong>fende la funzione primaria <strong>della</strong><strong>di</strong>alettica come strumento <strong>di</strong> comprensione del reale, ma respinge la concezionehegeliana <strong>di</strong> <strong>di</strong>alettica <strong>che</strong> attraverso la messa in luce delle contrad<strong>di</strong>zioni giunge poialla loro sintesi e conciliazione. Per Adorno invece la <strong>di</strong>alettica è sempre negativa,una <strong>di</strong>alettica <strong>che</strong> nega cioè l'ident<strong>it</strong>à <strong>di</strong> reale e razionale, <strong>di</strong> essere e pensiero, e negaquin<strong>di</strong> le pretese <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong> <strong>di</strong> afferrare la total<strong>it</strong>à <strong>della</strong> realtà e <strong>di</strong> rivelarne ilsenso nascosto e profondo. L'idea <strong>che</strong> l'essere sia assolutamente corrispondenteal pensiero e ad esso accessibile è un'illusione, come attestato dal fallimento dellemetafisi<strong>che</strong> tra<strong>di</strong>zionali, in particolare <strong>della</strong> fenomenologia (poiché unicamentedescr<strong>it</strong>tiva), dell'idealismo, del pos<strong>it</strong>ivismo, dell'illuminismo e del marxismoufficiale. Allorché queste teorie si presentano come pos<strong>it</strong>ive esse si trasformano inideologia. La <strong>filosofia</strong> oggi si manifesta come mas<strong>che</strong>ramento e camuffamento <strong>della</strong>realtà; nello sforzo <strong>di</strong> darne una spiegazione coerente e globale finisce colgiustificare la s<strong>it</strong>uazione <strong>di</strong> fatto e bloccare qualsiasi azione trasformatrice erivoluzionaria. Dopo Auschw<strong>it</strong>z, <strong>di</strong>chiara Adorno, le tra<strong>di</strong>zionali e giustificazionistevisioni del mondo sono <strong>di</strong>venute semplice "spazzatura".Serve una <strong>di</strong>alettica negativa <strong>che</strong>, contestando l'ident<strong>it</strong>à <strong>di</strong> ragione e realtà,sappia svelare le <strong>di</strong>sarmonie e le contrad<strong>di</strong>zioni, non conciliabili in sintesi, <strong>che</strong>caratterizzano il mondo. La <strong>di</strong>alettica negativa non è una <strong>di</strong>alettica idealistica, <strong>che</strong>mistifica la realtà in armonici s<strong>che</strong>mi concettuali. Piuttosto è una <strong>di</strong>aletticamaterialistica, <strong>per</strong> la quale la realtà non è affatto razionale. La realtà esiste in séin<strong>di</strong>pendentemente dal pensiero, con contenuti non sempre interpretabili econoscibili. Va quin<strong>di</strong> riconosciuto il primato dell'oggetto: l'oggetto può esserepensato solo dal soggetto ma resta sempre <strong>di</strong> fronte ad esso come "altro".Adorno cr<strong>it</strong>ica conseguentemente tutte le filosofie <strong>che</strong> tendono a costruire sistem<strong>it</strong>otalizzanti, convinto <strong>che</strong> non sia possibile afferrare con la forza del pensiero latotal<strong>it</strong>à del reale. Nella realtà invece le contrad<strong>di</strong>zioni <strong>per</strong>mangono e non possonoessere mai completamente comprese dal pensiero e conciliate in una sintesipacificata. Alla <strong>filosofia</strong> non spetta quin<strong>di</strong> il comp<strong>it</strong>o <strong>di</strong> spiegare la realtàme<strong>di</strong>ante tentativi <strong>di</strong> teorie <strong>di</strong> conciliazione e <strong>di</strong> sintesi de<strong>gli</strong> opposti, bensì ilcomp<strong>it</strong>o <strong>di</strong> cr<strong>it</strong>ica programmatica e rivoluzionaria delle contrad<strong>di</strong>zioni delmondo. La contrad<strong>di</strong>zione è l'essenza <strong>della</strong> realtà ed investe lo stesso pensiero, ossia123


la stessa <strong>di</strong>alettica, vale a <strong>di</strong>re la <strong>filosofia</strong> <strong>che</strong> deve <strong>per</strong>ciò cr<strong>it</strong>icare an<strong>che</strong> se stessa e<strong>di</strong>venire così autocr<strong>it</strong>ica.124L'industria culturale.Il termine <strong>di</strong> "industria culturale" è stato coniato da Adorno insieme ad Horkheimer.Uno de<strong>gli</strong> aspetti più vistosi dell'o<strong>di</strong>erna società tecnologica è la creazione <strong>di</strong> unpossente apparato chiamato "industria culturale", cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o essenzialmente dallapubblic<strong>it</strong>à e dai mass-me<strong>di</strong>a (giornali, cinema, televisione, ra<strong>di</strong>o, <strong>di</strong>schi, ecc.),me<strong>di</strong>ante il quale il sistema è in grado <strong>di</strong> con<strong>di</strong>zionare le coscienze e icomportamenti in<strong>di</strong>viduali in maniera funzionale alla conservazione del propriopotere. Il consumatore, in apparenza libero nelle sue scelte, <strong>di</strong>venta invece soggettopassivo, destinatario dei messaggi dell'industria culturale, <strong>che</strong> susc<strong>it</strong>a i bisogni edetermina i consumi de<strong>gli</strong> in<strong>di</strong>vidui, rendendoli passivi ed etero-<strong>di</strong>retti (<strong>di</strong>retti daaltro, non dalla loro coscienza ma da pressioni esterne). I mezzi <strong>di</strong> comunicazione <strong>di</strong>massa dell'industria culturale contribuiscono ad un processo <strong>di</strong> estraniazionedell'in<strong>di</strong>viduo, imponendo valori e modelli <strong>di</strong> comportamento uniformi econformistici poiché devono raggiungere e andar bene <strong>per</strong> tutti. L'in<strong>di</strong>viduo, cosìcon<strong>di</strong>zionato, <strong>per</strong>de la sua autonomia e la sua capac<strong>it</strong>à cr<strong>it</strong>ica, come pure la suacreativ<strong>it</strong>à. L'industria culturale ha plasmato l'uomo in maniera assolutamentestandard. Ognuno è del tutto fungibile e del tutto sost<strong>it</strong>uibile. Nella società <strong>di</strong> massal'in<strong>di</strong>viduo <strong>per</strong>de la sua in<strong>di</strong>vidual<strong>it</strong>à e <strong>di</strong>venta un puro nulla.La stessa democrazia <strong>di</strong>venta autor<strong>it</strong>aria: l'uomo viene sempre più controllato edominato sia nel mondo del lavoro <strong>che</strong> nella sfera privata <strong>della</strong> sua esistenza.An<strong>che</strong> il <strong>di</strong>vertimento <strong>per</strong>de il suo carattere spontaneo <strong>di</strong> libera scelta creativa e s<strong>it</strong>rasforma in <strong>di</strong>vertimento programmato, poiché è la stessa industria culturale edel <strong>di</strong>vertimento <strong>che</strong> ne stabilisce modal<strong>it</strong>à e orari affinché siano funzionali altempo <strong>di</strong> lavoro e non giungano a comprometterlo.L'industria culturale è, nel complesso, la più efficaci ideologia al servizio delcap<strong>it</strong>alismo, rivolta a creare sostanziale consenso nei confronti del sistema.Il ruolo dell'arte nella società moderna.Poiché valente cr<strong>it</strong>ico letterario e musicologo, Adorno si è <strong>di</strong>stinto an<strong>che</strong> nel campodell'estetica. E<strong>gli</strong> r<strong>it</strong>iene <strong>che</strong> l'arte contemporanea possa svolgere un'importantefunzione culturale e sociale <strong>per</strong> un duplice motivo:1. l'arte contemporanea, avendo rotto i canoni classici <strong>della</strong> bellezza intesa comearmonia e <strong>per</strong>fezione, <strong>per</strong> esaltare invece i contrasti nonché raffigurazioniastratte ed espressionisti<strong>che</strong>, svolge un ruolo <strong>di</strong> testimonianza <strong>della</strong><strong>di</strong>sarmonia, delle contrad<strong>di</strong>zioni e <strong>della</strong> frammentarietà del nostro mondo e<strong>della</strong> società moderna, a conferma <strong>della</strong> tesi <strong>della</strong> <strong>di</strong>alettica negativaconcernente l'inconciliabil<strong>it</strong>à de<strong>gli</strong> opposti in una sintesi risolutrice;124


1252. l'arte, poiché esprime la sofferenza <strong>per</strong> le contrad<strong>di</strong>zioni del mondo e lamancanza <strong>di</strong> libertà nella società conformistica <strong>di</strong> massa, svolge una funzione<strong>di</strong> protesta e liberatoria, come desiderio e anticipazione utopica <strong>di</strong> un mondo amisura d'uomo.HERBERT MARCUSE (1898-1979).Il suo pensiero è stato un importante punto <strong>di</strong> riferimento <strong>della</strong> contestazionegiovanile del 1968.O<strong>per</strong>e principali: Eros e civiltà; L'uomo a una <strong>di</strong>mensione; La fine dell'utopia."Eros e civiltà": <strong>per</strong> una civiltà non repressiva.Marcuse riprende la posizione espressa da Freud nel "Disagio <strong>della</strong> civiltà",secondo cui lo sviluppo <strong>della</strong> civiltà è basato sulla repressione <strong>della</strong> libidodell'uomo e dei suoi istinti, in particolare l'istinto <strong>della</strong> ricerca del piacere (l'eros).La società è riusc<strong>it</strong>a ad accrescere la produttiv<strong>it</strong>à e a mantenere l'or<strong>di</strong>ne soloimpedendo all'in<strong>di</strong>viduo la libera sod<strong>di</strong>sfazione delle sue pulsioni ed istinti, <strong>per</strong>sublimarli ed innalzarli invece verso il lavoro e l'impegno. Però, a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong>Freud <strong>che</strong> r<strong>it</strong>eneva la repressione un costo inev<strong>it</strong>abile <strong>di</strong> qualsiasi civiltà, Marcuser<strong>it</strong>iene <strong>che</strong> non sia la civiltà in generale ad essere repressiva bensì quel tipoparticolare <strong>di</strong> civiltà <strong>che</strong> è la società <strong>di</strong> classe, in particolare la società industrialeavanzata, ove il principio del piacere (la libido, <strong>gli</strong> istinti, l'eros) ha dovutosoccombere <strong>di</strong> fronte al principio <strong>della</strong> realtà, imposto come principio <strong>di</strong>prestazione, ossia come <strong>di</strong>rettiva volta ad impiegare tutte le energie psicofisi<strong>che</strong>dell'in<strong>di</strong>viduo <strong>per</strong> scopi produttivi e lavorativi, con conseguente restrizione <strong>della</strong>componente erotica (sensuale ed emotiva) <strong>della</strong> natura umana e riduzione <strong>della</strong>sessual<strong>it</strong>à a puro fatto gen<strong>it</strong>ale e procreativo ("tirannide gen<strong>it</strong>ale").Contro le pressioni repressive <strong>della</strong> sfera dei sensi, del piacere e de<strong>gli</strong> impulsi, la<strong>di</strong>mensione estetica e l'arte può allora <strong>di</strong>venire <strong>per</strong> Marcuse espressione deldesiderio umano <strong>di</strong> libertà e <strong>di</strong> creativ<strong>it</strong>à non alienata (non <strong>di</strong>sumanizzata). La<strong>di</strong>mensione estetica trova in Orfeo (la voce <strong>che</strong> non comanda ma canta) e in Narciso(la sua è una v<strong>it</strong>a <strong>di</strong> bellezza) le figure più caratteristi<strong>che</strong>, mentre Prometeo, simbolo<strong>della</strong> fatica e <strong>della</strong> produttiv<strong>it</strong>à, è l'eroe culturale dell'Occidente.È mai possibile realizzare una civiltà non repressiva? Secondo Marcuse,me<strong>di</strong>ante un rovesciamento <strong>di</strong> prospettiva possono essere in<strong>di</strong>viduate proprio nelprogresso tecnologico le con<strong>di</strong>zioni <strong>per</strong> una liberazione <strong>della</strong> società dall'ossessivoprincipio <strong>di</strong> prestazione a favore <strong>di</strong> una <strong>di</strong>latazione del tempo libero e <strong>di</strong> uncapovolgimento del rapporto fra tempo libero e tempo <strong>di</strong> lavoro socialmentenecessario, in modo <strong>che</strong> questo <strong>di</strong>venti solo un mezzo e non più un fine. Infatti lamaggior <strong>di</strong>ffusione delle macchine nell'attiv<strong>it</strong>à lavorativa rende possibile la125


126<strong>di</strong>minuzione delle ore <strong>di</strong> lavoro e l'aumento del tempo libero e, <strong>per</strong>tanto, un recu<strong>per</strong>o<strong>della</strong> libertà, <strong>della</strong> creativ<strong>it</strong>à e <strong>della</strong> finale trasformazione del lavoro in gioco, in unanuova esistenza ri-orientata verso la felic<strong>it</strong>à dell'eros liberato.L'uomo a una <strong>di</strong>mensione e il "Grande rifiuto"; "La fine dell'utopia".Ne "L'uomo a una <strong>di</strong>mensione" Marcuse ra<strong>di</strong>calizza (esprime in modo ra<strong>di</strong>cale) ivari motivi <strong>di</strong> cr<strong>it</strong>ica <strong>della</strong> società tecnologica. L'uomo a una <strong>di</strong>mensione è ilsoggetto alienato, consumista e privato <strong>della</strong> capac<strong>it</strong>à <strong>di</strong> cr<strong>it</strong>ica <strong>che</strong> ab<strong>it</strong>a la societàindustriale avanzata, denunciata come fondamentalmente autor<strong>it</strong>aria e total<strong>it</strong>aria.Con<strong>di</strong>zionato dal principio <strong>di</strong> prestazione e dall'industria culturale, l'in<strong>di</strong>viduoalienato <strong>della</strong> contemporanea società <strong>di</strong> massa è colui <strong>che</strong> subisce e accettapassivamente il sistema in cui vive, <strong>che</strong> non scorge più il <strong>di</strong>stacco tra ciò <strong>che</strong> è e ciò<strong>che</strong> deve essere e <strong>che</strong> non riesce a concepire altri possibili mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> esistere, altre<strong>di</strong>mensioni <strong>della</strong> v<strong>it</strong>a (da ciò appunto il t<strong>it</strong>olo <strong>di</strong> "uomo a una <strong>di</strong>mensione"). Ilsistema tecnologico ha la capac<strong>it</strong>à <strong>di</strong> far apparire razionale ciò <strong>che</strong> è irrazionalee <strong>di</strong> stor<strong>di</strong>re l'in<strong>di</strong>viduo in un frenetico universo consumistico. Il sistema siriveste <strong>di</strong> forme pluralisti<strong>che</strong> e democrati<strong>che</strong> (part<strong>it</strong>i, giornali, potericontrobilanciati), ma si tratta solo <strong>di</strong> apparenza e <strong>di</strong> illusione, poiché le decisioni <strong>di</strong>fondo sono in realtà sempre nelle mani <strong>di</strong> pochi. L'apparato produttivo tende a<strong>di</strong>ventare total<strong>it</strong>ario nella misura in cui determina non soltanto le occupazioni, leabil<strong>it</strong>à e <strong>gli</strong> atteggiamenti socialmente richiesti, ma an<strong>che</strong> i bisogni e le aspirazioniin<strong>di</strong>viduali (conformismo <strong>di</strong> massa).An<strong>che</strong> la tolleranza <strong>di</strong> cui si vanta l'attuale società avanzata è in effetti una"tolleranza repressiva", <strong>per</strong>ché il suo <strong>per</strong>missivismo si lim<strong>it</strong>a a ciò <strong>che</strong> non mettein <strong>di</strong>scussione il sistema. La stessa libertà sessuale <strong>della</strong> società avanzata èun'illusione o un inganno, poiché in realtà si ha una semplice liberazione"amministrata" e commercialmente red<strong>di</strong>tizia del sesso ai fini <strong>di</strong> un adattamentorepressivo dell'in<strong>di</strong>viduo.La società repressiva amministra globalmente la v<strong>it</strong>a dell'uomo. In tale s<strong>it</strong>uazionebisogna fare appello alle forze in grado <strong>di</strong> opporsi. Poiché tuttavia il ruolorivoluzionario del marxismo è ormai venuto meno (il marxismo non offre più unavisione alternativa <strong>della</strong> società) in quanto il mondo o<strong>per</strong>aio si è integrato concap<strong>it</strong>alismo, bisogna allora appellarsi ai gruppi del <strong>di</strong>ssenso esterni al sistema,vale a <strong>di</strong>re il sottoproletariato non ancora in integrato, <strong>gli</strong> studenti, <strong>gli</strong> emarginati, <strong>gli</strong>sfruttati, i dannati del terzo mondo, i <strong>per</strong>segu<strong>it</strong>ati <strong>di</strong> altre razze, i <strong>di</strong>soccupati e <strong>gli</strong>inabili. Con qual<strong>che</strong> contrad<strong>di</strong>zione rispetto alla precedente posizione <strong>di</strong> "Eros eciviltà", <strong>che</strong> in<strong>di</strong>viduava la soluzione delle con<strong>di</strong>zioni repressive all'interno <strong>della</strong>società, ora sono questi gruppi del <strong>di</strong>ssenso fuori sistema <strong>che</strong> possono incarnareil "Grande rifiuto", ossia la contestazione globale al sistema e porre le basi <strong>per</strong>l'avverarsi dell'utopia nella realtà.126


127Esistendo in tal senso le precon<strong>di</strong>zioni materiali, tecni<strong>che</strong> e sociali (ossia i "luoghi")<strong>che</strong> possono consentire la realizzazione delle utopie, Marcuse parla allora <strong>di</strong> "Finedell'utopia" <strong>per</strong>ché in grado <strong>di</strong> concretizzarsi nella realtà.ERICH FROMM (1900-1980).O<strong>per</strong>e principali: Fuga dalla libertà; Avere o essere?Fuga dalla libertà.La civiltà moderna è caratterizzata da una crescente tendenza <strong>di</strong> fuga dallalibertà, mentre la <strong>storia</strong> dell'uman<strong>it</strong>à è stata soprattutto <strong>storia</strong> <strong>della</strong> libertà, <strong>che</strong> haavuto inizio quando l'uomo è riusc<strong>it</strong>o a liberarsi dalla soggezione alla natura entrocui rimane invece imprigionato l'animale. Lo sviluppo <strong>della</strong> <strong>storia</strong> ha determinatouna serie <strong>di</strong> conquiste quali il dominio sulla natura, la cresc<strong>it</strong>a <strong>della</strong> ragione rispettoa<strong>gli</strong> istinti, l'affermarsi <strong>di</strong> sentimenti <strong>di</strong> solidarietà verso <strong>gli</strong> altri uomini. Tuttavia il<strong>di</strong>stacco dalla natura ha causato an<strong>che</strong> isolamento, insicurezza e sol<strong>it</strong>u<strong>di</strong>ne. Èderivato uno smarrimento del significato dell'esistenza: l'uomo si sente solo,anonimo, impotente. Vive in modo s<strong>per</strong>sonalizzato il lavoro e, ridotto al ruolo <strong>di</strong>consumatore, avverte la propria lim<strong>it</strong>atezza an<strong>che</strong> <strong>di</strong> fronte alle scelte pol<strong>it</strong>i<strong>che</strong>.Per sfuggire a tale isolamento l'uomo tenta due vie <strong>di</strong>verse: 1) i meno cercano <strong>di</strong>dominare <strong>gli</strong> altri; 2) i più si sottomettono ad un'autor<strong>it</strong>à (sia questa una <strong>per</strong>sona,un governo, un'ist<strong>it</strong>uzione, una <strong>di</strong>vin<strong>it</strong>à). L'insicurezza e la precarietà determinanocioè comportamenti <strong>di</strong> fuga dalla libertà, ossia <strong>di</strong> rinuncia alla responsabil<strong>it</strong>à eall'autonomia delle scelte, <strong>che</strong> favoriscono quin<strong>di</strong> lo sviluppo dei regimi total<strong>it</strong>ari(fascismo, nazismo, stalinismo). Il total<strong>it</strong>arismo <strong>per</strong> Fromm ha <strong>per</strong>tantospiegazioni <strong>di</strong> carattere non solo pol<strong>it</strong>ico-sociale ma an<strong>che</strong> psicologico.An<strong>che</strong> il conformismo <strong>di</strong>lagante nella società moderna, cioè l'accettazione acr<strong>it</strong>icadei modelli <strong>di</strong> comportamento proposti dalla società, è in realtà un meccanismopsicologico messo in atto <strong>per</strong> fuggire dalla paura e dalla sol<strong>it</strong>u<strong>di</strong>ne e, in ultimaanalisi, <strong>per</strong> fuggire dalla libertà. La fuga dalla libertà è l'effetto dell'alienazionesussistente nella società contemporanea e dell'estrane<strong>it</strong>à dell'uomo a se stesso,allorquando non si riconosce come protagonista delle sue scelte ma concepisce sestesso, nella società dominata dal denaro e dal consumo, come una cosa in ven<strong>di</strong>ta.La soluzione <strong>per</strong> Fromm sta nell'affermazione <strong>di</strong> una libertà pos<strong>it</strong>iva, ovveronella realizzazione spontanea e completa <strong>della</strong> propria <strong>per</strong>sonal<strong>it</strong>à in un lavorocreativo e nella solidarietà con <strong>gli</strong> altri uomini. Il rime<strong>di</strong>o all'alienazione vieneprospettato nel cost<strong>it</strong>uirsi <strong>di</strong> un tipo <strong>di</strong> società organizzata secondo un "socialismocomun<strong>it</strong>ario", vicino alle posizioni dei socialisti utopisti e favor<strong>it</strong>o da unsindacalismo <strong>che</strong> miri alla partecipazione <strong>di</strong> tutti i lavoratori alla gestione del mondodel lavoro.127


128Per secoli, afferma Fromm, <strong>gli</strong> uomini al potere hanno proclamato l'obbe<strong>di</strong>enzauna virtù e la <strong>di</strong>sobbe<strong>di</strong>enza un vizio. Ma la <strong>storia</strong> dell'uomo è cominciata conun atto <strong>di</strong> <strong>di</strong>sobbe<strong>di</strong>enza ed è tutt'altro <strong>che</strong> probabile <strong>che</strong> si concluda con un atto <strong>di</strong>obbe<strong>di</strong>enza. Adamo ed Eva stavano dentro la natura. Il loro atto <strong>di</strong> <strong>di</strong>sobbe<strong>di</strong>enza hascisso il legame originario con la natura e li ha resi in<strong>di</strong>vidui: il peccato originale,lungi dal corrom<strong>per</strong>e l'uomo, lo ha anzi reso libero; esso è stato l'inizio <strong>della</strong> sua<strong>storia</strong>. L'uomo ha dovuto abbandonare il para<strong>di</strong>so terrestre <strong>per</strong> imparare a <strong>di</strong>penderedalle proprie forze e <strong>di</strong>ventare pienamente umano. E l'uomo ha continuato adevolversi me<strong>di</strong>ante atti <strong>di</strong> <strong>di</strong>sobbe<strong>di</strong>enza contro i tentativi delle autor<strong>it</strong>à volti areprimere nuove idee e ogni cambiamento. La capac<strong>it</strong>à <strong>di</strong> <strong>di</strong>sobbe<strong>di</strong>re è <strong>per</strong>tanto lacon<strong>di</strong>zione <strong>della</strong> libertà: "Se ho paura <strong>della</strong> libertà non posso avere il coraggio <strong>di</strong><strong>di</strong>sobbe<strong>di</strong>re". Quel <strong>che</strong> spaventa è il mondo contemporaneo, sia quello occidentalema an<strong>che</strong> quello sovietico, uniformemente coalizzato nel progetto <strong>di</strong> avversare lacapac<strong>it</strong>à <strong>di</strong> <strong>di</strong>sobbe<strong>di</strong>re. "I leaders sovietici fanno un gran parlare <strong>di</strong> rivoluzione enoi, nel "mondo libero", <strong>di</strong> libertà. Ma sia essi <strong>che</strong> noi scoraggiamo la<strong>di</strong>sobbe<strong>di</strong>enza; nell'Unione Sovietica esplic<strong>it</strong>amente, con il ri<strong>corso</strong> alla forza, nelmondo libero implic<strong>it</strong>amente, con i sottili meto<strong>di</strong> <strong>della</strong> <strong>per</strong>suasione".Avere o essere?Fromm in<strong>di</strong>vidua due basilari mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> esistenza dell'uomo nella società.Il primo è basato sull'avere, ed è il modello tipico <strong>della</strong> società industrializzata,costru<strong>it</strong>a sulla proprietà privata e sul prof<strong>it</strong>to, <strong>che</strong> porta a identificare l'esistenzaumana con la categoria (la qual<strong>it</strong>à) dell'avere, del possesso: io sono le cose <strong>che</strong>possiedo e ciò <strong>che</strong> consumo; se non possiedo nulla la mia esistenza viene negata. Intale con<strong>di</strong>zione io possiedo le cose ma è an<strong>che</strong> vera la s<strong>it</strong>uazione inversa, cioè le cosepossiedono me.Il secondo modo è basato sull'essere: l'essere se stesso, libero, autonomo, capace <strong>di</strong>spir<strong>it</strong>o cr<strong>it</strong>ico. È un essere attivo, inteso non già nel senso <strong>di</strong> un'attiv<strong>it</strong>à esterna,nell'essere indaffarati, ma <strong>di</strong> un'attiv<strong>it</strong>à interna, ossia <strong>di</strong> finalizzazione de<strong>gli</strong> sforzialla cresc<strong>it</strong>a e all'arricchimento <strong>della</strong> propria interior<strong>it</strong>à.La cultura tardo-me<strong>di</strong>evale aveva come centro ispiratore la visione <strong>della</strong> C<strong>it</strong>tà <strong>di</strong> Dio;la società moderna ha avuto come centro la C<strong>it</strong>tà terrena del progresso; nella societàcontemporanea la C<strong>it</strong>tà terrena del progresso si è ridotta e deteriorata a Torre <strong>di</strong>Babele, <strong>che</strong> ormai comincia a crollare e rischia <strong>di</strong> travolgere tutti. La C<strong>it</strong>tà <strong>di</strong> Dio e laC<strong>it</strong>tà terrena cost<strong>it</strong>uiscono la tesi e l'ant<strong>it</strong>esi. Solo una nuova sintesi puòrappresentare l'alternativa al caos: la sintesi tra spir<strong>it</strong>ual<strong>it</strong>à e svilupporazionale-scientifico. Questa sintesi è la C<strong>it</strong>tà dell'Essere, ossia una nuova societàfondata non sull'avere ma sull'essere, non più alienato bensì protagonista <strong>della</strong>propria v<strong>it</strong>a e solidale con <strong>gli</strong> altri; una società <strong>che</strong> garantisca a livello pol<strong>it</strong>ico enell'amb<strong>it</strong>o del lavoro la partecipazione democratica <strong>di</strong> tutti <strong>gli</strong> uomini.128


129WALTER BENJAMIN (1892-1940).O<strong>per</strong>a principale: L'o<strong>per</strong>a d'arte nell'epoca <strong>della</strong> sua riproducibil<strong>it</strong>à tecnica.In segu<strong>it</strong>o alla lettura <strong>di</strong> Lukàcs si interessa del marxismo, impostando la propria<strong>filosofia</strong> su prevalenti temi artistico-estetici.Benjamin elabora il concetto dell’"auratic<strong>it</strong>à" dell'o<strong>per</strong>a d'arte: essa è il contestospecifico (l'aura, ossia il momento nascente) in cui l'o<strong>per</strong>a sorge e può essere fru<strong>it</strong>a,contesto <strong>che</strong> la rende un evento irripetibile. Tuttavia, nell'età contemporanea lariproducibil<strong>it</strong>à tecnica dell'o<strong>per</strong>a artistica (dal museo al <strong>di</strong>sco, alla fotografia, alfilm) ha reso collettiva la possibil<strong>it</strong>à <strong>della</strong> fruizione e ne ha fatto venir meno ilcarattere originario ed esclusivo. L'arte <strong>di</strong>venta così uno dei tanti prodotti delmondo cap<strong>it</strong>alistico. Sorge una vera e propria industria culturale <strong>che</strong> contrad<strong>di</strong>ce ilcarattere genuino dell'arte. Ciò <strong>di</strong>strugge l'auratic<strong>it</strong>à ed inoltre fa sì <strong>che</strong> il fru<strong>it</strong>ore siasempre più passivo, finendo col vedere l'o<strong>per</strong>a d'arte sempre più come oggetto <strong>di</strong><strong>di</strong>vertimento anziché <strong>di</strong> conoscenza. Così, se da un lato la riproducibil<strong>it</strong>à tecnicaallarga pos<strong>it</strong>ivamente la base dei fru<strong>it</strong>ori, dall'altro essa è <strong>di</strong>ventata, nel tardocap<strong>it</strong>alismo, uno strumento <strong>per</strong> eserc<strong>it</strong>are il dominio sulle masse da parte delpotere. Tale conclusione è fatta propria an<strong>che</strong> da Adorno.Benjamin, <strong>di</strong> origine ebraica, si interessa an<strong>che</strong> <strong>di</strong> <strong>filosofia</strong> <strong>della</strong> <strong>storia</strong>,coniugando marxismo e teologia messianica (<strong>di</strong> salvezza e redenzione). Ilmarxismo, <strong>di</strong>ce Benjamin, ha ragione nel condannare l'in<strong>di</strong>vidualismo borghese e nelprivilegiare le <strong>di</strong>nami<strong>che</strong> (<strong>gli</strong> sviluppi sociali) collettive. Però Benjamin vuolcontinuare a tener vivo il carattere in<strong>di</strong>viduale del soggetto, an<strong>che</strong> se taleconciliazione rimane irrisolta nella sua riflessione. Solo dalla coincidenza tramomento collettivo e soggettivo può nascere <strong>per</strong> Benjamin una qual<strong>che</strong> fiducia nelfuturo. Ma tale coincidenza non è collocata e prevista in un tempo predeterminato,bensì in un futuro messianico, ossia nell'attesa senza risposta <strong>della</strong> venuta <strong>di</strong> unmessia. La spinta messianica serve comunque ad eliminare <strong>gli</strong> elementideterministici del marxismo: la <strong>storia</strong> e il progresso hanno un andamento sempreincerto.129


TRA MODERNO E POSTMODERNO: NUOVI MODELLI FILOSOFICI EDETICI.130Tra i vari temi affrontati, il pensiero novecentesco si è soffermato altresì suquelli concernenti:1. la riflessione sulla modern<strong>it</strong>à (Weber; i postkantiani);2. i problemi etici e morali connessi alla sfera pratica dell'agire (neoaristotelismoe postkantismo);3. la <strong>filosofia</strong> del postmoderno o <strong>della</strong> postmodern<strong>it</strong>à (Lyotard e Vattimo).Il tentativo più noto <strong>di</strong> pensare la modern<strong>it</strong>à è quello <strong>di</strong> Weber il quale, insiemead una metodologia delle scienze storico-sociali elaborata in stretto contatto con leproblemati<strong>che</strong> dello storicismo, ha cercato <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare i tratti specifici <strong>della</strong>civiltà moderna. Ha inoltre <strong>di</strong>stinto due gran<strong>di</strong> modelli etici: 1) l'etica <strong>della</strong>convinzione (o dei principi), <strong>che</strong> prescrive il <strong>per</strong>seguimento incon<strong>di</strong>zionato <strong>di</strong>determinati valori a prescindere dalle conseguenze <strong>che</strong> la loro attuazione comporta;2) l'etica <strong>della</strong> responsabil<strong>it</strong>à, <strong>che</strong> si preoccupa sia dei mezzi idonei ad otteneredeterminati scopi sia de<strong>gli</strong> effetti connessi al proprio agire.Una forma <strong>di</strong> etica <strong>della</strong> responsabil<strong>it</strong>à, accompagnata dalla messa in <strong>di</strong>scussione<strong>della</strong> <strong>filosofia</strong> tra<strong>di</strong>zionale, viene professata an<strong>che</strong> dal pensiero neoebraico <strong>di</strong>Rosenzweig, Buber e, soprattutto, <strong>di</strong> Lévinas, il quale cr<strong>it</strong>ica il pensiero occidentale<strong>per</strong> aver tentato <strong>di</strong> costruire un'ontologia totalizzante, fondata su <strong>di</strong> un unico principiocost<strong>it</strong>utivo (monismo) <strong>che</strong>, nella sua pretesa <strong>di</strong> ridurre ogni <strong>di</strong>vers<strong>it</strong>à e alter<strong>it</strong>à ad unmedesimo denominatore, risulta incapace <strong>di</strong> aprirsi a quel basilare evento esistenziale<strong>che</strong> è l'incontro col prossimo, con <strong>gli</strong> altri e con l'Altro. È un evento questo <strong>che</strong>comporta invece un mutamento ra<strong>di</strong>cale del nostro essere nel mondo. Infatti l'Altro,<strong>che</strong> si manifesta nel volto altrui, non è mai è riducibile al nostro egocentrico io (alsoggettivismo inaugurato da Cartesio), ma ci coinvolge e ci mette in <strong>di</strong>scussionerendendoci responsabili nei suoi confronti.L'appello alla responsabil<strong>it</strong>à cost<strong>it</strong>uisce il fulcro an<strong>che</strong> <strong>della</strong> dottrina <strong>di</strong> Jonas, ilquale è convinto <strong>che</strong> l'etica tra<strong>di</strong>zionale si trovi del tutto spiazzata <strong>di</strong> fronte aidrammatici inconvenienti e potenziali minacce del progresso scientifico e tecnico<strong>della</strong> modern<strong>it</strong>à, <strong>per</strong> cui è urgente elaborare un'etica <strong>della</strong> responsabil<strong>it</strong>à idonea a<strong>di</strong>nterrogarsi su<strong>gli</strong> effetti a lungo termine <strong>della</strong> tecnica e sulle sorti delle generazionifuture. Da ciò la proposta <strong>di</strong> un'etica a sfondo ecologico, tesa a salvaguardare lecon<strong>di</strong>zioni <strong>che</strong> <strong>per</strong>mettano all'uman<strong>it</strong>à e al mondo, cioè all'essere, <strong>di</strong> continuare adesistere.Ne<strong>gli</strong> anni Sessanta del Novecento, su iniziativa <strong>di</strong> alcuni autori preoccupati <strong>di</strong>rest<strong>it</strong>uire alla <strong>filosofia</strong> l'originaria funzione normativa nei confronti delle questioniprati<strong>che</strong>, si sviluppa in Germania un movimento <strong>di</strong> idee finalizzato allariabil<strong>it</strong>azione <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong> pratica, caratterizzato cioè da una ripresa <strong>di</strong> interesse<strong>per</strong> i gran<strong>di</strong> temi <strong>della</strong> morale, del <strong>di</strong>r<strong>it</strong>to, <strong>della</strong> pol<strong>it</strong>ica. I fautori <strong>di</strong> questoprogramma si rifanno alcuni ad Aristotele ed altri a Kant, dando origine alle duecorrenti del "neoaristotelismo" e del "postkantismo": Aristotele, il filosofo <strong>della</strong>130


131"virtù" e <strong>della</strong> "felic<strong>it</strong>à" riposta nella saggezza, e Kant, il filosofo del dovere edell'im<strong>per</strong>ativo categorico.Il neoaristotelismo è caratterizzato dalla ripresa <strong>della</strong> nozione aristotelica <strong>di</strong>saggezza, intesa come un sa<strong>per</strong>e pratico <strong>che</strong> si identifica con l'agire morale. È unsa<strong>per</strong>e <strong>che</strong> non si riferisce solo al comportamento in<strong>di</strong>viduale ma an<strong>che</strong> a quellocollettivo. Da ciò l'intreccio fra etica e pol<strong>it</strong>ica: l'etica è concep<strong>it</strong>a come spazio <strong>di</strong> v<strong>it</strong>a<strong>che</strong> ricomprende non solo <strong>gli</strong> usi, i costumi e le consuetu<strong>di</strong>ni sviluppatisi nella <strong>storia</strong>,ma altresì le ist<strong>it</strong>uzioni <strong>che</strong> li sorreggono: la fami<strong>gli</strong>a, <strong>gli</strong> amici, la comun<strong>it</strong>à, lecerimonie, la polis, lo Stato. L'original<strong>it</strong>à <strong>di</strong> Aristotele sta appunto nell'aver concep<strong>it</strong>ola v<strong>it</strong>a morale in modo storico e concreto, a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> Platone <strong>che</strong> fondava la suaRepubblica su principi scollegati alle consuetu<strong>di</strong>ni <strong>della</strong> c<strong>it</strong>tà, nonché a <strong>di</strong>fferenza deimoderni <strong>che</strong> separano la morale dalle ist<strong>it</strong>uzioni concrete <strong>della</strong> società. Ad Aristoteleva riconosciuto il mer<strong>it</strong>o <strong>di</strong> ricordarci <strong>che</strong> la ragione pratica (la morale) vive soloall'interno <strong>di</strong> un mondo <strong>di</strong> consuetu<strong>di</strong>ni già precost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>e. La sua <strong>filosofia</strong> può quin<strong>di</strong>funzionare come una sorta <strong>di</strong> salutare antidoto contro il ripiegamento moderno nellasoggettiv<strong>it</strong>à. Esponenti più noti del neoaristotelismo sono Anna Arendt, <strong>che</strong> <strong>per</strong>taluni versi l'ha anticipato, e poi Gadamer, R<strong>it</strong>ter, Hoffe, Bubner in Germanianonché Mac Intyre e Jonas fuori Germania.Il postkantismo consiste in una riabil<strong>it</strong>azione e nuova valorizzazione <strong>di</strong> Kant,in<strong>di</strong>rizzata a scorgere nel "cr<strong>it</strong>icismo" kantiano un modello <strong>di</strong> razional<strong>it</strong>à praticatuttora valido, sia in alternativa ad Aristotele <strong>che</strong> in combinazione con esso. Tuttaviaa <strong>di</strong>fferenza dei neoaristotelici, <strong>che</strong> insistono sul fondamento storico-concreto <strong>della</strong>morale, e <strong>per</strong>ciò evolventesi nel tempo, i postkantiani hanno elaborato un'etica idealedel dovere <strong>che</strong>, nei suoi cr<strong>it</strong>eri e principi <strong>di</strong> fondo, pretende <strong>di</strong> valere <strong>per</strong> tutti <strong>gli</strong>uomini e <strong>per</strong> tutte le circostanze.Di conseguenza il <strong>di</strong>batt<strong>it</strong>o tra neoaristotelici e postkantiani ha preso la forma <strong>di</strong> un<strong>di</strong>batt<strong>it</strong>o tra "contestualisti" e "universalisti", ossia fra coloro <strong>che</strong>, da un lato,considerano l'etica storicamente determinata ed evolventesi nel tempo secondomutevoli forme <strong>di</strong> v<strong>it</strong>a (siano esse quelle <strong>della</strong> polis, dello Stato, o <strong>di</strong> una particolarecomun<strong>it</strong>à sociale o religiosa) e coloro <strong>che</strong>, dall'altro lato, <strong>di</strong>fendono la necess<strong>it</strong>à <strong>di</strong>un'etica <strong>che</strong> non si lim<strong>it</strong>i a rispecchiare le visioni e i valori <strong>di</strong> una determinata culturao epoca ma <strong>che</strong> valga universalmente. Esponenti principali del postkantismo sono,con la loro etica del <strong>di</strong>s<strong>corso</strong>-<strong>di</strong>alogo intersoggettivo, Apel e Habermas.Pre<strong>di</strong>ligendo il modello kantiano, essi teorizzano un'etica <strong>della</strong> comunicazione <strong>che</strong>scorge nelle regole del <strong>di</strong>s<strong>corso</strong> praticato da<strong>gli</strong> interlocutori (giustezza, ver<strong>it</strong>à,veri<strong>di</strong>c<strong>it</strong>à-sincer<strong>it</strong>à, comprensibil<strong>it</strong>à), cui è attribu<strong>it</strong>a una valenza universale, le regolestesse <strong>di</strong> una società ideale in grado <strong>di</strong> fungere da modello <strong>della</strong> società reale. Taleetica <strong>della</strong> comunicazione viene identificata come presupposto <strong>di</strong> democraticaconvivenza cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>a da uomini liberi e uguali <strong>che</strong> <strong>di</strong>scutono fra loro intorno aquestioni <strong>di</strong> interesse comune, nella prospettiva <strong>di</strong> una "macroetica planetaria" (Apel)<strong>che</strong>, procedendo al <strong>di</strong> là delle <strong>di</strong>fferenze locali <strong>di</strong> religione e costumi, sappia unire ipopoli in una comun<strong>it</strong>à mon<strong>di</strong>ale ispirata a<strong>gli</strong> ideali del <strong>di</strong>alogo e <strong>della</strong> pace. In taliideali Apel e Habermas scorgono una tipica ere<strong>di</strong>tà moderna da salvaguardare. Da ciò131


132la polemica contro i postmoderni e l'idea secondo cui il progetto <strong>che</strong> sta alla base delmondo moderno non sarebbe fall<strong>it</strong>o ma soltanto incompiuto.In senso filosofico, il concetto <strong>di</strong> postmoderno è entrato in circolazione alla finede<strong>gli</strong> anni Settanta del Novecento ed è stato ado<strong>per</strong>ato <strong>per</strong> in<strong>di</strong>care quella specificacorrente filosofica (Lyotard e Vattimo) secondo cui la modern<strong>it</strong>à, nei suoi trattiessenziali, sarebbe fin<strong>it</strong>a. Alle idee-madri <strong>della</strong> modern<strong>it</strong>à (vale a <strong>di</strong>re: credere invisioni onnicomprensive del mondo, come l'idealismo, il marxismo, ecc.; pensare intermini <strong>di</strong> innovazione e su<strong>per</strong>amento, nella convinzione <strong>che</strong> ciò <strong>che</strong> è nuovo èmi<strong>gli</strong>ore <strong>di</strong> ciò <strong>che</strong> è vecchio e su<strong>per</strong>ato; concepire la <strong>storia</strong> come progresso edemancipazione; concepire l'uomo come dominatore <strong>della</strong> natura con la connessaesaltazione <strong>della</strong> scienza e <strong>della</strong> tecnica) e al monismo filosofico <strong>che</strong> assorbe eappiattisce le <strong>di</strong>vers<strong>it</strong>à (monismo=alla base <strong>della</strong> realtà vi è un unico complessivoprincipio), i postmoderni contrappongono una costellazione <strong>di</strong> idee alternative,ossia: la sfiducia nei "gran<strong>di</strong> racconti" (come quelli dell’idealismo, dell’illuminismo,del marxismo); il rifiuto dell'enfasi (del culto) del nuovo; l'abbandono dell'idea <strong>di</strong>progresso necessario e la condanna <strong>della</strong> mental<strong>it</strong>à scientista (<strong>di</strong> esclusiva esaltazione<strong>della</strong> scienza); la pre<strong>di</strong>lizione <strong>della</strong> molteplic<strong>it</strong>à e <strong>per</strong> una serie <strong>di</strong> prati<strong>che</strong> incentratesulla <strong>di</strong>fferenza e sulla frammentazione (sulla variabil<strong>it</strong>à e relativ<strong>it</strong>à delle s<strong>it</strong>uazioni).Per quanto concerne la <strong>di</strong>mensione etica, i postmoderni, contro l'idea <strong>della</strong> modern<strong>it</strong>àconcernente l'esistenza <strong>di</strong> valori universali, si sforzano <strong>di</strong> far valere invece i <strong>di</strong>r<strong>it</strong>ti<strong>della</strong> plural<strong>it</strong>à e <strong>della</strong> <strong>di</strong>fferenza tra i valori e, quin<strong>di</strong>, <strong>della</strong> tolleranza.132


133JURGEN HABERMAS (nato nel1929).Assistente <strong>di</strong> Adorno, ha insegnato ad Heidelberg e a Francoforte.O<strong>per</strong>e principali: Teoria dell'agire comunicativo; Teoria e prassi; Conoscenza e<strong>di</strong>nteresse; Dis<strong>corso</strong> filosofico <strong>della</strong> modern<strong>it</strong>à; Il pensiero postmetafisico.La riabil<strong>it</strong>azione pratica <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong>.Insieme con Karl Otto Apel concorre alla cosiddetta "svolta pratica" <strong>della</strong><strong>filosofia</strong>, ossia ad un'impostazione filosofica non esclusivamente teoreticoconosc<strong>it</strong>ivama innanz<strong>it</strong>utto pratico-normativa, in grado cioè <strong>di</strong> fornire orientamenti,cr<strong>it</strong>eri e regole <strong>di</strong> condotta nel campo dell'agire umano.In una prima fase aderisce alla Scuola <strong>di</strong> Francoforte e al suo programma neomarxista<strong>di</strong> una teoria cr<strong>it</strong>ica <strong>della</strong> società. Ne<strong>gli</strong> anni ‘70 del Novecento cambiaimpostazione e si orienta verso la cosiddetta "etica del <strong>di</strong>s<strong>corso</strong>", o <strong>della</strong>comunicazione, ossia verso una <strong>filosofia</strong> pratica e normativa, fondata sull'idea <strong>della</strong>vali<strong>di</strong>tà razionale <strong>della</strong> comunicazione e del <strong>di</strong>alogo intersoggettivo.In tale amb<strong>it</strong>o stu<strong>di</strong>a il rapporto fra teoria o riflessione filosofica e prassi pol<strong>it</strong>icasociale.Contro l'illusione <strong>di</strong> una scienza neutrale e oggettiva, cioè avalutativa, ivicomprese le scienze sociali e la sociologia empirica, Habermas sostiene invece <strong>che</strong> viè sempre una connessione tra conoscenza ed interesse, ossia <strong>che</strong> non esiste unconoscere puro, la conoscenza <strong>per</strong> la conoscenza. L'idea <strong>di</strong> una conoscenza pura èun atteggiamento "ideologico" in senso marxiano, in quanto nasconde il fatto <strong>che</strong>il conoscere è sempre rivolto a ciò <strong>che</strong> ci sta più a cuore, <strong>che</strong> ci interessa <strong>di</strong> più.Habermas <strong>di</strong>stingue tre tipi <strong>di</strong> conoscenze-interessi:1. le scienze empirico-anal<strong>it</strong>i<strong>che</strong>, <strong>che</strong> hanno interessi conosc<strong>it</strong>ivi teorici;2. le scienze storico-ermeneuti<strong>che</strong>, <strong>che</strong> hanno interessi pratici, <strong>di</strong> tipointerpretativo-comprendente;3. le scienze ad orientamento cr<strong>it</strong>ico, ove prevale un interesse emancipativo, <strong>di</strong>liberazione in<strong>di</strong>viduale e sociale dai con<strong>di</strong>zionamenti <strong>della</strong> società.Si sviluppa <strong>di</strong> conseguenza una controversia tra la concezione razionalistico-cr<strong>it</strong>ica <strong>di</strong>Pop<strong>per</strong>, più propenso a credere nell'oggettiv<strong>it</strong>à <strong>della</strong> scienza, ed il razionalismopratico sostenuto da Habermas. Habermas in particolare cr<strong>it</strong>ica l'impostazioneesclusivamente scientifico-empirica, e cioè teoretica, <strong>che</strong> taluni hanno volutodare an<strong>che</strong> alle scienze sociali come nelle scienze naturali. Ciò significa rifiutarel'idea <strong>che</strong> le scienze sociali possono offrire an<strong>che</strong> orientamenti pratico-cr<strong>it</strong>icoemancipativie concepire invece un'idea <strong>di</strong> scienza sociale ridotta a scienza deimezzi <strong>per</strong> raggiungere predeterminati fini <strong>che</strong> le restano estranei, considerati comeopzioni extrarazionali.Habermas <strong>di</strong>stingue fra giu<strong>di</strong>zi (proposizioni) scientifici, <strong>che</strong> cost<strong>it</strong>uiscono laconoscenza, e giu<strong>di</strong>zi valutativi, <strong>che</strong> si fondano sulla connessione fra teoria e prassiin una visione <strong>di</strong> central<strong>it</strong>à <strong>della</strong> pol<strong>it</strong>ica. La scienza, prosegue Habermas, non puòrisolvere i problemi pratici, <strong>che</strong> si riferiscono invece a questioni <strong>di</strong> senso e <strong>di</strong>133


134valore. Ma in ogni caso i problemi pratici non possono essere eliminati dallaconoscenza e sottratti alla <strong>di</strong>scussione razionale. Va su<strong>per</strong>ata la lim<strong>it</strong>azionepos<strong>it</strong>ivistica imposta alle scienze sociali, da in<strong>di</strong>rizzare invece an<strong>che</strong> a comp<strong>it</strong>i <strong>di</strong>guida normativa con l'aiuto <strong>di</strong> un'analisi storica globale. Pure i problemi praticirichiedono una guida teoretica <strong>che</strong> in<strong>di</strong>chi soluzioni, an<strong>che</strong> rivoluzionarie, <strong>di</strong>cambiamento; essi richiedono <strong>per</strong>ò non solo prognosi (spiegazioni) ma an<strong>che</strong>programmi. Fini e mezzi non sono separabili, a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> quanto r<strong>it</strong>engono ipensatori anal<strong>it</strong>ici. Per il filosofo anal<strong>it</strong>ico, infatti, se mezzi e fini non sono separaticonsegue una inderivabil<strong>it</strong>à (in<strong>di</strong>stinzione) logica delle prescrizioni dalle descrizioni.Pure Habermas r<strong>it</strong>iene insu<strong>per</strong>abile tale inderivabil<strong>it</strong>à sul piano logico-teoretico manon su quello <strong>della</strong> prassi, <strong>della</strong> decisione e <strong>della</strong> scelta pol<strong>it</strong>ica.Habermas insomma r<strong>it</strong>iene ancora valida la tesi <strong>di</strong> fondo sostenuta da Kant nellasua "Cr<strong>it</strong>ica <strong>della</strong> ragion pratica", la quale non va <strong>per</strong>ciò abbandonata ma semmaiadeguata, secondo cui l'etica, ossia la condotta pratica, morale, non è relativa,variabile da in<strong>di</strong>viduo a in<strong>di</strong>viduo e da epoca storica ad epoca storica, ma è invecebasata su <strong>di</strong> un principio (l'im<strong>per</strong>ativo categorico del dovere <strong>per</strong> il dovere) <strong>che</strong> havalore universale, fondamentalmente valido <strong>per</strong> ogni in<strong>di</strong>viduo e in ogni epoca. Ineffetti Habermas è uno dei maggiori esponenti <strong>della</strong> cosiddetta correntepostkantiana, <strong>che</strong> vuole recu<strong>per</strong>are e salvare i valori dell'Illuminismo (il valore<strong>della</strong> ragione, dell'analisi cr<strong>it</strong>ica dei problemi e delle s<strong>it</strong>uazioni, la fiducia nelprogresso) contro il relativismo e il nichilismo del pensiero contemporaneo, <strong>per</strong> ilquale ogni ver<strong>it</strong>à è relativa o ad<strong>di</strong>r<strong>it</strong>tura non vi è alcuna ver<strong>it</strong>à (nichilismo).Ne deriva una polemica <strong>di</strong> fondo contro la concezione contemporanea delsa<strong>per</strong>e, <strong>che</strong> ha fin<strong>it</strong>o col prevalere, ossia contro quel modo <strong>di</strong> pensare <strong>che</strong>:1. riduce la ragione, la razional<strong>it</strong>à, solo a quella <strong>di</strong> tipo scientifico e negal'esistenza <strong>di</strong> altre forme <strong>di</strong> razional<strong>it</strong>à, quale una razional<strong>it</strong>à pratica, capace <strong>di</strong>in<strong>di</strong>care norme <strong>di</strong> condotta morale, in<strong>di</strong>viduali e sociali, razionalmente fondatee con<strong>di</strong>visibili;2. considera i valori e <strong>gli</strong> scopi dell'agire come scelte extrarazionali,esclusivamente emotive o <strong>di</strong> interesse;3. riduce la <strong>filosofia</strong> a semplice analisi descr<strong>it</strong>tiva e avalutativa del linguaggio edei comportamenti etici, pol<strong>it</strong>ici, giuri<strong>di</strong>ci, ecc., negando <strong>che</strong> essa possaancora insegnare e prescrivere valori ed orientamenti socialmente e<strong>di</strong>n<strong>di</strong>vidualmente vali<strong>di</strong>;4. tende a separare la sfera etica da quella pol<strong>it</strong>ica, cosicché la pol<strong>it</strong>ica degenerain tecnica del potere <strong>per</strong> il potere anziché <strong>per</strong>seguire il bene comune.Habermas <strong>per</strong> contro, e con lui i fautori <strong>della</strong> riabil<strong>it</strong>azione pratica <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong>,sostiene:1. <strong>che</strong> l'amb<strong>it</strong>o <strong>della</strong> ragione non si riduce a quello <strong>della</strong> scienza o <strong>della</strong> teoria (ilconoscere <strong>per</strong> il conoscere) ma ricomprende an<strong>che</strong> la prassi;2. <strong>che</strong> <strong>gli</strong> scopi e i valori etico-pol<strong>it</strong>ici non sono da considerare semplicipreferenze e scelte soggettive, ma possono venire razionalmente argomentati(fatti oggetto <strong>di</strong> ragionamenti convincenti);134


1353. <strong>che</strong> la <strong>filosofia</strong> non ha una semplice funzione descr<strong>it</strong>tiva ed esplicativa maan<strong>che</strong> normativa, in quanto serve ad orientare i comportamenti;4. <strong>che</strong> etica e pol<strong>it</strong>ica risultano strettamente connesse, poiché tenendole separatesi giunge soltanto ad una morale astratta e in<strong>di</strong>vidualistica, cioè priva <strong>di</strong> valoresociale, e ad una pol<strong>it</strong>ica ridotta a tecnica rivolta al puro conseguimento emantenimento del potere.Ragione ed emancipazione.La <strong>filosofia</strong> <strong>di</strong> Habermas si propone dunque scopi <strong>di</strong> progresso e <strong>di</strong> cambiamentosociale similmente a quella <strong>di</strong> Marx e del cosiddetto marxismo occidentale, tenutoconto tuttavia <strong>che</strong>, ad oltre un secolo <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza, taluni principi basilari delmarxismo sono da rivedere e rinnovare.L'idea fondamentale <strong>di</strong> Habermas è quella <strong>di</strong> una ragione (<strong>filosofia</strong>) cr<strong>it</strong>icaposta al servizio dell'emancipazione (liberazione) umana. Come accennato,Habermas aderisce inizialmente alla Scuola <strong>di</strong> Francoforte e alla "Teoria cr<strong>it</strong>ica <strong>della</strong>società", stu<strong>di</strong>ando soprattutto il modo in cui si forma l'opinione pubblica, intesacome zona <strong>della</strong> v<strong>it</strong>a sociale in cui vengono <strong>di</strong>battute questioni <strong>di</strong> interessecollettivo, non sulla base dell'autor<strong>it</strong>à e <strong>della</strong> tra<strong>di</strong>zione ma tram<strong>it</strong>e il metododell'argomentazione razionale (del ragionamento). Conclude <strong>per</strong>ò <strong>che</strong>, nella societàcap<strong>it</strong>alistica dei me<strong>di</strong>a (stampa, cinema, televisione, pubblic<strong>it</strong>à e propaganda),l'opinione pubblica, pur avendo in sé significative potenzial<strong>it</strong>à innovative, ètalmente con<strong>di</strong>zionata al punto <strong>di</strong> aver <strong>per</strong>so la capac<strong>it</strong>à <strong>di</strong> cr<strong>it</strong>ica, finendo conl'accettare o rassegnarsi forzatamente e in modo conformistico a<strong>gli</strong> interessi e alsistema <strong>di</strong> potere dominanti.Tuttavia, pur con<strong>di</strong>videndo l'analisi negativa <strong>della</strong> società elaborata dalla Scuola <strong>di</strong>Francoforte, Habermas progressivamente si <strong>di</strong>stacca dal suo pessimismora<strong>di</strong>cale, estremo, nei confronti delle democrazie occidentali, valorizzando loStato <strong>di</strong> <strong>di</strong>r<strong>it</strong>to (regolato dalla legge) e democratico dell'Occidente concep<strong>it</strong>o, purcon tutti i suoi <strong>di</strong>fetti, come quello <strong>che</strong> più si avvicina ad un tipo <strong>di</strong> società in grado<strong>di</strong> risolvere i confl<strong>it</strong>ti <strong>di</strong> interesse tra i c<strong>it</strong>ta<strong>di</strong>ni e le classi sociali, adottandoopportuni cr<strong>it</strong>eri e rime<strong>di</strong> in maniera consensuale e concorde. Tutto ciò a con<strong>di</strong>zione<strong>per</strong>altro <strong>che</strong> l'analisi pol<strong>it</strong>ica e sociologica non si lim<strong>it</strong>i alla sola e semplicedescrizione e spiegazione dei fatti sociali, r<strong>it</strong>enendo <strong>di</strong> essere in tal senso oggettiva eneutrale, ma si basi invece su <strong>di</strong> una razional<strong>it</strong>à cr<strong>it</strong>ica, capace <strong>di</strong> evidenziare leingiustizie sociali <strong>per</strong> correggerle, contribuendo in tal modo all'emancipazione deic<strong>it</strong>ta<strong>di</strong>ni dai con<strong>di</strong>zionamenti sociali. Altrimenti, una scienza sociale <strong>che</strong>, <strong>per</strong> voleressere oggettiva, non esprima an<strong>che</strong> giu<strong>di</strong>zi cr<strong>it</strong>ici, non farebbe altro <strong>che</strong> giustificaretutti quei meccanismi <strong>della</strong> società cap<strong>it</strong>alistica (pubblic<strong>it</strong>à e propaganda) adottati daigruppi dominanti <strong>per</strong> mantenere il controllo sociale sulla massa dei c<strong>it</strong>ta<strong>di</strong>ni. Ecco<strong>per</strong>ché, fra i tre tipi <strong>di</strong> conoscenza e <strong>di</strong> scienza sopra in<strong>di</strong>cati, Habermas preferisce lescienze <strong>di</strong> tipo cr<strong>it</strong>ico, nelle quali è prevalente l'intento <strong>di</strong> una emancipazioneliberazionein<strong>di</strong>viduale e sociale dai con<strong>di</strong>zionamenti <strong>della</strong> società.135


136Il rifiuto <strong>di</strong> una scienza <strong>che</strong>, avendo la pretesa <strong>di</strong> presentarsi come oggettiva eneutrale, tenga separati i fatti descr<strong>it</strong>ti dalla loro interpretazione cr<strong>it</strong>ica sembraavvicinare Habermas a Gadamer e alla <strong>filosofia</strong> ermeneutica. Ma Habermascontesta <strong>gli</strong> aspetti idealistici e <strong>gli</strong> interessi pratici non emancipativi <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong>storico-ermeneutica, poiché sopravvaluta la tra<strong>di</strong>zione e il linguaggio e sottovaluta ifattori reali, sociali ed extralinguistici, <strong>che</strong> ne stanno alla base. Per Habermasridurre il tutto a linguaggio da interpretare nasconde il fatto <strong>che</strong> il linguaggio èan<strong>che</strong> uno strumento <strong>di</strong> dominio e <strong>di</strong> potere sociale, ed è quin<strong>di</strong> "ideologico" insenso marxiano, utilizzato <strong>per</strong> conservare l'organizzazione sociale prevalente.L'ermeneutica deve <strong>per</strong>tanto trasformarsi in cr<strong>it</strong>ica dell'ideologia e <strong>di</strong>ventareermeneutica cr<strong>it</strong>ica, non semplicemente descr<strong>it</strong>tivo-interpretativa. Così come lapsicanalisi scava al <strong>di</strong> sotto <strong>della</strong> su<strong>per</strong>ficie <strong>della</strong> coscienza <strong>per</strong> giungereall'inconscio e scoprirne le pulsioni profonde rimosse, altrettanto è comp<strong>it</strong>odell'ermeneutica smas<strong>che</strong>rare ciò <strong>che</strong> sta sotto al puro livello del linguaggio e <strong>che</strong>dà origine ad una comunicazione <strong>di</strong>storta.L'etica del <strong>di</strong>s<strong>corso</strong> e l'agire comunicativo.Si tratta allora <strong>di</strong> definire un modello nuovo, più autentico e onesto, <strong>di</strong> scienza, <strong>di</strong>conoscenza, <strong>di</strong> comunicazione sociale e <strong>di</strong> <strong>di</strong>alogo. Ciò implica il passaggio dauna impostazione soggettiva, o <strong>di</strong> <strong>filosofia</strong> <strong>della</strong> coscienza, ad una impostazioneintersoggettiva, o <strong>di</strong> <strong>filosofia</strong> <strong>della</strong> comunicazione, ossia il passaggio dall'idea <strong>di</strong>soggetto conoscente, inteso come coscienza sol<strong>it</strong>aria e autosufficiente <strong>che</strong> interagiscecon l'ambiente, all'idea <strong>di</strong> un soggetto pubblico, inteso come comun<strong>it</strong>à linguistica(gruppo sociale) in cui si cost<strong>it</strong>uisca una coscienza <strong>di</strong> gruppo e quin<strong>di</strong>, solo me<strong>di</strong>antequesta, si formi an<strong>che</strong> la coscienza in<strong>di</strong>viduale. Ciò <strong>che</strong> in sostanza Habermaspropone è il passaggio da un modello monologico ad un modello <strong>di</strong>alogico.Nell'o<strong>per</strong>a la "Teoria dell'agire comunicativo" Habermas mette a punto una teoriapragmatica del linguaggio <strong>che</strong> non si lim<strong>it</strong>i all'aspetto semantico (concernente ilsignificato dei segni o termini linguistici usati in rapporto alla realtà) o a quellosintattico (concernente il corretto uso linguistico dei segni o termini fra <strong>di</strong> essi), ma<strong>che</strong> prenda in considerazione soprattutto il rapporto fra il linguaggio e il soggetto <strong>che</strong>ne fa uso. Propone una teoria del linguaggio non particolare e contingente bensìuniversale, o formale, <strong>che</strong> stu<strong>di</strong> le con<strong>di</strong>zioni universali e necessarie <strong>che</strong> stanno allabase <strong>di</strong> ogni possibile comunicazione linguistica (<strong>di</strong> ogni possibile <strong>di</strong>alogo) voltaraggiungere un'intesa, un accordo tra <strong>gli</strong> interlocutori. In ogni comunicazionelinguistica è sempre implic<strong>it</strong>o un fine, uno scopo <strong>di</strong> intesa reciproca, altrimentisarebbe priva <strong>di</strong> senso. Per Habermas ogni <strong>di</strong>alogo <strong>che</strong> vo<strong>gli</strong>a essere razionale esensato presuppone implic<strong>it</strong>amente il rispetto <strong>di</strong> alcune precise con<strong>di</strong>zioni(regole) universali <strong>di</strong> vali<strong>di</strong>tà, ossia valevoli <strong>per</strong> tutti e in ogni tempo, altrimentinon sarebbe un vero <strong>di</strong>alogo. Esse sono:136


1371. la comprensibil<strong>it</strong>à, secondo cui il <strong>di</strong>alogo, il <strong>di</strong>s<strong>corso</strong>, deve essereinnanz<strong>it</strong>utto intersoggettivamente (reciprocamente) comprensibile a tutti <strong>gli</strong>interlocutori (i protagonisti);2. la ver<strong>it</strong>à, ossia la corrispondenza del <strong>di</strong>s<strong>corso</strong> alla realtà esterna;3. la veri<strong>di</strong>c<strong>it</strong>à, ossia il rispetto <strong>della</strong> sincer<strong>it</strong>à da parte <strong>di</strong> ogni partecipante al<strong>di</strong>s<strong>corso</strong> (chi parla deve essere sincero e non deve proporsi <strong>di</strong> ingannare <strong>gli</strong>altri);4. la giustezza, <strong>che</strong> consiste nel rispetto <strong>di</strong> tutte le regole sopraddette da parte <strong>di</strong>chi parla: ad esempio, ascoltare con attenzione le tesi de<strong>gli</strong> altri e r<strong>it</strong>irare lapropria si è <strong>di</strong>mostrata falsa.Chiunque pretendesse <strong>di</strong> non rispettare tali con<strong>di</strong>zioni o requis<strong>it</strong>i, quali sopraelencati, cadrebbe in una autocontrad<strong>di</strong>zione non logica ma pragmatica, poichénon avrebbe senso partecipare ad un <strong>di</strong>s<strong>corso</strong> se non si rispettano le regole <strong>di</strong> base.Chi lo facesse non riceverebbe dal <strong>di</strong>s<strong>corso</strong> alcun beneficio, alcun chiarimento<strong>per</strong>ché in malafede già in partenza. Quelle in<strong>di</strong>cate sono le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> unacomunicazione (<strong>di</strong> un <strong>di</strong>s<strong>corso</strong>, <strong>di</strong> un <strong>di</strong>alogo) onesta. Basta <strong>che</strong> una sola <strong>di</strong> essenon sia rispettata <strong>per</strong>ché derivi l'impossibil<strong>it</strong>à <strong>di</strong> un'intesa tra <strong>gli</strong> interlocutorie venga meno la possibil<strong>it</strong>à <strong>di</strong> una <strong>di</strong>scussione razionale. Inoltre, queste sonocon<strong>di</strong>zioni <strong>che</strong> stanno alla base <strong>di</strong> qualsiasi altra regola successiva più specifica <strong>che</strong>si convenga <strong>di</strong> stabilire nel <strong>di</strong>scorrere ed implicano <strong>che</strong> la comunicazione avvengatra esseri uguali e liberi da con<strong>di</strong>zionamenti interni o esterni, in maniera tale <strong>che</strong>le opinioni espresse non <strong>di</strong>pendano da costrizioni, da interessi nascosti e particolario dall'autor<strong>it</strong>à, ma siano formulate solo <strong>per</strong> un confronto sincero tra le ragioni e ipunti <strong>di</strong> vista più convincenti.Quando il <strong>di</strong>s<strong>corso</strong> sod<strong>di</strong>sfa tutte queste con<strong>di</strong>zioni e requis<strong>it</strong>i, <strong>che</strong> non hannosolo un valore logico ma an<strong>che</strong> etico, al punto da far sorgere una vera e propria"etica del <strong>di</strong>s<strong>corso</strong>", si ha la s<strong>it</strong>uazione <strong>di</strong>scorsiva ideale, ossia un modello <strong>di</strong>società giusta, fondata sull'ugua<strong>gli</strong>anza <strong>di</strong> tutti i partecipanti al <strong>di</strong>alogo, <strong>che</strong> coincidecol modello più autentico <strong>di</strong> comun<strong>it</strong>à democratica.Per queste caratteristi<strong>che</strong> l'etica del <strong>di</strong>s<strong>corso</strong> in Habermas, come si vedrà altresì inApel, si presenta come:1. un'etica deontologica (deontologia=scienza <strong>che</strong> si occupa dello stu<strong>di</strong>o eanalisi dei valori, de<strong>gli</strong> ideali e dei doveri), <strong>che</strong> stabilisce e <strong>di</strong>fende il caratterevincolante dei principi, delle regole eti<strong>che</strong> <strong>di</strong> base e delle procedure darispettare nel <strong>di</strong>s<strong>corso</strong> e nella comun<strong>it</strong>à ai fini <strong>di</strong> un agire giusto e equo; èun'etica <strong>che</strong> non stabilisce essa stessa i fini e <strong>gli</strong> scopi ma le correttecon<strong>di</strong>zioni e procedure <strong>per</strong> la loro realizzazione (non <strong>di</strong>ce quale è la v<strong>it</strong>a feliceo la società mi<strong>gli</strong>ore mai in<strong>di</strong>ca i mo<strong>di</strong> e i cr<strong>it</strong>eri <strong>per</strong> cercare <strong>di</strong> conseguirla);2. un'etica cogn<strong>it</strong>ivistica poiché, r<strong>it</strong>enendo <strong>che</strong> i giu<strong>di</strong>zi morali non scaturiscanoda desideri o decisioni irrazionali, in<strong>di</strong>ca e ci fa conoscere le con<strong>di</strong>zioni e irequis<strong>it</strong>i <strong>di</strong> base <strong>che</strong> il <strong>di</strong>s<strong>corso</strong>, il <strong>di</strong>alogo e i rapporti sociali devonopossedere <strong>per</strong> essere razionali;3. un'etica formalistica, <strong>per</strong>ché non stabilisce norme specifi<strong>che</strong> o specificicontenuti e scopi, ma soltanto i principi procedurali dell'agire comunicativo;137


1384. un'etica universalistica e postconvenzionale poiché, facendo scaturire lamorale da quelle <strong>che</strong> sono le con<strong>di</strong>zioni universali dell'argomentazione (del<strong>di</strong>alogo), non esprime soltanto il punto <strong>di</strong> vista o le convenzioni <strong>di</strong> unadeterminata cultura o epoca ma vale <strong>per</strong> tutti <strong>gli</strong> esseri ragionevoli in qualsiasi<strong>per</strong>iodo storico;5. un'etica postkantiana poiché, pur accettando, come in Kant, il valoreuniversale del principio morale <strong>di</strong> fondo (l'im<strong>per</strong>ativo categorico del dovere<strong>per</strong> il dovere), si <strong>di</strong>fferenzia tuttavia da Kant <strong>per</strong>ché considera l'etica unafaccenda non in<strong>di</strong>viduale bensì pubblica, basata sul <strong>di</strong>alogo intersoggettivo.Per Habermas le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> base <strong>per</strong>ché si realizzi un <strong>di</strong>s<strong>corso</strong> e un <strong>di</strong>alogorazionale hanno, come nella ragion pratica <strong>di</strong> Kant, un valore necessario euniversale in quanto non rappresentano il punto <strong>di</strong> vista <strong>di</strong> una determinatacultura, mental<strong>it</strong>à od epoca storica, ma valgono in qualsiasi <strong>per</strong>iodo storico <strong>per</strong>tutti <strong>gli</strong> esseri <strong>che</strong> intendono essere ragionevoli. Tuttavia, ad ulteriore <strong>di</strong>fferenzada Kant, l'etica postkantiana è spo<strong>gli</strong>ata <strong>di</strong> ogni contenuto metafisico (i postulati<strong>della</strong> ragione pratica) al fine <strong>di</strong> mantenere un contenuto alto <strong>di</strong> universal<strong>it</strong>à, ossia <strong>di</strong>con<strong>di</strong>visibil<strong>it</strong>à, in un'epoca <strong>di</strong> relativismo culturale come la nostra.L’etica del <strong>di</strong>s<strong>corso</strong>, in forza del suo valore universale quale concep<strong>it</strong>o daHabermas, prevede <strong>che</strong> le norme possano essere potenzialmente accettate e"verificate" da tutti. In tal senso deve essere riformulato an<strong>che</strong> l'im<strong>per</strong>ativocategorico kantiano: una norma è valida quando le conseguenze e <strong>gli</strong> effettiderivanti dalla sua "universale" osservanza <strong>per</strong> quel <strong>che</strong> riguarda la sod<strong>di</strong>sfazione <strong>di</strong>ciascun singolo vengano accettate altresì da tutti <strong>gli</strong> interessati, ossia una normaetica è valida quando, dal punto <strong>di</strong> vista <strong>di</strong> chiunque, sia accettata da tutti.Proprio in tale prospettiva si parla <strong>di</strong> postkantismo poiché l'etica del <strong>di</strong>s<strong>corso</strong>,procedendo oltre la rigida <strong>di</strong>cotomia (contrapposizione) tra eti<strong>che</strong> deontologi<strong>che</strong> (odel dovere) ed eti<strong>che</strong> teleologi<strong>che</strong> (o dei fini e delle conseguenze), è presentata daisuoi sosten<strong>it</strong>ori an<strong>che</strong> come un'etica <strong>della</strong> responsabil<strong>it</strong>à (Jonas), attenta non solo aiprincipi ma an<strong>che</strong> alle conseguenze dell'agire.Agire strumentale e agire comunicativo. Società come sistema e società comemondo <strong>della</strong> v<strong>it</strong>a.Prendendo spunto da Pop<strong>per</strong> ma procedendo oltre, Habermas, nell'amb<strong>it</strong>o delles<strong>it</strong>uazioni linguistico-comunicative, <strong>di</strong>stingue tre mon<strong>di</strong>, a ciascuno dei qualicorrisponde uno specifico tipo <strong>di</strong> sa<strong>per</strong>e nonché <strong>di</strong>fferenti modal<strong>it</strong>à <strong>di</strong> azione:1. il mondo oggettivo dei fatti e de<strong>gli</strong> eventi, ossia il mondo <strong>della</strong> natura e <strong>della</strong><strong>storia</strong> umana, cui corrisponde un tipo <strong>di</strong> sa<strong>per</strong>e cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o da proposizioni<strong>di</strong>chiarative concernenti il vero e il falso, il giusto e l'ingiusto nonché, qualemodal<strong>it</strong>à <strong>di</strong> azione, l'agire teleologico, proprio <strong>di</strong> colui <strong>che</strong> <strong>per</strong>segue scopipredeterminati nel mondo dei fatti;2. il mondo sociale delle norme, inteso come l'insieme <strong>di</strong> tutti i rapportiinter<strong>per</strong>sonali riconosciuti come leg<strong>it</strong>timi; vi corrisponde, come tipo <strong>di</strong>138


139sa<strong>per</strong>e, la giustezza normativa e, come modal<strong>it</strong>à <strong>di</strong> azione, l'agire regolato danorme, <strong>che</strong> è proprio <strong>di</strong> colui <strong>che</strong> appartiene ad una comun<strong>it</strong>à <strong>di</strong> cui con<strong>di</strong>videvalori e modelli <strong>di</strong> comportamento;3. il mondo soggettivo dei parlanti, inteso come l'insieme delle es<strong>per</strong>ienze cui <strong>di</strong>volta in volta ha accesso il singolo soggetto, il singolo in<strong>di</strong>viduo; vicorrisponde un tipo <strong>di</strong> sa<strong>per</strong>e cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o dall'autentic<strong>it</strong>à soggettiva (le <strong>per</strong>sonalie sincere convinzioni) e una modal<strong>it</strong>à <strong>di</strong> azione <strong>che</strong> è quella dell'agiredrammatico, propria <strong>di</strong> colui <strong>che</strong> si autorappresenta davanti a<strong>gli</strong> altri e tipica<strong>di</strong> certi ruoli sociali, quali ad esempio il pugile, il chirurgo, il violinista, ilpoliziotto, ecc.In base a questo quadro e partendo dalla teoria <strong>della</strong> razional<strong>it</strong>à <strong>di</strong> Weber,Habermas <strong>di</strong>stingue due tipi <strong>di</strong> agire razionale:1. l'agire strumentale, motivato da interessi tecnico-strategici (volti aprevedere le decisioni altrui) e finalizzato al successo ed allaautoaffermazione;2. l'agire comunicativo, motivato da interessi ermeneutici (interpretativi, volti acapire le varie s<strong>it</strong>uazioni) e finalizzato alla reciproca comprensione ed intesa.Ovviamente, questa <strong>di</strong>stinzione tipologica non esclude <strong>che</strong> i due tipi <strong>di</strong> agire sianonella realtà strettamente congiunti e reciprocamente con<strong>di</strong>zionantisi.A loro volta, agire strumentale e agire comunicativo definiscono due livelli<strong>di</strong>stinti ma complementari <strong>della</strong> società: 1) la società come sistema; 2) la societàcome mondo <strong>della</strong> v<strong>it</strong>a (la società civile, i movimenti sociali).La società come sistema (l'organizzazione sociale) risulta caratterizzata dall'agiretecnico-strumentale-strategico e trova i propri componenti ne<strong>gli</strong> elementi nonlinguistici del denaro (economia) e del potere (pol<strong>it</strong>ica, organizzazione burocraticoamministrativa,Stato).Il mondo <strong>della</strong> v<strong>it</strong>a (concetto derivato da Husserl ma con nuovi significati) risultacaratterizzato dall'agire comunicativo e trova i suoi elementi <strong>di</strong> coesione nelle forme<strong>della</strong> cultura e nei valori con<strong>di</strong>visi. Nelle sue varie componenti (cultura, movimentisociali, associazioni, strutture <strong>della</strong> <strong>per</strong>sonal<strong>it</strong>à, cioè tipi <strong>di</strong> mental<strong>it</strong>à) il mondo <strong>della</strong>v<strong>it</strong>a fa da sfondo dell'agire comunicativo, ossia da base e supporto <strong>di</strong> ogni agirevolto all'intesa.Revisione del marxismo e integrazione <strong>della</strong> razional<strong>it</strong>à <strong>di</strong> weberiana.Il mondo <strong>della</strong> v<strong>it</strong>a e l'agire comunicativo inducono Habermas a rivedere da un latola teoria marxista e ad oltrepassare ed integrare, dall'altro lato, il concetto <strong>di</strong>razional<strong>it</strong>à espresso da Weber.Le teorie <strong>di</strong> Marx, osserva Habermas, risultano adeguate <strong>per</strong> spiegare i problemidel primo cap<strong>it</strong>alismo, caratterizzato da una libera concorrenza su cui noninterferiva l'apparato dello Stato, il cui comp<strong>it</strong>o era, in quell'epoca, lim<strong>it</strong>ato a<strong>di</strong>fendere <strong>gli</strong> interessi economici <strong>della</strong> classe sociale cap<strong>it</strong>alistica dominante. Weber139


140ha saputo comprendere, <strong>per</strong> parte sua, le nov<strong>it</strong>à principali delle forme successive<strong>di</strong> cap<strong>it</strong>alismo, consistenti nell'intervento <strong>di</strong>retto dello Stato nell'economia enell'attiv<strong>it</strong>à produttiva nonché nella compenetrazione <strong>di</strong> scienza e tecnica. Si è cosìmo<strong>di</strong>ficato il rapporto tra sistema economico e sistema <strong>di</strong> potere pol<strong>it</strong>ico:intervenendo <strong>di</strong>rettamente nella produzione economica, lo Stato e la pol<strong>it</strong>ica nonsono più elementi sovrastrutturali rispetto alla struttura economica, come inveceoriginariamente concep<strong>it</strong>i da Marx. Inoltre scienza e tecnica non sono piùseparate, ma sono <strong>per</strong>venute ad uno stretto collegamento e rappresentano ilprincipale elemento produttivo al posto del lavoro umano: la maggior partedell'attiv<strong>it</strong>à produttiva è infatti svolta dalle macchine più <strong>che</strong> da<strong>gli</strong> uomini. Sonovenute meno quin<strong>di</strong> le con<strong>di</strong>zioni <strong>che</strong>, al tempo <strong>di</strong> Marx, facevano del lavoro umanol'elemento produttivo prevalente e facevano <strong>della</strong> lotta <strong>di</strong> classe il prevalente fattore<strong>di</strong> mutamento e rivoluzione sociale. L'intervento dello Stato nell'economiacap<strong>it</strong>alistica blocca, secondo Habermas, il confl<strong>it</strong>to <strong>di</strong> classe, poiché hacomportato una serie <strong>di</strong> leggi e <strong>di</strong> regole a <strong>di</strong>fesa dei lavoratori e dei salari <strong>che</strong>hanno reso più sopportabili e meno dure le loro con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> v<strong>it</strong>a. Restanoemarginate in con<strong>di</strong>zioni insopportabili non più la classe lavoratrice bensì lecosiddette "sottoclassi", cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>e dai sottoproletari <strong>di</strong>soccupati e dalle minoranzerazziali.Quanto alla tematica <strong>della</strong> reificazione (il lavoro umano ridotto a cosa econsiderato come semplice merce <strong>che</strong> si vende e si compra anziché come creativ<strong>it</strong>àe realizzazione umana), così cara al marxismo occidentale <strong>di</strong> Lukàcs fino adAdorno, non è espresso da Habermas un giu<strong>di</strong>zio negativo sul cap<strong>it</strong>alismorelativamente alla maggiore ric<strong>che</strong>zza e maggior benessere prodotti. Certo, hacomportato un enorme <strong>di</strong>ssoluzione delle forme <strong>di</strong> v<strong>it</strong>a tra<strong>di</strong>zionali, ma il puntocentrale è un altro. Oggi la società come sistema (l'economia, la pol<strong>it</strong>ica, l'apparatodello Stato) interviene sempre <strong>di</strong> più in amb<strong>it</strong>i <strong>che</strong> non sono più soltanto quelli delleattiv<strong>it</strong>à economico-produttive bensì quelli <strong>della</strong> cultura, <strong>della</strong> mental<strong>it</strong>à, dei mo<strong>di</strong> <strong>di</strong>pensare. Invade sempre più la società come mondo <strong>della</strong> v<strong>it</strong>a <strong>per</strong> assicurarsi unmaggior controllo sociale me<strong>di</strong>ante la <strong>di</strong>ffusione, grazie ai mezzi <strong>di</strong> comunicazione<strong>di</strong> massa, <strong>di</strong> valori, <strong>di</strong> norme, <strong>di</strong> costumi e <strong>di</strong> mode funzionali al sistema pol<strong>it</strong>icoeconomicodominante e comportando in tal modo risultati <strong>di</strong> maggiormassificazione, burocratizzazione, conformismo e consumismo nella societàcivile, <strong>che</strong> <strong>di</strong>venta così sempre più colonizzata dalla società come sistema. Ilconfl<strong>it</strong>to principale del nostro tempo, allora, non è più un confl<strong>it</strong>to <strong>di</strong> classe maquello derivante dal sempre maggior dominio e controllo sociale eserc<strong>it</strong>ato dalsistema nei confronti del mondo <strong>della</strong> v<strong>it</strong>a, cioè <strong>della</strong> cultura, <strong>della</strong> mental<strong>it</strong>à, deicostumi sociali e comportamenti in<strong>di</strong>viduali.Sono quin<strong>di</strong> inutilizzabili le teorie del vecchio marxismo ma, come si vedrà,sono altresì inadeguate e cr<strong>it</strong>icabili <strong>per</strong> Habermas le recenti teorie sulpostmoderno e antimoderno, le quali negano <strong>che</strong> le idee <strong>di</strong> razional<strong>it</strong>à <strong>della</strong><strong>filosofia</strong> moderna (quella <strong>che</strong> inizia con Cartesio) e dell'Illuminismo abbiano ancoravalore, proponendo in alternativa un'immaginaria società del passato, la società de<strong>it</strong>empi antichi (neoconservatorismo), oppure utopisti<strong>che</strong> e irrealizzabili società senza140


141più <strong>di</strong>fferenze sociali interne (neoanarchismo). Piuttosto, Habermas considera consimpatia i tentativi <strong>di</strong> lotta dei nuovi "movimenti" extrapart<strong>it</strong>ici delle societàavanzate, i quali si battono in <strong>di</strong>fesa dell'autonomia del mondo <strong>della</strong> v<strong>it</strong>a contro ildominio da parte del sistema pol<strong>it</strong>ico-sociale. Pertanto, al posto <strong>della</strong> <strong>di</strong>alettica(confl<strong>it</strong>to) marxiana tra proletariato e cap<strong>it</strong>alismo va sost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>a <strong>per</strong> Habermas, alfine <strong>di</strong> comprendere la società o<strong>di</strong>erna, la <strong>di</strong>alettica tra sistema e mondo <strong>della</strong>v<strong>it</strong>a.Pur ammettendo <strong>di</strong> essere part<strong>it</strong>o dal concetto weberiano <strong>di</strong> razional<strong>it</strong>à intesa comeagire razionale nella scelta dei mezzi più idonei ad un determinato fine (chiamata daHabermas "agire strumentale"), tuttavia il lim<strong>it</strong>e <strong>di</strong> Weber è stato, secondoHabermas, quello <strong>di</strong> aver sopravvalutato l'aspetto <strong>della</strong> razional<strong>it</strong>à strumentale delloStato contemporaneo e <strong>di</strong> non essersi accorto <strong>che</strong> lo Stato cap<strong>it</strong>alistico o<strong>di</strong>ernosoffoca la libertà e l'autonomia del mondo <strong>della</strong> v<strong>it</strong>a, il quale vorrebbe invece farnascere nuove forme <strong>di</strong> organizzazione comunicativa (nuove forme <strong>di</strong> cultura e <strong>di</strong><strong>di</strong>alogo) volte alla reciproca intesa. Il processo <strong>di</strong> razionalizzazione <strong>che</strong>contrad<strong>di</strong>stingue le società moderne è stato spiegato da Weber in modo soloparziale, sostiene Habermas, <strong>per</strong>ché non ha sufficientemente evidenziato l'agirecomunicativo e la razional<strong>it</strong>à comunicativa caratterizzante il mondo <strong>della</strong> v<strong>it</strong>a.Insomma, Weber avrebbe considerato assai <strong>di</strong> più il sistema sociale e trascuratol'analisi del sistema culturale e del mondo <strong>della</strong> v<strong>it</strong>a. Solo una concezione <strong>della</strong>società a due livelli (quello del sistema e quello del mondo <strong>della</strong> v<strong>it</strong>a) consente <strong>per</strong>Habermas <strong>di</strong> spiegare ciò <strong>che</strong> in Weber resta inspiegato, ossia la compless<strong>it</strong>à piena<strong>di</strong> contrad<strong>di</strong>zioni del mondo moderno. Da qui il progetto <strong>di</strong> Habermas <strong>di</strong> una<strong>di</strong>alettica, ossia <strong>di</strong> un'analisi <strong>della</strong> razional<strong>it</strong>à, capace <strong>di</strong> utilizzare Weber oltreWeber, correggendo Marx ma "senza buttarlo a mare".Moderno e postmoderno.Habermas <strong>di</strong>fende la razional<strong>it</strong>à ed il valore tuttora emancipativo (<strong>di</strong>liberazione) <strong>della</strong> modern<strong>it</strong>à <strong>che</strong> caratterizza le società avanzate contemporaneecontro i teorici del postmoderno (accusati <strong>di</strong> neoconservatorismo oneoanarchismo), ossia contro coloro secondo cui la modern<strong>it</strong>à sarebbesostanzialmente fin<strong>it</strong>a. Il loro errore, secondo Habermas, è <strong>di</strong> avere identificato econfuso la modern<strong>it</strong>à con la razionalizzazione strumentale cap<strong>it</strong>alistica. Ma,prosegue Habermas, la modern<strong>it</strong>à è un concetto assai più ampio <strong>di</strong> quello <strong>di</strong>razional<strong>it</strong>à cap<strong>it</strong>alistica e <strong>per</strong>ciò la modern<strong>it</strong>à non è affatto conclusa ma soltantoincompiuta. Di conseguenza la modern<strong>it</strong>à, con le sue idee fondamentali <strong>di</strong> ragione,<strong>di</strong> spir<strong>it</strong>o cr<strong>it</strong>ico e <strong>di</strong> progresso, derivanti dall'Illuminismo, non va rifiutata bensìadeguatamente realizzata. Habermas intende confutare i teorici del postmodernotram<strong>it</strong>e una sorta <strong>di</strong> ri-narrazione (tram<strong>it</strong>e una nuova e <strong>di</strong>versa interpretazione)<strong>della</strong> <strong>storia</strong> <strong>della</strong> modern<strong>it</strong>à.141


142A suo avviso la modern<strong>it</strong>à nasce con l'Illuminismo <strong>di</strong> cui parlava Kant, inteso cioècome processo <strong>di</strong> emancipazione dell'intelletto dai con<strong>di</strong>zionamenti <strong>della</strong> tra<strong>di</strong>zionee dell'autor<strong>it</strong>à pol<strong>it</strong>ica e religiosa.Da questo punto <strong>di</strong> vista, afferma Habermas, il maggior teorico <strong>della</strong> modern<strong>it</strong>àrisulta Hegel, il quale non solo ha compreso i caratteri <strong>della</strong> modern<strong>it</strong>à ma an<strong>che</strong> ilproblema <strong>di</strong> fondo <strong>della</strong> modern<strong>it</strong>à medesima, consistente nel fatto <strong>che</strong> lasoggettiv<strong>it</strong>à (la coscienza) moderna dell'uomo, essendosi finalmente liberata dallatra<strong>di</strong>zione e dalla religione, non ha saputo tuttavia trovare valori e principirazionali altrettanto centrali, universali e vali<strong>di</strong> <strong>per</strong> tutti come dapprima eranoquelli <strong>della</strong> religione. La razional<strong>it</strong>à illuministica ed hegeliana non è riusc<strong>it</strong>a asu<strong>per</strong>are la scissione, prodottasi con l'avvento <strong>della</strong> modern<strong>it</strong>à, tra ragione da unlato ed amore e v<strong>it</strong>a (cioè sentimento) dall'altro, nonché la scissione tra sa<strong>per</strong>e efede. Hegel stesso si è lim<strong>it</strong>ato ad in<strong>di</strong>viduare il su<strong>per</strong>amento <strong>di</strong> tali scissione in ciò<strong>che</strong> e<strong>gli</strong> ha chiamato lo Spir<strong>it</strong>o assoluto, lo spir<strong>it</strong>o dell'uman<strong>it</strong>à, concep<strong>it</strong>o comeIntelligenza (immanente) <strong>che</strong> governa il mondo e come ent<strong>it</strong>à <strong>che</strong> ricomprende lastessa nuova morale <strong>della</strong> modern<strong>it</strong>à. Con il concetto <strong>di</strong> "Assoluto" Hegel pensava<strong>di</strong> su<strong>per</strong>are il soggettivismo filosofico ma rimane invece, secondo Habermas, neilim<strong>it</strong>i <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong> del soggetto, ossia <strong>di</strong> una concezione soggettiva (mutevolesecondo le <strong>di</strong>verse coscienze e punti <strong>di</strong> vista) e non oggettiva o intersoggettiva <strong>della</strong>razional<strong>it</strong>à. Hegel concepisce infatti la ragione come autocoscienza capace, nellasintesi, <strong>di</strong> conciliare <strong>gli</strong> opposti. Tuttavia, se davvero la razional<strong>it</strong>à moderna avesseessenzialmente il carattere <strong>di</strong> autocoscienza, <strong>di</strong>venterebbe impossibile alloraun'analisi cr<strong>it</strong>ica <strong>della</strong> modern<strong>it</strong>à poiché l'autocoscienza, in quanto tale, non puòuscire da se stessa <strong>per</strong> osservare cr<strong>it</strong>icamente <strong>gli</strong> aspetti <strong>di</strong>stintivi <strong>della</strong> modern<strong>it</strong>àmedesima.An<strong>che</strong> i posthegeliani <strong>di</strong> sinistra e <strong>di</strong> destra non hanno saputo <strong>per</strong> Habermas fare <strong>di</strong>me<strong>gli</strong>o. I primi propongono una <strong>filosofia</strong> <strong>della</strong> prassi volta alla trasformazione<strong>della</strong> società in termini più giusti e razionali; i secon<strong>di</strong> interpretano il sistemasociale nell'intento <strong>di</strong> ridare forza e valore alla religione tra<strong>di</strong>zionale. Ma entrambinon riescono anch'essi ad andare oltre alla <strong>filosofia</strong> del soggetto: in entrambirimane l'idea <strong>che</strong> il soggetto conosce <strong>gli</strong> oggetti, l'altro da sé, solo nella misura incui li riporta e li subor<strong>di</strong>na alla propria autocoscienza e ai propri punti <strong>di</strong> vista.A questo punto appare sulla scena Nietzs<strong>che</strong>, <strong>che</strong> si guarda bene dal riconsiderarein termini nuovi il concetto <strong>di</strong> ragione e <strong>che</strong>, anzi, cr<strong>it</strong>ica la razional<strong>it</strong>à modernaderivante dall'Illuminismo. Nietzs<strong>che</strong> cerca delle alternative alla razional<strong>it</strong>àilluministica nel m<strong>it</strong>o (Dioniso e lo spir<strong>it</strong>o <strong>di</strong>onisiaco), nell'arte, nella volontà <strong>di</strong>potenza, nel nichilismo. Ma alla fine oscilla fra due soluzioni contrastanti:1. da un lato, in contrapposizione alla metafisica tra<strong>di</strong>zionale ed altresì alRomanticismo <strong>che</strong> aspirava a co<strong>gli</strong>ere il senso metafisico dell'infin<strong>it</strong>o,propone una considerazione non razionale del mondo, vale a <strong>di</strong>re irrazionaleo comunque basata sulle passioni, guardando al mondo da un punto <strong>di</strong> vistaartistico ed estetico, tuttavia secondo una concezione in ogni caso scettica epessimistica <strong>della</strong> realtà;142


1432. dall'altro lato propone l'idea del su<strong>per</strong>uomo e <strong>della</strong> volontà <strong>di</strong> potenza,presentate <strong>per</strong>ò, proprio lui <strong>che</strong> aveva demol<strong>it</strong>o la vali<strong>di</strong>tà del pensierometafisico, come ver<strong>it</strong>à metafisi<strong>che</strong>, dogmati<strong>che</strong>.I lim<strong>it</strong>i e le ambigu<strong>it</strong>à delle concezioni ed interpretazioni formulate intorno alla<strong>storia</strong> <strong>della</strong> modern<strong>it</strong>à sono all'origine dei due aspetti contrapposti <strong>che</strong>, <strong>per</strong>Habermas, caratterizzano la <strong>filosofia</strong> del postmoderno:1. quello dello scienziato scettico, <strong>che</strong> utilizza la ragione <strong>per</strong> demolirla(Bataille, Lacan, Foucoult);2. quello del filosofo dal sa<strong>per</strong>e iniziatico, esoterico, riservato a pochiprivilegiati in possesso <strong>di</strong> una mente su<strong>per</strong>iore (Heidegger e Derrida), <strong>che</strong> siispirano ai misteri e alla concezione presocratica dell'essere.Questi fallimenti nell'analizzare ed interpretare la razional<strong>it</strong>à moderna induconoHabermas a reagire, proclamando <strong>che</strong> la modern<strong>it</strong>à e la razional<strong>it</strong>à, pena il r<strong>it</strong>orno aduna "nuova oscur<strong>it</strong>à" devono essere salvate. Ma la riabil<strong>it</strong>azione <strong>della</strong> razional<strong>it</strong>àe <strong>della</strong> modern<strong>it</strong>à sono possibili solo oltrepassando la <strong>filosofia</strong> del soggetto(ossia del primato <strong>della</strong> coscienza, <strong>che</strong> segu<strong>it</strong>a a conservare un carattere soggettivopur nei suoi riferimenti ad una "coscienza collettiva", <strong>di</strong> cui sono manifestazioni sialo Spir<strong>it</strong>o assoluto <strong>di</strong> Hegel sia la Volontà <strong>di</strong> potenza <strong>di</strong> Nietzs<strong>che</strong>) e sviluppandoinvece una nuova <strong>filosofia</strong> cr<strong>it</strong>ica dell'intersoggettiv<strong>it</strong>à razionalmente fondata,sviluppando cioè un'etica del <strong>di</strong>s<strong>corso</strong> <strong>di</strong> tipo universale-pragmatico, <strong>di</strong>retta arealizzare il consenso e l'intesa tra soggetti capaci <strong>di</strong> parlare e <strong>di</strong> agire da eguali. Nel<strong>di</strong>alogo intersoggettivo trova unificazione l'amore e il mondo <strong>della</strong> v<strong>it</strong>a con laragione stessa, capace <strong>di</strong> riflettere filosoficamente e cr<strong>it</strong>icamente sull'amore e sullav<strong>it</strong>a medesimi invece <strong>che</strong> idealizzarli o <strong>di</strong>sprezzarli nichilisticamente (intendendosi<strong>per</strong> amore e mondo <strong>della</strong> v<strong>it</strong>a i sentimenti e <strong>gli</strong> ideali etici <strong>di</strong> concor<strong>di</strong>a, giustizia,bellezza, impegno sociale). La teoria dell'agire comunicativo aiuta ad affrontare iproblemi <strong>della</strong> modern<strong>it</strong>à senza abbandonare ma completando il prezioso processo<strong>di</strong> razionalizzazione iniziato con l'Illuminismo. Parlare <strong>di</strong> ragione comunicativainfatti vuol <strong>di</strong>re, sempre e ancora, parlare <strong>di</strong> ragione, <strong>di</strong> razional<strong>it</strong>à, contro la cr<strong>it</strong>icara<strong>di</strong>cale nei confronti <strong>della</strong> ragione da parte dei teorici del postmoderno. La ragionecomunicativa sfocia e si realizza in comp<strong>it</strong>i pratici: si compie come volontà <strong>di</strong>comune impegno pratico nel risolvere non soggettivamente, cioè nonin<strong>di</strong>vidualisticamente, i problemi <strong>della</strong> nostra modern<strong>it</strong>à.L'ultimo Habermas: la morale nell'epoca del pluralismo e del <strong>di</strong>sincantopostmetafisico.Nell'o<strong>per</strong>a "Il pensiero postmetafisico" Habermas giu<strong>di</strong>ca la metafisica una forma <strong>di</strong>platonismo e <strong>di</strong> idealismo, ossia una concezione basata sulla riduzione dell'essere alpensiero (la realtà deriva dal pensiero, dall'idea, e non viceversa) e sul primato <strong>della</strong>teoria rispetto alla prassi. Definisce invece la propria <strong>filosofia</strong> come postmetafisica,ossia come sviluppo <strong>di</strong> un pensiero <strong>di</strong>alogico e comunicativo (basato sul <strong>di</strong>alogo),143


144capace <strong>di</strong> riunire in sintesi e <strong>di</strong> accordare le opposte concezioni del contestualismoda un lato (= non c'è niente <strong>di</strong> assoluto e universale ma ogni ver<strong>it</strong>à e conoscenzasono relative poiché <strong>di</strong>pendono dai <strong>di</strong>versi contesti storico-culturali in cui siformano) e dell'universalismo dall'altro (= essere <strong>per</strong>suasi dell'esistenza <strong>di</strong> principi ever<strong>it</strong>à universali, vali<strong>di</strong> <strong>per</strong> tutti in ogni epoca storica).Habermas sostiene <strong>che</strong> la contrapposizione tra fattual<strong>it</strong>à (i fatti <strong>che</strong> accadono) evali<strong>di</strong>tà (il loro riconoscimento e accettazione sociale) trova la propria sintesi nellacapac<strong>it</strong>à <strong>di</strong> me<strong>di</strong>azione del <strong>di</strong>r<strong>it</strong>to, <strong>della</strong> legge. La funzione me<strong>di</strong>atrice del <strong>di</strong>r<strong>it</strong>totiene insieme la vali<strong>di</strong>tà generale <strong>che</strong> possiedono le norme giuri<strong>di</strong><strong>che</strong> adottate con ilpluralismo de<strong>gli</strong> interessi. La tesi <strong>di</strong> fondo è <strong>che</strong> fra Stato <strong>di</strong> <strong>di</strong>r<strong>it</strong>to e democrazianon esista soltanto un collegamento storico, cioè contingente o esterno (= lo Stato<strong>di</strong> <strong>di</strong>r<strong>it</strong>to e la democrazia ed il loro collegamento sono un prodotto contingente <strong>della</strong><strong>storia</strong>, <strong>che</strong> sarebbe potuto an<strong>che</strong> non avvenire), ma an<strong>che</strong> in un nesso <strong>di</strong> tipostrutturale, cioè concettuale o interno (la democrazia implica necessariamente loStato <strong>di</strong> <strong>di</strong>r<strong>it</strong>to e viceversa).Considerando le contemporanee società pluralisti<strong>che</strong>, in cui si inaspriscono icontrasti multiculturali, e <strong>gli</strong> Stati-nazione, <strong>che</strong> si uniscono in ent<strong>it</strong>à <strong>di</strong> caratteresovranazionale cosmopol<strong>it</strong>ico, Habermas propone e <strong>di</strong>fende un progetto <strong>di</strong>universalismo sociale (<strong>di</strong> società multirazziali), tuttavia rispettoso delle<strong>di</strong>fferenze e delle particolar<strong>it</strong>à locali, non con<strong>di</strong>videndo la <strong>di</strong>ffidenza postmodernanei confronti <strong>di</strong> un temuto universalismo teso ad assimilare e livellare ognicosa in maniera irrispettosa. Sostiene una società inclusiva, intendendo <strong>per</strong>inclusione il fatto <strong>che</strong> i confini <strong>della</strong> comun<strong>it</strong>à siano a<strong>per</strong>ti a tutti, an<strong>che</strong> a coloro <strong>che</strong>sono reciprocamente estranei e tali vo<strong>gli</strong>ono rimanere, nell'osservanza comunque <strong>di</strong>principi cost<strong>it</strong>uzionali universali e transculturali (al <strong>di</strong> sopra e comuni rispetto allevarie culture).Per quanto concerne l'etica, Habermas insiste <strong>che</strong>, nell'epoca del pluralismo e del<strong>di</strong>sincanto postmetafisico (=i principi <strong>della</strong> metafisica non incantano e nonilludono più), risulta improponibile qualsiasi in<strong>di</strong>rizzo finalistico, metafisico oreligioso delle scelte eti<strong>che</strong>. Piuttosto, è comp<strong>it</strong>o <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong> morale chiarirequali sono i tipi <strong>di</strong> razional<strong>it</strong>à su cui fondare la morale stessa, <strong>che</strong> siano cioè ingrado <strong>di</strong> garantire una sufficiente forza <strong>di</strong> convincimento. Tale tipo <strong>di</strong> razional<strong>it</strong>à èquella, come abbiamo visto, <strong>che</strong> si basa sull'impostazione cogn<strong>it</strong>ivistica,deontologica, formale, universale e postkantiana dell'etica del <strong>di</strong>s<strong>corso</strong>.Al tempo stesso Habermas riba<strong>di</strong>sce il carattere autonomo <strong>della</strong> morale, <strong>che</strong> nondeve <strong>di</strong>pendere da nessuna forma <strong>di</strong> autor<strong>it</strong>à metafisica, religiosa, sociale ma basarsiunicamente in se stessa e nei propri principi. Dopo il crollo delle concezionimetafisi<strong>che</strong> sul mondo nonché <strong>di</strong> quelle religiose, l'unico fondamento e principio<strong>che</strong> rimane è quello <strong>della</strong> ragione comunicativa e delle sue argomentazioni<strong>di</strong>scorsive, espressa da quel principio universale secondo cui una legge è validaquando, dal punto <strong>di</strong> vista <strong>di</strong> chiunque, potrebbe essere accettata da tutti.L'ultimo Habermas ha continuato a polemizzare an<strong>che</strong> contro il relativismoculturale e lo scetticismo.144


145Contro il relativismo culturale (<strong>per</strong> cui ogni cultura è totalmente chiusa in sestessa e <strong>per</strong>tanto non può essere valutata secondo un comune giu<strong>di</strong>zio moraleesterno alle varie culture, ma solo in termini relativi, cioè sulla base dei cr<strong>it</strong>erimorali e <strong>di</strong> razional<strong>it</strong>à interni alla cultura stessa cui appartiene il soggetto)Habermas contrappone la tesi secondo cui, entrando in rapporto tra lorouomini <strong>di</strong> culture <strong>di</strong>verse, essi non possono fare a meno <strong>di</strong> trovarsi coinvoltinella logica aggregante del <strong>di</strong>alogo intersoggettivo, ossia in quelle regoleuniversali e comuni a qualsiasi cultura <strong>che</strong> possiede ogni <strong>di</strong>alogo <strong>che</strong> vo<strong>gli</strong>a essererazionale e sensato. L'argomentazione intersoggettiva si basa su regole <strong>che</strong> mostranola presenza <strong>di</strong> un fondo <strong>di</strong> razional<strong>it</strong>à un<strong>it</strong>aria e comune a tutti i soggetti <strong>che</strong>partecipano al <strong>di</strong>alogo an<strong>che</strong> se <strong>di</strong> culture <strong>di</strong>fferenti: ha quin<strong>di</strong> una vali<strong>di</strong>tà transculturale.Proprio l'o<strong>di</strong>erna moltiplicazione e prolificazione dei linguaggi postula laricerca <strong>di</strong> un minimo comune denominatore razionalmente fondato, in grado <strong>di</strong>consentire un <strong>di</strong>alogo tra le <strong>di</strong>verse culture.A sua volta, lo scetticismo può contestare l'etica del <strong>di</strong>s<strong>corso</strong> solo a patto <strong>di</strong> farproprie le regole dell'argomentazione, ossia <strong>di</strong> presupporre la vali<strong>di</strong>tà <strong>della</strong> teoriacontro cui combatte (carattere autocontrad<strong>di</strong>torio dello scetticismo, <strong>per</strong> il qualeniente può <strong>di</strong>rsi vero ma tuttavia presenta se stesso come ver<strong>it</strong>à). Contro <strong>gli</strong> scettici<strong>che</strong> affermano <strong>che</strong> i giu<strong>di</strong>zi etici hanno natura extra razionale poiché <strong>di</strong>pendono daelementi <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne emotivo, da preferenze in<strong>di</strong>viduali e da contingenti <strong>di</strong>sposizionisentimentali, Habermas sostiene invece <strong>che</strong> le questioni pratico-morali possonovenire decisi in base a ragione dato <strong>che</strong> i giu<strong>di</strong>zi etici non sono soggettivi ma hannoun contenuto cogn<strong>it</strong>ivo, in quanto sono volti ad un interesse emancipativo e puntanoall'autoriflessione come metodo <strong>di</strong> liberazione dai con<strong>di</strong>zionamenti sociali eculturali.Circa il destino <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong> nel mondo o<strong>di</strong>erno, Habermas è convinto <strong>che</strong> oggigiorno non vi sia troppa, bensì troppo poca ragione (razional<strong>it</strong>à). Pertanto deveesserne valorizzato il ruolo poiché la ragione, pur non potendo più essereconsiderata come detentrice ultima del sa<strong>per</strong>e, riveste pur sempre l'insost<strong>it</strong>uibilefunzione <strong>di</strong> custode <strong>della</strong> razional<strong>it</strong>à.145


146KARL OTTO APEL (nato a Dusseldorf nel 1922).La ricerca <strong>di</strong> un punto archime<strong>di</strong>co (un punto <strong>di</strong> partenza, un fondamento) delsa<strong>per</strong>e.Inizialmente vicino anch’e<strong>gli</strong> alla scuola <strong>di</strong> Francoforte, Apel si schierasuccessivamente con Habermas nella cr<strong>it</strong>ica dell'ideologia a favore dell'etica del<strong>di</strong>s<strong>corso</strong>, <strong>di</strong>ventando esponente del postkantismo. L'ideologia è defin<strong>it</strong>a strumento <strong>di</strong>mistificazione (<strong>di</strong> inganno) delle s<strong>it</strong>uazioni <strong>di</strong> dominio economico-pol<strong>it</strong>ico. Assumeun atteggiamento <strong>di</strong> moderata simpatia nei confronti <strong>della</strong> contestazione studentescadel ‘68, non <strong>di</strong>sgiunta da cr<strong>it</strong>i<strong>che</strong> e riserve. Da un lato scorge nel movimentostudentesco "il tempo del risve<strong>gli</strong>o pol<strong>it</strong>ico-emancipativo"; dall'altro <strong>gli</strong> rimproveral'intolleranza e lo scarso spir<strong>it</strong>o liberal-democratico.Insiste sul tema <strong>della</strong> intersoggettiv<strong>it</strong>à del linguaggio e <strong>della</strong> comunicazione neirapporti sociali e ricerca in tale <strong>di</strong>rezione un fondamento, un "puntoarchime<strong>di</strong>co" <strong>per</strong> la <strong>filosofia</strong>. L'interesse <strong>per</strong> la <strong>filosofia</strong> anal<strong>it</strong>ica lo spinge acoltivare l'ideale <strong>di</strong> una trasformazione <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong> me<strong>di</strong>ante un'integrazione tra la<strong>filosofia</strong> anal<strong>it</strong>ica anglosassone e la <strong>filosofia</strong> fenomenologica, esistenzialistica edermeneutica continentale.Ispirandosi alle riflessioni sul linguaggio <strong>di</strong> Heidegger, all'antropologia filosofica,alla semiotica (scienza dei segni), alla teoria de<strong>gli</strong> atti linguistici e al secondoW<strong>it</strong>tgenstein, <strong>per</strong>segue l'obiettivo <strong>di</strong> passare da un'impostazione filosoficasoggettivistica, coscienzalistica e solipsistica ad una impostazione linguistica ecomunicativa, nella convinzione <strong>della</strong> vali<strong>di</strong>tà universale dello strumento linguistico.L'intento è quello <strong>di</strong> una fondazione "ultima" del sa<strong>per</strong>e capace <strong>di</strong> contrastare letendenze antifondative (scetti<strong>che</strong> sulla possibil<strong>it</strong>à <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare un fondamento, unprincipio <strong>di</strong> base) <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong> contemporanea.Celebre in propos<strong>it</strong>o è la polemica sostenuta con Hans Albert (allievo <strong>di</strong> Pop<strong>per</strong>),<strong>per</strong> il quale la ricerca <strong>di</strong> un fondamento, ovvero <strong>di</strong> un punto <strong>di</strong> appoggio archime<strong>di</strong>co<strong>della</strong> conoscenza, porterebbe ad una s<strong>it</strong>uazione contrad<strong>di</strong>ttoria. Infatti, <strong>di</strong>ceAlbert, ogni tentativo <strong>di</strong> fondazione porta tre <strong>di</strong>lemmi:1. un regresso all'infin<strong>it</strong>o, <strong>per</strong> la necess<strong>it</strong>à <strong>di</strong> dover risalire sempre più in<strong>di</strong>etronella ricerca dei fondamenti ma <strong>che</strong> in pratica è irrealizzabile e non offrenessuna base sicura;2. un circolo logico vizioso nella deduzione, <strong>per</strong> il fatto <strong>che</strong> nel processo <strong>di</strong>fondazione ci si rifà ad enunciati (assiomi, postulati) a loro volta non fondatima da fondare;3. l'interruzione del proce<strong>di</strong>mento ad un certo punto, allorché si arriva ad unprincipio fondante presentato come autoevidente ma <strong>che</strong> invece implica unasospensione arb<strong>it</strong>raria del principio <strong>di</strong> ragion sufficiente; una simile autofondazioneè propriamente un "dogma", poiché secondo il razionalismo cr<strong>it</strong>iconessuna convinzione risulta in linea <strong>di</strong> principio indub<strong>it</strong>abile.146


147Invece <strong>per</strong> Apple vi sono evidenze ultime, certe ed indub<strong>it</strong>abili, testimoniate dalfatto <strong>che</strong> an<strong>che</strong> chi le nega finisce <strong>per</strong> presupporle. Tali sono le evidenze connessealla s<strong>it</strong>uazione argomentativa, ossia al fatto stesso <strong>di</strong> <strong>di</strong>alogare, <strong>di</strong> argomentare, e nonpossono venir negate senza cadere in autocontrad<strong>di</strong>zione. Se riflettiamo, ciaccorgiamo <strong>che</strong> la prassi <strong>della</strong> comunicazione è governata da regole <strong>che</strong>esprimono un carattere <strong>di</strong> vali<strong>di</strong>tà universale. Chi <strong>di</strong>cesse, ad esempio, <strong>che</strong> noidobbiamo necessariamente ammettere <strong>che</strong> noi non possiamo giungere a ver<strong>it</strong>àindub<strong>it</strong>abili cadrebbe in contrad<strong>di</strong>zione <strong>per</strong>ché nel primo "noi" affermerebbe ciò <strong>che</strong>nega nel secondo. Il ragionamento ricalca quello <strong>di</strong> Aristotele circa il carattereautoconfutativo (<strong>che</strong> si nega da sé) dello scetticismo. La stessa cosa accadrebbe a chinegasse la propria esistenza o quella del linguaggio: infatti <strong>per</strong> negare la miaesistenza devo esistere e <strong>per</strong> negare l'esistenza del linguaggio devo ado<strong>per</strong>are illinguaggio, ecc. In questi casi Apel parla non già <strong>di</strong> contrad<strong>di</strong>zione logica, in quantonon si afferma e non si nega nello stesso tempo un pre<strong>di</strong>cato <strong>di</strong> un medesimosoggetto, ma parla invece <strong>di</strong> autocontrad<strong>di</strong>zione <strong>per</strong>formativa (da <strong>per</strong>formance) opratica, ossia <strong>di</strong> contrad<strong>di</strong>zione fra quel <strong>che</strong> si fa o si è e quel <strong>che</strong> si <strong>di</strong>ce. In breve, lecon<strong>di</strong>zioni dell'argomentare (del <strong>di</strong>alogo) sono come tali non aggirabili (non ev<strong>it</strong>abili)e <strong>per</strong>ciò incontestabili e valide <strong>per</strong> chiunque argomenti. Tant'è <strong>che</strong> se uno rifiutasse<strong>per</strong> principio dette con<strong>di</strong>zioni e<strong>gli</strong> non potrebbe affatto argomentare il suo stessorifiuto. In quanto uomini, ossia esseri <strong>che</strong> pensano, parlano e comunicano, siamoda sempre e necessariamente collocati all'interno <strong>della</strong> ragione comunicativa (del<strong>di</strong>alogo intersoggettivo) e delle sue inelu<strong>di</strong>bili regole argomentative (con<strong>di</strong>zionidel <strong>di</strong>alogo).Se esistono dunque evidenze inaggirabili (inelu<strong>di</strong>bili), al punto <strong>che</strong> lo stessofalsificazionismo (<strong>di</strong> Pop<strong>per</strong>) risulta costretto a presupporre qual<strong>che</strong> norma o ver<strong>it</strong>ànon falsificabile se non vuole ridursi all'anarchismo metodologico <strong>di</strong> Feyerabend,appare leg<strong>it</strong>tima allora la pretesa filosofica <strong>di</strong> <strong>per</strong>venire a un fondamento ultimo<strong>della</strong> conoscenza, a patto <strong>che</strong> <strong>per</strong> fondamento non si intenda la deduzione da unsistema <strong>di</strong> assiomi o postulati (come <strong>per</strong> Habermas), bensì una base e un metodo <strong>di</strong>tipo trascendentale (al <strong>di</strong> sopra ed in<strong>di</strong>pendente dall'es<strong>per</strong>ienza <strong>che</strong> in quanto tale èsempre lim<strong>it</strong>ata). Grazie al metodo trascendentale siamo in grado <strong>di</strong> <strong>per</strong>venire al"sa<strong>per</strong>e del sa<strong>per</strong>e", certo non inteso hegelianamente come "sa<strong>per</strong>e assoluto", ma solonel senso <strong>di</strong> un "punto archime<strong>di</strong>co" al quale il filosofo può tornare in ogni momentocome al punto <strong>di</strong> partenza non oltrepassabile (assolutamente primo) del suo pensiero.In particolare, contro il falsificazionismo Apel sostiene <strong>che</strong> deve essere stabil<strong>it</strong>a una<strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> principio tra le ipotesi <strong>che</strong> risultano soggette a falsificazione e i cr<strong>it</strong>eri,non falsificabili, <strong>che</strong> stanno alla base <strong>della</strong> falsificazione medesima. Infatti se i cr<strong>it</strong>ericon cui si esaminano e si valutano le teorie avessero anch'essi un carattere <strong>di</strong> ipotesifallibili, allora bisognerebbe concludere <strong>che</strong> non esiste alcun cr<strong>it</strong>erio <strong>per</strong> una scienzarazionale. In tal modo si <strong>per</strong>derebbe la stessa <strong>di</strong>stinzione concettuale <strong>della</strong> scienzadall'arte, ossia delle teorie scientifi<strong>che</strong> dai m<strong>it</strong>i e dalle favole.Oltre <strong>che</strong> contro il falsificazionismo, Apel <strong>di</strong>fende la leg<strong>it</strong>tim<strong>it</strong>à <strong>di</strong> un fondamentofilosofico <strong>della</strong> conoscenza an<strong>che</strong> contro le varie forme novecentes<strong>che</strong> <strong>di</strong> relativismo,scetticismo e pensiero debole.147


148La trasformazione semiotica del kantismo.Le prime ricer<strong>che</strong> <strong>di</strong> Apel sono incentrate sul tema kantiano e neokantiano dellecon<strong>di</strong>zioni universali del conoscere alla luce delle nov<strong>it</strong>à introdotte dalla <strong>filosofia</strong>esistenzialistica e dalla linguistica strutturale. Nell'obiettivo, come si <strong>di</strong>ceva, <strong>di</strong>conciliare la <strong>filosofia</strong> anal<strong>it</strong>ica angloamericana con quella esistenzialisticoermeneuticaeuropea continentale, Apel formula, nell'amb<strong>it</strong>o <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong> dellinguaggio, l'idea-programma <strong>di</strong> una trasformazione semiotica del kantismo. Tra<strong>filosofia</strong> anal<strong>it</strong>ica e <strong>filosofia</strong> continentale, osserva Apel, esistono sostanziali puntid'accordo: il comune rifiuto del primato <strong>della</strong> coscienza soggettiva e il comuneprivilegiamento del linguaggio. Ma dall'altro lato esistono <strong>di</strong>vergenze strutturali:all'impostazione trascendentale <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong> continentale si contrapponel'impostazione pragmatica <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong> anal<strong>it</strong>ica <strong>per</strong> quanto riguarda laconnessione (il rapporto) tra il linguaggio e le concrete forme <strong>di</strong> v<strong>it</strong>a stori<strong>che</strong>, socialie culturali. Da ciò l'esigenza <strong>di</strong> accordare le due impostazioni me<strong>di</strong>ante una sorta <strong>di</strong>terza via, quale appunto la trasformazione semiotica del kantismo. Con taletrasformazione si intende <strong>che</strong>, se resta vero, con Kant, <strong>che</strong> la conoscenza de<strong>gli</strong>oggetti è consent<strong>it</strong>a dalle forme a priori dell'intuizione e dell'intelletto del soggetto,inteso <strong>per</strong>altro come astratto io-penso, come astratta coscienza, tale conoscenzaavviene tuttavia, e <strong>per</strong> contro, attraverso la semiotica, ossia attraverso l'uso dei segnie cioè me<strong>di</strong>ante il linguaggio. Apel propone quin<strong>di</strong> il passaggio, la trasformazione ela sost<strong>it</strong>uzione dell'astratto io-penso con la comun<strong>it</strong>à concreta dei parlanti e relativacomunicazione intersoggettiva storicamente e socialmente determinata. Infatti ilpensiero non esiste se non in quanto espresso con segni e così pure la realtà nonesiste se non in quanto simbolicamente (linguisticamente) interpretata. Parimenti,non esiste il soggetto trascendentale (l'io-penso) se non sotto forma <strong>di</strong> un <strong>di</strong>alogopubblico inter<strong>per</strong>sonale, poiché "non si può giocare un gioco linguistico da soli"(non ha senso e non si può parlare da soli). Pertanto Apel polemizza contro ilsolipsismo meto<strong>di</strong>co, <strong>che</strong> va da Cartesio ad Husserl, e rifiuta l'ipotesi <strong>di</strong> un io isolato.In tal modo la coscienza astratta acquista quella specifica corpos<strong>it</strong>à e storic<strong>it</strong>à <strong>che</strong> inKant manca e <strong>che</strong> ad Apple è sugger<strong>it</strong>a dalla lezione dell'esistenzialismo, <strong>della</strong>fenomenologia, dell'ermeneutica, nonché del marxismo, in<strong>di</strong>viduando in tal sensouna me<strong>di</strong>azione (un collegamento) dell'idealismo trascendentale <strong>di</strong> Kant con ilrealismo e il materialismo storico <strong>della</strong> società e con la concezione <strong>di</strong>alettica <strong>della</strong>realtà.In altri termini, la trasformazione semiotica del kantismo consiste nell'attribuire allinguaggio, visto come sistema <strong>di</strong> segni (semiotica= teoria dei segni), quella funzionelegislatrice e strutturante <strong>della</strong> realtà (quin<strong>di</strong> trascendentale) <strong>che</strong> Kant attribuivaalle forme a priori, collocando al posto dell'astratto io-penso la comun<strong>it</strong>à concretadei parlanti. In particolare la trasformazione consiste:1. nell'identificare l'a priori <strong>di</strong> Kant con il linguaggio, inteso come sistema <strong>di</strong>segni e come con<strong>di</strong>zione preliminare e universale <strong>di</strong> ogni approccio allarealtà;148


1492. nel porre al posto dell'astratto io-penso il concreto <strong>di</strong>alogo e comunicazioneintersoggettiva tra <strong>gli</strong> uomini.Ne risulta sottolineata un'ottica pragmatica <strong>che</strong> insiste sul rapporto tra linguaggio eforme concrete <strong>di</strong> v<strong>it</strong>a, ossia sul rapporto dei segni con chi li usa. Apel osserva <strong>che</strong>nello sviluppo <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong> anal<strong>it</strong>ica del linguaggio il centro <strong>di</strong> grav<strong>it</strong>à si è spostatoprogressivamente dalla sintattica (la relazione dei segni tra <strong>di</strong> loro) alla semantica(la relazione tra i segni e le cose in<strong>di</strong>cate) e quin<strong>di</strong> alla pragmatica (la relazione deisegni con il loro interprete ed utilizzatore). La stessa cosa sarebbe avvenuta in sedeepistemologica, nella quale si sarebbe verificata una progressiva accentuazione deipresupposti pratico-sociali <strong>della</strong> scienza.Questa svolta pragmatica <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong> anal<strong>it</strong>ica è tuttavia caratterizzata, secondoApel, da una ra<strong>di</strong>cale ambigu<strong>it</strong>à, poiché dall'interesse <strong>per</strong> l'uomo in quanto"soggetto" <strong>della</strong> scienza si è passati, con le nuove scienze umane e sociali, ad unariduzione dell'uomo a "oggetto" del sa<strong>per</strong>e (ad oggetto delle scienze umane), <strong>che</strong>implica una paradossale eliminazione del soggetto <strong>della</strong> scienza (l’uomo da soggettoconoscente <strong>di</strong>venta oggetto del conoscere). Lo stesso W<strong>it</strong>tgenstein, abbandonando lasua precedente teoria del linguaggio come raffigurazione <strong>per</strong> la teoria dei giochilinguistici e del significato d'uso del linguaggio, ha dovuto concludere <strong>che</strong>, poichéogni gioco linguistico possiede nel suo amb<strong>it</strong>o la propria leg<strong>it</strong>tim<strong>it</strong>à, il comp<strong>it</strong>o <strong>della</strong><strong>filosofia</strong> non è allora quello <strong>di</strong> valutare o trasformare i giochi ma solo <strong>di</strong> descriverli,correggendo <strong>gli</strong> eventuali equivoci. Ma in tal modo, replica Apel, si giunge a unapratica metodologica <strong>che</strong> riduce i giochi linguistici a semplice oggetto <strong>della</strong> scienzaempirico-anal<strong>it</strong>ica, rinunciando a qualsiasi in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> norme a prioriuniversali e necessarie, capaci <strong>di</strong> fungere da fondamento e <strong>di</strong> garantire le con<strong>di</strong>zioni<strong>di</strong> effettiva possibil<strong>it</strong>à e vali<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> ogni comunicazione intersoggettiva al <strong>di</strong> là deisingoli giochi linguistici e loro usi settoriali. Apel controbatte <strong>che</strong> sono invecesussistenti norme a priori universali e necessarie a fondamento <strong>di</strong> ogni e qualsiasisensata comunicazione intersoggettiva. Sono norme identificate con le quattropretese (regole) universali <strong>di</strong> ver<strong>it</strong>à <strong>che</strong> Habermas ha <strong>per</strong> primo formulato,coincidenti con le con<strong>di</strong>zioni stesse dell'argomentazione, ossia del <strong>di</strong>alogointersoggettivo, e <strong>che</strong> Apel ha così riformulato:1. una pretesa <strong>di</strong> senso o comprensibil<strong>it</strong>à: ogni argomentante risulta obbligato adare un significato intersoggettivamente comprensibile a ciò <strong>che</strong> sostiene;2. una pretesa <strong>di</strong> ver<strong>it</strong>à: chiunque argomenta non può fare a meno <strong>di</strong>presupporre la ver<strong>it</strong>à intersoggettivamente valida delle proposizioni <strong>che</strong> usa;3. una pretesa <strong>di</strong> veri<strong>di</strong>c<strong>it</strong>à o sincer<strong>it</strong>à: chiunque argomenta in modo serioaccetta, <strong>per</strong> ciò stesso, <strong>di</strong> essere <strong>per</strong>suaso <strong>di</strong> ciò <strong>che</strong> <strong>di</strong>ce;4. una pretesa <strong>di</strong> giustezza o correttezza normativa: ogni argomentante è tenutoa rispettare le norme <strong>che</strong> governano l'interazione comunicativa.Queste regole implicano a loro volta una serie <strong>di</strong> postulati trascendentali <strong>della</strong>comunicazione (in<strong>di</strong>pendenti dall'es<strong>per</strong>ienza) quali:1. l'esistenza <strong>di</strong> un gioco linguistico (<strong>di</strong> un linguaggio) pubblico, e quin<strong>di</strong>l'esistenza <strong>di</strong> altri soggetti argomentanti e <strong>di</strong> un mondo reale <strong>che</strong> sta <strong>di</strong> fronteal linguaggio, mondo conoscibile grazie al linguaggio medesimo;149


1502. la possibil<strong>it</strong>à <strong>di</strong> <strong>per</strong>venire ad un accordo sul senso e sulla vali<strong>di</strong>tà de<strong>gli</strong>enunciati nell'amb<strong>it</strong>o <strong>di</strong> una comun<strong>it</strong>à illim<strong>it</strong>ata <strong>della</strong> comunicazioneidealmente a<strong>per</strong>ta a tutti i parlanti;3. la par<strong>it</strong>etic<strong>it</strong>à (l'ugua<strong>gli</strong>anza) dei soggetti argomentanti, <strong>che</strong> devono essereconsiderati come aventi uguali <strong>di</strong>r<strong>it</strong>ti e doveri; da ciò la portatastrutturalmente etico-pol<strong>it</strong>ica e democratica <strong>della</strong> teoria dell'argomentazione.Sulla sia <strong>di</strong> Peirce, Apel afferma quin<strong>di</strong> <strong>che</strong> al <strong>di</strong> là <strong>della</strong> comun<strong>it</strong>à reale deiparlanti, o comun<strong>it</strong>à <strong>di</strong> fatto, esiste una comun<strong>it</strong>à trascendentale, cioè ideale, ingrado <strong>di</strong> fungere da modello o norma <strong>della</strong> prima. Comun<strong>it</strong>à <strong>che</strong> Apel chiama"comun<strong>it</strong>à illim<strong>it</strong>ata <strong>della</strong> comunicazione" <strong>per</strong> sottolineare come essa siaidealmente a<strong>per</strong>ta a tutti i parlanti. È una comun<strong>it</strong>à ideale, inesistente <strong>di</strong> fatto, ma<strong>che</strong> funziona da principio regolativo delle comunicazioni reali.La macroetica planetaria.Apel afferma <strong>che</strong> mai come oggi si avverte la necess<strong>it</strong>à <strong>di</strong> una macroeticaplanetaria (<strong>di</strong> un'etica estesa e valida <strong>per</strong> l'intero pianeta). Infatti, se si <strong>di</strong>stingue traun microamb<strong>it</strong>o (fami<strong>gli</strong>a, matrimonio, vicinato), un mesoamb<strong>it</strong>o (la pol<strong>it</strong>icanazionale) e un macroamb<strong>it</strong>o (l'uman<strong>it</strong>à nel suo complesso) si può facilmenterilevare come le norme morali siano ancora concentrate nel microab<strong>it</strong>o, mentre ilmacroamb<strong>it</strong>o appare preoccupazione solo <strong>di</strong> pochi. Inoltre, le morali tra<strong>di</strong>zionaliappaiono connesse a particolari visioni metafisico-religiose del mondo e risultanoancorate a specifici contesti geografico-culturali, al punto da configurarsi comealtrettante "morali <strong>di</strong> gruppo" prive <strong>di</strong> universal<strong>it</strong>à e in confl<strong>it</strong>to fra <strong>di</strong> esse. Macome non avvertire, nell'età <strong>della</strong> scienza, la necess<strong>it</strong>à <strong>di</strong> un'etica razionale euniversale?Eppure, se da un lato la mental<strong>it</strong>à scientifica sembra stimolare, <strong>per</strong> effetto <strong>della</strong>generale <strong>di</strong>ffusione delle tecnologie, l'avvento <strong>di</strong> una tale etica, dall'altro sembracomprometterla. Infatti, rifacendosi al principio <strong>della</strong> avalutativ<strong>it</strong>à <strong>di</strong> Weber e allalegge <strong>di</strong> Hume (secondo cui non possiamo ricavare norme e valori dai fatti), i filosofi<strong>di</strong> tendenza neopos<strong>it</strong>ivistica e anal<strong>it</strong>ica hanno escluso la possibil<strong>it</strong>à <strong>di</strong> un'eticauniversale razionalmente fondata, riducendo la morale a una serie <strong>di</strong> o<strong>per</strong>azionisoggettive, a reazioni irrazionali ed emotive o a decisioni arb<strong>it</strong>rarie parimentiirrazionali. Di conseguenza, razionalmente fondabili appaiono non le norme eti<strong>che</strong>ma soltanto le loro descrizioni avalutative. All'etica filosofica tra<strong>di</strong>zionale <strong>di</strong> tipoprescr<strong>it</strong>tivo è subentrata un’etica anal<strong>it</strong>ica avalutativa e puramente descr<strong>it</strong>tivadelle regole logi<strong>che</strong> del cosiddetto "<strong>di</strong>s<strong>corso</strong> morale". Altrettanto, le scienze umanesembrano <strong>per</strong>venire alla conclusione <strong>che</strong> le norme morali sono in ampia misurarelative alla cultura o alle epo<strong>che</strong> e quin<strong>di</strong>, ancora una volta, soggettive. Con questepremesse, in Occidente si è prodotta una sorta <strong>di</strong> <strong>di</strong>visione del lavoro tra <strong>filosofia</strong>anal<strong>it</strong>ica (cui spetta il campo <strong>della</strong> conoscenza oggettivo-scientifica) edesistenzialismo (cui spetta l'amb<strong>it</strong>o delle scelte etico-religiose).150


151Tale s<strong>it</strong>uazione ha fin<strong>it</strong>o col favorire il <strong>di</strong>ffondersi <strong>di</strong> forme generalizzate <strong>di</strong>relativismo e nichilismo, <strong>di</strong> cui sono espressione altresì i fautori delle teorie delpostmoderno. L'argomento in apparenza più forte <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong> contemporaneacontro la possibil<strong>it</strong>à <strong>di</strong> un principio razionale ultimo, osserva Apel, risiede nella tesisecondo cui, non potendosi fondare razionalmente la ragione (vale a <strong>di</strong>rel'impossibil<strong>it</strong>à <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare <strong>che</strong> la razional<strong>it</strong>à è l'essenza fondamentale <strong>della</strong> naturaumana), in quanto ciò impli<strong>che</strong>rebbe un circolo logico vizioso, si dovrebbe alloraricorrere ad una scelta pre-razionale <strong>di</strong> fede, e quin<strong>di</strong> irrazionale, a favore <strong>della</strong>ragione posta come principio <strong>di</strong> fondo (vedasi Pop<strong>per</strong> e la sua decisione <strong>di</strong> sce<strong>gli</strong>eree riporre la propria fiducia nel realismo, ovverosia in una concezione realistica delmondo <strong>di</strong> <strong>per</strong> sé tuttavia in<strong>di</strong>mostrabile). In realtà, incalza Apel, noi non ci troviamoa decidere pre-razionalmente fra ragione e non ragione, fra argomentazione e nonargomentazione, <strong>per</strong>ché ci troviamo fin dall'inizio nell'amb<strong>it</strong>o del logos (<strong>della</strong>razional<strong>it</strong>à). È questa una con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> base dell'uomo <strong>che</strong> <strong>di</strong> <strong>per</strong> sé consente lafondazione razionale <strong>della</strong> ragione (cioè la leg<strong>it</strong>tim<strong>it</strong>à del r<strong>it</strong>enere la razional<strong>it</strong>àquale principio <strong>di</strong> fondo dell'essere umano). Chiunque argomenti, chiunque <strong>di</strong>caqualcosa <strong>di</strong> sensato, questi ha già necessariamente accettato il punto <strong>di</strong> vista<strong>della</strong> ragione, ovvero le norme <strong>della</strong> ragione argomentativa (le regole universali del<strong>di</strong>alogo intersoggettivo). Certo, ognuno ha il potere <strong>di</strong> rinunciare alla propriaragione, ma così finiamo con l'autoannullarci come uomini riducendoci alla stregua<strong>di</strong> piante. La scelta <strong>della</strong> razional<strong>it</strong>à non si compie al <strong>di</strong> fuori <strong>della</strong> razional<strong>it</strong>à, comese ci trovassimo in un limbo pre-razionale rispetto a cui far seguire, solosuccessivamente, la scelta <strong>di</strong> una visione <strong>di</strong> v<strong>it</strong>a, ma si compie invece all'interno<strong>della</strong> razional<strong>it</strong>à stessa, nei termini <strong>di</strong> una convalida dello stato (<strong>della</strong> con<strong>di</strong>zione) incui, in quanto esseri pensanti, parlanti e comunicanti, siamo da sempre.La possibil<strong>it</strong>à <strong>di</strong> una fondazione razionale <strong>della</strong> ragione implica altresì, <strong>per</strong>Apel, la possibil<strong>it</strong>à <strong>di</strong> una fondazione razionale dell'etica. Infatti le regole apriori (in<strong>di</strong>pendenti dall'es<strong>per</strong>ienza) dell'argomentazione (del <strong>di</strong>alogo) non hannosoltanto valore logico-linguistico e cogn<strong>it</strong>ivo ma altresì un potenziale valore eticonormativo(si pensi alle regole <strong>della</strong> veri<strong>di</strong>c<strong>it</strong>à e <strong>della</strong> giustezza del <strong>di</strong>alogo). Inparticolare, la norma <strong>che</strong> prescrive la necess<strong>it</strong>à <strong>di</strong> risolvere me<strong>di</strong>ante le regole del<strong>di</strong>alogo tutti i possibili confl<strong>it</strong>ti <strong>di</strong> interesse tra <strong>gli</strong> esseri umani assume il valore <strong>di</strong>principio etico fondamentale. Tale norma presuppone evidentemente <strong>che</strong> tutti <strong>gli</strong>in<strong>di</strong>vidui abbiano <strong>gli</strong> stessi <strong>di</strong>r<strong>it</strong>ti nella <strong>di</strong>scussione. Ma poiché a livello concretoquesto non accade, o accade in modo insod<strong>di</strong>sfacente, il principio <strong>della</strong> comun<strong>it</strong>àillim<strong>it</strong>ata <strong>della</strong> comunicazione (<strong>della</strong> natura razionale fondante del <strong>di</strong>alogointersoggettivo) assume il valore <strong>di</strong> un principio regolativo in senso kantiano. Daciò la tendenza democratica ed emancipativa dell'etica del <strong>di</strong>s<strong>corso</strong>, <strong>che</strong> siintegra con la cr<strong>it</strong>ica dell'ideologia, ossia con lo smas<strong>che</strong>ramento de<strong>gli</strong> interessimateriali <strong>che</strong> si oppongono al <strong>per</strong>fetto intendersi tra <strong>gli</strong> in<strong>di</strong>vidui.Quin<strong>di</strong>, contro lo scetticismo neopos<strong>it</strong>ivista ed anal<strong>it</strong>ico, Apel r<strong>it</strong>iene invece <strong>che</strong> leregole a priori dell'argomentazione (ver<strong>it</strong>à, veri<strong>di</strong>c<strong>it</strong>à, giustizia, ecc.) e i relativipostulati trascendentali (accordo sul senso, par<strong>it</strong>etic<strong>it</strong>à, ecc.), un<strong>it</strong>amente alla soprac<strong>it</strong>ata norma etica fondamentale (risoluzione dei confl<strong>it</strong>ti attraverso il <strong>di</strong>alogo151


152argomentativo), <strong>per</strong>mettano <strong>di</strong> e<strong>di</strong>ficare un'etica <strong>della</strong> comunicazione <strong>di</strong> portatarazionale e universale. Tale etica coincide con l'etica del <strong>di</strong>s<strong>corso</strong> <strong>di</strong> cui ha parlatoHabermas, ossia con una morale <strong>di</strong> natura cogn<strong>it</strong>iva, deontologica, formale,universale e postkantiana (formale= <strong>che</strong> non stabilisce regole materiali ma solo ilprincipio procedurale del <strong>di</strong>s<strong>corso</strong> par<strong>it</strong>etico e <strong>della</strong> conciliazione razionale de<strong>gli</strong>interessi).L'appello e l'invocazione <strong>della</strong> comun<strong>it</strong>à ideale tende ad ispirarsi, in una prima fasedel pensiero <strong>di</strong> Apel, ad un marxismo non dogmatico e non materialisticamentedeterministico bensì umanistico-emancipativo. Infatti, il comp<strong>it</strong>o <strong>di</strong> realizzare lacomun<strong>it</strong>à ideale <strong>della</strong> comunicazione implica an<strong>che</strong> il su<strong>per</strong>amento <strong>della</strong> società<strong>di</strong>visa in classi e l'eliminazione delle barriere socialmente con<strong>di</strong>zionanti il <strong>di</strong>alogointer<strong>per</strong>sonale.Ne<strong>gli</strong> scr<strong>it</strong>ti successivi sviluppa l'etica <strong>della</strong> comunicazione nella <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong>un'etica <strong>della</strong> responsabil<strong>it</strong>à <strong>che</strong>, pur fondandosi kantianamente edeontologicamente sui principi dell'agire argomentativo (<strong>di</strong> un comportamentorazionale), risulti sensibile altresì alle conseguenze delle decisioni adottate. L'eticadel <strong>di</strong>s<strong>corso</strong> non può lim<strong>it</strong>arsi all'etica dell'intenzione, <strong>della</strong> pura volontà buona comein Kant, ma deve configurarsi an<strong>che</strong> (secondo la <strong>di</strong>stinzione <strong>di</strong> Weber) come un'etica<strong>della</strong> responsabil<strong>it</strong>à rispetto alle conseguenze delle azioni intraprese. Tale eticaassume come cr<strong>it</strong>erio o modello regolativo la comun<strong>it</strong>à illim<strong>it</strong>ata (cioè par<strong>it</strong>etica edemocratica) <strong>della</strong> comunicazione. Per dare concretezza a tale modello comun<strong>it</strong>arioApel <strong>di</strong>fende <strong>per</strong>tanto la necess<strong>it</strong>à <strong>di</strong> un'opinione pubblica mon<strong>di</strong>ale cr<strong>it</strong>ica, ingrado <strong>di</strong> pronunciarsi con senso <strong>di</strong> responsabil<strong>it</strong>à planetaria sui gran<strong>di</strong> temipol<strong>it</strong>ici, economici, ecologici del mondo.Kant, osserva Apel, si muove ancora nell'amb<strong>it</strong>o <strong>di</strong> un'impostazione soggettiva econoscienzalista e quin<strong>di</strong> affida al singolo il comp<strong>it</strong>o <strong>di</strong> "dedurre", tram<strong>it</strong>e ilprincipio universale dell'im<strong>per</strong>ativo categorico, le norme morali materiali e concreterelative alle varie s<strong>it</strong>uazioni. Apel invece, <strong>che</strong> si muove secondo un'impostazionesemiotico-comunicativa, r<strong>it</strong>iene <strong>che</strong> la fissazione <strong>di</strong> norme eti<strong>che</strong> concrete non siaquestione <strong>che</strong> il singolo possa risolvere da solo, nell'amb<strong>it</strong>o <strong>della</strong> propria riflessioneinteriore, bensì questione <strong>che</strong> esige <strong>di</strong> essere affrontata all'interno <strong>di</strong> <strong>di</strong>scorsi pratici(morali) intersoggettivi, vale a <strong>di</strong>re in maniera democratica e consensuale.In tal senso, Apel <strong>di</strong>stingue due livelli <strong>di</strong> fondazione (<strong>di</strong> cost<strong>it</strong>uzione) delle normemorali: quello <strong>di</strong> primo grado, cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o dal principio formale-procedurale <strong>che</strong>postula la possibil<strong>it</strong>à <strong>di</strong> un <strong>di</strong>alogo par<strong>it</strong>ario e <strong>di</strong> una composizione (intesa)<strong>di</strong>scorsiva-argomentativa rispetto ai <strong>di</strong>versi interessi, e quello <strong>di</strong> secondo grado, <strong>che</strong>si realizza concretamente tra i soggetti coinvolti nell'argomentazione. All'interno delsecondo livello <strong>di</strong> fondazione Apel recu<strong>per</strong>a an<strong>che</strong> la tesi del fallibilismo,affermando <strong>che</strong> le norme proposte nell'amb<strong>it</strong>o dei <strong>di</strong>scorsi pratici concreti sonosempre fallibili e falsificabili, a <strong>di</strong>fferenza del principio formale su cui si fonda ilprimo livello <strong>che</strong>, in quanto a priori ed universale, non può essere esso stessofallibile e falsificabile.In concom<strong>it</strong>anza con l'elaborazione dell'etica <strong>della</strong> responsabil<strong>it</strong>à, Apel si mostrasempre più sensibile al problema dei rapporti tra l'agire strategico-strumentale152


153proprio del mondo <strong>della</strong> v<strong>it</strong>a (<strong>della</strong> società storica, reale e concreta), tendente a farprevalere il <strong>di</strong>r<strong>it</strong>to del più forte o del più furbo, e l'agire comunicativo morale.Problema questo <strong>che</strong> e<strong>gli</strong> ha cercato <strong>di</strong> risolvere con il principio <strong>di</strong> integrazione, ilquale stabilisce il dovere <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare un possibile punto <strong>di</strong> incontro tra agirestrategico e agire morale. Conseguentemente Apel, pur continuando ad esserefautore <strong>di</strong> un pensiero progressista e riformatore, finisce sia col prendere le<strong>di</strong>stanze dalle posizioni utopiste e neomarxiste de<strong>gli</strong> anni ‘60 e ‘70, sia <strong>per</strong>accentuare il proprio interesse verso la democrazia pol<strong>it</strong>ica e le sue normeprocedurali. L'etica del <strong>di</strong>s<strong>corso</strong> non può e non vuole, come invece in Platone e intutti <strong>gli</strong> utopisti dopo <strong>di</strong> lui, prescrivere a<strong>gli</strong> uomini una forma unica e total<strong>it</strong>aria<strong>di</strong> v<strong>it</strong>a, oppure concepirla, come in Hegel, quale necessaria conseguenza dell'etic<strong>it</strong>àdello Spir<strong>it</strong>o assoluto. L'etica del <strong>di</strong>s<strong>corso</strong> non ha il comp<strong>it</strong>o <strong>di</strong> stabilire un'utopiarigida <strong>di</strong> società futura, ma soltanto <strong>di</strong> stabilire un quadro formale <strong>di</strong> principi, <strong>di</strong>regole e <strong>di</strong> procedure, nel cui amb<strong>it</strong>o le <strong>di</strong>verse teorie circa la "v<strong>it</strong>a buona" e la"v<strong>it</strong>a felice" abbiano modo <strong>di</strong> confrontarsi in maniera pluralistica e <strong>di</strong>alogante.Un quadro <strong>che</strong> coincide, in defin<strong>it</strong>iva, con le ist<strong>it</strong>uzioni dello Stato democratico <strong>di</strong><strong>di</strong>r<strong>it</strong>to, il quale, pur con tutte le sue im<strong>per</strong>fezioni, cost<strong>it</strong>uisce la mi<strong>gli</strong>orapprossimazione ai requis<strong>it</strong>i normativi <strong>della</strong> comun<strong>it</strong>à illim<strong>it</strong>ata <strong>della</strong> comunicazione.Differenze con Habermas.Il pensiero <strong>di</strong> Apel presenta notevoli affin<strong>it</strong>à rispetto a quello <strong>di</strong> Habermas. Ciònon to<strong>gli</strong>e tuttavia <strong>che</strong> tra i due filosofi esistano an<strong>che</strong> notevoli <strong>di</strong>fferenze.Pur insistendo entrambi sul rapporto tra linguaggio (<strong>di</strong>alogo intersoggettivo) emorale, i due filosofi si <strong>di</strong>versificano fra loro a propos<strong>it</strong>o <strong>della</strong> giustificazionefilosofica <strong>di</strong> tale rapporto. Apel lo interpreta come una "fondazione ultima" <strong>di</strong> tipotrascendentale-metafisico. Habermas invece, <strong>di</strong>ffidente nei confronti delle pretesemetafisico-fondative <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong>, lo interpreta come ipotesi scientifica ad altolivello <strong>di</strong> generalizzazione (valida pressoché nella total<strong>it</strong>à dei casi). Da ciò la<strong>di</strong>fferente denominazione delle rispettive dottrine: pragmatica trascendentale,ossia a priori e in<strong>di</strong>pendente dall'es<strong>per</strong>ienza, in Apel e pragmatica universale,ossia maggiormente basata su constatazioni-riflessioni scientifico-empiri<strong>che</strong> edepistemologi<strong>che</strong>, in Habermas. In propos<strong>it</strong>o Apel non ho potuto fare a meno <strong>di</strong>osservare come il tentativo <strong>di</strong> Habermas <strong>di</strong> basare l'etica del <strong>di</strong>s<strong>corso</strong> sul terrenomobile delle generalizzazioni (teorie) scientifico-empiri<strong>che</strong>, anziché su quello solidodelle certezze filosofi<strong>che</strong> a priori, rischia <strong>di</strong> far crollare tutta la costruzione o,<strong>per</strong>lomeno, <strong>di</strong> renderla estremamente vulnerabile a<strong>gli</strong> assalti <strong>di</strong> quel relativismoculturale e morale contro cui essa ha pur tuttavia voluto erigersi. Scrive infatti Apel:"Trovo nel mio amico Habermas una "falsa" modestia, <strong>che</strong> <strong>di</strong> fronte allo scetticismoe al relativismo predominanti è sì comprensibile, ma inutile e non opportuna".153


154IL POSTMODERNO E LE FILOSOFIE DELLA POSTMODERNITA’.Il termine <strong>di</strong> postmoderno non è originariamente filosofico: sorge dapprima incampo letterario, storico, economico ed arch<strong>it</strong>ettonico. Alla fine de<strong>gli</strong> anni ‘70 delNovecento, grazie a Lyotard, inizia ad essere ado<strong>per</strong>ato an<strong>che</strong> in amb<strong>it</strong>o filosofico.Postmoderni sono classificati quei filosofi secondo cui la modern<strong>it</strong>à (l'epocamoderna iniziata a partire da Cartesio nel XVII secolo), almeno in alcuni dei suo<strong>it</strong>ratti essenziali, sarebbe fin<strong>it</strong>a. Iniziatore del postmoderno filosofico è JeanFrancois Lyotard e tra i più originali e convinti interpreti si annoverano GianniVattimo nonché, <strong>per</strong> certi aspetti, Rorty e Derrida. In Italia simpatizzanti delpostmoderno sono o sono stati Massimo Cacciari, Pier Aldo Rovatti, Umberto Eco.Su posizioni cr<strong>it</strong>i<strong>che</strong> si è posto invece Paolo Rossi.Per comprendere il postmoderno filosofico è opportuno elencare lecaratteristi<strong>che</strong> fondamentali <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong> <strong>della</strong> modern<strong>it</strong>à contro le quali,appunto, i postmoderni si collocano. Possono essere così riassunte:1. la tendenza a credere in visioni e sistemi onnicomprensivi del mondo(idealismo, marxismo, ecc.) capaci <strong>di</strong> fornire leg<strong>it</strong>tim<strong>it</strong>à e fondamentofilosofico al conoscere (gnoseologia) e all'agire (prassi);2. la tendenza a concepire la <strong>storia</strong> in termini <strong>di</strong> progresso lineare e <strong>di</strong>emancipazione, ossia come <strong>per</strong><strong>corso</strong> progressivo <strong>di</strong> cui <strong>gli</strong> intellettualiconoscono i fini (la libertà, l'ugua<strong>gli</strong>anza, il benessere, ecc.) e i mezzi idonei arealizzarli (la <strong>di</strong>ffusione dei lumi <strong>della</strong> ragione, cioè <strong>della</strong> razional<strong>it</strong>à, larivoluzione proletaria, le conquiste <strong>della</strong> scienza e <strong>della</strong> tecnica);3. la tendenza a pensare il <strong>di</strong>venire (lo sviluppo <strong>della</strong> realtà) in termini <strong>di</strong> nov<strong>it</strong>àe su<strong>per</strong>amento, ossia la propensione a identificare ciò <strong>che</strong> è nuovo con ciò <strong>che</strong>è mi<strong>gli</strong>ore e ciò <strong>che</strong> è tras<strong>corso</strong> con ciò <strong>che</strong> è su<strong>per</strong>ato;4. la tendenza a concepire l'uomo come dominatore <strong>della</strong> natura, con laconcom<strong>it</strong>ante esaltazione <strong>della</strong> scienza e la conseguente riduzione <strong>della</strong> realtàad oggetto manipolabile e sfruttabile, conoscibile secondo cr<strong>it</strong>eri <strong>di</strong> tipoipotetico-s<strong>per</strong>imentale, con contestuale identificazione <strong>della</strong> ragione con laragione scientifica;5. la tendenza a pensare secondo concetti <strong>di</strong> un<strong>it</strong>à e total<strong>it</strong>à <strong>della</strong> realtà, cuisubor<strong>di</strong>nare l'eterogenea varietà de<strong>gli</strong> eventi, cost<strong>it</strong>uendo sa<strong>per</strong>e forti egerarchici, basati su <strong>di</strong> un unico e fondamentale principio esplicativo(monismo) <strong>di</strong> tipo ontologico o storico o gnoseologico o etico o estetico.Tendenza questa <strong>che</strong> si accompagna ad una sottovalutazione ed appiattimentodelle particolar<strong>it</strong>à e delle <strong>di</strong>vers<strong>it</strong>à presenti nella realtà, facendo tutt'unoinvece, secondo Lyotard, con la volontà <strong>di</strong> dominio dell'Occidente nonché,secondo Vattimo, con la sua vocazione "terroristica e violenta".Rispetto a queste tendenze <strong>di</strong> fondo <strong>della</strong> modern<strong>it</strong>à i postmodernicontrappongono un insieme <strong>di</strong> idee alternative, ovvero:1. la sfiducia nei "macro-sa<strong>per</strong>i", nei gran<strong>di</strong> sistemi filosofico-culturalionnicomprensivi e la proposta invece <strong>di</strong> forme "deboli" (Vattimo) o"instabili" (Lyotard) <strong>di</strong> razional<strong>it</strong>à (<strong>di</strong> riflessione filosofico-razionale), basate154


155sulla convinzione dell'inesistenza <strong>di</strong> fondamenti ultimi e un<strong>it</strong>ari del sa<strong>per</strong>e(teoria) e dell'agire (prassi);2. la rinuncia a concepire la <strong>storia</strong> come un processo universale e necessariovolto al progresso e all'emancipazione dell'uman<strong>it</strong>à, cui è contrappostal'elaborazione <strong>di</strong> un "pensiero senza redenzione ", vale a <strong>di</strong>re una sfiduciaprogrammatica nei confronti <strong>di</strong> ogni terapia pol<strong>it</strong>ica, esistenziale, artistica,ecc. finalizzata al raggiungimento <strong>di</strong> mi<strong>gli</strong>ori con<strong>di</strong>zioni;3. il rifiuto del culto del nuovo e del concetto <strong>di</strong> su<strong>per</strong>amento, tant'è <strong>che</strong> ilpostmoderno, più <strong>che</strong> come ultimo in<strong>di</strong>rizzo filosofico e sistematico, intendeessere la fine <strong>di</strong> ogni in<strong>di</strong>rizzo;4. il rifiuto <strong>di</strong> identificare la razional<strong>it</strong>à con la razional<strong>it</strong>à tecnico-scientifica e <strong>di</strong>concepire l'uomo come "padrone" incontrastato <strong>della</strong> natura e dell'ambiente;rifiuto <strong>che</strong> riflette la sensibil<strong>it</strong>à postmoderna verso l'ecologismo, inteso comemovimento <strong>di</strong> reazione sia contro <strong>gli</strong> effetti <strong>di</strong>struttivi causati dal dominiotecnologico sulla natura sia come ricerca <strong>di</strong> una nuova cultura dell'ab<strong>it</strong>are;5. la prevalenza dell'idea <strong>di</strong> plural<strong>it</strong>à e <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenza rispetto a quella <strong>di</strong> un<strong>it</strong>à etotal<strong>it</strong>à <strong>della</strong> realtà, ossia la considerazione <strong>che</strong> "il mondo non è uno, mamolti" (Vattimo); da ciò la concezione <strong>di</strong> una realtà frammentata,settorializzata, <strong>di</strong>ssociata, rivolta a far valere <strong>gli</strong> aspetti <strong>della</strong> molteplic<strong>it</strong>à, delparticolare, del locale, del <strong>di</strong>verso, nella convinzione <strong>della</strong> irriducibil<strong>it</strong>à de<strong>gli</strong>enti e dei significati ad uniform<strong>it</strong>à e quin<strong>di</strong> nella <strong>per</strong>suasione <strong>della</strong> loroincommensurabil<strong>it</strong>à. La Torre <strong>di</strong> Babele, emblema <strong>della</strong> proliferazione deilinguaggi e <strong>di</strong> un mondo irrime<strong>di</strong>abilmente <strong>di</strong>versificato e sconnesso, èassunta come simbolo <strong>di</strong> questa realtà a frammenti, guardata tuttavia in modopos<strong>it</strong>ivo, senza nostalgie <strong>per</strong> le visioni totali del mondo ormai <strong>per</strong>dute maprendendone realisticamente atto.Origini stori<strong>che</strong>, sociali e culturali del postmoderno.La <strong>filosofia</strong> post-moderna risulta strettamente connessa ad una serie <strong>di</strong>trasformazioni stori<strong>che</strong> e sociali. Alle sue origini troviamo un insieme variegato <strong>di</strong>avvenimenti storici, quali le guerre mon<strong>di</strong>ali, <strong>gli</strong> orrori dei campi <strong>di</strong>concentramento, i fallimenti del socialismo reale, le ingiustizie del cap<strong>it</strong>alismo, i<strong>per</strong>icoli <strong>di</strong> un confl<strong>it</strong>to nucleare, la minaccia <strong>di</strong> una catastrofe ecologica, ecc., <strong>che</strong>hanno compromesso alla base i principali "m<strong>it</strong>i" e ideali <strong>di</strong> razional<strong>it</strong>à e <strong>di</strong> etic<strong>it</strong>àde<strong>gli</strong> ultimi secoli, a cominciare dall'idea <strong>di</strong> un progresso necessario e senza fine. Ilpostmoderno si configura quin<strong>di</strong> come post-storico, nel senso <strong>che</strong> intendecollocarsi oltre la <strong>storia</strong> considerata come progresso dalla modern<strong>it</strong>à. Il caratterepost-storico del postmoderno non significa r<strong>it</strong>enere <strong>che</strong> esso è qualcosa <strong>che</strong>"su<strong>per</strong>a" la modern<strong>it</strong>à in <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> un nuovo e più sicuro traguardo. Se fosse così,argomenta Vattimo, il postmoderno si collo<strong>che</strong>rebbe esso stesso sulla linea <strong>della</strong>modern<strong>it</strong>à e sulla sua idea <strong>di</strong> progresso. Il postmoderno invece va visto soprattuttocome <strong>di</strong>ssoluzione dell'idea stessa del nuovo e del <strong>per</strong>fettibile, vale a <strong>di</strong>re come155


156es<strong>per</strong>ienza <strong>di</strong> "fine <strong>della</strong> <strong>storia</strong>" quale pensata dalla modern<strong>it</strong>à; una <strong>storia</strong> nonpiù progressiva ed emancipativa.Il concetto <strong>di</strong> post-storico è stato utilizzato <strong>per</strong> primo da Arnold Gehlen <strong>per</strong>definire le società attuali in base alla tesi <strong>della</strong> "plastic<strong>it</strong>à" cost<strong>it</strong>utiva dell'uomo,ossia in base alla considerazione <strong>che</strong> la natura umana non è fissa e costante. Lesocietà attuali, e<strong>gli</strong> afferma, sarebbero caratterizzate da una "secondasecolarizzazione" (secolarizzazione=venir meno del primato del sacro edell'assoluto), ovvero da una secolarizzazione <strong>che</strong> ha secolarizzato se stessa, <strong>che</strong>ha cioè abbandonato i m<strong>it</strong>i rassicurativi (trascendenti o immanenti) incentratisull'idea <strong>di</strong> principi e fondamenti assoluti <strong>della</strong> realtà. In questo senso ilpostmoderno si presenta, appunto, come il compimento o la realizzazione estremadel processo <strong>di</strong> secolarizzazione del mondo <strong>che</strong> ha caratterizzato il pensiero <strong>della</strong>civiltà occidentale de<strong>gli</strong> ultimi secoli. La seconda secolarizzazione, dopo la prima<strong>che</strong> ha invest<strong>it</strong>o la fede nel <strong>di</strong>vino, è <strong>per</strong>venuta ad investire altresì la fede laica nelprogresso, ormai ridotto nelle o<strong>di</strong>erne società complesse ad un processo <strong>di</strong>innovazione puramente quant<strong>it</strong>ativo <strong>di</strong> routine, secondo una logica <strong>di</strong> quant<strong>it</strong>àpiuttosto <strong>che</strong> <strong>di</strong> qual<strong>it</strong>à e <strong>di</strong> autentica innovazione ed emancipazione. In tal modo la<strong>storia</strong> ha cessato <strong>di</strong> essere propulsiva e l'aspirazione verso il nuovo, svuotato <strong>di</strong>ogni significato concretamente emancipativo, viene confinata nel terr<strong>it</strong>orioestetizzante e formalistico delle arti, al punto da poter parlare ormai <strong>di</strong> "fine" <strong>della</strong><strong>storia</strong> e del progresso.Particolarmente stretti risultano an<strong>che</strong> i rapporti tra postmoderno e societàcomplessa <strong>di</strong> tipo industriale, contrad<strong>di</strong>stinta da assetti pluralistici (daun'estrema varietà <strong>di</strong> forme, <strong>di</strong> culture, <strong>di</strong> razze) <strong>di</strong> cui il postmoderno vuole esserechiave (modal<strong>it</strong>à) interpretativa. Da ciò il progetto <strong>di</strong> una "uman<strong>it</strong>à al plurale",capace <strong>di</strong> lasciarsi defin<strong>it</strong>ivamente alle spalle il sogno me<strong>di</strong>evale <strong>di</strong> un'unica ver<strong>it</strong>à,<strong>di</strong> un'unica fede, <strong>di</strong> un unico sistema <strong>di</strong> valori.La valorizzazione del carattere pluriculturale e plurirazziale <strong>della</strong> società complessaha condotto i postmoderni a giu<strong>di</strong>care pos<strong>it</strong>ivamente le tecnologie informati<strong>che</strong> emultime<strong>di</strong>ali, simboleggiate nella nuova figura dell'uomo come rice-trasmett<strong>it</strong>ore <strong>di</strong>messaggi. A <strong>di</strong>fferenza dei filosofi <strong>della</strong> Scuola <strong>di</strong> Francoforte, <strong>che</strong> nei mezzi <strong>di</strong>comunicazione <strong>di</strong> massa scorgevano strumenti negativi <strong>di</strong> inganno e <strong>di</strong> dominio, ipostmoderni considerano i mass-me<strong>di</strong>a come elementi pos<strong>it</strong>ivi <strong>di</strong> una societàdemocratica moderna, basata su <strong>di</strong> una molteplic<strong>it</strong>à, non conformistica e non asenso unico, <strong>di</strong> informazioni e messaggi, <strong>che</strong> rendono i fru<strong>it</strong>ori più consapevoli equin<strong>di</strong> più cr<strong>it</strong>ici. Rifacendosi all'ermeneutica, i postmoderni affermano <strong>che</strong> larealtà ambientale e umana, nelle o<strong>di</strong>erne società tecnologi<strong>che</strong>, tende ormai aconsistere nella molteplic<strong>it</strong>à delle informazioni e delle interpretazioni <strong>che</strong> i me<strong>di</strong>a(giornali, libri, televisione, internet, ecc.) <strong>di</strong>ffondono senza <strong>che</strong> nessuna <strong>di</strong> questeinterpretazioni, in "un mondo <strong>di</strong>venuto favola" (Nietzs<strong>che</strong>) poiché ormai privo <strong>di</strong>un'univoca ver<strong>it</strong>à assoluta e oggettiva, abbia il <strong>di</strong>r<strong>it</strong>to <strong>di</strong> soffocare od azzerare lealtre.Sul piano etico, <strong>per</strong>tanto, la concezione pluralistica post-moderna si ispira alprincipio <strong>della</strong> tolleranza contro ogni uniform<strong>it</strong>à e rigi<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> dogmatismo teorico156


157e <strong>di</strong> <strong>di</strong>spotismo pratico. "Abbiamo pagata cara l'ideologia del tutto e dell'uno" (ossia<strong>di</strong> una concezione monistica, basata sull'idea <strong>di</strong> un unico ed esclusivo principio<strong>della</strong> realtà).Sul piano pol<strong>it</strong>ico il postmoderno si ispira ad un pensiero postmarxista epostliberale, <strong>che</strong> va oltre i concetti <strong>di</strong> destra-sinistra, <strong>di</strong> conservazione-progresso.Infatti, pur respingendo il m<strong>it</strong>o marxista <strong>della</strong> rivoluzione, i postmoderni sono benlontani dal concepire un recu<strong>per</strong>o del pre-moderno o <strong>di</strong> qual<strong>che</strong> ideologiaantimoderna. Contro l'immagine <strong>di</strong>ffusa da autori come Habermas (<strong>che</strong> reputa ilpostmoderno affetto da neoconservatorismo e dalla mancanza <strong>di</strong> punti <strong>di</strong>riferimento orientativi) e Fredrich Jameson (il quale considera il postmoderno comel'ideologia dominante del tardo cap<strong>it</strong>alismo multinazionale <strong>che</strong> riduce ogni cosa afeticcio, a prodotto posto in ven<strong>di</strong>ta), il postmoderno, da una iniziale assenza <strong>di</strong>progettual<strong>it</strong>à pol<strong>it</strong>ica, <strong>di</strong> rassegnazione suo malgrado al consumismo, allaspettacolarizzazione, al trionfo tecnologico, è passato via via a posizioni pol<strong>it</strong>i<strong>che</strong>incentrate sull'ecologismo, sul pluralismo, sul multiculturalismo, sulla <strong>di</strong>fesadelle minoranze e sul rispetto verso ogni forma <strong>di</strong> <strong>di</strong>vers<strong>it</strong>à.Per quanto concerne le origini intellettuali del postmoderno, esse vanno ricercateanz<strong>it</strong>utto in Nietzs<strong>che</strong> e Heidegger, <strong>che</strong> hanno messo sotto accusa la modern<strong>it</strong>à ela tra<strong>di</strong>zione occidentale: in Nietzs<strong>che</strong> con l'annuncio <strong>della</strong> morte <strong>di</strong> Dio ed ilconseguente avvento del nichilismo; in Heidegger con l'idea <strong>di</strong> un costante declino<strong>della</strong> metafisica a causa <strong>di</strong> un suo proprio ed inconsapevole "oblio dell'essere", ilquale ha portato all'imporsi del mondo tecnico-scientifico. Si tratta <strong>di</strong> due tesi <strong>che</strong>rovesciano decisamente la concezione ottimistica <strong>di</strong> progresso propria <strong>della</strong>modern<strong>it</strong>à. Tant'è <strong>che</strong> Vattimo fa espressamente iniziare il postmoderno conNietzs<strong>che</strong>.Un'altra fonte intellettuale del postmoderno è cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>a dal poststrutturalismofrancese, col suo rifiuto del primato del soggetto (del valore prior<strong>it</strong>ario <strong>della</strong>coscienza e <strong>di</strong> un modo uniforme e universale <strong>di</strong> pensare) e con la sua concezionesecondo cui non c'è alcun centro del mondo, bensì una varietà talmente <strong>di</strong>versificata<strong>di</strong> enti e <strong>di</strong> significati tale da non poter essere ricondotta ad una qualsiasi ident<strong>it</strong>à eun<strong>it</strong>à. Il carattere cost<strong>it</strong>utivo <strong>della</strong> realtà è quello <strong>della</strong> <strong>di</strong>fferenza (tra le variecose e tra i vari significati ad esse attribu<strong>it</strong>i), il <strong>che</strong> porta ad un concetto <strong>di</strong> ver<strong>it</strong>àintesa come decostruzione (ossia come rifiuto <strong>di</strong> costruzioni ontologi<strong>che</strong> egnoseologi<strong>che</strong> un<strong>it</strong>arie e stabili <strong>della</strong> realtà e del sa<strong>per</strong>e), come alter<strong>it</strong>à (<strong>di</strong>vers<strong>it</strong>à) ecome continua nov<strong>it</strong>à, senza alcunché <strong>di</strong> <strong>per</strong>manente. Dal poststrutturalismo ipostmoderni hanno derivato una mental<strong>it</strong>à antiun<strong>it</strong>aria e antigerarchica nonchél'idea <strong>di</strong> una realtà frammentata e decostru<strong>it</strong>a (Derrida) in cui è rotta l'un<strong>it</strong>à e latotal<strong>it</strong>à.Ulteriore matrice intellettuale del postmoderno è cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>a dall'ermeneutica,da cui postmoderni, soprattutto Vattimo, hanno tratto un'immagine del mondo comerete aggrovi<strong>gli</strong>ata <strong>di</strong> interpretazioni <strong>di</strong>versificate secondo il contesto sociale,ambientale e storico in cui ci si trova.Fonte intellettuale, ancora, del postmoderno è rappresentatadall'epistemologia postpos<strong>it</strong>ivistica o postpop<strong>per</strong>iana (Kuhn, Feyreband), con la157


158quale i postmoderni con<strong>di</strong>vidono la tesi <strong>della</strong> natura "non fondata", "instabile" e"anarchica" del sa<strong>per</strong>e.Infine, una certa influenza (soprattutto su Lyotard) è stata eserc<strong>it</strong>ata da queipensatori, come Kant e W<strong>it</strong>tgenstein, <strong>che</strong> hanno insist<strong>it</strong>o sulla eterogene<strong>it</strong>à dellefacoltà umane (intelletto, ragione, morale, sentimento) e sulla molteplic<strong>it</strong>à deigiochi linguistici.La questione del "post".Il termine postmoderno, al <strong>di</strong> là del successo consegu<strong>it</strong>o, è apparso problematicofin dall'inizio. In particolare, come va inteso il "post" <strong>di</strong> cui parlano i postmoderni?In primo luogo, il post non allude ad un "su<strong>per</strong>amento" del moderno <strong>per</strong>ché in talsenso si cadrebbe in una concezione storico-temporale progressiva da cui invece ilpostmoderno intende <strong>di</strong>vergere.In secondo luogo, il post non allude ad una contrapposizione ra<strong>di</strong>cale con lamodern<strong>it</strong>à: non è un "anti". Il postmoderno non è interpretato come qualcosa <strong>di</strong>completamente estraneo od opposto al moderno ma come qualcosa <strong>che</strong>, pur avendo"<strong>di</strong>ger<strong>it</strong>o" ( vissuto) il moderno e pur <strong>per</strong>seguendo obiettivi <strong>di</strong>versi, risentecomunque dei suoi con<strong>di</strong>zionamenti. Vattimo, come si vedrà, è convinto <strong>che</strong> lametafisica non sia una sorta <strong>di</strong> ab<strong>it</strong>o smesso: sia pure in modo indebol<strong>it</strong>o, ilpostmoderno non può far altro <strong>che</strong> usare le stesse categorie (concetti) <strong>della</strong>metafisica (ver<strong>it</strong>à, essere, <strong>storia</strong>,) an<strong>che</strong> se ridotte entro storie regionali esettoriali. Più in generale i postmoderni reputano <strong>che</strong> il passato non possa venirannullato ma solo "rivis<strong>it</strong>ato". Da ciò quel "noma<strong>di</strong>smo teorico" (quel passare evagabondare da una teoria all'altra) <strong>che</strong> porta a viaggiare nella <strong>storia</strong> e nellestorie come in una banca dati, allo stesso modo in cui si naviga su Internet. Ilnoma<strong>di</strong>smo teorico è quello <strong>di</strong> un pensiero <strong>che</strong> si muove liberamente etrasversalmente su un terr<strong>it</strong>orio <strong>di</strong> conoscenze <strong>che</strong> si intrecciano e si contaminano(il villaggio globale), <strong>di</strong>venuto accessibile <strong>per</strong> la riduzione delle <strong>di</strong>stanze in segu<strong>it</strong>oallo sviluppo delle tecnologie comunicative.Una terza questione riguarda la natura cronologica o ideale del post. Ilpostmoderno va cioè pensato in termini storici, ossia come un nuovo <strong>corso</strong> <strong>della</strong><strong>storia</strong> (Vattimo) oppure in termini ideali, cioè come modello e modal<strong>it</strong>à, possibileed alternativa, del sentire e del pensare (Lyotard)? In quest'ultimo senso si esprimean<strong>che</strong> Umberto Eco, secondo cui il postmoderno, più <strong>che</strong> in<strong>di</strong>viduare un'epoca,serve ad identificare uno stato dello spir<strong>it</strong>o, un modo alternativo <strong>di</strong> vedere larealtà. Queste due maniere <strong>di</strong> interpretare il postmoderno non sononecessariamente in ant<strong>it</strong>esi, <strong>per</strong>ché an<strong>che</strong> coloro <strong>che</strong> lo interpretano comecon<strong>di</strong>zione storica dominante dell'uomo del XX secolo, non escludono <strong>che</strong> essorappresenti an<strong>che</strong> un "modello <strong>della</strong> sensibil<strong>it</strong>à" <strong>che</strong> può trovare manifestazioni ocorrispondenze nel passato.158


159JEAN FRANCOIS LYOTARD (nato in Francia nel 1924).Il postmoderno come fine dei gran<strong>di</strong> racconti.Lyotard collega il postmoderno all'avvento delle società industriali avanzate einformatizzate: è proprio in queste società <strong>che</strong> si sviluppa un tipo <strong>di</strong> culturaalternativa rispetto a quella moderna. La modern<strong>it</strong>à risulta caratterizzata da unaserie <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> sistemi, <strong>di</strong> ampie sintesi filosofico-pol<strong>it</strong>i<strong>che</strong>, <strong>che</strong> Lyotard chiama"gran<strong>di</strong> racconti" o "gran<strong>di</strong> narrazioni". La loro peculiar<strong>it</strong>à è quella <strong>di</strong> volerfornire un fondamento un<strong>it</strong>ario del pensare e dell'agire in termini <strong>di</strong> progresso e <strong>di</strong>emancipazione, sulla base <strong>di</strong> una teoria <strong>della</strong> <strong>storia</strong> intesa come <strong>per</strong><strong>corso</strong> <strong>di</strong>rettoverso una meta prestabil<strong>it</strong>a <strong>di</strong> natura pos<strong>it</strong>iva (la libertà, l'ugua<strong>gli</strong>anza, ecc.). Sonogran<strong>di</strong> racconti <strong>che</strong> hanno un carattere universale, tale cioè da porsi oltre lenarrazioni particolari, <strong>per</strong> cui sono chiamati da Lyotard an<strong>che</strong> "metaracconti" o"metanarrazioni".I principali "gran<strong>di</strong> racconti" <strong>della</strong> modern<strong>it</strong>à sono l'Illuminismo el'Idealismo. Per l'Illuminismo il sa<strong>per</strong>e appare leg<strong>it</strong>timo nella misura in cuifavorisce l'emancipazione e la libertà dei popoli. Per l'idealismo il sa<strong>per</strong>e apparefondato nella misura in cui non <strong>per</strong>segue final<strong>it</strong>à specifi<strong>che</strong> ma si configura comeconoscenza <strong>di</strong>sinteressata e autoriflessiva <strong>che</strong> lo Spir<strong>it</strong>o ha <strong>di</strong> se stesso. Oscillantefra questi due gran<strong>di</strong> racconti è il marxismo, <strong>che</strong> da un lato tende ad assumere laforma "stalinista" <strong>di</strong> un materialismo <strong>di</strong>alettico <strong>che</strong> riduce il sa<strong>per</strong>e ad esaltazione <strong>di</strong>se stesso e <strong>che</strong>, dall'altro lato, tende ad assumere la forma "cr<strong>it</strong>ica" <strong>di</strong> un sa<strong>per</strong>emulti<strong>di</strong>sciplinare (ad esempio la scuola <strong>di</strong> Francoforte), <strong>che</strong> non esaltaesclusivamente il proletariato o lo Stato ma considera altresì le coscienzesoggettive, nonché l'importanza delle scienze come insieme <strong>di</strong> mezzi offerti alproletariato in vista <strong>della</strong> sua emancipazione. Ai gran<strong>di</strong> racconti Lyotardaggiunge an<strong>che</strong> quello cristiano, <strong>della</strong> salvezza delle creature attraverso l'amoredel fi<strong>gli</strong>o <strong>di</strong> Dio, e quello cap<strong>it</strong>alista, dell'emancipazione dalla povertà attraversolo sviluppo tecnico-industriale.Per Lyotard il sa<strong>per</strong>e non si riduce alla scienza e nemmeno alla conoscenza,<strong>per</strong>ché in esso confluiscono an<strong>che</strong> le idee del sa<strong>per</strong> fare e del sa<strong>per</strong> vivere (laprassi e l'etica). Il sa<strong>per</strong>e non si risolve solo in enunciati denotativi ma an<strong>che</strong>prescr<strong>it</strong>tivi e valutativi.Nelle società tra<strong>di</strong>zionali, anti<strong>che</strong>, il sa<strong>per</strong>e si esprimeva in forma narrativa, ossiain una serie <strong>di</strong> racconti composti da una plural<strong>it</strong>à <strong>di</strong> giochi linguistici (<strong>di</strong> forme<strong>di</strong> linguaggio). Invece, con la nasc<strong>it</strong>a <strong>della</strong> scienza viene r<strong>it</strong>enuta valida unaforma <strong>di</strong> sa<strong>per</strong>e composto da un solo e unico tipo linguistico, quello denotativo(<strong>che</strong> procede solo <strong>per</strong> definizioni), programmaticamente isolato da tutti <strong>gli</strong> altri. S<strong>it</strong>ratta <strong>di</strong> un linguaggio e <strong>di</strong> un sa<strong>per</strong>e <strong>che</strong> non fonda la propria vali<strong>di</strong>tà sullasemplice narrazione ma <strong>che</strong> richiede, <strong>per</strong> essere accettato, una serie <strong>di</strong>argomenti o prove. Tant'è <strong>che</strong> a<strong>gli</strong> occhi <strong>della</strong> scienza le narrazioni tra<strong>di</strong>zionali siconfigurano come prodotti <strong>di</strong> una mental<strong>it</strong>à selvaggia o prim<strong>it</strong>iva, basata159


160sull'opinione, sull'autor<strong>it</strong>à e sui pregiu<strong>di</strong>zi. Ma an<strong>che</strong> la scienza, <strong>per</strong> non cadereessa stessa nel dogmatismo, risulta a sua volta obbligata ad escog<strong>it</strong>are unaqual<strong>che</strong> propria giustificazione extrascientifica, sociale. Ed infatti, da Platone inpoi, essa si è costru<strong>it</strong>a quella tipica forma <strong>di</strong> giustificazione ragionata <strong>che</strong> è la<strong>filosofia</strong>. Il sa<strong>per</strong>e scientifico non può presentarsi come vero sa<strong>per</strong>e senza rifletteresu se stesso, cioè senza ricorrere ad un altro tipo <strong>di</strong> sa<strong>per</strong>e, senza ricorrere anch'essoal racconto. Quin<strong>di</strong> an<strong>che</strong> nel mondo moderno <strong>della</strong> scienza avviene questa sorta <strong>di</strong>r<strong>it</strong>orno <strong>della</strong> narrazione, vale a <strong>di</strong>re il r<strong>it</strong>orno a quell'insieme dei gran<strong>di</strong> racconti<strong>della</strong> modern<strong>it</strong>à aventi <strong>per</strong> obiettivo la giustificazione teorico-filosofica ed eticopraticadel sa<strong>per</strong>e e in particolare <strong>della</strong> conoscenza e <strong>della</strong> scienza.Però con l'avvento del postmoderno, e <strong>della</strong> sfiducia nei confronti delleleg<strong>it</strong>timazioni e giustificazioni onnicomprensive <strong>della</strong> realtà e del sa<strong>per</strong>e,assistiamo al tramonto dei gran<strong>di</strong> racconti. Due sono le principali ragioni <strong>di</strong>tale tramonto.Una prima ragione è <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne interno e risiede nella autodeleg<strong>it</strong>timazione (inun autosconfessarsi) dei racconti stessi, i quali applicando a se stessi l'esigenza<strong>della</strong> leg<strong>it</strong>timazione si scoprono illeg<strong>it</strong>timi. Tale causa non deriva in primo luogodallo sviluppo accelerato <strong>della</strong> tecnologia, <strong>che</strong> ha posto l'accento sui mezzipiuttosto <strong>che</strong> sui fini dell'azione, ma dal fatto <strong>che</strong> i germi <strong>della</strong> deleg<strong>it</strong>timazione(<strong>della</strong> sfiducia) e del nichilismo erano già immanenti nei gran<strong>di</strong> racconti. Lostesso Nietzs<strong>che</strong> mostra <strong>che</strong> il nichilismo europeo <strong>di</strong>scende dall'autoapplicazionedell'esigenza scientifico-<strong>di</strong>mostrativa <strong>della</strong> ver<strong>it</strong>à ai gran<strong>di</strong> racconti <strong>della</strong> modern<strong>it</strong>à.L'Idealismo infatti r<strong>it</strong>eneva <strong>di</strong> poter giustificare il valore delle scienze nell'amb<strong>it</strong>o <strong>di</strong>una trattazione enciclope<strong>di</strong>ca <strong>della</strong> <strong>di</strong>alettica dello Spir<strong>it</strong>o. Ma non appena le regoledel metodo scientifico ne mostrano l'impraticabil<strong>it</strong>à (la metafisica non è né vera néfalsa <strong>per</strong>ché non verificabile: è semplicemente senza senso), la scienza comepensata dall'Idealismo si trova priva <strong>di</strong> giustificazioni. L'Illuminismo si basava sullapossibil<strong>it</strong>à <strong>di</strong> stabilire un nesso tra teoria "illuminata" e prassi. Ma ben presto ci sirende conto <strong>che</strong> tra enunciati denotativi ed enunciati prescr<strong>it</strong>tivi non esiste alcunlegame necessario: infatti essendo ogni gioco linguistico (ogni tipo <strong>di</strong> linguaggio)dotato <strong>di</strong> regole proprie, il gioco linguistico <strong>della</strong> scienza risulta privo de<strong>gli</strong>strumenti atti a regolamentare giochi <strong>di</strong>versi, quali ad esempio il linguaggio praticoo quello estetico. An<strong>che</strong> il marxismo partecipa a questo doppio fallimentodell'idealismo e dell'illuminismo.Una seconda ragione risiede nei tragici ultimi avvenimenti <strong>della</strong> <strong>storia</strong>, <strong>che</strong>hanno invalidato ognuno dei gran<strong>di</strong> racconti (ottimistici) <strong>della</strong> tra<strong>di</strong>zione e<strong>della</strong> modern<strong>it</strong>à. Auschw<strong>it</strong>z ha confutato la dottrina idealistica <strong>che</strong> fa coincideretutto ciò <strong>che</strong> è reale con tutto ciò <strong>che</strong> è razionale. L'insorgere dei lavoratori contro ilpart<strong>it</strong>o comunista al potere a Berlino nel 1953, a Budapest nel 1956, inCecoslovacchia nel 1968, in Polonia nel 1980 (e la serie non è completa) confutanoil motto "tutto ciò <strong>che</strong> è proletario è comunista e tutto ciò <strong>che</strong> è comunista èproletario), smentendo altresì la dottrina del materialismo storico. La contestazionedel 1968 confuta il motto "tutto ciò <strong>che</strong> è democratico viene dal popolo e va verso ilpopolo e viceversa", smentendo altresì la dottrina del liberalismo parlamentare. La160


161tesi "tutto ciò <strong>che</strong> è libero gioco <strong>della</strong> domanda e dell'offerta favoriscel'arricchimento generale e viceversa" è sment<strong>it</strong>a dalle crisi economi<strong>che</strong> del 1911 edel 1929, <strong>che</strong> confutano la dottrina del liberismo economico, nonché dalle criside<strong>gli</strong> anni 1974-1979, <strong>che</strong> confutano la versione postkeynesiana <strong>di</strong> essa.Venuta meno dunque la possibil<strong>it</strong>à <strong>di</strong> collegare, tram<strong>it</strong>e un unico principio efondamento leg<strong>it</strong>timante, i vari settori <strong>della</strong> conoscenza e dell'azione, ormaifrantumati in una molteplic<strong>it</strong>à <strong>di</strong> giochi linguistici (<strong>di</strong> forme) <strong>di</strong>fferenti, Lyotard sipone l'interrogativo "dove può risiedere allora la leg<strong>it</strong>tim<strong>it</strong>à dopo la fine deigran<strong>di</strong> racconti? Si parla in propos<strong>it</strong>o an<strong>che</strong> <strong>di</strong> "fine delle ideologie".Lyotard non con<strong>di</strong>vide il preteso valore universale dell'etica del <strong>di</strong>s<strong>corso</strong> <strong>di</strong>Habermas. In polemica con quest'ultimo, Lyotard sostiene <strong>che</strong> la dottrina <strong>di</strong>Habermas <strong>di</strong> un consenso universale ottenuto attraverso il <strong>di</strong>alogo argomentativo sifonda su due presupposti inaccettabili: 1) non esiste affatto un metalinguaggiogenerale (un su<strong>per</strong>linguaggio) entro cui tutti possano trovare un accordo su regoleuniversalmente valide; 2) la final<strong>it</strong>à del <strong>di</strong>alogo non è il consenso; il consenso è unmomento possibile <strong>della</strong> <strong>di</strong>scussione ma non il suo fine o la sua anima motrice. Ilsenso del <strong>di</strong>alogo sta piuttosto nella libera o anarchica espressione come pure nel<strong>di</strong>ssenso. Nei confronti <strong>della</strong> scienza poi, Lyotard non ne scorge affatto lacorrispondente leg<strong>it</strong>tim<strong>it</strong>à nel cr<strong>it</strong>erio tecnico-strumentale dell'efficienza delleprestazioni poiché esso non è affatto idoneo a giu<strong>di</strong>care del vero e del giusto.Per enucleare il nuovo cr<strong>it</strong>erio <strong>di</strong> leg<strong>it</strong>timazione <strong>della</strong> conoscenza e delle azioniLyotard ricorre all’epistemologia e formula alcune ipotesi teori<strong>che</strong>, ispirate allalezione <strong>di</strong> Kuhn e Feyerabend, circa le caratteristi<strong>che</strong> <strong>della</strong> scienza post-moderna,<strong>che</strong> e<strong>gli</strong> sintetizza nell'abbandono del determinismo, nel prevalere dei "piccoli<strong>di</strong>scorsi" (delle ricer<strong>che</strong> circoscr<strong>it</strong>te e settoriali) e nella leg<strong>it</strong>timazione "<strong>per</strong>paralogia" (=libertà <strong>di</strong> ragionamento e <strong>di</strong> linguaggio), intesa come libera oanarchica invenzione, al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> ogni modello precost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o, <strong>di</strong> nuove regole delsa<strong>per</strong>e e <strong>di</strong> nuove modal<strong>it</strong>à linguisti<strong>che</strong>. Il sa<strong>per</strong>e moderno, prosegue Lyotard, sifonda su leg<strong>it</strong>timazioni (principi, regole) fluide, parziali e reversibili, <strong>che</strong>presuppongono un consenso locale e temporaneo, ottenuto da<strong>gli</strong> interlocutorimomento <strong>per</strong> momento e suscettibile <strong>di</strong> revisione. Tale orientamento corrispondealtresì all'evoluzione delle interazioni sociali, dove alle ist<strong>it</strong>uzioni e organizzazioni<strong>per</strong>manenti si sost<strong>it</strong>uiscono contatti lim<strong>it</strong>ati nel tempo, privi <strong>di</strong> regole <strong>per</strong>manenti e<strong>di</strong>versificati secondo <strong>gli</strong> amb<strong>it</strong>i: professionale o affettivo o sessuale o culturale ofamiliare, ecc.Ma se il consenso è ormai r<strong>it</strong>enuto un valore obsoleto e fuori moda, ottenuto solotemporaneamente, lo stesso non si può <strong>di</strong>re <strong>per</strong> la giustizia. Da ciò la necess<strong>it</strong>à,secondo Lyotard, <strong>di</strong> <strong>per</strong>venire ad un'idea e a una pratica <strong>di</strong> giustizia <strong>che</strong> nonsiano legate a quelle del consenso. Un primo passo in tal senso si ha colriconoscimento <strong>della</strong> incommensurabile varietà dei giochi (dei tipi) linguistici equin<strong>di</strong> con la rinuncia a voler realizzare ad ogni costo l'uniform<strong>it</strong>à dei <strong>di</strong>scorsi. Ilsecondo passo sta nella riconoscimento <strong>che</strong> il consenso semmai è possibile soloall'interno dei <strong>di</strong>versi amb<strong>it</strong>i e tipi <strong>di</strong> linguaggio, <strong>per</strong> cui il consenso possibile è soloquello locale e mo<strong>di</strong>ficabile, stante la libertà "paralogica" <strong>di</strong> introdurre nuove161


162regole e nuove "mosse" nel gioco linguistico. Può essere <strong>di</strong> aiuto al valore <strong>della</strong>giustizia quella con<strong>di</strong>zione del sa<strong>per</strong>e postmoderno caratterizzata dalla massimavarietà ed imme<strong>di</strong>atezza delle informazioni e delle comunicazioni, consent<strong>it</strong>a dallememorie e dalle ban<strong>che</strong> dati <strong>della</strong> tecnologia informatica e considerata strumento <strong>di</strong>democratizzazione. In questo modo infatti il sa<strong>per</strong>e informatizzato delle societàavanzate può trovare, <strong>per</strong> Lyotard, una forma <strong>di</strong> leg<strong>it</strong>timazione ed ev<strong>it</strong>are il rischio,grazie al libero accesso ai dati, <strong>di</strong> un suo utilizzo <strong>di</strong>storto e antidemocratico.L'insistenza sulla plural<strong>it</strong>à e incommensurabil<strong>it</strong>à delle <strong>di</strong>verse forme <strong>di</strong> linguaggio,dei <strong>di</strong>fferenti punti <strong>di</strong> vista, <strong>della</strong> varietà delle teorie filosofico-scientifi<strong>che</strong>, eti<strong>che</strong>ed esteti<strong>che</strong>, ha indotto Lyotard a in<strong>di</strong>care in Kant, piuttosto <strong>che</strong> in Nietzs<strong>che</strong> oHeidegger, il maestro delle sue idee e del suo pensiero, vedendo in Kant il filosofo<strong>della</strong> eterogene<strong>it</strong>à delle facoltà (l'intelletto <strong>di</strong>stinto dalla ragione, dalla volontà e dalsentimento) nonché il teorico del sublime, ossia dell'impossibil<strong>it</strong>à <strong>di</strong> rappresentarela total<strong>it</strong>à; in Kant Lyotard vede il rappresentante del suo stesso modello <strong>di</strong>razional<strong>it</strong>à pluralistica e ant<strong>it</strong>otalizzante.162


163GIANNI VATTIMO (nato a Torino nel 1936).È il maggior teorico o<strong>di</strong>erno del postmoderno. Allievo <strong>di</strong> Luigi Pareyson, ha stu<strong>di</strong>atoad Heidelberg con Gadamer, interessandosi in particolare <strong>di</strong> Nietzs<strong>che</strong> e Heidegger.Vattimo intende il postmoderno come "pensiero debole". È convinto <strong>che</strong> lamodern<strong>it</strong>à abbia ormai fatto il suo tempo e <strong>che</strong> il postmoderno si sia ormaiaffermato come es<strong>per</strong>ienza <strong>della</strong> "fine <strong>della</strong> <strong>storia</strong>", ossia come tramonto <strong>di</strong> quellaconcezione <strong>della</strong> <strong>storia</strong>, tipica <strong>della</strong> modern<strong>it</strong>à, intesa come <strong>corso</strong> un<strong>it</strong>ario eprogressivo <strong>di</strong> eventi in base all'equivalenza nuovo=mi<strong>gli</strong>ore. Abbraccia quin<strong>di</strong> ilconcetto <strong>di</strong> post-istorico introdotto da Arnold Gehlen. Nella società dei consumi ilcontinuo rinnovamento (de<strong>gli</strong> ab<strong>it</strong>i, de<strong>gli</strong> utensili, de<strong>gli</strong> e<strong>di</strong>fici) è fisiologicamenterichiesto <strong>per</strong>ché il sistema possa sopravvivere. Pertanto la nov<strong>it</strong>à <strong>per</strong>de il suo aspettogenuino e il mondo tecnico finisce <strong>per</strong> manifestare una sorta <strong>di</strong> immobil<strong>it</strong>à <strong>di</strong> fondo,una vera e propria <strong>di</strong>ssoluzione (<strong>di</strong>scio<strong>gli</strong>mento) <strong>della</strong> <strong>storia</strong>, nel senso <strong>che</strong> in sedestoriografica ci si è resi conto <strong>che</strong> la <strong>storia</strong> de<strong>gli</strong> eventi pol<strong>it</strong>ici e mil<strong>it</strong>ari nonché deigran<strong>di</strong> movimenti <strong>di</strong> idee è solo una fra le altre, cui si può contrapporre, <strong>per</strong> esempio,la <strong>storia</strong> dei mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> v<strong>it</strong>a. Si è compreso cioè <strong>che</strong> non esiste una <strong>storia</strong> universalema vi sono storie del passato proponibili da punti <strong>di</strong> vista <strong>di</strong>versi, <strong>per</strong> cui èillusorio pensare <strong>che</strong> ci sia un punto <strong>di</strong> vista su<strong>per</strong>iore, capace <strong>di</strong> unificare tutti <strong>gli</strong>altri: non c'è una <strong>storia</strong> generale <strong>che</strong> inglobi entro <strong>di</strong> sé la <strong>storia</strong> pol<strong>it</strong>ica, mil<strong>it</strong>are,dell'arte, <strong>della</strong> letteratura, delle idee, ecc. Non c'è un senso globale <strong>della</strong> <strong>storia</strong> ecomunque, se vi fosse, non possiamo sa<strong>per</strong>ne nulla poiché <strong>per</strong> co<strong>gli</strong>ere la total<strong>it</strong>à<strong>della</strong> <strong>storia</strong> l'uomo dovrebbe collocarsi da un punto <strong>di</strong> vista assoluto, al <strong>di</strong> sopra <strong>della</strong><strong>storia</strong>, il <strong>che</strong> <strong>gli</strong> è precluso. La stessa idea <strong>di</strong> progresso, frutto <strong>di</strong> una secolarizzazionedell'idea teologica <strong>di</strong> salvezza, è venuta meno. Vattimo rileva come Walter Benjaminabbia al riguardo insist<strong>it</strong>o sulla natura "ideologica" <strong>della</strong> visione progressiva <strong>della</strong><strong>storia</strong>, attribuendola ad una invenzione delle classi dominanti, cioè al fatto <strong>che</strong> chiscrive la <strong>storia</strong> sono sempre i vinc<strong>it</strong>ori, <strong>che</strong> eliminano dalla memoria collettiva ilamenti dei vinti, fornendo del passato un'immagine consona ai loro interessi. Èquesta la con<strong>di</strong>zione post-istorica e postmoderna: se la <strong>storia</strong> ha un senso essoconsiste nella <strong>di</strong>ssoluzione del senso, ossia nella negazione <strong>di</strong> un senso unico eassoluto a favore <strong>di</strong> sensi molteplici e relativi.Le ragioni <strong>della</strong> post-i<strong>storia</strong> <strong>della</strong> postmodern<strong>it</strong>à a cui Vattimo fa riferimento nonsono soltanto <strong>di</strong> tipo intellettuale o filosofico ma an<strong>che</strong> <strong>di</strong> tipo storico-sociale evanno dal tramonto del colonialismo e dell'im<strong>per</strong>ialismo sino all'avvento <strong>della</strong> societàavanzata complessa. Da un lato, il riscatto dei popoli sottomessi ha reso problematical'idea <strong>di</strong> una <strong>storia</strong> centralizzata secondo la mental<strong>it</strong>à e l'ideale europeo-occidentale <strong>di</strong>uman<strong>it</strong>à; dall'altro lato, l'avvento delle società complesse, del pluralismo e <strong>della</strong>molteplic<strong>it</strong>à dei mezzi <strong>di</strong> comunicazione <strong>di</strong> massa ha compromesso alla base lapossibil<strong>it</strong>à stessa <strong>di</strong> una <strong>storia</strong> un<strong>it</strong>aria. Mentre col mondo moderno, cioè conl'invenzione <strong>della</strong> stampa, si sono create le con<strong>di</strong>zioni <strong>per</strong> costruire e trasmettereun'immagine un<strong>it</strong>aria e globale <strong>della</strong> <strong>storia</strong> umana, con la <strong>di</strong>ffusione delle tecnologiemultime<strong>di</strong>ali si è avuta una moltiplicazione dei centri <strong>di</strong> raccolta e <strong>di</strong> interpretazionede<strong>gli</strong> avvenimenti: la <strong>storia</strong> non è più un filo conduttore un<strong>it</strong>ario.163


164An<strong>che</strong> Vattimo, come Lyotard, è <strong>per</strong>suaso <strong>che</strong> i "gran<strong>di</strong> racconti" <strong>della</strong>modern<strong>it</strong>à, con la loro pretesa <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare i principi primi e fondamentali <strong>della</strong>realtà, facciano parte <strong>di</strong> una forma mentis (<strong>di</strong> una concezione) metafisica ormaisu<strong>per</strong>ata. R<strong>it</strong>iene <strong>che</strong> il passaggio dal moderno al postmoderno si configuri comepassaggio da un pensiero "forte" ad un pensiero "debole". Per pensiero forte, ometafisico, Vattimo intende un pensiero illusoriamente proteso a fornire fondamenti(principi) assoluti del conoscere e dell'agire. Per pensiero debole, o postmetafisico,intende un tipo <strong>di</strong> pensiero <strong>che</strong> rifiuta l'idea <strong>di</strong> un principio, <strong>di</strong> un fondamento unico,ultimo e normativo <strong>della</strong> realtà. All'abbandono dei principi forti <strong>della</strong> metafisicatra<strong>di</strong>zionale consegue l'avvento <strong>di</strong> una visione "debole" dell'essere, <strong>che</strong> si ispira aNietzs<strong>che</strong> e Heidegger.Il pensiero debole si presenta esplic<strong>it</strong>amente come una forma <strong>di</strong> nichilismo, cioècome "una sorta <strong>di</strong> destino del quale non possiamo liberarci". Vattimo nonattribuisce al nichilismo un valore spregiativo bensì pos<strong>it</strong>ivo e propos<strong>it</strong>ivo. Vieneinfatti inteso come quella circostanza in cui, come profetizzato da Nietzs<strong>che</strong>, "l'uomorotola via dal centro verso la x" (verso l’ignoto), ossia quale con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> assenza <strong>di</strong>fondamenti in cui è venuto a trovarsi l'uomo postmoderno in segu<strong>it</strong>o alla caduta dellecertezze ultime e delle ver<strong>it</strong>à stabili. Di conseguenza Vattimo r<strong>it</strong>iene <strong>che</strong> il nichilismonon vada combattuto come un nemico bensì "assunto come nostra unica chance"(opportun<strong>it</strong>à). A<strong>gli</strong> uomini del XX secolo non rimane <strong>che</strong> ab<strong>it</strong>uarsi a conviverecon il niente, ovvero ad esistere, senza nostalgie e rimpianti, in una s<strong>it</strong>uazionedove non ci sono garanzie e certezze ma solo "mezze ver<strong>it</strong>à". Da ciò la tesiprogrammatica secondo cui "oggi non siamo a <strong>di</strong>sagio <strong>per</strong>ché siamo nichilisti mapiuttosto <strong>per</strong>ché siamo ancora troppo poco nichilisti, <strong>per</strong>ché non sappiamo viveresino in fondo l'es<strong>per</strong>ienza <strong>della</strong> <strong>di</strong>ssoluzione dell'essere". Il nichilismo <strong>di</strong> cui parlaVattimo non è un nichilismo nostalgico o "tragico", ossessionato dal crollo deiprincipi assoluti e dall'avvento del non senso. Non è neppure un nichilismo "forte",proteso ad e<strong>di</strong>ficare sulle macerie <strong>della</strong> metafisica dei nuovi assoluti, come la volontà<strong>di</strong> potenza <strong>di</strong> Nietzs<strong>che</strong>. Nemmeno è un nichilismo <strong>che</strong> al posto <strong>della</strong> volontàcreatrice <strong>di</strong> Dio colloca la volontà creatrice dell'uomo. Quello <strong>di</strong> Vattimo è piuttostoun nichilismo debole, o <strong>della</strong> leggerezza, ovvero un tipo <strong>di</strong> nichilismo <strong>che</strong>, avendovissuto fino in fondo l'es<strong>per</strong>ienza <strong>della</strong> <strong>di</strong>ssoluzione dell'essere (<strong>della</strong> <strong>di</strong>ssoluzione<strong>di</strong> principi e fondamenti certi ed universali <strong>della</strong> realtà), non ha rimpianti <strong>per</strong> leanti<strong>che</strong> certezze né smanie <strong>per</strong> nuove total<strong>it</strong>à (<strong>per</strong> nuove spiegazioni globali <strong>della</strong>realtà).Come anticipato, <strong>per</strong> Vattimo <strong>gli</strong> ispiratori del postmoderno sono Nietzs<strong>che</strong> eHeidegger. L'accettazione senza rimpianti del nichilismo e delle mezze ver<strong>it</strong>à èpossibile solo se si prende sul serio la <strong>di</strong>struzione dell'ontologia o<strong>per</strong>ata da Nietzs<strong>che</strong>e poi da Heidegger. Finché l'uomo e l'essere sono pensati, metafisicamente, intermini <strong>di</strong> strutture stabili, non sarà possibile vivere pos<strong>it</strong>ivamente la postmodern<strong>it</strong>à.Da Nietzs<strong>che</strong> Vattimo deriva innanz<strong>it</strong>utto l'annuncio <strong>della</strong> "morte <strong>di</strong> Dio", cioè la tesidel venir meno dei valori assoluti <strong>della</strong> metafisica, ivi compresa l'idea <strong>di</strong> "soggetto"al centro del mondo <strong>che</strong> organizza la propria visione del mondo. Da Heideggerderiva la concezione epocale dell'essere, cioè la tesi secondo cui l'essere non è ma164


165accade e secondo cui l'accadere dell'essere non è altro <strong>che</strong> l'aprirsi all'ascoltodell'essere, l'aprirsi alle varie epo<strong>che</strong> storico-destinali (generate dal destino) in cuil'essere si manifesta, variamente illuminando e rendendo visibili <strong>gli</strong> enti in relazioneal succedersi dei <strong>di</strong>versi <strong>per</strong>io<strong>di</strong> storici susc<strong>it</strong>ati dal casuale destino (dai mo<strong>di</strong>casuali e non predeterminati) dell'apparire dell'essere. Ne segue <strong>che</strong> il sensodell'essere consiste ermeneuticamente nella trasmissione <strong>di</strong> messaggi linguistici trale varie generazioni: ciò <strong>che</strong> possiamo <strong>di</strong>re dell'essere è <strong>che</strong> esso è trasmissione,invio. Il mondo si esprime attraverso una serie <strong>di</strong> echi, <strong>di</strong> risonanze <strong>di</strong> linguaggi, <strong>di</strong>messaggi provenienti dal passato. Questa ontologia epocale (l'essere si manifesta e sifa ascoltare me<strong>di</strong>ante <strong>di</strong>fferenti linguaggi nelle <strong>di</strong>verse epo<strong>che</strong> stori<strong>che</strong>)) comportaquin<strong>di</strong> una ra<strong>di</strong>cale temporalizzazione dell'essere, ovvero un suo strutturaleindebolimento. Infatti, il messaggio ultimo <strong>di</strong> Heidegger è <strong>che</strong> bisogna lasciar<strong>per</strong>dere l'essere come fondamento così come l'attesa <strong>di</strong> una nuova e splendenterivelazione dell'essere. Heidegger suggerisce invece una ontologia del declinodell'essere. Il suo pensiero, alla fine, sembra potersi riassumere nel fatto <strong>di</strong> aversost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o all'idea <strong>di</strong> essere come etern<strong>it</strong>à, stabil<strong>it</strong>à e forza quella <strong>di</strong> essere come v<strong>it</strong>a,maturazione, nasc<strong>it</strong>a e morte: l'essere non è ciò <strong>che</strong> <strong>per</strong>mane ma è, in modoeminente, ciò <strong>che</strong> <strong>di</strong>viene, <strong>che</strong> nasce, si trasforma e muore. L'oltrepassamento <strong>della</strong>metafisica (quella dell'Occidente) <strong>di</strong> cui parla Heidegger non consiste <strong>per</strong> Vattimonel rovesciamento dell'oblio metafisico dell'essere, cioè nel suo r<strong>it</strong>orno, ma è questostesso oblio portato alle sue estreme conseguenze. Pertanto, secondo Vattimo,dell'essere come tale non ne è più nulla: al metafisico essere "forte" <strong>della</strong> tra<strong>di</strong>zionesubentra un postmetafisico essere "debole".Il processo <strong>di</strong> indebolimento dell'essere, vale a <strong>di</strong>re la fine <strong>della</strong> metafisica e iltrionfo del nichilismo, sono dunque fenomeni interconnessi. Tuttavia Vattimo èconvinto <strong>che</strong> la metafisica (come il passato in generale) non sia un "ab<strong>it</strong>o smesso"con cui noi non abbiamo più alcun rapporto. Tant'è <strong>che</strong> <strong>per</strong> illustrare l'atteggiamentodel pensiero postmetafisico e<strong>gli</strong> si rifà alla nozione heideggeriana <strong>di</strong> "Verwindung"(<strong>che</strong> significa guarigione, accettazione, rassegnazione, <strong>di</strong>storsione) alludendo alrimettersi, al guarire da una malattia (in questo caso la metafisica o il passato) nellarassegnata consapevolezza <strong>che</strong> <strong>di</strong> essa siamo comunque "destinati" a portare letracce, le quali consistono nel fatto <strong>che</strong> non possiamo esimerci dall'usare i concetti<strong>della</strong> metafisica del passato (ver<strong>it</strong>à, essere, total<strong>it</strong>à, principio, fondamento), sia pur<strong>di</strong>storcendoli in senso debole e postmetafisico, ossia nichilistico. Ne è un casoemblematico la vicenda <strong>della</strong> secolarizzazione. Essa testimonia come la modernaciviltà europea sia legata al proprio passato religioso non solo da un rapporto <strong>di</strong>su<strong>per</strong>amento ed emancipazione ma an<strong>che</strong>, e nello stesso tempo, da un rapporto <strong>di</strong>conservazione-<strong>di</strong>storsione-svuotamento. Esempio ulteriore è quello del cap<strong>it</strong>alismomoderno <strong>che</strong>, come ci ha insegnato Weber, non nasce da un abbandono <strong>della</strong>tra<strong>di</strong>zione cristiana-me<strong>di</strong>evale, ma da una sua applicazione "trasformata", <strong>di</strong>storta.Ed ancora, il pensiero debole rappresenta, secondo Vattimo, l'estremo processo <strong>di</strong>conservazione-<strong>di</strong>storsione del messaggio cristiano: " è grazie a Dio <strong>che</strong> siamo, nellamisura in cui lo siamo, atei". È solo nel proseguimento <strong>della</strong> tra<strong>di</strong>zione ebraicocristiana,tramandataci insieme alla ver<strong>it</strong>à del pensiero greco, <strong>che</strong> noi abbiamo165


167del tutto su<strong>per</strong>ata, sia nell'escludere la <strong>storia</strong> come ra<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> leg<strong>it</strong>timazione. PerVattimo, invece, prendere atto <strong>della</strong> fine dei gran<strong>di</strong> racconti non significa rimaneresenza alcun cr<strong>it</strong>erio <strong>di</strong>rettivo e senza alcun filo conduttore, poiché il racconto (lariflessione) <strong>della</strong> fine dei gran<strong>di</strong> racconti dà luogo a una sorta <strong>di</strong> metaracconto(racconto del racconto) indebol<strong>it</strong>o, in grado <strong>di</strong> originare una nuova, sia purparadossale, <strong>filosofia</strong> <strong>della</strong> <strong>storia</strong>, vale a <strong>di</strong>re "la fine <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong> <strong>della</strong> <strong>storia</strong>".Infatti, solo in virtù <strong>di</strong> questa <strong>filosofia</strong> <strong>della</strong> <strong>storia</strong> <strong>di</strong> tipo debole risulta possibilemettere in salvo sia la leg<strong>it</strong>tim<strong>it</strong>à del postmoderno, sia il rapporto <strong>di</strong> continu<strong>it</strong>à<strong>di</strong>storsionecon il passato, sia la possibil<strong>it</strong>à <strong>di</strong> o<strong>per</strong>are ancora delle scelte. Nonostante<strong>che</strong> l'idea <strong>di</strong> una <strong>storia</strong> globale (universale) sia cr<strong>it</strong>icabile, in realtà dell'idea <strong>di</strong> uncerto senso globale non possiamo fare a meno e tale idea <strong>di</strong> senso globale puòessere soltanto, paradossalmente, l'idea <strong>di</strong> una <strong>di</strong>ssoluzione del senso globale<strong>della</strong> <strong>storia</strong>. Il postmoderno non significa <strong>per</strong> Vattimo <strong>che</strong> si debba abbracciare unaforma <strong>di</strong> o<strong>per</strong>are irrazionalistico o uno stile esistenziale puramente estetizzante (<strong>di</strong>ricerca del bello e del piacere). L'abbandono dei valori forti <strong>della</strong> modern<strong>it</strong>àsembra non escludere affatto la possibil<strong>it</strong>à <strong>di</strong> co<strong>gli</strong>ere una serie <strong>di</strong> valori"minuscoli", capaci <strong>di</strong> garantire ai postmoderni, orfani dell'ideologia globale,delle forme concrete (e non retori<strong>che</strong>) <strong>di</strong> responsabil<strong>it</strong>à e <strong>di</strong> impegno.Il nichilismo rappresenta <strong>per</strong> Vattimo la vicenda (la <strong>storia</strong>) dell'ontologiaoccidentale, caratterizzata dal progressivo indebolimento <strong>della</strong> nozione platonicoaristotelica<strong>di</strong> essere, fino a <strong>che</strong>, come ha detto Heidegger, dell'essere non ne è piùnulla (oblio dell'essere). Ma quale atteggiamento assumere <strong>di</strong> fronte a tale processo?Contrastarlo o accettarlo con entusiasmo ai fini del più completo trionfo <strong>della</strong>tecnica, tanto più garant<strong>it</strong>o quanto l'essere è ridotto ad enti e <strong>gli</strong> enti ad oggettimanipolabili? Oppure -soluzione da Vattimo prescelta- assecondare questo processoed acco<strong>gli</strong>erlo come un destino <strong>che</strong> caratterizza la nostra <strong>storia</strong>? Acco<strong>gli</strong>endo laconcezione ermeneutica, Vattimo sostiene la tesi <strong>che</strong> l'essere è tempo-linguaggio, nelsenso <strong>che</strong> ogni descrizione dell'essere è trans<strong>it</strong>oria e relativa alle s<strong>it</strong>uazioni storicolinguisti<strong>che</strong>.Ne consegue la fine <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong> fondazionale (volta all'in<strong>di</strong>viduazione<strong>di</strong> fondamenti-principi assoluti) caratterizzata dalla pretesa: a) <strong>di</strong> descrivere l'esserenelle sue strutture immutabili e universali (al modo dell'ontologia aristotelica); b) <strong>di</strong>descrivere le forme a priori <strong>della</strong> conoscenza, anch'esse dotate <strong>di</strong> intemporal<strong>it</strong>à euniversal<strong>it</strong>à (al modo <strong>della</strong> cr<strong>it</strong>ica kantiana e del neotrascendentalismo da Cassirerad Apel).Ma questa descrizione <strong>della</strong> <strong>storia</strong> dell'essere e del suo indebolimento non presentaanch'essa pretese <strong>di</strong> universal<strong>it</strong>à e necess<strong>it</strong>à come la <strong>filosofia</strong> fondazionale? Nonpropriamente, risponde Vattimo, <strong>per</strong>ché accettare l'impostazione nichilistica e quellaermeneutica dell'essere significa essere pronti ad accettare an<strong>che</strong> il carattereautoconfutativo <strong>di</strong> una tesi <strong>di</strong> questo tipo, ossia ammettere <strong>che</strong> la tesi <strong>della</strong> storic<strong>it</strong>àdel conoscere (<strong>di</strong> una conoscenza storicamente con<strong>di</strong>zionata e non universale) possaessere essa stessa storico-linguistica, cioè contingente e appartenente ad un certolinguaggio, ad un certo modo <strong>di</strong> vedere <strong>che</strong> può essere esso stesso mutevole neltempo, non escludendo l'avvento <strong>di</strong> un tempo, pur esso trans<strong>it</strong>orio, <strong>di</strong> universal<strong>it</strong>à<strong>della</strong> conoscenza. È questa <strong>per</strong> Vattimo la <strong>di</strong>fferenza essenziale tra una descrizione167


168dell'essere e un'interpretazione (<strong>della</strong> <strong>storia</strong>) dell'essere. Interpretare significa infattimuoversi all'interno <strong>di</strong> una tra<strong>di</strong>zione, innovandola in alcuni punti ma senza pretesa<strong>di</strong> rom<strong>per</strong>e e <strong>di</strong> trovare soluzioni defin<strong>it</strong>ive.Il nichilismo moderno appare con Nietzs<strong>che</strong> ma, <strong>di</strong>ce Vattimo, il <strong>per</strong><strong>corso</strong> è iniziatomolto prima. Se ne può vedere un annuncio cruciale alle origini del cristianesimo. Lanasc<strong>it</strong>a <strong>di</strong> Cristo è l'evento <strong>che</strong> inizia il <strong>per</strong><strong>corso</strong> <strong>di</strong> svuotamento (annullamento)nichilistico dell'Essere-Dio. La nasc<strong>it</strong>a del Verbo fatto uomo, in quanto tale mortalee fin<strong>it</strong>o, è infatti la secolarizzazione dell'essere <strong>di</strong>venuto ormai linguaggio, <strong>di</strong>venutotempo, ossia evento, testo, o<strong>per</strong>a, scr<strong>it</strong>tura.Per avvalorare la sua interpretazione <strong>della</strong> <strong>storia</strong> dell'essere, Vattimo si è serv<strong>it</strong>o <strong>di</strong>argomentazioni eterogenee: la postmodern<strong>it</strong>à <strong>di</strong> Lyotard; la teoria weberiana <strong>della</strong>secolarizzazione, <strong>che</strong> ha portato all'indebolimento del logos (<strong>della</strong> metafisica)filosofico e alla riduzione dei valori religiosi da trascendenti ad immanenti; ilpluralismo e il relativismo <strong>della</strong> teoria dei giochi linguistici (W<strong>it</strong>tgenstein); il poststrutturalismofrancese; la Scuola <strong>di</strong> Francoforte, la cui cr<strong>it</strong>ica sconfessa l'illusoriaed eccessiva fiducia nel linguaggio presente in Gadamer; la nozione <strong>di</strong> post-istorico<strong>di</strong> Gehlen.Peraltro il nichilismo ermeneutico <strong>di</strong> Vattimo non è <strong>di</strong>struttivo bensì e<strong>di</strong>ficante,costruttivo. Esso consente <strong>di</strong> risolvere alcuni no<strong>di</strong> cruciali <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong>contemporanea:1. la visione del processo <strong>di</strong> indebolimento progressivo dell'essere consente <strong>di</strong>conservare il senso tra<strong>di</strong>zionale del fare <strong>filosofia</strong>, senza oltrepassare nellapost-<strong>filosofia</strong> o nella fine <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong>, pur escludendone il caratterefondativo;2. la relativizzazione ermeneutico-nichilistica <strong>della</strong> ver<strong>it</strong>à ed il conseguentepluralismo culturale appaiono un presupposto essenziale <strong>per</strong> ristabilire lecon<strong>di</strong>zioni dell'etica: tolleranza e accettazione <strong>della</strong> molteplic<strong>it</strong>à,accompagnata dall'emergere del valore evangelico <strong>della</strong> car<strong>it</strong>à ("pietas");3. posto <strong>che</strong> non si dà descrizione ma solo interpretazione, <strong>per</strong> Vattimo non c'ècontrasto tra ermeneutica e scienza a causa <strong>della</strong> comune ra<strong>di</strong>ce nichilistica <strong>di</strong>entrambe; entrambe infatti sorgono dalla <strong>storia</strong> dell'essere ed entrambe <strong>per</strong>loro natura accompagnano il processo <strong>di</strong> indebolimento-svuotamentodell'essere; comp<strong>it</strong>o dell'ermeneutica non è dunque avversare la scienza maricordare ad essa le sue ra<strong>di</strong>ci nichilisti<strong>che</strong>, impedendo un'eccessiva fiduciascientifica sulla defin<strong>it</strong>iv<strong>it</strong>à dei propri risultati.168


169CONCLUSIONI SUL POSTMODERNO.La nov<strong>it</strong>à del postmoderno sta nel fatto <strong>che</strong> esso non si esprime come sentimento<strong>di</strong> nostalgia <strong>per</strong> le spiegazioni ed interpretazioni globali <strong>della</strong> realtà sulla base <strong>di</strong>fondamenti e principi primi un<strong>it</strong>ari, nostalgia presente invece nelle filosofie sullacrisi <strong>della</strong> razional<strong>it</strong>à e dei valori <strong>della</strong> prima metà del Novecento (Nietzs<strong>che</strong>,Husserl, Adorno, Horkheimer). Il postmoderno interpreta invece come pos<strong>it</strong>ivo ilcarattere molteplice delle forme del sa<strong>per</strong>e, delle azione e dei bisogni esistenziali,<strong>di</strong>chiarando la necess<strong>it</strong>à <strong>di</strong> far prevalere un modello <strong>di</strong> razional<strong>it</strong>à non un<strong>it</strong>ario mapluralistico, non monistico e gerarchico, sottolineando il valore <strong>della</strong>frammentazione, <strong>della</strong> varietà e <strong>per</strong>sino dell'incommensurabil<strong>it</strong>à tra i <strong>di</strong>versi amb<strong>it</strong>i<strong>della</strong> teoria e <strong>della</strong> prassi. Si tratta <strong>di</strong> prendere atto <strong>che</strong> la plural<strong>it</strong>à e l'instabil<strong>it</strong>àcost<strong>it</strong>uiscono aspetti intrinsecamente propri <strong>della</strong> realtà, senza pretendere <strong>di</strong>ricondurla a principi generali unici e a gerarchie forti. Se questa frantumazione<strong>della</strong> realtà intende me<strong>gli</strong>o corrispondere al suo carattere molteplice e alle<strong>di</strong>fferenti visioni <strong>di</strong> senso, il rischio conseguente è <strong>per</strong>ò quello <strong>di</strong> <strong>per</strong>dere ognipossibil<strong>it</strong>à <strong>di</strong> comprendere e spiegare le ragioni stesse <strong>della</strong> plural<strong>it</strong>à nonché <strong>di</strong>compromettere il mantenimento <strong>di</strong> spazi a<strong>per</strong>ti e <strong>di</strong> ponti <strong>di</strong> intercomunicazionetra i <strong>di</strong>versi amb<strong>it</strong>i del sa<strong>per</strong>e e delle prati<strong>che</strong> <strong>di</strong> v<strong>it</strong>a, pregiu<strong>di</strong>cando ilfunzionamento <strong>della</strong> plural<strong>it</strong>à medesima allorché essa venga ad assumere laforma <strong>della</strong> contrapposizione e <strong>della</strong> confl<strong>it</strong>tual<strong>it</strong>à anziché <strong>della</strong> varietà.169


170TRA POSTSTRUTTURALISMO, POSTMODERNO E POSTFILOSOFIA.Per poststrutturalismo si intende quella corrente <strong>che</strong> ne<strong>gli</strong> anni ‘60 e ‘70 delNovecento si presenta come sviluppo dello strutturalismo, attenuando tuttavia ilvalore determinante, ontologico e quasi metafisico, attribu<strong>it</strong>o alla struttura, <strong>per</strong>esaltare invece in misura maggiore, contro la "static<strong>it</strong>à" del pensiero strutturale, <strong>gli</strong>aspetti v<strong>it</strong>alistici <strong>della</strong> "forza", <strong>della</strong> "energia", <strong>della</strong> "produzione", <strong>della</strong> "creativ<strong>it</strong>à".Per lo strutturalismo il linguaggio, <strong>gli</strong> enti e le cose si conoscono in base alle lorocostanti relazioni e legami simbolici <strong>che</strong> li collegano nella struttura. Il poststrutturalismovalorizza maggiormente, al posto delle "costanti", le "<strong>di</strong>fferenze",valutate come principi <strong>di</strong>namici: l'attiv<strong>it</strong>à simbolica (il ricorrere a simboli) apparecome un'attiv<strong>it</strong>à produttrice <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenze, non in termini soggettivi ma <strong>per</strong> effetto <strong>di</strong>una forza im<strong>per</strong>sonale, come l'energia de<strong>gli</strong> istinti in Freud, la volontà <strong>di</strong> potenza inNietzs<strong>che</strong>, le forze produttive o il lavoro <strong>per</strong> Marx. Viene dunque condannato tuttociò <strong>che</strong> lim<strong>it</strong>a, impe<strong>di</strong>sce, imprigiona le energie produttive e tutto ciò <strong>che</strong> "canalizza"(<strong>che</strong> costringe ad un <strong>per</strong><strong>corso</strong> obbligato) o "centralizza" la produzione artistica,culturale, economica. Forme tipi<strong>che</strong> <strong>di</strong> questa canalizzazione, contro cui si pone ilpoststrutturalismo, sono la nozione <strong>di</strong> soggettiv<strong>it</strong>à (coscienza) cost<strong>it</strong>uente l'es<strong>per</strong>ienza(Cartesio, Kant, l'idealismo, la fenomenologia); la nozione <strong>di</strong> <strong>di</strong>alettica, <strong>che</strong> riduce ilmolteplice de<strong>gli</strong> istinti alla contrapposizione, <strong>che</strong> trova <strong>per</strong>ò il proprio accordo nellasintesi; la stessa nozione <strong>di</strong> struttura, <strong>che</strong> vincola il linguaggio e la realtà a una formadeterminata e li rende calcolabili. Contro tutto ciò il post-strutturalismo pone l'idea <strong>di</strong>un universo desoggettivizzato (in cui il soggetto <strong>per</strong>de il proprio primato) e animatoda <strong>di</strong>fferenze libere, non vincolate a nessuna forma o immagine del pensiero(Deleuze) oppure l'idea del soggetto come "enunciato", evento linguistico escog<strong>it</strong>atoin una certa epoca (l'età cartesiana) <strong>per</strong> dare un or<strong>di</strong>ne alla ragione ed escludere lanon-ragione (Foucault). Maggiori esponenti del post- strutturalismo sono Deleuze,Derida e, a loro modo e in parte, an<strong>che</strong> Foucault, Rorty e lo stesso Lyotard, il<strong>che</strong> testimonia le analogie, pur tra le relative <strong>di</strong>fferenze, sussistenti trapoststrutturalismo, postmoderno e post<strong>filosofia</strong>, intendendo <strong>per</strong> "post<strong>filosofia</strong>" o"fine <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong>" il tramonto dei gran<strong>di</strong> sistemi filosofici onnicomprensivi efondazionali, volti cioè a in<strong>di</strong>viduare il fondamento e principio primo <strong>della</strong>realtà.Richard Rorty: la <strong>filosofia</strong> <strong>della</strong> conversazione (nato a New York nel 1930).Non è un postmoderno in senso stretto, ma è piuttosto esponente <strong>di</strong> un'ermeneuticacombinata col pragmatismo americano. Tuttavia riprende il concetto <strong>di</strong> postmoderno<strong>di</strong> Lyotard e lo assimila al proprio concetto <strong>di</strong> post<strong>filosofia</strong>. Pur o<strong>per</strong>ando ne<strong>gli</strong> StatiUn<strong>it</strong>i, in un <strong>per</strong>iodo in cui la <strong>filosofia</strong> anal<strong>it</strong>ica occupava una posizione egemone, lasua formazione se ne tiene lontano, avvicinandosi invece alla tra<strong>di</strong>zione delpragmatismo americano (Dewey e James), ma an<strong>che</strong> alla <strong>filosofia</strong> europea, specie170


171Nietzs<strong>che</strong>, Heidegger, Gadamer e l'ermeneutica, oltre <strong>che</strong> all'atmosfera culturale delpostmoderno.Si occupa inizialmente del problema del rapporto mente-corpo, schierandosi suposizioni antidualisti<strong>che</strong> (<strong>che</strong> non concepiscono cioè dualismo e contrasto tra mente ecorpo) e sulla linea <strong>di</strong> un monismo (concezione secondo cui alla base <strong>della</strong> realtà vi èun unico fondamento principio, dal greco "monos"=uno, unico) non esclusivamentematerialistico. L'impegno <strong>di</strong> Rorty non è quello <strong>di</strong> escog<strong>it</strong>are nuove concezioni circa <strong>it</strong>ra<strong>di</strong>zionali oggetti <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong> (Dio, l'essere, l'uomo, ecc.), bensì quello <strong>di</strong>sbarazzarsi da un bimillenario modo <strong>di</strong> filosofare. E<strong>gli</strong> polemizza contro la <strong>filosofia</strong>ufficiale e la sua pretesa <strong>di</strong> cost<strong>it</strong>uire un sa<strong>per</strong>e fondazionale, <strong>che</strong> vuole porsi comegiu<strong>di</strong>ce e arb<strong>it</strong>ro sulla vali<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> tutte le altre aree <strong>della</strong> cultura (scienza, matematica,religione, poesia, arte), assegnando a ciascuna <strong>di</strong> esse un posto specifico.Per Rorty <strong>filosofia</strong>, conoscenza e mente sono intrecciate. Nella sua o<strong>per</strong>a piùcelebre, "La <strong>filosofia</strong> è lo specchio <strong>della</strong> natura", Rorty accusa la tra<strong>di</strong>zione filosofica<strong>per</strong>ché aveva concep<strong>it</strong>o la mente come specchio <strong>che</strong> riflette in modo adeguato oinadeguato la realtà. R<strong>it</strong>iene invece <strong>che</strong> siano le immagini e le metafore, anziché leproposizioni e le affermazioni, a determinare <strong>per</strong> lo più le nostre convinzionifilosofi<strong>che</strong>. Fa presente <strong>che</strong> esiste in particolare un'immagine <strong>che</strong> continua atener prigioniera la <strong>filosofia</strong>, cioè l'immagine <strong>della</strong> mente come grande specchio<strong>che</strong> contiene rappresentazioni <strong>di</strong>verse, alcune accurate ed altre no, e <strong>che</strong> puòessere stu<strong>di</strong>ata attraverso meto<strong>di</strong> puri, non empirici. Tale immagine è consona all'ideacartesiana e kantiana <strong>di</strong> conoscenza, intesa come rappresentazione accurata,attraverso un'o<strong>per</strong>a <strong>di</strong> pul<strong>it</strong>ura, delle varie rappresentazioni rispecchiate dalla mente.Questa dottrina "speculare" o "spettatoriale" <strong>della</strong> conoscenza affonda le sue ra<strong>di</strong>ci inPlatone e nel mondo greco, ovvero in una tra<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> pensiero <strong>che</strong> ha concep<strong>it</strong>o laconoscenza in termini <strong>di</strong> metafore (immagini) visive e <strong>che</strong> ha concep<strong>it</strong>o la mentecome una sorta <strong>di</strong> occhio immateriale <strong>che</strong> co<strong>gli</strong>e imme<strong>di</strong>atamente le immagini visivesenza la me<strong>di</strong>azione e l'intervento del linguaggio. Principali esponenti <strong>di</strong> questa<strong>filosofia</strong> "speculare" (i cui caratteri sono l'apriorismo, il rappresentazionismo,l'oggettivismo, il dualismo) e <strong>che</strong> sfocia nella <strong>filosofia</strong> anal<strong>it</strong>ica, nell'epistemologia enella fenomenologia <strong>per</strong> la sua impostazione descr<strong>it</strong>tiva, sono in<strong>di</strong>viduati in Locke, inCartesio e soprattutto in Kant, <strong>che</strong> tengono separati mente e corpo.Ma la dottrina "speculare" <strong>della</strong> conoscenza risulta oggi in crisi. Infatti, lapretesa <strong>di</strong> uscire dalle nostre rappresentazioni <strong>per</strong> attingere ad un punto <strong>di</strong> vistaesterno o neutrale, da cui potersi interrogare circa la vali<strong>di</strong>tà delle rappresentazionistesse, si è rivelata un m<strong>it</strong>o <strong>di</strong> derivazione lockiana, cartesiana e kantiana. La mentenon è fonte <strong>di</strong> autoevidenza del soggetto da un lato, come nel cog<strong>it</strong>o cartesiano, especchio <strong>della</strong> natura dall'altro. Invece la nostra mente, con il linguaggio e iconcetti <strong>di</strong> cui si serve, è semplicemente paragonabile ad un organo, ad una"rete" <strong>che</strong> noi gettiamo sulla realtà catturandone determinati aspetti. Si haver<strong>it</strong>à quando si conviene <strong>che</strong> la cattura sia riusc<strong>it</strong>a, mentre la fals<strong>it</strong>à corrispondeal fallimento <strong>di</strong> tale cattura. Ma questa convenzione e consenso avviene pursempre all'interno del linguaggio, e non imme<strong>di</strong>atamente ed esternamente da esso,linguaggio <strong>che</strong> è a sua volta con<strong>di</strong>zionato dalla fisiologia (corporea) dei processi171


172mentali nonché dai <strong>di</strong>versi punti <strong>di</strong> vista secondo i <strong>di</strong>versi momenti storici: da ciòappunto l'intreccio tra corpo, mente e conoscenza.La proposta alternativa <strong>di</strong> Rorty è quella <strong>di</strong> una post<strong>filosofia</strong>, cioè <strong>di</strong> un pensieroantifondazionista (<strong>che</strong> non pretende <strong>di</strong> giungere a fondamenti assoluti <strong>della</strong> realtà).Se Cartesio, Locke e Kant sono stati i fondatori <strong>della</strong> moderna <strong>filosofia</strong> fondazionista,Rorty in<strong>di</strong>vidua in W<strong>it</strong>tgenstein, Heidegger e Dewey coloro <strong>che</strong> ne sono stati i<strong>di</strong>struttori. Il loro contributo è stato terapeutico (antifondazionale) piuttosto <strong>che</strong>costruttivo (fondazionale) e hanno lasciato da parte la metafisica occidentalegiungendo ad affermare la possibil<strong>it</strong>à <strong>di</strong> una cultura postkantiana, postepistemologicae postfilosofica. An<strong>che</strong> lo scopo <strong>di</strong> Rorty intende essere terapeutico anzichécostruttivo, cioè in<strong>di</strong>rizzato a "guarire" le menti dalla <strong>filosofia</strong> fondazionale epromuovere la transizione alla post<strong>filosofia</strong>, puntualizzando <strong>che</strong> essa non significala fine <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong>: dopo la <strong>filosofia</strong> vi sarà ancora la <strong>filosofia</strong>, in quanto ad esserefin<strong>it</strong>a non è la <strong>filosofia</strong> in sé ma la <strong>filosofia</strong> protesa a una fondazione sistematicadell'essere e <strong>della</strong> conoscenza.Da ciò la celebre <strong>di</strong>stinzione <strong>di</strong> Rorty tra <strong>filosofia</strong> normale, ufficiale,professionalizzata, accademica e sistematica, e <strong>filosofia</strong> rivoluzionaria, e<strong>di</strong>ficante eterapeutica, la quale rifiuta l'idea <strong>che</strong> il pensiero filosofico possa essereist<strong>it</strong>uzionalizzato, irrigi<strong>di</strong>to in sistemi fissi e assoluti. I filosofi sistematici sonocostruttivi e offrono argomentazioni. I filosofi e<strong>di</strong>ficanti (Kierkegaard, Nietzs<strong>che</strong>,l'ultimo W<strong>it</strong>tgenstein e l'ultimo Heidegger) sono reattivi e offrono satire, paro<strong>di</strong>e,aforismi. Rorty parla <strong>di</strong> <strong>filosofia</strong> terapeutica ed e<strong>di</strong>ficante in termini <strong>di</strong> ricerca ee<strong>di</strong>ficazione <strong>di</strong> nuovi <strong>di</strong>zionari (concetti) e <strong>di</strong> nuove maniere <strong>di</strong> vivere e <strong>di</strong>pensare, guarendo da quelle vecchie. In quanto e<strong>di</strong>ficante alla <strong>filosofia</strong> èattribu<strong>it</strong>o il ruolo <strong>di</strong> formare <strong>gli</strong> uomini piuttosto <strong>che</strong> <strong>di</strong> conoscereoggettivamente il mondo. In tale veste va sottolineato il valore soprattutto eticoformativoassegnato alla <strong>filosofia</strong>.La <strong>filosofia</strong> non si pone più come espressione privilegiata del sa<strong>per</strong>e ma come unadelle tante voci all'interno <strong>della</strong> "conversazione" complessiva dell'uman<strong>it</strong>à. Lacrisi del pensiero speculare e del pensiero anal<strong>it</strong>ico si presenta come passaggiodall'epistemologia (teoria <strong>della</strong> scienza e <strong>della</strong> conoscenza) all'ermeneutica, <strong>che</strong>porta a ridefinire la <strong>filosofia</strong> come "grande conversazione" <strong>che</strong> <strong>gli</strong> spir<strong>it</strong>i liberiintrattengono nel <strong>corso</strong> <strong>della</strong> <strong>storia</strong>.Se il neopos<strong>it</strong>ivismo condanna la metafisica <strong>per</strong>ché intollerante e dogmatica, mentregiu<strong>di</strong>ca la scienza come più vera conoscenza possibile, Rorty inverte i termini del<strong>di</strong>s<strong>corso</strong>: è il filosofo-scienziato <strong>che</strong> appare intollerante, con la sua idea del rigore e<strong>della</strong> scientific<strong>it</strong>à dell'analisi, mentre a<strong>per</strong>to e pluralista è <strong>di</strong>ventato il filosofo ironico,<strong>per</strong>suaso <strong>della</strong> parzial<strong>it</strong>à e precarietà delle proprie scelte. Quin<strong>di</strong> an<strong>che</strong> la <strong>filosofia</strong>anal<strong>it</strong>ica del linguaggio anglosassone, ispirata ad una logica rigorosa, non è poi cosìlontana dalla <strong>filosofia</strong> continentale come invece essa pretende <strong>di</strong> essere. Anzi, puòessere considerata come un'ultima sofisticata fase del modo <strong>di</strong> pensare metafisico,fondazionista, proprio <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong> europea, da Platone a Cartesio a Kantall'idealismo e alla fenomenologia, la cui caratteristica è <strong>di</strong> voler dare alla conoscenzafondamenti ultimi e possibilmente indub<strong>it</strong>abili, incontrovertibili.172


173Nell'o<strong>per</strong>a "Contingenza, ironia e solidarietà", Rorty è andato accentuando lapropria impostazione storicistica e pragmatistica, insieme ad un orientamentopol<strong>it</strong>ico liberal-democratico. All'idea metafisica <strong>di</strong> una descrizione <strong>della</strong> realtà <strong>di</strong>valore assoluto contrappone l'idea postmetafisica <strong>della</strong> plural<strong>it</strong>à, storicamentemutevole, <strong>di</strong> comprensione dell'esistente (<strong>della</strong> realtà). La nuova prospettiva <strong>di</strong> Rortyruota intorno a tre parole chiave: contingenza, ironia, solidarietà. Con il terminecontingenza Rorty intende la tesi secondo cui non esistono essenze universali esovratemporali, poiché "tutto è socializzazione e quin<strong>di</strong> circostanza storica". Coltermine ironia intende la posizione <strong>di</strong> chi riconosce il carattere storico, cioè fugace econtingente, delle proprie convinzioni, da osservare dunque con appropriato e ironico"<strong>di</strong>stacco", senza prenderle troppo sul serio. Col termine solidarietà intendel'atteggiamento <strong>di</strong> chi si batte <strong>per</strong> <strong>di</strong>minuire la sofferenza e l'umiliazione de<strong>gli</strong> esseriumani.I principali temi affrontati sono quelli etico-pol<strong>it</strong>ici, in particolare il rapporto trala sfera del privato, quella <strong>della</strong> coscienza e delle propensioni <strong>per</strong>sonali, e quella delpubblico, ossia <strong>della</strong> giustizia sociale. Rorty riscontra nella <strong>storia</strong> del pensiero una<strong>di</strong>varicazione ra<strong>di</strong>cale rispetto a queste due sfere: da un lato i sosten<strong>it</strong>ori <strong>della</strong><strong>per</strong>fezione privata, come Kierkegaard, Nietzs<strong>che</strong>, Baudelaire, Proust, Heidegger,Nabokov, dall'altro i fautori <strong>della</strong> giustizia sociale, come Mill, Marx, Dewey,Habermas e Rawls. Invece <strong>per</strong> Rorty non deve esserci <strong>di</strong>varicazione tra le duesfere, piuttosto dobbiamo dare a ciascuna un peso uguale e quin<strong>di</strong> usarle <strong>per</strong> scopi<strong>di</strong>fferenti.Quando la <strong>filosofia</strong> assume un'impostazione assolutistica e unilaterale, essa <strong>di</strong>ventaantidemocratica e incivile. Perciò Rorty r<strong>it</strong>iene <strong>che</strong> debba esserci un primato <strong>della</strong>democrazia sulla <strong>filosofia</strong>. In tal senso presenta la sua utopia pragmatistica, <strong>che</strong>definisce utopia "liberal-ironista", cioè quell'atteggiamento, inizialmentepraticabile da una minoranza, <strong>che</strong> riesce a tenere assieme ironia e solidarietà, tenendoconto <strong>che</strong> non ci sono gran<strong>di</strong> principi <strong>che</strong> governano la <strong>storia</strong>, la società e il sa<strong>per</strong>e,da guardare quin<strong>di</strong> con ironia, ma <strong>che</strong> ci troviamo in una s<strong>it</strong>uazione <strong>di</strong> contingenza(precaria). L'utopia liberale non è qualcosa da teorizzare ma da vivere. Nasce dallapratica sociale e dalla lezione <strong>della</strong> <strong>storia</strong>. La narrazione storica (i racconti storici <strong>di</strong>vario tipo), e non le teorie, cost<strong>it</strong>uisce il momento principale dell'educazione ironistaliberale:non teorie ma "generi" più leggeri, quali l'etnografia, il resocontogiornalistico, i fumetti, i documentari e soprattutto il romanzo, il cinema e latelevisione, <strong>che</strong> hanno sost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o gradualmente il sermone, il trattato teorico, e sono<strong>di</strong>venuti i veicoli principali, se correttamente usati, del cambiamento e del progressomorale. Rorty in<strong>di</strong>ca un traguardo <strong>di</strong> comun<strong>it</strong>à democratica in cui ci sia equilibrio trasfera pubblica e privata. In un atteggiamento <strong>di</strong> "etnocentrismo moderato", Rortyvede questi valori me<strong>gli</strong>o garant<strong>it</strong>i nelle società democrati<strong>che</strong> avanzate. In esse ème<strong>gli</strong>o praticabile an<strong>che</strong> la solidarietà.173


174Jacques Derrida e il decostruzionismo (nato nel 1930).Nato vicino ad Algeri in una fami<strong>gli</strong>a ebrea e <strong>di</strong> cultura e nazional<strong>it</strong>à francese, siforma in una tra<strong>di</strong>zione filosofica dominata dall'influsso delle cosiddette "tre H":Hegel, Husserl, Heidegger. Subisci inizialmente l'influsso <strong>di</strong> Sartre, da cui <strong>per</strong>ò si<strong>di</strong>stacca ben presto <strong>per</strong> stu<strong>di</strong>are Husserl, Rousseau, Hegel, Nietzs<strong>che</strong>, Heidegger,Freud, Foucault, Lévi-Strauss, lo strutturalismo, giungendo a concezionipoststrutturaliste. Con Foucault, Lyotard, Habermas e Rorty ha in comuneproblemati<strong>che</strong> cruciali, quali i temi del moderno e postmoderno e <strong>della</strong> necess<strong>it</strong>à<strong>di</strong> andare oltre la tra<strong>di</strong>zione filosofica. È fra i teorici <strong>di</strong> spicco del postmoderno equin<strong>di</strong> tra i più cr<strong>it</strong>icati da Habermas <strong>che</strong>, in quanto fautore <strong>della</strong> conservazione dellospir<strong>it</strong>o <strong>della</strong> modern<strong>it</strong>à, li qualifica tutti come neo-nietzschiani. Al <strong>di</strong> là dei carattericomuni con i filosofi soprac<strong>it</strong>ati, si caratterizza tuttavia <strong>per</strong> le propostera<strong>di</strong>calmente innovative e postfilosofi<strong>che</strong> del suo pensiero. Per tale motivo soloRorty ha accolto, ne<strong>gli</strong> ultimi anni, alcune delle sue tesi <strong>di</strong> fondo. Per la suaascendenza legata an<strong>che</strong> al pensiero filosofico ebreo, si sente vicino <strong>per</strong> taluni aspettia Lévinas.Derrida porta un originale contributo all'ontologia ermeneutica e, anz<strong>it</strong>utto, alproblema heideggeriano dell'oltrepassamento (su<strong>per</strong>amento) <strong>della</strong> metafisica.Elabora una specifica prassi dell'interpretazione come "decostruzione", aspettosoprattutto <strong>per</strong> il quale il suo pensiero è stato considerato con interesse.La metafisica <strong>per</strong> Derrida si caratterizza <strong>per</strong> un suo speciale <strong>per</strong>manere purnell'esigenza del suo su<strong>per</strong>amento: la metafisica è fin<strong>it</strong>a ma non è possibile "<strong>di</strong>re"(spiegare) questa fine, <strong>per</strong>ché <strong>di</strong>cendola la si smentisce. Infatti <strong>per</strong> <strong>di</strong>rla e spiegarlaoccorre usare il linguaggio <strong>della</strong> metafisica e quin<strong>di</strong> praticare una <strong>filosofia</strong> ancora <strong>di</strong>tipo metafisico. Non c'è dunque un vero oltrepassamento, non c'è un "altrove", un"altro pensiero", come asser<strong>it</strong>o da Heidegger, ma invece un congedo infin<strong>it</strong>o, un"lungo ad<strong>di</strong>o".Quanto al concetto ermeneutico <strong>di</strong> essere-linguaggio e al "panlinguismo"ermeneutico, l'original<strong>it</strong>à <strong>di</strong> Derrida consiste nell'intrecciare l'insegnamento <strong>di</strong>Heidegger con quello strutturalista, in particolare <strong>di</strong> De Saussure. L'autosufficienzadel linguaggio, presag<strong>it</strong>a da Heidegger (il linguaggio come "casa dell'essere") eportata ad effetto da Gadamer, è altresì una tesi strutturalista. Ossia il primato dellinguaggio rispetto al soggetto, alla coscienza in<strong>di</strong>viduale, (il linguaggio è ere<strong>di</strong>tato esi impone all'in<strong>di</strong>viduo) è un tema tipico dell'ontologia <strong>di</strong> Heidegger e, altrettanto, èuna delle tesi più caratteristi<strong>che</strong> dello strutturalismo. Derrida unifica le dueconcezioni sul linguaggio <strong>di</strong> Heidegger e dello strutturalismo e, inoltre, inseriscenello strutturalismo la tematica ermeneutica <strong>della</strong> storic<strong>it</strong>à e temporal<strong>it</strong>à dellinguaggio (il linguaggio muta col mutare dei tempi storici). Da qui emergono ledue principali tesi <strong>di</strong> Derrida: la nozione <strong>di</strong> " <strong>di</strong>fferance", tradotta in <strong>it</strong>aliano coltermine <strong>di</strong> "<strong>di</strong>fferanza" <strong>per</strong> <strong>di</strong>stinguerla da quello comune <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenza, e lanozione <strong>di</strong> "scr<strong>it</strong>tura" ("ecr<strong>it</strong>ure").La <strong>di</strong>fferanza corrisponde sostanzialmente a quella <strong>che</strong> Gadamer chiama la<strong>di</strong>fferenza temporale <strong>che</strong> ci separa dalle o<strong>per</strong>e e documenti del passato e <strong>che</strong>174


175dobbiamo ricordare e rispettare nel lavoro ermeneutico-interpretativo. Tuttavia <strong>per</strong>Derrida la <strong>di</strong>fferanza è dest<strong>it</strong>u<strong>it</strong>a dei caratteri "umanistici" ancora presenti inGadamer. La <strong>di</strong>fferanza si <strong>di</strong>versifica dalla semplice <strong>di</strong>fferenza <strong>per</strong>ché include latemporal<strong>it</strong>à storica, mentre le <strong>di</strong>fferenze si riscontrano solo nel presente. Ciò consentea Derrida, seguendo ma an<strong>che</strong> oltrepassando la lezione <strong>di</strong> Heidegger, <strong>di</strong> tenersilontano dalla "metafisica del presente" caratterizzata dalla sola presenza e dalla solaconsiderazione de<strong>gli</strong> enti in cui, <strong>per</strong> contro, è assente l'essere (l'oblio dell'essere). La<strong>di</strong>fferanza infatti significa sia l'essere (<strong>gli</strong> esseri) nello spazio, ognuno <strong>di</strong>fferente, siail <strong>di</strong>fferire cioè il rinviare nel tempo: ha quin<strong>di</strong> carattere spazio-temporale.Da qui, secondo Derrida, il primato <strong>della</strong> scr<strong>it</strong>tura, del documento, sulla parola,sulla voce (il testo una volta scr<strong>it</strong>to o l'evento una volta documentato hanno una loroautonomia e significato an<strong>che</strong> in<strong>di</strong>pendentemente dai propos<strong>it</strong>i dell'autore). Contro lametafisica tra<strong>di</strong>zionale, accusata <strong>di</strong> logocentrismo e fonocentrismo (=mettere alcentro la parola), Derrida rovescia il rapporto causale tra pensiero e linguaggio etra linguaggio parlato (la voce, la parola) e linguaggio scr<strong>it</strong>to. Al primatoassegnato alla scr<strong>it</strong>tura sulla parola corrisponde quello dei relativi sa<strong>per</strong>i, ossia ilprimato <strong>della</strong> “grammatologia” sulla fonologia.Già abbiamo visto in Gadamer il primato del linguaggio sul pensiero e il suo carattereonnicomprensivo (non c'è niente al <strong>di</strong> fuori del linguaggio). Questa posizione inDerrida risulta più ra<strong>di</strong>cale: non solo non esiste un pensiero "preverbale", <strong>che</strong>preceda cioè il linguaggio il quale è invece sempre anteriore ad esso, ma non esisteneppure un linguaggio "prescr<strong>it</strong>turale", ossia la parola non precede, nonanticipa e non fonda la scr<strong>it</strong>tura ma anzi deriva da essa. In ciò Derrida risente<strong>della</strong> tematica <strong>della</strong> "scr<strong>it</strong>tural<strong>it</strong>à" sacra (la Bibbia) tipica del pensiero ebraico,espressa in particolare da Rosenzweig. La metafisica tra<strong>di</strong>zionale, chiamata"metafisica <strong>della</strong> presenza" (la parola è presenza, vive nel presente in cui èpronunciata), afferma, al contrario, il primato <strong>della</strong> parola, ma proprio qui <strong>per</strong>Derrida sta l'inganno fondamentale <strong>di</strong> tale metafisica, <strong>che</strong> Nietzs<strong>che</strong> chiamaval'inganno moral-metafisico. L'inganno consiste nell'aver subor<strong>di</strong>nato la scr<strong>it</strong>tura amero segno sost<strong>it</strong>utivo, residuale, <strong>della</strong> parola, <strong>della</strong> voce, del <strong>di</strong>s<strong>corso</strong> parlato.Invece <strong>per</strong> Derrida è proprio nella scr<strong>it</strong>tura <strong>che</strong> c'è quell'es<strong>per</strong>ienza dell'esserelinguaggiocercato dall'ontologia heideggeriana, poiché la scr<strong>it</strong>tura su<strong>per</strong>a e siimpone allo stesso voler <strong>di</strong>re (a<strong>gli</strong> stessi inten<strong>di</strong>menti) del proprio autore: l'esseresi manifesta eminentemente nella scr<strong>it</strong>tura (similmente ma non in modo uguale adHeidegger, <strong>per</strong> il quale l'essere si manifesta nella parola, nel linguaggio e inparticolare nella poesia) proprio <strong>per</strong> la sua valenza e in<strong>di</strong>pendenza rispetto alsoggetto, all'autore. Inoltre la scr<strong>it</strong>tura è traccia, ossia in<strong>di</strong>cazione visibile,empiricamente riscontrabile, <strong>che</strong> documenta un'assenza (l’assenza <strong>della</strong> parola nelmomento in cui si pronuncia, <strong>che</strong> in quanto tale è sempre mobile, non è mai fissa estatica, e l'assenza dell'autore, in quanto la scr<strong>it</strong>tura vi sopravvive e vale <strong>di</strong> <strong>per</strong> sé),proprio come un'orma, una traccia, documenta il passaggio <strong>di</strong> qualcosa <strong>che</strong> a tutti <strong>gli</strong>effetti non c'è (non c'è più). È in tal modo <strong>che</strong> la scr<strong>it</strong>tura testimonia la <strong>di</strong>fferanzaspazio-temporale: la parola vive solo nel presente, nell’atto in cui si pronuncia e poisvanisce; la scr<strong>it</strong>tura <strong>per</strong>mane nel tempo e si <strong>di</strong>ffonde nello spazio.175


176La scr<strong>it</strong>tura è quin<strong>di</strong> effettivamente una modal<strong>it</strong>à non "presenziale" bensì"<strong>di</strong>fferenziale" dell'essere (<strong>che</strong> nelle tracce <strong>della</strong> scr<strong>it</strong>tura si rivela), poiché dell'essereha l'ubiqu<strong>it</strong>à (lo stare in ogni luogo e in ogni tempo in forme sempre <strong>di</strong>fferenti) el'originarietà (prima c'è l'essere e poi ci sono <strong>gli</strong> enti). Se noi cerchiamo il sensoautentico <strong>di</strong> un testo, troviamo altri testi (<strong>che</strong> interpretano e spiegano il primo) e poialtri ancora, in una catena infin<strong>it</strong>a <strong>di</strong> rinvii, fino ad arrivare, "al lim<strong>it</strong>e" (potenzialepiuttosto <strong>che</strong> reale), cioè alla “scr<strong>it</strong>tura originaria”, alla sorgente <strong>della</strong> scr<strong>it</strong>tura, <strong>che</strong>probabilmente possiamo chiamare natura, ma <strong>che</strong> solo in quanto "testo" <strong>di</strong> Dio (ossiaprincipio primo) ha potuto inaugurare la catena dei riman<strong>di</strong> e dei rinvii a tutti <strong>gli</strong> altr<strong>it</strong>esti successivi. Da qui la formula tipica <strong>della</strong> "decostruzione" pronunciata daDerrida: "Non c'è nessun fuori-testo" ( Il n'ya a pas de hors-texte).È singolare l'inversione del rapporto parola-scr<strong>it</strong>tura <strong>di</strong> Derrida <strong>per</strong> quel <strong>che</strong> concernela <strong>storia</strong> dell'ermeneutica. In Dilthey l'interpretazione non riguarda più soltanto iltesto scr<strong>it</strong>to ma tutte le "o<strong>per</strong>e" dello spir<strong>it</strong>o; in Gadamer si ha un allargamentoulteriore: ogni dato dell'es<strong>per</strong>ienza è oggetto <strong>di</strong> interpretazione <strong>per</strong>ché ogni dato è <strong>di</strong>natura linguistica (ogni es<strong>per</strong>ienza si può esprimere solo attraverso il linguaggio erelativa interpretazione); Derrida r<strong>it</strong>orna al testo ma <strong>per</strong> affermare <strong>che</strong>, in ogni caso,tutto quello <strong>che</strong> "si dà", <strong>che</strong> si offre all'interpretazione, è solo testo e scr<strong>it</strong>tura.La scr<strong>it</strong>tura non è l'effetto risultante dalla parola (o dall'evento storico) ma è ciò <strong>che</strong>anticipa la parola (o l'evento storico) e la cost<strong>it</strong>uisce. Gli strutturalisti e <strong>gli</strong>ermeneutici affermano <strong>che</strong> il nostro pensiero è anticipato dal linguaggio (il nostrolinguaggio con<strong>di</strong>ziona il nostro modo <strong>di</strong> pensare). Ma <strong>per</strong> Derrida il linguaggio è asua volta anticipato dalla scr<strong>it</strong>tura: parliamo riferendoci sempre a scr<strong>it</strong>ture, a "testi" <strong>di</strong>vario tipo (<strong>che</strong> esprimono la varietà dei punti <strong>di</strong> vista interpretativi, delle concezionistoricamente ere<strong>di</strong>tate e mutevoli nel tempo), rinviando <strong>di</strong> volta in volta ad un testoprecedente ulteriore fino a giungere, ma solo come lim<strong>it</strong>e potenziale, al testooriginario, al principio primo.Le questioni ontologi<strong>che</strong> finora rappresentate (la cr<strong>it</strong>ica alla metafisica <strong>della</strong>presenza; la <strong>di</strong>fferanza; il primato <strong>della</strong> scr<strong>it</strong>tura non solo sul pensiero e sullinguaggio ma an<strong>che</strong> sulla parola) cost<strong>it</strong>uiscono la parte costruttiva <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong><strong>di</strong> Derrida, il cui convincimento finale è <strong>per</strong>altro quello <strong>di</strong> una <strong>filosofia</strong> ironica(<strong>che</strong> non si prenda troppo sul serio) e <strong>di</strong>struttiva. Si è <strong>per</strong>ò visto <strong>che</strong> <strong>per</strong> Derridanon c'è oltrepassamento e decostruzione defin<strong>it</strong>ivi <strong>della</strong> metafisica, ma semmaiun congedo infin<strong>it</strong>o, un "lungo ad<strong>di</strong>o". Come facciamo allora a congedarci dallametafisica e come si eserc<strong>it</strong>a la sua decostruzione? Per Derrida non c'è altro dafare <strong>che</strong> "ripetere" la metafisica mostrandone la fine tram<strong>it</strong>e unri<strong>per</strong>corrimento <strong>di</strong>struttivo, decostruttivo. Quel <strong>che</strong> ci resta non è soltantol'interpretazione dei testi <strong>che</strong> cost<strong>it</strong>uiscono la nostra <strong>storia</strong>, ed an<strong>che</strong> la <strong>storia</strong> delpensiero, ma un'interpretazione decostruttiva, <strong>che</strong> ne faccia emergere <strong>gli</strong> intimiaspetti paradossali. La decostruzione è il proce<strong>di</strong>mento <strong>per</strong> cui, a partire daframmenti <strong>di</strong> testo, <strong>di</strong> parole, <strong>di</strong> frasi, si deducono in essi certe contrapposizioni, odual<strong>it</strong>à, e quin<strong>di</strong> si procede a mostrare le contrad<strong>di</strong>zioni a cui queste dual<strong>it</strong>à dannoluogo. In un certo senso è come faceva Hegel nella Fenomenologia dello spir<strong>it</strong>o,tuttavia senza alcuna prospettiva, <strong>per</strong> Derrida, <strong>di</strong> conciliazione delle opposizioni nella176


177sintesi. La decostruzione va compiuta senza nessuna forzatura in vista <strong>di</strong> unaattribuzione <strong>di</strong> significati. Nella decostruzione si tratta <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare la coppia <strong>di</strong>concetti <strong>che</strong> dà luogo alla contrad<strong>di</strong>zione e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> "decostruirla", ossia mostrare<strong>che</strong> c'è sempre <strong>di</strong> mezzo il privilegiamento storico <strong>di</strong> uno dei due opposti (<strong>per</strong>esempio l'ingannevole primato <strong>della</strong> parola sulla scr<strong>it</strong>tura) e poi, allora, <strong>di</strong> rovesciarela gerarchia, cioè <strong>di</strong> affermare le ragioni del concetto più debole. Secondo Derrida, lecontrapposizioni in<strong>di</strong>viduate nelle dual<strong>it</strong>à <strong>che</strong> stanno alla base <strong>di</strong> ogniargomentazione non sono mai pacifi<strong>che</strong> e complementari, ma gerarchi<strong>che</strong> e violente,in cui uno de<strong>gli</strong> opposti prevale sull'altro. Tuttavia an<strong>che</strong> nel rovesciare lagerarchia <strong>per</strong> favorire l'opposto (il concetto) più debole, lo scopo non è <strong>di</strong> giungeread una nuova, sia pur rovesciata, determinazione-definizione, <strong>per</strong>ché ciòsignifi<strong>che</strong>rebbe rimanere ancora all'interno del regime metafisico <strong>che</strong> si vuoldecostruire. È invece necessaria l'instaurazione <strong>di</strong> quella ragione (razional<strong>it</strong>à)"ironica", <strong>di</strong> quella scr<strong>it</strong>tura doppia e ambivalente, <strong>che</strong> essenzialmente smentisce,alleggerisce e mette in dubbio i propri stessi contenuti. Nel rovesciare la gerarchia s<strong>it</strong>ratta <strong>di</strong> far emergere un nuovo concetto, tuttavia non compiutamente defin<strong>it</strong>o mavago, non determinato, anch'esso impi<strong>gli</strong>ato in una rete <strong>di</strong> contrad<strong>di</strong>zioni e <strong>di</strong>paradossi senza sbocco. Si tratta in ogni caso <strong>di</strong> una <strong>di</strong>struzione-decostruzione"e<strong>di</strong>ficante" poiché, nel processo decostruttivo, il linguaggio <strong>della</strong> metafisica rivelala sua natura più intima, ossia l'autocontrad<strong>di</strong>zione (Il mondo è fin<strong>it</strong>o o infin<strong>it</strong>o? Dioè conoscibile o inconoscibile? L'Io (la coscienza) e libero o determinato? Vale <strong>di</strong> piùla teoria o la prassi? La ver<strong>it</strong>à o l'opinione? La libertà o la giustizia? Il senso o il nonsenso?, ecc.).Oltre <strong>che</strong> su posizioni postfilosofi<strong>che</strong>, ossia <strong>di</strong> oltrepassamento, <strong>per</strong>altro maicompiuto, <strong>della</strong> metafisica, Derrida si pone altresì su posizionipoststrutturalisti<strong>che</strong>. E<strong>gli</strong> avversa la central<strong>it</strong>à <strong>della</strong> struttura nel senso <strong>che</strong> vede nelprimato <strong>della</strong> struttura semplicemente la proiezione del primato del soggettocaraterizzante la metafisica classica. Tuttavia, mentre <strong>gli</strong> altri poststrutturalistiprocedono contro la struttura esaltandone non già la cost<strong>it</strong>uzione, l'assetto formale,bensì la forza, l'energia, il <strong>di</strong>namismo <strong>che</strong> anticipa il cost<strong>it</strong>uirsi <strong>della</strong> struttura stessa,Derrida si muove in senso opposto, ossia verso una maggior formalizzazionestrutturale (una maggiore analisi <strong>della</strong> forma <strong>della</strong> struttura) <strong>per</strong> poi decostruirla finoal punto in cui la forma, destrutturata, <strong>per</strong>de ogni qual<strong>it</strong>à (capac<strong>it</strong>à) strutturante e<strong>di</strong>venta funzione generatrice <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenze (svela le <strong>di</strong>fferenze e le contrad<strong>di</strong>zionipresenti nella struttura stessa). Derrida mette in luce l'aporia (la contrad<strong>di</strong>zione)pol<strong>it</strong>ica in cui incappa il pensiero poststrutturalista: è un'aporia tipica <strong>della</strong>teoria <strong>di</strong>alettica e quin<strong>di</strong>, altresì, <strong>della</strong> tra<strong>di</strong>zione marxista, risultata evidente an<strong>che</strong>ad Adorno, e cioè: poiché la <strong>di</strong>alettica ricomprende il negativo (l'opposto) <strong>per</strong>neutralizzarlo, conciliarlo e assorbirlo nella sintesi, ogni progetto <strong>di</strong> contrastare ilnegativo stesso è destinato a fallire, in quanto il negativo viene ad esserenecessariamente <strong>di</strong>ssolto e ricompreso nella total<strong>it</strong>à non già in forza <strong>di</strong> interventiumani e storici volti a sconfiggerlo e abbatterlo, ma in forza <strong>della</strong> sola logica<strong>di</strong>alettica (a causa dell’automatismo con cui è concep<strong>it</strong>o il processo <strong>di</strong>alettico). Diconseguenza ogni tesi "cr<strong>it</strong>ica" <strong>di</strong> tipo storico-sociale <strong>che</strong> si basi sulla <strong>di</strong>alettica177


178(come nel caso <strong>della</strong> teoria cr<strong>it</strong>ica <strong>della</strong> società <strong>della</strong> Scuola <strong>di</strong> Francoforte) èdestinata all'autoconfutazione.Rispetto alla natura logico-contrad<strong>di</strong>ttoria <strong>della</strong> <strong>di</strong>alettica Derrida propone lasua strategia <strong>della</strong> decostruzione. La decostruzione, come si è visto, non <strong>per</strong>vienemai ad una nuova sintesi, ma rimane a<strong>per</strong>ta giungendo ad appro<strong>di</strong> (es<strong>it</strong>i) maiconclusivi bensì indefin<strong>it</strong>i. Procede con un rovesciamento <strong>della</strong> dual<strong>it</strong>à (<strong>della</strong> coppiade<strong>gli</strong> opposti) attribuiendo il primato all'opposto (al concetto) più debole, ma senzariproporre e definire un "nuovo or<strong>di</strong>ne" rovesciato, il <strong>che</strong> farebbe ricadere la strategiadecostruttiva nelle trappole <strong>della</strong> metafisica. Il nuovo opposto o concetto <strong>che</strong> emergedopo il rovesciamento <strong>della</strong> dual<strong>it</strong>à non viene a sua volta a rivestire un carattereegemone, gerarchico e violento, tale da ribaltare il precedente ed originario rapporto<strong>di</strong> forza, <strong>per</strong>ché il gioco delle opposizioni è senza fine, senza es<strong>it</strong>i <strong>di</strong> riconciliazionein una sintesi su<strong>per</strong>iore. Ad esempio, nella dual<strong>it</strong>à-contrasto cap<strong>it</strong>alisti e proletari ladecostruzione assegna il primato all'opposto più debole, cioè al proletariato, senza<strong>per</strong>ò giungere ad una supremazia defin<strong>it</strong>iva <strong>di</strong> quest'ultimo nella sintesi <strong>di</strong> una societàcomunista o senza classi, in quanto il rapporto tra i due opposti può sempre,successivamente, ribaltarsi o dar luogo a <strong>di</strong>fferenti ulteriori coppie <strong>di</strong> opposti (a<strong>di</strong>fferenti assetti sociali). La decostruzione derri<strong>di</strong>ana è un su<strong>per</strong>amento <strong>della</strong><strong>di</strong>alettica poiché non <strong>per</strong>viene a sintesi ma esprime l'idea <strong>di</strong> scr<strong>it</strong>ture, <strong>di</strong> "testi", cioè<strong>di</strong> s<strong>it</strong>uazioni, in cui le opposizioni duali sono <strong>per</strong>manenti e, al tempo stesso, variabili.Il progetto <strong>di</strong> Derida, dunque, è quello <strong>di</strong> una decostruzione <strong>della</strong> "metafisica<strong>della</strong> presenza " propria <strong>della</strong> tra<strong>di</strong>zione occidentale ed accusata, come si <strong>di</strong>ceva, <strong>di</strong>"logocentrismo" e "fonocentrismo", ossia <strong>di</strong> porre al centro la parola, la voce,nell'illusione <strong>di</strong> poter co<strong>gli</strong>ere e rendere presente, attraverso la parola e la voce,l'essere (la total<strong>it</strong>à <strong>della</strong> realtà e il suo principio primo) nella sua ident<strong>it</strong>à eoriginarietà. Ma con<strong>di</strong>videndo e riprendendo a suo modo l'idea heideggeriana <strong>della</strong>"<strong>di</strong>fferenza ontologica", cioè dell'irriducibil<strong>it</strong>à dell'essere a<strong>gli</strong> enti (l'essere non vaconfuso ma è <strong>di</strong>verso da<strong>gli</strong> enti <strong>di</strong> cui anzi è la fonte), Derrida r<strong>it</strong>iene invece <strong>che</strong>l'essere non possa mai essere colto come tale poiché si sottrae a ogniidentificazione (l'uomo non sarà mai in grado <strong>di</strong> co<strong>gli</strong>ere l'essere, la total<strong>it</strong>à <strong>della</strong>realtà ed il principio primo e originario). In tal senso l'essere è essenzialmente<strong>di</strong>fferenza <strong>che</strong> sfugge a qualsiasi linguaggio <strong>che</strong> pretenda <strong>di</strong> recu<strong>per</strong>arlo e<strong>di</strong>n<strong>di</strong>viduarlo nella sua piena ident<strong>it</strong>à originaria. L'essere nella sua ident<strong>it</strong>à ed originenon è mai presente come tale, rimanendo sempre nascosto in un gioco <strong>di</strong> presenza eassenza. Della total<strong>it</strong>à originaria dell'essere si hanno soltanto "tracce".Foucault cr<strong>it</strong>ica le tesi <strong>di</strong> Derrida, osservando <strong>che</strong> nella riduzione a scr<strong>it</strong>tura <strong>di</strong> ogni<strong>di</strong>s<strong>corso</strong> si attua <strong>di</strong> fatto una specie <strong>di</strong> metafisica chiusa e dogmatica ben peggiore <strong>di</strong>quella <strong>che</strong> si pretende <strong>di</strong> oltrepassare. Riducendo tutto a testo si viene ad ignorare,secondo Foucault, la <strong>di</strong>mensione v<strong>it</strong>ale e pratica del testo medesimo, trattando, adesempio, un testo <strong>di</strong> "me<strong>di</strong>tazioni" come un testo <strong>di</strong> tipo "logico-geometrico", il cuiautore è presupposto <strong>di</strong>stante e autonomo (ciò secondo la teoria ermeneutica in basea cui il testo, una volta prodotto, ha una sua v<strong>it</strong>a propria ed è suscettibile <strong>di</strong>interpretazioni in<strong>di</strong>pendenti dalle intenzioni dell'autore). Ma invece la me<strong>di</strong>tazione178


179implica un soggetto (un'autore) mobile, coinvolto e mo<strong>di</strong>ficabile dall'effetto stessodelle prati<strong>che</strong> me<strong>di</strong>tative <strong>che</strong> si compiono.Derrida controbatte. Nelle o<strong>per</strong>e "La scr<strong>it</strong>tura e la <strong>di</strong>fferenza" e "Dellagrammatologia " accusa tutta la tra<strong>di</strong>zione filosofica occidentale, da Platone in poi,<strong>di</strong> essersi resa colpevole dell'errore e dell'inganno <strong>della</strong> " metafisica <strong>della</strong> presenza",secondo cui la parola è presenza mentre la scr<strong>it</strong>tura è assenza, negazione <strong>della</strong>presenza. La metafisica <strong>della</strong> presenza pensa cioè <strong>che</strong> nel <strong>di</strong>s<strong>corso</strong> parlato l'animaabbia presente in maniera imme<strong>di</strong>ata la ver<strong>it</strong>à, mentre nel testo scr<strong>it</strong>to questaimme<strong>di</strong>atezza non c'è più, concependo piuttosto il testo scr<strong>it</strong>to come un "orfano"separato da chi ne ha dato origine (dall'autore): ne deriva l'umiliazione <strong>della</strong>scr<strong>it</strong>tura e il privilegiamento <strong>della</strong> parola secondo un rapporto <strong>che</strong> Derrida conferma<strong>di</strong> voler invece rovesciare.Derrida riconosce <strong>che</strong> i più avanzati tentativi <strong>di</strong> uscire dalla metafisica <strong>della</strong>presenza sono stati, prima del suo: 1) quello <strong>di</strong> Nietzs<strong>che</strong>, <strong>per</strong> la sua cr<strong>it</strong>ica <strong>della</strong>metafisica, specie riguardo ai concetti <strong>di</strong> essere e ver<strong>it</strong>à, <strong>che</strong> vengono sost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>i con iconcetti <strong>di</strong> gioco (attiv<strong>it</strong>à <strong>che</strong> consente <strong>di</strong> sce<strong>gli</strong>erne e mo<strong>di</strong>ficarne le regole secondole circostanze) e <strong>di</strong> interpretazione ai quali, sulla scia <strong>di</strong> Nietzs<strong>che</strong>, è giuntal'ermeneutica e la linguistica; 2) quello <strong>di</strong> Freud, <strong>per</strong> la cr<strong>it</strong>ica <strong>della</strong> presenza a sé,cioè <strong>della</strong> presenza <strong>della</strong> coscienza soggettiva, in apparenza padrona <strong>di</strong> sé ma inrealtà con<strong>di</strong>zionata dall'inconscio; 3) quello <strong>di</strong> Heidegger, <strong>per</strong> la sua <strong>di</strong>struzione<strong>della</strong> metafisica come ontologia de<strong>gli</strong> enti, <strong>che</strong> ha fin<strong>it</strong>o <strong>per</strong> definire l'essere comepresenza quando invece esso è sfondo, orizzonte, evento <strong>che</strong> si autorivela secondosue proprie e misteriose decisioni. Derrida guarda con simpatia an<strong>che</strong> alla <strong>filosofia</strong><strong>della</strong> assoluta "alter<strong>it</strong>à" (dell'incontro con l’"Altro", incarnato dal prossimo) <strong>di</strong>Levinas, quale ulteriore tentativo <strong>di</strong> uscire dalla metafisica soggettiva <strong>della</strong> presenza,ossia dalla metafisica del primato del soggetto. Ma tutti questi tentativi, <strong>per</strong> Derrida,sono destinati al fallimento <strong>per</strong>ché, al <strong>di</strong> là delle intenzioni <strong>di</strong> chi li compie, sicollocano e rimangono pur sempre all'interno <strong>di</strong> quelle medesime categorie(concetti) <strong>della</strong> metafisica <strong>che</strong> vorrebbero invece cr<strong>it</strong>icare e <strong>di</strong>struggere. An<strong>che</strong>Foucault, quando nell'o<strong>per</strong>a "Storia <strong>della</strong> follia" cerca <strong>di</strong> uscire dalla metafisicarazionalistica occidentale, non fa altro in realtà <strong>che</strong> rivestire la follia con i panni<strong>della</strong> medesima categoria <strong>di</strong> razional<strong>it</strong>à (razionale è la follia e non la ragione <strong>per</strong>chérigida, arrogante e conformistica): sono semplicemente invert<strong>it</strong>i i termini ragionefollia,ma <strong>per</strong>mane la medesima impostazione razionalistica.Derrida si convince <strong>che</strong> non è possibile mettere da parte questa ere<strong>di</strong>tàrazionalistica: la rivoluzione contro la metafisica <strong>della</strong> presenza non può esserecompiuta se non segu<strong>it</strong>ando ad utilizzare il linguaggio <strong>della</strong> metafisica. Da qui alloral'idea <strong>di</strong> un oltrepassamento <strong>della</strong> metafisica mai defin<strong>it</strong>ivo e l'idea <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferanza edecostruzione, nell'intento <strong>di</strong> giungere a nuovi mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> lettura dei testi (delle idee, deipensieri) più <strong>che</strong> a teorizzazioni <strong>di</strong> su<strong>per</strong>amento conclusivo delle filosofie delpassato. Le con<strong>di</strong>zioni preliminari <strong>della</strong> decostruzione <strong>della</strong> metafisica <strong>della</strong>presenza e del logocentrismo sono in<strong>di</strong>cate da Derrida nella necess<strong>it</strong>à <strong>di</strong> partire,appunto, dai testi, dalla scr<strong>it</strong>tura, abbandonando l'idea del primato <strong>della</strong> parola: <strong>it</strong>esti sono anonimi, neutri, artificiali, mentre la parola è espressione <strong>di</strong>retta e179


180naturale ma circoscr<strong>it</strong>ta <strong>di</strong> chi la pronuncia. Non privilegiare la parola ma lascr<strong>it</strong>tura, i testi, significa non accettare la logica tra<strong>di</strong>zionale <strong>della</strong> metafisica <strong>della</strong>presenza: la parola infatti è presenza poiché vive nel presente in cui è pronunciata,mentre la scr<strong>it</strong>tura in<strong>di</strong>ca un'assenza, l'assenza <strong>della</strong> parola quale rigidamentedeterminata nell'atto in cui si pronuncia, e proprio in tale assenza <strong>di</strong>predeterminazioni la scr<strong>it</strong>tura, aprendosi alle più varie e libere interpretazioni,esprime al me<strong>gli</strong>o la sua energia <strong>di</strong>rompente, aforistica e simbolica (testualismoestremo).La <strong>di</strong>alettica <strong>di</strong> Hegel ha avuto il mer<strong>it</strong>o <strong>di</strong> concepire la <strong>di</strong>fferenza e il contrastoestremi delle opposizioni (tesi e ant<strong>it</strong>esi) ed avrebbe potuto <strong>di</strong>venire lui stesso ilprimo pensatore <strong>della</strong> scr<strong>it</strong>tura e <strong>della</strong> decostruzione se non si fosse fatto sedurredalla tentazione <strong>della</strong> sintesi conciliatrice tra <strong>gli</strong> opposti <strong>che</strong>, attraverso la serie <strong>di</strong>processi <strong>di</strong>alettici, si ripropone come presenza conclusiva, come total<strong>it</strong>à elevata apresenza assoluta.Dopo Hegel, è Rousseau ad occupare una posizione singolare nella <strong>storia</strong> <strong>della</strong>moderna metafisica <strong>della</strong> presenza. Infatti, mentre dapprima il soggetto era presentea sé soprattutto come logos, come razional<strong>it</strong>à, Rousseau propone un nuovo modello<strong>di</strong> presenza, cioè la presenza a sé del soggetto soprattutto come sentimento, comev<strong>it</strong>a effettivamente sent<strong>it</strong>a. Ma an<strong>che</strong> in Rousseau si r<strong>it</strong>rova la vecchia teoria delprimato <strong>della</strong> parola sulla scr<strong>it</strong>tura: lo stato <strong>di</strong> natura <strong>di</strong> cui parla Rousseau, quelloin cui <strong>gli</strong> esseri umani sono buoni, è lo stato in cui si parla e non si scrive, mentre <strong>per</strong>Rousseau la società civile è quella in cui si scrive ma in cui <strong>gli</strong> esseri umani sonocorrotti e sono schiavi. Però nei testi <strong>di</strong> Rousseau Derrida in<strong>di</strong>vidua un concetto,quello <strong>di</strong> "supplemento", utilizzabile <strong>per</strong> una lettura decostruttiva e testualistica <strong>della</strong>sua o<strong>per</strong>a. Rousseau ado<strong>per</strong>a il termine "supplemento" in varie circostanze, tutteaccomunate <strong>per</strong>ò dal venir meno <strong>della</strong> "presenza" <strong>di</strong> qualcosa <strong>di</strong> naturale, <strong>che</strong> vienesuppl<strong>it</strong>o cioè sost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o con qualcosa <strong>di</strong> artificiale, così come artificiale è il testo <strong>della</strong>scr<strong>it</strong>tura. In questa particolare lettura <strong>di</strong> Rousseau Derrida ricorre an<strong>che</strong> allapsicoanalisi e alla linguistica. Così, nelle "Confessioni" <strong>di</strong> Rousseau <strong>di</strong>"supplemento" è la signora Warens, <strong>che</strong> supplisce alla mancanza <strong>della</strong> madredell'autore. Il supplemento cost<strong>it</strong>uisce l'artificiale <strong>che</strong> sost<strong>it</strong>uisce il naturale: è il malenecessario, ma an<strong>che</strong> <strong>per</strong>icoloso, <strong>che</strong> sost<strong>it</strong>uisce il bene <strong>che</strong> non c'è. Il supplementoha a <strong>che</strong> fare quin<strong>di</strong> con l'assenza <strong>della</strong> presenza. Altrettanto, il linguaggio scr<strong>it</strong>tosupplisce la spontane<strong>it</strong>à del linguaggio parlato, <strong>che</strong> nell’intento <strong>di</strong> risalire aoriginario è <strong>per</strong>ò irraggiungibile <strong>per</strong>ché è solo nella "testa <strong>di</strong> Dio" (la prima parola,cioè il principio primo, la total<strong>it</strong>à dell'essere, non possono essere colti dall'uomo).Quin<strong>di</strong> non c'è parola, c'è solo testo, solo scr<strong>it</strong>tura, <strong>che</strong> rinvia ad una scr<strong>it</strong>turaprecedente in una serie infin<strong>it</strong>a <strong>di</strong> riman<strong>di</strong> poiché la parola originaria èinaccessibile. La serie infin<strong>it</strong>a <strong>di</strong> rinvii da una scr<strong>it</strong>tura all'altra supplisce la parolaoriginaria <strong>che</strong> non c'è, <strong>che</strong> è inarrivabile.Questo supplemento non è, <strong>per</strong> Derrida, <strong>che</strong> la <strong>di</strong>fferanza, cioè il cr<strong>it</strong>erio <strong>che</strong> e<strong>gli</strong>applica nella lettura decostruttiva dei testi. Non è né un concetto né una parola. La<strong>di</strong>fferanza, come osservato, significa sia l'essere <strong>di</strong>fferente nello spazio (<strong>gli</strong> esseri <strong>che</strong>stanno in luoghi <strong>di</strong>fferenti) sia l'essere (la realtà) <strong>che</strong> si <strong>di</strong>fferisce e si rinvia (<strong>che</strong> si180


181<strong>di</strong>stribuisce e si manifesta) nel tempo. Quando non possiamo mostrare qualcosa, cioèl'essere presente, allora "significhiamo", cioè facciamo ri<strong>corso</strong> al "segno", allascr<strong>it</strong>tura, <strong>che</strong> è quin<strong>di</strong> "presenza <strong>di</strong>ffer<strong>it</strong>a". Il segno dunque è <strong>di</strong>fferente in sensospaziale da ciò <strong>di</strong> cui prende il posto e lo <strong>di</strong>fferisce (lo pospone) in senso temporale.Mette <strong>per</strong> così <strong>di</strong>re una certa <strong>di</strong>stanza tra noi e la cosa, ossia tra noi e la parola,assente, <strong>della</strong> cosa stessa. La <strong>di</strong>fferanza <strong>per</strong>tanto sta alla base <strong>di</strong> ogni <strong>di</strong>fferenza, èl'origine delle <strong>di</strong>fferenze: cost<strong>it</strong>uisce e mantiene vive le <strong>di</strong>fferenze, <strong>che</strong> rimangono talisenza sintesi conciliatrici, determinate e conclusive, volte ad eliminare ogni<strong>di</strong>fferenza.Derrida mostra come in numerosi autori sia inconsapevolmente presente ilproce<strong>di</strong>mento <strong>della</strong> <strong>di</strong>fferanza: in Nietzs<strong>che</strong>, quando considera il soggetto non comequalcosa <strong>di</strong> originario, cioè come coscienza innanz<strong>it</strong>utto presente a se stessa, macome l'effetto <strong>di</strong> forze <strong>che</strong> non sono "presenti" alla coscienza (la volontà <strong>di</strong> potenza);in Freud, quando considera la coscienza, il soggetto, come risultato <strong>di</strong> forze, <strong>di</strong>istinti, <strong>di</strong> traumi (l'inconscio), <strong>che</strong> evidenziano la <strong>di</strong>fferanza nel doppio senso siatemporale (il trauma sub<strong>it</strong>o nel passato ed al presente assente nella coscienza) siaspaziale (la <strong>di</strong>stanza tra la coscienza e il subconscio); in Heidegger, nel quale la<strong>di</strong>fferenza ontologica tra l'essere e l'ente appare come un risultato <strong>della</strong> <strong>di</strong>fferanza(l'ente è <strong>di</strong>fferente spazialmente dall'essere come pure ne <strong>di</strong>fferisce temporalmente);in Levinas, nel cui pensiero o<strong>per</strong>a ugualmente la <strong>di</strong>fferanza come cost<strong>it</strong>utiva delle<strong>di</strong>fferenze <strong>che</strong> danno luogo all’"alter<strong>it</strong>à", all'incontro con <strong>gli</strong> altri, <strong>di</strong>fferenti da noi.Gilles Deleuze (1925-1995) e Felix Guattari (1930-1992).Deleuze, <strong>di</strong> nazional<strong>it</strong>à francese, si contrad<strong>di</strong>stingue in particolare <strong>per</strong> aver elaboratoi concetti <strong>di</strong> pensiero nomade e <strong>di</strong> schizoanalisi nonché <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenza eripetizione.La <strong>filosofia</strong> <strong>di</strong> Deleuze si presenta come una forma <strong>di</strong> costruzionismo: comp<strong>it</strong>o<strong>della</strong> <strong>filosofia</strong> è "costruire concetti". Deriva da tale impostazione una certa affin<strong>it</strong>àcon i teorici <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong> anal<strong>it</strong>ica del linguaggio ideale, ma tuttavia sulla base <strong>di</strong>temi del tutto peculiari: infatti il costruzionismo <strong>di</strong> Deleuze si collega a una forma<strong>di</strong> animismo, secondo cui i concetti creati non sono ent<strong>it</strong>à inerti ma, al contrario,sono capaci <strong>di</strong> autoformazione e dunque sono dotati <strong>di</strong> una loro v<strong>it</strong>a e <strong>di</strong> una loro<strong>storia</strong>. Di conseguenza, nel <strong>di</strong>chiarare come proprio programma quellodell'emancipazione de<strong>gli</strong> esseri umani, tale programma si estende fino a<strong>di</strong>ncludere an<strong>che</strong> i concetti e <strong>gli</strong> oggetti. È un programma <strong>che</strong> vuole liberare ilpensiero da quelle costrizioni logico-linguisti<strong>che</strong> <strong>che</strong> impe<strong>di</strong>scono la libera creazionedei concetti e la libera analisi e valutazione de<strong>gli</strong> oggetti.Me<strong>di</strong>ante il suo programma e attraverso una sua originale lettura einterpretazione <strong>di</strong> Nietzs<strong>che</strong>, Deleuze elabora i concetti chiave <strong>di</strong> "<strong>di</strong>fferenza" e<strong>di</strong> "ripetizione", illustrati nell'o<strong>per</strong>a "Differenza e ripetizione". E<strong>gli</strong> si propone <strong>di</strong>continuare il programma nietzschiano <strong>di</strong> un "rovesciamento del platonismo",181


182ossia delle forme tra<strong>di</strong>zionali del pensiero e, più specificatamente, <strong>di</strong> unrovesciamento del concetto <strong>di</strong> "rappresentazione" la quale, intesa come coscienza<strong>che</strong> or<strong>di</strong>natamente rappresenta a se stessa il mondo, cost<strong>it</strong>uisce il centro <strong>della</strong>metafisica, <strong>della</strong> teoria <strong>della</strong> conoscenza, <strong>della</strong> logica e <strong>della</strong> morale tra<strong>di</strong>zionali. La<strong>di</strong>fferenza e la ripetizione, osserva Deleuze, o me<strong>gli</strong>o un certo modo <strong>di</strong> concepire la<strong>di</strong>fferenza, la ripetizione e il rapporto tra l'una e l'altra, sono le maniere in cui si èaffermata la visione occidentale dell'essere concep<strong>it</strong>o appunto come rappresentazione.Infatti, secondo la visione occidentale <strong>della</strong> realtà (dell'essere), i fenomeni possonoessere colti, compresi e rappresentati quando viene in<strong>di</strong>viduato il loro ripetersi alvariare delle circostanze, ossia quando ne viene in<strong>di</strong>viduato il ripetersi con <strong>di</strong>fferenze,nel senso <strong>che</strong> la ripetizione è assoggettata alla <strong>di</strong>fferenza e la <strong>di</strong>fferenza è legata allaripetizione (i fenomeni si conoscono a causa del loro continuo ripetersi ma in ogniripetizione vi è sempre qualcosa <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferente). Attraverso la generalizzazione <strong>di</strong>queste o<strong>per</strong>azioni ripetute si giunge poi al concetto, all'universale: tutti i <strong>di</strong>versicavalli <strong>che</strong> ripetutamente vedo sono collegati, grazie al gioco (al collegamento) <strong>di</strong><strong>di</strong>fferenza e ripetizione, nella forma unica del concetto <strong>di</strong> "cavallo".Poste queste premesse, Deleuze si propone <strong>di</strong> ricercare il significato <strong>della</strong><strong>di</strong>fferenza in sé e <strong>della</strong> ripetizione pura, intese non come modal<strong>it</strong>à <strong>per</strong> lacostruzione dei concetti ma come concetti in se stessi <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenza e ripetizione.Attraverso questa via Deleuze constata allora <strong>che</strong> molte acquisizioni del pensierotra<strong>di</strong>zionale vanno riviste. Anz<strong>it</strong>utto la <strong>di</strong>alettica, <strong>che</strong> sembra un rovesciamento <strong>della</strong>rappresentazione ma <strong>che</strong> in realtà ne è solo la versione "in movimento", e si tratta <strong>di</strong>un movimento negativo, regressivo, <strong>che</strong> tende a creare zone <strong>di</strong> realtà privilegiate edegemoni<strong>che</strong> (<strong>che</strong> pretendono <strong>di</strong> essere su<strong>per</strong>iori). La <strong>di</strong>alettica infatti è un casoesemplare <strong>di</strong> assoggettamento <strong>della</strong> <strong>di</strong>fferenza al negativo: nella sintesi idealisticahegeliana ogni <strong>di</strong>fferente (l'opposto, l'ant<strong>it</strong>esi) è pensato come il negativo ed è <strong>per</strong>ciòannullato ed assorb<strong>it</strong>o nella sintesi stessa, proprio nello stesso modo in cui procedevala ragione (la <strong>filosofia</strong>) metafisica classica, <strong>che</strong> annullava le <strong>di</strong>fferenze creando leggie principi unici universali.Contro la metafisica classica e contro la <strong>di</strong>alettica Deleuze vede in Nietzs<strong>che</strong> ilpensatore anti<strong>di</strong>alettico e antihegeliano <strong>per</strong> eccellenza, <strong>che</strong> ha portato acompimento la cr<strong>it</strong>ica espressa da Kant. E<strong>gli</strong> ha infatti messo in luce <strong>che</strong> siamo noi,<strong>gli</strong> esseri umani, i responsabili <strong>di</strong> quanto facciamo sul piano conosc<strong>it</strong>ivo, etico,estetico, ma non ha esteso la sua analisi e la sua cr<strong>it</strong>ica nei confronti dei valori,in<strong>di</strong>scussi, <strong>di</strong> ver<strong>it</strong>à, <strong>di</strong> bene e <strong>di</strong> bello e ciò a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> Nietzs<strong>che</strong>, il quale si ponela domanda ra<strong>di</strong>cale: ma <strong>che</strong> senso hanno i valori? La <strong>filosofia</strong> dei valori <strong>di</strong>Nietzs<strong>che</strong> è il vero compimento <strong>della</strong> cr<strong>it</strong>ica kantiana, una cr<strong>it</strong>ica totale, ossia un fare<strong>filosofia</strong> a "colpi <strong>di</strong> martello". Da una parte i valori sembrano principi sulla cui basevalutare i fenomeni, dall'altra parte <strong>per</strong>ò, se si va più a fondo, sono i valori apresupporre valutazioni e punti <strong>di</strong> vista da cui proviene il loro stesso valore. Ilproblema cr<strong>it</strong>ico sta nel "valore dei valori"; è il problema <strong>della</strong> loro creazione, <strong>della</strong>"genealogia dei valori" <strong>che</strong> Nietzs<strong>che</strong> affronta. Kant considerava i valori comeprincipi in<strong>di</strong>scutibili, Nietzs<strong>che</strong> compie un passo avanti e li considera come creazioni<strong>della</strong> volontà <strong>di</strong> potenza.182


183Quelli <strong>che</strong> tra<strong>di</strong>zionalmente si considerano valori o principi in<strong>di</strong>scutibili, primari,originari, non sono effettivamente tali, afferma Deleuze sulla scia <strong>di</strong> Nietzs<strong>che</strong>,ma rappresentano l'elemento <strong>di</strong>fferenziale, il sentimento <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenza o <strong>di</strong><strong>di</strong>stanza da cui deriva il valore dei valori presi in considerazione. Quando siparla, come in Nietzs<strong>che</strong>, <strong>di</strong> genealogia dei valori, <strong>per</strong> genealogia si intende sia valoredell'origine e sia, al tempo stesso, origine dei valori, significati questi <strong>che</strong> sicontrappongono da un lato al carattere assoluto <strong>che</strong> taluni attribuiscono ai valorioppure, dall'altro lato, al carattere relativo o pratico, cioè util<strong>it</strong>aristico, ad essiassegnato. Quin<strong>di</strong> genealogia dei valori significa origine e nasc<strong>it</strong>a dei valori, maan<strong>che</strong> <strong>di</strong>fferenza o <strong>di</strong>stanza dei valori quali <strong>per</strong>cep<strong>it</strong>a al presente rispetto al lorosenso originario.Deleuze fa propria e approfon<strong>di</strong>sce la genealogia dei valori ricostru<strong>it</strong>a daNietzs<strong>che</strong>. Non vi sono valori assoluti e da sempre identici a se stessi. I valorisono creati <strong>di</strong> volta in volta dalla volontà <strong>di</strong> potenza (da<strong>gli</strong> interessi dominanti) <strong>che</strong>o<strong>per</strong>a con forze molteplici e in maniera pluralistica, producendo quin<strong>di</strong> unaplural<strong>it</strong>à <strong>di</strong> valori <strong>che</strong> si presentano "mas<strong>che</strong>rati" nella <strong>storia</strong> delle civiltà e <strong>che</strong>devono quin<strong>di</strong> essere "smas<strong>che</strong>rati" e riportati, con il metodo genealogico, allaloro origine, al loro senso originario. È questa una <strong>filosofia</strong> <strong>della</strong> volontà (<strong>di</strong>potenza) <strong>che</strong> pone la <strong>di</strong>fferenza al posto <strong>della</strong> <strong>di</strong>alettica. Mentre la <strong>di</strong>alettica pensail <strong>di</strong>fferente (tutto ciò <strong>che</strong> è <strong>di</strong>fferente) come il negativo (l'ant<strong>it</strong>esi), la <strong>filosofia</strong> <strong>della</strong>volontà pone invece il <strong>di</strong>fferente, la <strong>di</strong>fferenza, come valore, ossia attribuisce valoreall'anticonformismo, al <strong>di</strong>stinguersi e contrapporsi ai comportamenti meschini <strong>della</strong>massa dei "deboli", rassegnati o ad<strong>di</strong>r<strong>it</strong>tura compiacenti nei confronti del sistema e<strong>della</strong> mental<strong>it</strong>à dominanti. La gioia e il go<strong>di</strong>mento del <strong>di</strong>verso si contrappongono alloro assorbimento <strong>di</strong>alettico in una sintesi <strong>che</strong> to<strong>gli</strong>e <strong>di</strong> mezzo il <strong>di</strong>fferente concep<strong>it</strong>ocome ant<strong>it</strong>esi, come l'opposto negativo: "la bella irresponsabil<strong>it</strong>à si oppone alleresponsabil<strong>it</strong>à <strong>di</strong>aletti<strong>che</strong>".Deleuze sottolinea come la <strong>filosofia</strong> <strong>della</strong> volontà <strong>di</strong> Nietzs<strong>che</strong> trovi il suocompimento nella tesi dell'eterno r<strong>it</strong>orno, interpretata non come ripetizionedell'identico (un riandare in maniera sempre identica a<strong>gli</strong> eventi trascorsi) bensì comeripetizione <strong>della</strong> <strong>di</strong>fferenza <strong>che</strong>, al <strong>di</strong> là del principio <strong>di</strong> uniform<strong>it</strong>à, riven<strong>di</strong>ca il valoredell'assolutamente <strong>di</strong>fferente, ossia il valore ins<strong>it</strong>o nel rivivere i medesimi eventi conspir<strong>it</strong>o e con sguardo sempre <strong>di</strong>fferenti. La <strong>filosofia</strong> <strong>della</strong> volontà è dunque a<strong>per</strong>ta almovimento ininterrotto delle <strong>di</strong>fferenze, senza nessun piano teso ad ingabbiarle e aneutralizzarle in un sistema; è l'affermazione <strong>della</strong> <strong>di</strong>fferenza rispecchiata nellacaotica molteplic<strong>it</strong>à del <strong>di</strong>venire del mondo.In tal senso l'arte contemporanea si presenta come innegabile rottura contro lametafisica e la <strong>di</strong>alettica <strong>della</strong> rappresentazione, volte ad annullare la <strong>di</strong>fferenza inprincipi universali o nella sintesi. L'arte contemporanea presenta infatti ripetizionipure (non annullate e assorb<strong>it</strong>e in principi o in sintesi su<strong>per</strong>iore), rappresenta cioèoggetti spaesati e spezzati, realtà eterogenee <strong>che</strong> si scompongono e si sconnettono,<strong>di</strong>ventando qualsiasi altra cosa e sconvolgendo in infin<strong>it</strong>i mo<strong>di</strong> la logica <strong>della</strong>rappresentazione. Quel <strong>che</strong> l'arte ha fatto <strong>della</strong> propria "logica" andrebbe fattoan<strong>che</strong> in <strong>filosofia</strong>: occorre una nuova logica, una nuova immagine del pensiero, ma183


184anz<strong>it</strong>utto occorre sconfessare ogni immagine formalistica e predeterminata delpensiero, <strong>per</strong>seguendo l'obiettivo <strong>di</strong> una emancipazione dalla logica tra<strong>di</strong>zionalebasata sulla contrapposizione tra pos<strong>it</strong>ivo e negativo e sulla condanna delle<strong>di</strong>fferenze. Per rivalutare le <strong>di</strong>fferenze occorre anz<strong>it</strong>utto eliminare la contrapposizionefondamentale <strong>della</strong> logica tra<strong>di</strong>zionale tra materia e spir<strong>it</strong>o, tra l'essere <strong>di</strong> Dio el'essere delle creature, tra realtà ed apparenza, tra essere e non essere. Occorreteorizzare (riprendendo Duns Scoto) l'univoc<strong>it</strong>à dell'essere (un'unica e comunematrice <strong>della</strong> realtà) come con<strong>di</strong>zione <strong>per</strong> pensare l'infin<strong>it</strong>a plural<strong>it</strong>à delle <strong>di</strong>fferenze.L'univoc<strong>it</strong>à dell'essere assegna una medesima <strong>di</strong>gn<strong>it</strong>à ontologica ai mo<strong>di</strong> dell'ente (aivari enti) e non li colloca in or<strong>di</strong>ni gerarchici sulla base del negativo e dell'esclusione.Diviene allora possibile co<strong>gli</strong>ere la plural<strong>it</strong>à de<strong>gli</strong> enti senza subor<strong>di</strong>narli <strong>gli</strong> uni a<strong>gli</strong>altri, senza postulare il primato <strong>della</strong> ragione sulla follia, o del soggetto sull'oggetto, ola <strong>di</strong>pendenza dell’"altro" rispetto al "sé".Nel 1969 Deleuze incontra Felix Guattari, <strong>di</strong> formazione psicoanal<strong>it</strong>ica e mil<strong>it</strong>antenella sinistra <strong>di</strong>ssidente. Dalla loro collaborazione esce il volume "Anti-E<strong>di</strong>po" cuiseguirà una seconda parte, meno famosa, vale a <strong>di</strong>re i "Mille piani".Alla base <strong>della</strong> produzione dei due autori stanno Nietzs<strong>che</strong>, Marx e Freud, defin<strong>it</strong>i daPaul Ricoeur "i tre maestri del sospetto" poiché, non credendo al significato palese,esteriore e pubblico delle idee e delle filosofie, "sospettano" <strong>che</strong> <strong>di</strong>etro <strong>di</strong> esse ci siainvece qualcosa <strong>di</strong> nascosto <strong>che</strong> le determina e <strong>che</strong> bisogna scovare e smas<strong>che</strong>rare,vale a <strong>di</strong>re la volontà <strong>di</strong> potenza <strong>per</strong> Nietzs<strong>che</strong>, i rapporti <strong>di</strong> produzione <strong>per</strong> Marx,l'inconscio <strong>per</strong> Freud.Guattari è alla ricerca <strong>di</strong> una teoria <strong>che</strong> <strong>gli</strong> consenta <strong>di</strong> unificare i due filoni <strong>di</strong>pensiero e <strong>di</strong> attiv<strong>it</strong>à sui quali si è formato: il marxismo e la psicoanalisi. Trovaquesta soluzione grazie a Deleuze, me<strong>di</strong>ante il ri<strong>corso</strong> al concetto <strong>di</strong> volontà <strong>di</strong>potenza <strong>di</strong> Nietzs<strong>che</strong> e quin<strong>di</strong> in una sorta <strong>di</strong> miscela tra Nietzs<strong>che</strong>, Marx eFreud.Infatti, <strong>per</strong> un marxista le valutazioni umane non sono mai quelle prevalenti: devonoessere collocate nei rapporti <strong>di</strong> produzione (rapporto tra struttura e sovrastruttura) <strong>per</strong>in<strong>di</strong>viduarne la "posizione <strong>di</strong> classe". Per un freu<strong>di</strong>ano, a sua volta, i giu<strong>di</strong>zi <strong>della</strong>coscienza non sono mai degni <strong>di</strong> fede <strong>per</strong>ché sono con<strong>di</strong>zionati dall'inconscio.Pertanto nel marxismo l'opposizione decisiva è fra produzione e ideologia, mentre nelfreu<strong>di</strong>smo è tra coscienza e desiderio (inconscio). In Nietzs<strong>che</strong>, <strong>per</strong> parte sua,troviamo da una parte la volontà <strong>di</strong> potenza e dall'altra la rappresentazione (il modo<strong>di</strong> pensare e <strong>di</strong> rappresentare la realtà, con<strong>di</strong>zionato dalla mental<strong>it</strong>à prevalenteimposta dalla classe al potere come an<strong>che</strong> dalla logica <strong>della</strong> metafisica classica e <strong>della</strong><strong>di</strong>alettica) <strong>che</strong> mas<strong>che</strong>ra i prodotti <strong>della</strong> volontà <strong>di</strong> potenza.Mettendo insieme i concetti <strong>di</strong> Nietzs<strong>che</strong>, Marx e Freud troviamo quin<strong>di</strong>, da unlato, la volontà <strong>di</strong> potenza, la produzione economica e il desiderio inconsciochiamati da Deleuze e Guattari "macchina desiderante"; dall'altro lato troviamola rappresentazione, l'ideologia e la coscienza, cioè quell'insieme <strong>di</strong> impe<strong>di</strong>menti<strong>che</strong> ostacolano la macchina desiderante. Secondo i due autori la macchinadesiderante è cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>a da istinti <strong>che</strong> trovano origine non nella fami<strong>gli</strong>a, comevoleva Freud (da qui il t<strong>it</strong>olo "Anti-E<strong>di</strong>po"), bensì nella società. È quin<strong>di</strong> nella184


185società <strong>che</strong> bisogna cercare il fondamento <strong>della</strong> macchina desiderante, nonnell'ego cosciente o nevrotico (nel conscio o nell'inconscio in<strong>di</strong>viduale) manell'inconscio collettivo schizofrenico. Pertanto alla psicanalisi, <strong>che</strong> privilegia lasfera dell'ego e delle nevrosi in<strong>di</strong>viduali, va sost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>a la "schizoanalisi", in quantola schizofrenia è r<strong>it</strong>enuta la caratteristica essenziale <strong>della</strong> macchina desiderante, valea <strong>di</strong>re <strong>di</strong> quell'insieme <strong>di</strong> istinti complessivamente originati sia dalla volontà <strong>di</strong>potenza, sia dalla frenesia <strong>della</strong> produzione economica, <strong>che</strong> dall'inconscio. Alconcetto <strong>di</strong> schizofrenico e <strong>di</strong> inconscio collettivo i due autori associano ilconcetto <strong>di</strong> "corpo senza organi" e <strong>di</strong> "pensiero nomade", <strong>che</strong> stanno ad in<strong>di</strong>careil carattere im<strong>per</strong>sonale <strong>della</strong> macchina desiderante, la quale o<strong>per</strong>a in un mondo <strong>che</strong>appare come un caos in incessante movimento (come i noma<strong>di</strong>). Viene rilevata lacontrapposizione tra pensiero sistematico e pensiero libero, tra pensiero dogmatico epensiero nomade, tra Occidente ed Oriente, <strong>per</strong> valorizzare il pensiero nomade,errabondo e libero, <strong>che</strong> si contrappone alla <strong>storia</strong>, al pensiero sistematico edogmatico, <strong>per</strong> il suo carattere a<strong>per</strong>to, circolare, caotico, senza inizio né fine(viene ripreso, ancora, l'eterno r<strong>it</strong>orno e la danza <strong>di</strong>onisiaca <strong>di</strong> Nietzs<strong>che</strong>).In segu<strong>it</strong>o, nel libro "Che cos'è la <strong>filosofia</strong>?", Deleuze e Guattari rivedono la lorotematica del caos e del pensiero nomade senza inizio e senza fine. Non esaltanopiù il caos ma guardano a quelle attiv<strong>it</strong>à umane <strong>che</strong> cercano <strong>di</strong> realizzare unpoco <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne <strong>per</strong> <strong>di</strong>fenderci dal caos. Sono le attiv<strong>it</strong>à tram<strong>it</strong>e cui ci formiamodelle opinioni, <strong>che</strong> funzionano come una sorta <strong>di</strong> ombrello <strong>che</strong> ci protegge dal caos.Tra queste si <strong>di</strong>stinguono l'arte, la scienza e la <strong>filosofia</strong>, le quali tracciano dei pianiintersecanti sul caos, lo attraversano <strong>per</strong> cercare <strong>di</strong> vincerlo (da cui il t<strong>it</strong>olo del libro"Mille piani"). L'arte, <strong>per</strong> esempio, r<strong>it</strong>rae un pezzo <strong>di</strong> caos in un quadro <strong>per</strong> formareun caos composto, <strong>che</strong> cioè <strong>di</strong>viene sensibile e <strong>di</strong> cui si può co<strong>gli</strong>ere una qual<strong>che</strong>varietà. La scienza racchiude un pezzo <strong>di</strong> caos in un sistema <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>nate e forma uncaos rifer<strong>it</strong>o (dotato <strong>di</strong> riferimenti scientifici), da cui ricava una funzione, sia puraleatoria, e delle variabili. La <strong>filosofia</strong> produce invece variazioni concettuali, nelsenso <strong>che</strong> lotta contro il caos quale abisso in<strong>di</strong>fferenziato <strong>di</strong> <strong>di</strong>ssomi<strong>gli</strong>anze e produceconcetti. Il concetto rinvia infatti ad un caos reso consistente, <strong>di</strong>venuto pensiero.Il pensiero rimane nomade, ma <strong>gli</strong> "accampamenti" volta a volta stabil<strong>it</strong>i tram<strong>it</strong>e la<strong>filosofia</strong>, la scienza e l'arte sembrano <strong>per</strong>mettere una più lunga <strong>per</strong>manenza nelterr<strong>it</strong>orio scelto (attenuano il noma<strong>di</strong>smo).185


IL PENSIERO EBRAICO DEL NOVECENTO: IL PRIMATO DELL’ETICA E LA“FILOSOFIA DEL DIALOGO”.186Nel Novecento avviene una particolare forma <strong>di</strong> incontro tra ebraismo e<strong>filosofia</strong>, tant'è <strong>che</strong> si parla <strong>di</strong> pensiero ebraico, o neoebraico, <strong>che</strong> trae ispirazionedalla relativa tra<strong>di</strong>zione. Principali esponenti sono Rosenzweig, Buber, Levinas e,a suo modo, Jonas. Un posto a parte occupa Anna Arendt.Al <strong>di</strong> là delle <strong>di</strong>fferenze in<strong>di</strong>viduali e <strong>di</strong> interesse, i comuni tratti <strong>di</strong> fondo <strong>della</strong><strong>filosofia</strong> ebraica novecentesca sono riassumibili:1. nell'affermazione dell'assoluta un<strong>it</strong>à e trascendenza <strong>di</strong> Dio;2. nell'idea <strong>della</strong> contingenza e relativa autonomia del mondo;3. nell'immagine dell'uomo come partner <strong>di</strong> Dio e nella concezione <strong>della</strong> <strong>storia</strong>come intreccio <strong>di</strong> volontà <strong>di</strong>vina e libertà umana.Il primo punto rispecchia il credo monoteistico; il secondo rispecchia il motivobiblico <strong>della</strong> creazione del mondo dal nulla; il terzo rispecchia il tema dell'alleanzatra Dio e l'uomo.La <strong>filosofia</strong> ebraica ha messo in luce soprattutto i temi del <strong>di</strong>alogo e del primatodell'etica (sull'ontologia, sulla gnoseologia, ecc.), richiamando l'attenzione sullostretto legame fra etica e religione, cioè sul fatto <strong>che</strong> l'autentico luogo <strong>di</strong> incontro fral'uomo e l'assoluto è cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o dal prossimo, dove l'assoluto è la faccia velata(nascosta, in<strong>di</strong>visibile) <strong>di</strong> Dio cui ci si può avvicinare tram<strong>it</strong>e l'altruismo <strong>della</strong>condotta umana. Ulteriore tema comune è la polemica contro le preteseonnicomprensive <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong> tra<strong>di</strong>zionale e l'accento sulla concretezza delrapporto "io-tu".Franz Rosenzweig -<strong>di</strong> nazional<strong>it</strong>à ebreo tedesca- (1886-1929).Alla base del suo pensiero sta il rifiuto delle pretese idealisti<strong>che</strong> eonnicomprensive <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong>, ossia la cr<strong>it</strong>ica del concetto, idealisticopanteistico,<strong>di</strong> total<strong>it</strong>à (la realtà concep<strong>it</strong>a come un'unica total<strong>it</strong>à animata da unospir<strong>it</strong>o o principio in essa immnente), <strong>che</strong> ignora il molteplice, l'altro, l'in<strong>di</strong>viduale.Tali pretese, benché <strong>di</strong> fronte alla natura fin<strong>it</strong>a e mortale del singolo, finiscono <strong>per</strong>negare la realtà <strong>della</strong> morte e del tempo. Pur nascendo dal timore <strong>della</strong> morte, la<strong>filosofia</strong> tenta <strong>di</strong> circuire (ingannare) l'uomo me<strong>di</strong>ante l'idea del Tutto poiché, certo,il Tutto non muore ma solo il singolo. Ciò ha spinto la <strong>filosofia</strong> verso l'idealismo,trascurando la realtà concreta dell'in<strong>di</strong>viduo. Sulle orme <strong>di</strong> Kierkegaard,Schopenhauer e Nietzs<strong>che</strong>, e particolarmente influenzato da Heidegger, Rosenzweigpone invece in rilievo la concretezza dell’"essere così" dell'uomo e la sua realtà"in<strong>di</strong>gesta". Però, a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> Heidegger, Rosenzweig non considera l'uomo senzaDio, ma l'uomo immerso in una serie <strong>di</strong> rapporti al cui vertice stanno la comun<strong>it</strong>à, ilmondo e Dio, nella ricerca <strong>di</strong> un nuovo pensiero, alternativo a quello <strong>della</strong> tra<strong>di</strong>zionefilosofica.186


187L'intento basilare del pensiero alternativo proposto da Rosenzweig, dopo aver<strong>di</strong>strutto la nozione <strong>di</strong> total<strong>it</strong>à <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong> del passato, mira all'e<strong>di</strong>ficazione <strong>di</strong>una nuova total<strong>it</strong>à, rispettosa delle esigenze del singolo nella fedeltàall'es<strong>per</strong>ienza, cioè alla concretezza del reale, e nell'unione <strong>di</strong> <strong>filosofia</strong> e teologia.Se il punto <strong>di</strong> partenza del pensiero <strong>di</strong> Rosenzweig coincide con quello esistenzialistanel concepire l'in<strong>di</strong>viduo solo, sofferente e cosciente <strong>della</strong> sua mortal<strong>it</strong>à, e<strong>gli</strong> liberapoi il singolo da questo suo isolamento e <strong>gli</strong> insegna a prendere parte al <strong>di</strong>alogo con<strong>gli</strong> altri elementi <strong>che</strong> cost<strong>it</strong>uiscono la realtà. Sente il bisogno <strong>di</strong> procedere oltre ilim<strong>it</strong>i del concetto empiristico e pos<strong>it</strong>ivistico <strong>di</strong> es<strong>per</strong>ienza <strong>per</strong> co<strong>gli</strong>ere la realtànella molteplic<strong>it</strong>à dei suoi aspetti, compresi Dio e il mondo nel suo complesso.Da qui l'unione <strong>di</strong> <strong>filosofia</strong> e teologia tesa a formare un terzo genere <strong>di</strong> scienza,capace <strong>di</strong> includere le due <strong>di</strong>scipline in un piano più alto, al fine <strong>di</strong> tradurre in umanii problemi teologici e <strong>di</strong> estendere quelli umani fino al teologico.Per sottolineare la sua contrapposizione al vecchio pensiero astratto, Rosenzweigparla altresì <strong>di</strong> una <strong>filosofia</strong> <strong>che</strong> intenda il filosofo come pensatore <strong>della</strong> parola(più <strong>che</strong> delle idee), <strong>che</strong> sappia nutrirsi del colloquio reale con l'altro (colprossimo) e prendere sul serio la con<strong>di</strong>zione fin<strong>it</strong>a e mortale nel tempo sia de<strong>gli</strong>uomini come <strong>della</strong> natura intera. Mentre il pensiero vuole essere senza tempo, vuolestabilire mille collegamenti in un colpo solo, il parlare invece è legato al tempo, nonsa in anticipo dove andrà a parare e lascia <strong>che</strong> siano <strong>gli</strong> altri a dar<strong>gli</strong> lo spunto. Vivesoprattutto <strong>della</strong> v<strong>it</strong>a de<strong>gli</strong> altri, mentre il pensare è sempre sol<strong>it</strong>ario.Il rifiuto <strong>della</strong> concezione idealistica <strong>di</strong> total<strong>it</strong>à consente al pensiero <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare <strong>it</strong>re elementi <strong>di</strong> base <strong>che</strong> da sempre cost<strong>it</strong>uiscono l'es<strong>per</strong>ienza dell'essere (<strong>della</strong>realtà): Dio, il mondo, l'uomo. Sono elementi <strong>che</strong> hanno una natura pre-metafisicapoiché l'es<strong>per</strong>ienza dell'essere è spontanea ed imme<strong>di</strong>ata e precede il pensareme<strong>di</strong>ante concetti determinati (precede la metafisica). Inoltre, nell'es<strong>per</strong>ienzaconcreta questi tre elementi non sono colti isolatamente ma reciprocamenteconnessi. Il legame <strong>che</strong> unisce Dio e il mondo è la creazione; il legame <strong>che</strong> unisceDio e l'uomo è la rivelazione; il legame <strong>che</strong> unisce l'uomo e il mondo è laredenzione.La creazione si concretizza in un <strong>di</strong>re: "E<strong>gli</strong> (Dio) <strong>di</strong>sse e la cosa fu" (fu creata),facendo sì <strong>che</strong> lo sviluppo <strong>della</strong> realtà venga a consistere nell'intreccio delle parole<strong>che</strong> l'hanno creata e segu<strong>it</strong>ano ad animarla. Particolare importanza viene allora adassumere il linguaggio, inteso come la forma stessa <strong>della</strong> relazione fra Dio, il mondoe l'uomo. Alla base <strong>di</strong> ogni relazione, an<strong>che</strong> quelle fra i tre elementi <strong>di</strong> fondodell'es<strong>per</strong>ienza dell'essere, vi è il <strong>di</strong>alogo. I concetti teologici fondamentali(creazione, rivelazione, redenzione) sono concep<strong>it</strong>i da Rosenzweig come vere eproprie categorie (ent<strong>it</strong>à) ontologi<strong>che</strong>, col risultato <strong>di</strong> fare <strong>della</strong> religione(da"religere"= unire in relazione) la struttura e la ver<strong>it</strong>à profonda <strong>della</strong> realtà. Lareligione non è una confessione <strong>di</strong> fede ma in primo luogo è l'articolazionedell'essere (<strong>della</strong> realtà). Dio non ha creato la religione ma il mondo, tuttavia lareligione rappresenta il modo stesso in cui l'essere è, in cui consiste. Prima <strong>di</strong><strong>di</strong>venire fede, la religione coincide con la struttura cosmico-razionale <strong>che</strong> connetteDio, il mondo e l'uomo.187


188Le tre fondamentali ent<strong>it</strong>à ontologi<strong>che</strong> hanno una valenza intrinsecamente temporale.È in virtù <strong>della</strong> creazione <strong>che</strong> il tempo assume il carattere del passato ed è in virtù<strong>della</strong> rivelazione e <strong>della</strong> redenzione <strong>che</strong> assume il carattere del presente e del futuro.L'amore <strong>di</strong> Dio <strong>per</strong> l'uomo implica l'amore verso il prossimo il quale coincide con laredenzione, ossia col regno <strong>di</strong> Dio, vale a <strong>di</strong>re con una nuova un<strong>it</strong>à e total<strong>it</strong>à non piùidealistico-panenteistica. Ciò significa <strong>che</strong> l'un<strong>it</strong>à è un <strong>di</strong>ventare un'un<strong>it</strong>à. L'Assoluto(Dio) necess<strong>it</strong>a del tempo in cui manifestarsi ed esprimersi come creatore, comerivelatore e come redentore-redento. Dio non è soltanto colui <strong>che</strong> re<strong>di</strong>me ma an<strong>che</strong>colui <strong>che</strong> è redento: solo nella redenzione Dio <strong>di</strong>viene ciò <strong>che</strong> ancora non era, ossia ilTutto e l'Uno, <strong>che</strong> assorbe nell'etern<strong>it</strong>à la total<strong>it</strong>à del mondo dapprima s<strong>it</strong>uato neltempo.Affinché la redenzione si compia e si attui l'unione fra il tempo e l'etern<strong>it</strong>à risultain<strong>di</strong>spensabile <strong>che</strong> l'in<strong>di</strong>viduo si collochi in una collettiv<strong>it</strong>à religiosa: è proprioall'interno <strong>della</strong> comun<strong>it</strong>à dei fedeli, ossia nell'amb<strong>it</strong>o <strong>di</strong> una struttura sovra<strong>per</strong>sonale,<strong>che</strong> la ver<strong>it</strong>à si fa strada nella <strong>storia</strong>. Le due religioni <strong>per</strong> eccellenza, <strong>che</strong>esprimono in forma più alta le ver<strong>it</strong>à religiose, sono l'ebraismo e il cristianesimo,considerate da Rosenzweig non alternative ma complementari fra <strong>di</strong> esse. L'ebraismoincarna la v<strong>it</strong>a eterna e la vicinanza <strong>della</strong> comun<strong>it</strong>à a Dio; il cristianesimo incarna lavia eterna, ovvero la missione eterna <strong>che</strong> è il destino dell'uman<strong>it</strong>à.Part<strong>it</strong>o dalla constatazione <strong>della</strong> morte, il "libro" (la narrazione filosofica) <strong>di</strong>Rosenzweig, giunge al "non più libro" <strong>della</strong> v<strong>it</strong>a, ossia all'impegno etico-religiosonei confronti dell'esistente e del prossimo: il vero non è possesso razionale affidato ailibri ma è conquista etica.Martin Buber (Vienna 1878-Gerusalemme 1965).Il pensiero <strong>di</strong> Buber è incentrato sui temi del <strong>di</strong>alogo e <strong>della</strong> relazione. Partedall'idea secondo cui l'uomo non è sostanza, cioè non esiste mai da solo ma è unatrama (un intreccio) <strong>di</strong> rapporti, <strong>di</strong> relazioni. Giunge così ad una forma <strong>di</strong>relazionismo <strong>per</strong>sonalista o <strong>di</strong> <strong>per</strong>sonalismo razionalista (ciò <strong>che</strong> caratterizza la"<strong>per</strong>sona" rispetto all'in<strong>di</strong>viduo è il fatto <strong>di</strong> essere in relazione con <strong>gli</strong> altri). Secondotale prospettiva, Buber intende conciliare da un lato, sulla scia <strong>di</strong> Feuerbach, larelazione dell’"io" con <strong>gli</strong> altri ma chiusa al rapporto io-Dio e, dall'altro lato, sullascia <strong>di</strong> Kierkegaard, la relazione tra il singolo e l'Assoluto (Dio) ma chiusa alrapporto con <strong>gli</strong> altri. Da ciò il suo programma <strong>di</strong> una nuova antropologia dell'uomototale all'interno <strong>di</strong> una valorizzazione religiosa del tema <strong>della</strong> comun<strong>it</strong>à.Buber afferma <strong>che</strong> il mondo è duplice poiché l'uomo può porsi <strong>di</strong>nanzi ad esso indue maniere <strong>di</strong>stinte: nel modo dell'Io-Esso e nel modo dell'Io-Tu. L'Io-Essonon comprende solo le cose ma an<strong>che</strong> <strong>gli</strong> in<strong>di</strong>vidui: coincide con l'es<strong>per</strong>ienza intesacome l'amb<strong>it</strong>o dei rapporti im<strong>per</strong>sonali, strumentali e su<strong>per</strong>ficiali con le altre cose econ <strong>gli</strong> altri in<strong>di</strong>vidui. L'Io-Tu coincide invece con la relazione intesa come l'amb<strong>it</strong>odei rapporti <strong>per</strong>sonali, <strong>di</strong>sinteressati e profon<strong>di</strong> con le cose e con <strong>gli</strong> altri uomini.188


189Questo s<strong>che</strong>ma dualistico (<strong>che</strong> corrisponde in parte a quello <strong>di</strong> Marcel tra essere eavere) presuppone <strong>che</strong> l'Io dell'Io-Esso sia l'in<strong>di</strong>viduo, mentre l'Io dell'Io-Tu sia la<strong>per</strong>sona, qualificata appunto dalla relazione, con la precisazione tuttavia <strong>che</strong> "Nessunuomo è pura <strong>per</strong>sona e nessuno è pura in<strong>di</strong>vidual<strong>it</strong>à. Ognuno vive l'Io dal duplicevolto” (l'uomo non può vivere senza rapporto col prossimo ma neppure può viveresenza un rapporto strumentale col mondo e con <strong>gli</strong> in<strong>di</strong>vidui). L'Io autentico (la<strong>per</strong>sona) si cost<strong>it</strong>uisce unicamente entrando in rapporto con altre <strong>per</strong>sone, inquanto l'Io "si fa Io ho solo nel Tu": l'Io viene dopo la coppia Io-Tu la quale precedela coppia Io-Esso; prima c'è il rapporto soggetto-soggetto e dopo viene il rapportosoggetto-oggetto.Se la realtà autentica è relazione Io-Tu, <strong>per</strong>sonale e <strong>di</strong>sinteressata, allora dovenon c'è relazione ma c'è egoismo non c'è nemmeno realtà. Dire <strong>che</strong> la realtàumana è cost<strong>it</strong>utivamente relazione significa <strong>di</strong>re <strong>che</strong> essa è cost<strong>it</strong>utivamente<strong>di</strong>alogo; la <strong>di</strong>mensione dell'Io-Esso è quella su<strong>per</strong>ficiale del possesso e dell'avere; la<strong>di</strong>mensione Io-Tu è quella profonda del <strong>di</strong>alogo e dell'essere. Il <strong>di</strong>alogo trova la suamanifestazione più alta nel rapporto fra l'Io e Dio. Dio è un Tu eterno <strong>che</strong> nonpuò essere ridotto all'Esso, cioè ad oggetto <strong>di</strong> conoscenza e <strong>di</strong> possesso, comeinvece tanta <strong>filosofia</strong> ha voluto pretendere. Quin<strong>di</strong> il Dio oggetto <strong>di</strong> conoscenza<strong>della</strong> teologia è un falso Dio. Il Dio vero è quello vivente <strong>della</strong> Bibbia, da luiispirata e rivelata; il Dio vero è un Tu con cui si parla, non un Tu <strong>di</strong> cui si parla.Un Dio a cui l'uomo rende testimonianza non con la scienza ma con il suoimpegno a favore del prossimo (a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> Kierkegaard <strong>per</strong> il quale il rapportocon Dio è solo in<strong>di</strong>viduale).Nella nostra civiltà il Tu <strong>di</strong>vino è stato ridotto ad un im<strong>per</strong>sonale Esso, ovveroad un oggetto <strong>che</strong> la mente dell'uomo pretende <strong>di</strong> osservare, <strong>di</strong> conoscere e, indefin<strong>it</strong>iva, <strong>di</strong> possedere; <strong>gli</strong> uomini hanno smesso <strong>di</strong> considerare il Dio come "Altro",come l'assolutamente <strong>di</strong>verso. Questo processo riduttivo <strong>di</strong> Dio si è accompagnatoallo sviluppo soggettivistico <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong> moderna <strong>che</strong>, da Cartesio in poi, è andataprogressivamente <strong>di</strong>ssolvendo l'oggetto nel soggetto: il soggetto, dapprima annessoall'essere (a Dio) <strong>per</strong> prestar<strong>gli</strong> il proprio servizio, ha poi su<strong>per</strong>bamente <strong>di</strong>chiarato <strong>di</strong>essere lui stesso a generare l'essere, la realtà (idealismo). Niente da stupirsi quin<strong>di</strong><strong>che</strong> l'ateismo abbia fin<strong>it</strong>o <strong>per</strong> configurarsi come il tipico prodotto <strong>della</strong> culturamoderna. Contro l'ateismo moderno e contro l'idea nietzschiana <strong>della</strong> morte <strong>di</strong>Dio, Buber propone l'originale concetto dell’"eclissi <strong>di</strong> Dio": Dio non è(defin<strong>it</strong>ivamente) morto ma si è solo (temporaneamente) eclissato, in quanto fra Luie noi si è frapposta la massa opaca dell'Esso, ovvero il nostro ego e la sua pretesa <strong>di</strong>onnipotenza. Tuttavia Buber è fiducioso nel r<strong>it</strong>orno <strong>di</strong> Dio: al <strong>di</strong> là del nostrocontingente accecamento, Dio continua a brillare come sempre. Non è detto <strong>che</strong> nonriappaia presto ed ancora più rinvigor<strong>it</strong>o. L'eclissi <strong>della</strong> luce <strong>di</strong> Dio non è il suoestinguersi e già domani ciò <strong>che</strong> si è frapposto potrebbe r<strong>it</strong>irarsi.Il rifiuto dell'in<strong>di</strong>vidualismo, dell'Io-Esso, non implica tuttavia, in Buber,l'accettazione del collettivismo. "Se l'in<strong>di</strong>vidualismo considera solo una partedell'uomo, il collettivismo considera l'uomo solo come parte". Buber vicontropropone il proprio relazionismo <strong>per</strong>sonalista <strong>che</strong>, insistendo sul rapporto189


190dell'uomo con l'uomo, riesce a salvare sia la <strong>per</strong>sona <strong>che</strong> il rapporto sociale. Sulpiano pol<strong>it</strong>ico il modello è quello del comun<strong>it</strong>arismo, una forma <strong>di</strong> socialismoutopistico contrario al materialismo e al centralismo marxista, sull'esempio deivillaggi collettivi <strong>di</strong> Israele.Emanuel Levinas (1905-1995).Filosofo francese <strong>di</strong> origini l<strong>it</strong>uane, Levinas rivolge i suoi principali interessi ai temidell'alter<strong>it</strong>à (de<strong>gli</strong> altri rispetto a noi) e del prossimo. La sua formazione filosoficaè significativamente influenzata da Husserl e Heidegger, apprezzati <strong>per</strong> taluni aspettie cr<strong>it</strong>icati <strong>per</strong> altri.Della fenomenologia <strong>di</strong> Husserl apprezza la tensione verso il concreto, laconcretezza, mentre cr<strong>it</strong>ica invece la rilevanza attribu<strong>it</strong>a, specie dall'ultimo Husserl,alle essenze e alla trascendental<strong>it</strong>à. Di Heidegger apprezza soprattutto le analisi <strong>di</strong>"Essere e tempo", <strong>che</strong> testimoniano ciò <strong>che</strong> può dare la fenomenologia allorché siapplica allo stu<strong>di</strong>o dell'esistenza concreta dell'uomo e <strong>di</strong> quei suoi mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> essere<strong>che</strong> sono l'angoscia, la cura e l'essere <strong>per</strong> la morte. Apprezza pure la <strong>di</strong>stinzioneheideggeriana tra essere ed ente, <strong>che</strong> definisce come la cosa più profonda graziealla tesi secondo cui l'essere non è una statica presenza bensì un <strong>di</strong>namico appariree accadere. Di Heidegger, <strong>per</strong> contro, cr<strong>it</strong>ica la sua compromissione pol<strong>it</strong>ica colnazismo ma an<strong>che</strong> <strong>gli</strong> es<strong>it</strong>i <strong>della</strong> sua ontologia <strong>che</strong>, allontanandosi dallafenomenologia, finiscono <strong>per</strong> assorbire e subor<strong>di</strong>nare l'esserci (l'uomo) ai giochi(alle manifestazioni) anonimi dell'essere.Levinas avverte la necess<strong>it</strong>à <strong>di</strong> uscire da una concezione astratta e im<strong>per</strong>sonaledell'essere e <strong>di</strong>stingue <strong>per</strong>ciò tra esistenza ed esistente. Per esistenza intendequella in generale, l'essere in generale a prescindere da<strong>gli</strong> esistenti concreti, <strong>che</strong> èquin<strong>di</strong> un indeterminato e opaco "c'è"(in francese "il ya"), c'è un qualcosa.L'esistente coincide invece con il concretizzarsi dell'esistenza in un ente (l'io)capace <strong>di</strong> <strong>di</strong>sporre del proprio essere, definendolo e determinandolo me<strong>di</strong>anteun'o<strong>per</strong>azione chiamata ipostasi (= trasformazione <strong>di</strong> un concetto generale in entereale), <strong>che</strong> collega al concetto <strong>di</strong> istante. Attraverso l’ipostasi l'essere im<strong>per</strong>sonale<strong>per</strong>de il suo carattere anonimo e si definisce concretamente in un ente.Ma l'esistente, secondo Levinas, è destinato a trovare il proprio senso solo conl'Altro e <strong>di</strong> fronte all'Altro, ossia nel rapporto interumano e intersoggettivo <strong>che</strong>, alposto del <strong>di</strong>alogo silenzioso del soggetto con se stesso, preveda l'es<strong>per</strong>ienza <strong>della</strong>"alter<strong>it</strong>à", dell'incontro col prossimo. Levinas presenta quin<strong>di</strong> un <strong>per</strong><strong>corso</strong> <strong>che</strong> vadall'esistenza all'esistente e dall'esistente all'Altro attraverso tre livelli <strong>della</strong>realtà.Ognuno <strong>di</strong> questi livelli sottintende uno specifico rapporto col tempo:1. l'esistenza, l'essere in generale, è propriamente l'assenza del tempo, ossial'etern<strong>it</strong>à intesa come ciclico r<strong>it</strong>orno dell'uguale (nell'etern<strong>it</strong>à passato presentee futuro vengono a coincidere presentandosi uguali a se stessi);190


1912. l'esistente, ossia l'accadere e l'apparire dell'ente in un dato momento, è inveceil presente;3. l'incontro con l'Altro è a<strong>per</strong>tura e <strong>di</strong>sponibil<strong>it</strong>à verso il passato e il futuro,ovverossia cost<strong>it</strong>uisce l'effettivo <strong>di</strong>venire del tempo, poiché in un soggettosolo, <strong>che</strong> è defin<strong>it</strong>ivamente sempre se stesso e quin<strong>di</strong> immutabile, il tempoautentico non può generarsi.Dall'aver posto al centro i problemi dell'alter<strong>it</strong>à e del prossimo deriva l'impostazioneetica del pensiero <strong>di</strong> Levinas, an<strong>che</strong> <strong>per</strong> la trage<strong>di</strong>a da lui sub<strong>it</strong>a nei campi <strong>di</strong>concentramento nazisti.Levinas accusa la <strong>filosofia</strong> tra<strong>di</strong>zionale <strong>di</strong> "im<strong>per</strong>ialismo del Medesimo" e <strong>di</strong>violenza ontologica, <strong>per</strong> aver racchiuso la molteplic<strong>it</strong>à e il <strong>di</strong>verso in una visionetotalizzante ed onnicomprensiva <strong>della</strong> realtà, fondata su <strong>di</strong> un unico e medesimoprincipio <strong>di</strong> fondo (monismo) <strong>che</strong> soffoca ogni forma <strong>di</strong> alter<strong>it</strong>à e trascendenza(<strong>di</strong> <strong>di</strong>stinzione).La <strong>filosofia</strong> occidentale è giu<strong>di</strong>cata <strong>per</strong> lo più un'ontologia <strong>che</strong> riduce l'Altro alMedesimo. I filosofi hanno praticato la <strong>filosofia</strong> in termini <strong>di</strong> riduzione <strong>di</strong> ogni cosaa se stessi, ossia a loro possesso, al loro punto <strong>di</strong> vista. Il concetto <strong>di</strong> essere intesocome total<strong>it</strong>à <strong>che</strong> tutto ricomprende, e in cui ogni cosa è ricompresa ed appiatt<strong>it</strong>a inmodo in<strong>di</strong>stinguibile, riduce alla fin fine l'essere stesso ad un essere generalegenericodel tutto neutro e opaco (il Medesimo), al servizio del soggetto e <strong>della</strong> suapretesa <strong>di</strong> definirlo e lim<strong>it</strong>arlo nei concetti. Manifestazione emblematica <strong>di</strong> questotentativo <strong>di</strong> non riconoscere altra realtà o ver<strong>it</strong>à al <strong>di</strong> fuori <strong>di</strong> sé sono l'ontologiaparmenidea dell'Uno e la dottrina socratica del "conosci te stesso". Ulteriorimanifestazioni sono la <strong>filosofia</strong> <strong>di</strong> Hegel, teorico <strong>di</strong> una total<strong>it</strong>à <strong>che</strong> "inghiotte" <strong>gli</strong>uomini, <strong>gli</strong> Stati, le civiltà e i pensatori all'interno <strong>di</strong> un medesimo Spir<strong>it</strong>o assoluto,nonché la <strong>filosofia</strong> <strong>di</strong> Heidegger poiché subor<strong>di</strong>na l'ente alla struttura im<strong>per</strong>sonaledell'essere. La <strong>filosofia</strong> occidentale si presenta come una prevaricazione dell'esserenei confronti de<strong>gli</strong> enti, cioè come una <strong>filosofia</strong> <strong>di</strong> potenza: io penso equivale a ioposso. Ciò conduce al dominio e alla sopraffazione del prossimo (intolleranza versoil <strong>di</strong>verso), tant'è <strong>che</strong> fin da Eracl<strong>it</strong>o l'essere si rivela al pensiero filosofico comeguerra (la guerra de<strong>gli</strong> opposti).Allora, seguendo Rosenzweig, si tratta <strong>di</strong> uscire da questa funesta concezionetotalizzante <strong>che</strong> appiattisce la varietà <strong>della</strong> realtà, contestando la <strong>filosofia</strong> <strong>di</strong>potenza e l'ontologia <strong>della</strong> guerra <strong>che</strong> da essa scaturiscono. Tale usc<strong>it</strong>a <strong>per</strong> Levinasnon avviene, come in Rosenzweig, a livello teorico o conosc<strong>it</strong>ivo, bensì etico epratico, ossia tram<strong>it</strong>e quel basilare evento <strong>che</strong> è l'incontro con l'Altro, incarnatodal prossimo. Infatti è proprio l'Altro a catapultarci oltre i confini <strong>della</strong> nostraegoistica soggettiv<strong>it</strong>à. Ma come può il Medesimo (la coscienza soggettiva) accostarsialla trascendenza (cioè uscire da se stesso) senza ridurla imme<strong>di</strong>atamente a<strong>di</strong>mmanenza (cioè ridurla a se stesso)?Per Levinas il su<strong>per</strong>amento <strong>della</strong> total<strong>it</strong>à, dell’"im<strong>per</strong>ialismo del Medesimo",non è un'o<strong>per</strong>azione <strong>di</strong> pensiero, il risultato <strong>di</strong> un'elaborazione teorica, <strong>per</strong>ché in talcaso ci troveremmo ancora all'interno dell'egoismo soggettivo <strong>che</strong> considera laconoscenza un proprio possesso, <strong>che</strong> riporta entro <strong>di</strong> sé ciò <strong>che</strong> è <strong>di</strong>verso e si oppone191


192a sé; essa è invece un'es<strong>per</strong>ienza esistenziale <strong>che</strong> si realizza nell'incontro conl'Altro. Il modo in cui si presenta l'altro è il volto. Sua caratteristica fondamentaleè l'autosignificanza: il volto non è un segno (una parola) <strong>che</strong> rinvia ad altro (allacosa in<strong>di</strong>cata), ma è una presenza viva <strong>che</strong> si autopresenta e autoimpone <strong>di</strong> <strong>per</strong>sé, in<strong>di</strong>pendentemente da ogni soggettiva attribuzione <strong>di</strong> senso e dal contestoambientale e sociale (trascendenza dell'Altro, nel senso <strong>di</strong> in<strong>di</strong>pendenza e <strong>di</strong>stinzioneda sé). Il volto appare come l'assolutamente trascendentale in quanto "straniero",<strong>di</strong>stinto ed estraneo a noi; esiste prima <strong>di</strong> ogni nostra iniziativa o potere. L'altro non èposto dell'io (non deriva dalla coscienza soggettiva), anzi è tale da mettere in<strong>di</strong>scussione il nostro stesso potere sul mondo. Il volto dell'altro non accetta <strong>di</strong>essere rinchiuso nella coscienza soggettiva, <strong>di</strong> essere imprigionato entro l'iosoggettivo; non accetta lim<strong>it</strong>i e quin<strong>di</strong> è infin<strong>it</strong>o. È la nuova idea <strong>di</strong> infin<strong>it</strong>o, comeinfin<strong>it</strong>amente altro (<strong>di</strong>stinto) dal soggetto, <strong>che</strong> Levinas contrappone all'idea <strong>di</strong>essere come total<strong>it</strong>à onnicomprensiva e im<strong>per</strong>sonale ed alla sua pretesa <strong>di</strong>eliminare, assorbendole in sé, la molteplic<strong>it</strong>à e varietà del reale el’intersoggettiv<strong>it</strong>à.La trascendenza del volto, <strong>per</strong> il suo porsi al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> ogni total<strong>it</strong>à (principio)immanente, richiama l'infin<strong>it</strong>o o, me<strong>gli</strong>o, è la modal<strong>it</strong>à con cui l'infin<strong>it</strong>o si manifestaall'uomo. Levinas <strong>di</strong>stingue quin<strong>di</strong> fra total<strong>it</strong>à da un lato, <strong>che</strong> corrisponde all'essereimmanente (interno al soggetto e al pensiero) e inglobante (<strong>che</strong> tutto ingloba eassorbe) <strong>della</strong> tra<strong>di</strong>zione ontologica, ed infin<strong>it</strong>o dall’altro, <strong>che</strong> coincide con quellarealtà trascendentale <strong>che</strong> è l'Altro in quanto volto irriducibile ad unica e medesimatotal<strong>it</strong>à, <strong>che</strong> non è totalizzabile. La <strong>filosofia</strong> <strong>per</strong>tanto non è una "egologia", <strong>che</strong>riduce cioè l'esistente all'ego, ad un unico Medesimo, ma è invece una "eterologia",una <strong>di</strong>sciplina rivolta all'altro da se, <strong>che</strong> vede nel rapporto con l'altro la strutturastessa <strong>della</strong> realtà.L'essere (la realtà) si produce come molteplic<strong>it</strong>à me<strong>di</strong>ante separazione tra ilMedesimo (l'ego soggettivo) e l'Altro (l’ego si separa dall’Altro <strong>di</strong>stinguendolo dasé, non lo considera più cosa propria ma si rende <strong>di</strong>sponibile a riconoscerlo erispettarlo). Diviene così società e quin<strong>di</strong> tempo lungo il quale la società si evolve.In tal modo si esce dalla <strong>filosofia</strong> dell'essere immobile parmenideo.Il volto si manifesta originariamente come linguaggio e <strong>di</strong>s<strong>corso</strong> e possiede unaesplic<strong>it</strong>a valenza etica poiché, manifestandosi biblicamente nel povero e nellostraniero, nella vedova e nell'orfano, reca in sé il comandamento "non uccidere eama il prossimo tuo". Per queste sue caratteristi<strong>che</strong> il volto ci coinvolge,rendendoci responsabili nei suoi riguar<strong>di</strong> (nei riguar<strong>di</strong> del prossimo).La mia responsabil<strong>it</strong>à <strong>per</strong> l'altro, verso qualsiasi uomo, implica <strong>che</strong> mi debbasentire responsabile an<strong>che</strong> delle sue responsabil<strong>it</strong>à verso <strong>gli</strong> altri,in<strong>di</strong>pendentemente dal fatto <strong>che</strong> e<strong>gli</strong> lo sia nei miei riguar<strong>di</strong>. Nel momento in cui,essendo in contatto con la <strong>per</strong>sona B, sopraggiunge un terzo, ossia la <strong>per</strong>sona C, nonposso fare a meno <strong>di</strong> chiedermi, pur amando incon<strong>di</strong>zionatamente sia B <strong>che</strong> C, qualesia in realtà il loro rapporto reciproco. Forse B ha derubato C? Forse lo ho offeso ominacciato mortalmente? Quando l'iniziale rapporto duale <strong>di</strong>venta trio il problema sicomplica. Il mondo in effetti non si riduce ad un unico faccia a faccia, ma esiste192


193sempre un terzo <strong>che</strong> è sia il mio prossimo sia il prossimo dell'altro <strong>che</strong> mi è venutoincontro. Ciò significa <strong>che</strong> <strong>di</strong>etro la singolar<strong>it</strong>à <strong>di</strong> due in<strong>di</strong>vidui sta la società nel suocomplesso, la quale implica una correzione <strong>della</strong> asimmetria, dello squilibrio, (Aama incon<strong>di</strong>zionatamente B an<strong>che</strong> se non ricambiato) a favore <strong>della</strong> reciproc<strong>it</strong>à. Apartire dal momento in cui siamo in tre, o <strong>di</strong> più, occorre paragonare egiu<strong>di</strong>care, non basta più il solo amare incon<strong>di</strong>zionatamente. Occorre cioè lagiustizia, uno Stato <strong>che</strong> imponga lim<strong>it</strong>i rigorosi al privilegio <strong>che</strong> abbiamoaccordato al primo venuto. Solo a questo prezzo si può restare fedeli al senso <strong>di</strong>responsabil<strong>it</strong>à totale. Ma la giustizia, essendo eserc<strong>it</strong>ata dalle ist<strong>it</strong>uzioni sociali, devesempre venire controllata.Dunque l'amore e la car<strong>it</strong>à (su cui insiste il cristianesimo) debbono sempreaccompagnarsi alla giustizia (su cui insiste l'ebraismo). Giustizia <strong>che</strong> presupponelo Stato e le sue leggi, <strong>che</strong> a loro volta vanno m<strong>it</strong>igate dalla misericor<strong>di</strong>a econtrollate dall'etica.L'importanza attribu<strong>it</strong>a alla relazione etica con l'Altro, <strong>che</strong> su<strong>per</strong>a la <strong>di</strong>mensioneim<strong>per</strong>sonale ed egocentrica dell'essere in generale <strong>per</strong> procedere, al <strong>di</strong> là dell'essere,verso l'altruismo, spiega l'innovativa tesi <strong>di</strong> Levinas secondo cui la morale non èun ramo <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong> ma è <strong>filosofia</strong> prima, cioè la metafisica stessa. Da ciòl'equivalenza etica= metafisica= religione. L'etica infatti implica non soltanto unriferimento al prossimo ma an<strong>che</strong> a quell'Altro <strong>per</strong> eccellenza <strong>che</strong> è Dio, l'Altroa cui rinvia il volto altrui. In questo senso la religione (da "re-ligo"= legare, unireinsieme) esprime il legame tra il Medesimo e l'Altro, quin<strong>di</strong> è metafisica e an<strong>che</strong>etica.Alla <strong>di</strong>stinzione o<strong>per</strong>ata fra total<strong>it</strong>à e infin<strong>it</strong>o, Levinas fa corrispondere la <strong>di</strong>stinzionefra ontologia e metafisica. La metafisica allude all'incontro con l'Altro, ovvero aquell'evento <strong>per</strong> cui il Medesimo (l'io egocentrico) esce da sé. La metafisica siaccompagna con l'idea dell'infin<strong>it</strong>o, cioè con l'unica idea <strong>che</strong>, secondol'insegnamento <strong>di</strong> Cartesio, implica un'eccedenza del contenuto (l'infin<strong>it</strong>o) rispetto alcontenente (la coscienza) e <strong>che</strong> dunque non può essere generata dal nostro spir<strong>it</strong>o.L'idea dell'infin<strong>it</strong>o infatti non proviene dal fondo del nostro io ma è ricevuta inconcom<strong>it</strong>anza con l'es<strong>per</strong>ienza dell'altro e rappresenta un "pro<strong>di</strong>gio" tale daprovocare uno sconvolgimento all'interno dell'io, sconvolgimento <strong>che</strong> si identificacol desiderio.Levinas <strong>di</strong>stingue tra bisogno e desiderio. Il bisogno esprime una mancanza oprivazione <strong>di</strong> qualcosa da parte del soggetto, mancanza <strong>che</strong> una volta sod<strong>di</strong>sfattaestingue il bisogno. Il desiderio è invece slancio altruistico, continua tensione maisod<strong>di</strong>sfatta verso l'Altro, verso ciò <strong>che</strong> è più dell'essere. Per Levinas <strong>gli</strong> altri nonsono né il mio nemico (come in Hobbes e Hegel), né il mio complemento (come inPlatone) <strong>che</strong> si cost<strong>it</strong>uisce solo <strong>per</strong>ché manca qualcosa alla sussistenza materiale <strong>di</strong>ciascun in<strong>di</strong>viduo. Il desiderio de<strong>gli</strong> altri -la social<strong>it</strong>à- nasce in un essere <strong>che</strong> nonmanca <strong>di</strong> nulla o, me<strong>gli</strong>o, nasce al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> ogni bisogno da appagare: il desiderio sirivela come bontà.Dall'ident<strong>it</strong>à tra metafisica e rapporto con l'Altro consegue, come abbiamo visto,l'ident<strong>it</strong>à tra metafisica ed etica, la quale è vista come lo spazio concreto in cui la193


194metafisica si cost<strong>it</strong>uisce e vive. È soltanto in funzione <strong>della</strong> morale <strong>che</strong> acquistanosenso e significato i concetti fondamentali <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong>. Questa supremaziadell'etica non significa <strong>che</strong> Levinas si ponga come scopo primario <strong>di</strong> delineare unanuova etica, ma soltanto <strong>di</strong> cercarne il senso autentico, i principi primi. In quantometafisica ed infin<strong>it</strong>à, l'etica si identifica allora con Dio e con la religione <strong>che</strong>unisce il Medesimo all'Altro. E ciò proprio in virtù <strong>della</strong> trans-ascendenza umana,cioè del fatto <strong>che</strong> l'io non è un semplice essere nel mondo (Heidegger) ma an<strong>che</strong> unessere <strong>per</strong> l'altro, <strong>per</strong> cui si ha allora l'avvento <strong>di</strong> Dio nell'essere o l'esplosionedell'essere verso Dio. L'Altro non è infatti solo l'altro uomo ma an<strong>che</strong> e soprattuttoDio, cioè l'infin<strong>it</strong>o nella sua assolutezza, l'infin<strong>it</strong>amente altro.Levinas parla <strong>di</strong> Dio con grande cautela e misura, non solo in ottem<strong>per</strong>anzaall'antico comandamento <strong>che</strong> impe<strong>di</strong>sce <strong>di</strong> nominare la <strong>di</strong>vin<strong>it</strong>à invano, ma poichér<strong>it</strong>iene <strong>che</strong> il filosofo debba avvicinarsi al Supremo ev<strong>it</strong>ando <strong>di</strong> ridurlo ad un sa<strong>per</strong>e,ad un possesso cogn<strong>it</strong>ivo <strong>che</strong> lo assimili o inglobi. Dio è, biblicamente, l'in<strong>di</strong>visibile,<strong>che</strong> non può essere ridotto ad oggetto e <strong>che</strong> non può esser afferrato. L'unico luogo <strong>di</strong>incontro tra l'uomo e l'Assoluto (Dio) è cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o dal prossimo. Il movimento <strong>che</strong>conduce verso Dio passa attraverso il movimento <strong>che</strong> conduce verso <strong>gli</strong> altri. Dio miguarda tram<strong>it</strong>e il volto e <strong>gli</strong> occhi dell'altro. Tuttavia, pur essendo supremamentepresente, Dio risulta an<strong>che</strong> supremamente assente, in quanto la traccia <strong>che</strong> e<strong>gli</strong>lascia sul volto altrui non svela tuttavia il suo mistero, anzi mette fuori gioco ognipresunto sa<strong>per</strong>e, sia pur soltanto analogico (cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o da semplici analogie). Solol'es<strong>per</strong>ienza <strong>della</strong> separazione (dell'infin<strong>it</strong>a <strong>di</strong>fferenza) tra uomo e Dio è capace <strong>di</strong>salvaguardare l'infin<strong>it</strong>a <strong>di</strong>stanza del creatore e la libertà <strong>della</strong> creatura: la creaturanon può essere libera se non è <strong>di</strong>stinta dal creatore. Da ciò la polemica contro lereligioni pos<strong>it</strong>ive <strong>per</strong> la loro concezione inadeguato <strong>di</strong> Dio stante la pretesa <strong>di</strong>accostarlo e <strong>di</strong> conoscerlo concettualmente. Per contro, Levinas valorizza l'ateismointeso come momento <strong>di</strong> passaggio <strong>per</strong> una fede autentica, <strong>per</strong> una religione senzam<strong>it</strong>i: Dio non è accessibile a chi non ha mai nutr<strong>it</strong>o il dubbio.L'a<strong>per</strong>tura e la <strong>di</strong>sponibil<strong>it</strong>à verso l'Altro è tensione e spinta inarrestabile, anteriorerispetto allo stesso io (alla coscienza soggettiva), <strong>che</strong> ci sospinge verso quell’"Altro"<strong>che</strong> è trascendenza assoluta, cioè Dio, l'infin<strong>it</strong>o nella sua assolutezza, irriducibile inquanto tale a sa<strong>per</strong>e, a conoscenza. Dio lascia traccia <strong>di</strong> sé solo nello slancio verso ilprossimo ed il prossimo è l'unico modo <strong>per</strong> incontrare Dio.Hans Jonas (1903-1993).Ebreo <strong>di</strong> nasc<strong>it</strong>a, vive in Germania; stu<strong>di</strong>a con Husserl e Heidegger e ha comecompagna <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o Hannah Arendt. Dopo l'avvento del nazismo emigra inInghilterra, poi in Polonia ed infine in Canada e a New York. Di impostazioneprevalentemente laica, nutre interessi poliedrici: si interessa <strong>di</strong> <strong>filosofia</strong>, teologia,<strong>storia</strong> delle religioni, biologia, me<strong>di</strong>cina, tecnologia, ecologia e bioetica.194


195O<strong>per</strong>a principale: Il principio <strong>di</strong> responsabil<strong>it</strong>à. Ricerca <strong>di</strong> un'etica <strong>per</strong> la civiltàtecnologica.Il suo <strong>per</strong><strong>corso</strong> intellettuale può essere <strong>di</strong>viso in tre tappe:1. lo stu<strong>di</strong>o <strong>della</strong> gnosi tardo antica, o gnosticismo, secondo un'analisi esistenziale (lagnosi -II e III secolo d.C.- è una concezione dualistica del mondo <strong>di</strong>vino in cuiconvivono e si contrappongono spir<strong>it</strong>o e materia, anima e corpo, un Dio buono epotenze malvagie; è una forma <strong>di</strong> conoscenza intesa come illuminazione eriservata a pochi iniziati, in cui la fede e le o<strong>per</strong>e non hanno importanza,prevalendo l'aspetto teoretico-conosc<strong>it</strong>ivo);2. l'interesse <strong>per</strong> le scienze naturali nella prospettiva <strong>di</strong> una <strong>filosofia</strong> dell'organismo;3. l'interesse <strong>per</strong> i problemi <strong>di</strong> <strong>filosofia</strong> pratica posti dall'o<strong>di</strong>erna civiltà tecnologica.Nello stu<strong>di</strong>o dello gnosticismo è <strong>di</strong>venuto uno dei massimi es<strong>per</strong>ti mon<strong>di</strong>ali offrendoun originale visione d'insieme. Prima <strong>di</strong> lui lo gnosticismo si presentava come unagglomerato <strong>di</strong> teorie prive <strong>di</strong> un principio esplicativo unificatore. L'original<strong>it</strong>à <strong>di</strong>Jonas, ispirandosi alla nozione heideggeriana <strong>di</strong> "s<strong>it</strong>uazione esistenziale” esviluppando quin<strong>di</strong> una interpretazione esistenzialistica, consiste nel tentativo <strong>di</strong>rintracciare l'essenza stessa dello gnosticismo. Si accorge <strong>che</strong> molti punti <strong>di</strong> vistaheideggeriani <strong>gli</strong> <strong>per</strong>mettevano <strong>di</strong> vedere aspetti del pensiero gnostico dapprima nonavvert<strong>it</strong>i. Per Jonas l'essenza <strong>di</strong> fondo dello gnosticismo è quella <strong>della</strong> "v<strong>it</strong>astraniera", cioè del trovarsi gettati a vivere in un mondo nel quale ci si senteestraniati, "non a casa", sia <strong>per</strong>ché costretti a vivere in un mondo pieno <strong>di</strong> mali sia<strong>per</strong>ché lontani dalla trascendenza, cioè dalla vera origine. Nella letteratura gnosticaquesti temi ricorrono <strong>di</strong> continuo: la v<strong>it</strong>a è stata gettata nel mondo; la luce gettatanelle tenebre; l'anima nel corpo. Essi esprimono la violenza originaria recata nelfarci essere quelli <strong>che</strong> siamo e dove siamo senza possibil<strong>it</strong>à <strong>di</strong> scelta. InizialmenteJonas pensava <strong>di</strong> aver trovato nell'analisi esistenziale <strong>di</strong> Heideggerun'interpretazione ermeneutica universale, capaci <strong>di</strong> fungere da modello esplicativo<strong>di</strong> ogni esistenza umana. Poi si ricrede e vede nell'esistenzialismo non già laspiegazione dei fondamenti universali dell'esistenza ma invece la <strong>filosofia</strong> <strong>di</strong>un'epoca particolare dell'esistenza umana storicamente determinatasi, valendo inaltre epo<strong>che</strong> stori<strong>che</strong> interpretazioni <strong>di</strong>verse: ad esempio il creazionismo ed ilfinalismo teologico me<strong>di</strong>evale; la gnoseologia razionalistica da Cartesio a Kant ol'idealismo. Giunge comunque alla conclusione <strong>che</strong> gnosticismo ed esistenzialismo,pur lontani nel tempo e molto <strong>di</strong>versi, partono da un'analoga es<strong>per</strong>ienza del mondo:entrambi sono caratterizzati da un comune fondamento metafisico <strong>di</strong> tipo nichilistico,an<strong>che</strong> se rispettivamente <strong>di</strong>fferenti. Il nichilismo gnostico è quello dell'uomo <strong>che</strong> sisente gettato in una natura anti<strong>di</strong>vina, antagonista e <strong>per</strong>ciò antiumana (contrasto trail principio del bene e quello del male); il nichilismo moderno è quello dell'uomo <strong>che</strong>si sente gettato in una natura in<strong>di</strong>fferente ma proprio <strong>per</strong> questo esso è assai piùra<strong>di</strong>cale e <strong>di</strong>s<strong>per</strong>ato, rappresenta il vuoto assoluto, l'abisso senza fondo.Riflettendo sul nichilismo <strong>che</strong> ha caratterizzato sia lo gnosticismo antico come ilpensiero moderno (nichilismo=concezione secondo cui niente è certo, non vi sonoconoscenze e valori certi e stabili), Jonas si <strong>per</strong>suade <strong>che</strong> il suo fondamentometafisico nasca in ogni caso dal dualismo, cioè dalla separatezza e contrasto tra195


196uomo e mondo, tra natura e spir<strong>it</strong>o, tra uomo e Dio. Quin<strong>di</strong> il su<strong>per</strong>amento delnichilismo implica il su<strong>per</strong>amento del dualismo.Da ciò il passaggio alla seconda tappa del suo pensiero, caratterizzatadall'interesse <strong>per</strong> la natura, ignorata invece da<strong>gli</strong> interessi teoretici (conosc<strong>it</strong>ivi) estorici <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong>. La linea dominante <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong> tedesca dell'epoca,rappresentata da un lato dal neokantismo (Habermas e Apel) e dall'altro dallafenomenologia e dall'esistenzialismo, lasciava sommersa l'ampia base organica efisiologica su cui poggia il "miracolo" <strong>della</strong> mente. Heidegger ad esempio parlavadell’"esserci" (dell'uomo) come cura <strong>per</strong> sé e <strong>per</strong> <strong>gli</strong> altri, ma non <strong>di</strong>ceva nulla delprimo fondamento fisico <strong>che</strong> impone la cura, ossia la nostra corpore<strong>it</strong>à, tant'è <strong>che</strong>riduce la natura semplicemente a ciò <strong>che</strong> è a <strong>di</strong>sposizione, senza tener conto <strong>che</strong>l'uomo deve anz<strong>it</strong>utto mangiare.Jonas sviluppa quin<strong>di</strong> una <strong>filosofia</strong> <strong>della</strong> realtà organica, una sorta <strong>di</strong> biologiafilosofica, avente come tema centrale l'organismo. Nell'organismo infatti siricompone in un<strong>it</strong>à il dualismo <strong>di</strong> interno ed esterno, <strong>di</strong> soggettiv<strong>it</strong>à ed oggettiv<strong>it</strong>à,<strong>di</strong> coscienza e corpore<strong>it</strong>à, <strong>di</strong> materia e spir<strong>it</strong>o, su<strong>per</strong>ando altresì il tra<strong>di</strong>zionaledualismo cartesiano. Il rifiuto del dualismo non comporta tuttavia l'adesione ad unmonismo (=esiste un unico principio <strong>della</strong> realtà) classico, materialistico o idealistico,giu<strong>di</strong>cati entrambi unilaterali poiché il materialismo assoggetta lo spir<strong>it</strong>o alle leggi<strong>della</strong> materia e l'idealismo risolve la materia nelle leggi dello spir<strong>it</strong>o. Da ciò appuntola sua teoria dell'organismo tesa a salvaguardare sia l'un<strong>it</strong>à materia-spir<strong>it</strong>o <strong>della</strong> realtà,sia l'autonomia delle forme, materiali o spir<strong>it</strong>uali, in cui essa si manifesta.In segu<strong>it</strong>o, con l'evoluzione animale in gra<strong>di</strong> fisici e psichici sempre più elevati sinoa giungere con l'uomo al proprio vertice, cresce an<strong>che</strong> la libertà e con la libertàcompare la <strong>di</strong>mensione etica, terza tappa dello sviluppo del pensiero <strong>di</strong> Jonas.L'etica è intimamente legata alla libertà (col determinismo infatti non ci sarebbe néetica né dover essere: se non vi fosse libertà <strong>di</strong> scelta tra bene e male non vi sarebbemer<strong>it</strong>o o demer<strong>it</strong>o e conseguente responsabil<strong>it</strong>à morale) tuttavia, osserva Jonas, ildover essere (l'etica), pur oltrepassando la con<strong>di</strong>zione dell'essere, si fonda pursempre su quest'ultimo. Diviene quin<strong>di</strong> preoccupazione <strong>di</strong> Jonas <strong>di</strong> fondarel'etica nell'ontologia (l'etica non è autonoma ma è in ogni caso s<strong>it</strong>uata nella realtà),secondo l'idea <strong>che</strong> il dover essere trascende la teoria dell'essere (<strong>della</strong> realtà) ma viresta comunque sempre ra<strong>di</strong>cato. Conformemente all'ispirazione fondamentalmenteteologica del suo pensiero, <strong>per</strong> Jonas solo un'etica <strong>che</strong> non spezzi i suoi legami conla total<strong>it</strong>à dell'essere, e dunque an<strong>che</strong> con Dio, può aver rilevanza. Un'etica nonpiù ancorata all'autor<strong>it</strong>à <strong>di</strong>vina <strong>di</strong>viene prima o poi v<strong>it</strong>tima del soggettivismo e delrelativismo.L'ideale <strong>di</strong> una fondazione ontologica dell'etica ispira altresì la teoria del“principio <strong>di</strong> responsabil<strong>it</strong>à”, <strong>che</strong> caratterizza la <strong>filosofia</strong> pratica cui infineapproda Jonas, non solo in conseguenza <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong> dell'organismo ma an<strong>che</strong>a causa dello shock provocato dalle potenzial<strong>it</strong>à <strong>di</strong>struttive <strong>della</strong> tecnica.La paura <strong>di</strong> un'imminente catastrofe tecnologica nasce dalla constatazione <strong>che</strong> ilsogno <strong>di</strong> un dominio-sfruttamento illim<strong>it</strong>ato del mondo ha prodotto una s<strong>it</strong>uazione incui l'uomo è <strong>di</strong>ventato <strong>per</strong> la natura più <strong>per</strong>icoloso <strong>di</strong> quanto quest'ultima sia mai stata196


197<strong>per</strong> lui. È una minaccia <strong>che</strong> non proviene dal <strong>per</strong>icolo, ev<strong>it</strong>abile, <strong>di</strong> un improvvisoolocausto atomico, quanto piuttosto dall'effetto cumulativo <strong>di</strong> tutta la nostratecnologia praticata ogni giorno an<strong>che</strong> nella sua forma più pacifica.Jonas non cr<strong>it</strong>ica la tecnica in quanto tale, <strong>di</strong>venuta in<strong>di</strong>spensabile alla nostrasopravvivenza, ma l'uso <strong>che</strong> ne viene fatto. È quin<strong>di</strong> necessario elaborare unanuova etica <strong>della</strong> responsabil<strong>it</strong>à, profondamente <strong>di</strong>versa dalle morali tra<strong>di</strong>zionali.Mentre queste ultime si soffermavano esclusivamente sull'uomo, ossia erano <strong>di</strong> tipoantropocentrico e riguardavano soltanto "il qui e ora", cioè la contemporane<strong>it</strong>à, lanuova etica deve porsi il problema de<strong>gli</strong> effetti an<strong>che</strong> a me<strong>di</strong>o e lungo terminedelle nostre azioni e tener conto altresì delle generazioni future e <strong>della</strong>salvaguar<strong>di</strong>a <strong>della</strong> natura. Non possiamo più richiamarci alle consuete eti<strong>che</strong> <strong>della</strong>coscienza o dell'intenzione, ignorando e trascurando le possibili conseguenze deinostri atti. Non basta più essere a posto con la propria coscienza od accontentarsi <strong>di</strong>regole formali <strong>di</strong> tipo evangelico o kantiano (il dovere <strong>per</strong> il dovere). L'attuale civiltàtecnologica impone l'esigenza <strong>di</strong> passare da un'etica antropocentrica ad un'eticaplanetaria e da un'etica <strong>della</strong> prossim<strong>it</strong>à (rivolta alla contemporane<strong>it</strong>à) ad un'eticadei posteri (attenta alle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> sopravvivenza <strong>per</strong> le generazioni future). Alposto del vecchio im<strong>per</strong>ativo categorico kantiano subentra il nuovo im<strong>per</strong>ativodell'età tecnologica: "Agisci in modo <strong>che</strong> le conseguenze delle tue azioni sianocompatibili con la <strong>per</strong>manenza <strong>di</strong> un'autentica v<strong>it</strong>a umana sulla terra". Oppure: "Nonmettere in <strong>per</strong>icolo le con<strong>di</strong>zioni <strong>della</strong> sopravvivenza indefin<strong>it</strong>a dell'uman<strong>it</strong>à sullaterra".Ma <strong>per</strong>ché, si chiede Jonas, dobbiamo sacrificarci <strong>per</strong> le generazioni future <strong>che</strong>siamo destinati a non conoscere mai? Su quale principio filosofico si basal'incon<strong>di</strong>zionato dovere <strong>di</strong> far sì <strong>che</strong> la v<strong>it</strong>a continui indefin<strong>it</strong>amente? Quale <strong>di</strong>r<strong>it</strong>topossono eserc<strong>it</strong>are coloro <strong>che</strong> non sono ancora su coloro <strong>che</strong> ci sono già? Apropos<strong>it</strong>o dei non ancora nati Jonas osserva <strong>che</strong> non si può, a rigore, parlare <strong>di</strong><strong>di</strong>r<strong>it</strong>ti: il <strong>di</strong>r<strong>it</strong>to dell'essere inizia soltanto con l'essere. Perché dunque la v<strong>it</strong>a el'essere sono un bene da salvaguardare e da preferire al non essere? Si puòrispondere a questi interrogativi facendo riferimento ai fondamenti metafisicidell'etica, fa presente Jonas. Si è visto <strong>che</strong> <strong>per</strong> Jonas l'etica è ancorata (e nonin<strong>di</strong>pendente) alla metafisica. Qual è dunque il fondamento metafisico <strong>della</strong>morale?Al riguardo Jonas è in <strong>di</strong>saccordo con quasi tutte le correnti dominanti <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong>del ventesimo secolo: la <strong>filosofia</strong> anal<strong>it</strong>ica, il pos<strong>it</strong>ivismo logico, la <strong>filosofia</strong> dellinguaggio. Queste, in conform<strong>it</strong>à alla legge <strong>di</strong> Hume <strong>per</strong> cui non si può passaredall'essere al dover essere, cioè dalla constatazione dei fatti alla prescrizione deivalori, sono tutte posizioni <strong>che</strong> <strong>di</strong>chiarano filosoficamente accettabili solo queiproblemi <strong>per</strong> i quali ci si può aspettare una risposta empiricamente verificabile. MaJonas si rifiuta <strong>di</strong> piegarsi a questa concezione. In alternativa, e<strong>gli</strong> prosegue, una baseall'etica può essere forn<strong>it</strong>a an<strong>che</strong> da una fede religiosa. Ma poiché la fede non è"<strong>di</strong>sponibile su or<strong>di</strong>nazione" (non può essere un comando), siamo ancora una voltarimandati alla metafisica la quale, essendo una faccenda non <strong>di</strong> fede ma <strong>di</strong> ragione, sipresta al nostro argomentare.197


198Jonas affronta dunque dal punto <strong>di</strong> vista metafisico il tema <strong>di</strong> un possibile"dover essere dell'essere", tale da consentire l'oggettivazione dei valori(l'in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> valori oggettivi e non soggettivi, variabili da in<strong>di</strong>viduo ain<strong>di</strong>viduo nonché nel tempo). E<strong>gli</strong> mostra <strong>che</strong> in natura vi sono de<strong>gli</strong> scopi in sé e<strong>che</strong> la presenza <strong>di</strong> scopi nell'essere (nella realtà) è infin<strong>it</strong>amente su<strong>per</strong>ioreall'assenza <strong>di</strong> scopi. Nella capac<strong>it</strong>à <strong>di</strong> avere scopi possiamo scorgere un bene in sé,la cui su<strong>per</strong>ior<strong>it</strong>à rispetto ad ogni assenza <strong>di</strong> scopo è intu<strong>it</strong>ivamente certa: siamo <strong>di</strong>fronte ad una autoevidenza. L'essere, tendendo verso uno scopo, si autoafferma inmodo sostanziale, si pone come mi<strong>gli</strong>ore rispetto al non essere. In ogni scopol'essere si <strong>di</strong>chiara a favore <strong>di</strong> se stesso e contro il nulla. L'uomo deve far sua questariflessione e imporre a se stesso la negazione del non essere. Alla base delleargomentazioni <strong>di</strong> Jonas sta quin<strong>di</strong> la <strong>per</strong>suasione, più aristotelica <strong>che</strong> moderna,secondo cui nel mondo scopi e valori sono ontologicamente fondati, ossia nonriducibili alle nostre soggettive attribuzione <strong>di</strong> senso. La natura custo<strong>di</strong>sce dei valoriin quanto custo<strong>di</strong>sce de<strong>gli</strong> scopi ed è <strong>per</strong>tanto tutt'altro <strong>che</strong> "avalutativa". Due sono inmer<strong>it</strong>o le premesse <strong>della</strong> tesi <strong>di</strong> Jonas: 1) il riconoscimento <strong>della</strong> strutturateleologica (finalistica) dell'essere, <strong>della</strong> realtà; 2) l'assioma (il postulato) ontologico<strong>della</strong> su<strong>per</strong>ior<strong>it</strong>à dello scopo rispetto all'assenza <strong>di</strong> scopo. Da tali premesse<strong>di</strong>scende <strong>per</strong> l'uomo il dovere <strong>di</strong> far suo il dovere <strong>di</strong> salvaguardare il finalismodell'essere e, in primis, nei confronti <strong>della</strong> conservazione <strong>della</strong> v<strong>it</strong>a.Aristotelicamente Jonas afferma <strong>che</strong> vi è un dovere intrinseco all'essere, ossia unfinalismo interno all'or<strong>di</strong>ne delle cose, il quale fa sì <strong>che</strong> la v<strong>it</strong>a esiga la propriasalvaguar<strong>di</strong>a. Se il bene (o il valore) è concettualmente definibile come quella cosa lacui possibil<strong>it</strong>à include l'esigenza <strong>della</strong> sua attuazione, <strong>di</strong>ventando così un doveressere, deriva <strong>che</strong> il dover essere dell'uman<strong>it</strong>à risulta deducibile dall'idea <strong>di</strong> uomo.Perciò, prima <strong>di</strong> essere responsabili verso <strong>gli</strong> uomini, noi siamo assolutamenteresponsabile verso l'idea <strong>di</strong> uomo, la quale in quanto bene esige la suarealizzazione e in quanto idea riguarda non solo i contemporanei ma an<strong>che</strong> iposteri. Ne consegue <strong>che</strong> il principio primo <strong>della</strong> preservazione dell'uman<strong>it</strong>à non stanell'etica intesa come legge <strong>di</strong> condotta e <strong>di</strong> azione, bensì sulla su<strong>per</strong>iore idea <strong>di</strong>uomo <strong>che</strong>, in quanto idea, poggia sulla metafisica in quanto dottrina dell'essere <strong>di</strong> cuil'idea <strong>di</strong> uomo cost<strong>it</strong>uisce una parte.La cura a salvaguardare, me<strong>di</strong>ante l'azione, il <strong>di</strong>r<strong>it</strong>to alla v<strong>it</strong>a an<strong>che</strong> delle generazionifuture cost<strong>it</strong>uisce il (nuovo) principio <strong>di</strong> responsabil<strong>it</strong>à umana. Essa trova il suoar<strong>che</strong>tipo (prototipo) genetico, ma an<strong>che</strong> gnoseologico in virtù <strong>della</strong> sua evidenzaimme<strong>di</strong>ata, nella responsabil<strong>it</strong>à e nella cura dei gen<strong>it</strong>ori <strong>per</strong> il fi<strong>gli</strong>o. La presenza <strong>di</strong>tale ar<strong>che</strong>tipo confuta, secondo Jonas, uno dei dogmi im<strong>per</strong>anti <strong>della</strong> nostra cultura,ossia l'idea <strong>di</strong> un presunto <strong>di</strong>vario tra essere e dover essere colmabile soltanto da unintervento <strong>di</strong>vino o umano (entrambi poco affidabili, l'uno a causa <strong>della</strong> problematical'esistenza <strong>di</strong> Dio, l'altro a causa <strong>della</strong> mancanza <strong>di</strong> in<strong>di</strong>scussa autor<strong>it</strong>à de<strong>gli</strong> attiumani). La responsabil<strong>it</strong>à dei gen<strong>it</strong>ori rappresenta inoltre il prototipo originario <strong>di</strong>ogni cura <strong>per</strong> <strong>gli</strong> altri e trova la sua generalizzazione nella responsabil<strong>it</strong>à e nella curadell'uomo <strong>di</strong> Stato verso la cosa pubblica.198


199L'emergere <strong>di</strong> questa nuova etica <strong>della</strong> responsabil<strong>it</strong>à esige <strong>che</strong> al posto <strong>di</strong> unambizioso programma verso un para<strong>di</strong>so terrestre venga piuttosto sostenuto unminimalismo programmatico <strong>che</strong>, contro ogni utopia <strong>di</strong> <strong>per</strong>fezione umana,in<strong>di</strong>vidui nella sopravvivenza dell'uman<strong>it</strong>à l'obiettivo primario. L'utopismo <strong>che</strong>ha incarnato i sogni più antichi dell'uman<strong>it</strong>à sembra ora trovare nella tecnica an<strong>che</strong> i"mezzi" <strong>per</strong> tradurli in pratica. Ma nella s<strong>it</strong>uazione presente esso non cost<strong>it</strong>uisce piùuna innocua evasione dall'esistente bensì un potenziale alleato <strong>della</strong> catastrofetecnologica. L'utopismo prometeico dell'Occidente ha storicamente assunto, <strong>per</strong>Jonas, due forme principali: 1) quella baconiana (sa<strong>per</strong>e è potere); 2) quella marxista,<strong>che</strong> unifica finalismo e tecnica, prassi rivoluzionaria e assoggettamento <strong>della</strong> natura,ideale utopico e idea <strong>di</strong> progresso. In particolare, prosegue Jonas, il programmamarxista integra l'originario modello baconiano del dominio <strong>della</strong> natura con quello<strong>della</strong> trasformazione <strong>della</strong> società.Allo stato attuale tre sono i lim<strong>it</strong>i e i <strong>per</strong>icoli in<strong>di</strong>viduabili nell'utopismo:1. l'ideale <strong>di</strong> una ricostruzione del pianeta Terra me<strong>di</strong>ante la tecnologia,<strong>di</strong>menticando <strong>che</strong> l'aggressione tecnica <strong>della</strong> natura ha dei lim<strong>it</strong>i quant<strong>it</strong>ativiben precisi;2. le tentazioni più estreme, quali l'illusorio sogno <strong>di</strong> Bloch <strong>di</strong> un "para<strong>di</strong>so deltempo libero", <strong>che</strong> si fonda sulla falsa ipotesi <strong>di</strong> un regno <strong>della</strong> libertà al <strong>di</strong>fuori <strong>di</strong> quello <strong>della</strong> necess<strong>it</strong>à (<strong>che</strong> non tiene conto delle con<strong>di</strong>zioni lim<strong>it</strong>ate <strong>che</strong>accompagnano necessariamente la natura umana);3. la dottrina secondo cui la <strong>storia</strong> finora svoltasi non avrebbe ancora realizzatol'uomo autentico.Contro questa ideologia del pretendere sempre <strong>di</strong> più, <strong>che</strong> riduce l'uomo del passato asemplice concime <strong>di</strong> quello futuro, Jonas afferma <strong>che</strong> l'uomo autentico, purnell'ambigu<strong>it</strong>à <strong>della</strong> sua natura fin<strong>it</strong>a, <strong>della</strong> sua grandezza e <strong>della</strong> sua miseria, <strong>della</strong>sua felic<strong>it</strong>à e tormento, <strong>della</strong> sua innocenza e colpa, "è già da sempre esist<strong>it</strong>o". Ognis<strong>it</strong>uazione presente dell'uman<strong>it</strong>à cost<strong>it</strong>uisce un fine in se stesso e nulla è semplice prefigurazionedell'autentic<strong>it</strong>à <strong>che</strong> deve ancora venire.Non meno <strong>per</strong>icolosa dell'utopia marxista è quella del cap<strong>it</strong>alismo tecnologico <strong>che</strong>insegue un sempre crescente prof<strong>it</strong>to.Jonas non prende posizione né a favore del sistema cap<strong>it</strong>alistico né <strong>di</strong> quellomarxista, auspicando piuttosto uno sforzo collaborativo <strong>di</strong> tutti nella convinzione <strong>che</strong>,essendo tutti sulla medesima barca, si dovrà pur far qualcosa insieme.Jonas oppone l'elogio <strong>della</strong> cautela contro ogni euforia utopistica, affermando <strong>che</strong>la responsabil<strong>it</strong>à si nutre sì <strong>della</strong> s<strong>per</strong>anza ma an<strong>che</strong> <strong>della</strong> paura, ossia <strong>della</strong>considerazione dei rischi <strong>che</strong> possono derivare da azioni irresponsabili osemplicemente in<strong>di</strong>fferenti ed ignare delle possibili conseguenze. Questavalorizzazione <strong>della</strong> paura conduce Jonas a parlare <strong>di</strong> una euristica (<strong>di</strong> una nuovascienza e ricerca) <strong>della</strong> paura, <strong>per</strong> scoprire i nuovi ed ancora sconosciuti principi etici<strong>che</strong> devono definire i nuovi doveri concreti dell'uomo tecnologico al fine <strong>di</strong> tutelarel'uman<strong>it</strong>à e la natura da scelte irresponsabili. Ma l'in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> questi principi e<strong>di</strong> questi doveri non può scaturire solo dalla testa dei filosofi. Implica un lavorointer<strong>di</strong>sciplinare tra biologi, agronomi, fisici, chimici, geologi, climatologi, ingegneri,199


200urbanisti, ecc. e deve essere sostenuto da una serie <strong>di</strong> interventi pol<strong>it</strong>ici ed economicia livello internazionale. Dalla sola <strong>filosofia</strong> non ci si può attendere la salvezza delmondo. In questa fase <strong>di</strong> emergenza la <strong>filosofia</strong> funge piuttosto da stimolo <strong>per</strong>l'acquisizione <strong>di</strong> una coscienza ecologica mon<strong>di</strong>ale e <strong>per</strong> la responsabilizzazioneetica dell'uman<strong>it</strong>à.Il timore <strong>di</strong> una possibile catastrofe ecologica non conduce tuttavia Jonas versoes<strong>it</strong>i pessimistici, conservando una moderata fiducia nella ragione dell'uomo <strong>per</strong>chéan<strong>che</strong> il dub<strong>it</strong>are <strong>di</strong> essa sarebbe irresponsabile e ci condurrebbe ad una rassegnata ocinica inazione. Pur nella paura <strong>della</strong> catastrofe tecnologica non dobbiamo<strong>di</strong>menticare <strong>che</strong> la tecnica è un'o<strong>per</strong>a <strong>della</strong> libertà umana e <strong>che</strong> il sa<strong>per</strong>e non deve mairinunciare al proprio sviluppo. Insomma, il principio <strong>di</strong> responsabil<strong>it</strong>à <strong>di</strong> Jonasintende mantenersi nel solco del razionalismo occidentale e fungere da sorta <strong>di</strong> terzavia fra l'eccesso <strong>di</strong> s<strong>per</strong>anza e l'eccesso <strong>di</strong> <strong>di</strong>s<strong>per</strong>azione.Da ultimo Jonas si è sempre più occupato <strong>di</strong> tecnologia genetica e <strong>di</strong> conseguentiquestioni bioeti<strong>che</strong>. Sull'eutanasia ha espresso la convinzione <strong>che</strong> il <strong>di</strong>r<strong>it</strong>to(in<strong>di</strong>viduale) <strong>di</strong> vivere include in determinate circostanze an<strong>che</strong> il <strong>di</strong>r<strong>it</strong>to (in<strong>di</strong>viduale)<strong>di</strong> morire (malati gravi terminali). Invece, <strong>per</strong> quanto riguarda la clonazione emanipolazione genetica dell'uomo volta a rimo<strong>della</strong>re la specie secondo un modelloscelto da noi stessi, sostiene <strong>che</strong> noi non siamo autorizzati ad arrogarci un tale ruolo.Non abbiamo il <strong>di</strong>r<strong>it</strong>to <strong>di</strong> intrometterci in quel profondo segreto <strong>che</strong> è l'uomo. Nonsiamo i soggetti <strong>che</strong> possono ri-creare l'uomo <strong>per</strong>ché siamo stati già creati. L'essere(la realtà), come coesistenza pacificata e riunificazione dell'uomo e <strong>della</strong> natura, è insé bene. L'uomo è, in particolare, il custode dell'essere e, come tale, è obbligato aporre dei lim<strong>it</strong>i alla propria azione in nome <strong>della</strong> struttura ontologica (cost<strong>it</strong>utiva) delcreato.Poco tra<strong>di</strong>zionale e singolare è <strong>per</strong>altro la maniera <strong>di</strong> concepire i rapporti Diomondoe Dio-uomo, specie <strong>di</strong> fronte all'olocausto sub<strong>it</strong>o paradossalmente proprio dalpopolo eletto <strong>di</strong> Dio. Noi attribuiamo a Dio il carattere <strong>della</strong> assoluta e illim<strong>it</strong>ataonnipotenza. Ma <strong>di</strong> fronte al male del mondo, <strong>di</strong> fronte ad Auschw<strong>it</strong>z, tale attributodeve venir abbandonato, <strong>per</strong> quanto scandaloso possa apparire tale abbandono. Dionon è intervenuto ad impe<strong>di</strong>re a Auschw<strong>it</strong>z non <strong>per</strong>ché non lo volle ma <strong>per</strong>ché non fuin con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> farlo. Infatti, concedendo all'uomo la libertà, Dio ha rinunciato allasua potenza. Se c'è qualcosa <strong>di</strong> vero nel fatto <strong>che</strong> l'uomo è stato creato ad immagine<strong>di</strong> Dio, e quin<strong>di</strong> parzialmente partecipe altresì <strong>della</strong> ragione e <strong>della</strong> libertà <strong>di</strong>vina, lacreazione fu l'atto <strong>di</strong> assoluta sovran<strong>it</strong>à con cui la <strong>di</strong>vin<strong>it</strong>à ha accettato <strong>di</strong> non esserepiù assoluta ed onnipotente: un'opzione ra<strong>di</strong>cale, un atto <strong>di</strong> autoalienazione <strong>di</strong>vina, atutto vantaggio dell'esistenza <strong>di</strong> un essere fin<strong>it</strong>o, posto in grado tuttavia <strong>di</strong>autodeterminare se stesso. Un pensiero <strong>di</strong> questo tipo contrasta con la visione biblica<strong>di</strong> un Dio-Provvidenza e Jonas ne è programmaticamente consapevole, an<strong>che</strong> se lor<strong>it</strong>iene l'unico possibile <strong>per</strong> mettere d'accordo la bontà e la comprensibil<strong>it</strong>àdell'Assoluto. Tuttavia Jonas riconosce pure <strong>che</strong> ogni teo<strong>di</strong>cea (giustificazionespiegazionedel male nel mondo), ivi compresa la sua, è soltanto un "balbettio".200


201Hannah Arendt (1906-1975).Nasce a Koenigsberg da fami<strong>gli</strong>a ebrea. Tra i suoi maestri vi sono stati Heidegger,Husserl e Jas<strong>per</strong>s. Con l'avvento del nazismo è costretta a fuggire dalla Germania e sirifugia prima in Francia e poi ne<strong>gli</strong> Stati Un<strong>it</strong>i.Come ebrea assume una posizione assolutamente autonoma: non partecipa almovimento ebraico <strong>per</strong> la cost<strong>it</strong>uzione dello Stato <strong>di</strong> Israele, ma neppure sta dallaparte de<strong>gli</strong> ebrei integrati nel mondo borghese o comunista.O<strong>per</strong>e principali: Le origini del total<strong>it</strong>arismo; La v<strong>it</strong>a attiva; La banal<strong>it</strong>à del male.Le origini del total<strong>it</strong>arismo."Le origini del total<strong>it</strong>arismo", pubblicata nel 1951, è l'o<strong>per</strong>a <strong>che</strong> rende famosaHannah Arendt in tutto il mondo.La Arendt in<strong>di</strong>vidua le cause del total<strong>it</strong>arismo nell'antisem<strong>it</strong>ismo da una parte enell'im<strong>per</strong>ialismo dall'altra (im<strong>per</strong>ialismo=l'ambizione de<strong>gli</strong> Stati più potenti aformare vasti im<strong>per</strong>i, sia attraverso la conquista <strong>di</strong> terr<strong>it</strong>ori confinanti sia attraverso laconquista <strong>di</strong> colonie, da cui il termine "colonialismo"). Dalla combinazione <strong>di</strong>antisem<strong>it</strong>ismo e <strong>di</strong> im<strong>per</strong>ialismo, <strong>di</strong>ce la Arendt, è nato il total<strong>it</strong>arismo con carattericomuni sia nella Germania nazista sia nell'Unione Sovietica. Total<strong>it</strong>ario (da cui iltermine <strong>di</strong> "total<strong>it</strong>arismo") è quello Stato <strong>che</strong> vuole governare e regolare "tutto", nonsolo la v<strong>it</strong>a pubblica ma an<strong>che</strong> la stessa v<strong>it</strong>a privata dei c<strong>it</strong>ta<strong>di</strong>ni, regolare cioè an<strong>che</strong>il loro modo <strong>di</strong> pensare e i loro comportamenti; <strong>di</strong> conseguenza lo Stato total<strong>it</strong>ario èquello <strong>che</strong> abolisce la libertà <strong>di</strong> parola, <strong>di</strong> associazione e la libera iniziativa ed azionedei c<strong>it</strong>ta<strong>di</strong>ni.Il total<strong>it</strong>arismo, prosegue la Arendt, è un fatto nuovo del XX secolo, <strong>di</strong>verso da<strong>it</strong>ra<strong>di</strong>zionali regimi <strong>di</strong>spotici, tirannici o <strong>di</strong>ttatoriali. In esso le <strong>di</strong>verse classi sociali<strong>che</strong> compongono la società sono trasformate in una massa in<strong>di</strong>fferenziata <strong>di</strong>in<strong>di</strong>vidui; sono abol<strong>it</strong>i i <strong>di</strong>versi part<strong>it</strong>i pol<strong>it</strong>ici e vengono sost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>i con la <strong>di</strong>ttatura <strong>di</strong>un part<strong>it</strong>o unico e con la cost<strong>it</strong>uzione <strong>di</strong> un potere pol<strong>it</strong>ico centrale <strong>che</strong> non lasciaspazi all'esistenza <strong>di</strong> governi locali (Regioni, Province, Comuni) dotati <strong>di</strong> una certaautonomia. Tutte le decisioni sono prese da un unico centro e <strong>gli</strong> enti locali hannosolo il comp<strong>it</strong>o <strong>di</strong> attuarle ed eseguirle. Gli strumenti con cui si impone lo Statototal<strong>it</strong>ario sono quelli <strong>di</strong> una burocrazia statale onnipotente, <strong>della</strong> polizia segreta e deicampi <strong>di</strong> concentramento, nei quali si rinchiudono ed an<strong>che</strong> si eliminano <strong>gli</strong>oppos<strong>it</strong>ori.I total<strong>it</strong>arismi sorgono quando prevalgono ideologie (mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> pensare) autor<strong>it</strong>ariee, appunto, total<strong>it</strong>arie, come il nazismo, il fascismo, il comunismo, <strong>che</strong> credono lorosoltanto <strong>di</strong> sa<strong>per</strong>e quale debba essere la forma giusta <strong>della</strong> società e quale sia il sensoe il cammino <strong>della</strong> <strong>storia</strong>. Sono ideologie <strong>che</strong> pretendono <strong>di</strong> imporre a tutti, an<strong>che</strong> conla forza e con il terrore, il loro modo <strong>di</strong> considerare la società e l'andamento <strong>della</strong><strong>storia</strong>, <strong>per</strong>ché loro soltanto si r<strong>it</strong>engono in possesso <strong>della</strong> ver<strong>it</strong>à.201


202Ma quali sono, si chiede la Arendt, le con<strong>di</strong>zioni sociali <strong>che</strong> <strong>per</strong>mettonol'affermarsi delle ideologie total<strong>it</strong>arie e dei total<strong>it</strong>arismi? Esse consistononell'avvento <strong>della</strong> società <strong>di</strong> massa. La società <strong>di</strong> massa è quella in cui non ci sonopiù gruppi e associazioni sociali fra <strong>di</strong> loro un<strong>it</strong>i e quin<strong>di</strong> forti (ad esempio leassociazioni <strong>di</strong> conta<strong>di</strong>ni, <strong>di</strong> o<strong>per</strong>ai, <strong>di</strong> professionisti), capaci cioè <strong>di</strong> impe<strong>di</strong>re <strong>che</strong> siformi un governo centrale total<strong>it</strong>ario, in grado <strong>di</strong> sopprimere l'autonomia e la libertà<strong>di</strong> queste associazioni. Nella società <strong>di</strong> massa i singoli in<strong>di</strong>vidui sono tra loro isolati,non sono riun<strong>it</strong>i in gruppi ma anzi, spesso, non si interessano dei problemi pol<strong>it</strong>ici esociali. La Arendt parla in propos<strong>it</strong>o <strong>di</strong> "estraniazione" dei singoli in<strong>di</strong>vidui dalle piùimportanti questioni sociali. Gli in<strong>di</strong>vidui non si occupano più, come si deve, <strong>di</strong>pol<strong>it</strong>ica e così favoriscono l'avvento dei total<strong>it</strong>arismi.La v<strong>it</strong>a attiva.Nell'o<strong>per</strong>a "La v<strong>it</strong>a attiva" (il t<strong>it</strong>olo esatto è "La v<strong>it</strong>a activa"), pubblicata nel 1958, laArendt si propone <strong>di</strong> spiegare quali siano state le cause culturali e sociali <strong>che</strong> hannoportato all'estraniazione, cioè al <strong>di</strong>sinteresse de<strong>gli</strong> in<strong>di</strong>vidui <strong>della</strong> società <strong>di</strong> massa <strong>per</strong>i problemi sociali e pol<strong>it</strong>ici, favorendo l'avvento dei total<strong>it</strong>arismi: se i singoliin<strong>di</strong>vidui non si occupano più <strong>di</strong> pol<strong>it</strong>ica saranno allora i regimi total<strong>it</strong>ari ad occuparsi<strong>di</strong> loro.La v<strong>it</strong>a attiva riguarda l'attiv<strong>it</strong>à umana, "ciò <strong>che</strong> <strong>gli</strong> uomini fanno", e si <strong>di</strong>stinguedalla v<strong>it</strong>a contemplativa, <strong>che</strong> riguarda ciò <strong>che</strong> <strong>gli</strong> uomini pensano, vo<strong>gli</strong>ono egiu<strong>di</strong>cano.Tre sono <strong>per</strong> la Arendt le principali attiv<strong>it</strong>à umane in cui si può sud<strong>di</strong>videre lav<strong>it</strong>a attiva:1. l'attiv<strong>it</strong>à lavorativa (animal laborans), riguardante quelle attiv<strong>it</strong>à umane,simili a quelle de<strong>gli</strong> animali, <strong>che</strong> l'uomo svolge <strong>per</strong> garantire la suasopravvivenza naturale e biologica (mangiare, vestirsi, avere una casa);2. l'attiv<strong>it</strong>à produttiva (homo faber), <strong>che</strong> riguarda tutti i prodotti artificiali <strong>che</strong>l'uomo costruisce <strong>per</strong> mi<strong>gli</strong>orare la propria v<strong>it</strong>a e <strong>che</strong> vanno oltre le naturalinecess<strong>it</strong>à del mangiare, del vestirsi ed avere un rifugio (ad esempio i<strong>di</strong>vertimenti, le macchine, ecc.);3. l'attiv<strong>it</strong>à pol<strong>it</strong>ica (animal publicum), <strong>che</strong> riguarda le regole sociali, del viverein società, <strong>che</strong> l'uomo si dà.La Arendt osserva <strong>che</strong> è stata attribu<strong>it</strong>a una maggiore importanza alla v<strong>it</strong>a pol<strong>it</strong>icasoprattutto nell'antica Roma, mentre, col tramonto dell'im<strong>per</strong>o romano e conl'affermarsi <strong>della</strong> società cristiano-me<strong>di</strong>oevale, rileva <strong>che</strong> la v<strong>it</strong>a attiva si èindebol<strong>it</strong>a ed ha acquistato maggior importanza la v<strong>it</strong>a contemplativa, dalmomento <strong>che</strong> la v<strong>it</strong>a ultraterrena veniva considerata su<strong>per</strong>iore a quella terrena e aquella pol<strong>it</strong>ica e sociale. Ma già fin da Platone ed Aristotele la v<strong>it</strong>a contemplativa,del pensiero e <strong>della</strong> conoscenza pura, venne considerata più importante <strong>della</strong> v<strong>it</strong>aattiva: la teoria fu r<strong>it</strong>enuta su<strong>per</strong>iore alla prassi. Il cristianesimo non fece <strong>che</strong>confermare questa tendenza.202


204Gerusalemme", nel quale amaramente osserva <strong>che</strong> possono fare il male, comeEichmann, an<strong>che</strong> <strong>per</strong>sone <strong>che</strong> non si sentono e non intendono essere malvagie.Eichmann infatti era davvero, <strong>per</strong> il resto, un buon padre <strong>di</strong> fami<strong>gli</strong>a, un burocrateor<strong>di</strong>nato e meticoloso, una <strong>per</strong>sona normale o, si può <strong>di</strong>re, un uomo "banale".Tuttavia an<strong>che</strong> il più normale de<strong>gli</strong> uomini può commettere il male senza renderseneveramente conto, il <strong>che</strong> non cancella la colpa, se sta dentro ad un meccanismopol<strong>it</strong>ico-sociale e ad un regime total<strong>it</strong>ario poliziesco <strong>che</strong> lo spingono ad agire e a fareil male senza pensare e pensarci.Da ciò l'importanza <strong>di</strong> una v<strong>it</strong>a attiva <strong>che</strong> non si lim<strong>it</strong>i passivamente emeccanicamente all'attiv<strong>it</strong>à lavorativa e produttiva, ma <strong>che</strong> partecipi invececonsapevolmente an<strong>che</strong> all'attiv<strong>it</strong>à pol<strong>it</strong>ica. Da ciò, altrettanto, l'importanza<strong>della</strong> v<strong>it</strong>a contemplativa accanto a quella attiva, <strong>per</strong> la necess<strong>it</strong>à <strong>di</strong> non agiremeccanicamente e passivamente, bensì <strong>di</strong> capire e rendersi conto del senso e delsignificato <strong>di</strong> ciò <strong>che</strong> si fa, rifiutandosi quin<strong>di</strong>, an<strong>che</strong> se imposte, <strong>di</strong> compiere azionimalvagie contrarie alla coscienza morale.204


205IL RINNOVAMENTO DELLA TEOLOGIA NEL NOVECENTO.Gli sviluppi <strong>della</strong> società e <strong>della</strong> cultura contemporanea non hanno mancato <strong>di</strong>produrre profonde ri<strong>per</strong>cussioni an<strong>che</strong> in campo religioso. La teologia è stataindotta a confrontarsi con nuovi problemi pol<strong>it</strong>ici, economici, sociali e <strong>di</strong> costume(secolarizzazione, società del benessere e dei consumi) nonché con la realtà semprepiù <strong>di</strong>ffusa dell'ateismo.Sebbene affon<strong>di</strong> le sue ra<strong>di</strong>ci nel razionalismo e nell'illuminismo, l'ateismo filosoficosi è sviluppato soprattutto nell'Ottocento, con i cosiddetti "i maestri del sospetto",vale a <strong>di</strong>re Feuerbach (Dio è una proiezione illusoria dei desideri umani), Marx (lareligione è la falsa coscienza <strong>di</strong> un mondo alienato), Nietzs<strong>che</strong> (Dio è morto e ilmondo ultraterreno è una menzogna), ed altresì con i movimenti filosofici delpos<strong>it</strong>ivismo (la religione è una forma <strong>di</strong> conoscenza pre-scientifica),dell'esistenzialismo, del neoempirismo, del neomarxismo e <strong>della</strong> psicoanalisifreu<strong>di</strong>ana (la religione è una forma <strong>di</strong> nevrosi infantile). Mentre nell'Ottocentol'ateismo era ancora un fatto intellettuale e <strong>di</strong> él<strong>it</strong>e, nel Novecento si estende a fascesempre più vaste <strong>di</strong> <strong>per</strong>sone.I problemi sociali, pol<strong>it</strong>ici ed economici pongono alle Chiese l'esigenza <strong>di</strong>confrontarsi sulla questione sociale, sulle lotte <strong>di</strong> emancipazione dei popoli del Terzomondo, sulla "sfida marxista". L'incontro con questo insieme <strong>di</strong> fenomeni hastimolato da parte dei teologi, soprattutto dell'area protestante ed americana, unampio <strong>di</strong>batt<strong>it</strong>o sul problema <strong>della</strong> secolarizzazione, <strong>della</strong> società del benessere edel comunismo materialista, nella <strong>per</strong>suasione <strong>di</strong> un possibile e necessariorinnovamento <strong>della</strong> teologia contro l'ateismo e contro l'umanesimo immanentistico(<strong>che</strong> nega la trascendenza <strong>di</strong>vina).Entro la fondamentale <strong>di</strong>stinzione fra teologia protestante e teologia cattolica,emergono cosiddette "nuove teologie" <strong>di</strong>stinguibili in sei principali in<strong>di</strong>rizzi:1. le teologie legate alla problematica <strong>della</strong> secolarizzazione, tra cui la teologia<strong>della</strong> morte <strong>di</strong> Dio;2. le teologie legate alle problemati<strong>che</strong> del concilio Vaticano Secondo (1962-1965) e del rinnovamento del pensiero cattolico (K. Rahner);3. le teologie legate alla problematica <strong>della</strong> s<strong>per</strong>anza (Moltmann, Pannemberg);4. le teologie legate alle problemati<strong>che</strong> <strong>della</strong> liberazione e <strong>della</strong> prassi (teologia<strong>della</strong> liberazione, teologia pol<strong>it</strong>ica, teologia nera, teologia femminista, ecc.);5. le teologie legate alle problemati<strong>che</strong> ermeneuti<strong>che</strong> ed epistemologi<strong>che</strong>;6. le teologie legate alle problemati<strong>che</strong> dell'ident<strong>it</strong>à e <strong>della</strong> specific<strong>it</strong>à cristiana(H. V. Balthasar).Mentre i primi cinque in<strong>di</strong>rizzi presentano punti <strong>di</strong> vista in comune e tutti mirano adun confronto con la modernizzazione, il sesto in<strong>di</strong>rizzo è invece caratterizzatodall'intento <strong>di</strong> recu<strong>per</strong>are la tra<strong>di</strong>zione cristiana ponendosi, al lim<strong>it</strong>e, in unaprospettiva antimoderna in reazione a certo "modernismo" de<strong>gli</strong> in<strong>di</strong>rizzi precedenti.205


206La teologia protestante nella prima metà del Novecento.Karl Barth (1886-1968): la "teologia <strong>di</strong>alettica" contro la "teologia liberale".La teologia protestante tedesca dell'Ottocento e del primo Novecento è statodominata dalla "teologia liberale", <strong>che</strong> tendeva a mostrare un sostanziale accordotra cristianesimo e cultura, tra fede e ragione. Ma <strong>gli</strong> sconvolgimenti pol<strong>it</strong>ici delprimo ventennio del XX secolo e l'apparizione <strong>di</strong> nuovi in<strong>di</strong>rizzi filosofici comel'esistenzialismo contribuiscono alla nasc<strong>it</strong>a e allo sviluppo <strong>della</strong> "teologia<strong>di</strong>alettica", <strong>che</strong> ha in Barth il più eminente rappresentante.Rifacendosi a Kierkegaard, <strong>per</strong> il quale esiste "un'infin<strong>it</strong>a <strong>di</strong>fferenza qual<strong>it</strong>ativa" traDio e l'uomo, Barth denuncia tutti i tentativi <strong>di</strong> spiegare la parola <strong>di</strong> Dio con l'umanaragione, ribadendo <strong>che</strong> tra uomo e Dio vi è non solo infin<strong>it</strong>a <strong>di</strong>stanza maad<strong>di</strong>r<strong>it</strong>tura opposizione sostanziale (teologia <strong>di</strong>alettica). Ogni tentativo <strong>di</strong>comprendere Dio razionalmente è un'ingiuria alla trascendenza assoluta <strong>di</strong> Dio, <strong>che</strong> è"il totalmente Altro". La fede non si appoggia sulla forza <strong>della</strong> ragione; essa èpiuttosto il miracolo dell'intervento verticale <strong>di</strong> Dio nella v<strong>it</strong>a dell'uomo; èl'inserzione dell'etern<strong>it</strong>à nel tempo, la rivelazione e la grazia salvifica e, quin<strong>di</strong>,l’"irragionevole" sottomissione e abbandono dell'uomo a Dio.Contro la teoria cattolica dell’"analogia entis" (fra l'ente uomo e Dio vi sono parzialisomi<strong>gli</strong>anze), cioè contro l'idea <strong>che</strong> sia possibile spiegare razionalmente qualcosa <strong>di</strong>Dio, <strong>della</strong> sua esistenza e dei suoi attributi partendo dall'essere delle creature, Barthoppone la teoria dell’"analogia fidei", secondo cui la nostra conoscenza <strong>di</strong> Dio èdovuta tutta ed ed esclusivamente alla rivelazione <strong>di</strong> Dio, allorquando la grazia <strong>della</strong>rivelazione <strong>di</strong>vina ci raggiunge.Rispetto a tale concezione il teologo Emil Brunner cerca <strong>per</strong>altro <strong>di</strong> conciliarel'analogia entis e l'analogia fidei, altrimenti la rivelazione sarebbe qualcosa del tuttoincomprensibile alla ragione.Rudolf Bultmann (1884-1976) e la "dem<strong>it</strong>izzazione".Nel contesto del pensiero contemporaneo, Bultmann sente l'esigenza <strong>di</strong> dem<strong>it</strong>izzare eaggiornare l'interpretazione del Vangelo, ossia <strong>di</strong> aggiornare l'immagine <strong>che</strong> lacomun<strong>it</strong>à cristiana prim<strong>it</strong>iva si era fatta <strong>di</strong> Gesù, basata principalmente sul m<strong>it</strong>o,intendendo <strong>per</strong> m<strong>it</strong>o la descrizione <strong>della</strong> trascendenza sotto veste mondana, ossia lanarrazione delle cose <strong>di</strong>vine come se si trattasse <strong>di</strong> cose umane.Per Bultmann la raffigurazione dell'universo da parte del cristianesimo prim<strong>it</strong>ivoè m<strong>it</strong>ica: la Terra è al centro, sopra <strong>di</strong> essa vi è il cielo e sotto <strong>gli</strong> inferi. Sulla Terra sicombattono le potenze sovrannaturali <strong>di</strong> Dio e dei suoi angeli e dei demoni.Bultmann, <strong>di</strong>stinguendo tra contenuto essenziale del Vangelo e forma espressivaassunta, afferma <strong>che</strong> la pre<strong>di</strong>cazione cristiana non può pretendere dall'uomomoderno <strong>che</strong> riconosca come valida un'immagine m<strong>it</strong>ica del mondo. Perciò206


207occorre dem<strong>it</strong>izzare, cioè scoprire il significato più profondo del Vangelo e delcristianesimo celato sotto le concezioni m<strong>it</strong>ologi<strong>che</strong>. Nel m<strong>it</strong>o l'uomo viene posto <strong>di</strong>fronte all'es<strong>per</strong>ienza <strong>della</strong> sua incapac<strong>it</strong>à <strong>di</strong> dominare il mondo e <strong>di</strong> comprendere lav<strong>it</strong>a, così come viene indotto a riconoscere <strong>che</strong> il mondo e la v<strong>it</strong>a hanno il loro ilfondamento ultimo in una ent<strong>it</strong>à trascendente. Ma il pensiero moderno, ed inparticolare l'esistenzialismo, considera l'esistenza dell'uomo come un modo <strong>di</strong> esserecompletamente <strong>di</strong>verso dalle altre cose e riconosce la storic<strong>it</strong>à dell'esistenza in quantoessa si realizza nel tempo attraverso scelte o decisioni responsabili. Allora <strong>per</strong>Bultmann si tratta <strong>di</strong> essere preparati a sce<strong>gli</strong>ere e a ricevere la parola <strong>di</strong> Dio e la suagrazia. La parola <strong>della</strong> salvezza <strong>di</strong>vina può raggiungere l'uomo <strong>per</strong>ché e<strong>gli</strong> ha unapre-comprensione <strong>della</strong> propria esistenza <strong>che</strong> lo apre alla fede e lo pre<strong>di</strong>spone adecidere <strong>per</strong> essa, a decidere cioè <strong>per</strong> il suo abbandonarsi a Dio e <strong>per</strong> l'inserzionedell'etern<strong>it</strong>à nel tempo.La teologia cattolica nella prima metà del Novecento.In ver<strong>it</strong>à non ha prodotto o<strong>per</strong>e originali o <strong>di</strong> rottura similmente all'areaprotestante. Le maggiori nov<strong>it</strong>à provengono dalla <strong>filosofia</strong>, con il neotomismo, oneoscolastica, e col <strong>per</strong>sonalismo, <strong>di</strong> cui si tratterà in segu<strong>it</strong>o.Al confine tra scienza, <strong>filosofia</strong> e teologia si colloca Teilhard de Char<strong>di</strong>n (1881-1955). E<strong>gli</strong> vive un contrasto interiore: come scienziato è <strong>per</strong>suaso <strong>della</strong> vali<strong>di</strong>tàdell'evoluzione; come credente è convinto dell'esistenza <strong>di</strong> Dio e <strong>della</strong> final<strong>it</strong>àtrascendente del cosmo. Di conseguenza il suo sforzo è stato quello <strong>di</strong> armonizzarescienza e fede.Per Teilhard l'evoluzione non riguarda solo la biologia ma l'intera strutturadell'universo, dalla materia allo spir<strong>it</strong>o, dai cieli all'uomo. L'evoluzione si è sviluppatasecondo momenti successivi:1. da una materia prim<strong>it</strong>iva omogenea (defin<strong>it</strong>a "la stoffa dell'universo") si sonoformati <strong>gli</strong> astri, il Sistema solare e la Terra;2. la Terra, attraverso un processo ascensivo da<strong>gli</strong> atomi alle molecole, alleproteine, ai virus, ai batteri, alle cellule e alle prime forme viventi, è <strong>per</strong>venutaalla "biosfera";3. la biosfera si è sviluppata in infin<strong>it</strong>e <strong>di</strong>rezioni, producendo forme <strong>di</strong>organizzazione sempre più articolate e complesse: le piante, <strong>gli</strong> animali e poil'uomo, cioè la "ominizzazione";4. con l'avvento dell'uomo sulla Terra appare una nuova sfera, la "noosfera" (lasfera <strong>della</strong> coscienza) e l'evoluzione si è configurata come ascesa verso lacoscienza.L'evoluzione tuttavia non è terminata e nei momenti <strong>che</strong> verranno l'uman<strong>it</strong>àprogre<strong>di</strong>rà verso una su<strong>per</strong>-uman<strong>it</strong>à futura, cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>a da in<strong>di</strong>vidui-<strong>per</strong>sone mossi dallasolidarietà e dall'amore e si avrà la "planetizzazione umana". L'evoluzione sfoceràverso il proprio scopo e troverà la sua méta nel "punto Omega", cost<strong>it</strong>uente untraguardo <strong>di</strong> completa spir<strong>it</strong>ualizzazione <strong>che</strong> si identifica con Cristo e con207


208l'incorporazione dell'uman<strong>it</strong>à in lui. È un processo inev<strong>it</strong>abile <strong>per</strong>ché la <strong>per</strong>sona fin<strong>it</strong>a,l'uomo, tende ad andare oltre da sé, verso un qualcuno <strong>che</strong> lo completi. L'uman<strong>it</strong>à èdestinata a fondersi in Cristo, concep<strong>it</strong>o come coscienza e <strong>per</strong>sone infin<strong>it</strong>a <strong>che</strong>include e dà senso a tutte le <strong>per</strong>sone e coscienze fin<strong>it</strong>e (evoluzionismo integrale).La teologia protestante nella seconda metà del Novecento.Paul Tillich: il principio <strong>di</strong> correlazione (1886-1965).È <strong>per</strong>suaso, al pari <strong>di</strong> Barth, <strong>che</strong> la teologia naturale, fondata sulla sola ragione <strong>che</strong>caratterizza la natura umana, non è valida. Nelle prove dell'esistenza <strong>di</strong> Dio si vuolederivare Dio dal mondo, ma se Dio è derivato dal mondo non può essere colui <strong>che</strong> lotrascende infin<strong>it</strong>amente.Influenzato dall'esistenzialismo, il progetto <strong>di</strong> Tillich è quello <strong>di</strong> una teologia in grado<strong>di</strong> rispondere a<strong>gli</strong> inquietanti interrogativi dell'uomo contemporaneo. L'uomo, inquanto essere ed esistenza fin<strong>it</strong>a, è in preda ad una strutturale angoscia <strong>che</strong> solo lafede riesce a trasformare in "coraggio <strong>di</strong> esistere", <strong>di</strong> affrontare la precarietàdell'esistenza. An<strong>che</strong> <strong>per</strong> Tillich la fede è un dono <strong>di</strong> Dio ma, <strong>di</strong>versamente daBarth, non pensa <strong>che</strong> essa sia o<strong>per</strong>a esclusiva <strong>di</strong> Dio. La fede è una sceltaesistenziale dell'uomo alla ricerca <strong>di</strong> un significato autentico dell'esistenza ed è, incorrispondenza, la risposta <strong>di</strong> Dio alla domanda <strong>di</strong> una v<strong>it</strong>a non ambigua. Quin<strong>di</strong> tral'uomo (ontologicamente misero e <strong>di</strong>s<strong>per</strong>ato) <strong>che</strong> chiede e Dio <strong>che</strong> dona c'ècorrelazione e non quell'abisso voluto da Barth.Dietrich Bonhoeffer: il mondo usc<strong>it</strong>o dalla "tutela <strong>di</strong> Dio" (1906-1945).Si propone <strong>di</strong> conciliare un atteggiamento <strong>di</strong> "fedeltà al mondo" con la fede in Dio. Ilproblema <strong>di</strong> fondo è sa<strong>per</strong>e cosa sia oggi veramente <strong>per</strong> noi Cristo e il cristianesimo.La tra<strong>di</strong>zionale interpretazione cristiana rappresenta Dio soprattutto come un tutore oun "tappabuchi", <strong>che</strong> interviene a turare le falle dell'uomo e <strong>che</strong> viene messo da partequando non serve più. Ma oggi noi viviamo ormai in un mondo adulto, <strong>che</strong> non hapiù bisogno <strong>di</strong> ricorrere continuamente all'ipotesi <strong>di</strong> Dio. L'uomo, <strong>di</strong>venutomaggiorenne, si è sottratto alla tutela <strong>di</strong> un Dio Padre onnipotente ed haimparato a fare da sé. Dobbiamo imparare a vivere nel mondo come se Dio nonci fosse. L'uomo deve ab<strong>it</strong>uarsi a vivere senza la falsa immagine <strong>di</strong> Dio lasciataci inere<strong>di</strong>tà dalla tra<strong>di</strong>zione. Dio, con la morte del Fi<strong>gli</strong>o sulla croce, ha consent<strong>it</strong>o <strong>di</strong>essere scacciato dal mondo. Dio è impotente e debole nel mondo, ma Cristo nonaiuta in virtù <strong>della</strong> sua onnipotenza bensì in virtù <strong>della</strong> sua debolezza esofferenza: qui sta la <strong>di</strong>fferenza determinante rispetto ad ogni altra religione. Ilcristiano incontra il vero Dio partecipando alle sue sofferenze nella v<strong>it</strong>a del mondo.L'autonomia dell'uomo nel mondo deve accompagnarsi nel cristiano all'impegno nel208


209mondo, <strong>per</strong> alleviarne le sofferenze <strong>che</strong> Cristo ha con<strong>di</strong>viso. Il mondo è assunto comeluogo decisivo <strong>della</strong> fede: la Chiesa deve prendere parte alla v<strong>it</strong>a sociale de<strong>gli</strong> uomininon <strong>per</strong> dominarli ma <strong>per</strong> aiutarli e servirli.La teologia <strong>della</strong> secolarizzazione.Intende mostrare come talune esigenze tipi<strong>che</strong> <strong>della</strong> secolarizzazione, qualil'autonomia e la libertà dell'uomo, l'impegno nel mondo, la lotta <strong>per</strong> una societàmi<strong>gli</strong>ore, non siano affatto inconciliabile con il cristianesimo ma anzi trovino inesso un possibile fondamento. Fra i precursori <strong>di</strong> tale teologia, oltre a Bonhoeffer, viè Friederich Gogarten (1887-1967), <strong>che</strong> ha visto nella secolarizzazione un effetto delcristianesimo stesso, il quale, insistendo antipanteisticamente sulla assolutatrascendenza <strong>di</strong> Dio, avrebbe concesso al mondo una sua autonomia, rendendo <strong>gli</strong>in<strong>di</strong>vidui liberi <strong>di</strong> fronte alle cose.Maggior rappresentante è stato l'americano Harvey Cox (nato nel 1929). Lasecolarizzazione, e<strong>gli</strong> <strong>di</strong>ce, è la caratteristica propria <strong>di</strong> una nuova specie <strong>di</strong> comun<strong>it</strong>àumana, la "Tecnopoli", <strong>che</strong> è succeduta alla tribù pol<strong>it</strong>eista e alla c<strong>it</strong>tà, in cui Dioappariva come una parte <strong>della</strong> struttura cosmica. Nella Tecnopoli l'impegno pol<strong>it</strong>icosost<strong>it</strong>uisce la metafisica come linguaggio privilegiato <strong>della</strong> teologia. La Chiesa,nell'età secolare, deve assumere uno stile e un linguaggio secolare e farsi alleata delleazioni <strong>di</strong> Dio nel mondo.La teologia <strong>della</strong> "morte <strong>di</strong> Dio".È una tendenza teologico-filosofica sorta ne<strong>gli</strong> Stati Un<strong>it</strong>i ne<strong>gli</strong> anni Sessanta delNovecento la quale, accettando l'avvenuta secolarizzazione dell'età presente, è giuntaproclamare la "morte <strong>di</strong> Dio", intendendo con questa espressione concetti <strong>di</strong>versi:<strong>che</strong> è venuta meno l'idea tra<strong>di</strong>zionale <strong>di</strong> Dio; <strong>che</strong> il nostro è il tempo dell'assenza odel silenzio <strong>di</strong> Dio; <strong>che</strong> al posto <strong>di</strong> Dio Padre subentra Cristo quale modello <strong>di</strong>impegno morale e sociale nel mondo; <strong>che</strong> Dio non esiste realmente ma idealmente;ecc.Sono brevemente richiamati <strong>di</strong> segu<strong>it</strong>o alcuni esponenti.William Hamilton (nato nel 1924).L'uman<strong>it</strong>à o<strong>di</strong>erna, soprattutto in relazione al terribile e teologicamente irrisolvibileproblema del male, non può fare a meno <strong>di</strong> s<strong>per</strong>imentare l'abbandono o l'assenza <strong>di</strong>Dio. Non resta <strong>che</strong> un umanesimo secolare <strong>che</strong> fa <strong>di</strong> Cristo un semplice richiamoall'impegno nel mondo a favore del prossimo. La teologia non deve lasciarsi sedurredai miraggi dell'al <strong>di</strong> là e il suo comp<strong>it</strong>o è <strong>di</strong> mostrare come il <strong>di</strong>s<strong>corso</strong> religioso nonsia un <strong>di</strong>s<strong>corso</strong> <strong>che</strong> riguar<strong>di</strong> Dio bensì l'uomo e la sua v<strong>it</strong>a quaggiù sulla terra(ateismo umanistico).209


210Thomas J. J. Altizer (nato nel 1927).Rifiuta l'immagine greca <strong>di</strong> un Dio immutabile e impassibile. Dio è un processo <strong>che</strong>va interpretato in modo <strong>di</strong>alettico: il Dio Padre del Vecchio Testamento è la tesi ed èvisto come un lontano signore; il momento dell'ant<strong>it</strong>esi è rappresentatodall'incarnazione, intesa come evento in cui Dio si fa uomo, il sacro si fa profano, latrascendenza si fa immanenza; nella sintesi, sacro e profano, Dio e mondo sarannouna cosa sola: es<strong>it</strong>o apocal<strong>it</strong>tico panteistico.Paul Van Buren (nato nel 1924).Allievo <strong>di</strong> Barth, fa ri<strong>corso</strong> alle categorie (ai concetti) <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong> empirica edanal<strong>it</strong>ica anglo-americana. La <strong>filosofia</strong> <strong>della</strong> nostra epoca secolarizzata è quellaanal<strong>it</strong>ica e l'analisi linguistica. La <strong>filosofia</strong> anal<strong>it</strong>ica ha tracciato una linea <strong>di</strong> confinetra le proposizioni verificabili delle scienze naturali e quelle non verificabili <strong>della</strong>metafisica e <strong>della</strong> religione. Queste ultime proposizioni non sono conosc<strong>it</strong>ive maesprimono solo emozioni. Sono non-sensi dal punto <strong>di</strong> vista cogn<strong>it</strong>ivo <strong>che</strong>riacquistano un senso solo interpretandoli in un'ottica etico-umanistica. Il linguaggiocristiano, <strong>per</strong>tanto, è semplicemente un linguaggio emotivo od esortativo, <strong>che</strong> deveilluminare <strong>gli</strong> uomini circa <strong>gli</strong> atteggiamenti da prendere. La fede cristiana nonconsiste in affermazioni teologi<strong>che</strong> sulla natura ultima delle cose, ma è un certo modo<strong>di</strong> considerare la s<strong>it</strong>uazione umana (ateismo semantico).Successivamente, ado<strong>per</strong>ando "il principio d’uso" secondo i <strong>di</strong>versi contestilinguistici del secondo W<strong>it</strong>tgenstein, Van Buren offre una più aggiornatainterpretazione dell'es<strong>per</strong>ienza e del linguaggio religiosi. Costruisce un modello dellinguaggio umano collocato come su <strong>di</strong> una piattaforma. Al centro <strong>della</strong> piattaformac'è il linguaggio in cui noi ci muoviamo bene, c'è il linguaggio "regolato" <strong>della</strong>scienza e <strong>della</strong> v<strong>it</strong>a quoti<strong>di</strong>ana. Le regole d'uso (del linguaggio) valide al centrovengono poi estese in <strong>per</strong>iferia ed abbiamo le metafore, le analogie, ecc. Possiamoan<strong>che</strong> tentare <strong>di</strong> allontanarci ulteriormente dalla <strong>per</strong>iferia e allora rischiamo <strong>di</strong> caderenel non senso: ci è possibile <strong>di</strong>re <strong>che</strong> "un calcolatore pensa", ma possiamo <strong>di</strong>re <strong>che</strong> "ilcalcolatore ci ama"? Altrettanto, se è possibile <strong>di</strong>re <strong>che</strong> "la c<strong>it</strong>tà cresce", ha senso <strong>di</strong>re<strong>che</strong> "una pietra cresce"? Tuttavia, oltre a<strong>gli</strong> uomini <strong>che</strong> hanno deciso <strong>di</strong> vivere alcentro <strong>della</strong> piattaforma, ve ne sono altri <strong>per</strong> cui tale v<strong>it</strong>a è insopportabile e si sentonoinvece attratti dalle "frontiere" del linguaggio, <strong>per</strong>suasi <strong>che</strong> più ampio è lo spettro dellinguaggio <strong>che</strong> si adotta più ricco è il mondo in cui ci si trova. Di conseguenza amanoi paradossi e rompono con <strong>gli</strong> s<strong>che</strong>mi usuali del linguaggio. Ebbene, proprio allefrontiera del linguaggio vive e palp<strong>it</strong>a il <strong>di</strong>s<strong>corso</strong> religioso, <strong>che</strong> in esse ha un sensoe non al centro. Quando <strong>di</strong>ciamo <strong>che</strong> "Gesù morì sotto Ponzio Pilato" ci muoviamo alcentro <strong>della</strong> piattaforma; quando <strong>di</strong>ciamo <strong>che</strong> "Gesù è morto <strong>per</strong> la nostra salvezza"siamo alla <strong>per</strong>iferia; ma allorché <strong>gli</strong> evangelisti ci <strong>di</strong>cono <strong>che</strong> "Gesù è risorto dallamorte" allora siamo all'ultima frontiera. Qui inciampiamo nel non-senso e a questopunto il cristiano deve abbandonarsi alla fede, deve rischiare il non-senso se210


211vuole <strong>che</strong> la v<strong>it</strong>a sappia <strong>di</strong> qualcosa. La fede spezza il grigiore <strong>di</strong> un mondo <strong>di</strong>"fatti" tutti uguali e custo<strong>di</strong>sce il senso del mistero.Noi ve<strong>di</strong>amo <strong>che</strong> il cosmo è <strong>di</strong>ventato un caos in cui la Terra non sopporterà piùuna v<strong>it</strong>a vissuta tanto stupidamente come insistiamo a fare oggi. L'uman<strong>it</strong>à non èent<strong>it</strong>à assoluta: può scomparire tutta. È in questa s<strong>it</strong>uazione <strong>che</strong> la teologia deve<strong>di</strong>re parole <strong>di</strong> liberazione <strong>di</strong> s<strong>per</strong>anza <strong>che</strong>, pur solidarizzando con la liberazione<strong>della</strong> donna, con quella dei negri o quella de<strong>gli</strong> oppressi, <strong>di</strong>ano alla v<strong>it</strong>a un sensoancora più profondo. In questo modo la teo-logia sarà "servizio <strong>della</strong> parola <strong>di</strong> Dio".Ma poiché il teologo è incapace <strong>di</strong> parlare <strong>di</strong> ciò <strong>che</strong> è totalmente trascendente, allorail suo sforzo si trasformerà in "cristologia": si porrà al servizio <strong>della</strong> parola <strong>di</strong> Cristo.Chi ci libererà da questo corpo mortale? Chi potrà dare un senso autenticoall'esistenza umana? Certo non <strong>gli</strong> uomini, non i movimenti <strong>di</strong> liberazione, an<strong>che</strong> se èimpossibile non essere solidali con essi. Ma solo ciò <strong>che</strong> è impossibile ed incoerente,<strong>che</strong> è empiricamente insignificante ed irrilevante ci può liberare: solo il Dio <strong>che</strong> ègrazia.La teologia cattolica nella seconda metà del Novecento.L'avvenimento più importante è stato il concilio Vaticano Secondo, a<strong>per</strong>to dapapa Giovanni XXIII nel 1962 e chiuso da papa Paolo VI nel 1965. Ha segnato unasvolta decisiva nel cattolicesimo internazionale e nel pensiero teologico, il quale haabbandonato il tra<strong>di</strong>zionale atteggiamento <strong>di</strong>fensivo tenuto nell'Ottocento e nel primoNovecento, aprendosi ai più importanti problemi del mondo d'oggi ed elaborandonuove prospettive teologi<strong>che</strong>: la giustizia sociale, l'oppressione <strong>di</strong>ttatoriale sui popoli,il progresso, la fami<strong>gli</strong>a, la sessual<strong>it</strong>à, l'educazione, ma an<strong>che</strong> il problema dei rapport<strong>it</strong>ra fede e <strong>filosofia</strong>, fede e scienza, fede e pol<strong>it</strong>ica, nonché il problema del rapporto tracattolici e cristiani non cattolici, tra cattolici ed altre religioni, tra cattolici ed atei.In propos<strong>it</strong>o, tra i principali teologi vanno menzionati Rahner e von Balthasar.Paul Rahner (1904-1984).Gesu<strong>it</strong>a e allievo <strong>di</strong> Heidegger, è il maggior teologo <strong>della</strong> cosiddetta svoltaantropologica <strong>della</strong> teologia cattolica o<strong>di</strong>erna, secondo cui la teologiacontemporanea deve tendere verso Dio partendo dall'uomo e non dal mondo.Sviluppandolo in senso antropologico, si rifà al tomismo. È influenzato an<strong>che</strong> daKant, <strong>per</strong> quanto concerne la ricerca delle con<strong>di</strong>zioni a priori <strong>della</strong> possibil<strong>it</strong>à <strong>della</strong>rivelazione, nonché da Heidegger <strong>per</strong> l’a<strong>per</strong>tura umana verso l'essere e verso Dio, <strong>che</strong>è l'essere <strong>per</strong> eccellenza.Dopo lo scetticismo <strong>di</strong> Hume ed il cr<strong>it</strong>icismo <strong>di</strong> Kant, la teologia non può ev<strong>it</strong>are <strong>di</strong>porsi il problema: come può l'uomo u<strong>di</strong>re Dio? Co<strong>gli</strong>ere la rivelazione? Per Rahnerl'uomo è anz<strong>it</strong>utto spir<strong>it</strong>o poiché è l'unico ente <strong>che</strong> si pone la domanda sul sensodell'essere. Attraverso questa domanda l'uomo si apre all'essere e soprattutto ad211


212ascoltare la voce dell'essere supremo, ad u<strong>di</strong>rne la rivelazione. L'esistenza umanavive una continua tensione verso l'assoluto, verso l'a<strong>per</strong>tura a Dio.Così come Kant cercò le con<strong>di</strong>zioni a priori <strong>che</strong> rendono possibile la scienza, Rahnervuole esplorare le con<strong>di</strong>zioni a priori <strong>che</strong> rendono possibile la teologia e larivelazione. Ponendosi la domanda sul senso assoluto <strong>della</strong> realtà, l'uomo scopre<strong>di</strong> non conoscerlo e tende l'orecchio ad una possibile rivelazione <strong>di</strong>vina <strong>di</strong> talesenso attraverso la teologia. L'uomo è <strong>per</strong> sua essenza "u<strong>di</strong>tore <strong>della</strong> parola". Nellasua fin<strong>it</strong>ezza e<strong>gli</strong> non può inventare la parola <strong>della</strong> sua salvezza ma può ascoltarla,riceverla da Dio e farla propria: è questa la con<strong>di</strong>zione esistenziale a priori <strong>che</strong> rendepossibile la rivelazione; possibile ma non necess<strong>it</strong>ante, in quanto Dio parla tutti an<strong>che</strong>se non tutti lo ascoltano poiché l'uomo è un "ascoltatore libero".Hans Urs von Balthasar (1905-1986).È stato fautore <strong>di</strong> una "teologia in cammino": la rivelazione è evento continuo e<strong>di</strong>nesauribile e nessuna teologia può avere la pretesa <strong>di</strong> definirla una volta <strong>per</strong> tutte.Ogni generazione ha il <strong>di</strong>r<strong>it</strong>to e il dovere <strong>di</strong> ripensare la rivelazione <strong>per</strong> suoconto, in relazione alle specifi<strong>che</strong> con<strong>di</strong>zioni stori<strong>che</strong> in cui si trova. "La ver<strong>it</strong>à <strong>della</strong>v<strong>it</strong>a cristiana, <strong>di</strong>ce Balthasar, è come la manna nel deserto: non la si può mettere daparte e conservarla; oggi è fresca, domani è marcia".Esorta la Chiesa ad uscire dalle mura <strong>che</strong> ha posto fra sé e il mondo, fra sé e lacultura e la scienza, tra i cattolici e <strong>gli</strong> altri cristiani, <strong>per</strong> aprirsi invece alla culturacontemporanea, alle altre religioni e ai non credenti.Guardando la rivelazione, Balthasar si accorge <strong>che</strong> restano da esplorare campisterminati, assumendo un nuovo punto <strong>di</strong> vista. Il passato ci mostra <strong>che</strong> sono statiusati svariati punti <strong>di</strong> vista: l'analogia entis, il principio <strong>di</strong> correlazione, il principioantropologico (<strong>che</strong> Balthasar non con<strong>di</strong>vide). Per lui invece è strumento mi<strong>gli</strong>ore,capace <strong>di</strong> rendere accessibile e cre<strong>di</strong>bile la rivelazione a<strong>gli</strong> uomini dei nostri giorni, ilconcetto trascendentale <strong>di</strong> bellezza. Il modo <strong>di</strong> rivelarsi <strong>di</strong> Dio presenta <strong>gli</strong> stessicaratteri del modo autoevidente e <strong>di</strong>sinteressato <strong>di</strong> rivelarsi <strong>della</strong> bellezza (esteticateologica). Solo nell'es<strong>per</strong>ienza estetica l'oggetto ci appare più da vicino. Dio vieneprimariamente a noi non come maestro (come ver<strong>it</strong>à), non come redentore (comebontà), ma <strong>per</strong> mostrare se stesso, il suo splendore e la sua gloria. È attraverso lacon<strong>di</strong>visione <strong>della</strong> sua bellezza <strong>che</strong> Dio ci comunica an<strong>che</strong> la sua bontà, il suo amore,e ci fa partecipi <strong>della</strong> ver<strong>it</strong>à.La teologia <strong>della</strong> s<strong>per</strong>anza e la teologia pol<strong>it</strong>ica.Se la teologia <strong>della</strong> morte <strong>di</strong> Dio ricorre, con Van Buren, alle categorie tipi<strong>che</strong> <strong>della</strong><strong>filosofia</strong> empiristica ed anal<strong>it</strong>ica, la teologia <strong>della</strong> s<strong>per</strong>anza ricorre alle categorie<strong>della</strong> <strong>filosofia</strong> hegeliano-marxista. Intende cioè rispondere alla sfida marxistanella prospettiva <strong>della</strong> s<strong>per</strong>anza <strong>di</strong> Bloch. La forza <strong>di</strong> un futuro ancora a<strong>per</strong>to alla212


213s<strong>per</strong>anza è r<strong>it</strong>enuta lo strumento ermeneutico (interpretativo) più adatto ad una lettura<strong>della</strong> rivelazione adeguata e comprensibile a<strong>gli</strong> uomini contemporanei.Esponenti principali sono Moltmann (nato nel 1926), protestante; Pannemberg (natonel 1928), protestante; Schillebeeckx (nato nel 1914), cattolico.Pur nelle specifi<strong>che</strong> <strong>di</strong>fferenze, sono accomunati nel sostenere <strong>che</strong> l'essenza più veradel cristianesimo è quella <strong>di</strong> una dottrina <strong>di</strong> s<strong>per</strong>anza nelle realtà ultime. Certamente,nella v<strong>it</strong>a cristiana la prior<strong>it</strong>à spetta alla fede ma il primato va alla s<strong>per</strong>anza. Senza lafede la s<strong>per</strong>anza <strong>di</strong>verrebbe un'utopia ma senza la s<strong>per</strong>anza la fede morirebbe. La federiguarda il futuro; il senso del cristianesimo è l'attesa apocal<strong>it</strong>tica (la fine del mondoterreno). Dio non è visto come qualcosa <strong>di</strong> statico e <strong>di</strong> immobile bensì come "potenzadel futuro". Dio non è l'eterno presente ma la promessa e il futuro dell'uman<strong>it</strong>à. Nelcristianesimo tra<strong>di</strong>zionale il motivo <strong>della</strong> s<strong>per</strong>anza è stato proiettato in un futuroceleste completamente slegato dal duro presente. Invece la tra<strong>di</strong>zionale s<strong>per</strong>anzanell'al<strong>di</strong>là deve essere integrata con la s<strong>per</strong>anza nella trasformazione e nellarinnovamento <strong>della</strong> terra, <strong>per</strong> cui all'atteggiamento <strong>di</strong> attesa passiva deve subentrarela s<strong>per</strong>anza creativa, <strong>che</strong> anticipi oggi ciò <strong>che</strong> sarà domani. Nell'Ottocento la s<strong>per</strong>anzade<strong>gli</strong> uomini era in larga misura fede nel progresso. Con le catastrofi belli<strong>che</strong> e <strong>it</strong>otal<strong>it</strong>arismi del Novecento questa fede è venuta meno ed ha lasciato il posto allasfiducia, al pessimismo e al nichilismo. Comp<strong>it</strong>o dei cristiani è <strong>per</strong>tanto <strong>di</strong>ffondereuna s<strong>per</strong>anza liberatrice, accompagnata da un impegno responsabile nel mondo: lasalvezza non si gioca solo nel futuro ma an<strong>che</strong> nel presente <strong>della</strong> <strong>storia</strong>. Pace con Diosignifica confl<strong>it</strong>to col mondo, combattere contro le ingiustizie, la sofferenza, il maledel mondo.Queste affermazioni fanno comprendere <strong>per</strong>ché la teologia <strong>della</strong> s<strong>per</strong>anza, ad un certopunto, tenda ad assumere le forme <strong>di</strong> una vera e propria teologia pol<strong>it</strong>ica,rappresentata soprattutto da Johannes Metz (nato nel 1928), cattolico, il qualecontesta il cristianesimo intimistico, in<strong>di</strong>vidualistico e astratto <strong>della</strong> tra<strong>di</strong>zione,contrapponendo<strong>gli</strong> la necess<strong>it</strong>à <strong>di</strong> una religione pol<strong>it</strong>icamente efficace sul pianopratico delle strutture sociali. Nel cristianesimo non si da una salvezza privata: Gesùè vissuto in un confl<strong>it</strong>to mortale con i poteri pubblici del suo tempo. Le promesse<strong>della</strong> tra<strong>di</strong>zione biblica <strong>di</strong> libertà, pace e giustizia non sopportano una loroconsiderazione privatistica ma ci mettono incessantemente <strong>di</strong> fronte alla nostraresponsabil<strong>it</strong>à sociale. La Chiesa può e deve eserc<strong>it</strong>are sul mondo una funzione cr<strong>it</strong>icae lanciare proposte costruttive <strong>di</strong>fendendo l'uomo sia contro il total<strong>it</strong>arismo sia control'in<strong>di</strong>vidualismo.La teologia <strong>della</strong> liberazione.Si è particolarmente sviluppata nel mondo latino-americano. Deriva in parte dalleteologie europee <strong>della</strong> s<strong>per</strong>anza e teologia pol<strong>it</strong>ica. R<strong>it</strong>iene <strong>che</strong> il regno annunciato daGesù non sia soltanto una realtà riservata al cielo ma debba trovare un'anticipazionein ogni uomo e nella società, man mano <strong>che</strong> la Terra si "umanizza". Peraltro lateologia <strong>della</strong> liberazione rivela caratteristi<strong>che</strong> irriducibili, estremamente <strong>di</strong>fferenti213


214rispetto a quelle europee, poiché il campo specifico in cui essa o<strong>per</strong>a è la s<strong>it</strong>uazionepeculiare dei popoli latino-americani oppressi e in miseria. Ancora più netta è la<strong>di</strong>stanza dalle teologie nord-americane. Le teologie europee ed americane sonoelaborati in contesti cristiani <strong>di</strong> ric<strong>che</strong>zza; loro fondamentali preoccupazioni sono lasecolarizzazione, il materialismo e il consumismo. Loro interlocutore è l'uomosecolarizzato, il non-credente. La teologia latino-americana <strong>della</strong> liberazione è inveceelaborata in un contesto cristiano <strong>di</strong> miseria e <strong>di</strong> sfruttamento; sua fondamentalepreoccupazione è la giustizia e la liberazione de<strong>gli</strong> oppressi. Suo interlocutore non èil non-credente ma il "non-uomo".Prima <strong>di</strong> essere una proposta teologica è una denuncia cr<strong>it</strong>ica delle con<strong>di</strong>zionipol<strong>it</strong>ico-sociali del Sud America. Ha avuto il maggior sviluppo soprattutto tra il 1965il 1968 e i suoi maggiori esponenti sono stati Segundo Galilea, padre CamilloTorres (<strong>che</strong> parla <strong>di</strong> una teologia <strong>della</strong> rivoluzione antiim<strong>per</strong>ialista) e G. Gutierrez.Due sono le tesi centrali <strong>della</strong> teologia <strong>della</strong> liberazione:1. l'idea <strong>di</strong> una teologia a posteriori, ossia costru<strong>it</strong>a a partire dalla prassi: lateologia è un "atto secondo", un riflettere <strong>che</strong> viene dopo l'azione. La rettaazione precede la retta opinione. Alle inev<strong>it</strong>abili accuse <strong>di</strong> pol<strong>it</strong>icizzazione<strong>della</strong> fede e <strong>di</strong> riduzione <strong>della</strong> fede a prassi, controbatte <strong>che</strong> le liberazionistori<strong>che</strong> non sost<strong>it</strong>uiscono la redenzione e <strong>che</strong> la fede è resa semmai piùautentica nella prassi;2. l'assunzione <strong>della</strong> prospettiva (del punto <strong>di</strong> vista) del povero e la batta<strong>gli</strong>a insuo favore: i cristiani, rifacendosi al senso genuino del Vangelo, debbonocompiere una scelta a favore dei poveri e de<strong>gli</strong> oppressi, ponendo la Chiesa <strong>di</strong>fronte all'inequivocabile bivio <strong>di</strong> farsi complice del potere o patria dei poveri.Sostiene l'esistenza <strong>di</strong> un "peccato sociale", <strong>che</strong> non riguarda solo icomportamenti in<strong>di</strong>viduali ma an<strong>che</strong> le strutture sociali, economi<strong>che</strong>, pol<strong>it</strong>i<strong>che</strong>e culturali ingiuste. La povertà cost<strong>it</strong>uisce un male, uno stato scandaloso,insopportabile <strong>per</strong> ogni cristiano.La teologia nera.È nata verso la fine de<strong>gli</strong> anni ‘60 del Novecento, in connessione con i movimenti <strong>di</strong>Martin Luther King, <strong>di</strong> "Potere nero" e delle "Pantere nere", nell'amb<strong>it</strong>o <strong>della</strong> societàplurirazziale statun<strong>it</strong>ense. Prende le <strong>di</strong>fese dei neri, oppressi dalla colonizzazione edalla schiav<strong>it</strong>ù, e denuncia la "teologia bianca", dominata da egocentrismo.James Cone è fautore <strong>di</strong> una linea dura. Prima si deve attuare l'emancipazione <strong>della</strong>gente nera dall'oppressione bianca e solo dopo si potrà parlare <strong>di</strong> riconciliazione con ibianchi: ora dobbiamo preoccuparci <strong>della</strong> giustizia, non dell'amore.Maior Jones e Deotis Robert sono esponenti <strong>di</strong> una linea più moderata e sonorappresentanti <strong>di</strong> una teologia nera <strong>della</strong> s<strong>per</strong>anza. Il problema non è quello <strong>di</strong>sost<strong>it</strong>uire al segregazionismo bianco il separatismo nero, ma <strong>di</strong> mirare a una comun<strong>it</strong>àoltre il razzismo, <strong>che</strong> includa bianchi e neri.214


215William Jones occupa una posizione a sé. La teologia nera risulta logicamentecontrad<strong>di</strong>ttoria poiché, presentando Dio dalla parte dei neri, urterebbe contro la ver<strong>it</strong>à<strong>della</strong> loro oppressione passata e presente. Pone quin<strong>di</strong> la questione <strong>della</strong> "teo<strong>di</strong>ceanera", cioè <strong>della</strong> giustizia <strong>di</strong> Dio in rapporto ai neri, <strong>che</strong> finora non si è manifestata.Da ciò appunto la contrad<strong>di</strong>zione fra la teoria cristiana <strong>di</strong> un Dio <strong>di</strong> amore e <strong>di</strong>giustizia e l'es<strong>per</strong>ienza storica dell'abbandono dei neri all'oppressione e all'ingiustizia.Le <strong>di</strong>fficoltà <strong>della</strong> teo<strong>di</strong>cea nera possono essere sbloccate o attraverso un umanesimosecolare, non teista, vedendo nell'uomo (e non an<strong>che</strong> in Dio) l'unico autore eresponsabile del male e del bene <strong>della</strong> <strong>storia</strong>; oppure tram<strong>it</strong>e una revisione profondadel teismo (fede in Dio) tra<strong>di</strong>zionale, in grado <strong>di</strong> rinunciare a vedere in Dio "il Dio<strong>della</strong> <strong>storia</strong>" (<strong>che</strong> interviene in essa) poiché, altrimenti, si finirebbe col vedere in Dioun "razzista bianco".La teologia femminista.Si è sviluppata dapprima ne<strong>gli</strong> Stati Un<strong>it</strong>i, in Germania e nel Nord Europa,soprattutto ne<strong>gli</strong> anni tra il 1968 e il 1975.Rosemary Ruether afferma <strong>che</strong> la teologia de<strong>gli</strong> oppressi (le donne) non può esserela stessa teologia de<strong>gli</strong> oppressori. Cr<strong>it</strong>ica ogni tipo <strong>di</strong> teologia fatta da<strong>gli</strong> uomini enell'ottica dei maschi, <strong>che</strong> ha sempre ignorato il punto <strong>di</strong> vista dell’"altra metà"dell'uman<strong>it</strong>à. Questa cr<strong>it</strong>ica coinvolge an<strong>che</strong> la Chiesa.Letty Russel ed Elisabeth Schussler Fiorenza presentano la teologia femminista,similmente alla teologia <strong>della</strong> liberazione, come l'atto secondo <strong>di</strong> un atto primo:dapprima c'è l'azione, <strong>per</strong> sovvertire <strong>gli</strong> attuali rapporti <strong>di</strong> dominio, non solomaschilisti ma an<strong>che</strong> classisti e razzisti; la teologia viene dopo. Il programma siamplia quin<strong>di</strong> in una "teologia ecologica" <strong>della</strong> natura <strong>che</strong>, rifiutando lo s<strong>che</strong>mabaconiano del "potere" dell'uomo sul mondo, tende invece a definire in termini <strong>di</strong>reciproc<strong>it</strong>à, anziché <strong>di</strong> gerarchia, il rapporto uomo-natura.Inoltre, denunciando le interpretazioni maschiliste <strong>della</strong> Bibbia, viene postol'obiettivo <strong>di</strong> "rest<strong>it</strong>uire la Bibbia alle donne e le donne alla Bibbia".La teologia ecumenica <strong>di</strong> Hans Kung (nato nel 1928).Cattolico, è stato accusato <strong>di</strong> posizioni non ortodosse.Nell'intento <strong>di</strong> proporre nuove forme <strong>di</strong> annuncio del messaggio evangelico, cr<strong>it</strong>icacerte impostazioni <strong>della</strong> dottrina cattolica: quella dell'infallibil<strong>it</strong>à pontificia (ilprimato del Papa è <strong>di</strong> tipo pastorale, cioè nel servizio e non nel potere); quella sulproblema cristologico; quella sul problema teologico; quella sul problemaescatologico (dei fini e del senso <strong>della</strong> religione). È convinto sosten<strong>it</strong>ore del <strong>di</strong>alogoecumenico tra le religioni cristiane ed interreligioso.Quella <strong>di</strong> Kung può definirsi una "teologia in cammino", impegnata a segu<strong>it</strong>are ingenerale rinnovamento teologico, sia <strong>di</strong> carattere metodologico sia nel contenuto in215


216senso espressamente ecumenico. La coscienza ecumenica non si esaurisce all'internodel cristianesimo; essa si <strong>di</strong>lata an<strong>che</strong> all'esterno, in una <strong>di</strong>mensione globale.L'ecumenismo deve includere la comunione <strong>di</strong> tutte le gran<strong>di</strong> religioni. Non c'èpace tra i popoli <strong>di</strong> questo mondo senza la pace tra le religioni universali. In questosenso l'ecumenismo assume altresì un valore <strong>di</strong> pol<strong>it</strong>ica mon<strong>di</strong>ale.Quattro sono le possibili strategie:1. quella fondamentalista (solo la propria religione è quella vera);2. quella secolarizzata (la ver<strong>it</strong>à non sta nella religione);3. quella sincretistica (ogni religione ha la sua ver<strong>it</strong>à ed ognuna contribuisce acost<strong>it</strong>uire l'universo religioso complessivo);4. quella ecumenica, abbracciata da Kung (ogni religione ha suoi propri especifici cr<strong>it</strong>eri <strong>di</strong> ver<strong>it</strong>à ma deve impegnarsi nella formulazione <strong>di</strong> cr<strong>it</strong>eri eticiuniversali).L'ecumenismo va prescelto in quanto <strong>per</strong>mette <strong>di</strong> ev<strong>it</strong>are l'integralismo, il relativismoe l'inclusivismo e consente ad ogni religione <strong>di</strong> esprimere la sua essenza, in modo dacontribuire alla convivenza umana e religiosa nella pace.La teologia ecumenica deve ispirarsi a tre cr<strong>it</strong>eri <strong>di</strong> ver<strong>it</strong>à, se vuole essereespressione <strong>di</strong> una religione vera e buona: deve essere umana, cioè non reprimere ma<strong>di</strong>fendere e promuovere l'uman<strong>it</strong>à; deve essere coerente, cioè fedele alla sua propriaorigine; deve essere cristiana, an<strong>che</strong> se professa un altro Dio, nel senso <strong>di</strong> lasciartrasparire nella sua teoria e nella sua prassi lo spir<strong>it</strong>o <strong>di</strong> Gesù Cristo. Vera <strong>per</strong> ilcredente è solo la religione da lui professata: non si tratta <strong>di</strong> una ver<strong>it</strong>à universale ma<strong>di</strong> una ver<strong>it</strong>à esistenziale. Dal momento <strong>che</strong> <strong>per</strong> ogni credente è impossibile<strong>per</strong>correre contemporaneamente tutte le vie religiose, la religione vera è quella <strong>che</strong>ognuno cerca <strong>di</strong> <strong>per</strong>correre, mentre le altre religioni sono vere "con<strong>di</strong>zionatamente",se cioè non contrastano, <strong>per</strong> il cristiano, sui punti fondamentali del cristianesimo, <strong>che</strong>possono anzi essere integrati e arricch<strong>it</strong>i dal confronto con le altre religioni.216


217LA NEOSCOLASTICA.Si intende <strong>per</strong> "neoscolastica" il r<strong>it</strong>orno ai temi <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong> scolastica me<strong>di</strong>evale,ed in particolare al tomismo, riletti in una prospettiva aggiornata ma fedele aisignificati <strong>di</strong> fondo, sviluppatasi nell'amb<strong>it</strong>o <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong> cristiana nell'ultimoventennio dell'Ottocento e quin<strong>di</strong> nel Novecento.Filosofia scolastica e <strong>filosofia</strong> cristiana non sono la stessa cosa. La <strong>filosofia</strong>neoscolastica è sì una <strong>filosofia</strong> cristiana, ma fondata sul pensiero cristiano costru<strong>it</strong>onel Me<strong>di</strong>oevo e confrontato col pensiero contemporaneo, utilizzandone i concetti <strong>per</strong>interpretare, nel contesto <strong>della</strong> modern<strong>it</strong>à, le ver<strong>it</strong>à <strong>di</strong> fede o <strong>per</strong> stabilire i "preambulafidei" (come le prove dell'esistenza <strong>di</strong> Dio) o <strong>per</strong> capire l'essenza dell'uomo o an<strong>che</strong> larazional<strong>it</strong>à delle norme morali, tutte cose, ad avviso dei neoscolastici, <strong>che</strong> sono <strong>di</strong> <strong>per</strong>sè scopribili dalla ragione umana e <strong>che</strong> non sono, in quanto tali, pure ver<strong>it</strong>à <strong>di</strong> federivelate. Certo, la fede è essenziale, solo essa "salva", ma la ragione non è in<strong>di</strong>fferenteai fini <strong>della</strong> fede e la <strong>filosofia</strong> è il presupposto <strong>della</strong> teologia.Molteplici sono le ragioni <strong>della</strong> rinasc<strong>it</strong>a del pensiero scolastico, in<strong>di</strong>viduabiliprincipalmente come reazione contro il razionalismo <strong>di</strong> derivazione illuministica;contro l'immanentismo idealistico; contro il materialismo pos<strong>it</strong>ivistico; contro illaicismo e la secolarizzazione; contro l'eclissi del sacro. In opposizione a tutto ciò laneoscolastica riven<strong>di</strong>ca il concetto <strong>di</strong> equilibrio tra ragione e fede nonché ilconcetto <strong>di</strong> autor<strong>it</strong>à messo in crisi <strong>per</strong> tutta l'età moderna.Due encicli<strong>che</strong> pontificie hanno accompagnato la nasc<strong>it</strong>a e lo sviluppo <strong>della</strong>neoscolastica: la "Aeterni Patris" <strong>di</strong> Leone XIII (1879) e la "Pascen<strong>di</strong>" <strong>di</strong> Pio X(1907). L'enciclica <strong>di</strong> Leone XIII ha avuto la funzione <strong>di</strong> reagire alla passiv<strong>it</strong>à deicattolici <strong>di</strong> fronte al vivace <strong>di</strong>namismo laico (scientifico, culturale, industriale,im<strong>per</strong>ialista) dell'Europa del secondo Ottocento. Invece l'enciclica <strong>di</strong> Pio X è statauna drastica condanna del movimento modernista, cioè <strong>di</strong> quell'in<strong>di</strong>rizzo <strong>di</strong> riformevolto a conciliare il cristianesimo col pensiero moderno (idealismo, neokantismo,irrazionalismo) <strong>per</strong> creare una nuova teologia. In questo modo Pio X favorisceindubbiamente il movimento neoscolastico, ma rende <strong>di</strong>fficile il <strong>di</strong>alogo con lacultura contemporanea. In tempi più recenti il concilio Vaticano Secondo (1962-1965) si apre a concezioni pluralisti<strong>che</strong>, ma tuttavia il prevalente riferimento altomismo, pur attenuato, non viene meno. Da ultimo, Giovanni Paolo II ha confermatola scelta del tomismo sia <strong>per</strong>ché, come <strong>filosofia</strong> dell'essere, a<strong>per</strong>ta quin<strong>di</strong> all'interarealtà, è ben compatibile con la "giusta plural<strong>it</strong>à delle culture", sia <strong>per</strong> il <strong>di</strong>alogo <strong>che</strong>Tommaso saputo instaurare col pensiero arabo ed ebreo del suo tempo.Quattro sono i momenti in cui può essere articolato lo sviluppo <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong>neoscolastica, corrispondenti all'approfon<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> altrettante problemati<strong>che</strong>:1. il problema cr<strong>it</strong>ico, incentrato sulla teoria dell'astrazione (la conoscenza sorgeda concetti ricavati <strong>per</strong> astrazione dalle osservazioni empiri<strong>che</strong>), <strong>che</strong> porta aduna gnoseologia alternativa sia all'innatismo e all'empirismo, sia all'apriorismoe al sensismo;2. il problema psicologico, basato sulla teoria dell'anima quale forma del corpo,concezione <strong>che</strong> <strong>per</strong>mette <strong>di</strong> sostenere una antropologia <strong>di</strong> carattere un<strong>it</strong>ario, in217


218alternativa sia al monismo (idealismo e materialismo) sia al dualismo (antico emoderno);3. il problema fisico, collegato alla teoria dell'ilemorfismo, o ilomorfismo (ognicorpo è un<strong>it</strong>à <strong>di</strong> materia e forma), quale teoria in<strong>di</strong>pendente dallo svilupposcientifico ed alternativa al pos<strong>it</strong>ivismo e al materialismo, considerati comeriduttivi (incompleti, insufficienti);4. il problema metafisico, volto ad approfon<strong>di</strong>re la teoria dell'atto e <strong>della</strong> potenzain termini <strong>di</strong> fondamento <strong>di</strong> una <strong>filosofia</strong> dell'essere <strong>che</strong> rinnovi la <strong>filosofia</strong>antica <strong>della</strong> sostanza e si contrapponga alla <strong>filosofia</strong> moderna del pensiero.I maggiori esponenti <strong>della</strong> neoscolastica si possono ripartire in tre gruppi:1. quello formatosi nell'univers<strong>it</strong>à <strong>di</strong> Lovanio, in Belgio (il car<strong>di</strong>nale DesiréMercier);2. quello raccolto intorno all'univers<strong>it</strong>à del Sacro Cuore <strong>di</strong> Milano (Sofia VanniRovighi e G. Bonta<strong>di</strong>ni);3. quello composto da pensatori autonomi (Gilson e Mar<strong>it</strong>ain, quest'ultimoconsiderato il maggiore fra tutti <strong>gli</strong> esponenti).Il car<strong>di</strong>nale Desiré Mercier (1851-1926).Nucleo centrale del suo pensiero è la cr<strong>it</strong>eriologia, cioè l'in<strong>di</strong>viduazione del cr<strong>it</strong>erio<strong>per</strong> <strong>di</strong>stinguere la ver<strong>it</strong>à dall'errore nonché <strong>per</strong> <strong>di</strong>stinguere la giusta relazione tragnoseologia e ontologia. La ver<strong>it</strong>à risiede nel giu<strong>di</strong>zio, cioè nel rapporto fra ilsoggetto ed il pre<strong>di</strong>cato ad esso attribu<strong>it</strong>o. Chi ci garantisce <strong>che</strong> i termini del giu<strong>di</strong>ziosiano in corrispondenza adeguata con le cose? Afferma al riguardo Mercier <strong>che</strong>quando l'es<strong>per</strong>ienza dei dati sensibili è ripetuta e controllata essa ci <strong>per</strong>mette <strong>di</strong>giungere alla forma intellegibile delle cose, ossia al concetto, alle categorie, e ci dàsufficiente garanzia <strong>di</strong> oggettiv<strong>it</strong>à. L'impostazione è quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> realismo gnoseologico,basato sulla teoria dell'astrazione e sul metodo dell'induzione. In tal senso è a<strong>gli</strong>antipo<strong>di</strong> <strong>di</strong> Cartesio e <strong>di</strong> gran parte del pensiero moderno, incentrato sul soggettoconoscente. Si contrappone an<strong>che</strong> al pos<strong>it</strong>ivismo, giu<strong>di</strong>cato cattivo <strong>di</strong>fensore <strong>della</strong>scienza <strong>per</strong>ché restringe ogni nostra conoscenza entro la sola es<strong>per</strong>ienza sensibile equin<strong>di</strong> è in grado <strong>di</strong> garantire al massimo certezze singole ma non concetti universalie teorie generali.Oltre a queste proposizioni <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne reale, Mercier analizza an<strong>che</strong> le proposizioni <strong>di</strong>or<strong>di</strong>ne ideale, mostrandosi allineato col pensiero contemporaneo più avanzato. Leproposizioni <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ni ideale sono giu<strong>di</strong>zi anal<strong>it</strong>ici. Tuttavia, contro Kant, Mercierafferma <strong>che</strong> i giu<strong>di</strong>zi matematici sono giu<strong>di</strong>zi anal<strong>it</strong>ici capaci <strong>per</strong>ò <strong>di</strong> ampliare laconoscenza. Afferma <strong>che</strong> an<strong>che</strong> le proposizioni metafisi<strong>che</strong>, come il principio <strong>di</strong>causal<strong>it</strong>à, sono giu<strong>di</strong>zi anal<strong>it</strong>ici. Quando stabiliamo il principio <strong>per</strong> cui "l'esistenza <strong>di</strong>ciò <strong>che</strong> è contingente esige una causa", noi siamo costretti all'assenso, giacché in taleprincipio c'è ident<strong>it</strong>à tra soggetto ed oggetto: infatti "contingente" è ciò <strong>che</strong> esige unacausa, <strong>per</strong> cui il principio <strong>di</strong>venta: "ciò <strong>che</strong> esige una causa esige una causa".218


219Étienne Gilson (1884-1978).Si è <strong>di</strong>stinto come storico <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong> me<strong>di</strong>evale ed acuto interprete <strong>di</strong> SanTommaso.Secondo Gilson, San Tommaso scoprì la chiave metafisica decisiva, ignota adAristotele, cioè la <strong>di</strong>stinzione tra essenza ed esistenza. Aristotele <strong>di</strong>stinse nel<strong>di</strong>venire potenza ed atto e nell'essere materia e forma, ma non è giunto a <strong>di</strong>stinguereessenza ed esistenza. Vi giunse San Tommaso <strong>per</strong>ché la rivelazione <strong>di</strong> un Diocreatore <strong>gli</strong> <strong>per</strong>mise <strong>di</strong> pensare la natura delle cose in attesa <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare esistenti.Mentre la <strong>filosofia</strong> greca vede in Dio colui <strong>che</strong> dà forma alla materia, San Tommasovede in Dio il creatore, <strong>che</strong> non è semplicemente essenza astratta ma essere concreto.L'essenza è semplicemente la natura <strong>di</strong> ciascuna cosa, ma è come inerte e vuota senon interviene l'esistenza, intesa come attuazione dell'essenza. L'essenza <strong>di</strong> una cosanon include mai, tranne <strong>che</strong> in Dio, la sua esistenza. Perciò bisogna ammettere <strong>che</strong>tutto ciò la cui esistenza è <strong>di</strong>versa dalla sua natura riceve da altro la sua esistenza. Intal modo Gilson riconferma la vali<strong>di</strong>tà <strong>della</strong> <strong>di</strong>mostrazione <strong>di</strong> Dio come causa prima<strong>di</strong> tutte le cose <strong>che</strong> hanno l'essenza <strong>di</strong>stinta dall'esistenza.JACQUES MARITAIN (1882-1973).Di nazional<strong>it</strong>à francese, è considerato il maggior esponente <strong>della</strong> neoscolastica.Il motto del suo pensiero è "<strong>di</strong>stinguere <strong>per</strong> unire", <strong>per</strong>ché l'essere è comprensivodell'intera realtà ma è analogico e quin<strong>di</strong> <strong>per</strong>mette l'un<strong>it</strong>à del tutto insieme alla<strong>di</strong>stinzione delle parti. L'analogia è la legge <strong>della</strong> somi<strong>gli</strong>anza tra i <strong>di</strong>versi esseri,legge <strong>che</strong> <strong>per</strong>mette <strong>di</strong> non naufragare <strong>di</strong> fronte alla sconfinata varietà presentenell'universo e, d'altra parte, non pretende <strong>di</strong> unificare tutte le cose in una un<strong>it</strong>àin<strong>di</strong>stinta e ingannevole: tutti <strong>gli</strong> esseri hanno somi<strong>gli</strong>anze fra loro ma an<strong>che</strong><strong>di</strong>ssomi<strong>gli</strong>anze.Conoscere <strong>per</strong> Mar<strong>it</strong>ain non è un restare imprigionato all'interno <strong>della</strong> propriacoscienza (secondo la linea inaugurata da Cartesio e <strong>che</strong> trova la sua massimaaccentuazione nell'idealismo), ma è una presenza originaria dell'ente (un trovarsidapprima <strong>di</strong> fronte alle cose, fatte poi oggetto <strong>di</strong> conoscenza). Nella conoscenza lacosa è imme<strong>di</strong>atamente presente al soggetto conoscente, ma è presente non inmaniera assoluta bensì sempre sotto qual<strong>che</strong> aspetto: noi non conosciamo unarappresentazione <strong>della</strong> cosa ma la cosa stessa, <strong>per</strong>ò colta sotto questo o quell'altroaspetto.Con riferimento alla sua o<strong>per</strong>a filosofica fondamentale "Distinguere <strong>per</strong> unire o igra<strong>di</strong> del sa<strong>per</strong>e", Mar<strong>it</strong>ain compie una prima <strong>di</strong>stinzione tra sa<strong>per</strong>e speculativo, <strong>che</strong>mira a co<strong>gli</strong>ere l'essere nella sua intellegibil<strong>it</strong>à (nei concetti), e sa<strong>per</strong>e pratico, <strong>che</strong>concerne invece la prassi. Distingue poi tra scienza e <strong>filosofia</strong> come due mo<strong>di</strong> <strong>di</strong>versi<strong>di</strong> concettualizzare (comprendere) la realtà, non contrapposti ma complementari. Lascienza ha un duplice carattere: da un lato è empiria, dall'altro è formale, cioè219


220matematica; essa descrive dunque la realtà da un punto <strong>di</strong> vista "empiriologicomatematico".La <strong>filosofia</strong> si <strong>di</strong>stingue dalla scienza non <strong>per</strong> la <strong>di</strong>vers<strong>it</strong>à dell'oggettobensì <strong>per</strong> la <strong>di</strong>versa prospettiva in cui lo considera, in quanto mira a co<strong>gli</strong>erlo sottol'aspetto <strong>della</strong> sua intellegibil<strong>it</strong>à ontologica, ossia nella sua general<strong>it</strong>à e non nellesue particolar<strong>it</strong>à.Riprendendo la dottrina dell'essere aristotelico-tomistica, Mar<strong>it</strong>ain consideral'essere cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o secondo potenza e atto, sostanza e accidente, essenza ed esistenza.Distingue inoltre, secondo la tra<strong>di</strong>zione tomistica, tra l'essere contingente, la cuiesistenza deriva da una causa esterna, e l'essere infin<strong>it</strong>o, sussistente <strong>di</strong> <strong>per</strong> sé, "causasui", ident<strong>it</strong>à <strong>di</strong> essenza ed esistenza, identificato in Dio. La conoscenza dell'essere èdata da una intuizione metafisica (del pensiero) <strong>che</strong> co<strong>gli</strong>e (comprende) l'essere sianella sua essenza sia nell'esistenza del singolo ente concreto. Un particolare valoreviene dato al principio dell'analogia, quale legge <strong>che</strong> governa la somi<strong>gli</strong>anza maan<strong>che</strong> le <strong>di</strong>fferenze tra <strong>gli</strong> enti, dunque la loro molteplic<strong>it</strong>à ma an<strong>che</strong> la loro un<strong>it</strong>à(<strong>di</strong>stinguere <strong>per</strong> unire). La <strong>filosofia</strong> è concep<strong>it</strong>a non già come un sa<strong>per</strong>e descr<strong>it</strong>tivoneutro, ma come una forma <strong>di</strong> sapienza integrata dalla sapienza teologica, <strong>che</strong> èriflessione razionale guidata dalla rivelazione, nonché dalla sapienza mistica, <strong>che</strong> èun modo soprannaturale <strong>di</strong> partecipare, me<strong>di</strong>ante la grazia, alla v<strong>it</strong>a <strong>di</strong>vina.Per quanto riguarda il sa<strong>per</strong>e pratico, Mar<strong>it</strong>ain sottolinea l'importanza assunta nelmondo moderno dai problemi dell'etica e <strong>della</strong> pol<strong>it</strong>ica. La <strong>filosofia</strong> morale èconcep<strong>it</strong>a come scienza pratica, <strong>che</strong> ha vali<strong>di</strong>tà scientifica e al tempo stessoo<strong>per</strong>ativa. Essa infatti stu<strong>di</strong>a l'agire umano avendo come fine il bene dell'uomo ed inciò va <strong>di</strong>stinta dalla tecnica, <strong>che</strong> è connessa al fare e <strong>che</strong> ha <strong>per</strong> fine la produzione <strong>di</strong>oggetti. La scienza pratica è sì inizialmente autonoma, senza ri<strong>corso</strong> alla rivelazione<strong>di</strong>vina, ma una <strong>filosofia</strong> morale <strong>che</strong> si contenesse entro i lim<strong>it</strong>i <strong>della</strong> sola ragionenaturale sarebbe insufficiente; deve invece servirsi <strong>di</strong> asserzioni sulla natura umanaderivanti dalla rivelazione.Le fasi del pensiero. Il concetto <strong>di</strong> umanesimo integrale.L'impostazione filosofica <strong>di</strong> Mar<strong>it</strong>ain è chiaramente <strong>di</strong> tipo ontologico-aristotelicotomista.Il suo pensiero può definirsi antimoderno o, me<strong>gli</strong>o, ultramoderno, cioècome una nuova <strong>filosofia</strong> <strong>per</strong> i tempi nuovi, nel senso <strong>che</strong> sviluppa una decisa cr<strong>it</strong>ica<strong>della</strong> modern<strong>it</strong>à, <strong>di</strong> cui sa <strong>per</strong>ò apprezzare <strong>gli</strong> aspetti pos<strong>it</strong>ivi, i "guadagni storici".Questi ultimi si possono adeguatamente apprezzare a con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> abbandonarel'immanentismo antropocentrico (il principio <strong>della</strong> realtà è in<strong>di</strong>viduato nella coscienzae nel pensiero umani interni alla realtà stessa con esclusione <strong>di</strong> ogni trascendenza)caratterizzante la modern<strong>it</strong>à e tale da impe<strong>di</strong>re una più autentica liberazionedell'uomo.Sul piano sociale e pol<strong>it</strong>ico la concezione <strong>di</strong> Mar<strong>it</strong>ain e quella <strong>di</strong> un "umanesimointegrale", <strong>che</strong> vuole valorizzare tutto l'uomo, non solo la sua natura antropologicama altresì il sistema <strong>di</strong> valori <strong>che</strong> lo ispira. Tale umanesimo integrale è inteso comecammino "ideale storico concreto", da <strong>per</strong>correre attraverso una "pars destruens" (unacr<strong>it</strong>ica preliminare) contro l'antropocentrismo, <strong>che</strong> separa e contrappone natura e220


221grazia (Lutero), ragione e fede (Cartesio), natura e ragione (Rousseau), e una "parscostruens" (la proposta <strong>di</strong> un nuovo umanesimo).Nella sua pienezza integrale l'uomo non può essere considerato soltanto nel suoessere naturale ma an<strong>che</strong> in quello soprannaturale. Il nuovo umanesimo proposto è unapprofon<strong>di</strong>mento del tomismo finalizzato a rendere possibile una conciliazione <strong>di</strong>premoderno e moderno in quello <strong>che</strong> l'uno e l'altro hanno <strong>di</strong> pos<strong>it</strong>ivo, su<strong>per</strong>ando ilpregiu<strong>di</strong>zio antropocentrico e naturalistico e facendo spazio an<strong>che</strong> alla trascendenza<strong>che</strong> pure contrad<strong>di</strong>stingue l'essere uomo. Questo nuovo umanesimo non ha niente incomune con l'umanesimo borghese in<strong>di</strong>vidualista ed è tanto più umano in quanto nonè circoscr<strong>it</strong>to alla natural<strong>it</strong>à dell'uomo ma si estende altresì, o<strong>per</strong>ando nel campo delsociale e <strong>della</strong> solidarietà comun<strong>it</strong>aria, alla spir<strong>it</strong>ual<strong>it</strong>à ed alla <strong>di</strong>sponibil<strong>it</strong>à umanaverso la trascendenza. L'essere umano non è né mera creatura naturale né meracreatura spir<strong>it</strong>uale. E<strong>gli</strong> è "<strong>per</strong>sona", vale a <strong>di</strong>re centro <strong>di</strong> unificazione contro leculture <strong>della</strong> separazione <strong>di</strong> Lutero, Cartesio e Rousseau. L'uomo è un<strong>it</strong>à <strong>di</strong> natura espir<strong>it</strong>o, <strong>di</strong> corpo e ragione; è un essere dotato <strong>di</strong> responsabil<strong>it</strong>à, <strong>di</strong> intenzional<strong>it</strong>à, <strong>di</strong>valori ed è, ancor più, un essere sociale. Solo la società assicura all'in<strong>di</strong>viduo leprecon<strong>di</strong>zioni necessarie alla realizzazione <strong>di</strong> molte delle sue potenzial<strong>it</strong>à. Ma lasocietà <strong>che</strong> <strong>per</strong>mette la realizzazione <strong>della</strong> <strong>per</strong>sona <strong>che</strong>, in quanto tale, si qualificanon come in<strong>di</strong>viduo in sé bensì come relazione con <strong>gli</strong> altri, col mondo e con la<strong>storia</strong>, non è la società total<strong>it</strong>aria <strong>di</strong> destra o <strong>di</strong> sinistra bensì la società pluralistica, lacomun<strong>it</strong>à solidale.Tre sono le fasi del pensiero in cui Mar<strong>it</strong>ain sviluppa questa sua concezione: nellaprima rivolge la sua cr<strong>it</strong>ica nei confronti del pos<strong>it</strong>ivismo e dell'idealismo, proponendouna rinasc<strong>it</strong>a del tomismo contro le culture <strong>della</strong> separazione; nella seconda la cr<strong>it</strong>icariguarda <strong>per</strong> un verso l'in<strong>di</strong>vidualismo borghese e <strong>per</strong> l'altro il collettivismo marxista,proponendo una nuova cristian<strong>it</strong>à; nella terza la cr<strong>it</strong>ica concerne il relativismo e ilnichilismo, proponendo la liberazione <strong>di</strong> una nuova spir<strong>it</strong>ual<strong>it</strong>à.La pedagogia, l'arte, la pol<strong>it</strong>ica.Ispirandosi alle sue concezioni <strong>di</strong> fondo, Mar<strong>it</strong>ain compie stu<strong>di</strong> notevoli su tre temicaratteristici <strong>della</strong> nostra cultura: sulla pedagogia, sull'arte e sulla pol<strong>it</strong>ica.Per Mar<strong>it</strong>ain l'educazione è un'arte, una saggezza pratica <strong>che</strong> deve servire la naturaumana ai fini <strong>della</strong> formazione <strong>della</strong> <strong>per</strong>sona. La formazione <strong>della</strong> <strong>per</strong>sona è al tempostesso <strong>per</strong>sonale e sociale; dunque è formazione alla v<strong>it</strong>a democratica. I mezzidell'educazione non sono l'imposizione ma i valori umani e scientifici e soprattuttol'azione morale dello stesso educatore <strong>che</strong> coo<strong>per</strong>a con l'educando.Per quel <strong>che</strong> concerne l'arte, Mar<strong>it</strong>ain si oppone alle esteti<strong>che</strong> romanti<strong>che</strong>. L'arte <strong>per</strong>Mar<strong>it</strong>ain è ra<strong>di</strong>cata nell'intelletto, <strong>per</strong>ciò è vano il tentativo dell'arte moderna <strong>di</strong>liberarsi dalla ragione. Tuttavia la ragione <strong>che</strong> o<strong>per</strong>a nell'arte non è quella logica e<strong>di</strong>scorsiva (<strong>di</strong>mostrativa), ma quella intu<strong>it</strong>iva, animata dall'immaginazione e daifattori inconsci e preconsci dell'anima: è una ragione creativa. Sono quin<strong>di</strong> respintisia l'intellettualismo <strong>che</strong> l'irrazionalismo estetici. L'arte è autonoma dalla morale in221


222quanto la prima riguarda l'o<strong>per</strong>a e la seconda riguarda l'uomo, ma sono al tempostesso collegate <strong>per</strong>ché l'uomo appartiene all'una e all'altra. Ancora una volta si tratta<strong>di</strong> <strong>di</strong>stinguere <strong>per</strong> unire. Ne deriva il richiamo <strong>della</strong> "responsabil<strong>it</strong>à dell'artista" neiconfronti del bene comune. La libertà dell'arte non ha quin<strong>di</strong> carattere assoluto.Peraltro, va rifiutata la concezione total<strong>it</strong>aria dell'arte, secondo cui essa deve esserecontrollata dallo Stato, ma va altresì respinta la concezione anarchica, secondo cuinon ha importanza il contenuto. Parimenti, è da respingere l'estetismo (l'arte <strong>per</strong>l'arte) come an<strong>che</strong> il populismo (l'arte è <strong>per</strong> <strong>di</strong>vertire e <strong>di</strong>strarre il popolo).In pol<strong>it</strong>ica Mar<strong>it</strong>ain <strong>di</strong>stingue Chiesa e Stato come due ist<strong>it</strong>uzioni dai fini <strong>di</strong>versi eautonomi. Nel Me<strong>di</strong>oevo an<strong>che</strong> le ist<strong>it</strong>uzioni civili avevano il carattere del sacro.Oggi questo non è più possibile ma vi è la necess<strong>it</strong>à <strong>di</strong> pensare a una civiltà nuova, adun umanesimo integrale, in cui l'ispirazione cristiana sia il valore <strong>di</strong> base ma dove<strong>per</strong>ò le ist<strong>it</strong>uzioni lai<strong>che</strong> mantengano tutta la loro autonomia: <strong>di</strong>stinguere <strong>per</strong> unire.Nella nuova civiltà dell'umanesimo integrale il problema principale è <strong>di</strong> rifondarela democrazia. Due sono le concezioni <strong>che</strong> si scontrano al riguardo: quella tecnica oantiumanistica e quella etica o umanistica <strong>che</strong> deve prevalere. La democraziaconfigura la pol<strong>it</strong>ica come razionalizzazione etica e non tecnica. Contro lapseudodemocrazia in<strong>di</strong>vidualistico-borghese e contro i total<strong>it</strong>arismi, compreso iltotal<strong>it</strong>arismo tecnologico, deve essere valorizzato il carattere umanistico <strong>della</strong>pol<strong>it</strong>ica. La rifondazione in<strong>di</strong>cata è nel senso <strong>di</strong> una democrazia <strong>per</strong>sonalistica,pluralistica e comun<strong>it</strong>aria, cioè basata sul primato <strong>della</strong> <strong>per</strong>sona come valore in sé;sul rispetto del pluralismo come valorizzazione delle <strong>di</strong>vers<strong>it</strong>à in<strong>di</strong>viduali,ist<strong>it</strong>uzionali e culturali; sul raggiungimento del bene comune, <strong>che</strong> non è la somma deibeni in<strong>di</strong>viduali o <strong>della</strong> maggioranza, ma è il bene <strong>della</strong> società in quanto compostada <strong>per</strong>sone, nella consapevolezza <strong>che</strong> nulla <strong>di</strong> mondano può essere assolutizzato, <strong>per</strong>cui riconoscere l'assoluto come trascendente può immunizzare dalle tentazioni del<strong>per</strong>fettismo pol<strong>it</strong>ico.222


223IL PERSONALISMO.Nasce in Francia con Emmanuel Mounier e si sviluppa attorno alla rivista "Espr<strong>it</strong>",fondata da Mounier nel 1932. Jean Lacroix, dopo Mounier, ne è un esponente <strong>di</strong>rilievo; lo stesso Mar<strong>it</strong>ain si è largamente ispirato al <strong>per</strong>sonalismo.L'idea centrale è quella <strong>di</strong> "<strong>per</strong>sona", concep<strong>it</strong>a non come "sostanza" ma come"relazione" nella sua libertà, creativ<strong>it</strong>à e responsabil<strong>it</strong>à, incarnata in un corpo, s<strong>it</strong>uatanella <strong>storia</strong> e <strong>per</strong> sua natura comun<strong>it</strong>aria. Il Personalismo si presenta come un'analisidel mondo moderno e come una protesta contro le sue degenerazioni, prospettandouna via <strong>di</strong> usc<strong>it</strong>a dalla crisi attraverso una "rivoluzione <strong>per</strong>sonalisticacomun<strong>it</strong>aria", fondata sulla fede cristiana. Esso sorge dalla crisi del 1929, <strong>che</strong> hasegnato la fine <strong>della</strong> pros<strong>per</strong><strong>it</strong>à europea, e rivolge le sue attenzioni alle rivoluzioni in<strong>corso</strong>. Alle inquietu<strong>di</strong>ni e alle sventure <strong>che</strong> allora cominciavano alcuni davano unaspiegazione puramente tecnica, altri puramente morale. Il Personalismo invecepensa <strong>che</strong> il male sia ad un tempo economico e morale, ins<strong>it</strong>o nelle strutturesociali e nei cuori. Il rime<strong>di</strong>o quin<strong>di</strong> sta in una rivoluzione economica e spir<strong>it</strong>ualevolte alla costruzione <strong>di</strong> una "comun<strong>it</strong>à <strong>di</strong> <strong>per</strong>sone" e <strong>di</strong> significative iniziativepol<strong>it</strong>i<strong>che</strong>.Principi del Personalismo sono:1. una posizione <strong>di</strong> in<strong>di</strong>pendenza rispetto ai part<strong>it</strong>i e ai raggruppamenti, <strong>che</strong> lascial singolo una sufficiente libertà <strong>di</strong> azione;2. l'affermazione dei valori dello spir<strong>it</strong>o accompagnata da una rigorosaprecisazione delle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> attiv<strong>it</strong>à e dei mezzi;3. la stretta unione <strong>di</strong> "spir<strong>it</strong>uale" e "materiale";4. la liberazione da ogni dottrina a priori <strong>per</strong> essere pronti a tutto, an<strong>che</strong> acambiare <strong>di</strong>rezione pur <strong>di</strong> restare fedeli alla realtà e al proprio spir<strong>it</strong>o;5. il senso <strong>della</strong> continu<strong>it</strong>à storica, <strong>che</strong> ci impe<strong>di</strong>sce <strong>di</strong> accettare il m<strong>it</strong>o <strong>della</strong>rivoluzione come "tabula rasa", ossia come rifondazione ex novo; unarivoluzione non può aver successo se punta a una totale trasformazione sociale,deve piuttosto mirare ad una profonda revisione dei valori, ad unariorganizzazione <strong>della</strong> struttura e a un rinnovamento delle classi <strong>di</strong>rigenti.Si rilevano temi <strong>per</strong>sonalistici in correnti <strong>di</strong>fferenti: in una certa tendenzaesistenzialistica (Ricoeur), in una certa tendenza marxista e in una tendenza piùclassica, più vicina alla tra<strong>di</strong>zione introspettiva <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong> francese (JeanLacroix).223


Emmanuel Mounier (1905-1950). Il <strong>per</strong>sonalismo contro il moralismo el'in<strong>di</strong>vidualismo e contro il cap<strong>it</strong>alismo e il marxismo.224Se il Rinascimento rappresenta l'usc<strong>it</strong>a dalla crisi del Me<strong>di</strong>oevo, la rivoluzione<strong>per</strong>sonalistica e comun<strong>it</strong>aria risolverà, secondo Mounier, la crisi del XX secolo apatto <strong>che</strong> si ponga al centro la <strong>per</strong>sona.L'idea <strong>di</strong> <strong>per</strong>sona non è, <strong>per</strong> Mounier, la coscienza <strong>che</strong> io ho <strong>di</strong> essa né essa coincidecon la mia <strong>per</strong>sonal<strong>it</strong>à, con l'insieme dei miei desideri, volontà e s<strong>per</strong>anze. La <strong>per</strong>sonaè al <strong>di</strong> là del tempo, è una "un<strong>it</strong>à" data e non costru<strong>it</strong>a, più vasta <strong>della</strong> visione <strong>che</strong> ione ho. Essa è una "presenza". La <strong>per</strong>sona è inoggettivabile (non può essere ridotta adoggetto): non se ne può fare l'inventario, scrive Lacroix, <strong>per</strong>ché in essa c'è semprequalcosa <strong>di</strong> più del dato, è continua ricerca e sviluppo nelle relazioni con <strong>gli</strong> altri,con la <strong>storia</strong>, col mondo. La <strong>per</strong>sona è in ogni uomo una tensione fra le sue tre<strong>di</strong>mensioni spir<strong>it</strong>uali: la vocazione, in or<strong>di</strong>ne al proprio posto e ai propri doveri nellacomun<strong>it</strong>à; l'incarnazione, poiché la <strong>per</strong>sona è sempre incarnata in un corpo e s<strong>it</strong>uatain precise con<strong>di</strong>zioni stori<strong>che</strong>; la comunione, <strong>per</strong>ché la <strong>per</strong>sona non può compiersi senon offrendosi alla comun<strong>it</strong>à ed in relazione con <strong>gli</strong> altri. I tre esercizi essenziali <strong>per</strong>arrivare alla formazione <strong>della</strong> <strong>per</strong>sona sono allora la me<strong>di</strong>tazione, l'impegno e larinuncia a se stessi.L'es<strong>per</strong>ienza <strong>per</strong>sonale originaria è quella del "tu": il rapporto e l'atto d'amoreverso <strong>gli</strong> altri. L'atto d'amore è la più forte certezza dell'uomo, l'autentico cog<strong>it</strong>oesistenziale: amo, dunque l'essere è, e la v<strong>it</strong>a mer<strong>it</strong>a <strong>di</strong> essere vissuta. Ne deriva <strong>che</strong><strong>per</strong> ogni problema pratico bisogna anz<strong>it</strong>utto trovare la soluzione sul piano delleinfrastrutture biologi<strong>che</strong> ed economi<strong>che</strong>. Tuttavia la soluzione biologica edeconomica (cioè materiale) <strong>di</strong> un problema resta fragile ed incompleta se non tieneconto delle più profonde <strong>di</strong>mensioni dell'uomo, cioè quelle spir<strong>it</strong>uali. Una strutturaeconomica, <strong>per</strong> quanto razionale possa essere, è destinata al fallimento se è basata sul<strong>di</strong>sprezzo delle esigenze fondamentali <strong>della</strong> <strong>per</strong>sona.Perciò Mounier sottolinea la <strong>di</strong>vers<strong>it</strong>à del Personalismo sia dal moralismo sia dallospir<strong>it</strong>ualismo: sono entrambi impotenti <strong>per</strong>ché trascurano le componenti biologi<strong>che</strong>ed economi<strong>che</strong>. Ma impotente è an<strong>che</strong> il materialismo <strong>per</strong> la ragione opposta, vale a<strong>di</strong>re <strong>per</strong>ché trascura le con<strong>di</strong>zioni spir<strong>it</strong>uali.L'in<strong>di</strong>vidualismo poi è il maggior nemico del <strong>per</strong>sonalismo. Esso organizzal'in<strong>di</strong>viduo sulla base <strong>di</strong> un atteggiamento <strong>di</strong> isolamento e <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa. È statol'in<strong>di</strong>vidualismo a costruire l'ideologia e la struttura dominante <strong>della</strong> società borgheseoccidentale tra il XVII e XIX secolo, concependo un uomo astratto, senza legami orelazioni con la natura, <strong>che</strong> manifesta <strong>di</strong>ffidenza, calcolo e riven<strong>di</strong>cazione verso <strong>gli</strong>altri, <strong>che</strong> riduce le ist<strong>it</strong>uzioni alla funzione <strong>di</strong> assicurare la convenienza reciprocade<strong>gli</strong> egoismi. Nel Personalismo, all'opposto, la <strong>per</strong>sona è una presenza volta almondo ed alle altre <strong>per</strong>sone. Le altre <strong>per</strong>sone non la lim<strong>it</strong>ano ma anzi le <strong>per</strong>mettono<strong>di</strong> svilupparsi. Io esisto in quanto esisto <strong>per</strong> <strong>gli</strong> altri e, in fondo, "essere significaamare".Nel cap<strong>it</strong>alismo Mounier vede un sovvertimento totale dell'or<strong>di</strong>ne economico. Ilcap<strong>it</strong>alismo è la metafisica del primato del prof<strong>it</strong>to, <strong>che</strong> vive <strong>di</strong> una duplice forma <strong>di</strong>224


225parass<strong>it</strong>ismo: contro la natura, poiché basato sul denaro <strong>che</strong> si trasforma in tirannide;contro l'uomo, poiché basato sullo sfruttamento del lavoro <strong>che</strong> non rispetta la <strong>di</strong>gn<strong>it</strong>à<strong>della</strong> <strong>per</strong>sona. Paradossalmente, il cap<strong>it</strong>alismo è nemico an<strong>che</strong> <strong>della</strong> proprietà privata,giacché priva il salariato del suo prof<strong>it</strong>to leg<strong>it</strong>timo. La dottrina <strong>di</strong> Mounier sullaproprietà segue il pensiero cristiano me<strong>di</strong>evale: il fondamento <strong>della</strong> proprietà èinseparabile dalla considerazione del suo uso, cioè dalla sua final<strong>it</strong>à. Mounier auspicala formazione <strong>di</strong> <strong>per</strong>sone collettive, cioè organizzazioni <strong>di</strong> <strong>per</strong>sone responsabili <strong>che</strong><strong>di</strong>ano v<strong>it</strong>a a <strong>di</strong>stinte forme economi<strong>che</strong> secondo le <strong>di</strong>verse con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> produzione.La concezione e quella <strong>di</strong> un'economia pluralista.Ma Mounier non risparmia cr<strong>it</strong>i<strong>che</strong> an<strong>che</strong> al marxismo. Pur riconoscendo almarxismo <strong>per</strong>spicacia in molte analisi, de<strong>di</strong>zione alla causa dei più deboli e anel<strong>it</strong>o <strong>di</strong>giustizia, tuttavia Mounier lo respinge <strong>per</strong> svariate ragioni: <strong>per</strong>ché è fi<strong>gli</strong>o ribelle, masempre fi<strong>gli</strong>o, del cap<strong>it</strong>alismo in quanto an<strong>che</strong> il marxismo riafferma il primato <strong>della</strong>materia (<strong>della</strong> struttura economica); <strong>per</strong>ché sost<strong>it</strong>uisce al cap<strong>it</strong>alismo un altrocap<strong>it</strong>alismo, quello <strong>di</strong> Stato; <strong>per</strong>ché professa un ottimismo <strong>della</strong> collettiv<strong>it</strong>à <strong>che</strong>implica un pessimismo ra<strong>di</strong>cale <strong>della</strong> <strong>per</strong>sona; <strong>per</strong>ché sul piano storico ha condotto aregimi total<strong>it</strong>ari; <strong>per</strong>ché mira a sost<strong>it</strong>uire l'im<strong>per</strong>ialismo cap<strong>it</strong>alista con unim<strong>per</strong>ialismo socialista; infine, <strong>per</strong>ché un cristiano non può dare completa adesionead una <strong>filosofia</strong> <strong>che</strong> neghi o misconosca la trascendenza. Il realismo cristianoconfigura invece la <strong>storia</strong> umana attorno a due poli, quello materiale e quellosoprannaturale.Verso la nuova società.Alle cr<strong>it</strong>i<strong>che</strong> nei confronti delle concezioni filosofi<strong>che</strong> e delle strutture socialianti<strong>per</strong>sonalisti<strong>che</strong>, Mounier fa seguire il suo programma <strong>di</strong> società <strong>per</strong>sonalisticae comun<strong>it</strong>aria. Del tutto opposte a questa società sono la società <strong>di</strong> massa, con la suatirannia dell'anonimo; la società fascista, con il suo capo carismatico e la sua febbremistica; la società chiusa <strong>di</strong> tipo organicistico-biologico, ma an<strong>che</strong> la societàesclusivamente fondata sulla concezione contrattualistica e giusnaturalisticailluministica, in cui il contratto sociale <strong>che</strong> sta alla sua base non è un rapportointer<strong>per</strong>sonale ma è, invece, un compromesso <strong>di</strong> egoismi. Per contro, la società<strong>per</strong>sonalistica comun<strong>it</strong>aria <strong>di</strong> Mounier si fonda sull'amore <strong>che</strong> si realizza nella"comunione", allorché la <strong>per</strong>sona "prenda su <strong>di</strong> sé ed assuma il destino, la sofferenzae la gioia de<strong>gli</strong> altri e il dovere verso <strong>gli</strong> altri. Questo tipo <strong>di</strong> società è un'idea-lim<strong>it</strong>e<strong>di</strong> natura teologica (si pensi all'idea cristiana del corpo mistico), <strong>che</strong> non potrà mairealizzarsi in termini pol<strong>it</strong>ici ma <strong>che</strong> funziona da ideale regolativo.Difensore, sempre in base all'idea <strong>di</strong> <strong>per</strong>sona, dei <strong>di</strong>r<strong>it</strong>ti <strong>della</strong> donna, avversario <strong>di</strong>ogni forma <strong>di</strong> razzismo e <strong>di</strong> xenofobia, <strong>di</strong>fensore <strong>di</strong> una scuola e <strong>di</strong> un'educazione <strong>che</strong>non sia appannaggio dello Stato, assertore delle autonomie locali, Mounier vede lanuova società farsi lentamente strada attraverso la crisi <strong>della</strong> società cap<strong>it</strong>alistica,scorgendo i primi abbozzi <strong>di</strong> un mondo socialista (non marxista) <strong>che</strong> deve svilupparsime<strong>di</strong>ante l'abolizione del proletariato e la sost<strong>it</strong>uzione ad una economia anarchica,225


226basata sull'utile, <strong>di</strong> un'economia organizzata secondo la visione totale delleprospettive <strong>della</strong> <strong>per</strong>sona, nonché attraverso la socializzazione, e non la statizzazione,dei settori alienanti <strong>della</strong> produzione, me<strong>di</strong>ante l'attribuzione all'o<strong>per</strong>aio <strong>della</strong> <strong>di</strong>gn<strong>it</strong>à<strong>di</strong> <strong>per</strong>sona contro il paternalismo, me<strong>di</strong>ante il primato del lavoro sul cap<strong>it</strong>ale el'abolizione <strong>della</strong> <strong>di</strong>visione delle classi secondo il lavoro o il censo e, non ultimo,me<strong>di</strong>ante il primato <strong>della</strong> responsabil<strong>it</strong>à <strong>per</strong>sonale.La nuova società <strong>di</strong> Mounier è quella <strong>di</strong> un socialismo rinnovato, al tempo stessorigoroso e democratico, <strong>di</strong> una società dove lo Stato è <strong>per</strong> l'uomo e non l'uomo <strong>per</strong> loStato, <strong>di</strong> un potere fondato esclusivamente sulle final<strong>it</strong>à <strong>della</strong> <strong>per</strong>sona. La <strong>per</strong>sona<strong>per</strong>tanto deve essere protetta contro <strong>gli</strong> abusi del potere; il potere deve essereassoggettato a controllo secondo cr<strong>it</strong>eri <strong>di</strong> lim<strong>it</strong>azione cost<strong>it</strong>uzionale dei poteri delloStato, realizzando un equilibrio del potere centrale attraverso i poteri locali (Statopluralista).L'atteggiamento del <strong>per</strong>sonalismo <strong>di</strong> Mounier nei confronti <strong>della</strong> <strong>storia</strong> è <strong>di</strong>ottimismo tragico, <strong>per</strong> la <strong>per</strong>suasione <strong>che</strong> la ver<strong>it</strong>à sia comunque destinata al trionfoe <strong>per</strong> l'accettazione realistica <strong>della</strong> s<strong>it</strong>uazione <strong>di</strong> crisi in cui si è chiamati ad o<strong>per</strong>are.La fede cristiana assume in tal senso il valore <strong>di</strong> "forza liberatrice". Il cristianesimocontemporaneo deve spazzar via i compromessi, la vecchia tentazione teocraticadell'intervento dello Stato sulle coscienze, il conservatorismo e l'ambizione <strong>per</strong> ilsuccesso. Nel mondo sono nati, al <strong>di</strong> fuori del cristianesimo, altri valori, nuovieroismi e sant<strong>it</strong>à, mentre il cristianesimo non pare essere riusc<strong>it</strong>o a conciliarsiadeguatamente col mondo moderno, come invece <strong>gli</strong> era riusc<strong>it</strong>o nel mondome<strong>di</strong>evale. Ma questa crisi non segna la fine del cristianesimo bensì <strong>di</strong> unacristian<strong>it</strong>à. La prospettiva è quella <strong>di</strong> una nuova cristian<strong>it</strong>à, quantunque nondefin<strong>it</strong>iva <strong>per</strong>ché ogni forma è calata nel <strong>di</strong>venire storico. L'importante è <strong>che</strong> ilcristianesimo non consoli<strong>di</strong> ed irrigi<strong>di</strong>sca le s<strong>it</strong>uazioni <strong>di</strong> fatto (i regimi, i part<strong>it</strong>i, ecc.)ed è ancor più essenziale <strong>che</strong> il mondo non <strong>per</strong>da i valori cristiani <strong>di</strong> fondo, giacchéovunque quei valori scompaiono le forme religiose riappaiono sotto un altro aspetto:<strong>di</strong>vinizzazione del corpo, dell'in<strong>di</strong>viduo, del collettivismo, <strong>della</strong> specie o <strong>della</strong> razza,o <strong>di</strong> un capo o <strong>di</strong> un part<strong>it</strong>o. I tratti caratteristici <strong>della</strong> religione si r<strong>it</strong>rovano così inqueste forme degradate e dannose <strong>per</strong> l'uomo.Jean Lacroix (1900-1986).Mentre Mounier suole ripetere <strong>che</strong> è importante riconciliare Marx con Kierkegaard,cioè con un cristianesimo esistenzialistico-sociale e talora con es<strong>it</strong>i mistici, Lacroixpone l'attenzione, al contrario, proprio sulle <strong>di</strong>fferenze <strong>che</strong> caratterizzano il<strong>per</strong>sonalismo nei confronti dell'esistenzialismo e del marxismo.Il marxismo vuole non tanto fare <strong>della</strong> <strong>storia</strong> una scienza, quanto piuttosto dareun'interpretazione storica <strong>di</strong> ogni scienza. Ma l'uomo non ha esclusivamente una<strong>di</strong>mensione storica. E<strong>gli</strong> è un essere al tempo stesso duplice e contrad<strong>di</strong>ttorio, legatoal tempo e all'etern<strong>it</strong>à (la tensione e l'a<strong>per</strong>tura verso l'assoluto).226


227D'altro canto, l'esistenzialismo è una <strong>filosofia</strong> soggettiva inadeguata in quantotrascura l'oggetto, concep<strong>it</strong>o solo come "punto d'appoggio" <strong>della</strong> libertà creatricedell'in<strong>di</strong>viduo, sottovalutando o ad<strong>di</strong>r<strong>it</strong>tura ignorando la relazione <strong>che</strong> il soggetto hacon l'uman<strong>it</strong>à e con la trascendenza.Contro i lim<strong>it</strong>i dell'esistenzialismo Lacroix sostiene <strong>che</strong> la <strong>per</strong>sona, <strong>per</strong> realizzarsi,deve passare attraverso la natura e la <strong>storia</strong>. Parimenti insufficiente è il marxismo <strong>che</strong>annienta il soggetto nelle strutture economi<strong>che</strong> <strong>della</strong> <strong>storia</strong>. Lacroix prende le<strong>di</strong>stanze an<strong>che</strong> da Kierkegaard e dal tema <strong>della</strong> sol<strong>it</strong>u<strong>di</strong>ne dell'in<strong>di</strong>viduo: questo è iltema più <strong>per</strong>icoloso <strong>per</strong>ché il "noi", la relazione con <strong>gli</strong> altri, ha invece valorecost<strong>it</strong>utivo dell'essere uomo.227


228FEMMINISMO E FILOSOFIAPer femminismo si intende, in senso generale, l'insieme delle riflessioni teori<strong>che</strong> edelle prati<strong>che</strong> pol<strong>it</strong>i<strong>che</strong> volte a promuovere la liberazione delle donne dallacon<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> subor<strong>di</strong>nazione in cui <strong>per</strong> secoli sono state tenute dal sistemapatriarcale (maschilista) <strong>di</strong> organizzazione <strong>della</strong> società e <strong>di</strong> produzione <strong>della</strong> cultura.Una delle prime fondamentali o<strong>per</strong>e del pensiero femminista è il "Secondo sesso",<strong>della</strong> filosofa esistenzialista Simone de Beauvoir, incentrata sulla domanda <strong>di</strong> fondo"<strong>che</strong> cos'è una donna?". De Beauvoir compie un'analisi dei concetti <strong>di</strong> "uomo", <strong>di</strong>"soggetto" e <strong>di</strong> "donna" <strong>per</strong> mettere in luce il fatto <strong>che</strong> la donna e la sua <strong>di</strong>fferenzaspecifica rispetto all'uomo sono state concep<strong>it</strong>e dalla cultura e dalla mental<strong>it</strong>àdominante in modo da garantire la supremazia assoluta dell'uomo. In termini piùfilosofici, de Bovuar osserva <strong>che</strong> l'uomo si è collocato come Soggetto assoluto,relegando la donna nella parte dell'Altro, ossia ad oggetto da assoggettare. In talicon<strong>di</strong>zioni comp<strong>it</strong>o primario delle donne, allora, è quello <strong>di</strong> conquistare la posizione<strong>di</strong> soggetto autonomo, liberandosi dalla loro "oggettivazione" (riduzione ad oggetto),nell'obiettivo <strong>di</strong> instaurare un'effettiva ugua<strong>gli</strong>anza, senza <strong>di</strong>scriminazioni sessuali, tra<strong>gli</strong> esseri umani.Rispetto alla cr<strong>it</strong>ica del tra<strong>di</strong>zionale concetto filosofico <strong>di</strong> soggetto, formalmenteneutro <strong>per</strong> intendere sia <strong>gli</strong> uomini <strong>che</strong> le donne ma sostanzialmente maschilista, ilpensiero femminista successivo ha poi r<strong>it</strong>enuto necessario condurre altresì unariflessione sul valore intrinseco <strong>della</strong> soggettiv<strong>it</strong>à femminile. In questo modo, dopo laliberazione "dalla" <strong>di</strong>fferenza (sub<strong>it</strong>a rispetto all'uomo) si è affermata, fermarestando la par<strong>it</strong>à dei sessi sul piano civile, l'esigenza <strong>di</strong> una liberazione "<strong>della</strong>"<strong>di</strong>fferenza, atta ad esaltare la specifica <strong>di</strong>vers<strong>it</strong>à dell'animo femminile anzichélim<strong>it</strong>arsi ad un piatto livellamento all'uomo. È questa la <strong>di</strong>rezione intrapresa dal"pensiero <strong>della</strong> <strong>di</strong>fferenza sessuale", inaugurato dalla pensatrice francese LuceIrigaray e ripreso in Italia, tra le altre, da Adriana Cavarero e Luisa Muraro.La considerazione del valore connesso alla specific<strong>it</strong>à <strong>della</strong> donna ha quin<strong>di</strong>naturalmente condotto la riflessione a soffermarsi sulla questione dell'eticafemminile, in particolare sull’"etica <strong>della</strong> cura", caraterizzante i sentimenti e leatt<strong>it</strong>u<strong>di</strong>ni del mondo femminile: la compassione e l'attenzione <strong>per</strong> <strong>gli</strong> altri.Più recentemente, la liberazione <strong>della</strong> <strong>di</strong>fferenza si è sviluppata lungo la strada <strong>di</strong>una più generale “liberazione delle <strong>di</strong>fferenze”, riconosciuta come con<strong>di</strong>zione <strong>per</strong>contestare un sistema <strong>che</strong> fonda il suo dominio proprio sulla soppressioneconformistica e alienante delle <strong>di</strong>fferenze stesse. In tal senso, osserva la pensatrice<strong>it</strong>aliana Rosi Braidotti, la soggettiv<strong>it</strong>à femminile, e la connessa attenzione <strong>per</strong> l'altro,si presta a configurarsi come "soggettiv<strong>it</strong>à nomade", impegnata nel rispetto e nella<strong>di</strong>fesa delle <strong>di</strong>vers<strong>it</strong>à e particolarmente adatta a <strong>per</strong>correre, in relazione ai <strong>di</strong>versipunti <strong>di</strong> vista, <strong>di</strong>fferenti sentieri nello spazio e nel tempo secondo le moltepliciinclinazioni del pensare e del sentire.Con la scienziata ed ecofemminista in<strong>di</strong>ana Vandana Shiva la sensibil<strong>it</strong>à femminilenon è venuta meno, inoltre, ad un impegno cr<strong>it</strong>ico nei confronti del modello <strong>di</strong>sviluppo in atto, caratterizzato dalla "globalizzazione" dell'economia <strong>di</strong> mercato228


estesa a livello planetario e fondato sullo sfruttamento tecnico-scientifico delle risorsenaturali e umane.229Simone de Beauvoir (1908-1986).Il ciclo <strong>di</strong> lotte del femminismo "storico", sorto nell'Ottocento in Inghilterra e ne<strong>gli</strong>Stati Un<strong>it</strong>i <strong>per</strong> la conquista dei <strong>di</strong>r<strong>it</strong>ti pol<strong>it</strong>ici e civili, era considerato concluso colconseguimento, nei paesi a regime liberale o socialdemocratico, dei suoi principaliobiettivi, tra cui il <strong>di</strong>r<strong>it</strong>to al voto e l'accesso alle libere professioni.Grande scalpore ha <strong>per</strong>tanto susc<strong>it</strong>ato "Il secondo sesso" pubblicato nel 1949 daSimone de Beauvoir: in primo luogo <strong>per</strong> il carattere ra<strong>di</strong>cale e provocatoriodell'o<strong>per</strong>a, affermando l'autrice <strong>che</strong>, seppur acquis<strong>it</strong>i i <strong>di</strong>r<strong>it</strong>ti pol<strong>it</strong>ici e civili,l'emancipazione femminile era ancora assai lontana dalla sua realizzazione; insecondo luogo <strong>per</strong>ché, allora, era apparso isolato il richiamo alla necess<strong>it</strong>à <strong>di</strong> unapresa <strong>di</strong> coscienza delle donne <strong>per</strong> la loro liberazione dalle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong>subor<strong>di</strong>nazione in una società pensata e organizzata da<strong>gli</strong> uomini.Fin dall'introduzione a "Il secondo sesso" de Beauvoir formula la domandacruciale "<strong>che</strong> cos'è una donna?", mettendo in rilievo come essa non corrispondaesattamente alla domanda "<strong>che</strong> cos'è un uomo?", giacché la <strong>di</strong>fferenza sessuale trauomo e donna è stata e continua ad essere principio <strong>di</strong> <strong>di</strong>scriminazione e <strong>di</strong>oppressione. Il concetto <strong>di</strong> uomo, prosegue de Beauvoir, è formalmente usato insenso neutro, <strong>per</strong> significare l’"essere umano" generalmente inteso, comprendentetanto <strong>gli</strong> uomini quanto le donne. Ma si tratta <strong>di</strong> una falsa neutral<strong>it</strong>à, <strong>di</strong> un falsouso neutrale del termine, denuncia de Beauvoir, in quanto nella definizione <strong>della</strong>"donna", una volta <strong>che</strong> le si riconoscano tutte le caratteristi<strong>che</strong> dell'essere umano,emerge <strong>che</strong> la <strong>di</strong>vers<strong>it</strong>à sessuale risulta determinante <strong>per</strong>ò in senso negativo, poichél'appartenenza al sesso femminile viene <strong>di</strong> fatto "naturalmente" intesa, nella societàumana, come posizione <strong>di</strong> <strong>di</strong>pendenza e <strong>di</strong> subor<strong>di</strong>nazione rispetto all'universomaschile. Così, <strong>di</strong>etro l'apparente uso neutrale del concetto <strong>di</strong> uomo, si nascondeinvece una <strong>di</strong>stinzione gerarchica tra un "primo" sesso (quello maschile) e un"secondo" sesso (quello femminile).Utilizzando categorie (concetti) <strong>di</strong> fonte hegeliana, rielaborate originalmente secondola prospettiva <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong> esistenzialista, de Beauvoir afferma <strong>che</strong> "La donna sidetermina e si <strong>di</strong>fferenzia in relazione all'uomo, non l'uomo rispetto a lei; èl'inessenziale <strong>di</strong> fronte all'essenziale. E<strong>gli</strong> è il Soggetto, l'Assoluto, lei è l'Altro". La<strong>di</strong>fferenza <strong>della</strong> donna è quella <strong>che</strong> viene decisa da<strong>gli</strong> uomini e non da lei stessa.Di fronte a tale evidenza occorre allora comprendere <strong>per</strong>ché le donne abbianoaccettato <strong>per</strong> secoli la con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> passiv<strong>it</strong>à e <strong>di</strong> <strong>di</strong>pendenza, senza contestare lasovran<strong>it</strong>à maschile. A tal fine l'autrice effettua un profondo esame storico-culturale <strong>di</strong>tutti i mo<strong>di</strong> in cui nella società, nella m<strong>it</strong>ologia, nelle scienze ed infine nellaformazione pedagogica delle donne è stata e continua a essere assimilata da ogni229


230donna la "realtà femminile" quale imposta da<strong>gli</strong> uomini. Da questo esame deBeauvoir porta allo sco<strong>per</strong>to il fatto <strong>che</strong>, secondo una sua celebre frase, "donna nonsi nasce, si <strong>di</strong>venta", stante il secolare con<strong>di</strong>zionamento sub<strong>it</strong>o dalle donne nellastessa loro autorappresentazione del proprio ruolo ed immagine <strong>di</strong> sé. Se le donnevo<strong>gli</strong>ono conquistare quella posizione <strong>di</strong> soggetto libero e autonomo <strong>che</strong> spetta inugual misura ciascun essere umano, devono quin<strong>di</strong> cominciare il cammino <strong>della</strong>propria emancipazione liberandosi in primo luogo da tale rappresentazione delfemminile e <strong>della</strong> <strong>di</strong>fferenza. Nell'ultima parte dell'o<strong>per</strong>a l'autrice delinea in talsenso alcune vie <strong>di</strong> liberazione "in<strong>di</strong>viduali", tra le quali r<strong>it</strong>iene decisiva quelladell'in<strong>di</strong>pendenza economica, concludendo <strong>per</strong>ò come solo una liberazionecollettiva, nell'amb<strong>it</strong>o <strong>della</strong> più generale liberazione dalla <strong>di</strong>visione <strong>di</strong> classe, possadavvero raggiungere l'obiettivo <strong>di</strong> un'autentica egua<strong>gli</strong>anza fra uomini e donne.Liberazione "<strong>della</strong>" <strong>di</strong>fferenza.A partire dalla metà de<strong>gli</strong> anni Settanta del Novecento si afferma l'esigenza <strong>di</strong>un'elaborazione più strettamente teorica e filosofica capace <strong>di</strong> riflettere le es<strong>per</strong>ienze,i sa<strong>per</strong>i e le prati<strong>che</strong> maturati all'interno del movimento femminista. Da tale esigenzamuovono le pensatrici <strong>che</strong>, in Francia e in Italia, introducono "il pensiero <strong>della</strong><strong>di</strong>fferenza sessuale".Luce Irigaray (nata nel 1930).Stu<strong>di</strong>osa belga e <strong>di</strong> formazione psicoanal<strong>it</strong>ica e filosofica, può essere consideratacome la pensatrice <strong>che</strong> ha inaugurato, con l'o<strong>per</strong>a "Speculum" del 1974, la <strong>filosofia</strong><strong>della</strong> <strong>di</strong>fferenza nell'amb<strong>it</strong>o del pensiero femminista contemporaneo.Nell'esprimere la sua grat<strong>it</strong>u<strong>di</strong>ne <strong>per</strong> Simone de Beauvoir, l'autrice sostiene tuttavia lanecess<strong>it</strong>à <strong>di</strong> fare un passo avanti e <strong>di</strong> trasformare la liberazione <strong>della</strong> donna"dalla" <strong>di</strong>fferenza dall'uomo, come da de Beauvoir invocato, nella liberazione"<strong>della</strong>" <strong>di</strong>fferenza femminile, tesa a liberare, ossia a far emergere i pregi <strong>della</strong>soggettiv<strong>it</strong>à femminile rispetto alle inadeguatezze e responsabil<strong>it</strong>à <strong>della</strong> mental<strong>it</strong>à esoggettiv<strong>it</strong>à maschile. L'obiettivo è il su<strong>per</strong>amento, nei <strong>di</strong>versi campi del linguaggio,del <strong>di</strong>r<strong>it</strong>to e <strong>della</strong> cultura, non solo <strong>della</strong> <strong>di</strong>fferenziazione ma altresì <strong>della</strong>"neutralizzazione" linguistico-culturale, pat<strong>it</strong>a a causa del maschilismo, <strong>per</strong> il falsouso neutrale del termine "uomo", impiegato <strong>per</strong> denotare l'essere umano generale edentro il quale dal punto <strong>di</strong> vista formale si vorrebbero far intendere comprese an<strong>che</strong> ledonne. Contro la falsa neutral<strong>it</strong>à ed egua<strong>gli</strong>anza uomo-donna, solamente formale,l'intento è <strong>di</strong> portare cioè allo sco<strong>per</strong>to la maggior pos<strong>it</strong>iv<strong>it</strong>à dei valori, delle prati<strong>che</strong>e delle forme <strong>di</strong> produzione culturale legati alla sessual<strong>it</strong>à femminile rispetto a quellimaschili. A tal fine, secondo la pensatrice, occorre <strong>per</strong>ò <strong>che</strong> le donne <strong>per</strong>corrano230


231"un <strong>it</strong>inerario doloroso e complesso, una vera e propria conversione, nellinguaggio e nella cultura, dal genere maschile al genere femminile.Finora e tuttora l'accesso al pensiero e al linguaggio comporta <strong>per</strong> la donna una sorta<strong>di</strong> neutralizzazione e nascon<strong>di</strong>mento <strong>della</strong> propria appartenenza sessuale, vale a <strong>di</strong>re<strong>che</strong>, quando si pensa e si parla non ci si sente più donne (mentre si può rimaneretranquillamente uomini) ma esseri sessualmente neutri. Prova ne sia il fatto <strong>che</strong>,specialmente nel linguaggio francese, molti termini professionali, come quelli <strong>di</strong>professore, dottore, scr<strong>it</strong>tore, ecc., hanno una declinazione unicamente al maschile enon an<strong>che</strong> al femminile. Col suo programma <strong>di</strong> "conversione" al genere femminileIrigaray, dunque, non intende affatto in<strong>di</strong>care il r<strong>it</strong>orno ai valori femminil<strong>it</strong>ra<strong>di</strong>zionalmente e socialmente concep<strong>it</strong>i, bensì l'invenzione <strong>di</strong> forme <strong>di</strong> scr<strong>it</strong>tura e<strong>di</strong> pensiero <strong>che</strong> più non costringano le donne a tale con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong>neutralizzazione e autoestraniazione segu<strong>it</strong>ata subire.Secondo Irigaray, il comp<strong>it</strong>o preliminare <strong>di</strong> un pensiero <strong>della</strong> <strong>di</strong>fferenza sessuale èquello <strong>di</strong> chiarire l'or<strong>di</strong>ne (il cr<strong>it</strong>erio) <strong>che</strong> governa le produzioni culturali dominantinella nostra società, in primo luogo con riferimento al linguaggio, <strong>per</strong> smas<strong>che</strong>rare lafinzione <strong>della</strong> "neutralizzazione sessuale" e svelarne invece l'effettiva naturamaschilista. Tale analisi mette in evidenza il fatto <strong>che</strong> la cultura patriarcale siaccompagna alla formulazione <strong>di</strong> valori <strong>che</strong> si pretendono universali e neutrali,mentre sono espressione <strong>di</strong> un punto <strong>di</strong> vista unilaterale maschile. Basta osservare <strong>che</strong>noi viviamo secondo genealogie maschili (si pensi ad esempio alla trasmissione delcognome del padre <strong>che</strong> attesta il predominio <strong>della</strong> linea paterna), mentre manca unriconoscimento <strong>di</strong> valore autenticamente par<strong>it</strong>ario e la presenza altresì dellegenealogie femminili.Adriana Cavarero (nata nel 1947).A<strong>gli</strong> inizi de<strong>gli</strong> anni Ottanta le riflessioni <strong>di</strong> Luce Irigaray vengono riprese e adattateal contesto storico-culturale <strong>it</strong>aliano in cui il movimento delle donne de<strong>gli</strong> anniSessanta e Settanta si è maggiormente ra<strong>di</strong>cato. Tra i gruppi <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>ose provenientidal movimento femminista emerge la comun<strong>it</strong>à <strong>di</strong> filosofe, sorta presso l'univers<strong>it</strong>à <strong>di</strong>Verona, nota come "Circolo <strong>di</strong> Diotima". Una delle figure <strong>di</strong> spicco del gruppo (dalquale <strong>per</strong>altro in segu<strong>it</strong>o si <strong>di</strong>stac<strong>che</strong>rà) è Adriana Cavarero, pensatrice <strong>it</strong>aliana <strong>della</strong><strong>di</strong>fferenza sessuale tra le più affermata sulla scena internazionale.Cavarero applica il pensiero <strong>della</strong> <strong>di</strong>fferenza sessuale all'esame del <strong>di</strong>s<strong>corso</strong> filosoficodalle origini gre<strong>che</strong> all'età contemporanea giungendo, a conclusione dell'analisi, a<strong>di</strong>ffidare <strong>della</strong> pretesa neutral<strong>it</strong>à e falsa universal<strong>it</strong>à del linguaggio e del pensierofilosofico occidentale. La <strong>di</strong>ffidenza matura a partire dalla constatazione del fatto<strong>che</strong>, storicamente, il soggetto del <strong>di</strong>s<strong>corso</strong> filosofico non è un soggetto sessualmenteneutro, come si vorrebbe far apparire, ma un soggetto sessuato maschile <strong>che</strong> si èposto come soggetto universale, deputato a stabilire l'or<strong>di</strong>ne linguistico e concettualeculturalmente dominante. Spetta quin<strong>di</strong> alle donne <strong>di</strong> sottrarsi alla trappola dellinguaggio, benché ciò costi molta fatica e non po<strong>che</strong> <strong>di</strong>fficoltà. Infatti, nel231


232tentativo <strong>di</strong> porsi come soggetto sessuato femminile a partire da sé e dalla propriaes<strong>per</strong>ienza del mondo, la donna si trova costretta a parlare un linguaggio non suo,a rappresentarsi nel linguaggio dell'altro (dell'uomo) vivendo la sensazione <strong>di</strong> unacostante estraniazione da se stessa. Parafrasando ironicamente una delle definizionidell'uomo <strong>che</strong> stanno a fondamento <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong> occidentale, ossia "l'uomo è unvivente <strong>che</strong> ha il linguaggio", la donna, osserva Cavarero, "è l'essere vivente <strong>che</strong> hail linguaggio nella forma dell'autoestraniazione". Per parlare e pensarsi le donnedevono utilizzare l'unica lingua <strong>di</strong>sponibile, la lingua del "padre", linguastraniera in cui le donne sono costrette a tradurre una lingua mancante: la lingua"materna" <strong>che</strong> è come un'origine <strong>per</strong>duta.Luisa Muraro (nata nel 1940).Cofondatrice <strong>della</strong> comun<strong>it</strong>à <strong>di</strong> Diotima, Luisa Muraro è un'altra figura fondamentaledel pensiero <strong>della</strong> <strong>di</strong>fferenza sessuale. A lei risale la messa a punto <strong>della</strong> nozione <strong>di</strong>"affidamento ", con la quale intende rappresentare la pratica <strong>della</strong> relazione tradonne in termini <strong>di</strong> scambio e <strong>di</strong> reciproc<strong>it</strong>à in grado <strong>di</strong> rispettare le relative<strong>di</strong>fferenze (concep<strong>it</strong>e an<strong>che</strong> come <strong>di</strong>fferenza "verticale" tra una donna più anziana eduna più giovane) <strong>che</strong> non vo<strong>gli</strong>ono trasformarsi, come nel modello maschilepatriarcale, in una forma <strong>di</strong> oppressione e <strong>di</strong> dominio. "Il nome affidamento, scrive laMuraro, è bello, ha in sé la ra<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> parole come fede, fedeltà, affidarsi, confidare…Noi lo abbiamo pensato primariamente come forma <strong>di</strong> rapporto tra donne". Eppure,prosegue la Muraro, ad alcuni tale nome non piace <strong>per</strong>ché con esso si suole designareinvece il rapporto <strong>di</strong> presa in cura <strong>di</strong> un bambino da parte <strong>di</strong> un adulto. Però "queltirarsi in<strong>di</strong>etro davanti una parola in sé bella solo <strong>per</strong> l'uso <strong>che</strong> altri ne fanno è unsintomo <strong>di</strong> impotenza… Spesso in molti campi avviene <strong>che</strong> la lingua si imponga a noicome il dominio <strong>di</strong> es<strong>per</strong>ienze e giu<strong>di</strong>zi altrui. La lingua <strong>di</strong> suo non è il dominio <strong>di</strong>un'es<strong>per</strong>ienza ad esclusione <strong>di</strong> altre o <strong>di</strong> un pensiero sopra altri. Invece la lingua facorpo con la trama dei rapporti sociali (sussistenti e dominanti) e questi sono benpoco favorevoli ad acco<strong>gli</strong>ere quello <strong>che</strong> una donna vive e vuole <strong>per</strong> sé nella sua<strong>di</strong>fferenza dall'uomo. A nessuna <strong>di</strong> noi, molto probabilmente, è stata insegnata lanecess<strong>it</strong>à <strong>di</strong> curare specialmente i rapporti con le altre donne e <strong>di</strong> considerarli unarisorsa insost<strong>it</strong>uibile <strong>di</strong> forza <strong>per</strong>sonale, <strong>di</strong> original<strong>it</strong>à mentale, <strong>di</strong> sicurezza sociale."Proprio la relazione tra donne nella forma dell'affidamento, <strong>che</strong> tiene conto <strong>della</strong><strong>di</strong>spar<strong>it</strong>à senza tuttavia cadere in rapporti confl<strong>it</strong>tuali, cost<strong>it</strong>uisce invece <strong>per</strong> laMuraro una delle possibili vie <strong>per</strong> r<strong>it</strong>rovare quelle "genealogie femminili"invocate da Irigaray e <strong>di</strong>menticate nel modello patriarcale. E così come questomodello fa <strong>per</strong>no sul simbolo del padre, il simbolo delle donne dovrà incentrarsi sullafigura <strong>della</strong> madre e sulla relazione madre-fi<strong>gli</strong>a, ripensata dalle donne al <strong>di</strong> fuori <strong>di</strong>ogni rappresentazione autor<strong>it</strong>ario-paternalistica.232


233L'etica femminile <strong>della</strong> cura.La cr<strong>it</strong>ica del patriarcato, r<strong>it</strong>enuto responsabile <strong>di</strong> quella <strong>di</strong>visione dei "generi" in basea cui è stato secolarmente giustificato il dominio del "maschile" sul "femminile", èstato il motore fondamentale del pensiero femminista. Nella lotta <strong>di</strong> liberazionecontro tale dominio è inoltre emersa l'esigenza etico-pol<strong>it</strong>ica <strong>di</strong> libertà e <strong>di</strong>gn<strong>it</strong>à <strong>della</strong><strong>per</strong>sona <strong>che</strong> ha caratterizzato il movimento femminile, quale si è espressa nelpensiero <strong>della</strong> valorizzazione <strong>della</strong> <strong>di</strong>fferenza e nel concetto <strong>di</strong> affidamento.La riflessione morale ha cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o in effetti uno dei contributi fondamentaliofferti dal pensiero femminista, e da quello statun<strong>it</strong>ense <strong>per</strong> primo, al <strong>di</strong>batt<strong>it</strong>ofilosofico contemporaneo. In tale contesto una delle proposte teorico-morali <strong>che</strong> haavuto maggior risonanza è in<strong>di</strong>viduabile in quella nota come "etica <strong>della</strong> cura",tra<strong>di</strong>zionalmente eserc<strong>it</strong>ata dalle donne e <strong>che</strong> si fonda sul valore dell'accu<strong>di</strong>mento,del farsi carico dei bisogni dell'altro, <strong>della</strong> con<strong>di</strong>visione affettiva.Virginia Held, filosofa statun<strong>it</strong>ense contemporanea, ha de<strong>di</strong>cato ai temi <strong>della</strong> moralefemminile un ampio volume int<strong>it</strong>olato "Etica femminista". Ella si chiede inparticolare quali contributi specifici alla risoluzione dei problemi morali del nostrotempo possa portare la teoria morale femminista, domandandosi in tal senso se esisteuna soggettiv<strong>it</strong>à morale specificatamente femminile, ovvero se è possibileriscontrare una <strong>di</strong>fferenza tra uomini e donne nel modo <strong>di</strong> fronteggiare s<strong>it</strong>uazionimoralmente confl<strong>it</strong>tuali. La Held risponde pos<strong>it</strong>ivamente richiamandosi a<strong>gli</strong> stu<strong>di</strong><strong>della</strong> psicologa Carol Gilligan, dai quali era emersa la tendenza delle donne a fondarei giu<strong>di</strong>zi morali, anziché sulla base <strong>di</strong> teorie astratte, soprattutto sui legami concreti esui sentimenti <strong>di</strong> simpatia e <strong>di</strong> compassione derivanti dall'es<strong>per</strong>ienza del "prendersicura" a loro secolarmente relegata. Proprio tale att<strong>it</strong>u<strong>di</strong>ne morale, sostiene VirginiaHeld, deve essere riscattata dal <strong>di</strong>sprezzo in cui è stata tenuta dalla moraletra<strong>di</strong>zionale, in quanto proprio la valorizzazione dell'es<strong>per</strong>ienza "femminile"dell'amicizia tra donne e <strong>della</strong> cura materna consente <strong>di</strong> uscire dai lim<strong>it</strong>i in cui incorrel'etica contemporanea. In tale <strong>di</strong>rezione, l'etica <strong>della</strong> cura conduce alla revisionera<strong>di</strong>cale de<strong>gli</strong> ideali etici dominanti e, soprattutto, <strong>di</strong> quella concezione del soggettocome in<strong>di</strong>viduo isolato, autoreferenziale, separato dal mondo e da tutti <strong>gli</strong> altri, <strong>che</strong>ha contrad<strong>di</strong>stinto e segu<strong>it</strong>a a caratterizzare le contemporanee teorie morali tuttorafondate sull'universalismo kantiano e sull'util<strong>it</strong>arismo.Liberazione delle <strong>di</strong>fferenze e soggettiv<strong>it</strong>à nomade.Dopo il su<strong>per</strong>amento e la liberazione <strong>della</strong> donna "dalla" <strong>di</strong>fferenza nei confrontidell'uomo (Simone de Beauvoir) e dopo la liberazione-valorizzazione "<strong>della</strong>"<strong>di</strong>fferenza, ossia de<strong>gli</strong> specifici pregi e sensibil<strong>it</strong>à etica <strong>della</strong> soggettiv<strong>it</strong>à femminilerispetto a quella maschile (Irigaray Cavarero, Muraro, Virginia Held), è <strong>di</strong> strada,<strong>per</strong> così <strong>di</strong>re, il passaggio alla liberazione-valorizzazione delle "<strong>di</strong>fferenze", cioèdel valore pos<strong>it</strong>ivo, maggiormente avvert<strong>it</strong>o dalla donna, ins<strong>it</strong>o nella varietà e233


234molteplic<strong>it</strong>à dei pensieri, dei ruoli e delle s<strong>it</strong>uazioni, contro l'oppressivo appiattimentoconformistico <strong>della</strong> società contemporanea.In effetti l'elaborazione teorica femminista de<strong>gli</strong> ultimi anni assume sempre più ilcarattere <strong>di</strong> pensiero cr<strong>it</strong>ico ra<strong>di</strong>cale nei confronti <strong>della</strong> cultura dominante afavore <strong>di</strong> un pluralismo culturale <strong>di</strong> stampo "postmoderno". L'avvento <strong>della</strong><strong>filosofia</strong> post-moderna (Lyotard, Vattimo) è pos<strong>it</strong>ivamente accolto da gran parte delmovimento femminista, <strong>che</strong> scorge in essa, particolarmente, la crisi <strong>di</strong> quellaconcezione (maschilista) del soggetto cartesiano, universale e sovrano, <strong>che</strong> sicost<strong>it</strong>uisce nel cog<strong>it</strong>o ta<strong>gli</strong>ando ogni legame col corpo, posta a fondamento <strong>della</strong><strong>filosofia</strong> moderna. Più gra<strong>di</strong>ta e <strong>per</strong>tinente, nel contesto <strong>della</strong> società contemporanea,è <strong>per</strong> lo più considerata dalle stu<strong>di</strong>ose e mil<strong>it</strong>anti del femminismo la concezione postmoderna<strong>di</strong> “soggetto”, visto come ent<strong>it</strong>à mobile, instabile, caratterizzata damolteplici punti <strong>di</strong> vista ed ident<strong>it</strong>à <strong>di</strong> sesso, <strong>di</strong> razza, <strong>di</strong> sensibil<strong>it</strong>à, concezioner<strong>it</strong>enuta cost<strong>it</strong>uire, <strong>per</strong>ciò, un passo avanti nella prospettiva femminista.Ne<strong>gli</strong> anni Novanta il <strong>di</strong>batt<strong>it</strong>o femminista si articola e si <strong>di</strong>fferenzia in unavarietà <strong>di</strong> posizioni: dal femminismo lesbico, <strong>che</strong> contesta un'impostazioneesclusivamente eterosessuale, al femminismo nero-americano, <strong>che</strong> cr<strong>it</strong>ica lecomplic<strong>it</strong>à e la mancata denuncia del sessismo e razzismo, fino ad arrivare allecyberfemministe, impegnate nella promozione <strong>di</strong> un un'utopia <strong>di</strong> liberazione fondatasu un rapporto <strong>di</strong> familiar<strong>it</strong>à con le nuove tecnologie dell'informazione.Come osserva la pensatrice <strong>it</strong>aliana Rosi Braidotti (nata nel 1954), ciò <strong>che</strong> emergeda questi nuovi sviluppi <strong>della</strong> teoria femminista è il bisogno <strong>di</strong> una ridefinizione delsoggetto femminile, da intendersi non più come soggetto sovrano, gerarchico edesclusivo, contrapposto ed alternativo all'uomo, ma come ent<strong>it</strong>à multipla, a<strong>per</strong>ta,intersoggettiva e variamente intrecciata. Va su<strong>per</strong>ata in primo luogo ogni tentazione"essenzialista", ossia rinunciare alla pretesa <strong>di</strong> definire, an<strong>che</strong> se <strong>per</strong> valorizzarla, unasorta <strong>di</strong> "essenza femminile" (come ad esempio nel caso dell’etica <strong>della</strong> cura odell’ecofemminismo) complementare e parallela a una presunta "essenza maschile".Occorre invece <strong>per</strong>seguire una concezione dell'io, dell'ident<strong>it</strong>à, come "luogo <strong>di</strong><strong>di</strong>fferenze", implicante il riconoscimento del fatto <strong>che</strong>, nella società post-moderna, ilsoggetto occupa, in tempi <strong>di</strong>versi, <strong>di</strong>fferenti posizioni su cui influiscono moltevariabili come il sesso, la classe sociale, la razza, l'età, lo stile <strong>di</strong> v<strong>it</strong>a, ecc. In talsenso, contro le forme <strong>di</strong> potere <strong>che</strong> agiscono simultaneamente e trasversalmente <strong>per</strong>inglobare i <strong>di</strong>fferenti soggetti e le <strong>di</strong>fferenze soggettive in un sistema <strong>di</strong> dominiounico ancorché dalle molte facce (patriarcale, razzista, sessista, antiomosessuale,cap<strong>it</strong>alistico, guerrafondaio) Braidotti sce<strong>gli</strong>e <strong>di</strong> raffigurare la soggettiv<strong>it</strong>àfemminile-femminista come "soggettiv<strong>it</strong>à nomade", in quanto impegnata in unabatta<strong>gli</strong>a tanto pol<strong>it</strong>ica quanto culturale <strong>per</strong> la liberazione delle <strong>di</strong>fferenze dalla logicadel dominio e dell'oppressione.Scrive Rosi Braidotti: "Il nomade possiede un acuto senso del terr<strong>it</strong>orio senza <strong>che</strong>questo sfoci nella possessiv<strong>it</strong>à… E quin<strong>di</strong> il noma<strong>di</strong>smo non è la flui<strong>di</strong>tà priva <strong>di</strong>confini bensì la precisa consapevolezza <strong>della</strong> non fiss<strong>it</strong>à dei confini. È l'intensodesiderio <strong>di</strong> continuare a sconfinare, a trasgre<strong>di</strong>re. Uno dei suoi comp<strong>it</strong>i storiciconsiste nell'in<strong>di</strong>viduare il modo <strong>di</strong> ricostruire un senso <strong>di</strong> intersoggettiv<strong>it</strong>à <strong>che</strong>234


<strong>per</strong>metta <strong>di</strong> creare un nuovo tipo <strong>di</strong> legame non escludente il riconoscimento delle<strong>di</strong>fferenze".235La <strong>di</strong>fesa <strong>della</strong> Terra madre e la cr<strong>it</strong>ica <strong>della</strong> scienza patriarcale.Vandana Shiva (nata nel 1952), scienziata in<strong>di</strong>ana e mil<strong>it</strong>ante del movimentoecofemminista, prende decisa posizione contro la contemporanea globalizzazioneeconomica e sfruttamento <strong>della</strong> natura.Punto <strong>di</strong> partenza <strong>della</strong> riflessione <strong>della</strong> Shiva è la cr<strong>it</strong>ica del modello <strong>di</strong> razional<strong>it</strong>àscientifica europeo-occidentale e del connesso rapporto scienza-natura, quali si sonoaffermati intorno al XVII secolo con la cosiddetta "rivoluzione scientifica", <strong>che</strong> haavuto in Bacone uno dei suoi più significativi rappresentanti. In nome <strong>di</strong> tale ideale <strong>di</strong>scientific<strong>it</strong>à, presunto come universale e assoluto, si è imposto il modello <strong>di</strong> sviluppooccidentale, basato essenzialmente sullo sfruttamento delle risorse agricole e naturali<strong>per</strong> fini produttivi e <strong>di</strong> mercato, colonizzando dapprima i terr<strong>it</strong>ori e poi le menti intutto il pianeta.Tesi fondamentale è <strong>che</strong> la scienza moderna e lo sviluppo siano progetti <strong>di</strong>origine maschile, nati in Occidente, e <strong>che</strong> siano "l'ultima e più brutale espressione<strong>di</strong> un'ideologia patriarcale <strong>che</strong> sta minacciando <strong>di</strong> annichilire la natura e la specieumana". Alla base <strong>di</strong> tale <strong>per</strong>niciosa ideologia c'è una concezione <strong>della</strong> natura nonpiù intesa come "Terra madre", fonte e grembo <strong>della</strong> v<strong>it</strong>a, ma come "macchina <strong>per</strong>la forn<strong>it</strong>ura <strong>di</strong> materie prime", come oggetto inerte e a <strong>di</strong>sposizione del potere umanoleg<strong>it</strong>timato ad agire con ogni mezzo, quin<strong>di</strong> essenzialmente con la violenza, <strong>per</strong>sottometterla ai suoi fini.L'analisi <strong>della</strong> Shiva mette poi in luce come violenza sulla natura e violenza sulladonna siano inseparabili, sia a causa <strong>della</strong> tra<strong>di</strong>zionale identificazione <strong>di</strong> donna enatura, sia <strong>per</strong>ché le donne sono naturalmente legate alla v<strong>it</strong>a e alla sopravvivenza equin<strong>di</strong> pre<strong>di</strong>sposte ad una concezione <strong>della</strong> natura come fonte attiva e creativa <strong>di</strong> v<strong>it</strong>a.Per tale ragione la Shiva r<strong>it</strong>iene <strong>che</strong> la sco<strong>per</strong>ta del "principio femminile" sia unacon<strong>di</strong>zione necessaria <strong>per</strong> porre rime<strong>di</strong>o al progetto <strong>di</strong> <strong>di</strong>struzione ed espropriazionein <strong>corso</strong> nell'attuale processo <strong>di</strong> sviluppo, defin<strong>it</strong>o ironicamente "malsviluppo"."Il principio femminile, scrive la Shiva, <strong>di</strong>venta alternativo, una via non violenta <strong>di</strong>interpretazione del mondo e <strong>di</strong> azione in esso <strong>per</strong> sostenere la v<strong>it</strong>a intera, mantenendol'interconnessione e la varietà <strong>della</strong> natura". Il principio femminile è espressione <strong>della</strong>creativ<strong>it</strong>à <strong>della</strong> natura e del sentimento <strong>della</strong> Terra madre. "Tale principio consenteuna transizione ecologica dalla violenza alla non violenza, dalla <strong>di</strong>struzione allacreativ<strong>it</strong>à, da processi antiv<strong>it</strong>ali ad altri favorevoli alla v<strong>it</strong>a, dall'uniform<strong>it</strong>à alla<strong>di</strong>vers<strong>it</strong>à e da una frammentazione riduttiva a una compless<strong>it</strong>à integrale". La natura èun<strong>it</strong>à originaria <strong>di</strong> creazione e <strong>di</strong>struzione, <strong>di</strong> coesione e <strong>di</strong>sintegrazione, <strong>di</strong> maschilee femminile. "Nell'attuale concezione occidentale <strong>della</strong> natura pesa invece la<strong>di</strong>cotomia, il dualismo tra l'uomo e la donna e tra l'essere umano e la natura. Nellacosmologia in<strong>di</strong>ana la <strong>per</strong>sona umana e la natura sono un binomio nell'un<strong>it</strong>à… Il235


236mutamento ontologico (concernente la concezione del mondo, <strong>della</strong> realtà) <strong>per</strong> unfuturo ecologicamente sostenibile può trarre molto dalle interpretazioni del mondoelaborate da anti<strong>che</strong> civiltà e culture <strong>che</strong> sono sopravvissute in modo sostenibile <strong>per</strong>secoli e secoli. Esse si fondavano su un'ontologia del principio femminile comeprincipio v<strong>it</strong>ale e sulla continu<strong>it</strong>à ontologica tra la società e la natura: umanizzazione<strong>della</strong> natura e naturalizzazione <strong>della</strong> società".236


237INDICEIntroduzione. 1L'epistemologia. 3L'empiriocr<strong>it</strong>icismo: Avenarius, Mach, Poincaré. 4Il neopos<strong>it</strong>ivismo e il Circolo <strong>di</strong> Vienna. 10L'o<strong>per</strong>azionismo <strong>di</strong> Bridgman. 20Gaston Ba<strong>che</strong>lard. 22Karl Pop<strong>per</strong>. 25L'epistemologia post-pop<strong>per</strong>iana: Kuhn, Lakatos, Feyerabend. 37L'epistemologia fra realismo e antirealismo. 48La <strong>filosofia</strong> del linguaggio o <strong>filosofia</strong> anal<strong>it</strong>ica. 51Bertrand Russell. 54Eduard Moore. 60Ludwig W<strong>it</strong>tgenstein 64L'ermeneutica e Hans Gadamer. 72Sviluppi dell'ermeneutica: Pareyson e Ricoeur. 81Lo strutturalismo: De Saussure, Lévi-Strauss, Foucault,Lacan, Althusser, Chomsky. 90Gli sviluppi <strong>della</strong> <strong>filosofia</strong> marxista nel Novecento: Rosa Luxemburg,Lenin, Lukàcs, Korsch, Bloch, Labriola, Gramsci 103La Scuola <strong>di</strong> Francoforte e la teoria cr<strong>it</strong>ica <strong>della</strong> società: Horkheimer,Adorno, Marcuse, Fromm, Benjamin. 118Tra moderno e postmoderno. 130Jurgen Habermas. 133Karl Apel. 146Il postmoderno: Lyotard, Vattimo. 154Poststrutturalismo e post<strong>filosofia</strong>: Rorty, Derrida, Deleuze, Guattari. 170Il pensiero ebraico del Novecento: Rosenzweig, Buber, Levinas,Jonas, Hannah Arendt. 186Il rinnovamento <strong>della</strong> teologia nel Novecento. 206La neoscolastica e Jacques Mar<strong>it</strong>ain. 217Il <strong>per</strong>sonalismo e Mounier. 223Femminismo e <strong>filosofia</strong>. 228237


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