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servizio “scudo fiscale” attività detenute all'estero - Banca di Piacenza

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4PANINI,UN ALTROAUTORITRATTOon avevo mai notatoche il volto <strong>di</strong> A-“Nlessandro, nel <strong>di</strong>pinto donatonel 1719 da GianPaolo Panini all’Accademia<strong>di</strong> San Luca a Roma,in occasione della sua aggregazione,somiglia all’autoritrattoinserito nel “Granfestino” del Louvre, eseguitopoco dopo il 1720. E’una presenza che documental’alta stima che l’artistaaveva <strong>di</strong> sé (Alessandroè il vincitore) e lo sfizio<strong>di</strong> comparire <strong>di</strong> personainvece <strong>di</strong> firmare”.Così ha scritto il prof.Fer<strong>di</strong>nando Arisi (il maggiorstu<strong>di</strong>oso dell’artistapiacentino, com’è noto) suPanorama arte, illustrandouno dei <strong>di</strong>pinti espostialla Mostra organizzatadalla <strong>Banca</strong>. Che ha cosìcontribuito, anche, a scoprireun altro autoritrattodel Panini, oltre a quello –richiamato nello scrittodel prof. Arisi – che comparein un quadro del Louvree che è stato riprodottosulla copertina del catalogodella Mostra <strong>di</strong> PalazzoGalli che viene omaggiatoad ogni visitatore.BANCAPANINI, PALAZZO GALLI E«Un’iniziativa dall’indubbioi potrebbe <strong>di</strong>re <strong>Piacenza</strong> e laS <strong>Banca</strong> che ne porta il nome,<strong>Piacenza</strong> e Gian Paolo Panini:una storia che si intreccia e chelega, in circostanziate vicende,architettura, pittura, economiae che si è <strong>di</strong>sciolta in molti capitoli,l’ultimo dei quali è la riapertura<strong>di</strong> Palazzo Galli el’esposizione nelle sue sale <strong>di</strong>alcuni straor<strong>di</strong>nari capolavoridel pittore piacentino. Un’intesa,<strong>di</strong>rei, fra modernità e tra<strong>di</strong>zioneche porta la <strong>Banca</strong> <strong>di</strong> <strong>Piacenza</strong>a ridare funzione e vitalitàad un antico palazzo nobiliaree ad aprirlo nel nome <strong>di</strong>un artista che ha messo al centrodella sua pittura la gran<strong>di</strong>ositàdell’e<strong>di</strong>ficare classico, lasolennità dei colonnati e degliarchi, delle geometrie e dellerovine, l’eleganza degli or<strong>di</strong>niarchitettonici all’interno <strong>di</strong> unanatura che <strong>di</strong>ventava confortoed estasi per l’umano operare eper l’intellettuale riconoscimento<strong>di</strong> una grandezza costruttivaelevata a simbolo.Palazzo Galli che, pur nell’ampioe documentato volumeA.M. Matteucci (I Palazzi <strong>di</strong><strong>Piacenza</strong> dal barocco al neoclassico,Torino 1979) avevaavuto una breve citazione inappen<strong>di</strong>ce, ritrova con il restauro,la riapertura e le suenuove funzioni, una sua specificasolistica importanza, inquel coro <strong>di</strong> e<strong>di</strong>fici nobiliari,che rendono particolare la filigranaurbana della città, con lesue cortine murarie d’autore,eleganti ferri battuti e scaloni,porticati, giar<strong>di</strong>ni semi nascosti,e stucchi e decorazioni pittoriche.Forse il meglio che<strong>Piacenza</strong> possa esibire dopol’architettura romanico-goticae farnesiana, dopo le palpitantie forti immagini <strong>di</strong> Pordenone,Ludovico Carracci e Guercino.E così questo palazzo, situatonella Parrocchia dei SS. Giacomoe Filippo che, già nellametà del XVII secolo, risulta <strong>di</strong>proprietà Raggia, famiglia <strong>di</strong>mercanti <strong>di</strong> probabile origineligure, entra a pieno titolo nellastoria dell’e<strong>di</strong>lizia nobiliarepiacentina.Il 28 ottobre 1678 CarloRaggia ottiene dai Farnese lapatente <strong>di</strong> nobiltà semplice e lacostruzione del palazzo <strong>di</strong>ventasimbolo dell’avvenuta promozionesociale e della prosperitàraggiunta negli affari,tanto che nel 1716, in un Inventariodei Beni <strong>di</strong> Casa Raggia,l’e<strong>di</strong>ficio viene descritto condovizia <strong>di</strong> particolari, compresele pitture murali della saladel primo piano raffiguranti leStorie <strong>di</strong> Giulio Cesare e le I<strong>di</strong><strong>di</strong> Marzo eseguite dal pittoreGiovanni Ghisolfi (1632-1683).In data 7 aprile 1767, quasi unsecolo dopo, il palazzo viene acquistatodal Conte Carlo Galli, governatore<strong>di</strong> Parma, e descritto come“una casa nobile con corti, pozzi,scuderia, rimessa, cantine edatri a<strong>di</strong>acenti”, una residenza dallatipologia ricorrente, ma che inogni e<strong>di</strong>zione proponeva particolaritàine<strong>di</strong>te.Alla famiglia Galli spetta il rifacimentodell’elegante facciatacon finestre allungate <strong>di</strong> gustolombardo ornate da cornici instucco e leggere ringhiere in ferrobattuto, oltrechè l’affresco sullavolta del salone al primo pianocon l’Apoteosi <strong>di</strong> Cesare, assegnatoa Giuseppe Milani (1716-1796). Sisa che il conte Carlo Galli era ancheraffinato collezionista, comerivela la ricca pinacoteca documentatada un Inventario del 5gennaio 1795.Anche il Ministro Moreau deSaint-Méry durante l’Amministrazionefrancese (1802-14) mise l’occhiosul palazzo chiedendo al governatore<strong>di</strong> <strong>Piacenza</strong> <strong>di</strong> metterlo asua <strong>di</strong>sposizione come alloggio.Era il 3 febbraio 1804.Il palazzo era ancora <strong>di</strong> proprietàdella famiglia Galli che lodetiene fino al 1872, anno in cui fuacquistato dalla <strong>Banca</strong> popolarePiacentina. Finisce così la sua destinazioneresidenziale. L’e<strong>di</strong>ficio24 ore ha pubblicato (oltre all’articolo che riproduciamo integralmente qua sotto, comparso sul dorsoculturale domenicale del quoti<strong>di</strong>ano economico) ampi stralci dell’articolo della SoprintendenteFornari Schianchi pubblicato in queste pagine.da 24 ore 13.01.’02L’IMPORTANZADEI DISEGNI DEL PANINIESPOSTI NELLA MOSTRAa Biblioteca Comunale <strong>di</strong> <strong>Piacenza</strong>possiede la prima testi-Lmonianza sicura dell’attività artistica<strong>di</strong> Gian Paolo Panini, unquaderno <strong>di</strong> <strong>di</strong>segno, del 1708,realizzato dal pittore quando aveva<strong>di</strong>ciassette anni, riduzione dei“Paradossi per praticare la Prospettiva”<strong>di</strong> Giulio Troili, pubblicatia Bologna nel 1683. Fu donatoverso il 1850 dal conte BernardoPallastrelli, il più autorevole rappresentantedella cultura storiograficapiacentina dell’Ottocento.Sono 28 stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> prospettiva chedocumentano la solida preparazioneteorica <strong>di</strong> un artista che si affermògiovanissimo, a Roma, comepittore <strong>di</strong> capricci architettonici edecorativi, chiamato ad insegnarepresso l’Accademia <strong>di</strong> Francia aRoma, dove ebbe alcuni illustri allievicome il Robert e il Fragonard.Il trattato del Troili non erautilizzato soltanto dai pittori, maanche dai militari <strong>di</strong> artiglieria,perché in appen<strong>di</strong>ce c’era un capitoloa loro riservato (il generalepiacentino conte Felice Gazzolane possedeva due copie).


A flashE LA BANCA DI PIACENZAbio respiro internazionale»ESPOSTO ALL’INGRESSO DELLA MOSTRAANCHE UN CAPOLAVORO DEL PICCIODI PROPRIETÀ DELLA BANCAno dei <strong>di</strong>pinti <strong>di</strong> maggiore impegno <strong>di</strong> Giovanni Carnovali,Udetto il Piccio (Montegrino, Luino, 1804 – Coltaro sul Po,1873), appartiene da quasi mezzo secolo alla <strong>Banca</strong> <strong>di</strong> <strong>Piacenza</strong>.Rappresenta “Aminta baciato da Silvia” (olio su tela, cm.195x256), e non la “Morte <strong>di</strong> Aminta”, come si continua a scrivere.Segnalato da Ciro Caversazzi nel 1897 in “L’arte a Bergamo el’Accademia Carrara”, fu esposto nel 1909 a Milano, alla Permanente,nella mostra della pittura lombarda del secolo XIX, e poinell’antologia <strong>di</strong> Cremona del 1929, in quelle <strong>di</strong> Bergamo del1952, nel Palazzo del Comune Vecchio, e del 1974 nel Palazzo dellaRagione. Fu esposto ancora recentemente perché non c’è mostradel Piccio nella quale “Aminta baciato da Silvia” possa essereignorato. Commissionato verso il 1835 dal cremonese FortunatoTurina, dai Turina pervenne in ere<strong>di</strong>tà ai conti Anguissola d’AltoèCremona e da questi alla <strong>Banca</strong> <strong>di</strong> <strong>Piacenza</strong> (nell’occasionefui interpellato). Quando il <strong>di</strong>pinto fu sistemato, con luci opportune,sullo scalone della sede centrale della <strong>Banca</strong>, lo commentai in“Libertà” (5 agosto 1989) indugiando in particolare sul contenuto,nella speranza che non fosse più in<strong>di</strong>cato con titolo errato. IlPiccio illustra una scena dell’Aminta, “favola boschereccia” delTasso recitata il 31 luglio 1573 sull’isoletta del Belvedere, sul Po:Silvia crede che Aminta, suo innamorato non corrisposto, siamorto suicida per amor suo, ma lo trova invece solo graffiato dallasterpaglia, e stor<strong>di</strong>to, nel burrone dove si è gettato. Commossada tanta prova d’amore, lo abbraccia e lo bacia con passione, sottogli sguar<strong>di</strong> dell’amico Tirso, che lo sostiene tra le braccia, e <strong>di</strong>Dafne, la ninfa non più giovane che da tempo cercava <strong>di</strong> convincereSilvia, pu<strong>di</strong>ca e ritrosa, attenta solo alla caccia, a non negareil suo affetto all’innamoratissimo Aminta.Favola romantica recuperata in anni romantici, quando tornò <strong>di</strong>moda il Tasso, come documentano anche celebri <strong>di</strong>pinti <strong>di</strong> DomenicoMorelli. È la composizione più impegnativa del Piccio.Ricordo la sorpresa quando acquistai i tre volumi dell’“Enciclope<strong>di</strong>adella pittura italiana” <strong>di</strong> Galetti-Camesasca (Milano, Garzanti1951): delle quattro illustrazioni inserite nella voce Carnovalic’era l’Aminta, con il titolo errato <strong>di</strong> “Morte <strong>di</strong> Aminta”, duro a morire.Errato anche il titolo <strong>di</strong> un buon articolo <strong>di</strong> Elia Santoro in “LaProvincia” <strong>di</strong> Cremona del 27 agosto 1989, suggerito dal mio pubblicatoin “Libertà” qualche giorno prima: “E Aminta svenne soloper un bacio” (caso mai rinvenne, fu il bacio <strong>di</strong> Silvia che lo fecesentire vivo).Il giu<strong>di</strong>zio più pertinente sull’opera del Piccio è forse quello <strong>di</strong>Marco Valsecchi: “Il suo colore non è materia, è luce, che si <strong>di</strong>ffondee fa crepitare il quadro… è un pulviscolo luminoso sospesonell’atmosfera. Dove possiamo trovare un altro esempio <strong>di</strong> questapolpa luminosa se non nel Tiziano della vecchiaia, il più glorioso?Gli impressionisti, malgrado tutto, fanno sempre della luce un fattofisico, e nel giro <strong>di</strong> un decennio conducono in pittura persino glielementi della scienza ottica; invece il Piccio, continuando la tra<strong>di</strong>zioneitaliana, fa della luce un fatto poetico”.Fer<strong>di</strong>nando Arisisi arricchisce del pronao neoclassico,opera dell’ing. Giuseppe Perrau;la vasta <strong>di</strong>mora <strong>di</strong> quattro pianie 58 vani aggregata ad una casa<strong>di</strong> civile abitazione <strong>di</strong> 50 vani, postanel Cantone del Cappello, vienevenduta il 28 maggio 1919 alConsorzio Agrario. Dal 1936 la<strong>Banca</strong> <strong>di</strong> <strong>Piacenza</strong> aprì a PalazzoGalli la sua prima sede, ma soloora può aggregare con rinnovatefunzioni, la sua prima sede aglie<strong>di</strong>fici contermini, solennizzandonela riapertura con un omaggiosignificativo a Gian Paolo Panini,attraverso l’esposizione <strong>di</strong> alcuneopere del Maestro, provenientidalla romana Accademia<strong>di</strong> San Luca e dal prestigiosoMuseo dell’Hermitage <strong>di</strong> SanPietroburgo. Un incontro fracittà che hanno vissuto d’arte esi sono nutrite <strong>di</strong> cultura, la cuisintesi sarà testimoniata dauna storia ancora più antica,che si riattualizza soprattuttoper merito <strong>di</strong> Panini e <strong>di</strong> queipittori d’oltralpe che hanno fattodella Roma classica la loroprincipale fonte ispirativa. Ecosì nella teletta con Alessandroche visita il sepolcro <strong>di</strong>Achille, ambientata sullo sfondodella Piramide <strong>di</strong> Caio Cestio,la storia rende omaggio allastoria, in duplice versione.Alessandro Magno si reca allatomba <strong>di</strong> Achille, come a <strong>di</strong>reche i gran<strong>di</strong> riconoscono lagrandezza, e il gesto si consumaall’interno <strong>di</strong> gran<strong>di</strong>ose vestigiaromane. Un quadro, <strong>di</strong>soggetto storico, che il Paniniconsegna, nel 1719, per essereaccettato per merito all’Accademia.Il registro espressivo rimanelo stesso, ma cambianotonalità, luci e luoghi anche neiquadri successivi più maturi,nel <strong>di</strong>alogo delle figure fra lerovine, fino a quell’Archeologo(1749) che valuta un bassorilievoappena riemerso dagli scavi:un sistema visivo ineccepibile,una luce chiara che si stemperafra le colonne mentrenell’acqua baluginano i riflessi<strong>di</strong> una storia ideale, che riemergedalla terra e la fa <strong>di</strong> nuovogrande come sembra in<strong>di</strong>careil Marc’Aurelio (<strong>Piacenza</strong>,<strong>Banca</strong> <strong>di</strong> <strong>Piacenza</strong> – 1745/50)che si erge dal basamento michelangiolescocollocato alcentro della piazza del Campidoglio.Il Panini si pone qualetraduttore oggettivo e istantaneo,ma anche come ricompositore<strong>di</strong> una nuova reinventatastruttura urbana, non <strong>di</strong>sdegnandoil capriccio sulla scia <strong>di</strong>Antonio Bellotto e degli altriveneziani del Settecento.Di grande rilevanza sonoinoltre le due tele provenientidal Museo dell’Hermitage <strong>di</strong>San Pietroburgo, opere ine<strong>di</strong>tee sconosciute raffiguranti l’Internodella Chiesa <strong>di</strong> San Pietroe l’Interno della Chiesa <strong>di</strong> SantaMaria Maggiore, per la primavolta esposte in Italia, raffinatie preziosi cammei che arricchisconoulteriormente il corpusdel pittore piacentino ed il cuiprestigioso prestito viene a coronarequesta iniziativa culturaleconferendole un indubbiorespiro internazionale.Lucia Fornari SchianchiSoprintendente per il Patrimonio Storico,Artistico e Demoetnoantropologico<strong>di</strong> Parma e <strong>Piacenza</strong>La Mostradel Paniniè statasegnalataanche sulprestigiososito Internetdell’Ansadestinatoagli eventiculturali5PERCHÉ PANINI(E NON, PANNINI)Molti visitatori della Mostra<strong>di</strong> Palazzo Galli hannonotato che le targhette deiquadri dell’Accademia <strong>di</strong> SanLuca recano il cognomedell’autore scritto con due “n”(Pannini). Il catalogo reca inveceil cognome scritto conuna “n” sola (Panini).La <strong>di</strong>zione giusta è quest’ultima,e ad essa la nostra<strong>Banca</strong> s’è riferita su in<strong>di</strong>cazionedel Comitato scientificodella Mostra. La prova chequella con una sola “n” è lagrafia giusta, si trova nella Mostrastessa: come già a suotempo rilevò in uno stu<strong>di</strong>o inargomento il prof. Fer<strong>di</strong>nandoArisi, il maggior stu<strong>di</strong>osodell’artista piacentino, Paninifirmò con una “n” sola proprioil Quaderno dei <strong>di</strong>segni che siconserva alla Passerini Lan<strong>di</strong>e che è esposto alla Mostra, inuna particolare teca. Ma nonbasta. Sempre l’Arisi, ha rilevatoche i due atti notori chiestinel 1717 alla Curia <strong>di</strong> <strong>Piacenza</strong>da Roma per la <strong>di</strong>chiarazione<strong>di</strong> stato libero, riportanoripetutamente il cognome delPanini con l’“n” semplice. Cosìpure, l’artista firma con una“n” sola i verbali della stessaAccademia <strong>di</strong> San Luca, dal1718 al 1765; e se firma un <strong>di</strong>pinto,lo firma con una “n” sola.Ancora oggi, del resto, a<strong>Piacenza</strong> esiste il cognome Panini,mentre non compare alcunPannini.Ma perché l’equivoco, allora?Lo creò l’atto <strong>di</strong> battesimo,conservato nell’Archivio <strong>di</strong>Santa Brigida. Qui il cognomedell’artista è in effetti scrittocon due “n”. Ma vi rime<strong>di</strong>ò Paninistesso in vita, come visto.BANCA flashè <strong>di</strong>ffusoin 15milaesemplari


6BANCA flashNUMEROSI I PIACENTINI CITATI NEL LIBRO-STRENNA SUGLI OROLOGILa copertina del volumesare all’orologio e alla meri<strong>di</strong>ana <strong>di</strong>Piazza Cavalli, sulla facciata del Palazzodel Governatore: l’orologioproviene dal Gotico mentre il calendarioperpetuo e la meri<strong>di</strong>ana vi sonostati collocati nel 1793 e sonoopera dello scienziato concitta<strong>di</strong>noGian Francesco Barattieri. Scorrendole pagine <strong>di</strong> questo volume nonvi si trovano i due casi appena citati,ma però si ha la possibilità <strong>di</strong> avereil contesto storico entro cui si sonosviluppati.L’opera, che ha come sottotitolo“orologi del passato in collezioniprivate”, è stata curata da ElisabettaBarbolini Ferrari con la collaborazione<strong>di</strong> Giorgio Boccolari, RobertaIotti e Pierdario Santoro; le fotografiesono <strong>di</strong> Augusto Bulgarelli. Ilpiano del volume: gli autori passanoin rassegna la storia della misurazionedel tempo, dalle origini alsecolo scorso, soffermandosi poisulla passione per gli orologi citandoalcuni casi <strong>di</strong> committenza e <strong>di</strong>collezionismo tra passato e presente.Un intero capitolo è de<strong>di</strong>cato al-DUE VOLUMI PER GLI AMMINISTRATORICONDOMINIALI CORRENTISTIa copertina dei due interessanti volumi che – messi a <strong>di</strong>sposizionedella nostra <strong>Banca</strong> dalla Confe<strong>di</strong>lizia – sono stati inviati aLtutti gli amministratori condominiali correntisti dell’Istituto. Altriinteressati possono farne richiesta all’Ufficio Relazioni Esterne dellanostra sede centrale, fino ad esaurimento delle copie <strong>di</strong>sponibiliisurare il tempo” è il titolo“M del volume strenna delCo.Ba.Po., il consorzio delle banchepopolari, con il quale la <strong>Banca</strong> <strong>di</strong><strong>Piacenza</strong> ha salutato il 2002. E’ un librostrenna <strong>di</strong> grande prestigio e<strong>di</strong>toriale,ma, come sempre, è anchestrettamente legato agli interessiconcreti dell’uomo della nostra terra.Non solo un libro da scaffale.L’opera, proponendo la storia dell’orologio,non può non lasciarci intravvedereanche la nostra culturache da sempre ha sentito il problemadella misurazione del tempo.Nel ripercorrere questa storia comenon pensare ai tempi in cui, per lanostra società, tra<strong>di</strong>zionalmenteconta<strong>di</strong>na, il sole ha sempre scan<strong>di</strong>tola giornata della gente padana. E’vero che sul finire del me<strong>di</strong>oevo,quando si è abbandonata la meri<strong>di</strong>ana,che si affidava per le sue misurazionial sole, si è passati a meccanismiin grado <strong>di</strong> funzionare conqualunque stagione; le ore si eranoliberate dalla sud<strong>di</strong>tanza solare, malo scorrere della giornata, dei mesie degli anni è sempre stato collegatoai ritmi della natura.Solo ultimamente la nostra società,con i nuovi orologi <strong>di</strong>gitali econ ritmi del tutto artificiali, perquanto riguarda la misurazione deltempo, ha voltato pagina. Qualchedecennio fa in un importante paesedella provincia <strong>di</strong> <strong>Piacenza</strong> la popolazionesia dell’abitato che delle cascinevicine si era accordata permontare sul campanile un orologiocon i quadranti rivolti ai quattropunti car<strong>di</strong>nali. Ma i citta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> unsettore non si sono trovati d’accordocon gli altri, hanno avuto un ripensamento,e così quel campanile in<strong>di</strong>cale ore solo da tre parti.Non solo storie <strong>di</strong> paese, ma ancheinterventi prestigiosi. Basti penlependole neoclassiche, autenticheregine del tempo <strong>di</strong> cui ci viene presentatoun ricco repertorio fotografico.Ma tutto il libro è riccamenteillustrato e questo è importante vistoche negli ultimi secoli i committentinon si accontentavano <strong>di</strong> acquistareo regalare orologi precisi,ma li volevano anche belli. Basti ricordareche in ossequio alla modafrancese <strong>di</strong> regalare orologi, vienecitata tra i committenti <strong>di</strong> orologiartistici anche Maria Luigia d’Austria,la sovrana che resse il nostroducato dal 1815 al 1847. Era, quellodonato dalla duchessa, “un orologio<strong>di</strong> grazia squisita, in stile Impero ebronzo dorato, abbellito da un piccoloAmore che da sopra la cassarettangolare si sporge per baciarela mano e una bella Psiche dallosguardo pu<strong>di</strong>co e rivolto verso ilbasso”.Storia <strong>di</strong> un’arte e <strong>di</strong> una scienza,ma anche storia <strong>di</strong> uomini. Il librocontiene pure un documentatoelenco <strong>di</strong> orologiai importanti dellaregione e tra questi una quarantinasono piacentini. Si tratta <strong>di</strong> artigianiche si sono <strong>di</strong>stinti negli ultimi secolinel loro lavoro. Ne citiamo solo alcuni,ma è un capitolo della nostrastoria da approfon<strong>di</strong>re. Luigi Barozzinel 1833 costruì il nuovo orologiodella torre del nostro duomo; AlbertoCalciati era il parroco della chiesa<strong>di</strong> San Paolo a <strong>Piacenza</strong> e nel1547 ebbe l’incarico <strong>di</strong> restaurarel’orologio pubblico <strong>di</strong> Reggio Emilio;Evangelista Giovanni nel 1444costruì l’orologio pubblico <strong>di</strong> Bologna.Il libro cita altri nostri concitta<strong>di</strong>niche nei secoli si sono <strong>di</strong>stintinella scienza della misurazione deltempo: Giuseppe Albani (primametà dell’Ottocento), Enrico Aspetti(intorno al 1879), Andrea Avanzi(1877 circa), Antonio Baderna (secondametà dell’Ottocento), RomeoBaldazzi (seconda metà dell’Ottocento),Antonio Barba (1776), Gaetanoe Giuseppe Barba (prima metàdel XIX secolo), Andrea Bonadè(seconda metà del XIX secolo)Gian Antonio Boneto (1538), AndreaGiovanni Bottini (secondametà del Settecento), Giacomo Buscarin(seconda metà del XIX secolo),Vincenzo Caccialupo (1549),Francesco Carmeli (1876), AlessandroCasalino (metà del XVI secolo),Guido Ferrari (prima metàdell’Ottocento), Giuseppe Fiorani(seconda metà dell’Ottocento), AntonioMezzano (seconda metà delTrecento), Erminio Lucca (1870),Francesco Sidoli (1876), AlbertoTorelli (1876), Sebastiano Tramelli(fine del XVI secolo), Antonio Trivio(inizio del XV secolo), EnricoVerderi (1870), Timoteo Zerbinato(1879), Giuseppe Ziliani (1850) eVincenzo Zilocchi (1876). Un gruppo<strong>di</strong> artigiani-artisti che ci ricordanoche anche in questo settore <strong>Piacenza</strong>ha svolto un ruolo che merita<strong>di</strong> essere ricordato.Fausto FiorentiniREGOLAMENTODIPENDENZEBANCA POPOLAREPIACENTINAornando a Palazzo Galli (ovenacque nella prima metàTdel secolo scorso), la nostra<strong>Banca</strong> è tornata anche nellasede della <strong>Banca</strong> Popolare Piacentina(attiva nella nostra terradal 1867), <strong>di</strong> cui la <strong>Banca</strong> <strong>di</strong><strong>Piacenza</strong> è la <strong>di</strong>retta continuazione.Nell’occasione, il dott.Massimo Massoni ha fatto donoall’Istituto del Regolamento delle<strong>di</strong>pendenze della vecchia <strong>Banca</strong>popolare (ed il cui consigliol’approvò nel 1928).Le <strong>di</strong>pendenze si <strong>di</strong>stinguevanoallora in Succursali, Agenzie<strong>di</strong> 1°, 2° e 3° grado e Recapiti,in relazione all’entità dei depositie degli impieghi.Nel regolamento (sopra, lacopertina della pubblicazione)erano minuziosamente regolateanche le attribuzioni dei ComitatiLocali e delle Commissionidei Fiduciarii in materia <strong>di</strong> erogazionedel cre<strong>di</strong>to.Soci e amicidella BANCA!Su BANCA flashtrovate le notizieche non trovatealtroveIl nostro notiziariovi è in<strong>di</strong>spensabileper vivere la vitadella vostra <strong>Banca</strong>I clienti che desideranoriceverlo possono farnerichiesta alla Sede centraleo alla filiale con la qualeintrattengono i rapporti


BANCA flash7rati gaudenti, Magnani“F malpagati, Comari, Famigliforzuti ed altro ancora…”(naturalmente, in <strong>di</strong>aletto piacentino…).Questo il titolo della pubblicazione(<strong>di</strong>cui riproduciamola copertina) curata dall’avv.Franco Livera ed e<strong>di</strong>ta dalla<strong>Banca</strong>.Presentata nel corso <strong>di</strong>un’affollata riunione svoltasinella sala consigliare del Comune<strong>di</strong> Caorso (ed alla qualeè intervenuto anche il Presidentedell’Istituto), la pubblicazioneraccoglie storie in <strong>di</strong>aletto(<strong>di</strong> cui, comunque, èriportata anche la traduzione)tramandate per tra<strong>di</strong>zioneorale. “Le nostre ra<strong>di</strong>ci culturali– <strong>di</strong>ce l’autore nella prefazionedel volumetto – sono ungrande valore e spero cheanche questo lavoro possacostituire un piccolo contributoper non perderle, o per recuperarle”.La pubblicazione può essereritirata presso la filiale <strong>di</strong>Caorso dell’Istituto.Sopra, il logo dei contenitoripresenti in tutte le se<strong>di</strong> dellanostra <strong>Banca</strong> e nei quali (veri epropri salvadanai) vengono raccoltele “ultime lire” che i clientivogliano donare alla ricercaper la lotta sul cancroL’AMARCORD IN BIANCO E NERO DI ROBERTO MORIIn libreria “<strong>Piacenza</strong> una città nel tempo”,dagli anni Cinquanta ad oggiiacenza ieri e oggi. Volti,P personaggi e storie della cittàche non c’è più e immagini,vicende e cronaca della <strong>Piacenza</strong><strong>di</strong> oggi. E’ questa la sintesidel quarto volume scritto dalgiornalista Roberto Mori, <strong>Piacenza</strong>una città nel tempo (Tipleco),con l’in<strong>di</strong>spensabile contributodei fotografi Maurizio Cavallonie Prospero Crave<strong>di</strong>. Oltrequattrocento pagine <strong>di</strong> immaginie testi che hanno lo scopo<strong>di</strong> testimoniare come siamocambiati, ma soprattutto com’ècambiata negli anni questa cittàtra piccole storie quoti<strong>di</strong>ane egran<strong>di</strong> eventi. Non è facile racchiuderein un volume <strong>di</strong> caratterestorico gli ultimi trent’anni(sono troppo vicini a noi) e RobertoMori, saggiamente, non siavventura lungo una strada forsetroppo scoscesa, ma ha la capacità<strong>di</strong> <strong>di</strong>vulgare gli episo<strong>di</strong>che hanno caratterizzato <strong>Piacenza</strong>dal Sessanta in poi. Nondà giu<strong>di</strong>zi (se ne guarda bene) eil volume si trasforma in un piacevoleamarcord per riscoprirefatti e vicende <strong>di</strong> ieri: dal boomeconomico all’espansione urbanistica,dalla crescita industrialealla cultura del recupero urbano.E poi il grattacielo deiMille, le nuove strade <strong>di</strong> periferia,il vecchio sta<strong>di</strong>o <strong>di</strong> barrieraGenova, gli appuntamenti e leestati in Valtrebbia. Ci sono ancheMamma Rosa con le sue visionimistiche a San Damiano,la città coi pugni in tasca cheguarda – sorpresa – i fatti delSessantotto, l’Austerity degli anniSettanta e i gran<strong>di</strong> restauridei Mochi e del Teatro Municipale,le alluvioni del Po e la trage<strong>di</strong>adel “Pendolino”.Mori, con il mestiere e con lospirito <strong>di</strong> osservazione che glisono propri, ritrova luoghi e voltiin una composita e variegatagalleria <strong>di</strong> personaggi. Ci sono ivari sindaci che hanno amministratola città: Cerlesi, Menzani,Spigaroli, Ghillani, Trabacchi,Pareti, Benaglia, Anna Braghieri,Gran<strong>di</strong>, Vaciago e Guidotti. Alcuni<strong>di</strong> essi accanto a illustri ospitiche hanno nobilitato <strong>Piacenza</strong>:Papa Giovanni Paolo II e i presidentidella Repubblica SandroPertini, Francesco Cossiga eOscar Luigi Scalfaro. Non solo,spiccano personaggi piacentiniAGGIORNAMENTOCONTINUOSULLA TUA BANCAwww.banca<strong>di</strong>piacenza.itin un brin<strong>di</strong>si tutto particolare:gli e<strong>di</strong>tori <strong>di</strong> “Libertà” Ernesto eMarcello Prati, i giornalisti VitoNeri e Sabino Laurenzano e il tenoreFlaviano Labò, in occasionedell’ad<strong>di</strong>o al “Barino” <strong>di</strong> PeppinoVeneziani nell’ottobre del1972, dopo 47 anni <strong>di</strong> gestione. Eancora, il regista Marco e loscrittore Piergiorgio Bellocchio,il sociologo Francesco Alberoni,il presidente del <strong>Piacenza</strong> CalcioLeonardo Garilli, i car<strong>di</strong>naliAgostino Casaroli ed Ersilio Tonini,lo stilista Giorgio Armani.E poi tanti altri personaggipiù o meno noti, i luoghi <strong>di</strong> ritrovoche hanno fatto epoca, leprime minigonne, le osterie e letra<strong>di</strong>zioni popolari quasi a volerchiudere un cerchio che perònon si chiude. Il finale è aperto:c’è ancora tanto e molto da scriveresu questa città che Mori hapreso per mano cinque anni facon il primo volume de<strong>di</strong>cato alla<strong>Piacenza</strong> tra la fine dell’Ottocentoe i primi anni del Novecento,e poi con gli altri volumisul fascismo e la guerra, gli annidella ricostruzione e il boomfino ad oggi. Quattro libri checostituiscono un vero e propriofilm su <strong>Piacenza</strong>.Mauro MolinaroliCalendari 2002ue dei calendari 2002 curatiDdalla nostra <strong>Banca</strong>. Quello <strong>di</strong>Farini è stato e<strong>di</strong>to unitamente alComune. Riporta immagini storiche,oltre che del capoluogo e delmonte Aserej, <strong>di</strong> Pradovera, Groppallo,Montereggio e Mareto. Incopertina, la Cappella votiva <strong>di</strong>Montereggio fotografata nell’invernodel 1969 da Gianni Gaudenzi,che proprio nel calendario è “concommozione e gratitu<strong>di</strong>ne” ricordatocome il “fotocronista chequasi per mezzo secolo ha de<strong>di</strong>catoil suo lavoro, eseguito con mirabilearte e de<strong>di</strong>zione, alla Valnure”.UN MODULO-QUESTIONARIOPER TUTTI I CLIENTILa prima pagina del moduloquestionarioche i clienti trovanoin tutte le se<strong>di</strong> della <strong>Banca</strong>,accanto ad appositi contenitorinei quali vanno imbucati.L’Amministrazione della <strong>Banca</strong>invita tutti i clienti a servirsi delmodulo in questione per segnalarenecessità o inoltrare suggerimentie ringrazia sin d’oradella preziosa collaborazione.Il calendario <strong>di</strong> Fiorenzuola èstato e<strong>di</strong>to unitamente alla localePro loco. Presentato dal presidentedella stessa Giancarlo Cremonesi,pubblica le fotografie <strong>di</strong> non<strong>di</strong>menticati concitta<strong>di</strong>ni e una dei“giovanotti” del 1892 durante unariunione tenuta nel 1963.


8CONSORZIO AGRARIODI PIACENZACAFFÈ-NEGOZIOA BERLINOompie 100 anni. E, per l’occasione,esce dai confini ita-Cliani lanciando i punti alimentarimulti<strong>servizio</strong>, il primo deiquali sarà aperto quest’anno, aBerlino. Si tratta dell’ultima iniziativainnovativa per l’Italia, edalla quale partecipa anche lanostra <strong>Banca</strong>, del Consorzioagrario <strong>di</strong> <strong>Piacenza</strong>: questi localihanno, infatti, una fisionomianuova, che nasce dal mix tra zonaristorazione-bar-caffetteria enegozio <strong>di</strong> prodotti italiani connotatida tipicità, trasparenza equalità. In questi locali, che porterannol’insegna KeyCap, collocatinel centro delle principalicittà italiane ed europee, i turistie i consumatori locali potrannoacquistare i prodotti e farselispe<strong>di</strong>re a casa. Il primo puntoven<strong>di</strong>ta, che sarà aperto a Berlino,nei pressi del Chek PointCharlie, si svilupperà su 500 mq<strong>di</strong> superficie, con un arredo eun’immagine prettamente italiane.Offrirà un’accoglienza <strong>di</strong>versificatanell’arco dei vari momentidella giornata (l’orariosarà dalle otto <strong>di</strong> mattina all’una<strong>di</strong> notte), con servizi <strong>di</strong> bar-caffetteriae ristorazione italiana.Al pubblico <strong>di</strong> potenziali clientiil KeyCap proporrà una quarantina<strong>di</strong> prodotti tipici del paniereagroalimentare italiano, concirca un migliaio <strong>di</strong> referenze. Ilfatturato atteso è <strong>di</strong> circa 2,5 milioni<strong>di</strong> euro. Tutti i prodotti,inoltre, saranno contrad<strong>di</strong>stintida un’etichetta elettronica brevettata(Friend Label) che consentirà<strong>di</strong> ricostruire la rintracciabilità<strong>di</strong> filiera. Quin<strong>di</strong> saràpossibile conoscere tutta la storiadella singola partita <strong>di</strong> prodottovenduta nel KeyCap e lalettura potrà essere effettuatasia prima dell’acquisto, sia dacasa, tramite Internet. Un <strong>servizio</strong>che è nato per rispondere alletante domande che il consumatore,soprattutto quello straniero,si pone sui temi della sicurezzae della qualità dei prodottialimentari. Problemi a cuiuna struttura come il Consorzioagrario <strong>di</strong> <strong>Piacenza</strong> (7 mila socie 61 milioni <strong>di</strong> euro <strong>di</strong> fatturato)può dare piena risposta, vistoche nei suoi Plus c’è il governodella materia prima, cioè la fasepiù delicata <strong>di</strong> tutta la filiera alimentare.LA NOSTRAPUBBLICITÀSIETE VOIBANCA flashATTENTI AI CONSIGLI DI SCONOSCIUTIer evitare truffe, si invita a non accettare consigli da parte <strong>di</strong>P sconosciuti e soprattutto a <strong>di</strong>ffidare <strong>di</strong>:- persone che si qualifichino come operatori finanziari e bancariproponendo <strong>di</strong> cambiare libretti <strong>di</strong> assegni o carte <strong>di</strong> pagamento;- persone che si propongano <strong>di</strong> effettuare il cambio <strong>di</strong> contanti e <strong>di</strong>assegni offrendo, in tal modo, la possibilità <strong>di</strong> evitare code pressosportelli bancari.Al verificarsi <strong>di</strong> tali eventi, è opportuno informare le locali Forzedell’or<strong>di</strong>ne.CuriositàSI DICE EURO, ANCHE AL PLURALEIl perchè lo ha spiegato l’Accademia della Cruscal plurale ufficiale <strong>di</strong> euro è, in lingua italiana, invariabile e quin<strong>di</strong>si deve <strong>di</strong>re un euro, due euro e così via, fino a tanti euro. Que-Ista è l’opinione dell’Accademia della Crusca, che così ha decisodopo avere in un primo momento preso tempo, per poter <strong>di</strong>scuterela questione al proprio interno. Le ragioni sono state spiegatedal linguista Francesco Sabatini, in un preciso articolo pubblicatosu “La Crusca per voi”, Foglio dell’Accademia fiorentina.La premessa è che “per giu<strong>di</strong>care dei fatti <strong>di</strong> lingua, non bastarifarsi alle regole della pura grammatica, ossia al “meccanismointerno” del sistema linguistico: occorre conoscere anchei “meccanismi della comunicazione”, che sono altra cosa, perchétengono conto anche <strong>di</strong> circostanze extralinguistiche”.Le ragioni. La prima – continua il linguista – è che l’in<strong>di</strong>spensabileunicità della forma della parola sulle monete devefare, e finirà col fare, da punto <strong>di</strong> riferimento anche per l’usocomune, parlato e scritto. Questo potrebbe accadere anche inquegli ambiti nazionali nei quali è stata autorizzata la formaflessa. La seconda è che nella nostra lingua esistono vari nomimaschili invariabili al plurale, non solo tra quelli monosillabici(il re / i re) o in – a (il sosia / i sosia), ma anche tra quelli consingolare in – o: come video e au<strong>di</strong>o, parole comunissime (entratein italiano nel 1953, <strong>di</strong>rettamente dall’inglese, anche se risalential latino). Anche queste non sono nate per accorciamento<strong>di</strong> altre parole, non sono cioè prefissoi<strong>di</strong> (del tipo frigo da frigorifero),ma sono, come euro, vere parole autonome.L’E-MAIL HA COMPIUTO TRENT’ANNIe-mail ha compiuto trent’anni. L’inventò nel 1971 in unL’ laboratorio del Massachussets un ingegnere americano,Ray Tomlison, sconosciuto ai più, ma che oggi dovrebbe essereconsiderato una sorta <strong>di</strong> Guglielmo Marconi dell’era informatica.Se non altro perché ha innescato un trend sempre più<strong>di</strong>lagante. Tomlison va tra l’altro ringraziato per la chioccioladegli in<strong>di</strong>rizzi elettronici: proprio lui introdusse per primoquello strano segno nel novembre del 1971, quando lavoravaa un programma <strong>di</strong> messaggistica chiamato “Sndmsg” nei laboratoridella Bolt Beranek and Newman (Bbn), una compagniaa cui il Pentagono aveva commissionato la costruzione <strong>di</strong>Arpanet, la ru<strong>di</strong>mentale rete <strong>di</strong> computer poi sfociata in Internet.L’ingegnere non ricorda però il giorno fati<strong>di</strong>co del primoe-mail. Ed è vago anche su altri dettagli: “Ho mandato via uncerto numero <strong>di</strong> messaggi <strong>di</strong> prova a me stesso da una macchinaall’altra. Cose <strong>di</strong> nessun conto. Molto probabilmente –rievoca – il primo messaggio fu “qwertyujop” e cioè la primariga della tastiera americana”. Al momento non si rese contoche il suo piccolo passo rappresentava un enorme balzo inavanti per la nascente era informatica. Era quella una fasepreistorica. Arpanet collegava in tutto quin<strong>di</strong>ci computer <strong>di</strong>slocatiper lo più in alcune università americane. Nessunocontesta l’importanza dell’evento: considerato che ogni giornotransitano su Internet <strong>di</strong>eci miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> messaggi elettronicida persona a persona. Trent’anni dopo, il “Marconi dell’erainformatica” è tuttora alla Bbn. Fa l’ingegnere capo. Da alloraad oggi si è occupato un po’ <strong>di</strong> tutto, dagli standard <strong>di</strong> comunicazionesu Internet ai supercomputer. E non sa se avrà unposticino nella storia “perché – sostiene – il ritmo del progressoha avuto un’accelerazione tremenda e molti progressi vengonomessi nel <strong>di</strong>menticatoio dai successivi”.CECCO, CAROLINAE L’EUROAlla Famiglia Piasinteinauna comme<strong>di</strong>a <strong>di</strong>alettalesulla moneta unica europeaetti una sera, in Famiglia,M le antiche sale, gli stucchi,gli specchi, la gente, il RazdurAnelli e il <strong>di</strong>aletto nostro checattura l’attenzione del pubbliconumeroso. Si recita a soggetto.Malett i sod, verrebbe da <strong>di</strong>re,ma stavolta non c’entranoCarella o Faustini, perché siparla <strong>di</strong> euro, nella comme<strong>di</strong>a<strong>di</strong>alettale Cecco, Carolina e l’euro,voluta e promossa dall’Istitutoe interpretata con bravurada Giuseppe Spiaggi e AliceBazzani, attori non professionistima ugualmente in grado <strong>di</strong><strong>di</strong>vertire il pubblico, quando sitratta <strong>di</strong> muoversi sul palco e <strong>di</strong>fare i conti con le espressionipiù esilaranti e significative del<strong>di</strong>aletto <strong>di</strong> casa nostra. SiaSpiaggi che la Bazzani sprigionanouna simpatia imme<strong>di</strong>ata eautentica, tra gag, battute eneologismi alla piacentina. Idue propongono con ironia egarbo un quadretto familiareche immortala reazioni, <strong>di</strong>fficoltàe paure più che giustificateche molti piacentini (ma nonsolo) vivono in questo periodo:tassi <strong>di</strong> conversione, centesimie guai con la spesa. Talento esimpatia per un rassicurantemessaggio finale: con l’aiutodel bravo e attento ragionieredella banca, anche lo scoglioauro (così si ostina a definirel’euro la protagonista) vienesuperato. E poi l’applauso delpubblico, le luci che si spengonoe il sipario che cala su Ceccoe Carolina, che in questi mesi,grazie alle numerose rappresentazioniprogrammate incittà e in provincia dall’istituto,hanno rappresentato un aiutoprezioso per affrontare con ilgiusto ottimismo l’impatto conla moneta unica europea.BANCA flashperio<strong>di</strong>co d’informazionedellaBANCA DI PIACENZASped. Abb. Post. 70%<strong>Piacenza</strong>Direttore responsabileCorrado Sforza FoglianiImpaginazione, graficae fotocomposizionePublitep - <strong>Piacenza</strong>StampaTEP s.r.l. - <strong>Piacenza</strong>Autorizzazione Tribunale<strong>di</strong> <strong>Piacenza</strong>n. 368 del 21/2/1987

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