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FONTI PER LA STORIOGRAFIA GRECA • ERODOTO

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<strong>FONTI</strong> <strong>PER</strong> <strong>LA</strong> <strong>STORIOGRAFIA</strong> <strong>GRECA</strong> • <strong>ERODOTO</strong>. Il proemio delle StorieἩροδότου Ἀλικαρνασσέως ἱστορίης ἀπόδεξις ἥδε, ὡςμήτε τὰ γενόμενα ἐξ ἀνθρώπων τῷ χρόνῳ ἐξίτηλαγένηται, μήτε ἔργα μεγάλα τε καὶ θωμαστά, τὰ μὲνἝλλησι, τὰ δὲ βαρβάροισι ἀποδεχθέντα, ἀκλέα γένηται,τά τε ἄλλα καὶ δι᾽ ἣν αἰτίην ἐπολέμησαν ἀλλήλοισι.Questo è il risultato della ricerca di Erodoto di Alicarnasso,afinché né gli avvenimenti umani col tempo divenganoopachi né le imprese grandi e ammirabili, sia quelledei Greci sia quelle dei Barbari, diventino prive di gloria,e – quanto al resto – anche [per chiarire] per quale ragioneportarono guerra gli uni contro gli altri.. Il logos di Creso (I ‐; )[Il saggio ateniese Solone], giunto in Egitto, fu ospitato daCreso nella reggia. Due o tre giorni dopo, per ordine delre, alcuni servitori lo condussero a visitare i tesori e glimostrarono quanto vi era di straordinario e sontuoso.Creso aspettò che Solone avesse osservato e consideratotutto per bene, poi al momento giusto gli chiese: «Ospiteateniese, ai nostri orecchi è giunta la tua fama, che ègrande sia a causa della tua sapienza sia per i tuoi viaggi,dato che per amore di conoscenza hai visitato molta partedel mondo: perciò ora m’ha preso un grande desideriodi chiederti se hai mai conosciuto qualcuno che fosse veramenteil più felice di tutti». Faceva questa domandaperché riteneva di essere lui l’uomo più ricco, ma Solone,evitando l’adulazione e badando alla verità, rispose:«Certamente, signore: Tello di Atene». Creso rimase sbalorditoda questa risposta, e lo incalzò con un’altra domanda:«E in base a quale criterio giudichi Tello l’uomopiù felice?». Solone spiegò : «Tello in un periodo di prosperitàper la sua patria ebbe dei igli sani e intelligenti etutti questi igli gli diedero dei nipoti, che crebbero tutti;lui stesso, poi, già cosı̀ fortunato in vita a mio giudizio, haavuto la ine più splendida: durante una battaglia combattutaa Eleusi dagli Ateniesi contro una città coninante,accorso in aiuto mise in fuga i nemici e morı̀ gloriosamente;e gli Ateniesi gli celebrarono un funerale di statonel punto esatto in cui era caduto e gli resero grandissimionori».. Quando Solone gli ebbe presentato la storia di Tello,cosı̀ ricca di eventi fortunati, Creso gli domandò chiavesse conosciuto come secondo dopo Tello, convinto diavere almeno il secondo posto. Ma Solone disse: «Cleobie Bitone (...)».. A quei due dunque Solone assegnava il secondoposto nella graduatoria della felicità. Creso si irritò e glidisse: «Ospite ateniese, la nostra felicità l’hai svalutata alpunto da non ritenerci neppure pari a cittadini qualunque?»E Solone rispose: «Creso, tu interroghi sulla condizioneumana un uomo che sa quanto l’atteggiamento divinosia pieno di invidia e pronto a sconvolgere ogni cosa.(...) Vedo bene che tu sei ricchissimo e re di moltegenti, ma ciò che mi hai chiesto io non posso attribuirlo ate prima di aver saputo se hai concluso felicemente la tuavita. Chi è molto ricco non è affatto più felice di chi vivealla giornata, se il suo destino non lo accompagna a morireserenamente ancora nella sua prosperità. (...) Maprima che sia morto bisogna sempre evitare di dirlo felice,soltanto fortunato. (...) Di ogni cosa bisogna indagarela ine: a molti il dio ha fatto intravedere la felicità e poine ha capovolto radicalmente il destino». Creso non rimaseper niente soddisfatto di questa spiegazione. Nontenne Solone nella minima considerazione, e lo congedò ;considerava senz’altro ignorante chi trascurava i benipresenti e di ogni cosa esortava a osservare la ine. (...). I Persiani occuparono Sardi e fecero prigionieroCreso al quattordicesimo anno del suo regno e al quattordicesimogiorno di assedio: Creso, come aveva previstol’oracolo, pose ine a un grande regno, il proprio. IPersiani, catturatolo, lo condussero davanti a Ciro. Ciroordinò di erigere una grande pira e vi fece salire Cresolegato in catene e con lui quattordici giovani Lidi: la suaintenzione era di consacrare queste primizie a qualchedio, o forse voleva sciogliere un voto; o forse addirittura,avendo sentito parlare della devozione di Creso, lo destinòal rogo curioso di vedere se qualche dio lo avrebbesalvato dal bruciare vivo. Cosı̀ agiva Ciro; ma a Creso,ormai in piedi sopra la pira, nonostante la drammaticitàdel momento, venne in mente il detto di Solone: «Nessunoche sia vivo è felice»; e gli parvero parole ispirate daun dio. Con questo pensiero, sospirando e gemendo, dopoun lungo silenzio, pronunciò tre volte il nome di Solone.Ciro lo udı̀ e ordinò agli interpreti di chiedere a Cresochi stesse invocando; essi gli si avvicinarono e lo interrogarono.Creso dapprima evitò di rispondere alle domande,poi, cedendo alle insistenze rispose: «Uno che avreidato molto denaro perché fosse venuto a parlare con tuttii re». Ma poiché queste parole suonavano incomprensibili,gli chiesero ulteriori spiegazioni. Visto che continuavanoa infastidirlo con le loro insistenze, raccontòcome una volta si fosse recato da lui Solone di Atene edopo aver visto le sue ricchezze le avesse disprezzate; neriferı̀ anche le affermazioni e narrò come poi tutto si fossesvolto secondo le parole che Solone aveva rivolto nonsoltanto a lui, Creso, ma a tutto il genere umano e specialmentea quanti a loro proprio giudizio si ritengono felici.Mentre Creso raccontava questi fatti, la pira, a cui erastato appiccato il fuoco, bruciava ormai tutto intorno. Ciroudı̀ dagli interpreti il racconto di Creso e cambiò parere:pensò che lui, semplice essere umano, stava mandandoal rogo, ancora vivo, un altro essere umano, che nongli era stato inferiore per fortune terrene; inoltre glivenne timore di una vendetta divina, al pensiero che nellacondizione dell’uomo non vi è nulla di stabile e sicuro,e ordinò di spegnere al più presto il fuoco ormai divampantee di far scendere Creso e i suoi compagni. Ma nonostantetutti i tentativi non riuscivano ad avere ragionedelle iamme.. La sventura di Adrasto (I ‐)Dopo la partenza di Solone Creso subı̀ la vendetta deldio: la subı̀, per quanto si può indovinare, perché aveva1


creduto di essere l’uomo più felice del mondo. Non eratrascorso molto tempo quando nel sonno ebbe un sognorivelatore: sognò le sventure che sarebbero poi effettivamentecapitate a suo iglio. Creso aveva due igli, unodei quali menomato (era muto), mentre l’altro, di nomeAtis, primeggiava fra i suoi coetanei in ogni attività; il sognoindicò a Creso chiaramente che Atis sarebbe mortocolpito da una punta di ferro. Al risveglio, quando si reseconto del contenuto del sogno, ne provò orrore; allorafece prendere moglie al iglio e siccome prima era abituatoa guidare l’esercito lidio, non lo inviò più in nessunluogo per incarichi di questo tipo. Frecce, giavellotti etutti quegli strumenti che si usano per combattere, li feceasportare dalle sale degli uomini e ammucchiare nellestanze delle donne, perché nessuno di essi, rimanendoappeso alle pareti, potesse cadere accidentalmente sul iglio.. Quando il iglio era impegnato nelle nozze, giunsea Sardi uno sventurato di nazionalità frigia e di stirpereale, le cui mani erano impure. Costui si presentò allareggia di Creso e chiese di ottenere la puriicazione secondole norme locali, e Creso lo puriicò. Il rituale di puriicazionedei Lidi è pressoché identico a quello dei Greci.Compiuti gli atti rituali, Creso gli chiese chi fosse e dadove venisse: «Straniero, chi sei? Da quale parte dellaFrigia sei venuto a rifugiarti presso il mio focolare? Qualeuomo o quale donna hai ucciso?» E quello rispose: «Signore,io sono nipote di Mida e iglio di Gordio, il mionome è Adrasto; sono qui perché senza volerlo ho uccisomio fratello e perché sono stato scacciato da mio padre eprivato di ogni cosa». Al che Creso disse: «Si dà il casoche tu sia discendente di persone legate a noi da vincolidi amicizia; e fra amici pertanto tu sei arrivato. Se rimanicon noi non ti mancherà nulla e se vivrai di buon cuorequesta tua disgrazia, avrai molto da guadagnarci».. E cosı̀ Adrasto soggiornava presso Creso quandocomparve sul monte Olimpo di Misia un grosso esemplaredi cinghiale che muovendo dalla montagna distruggevale coltivazioni dei Misi; più di una volta i Misi avevanoorganizzato battute di caccia, senza però riuscire ad arrecarglialcun danno, subendone anzi da lui. Inine deimessaggeri Misi si recarono da Creso e gli dissero: «O re,nella nostra regione è comparso un gigantesco cinghialeche ci distrugge le coltivazioni; e noi, con tutto l’impegnoche ci mettiamo, non riusciamo ad abbatterlo. Perciò orati preghiamo di mandare tuo iglio insieme con giovaniscelti e cani, cosı̀ potremo allontanarlo dai nostri territori».Queste erano le loro richieste, ma Creso, memore delsogno, rispose: «Quanto a mio iglio non se ne parlanemmeno: non lo posso mandare con voi perché si è appenasposato e ora ha da pensare a ben altro. Manderòinvece uomini scelti e ogni sorta di equipaggiamento utilealla caccia, e ordinerò agli uomini della spedizione digarantire tutto il loro impegno nell’aiutarvi a scacciare ilcinghiale dal vostro paese».. Ma mentre i Misi erano soddisfatti della rispostaricevuta, si fece avanti il iglio di Creso, che aveva udito lerichieste dei Misi; visto che suo padre si era riiutato diinviarlo con loro, il giovane gli disse: «Padre, una voltaper noi l’aspirazione più bella e più nobile consisteva nelmeritarsi gloria in guerra o nella caccia, ma ora tu mi vietientrambe le attività; eppure non hai certamente scortoin me qualche segno di vigliaccheria o di paura. Con qualefaccia ora devo mostrarmi fra la gente andando e venendoattraverso la città? Che opinione avranno di me icittadini, e mia moglie, che mi ha appena sposato? Conquale marito crederà di convivere? Adesso perciò o tu milasci partecipare alla caccia, oppure mi dai una spiegazionesuficiente a convincermi che è meglio non farlo».. E Creso rispose: «Figlio mio, io non agisco cosı̀perché abbia scorto in te vigliaccheria o qualche altra cosaspiacevole; ma una visione apparsami nel sonno midisse che tu avresti avuto una vita breve, che sarestimorto colpito da una punta di ferro. Perciò dopo il sognoaffrettai le tue nozze e perciò ora non invio te perl’impresa che ho accettato: agisco con cautela per vederese in qualche modo, inché sono vivo, riesco a sottrarti allamorte. Il destino vuole che tu sia il mio unico iglio:l’altro infatti, che è menomato, non lo considero tale».. E il giovane gli rispose: «Ti capisco, padre, e capiscole precauzioni che hai nei miei riguardi dopo un similesogno. Ma di questo sogno ti è sfuggito un particolareed è giusto che io te lo faccia notare. Dal tuo racconto risultache il sogno ti annunciava la mia morte come causatada una punta di ferro: e quali mani possiede un cinghiale?Quale punta di ferro di cui tu possa avere paura?Se ti avesse annunciato la mia morte come provocata dauna zanna o da qualcosa del genere, allora sarebbe statotuo dovere agire come agisci, ma ha parlato di una punta.E allora, visto che non si tratta di andare a combatterecontro dei guerrieri, lasciami partire».. E Creso concluse: «Figlio mio, si può dire chenell’interpretare il mio sogno tu batti le mie capacità digiudizio: e io, in quanto sconitto da te, cambio parere e tilascio partecipare alla caccia».. Detto ciò , Creso fece chiamare il frigio Adrasto alquale, quando lo ebbe davanti, pronunciò il seguente discorso:«Adrasto, ‐ disse ‐ tu eri stato colpito da una dolorosadisgrazia, che non ti rimprovero, e io ti ho puriicatoe accolto nella mia casa dove ora ti ospito offrendotiogni mezzo di sussistenza; adesso dunque, visto che perprimo ti ho concesso enormi favori, tu sei in debito versodi me di favori uguali; io desidero che tu vegli su mio iglioche sta partendo per una battuta di caccia, che lungola strada non vi si parino davanti pericolosi ladroni armatidi cattive intenzioni. Oltre tutto non puoi esimertidal recarti là dove tu possa segnalarti con qualche bellaimpresa: cosı̀ facevano i tuoi antenati, senza contare chele tue forze te lo consentono ampiamente».. E Adrasto gli rispose: «Sovrano, se non me lochiedessi tu, io non parteciperei a una simile impresa,perché non è decoroso per me, con la disgrazia che hoavuto, accompagnarmi a giovani della mia età dalla vitafelice: non è quanto io voglio, anzi ne farei volentieri ameno. Ma ora, poiché sei tu a spingermi e verso di te iodevo mostrarmi cortese, in debito come sono di enormifavori, ora sono disposto a farlo; tuo iglio, che afidi allamia sorveglianza, per quanto dipende da me fai pureconto di vederlo tornare sano e salvo».. Quando Adrasto ebbe dato a Creso la sua risposta,la spedizione partı̀, con ampio seguito di giovani scelti edi cani da caccia. Giunsero al monte Olimpo e cominciaronoa cercare il cinghiale; trovatolo lo circondarono epresero a scagliargli addosso i loro giavellotti: a questopunto l’ospite, proprio quello puriicato da Creso, Adrasto,nel tentativo di centrare il cinghiale inı̀ per sbagliar‐2


lo colpendo invece il iglio di Creso. Questi, traitto dallapunta, dimostrò l’esattezza profetica del sogno. Qualcunocorse ad annunciare a Creso l’accaduto: come giunse aSardi gli raccontò della battuta di caccia e della disgraziadel iglio.. Creso, sconvolto dalla morte del iglio, fu ancorapiù dispiaciuto per il fatto che a ucciderlo era statol’uomo da lui puriicato da un omicidio. Prostrato dallasciagura, invocava con rabbia Zeus Puriicatore, chiamandoloa testimone di ciò che aveva sofferto per manodel suo ospite, e lo invocava come protettore del focolaree dell’amicizia, sempre lo stesso dio ma con attributi diversi:in quanto protettore del focolare perché, avendoaccolto nella propria casa lo straniero, senza saperloaveva dato da mangiare all’uccisore di suo iglio, in quantoprotettore dell’amicizia perché lo aveva inviato comedifensore e se lo ritrovava ora odiosissimo nemico.. Più tardi tornarono i Lidi portando il cadavere edietro li seguiva il responsabile della disgrazia: Adrasto,in piedi di fronte al cadavere, si consegnava a Creso protendendole mani, invitandolo a immolarlo sul corpo deliglio; ricordava la precedente sventura e sosteneva dinon avere più diritto di vivere dato che aveva rovinatochi a suo tempo si era fatto suo benefattore. Creso, nonostanteil grande dolore per la disgrazia abbattutasi sullasua famiglia, udendo queste parole ebbe compassione diAdrasto e gli disse: «Ho già da parte tua ogni soddisfazionevisto che tu stesso ti assegni la morte come punizione.Tu non hai colpa di questa sciagura se non inquanto ne sei stato strumento involontario: il responsabileforse è un dio, che già da tempo mi aveva preannunciatoquanto sarebbe accaduto». Poi Creso diede al igliodegna sepoltura; Adrasto, discendente di Gordio e di Mida,uccisore del proprio fratello e uccisore di chi daquell’omicidio lo aveva puriicato, riconoscendo di esserel’uomo più sciagurato del mondo, attese che tutti si fosseroallontanati dal sepolcro e lı̀, proprio sulla tomba, sitolse la vita.. La partenza della lotta persiana nel a.C. (VII‐)Quando furono ad Abido Serse volle vedere l’esercito nelsuo insieme. Proprio a tale scopo gli avevano allestito suuna collina un trono di marmo bianco (...); quando fu làseduto, Serse osservò dall’alto sulla riva le truppe di terrae le navi. (...). Nel vedere l’intero Ellesponto coperto dalle navi etutte le rive e le piane di Abido formicolanti di uominisubito Serse si ritenne felice, ma poi pianse.. Se ne accorse Artabano, suo zio, lo stesso che giàin precedenza si era espresso con franchezza sconsigliandoa Serse la spedizione contro la Grecia. Egli, avendonotato le lacrime di Serse, gli disse: «Mio re, che reazionidiverse hai avuto, ora e poco fa: dopo esserti ritenutobeato, adesso piangi».. E Serse rispose: «Ho provato un senso di pietà apensare quanto sia breve la vita di un uomo, se nessunodi tutti costoro, che sono cosı̀ numerosi, vivrà ancora fracento anni». Replicò Artabano: «Cose ben più tristi diquesta soffriamo nel corso dell’esistenza. Non c’è uomo,né fra di loro né in tutto il mondo, che nell’arco di una vitacosı̀ breve sia tanto felice da non anteporre, non dicouna volta soltanto, ma spesso, la morte alla vita. Le disgrazieche ci colpiscono e le malattie che ci afliggono cifanno ritenere lunga l’esistenza, mentre essa è breve. Ecosı̀ la morte, essendo la vita un cumulo di affanni, è divenutaper l’uomo un rifugio ben preferibile; e il dio, dopoaverci fatto assaporare la dolcezza della vita, si rivelainvidioso».. Replicò a sua volta Serse: «Artabano, l’esistenzaumana è proprio come la giudichi tu. Ma smettiamo diparlarne: via le sventure dai nostri pensieri! Adesso tantebelle cose abbiamo per le mani (...)».. La battaglia di Maratona (VI ‐; ‐)Dopo la presa di Eretria e pochi giorni di sosta colà, salparonoverso la terra d’Attica, stringendo gli Ateniesi inuna morsa, convinti di destinarli alla stessa ine degliEretriesi. E poiché Maratona era, in Attica, la località piùadatta a operazioni di cavalleria, e vicinissima a Eretria,qui li guidò Ippia, iglio di Pisistrato.. Gli Ateniesi, come lo seppero, accorsero ancheloro a Maratona per difendersi, al comando di dieci strateghi;tra i dieci c’era Milziade, il cui padre Cimone, igliodi Stesagora, era stato costretto ad abbandonare Ateneda Pisistrato iglio di Ippocrate. Mentre era in esilio, poi,gli capitò di vincere alle Olimpiadi nella corsa delle quadrighe:riportando questa vittoria ripeteva l’impresa disuo fratello Milziade, iglio della stessa madre. Quindi,trionfando all’Olimpiade successiva con le stesse cavalle,cedette a Pisistrato l’onore di essere proclamato vincitoree avendogli lasciato la corona poté, grazie a esplicitiaccordi, rientrare in patria. Gli toccò poi di morire, dopoaver vinto un’altra Olimpiade con le stesse cavalle, equando ormai Pisistrato non era più in vita, per mano deiigli di Pisistrato. Essi lo fecero uccidere in una imboscatanotturna nei pressi del Pritaneo. Cimone giace sepoltofuori città, al di là della strada che attraversa la cosiddetta«Cava». Di fronte a lui stanno sepolte le cavalle chevinsero a tre Olimpiadi. Già altre cavalle, quelle di Evagoraiglio di Lacone, avevano compiuto la stessa impresa,ma sono i due soli casi. Il maggiore dei igli di Cimone,Stesagora, era in quel periodo in casa dello zio Milziade,nel Chersoneso; il più giovane si trovava ad Atene pressoCimone stesso e si chiamava Milziade, proprio come ilcolonizzatore del Chersoneso.. Allora, insomma, questo Milziade, comandaval’esercito ateniese; era arrivato dal Chersoneso ed erascampato due volte alla morte. Infatti non solo i Feniciche gli avevano dato la caccia ino a Imbro ci tenevanoassai a catturarlo e a consegnarlo al re, ma per giunta,proprio quando, sfuggito ai Fenici e arrivato in patria,era ormai convinto di essere in salvo, i suoi nemici, che loavevano atteso al varco, lo perseguirono penalmente accusandolodi essersi reso tiranno del Chersoneso. Sfuggitoanche a questi accusatori fu proclamato stratego diAtene, per scelta popolare.. E per prima cosa gli strateghi, mentre erano ancorain città, inviarono a Sparta come araldo il cittadinoateniese Filippide, che era, di professione, un messaggeroper le lunghe distanze. Filippide, come lui stesso raccontòe riferı̀ uficialmente agli Ateniesi, nei pressi delmonte Partenio, sopra Tegea, s’imbatté in Pan. Pan, dopoaver gridato a voce altissima il nome di Filippide, gli in‐3


giunse di chiedere agli Ateniesi perché mai non si curavanoaffatto di lui, benché fosse loro amico e li avesseaiutati molte volte in passato e fosse pronto a farlo per ilfuturo. E gli Ateniesi, una volta ristabilitasi la situazione,avendo creduto veritiero tale racconto, ediicarono aipiedi dell’acropoli un tempio di Pan, che venerano ognianno, dopo quel messaggio, con sacriici propiziatori euna corsa di iaccole.. Filippide, inviato dagli strateghi, proprio quellavolta lı̀, in cui disse che gli era apparso Pan, era già aSparta il giorno dopo la sua partenza dalla città di Atene.Presentatosi ai magistrati spartani, disse: «Spartani, gliAteniesi vi pregano di venire in loro soccorso e di nonpermettere che una città fra le più antiche della Greciacada in schiavitù per opera di genti barbare; è cosı̀: oragli Eretriesi sono schiavi e la Grecia risulta più debole,perché le manca una città importante». Egli dunque comunicavail messaggio che gli era stato afidato; gli Spartanidecisero sı̀ di inviare aiuti, ma non erano in grado diprovvedere subito, perché non volevano violare la legge:era infatti il nono giorno della prima decade del mese, e ilnono giorno non potevano partire, speciicarono, perchénon c’era ancora il plenilunio.. Ippia interpretò che la sua visione cosı̀ avevaavuto compimento. Agli Ateniesi schierati nell’area delsantuario di Eracle giunsero in soccorso i Plateesi tutti;in effetti i Plateesi si erano messi sotto la protezione diAtene, e gli Ateniesi si erano già sobbarcati varie gravoseimprese per loro. Ecco come si erano svolte le cose. Oppressidai Tebani, i Plateesi si erano rivolti in un primomomento a Cleomene iglio di Anassandrida e agli Spartani,che si trovavano per caso da quelle parti; ma essinon accettarono, con questa spiegazione: «Noi abitiamolontano, e quindi il nostro soccorso si rivelerebbe ineficace;più d’una volta rischiereste di essere ridotti inschiavitù , prima che qualcuno di noi venga a saperlo. Viconsigliamo di afidarvi agli Ateniesi: stanno qui vicino enon sono alleati di poco conto». Gli Spartani diedero questosuggerimento non tanto per simpatia verso i Plateesiquanto desiderando dare noie agli Ateniesi impegnaticontro i Beoti. Tale dunque il consiglio degli Spartani aiPlateesi, ed essi non lo trascurarono, anzi mentre gliAteniesi offrivano sacriici ai dodici dèi, si piazzaronocome supplici presso l’altare e si posero sotto la loro protezione.I Tebani, quando lo seppero, marciarono controPlatea, e gli Ateniesi accorsero a difendere i Plateesi. Stavanogià per ingaggiare battaglia, ma i Corinzi non loconsentirono; si trovavano nei paraggi e riconciliarono idue contendenti, che si erano rimessi a loro, delimitandoi rispettivi territori, alla condizione che i Tebani lasciasseroliberi i Beoti non più disposti a far parte della legabeotica. I Corinzi, deciso cosı̀, se ne andarono; i Beoti assalironogli Ateniesi mentre si allontanavano, ma nellabattaglia seguita all’assalto ebbero la peggio. Gli Ateniesiviolarono i limiti territoriali issati per i Plateesi dai Corinzi,li superarono e stabilirono come conine per i Tebani,dalla parte di Platea e di Isie, lo stesso iume Asopo.Cosı̀ dunque, come ho raccontato, i Plateesi si erano postisotto la protezione degli Ateniesi, allora poi erano giuntia Maratona per battersi al loro ianco.. Le opinioni degli strateghi ateniesi erano discordi:mentre alcuni non volevano ingaggiare battaglia (sostenendoche erano pochi per misurarsi con l’esercitomedo) altri invece, tra i quali Milziade, spingevano in talsenso. Erano dunque cosı̀ divisi e stava prevalendol’opinione peggiore; ma esisteva una undicesima personacon diritto di voto, e cioè il cittadino estratto a sorte perla carica di polemarco in Atene (anticamente, infatti, gliAteniesi attribuivano al polemarco lo stesso diritto di votodegli strateghi). In quel momento era polemarco Callimacodi Aidna; Milziade si recò da lui e gli disse: «Callimaco,ora dipende da te rendere schiava Atene, oppureassicurarle la libertà e lasciare di te, inché esisterà il genereumano, un ricordo quale non lasciarono neppureArmodio e Aristogitone. Oggi gli Ateniesi si trovano difronte al pericolo più grande mai incontrato dai tempidella loro origine: se chineranno la testa davanti ai Medi,è già deciso cosa patiranno una volta nelle mani di Ippia;ma se vince, questa città è tale da diventare la prima dellaGrecia. E ora ti spiego come ciò sia possibile e comel’intera faccenda sia venuta a dipendere da te. Noi strateghisiamo dieci e siamo divisi fra due diversi pareri: alcunidi noi sono propensi a combattere, altri no. Ebbene,se non scendiamo in campo io mi aspetto che una ventatadi discordia investa gli Ateniesi e ne sconvolga le menti,inducendoli a passare con i Medi. Se invece attacchiamoprima che questa peste si propaghi ai cittadini, se glidèi si mantengono imparziali, noi siamo in grado di uscirevincitori dalla lotta. Tutto questo riguarda te e da tedipende; infatti se tu ti schieri sulle mie posizioni, per tela patria sarà salva e Atene la prima città della Grecia. Seinvece ti schieri con chi è per il no, accadrà esattamenteil contrario di quanto ti ho detto in positivo».. Con tali parole Milziade si garantı̀ l’appoggio diCallimaco, e grazie al voto aggiuntivo del polemarco sidecise di dare battaglia. Dopodiché gli strateghi favorevoliallo scontro, quando a ciascuno di loro toccava ilturno di comando, lo cedevano a Milziade; Milziade accettava,ma non attaccò battaglia inché non giunse il suoturno effettivo.. Quando toccò a lui, allora gli Ateniesi si schieraronoin ordine di combattimento. Alla testa dell’ala destrac’era il polemarco [Callimaco]. Infatti all’epoca laconsuetudine ateniese voleva cosı̀, che il polemarco guidassel’ala destra. Da lı̀ si allineavano le tribù , una accantoall’altra, secondo il loro numero; l’ultimo posto, cioèl’ala sinistra, l’occupavano i Plateesi. E dal giorno di questabattaglia, quando gli Ateniesi offrono sacriici durantele feste quadriennali, l’araldo di Atene invoca prosperitàper i suoi concittadini e insieme anche per i Plateesi.Ma ecco cosa si veriicò allorquando gli Ateniesi si schieraronoa Maratona: il loro schieramento rispondeva inlunghezza a quello dei Medi, ma il centro era composto dipoche ile, e in questo punto l’esercito era assai debole, ledue ali erano invece ben munite di soldati.. Quando furono ai loro posti e i sacriici ebberodato esito favorevole, gli Ateniesi, lasciati liberi di attaccare,si lanciarono in corsa contro i barbari; fra i dueeserciti non c’erano meno di otto stadi. I Persiani vedendoliarrivare di corsa si preparavano a riceverli e attribuivanoagli Ateniesi follia pura, autodistruttiva, constatandoche erano pochi e che quei pochi si erano lanciatidi corsa, senza cavalleria, senza arcieri. Cosı̀ pensavano ibarbari; ma gli Ateniesi, una volta venuti in massa allemani con i barbari, si battevano in maniera memorabile.Furono i primi fra tutti i Greci, a nostra conoscenza, a tol‐4


lerare la vista dell’abbigliamento medo e degli uominiche lo vestivano; ino ad allora ai Greci faceva paura anchesemplicemente udire il nome dei Medi.. A Maratona si combatté a lungo. I barbari ebberoil sopravvento al centro dove erano schierati i Persianistessi e i Saci; qui i barbari prevalsero, sfondarono le iledei nemici e li inseguirono nell’interno. Invece alle dueali la spuntavano gli Ateniesi e i Plateesi; essi, vincendo,lasciarono scappare i barbari volti in fuga, e operata unaconversione delle due ali affrontarono quelli che avevanospezzato il loro centro; gli Ateniesi ebbero la meglio. Inseguironoi Persiani in fuga facendone strage, inché,giunti sulla riva del mare, ricorsero al fuoco e cercaronodi catturare le navi.. In questa impresa morı̀ il polemarco [Callimaco],dimostratosi un uomo valoroso, e fra gli strateghi Stesilao,iglio di Trasilao; inoltre Cinegiro, iglio di Euforione,mentre si afferrava agli aplustri di una nave cadde con lamano troncata da un colpo di scure; e perirono molti altriillustri Ateniesi.. In tal modo gli Ateniesi catturarono sette navinemiche; sulle rimanenti i barbari presero il largo e, caricatigli schiavi di Eretria dall’isola dove li avevano lasciati,doppiarono il Capo Sunio, con l’intenzione di arrivaread Atene prima delle truppe ateniesi. In Atene corsepoi la voce accusatrice che essi avessero concepito questopiano grazie alle macchinazioni degli Alcmeonidi. Essi,infatti, d’accordo con i Persiani avrebbero fatto segnalicon uno scudo quando questi erano già sulle navi.. I Persiani, insomma, doppiavano il Sunio. GliAteniesi il più velocemente possibile corsero a difenderela città, e riuscirono a precedere l’arrivo dei barbari; partitidal santuario di Eracle a Maratona, vennero ad accamparsiin un’altra area sacra ad Eracle, quella del tempiodi Cinosarge. I barbari, giunti in vista del Falero (eraquello allora il porto di Atene), sostarono alla sua altezzae poi volsero le prue e tornarono in Asia.. Nella battaglia di Maratona morirono barbaricirca e Ateniesi. Tanti caddero da una parte edall’altra; lı̀ accadde pure un fatto prodigioso: un soldatoateniese, Epizelo iglio di Cufagora, mentre combattevanella mischia comportandosi da valoroso, perse la vista,senza essere stato ferito o colpito da lontano in alcunaparte del corpo, e, da allora in poi, per tutto il resto dellasua vita, rimase cieco. Ho sentito dire che lui a propositodella sua disgrazia raccontava cosı̀: a Epizelo era parso diavere di fronte un oplita gigantesco, la cui barba facevaombra a tutto lo scudo; questa apparizione gli era poi solopassata accanto, ma aveva abbattuto il soldato al suoianco. Cosı̀, mi dissero, raccontava Epizelo.i Persiani, Artaicte ed Eobazo scapparono di notte e si dileguaronocalandosi dal lato posteriore della cinta, dovepiù scarsa era la presenza dei nemici. Fattosi giorno, iChersonesiti dalle mura segnalarono l’accaduto agli Ateniesie spalancarono le porte. La maggior parte degliAteniesi si lanciò all’inseguimento, gli altri occuparono lacittà.. Eobazo, riparato in Tracia, lo catturarono i TraciAbsinti e lo sacriicarono al dio indigeno Plistoro, secondoil loro costume; i suoi compagni li uccisero in altromodo. Artaicte e i suoi uomini, ultimi a darsi alla fuga, intercettatipoco sopra Egospotami, resistettero a lungo,poi in parte caddero in parte furono fatti prigionieri. IGreci li incatenarono e li condussero a Sesto, e con loroArtaicte, legato, insieme a suo iglio.. I Chersonesiti raccontano che a uno dei suoi custodiaccadde un fatto prodigioso mentre stava cucinandodei pesci disseccati: questi, posti sul fuoco, saltavano eguizzavano come pesci appena pescati. Tutti i presentierano allibiti; invece Artaicte, come vide il portento,chiamò l’uomo che cucinava i pesci e gli disse: «Stranierodi Atene, non avere paura di questo prodigio! Non si èveriicato per te: ma Protesilao di Eleunte vuole farmisapere che anche da morto e imbalsamato ha dagli dèi laforza di vendicarsi di chi lo ha oltraggiato. Ora io desideropagare la mia pena e offrire al dio cento talenti incambio delle ricchezze che ho asportato dal tempio; sesopravvivo, poi, per me e per mio iglio verserò duecentotalenti agli Ateniesi». Ma pur con queste promesse nonpersuase lo stratego Santippo. I cittadini di Eleunte, in effetti,per vendicare Protesilao, gli chiedevano di metterea morte Artaicte, e anche lo stratego inclinava alla stessaidea. Lo trascinarono proprio sulla costa dove Serse avevaaggiogato lo stretto, altri dicono sulla collina che sovrastala città di Madito, lo inchiodarono e appesero auna tavola, e sotto i suoi occhi gli lapidarono il iglio.. Fatto ciò, ritornarono in Grecia portandosi via,con tutto il resto, anche le funi dei ponti, per offrirle invoto ai santuari.. L’ultima pagina delle Storie: la presa di Sestosull’Ellesponto (IX ‐)L’assedio si prolungava e sopraggiunse l’autunno. GliAteniesi erano avviliti perché si trovavano lontano dalproprio paese e perché non riuscivano a conquistare lafortezza, e chiedevano agli strateghi di ricondurli indietro;ma questi si riiutavano di farlo prima di averla conquistatao di essere richiamati dallo stato ateniese. (...). All’interno della cinta erano ormai giuntiall’estremo, al punto di bollire e di mangiarsi le cinghiedei letti. Quando non ebbero più nemmeno questo, allora5

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