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UN CITTADINO DI CARCOSA.pdf

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TEORIA OLOGRAFICAtravestendo ogni cosa. Ero malato. Ricordo che erostato abbattuto da una febbre improvvisa e la miafamiglia mi aveva detto che nel delirio invocavo ariae libertà, così mi avevano legato a letto per evitareche fuggissi. Adesso avevo eluso la viglilanza di chimi sorvegliava arrivando fino a...dove mi trovavo?Non ne avevo idea. Ero chiaramente lontano dallamia città, l’antica e rinomata Carcosa. Nessun segnodi vita umana era visibile o udibile; niente fumo dicomignoli, abbaiare di cani, belare di greggi, schiamazzidi bambini, niente al di fuori di quel tetro cimiterocol suo alone di ignoto e terrore, ricreato forsedal mio stato mentale. Stavo di nuovo cominciandoa delirare e nessuno poteva aiutarmi? Era tutto fruttodella mia psicosi? Gridai il nome di mia moglie, deimiei figli, agitando le mani in cerca delle loro, camminandotra le lapidi rovinate e l’erba secca. Un rumorealle mie spalle mi fece voltare. Una lince selvaticasi stava avvicinando. Pensai: se dovessi crollarequi da solo, se mi tornasse la febbre o abbassassila guardia, diventerei il pasto di questa bestia. Leandai incontro urlando. Lei trotterellava tranquilla a10

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