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LETTERA DOMINICAE CENAE DEL PAPA GIOVANNI PAOLO II A ...

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Bene comune della Chiesa12. Non possiamo, neanche per un attimo, dimenticare che l'eucaristia è un bene peculiare ditutta la Chiesa. E' il dono più grande che, nell'ordine della grazia e del sacramento, il divinosposo abbia offerto e offra incessantemente alla sua sposa. E proprio perché si tratta di untale dono, dobbiamo tutti, in spirito di profonda fede, lasciarci guidare dal senso di unaresponsabilità veramente cristiana. Un dono ci obbliga sempre più profondamente perché ciparla non tanto con la forza di uno stretto diritto, quanto con la forza dell'affidamentopersonale, e così - senza obblighi legali - esige fiducia e gratitudine. L'eucaristia è propriotale dono, è tale bene. Dobbiamo rimanere fedeli nei particolari a ciò che essa esprime in sée a ciò che a noi chiede, cioè il rendimento di grazie.L'eucaristia è un bene comune di tutta la Chiesa come sacramento della sua unità. E perciòla Chiesa ha il rigoroso dovere di precisare tutto ciò che concerne la partecipazione e lacelebrazione di essa. Dobbiamo quindi agire secondo i principi stabiliti dall'ultimo Concilioche, nella costituzione sulla sacra liturgia, ha definito le autorizzazioni e gli obblighi sia deisingoli Vescovi nelle loro diocesi, sia delle conferenze episcopali, dato che gli uni e le altreagiscono in una unità collegiale con la sede apostolica.Inoltre dobbiamo seguire le ordinanze emanate dai vari dicasteri in questo campo: sia inmateria liturgica, nelle regole stabilite dai libri liturgici, in quanto concerne il misteroeucaristico, e nelle istruzioni dedicate al medesimo mistero (cfr. Sacrae CongregationieRituum «Eucharisticum Mysterium»: AAS 59 [1967] 539-573; «Rituale Romanum», «Desacra communione et de cultu Mysterii eucharistici extra Missam», ed typica 1973; SacraeCongregationis pro Cultu Divino «Litterae circulares ad Conferentiarum EpiscopaliumPraesides de precibus eucharistici: AAS 65 [1973] 340-347), sia per quanto riguarda la«communicatio in sacris», nelle norme del «Directorium de re oecumenica» (cfr.«Directorium de re oecumenica», 38-63: AAS 59 [1967] 586-592) e nell'«Instructio depeculiaribus casibus admittendi alios christianos ad communionem eucharisticam inEcclesia catholica» (cfr. «Instructio de peculiaribus casibus admittendi alios christianos adcommunionem eucharisticam in Ecclesia catholica»: AAS 64 [1972] 518-525; cfr. etiam«Communicatio» subsequenti anno evulgata, ut eadem «Instructio recte applicaretur»: AAS65 [1973] 616-619). E sebbene in questa tappa di rinnovamento sia stata ammessa lapossibilità di una certa autonomia «creativa», tuttavia essa deve strettamente rispettare leesigenze dell'unità sostanziale. Sulla via di questo pluralismo (che scaturisce tra l'altro giàdall'introduzione delle diverse lingue nella liturgia) possiamo proseguire solo fino a quelpunto in cui non siano cancellate le caratteristiche essenziali della celebrazionedell'eucaristia e siano rispettate le norme prescritte dalla recente riforma liturgica.Occorre compiere dappertutto lo sforzo indispensabile, affinché nel pluralismo del cultoeucaristico, programmato dal Concilio Vaticano <strong>II</strong>, si manifesti l'unità di cui l'eucaristia èsegno e causa.Questo compito sul quale, per forza di cose, deve vigilare la sede apostolica, dovrebbeessere assunto non soltanto dalle singole conferenze episcopali, ma anche da ogni ministrodell'eucaristia e responsabile del bene comune di tutta la Chiesa. Il sacerdote come ministro,come celebrante, come colui che presiede all'assemblea eucaristica dei fedeli, deve avere unparticolare senso del bene comune della Chiesa, che egli rappresenta mediante il suoministero, ma al quale deve essere anche subordinato, secondo una retta disciplina dellafede. Egli non può considerarsi come «proprietario», che liberamente disponga del testoliturgico e del sacro rito come di un suo bene peculiare, così da dargli uno stile personale ePag. 16 di 19

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