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N. 78 – giugno 2013 - Filt Cgil

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Periodico FILT-CGIL NazionaleNumero <strong>78</strong> - <strong>giugno</strong> <strong>2013</strong> Euro 2.00


Primo PianoS O M M A R I O2Primo PianoUnaccordochemettealcentroillavoroTempo PresenteSEA: una storia italianaDai rami secchi al taglio dell’alberoL’incidente nel porto di Genova3Il Sindacato riparte dalle regoleedallavoroSe la democrazia finisce nella reteNasce l’Osservatorio sulle InfrastruttureOrganizzare i non organizzati - idee edesperienze per il sindacato che verràGrazie, AndreaAccordo sulla rappresentanzaLe riflessioni della Fit-CislIn LineaSpazio ApertoSguardi e Traguardi1523Milano-Roma: fra treno e aereosiamoalloshowdownEXPO 2015 Milano “Nutrire il pianeta,energia per la vita”Senza FrontiereCongresso ETF <strong>2013</strong>2629“Coppie e famiglie.Non è questione di natura”Anna Del Bo Boffino,sempre dalla parte delle donne“Tu cambi tutto quel che tocchi,tutto quel che tocchi ti cambia”FinestreImmaginiI Navigli lombardi36“Zero zero zero” di Roberto Saviano“Il silenzio sugli innocenti” di Luca Mariani“Destinazione immaginario”di Roberto Scanarotti39Il servizio fotografico è stato realizzatoda Franco Mammanafranco.mammana@fastwebnet.it


Primo pianoUn accordo chemette al centro il lavorodi Franco Nasso, Segretario Generale Nazionale <strong>Filt</strong>-<strong>Cgil</strong>P R I M O P I A N ONel sistema delle relazioni sindacali in Italia, la data del 31 maggio<strong>2013</strong> è destinata a rappresentare un passaggio di portata senzaprecedenti.L’accordo sottoscritto con Confindustria, che fa seguito e completal’accordo del 28 <strong>giugno</strong> 2011, introduce elementi di novità talida giustificare la definizione di “intesa storica”.Si vedrà col tempo se il sindacato italiano e il sistema di rappresentanzadelle imprese sapranno rispondere positivamente, ma nonc’è alcun dubbio che i contenuti dell’accordo risolvono problemiaperti da molto tempo, attraverso un’intesa tra le parti sociali chepuò essere successivamente rafforzata dall’intervento legislativo.L’accordo mette insieme la rappresentanza degli iscritti con la rappresentanzadell’insieme dei lavoratori e non è poco, ricordandoche intorno a questo punto si sono misurate per molto tempo le differenzetra <strong>Cgil</strong> e Cisl.Con l’intesa del 31 maggio, gli iscritti a ciascun sindacato contanonellamisuracertificatadeltesseramentoeilavoratoricontanoattraverso il voto alle liste per le RSU attribuendo il 50% di valorealla percentuale degli iscritti e il 50% ai risultati del voto di tutti ilavoratori.L’abilitazione ai tavoli negoziali avviene in conseguenza del raggiungimentodel 5% di rappresentatività con la conseguente possibilitàdi presentare piattaforme e partecipare alla trattativa.Il 5% è ripreso dalla legge che regola il pubblico impiego e può favorireuna regolazione omogenea in tutto il mondo del lavoro.Gli accordi sono validi se sottoscritti da sindacati che insieme superanoil 50% di rappresentatività e se approvati dal almeno il 50% deilavoratori attraverso la certificazione del voto.È un accordo di pochi essenziali punti, ma di portata tale da poterdeterminare un radicale cambiamento nel sistema delle relazionisindacali e nella contrattazione.C’è ancora molto lavoro da fare: le confederazioni devono sviluppareil confronto con tutte le associazioni d’impresa per estenderel’intesa e devono stipulare le convenzioni con gli Enti preposti allacertificazione degli iscritti; le categorie devono fare le inteseapplicative e il tutto deve avvenire nel più breve tempo possibileper rafforzare e far partire l’accordo.Con una soluzione semplice, per niente scontata, si risolve un problemache è andato avanti per decenni e si può dare finalmenteuna risposta al disposto dell’art. 39 della Costituzione sulla validità“erga omnes” dei contratti. Si chiariscono le condizioni che,attraverso un processo democratico, possono dare efficacia obbligatoriaai contratti, così come previsto dall’art. 39.Un successo per tutti e un successo per la CGIL.Si è realizzata una sintesi che corrisponde, si può dire coincide, conle proposte della <strong>Cgil</strong> sul tema della rappresentanza, della rappresentativitàe della sua misura, della conseguente qualifica comesoggetto negoziale e sulle regole di approvazione degli accordi.Sbaglieremmo, però, a considerare l’accordo solo un successodella <strong>Cgil</strong> e a non valutare bene le ragioni che hanno portato Cisle Uil a sostenere una proposta unitaria e Confindustria a sottoscriverel’intesa.C’è sicuramente la presa d’atto che il modello di relazioni sindacaliche i governi di centro destra hanno tentato di affermare, alimentandole divisioni e le intese separate, si è rivelato fallimentare,ancora più dentro la gravissima crisi che pesa sul paese e sullecondizioni materiali di grandi masse di cittadini e di lavoratori.C’è, però, alla base dell’accordo, la scelta convinta di democraziasindacale che tutto il sindacato confederale italiano propone ailavoratori e, in modo trasparente, al paese: questo rappresentauna grande risposta unitaria all’attacco alle rappresentanze intermediecondotto da molte parti.Il confronto sindacale è regolato attraverso procedure chiare edesigibili. Non si possono avere e lasciare dubbi sulla scelta strategicadi portare nei posti lavoro il confronto di merito sulle piattaformee sugli accordi. Ciascuna organizzazione non stempera la suaidentità con l’intesa del 31 maggio, ma anzi si rafforza nel voto deilavoratori per le RSU e sugli accordi.La competizione democratica nei posti di lavoro rappresenta unasfida e una novità per tutti, a maggior ragione per noi della <strong>Cgil</strong> chequesto risultato lo abbiamo sempre perseguito.Dobbiamo saper rispondere con la coerenza nelle scelte contrattuali,con il rafforzamento dell’unità dell’organizzazione e la partecipazionedegli iscritti e dei lavoratori.Al mondo nuovo nelle relazioni sindacali, che può nascere dopol’intesa e che mette al centro i luoghi di lavoro, la <strong>Filt</strong> e la <strong>Cgil</strong>devono saper rispondere con la formazione e con il recupero dellerisorse necessarie per sostenere il cambiamento, anche con le scelteorganizzative necessarie da compiere nel prossimo Congresso.Il nuovo assetto delle relazioni sindacali deve altresì portare tuttal’organizzazione a valutare bene le novità e i cambiamenti che l’intesaintroduce nella contrattazione.I vincoli democratici relativi all’approvazione degli accordi, maggiormentedentro la crisi, impongono un modello a forte improntapartecipativa in tutte le fasi del negoziato, nella preparazione dellapiattaforma, durante la trattativa e nel processo di approvazione.La contrattazione inclusiva e la solidarietà, necessità molto fortidentro la crisi, non possono essere date per scontate e sempre condivise.Le regressioni corporative sono un rischio sempre presente esi contrastano solo con la partecipazione democratica.Solo attraverso un processo individuato di validazione degli accordi,basato su confronto continuo e consenso, eviteremo esiti e sorpresenegative.2


Tempo presenteIl Sindacato ripartedalle regole e dal lavorodi Vera Lamonica, Segretario Nazionale CGILL’impoverimento diffuso, ilcalo dei consumi, l’arretramentodel welfare e la riduzionedi bisogni fondamentali,quali la salute, il dirittoallo studio, la casa diconoche, senza un’inversionedecisa, il quadro si aggrava eprecipita in una condizioneche potrebbe essere di nonritorno.Dopo alcuni anni di grandi difficoltà e divere e proprie rotture che si erano consumatenel rapporto tra le grandi organizzazioniconfederali dei lavoratori, pochi giornifa è stata firmata con Confindustriaun’intesa, definita da molti di caratterestorico, sui temi della democrazia e dellarappresentanza, temi la cui mancata soluzioneè stata alla radice di lacerazioni, diaccordi e contratti separati, dello smarrimentodel filo unitario che avrebbe sicuramenteconsentito di meglio far fronte aidrammatici problemi posti dalla crisi e cheinvece, rompendosi, ha prodotto la divisioneche ha indebolito il sindacato e conesso il mondo del lavoro. Questa intesaandrà fatta vivere, nella discussione tra lecategorie e in un rapporto forte con i luoghidi lavoro, avrà bisogno di essere estesaalle altre organizzazioni datoriali equindi a tutti i settori non solo industriali,ma già oggi ha segnato un cambio di climae aperto un orizzonte diverso.Dimostra che è possibile sintetizzare efficacementeconcezioni diverse della democraziasindacale, combinando in manieraintelligente il rapporto con la generalitàdel mondo del lavoro e quello con il ruoloe la partecipazione degli iscritti alle organizzazioni.Soprattutto, apre una prospettivadi innovazione e di rafforzamentodelle relazioni industriali, fornendo unquadro regolativo che attua la previsionecostituzionale ed impedisce che le impresescelgano il terreno della divisione perabbassare più facilmente diritti e poteridei lavoratori.La ripresa dell’iniziativa unitaria il 22 <strong>giugno</strong>segna un’altra importante scadenzacon la manifestazione unitaria <strong>Cgil</strong>-Cisl-Uilsui temi del lavoro e dei devastanti effettisociali prodotti dalla recessione. Unamanifestazione alla vigilia del verticeeuropeo di fine <strong>giugno</strong>, cui il governo italianoha subordinato molte delle scelteche ha annunciato di voler compiere.Èevidenteche,seilConsiglioEuropeononinverte la direzione fin qui seguita con lepolitiche di austerità e rigore, i margini perl’azione sulla crescita e l’occupazione nelsolo spazio nazionale rischiano di esseremolto limitate. Le politiche attuate inItalia, di stretta osservanza della lineadell’Unione, hanno dimostrato tutta la loroinefficacia persino rispetto ai fini che sidiceva di voler perseguire. Infatti, non c’èalcuna traccia di ripresa di investimenti eproduzione e l’abbattimento del debitopubblico, nonostante la mole imponente disacrifici imposti ai lavoratori, non solo nonc’è stato, ma anzi nel complesso il Pil ècalato più del previsto e di conseguenza ildebito è aumentato. L’uscita dalla proceduradi infrazione aperta contro l’Italia,che certo è una buona notizia, se permangonole scelte fin qui sperimentate, non èpurtroppo sufficiente ad aprire scenarinuovi. Vale peraltro notare che oramai nonc’è economista che non dica dell’insufficienza,quando non dell’assurdità, dellepolitiche euro-tedesche. Oggi persino ilfondo monetario, che ne è stato uno degliattori fondamentali, esprime dubbi eripensamenti, per esempio sul sacrificioimmane imposto alla Grecia. Per troppotempo la CGIL è stata la sola a sostenerlo.Ma di tempo non ce n’è più molto. I datidella condizione italiana sono pesantissimi.Il diluvio di cifre e di analisi sulladisoccupazione e sulla conseguente disgregazionesociale che è in atto dicono ormaicon chiarezza che, senza mettere incampo azioni decise e significative, nonsolo il ciclo economico non si inverte, male conseguenze sul piano della stessa tenutademocratica possono essere drammatiche.Tre milioni di disoccupati, il 40% digiovani tagliato fuori dal mercato del lavoro,4 milioni di lavoratori a vario titoloT E M P O P R E S E N T E3


Tempo presenteT E M P O P R E S E N T Eprecari o poveri, l’angoscia generale cheprende chi ancora un lavoro ce l’ha ma sadi poterlo perdere da un momento all’altro.Unito a questo, l’impoverimento diffuso,il calo dei consumi, l’arretramentodel welfare e la riduzione di bisogni fondamentali,quali la salute, il diritto allo studio,la casa dicono che, senza un’inversionedecisa, il quadro si aggrava e precipitain una condizione che potrebbe essere dinon ritorno.Servirebbe ben altro che mettere al centrodel dibattito del paese l’IMU. Siamo statii primi a dire che quella tassa era iniquanon perché colpiva la casa, ma perché erapoco progressiva, poco equa e pensiamoancora che vada rimodulata. Non certo,però, togliendo la tassazione sulla primacasa a chi di case ne ha tante, ma peresempio togliendola a chi ne ha una sola estabilendo una soglia di valore che ricostruiscarazionalità ed equità.Le risorse sono poche, decidere dove metterlenon è indifferente, anche se è evidenteche questo strano governo, espressionedi questa strana maggioranza, pagaun prezzo significativo alla sua natura edalle condizioni che lo hanno determinato.Abbiamo apprezzato che nel primo decretosiano state destinate risorse alla CassaIntegrazione in deroga, pur se riteniamonon essere sufficienti. In autunno, infatti,rischiamo di essere punto e a capo, conmigliaia di persone senza ammortizzatori.Soprattutto non abbiamo condiviso chesiano state reperite sottraendole dai fondiper la formazione e per la produttività.Una specie di grande partita di giro percui, quando si tratta di dare risposte allavoro, quelle risposte devono esserepagate dai lavoratori stessi.Quello che serve è invece un programmadi investimenti sulla creazione di lavorosoprattutto per i giovani e le donne, comela CGIL ha proposto nel suo Piano delLavoro, che assuma i temi della scuola,dei servizi, del territorio, dell’ambiente,delle piccole infrastrutture, come terrenidi investimento pubblico. Azioni che produrrebberooccupazione nell’immediatostimolandolaripresadeiconsumi.Sideveattivare un clima di fiducia e far ripartireanche gli investimenti privati.Servono scelte di politica industriale,giacché il Paese sta consumando un patrimoniomanifatturiero che sarà difficilissimoricostruire.Servono politiche fiscali che abbiano alcentro l’obiettivo di ridurre il peso tributariosul lavoro e sulla produzione e dianorespiro ai salari, pesantemente alleggeritidall’inizio della crisi. Dove si prendono lerisorse? Dove ci sono: nella grande ricchezzache vale parecchie volte più delProdotto Lordo, e nell’evasione fiscale, ilvero cancro del Paese, di cui non si parlapiù, ma che permane e si è acuito, comeabbiamo visto di recente anche nei datisulla dichiarazione dei redditi nelle qualisi conferma che i gioiellieri guadagnanomeno degli operai, i proprietari degli istitutidi bellezza sono in miseria e tutti gliautonomi guadagnano meno dei lorodipendenti!Certo, c’è anche un problema di risparminella spesa pubblica. Non abbiamo maimancato di sottolineare gli sprechi, leruberie, la corruzione, se non una vera epropria gestione criminale delle risorsepubbliche. Risparmiare si può e si deve.Ma quelli conosciuti finora non sono statirisparmi, ma tagli che hanno significatoriduzione secca di servizi, prestazioni etutele che c’erano e non ci sono più.I risparmi più ingenti sono stati realizzatisulle pensioni, con una riforma violentache ha allungato più che in ogni altropaese europeo la vita lavorativa senzadistinguere tra differenti lavori, provocandogli esodati di oggi e quelli che lo diventerannodomani, ingessando ancor di più ilmercato del lavoro nella fase più acutadella crisi e abbattendo in prospettiva irendimenti per quei giovani, oggi precari,in nome dei quali si disse di voler agire.È ora che la discussione si riapra, che sirestituisca gradualità, flessibilità, solidarietàe certezze agli esodati. Anche sullasanità, i ticket e i tagli hanno ridotto lecapacità di accesso alle cure e ridimensionatoi servizi, mentre nel sociale non esistonoquasi più sostegni nazionali ai serviziper infanzia e non-autosufficienza econtinua a non esistere alcuna misuranazionale di contrasto alla povertà.Stupisce l’enfasi con cui si si riprende aparlare di tagli alla spesa pubblica.Insistere su questa strada vuol dire nonaver capito che la contrazione del welfareè una delle cause dell’avvitarsi della crisi.Questo, invece di delineare politiche dirilancio, anche innovative, di rafforzamentodei servizi e del perimetro pubblico.L’investimento pubblico è uno degli strumentinecessari per far ripartire l’Italia el’Europa e scongiurare un futuro di arretramentoin cui il panorama sarebbe connotatoda disagio e marginalità sociale, che malsi conciliano con l’obiettivo, da tutti dichiarato,di far ripartire la crescita e riprenderela via dello sviluppo. Il welfare agiscesulla redistribuzione e sulle diseguaglianze,corregge le storture del mercato, assume lacittadinanza e i suoi diritti come misuradella qualità della convivenza. La crisi nonnasce forse dall’eccesso di diseguaglianza,dalla perdita di peso del lavoro, dal trionfodel mercato e della finanza?Per sua natura non sarà questo governoche cambierà il paradigma delle politichepubbliche. Non ha in sé quei connotati dicambiamento per i quali avevamo sperato;ogni intervento, ogni scelta che sarà presapuò tentare di dare risposte ai temi cheponiamo, ma anche proseguire in sceltesbagliate.La manifestazione unitaria del 22 <strong>giugno</strong>pone obiettivi definiti, concreti e urgenti.Misureremo e giudicheremo l’azionedel governo sulla base delle risposte chesaprà dare.4


Tempo presenteSe la democraziafinisce nella retedi Nino Cortorillo, Segretario Nazionale <strong>Filt</strong>-<strong>Cgil</strong>Se la comunicazione è elemento centrale diogni democrazia, dovremmo chiederci come siastato possibile che in Italia, e solo qui, in ventianni abbiamo visto sorgere ed affermarsi duemovimenti politici che sono nati e che hannopienamente utilizzato prima la televisione eoggi la rete. Con queste dimensioni, consensoe una natura altra rispetto alla storia del paese.E sempre con un solo uomo al comando.In molti ci interroghiamo se la rete, il web, stia cambiando ilpaese, la qualità della democrazia, dei rapporti sociali e personali,le stesse organizzazioni (politiche, sindacali o altro).Si resta indecisi se questo cambiamento vada imitato, assecondato,contrastato.Come tutti i cambiamenti, dovremmo cercare di andare più inprofondità, tentando di rispondere a tre domande: se si tratti di un fenomeno temporaneo se agisca allo stesso modo ovunque nel mondo o nel paese se e come questi cambiamenti mutino gli elementi costitutividi una società.Qualunque forma di comunicazione, dove, come, da chi e versochi, è strettamente connessa alle funzioni del potere. Sia essoesercitato in forma democratica o autoritaria.Non è mai solo una tecnica di relazione, ma il frutto delle sceltedegli uomini e delle tecnologie utilizzabili. Le scelte non possono,però, prescindere dalle tecnologie disponibili.Per rispondere alla prima domanda possiamo individuare quattrofasi storiche.L’agorà (dal greco radunarsi) ateniese era la sede ove si discutevanoi problemi e si decidevano le leggi. Anche le riunioni nelforo romano che, non a caso, si svolgevano in una sua partedetta Comizio, avevano bisogno della presenza viva e direttadelle persone. Lo scambio delle opinioni era verbale con un rapportofisico diretto. Solo gli eletti, per censo, potereo cultura, ne potevano prendere parte, ma la relazionecomunicativa era fondamentale. Quindi il comizio,l’arringa della folla, l’emotività di chi parla eche è trasmessa in chi ascolta. Ma anche la capacitàdi individuare la decisione.La seconda è la nascita della stampa meccanica e quindidella possibilità di diffondere le idee, prima attraversoi libri e poi con la nascita dei giornali. Il formarsidelle opinioni può avvenire leggendo quelle altrui e diffondendole proprie. Anche attraverso manifesti ovolantini. I testi scritti battuti a macchina sono presenti,in epoca ancora recente, anche nella clandestinitàdell’Unione Sovietica, con i samizdat, che in russo significa“edito in proprio”.La terza è data dai mass media, prima la radio e poi latelevisione. Nascono gestiti dal potere. Sono, non acaso, per lunghi decenni un monopolio del potere anchenei paesi democratici. Rendono possibile arrivare amilioni di persone in tempo reale. L’ascolto o la visionesono passivi. Ma quelle opinioni possono essere diffuse.5


Tempo presenteT E M P O P R E S E N T ELa quarta è data dalla rete. Sia passiva attraverso i siti web sia,almeno formalmente, attiva, con la nascita dei social forum.Quindi accesso alle notizie, ma anche possibilità di commentarlecon altre persone. La diffusione istantanea, l’assenza di confini el’accesso a chiunque possegga una linea telefonica sono una rivoluzioneche va oltre i divieti. Permette a Yoani Sanchez di esserediventata la più importante oppositrice del governo cubano chiusain una stanza e solo attraverso il suo blog.Ogni fase, dall’agorà ai blog, aggiunge strumenti di comunicazione,senza che nessuno dei precedenti sia annullato. Sopravvivonoperché modificano la loro funzione. Cambia anche la relazione tracomunicazione e potere, che sia democratico o dittatoriale. Cosìcome cambia il linguaggio utilizzato. La tecnologia impone mutamentialla comunicazione, al rapporto tra le persone e tra questeed il potere. Nascono problemi non prevedibili, quali il controllodelle persone attraverso la tecnologia, lo spostamento dei luoghidelle decisioni, il potere di coloro che influenzano la formazionedelle opinioni.Trattandosi di un fenomeno globale siamo indotti a pensare che simanifesti allo stesso modo ovunque.Ma l’Italia ha la capacità negativa di importare i fenomeni e trasformarliin qualcosa di anomalo anziché originale.La debolezza del paese è il risultato di una crisi di sistema, di undeclino che attiene non solo agli indicatori economici, ma alla qualitàe autorevolezza complessiva della sua classe dirigente. Unasocietà che arretra anche nella qualità delle sue relazioni umane.Dove la disillusione non solo è presente per giuste ragioni, ma ècontinuamente alimentata facendo sì che la sfiducia ed il rancoresiano diventati il vero rumore di fondo, il collante identitario delpaese. Chi ne fa il suo vessillo, ne diviene bersaglio a sua volta.I luoghi della partecipazione si sono ridotti nel tempo. Ben primadella nascita della rete e per molte cause. Lo scemare del ruolodella politica e delle sue forme associative, la mancanza di prospettivee progetti di trasformazione, la chiusura al ricambiogenerazionale, gli stessi modelli istituzionali, il leaderismo aparole respinto ma divenuto il criterio prevalente di identificazione,la difficoltà a legare le decisioni ed i loro effetti, un mondosempre più vasto e non compreso, l’insicurezza sociale e nellavita. La crisi della politica ed anche delle forme della rappresentanzasono parte inscindibile della crisi del paese.Se la comunicazione è elemento centrale di ogni democrazia,dovremmo chiederci però come sia stato possibile che in Italia, esolo qui, in venti anni abbiamo visto sorgere ed affermarsi duemovimenti politici che sono nati e che hanno pienamente utilizzatoprima la televisione e oggi la rete. Con queste dimensioni,consenso e una natura altra rispetto alla storia del paese. E semprecon un solo uomo al comando.Due risposte che nascono nella crisi profonda del paese, ma senzaaver la capacità di contrastarla.Tante cause o concause. Semplificando possiamo dire che la reteè diventata una sorta di improprio luogo della rappresentanzapolitica. Per compensare l’altra. O anche per prenderne il posto.La tecnologia ha sempre cambiato la società ed anche i comportamentiumani, ma dovrebbe da questi essere orientata.Obama ha vinto due elezioni usando la rete. In Italia la rete invecediventa la tecnica, apparentemente neutrale, che condizionala debolezza dei partiti e della politica.Come sta quindi cambiando la nostra società, le forme dellademocrazia rappresentativa, la formazione delle opinioni, lacapacità di costruire un dialogo permanente, di aggiungere e nondi togliere spazio alle idee?Ovviamente la rete non racchiude tutto il paese, ma certo ogginon vi è fenomeno piccolo o grande che non crei un suo spazionella rete. Tanto da apparire la sola realtà.È come se, di fianco al paese, con le sue liturgie lente, ve ne siaun altro che trasforma ogni tema in un processo mediatico cheha, però, il suo esito in una lacerazione. L’insieme di queste fratture,che sono cosa ben diversa dai conflitti, crea una immensarete di lacerazioni sociali e anche personali, difficili da ricomporreperché molto spesso basate su notizie non verificabili, su unistinto a separare ogni questione tra bene e male, sull’aumentarequel rancore sociale che è cosa profondamente diversa dallaprotesta sociale.La rete o meglio i tanti social forum, nei tanti tweet e messaggidalla brevità ossessiva, nel loro essere compulsivamente allaricerca di nuovi temi, bruciano ogni energia.Il rancore sociale non trova un luogo dove sciogliersi ed individuarerisposte, ma solo ulteriore accanimento, sino ad una frustranteimpotenza che può condurre ad ogni esito.L’espressione di una idea esige un ragionamento. Ma i tweet,forma narcisistica per uscire dall’anonimato, ci costringono allafrase urlata proprio perché vuota. Anziché diventare un aforisma,in giro non si vedono né Oscar Wilde, né Karl Krause, ma nemmenoEnnio Flaiano, divengono invettiva e spesso quasi insulto. Nona caso la semplificazione dei concetti è un processo mentale cheappartiene solo ai geni.Così si trasforma anche il linguaggio. Che è la manifestazione delchi si siamo. Un vocabolario di cento, mille o diecimila parolecambia radicalmente non solo il contenuto del concetto ma laqualità della relazione. La stessa qualità delle persone.La rete quindi raffigura una realtà ma la deforma. Anzi, costringea schierarsi di fronte a notizie non vere o non dimostrabili.Così come finge di creare una partecipazione diretta e sottoponetutti ad una permanente votazione isterica divisa tra piace/nonpiace. E non a caso sempre più i blog sono partecipati da persone6


Tempo presenteche hanno o la stessa opinione o nel qualeil confronto non esiste. Direi che avere unaopinione diversa mette nella stessa condizionedi un tifoso pacifico che si trovi nellacurva ostile degli ultras.Si ritiene che questa partecipazione siauna espressione mitizzata di democraziadiretta che mette in relazione le personeallo stesso tempo, permettendo di decideresu ogni questione senza mediazioni. Mala democrazia è invece proprio una continuamediazione. Non nel senso di snaturarele opinioni ma di cercare un confrontocontinuo, di avvicinarsi, di avere la capacitàdi cambiare la propria idea, di trovareuna sintesi.Se tutto diventa il contarsi, il giudicare, sirende la vita sociale tra le persone primitiva.Come un ritorno alla caverna. Si escesolo per cacciare e poi si ritorna al riparodal mondo esterno. Leggiamo idiozie cuiper quieto vivere ci sottraiamo dal replicareo vediamo persone prive di profonditàanalitica lanciate in anatemi continui. Cosìcome l’altro sarà sempre altro da te finchénon sei costretto a conoscere chi è, a stringerla sua mano, ad ascoltarlo e a farglidomande, l’altro nella rete resta un estraneoe ciascuno un anonimo. E la distanza fisica aumenta il giudiziodrastico che porta spesso ad una ostilità che racchiude unnuovo fanatismo. Non penso sia casuale che il non-partito chemitizza il web sia quello che impone le scelte senza discussionecome surreali piace/non piace. Metodo usato indifferentementesia per la scelta di come fare un rimborso che per eleggere ilPresidente della Repubblica. Allo stesso modo come si ipotizza digovernare da soli. Senza alcun accordo. Lo stesso comizio diGrillo, anziché essere un metodo antico di comunicazione, è analogoal senso unico del web. In uno si legge, nell’altro si ascolta.E viene deciso chi può parlare e chi solo ascoltare.La democrazia rappresentativa, che è un insieme di valori eregole costruite nel corso della storia e che in Italia trova il suoriferimento nella Costituzione, può essere sostituita, o deformata,in favore di una supposta democrazia diretta che ha già dimostratola sua parzialità? Con tutti i rischi dati dall’emotività,dalla semplificazione, dalla non responsabilità.Abbiamo riscontrato che, in alcune situazioni di conflitto o di vertenzemolto delicate, nascono blog e social forum che hanno l’effettoimmediato di radicalizzare lo scontro e di puntare ad azioniimmediate ed eclatanti. Così come i tweet hanno trasformatol’elezione del Capo dello Stato in una rissa da bar, allo stessomodo i conflitti sindacali (locali o aziendali, per ora) vedononascere blog che ricreano la parodia di un’assemblea permanente.Dentro cui confluiscono tante e diverse esigenze, anche diconoscere e partecipare attivamente, ma che rischia di portareallo stesso esito prevalente: semplificazione estrema, giudizisprezzanti, opzioni tutte in negativo, cortocircuito di notizie nonverificabili, impossibilità di un dialogo. Una sorta di non rappresentanzatemporanea che incide però, di fatto, sulla rappresentanzaeletta. Tentando di condizionarne le scelte.Impensabile però immaginare di tenere la nostra rappresentanzaseparata o riparata da quanto avviene. Nonsi tratta però di replicare questo modello,ma di esser consapevoli di dover attraversareun lungo percorso. Vale per la rappresentanzapolitica, ma vale anche per quellasociale e quindi per il sindacato. Leforme di comunicazione non possonotogliere il rapporto diretto tra le persone,il principio di partecipazione e di delega,la responsabilità personale. La tecnologiava utilizzata perché è impossibile eluderlao estraniarsi. Ma va riportata al serviziodella democrazia. Che, però, per non sciogliersinell’indistinta rete foriera di nuovifanatismi, deve ricrearsi e ricredere in sestessa.nino.cortorillo@filtcgil.itPS sullo stesso tema della rete e dellademocrazia, un mio precedente articolo suNOSTOP n.57 ottobre 20077


Tempo presenteT E M P O P R E S E N T ENasce l’Osservatoriosulle Infrastrutturedi Renato Biferali e Rosario StrazzulloArea della Contrattazione Reti e Terziario CGIL NazionaleDa alcune settimane è consultabile, sulPortale della CGIL, l’Osservatorio sulleInfrastrutture.L’obiettivo primario che come CGIL cisiamo posti è quello di fornire una serie diinformazioni utili per le vertenze nazionalie territoriali, confederali e di categoria,che rappresentano la missione principaleper una organizzazione sindacale.Come ha ben spiegato Fabrizio Solari dellaSegreteria Nazionale CGIL alla presentazionedell’Osservatorio tenuta il 14 maggio<strong>2013</strong>, lo scopo è anche quello di migliorarela capacità complessiva della nostraorganizzazione di seguire e affrontare iltema “Infrastrutture” a partire da una utilizzazionedi competenze già presenti alnostro interno e provando a diffonderle.L’Osservatorio ha come cornice di riferimentole opere che fanno capo alla LeggeObiettivo del 2001, il quadro strategico diderivazione europeo (TEN). Più nello specifico,sono monitorate e passate sotto lalente di ingrandimento le riunioni del CIPEdal 2012 sino ad oggi e per tutte le seduteche si terranno in avanti. Ci riferiamo ariunioni che hanno portato a decisioniOltre a dare notizie utiliperlacontrattazione,adiffonderecompetenze imprescindibiliper il futuro delsindacato, si metteranno adisposizione informazioni,tratte da documenti ufficiali,che hanno un valore economicoe civile per ricercatori,studenti universitari, artigianie professionisti, di chiunquevoglia partecipare adiscutere del valore o deglieffetti di una infrastrutturaper il territorio di riferimentoe per tutto il paese.Senza dimenticare il contestoeuropeo.effettive e non a semplici esiti non seguitidalla registrazione presso la Corte deiConti, che rappresenta condizione essenzialeper delibere vere e non finte.Per dare un primo esempio della mole dilavoro e di informazioni già disponibili,segnaliamo che sono già catalogate ottantaopere, per ciascuna delle quali sonoredatte la presentazione storica corredatada una scheda tecnica con tutti i dati chela caratterizzano, ivi comprese le previsionida parametri di legge relative ad impreseimpegnabili e lavoratori occupabili.Come si arriva a questi dati? Attraverso unpercorso di navigazione semplice che iniziadal Portale CGIL dove si trova il linkall’Osservatorio, aperto il quale si accedead una serie di PDF che sono la presentazione,il riepilogo generale, i settori nazionali,il link alle regioni e alle opere che sonodotate di presentazione e scheda tecnica.Per ogni progetto è specificata la fonte deifinanziamenti suddivisa tra stato, privati,fondi europei.I finanziamenti europei sono molto importantiin quanto aggiuntivi a quelli nazionalie perché sono indirizzati alle opere strategichefacenti parte dei Corridoi europei(TEN-T). Essi, una volta realizzati, faciliterannole comunicazioni economiche ecommerciali tra Nord e Sud, tra i paesi delMediterraneo e i Balcani, tra le aree internedei paesi europei e i grandi centri diaggregazione e smistamento delle merci.L’Osservatorio è poi basato sulla maggiorecertezza possibile dei dati trattati e,quindi, le fonti e le azioni aventi forza dilegge. Questo comporta che la deliberaCIPE sia registrata dalla Corte dei Conti epubblicata sulla Gazzetta Ufficiale. Solodopo questi passaggi inizia veramente quelpercorso che trasformerà un progetto inun’opera di ingegneria civile. Per questonelle schede dell’Osservatorio è possibilecollegarsi per consultare le delibere CIPEpiù rilevanti e abbiamo installato unasezione dedicata alle sentenze della CorteCostituzionale emesse in materia di infrastrutturederivanti dalla Legge Obiettivo euna sezione suddivisa per Regione di tuttele delibere CIPE.La forma attuale sopra descritta evolveràsuccessivamente in un vero e proprio“data base”, che garantirà una maggiorecertezza dei dati disponibili, una maggiorevelocità degli aggiornamenti, una consultazioneancora più agevole.Si troverà anche una sezione relativa allesentenze della Corte dei Conti, nella qualeporteremo esempi su come una serie didecisioni presentate come tali, in realtà,non lo sono e ciò spiega molto delle lentezzee inefficienze burocratiche.Da tutto quanto esposto si capisce la portatae l’importanza di quello che si staprovando a realizzare. Innanzitutto si puòcomprendere che, oltre a dare informazioniutili per la contrattazione, a diffonderecompetenze imprescindibili per il8


Tempo presentefuturo del sindacato, si mettono a disposizioneinformazioni, tratte da documentiufficiali, rielaborate in un modo originalerispetto agli altri Osservatori sulleInfrastrutture presenti. Tali informazionihanno un valore economico e civile perricercatori, studenti universitari, artigianie professionisti, di chiunque voglia parteciparea discutere del valore o deglieffetti di una infrastruttura per il territoriodi riferimento e per tutto il paese.Senza dimenticare il contesto europeo.Ripartiamo quindi dalla drammaticasituazione europea e nazionale, dallacondivisa necessità di politiche per lacrescita che spezzino il vicolo cieco dellepolitiche di austerità in cui si è cacciatoil nostro continente. È indubbio che ilrilancio degli investimenti pubblici e privatinelle infrastrutture rappresenti unadelle soluzioni possibili alla ripresa dellacrescita, della produttività, della competitività,dell’occupazione. Gli stessinumeri che porta il Governo uscente conl’XI Allegato Infrastrutture fanno impressione:50 miliardi di costo aggiuntivo chepesano sul nostro paese per il ritardoinfrastrutturale. Vuol dire, in sostanza,merci e persone che si spostano con maggioridifficoltà, bassa qualità della vitanelle città, imprese che chiudono o chenon possono nascere, meno produttività,meno competitività, meno occupazione.Per essere consapevoli di come le cosesiano cambiate, sempre citando i dati delGoverno uscente, occorre anche ricordareche i mancati investimenti tecnologicinell’ICT - Information CommunicationTecnology, riconducibili ad AgendaDigitale determinano per il settore deitrasporti un costo aggiuntivo di 30 miliardi,ovviamente all’interno di quello piùgenerale sopra ricordato.Per completezza di informazione vaanche rammentato che il Governo uscente,con il citato Allegato, rivendica un’azioneeffettuata nel 2012 che ha snellito procedure,sbloccato finanziamenti per decinedi miliardi, diviso la materia delle infrastrutturetra quella più operativa e cantierabilee quella di natura programmaticada inquadrare meglio, definito le prioritàrispetto al contesto europeo e rallentatoquelle meno decisive, adeguato lenormative con misure all’avanguardiarispetto all’Europa, dato rilevanza a settoridecisivi e prima meno considerati oassenti sul piano della programmazione,realizzato maggiore capacità di utilizzodei fondi europei, migliorato il rapportocon Regioni ed Enti locali, avanzato proposteper decidere con maggiore consensoe partecipazione.A nostro avviso, alcune singole azionisono correttamente riportate, alcunemodifiche normative sopravvalutate,però non siamo ancora al consolidamentodi una strategia generale che possa invertirela situazione di ritardo infrastrutturaledel nostro paese nel contesto europeoe mondiale. Ma un’operazione di tale portatache riguarda il futuro dell’Italiarichiede il coinvolgimento di tutte leforze in campo, uno sforzo straordinariodella politica, delle istituzioni, delleforze sociali come il sindacato.Con la costruzione dell’Osservatorio portiamoun piccolo mattoncino a questolavoro.Bisognerà aggiungere molto altro da rinvenirenel nostro bagaglio più tradizionale,assieme ad uno straordinario sforzod’innovazione capace di motivare eaccrescere competenze esistenti, diestenderle per favorire un processo dipartecipazione alle scelte economichefondamentali per il nostro paese e perl’Europa.9


Tempo presenteOrganizzare i non organizzatiIdee ed esperienze per il sindacato che verràdi Ilaria Lani, Responsabile Politiche Giovanili CGIL NazionaleT E M P O P R E S E N T ECome connettere i nuovi soggetti del mercatodel lavoro? Come costruire partecipazione eazione collettiva? Come dare potere ai nuoviesclusi? Sono domande oggi più che mai crucialiper affrontare la crisi della rappresentanza,o meglio, per cogliere la nuova domanda dirappresentanza.Sono passati tre anni da quando i giovani della <strong>Cgil</strong> hanno affissonelle strade e diffuso nel web migliaia di annunci di lavoro indecenti,una provocazione che serviva a lanciare la campagna“Giovani NON+ disposti a tutto”. Si è trattato di una grande intuizione,sia per la forza del messaggio, che ha svelato e ribaltatol’immaginario dominante sulla condizione giovanile (ricordiamocigli appellativi bamboccioni, choosy, sfigati), sia per gli strumentiadoperati, capaci di generare, rispetto a quel messaggio, identificazionee aggregazione.La ricchezza della campagna ha consentito di gemmare nuoveesperienze: dai forum del sito “Giovani NON+” i partecipanti cisegnalavano gli annunci di stage gratuiti, così nacque la campagna“NON+ stage truffa” che ancora oggi ci vede impegnati perottenere una legislazione migliore, in particolare sul livello regionale.Allo stesso tempo, ci siamo battuti contro lo sfruttamentodel praticantato e con la Filcams stiamo tentando di introdurreuna regolamentazione nel contratto nazionale degli studi professionali;a questo fine abbiamo promosso, assieme alle reti di praticantie professionisti, la campagna “conilcontratto.it”.Il rapporto costante con le reti di giovani, precari, professionistirappresenta una grande risorsa per la <strong>Cgil</strong>, che in questi anni èstata alimentata anche grazie al Comitato “Il nostro tempo èadesso” e alle sue declinazioni territoriali, nate dopo il debuttonella giornata nazionale di mobilitazione del 9 Aprile 2011.Queste sono solo alcune esperienze raccolte nel libretto appena uscito“Organizzare i non organizzati - idee ed esperienze per il sindacatoche verrà”: si tratta di esperimenti innovativi per il tipo di soggettimobilitati, per i contenuti sollevati, per le forme utilizzate.È, infatti, impensabile rispondere ai problemi delle giovani generazioniprendendo a riferimento le rivendicazioni e gli strumentidi trenta o quaranta anni fa.Questo è vero per le forme organizzative, per le rivendicazionisindacali, ma anche per le scelte contrattuali.Una e ormai più generazioni sono intrappolate in una condizione diprecarietà e di umiliazione, costrette a lavori saltuari, usa e getta,sottopagati, sottoinquadrati, senza diritti né ammortizzatori. O,peggio ancora, vivono in una perenne condizione di inoccupazione.Ciò significa che intere generazioni non hanno conosciuto lacopertura del contratto collettivo e sono state costrette adaccettare qualsiasi condizione, abituandosi a vivere in completasolitudine il proprio lavoro o, perfino, ad essere messi in competizionel’uno con l’altro. Altri ancora hanno visto mortificata laloro professionalità attraverso un lavoro formalmente autonomo,che in realtà appare molto poco libero, proprio perché privo ditutele. Questo esercito di riserva è stato l’ultimo anello dellacatena su cui scaricare i rischi e i costi della produzione per poidiventare, all’occorrenza, lo strumento per mettere in discussionei diritti di tutti.Agli occhi di queste lavoratrici e lavoratori la battaglia contro laprecarietà, tutta orientata sulle modifiche legislative, è risultatadistante ed inefficace e si pone per noi l’esigenza di coniugare lariforma della legislazione con un’azione contrattuale inclusiva,capace di guardare alle tante differenze che contraddistinguonole diverse condizioni.Contrattazione inclusiva significa ricomporre la filiera dei diritti,includendo le tipologie di lavoro non dipendenti nei contrattinazionali, e sancire in primo luogo per tutti una giusta retribuzione,ma anche l’individuazione di nuovi diritti legati alla formazione,all’autonomia, alla professionalità. Sempre più i nuovi lavoratoripongono una domanda di conoscenza e riconoscimento professionale.Deve essere, infatti, il sindacato ad incalzare leimprese rispetto all’innovazione dei processi produttivi e non10


Tempo presentelimitarsi a subire le “non scelte” di politica industriale.Contrattazione inclusiva significa guardare alle politiche pubbliche,siano esse nazionali o territoriali, per ridurre le disparità:pensiamo, per esempio, al sistema pensionistico o agli ammortizzatorisocialieaquantainiquità è scaricata su coloro che hannocarriere fragili e discontinue.Infine, contrattazione inclusiva significa rappresentanza inclusiva,ovvero si pone la necessità di garantire diritti sindacali anchealle lavoratrici e ai lavoratori precari.La contrattazione inclusiva può trovare forza e legittimazionesolo se accompagnata da una coerente strategia di reinsediamento.Significa costruire iniziative mirate per rendere trasparente,riconosciuta e partecipata nei singoli settori la nostra battagliaper tale contrattazione. Le campagne di sindacalizzazione giàsperimentate in questi anni da alcune categorie, sulla scia delcommunity organising americano, sono uno strumento per dareforza alle rivendicazioni contrattuali finalizzate ad includere isegmenti più fragili e non rappresentati.Nella necessaria, e peraltro già avviata, riorganizzazione dellastruttura <strong>Cgil</strong> occorre non solo spostare risorse dal centro al territorio,ma spostare risorse dall’attività ordinaria a quella straordinaria.Come sappiamo, non è affatto semplice visto che attualmentel’attività ordinaria fa fatica ad auto-sostenersi, considerato ilcrescente bisogno di tutela dei lavoratori e la contemporanea riduzionedelle risorse dovuta alla crisi economica ed occupazionale.Ma occorre anche un reinsediamento sociale nel territorio chesappia riaggregare le differenti figure rispetto ai loro bisogni percostruire coalizioni sociali e battaglie locali: dal diritto alla casa,ai trasporti, allo sviluppo territoriale, alle scelte urbane, ai servizipubblici, all’accesso al lavoro e alla formazione.Il territorio non va solo presidiato, ma riattivato attraverso esperimentisociali capaci di mobilitare innanzitutto gli iscritti e i simpatizzantidella <strong>Cgil</strong>: immaginiamo forme di coinvolgimento piùinformali, dirette e orizzontali che possano mettere a valore lesensibilità dei singoli compagni e magari intrecciarle con le competenzeespresse nel territorio da studiosi, esperti, attivisti dialtre realtà sociali.Questo tipo di esperimenti, seppur con forme diverse, richiamanoil ruolo esercitato dalle Camere del Lavoro alle origini qualespazio di aggregazione, mutualismo, formazione. Esattamenteripercorrendo questa visione sono nati alcuni progetti per attivarespazi di aggregazione rivolti a giovani e precari nelle sedi sindacalio all’interno di circoli culturali già presenti.Si tratta, anche in questo caso, di tentativi per rispondere ad unaforte domanda di partecipazione che tuttavia fatica, per moltimotivi, ad avvalersi dei canali tradizionali.Questa difficoltà richiama l’immagine di un animale che spesso èusato come metafora delle grandi organizzazioni di rappresentanza:l’elefante. L’elefante è un animale lento ai cambiamenti, maè anche forte e solido, con una lunga memoria. Certo l’elefantenon potrà mai essere rapido e scattante, però sopperisce a questobisogno con la proboscide che gli consente di raggiungerequalsiasi cosa. La <strong>Cgil</strong> dovrebbe riorganizzarsi guardando a questaimmagine e potenziando la propria proboscide con azioni straordinariee sperimentali, capaci di arrivare anche nelle aree piùperiferiche della nostra società.Quanto emerge dalla parabola del movimento 5 Stelle e dei movimentisociali degli ultimi anni non può essere eluso: evidenzia,infatti, che le ragioni dell’azione collettiva non vengono meno,ma non possono essere sovradeterminate, devono nutrirsi deldesiderio di costruire “comunità di destino” che rispondano,anche in maniera disordinata e sfuggevole, ai bisogni che ognunoporta con sé. Questo interroga profondamente anche le formedella rappresentanza sociale e richiede uno sforzo di innovazioneconsiderevole per contrastare la delegittimazione e rilanciare ilruolo del sindacato generale. Se sapremo intraprendere questasfida ed effettuare scelte coerenti e coraggiose, riusciremo sempredi più a parlare alle nuove generazioni, ma soprattutto adessere per loro lo strumento di emancipazione che il sindacato èstato nella sua lunga storia.11


Tempo presenteGrazie, Andreadi Franco NassoT E M P O P R E S E N T EVenerdì 3 maggio <strong>2013</strong> è scomparsoAndrea Grilli, Amministratore della <strong>Filt</strong>.È molto difficile parlare e scrivere diAndrea, a così breve distanza dalla suascomparsa. Per me, che ho perso un carissimoamico, è impossibile superare l’enormevuoto di questa mancanza.Andrea manca a tutti, a tutta la <strong>Filt</strong>, a tuttele compagne e a tutti i compagni che lohanno conosciuto e gli hanno voluto bene.E manca moltissimo alla sua straordinariafamiglia, della quale parlava sempre congrande affetto.Ho conosciuto Andrea a metà degli anni‘80 quando, da giovani delegati ferrovieri,iniziavamo la nostra l’attività sindacalenella <strong>Filt</strong>, nelle riunioni nazionali del personaleviaggiante.Interveniva sempre verso la fine delle riunionie spesso doveva correggere e contrastareposizioni che non condivideva, ma lofaceva con competenza e lucidità di analisie per questo si faceva ascoltare da tuttie, in poco tempo, era diventato un riferimentocerto per le grandi capacità tecniche,per la conoscenza del contratto, perla facilità con la quale dominava la complessadisciplina degli orari.Si era conquistato la stima di tutti per lapreparazione, frutto dello studio, dellaprecisione nel lavoro meticoloso e diun’intelligenza fuori del comune.Ma Andrea non era un tecnico, era un dirigentedella <strong>Cgil</strong> che ha scelto di agirequasi dietro le quinte. Nei tanti anni diattività nella <strong>Cgil</strong> non ha mai chiesto nullaper sé e non ha mai accettato proposte perincarichi nella <strong>Filt</strong> che, in molte occasioni,gli erano stati proposti.Con una solida formazione politica giovanile,ha sempre contribuito al dibattito ealle scelte dell’organizzazione con analisicritica e spirito di innovazione, con unagrande attitudine a porre sempre lo sguardoin avanti, nei processi di cambiamentoche hanno profondamente modificato leferrovie e l’intero mondo dei trasporti.Tra la fine degli anni ‘80 e i primi anni ‘90,nei quali le spinte corporative erano fortissime,si è battuto per una <strong>Filt</strong> capace diconfrontarsi con i cambiamenti attraversoun’azione contrattuale con costanteimpronta confederale.Proprio in quegli anni nasceva e si rafforzavail sindacalismo autonomo, con rivendicazioniacquisitive, sostenute da modalità diesercizio dello sciopero molto aggressive esenza regole, dentro un sistema di aziendepubbliche di servizio molto vulnerabile.Tutto ciò mentre la pessima gestione delleaziende, e di FS in particolare, portava ibilanci al progressivo tracollo, nel disinteressedei governi e dei vertici aziendali econ il conto portato successivamente alpaese e ai lavoratori.Nella <strong>Filt</strong> di quegli anni, Andrea è statotra i protagonisti della battaglia politicamolto difficile, sostenuta sempre concoerenza e lucidità, per contrastare laderiva corporativa.Poi, la sua scelta di non stare mai in primafila lo ha portato a lavorare per molti anniin Emilia, a diretto rapporto con i tanticompagni e lavoratori che si rivolgevano alui per consulenze sulle tante questionilegate ai contratti e al sistema pensionistico,materie che dominava con assolutacompetenza e, con grande e paziente lavoro,non lasciava nessuno senza risposta.Dopo molti rifiuti opposti alle tante propostedi impegno diretto nell’Organizzazione,nel 2009 ha deciso di assumere il ruolo diamministratore della <strong>Filt</strong> nazionale, che hasvolto con la semplicità che nasceva da unaindiscutibile competenza, con il rigore, laserietà e la sobrietà che ha sempre messonel lavoro.Anche a Roma, in questi anni con noi,Andrea non è stato solo l’amministratoreche ha curato benissimo la gestione deibilanci. È stato un dirigente nazionaledella Federazione, come sempre schivo,mai invadente, molto attento ai ruoli, chenon ha mai fatto mancare il suo grandecontributo, ben conosciuto da tutti i compagniche sono stati in <strong>Filt</strong> in questi anni.Ed erano sempre le situazioni informali,nelle quali si concretizzava il contributo diAndrea nelle scelte della Federazione,come capitava quasi tutti i giorni; di mattinopresto, mezz’ora prima che gli altriarrivassero in <strong>Filt</strong>, con lui si discuteva ditutto, della politica e delle sue amarezzee molto della <strong>Cgil</strong>, della <strong>Filt</strong> e dei tantiproblemi da affrontare, che in questi anninon sono mai mancati.Poi l’amicizia, l’idea dell’amicizia di Andrea.Parlando con la sua bella famiglia nei giornidel lutto ho sentito da loro la ragioneper la quale aveva accettato di venire aRoma: “vado a Roma perché me lo ha chiestoun amico!”.Quell’amico di tanti anni ero io, ma possoaggiungere, sapendo che Andrea non ciperdonerebbe la retorica, che Andrea si èfatto voler bene da tutti, per il suo modoschivo ed essenziale, per la sua capacità diascoltare, insieme alla straordinaria capacitàdi stare con amicizia nei rapporti conle compagne e i compagni.In questi anni trascorsi con noi in <strong>Filt</strong>Nazionale, è stato un riferimento per tuttiper le sue tante qualità politiche e professionali,ma lo è stato moltissimo anche perl’amicizia con la quale si è meritato ilgrande affetto che lo circondava.La <strong>Filt</strong> perde un compagno straordinario etutti noi un amico. Io, un compagno e unamico fraterno di tanti anni di vita e dilavoro. Ciao Andrea12


Tempo presenteAccordo sulla rappresentanzadi Giovanni Luciano, Segretario Generale Nazionale Fit-CislLe riflessioni della Fit-CislDopo decenni di attesa, il 31 maggio <strong>2013</strong>, <strong>Cgil</strong>-Cisl-Uil hanno sottoscrittoun accordo con la Confindustria che regola, finalmente, larappresentanza e la rappresentatività in questo Paese.Come dirò più avanti, non è per dare spiegazioni che entrerò unpo’ nel merito, ma per sottolineare quali sono, a mio avviso, gliaspetti politici più rilevanti.L’accordo è storico, non per abusare l’aggettivo ma perché, veramente,si codificano le procedure per un’effettiva democraziasindacale. La democrazia, vale sempre la pena ricordarlo, è quellacosa dove tutti hanno il diritto di parola, il dovere di rispettare leregole e dove la maggioranza decide. Le “dittature” di minoranzasono altra cosa.Un’intesa, quella del 31 maggio <strong>2013</strong>, che scioglie alcuni dei nodirimasti irrisolti dal precedente omologo accordo del 28 <strong>giugno</strong>2011 e che definisce meglio altri aspetti che, nei fatti, ne avevanolasciato al palo l’applicazione pratica.La misurazione della rappresentatività è fatta considerando equamenteil numero degli iscritti con il numero dei voti conseguitidalle sigle nelle elezioni delle Rsu. Quindi, contano i voti e non idelegati eletti, ad esempio.È stata precisata meglio quale sarà la procedura di certificazionedel numero degli iscritti. Se ci pensiamo, è l’architrave dell’intesa.Senza certezza del dato degli iscritti, tutto il resto non avrebbesenso e applicazione praticabile.È stato chiarito che, dove il sistema di rappresentanza è già basatosulle Rsu, queste restano e si rinnovano. Penso alle FS, doveritengo scandaloso che, per “problemi” unitari, non si sia ancorapotuto immaginare di mettere in campo il loro rinnovo dopo“soli” sei anni che sono scadute. Questi sono aspetti che non giovanoal Sindacato confederale.È stato anche chiarito che, laddove il sistema è basato sulle Rsa,valgono solo gli iscritti certificati. Non è banale rispetto ai possibiliequivoci lasciati tra le righe dell’accordo del 28 <strong>giugno</strong> 2011.Come dicevo all’inizio, non intendo certo fare la spiegazione dell’accordosiglato dalle nostre Confederazioni, sarebbe un eserciziosuperfluo. Mi interessa, invece, mettere in evidenza quantoquest’accordo carichi di responsabilità le categorie.Le Federazioni dei Trasporti di <strong>Cgil</strong>, Cisl, Uil ora hanno un compitoda svolgere, il più celermente possibile, per dare praticaattuazione all’accordo nel settore dei trasporti.Infatti, sono diverse e di grande spessore politico le vicendelasciate alla regolazione di categoria, pur all’interno della corniceconfederale.Per esempio, il passaggio dal sistema basato sulle Rsa a quellosulle Rsu, in ogni singolo CCNL, è possibile se deciso unitariamente.Non è di poco conto.Dovremo decidere la regolamentazione per la presentazione dellepiattaforme, per le delegazioni trattanti e per tutti gli aspetti cheattengono alla elaborazione delle piattaforme stesse.Occorrerà schedulare per ogni CCNL quali siano le “modalità diconsultazione certificata” a valle della sottoscrizione.Occorrerà importare in questo Regolamento di applicazione nelsettore anche le modalità di regolazione del dissenso.L’accordo ha definito che sia favorita la presentazione di piattaformeunitarie, ma ha anche regolato che, laddove ciò non fosse,per essere presentabili le piattaforme debbano essere supportateda sindacati che abbiano complessivamente un grado di rappresentativitàdel 50%+1.Insomma, dobbiamo prevedere una nostra regolamentazione, permolti versi impegnativa e politicamente molto rilevante, e lodobbiamo fare senza ulteriori slittamenti temporali.La regolamentazione che decideremo di darci dovremo poi trasformarlain accordo con le Associazioni datoriali del settore cheaderiscono a Confindustria, anche se credo che, a breve, questosistema, così com’è avvenuto a valle del 28 <strong>giugno</strong> 2011, si estenderàanche alle altre Confederazioni datoriali.Per fortuna non siamo all’anno zero.Ne abbiamo già parlato unitariamente e abbiamo anche iniziato,seppur con qualche stop and go, un lavoro di elaborazione comuneche ora deve essere assolutamente portato a conclusione.L’importanza politica di un simile cambio di paradigma impatterà13


Tempo presenteT E M P O P R E S E N T Econ forza sulle relazioni industriali ovunque, ma forse ancor di piùnei trasporti ove la frammentazione sindacale spesso raggiungeaspetti numerici poco funzionali, per essere eufemistici.Questo accordo farà giustizia su molte cose, tra i sindacati e,forse, anche nei sindacati stessi. Si vedrà, a valle della certificazionedegli iscritti, se gli iscritti ci sono o meno.Volendo essere ruvidi, si può dire che qualche ologramma simostrerà chiaramente come tale.Non è vero, come dicono formazioni minori, che quest’intesa èliberticida e che sarà una dittatura di <strong>Cgil</strong>, Cisl, Uil. Semmai è veroche si scioglierà della neve. E questo sarà un aspetto utilissimo perpoter meglio regolare altri due aspetti fondamentali: la ripartizionedelle libertà sindacali e la regolamentazione dello sciopero.Per quanto riguarda il primo aspetto è noto come sia sempremolto spinoso il tema della ripartizione dei permessi sindacali,in special modo ove questo avvenga al di fuori di aziende digrandi dimensioni. Il caso degli autoferrotranvieri è emblematicoin tal senso. Nascondendosi dietro alla grande frammentazionedi aziende del sistema in tanti, troppi, tra associazionidatoriali e sindacati, evitano di regolarele cose rispetto all’effettiva presenza diiscritti.Al contrario, serve fare chiarezza perchéin un momento storico ove queste risorsesono ridotte, per esigenze di sostenibilitàeconomiche delle imprese, devono esserecorrispondenti all’effettiva rappresentativitàdei singoli sindacati.Per quanto riguarda lo sciopero, senz’altropotremmo cavarcela dicendo che la leggenon si tocca. Bene. Ci saremmo lavati lacoscienza ideologicamente, ma avremmoomesso di vedere come e quanto stia agendo,“legiferando”, la Commissione Alesse.Basta vedere le modifiche che sta apportandoalle varie provvisorie regolamentazionio studiare quello che chiamo il “casoParodi” nel merci.Siamo stati sanzionati per non aver applicatola legge, anche se nel trasporto mercimolti degli istituti contestatici non sonopresenti nella specifica parte delContratto relativa allo sciopero, a suotempo valutata idonea dalla Commissionedi Garanzia del tempo.Cito quest’aspetto perché lo sciopero neitrasporti è un problema quotidiano dei cittadini,che la politica e le istituzioni nonvogliono risolvere riguardo al mancatorispetto dei contratti e degli accordi daparte delle controparti, ma che, spesso,vede piccole formazioni scioperare per ottenereun ruolo contrattuale che non hanno.Senza citare alcuno, questo è un aspettoevidente ultimamente nel trasporto pubblicolocale, soprattutto a Roma.Penso che debba essere il Sindacato stesso,a valle della Regolamentazione che faremocon le controparti sulla rappresentanza esulla rappresentatività nei trasporti, a studiareed offrire soluzioni nuove che, garantendoil massimo della democrazia, mettanoin campo soluzioni più efficaci e menoimpopolari per poter risolvere le vertenze.Non aspettiamo che, di nuovo, se necominci ad occupare il Parlamento in senso ulteriormente restrittivo.Già la legislazione attuale lo è ed è piena di pecche e di questioniinique da correggere. Faccio riferimento, ad esempio, allacorsa all’occupazione della casella introdotta da un sistema dirarefazione che non ha raggiunto lo scopo originario pensato dallegislatore.Non vorremmo di nuovo doverci misurare con questioni tipo referendumpreventivo o altre amenità. L’aver messo a regime unsistema di misurazione cogente del grado di rappresentanza e dirappresentatività ci aiuterebbe sicuramente in una modifica diregolazione.Conscio di essere provocatorio nel ragionamento, non si può noncondividere quanto possa essere legato questo tema, come quellodei permessi sindacali, all’accordo del 31 maggio <strong>2013</strong>.Lavoriamo velocemente tra noi alla Regolamentazione neitrasporti degli accordi del 28 <strong>giugno</strong> 2011 e del 31 maggio <strong>2013</strong> efacciamo un buon uso di quello che realizzeremo.Sono convinto che sia un dovere ineludibile di <strong>Filt</strong>, Fit eUiltrasporti.14


In lineaSEA: una storia italianadi Stefano Malorgio, Segretario Generale <strong>Filt</strong>-<strong>Cgil</strong> MilanoPREMESSALa vita è fatta di vicende ed episodi chesegnano e cambiano. Fatti personali primadi tutto, ma anche questioni legate al propriolavoro, in particolare nel nostromestiere, così coinvolgente e appassionante,così strettamente intrecciato con ladimensione personale. Da segretario aBrescia iniziai, poco dopo l’insediamento,a gestire una brutta vertenza legata aduna cooperativa presso l’Aeroporto diMontichiari (strano legame il mio con questosettore), che si chiuse poco prima dellaconclusione del mio incarico. Allo stessomodo, le vicende di Sea stanno segnandoprofondamente questa fase del mio impegnosindacale a Milano, legate sia alla quotazionein Borsa, di cui ho già avuto mododi scrivere su questo giornale, sia all’eternadiatriba tra Linate e Malpensa, che harecentemente vissuto un’accelerazione,sia alla questione di Sea Handling, dellaquale mi accingo a scrivere.Vertenze che permettono di guardare criticamentealle tue certezze, al rapportocon la tua stessa organizzazione e con ilresto dei soggetti in campo, dalle istituzionialla politica, ai lavoratori, alle imprese.Fatti che, più di ogni analisi teorica, consentonodi accedere alla complessità delledinamiche economiche e sociali, mairiconducibili a semplici slogan. Vicendeche, sono sicuro, incideranno sia sul mioagire sia sulle scelte future della nostraorganizzazione, ma che, soprattutto,permettono di cogliere nel profondo ladebolezza e la fragilità del nostro Paese.Per questo Sea Handling è una storiasoprattutto italiana. Così come lo fu quelladi Alitalia.costituita la società SEA Handling Spa controllataal 100% da Sea Spa. Ricordiamoche la nascita di Sea H. prevedeva l’ingressonel capitale sociale della società digestione dell’aeroporto di Francoforte,Fraport, indispensabile al risanamentoed efficientamento. Quel progetto, almomento della firma, fu fermato dall’allorasindaco Albertini. Giusto ricordare chela <strong>Filt</strong>, forse da sola, giudicò negativamentequel fatto. In quell’occasione, tutte leOrganizzazioni Sindacali diedero il vialibera al riassetto societario (Accordo del04/04/2002), dopo aver ottenuto garanzieoccupazionali quinquennali attraverso unverbale sottoscritto con il Comune diMilano il 26/03/1999. Proprio questo atto,che tra l’altro si dimostrò di dubbia efficacia,ha costituito uno degli elementi fondantia sostegno della tesi della commissioneeuropea sugli aiuti di stato, confermandoche non è con eccessi di zelo, dannoserigidità sindacali o ricerca di formaliprotezioni che si tutela il lavoro.In quegli anni inizia la grande trasformazionedel mercato del trasporto Aereo conl’ingresso delle compagnie Low Cost, lacrisi delle compagnie aeree nazionali, laderegulation nel settore dei servizi diterra aeroportuali, nonché alcune specifichesituazioni che hanno influenza sulTrasporto Aereo (settembre del 2001).Per Sea e il contesto territoriale lombardo,si aggiunge la rottura dell’alleanza traAlitalia e Klm, che riduce i voli intercontinentali,la crisi di Alitalia sino al de-hubbingdi Malpensa, il fallimento del progettobasato su Lufthansa. A questo aggiungiamola perenne querelle Linate/Malpensa.Per Sea Handling sono anni di perdite,come per tutte le società di Handling inquesto Paese. Le contromisure a questesituazioni sono differenti. In altre realtàaeroportuali si esternalizza scegliendo lastrada della drastica riduzione dei costidel personale. Negli aeroporti milanesiaccade invece che Sea Spa effettui il ripianamentodelle perdite e gli aumenti dicapitale necessari a permettere a questasocietà di stare sul mercato. Dal 2002 al2006 si tratta di una operazione di salvataggiodi circa 230 milioni di euro. Si devericordare lo scherno e le accuse che la <strong>Filt</strong>ha subìto in tutti questi anni ogni volta cheha posto come priorità assoluta il pareggiodi bilancio proprio perché non era normaleuna copertura dei disavanzi.Eppure, un’altra scelta era possibile,senza rincorrere le scelte di ristrutturazionefatte in altre realtà con pesanti conseguenzesul mondo del lavoro, ma ponendosiil problema di un’Azienda che continuavaa perdere 50 mln € all’anno. Infatti, apartire dal 2007, proprio nella fase piùdura per Sea, dopo il de-hubbing di Alitaliada Malpensa, le Organizzazioni sindacali ela <strong>Filt</strong> in primis, iniziano una fase di risanamento(che certo sarebbe stata più facileI N L I N E AI FATTISea S.p.A. è la Società di gestione degliaeroporti di Milano Linate e Malpensa, possedutada sempre dal Comune (maggioranzaassoluta) e dalla Provincia di Milano.Tale assetto azionario, dopo ripetuti tentatividi vendita e privatizzazione nell’ultimodecennio, compreso quello del 2012,è oggi così composto: Comune di Milano54.81%, Fondo di Investimento F2I 44.31%,Altri 0,88%.Nell’Aprile 2002, in ottemperanza allaDirettiva Europea 96/97 in merito al liberoaccesso al mercato dei servizidi terra negli aeroporti della Comunità, è15


In lineaI N L I N E Anel periodo precedente) attraverso unaristrutturazione organizzativa, il miglioramentodella produttività e l’uso massicciodi ammortizzatori sociali per via del -25%di attività. Riducendo progressivamente ildisavanzo negli ultimi 4 anni, nel 2012 SeaH. chiuderà con un passivo di 2 mln €.L’obbiettivo del pareggio di bilancio sarebbeoggi a portata di mano.Sennonché, nel 2006, parte la “stranainchiesta” della Commissione Europeache, a fronte di una denuncia anonima diun concorrente, inizia col chiedere chiarimentisugli aumenti di capitale di SEAHandling.Si avvia una fase per noi oscura. Comeabbiamo avuto modo di capire nel corsodel nostro viaggio a Bruxelles, l’istruttoriaè costruita senza che il Governo Italiano sioccupi mai della cosa, lasciando la difesanelle mani della sola Sea. Sta di fatto che,dopo che nel 2007 fu comunicata l’archiviazionedella pratica (!), nel 2010 (dopoben 4 anni!) fu aperta un’indagine formaleper presunti aiuti di stato.Il 19/12/2012 la Commissione Europea hanotificato al Governo Italiano la decisionecon la quale ha valutato come aiuti diStato, incompatibili con il libero mercato,gli aumenti di capitale e il ripianamentodelle perdite, effettuati a favore di SEA H.da SEA Spa nel periodo 2002-2010 (circa360mln€+Interessiperuntotaledicirca450 mln €). La complessa articolazionedelle motivazioni contenute nel provvedimentodella Commissione Europea ruotasostanzialmente intorno ad un concetto difondo: a fronte di un mercato libero etotalmente aperto alla concorrenza, lasituazione debitoria di SEA H. è statagestita come un soggetto pubblico e noncome avrebbe fatto un privato, il quale,secondo la Commissione con quelle perditeavrebbe chiuso o ceduto l’impresa.Inizia la tempesta perfetta.I tempi per avere una risposta da parte delTribunale Europeo su un eventuale ricorsocontro tale decisione sono di circa dueanni. Tali ricorsi non hanno però effettosospensivo, ma anche le istanze di sospensionehanno tempi di risoluzione cherischiano di non coincidere con le necessitàdi Sea Handling che dovrà, entro la finedi Giugno, approvare il Bilancio del 2012,all’interno del quale dovrebbe, in lineateorica, accantonare i 450 mln € per farfronte alla sanzione. Se facesse questo, citroveremmo di fronte al fallimento dellasocietà. Crollerebbe il valore della stessa,si porrebbero i 2300 lavoratori in una condizionedi estrema debolezza, si metterebberoin discussione gli attuali accordi dinatura commerciale tra Sea H e le compagnieaeree, si priverebbero gli aeroporti diLinate e Malpensa della necessaria operatività.Il combinato disposto degli elementidi cui sopra ci dice, inoltre, che tale fallimentopotrebbe avvenire senza averpotuto discutere della legittimità delladecisione della Commissione.A questo si aggiunga che tutto avveniva inuna fase di instabilità politica nazionale eregionale (eravamo nel pieno della campagnaelettorale), nel corso di una rottura inseno alla proprietà tra Comune di Milano eF2i per gli strascichi derivanti dalla mancataquotazione. Per ultimo, ma non inordine di importanza, tutti gli organisocietari (CdA di Sea H. incluso) erano esono scaduti e da rinnovare.LA FILT, I SINDACATIE I LAVORATORISuperato lo sgomento dei primi giorni, ilprimo impegno che ci siamo presi è statoquello di capire in profondità cosa stavaaccadendo. Ho notato che questo sforzo,che ha occupato un intero mese di lavoro,non è stato compreso da parte di moltilavoratori e spesso neanche dalle altreOO.SS. Come se si potesse gestire unavicenda così complessa, e che riguarda ildestino di più di 4000 lavoratori, senzasapere se le strade da percorrere sianorealizzabili. Noi lo abbiamo fatto, avvalendocidel supporto di diversi esperti, di unaconoscenza non improvvisata di quantoavveniva, di una discussione fatta senzareticenze. Questo anche quando tutti cichiedevano di limitarci a dichiarare scioperisenza una chiara piattaforma e conobiettivi impossibili.Ci siamo poi dati una impostazione di lavoro,condivisa con il nostro gruppo dirigenteaziendale, fondata su alcuni capisaldi.1-Autonomia di giudizio e di azione suinostri obbiettivi. Non è un elementoscontato in una vicenda in cui tutti i soggettipolitici, economici, aziendali edanche sindacali giocavano e giocano unaloro partita autonoma, non necessariamente,anzi spesso in contrapposizione,con la scelta di tutela del lavoro.2-Ricerca di unità sindacale quanto piùlarga possibile ma mai a discapito delprincipio sopra enunciato. Siamo riuscitifaticosamente, pazientemente e con lemediazioni necessarie a tenere assiemeCGIL CISL UIL e a fasi alterne anche UGL (adimostrazione che spesso l’unità si può16


In lineaavere, ma solo con una grande fatica ecognizione di sé). Subito si è invece rottoil rapporto con il sindacato autonomo e dibase, che autonomo è solo per convenzionee che, invece, ha fin da subito perseguitouna logica orientata all’erosione delconsenso verso il sindacato confederale espesso di asservimento a logiche politiche(ed economiche) inconfessabili. Basterebberipercorrere nella storia Sea le tante indicazionisbagliate, per fortuna dei lavoratoriquasi mai in grado di diventare realtà.3 - Rapporto limpido e costante con ilavoratori. Abbiamo provato sempre a direloro la verità. Ci siamo riusciti quando ilnostro gruppo dirigente aziendale si èmesso in campo coraggiosamente, nonostantele minacce e gliassalti alle sedi, per spiegareciò che stava accadendo.Abbiamo fallito nelleassemblee generali, dove iltema del contendere èdiventato lo scontro tra noie gli “autonomi”, falsandoil dibattito dei giorniseguenti, a dimostrazioneche una democrazia consapevolesi costruisce nellaquotidianità e non nelvuoto assemblearismo. Ilrapportotranoieilavoratoriha avuto insomma fasialterne, dall’aggressionesubìta nel primo periodo,alla consapevolezza spaventatapoi, sino al fatalismoe alla disattenzioneultima (come si evincedalla molto scarsa partecipazioneagli ultimi scioperied iniziative sindacali). Ilavoratori oggi appaionodivisi tra chi pensa chetutto è stato concordato dauna mano oscura che ognicosa manovra e che nulla sipuò fare, chi ritiene chetutto si risolverà e nullacambierà e chi infine haseguito la nostra idea chele cose si possono cambiarese si esercita un ruolo positivoinsieme.4-Evitare a tutti i costiil fallimento di SeaHandling. Anche questoapproccio era tutt’altro che scontato. Sitenga conto, infatti, che da più parti il fallimentoè stato visto come la soluzione ditutti i mail. Non solo da parte di chi avrebbevoluto usare questa occasione per liberarsidi lavorazioni con poco margine, maanche da chi avrebbe dovuto tutelare ilavoratori. Chi ha sostenuto (autonomi maanche altri sindacati confederali, in alcunefasi) che si sarebbe potuto far rientraretutti i lavoratori in Sea SPA, pur sapendoche questo non sarebbe stato né possibilené consentito, ha creato un danno enormea tutti, mettendo non solo in secondopiano la battaglia contro il fallimento, maaddirittura considerandola dannosa perchèin contrasto con l’idea di accomodarsitutti nella “casa madre”.5-Allineare tutti i soggetti all’obbiettivodi non far fallire l’Azienda, nella consapevolezzache solo in questo modo avremmopotuto avere qualche possibilità di riuscita.Questo ha significato innanzituttocercare di portare allo scoperto gli interessidi ognuno e sopratutto svolgere unavera e propria azione di lobbing che ci haportato, con il contributo della <strong>Filt</strong>Nazionale e della stessa Susanna Camusso,in tutti i luoghi e tutte le sedi utili perspiegare la situazione e chiedere interventi.Dal Ministero, alla CommissioneEuropea (esperienza che riprenderò brevementedopo), dai Parlamentari Europei aquelli Italiani ed infine con la proprietà(Comune e F2i), provando a rimettereassieme attorno a tavoli sindacali soggettiche non dialogavano più.Una strategia che per sua natura è piùdiscreta e sotto traccia e per questo piùattaccabile da chi immagina che bastino leurla e qualche presidio semivuoto a risolverei problemi. Come a dire che servono ineuroni e non i watt. Il quadro che ne abbiamoricavato è piuttosto deludente e desolantesoprattutto in rapporto alla politica ealle sue articolazioni sul territorio. Spessodistanti e disinformate, ma soprattutto indispostealla comprensione e al dialogo. Lodico con l’amarezza che deriva dalla miastoria personale e convinto che sempre dipiù non potremo risolvereda soli i problemi del lavoro.Da qui la necessità di ritrovareun autorevole e autonomolegame con la politica.Nota sicuramente positivaè invece il comportamentodel Comune di Milano,che ha coraggiosamentemesso in campo tutte leazioni possibili per scongiurareil deteriorarsi dellasituazione sanando, perquanto ci riguarda, feriteprofonde che si erano determinatenella fase della mancataquotazione.L’EUROPAQuesto episodio merita unpiccolo approfondimento.Il viaggio della delegazionesindacale <strong>Filt</strong>-Fit-Uilt inEuropa per una audizionepresso la CommissioneEuropea è stato un appuntamentonon scontato cheabbiamo testardamentevoluto e realizzato attraversola <strong>Filt</strong> Nazionale edETF (mi sia concesso di ringraziarequi la compagnaElisabetta Chicca della <strong>Filt</strong>nazionale, prezioso, generosoe competente aiuto inquella fase). Lo abbiamofatto perché era giusto chei lavoratori potessero averevoce in quella sede.Non ci aspettavamo nullasul piano pratico, ma la sensazione è stataterribile. Abbiamo toccato con mano l’importanzadelle decisioni che lì si prendono,nella completa assenza di una verificapolitica, fondate solo su un complessoequilibrio tra Stati Nazionali. Abbiamomisurato l’assenza e il poco peso che ilnostro Paese ha avuto sinora (dov’era17


In lineaI N L I N E Amentre alcune decisioni si prendevano?).Abbiamo infine constatato il peso delletante lobby presenti tra le quali (spiccavaper assenza) quella che dovrebbe rappresentaregli interessi dei lavoratori.Penso francamente che lo sbilanciamentotra i poteri assegnati e l’assenza di meccanismidecisionali democratici e trasparentinon sia più sostenibile e che rischi di condannarel’Europa ad essere vista come unluogo dal quale difendersi e non nel qualericonoscersi.Credo, infine, che il sindacato debba attrezzarsi,senza preclusioni ideologiche e conforti investimenti di risorse, per pesare dipiù in quel contesto o davvero rischieremola completa indifferenza rispetto ai processiin atto, sempre meno modificabili sulpiano nazionale.OGGIGoverno, Comune, F2I e Sea hanno presentatoi ricorsi contro la Decisione dellaCommissione. Allo stesso modo, tutti(escluso il Governo che non era titolato afarlo, ma che ha formalmente appoggiatole altre istanze) hanno fatto Istanza diSospensione del provvedimento alTribunale Europeo. Il Governo pare essereinfine sceso in campo, in maniera diplomaticae forse ancora timida, sia non chiedendoad oggi l’attuazione della decisionedell’Europa, sia spingendo sull’Europa perla riapertura di una sorta di tavolo negozialeche individui altre soluzioni possibili.Il Comune di Milano e CGIL CISL e UILhanno presentato un ricorso al TAR controi pochi atti del Governo fatti in recepimentodella decisione. Il ricorso ha avuto unesito molto positivo anche nei contenutiche hanno motivato l’accoglimento dellarichiesta. L’Azienda Sea ha fatto ciò cheera in suo potere per contrastare ciò chestava accadendo. Lo penso ora e l’ho pensatoquando ha provato, ad oggi senzaottenere risultati, ad imbastire una soluzionealternativa rispetto al pagamentodella somma, proponendo la vendita ad ungrande operatore Europeo.Il 4 Giugno Sea Handling ha deciso l’approvazionedel bilancio 2012 senza l’appostamentodella sanzione di 450 mln di Euro,sulla base di complesse valutazioni legaliche si fondano essenzialmente sulla sentenzadel TAR. Si è così compiuto un passoimportante che evita, almeno per qualchetempo, il fallimento della Azienda e l’ingenerarsidi una situazione drammatica.Ora si apre uno scenario diverso, che cilascia più tempo, nella consapevolezzaperò che la situazione rimane complessa edifficile. Il Bilancio 2012 di Sea Handling,analogamente a quello del 2011, è in perdita,questo significa che bisognerà necessariamenteprocedere, nel bilancio <strong>2013</strong>,ad una ricapitalizzazione che dovrebbeessere autorizzata dalla CommissioneEuropea, la quale nel frattempo non hacambiato di una virgola le sue rigide posizioni.Rischiamo di trovarci ancora, trameno di un anno, in una condizione difficilissimaderivante dall’impossibilità di ricapitalizzare.Senza dimenticare il rischioconnesso ad un esito negativo del ricorsodi merito.Per questo motivo dovremo fin da subitochiedere che il Governo intervenga neiconfronti della UE sulla inapplicabilità diquella Decisione così com’è. Perché sbagliatanel merito, considerando alla stessastregua gli aiuti di stato e i mancati dividendialla proprietà pubblica; SEA Spa hasempre generato risultati per i soci (500mln di dividendi in dieci anni) e mai ricevutofinanziamenti pubblici. Perché squilibratanel confronto con le altre realtàEuropee, alcune delle quali (Francoforteper esempio) non hanno nemmeno separatole strutture societarie, continuando atenere separate solo le contabilità eandando avanti senza che nessuno abbiaposto problemi. Non si può far morire unarealtà industriale come questa, nellanostra condizione di crisi, per unaDecisione che non tiene conto degli sforzicompiuti verso la messa in equilibrio dellaSocietà, ad oggi quasi raggiunta. Infine,perché non può essere solo il sistema dellecooperative negli Aeroporti, con la lorocarica di illegalità e precarietà, l’unicomodello industriale vincente in Italia.Dobbiamo però essere realisticamenteconsapevoli che ci sarà una difficile trattativaed una mediazione tra Italia edEuropa. Non aspettiamoci un giudizio cheporti indietro le lancette della storialasciando tutto inalterato. Se ne prenderemocoscienza, capiremo che non potremostare fermi nell’attesa di un nuovo “inaspettato”intervento della Commissione.Si dovrà agire a partire dal raggiungimentodell’equilibrio di bilancio, tenendoconto che altre ricapitalizzazioni nonsaranno attuabili e che siamo di fronte aduna possibile limitazione nell’utilizzo enell’efficacia degli ammortizzatori socialifin qui usati a seguito della nuova normativanazionale. Ma forse anche questo nonsarà sufficiente.Non c’è gloria in questa vicenda, e chi lacerca sbaglia, e non ci attendiamo chesiano riconosciuti gli sforzi che abbiamofatto. Comunque andrà, ci troveremo adover compiere scelte che toccheranno lacondizione del lavoro. Noi dobbiamo salvareil lavoro e la dimensione industriale nelquale si colloca, salvaguardando con essa ilavoratori. Sarà difficile da spiegare e nonso se ci riusciremo, ma in questa vicendacosì come più in generale in questomestiere, dentro questa Organizzazione,in questo Paese e in questo momento,nulla è mai facile.Chi pensa il contrario propone soluzioniche o sono impossibili o aggravano la giàdifficile condizione in cui agiamo.18


In lineaDai rami secchial taglio dell’alberodi Stefania Pugliese, Responsabile Dipartimento Ferrovieri <strong>Filt</strong>-<strong>Cgil</strong> PiemonteLe scelte della Regione Piemonte, ignorando completamenteil valore sociale ed economico del sistemadei trasporti e il suo ruolo nel superamento dellacrisi come leva per la crescita, anche attraverso unapolitica di investimenti indirizzati al miglioramentodelle infrastrutture, mettono pericolosamente arischio il diritto stesso al trasporto pubblico e svilisconole legittime esigenze delle popolazioni piùfragili e delle aree periferiche.Dopo quattro anni durissimi, la situazione economica nella regionePiemonte è fortemente compromessa. Il Piemonte è la primaregione del Nord per tasso di disoccupazione e la seconda d’Italiaper utilizzo di ammortizzatori sociali. Questo ha comportato lapesante erosione del risparmio e la perdita di reddito per moltefamiglie, pensionati, donne e giovani. La disoccupazione e lascomparsa quotidiana di imprese, la crescita vertiginosa delle oredi cassa integrazione, la crisi del commercio e dei consumi creanodifficoltà economiche al limite della sostenibilità e costituisconoun forte pericolo per la tenuta sociale della nostra popolazione.I governi che in questi anni si sono susseguiti hanno perseguitouna politica generale di riduzione della spesa pubblica.Particolarmente grave appare la situazione del trasporto pubblicoche ha subíto una diminuzione dei fondi nazionali, partendo dalvalore dei contratti di servizio già in essere per il sistema bus e trenidi circa 7 mld di euro, per complessivi 2 mld e 100 mln di euro.Questo in conseguenza dei tagli effettuati dai governi Berlusconie che si sono stabilizzati col governo Monti.Il Piemonte è una delle regioni più penalizzate dalla riduzione deitrasferimenti dello Stato e il presidente Cota, accettando untaglio di 115 milioni l’anno, condiviso ed approvato dallaConferenza delle Regioni, ha potuto pagare il servizio dei treniregionali svolto da Trenitalia solo per il primo trimestre, continuandoad accumulare debiti nei confronti delle province e dell’agenziametropolitana. Per i servizi effettuati da Trenitalia nel2012, infatti, solo da gennaio di quest’anno, è stato previsto unpiano di rientro per circa 30 mln al mese, per un totale di 190mln. Per il servizio del <strong>2013</strong>, con una delibera regionale, sonostanziati per il trasporto su ferro 207 mln di euro, a fronte di uncontratto di servizio che ne varrebbe 248.Trenitalia sta tentando una mediazione con la Regione perché loscenario non evolva nella rescissione del Contratto di servizio stipulatoper gli anni 2011/2016. Al momento, in attesa di verificare ilpunto di caduta della Regione, Trenitalia dichiara l’impossibilità,per la mancanza dei tempi tecnici, di effettuare modifiche all’orarioprogrammato da <strong>giugno</strong>, ma anche con un piano di riduzione delservizio che preveda la chiusura di altre linee (la Novara Varallo, laVercelli Casale e la Cuneo Ventimiglia sono quelle su cui presumibilmentesi agirà), la riduzione dei servizi nelle fasce non pendolari,nonché il sostanziale azzeramento dei treni nei giorni festivi sullelinee non commerciali, l’obiettivo di recupero previsto è lontano.Sarà inoltre inevitabile il blocco degli investimenti previsti dal contrattodi servizio per il rinnovo del materiale rotabile.Trenitalia, ovviamente, non si fa sfuggire l’occasione di proporrepiani di riorganizzazione e razionalizzazione di molti settori, conl’obbiettivo di efficientare e ridurre i costi. La quantificazionedelle attività e del fabbisogno reale, in settori in cui sono impiegatimolti inidonei, comporterà inevitabilmente l’individuazionedi personale in esubero difficilmente ricollocabile. I progetti diriorganizzazione dei piazzali di manovra e degli impianti digestione degli equipaggi, come il progetto che riguarda le officinemanutentive, produrranno la chiusura di impianti nei territoridel cuneese, novarese ed alessandrino e l’impossibilità di ricollocareil personale nel territorio di appartenenza. Anche tra il personalemobile, che storicamente ha rappresentato un settore diriconversione e ricollocazione, oggi si pone il problema dell’esubero.Più grave risulta la condizione dei lavoratori degli appaltiferroviari che subiranno l’effetto delle internalizzazioni: qui laperdita di attività si traduce in licenziamenti.Tutto questo quando ancora stiamo subendo gli effetti dei tagliavvenuti lo scorso <strong>giugno</strong>, che hanno portato alla chiusura di14 linee ferroviarie.Anche il trasporto su gomma è al collasso; il credito accumulato19


In lineaI N L I N E Adagli enti locali nei confronti della regione ha obbligato provincee comuni a pesanti anticipazioni di cassa per assicurare la continuitàdel servizio e il pagamento degli stipendi ai lavoratori. LeProvince dichiarano di non poter più surrogare la regione neipagamenti verso le aziende di trasporto e in molte realtà gli stipendisono erogati a singhiozzo e senza regolarità.Al taglio del 15%, già previsto anche per l’anno in corso dal pianodei trasporti approvato dalla Regione nel 2011, si aggiungono lariduzione dei trasferimenti da Stato a Regioni, che passa dal 13,67%del 2012 al 9,84% del <strong>2013</strong>, oltre ad un’ulteriore riduzione dovutaall’indisponibilità del Presidente Cota ad utilizzare le risorse delfondo perequativo, destinate ad altri capitoli di spesa.I tagli che saranno ripartiti in modo non lineare, ma in base a criteridi produttività e redditività delle linee, si abbatteranno peril 60% sulla provincia di Alessandria, per un altro 20% sulla provinciadi Biella e il restante 20% sulle altre province.Nel torinese si torna poi a parlare della vendita della GTT. Il sindacoPiero Fassino dichiara di voler riprendere il percorso delledismissioni delle partecipate, con l’obiettivo di risanare il bilanciocomunale. Già nel marzo 2012, il Comune di Torino aveva presentatola vendita del 49% della storica azienda dei trasporti torinesecome una scelta quasi obbligata per evitare il collasso, darealizzarsi entro la fine dell’anno per riuscire a chiudere il bilancioe rientrare nel patto di stabilità. Dopo l’annullamento dellagara da parte della Commissione di valutazione, la gara per lavendita di GTT, che aveva visto come unica partecipante TRE-NORD, era stata annullata dalla Commissione di valutazione.Era poi arrivata, nella procedura negoziata, l’offerta di Trenitaliadi 70mln di euro a fronte dei 112 richiesti inizialmente, ma ilComune di Torino l’ha rifiutata dichiarando che l’importo era esiguoe l’obiettivo di rientrare nel patto di stabilità era stato conseguitocon le dismissioni delle quote di altre partecipate. Ad oggi, lascelta dell’amministrazione locale di aumentare la quota di venditadel pacchetto azionario dal 49% all’80%, è oltre che incomprensibile,visto il raggiungimento del patto di stabilità con la venditadelle altre partecipate, anche totalmente non condivisibile,soprattutto ora che il trasporto pubblico locale è sotto attacco.Ci sono per la verità anche altri progetti su GTT, che vanno dalloscorporo e dalla messa sul mercato del solo ramo parcheggi, aquello che sarebbe un vero e proprio “ spezzatino “, cioè la suddivisionein più società per ogni ramo di attività (esercizio, parcheggi,patrimonio immobiliare), al fine di massimizzare il ricavatodella gara.In un momento di profonda crisi economica, a fronte di un’offertache si riduce, aumenta la domanda di trasporto pubblico.Secondo un recente documento dell’Eurispes, ben il 52,2% dei cittadiniha ridotto, nel corso dell’ultimo anno, le spese per carburante,utilizzando in misura sempre maggiore i mezzi pubblici.Ignorando completamente il valore sociale ed economico delsistema dei trasporti e il suo ruolo nel superamento della crisicome leva per la crescita, anche attraverso una politica di investimentiindirizzati al miglioramento delle infrastrutture, l’unicasoluzione proposta dalla regione è quella di tagliare e non solo piùi rami secchi, ma l’albero per intero.I ripetuti annunci, da parte dell’assessore ai trasporti dellaRegione Piemonte Barbara Bonino, di progetti innovativi per iltrasporto pubblico regionale, di integrazioni ferro-gomma, diefficientamento della rete dei servizi, si sono rivelati nel temposolo pura propaganda.Il 18 aprile <strong>2013</strong>, nella giornata di mobilitazione che ha coinvoltol’intero territorio piemontese, contro i tagli alla spesa pubblica,CGIL, CISL e UIL hanno chiesto un progetto per l’intero sistemadel trasporto pubblico regionale, costruito sulla base di un’attentaanalisi del territorio e delle modificazioni che questo ha subitonegli ultimi anni, oltre ad un piano di rientro del debito pregressoverso le province e i comuni, con tempi certi e risorse effettivamentedisponibili.Inoltre, hanno chiesto: la revisione della legge regionale n. 1 del2000, “Norme in materia di trasporto pubblico locale“, conl’obiettivo di determinare, tramite i capitolati di gara, una effettivaaggregazione delle imprese come condizione per parteciparealle gare stesse, allo scopo di superare l’eccessiva frammentazionedel sistema delle imprese, che crea diseconomie e rendite diposizione incompatibili con l’attuale situazione delle finanzeregionali; di rendere effettiva ed esigibile la clausola sociale incaso di subentro nella gestione del servizio, prevedendo un fondoregionale per il sostegno al reddito dei lavoratori in caso di crisiaziendale secondo il modello già definito in altre regioni; diavviare una sede permanente di confronto e negoziato tra laRegione e le organizzazioni sindacali sui temi generali del trasportopubblico e della tutela dell’occupazione.Le decisioni della Giunta Cota contrastano anche con la rivendicazionedi una politica a favore di un trasporto sostenibile, conforte disincentivazione all’uso dell’auto privata e investimentiper la viabilità riservata al trasporto pubblico locale, il potenziamentodelle modalità di trasporto a minore impatto ambientale elo sviluppo di un’adeguata rete di parcheggi di scambio. Solodallo scorso dicembre in Piemonte è attivo il Servizio FerroviarioMetropolitano di Torino (SFM), interamente finanziato dallaRegione e gestito da Trenitalia e dal Gruppo Torinese Trasporti(GTT). La rete offre un collegamento fra i centri dell’area metropolitanadi Torino, la rete tranviaria e la rete di autobus urbana,suburbana ed extraurbana. È inevitabile chiedersi per quantotempo ancora, visto che, già da questo mese, diverse linee deltrasporto pubblico locale torinese subiranno soppressioni o modifichedi percorso per effetto del taglio previsto per il <strong>2013</strong>.Se poi consideriamo che dalle province è ormai pressoché impossibileraggiungere il capoluogo in treno, sembra di rivivere unastoria che in Piemonte conosciamo bene. I tagli al servizio universaleferroviario, che a dicembre del 2011 ha subìto un drasticoridimensionamento, hanno causato il licenziamento di 65 lavoratorie la marginalizzazione di quei territori che sono al di fuoridella copertura dei servizi ad alta velocità.La mobilitazione prosegue in tutta la regione e l’obiettivo è incideresulla manovra di revisione del bilancio della Regione, con laconsapevolezza che in questo quadro è a rischio il diritto stessoal trasporto pubblico, i diritti e le esigenze delle popolazioni piùfragili e delle aree territoriali periferiche. Se i tagli sarannoeffettivamente applicati, comporteranno ricadute occupazionaliquantificabili in alcune migliaia di unità e decreteranno la finedel trasporto pubblico come storicamente conosciuto inPiemonte.20


In lineaL’incidente nel porto di GenovaRiflessioni sulle cause tra organizzazione,sicurezza e professionalità nel lavoro marittimodi Giacomo Santoro, Segretario Generale <strong>Filt</strong>-<strong>Cgil</strong> LiguriaLa tragedia della Torre piloti stravolgel’intera città, il porto e la sua gente.Colpisce Genova, stretta tra crisi e ripartenzaeconomica, colpisce la comunitàmarittimo portuale, primo scalo italianoper dimensioni e merce che tenta con faticadi recuperare traffico perduto, colpiscela sua gente violata nell’intimo delle propriecalate, delle proprie banchine.La risposta non si fa attendere: forte edimmediata. I servizi marittimi ed il porto sifermano in segno di lutto per trenta ore,le Confederazioni unitariamente dichiaranolo sciopero generale della città.Ogni incidente sul lavoro è drammatico,tragico, spesso inspiegabile. Ancora oggi lasicurezza rappresenta la priorità nellanostra agenda sindacale. L’INAIL ci consegnaun dato disarmante: sono circa tre ilavoratori che ogni giorno escono da casaper non farne ritorno.Il porto ed il mare, mare e porto, intrinsecamenteabbracciati alla città in un secolarerapporto dialettico, hanno pagatonegli anni, per cause diverse, un caro, anzicarissimo contributo in vite umane.Andrea Doria, London Valour, Haven,Snam Portovenere sono fantasmi, mai cacciati,che ricorrono nella memoria collettivadella gente di mare. Ma questa tragedia,per ciò che essa rappresenta e per le circostanzeassurde con cui si è verificata,assume da subito i connotati dell’immanecatastrofe.La Torre era stata costruita in una posizionecentrale e strategica all’indomanidelle celebrazioni per le Colombiadi sulmolo Giano, la divinità bifronte cheGenova scelse come simbolo, prima di SanGiorgio, nel Medioevo. L’edificio si resenecessario a seguito dell’accresciutadomanda di trasporto via mare e quindidell’introduzione del sistema VTS (VesselTraffic Service), lo straordinario sistemainformatico di localizzazione delle navi intutto il mondo, in tempo reale, che permettelo scambio di informazioni tra navee porto. Emblema della sintesi del coordinamentooperativo di tutte le fasi dellanavigazione delle unità in arrivo e partenza,ospitava gli uffici sia della Capitaneriasia della Corporazione dei piloti e dellaRimorchiatori Riuniti.Questi rappresentano - assieme agliormeggiatori-icosiddettiservizi tecniconautici ovvero quelle attività disciplinatedal Codice della navigazione svolte in regimedi monopolio nell’esclusivo interessegenerale della sicurezza, alle dipendenzedella Capitaneria stessa che ne determinale tariffe con decreto.Servizi fondamentali per la sicurezza dellanavigazione - ormeggio e disormeggio,pilotaggio e il servizio del rimorchio - suiquali si è spesso polemizzato, svolti dapersonale qualificato.Quella maledetta sera, il 7 maggio, pareuguale a tante altre. Le condizioni meteomarine sono ottimali quando il Jolly Nero,una portacontainer di 40 mila tonnellate distazza lorda, chiede l’autorizzazione allaTorre per salpare dal Ponte Nino Ronco conrotta verso Napoli.La nave, pur solcando i mari da oltre trentaanni, non è una carretta del mare,come quelle che gli armatori acquistavanodall’estero anche di terza mano ad iniziodel XX secolo nella cruciale fase di passaggiodalla vela al vapore. Di tali unità, spessoutilizzate nel trasporto degli emigrantiin cerca di fortuna verso le Americhe, sonocolme le pagine di storia della marina mercantiledel tempo del Capitan Giuliettipoiché protagoniste di affondamenti, naufragied avarie dovute alla vetustà ed allascarsa manutenzione. Il piroscafo Sirio èuna di quelle.Ma questo è un altro capitolo. Il motoredel Jolly Nero è un danese Burmeister &Wain, uno fra i migliori del mondo.È reversibile e a due tempi, cioè quando sideve dare indietro occorre spegnerlo,invertire il senso di rotazione e riaccenderlo.Otto secondi al massimo: affidabili,come rendimento, per le portacontainer.Le certificazioni, secondo la Capitaneriaed il Rina, sono in regola. I servizi tecniconautici al posto giusto: il pilota - colui ilquale suggerisce la rotta ed assiste ilComandante del Jolly nella determinazionedelle manovre necessarie - si trova inplancia, gli ormeggiatori mollano le cimein banchina, i due rimorchiatori <strong>–</strong> il GenuaeloSpagna <strong>–</strong> sono sottobordo, la pilotinaattende il termine della manovra. Il JollyNero è quindi alla via.La manovra dal Ponte Ronco all’imboccaturadi Levante è pura routine: una delle14 mila annue, quasi 40 al giorno, all’internodel Porto. Si tratta di una sempliceretrocessione a velocità contenuta,un’evoluzione per invertire la marcia equindi l’uscita di prua.Chissà quante volte l’hanno già effettuata,assieme e non, in qualsiasi condizionemeteo marine, di giorno e di notte,i soggetti coinvolti.21


In lineaI N L I N E AMa chi va per mare sa perfettamente cheogni operazione non è mai uguale all’altra.A riguardo la saggezza marinara genoveserecita per mare non ci sono taverne aconfermache in acqua non esistono luoghisicuri.Poco dopo le 23, accade qualcosa di incredibile:il Jolly, dopo aver ultimato la retrocessione,nella fase di evoluzione, anzichéripartire avanti adagio, dopo appunto lospegnimento ed inversione del motore,prosegue inspiegabilmente forse per abbriviocontro il molo.I rimorchiatori allora tirano a tutta nelvano tentativo di far compiere una rotazioneal cargo sul proprio asse, ma non c’èacqua, lo spazio sufficiente alla manovracorrettiva.Agli uomini in mare, che sanno perfettamenteche nella Torre ci sono i loro colleghied i loro amici, non resta che seguirecon lo sguardo la materializzazione di unincubo che si consuma in pochi istanti.La Torre nulla può contro la stazza del Jollye l’edificio, unico presidiato in tutta lazona, si accascia sul basso fondale. La magistraturafarà chiarezza su quanto accaduto.Una drammatica pagina di storia del portoe della città di Genova. “È il nostro 11 settembre”,affermano disperati i primi soccorritori,gente di mare in servizio, giuntiin banchina.Il personale coinvolto è altamente qualificato.I mestieri marittimi non sono unlavoro qualsiasi: spesso tramandati dipadre in figlio, dopo miglia di rollii e beccheggi,si scelgono anche per passione.Non rappresentano solamente un’occupazionema un’identità, una cultura. Interecomunità sulla costa ligure e non vivonoancora di mare.Lavoro nero o malpagato, precario odequalificato sono tipologie non conosciute:le controparti armatoriali sannoperfettamente che devono contare suprofessionalità e fattore umano per assegnarei propri ingenti investimenti a personaleadeguato.Lupi di mare, orgogliosamente genovesi,nel vero senso della parola: sono i figlidelle importanti politiche della fine deglianni Novanta per rilanciare l’occupazionemarittima conto le bandiere ombra <strong>–</strong> leFlag of Convenience - rendendo competitivoil settore.Da un canto l’introduzione del Registrointernazionale elaTonnage tax, dall’altrol’attenzione alla qualità dell’istruzionemarittima ed alla formazione degli Istitutinautici e dell’Accademia marina mercantile.Anni di navigazione lontano dalla Superba,anche fuori dagli Stretti, prima di cercarelavoro vicino a casa, rinunciando al fascinodel world wide o per rifuggire dalla solitudinecoatta, per stare vicino agli affetti ed aipropri cari. E quindi l’occupazione in porto,ma in ogni modo sempre in mare: il giustocompromesso tra passione e scelta di vita.In quel porto che ha cambiato volto: prepensionamenti,riduzioni di organici,nuove organizzazioni del lavoro interessanoanche il settore marittimo.Ma il ricambio generazionale non mette indiscussione la sicurezza sul lavoro e la professionalità.La flotta è sostanzialmente rinnovata pergarantire la massima efficienza e prontezza:le barche sono tutte di qualità e dotatedi strumentazioni tecnologiche di ultimagenerazione. Alcuni mezzi hanno lapropulsione azimutale che consente larotazione secondo un asse verticale orientatoin una qualsiasi direzione orizzontale,al fine di consentire una maggiore manovrabilitàrispetto al sistema di propulsionecostituito da eliche fisse e timone.Inoltre, l’elevata professionalità è tutelatacon importanti barriere all’ingressodel mercato del lavoro: addestramentodi qualità e formazione continua contraddistinguonoun percorso di anni determinato- oltre che da normative nazionali -da convenzioni internazionali come laSTCW (Standard Training CertificatedWatchkeeping). Occorre essere assaimotivati e preparati, oltre che in possessodi particolari requisiti, per partecipareal concorso pubblico presso laCapitaneria per essere arruolato comepilota o ormeggiatore; discorso analogoper il rimorchio, che opera in monopolioed è gestito in forma privata.Sulla Torre ci sono coloro i quali sarannotragicamente le vittime di quest’assurdacatastrofe: altra gente di mare. Uominisemplici ed onesti, caduti sul lavoro e peril lavoro, uomini che hanno scelto di viveredi mare rimanendo a terra garantendole comunicazioni con le navi: i militaridella Capitaneria e gli operatori dei rimorchiatorie dei piloti dell’intero turno notturno.Nove in tutto, nove di noi. Genovaed il suo porto li ricorderà per sempre.Come abbiamo visto in materia di professionalità,il settore marittimo è per definizioneglobale e disciplinato da normativee convenzioni, tra cui appunto la STCW,emanate da organismi sovranazionali.Non solo professionalità. Dal 21 agosto diquest’anno, grazie all’impegno del sindacatointernazionale, entrerà in vigore laMLC (Maritime Labour Convention) dellaInternational Labour Organization: la Billof rights della gente di mare ossia un testoche, in tutto il mondo, disciplinerà orariodi lavoro, sicurezza, tempi di riposo.La normativa nazionale è già sostanzialmentein linea, ma la Convenzione rappresenteràun importante strumento per contrastareil fenomeno del dumping economicoe sociale, soprattutto nel lungo corso,sulla base della nazionalità dei marittimi,della bandiera o delle rotte solcate.La crisi del settore, più congiunturale <strong>–</strong>legata alla sovra offerta di stiva - chestrutturale, ha acuito talune spinte, ancheprovenienti dall’Europa, a favore dellaliberalizzazione dei servizi tecnico nautici,attori coinvolti nella catastrofe.Secondo alcuni è necessario rendere piùcompetitivo il settore, aprendolo alla liberaconcorrenza, e ridurre le tariffe ma èevidente che è troppo elevato il rischioche la concorrenza tra soggetti avvengasul costo del lavoro, professionalità e tecnicadei mezzi, eludendo qualità e rispettodelle regole.La FILT ha sempre rigettato al mittente inquanto, oltre ai posti di lavoro, metterebberoin discussione le nostre parole d’ordine:gli standards di security e professionalità,elementi fondamentali per la sicurezzadella navigazione che quanto accadutoa Genova conferma non essere, purtroppo,mai a sufficienza. Purtroppo.22


Spazio ApertoMilano-Roma:fra treno e aereo siamo allo showdowndi Massimiliano Sartori, Consulente The European House-AmbrosettiCirca dieci anni fa, feci parte di un gruppodi ricercatori universitari che studiaronogli effetti socio-economici e competitividerivanti dall’arrivo dell’Alta velocità inItalia sulla tratta Torino-Milano-Roma-Napoli, sia analizzando quanto avvenutoprecedentemente in Francia, Germania eSpagna, sia con riferimento alle caratteristichespecifiche dell’Italia.I risultati furono abbastanza chiari elasciavano poco spazio alle interpretazioni:il treno era nettamente preferito nellebrevi e medie distanze entro i 600 kmcirca, mentre l’aereo rimaneva competitivoper le tratte con distanze superiori a800 km.Sembrava così evidente, inequivocabile eoggettivo il fatto che, qualora le ferrovieavessero offerto un servizio elevato intermini di comfort e tempo del viaggio,a prezzi competitivi, l’aereo avrebbeperso tutta la sua funzionalità e ancheil suo appeal, maturato in anni e anni diindiscusso dominio sulla Milano-Roma dovenon era infrequente incontrare personaggifamosi, politici, imprenditori e uominid’affari.Dall’inizio del 2010, con l’avvio dei primitreni ad alta velocità che percorrevano latratta Milano-Roma in 3 ore, rimasi stupitodi come il vettore nazionale aereo nonavesse adattato la sua offerta in termini ditempi di check-in, costi e livello del servizio,per fidelizzare il cliente con l’obiettivoalmeno di allungare di qualche anno, amio avviso, l’inevitabile agonia.Nel frattempo, sono nati forum di discussione,blog, sono stati pubblicati articoli diconfronto tra i prezzi dei biglietti, iltempo di viaggio per capire se e a chi erapiù conveniente prendere il treno o l’aereo.Come spesso accade, si sono createdue fazioni schierate in modo opposto unaall’altra. Confesso che non ho letto eapprofondito tutti gli articoli o i blog o lediscussioni, quindi rischio di ripetere cosenote, ma il fattore fondamentale quandosi confrontano servizi che, ancora fino apochi mesi prima, costavano in modo significativamentediverso, è principalmenteuno: chi paga.La domanda sembra banale, ma non lo è.I tassisti di Roma e Milano, entrambi sempremolto simpatici, mi ricordano spessoche i loro migliori clienti sono quelli chenon pagano, cioè quelli che sono rimborsatidall’azienda e quindi il servizio del viaggionon pesa sul loro reddito personale.È molto probabile stimare che, sulla trattaMilano-Roma, in aereo la quota di passeggericon biglietto rimborsato è superiore al50%, e in alcuni orari quasi totale.Quello che voglio dire è che la partita fratreno e aereo sarebbe già finita se considerassimoi consumatori privati che si spostanoper motivi personali o di svago.Parte del traffico aereo resiste perché ilbiglietto è rimborsato e non pesa sulletasche dei privati. In questo caso, datol’appeal passato, una certa abitudine neicomportamenti e qualche punto millemiglia in più, l’aereo ha conservato unacerta quota modale sulla tratta Roma-Milano.Qualche numero per supportare, oggettivamente,quello che sto dicendo.Nel 2009, anno prima dell’inaugurazionedell’alta velocità sulla Milano-Roma, iltreno deteneva una quota di mercato del35% circa, l’aereo del 52%, l’auto del 13%.Alla fine del 2011, i rapporti si sono invertiti:il treno conquista il 56% dei passeggeritrasportati totali, l’aereo ripiega al 32%e l’auto si attesta al 12%. Nel 2012, lestime preliminari indicano che ogni 10 passeggeriche hanno percorso la trattaMilano-Roma, 6 hanno utilizzato il treno.Questi numeri comprendono anche i passeggeribusiness, cioè quei passeggeri chesi muovono per lavoro che, per definizione,sono meno sensibili al prezzo, quindipiù propensi ad utilizzare l’aereo per abitudine,appeal passato e perché il treno èstato percepito per anni come un servizioscarso, non confortevole e non adatto pergli affari. Qui l’aereo detiene ancora unaquota del traffico totale che, seppur inerosione, risulta maggioritaria e vicinaancora al 60%.S P A Z I O A P E R T O23


Spazio ApertoRipartizione del traffico business tra Roma e Milano*StimaFonte: elaborazioni The European House - Ambrosetti su dati Gruppo UVETS P A Z I O A P E R T OLa sostanziale tenuta attorno al 60% dellaquota di traffico è anche favorita dal fattoche l’alta velocità non consente di raggiungereRoma o Milano prima delle 9 delmattino, lasciando quindi l’intera fetta dimercato all’aereo per chi ha necessità diessere operativo in una riunione o in ufficioalle 9 o prima. Se ci fermassimo qui,potremmo dire che l’aereo sembra resistereper segmenti e nicchie di mercato e incerti orari.Purtroppo per l’aereo, l’adunanza è vicina.È questione di tempo. Nel 2015 sarannooperativi i nuovi treni alta velocità chedovrebbero raggiungere velocità commercialivicine ai 360 km/h, con punte di 400km/h e trasportare i passeggeri da MilanoCentrale a Roma Termini in 2 ore e 15/20minuti, tempo che scenderà sotto le dueore, tra Milano Rogoredo e RomaTiburtina.Il nuovo Frecciarossa, espressione delMade in Italy, sarà il treno più veloce maiprodotto in serie in Europa e, forte di soluzionitecnologiche di ultima generazione,sarà in grado di garantire sicurezza, affidabilità,comfort e silenziosità a livellisignificativamente superiori rispetto agliattuali. Sarà migliorata in modo sostanzialela fruibilità degli spazi, l’ampiezza deicorridoi, il numero di porte e l’ergonomiadei sedili. Dal punto di vista della connettività,tutt’oggi lato dolente, i nuovi trenisaranno dotati di sistemi informatici chedovrebbero garantire affidabilità alle retiwi-fi in ogni condizione e situazione ditracciato, mettendo a disposizione ancheservizi web e multimedialità.Italo, il concorrente sulla stessa tratta,seppur non credo possa realmente impensierireil business di Trenitalia, eserciteràquella giusta pressione competitiva percalmierare i prezzi e spingere l’incumbenta non sedersi sui risultati ottenuti.A questo punto la domanda sorge spontanea:chi prenderà ancora l’aereo dopo il2015 per andare da Milano a Roma?Il recente arrivo di Easyjet renderà semprepiù competitivo il prezzo tra l’aereo e iltreno, anche se il fattore tempo probabilmentegiocherà sempre più a favore deltreno. L‘aereo non scomparirà, ma saràrelegato a un ruolo molto marginale sultotale dei traffici: servirà quegli utentiche abitando vicino l’aeroporto sono piùcomodi a utilizzarlo. Il traffico business,invece, prima o poi, dovrà spostarsi sultreno che, nella nuova configurazione,avrà maggior appeal di una low cost.La mossa delle compagnie aeree a questopunto sarà quasi obbligata: se vorrannomantenere un collegamento Milano-Roma,dovranno riconfigurare l’offerta in modomassiccio su Bergamo e Malpensa, cioèsulla zona ad est e ovest di Milano. Per learee che fanno perno su Bergamo e Bresciae quelle che fanno perno su Novara eVarese, in questo caso, l’aereo rimarràcompetitivo. Sul bacino della città diMilano e hinterland e Roma l’aereo caleràla saracinesca.Il 2015, con il nuovo Frecciarossa operativo,sarà l’anno dello showdown che cambieràper sempre le abitudini di viaggiodegli italiani.24


Spazio aperto“Nutrire il pianeta,energia per la vita”di Maurizio Martina, Sottosegretario di Stato con delega all’Expo Milano 2015“Nutrire il pianeta, energia per la vita”, è questo il tema diMilano Expo 2015. È una sfida cruciale per il futuro, una dellefrontiere più avanzate per l’innovazione e la modernità.L’Expo, che si terrà a Milano dal 1° maggio al 31 ottobre 2015,pone al centro dell’attenzione la grande questione alimentare ela sostenibilità planetaria dell’alimentazione. L’evento ha giàavuto l’adesione di 128 Paesi espositori - un ottimo risultato, consideratoche l’obiettivo iniziale che ci eravamo prefissati era diraggiungere un minimo di 130 espositori <strong>–</strong> vedrà, inoltre, la presenzadi circa 20 milioni di visitatori ed un investimento pubblicodi circa 1,3 miliardi di euro.Numeri che, secondo stime prudenziali, comporteranno beneficieconomici pari a circa 5 miliardi di euro per il turismo, 200.000nuovi posti di lavoro ed un indotto economico nazionale di circa25 miliardi di euro, tra il 2012 ed il 2020.Questi dati rendono l’idea della portata dell’evento e della sfidache l’Italia si appresta ad affrontare a livello internazionale, dopoaver superato brillantemente il confronto con la candidatura diSmirne nel 2008.Sfida che vede Milano protagonista, attraverso il raggiungimento deiquattro grandi obbiettivi, nei quali si articola il documento strategicoposto a fondamento della sua candidatura per l’EXPO 2015:Food securityFood safetySostenibilitàRapporto tra cibo, pace e cultura.Attorno a questi quattro temi ruota il senso e la prospettiva dell’evento.Al di là, ovviamente, dell’aspetto puramente economico il tema“Nutrire il pianeta, energia per la vita” racchiude il futurodell’alimentazione per la popolazione dell’intero pianeta.Rappresenta, inoltre, un’occasione straordinaria per la ricerca diun nuovo equilibrio tra produzione e consumo alimentare, all’internodi un rinnovato e rispettoso rapporto con l’ambiente.Non poteva essere che il nostro straordinario Paese a far propriaquesta visione del mondo e del futuro. La nostra dieta mediterranea,il nostro patrimonio di biodiversità, unico al mondo, lenostre produzioni d’eccellenza, ci consegnano un ruolo di attoriprincipali anche e soprattutto in uno scenario globalizzato, in cuii grandi numeri non devono far passare in secondo piano la sfidaetica che questo grande tema pone alla società contemporanea.Anche l’organizzazione concreta dell’evento dovrà essere dinamica,funzionale, aperta. Per questo, accanto ai tradizionali padiglioni,sono stati progettati dei cluster, nove per la precisione,per un totale di 40.000 metri quadrati complessivi, il cui filo conduttorenon sarà la rappresentanza nazionale ma la filiera.In sei di essi saranno ospitate, intrecciando le diverse nazionalità,le filiere del caffè, del riso, del cacao, delle spezie, della fruttae legumi, dei cereali e tuberi. I tre restanti cluster saranno articolatiper macroaree: Agricoltura e Nutrizione in Zone Aride, Maree Isole, gli ecosistemi del Bio-Mediterraneum.Particolarmente prestigioso ed importante sarà, ovviamente,il Padiglione Italia, autentico cuore pulsante della presenza delBel Paese all’esposizione Universale. I percorsi offerti ai visitatoriintrecceranno storia, tradizioni, capacità innovativa, con sullosfondo le eccellenze alimentari dell’Italia, da promuovere e daproporre come modello al mondo.Sarà importante, quindi, che l’Italia sappia fare un grande lavorodi squadra.La sfida è lanciata! Perché, come ha ricordato, giustamente, ilPremier Enrico Letta, l’EXPO 2015 dovrà essere una tappa fondamentaledella ripresa italiana.25


Senza frontiere“Dalla crisi globale alla giustizia globale”Note dal Congresso ETF <strong>2013</strong>di Eduardo Chagas, Segretario Generale ETFS E N Z A F R O N T I E R EIl Congresso ETF <strong>2013</strong> si è appena conclusoe tutto il team ETF è tornato al lavoro,con l’impegno ad affrontare le minacceche sono state lanciate, in tutti i settoridei trasporti, ai lavoratori e ai sindacatiche li rappresentano.Questo è stato uno dei temi centraliaffrontati dal nostro Congresso: è ormaievidente che la Commissione Europea, leistituzioni finanziarie internazionali, igoverni nazionali e le associazioni datorialihanno aperto una vera e propria guerracontro il mondo del lavoro.Le attività sviluppate dalla Federazione sonochiaramente contrassegnate dalla grave crisieconomica e sociale che stiamo vivendo, e icui primi segnali erano già emersi nel 2009,anno del nostro precedente Congresso aPonta Delgada, nelle Azzorre.Nonostante la lotta condotta da molti deinostri affiliati e dall’ETF per contrastarele strategie neoliberiste, apparentementevolte ad affrontare la crisi, la verità è chei paesi europei non sono stati in grado diimparare la lezione impartita dall’esperienzadel disastro causato da decenni dideregulation, speculazione e de-industrializzazionedell’assetto economico a favoredi un’economia finanziaria che si è dimostratamiope rispetto alle conseguenzesociali delle sue politiche.Sebbene le misure di austerità dellaTroika, imposte <strong>–</strong> nonostante gli avvertimentidi economisti di fama mondiale <strong>–</strong>dalla Commissione Europea, dalla BancaCentrale Europea e dal Fondo MonetarioInternazionale abbiano determinatoun’enorme spirale recessiva, la realtà èche la crisi, nelle sue diverse forme, è utilizzataper attaccare le basi del modellosociale europeo, sradicare i diritti sociali esindacali, tagliare sui diritti acquisiti,spesso non rispettando i diritti fondamentalidelle costituzioni nazionali.In questa “guerra del lavoro” il movimentosindacale europeo non è stato in gradodi mostrare la sua vera forza e di arginarequesta drammatica offensiva. Anche sulpiano politico, i partiti tradizionalmenteimpegnati nella difesa dei diritti socialisono stati trascinati nella trappola del“discorso di austerità”, in grado di imporreuna più equa distribuzione della ricchezza.Ciò ha avuto come conseguenzaanche il trasferimento dei voti di unaparte della classe operaia a partiti populisti,xenofobi e di estrema destra, che cercanodi sfruttare il malcontento e la perditadi speranza dei cittadini.L’eliminazione dei diritti sindacali, la crescentemancanza di partecipazione dei cittadinial processo decisionale, basata sull’assuntoper cui la loro partecipazionealle elezioni è più che sufficiente, insiemeagli allarmanti livelli di disoccupazione edi precarietà, in particolare tra le donne ei giovani, stanno diventando un ordignoche rischia di esplodere senza preavviso.Il rapporto sull’andamento del mercatodel lavoro recentemente pubblicato dallaDirezione Generale Affari Economici eFinanziari è una chiara espressione degliobiettivi della Commissione Europea. Purriconoscendo che l’UE è “l’unica granderegione del mondo dove la disoccupazionenon si abbassa”, il report enumera i “successi”di un decennio di riforme del mercatodel lavoro. Tra gli altri: diminuzione dei contributi previdenzialiper i datori di lavoro e/o dipendenti; diminuzione della durata del periodo dipreavviso e del livello delle indennità,riduzione dei requisiti procedurali per ilicenziamenti in contratti a tempo indeterminato; aumento della durata massima cumulativadei contratti a tempo determinatoe del numero massimo di rinnovi; diminuzione del livello di contributi peri regimi pensionistici e di invalidità; aumento dell’età pensionabile e criteridi riduzione dei trattamenti per programmidi pensionamento anticipato; riduzione della quantità di prestazionipensionistiche e indennità; diminuzione dei salari minimi legali econtrattuali; riduzione dell’ambito di applicazionedella contrattazione o (automatica)estensione dei contratti collettivi; riduzione complessiva del potere di fissazionedei salari da parte dei sindacati; aumento del tempo di lavoro, riduzionedegli straordinari, maggiore flessibilitàdell’orario di lavoro, incentivo al ricorsoa contratti a tempo parziale.26


Senza frontiereLa lista è molto lunga e il fatto che la relazioneè prodotta dalla DG ECFIN mostrachiaramente il controllo che gli affarifinanziari hanno preso sulle politiche economichee sociali europee.Il Congresso ETF ha inviato un chiarosegnale sul fatto che i lavoratori dei trasporticombatteranno contro queste politichee che il programma di lavoro adottatoall’unanimità dai delegati al Congressosarà determinante nel mettere in praticatale obiettivo.Il documento individua cinque prioritàprincipali, ciascuna delle quali descrive lasituazione e le sfide attuali, stabilisce gliobiettivi da perseguire nel corso del prossimomandato e le possibili azioni concreteda sviluppare.In linea con ciò che è stato già discussonello scorso Congresso, la prima priorità èla Politica dei trasporti e la mobilitàsostenibile. La tendenza attuale di porrela concorrenza come principale forzamotrice della politica dei trasporti dell’UEdeve essere fermata e l’ETF ribadisce lasua opinione: è attraverso la cooperazionetra le modalità di trasporto che sarà possibilesviluppare soluzioni sostenibili perridurre in modo significativo l’impatto chei trasporti hanno sul cambiamento climatico.Ciò è importante anche per porre fineall’ossessione dei responsabili politici perla liberalizzazione.È indispensabile che la politica dei trasportiassuma un approcciosociale in grado di abbatterele attuali forme di dumpingsociale, che si traduconoin una corsa al ribassodei salari e delle condizionidi lavoro. Allo stessotempo, l’Europa deve continuarea migliorare l’implementazionedegli standarddi sicurezza.La seconda priorità è ilLavoro e i diritti sindacali.Alla luce delle considerazionidi cui sopra, questoè un compito fondamentaleper l’ETF nel prossimomandato, dati i crescentiattacchi ai diritti sindacaliconsolidati. Lo sfruttamentoe altre forme diabusi proliferano, con ilconsenso, manifesto olatente, di molti Statimembri e delle loro amministrazioni.L’ETF promuoveràattivamente il raggiungimentodi un piùequo bilanciamento dipotere, cui gli affiliatipotranno ricorrere al finedi garantire un’azione piùefficace, in particolare nel quadro deldialogo sociale settoriale. Il programma dilavoro prevede anche lacreazione di un osservatorioETF sulle violazioni deidiritti sindacali.La terza priorità va nellastessa direzione.L’abbiamo denominataSindacati più forti: organizzarsiglobalmente eintende individuare areechiave di intervento, tracui donne e giovani lavoratoridei trasporti. È opportunoquindi sottolineareche il Congresso ha approvatouna serie di emendamentialla CostituzioneETF per quanto riguarda lacreazione del Comitatogiovani ETF, che sarà formalmentecostituito aottobre <strong>2013</strong> nel corso diuna grande conferenza chesi terrà a Zagabria, inCroazia.Durante il Congresso si ètenuto un vivace dibattito,in cui circa 60 giovani lavoratoriche partecipano adattività di formazione ETFhanno mostrato la lorodisponibilità a essere soggetti attivi,insieme ai loro colleghi più anziani, nelrafforzamento dei sindacati e nella condivisionedelle responsabilità.Sindacati più forti: formazione e istruzioneè la quarta priorità di lavoro. Essa èdestinata a promuovere un migliore usodelle risorse formative esistenti (umane emateriali), sviluppare altri strumenti diformazione e continuarne la promozione.La forza della Federazione deriva dallaforza dei suoi membri e, data l’ancorabassa presenza sindacale in alcuni paesi,molto può essere fatto per migliorarne ilivelli.L’ultima (ma non per importanza) è lapriorità di Rappresentanza e coordinamentotransfrontaliero. L’obiettivo è dipromuovere la cooperazione transfrontalieratra gli affiliati, con un maggiorescambio di informazioni e l’assistenzaattraverso la creazione di un fondo diorganizzazione transfrontaliera. Si continueràa dare sostegno agli affiliati nei rapporticon i comitati aziendali europei(CAE) e nelle fusioni aziendali. Sarà allestitoun progetto pilota per l’affiliazionediretta a ETF dei lavoratori non sindacalizzati,nei casi in cui, nei loro rispettivipaesi d’origine, non esistano sindacati tramitecui organizzarsi.Le cinque priorità sono completate da programmidi lavoro che ogni sezione ETF ha27


Senza frontiereETF <strong>–</strong> European TransportWorkers’ FederationFederazione Europea deiLavoratori dei TrasportiS E N Z A F R O N T I E R Eapprovato per lo stesso periodo di quattroanni, oltre a quello approvato nellaConferenza delle Donne, che ha precedutoil Congresso, e quello dei Giovani che saràadottato nel mese di ottobre, come giàaccennato.Come ho ribadito nel mio discorso alCongresso, la forza della Federazione èquella dei suoi affiliati. Tutte le decisioniprese dal nostro Congresso saranno pienamenteattuate solo con il sostegno e lapartecipazione dei suoi membri. A questoproposito, sono felice di aver potuto contaresul contributo attivo della <strong>Filt</strong>-<strong>Cgil</strong> emi auguro di continuare la collaborazionea tutti i livelli, dal Comitato Esecutivo alleSezioni, ai Comitati Donne e Giovani. Lesfide del futuro richiedono più che mai chei sindacati agiscano insieme, facendo sìche la solidarietà prevalga sullo sfruttamentodei lavoratori.Anche in questo caso, vi rinnovo il mioimpegno e quello del team ETF a lavorareal meglio delle nostre capacità per la difesa,la promozione e il miglioramento dellecondizioni di vita e di lavoro dei lavoratoridei trasporti. Con il vostro supporto,il nostro compito sarà reso più agevole.L’ETF rappresenta oltre 2,5 milionidi lavoratici e lavoratori dei trasportiprovenienti da 231 sindacati deitrasporti e 41 paesi dell’UnioneEuropea, dello Spazio EconomicoEuropeo e dei paesi dell’Europa centraleed orientale.Nasce nel 1999 (congresso fondativoil 14-15 <strong>giugno</strong>), a seguito dellafusione tra Federazione dei lavoratoridei trasporti (FST, ora disciolta)con filiali europee dellaInternational Transport Workers’Federation (ITF).È affiliata alla ConfederazioneEuropea dei Sindacati (CES) ed hasede a Bruxelles.Partner sociale riconosciuto nel dialogosociale europeo, l’ETF rappresentagli interessi delle lavoratrici edei lavoratori dei trasporti in Europapresso la Commissione Europea e ilConsiglio dei Ministri Europeo.I sindacati affiliati organizzanoi lavoratori delle ferrovie, deltrasporto pubblico locale, dell’autotrasportoe della logistica, deltrasporto marittimo, dei porti, dellevie navigabili interne, dell’aviazionecivile, della pesca e del turismo.Il frutto del mio benessere, un’assicurazione UniSaluteQuando si parla di salute èmeglio essere chiari. Con i PianiSanitari UniSalute hai maggiorecomfort in caso di ricovero, visitetempestive e più opportunitànella scelta del medico.UniSalute offre coperture sanitarievantaggiose per il settore trasportisu gomma, ferro, mare, ariae per i lavoratori dei porti e delleagenzie marittime.Affidati ad UniSalute, l’assicurazioneche pensa a farti starebene, sempre.UniSalute, un nuovo modo di guardare all’assicurazionewww.unisalute.itnumero verde 800 11444428


Sguardi e traguardi“Coppie e famiglie.Non è questione di natura”Alla scoperta del pensiero di Chiara Saraceno, attraverso un approfondimentostorico di Elisabetta Donati e una suggestione di Ileana MontiniMutamenti nelle soggettività e nelle relazioni umaneIl Consultorio Familiare Onlus di Bresciacompie 40 anni e per l’occasione abbiamoscelto la strada di un approfondimento inun ciclo culturale dal tema “Le diversità,mutamenti nelle soggettività e nelle relazioniumane nel mondo globale” 1 perrimanere in relazione e in ascolto con itanti interlocutori utenti, operatori di altriservizi, pubblici e privati, il mondo istituzionalee delle Associazioni con cui condividiamotanta parte delle nostre attività econfrontare il nostro operare con il saperescientifico. L’ospite d’onore del primoincontro è una studiosa di levatura internazionale,come Chiara Saraceno alla cui produzionescientifica, all’originalità dellaprospettiva di analisi e alla passione eriflessione civile e femminista attingiamo.In questi 40 anni il Consultorio ha vissutodiverse fasi evolutive, con grande ricambiodelle persone e delle figure professionali,ha precisato i suoi obiettivi reagendo aglistimoli, a ciò che accadeva nel contesto,cercando di rapportarsiall’utente nella sua complessitàe divenire.Nel 1973, quando nasce, ilConsultorio non ha una leggedi riferimento. La Legge n.405 che istituisce i Consultoripubblici in Italia è del 1975 edà mandato alle Regioni dilegiferare in materia, cherisulterà non omogenea.Anche il nuovo diritto difamiglia arriverà nel 1975. LaLegge interruzione di gravidanzan. 194 è del 19<strong>78</strong>. Dal1970 c’è la Legge sul divorziosottoposta al referendum nel1974. Nel 1971 la Legge 1044istituisce gli asili nido comunali, mentrela Legge sulla parità di trattamento sullavoro n.903 arriverà nel 1977.Degli articolati Anni ’70 vorrei ricordare leesperienze formative rivolte agli adulti e icorsi sulla condizione femminile all’universitàdi Milano e in tante altre città conil sostegno attivo del sindacato. Gli women’sstudies, ancora sconosciuti, continuanol’esperienza di ricerca di auto analisiavviata dal movimento femminista, mettonoin relazione mondo accademico, movimentidelle donne, organizzazioni sindacali:vi partecipano donne giovani e adulte didiverse estrazioni sociali.La prospettiva di genere 2 , che gli studi diChiara Saraceno hanno contribuito a precisarerispetto alla realtà italiana, rispondea uno stimolo intellettuale ben preciso:attribuire il massimo peso a quanto vi è disocialmente costruito della diseguaglianzasessuale, a quanto vi è di non biologicamentedato nella relazione di disparitàdi Elisabetta Donatifra donne e uomini. La presa d’atto di unarealtà non neutrale e di uno squilibrio dipotere fra i generi ha reso meglio visibile: la vita quotidiana, i compiti della cura,le esperienze delle donne prima ignorateed invisibili, i tanti modi di vivere eprogettare la maternità; le diverse presenze delle donne nelmercato del lavoro e gli effetti chegenerano nell’organizzazione familiare,nella divisione del lavoro fra i sessi,nelle strutture sociali; le differenze entro lo stesso genere:Saraceno scriverà in Pluralità eMutamento 3 “pensarsi come simili perprogettarsi diverse”.Differenze che emergeranno con forzacon le donne straniere, le immigrazioni alfemminile, che hanno faticato a essereviste e a emergere come fenomenodistinto da quello maschile: le diversedonne straniere, le loro differenti culturesul corpo, la maternità, la relazionemadre-figlio. Nel frattempoarrivano al consultoriodomande generate dal contestoesterno, sociale e culturalemutato: drammi lacerantima anche genuini smarrimenti;conflittualità nellerelazioni di coppia, nel difficileincontro fra attese direciprocità e specializzazionedi ruoli, che emergononella scelta e nella nascita diun figlio in coppie in cuientrambi lavorano; una crescentediversificazione neimodi di fare famiglia; l’allungamentodella vita; le nuovetecnologie riproduttive.SGUARDI E TRAGUARDI1 Per chi fosse interessato a conoscere la realtà del Consultorio Familiare Onlus di Brescia ed il ciclo culturale sul tema delle diversità può consultare il sito webwww.consultoriofamiliare.org2 S. Piccone Stella, C. Saraceno, Genere. La costruzione sociale del femminile e del maschile, Il Mulino, 19963 C. Saraceno, Pluralità e mutamento, F. Angeli, 198729


Sguardi e traguardiS G U A R D I E T R A G U A R D IUn gruppetto di persone osserva uno deidue cigni bianchi che, meticolosamente,raccoglie con il becco pezzetti di canneper ricostruire la parte del nido con le suecinque uova grigiastre, travolto dalle tempestedi queste giornate anomale di primavera.È uno spettacolo affascinanteofferto dal lago di Garda.C’è una suora che commenta: “ecco lanatura, dovremmo imparare da loro!”Non so precisamente cosa dovremmo, noiumani, imparare dai cigni in questione, mami colpisce soprattutto il riferimento allanatura. La suora in realtà ha dato voce auna mentalità diffusa e resistente. Nelnuovo catechismo che sostituisce l’anticodi Pio X, e che serve per la formazione aisacramenti della Cresima e della PrimaComunione, c’è scritto che il matrimonioeterosessuale, base della famiglia e dellasocietà, corrisponde al Disegno Divino. Inaltri termini, alla Natura voluta dalCreatore in eterno.Chiara Saraceno, sociologa di fama mondiale,ha scritto recentemente un saggio digrande chiarezza su questo versante.L’altro sempre meno specchio di me esempre più altro 4 ... fare i conti con le differenze.Diversi temi sono ormai entrati nelmodo di agire di noi operatori e volontaridel consultorio, sentiamo la necessità difermarci a riflettere sul tema dell’esserecoppia, della violenza nei legami d’amore 5 ,sulle transizioni dell’età adulta e sulla trasmissioneintergenerazionale fra madri efiglie italiane e madri e figlie straniere.In una società che rimane ostile verso ledonne, soprattutto sul piano dei loro dirittialla libera scelta e all’autodeterminazione,si rende difficile l’applicazionedella legge 194 e la contraccezione, pernon parlare delle storture della normativasulla fecondazione assistita. I temi dellasalute, i temi del vivere e del morire sonoaffrontati come pretesti ideologici, innome di una “naturalità”. Tuttavia, comesottolinea Saraceno: “L’ovvietà non significanaturalità. Perché è un’ovvietà checomunque ha una sua origine storicacontestualizzata”.Oggi noi siamo una Struttura privata accreditatanel sistema di offerta pubblica, alleprese con problemi anche molto originaridei consultori pubblici: ampiezza dei compitiassegnati, esiguità del numero di operatori,estensione dei bacini di utenza. Difronte a maturazione di bisogni sociali,una diversa qualità della vita e una diversagestione dei problemi della salute, siassiste ad una crescente sanitarizzazionedelle prestazioni. Esiguità di risorse escelte d’indirizzo nella programmazionedei servizi forse non sono solo frutto dellacrisi: se lasciamo un vuoto culturale,rimangono opachi anche termini comefamiglia, anche per noi che operiamocome consultorio familiare. E affidiamo itemi del corpo, dei desideri, delle relazionidelle donne e degli uomini a una dottrinache assume il naturale oaduna tecnicaper cui è lecito tutto ciò che è fattibile,con l’apparato di indiscutibilità di cuivorrebbe disporre.C’è invece necessità del dipanarsi dellosforzo scientifico, dell’apporto interdisciplinare,del legame fra diversi saperi, percomprendere le diversità, fornire loro unabase di legittimità, farle evolvere nellasfera della giustizia e c’è il coraggio intellettualedelle continue domande, ancorapiù legittimo se a porsele è una studiosadella famiglia, della fama di ChiaraSaraceno: di cosa parliamo quando parliamodi famiglia, chi vive con chi, chi dipendeda chi? Cosa si scambiano oggi le generazioni?Tutte domande che trovano unarisposta nel suo libro.4 Consultorio Familiare Onlus, L’io ferito e l’altro. La relazione come struttura costitutiva dell’umano e del mondo, Atti del ciclo di incontri, Brescia 19995 Consultorio Familiare Onlus, La violenza nei legami d’amore, Gabrielli Ed. 2008I ruoli sessuali nella famigliadi Ileana Montini“Coppie e famiglie. Non è questione dinatura” (ed. Feltrinelli 2012) ci offre unampio panorama rispetto alla dialetticanatura/cultura. Uno dei versanti sui qualisi sofferma è quello dei ruoli sessuali nellafamiglia. L’evoluzione della famiglia ci haportato all’attuale frutto, perlomeno inOccidente, della libera scelta affettiva didue individui con un’inarrestabile tendenzaal pratico mutamento delle dinamichedi ruolo.Il padre si fa mammo nel momento in cuisi mostra accudente nei confronti della30


Sguardi e traguardiprole. Ma subito si avanzano dei timori daparte di chi detiene il potere nelle agenziedi socializzazione e nelle varie istituzionidi formazione e servizio socio-sanitario.Scrive la sociologa che molti psicoanalisti“considerano con preoccupazionel’emergere di una figura paterna accudentefin dalla prima infanzia, vedendoviil rischio di una confusione di ruoli cheandrebbero mantenuti nettamente separati.Come sa bene la maggior parte dellemamme e dei figli tuttavia, accudimentoe affetto possono tranquillamente coesisterecon la socializzazione alle norme el’accompagnamento all’autonomia. Nonè la divisione tra figure genitoriali diverse,innanzitutto per sesso, che aiuta adistinguere tra affettività e fusionalità,bensì il fatto che chi accudisce e amaabbia un sufficiente senso di sé e dellapropria individualità da non perdersi,nella relazione con l’altro”.Come affermare che resta ben saldo ilmito del padre che deve assolvere il compito(naturale) di proteggere e trasmetterela legge e le regole staccando, separandoil figlio dalla morsa della pericolosasimbiosi con la madre. La madre che abdicaal ruolo dell’accudimento tenero, devoto,totalizzante e il padre che si sottrae alruolo del legislatore familiare, cadonoentrambi sotto il duro giudizio della psicoanalisi“classica”, della psicologia ingenerale e della pedagogia.Giustamente Saraceno riprende la dottrinadella Chiesa che, sia pure con un’evidenteevoluzione rispetto al pensiero ottocentesco,riconferma la natura eterosessualedella coppia in quanto unità derivante dallacomplementarità. E quindi unica validaforma di genitorialità per la socializzazionee formazione dell’identità dei bambini.Psicologi, psicoanalisti (classici!) continuanoa tuonare sulle ripercussioni- in terminidi disagio psichico- se quest’ordine, naturale,è sovvertito con coppie genitoriali anomaleo rifiuto dei rispettivi, sessuali, ruolidi accudimento e di protezione.La pubblicità, che si fonda sulla ricercaprecisa di modelli tradizionali persistenti,è la fonte documentaria più veritiera.Gli spot televisivi continuano a propinarcigiovani mamme spose, che accudiscono lacasa e i bambini in modo egregio perchéutilizzano i prodotti giusti. Ci sono spotdove i padri-sposi entrano in casa con laborsa da manager, si siedono a tavola elodano la moglie-mamma per l’ottimasaporita cottura del cibo reclamizzato.Le tre religioni monoteiste (ebraismo, cattolicesimoe cristianesimo in genere,Islam) fondate sul dio unico padre e creatore,sembrano inchiodate al determinismodella struttura binaria natura-cultura.Il pensiero della complessità è estraneod’altronde ad ogni dicotomia riduttiva,compresa quella cara all’Illuminismo traragione e istinto. Dove l’istinto sta pernaturale e molto femminile. Come il presuntoistinto materno identificatorio deldestino femminile più del ruolo paternodotato di razionalità.Il ritardo con il quale un Paese comel’Italia recepisce aspetti anche evolutividella legislazione lasciando il peso dellavoro di cura soprattutto alle donne, sonod’attribuirsi al ruolo normativo della religionedi Chiesa, ma anche alle rigiditàdelle istituzioni in svariati campi del saperee dell’educazione di genere.Chiara Saraceno è una delle sociologhe italiane di maggior fama. Importanti i suoi studi sullafamiglia, sulla questione femminile, sulla povertà e le politiche sociali. Ha ricoperto numerosiincarichi accademici, anche a livello internazionale, e istituzionali in Italia.Elisabetta Donati, sociologa e ricercatrice. Insegna Sociologia della Famiglia all’Universitàdegli studi di Torino. È presidente del Consultorio Familiare Onlus di Brescia accreditato.Ha pubblicato: nel 2008, per F.Angeli, un saggio sulle transizioni nelle età adulte “Nuovicinquantenni e secondi cinquant’anni. Donne e uomini adulti in transizione verso nuove età”(con L. Abburrà); nel 2010 e nel 2011, nella collana Auserbiblioteca, i risultati di due ricerchesul fenomeno della violenza contro le donne anziane; nel 2012 un saggio sulle generazionie scambi familiari (in collaborazione con M. Naldini). Ha scritto diversi articoli per NOSTOP(nr.39-45-53-61-69-73).Ileana Montini, psicologa psicoterapeuta libera professionista dal 1994. Fondatrice e conduttricedel Laboratorio Psicopedagogico delle differenze anni 1988/2004. Giornalista pubblicistaiscritta ordine dei Giornalisti dal 1966. Collaboratrice e componente redazioni di quotidiani eperiodici dal 1964.31


Sguardi e traguardiAnna Del Bo Boffino,sempre dalla parte delle donnedi Francesca ZajczykS G U A R D I E T R A G U A R D IMolti dei problemi che Anna Del Bo Boffino ha dibattutosono aperti ancora oggi. Forse è il momento di tornare aleggere i suoi scritti e riflettere con lei. Non per conservarnesemplicemente il ricordo, ma perché il suo pensiero,che ha sempre pagato l’alto prezzo della sperimentazione,è un prezioso contributo per tracciare un nuovo domani.Il Comune e la Delegata alle Pari Opportunità, FrancescaZajczyk, e la Camera del lavoro di Milano <strong>–</strong> insieme a PinaMadami di Pari e Dispari - il 15 maggio <strong>2013</strong> hanno voluto ricordareAnna Del Bo Boffino con un incontro organizzato all’UrbanCenter al quale ha partecipato Cristina Tajani, assessore allepolitiche del lavoro, dello sviluppo economico e dell’università,insieme ad alcune donne che hanno voluto molto bene adAnna, che hanno lavorato con lei, conosciuto e condiviso la suapassione: Bianca Beccali, Ivana Brunato, Lella Ravasi Bellocchio,Letizia Rittatore, e la giovane storica Letizia Stefanucci.L’hanno, l’abbiamo voluta ricordare non solo per condividereinsieme il suo pensiero, ma ancor più per sottolinearne la suaattualità. Attualità che, fra l’alto, si concretizza nel premio chela CGIL mette a disposizione della Scuola di giornalismo “WalterTobagi” di Milano attraverso una borsa di studio da assegnare allamigliore tesiÈ stato un incontro bello, intenso e affettuoso insieme; non retoricoperché al centro è rimasta per tutto il tempo la figura di questadonnaAnna Boffino nasce a Milano nel 1925, l’8 di marzo, il giorno dellafesta delle donne - una data che indica undestino, legato alla ricorrenza che hasegnato la storia delle donne. E a Milanomuore il 5 dello stesso mese, nel 1997. Silaurea in Filosofia nel ‘48 con AntonioBanfi, un maestro che molto incide sullasua personalità e sulle sue scelte, e l’annosuccessivo sposa Sergio Del Bo, dirigenteeditoriale della Feltrinelli, dal quale ha unfiglio, Roberto.Dal 1952 al 1954 Anna è con il marito aParigi. In quegli anni la capitale francese èintellettualmente vivissima, con figurequali Sartre, Simone de Beauvoir, Cocteau,e Anna comincia la sua attività giornalisticainviando corrispondenze a “l’Unità”,per la pagina della donna.Tornata in Italia, si occupa dell’ufficiostampa della Feltrinelli, entra poi nellaredazione del mensile “Abitare” e successivamentenella casa editrice Il Saggiatore.Qui, lavorare “sulla pagina” con ElioVittorini è per Anna un’esperienza fondamentale.Lei, che era cresciuta in ambienti intellettuali in cuiaveva avuto modo di incontrare personaggi di grande spessoreculturale e di approfondire i principi che si ispirano al marxismo,riuscirà ad affrontare con grande rigore logico anche temi consideratiallora “di serie B”: le emozioni, i sentimenti, il mondo delquotidiano.Nel 1968 fu tra le ideatrici del mensile “Due più“, alla Mondadori,la rivista che, sull’onda dei mutamenti del costume, si occupavadi divulgare (in un “inserto chiuso” che all’epoca fece scalpore) itemi della sessualità. Successivamente, Anna Del Bo Boffino, percirca un decennio, lavorò al settimanale “Amica”, dove curava larubrica “Da donna a donna”, punto di riferimento nel dibattitosulla condizione femminile, per Anna lo spazio in cui incontrarsicon molte donne di ogni età e condizione.La sua passione per la scrittura l’ha portata a scrivere anche moltisaggi: da “Pelle e cuore” nel 1980, passando da “Figli dimamma”, a “Stavo malissimo”, a “Voi uomini” a, ultimo, “Un cerchiodopo l’altro”, scritto con Lella Ravasi Bellocchio nel 1994.E, a proposito di libri, voglio ricordare “Ricordo di Anna”, unapubblicazione del 2003 in cui sono raccolti molti suoi contributi,voluta dal Sindacato nazionale Pensionati della CGIL, con cuiAnna collaborò per molti anni.Una vita <strong>–</strong> quella di Anna- vissuta in prima linea nella battagliaper l’emancipazione, sia negli anni ruggenti del movimento (cosìattenta anche alle fasce femminili meno elitarie), sia quandodecise di far politica nelle istituzioni. Sì, perché Anna è stata -come sottolinea Bianca Beccalli - “sia dentro che fuori”: il privatoè stato per lei fondamentale, come madre e moglie, ancherinunciando ad alcune importanti opportunità di carriera. Ma, incontrotendenza rispetto alla posizione del movimento delle32


Sguardi e traguardidonne dell’epoca, Anna decide di fare la propria parte spendendosianche nelle istituzioni, consapevole della necessità di portareanche a livello politico i problemi delle donne. Si candida,quindi, nel 1975 come indipendente del Pci <strong>–</strong> Pds nel consigliocomunale di Milano e poi, dal 1985 al 1990, è consigliere allaProvincia di Milano dove, dal 1985 al 1997, presiede laCommissione consultiva sui temi della donna.Anna è stata antesignana di un dilemma ancora attualissimo perle donne: concedersi legittimamente di non scegliere tra “Dentroe Fuori”, tra pubblico e privato, ma non soltanto per conciliarebensì per incrociare e integrare strategie complesse.Utilizzando una naturale capacità di empatia, Anna ascolta,ragiona e poi risale da un disagio o un problema individuale aduna riflessione più ampia sulla realtà sociale e politica, con sensibilitàe acume, con la grinta spesso necessaria ma anche conuna vena di ironia.Diventa dunque una protagonista dell’evoluzione dei periodicifemminili che in Italia hanno fatto cultura, proponendo una nuovaidea di donna e prendendo posizioni coraggiose su temi quali lalibertà sessuale, la contraccezione, il divorzio e l’aborto, la paritànel lavoro, la condivisione dei ruoli in famiglia; questi ultimidue più che mai presenti nella vita quotidiana delle donne, comeci ricorda Ivana Brunato.Anna è stata capace di osservare i cambiamenti della società percorrendostrade delicate, cruciali e oscure anche per le stessedonne, ma è stata anche la prima <strong>–</strong> come sottolinea LetiziaRittatore - capace di “gettare acqua sul fuoco degli entusiasmidell’emancipazione. Analizzava, rifletteva, propositiva sempre,anche se, forse, una delle poche pensatrici che ammetteva di nonavere risposte per tutto”.Fra i tanti temi da lei affrontati, incredibilmente attuale le sueparole sul “potere” in “Voi Uomini” del 1985 dove, parlando delfatto che per emanciparsi le donne hanno dovuto appropriarsi dimodalità tipiche della cultura maschile, riportava i consigli di unmanuale americano (Strategies for Women at Wok) elencando 23blocchi “interiori” che impedirebbero alla donna di muoversi agevolmentenel mondo del lavoro: blocco dell’onestà, dell’efficienza,dello stare alle regole, della disistima di sé, della dipendenza,della modestia, del perfezionismo, dell’ambivalenza, del vogliamocibene… “Ma quale altra strada hanno le donne per raggiungerela parità, se non quella di mascolinizzarsi?” si chiedevaAnna azzardando una previsione: “la loro cultura è consideratainferiore. Ma forse la perdita della cultura femminile può risultareuna vera e propria catastrofe”.E le vecchie amiche di Anna presenti all’incontro sono rabbrividitea queste parole, scambiandosi veloci sguardi di assenso e preoccupazione;preoccupazione per le donne e, soprattutto, per legiovani donne. Perché se è vero che <strong>–</strong> come avverte la giovanissimaLetizia Stefanucci che ha letto i testi di Anna <strong>–</strong> la realtà èmolto cambiata, molti problemi rimangono gli stessi.Anna, dunque, è sempre stata dalla parte delle donne e ha messosempre al centro della sua vita <strong>–</strong> nel pubblico e nel privato - iltema delle relazioni, realizzando attorno a lei l’utopia della solidarietàfemminile. Quando Anna parlava di emozioni e sentimenti,parlava proprio di quello. Come dice Lella Ravasi Bellocchio:“competenza dei sentimenti e degli affetti, autenticità che tienedentro gioia e dolore”.Francesca Zajczyk. È professore ordinario di Sociologia Urbana pressoil Dipartimento di Sociologia e ricerca Sociale dell’Università diMilano<strong>–</strong>Bicocca; coordinatrice del dottorato di Ricerca sulla Societàdell’Informazione Projects Quality of Life in the Information Society(QUA_SI). Nel 2011 è stata nominata dal sindaco delegata alle PariOpportunità per il Comune di Milano. Expert nominata dal Ministerodell’Università e della Ricerca Scientifica e tecnologica (Miur) per ilVII Framework Programme for Research and TechnologicalDevelopment (2007-<strong>2013</strong>). Tra i temi delle sue ricerche le disuguaglianzedi genere e la tematica del riequilibrio della presenza femminilenell’economia e nella politica. È autrice di diverse pubblicazionitra le quali: La sfida delle giovani donne. I numeri di un percorso adostacoli (Franco Angeli, settembre 2011); Nuovi padri? Mutamentidella paternità in Italia e in Europa. (Baldini Castoldi Dalai editore,2008); La resistibile ascesa delle donne in Italia. Stereotipi di generee costruzione di nuove identità (Il Saggiatore, 2007); Dove batte ilcuore delle donne (Laterza, 2012).33


Sguardi e traguardi“Tu cambi tutto quel che tocchi,tutto quel che tocchi ti cambia”Pratiche di resistenza e di comunicazione non-violenta per donneSeminario condotto da Maria G. Di Rienzo a Bologna il 13 maggio <strong>2013</strong>di Angela Parentela, Associazione “Donne della ruota del tempo” di BolognaS G U A R D I E T R A G U A R D IUn percorso che continua, quello dellacomunicazione non violenta all’internodell’Associazione Armonie di Bologna,desiderato in particolare da noi DonneDella Ruota del Tempo, un gruppo autogestitoche si occupa di ricerca e pratichesulla spiritualità femminile da anni e chericonosce in Maria G. di Rienzo una dellepiù significative e intense rappresentanti deitemi a noi più cari: spiritualità e politica.Per accedere ad altro, la comunicazionenon-violenta - che veicola tali temi seppurecon parole talvolta diverse -elamaestra,perché così il gruppo ha nominatocolei che incarna gli argomenti che fungono,al contempo, da radice e soglia.Già dal titolo dell’incontro, denso di sensoe di sensi, s’intravede la meta, il luogodove saremo condotte: “Tu cambi tuttoquel che tocchi, tutto quel che tocchi ticambia”Immediatamente ci viene restituito ilpotere di agire il cambiamento e con essoil diritto a pieno titolo <strong>–</strong> come donne <strong>–</strong> perfarlo.Come attiviste <strong>–</strong> nei gruppi e da singole -conosciamo bene questo concetto, sappiamocome ci cambia un’azione, sappiamocome ci cambia il modo in cui è condotta,come cambia chi ne viene contattata/o.Il gruppo è variegato e alle donne dellaruota si mescolano attiviste, ricercatricispirituali, femministe, insegnanti in primalinea e donne impegnate nel sistema sanitario,madri singole, ma tutte d’accordo:l’attivismo è il cuore del cambiamentosociale e con questo l’influenza dell’azionediretta della non violenza. Impensabileper noi la presa armata del palazzo d’inverno,perché, come giustamente ci ricordaAudre Lorde, “non si può smantellarela casa del padrone con gli attrezzi delpadrone”.Maria G. stessa aveva scritto per noi, almomento di ideare quest’incontro, persottolineare l’enorme potenzialità innovativadi cui le donne sono portatrici:“Le donne sono ovunque promotrici esostenitrici del cambiamento. Le lotteper l’eguaglianza, la giustizia e la pacele vedono protagoniste consapevolidelle sfide che si trovano di fronte: lecrisi finanziarie ed economiche continuanoa danneggiare le donne in modosproporzionato; a troppi governi mancanole capacità o la volontà politica diproteggere e promuovere i diritti delledonne; la violenza aumenta anche sottoforma di estremismi religiosi, comerisposta militarizzata ad un’insicurezzacrescente. Questo scenario richiedeazioni innovative, alleanze multiple,organizzazioni aperte all’apprendimento,nuovi modi di interazione con le istituzionipolitiche formali, ma sopratuttorichiede idee e tecniche che mettano inmoto i cuori e le menti, legando il cambiamentoalla speranza, all’ispirazionee alla gioia delle donne.”.Ecco forse il nodo più complicato, illuminatodalle parole di Octavia Butler:“L’unica verità permanente è il cambiamento”.E la precisazione che accomuna il sentiredi tutte (e il non detto di molte) ci fa sentirein immediata risonanza con l’argomentoproposto: la non violenza non è l’oppostodella violenza e, soprattutto per noidonne, l’espressione “non violenza” non èparticolarmente attraente, spesso la percepiamocome passiva e/o legata adambienti di fede <strong>–</strong> che di certo non favorisconol’«impoteramento» delle donne - ela frequente indicazione “ama il tuo nemico”- diciamocelo <strong>–</strong> perde di brillantezzacon noi: molto spesso GIA’ viviamo con ilnemico, GIA’ amiamo il nemico.Immerse in questa consapevolezza e perpoter attingere alle nostre risorse interiorisenza rimanere schiacciate dai contestidi vita, politici e sociali attorno a noi, cisiamo misurate in pratiche corporee perraccogliere informazioni <strong>–</strong> su noi stesse - epoterle comunicarle alle altre in un processotrasformativo e rigenerante.I grandi temi emersi, anzi ri-emersi, permolte di noi sono stanchezza, senso di solitudine,senso di vuoto, in contrasto con lospazio che ci ha accolte dove abbiamo vissutofiducia e solidarietà, valorizzazionedelle storie, delle capacità e dei desideri34


Sguardi e traguardidi ognuna. È stata chiara la percezione cheoccorre approfondire la conoscenza di unpensiero creativo e critico. Quindi riflessionee dialogo saranno i nostri motori perl’azione!È emerso anche che spesso l’attivismo bruciae consuma perché non porta nutrimento,occorre essere nutrite per nutrire.E ancora, la nostra maestra ci ricorda diprestare attenzione a noi stesse e averecura di noi.Riceviamo quindi i 5 rimedi per l’emergenzache in 60 secondi ci consentono di ricaricarcinel qui e ora e li doniamo a tutte ledonne in cammino:1) PRESENZA - Respirare profondamente 3volte chiudendo gli occhi. Riaprirli e osservareattentamente ciò che ci circonda,prestando maggiore attenzione per vedereciò che non abbiamo visto prima. Questorimedio serve quando emergono le domande:Perché sono qui, Cosa ci faccio io qui?2) RADICAMENTO - Pensare e sentire inostri piedi appoggiati sul terreno, notarela pressione dei piedi sulla terra e dellaterra verso i piedi. Questo rimedio servequando emergono le domande: Dove stoandando? Su che strada sono?3) GRATITUDINE - Dire semplicementegrazie, grazie per il vento, grazie per lafortuna, grazie a quell’albero di fronte ame, grazie al fiore che sboccia ...4) DESIDERIO - Esprimere un desiderio,tipo quelli che si esprimono quando vediamouna stella cadente, senza pensare, idesideri parlano di quello che noi siamo.Esprimere un desiderio è prezioso quandoci sentiamo sconnesse.5) MERAVIGLIA - Concentrarsi sui 5 sensi escegliere qualcosa di amabile, qualcosache ci piace per renderci conto di quantoè possibile farne esperienza con i sensi.L’incontro si è concluso con il “mandaladella verità”, un mandala molto toccanteche ha messo in scena simbolicamente “ledifficoltà che si incontrano nell’attivismo”attraverso la rappresentazione della paura(pietra), della tristezza (foglie), della rabbia(bastone) e del senso di deprivazione (coppavuota). Nel mandala ognuna ha potuto direla propria verità in un campo morfogenetico 1condiviso, creato sia da questo incontro siadai numerosi altri che accadono nello spaziostesso, dove è stato possibile operare trasformazionee sentire - in una dimensioneche va oltre il razionale - che è coraggiosoascoltare la nostra paura, che portiamo illutto delle cose perse a cui teniamo davvero,che alla nostra rabbia sottende la passioneper la giustizia e che una coppa vuota puòindicare che c’è spazio per altro.Infine, non dobbiamo mai dimenticare chela speranza è la terra che sostiene i nostrielementi.E incontriamo di nuovo il senso profondodella frase iniziale: tu cambi tutto quelche tocchi...Ebbene sì, di nuovo percepiamo che lacomunicazione non violenta porta a esperimentidi verità.Dopo aver esplorato i linguaggi e le attitudininecessari allo stare insieme per andareverso il cambiamento e per evitare ilconflitto-scontro diretto, il passo da intraprendereè l’azione diretta di cambiamento.Il modo in cui ci trattiamo l’una con l’altra,con cui trattiamo le relazioni sonoparte del cambiamento e parte del nostrocompito nell’attivismo, che è quello diimmergerci con questa qualità di presenzanella ricerca di collaborazione.Maria G. Di Rienzo, è una prestigiosa intellettuale femminista, scrittrice, formatrice e registateatrale. Ha attraversato con il suo impegno gruppi, associazioni e movimenti, sostenendone lelotte e impegnandosi in prima persona. Tra le sue ultime pubblicazioni “Voci dalla rete. Comele donne stanno cambiando il mondo”, che racconta l’impegno globale delle donne per trasformarele relazioni di potere tra i generi. Ha scritto su NOSTOP (nr. 58-59-62). È autrice del bloghttp://lunanuvola.wordpress.com/1 Il termine, coniato da Rupert Sheldrake negli anni ’80 del XX secolo, descrive il sapere intrinseco a una specie che include non soltanto cognizioni attuali ma anchestoriche. Indica comunemente una condivisione del sapere a prescindere dalla distanza e indipendentemente dal fatto che l’esperienza sia stata vissuta di persona.35


FinestreLa droga che distrugge il futuroRecensione di Osvaldo CisterninoF I N E S T R ESono passati sette anni da quando è statopubblicato Gomorra. Saviano aveva allora26 anni ed era sconosciuto ai più. In questisette anni sono accadute molte cose:Gomorra è diventato un successo planetario;Saviano, in conseguenza di quel successo,vive scortato dai carabinieri, perchéla camorra vuole vendicarsi; il clan deiCasalesi, del quale Saviano ha denunziatola pericolosità, è stato decimato e moltidei personaggi descritti in Gomorra sonofiniti in carcere; questo, tuttavia, non haridotto la forza delle mafie in Italia e neppuredei Casalesi.Ora, a 33 anni, Saviano ci riprova: con ilsuo secondo libro, Zero Zero Zero, ladenunzia della criminalità organizzata siallarga su scala planetaria, riguardando iltraffico di cocaina e, dunque, non solo lemafie italiane ma anzitutto i cartelli sudamericani,soprattutto messicani e colombiani.Dunque, non solo ci riprova, ma alzaaddirittura il tiro e, conseguentemente, ilnumero di criminali che vorrebbero vederlomorto.Il nuovo libro ha parecchie analogie con ilprimo: non è un romanzo, ma neppureun’inchiesta giornalistica, né un libro didenunzia. Oppure, meglio, è tutte questecose insieme.Il romanzoPiù che di un romanzo si dovrebbe parlaredi una gran quantità di storie intrecciate:storie dal vero, che raccontano di personaggiper la maggior parte noti alla cronaca,grandi criminali o vittime, eroi o poveraccifiniti in un giro più grande di loro. Eil talento di Saviano per il racconto è bennoto: anche nelle trasmissioni di Fazio,seguite da milioni di telespettatori, quasisempre Saviano racconta storie. E tutte lesue storie catturano gli ascoltatori quantoi lettori, come le favole che parlano dimostri catturano l’attenzione dei bambini.Saviano stesso in Zero Zero Zero si domandaperché è tanto attratto dalla conoscenzae dalla narrazione della ferocia inumanadel mondo criminale che descrive.Sembra mosso da un’istanza anzituttomorale: vuole capire quanto la crudeltàdell’uomo nei confronti dell’altro uomosia pertinenza dei soli criminali e quanto,invece, sia contagiosa, quanto sia innata equanto si possa apprendere, quanto possariguardarci tutti. È ancora una volta lalotta fra bene e male la sfida di Saviano,come lo è della grande letteratura di tuttii tempi. Come Achab contro Moby Dick,anche Saviano scova nelle storie che ruotanointorno alla cocaina il male da combattere.Ma è anche attratto dai mostriche descrive, come lo sono i bambinidavanti al lupo. Senza ambiguità, non vi èvera letteratura. A differenza delle favoleper bambini, però, nelle storie di Savianoil bene e il male sono spesso intrecciati enon c’è quasi mai il lieto fine.L’inchiesta giornalisticaSaviano ha raccolto un’enorme massa didati: leggendo gli atti dei processi, intervistandopersone a diretta conoscenza deifatti, leggendo tutto quello che è statoscritto sul traffico di cocaina a livello mondiale,avvalendosi di fonti riservate.In genere non cita le sue fonti, ma dallalettura del libro si capisce bene che nulla èinventato. Proprio come in Gomorra, anchein Zero Zero Zero molti dei fatti che raccontasono già noti. Quello che non è notoè il quadro d’insieme, la cui gravità emergesolo grazie al paziente lavoro di incastro frai singoli fatti che, letti isolatamente, nonpossono rendere l’idea della forza e dellapervasività del potere criminale. Savianonon è stato il primo a parlare del trafficodei rifiuti, del potere della camorra e dellasua forza di penetrazione a livello internazionale.Ma il quadro d’insieme che ne hadato ha fatto breccia nell’opinione pubblica,favorendo una maggiore attenzionedella politica e del potere statale nel contrastoalla criminalità organizzata.Il libro di denunciaL’intento consapevole di Saviano è combatterecon la forza della parola i potericriminali, nella consapevolezza che la lorodiffusione è tale che oggi è la stessa democraziache si trova in serio pericolo a livellomondiale. Il quadro che emerge da ZeroZero Zero è quello di un potere criminaleche, non solo in Italia, ma su scala planetariariesce a condizionare il potere legale,politico ed economico. Scrive Saviano:“… la coca funziona con la facilità di unbancomat. C’è da comprare un centrocommerciale? Importi coca e dopo un meseci sono i soldi per chiudere la transazione.Devi influenzare campagne elettorali?Importi coca e sei pronto nel giro di pocheRoberto Saviano“Zero Zero Zero”Feltrinelli <strong>2013</strong> - Euro 18settimane. La cocaina è la risposta universaleal bisogno di liquidità. L’economiadella coca cresce a dismisura e arrivaovunque”. E ancora: “Antonio Maria Costaresponsabile dell’ufficio droga delleNazioni Unite, nel 2008, ha detto: i proventidel narcotraffico sono serviti a salvaregran parte delle banche europee.Nessuno lo ha smentito”. Nella crisi,l’enorme accumulazione di danaro chegarantisce la coca consente al potere criminaledi mettere le mani su tutto. E,ovviamente, di influenzare il potere politico,come abbiamo visto di recente proprioin Lombardia (non in Sicilia, inLombardia!!!).Non c’è speranza? Nell’immediato Savianonon ne vede. La coca si diffonde sempre dipiù (si calcola che a Milano la usi almenouna persona su dieci) e in tutti i ceti.Distrugge la salute di chi la usa, ma insiememina i fondamenti della libertà e dellademocrazia. Distrugge il futuro. Per questoSaviano è favorevole alla legalizzazione.Anche se sa che non passerà. Leggere il suolibro non favorisce la speranza, ma almenodiffonde la consapevolezza. E, senza consapevolezza,la speranza è solo illusione.36


Finestre“Verità, bugie e omissionisu un massacro di socialisti”Recensione di Alberto CassandraNorvegia, 22 luglio 2011, Anders BehringBreivik scatena l’inferno.Alle ore 15.26, un’autobomba fatta esploderea Oslo, nei pressi degli uffici governativi,provoca la morte di otto persone e ilferimento di molte altre.Circa due ore più tardi, Breivik, vestito dapoliziotto, si reca sull’isola di Utøya, sededa tanti anni di un campeggio estivo deigiovani socialisti di tutto il mondo, preparatodalla Lega dei Giovani Lavoratori,organizzazione giovanile del PartitoLaburista Norvegese.Qui Breivik prima uccide con una pistola idirettori del campo, quindi si dirige verso igiovani raccolti in un punto di ristoro, estraeun fucile automatico e comincia a sparare euccide, uno ad uno, 69 ragazzi laburisti dietà compresa tra i 14 e i 20 anni.Un’ora e mezza dopo la strage, un nucleospeciale della polizia anti-terrorismoirrompe sull’isola e l’attentatore si consegnasenza opporre resistenza.Breivik è arrestato, ritenuto responsabiledi entrambi gli attentati, dichiarato sanodi mente e condannato a 21 anni di carcere,la pena massima prevista dalla legislazionenorvegese.Ma chi è l’autore della caccia all’uomo piùefferata nell’Europa occidentale dai tempidella seconda guerra mondiale e del piùgrave evento terroristico mai avvenuto inNorvegia?Breivik è un anti-multiculturalista, antimarxista,anti-islamico e fondamentalistacristiano, con ideologie di estrema destra,come da lui stesso affermato nel suomostruoso “compendium” ideologico “2083A European declaration of independance”spedito a estremisti di destra in tutto ilmondo, prima dell’esplosione a Oslo.Breivik è finora l’unico condannato, macosa si nasconde dietro un’azione studiataper anni nei minimi dettagli? Quali furonoi suoi contatti? Come si procurò armi edesplosivo? C’è in Europa una rete di estremadestra nazionalista, violenta e xenofoba?Come agisce? Chi la sostiene, chi lafinanzia?Il libro di Luca Mariani, giornalista parlamentaredell’Agi, rimette in fila i fatti eprova a dare delle risposte, con un’analisilucida e profonda, ma soprattutto politica,di quella terribile strage.Breivik compì, infatti, un gesto dalla forteconnotazione politica.L’obiettivo? Distruggere il Partito Laburista,distruggere quell’idea d’Europa tollerante,Luca Mariani“Il silenzio sugli innocenti”Le stragi di Oslo e UtøyaEdiesse - 13 euroculturalmente libera, multiculturale ecivile che le forze socialiste e riformistehanno prima ideato e poi contribuito acostruire e difendere.Le motivazioni? L’odio contro gli immigrati,che devono tornare a casa loro, a qualsiasicosto.Gli effetti? Nei media prima si avvalora agran voce la pista islamica. Poi, quandoemergono i fatti, gradualmente cala ilsilenzio sui giovani laburisti giustiziati perle loro idee. In Italia la strage cade prestonel dimenticatoio. ‘Il Giornale’ titola:«Quei giovani incapaci di reagire».In Italia, alla Camera, solo un breve dibattito:i deputati riescono nell’impresa dinon pronunciare mai in aula le parole‘socialista’ o ‘laburista’.Nel nostro paese il pluriomicida ha persinodegli estimatori: il leghista MarioBorghezio definisce «in qualche caso ottime»le sue idee…37


FinestreUn invito al viaggio (in treno)Recensione di Americo PagliaraF I N E S T R ERoberto Scanarotti“Destinazione immaginario”12 euroLa chiave di lettura di Destinazioneimmaginario -Andata e ritorno nell’universosimbolico della ferrovia - l’autoreRoberto Scanarotti, ex ferroviere, ce laoffre subito nell’introduzione, dove dicetestualmente: “In queste pagine non siparla d’altro che di ferrovia con relativiannessi e connessi: stazioni, viaggi,viaggiatori e ferrovieri. Per non diredei treni. E se ne parla anche bene, pergiunta. Filo conduttore: l’antico e privilegiatoruolo che la ferrovia occupa nell’immaginariocollettivo. La prospettivascelta, per meglio chiarire, tendepertanto a mettere in evidenza piùl’idea del treno che il treno stesso,quello vero”.Nel libro c’è la prova che, durante i quarant’annispesi professionalmente pressole Ferrovie dello Stato (per lo più nell’ambitodella comunicazione), ha saputo educaree conservare una sensibilità straordinariaverso un’idea di treno e di viaggio“altra”, che si muove sui binari dell’immaginazionee dell’anima. Con il libro havoluto renderci partecipi di questa“avventura emotiva” e l’ha fatto rifiutandoogni appesantimento retorico.C’è da dire subito che, all’interno dell’illustrazionedelle possibili rappresentazioninell’immaginario, non è tralasciata lanarrazione della ferrovia “reale” in tuttii suoi aspetti e ruoli: sociale, politico,economico, e, non ultimo, ecologico.Il tema della sostenibilità ambientaledello sviluppo delle ferrovie rispetto allealtre modalità di trasporto, soprattuttogomma e aereo, è ben evidenziato nelleprime pagine. Non utopistica è la speranzaespressa che l’attuale “rinascimentoferroviario”, frutto delle moderne tecnologie,possa portare verso un riequilibriomodale tra ferro e gomma.Allo stesso modo, sono ben reali e attualii riferimenti alle Ferrovie della StatoItaliane, ai ferrovieri e ai pendolari:i primi, falcidiati nel numero e demitizzatinel ruolo, soprattutto per le ferociristrutturazioni e per le nuove tecnologielabour saving; i secondi, spesso ancorasottoposti ad insopportabili disagi, mentresul binario accanto vedono oggi sfrecciarealtri viaggiatori, con alta velocità ealto comfort.Il discorso sulle ferrovie comporta implicazionisimboliche e metaforiche pressochéinfinite, essendo il treno presente conforza nell’immaginario collettivo di ognipopolo e paese da quasi due secoli.L’Autore ci accompagna con abile e virtuosaleggerezza (come la promuovevaItalo Calvino), in una passeggiata fra letante possibili declinazioni del viaggio intreno.Molte e stimolanti sono le narrazioni sutreno, stazione, viaggiatori, che sonorichiamate nel libro nell’ambito narrativoe saggistico, nel cinema, nell’arte,nei fumetti, nella pubblicità, persino nellinguaggio. Cosicché ogni lettore puòorientarsi secondo i propri percorsi culturali;anzi, possiamo considerare il librocome preziosa fonte e occasione per leggereo rileggere romanzi, scoprire o riscoprirefilm e opere d’arte legati al treno.L’Autore ci fornisce in continuazionespunti preziosi per approfondimenti sutanti altri campi: sociologia, semiologia,architettura, urbanistica, costume. Lapasseggiata nell’universo delle immaginilegate al sistema ferrovia offre diramazionipressoché infinite.Per la letteratura tanti sono i nomi e irichiami, con titoli o citazioni, ricordiamofra i tanti: Hugo, Zola, Maupassant,Proust, Tolstoj, Dos Passos, Mark Twain,Withman, Sepulveda, Agatha Christie,Conan Doyle, Fleming, Simenon, Carducci,Calvino, Barthes, Magrelli, Caproni,Cassola. Per il cinema: i registi Hitchcock,Ford, C.De Mille, Neigh, Keaton, Gance,Olmi, Loach, Kiarostami, Germi, Renoir,Scott, Scorzese, De Sica, G. Bertolucci.Si nota abbastanza chiaramente chel’Autore lascia trasparire una spiccatainclinazione verso la decima musa; d’altronde,già dal suo libro di esordio ches’intitola “Treno e cinema. Percorsi paralleli”(Le Mani, 1997), ha cercato di trasmetterequesta passione per i binari dicelluloide. (Ricordo anche il più recente“Aghi, macachi e marmotte <strong>–</strong> Dizionariosemiserio per viaggiare in treno” (ecedizioni,2009).Ogni titolo e ogni citazione dei grandiautori sono testimonianza alta del fortepotere evocativo del mondo della ferrovia.Potere che è come una magia, cuipochi sfuggono. Certamente le immagini,i segni e i simboli risentono della soggettivitàdello sguardo di ognuno, della sensibilitàe del vissuto personale.Destinazione immaginario ha evocato inme l’idea di un viaggio dell’anima, cheporti dovunque, fuori del mondo, e mi hafatto pensare ad un passaggio dell’invitoal viaggio (dai poemetti in prosa) diBaudelaire: Un musicien a écritl’Invitation à la valse; quel est celui quicomposera l’Invitation au voyage, qu’onpuisse offrir à la femme aimée, à la sœurd’élection?Ci ha pensato Scanarotti, componendo uninno al viaggio “mentale” in treno eoffrendo un’ampia gamma di possibilidestinazioni, tutte appartenenti alla sferadell’immaginario, del mitico, del poetico.(L’autore è un utente del sito:www.ilmiolibro.it)38


ImmaginiI Navigli lombardidi Franco MammanaMilano, il Duomo: la moltitudine di persone che passeggia nellapiazza davanti all’imponenza monumentale di questo trionfo delgotico italiano proietta per un attimo la mia immaginazione aitempi in cui cominciarono i lavori per la sua costruzione. Nonturisti e visitatori, ma un esercito operoso di formiche umaneindaffarate nell’immenso cantiere che per decenni trasformò ilvolto della città, concretizzando un geniale progetto nell’operad’arte che oggi possiamo ammirare.Fra le grandi metropoli europee Milano non sorge lungo le rive di unfiume, ma è sospesa su una rete di canali e di corsi d’acqua, a voltevisibili più spesso nascosti, che hanno dato comunque una connotazionepeculiare al tessuto urbanistico e socio-economico della città.Proprio quei marmi dalle venature rosa-grigiastre che hanno condizionatonon solo l’architettura e la statica, ma anche e soprattuttola parte ornamentale del Duomo, sono giunti in città attraversola più imponente fra le vie d’acqua artificiali realizzata agliinizi dello scorso millennio: il Naviglio Grande.Gli enormi blocchi di “marmo di Candoglia”, località all’ingressodella Val d’Ossola, erano trasportati dal Lago Maggiore lungo ilTicino, suo emissario, per imboccare poi questo canale collateraleche attraversava la campagna circostante infilandosi nellaCittà in prossimità dell’antico laghetto di Sant’Eustorgio divenutopoi “la Darsena”, il “Porto di Milano”, e defluire definitivamentenel ramo chiamato “Naviglio Pavese” che riportava le stesseacque al Ticino.Caricati su grandi chiatte dalla chiglia piatta, i marmi recavanoinciso l’acronimo latino AUF, Ad Usum Fabricae, termine usato percontrassegnare i beni esentati da ogni forma di dazio perché destinatiad opere della Chiesa cattolica e mediato da quello utilizzatoa Firenze (“A.U.F.O.”, che significava “Ad usum FlorentinaeOperae”) e a Roma (ad usum fabricae operis, nel senso di “Operadi S. Pietro”) per la costruzione del Duomo di Firenze e per laBasilica di S. Pietro. L’espressione entrò in seguito nella vulgatapopolare (es.: mangiare aufo) per indicare l’uso gratuito di unservizio a volte carpito in modo scaltro.Nato inizialmente come canale di irrigazione grazie a bocche diderivazione che prelevavano l’acqua dal Ticino, il Naviglio Grandedivenne ben presto, in seguito all’adattamento del suo letto e ainnovative opere di ingegneria idraulica, una importante via dicomunicazione navigabile che consentiva relazioni commercialicon la vicina Svizzera e il Mar Adriatico attraverso la confluenzadel Ticino nel Po.Lungo il suo corso si svilupparono nei secoli le più disparate attivitàagricole, artigianali e industriali. Accanto alle numerose“cascine” tipiche del paesaggio agricolo lombardo, sorsero le villesettecentesche dei grandi casati nobiliari meneghini che raggiungevano“via canale” le loro dimore di campagna dotate di imbarcaderiautonomi.Il sogno e la necessità di regimentare le acque dei fiumi lombardiper poterne sfruttare le potenzialità ha portato nel corso dei secolia creare una rete di canali gravitante in particolare intorno allacittà di Milano, il maggior centro economico lombardo. Nascono viavia altri “navigli”: “il Naviglio di Bereguardo” la cui pendenza indirezione del Naviglio Grande permetteva il flusso delle merci daPavia verso Milano cioè dal mare <strong>–</strong> tramite il Po <strong>–</strong> verso la terraferma;il “Naviglio di Paderno” dove la genialità di Leonardo permisela parziale navigabilità dell’Adda; il “Naviglio Martesana”, suanaturale continuazione, che penetrava fin nel centro di Milano; il“Ticinese” proseguimento del Naviglio Grande che collega Milano aPavia e riconsegna le sue acque al “fiume blu”; il canale Villoresi,asse di collegamento fra il Ticino e l’Adda.Ognuno ha una storia resa peculiare dalle caratteristiche morfologichedel territorio e dalle funzioni richieste, segnando in mododifferente le vicende umane delle popolazioni circostanti.I progressi tecnologici dell’Ottocento, che videro l’espansione deltrasporto pubblico grazie a treni, tram e diligenze, segnarono ilridimensionamento e la progressiva fine della mobilità fluvialeriservandola solo a piccoli spostamenti, mantenendo comunquel’importante ruolo nel settore agricolo.“La cerchia dei navigli” sta ritrovando oggi nuova vitalità soprattuttoin chiave turistica per merito dell’azione del Consorzio deiNavigli Lombardi (www.naviglilombardi.it) e del Consorzio deiComuni dei Navigli (http://www.consorzionavigli.it) che promuovonola riscoperta di aspetti tradizionali del territorio lombardo euna nuova vivibilità grazie anche alla salvaguardia ambientalegarantita dalle aree naturalistiche protette attraversate da questiantichi canali e supportata da nuovi servizi e infrastrutture.Il sogno di un’integrazione sinergica fra la mobilità quotidianaassicurata da ferrovie, autostrade e aeroporti con la mobilitàdolce fatta di navigazione e cicloturismo lungo le “alzaie” percorseun tempo dai cavalli che trainavano i barconi controcorrentenon è poi così lontano.I M M A G I N I39


Il 26 <strong>giugno</strong> la <strong>Filt</strong> Nazionale apre il suo nuovo sito web.Dopo molti anni era necessario ripensare a tutta la nostra comunicazione.Quella interna, quella stampata, verso i media e oggi quella via web.Abbiamo progettato un sito che punta ad avere tre aree di comunicazione: le notizie, che occuperanno grande spazio nella home page e che avranno il compito di raccontaree far conoscere cosa avviene nei trasporti ed i fatti che coinvolgono le opinioni/iniziative della <strong>Filt</strong>. l’informazione sindacale, che vuole raccontare il lavoro del sindacato <strong>–</strong> dai rinnovi dei contratti allevertenze <strong>–</strong> provando ad essere anche un archivio accessibile su contratti e norme di legge. un’area riservata che fornisca alle nostre strutture in tempo reale quel materiale utile all’attivitàsvolta al centro ed in periferia.Un sito flessibile e dinamico, che cercherà quindi di rinnovarsi ed aggiornarsi nel tempo.I primi mesi saranno come un work in progress online.Servirà l’impegno nostro e l’aiuto di tutti coloro che lo utilizzeranno.NOSTOPRESPONSABILE DI REDAZIONE Vittoria SCORDOGRUPPO DI REDAZIONE Guido BARCUCCI, Luca STANZIONEPROGETTO GRAFICO ORIGINARIO Armando Artibio FANFONI - RESTYLING URAKEN GraphixRedazione Via Morgagni 27 - 00161 Roma - Tel. 06.440761Contatti mail: nostop@filtcgil.it - i numeri arretrati sono consultabili su: www.filtcgil.itSupplemento al n°4 <strong>giugno</strong> <strong>2013</strong> de “Il lavoro nei trasporti” Mensile della FILT-CGIL nazionale Direzione/Amministrazione EDITRICE EDITRASPORTIVia Morgagni 27 - 00161 Roma Iscritto al n°92/82 del Registro Pubblicazioni periodiche del Trib. di Roma il 10/3/82 Testata registrata presso il RegistroNazionale della Stampa Direttore Responsabile Paolo Serventi Longhi Sped. in abb. postale c26 art.20 lett. B art.2 della legge 23/12/96 n° 662 RomaChiuso in tipografia: 12 <strong>giugno</strong> <strong>2013</strong> BINE EDITORE - Corso di Porta Vittoria 43, MilanoVideoimpaginazione e fotolito PRG Via Gaffurio 2, Milano - info@prgfotolito.it - Graphic Artist: Roberto Ambrosioni


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