12.07.2015 Views

Bollettino 2-2011 - Ordine degli Psicologi dell'Emilia-Romagna

Bollettino 2-2011 - Ordine degli Psicologi dell'Emilia-Romagna

Bollettino 2-2011 - Ordine degli Psicologi dell'Emilia-Romagna

SHOW MORE
SHOW LESS
  • No tags were found...

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

A proposito di Etica<strong>Bollettino</strong> dell’<strong>Ordine</strong> <strong>degli</strong> <strong>Psicologi</strong> dell’Emilia-<strong>Romagna</strong> | numero 2 | novembre | duemilaundiciIl divieto di “insegnamento” di cui all’art. 21del Codice Deontologico <strong>degli</strong> <strong>Psicologi</strong> Italiani:ambito di applicazione e riflessioni pratichea cura di Sara Saguatti, Consulente Legale <strong>Ordine</strong> <strong>Psicologi</strong> Emilia-<strong>Romagna</strong>È oramai noto quanto affermato nella recentesentenza n. 10289/<strong>2011</strong> con cui il Tribunale diMilano si è pronunciato sull’annoso problemadell’insegnamento <strong>degli</strong> strumenti conoscitivi e diintervento riservati alla professione di Psicologo asoggetti estranei alla professione stessa ossia sullaportata applicativa del divieto disciplinato dall’articolo21 del Codice Deontologico.Si tratta, infatti, di un’importante presa di posizionesu un tema complesso e delicato che ha suscitatodiverse critiche anche da parte di <strong>Psicologi</strong>preoccupati di non potere più svolgere qualsivogliaattività di formazione a favore di terzi e di nonpotere più condividere, con chi Psicologo non è,nozioni e conoscenze di assoluta rilevanza per uncorretto approccio a situazioni e tematiche chespesso occorre affrontare, anche in un’ottica multidisciplinare,insieme ad altre figure, professionalie non.Non è ovviamente questa la sede per fornire risposecerte e definitive nell’ambito di un dibattitoche coinvolge innumerevoli aspetti e profili diche forse non cesseranno mai di essere riproposte.Scopo di questo breve scritto è, invece, quellodi fornire sintetici spunti di riflessione che, aprescindere dall’opinione di ciascuno sul temain questione, non possono e non devono esseredimenticati, specie ove si voglia approcciarela presente tematica seguendo una prospettivarealistica e, in ogni caso, costruttiva.Il riferimento è, innanzitutto, all’effettivo oggettodel divieto contenuto all’art. 21 che, a ben vedere,non riguarda certo il sapere e la cultura psicologiatout court, ma solo ed esclusivamente l’usodi strumenti conoscitivi e di intervento tipicidella professione di Psicologo.Occorre, infatti, operare una importante e nonscontata distinzione tra quelle che sono le conoscenzee le competenze psicologiche complessivamenteintese e quelli che ne costituiscono lepiù delicate, complesse e peculiari tecniche diapplicazione.Per quanto attiene alle prime, può affermarsicon certezza che esse non siano ricomprese neldivieto in argomento; ciò sia per ragioni letteralicosì non fosse, l’art. 21 risulterebbe addirittura incontrasto con l’art. 3 del medesimo Codice Deontologicoche, difatti, auspica la più ampia diffusionedello scibile psicologico sottolineando, comenoto, l’importanza di “accrescere le conoscenze sulcomportamento umano” e di “utilizzarle per promuovereil benessere psicologico dell’individuo, delgruppo e della collettività” e precisando, altresì, chelo psicologo “in ogni ambito professionale opera permigliorare la capacità delle persone di comprenderese stessi e gli altri e di comportarsi in maniera consapevole,congrua ed efficace”.Diverso discorso è da farsi per i secondi di cui, invece,è espressamente vietato l’insegnamento a soggettiestranei alla professione. Sul punto, occorresottolineare che – ferma restando ogni opinionepersonale in proposito circa la bontà o meno di unsimile divieto – non può in alcun modo ragionevolmentesostenersi che esso non abbia una suaintrinseca e certamente logica motivazione.La ratio dell’art. 21, infatti, non è affatto diversa daquella che ha motivato e sorretto il lungo percorsopolitico e legislativo che ha condotto al riconoscimentodella professione di Psicologo: tutelarel’utenza garantendo ai cittadini che le attività diprevenzione, diagnosi, abilitazione-riabilitazionee di sostegno in tale ambito fossero svolte esclusivamenteda professioni in possesso delle conoscenzepratico-teoriche indispensabili per la buonariuscita delle stesse, in un’ottica di salvaguardiadella salute pubblica. In particolare, così come leprestazioni di tipo psicologico sono state sottratteal libero esercizio da parte di chicchessia, analogamentegli strumenti e le metodologie che contraddistinguonodette prestazioni non possono enon devono essere insegnate a “chiunque” poichéin questo caso vi sarebbe il forte (e inaccettabile)interesse, né si ha la pretesa di sedare polemiche (nella norma non ve ne è traccia), sia perché, overischio che “chiunque” possa poi pensare di met-ben più pregnanti esigenze di tutela della sa-14 15terle in pratica pur non essendo sufficientementepreparato e, comunque, abilitato.Tali considerazioni introducono, ad avviso di chiscrive, la più grave contraddizione in cui incappanogli oppositori al divieto di cui all’art. 21: perchési dovrebbe volere insegnare l’utilizzo di simili strumentia soggetti non abilitati a servirsene?Tale interrogativo, infatti, non trova certo adeguatae soddisfacente risposta nelle motivazioni addotte,ad esempio, dalle Associazioni di counselor chehanno dato avvio al contenzioso conclusosi con lasentenza del Tribunale di Milano richiamata all’inizioe che hanno sostenuto come la preclusionecontenuta nel Codice Deontologico fosse illegittimaperché, da un lato, impediva di conseguireun (non meglio precisato) arricchimento culturalee dall’altro perché l’impossibilità di ricevere unadeguato insegnamento su tali metodi e tecnichenon consentirebbe di comprendere quali siano gliatti tipici della professione di Psicologo preclusialle altre figure professionali.Si tratta di argomentazioni che non convincono.L’arricchimento culturale non è difatti in alcunmodo impedito dal Codice Deontologico che,come visto, con altre norme auspica al contrario lamassima diffusione del sapere psicologico.Anche la presunta necessità di dover conosceregli strumenti e le metodiche tipiche della professionedi Psicologo per capire cosa è riservato atali professionisti e cosa no presta il fianco a faciliobiezioni: l’infermiere, per comprendere quale siail campo di intervento riservato al medico, deveforse essere messo nelle condizioni di conoscerecome operare chirurgicamente un paziente?Del resto, anche ove tali motivazioni fosseroconsiderate condivisibili, finirebbero inevitabilmenteper risultare recessive rispetto alle

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!