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1 Chiara Giovannucci Orlandi Alma Mater Università di Bologna La ...

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Pubblicato in CNF:<strong>La</strong> risoluzione stragiu<strong>di</strong>ziale delle controversie e il ruolo dell’avvocatura, a cura <strong>di</strong> Alpa-Danovi, Giuffrè, 2004, p.211 ss.<strong>Chiara</strong> <strong>Giovannucci</strong> <strong>Orlan<strong>di</strong></strong><strong>Alma</strong> <strong>Mater</strong> Università <strong>di</strong> <strong>Bologna</strong><strong>La</strong> conciliazione stragiu<strong>di</strong>ziale: struttura e funzioni •1. Gli strumenti alternativi <strong>di</strong> soluzione delle controversiePer assolvere al compito che mi è stato affidato, cercherò dapprima <strong>di</strong> porre in evidenza leprincipali <strong>di</strong>fferenze tra gli strumenti alternativi <strong>di</strong> risoluzione delle controversie che oggioffre il panorama legislativo italiano. Mi concentrerò poi sulla conciliazione, per analizzarealcuni tra i più recenti interventi legislativi in materia, allo scopo <strong>di</strong> verificare se il nostrolegislatore stia seguendo un in<strong>di</strong>rizzo specifico o, al contrario, si stia ancora movendo invarie <strong>di</strong>rezioni in attesa <strong>di</strong> una normativa–quadro che ancora non c’è.Gli istituti che ci interessano sono principalmente, arbitrato, conciliazione e transazione.<strong>La</strong> prima <strong>di</strong>stinzione tra essi consiste nel fatto che l’arbitrato, essendo un giu<strong>di</strong>zio, se puremanato da un privato, dà una soluzione alle controversie, mentre transazione econciliazione le estinguono.A tale contrapposizione, che riguarda lo scopo perseguito, si affianca l’ulteriore <strong>di</strong>stinzionebasata sulla <strong>di</strong>versa struttura degli istituti in esame. Si <strong>di</strong>stingue infatti tra procedure <strong>di</strong>eterocomposizione delle controversie, che prevedono l’intervento attivo <strong>di</strong> un terzo conpoteri decisori (processo civile, arbitrato) e procedure <strong>di</strong> autocomposizione dellecontroversie, nelle quali sono le parti <strong>di</strong>rettamente interessate a stabilire i termini del loroaccordo (transazione). <strong>La</strong> conciliazione si pone in una posizione interme<strong>di</strong>a: l’accordoconciliativo nasce infatti dalla volontà delle parti cui si affianca un terzo il cui ruolo èprincipalmente compositivo (c.d. autocomposizione etero<strong>di</strong>retta).Principale elemento comune, è la loro origine sul piano sostanziale quali esercizio delprincipio dell’autonomia negoziale, ma per quanto riguarda l’efficacia del risultato chepossono produrre, la situazione è parzialmente <strong>di</strong>versa.Ai due estremi troviamo da un lato l’arbitrato rituale, e dall’altro la transazione e l’arbitratoirrituale, mentre la conciliazione, <strong>di</strong> regola nella stessa posizione <strong>di</strong> questi ultimi, puòtalvolta assumere la stessa efficacia del primo.1


L’arbitrato rituale, al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> tutte le più recenti polemiche sulla sua reale natura, dopo lariforma del ’94, sfocia in un provve<strong>di</strong>mento, il lodo, che, quanto ad efficacia, è totalmenteequiparabile ad una sentenza. Solo qualora contenga una condanna e questa non siaspontaneamente adempiuta, necessita dell’exequatur del giu<strong>di</strong>ce, allo scopo <strong>di</strong> dar vita aquel titolo esecutivo che consente l’inizio del processo esecutivo.Il lodo frutto <strong>di</strong> un arbitrato irrituale (se si esclude quanto previsto dall’art. 412-quater,c.p.c.) e la transazione invece, restano rigorosamente sul piano negoziale, identificandosiil primo con un contratto ed essendo il secondo previsto come tale dall’art.1965 c.c. Il cheequivale ad affermare che in caso <strong>di</strong> inadempimento sarà necessario prima a<strong>di</strong>re il giu<strong>di</strong>cedella cognizione e poi, ottenuto il titolo esecutivo, ricorrere ad un processo esecutivo.Per la conciliazione bisogna fare una <strong>di</strong>stinzione tra la regola e l’eccezione.<strong>La</strong> regola è che il risultato del proce<strong>di</strong>mento conciliativo, il c.d. verbale <strong>di</strong> conciliazione,che contiene l’accordo delle parti, limita il suo valore al piano contrattuale; l’eccezioneinvece si ha in quei casi in cui il legislatore espressamente dà a questo documento laqualifica <strong>di</strong> titolo esecutivo, consentendo <strong>di</strong> agire <strong>di</strong>rettamente in via esecutiva nei confrontidella parte inadempiente.Ciò può avvenire: a) in conseguenza dello svolgimento della procedura davanti al giu<strong>di</strong>ce,per cui il verbale <strong>di</strong> conciliazione redatto in sede giuris<strong>di</strong>zionale contenziosa ha sempreefficacia <strong>di</strong> titolo esecutivo; b) per il riconoscimento che il legislatore da’ alla particolarequalificazione del terzo, richiedendo per lo più un mero controllo formale ad opera <strong>di</strong> ungiu<strong>di</strong>ce. Ciò, come vedremo, si ha, de iure con<strong>di</strong>to, sia nelle ipotesi <strong>di</strong> conciliazioneextragiu<strong>di</strong>ziale-strumentale, sia in talune ipotesi <strong>di</strong> conciliazione convenzionale.Ma proseguiamo l’analisi degli elementi comuni e delle <strong>di</strong>fferenze.Come già ricordato, nella conciliazione e nell’arbitrato rituale e non, si ha la presenza <strong>di</strong> unterzo, al contrario <strong>di</strong> quanto avviene nella transazione, ma ciò nonostante sia nellatransazione sia nella conciliazione il risultato è frutto della <strong>di</strong>retta volontà delle parti,mentre in entrambe le forme <strong>di</strong> arbitrato, il risultato è il frutto del giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> un terzo. Senzadubbio, anche in questo caso, la volontà delle parti ha un ruolo decisivo nel momento dellaconclusione dell’accordo compromissorio ( sia esso compromesso o clausola* Il testo qui pubblicato, riproduce, la Relazione presentata all’incontro “ Il servizio <strong>di</strong> conciliazione delleCamere <strong>di</strong> commercio”, Sondrio, 1 <strong>di</strong>cembre 2003.2


compromissoria), ma in seguito prevale il giu<strong>di</strong>zio del terzo e questo sia nell’arbitratorituale che irrituale.A proposito <strong>di</strong> quest’ultimo si è spesso parlato <strong>di</strong> un’assimilazione alla transazione, ma ciòcome abbiamo visto è esatto solo per quanto riguarda l’efficacia puramente contrattuale <strong>di</strong>entrambi. Rispetto al contenuto infatti, sappiamo bene che la transazione implica ilconcretizzarsi <strong>di</strong> reciproche concessioni, mentre il lodo anche irrituale consiste,<strong>di</strong> regola,nell’accertamento da parte <strong>di</strong> un terzo dell’effettiva situazione sostanziale e può quin<strong>di</strong>comportare il totale accoglimento della domanda <strong>di</strong> una parte. Anche se può sembrareparadossale, il lodo irrituale resta giu<strong>di</strong>zio pure se gli arbitri sono stati autorizzati dalle partia decidere in modo transattivoLimitandoci ora agli strumenti che prevedono la presenza <strong>di</strong> un terzo, un’altrafondamentale <strong>di</strong>fferenza si ha per quanto riguarda la possibilità che l’uso <strong>di</strong> tali strumentialternativi <strong>di</strong> soluzione delle controversie, sia previsto come obbligatorio dalla legge. Alcontrario <strong>di</strong> quanto è avvenuto in materia <strong>di</strong> arbitrato, per il quale la Corte Costituzionaleha da tempo ( tra le prime la sentenza n.127/1977) sancito il <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> obbligatorietà exlege, non vi sono a priori ostacoli <strong>di</strong> natura costituzionale alla previsione <strong>di</strong> tentativiobbligatori <strong>di</strong> conciliazione, ma piuttosto dubbi <strong>di</strong> opportunità. Si ritiene infatti che più vienegarantita la volontarietà della conciliazione maggiore è la possibilità <strong>di</strong> ottenere risultatipositivi. Ciò non toglie, che una previsione <strong>di</strong> obbligatorietà, limitata ad alcune materie o,forse meglio, prevista in via sperimentale per un certo tempo, potrebbe essere <strong>di</strong> aiuto alla<strong>di</strong>ffusione dell’istituto, così come è avvenuto nell’esperienza <strong>di</strong> altri paesi quali l’Argentina.Il ruolo del terzo è del resto estremamente <strong>di</strong>fferente nell’arbitrato e nella conciliazionenella quale il compito <strong>di</strong> questo è esclusivamente quello <strong>di</strong> facilitare il raggiungimentodell’accordo <strong>di</strong>retto tra le parti, provocando solo un breve ritardo nell’accesso alla giustizia,qualora il tentativo non riesca.Infatti una volta che sia stata fatta la scelta arbitrale, la legge <strong>di</strong>rettamente o la volontàdelle parti ( eventualmente richiamando un Regolamento arbitrale), consentono che laprocedura prosegua fino al lodo anche in presenza dell’inerzia <strong>di</strong> una <strong>di</strong> esse e<strong>di</strong>n<strong>di</strong>pendentemente da suoi successivi ripensamenti.3


Nella conciliazione, invece, la volontà delle parti e la loro spontanea collaborazione èin<strong>di</strong>spensabile fino al raggiungimento dell’accordo, come del resto è inevitabile data lanatura consensualistica <strong>di</strong> tutta la procedura <strong>di</strong> conciliazione.Un’altra <strong>di</strong>fferenza invece non giustificabile né auspicabile, è quella oggi presente perquanto riguarda la vincolatività della clausola compromissoria da una parte e <strong>di</strong> quella <strong>di</strong>conciliazione dall’altra , quando volontariamente inserite in un contratto.Com’è noto la clausola compromissoria ha un duplice effetto da tempo riconosciuto sia alivello nazionale che internazionale: da un lato deroga alla giuris<strong>di</strong>zione obbligando ilgiu<strong>di</strong>ce , in presenza <strong>di</strong> un‘eccezione <strong>di</strong> parte, a <strong>di</strong>chiarare la propria impossibilità <strong>di</strong>affrontare il merito della questione, dall’altro investe gli arbitri del potere <strong>di</strong> decidere sulcaso.L’efficacia della clausola <strong>di</strong> conciliazione al contrario, non è, fino ad oggi, espressamenteregolata, né ha ottenuto un adeguato riconoscimento a livello giurisprudenziale.Non potendo essere considerata, nel silenzio della legge, un presupposto processuale,fino ad ora il suo mancato rispetto è stato per lo più valutato al pari dell’inadempimento <strong>di</strong>una qualunque clausola contrattuale con conseguente, richiesta <strong>di</strong> risarcimento del danno,che oltre ad essere eventuale è anche <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficile valutazione. Solo in limitati casi è statainvece equiparata ad un pactum de non petendo, con successiva <strong>di</strong>chiarazione <strong>di</strong>inammissibilità della domanda. ( Corte Cass., 27 gennaio 2001 ,n. 1191)Anche a livello internazionale del resto, la situazione è ancora molto fluida. E’ del febbraio<strong>di</strong> quest’anno, ad esempio, una sentenza della Cassazione francese a sezioni unite (n.217del 14 febbraio 2003) che , nel cercare <strong>di</strong> offrire un’interpretazione unitaria delle varieipotesi affrontate fino ad allora dalle singole sezioni, propone che venga considerata lavincolatività della clausola che viene così a costituire un fin de non recevoir. E’ evidentecome il punto sia <strong>di</strong> grande rilievo per lo sviluppo dell’istituto ed oggi l’Italia, comevedremo, si pone all’avanguar<strong>di</strong>a per le positive novità introdotte col d.lgs. 5/2003 sulprocesso societario.2.<strong>La</strong> conciliazioneLo sviluppo degli strumenti alternativi che non portano ad una decisione vincolante, è inItalia decisamente recente, ma anche a livello internazionale e comunitario è stata negliultimi tempi rivolta ad essi una particolare attenzione.A livello comunitario, i primi interventi della Commissione europea, si sono de<strong>di</strong>cati ai4


“Principles applicable to the bo<strong>di</strong>es responsible for out-of-court settlement of consumer<strong>di</strong>sputes” ( Raccomandazione 98/257/EC, del 30 marzo 1998), relativi agli strumenti acontenuto “decisorio” quale l’arbitrato ed ai “Principi applicabili agli organi extragiu<strong>di</strong>zialiche partecipano alla risoluzione consensuale delle controversie in materia <strong>di</strong> consumo(Raccomandazione C (2001) 1016, del 4 aprile 2001), relativi a strumenti “non decisori”quali la conciliazione.Solo <strong>di</strong> recente (19.04.2002) la Commissione ha <strong>di</strong>ffuso un “Libro Verde relativo ai mo<strong>di</strong>alternativi <strong>di</strong> risoluzione delle controversie in materia civile e commerciale”, sostenendol’opportunità che tali strumenti siano garantiti per la soluzione extragiu<strong>di</strong>ziale <strong>di</strong> tutte lecontroversie civili e commerciali.Nel corso del 2002 anche a livello internazionale, vi è stata la pubblicazione <strong>di</strong> unainteressantissima Model <strong>La</strong>w on International Commercial Conciliationda partedell’Uncitral ( www.uncitral.org), che propone ai vari Stati un modello <strong>di</strong> legge tendente afavorire l’uniformazione delle legislazioni sul tema.Anche in Italia la crisi della giustizia or<strong>di</strong>naria, già in atto da tempo, ha provocato un nuovointeresse verso l’ uso degli strumenti alternativi, invero più sul piano dei progetti <strong>di</strong> leggeche non della prassi. Là dove la sproporzione economica tra i costi del processo ed ilvalore delle controversie è l’elemento principale, si è finito con il rinunciare allasod<strong>di</strong>sfazione dei propri <strong>di</strong>ritti, mentre dove la rilevanza degli interessi in gioco è tale danon consentire una rinuncia, si è cominciato a guardare all’arbitrato soprattutto perottenere in tempi brevi una giustizia più “specializzata”.E questo pur prevedendo il nostro or<strong>di</strong>namento, sia la figura del giu<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> paceche ilcompito <strong>di</strong> tentare la conciliazione in capo ad ogni giu<strong>di</strong>ce nel corso <strong>di</strong> un qualunqueprocesso.Soprattutto il problema relativo alle c. d. small claims, ha fatto sì che iniziasse unmovimento tendente a rivitalizzare la conciliazione. Non solo per dare una risposta <strong>di</strong>5


giustizia alle controversie <strong>di</strong> minor valore, ma anche per cercare uno strumento deflattivodell’immane carico <strong>di</strong> lavoro dei giu<strong>di</strong>ci or<strong>di</strong>nari. Bisogna del resto sottolineare, comeesistono in realtà, anche a livello internazionale, concezioni molto <strong>di</strong>verse tra loro dellaconciliazione e gran parte delle <strong>di</strong>fferenze riguardano proprio il ruolo che il terzo deve/puòsvolgere per raggiungere il risultato.Ad una conciliazione “forte”, <strong>di</strong> stampo americano, dove il me<strong>di</strong>ator, svolge un ruolo quasicompletamente passivo, si contrappongono altri modelli nei quali il terzo conciliatore hafunzioni <strong>di</strong> maggior peso, potendo incidere, con la sua proposta che talvolta è tenuto aformulare, sul contenuto e sulle modalità dell’accordo conciliativo.3. Conciliazione o me<strong>di</strong>azione?A questo punto pare opportuno un primo rilievo <strong>di</strong> carattere puramente terminologico, che,lungi dal riguardare esclusivamente il nostro or<strong>di</strong>namento, a ben vedere, dovrà esserechiarito a livello europeo.<strong>La</strong> Model <strong>La</strong>w propone per altro, una definizione molto chiara che si sta imponendo nellepiù recenti proposte legislative nazionali e non.Art. 1 comma 2, “conciliation” means a process, whether referred to by the expressionconciliation, me<strong>di</strong>ation or an expression of similar import, whereby parties request a thirdperson or persons (“the conciliator”) to assist them in their attempt to reach an amicablesettlement of their <strong>di</strong>spute arising out of or relating to a contractual or other legalrelationship. The conciliator does not have the authority to impose upon the parties asolution to the <strong>di</strong>spute”6


Nella legislazione italiana solo i termini conciliatore e conciliazione sono in effetti utilizzatidal legislatore per in<strong>di</strong>care i casi in cui un terzo aiuta le parti a superare la lite tra loroinsorta tramite il raggiungimento <strong>di</strong> un accordo formalizzato nel verbale <strong>di</strong> conciliazione.Di recente, anche nel nostro or<strong>di</strong>namento, il termine me<strong>di</strong>azione, per quanto in assenza <strong>di</strong>un’espressa previsione legislativa, ha acquistato una sua autonomia. L’uso <strong>di</strong> tale termineè legato alle ipotesi <strong>di</strong> conciliazioni relative a settori <strong>di</strong>versi da quello civile e commerciale:si parla, infatti , <strong>di</strong> me<strong>di</strong>azione familiare, me<strong>di</strong>azione penale, e, ancora, me<strong>di</strong>azionesociale e scolastica.In attesa dunque <strong>di</strong> una uniforme definizione terminologica degli istituti <strong>di</strong> cui ci occupiamo,l’unica <strong>di</strong>fferenziazione che va richiamata, e a cui spesso consegue a livello comparatisticol’uso <strong>di</strong> due termini <strong>di</strong>versi, è quella tra conciliazione facilitativa e conciliazionevalutativa.Con la prima si allude all’ipotesi in cui il terzo si astiene dal proporre qualunque soluzionealle parti, limitandosi al fare emergere i loro veri interessi, nella speranza che da questaconsapevolezza derivi il superamento del conflitto e, quin<strong>di</strong>, il raggiungimento dell’accordo.Nella seconda ipotesi il conciliatore assume un ruolo molto più attivo poiché, effettuatal’analisi delle rispettive pretese delle parti, della loro fondatezza giuri<strong>di</strong>ca, delle possibilità<strong>di</strong> successo in sede <strong>di</strong> giustizia or<strong>di</strong>naria, formula una proposta da sottoporre all’accordodelle parti. In taluni <strong>di</strong>scutibili casi, ad esempio nella legislazione italiana, tale propostadeve comunque essere formalizzata e, se respinta dalle parti, può avere un’influenza sulprocesso or<strong>di</strong>nario instaurato successivamenteSpesso nel quadro internazionale il termine me<strong>di</strong>azione viene riservato a questa secondaipotesi, ma non mancano le situazioni dove invece avviene esattamente il contrario, comein Argentina, tale terminologia, quin<strong>di</strong>, non è affidabile. Ancora a titolo <strong>di</strong> esempio, laricordata Model <strong>La</strong>w, usa il termine conciliazione, non frequente nelle normative <strong>di</strong> linguainglese, mentre l’art.57 del ddl della Commissione Vaccarella parla <strong>di</strong> me<strong>di</strong>azione.7


Per i motivi sopra esposti in questa breve analisi della situazione legislativa italiana siuserà sempre e solo il termine conciliazione, cercando poi <strong>di</strong> dedurre dal contenuto dellenorme se il legislatore ha fatto una scelta a favore <strong>di</strong> quella facilitativa o, viceversa, <strong>di</strong>quella valutativa.4. Conciliazione:un tentativo <strong>di</strong> classificazioneSolo un accenno alla conciliazione giu<strong>di</strong>ziale da sempre presente nel panoramagiuri<strong>di</strong>co italiano, sia quale funzione specifica <strong>di</strong> un giu<strong>di</strong>ce laico (giu<strong>di</strong>ce conciliatoreprima, giu<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> pace poi), sia come potere-dovere <strong>di</strong> qualunque giu<strong>di</strong>ce in ogni stato egrado del processo.A contrastare l’efficacia <strong>di</strong> tale strumento, vi sono due elementi fondamentali. Innanzituttola mancanza <strong>di</strong> una formazione specifica da parte del giu<strong>di</strong>ce, cui si aggiungel’inopportunità <strong>di</strong> prevedere in capo allo stesso soggetto le due funzioni, <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>ce e <strong>di</strong>conciliatore. Entrambi tali elementi si riproducono del resto negativamente anche in capoall’arbitro.Nell’ipotesi della conciliazione non contenziosa davanti al giu<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> pace ( art.322c.p.c.), viene a cadere l’ostacolo della doppia funzione e resta solo il limite della mancataformazione, che sarebbe facilmente superabile. Non mancano infatti nel panorama italianogiu<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> pace che dopo aver completato una prima formazione frequentando i corsi a talfine pre<strong>di</strong>sposti dalle Camere <strong>di</strong> Commercio, cominciano ad ottenere qualche significativorisultato. D’altra parte è chiaro il limitatissimo effetto che ciò può avere se la formazionenon viene espressamente prevista e generalizzata per tutti da parte del ConsiglioSuperiore della Magistratura.Oggi comunque, a livello normativo, è previsto un tentativo obbligatorio <strong>di</strong> conciliazione adopera del giu<strong>di</strong>ce per qualunque controversia (ovviamente relativa a <strong>di</strong>ritti <strong>di</strong>sponibili) e8


l’eventuale verbale <strong>di</strong> raggiunta conciliazione ha efficacia <strong>di</strong> titolo esecutivo. Unicaeccezione si ha per la conciliazione non contenziosa cui si sia pervenuti davanti al giu<strong>di</strong>ce<strong>di</strong> pace per controversie <strong>di</strong> valore superiore alla sua competenza. In questo caso la leggesi limita a prevedere un “valore <strong>di</strong> scrittura privata riconosciuta in giu<strong>di</strong>zio” (art.322 c.p.c.comma 3)Affrontando il tema della conciliazione extragiu<strong>di</strong>ziale la situazione appare piùvariegata.Come cercherò <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare, talvolta il legislatore italiano sembra pensare ad unaconciliazione pura, c.d. convenzionale quale strumento <strong>di</strong> soluzione realmentealternativo delle controversie, perché qualitativamente <strong>di</strong>verso dal processo or<strong>di</strong>nario, altrevolte la procedura <strong>di</strong> conciliazione, si svolge fisicamente fuori dalle aule giu<strong>di</strong>ziarie, maappare strettamente collegata al processo ed ad esso strumentale, poiché <strong>di</strong>sciplinata inmodo tale, nella mente del legislatore, da favorire un imme<strong>di</strong>ato e <strong>di</strong>retto effetto deflattivodello stesso. Penso alla previsione dei tentativi <strong>di</strong> conciliazione sindacale o amministrativanella <strong>di</strong>sciplina delle controversie <strong>di</strong> lavoro, ma anche alle ipotesi <strong>di</strong> c.d. conciliazionedelegata dal giu<strong>di</strong>ce, nel corso del processo.5.<strong>La</strong> Conciliazione extra giu<strong>di</strong>ziale strumentale e quella convenzionaleCominciando dall’analisi della c.d. conciliazione extragiu<strong>di</strong>ziale-strumentale rispetto alprocesso or<strong>di</strong>nario, analizzerò brevemente a titolo <strong>di</strong> esempio alcune previsioni legislative.Un tentativo <strong>di</strong> conciliazione definito “obbligatorio” è quello introdotto ad esempio dallalegge 18 giugno 1998, n. 192 intitolata alla <strong>di</strong>sciplina della subfornitura delle attivitàproduttive, materia in cui in ora non si era fatto mai riferimento a tentativi <strong>di</strong> conciliazione,tanto meno obbligatori. Nell’art. 10 si prevede un tentativo obbligatorio <strong>di</strong> conciliazione da9


svolgersi presso la Camera <strong>di</strong> commercio nel cui territorio ha sede il subfornitore. Non èquesta la prima volta in cui il legislatore fa riferimento alle Camere <strong>di</strong> commercio, maevidentemente in questo caso ha tenuto particolarmente conto della loro capillare<strong>di</strong>ffusione sul territorio nazionale, riferendosi, come prima ed ultima volta, ad una lorocompetenza territoriale, implicitamente creando l’obbligo per ognuna <strong>di</strong> esse <strong>di</strong> dar vita aduno sportello <strong>di</strong> conciliazione.<strong>La</strong> <strong>di</strong>chiarazione <strong>di</strong> obbligatorietà del tentativo in capo ai contendenti non sembra invecepoter essere considerata vincolante, poiché non è espressamente prevista nessunasanzione per il caso <strong>di</strong> inottemperanza. <strong>La</strong> <strong>di</strong>sciplina appare comunque molto lacunosa etra l’altro, nulla si prevede quanto all’efficacia dell’eventuale verbale <strong>di</strong> raggiuntaconciliazione che quin<strong>di</strong> resta tutta sul piano contrattuale. Non si sa se per questo o peraltri motivi, sta comunque <strong>di</strong> fatto che la legge in oggetto non ha prodotto quell’incremento<strong>di</strong> conciliazioni che si sperava.Il maggior effetto positivo è stato probabilmente quello <strong>di</strong> obbligare, <strong>di</strong> fatto, il sistemacamerale a creare il Servizio <strong>di</strong> conciliazione presso ogni Camera <strong>di</strong> Commercio. Questo,insieme all’esperienza accumulata da tali Servizi, probabilmente spiega perché, anche neipiù recenti <strong>di</strong>segni <strong>di</strong> legge, sia stata riba<strong>di</strong>ta l’opportunità <strong>di</strong> sfruttare tale potenzialità perdare all’amministrazione della giustizia “alternativa” una struttura decentrata.Al contrario, in materia <strong>di</strong> lavoro alla <strong>di</strong>sciplina prevista dagli artt. 410-412 bis, c.p.c., si èaffiancata una specifica <strong>di</strong>sciplina relativa alle controversie dei <strong>di</strong>pendenti pubblici, che hacreato un quadro normativo completo per un modello <strong>di</strong> conciliazione extragiu<strong>di</strong>zialestrumentale(artt. 65 e 66 del D.Lgs. 165/2001, Norme generali sull’or<strong>di</strong>namento dellavoro alle <strong>di</strong>pendenze delle amministrazioni pubbliche).In breve, abbiamo un tentativo obbligatorio <strong>di</strong> conciliazione, che può essere svolto in sedesindacale, o in sede amministrativa davanti ad un collegio <strong>di</strong> conciliazione composto da10


appresentanti delle parti in causa e presieduto dal <strong>di</strong>rettore dell’ufficio provinciale dellavoro.,ora Direzione provinciale del lavoro.Per la prima volta è analiticamente regolata, e definita inderogabile, la procedura <strong>di</strong>conciliazione che si deve svolgere secondo quanto previsto nei contratti collettivi, ovverosecondo le <strong>di</strong>sposizioni dettate dallo stesso decreto legislativo.Innanzitutto , l’art. 65, comma 3, stabilisce l’ improce<strong>di</strong>bilità della domanda giu<strong>di</strong>ziale cheprescinda dal tentativo :” Il giu<strong>di</strong>ce che rileva che non è stato promosso il tentativo <strong>di</strong>conciliazione secondo le <strong>di</strong>sposizioni <strong>di</strong> cui all'articolo 66, commi 2 e 3, o che la domandagiu<strong>di</strong>ziale è stata proposta prima della scadenza del termine <strong>di</strong> novanta giorni dallapromozione del tentativo, sospende il giu<strong>di</strong>zio e fissa alle parti il termine perentorio <strong>di</strong>sessanta giorni”, affinché adempiano all’obbligo.Vengono poi specificati gli elementi che devono essere contenuti nella domanda e lepossibili alternative cui la procedura può pervenire.Secondo il comma 5 dell’art.66: “Se la conciliazione riesce, anche limitatamente ad unaparte della pretesa avanzata dal lavoratore, viene redatto separato processo verbalesottoscritto dalle parti e dai componenti del collegio <strong>di</strong> conciliazione. Il verbale costituiscetitolo esecutivo. Alla conciliazione non si applicano le <strong>di</strong>sposizioni dell'articolo 2113,commi, primo, secondo e terzo del co<strong>di</strong>ce civile”.Bisogna sottolineare come il raggiungimento dell’accordo in sede <strong>di</strong> conciliazione anche inquesto caso, renda quin<strong>di</strong> inoppugnabili accor<strong>di</strong> che, se conclusi in altra sede, nonsarebbero pienamente vincolanti, per la parziale in<strong>di</strong>sponibilità dei <strong>di</strong>ritti cui fannoriferimento. In base all’art. 2113 c.c., infatti, le rinunzie e transazioni che hanno per oggetto<strong>di</strong>ritti “del prestatore <strong>di</strong> lavoro derivanti da <strong>di</strong>sposizioni inderogabili <strong>di</strong> legge e dei contratti oaccor<strong>di</strong> collettivi, concernenti i rapporti <strong>di</strong> cui all’art.409 del co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> procedura civile, nonsono valide.” Secondo l’ultimo comma “ le <strong>di</strong>sposizioni del presente articolo non si11


applicano alla conciliazione intervenuta ai sensi degli articoli 185, 410 e 411 del co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong>procedura civile”Viene così riba<strong>di</strong>to il favor del legislatore verso quegli accor<strong>di</strong> che siano conclusi con lapresenza o l’aiuto <strong>di</strong> un terzo che viene in qualche modo ritenuto garante dell’accordostesso. Va infine notato che i verbali <strong>di</strong> conciliazione sottoscritti davanti ai collegi istituitiper le controversie dell’ex pubblico impiego, ex art. 66, comma 5, sono gli unici cheacquisiscono efficacia <strong>di</strong> titolo esecutivo, senza bisogno dell’omologa da parte dell’autoritàgiu<strong>di</strong>ziaria.Se, al contrario, l’accordo non viene raggiunto, il collegio <strong>di</strong> conciliazione “deve formulareuna proposta per la bonaria definizione della controversia”. “Se la proposta non èaccettata, i termini <strong>di</strong> essa sono riassunti nel verbale con in<strong>di</strong>cazione delle valutazioniespresse dalle parti. Nel successivo giu<strong>di</strong>zio sono acquisiti , anche d’ufficio, i verbaliconcernenti il tentativo <strong>di</strong> conciliazione non riuscito. Il giu<strong>di</strong>ce valuta il comportamentotenuto dalle parti nella fase conciliativa ai fini del regolamento delle spese” (art.66 , comma5, 6 e 7).Come si può vedere in questo caso il legislatore impone un tentativo obbligatorio, epropone una conciliazione nettamente valutativa con ad<strong>di</strong>rittura possibilità <strong>di</strong>valutazione delle opinioni delle parti e del loro comportamento in questa sede da parte delgiu<strong>di</strong>ce del merito. Questo schema è già presente anche in altre legislazioni straniere, macertamente fa parte <strong>di</strong> quegli strumenti tendenti più a scoraggiare l’accesso al giu<strong>di</strong>ceor<strong>di</strong>nario (scopo talvolta con<strong>di</strong>visibile , ma a mio avviso mal perseguito) che non a<strong>di</strong>ncoraggiare la scelta <strong>di</strong> strumenti alternativi. Tutto questo non sembra consentire alle partiquella spontaneità che spesso è un importante strumento <strong>di</strong> successo della procedura eche deve trovare garanzia in una rigida tutela della riservatezza, ma su questo torneremo.Teoricamente parlando, là dove il legislatore decide <strong>di</strong> dare particolare rilievo alleprocedure <strong>di</strong> conciliazione, si trova <strong>di</strong> fronte a due <strong>di</strong>verse alternative: la formazione e12


l’accre<strong>di</strong>tamento <strong>di</strong> singoli soggetti quali conciliatori, o l’accre<strong>di</strong>tamento <strong>di</strong> Organismi cheoffrano servizi <strong>di</strong> conciliazione e si assumano quin<strong>di</strong> anche la responsabilità dellaformazione e della scelta dei legislatori. Nel panorama internazionale, l’Argentina ha adesempio scelto la prima strada istituendo un albo <strong>di</strong> conciliatori accre<strong>di</strong>tati dopo aversuperato un programma <strong>di</strong> formazione ed una sorta <strong>di</strong> abilitazione. Nel panorama europeoin genere, pur non essendoci ancora una tendenza legislativa netta, certamente sembraprevalere la seconda soluzione anche perché sono sorti in <strong>di</strong>versi paesi Organismi <strong>di</strong>conciliazione che già hanno dato prova <strong>di</strong> serietà ed efficienza. Nel nostro paese èsenz’altro quest’ultima la scelta compiuta dal legislatore, dapprima, come vedremo,incoraggiando soprattutto l’istituzione <strong>di</strong> servizi <strong>di</strong> conciliazione presso le Camere <strong>di</strong>commercio, da ultimo prevedendo, con la legge delega sul processo societario e lesuccessive norme delegate ( art. 38 d. lgs.n.5/2003), la creazione <strong>di</strong> un apposito Registrodegli organismi da tenere presso il Ministero della giustizia Dalla norma si ricavasemplicemente l’apertura ad organismi sia pubblici che privati che <strong>di</strong>ano garanzie <strong>di</strong>serietà ed efficienza, mentre manca ancora l’ultimo tassello che è l’emanazione delRegolamento che conterrà i criteri e le modalità <strong>di</strong> iscrizione nel Registro e che (ex art.38,comma 2) dovrà avvenire entro 90 giorni dall’entrata in vigore della <strong>di</strong>sciplina societaria. Siè in attesa anche <strong>di</strong> vedere se e quali specifici requisiti il Regolamento porrà in capo aisoggetti destinati a svolgere concretamente la funzione <strong>di</strong> conciliatori presso gli OrganismiIn fine, lo stesso comma 2 prevede che :”Le camere <strong>di</strong> commercio, industria, artigianato eagricoltura che hanno costituito organismi <strong>di</strong> conciliazione ai sensi dell’art. 4 della legge 29<strong>di</strong>cembre 1993, n. 580, hanno <strong>di</strong>ritto ad ottenere l’iscrizione <strong>di</strong> tali organismi nel registro”.Con tale previsione il legislatore ha quin<strong>di</strong> voluto riconoscere pubblicamente il lavoro finqui svolto dalle Camere che , quin<strong>di</strong>, potrebbero essere gli unici Organismi autorizzati inattesa dell’Istituzione del Registro.13


Ciò non vuol <strong>di</strong>re che non potrà più esserci una conciliazione c.d. ad hoc, ma che soloquella ottenuta preso gli Organismi autorizzati potrà godere dei particolari incentivi previstidalla legge.Del resto, nel campo della conciliazione convenzionale, è praticamente impossibile averedati per quanto riguarda la conciliazione c.d. ad hoc, anche se non sembra si possanovedere sintomi <strong>di</strong> un suo sviluppo, mentre già visibili, se pur sempre limitati, appaiono irisultati della conciliazione c.d. amministrata, poiché svolta secondo quanto previsto dairegolamenti <strong>di</strong> Organismi a ciò de<strong>di</strong>cati.Vi sono, nel panorama italiano, <strong>di</strong>versi Organismi privati o nati presso Or<strong>di</strong>ni professionali,che gestiscono procedure ed, in taluni casi, offrono formazione, ma fino ad oggicertamente il ruolo principale in entrambi i settori è stato svolto dalle Camere <strong>di</strong>Commercio, <strong>di</strong>rettamente per la gestione delle procedure e con l’eventuale aiuto <strong>di</strong> singoliformatori ed enti <strong>di</strong> formazione, per il secondo aspettoQuesto ci porta al tema della partecipazione delle Camere <strong>di</strong> commercio alla <strong>di</strong>ffusioneed allo sviluppo degli strumenti alternativi <strong>di</strong> risoluzione delle controversie, che ha assuntogrande rilievo in questi ultimi anni. Dalla legge n.580/1993 sul rior<strong>di</strong>no delle Camere <strong>di</strong>commercio è giunto un invito a dar vita a commissioni <strong>di</strong> arbitrato e conciliazione checontribuissero alla soluzione delle controversie nascenti tra imprese e tra imprese econsumatori. E’ storia come queste funzioni fossero da sempre presenti nella natura delleCamere <strong>di</strong> commercio, ma senza dubbio vi era bisogno <strong>di</strong> una ripresa non tanto perquanto riguarda l’arbitrato, ma certamente per quanto riguarda la conciliazione.<strong>La</strong> procedura <strong>di</strong> conciliazione che viene proposta oggi sulla base <strong>di</strong> un Regolamentouniforme adottato da tutte le Camere <strong>di</strong> commercio che svolgono servizi <strong>di</strong> conciliazione ètendenzialmente <strong>di</strong> tipo facilitativo, guidata da un conciliatore adeguatamente formato evincolato ad un co<strong>di</strong>ce etico.14


Vi sono è vero anche delle istituzioni private che si occupano <strong>di</strong> conciliazione, ma lastragrande maggioranza delle procedure (certamente ancora non numerose) <strong>di</strong>conciliazione convenzionale che si svolgono oggi in Italia e <strong>di</strong> cui si abbia notizia sonoamministrate dalle Camere <strong>di</strong> commercio.Del resto, proprio alle Camere <strong>di</strong> Commercio si fa’ fino ad oggi riferimento nelle leggi cheprevedono una conciliazione in materia civile e commerciale.Tra le altre, abbiamo già ricordato l’art.10 della legge 18 giugno 1998, n. 192 intitolata alla<strong>di</strong>sciplina della subfornitura delle attività produttive, ma ora dobbiamo esaminare alcunedelle ipotesi nelle quali pacificamente si allude ad un tentativo facoltativo o cui le parti sisono liberamente impegnate con l’inserimento <strong>di</strong> una clausola <strong>di</strong> conciliazione in uncontratto tra loro concluso.Tra le prime quella prevista dall’art. 3 della legge 30 luglio 1998, n. 281 relativa alla<strong>di</strong>sciplina dei <strong>di</strong>ritti dei consumatori e degli utenti.Si tratta in questo caso <strong>di</strong> una conciliazione convenzionale suggerita dal legislatore alleAssociazioni dei consumatori e degli utenti inserite nell'elenco <strong>di</strong> cui all'articolo 5 dellalegge e legittimate ad agire a tutela degli interessi collettivi, quale utile strumento per lasoluzione <strong>di</strong> tali controversie.Anche in questa sede non si <strong>di</strong>ce nulla della procedura che quin<strong>di</strong> dovrebbe essere quellanormalmente seguita dalle Camere <strong>di</strong> Commercio, ma, al contrario che nella l.192/’98, siprevede un tentativo facoltativo cui però segue la possibilità che l’eventuale verbale <strong>di</strong>conciliazione acquisti efficacia <strong>di</strong> titolo esecutivo, previo controllo formale del giu<strong>di</strong>ce (art.3comma 2, 3 e 4). Il legislatore ha quin<strong>di</strong> visto nella presenza delle Camere <strong>di</strong> commercioquale organo <strong>di</strong> gestione della conciliazione, garanzia meritevole <strong>di</strong> particolarevalorizzazione quanto all’efficacia del risultato.Il comma 7 dell’art. 2 della ricordata legge prevede infatti che il verbale <strong>di</strong> conciliazione siasottoscritto dalle parti e dal rappresentante della Camera <strong>di</strong> commercio. <strong>La</strong> mancata15


previsione della firma del conciliatore è stata <strong>di</strong> fatto interpretata anche come primosintomo <strong>di</strong> una tendenza, poi confermatasi, a dare maggior rilievo all’Organismo chegestisce la procedura, piuttosto che al singolo conciliatore.6. Il tentativo <strong>di</strong> conciliazione extragiu<strong>di</strong>ziale nel processo societarioQuesta breve panoramica dei modelli <strong>di</strong> conciliazione oggi esistenti in Italia, se pur fattasolo per esempi, non può prescindere dalla rapida analisi della procedura <strong>di</strong> conciliazionedescritta nel d. lgs. n.5/2003 che per altro sarà nel pomeriggio oggetto <strong>di</strong> attenzione moltopiù approfon<strong>di</strong>ta quale la recente riforma merita.Molti sono gli elementi <strong>di</strong> novità contenuti nel d.lgs. che dovrebbe entrare in vigore il 1gennaio del 2004, anche se la <strong>di</strong>sciplina risente un po’ del fatto <strong>di</strong> essere una <strong>di</strong>sciplinaspeciale senza che in realtà esista quella generale, ma su questo non c’è che da sperarenel <strong>di</strong>segno <strong>di</strong> legge delega della Commissione Vaccarella.Già abbiamo detto della scelta <strong>di</strong> accre<strong>di</strong>tare gli Organismi <strong>di</strong> conciliazione, e molti deglielementi considerati valido supporto allo sviluppo dell’istituto dalla più recente dottrina eprevisti nei <strong>di</strong>versi progetti <strong>di</strong> legge, sono qui accolti, a cominciare dagli incentivi fiscali(art.39), e proseguendo con gli effetti sostanziali della domanda. Infatti, dal momento dellacomunicazione alle altre parti con mezzo idoneo a <strong>di</strong>mostrare l’avvenuta ricezione,l’istanza <strong>di</strong> conciliazione proposta agli organismi accre<strong>di</strong>tati produce sulla prescrizione imedesimi effetti della domanda giu<strong>di</strong>ziale. <strong>La</strong> decadenza è impe<strong>di</strong>ta, ma se il tentativofallisce la domanda giu<strong>di</strong>ziale deve essere proposta entro il medesimo termine <strong>di</strong>decadenza decorrente dal deposito del verbale <strong>di</strong> fallita conciliazione. ( art.40, comma 4)Tutto l’art.40 è de<strong>di</strong>cato alla procedura che, seppur non in modo così analitico come per lecontroversie <strong>di</strong> lavoro pubblico, viene ampliamente <strong>di</strong>sciplinata.16


Innanzi tutto non è prevista l’obbligatorietà del tentativo e, per la prima volta , si <strong>di</strong>sciplinaespressamente l’efficacia <strong>di</strong> una clausola <strong>di</strong> conciliazione inserita liberamente dalle partinello statuto della società o in un qualunque contratto societario.Più sopra si è detto come fosse importante sul punto, una decisa presa <strong>di</strong> posizione daparte del legislatore, che <strong>di</strong>mostra così un indubbio favor verso la conciliazione.Nell’art.40, comma 6, si prevede l’improce<strong>di</strong>bilità del processo iniziato senza che sia statoesperito il tentativo convenzionale <strong>di</strong> conciliazione e l’obbligo per il giu<strong>di</strong>ce, in presenzaovviamente <strong>di</strong> istanza <strong>di</strong> parte, <strong>di</strong> sospendere il giu<strong>di</strong>zio per un tempo breve e determinato.Forse si sarebbe potuto fare anche qualcosa <strong>di</strong> più, non lasciando alle parti la possibilità <strong>di</strong>riprendere comunque il giu<strong>di</strong>zio dopo un certo lasso <strong>di</strong> tempo, ma è già un grosso passoavanti.Anche in questo caso, lo svolgimento della procedura innanzi un Organismo ritenutodegno <strong>di</strong> fiducia dal legislatore ( ora per lo più “accre<strong>di</strong>tato”), fa sì che il verbale <strong>di</strong>conciliazione sottoscritto dalle parti e dal conciliatore, previo accertamento della regolaritàformale, sia omologato con decreto del Presidente del Tribunale e costituisca titoloesecutivo. Anzi seguendo la più recente giurisprudenza che tende ad eliminare i limiti <strong>di</strong>efficacia dei titoli esecutivi stragiu<strong>di</strong>ziali, si precisa che il documento sarà titolo perl’espropriazione forzata, per l’esecuzione in forma specifica e per l’iscrizione <strong>di</strong> ipotecagiu<strong>di</strong>ziale ( art 40, comma 7 e 8).Dall’ulteriore <strong>di</strong>sciplina della procedura si ricava come ancora una volta la tendenza delnostro legislatore sia verso la c.d. conciliazione valutativa.L’art. 40,comma 2, infatti, prevede che :”Il proce<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> conciliazione, ove le parti nonraggiungano un accordo, si conclude con una proposta del conciliatore rispetto alla qualeciascuna delle parti, se la conciliazione non ha luogo, in<strong>di</strong>ca la propria definitiva posizioneovvero le con<strong>di</strong>zioni alle quali è <strong>di</strong>sposta a conciliare. Di tali posizioni il conciliatore dà attoin apposito verbale <strong>di</strong> fallita conciliazione, del quale viene rilasciata copia alle parti che la17


ichiedano. Il conciliatore dà altresì atto, con apposito verbale, della mancata adesione <strong>di</strong>una parte all’esperimento del tentativo <strong>di</strong> conciliazione”. A ciò si aggiunge poi quantoprevisto dal comma 5: “<strong>La</strong> mancata comparizione <strong>di</strong> una delle parti e le posizioni assunte<strong>di</strong>nanzi al conciliatore sono valutate dal giu<strong>di</strong>ce nell’eventuale successivo giu<strong>di</strong>zio ai finidella decisione sulle spese processuali, anche ai sensi dell’art. 96 del co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> proceduracivile. Il giu<strong>di</strong>ce,valutando comparativamente le posizioni assunte dalle parti e il contenutodella sentenza che definisce il processo <strong>di</strong>nanzi a lui, può escludere, in tutto o in parte, laripetizione delle spese sostenute dal vincitore che ha rifiutato la conciliazione, e può anchecondannarlo, in tutto o in parte, al rimborso delle spese sostenute dal soccombente”. Ora,seppur è vero che entrambi i modelli conciliativi possono risultare opportuni a secondadelle situazioni, ciò che appare fortemente <strong>di</strong>scutibile è che, ancora una volta, il legislatorenon abbia resistito alla tentazione <strong>di</strong> pretendere una espressa valutazione della parte cherifiuta la proposta, per poi tenerne conto nel successivo giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> merito. <strong>La</strong> valutazionedel comportamento della parte, estendendo a questa fase quanto già previsto dall’art.116,c.p.c., ( o considerandolo espressamente come una violazione dell’obbligo <strong>di</strong> buona fede,par.3.2.2.1. Libro Verde) può essere un importante deterrente <strong>di</strong> fronte ad unatteggiamento scorretto o “non collaborativo”, ma il pretendere la formulazione del motivoper cui una proposta viene rifiutata, per poi permettere alle parti <strong>di</strong> servirsene in giu<strong>di</strong>zio,mina il rispetto del principio volontaristico che è alla base dell’istituto della conciliazione epriva la procedura <strong>di</strong> quella imprescin<strong>di</strong>bili garanzia che consiste nella riservatezza.Garanzia che pur sembrerebbe voler essere tutelata dal comma 3 dell’art.40.E’ ormai pacifico anche a livello internazionale come la garanzia <strong>di</strong> massima riservatezzasia in<strong>di</strong>spensabile per garantire il successo dell’istituto:” Nella maggioranza dei casi, leparti che ricorrono all'ADR attribuiscono grande importanza al fatto che le informazioniscambiate, oralmente o per iscritto, nel corso della procedura, e persino a volte gli stessirisultati della procedura, rimangano riservati. <strong>La</strong> riservatezza sembra essere il perno del18


successo dell'ADR, in quanto contribuisce a garantire la franchezza delle parti e lasincerità delle comunicazioni nel corso della procedura” ( par.3.2.2.1. del Libro Verde)Come ho già sottolineato lo scopo <strong>di</strong> utilizzare gli strumenti alternativi <strong>di</strong> risoluzione dellecontroversie per ottenere una deflazione del contenzioso giu<strong>di</strong>ziario, è senz’altromeritevole <strong>di</strong> tutela, ma ciò che appare sbagliato è lo strumento che si pensa <strong>di</strong> utilizzare.<strong>Chiara</strong> <strong>Giovannucci</strong> <strong>Orlan<strong>di</strong></strong>19

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