ARCHEOMODERNITAS Rivista semestrale di Ineffabili fatti d'Arte nr.1 a cura dell'Associazione Ex Studenti dell'Accademia di Belle Arti
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STUDI E RESTAURO: Il Crocifisso sangallesco della chiesa<br />
<strong>di</strong> San Biagio a Petriolo a Firenze<br />
a <strong>cura</strong> <strong>di</strong> Mirella Branca<br />
RESTAURO: Il Crocifisso sangallesco della chiesa<br />
<strong>di</strong> San Biagio a Petriolo a Firenze<br />
Il libretto che descrive e commenta il restauro, finanziato dal Rotary Club Firenze<br />
Michelangelo, è stato Dato alle stampe nel 2011 e qui per la prima volta pubblicato<br />
on line<br />
Presentazione con interventi <strong>di</strong>:<br />
Giuseppe Betori<br />
Arcivescovo <strong>di</strong> Firenze<br />
Cristina Aci<strong>di</strong>ni<br />
Soprintendente per il Patrimonio Storico, <strong>Arti</strong>stico ed Etnoantropologico<br />
e per il Polo Museale della città <strong>di</strong> Firenze e, ad interim, dell’Opificio delle Pietre<br />
Dure<br />
Don Gilbert Shahzad<br />
Parroco <strong>di</strong> San Biagio a Petriolo<br />
Con contributi <strong>di</strong>:<br />
Mirella Branca<br />
Il Cristo ligneo <strong>di</strong> San Biagio a Petriolo<br />
Francesco Caglioti<br />
Il Crocifisso <strong>di</strong> San Biagio:<br />
da Antonio da Sangallo il Vecchio a suo nipote Francesco<br />
Si tratta <strong>di</strong> un’opera <strong>di</strong> altissimo livello <strong>di</strong> Francesco e Antonio da Sangallo eseguita<br />
negli Anni venti del secolo XVI in legno <strong>di</strong> tiglio <strong>di</strong> cm. 91x86 adorata nell’antica<br />
chiesa <strong>di</strong> S.Biagio a Petriolo, situata nei pressi dell’aeroporto fiorentino <strong>di</strong> Peretola. Il<br />
restauro del 2011, <strong>di</strong> cui non si ha molte tracce in rete, torna <strong>di</strong> attualità dopo il ben<br />
più reclamizzato, recente restauro (2014) del Crocifisso ligneo <strong>di</strong> Antonio (o Francesco)<br />
da Sangallo ubicato nella Cappella degli <strong>Arti</strong>sti (o <strong>di</strong> San Luca) nella Basilica<br />
della Santissima Annunziata <strong>di</strong> Firenze permettendo approfon<strong>di</strong>menti e confronti in<br />
tema <strong>di</strong> restauro.<br />
Questo intervento, in particolare, ha risolto tra l’altro e con straor<strong>di</strong>naria perizia, il<br />
conflitto tra esigenze <strong>di</strong> culto e problematiche del restauro scientifico.<br />
Spesso, in<strong>fatti</strong>, le immagini sacre risultano alterate da pesanti ri<strong>di</strong>pinture che, mentre<br />
impe<strong>di</strong>scono la fruibilità degli aspetti originali, finiscono per imprimersi nello<br />
sguardo dei fedeli provocando una sorta <strong>di</strong> mancato riconoscimento dell’oggetto della<br />
loro devozione una volta che questo sia restaurato. Il rigoroso lavoro <strong>di</strong> Stefano<br />
Garosi, cui ha collaborato la figlia Laura e Roberta Gori proprio come in una bottega<br />
antica,(eseguito sotto la <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> Mirella Branca e Lia Brunori della Soprintendenza<br />
Speciale per il Patrimonio Storico, <strong>Arti</strong>stico ed Etnoantropologico e per il Polo<br />
Museale della città <strong>di</strong> Firenze che ringraziamo per la gentile concessione della presente<br />
pubblicazione<br />
on line) ha permesso il recupero della quasi totalità dei valori sangalleschi ma ha<br />
anche spinto alla sistemazione <strong>di</strong> un "nuovo" ma allo stesso tempo "antico" perizoma<br />
sui fianchi della splen<strong>di</strong>da scultura in tiglio policromo.<br />
Il SIGNUM CRUCIS non è un semplice segno,<br />
ma ha in sé una valenza unica nella esperienza<br />
della fede, in quanto in esso si esprimono<br />
conograficamente due <strong>di</strong>mensioni fra loro<br />
umanamente inconciliabili come la morte e la<br />
vita, il patibolo e la vittoria.<br />
Il corpo <strong>di</strong> Gesù, il Verbo Incarnato, trasfigura<br />
con la sua persona e la sua vicenda storica<br />
quello che nella storia era identificato come<br />
il patibolo infamante. In quella morte offerta<br />
come dono <strong>di</strong> redenzione per l’umanità sta<br />
in<strong>fatti</strong> la ra<strong>di</strong>ce della risurrezione <strong>di</strong> Cristo<br />
che rinnova la vita dei suoi <strong>di</strong>scepoli. Nel Crocifisso<br />
<strong>di</strong> San Biagio a Petriolo viene particolarmente<br />
evidenziata la corporeità <strong>di</strong> Gesù; la<br />
forte muscolatura, accentuata dalla cromia,<br />
gli arti robusti i ten<strong>di</strong>ni tesi nello spasimo del<br />
supplizio le ampie spalle, vigorese e virili. Il<br />
Cristo in croce è completamente nudo salvo<br />
un <strong>di</strong>scinto perizoma. "ECCE HOMO", ecco<br />
l’uomo (Gv 19,5), nella sua totale umiliazione.<br />
Inchiodato al legno infamante, il suo volto è<br />
serenamente addormentato nel sonno della<br />
morte. Il Redentore appare come il secondo<br />
Adamo, dal cui fianco squarciato esce copiosamente<br />
sangue e acqua, fonte generatrice<br />
della Chiesa, seconda Eva. La corona <strong>di</strong> spine<br />
è composta da due grossi rami verdeggianti<br />
attorcigliati, che fanno tornare alla mente<br />
il passo del Vangelo <strong>di</strong> Luca in cui si legge:<br />
"Perché, se si tratta così il legno verde, che<br />
avverrà del legno secco?" (Lc 23,21). Questa<br />
corona non <strong>di</strong> sterpi ma <strong>di</strong> ver<strong>di</strong> tralci sembra<br />
<strong>di</strong>rci che Gesù Crocifisso è l’albero della vita.<br />
Altro particolare, non secondario, <strong>di</strong> questa<br />
sacra immagine sono lebraccia snodate, che<br />
mostrano il corpo piagato nel suo totale abbandono<br />
alla morte. Nella nostra arci<strong>di</strong>ocesi<br />
si conservano ancora numerosi corcifissi che<br />
presentano la medesima singolare caratteristica.<br />
Sono opere dei secoli XIV, XV e XVI e<br />
arricchiscono chiese ed oratori. Spesso non<br />
hanno più le tonalità originali, perché sono<br />
stati profondamente ri<strong>di</strong>pinti, nella malintesa<br />
intenzione <strong>di</strong> ridonare vivacità alle tinte che<br />
Mirella Branca<br />
andavano sbiadendo. Soprattutto, nella quasi<br />
totalità, hanno subito una mo<strong>di</strong>fica sostanziale,<br />
con il blocco dello snodo delle braccia, con<br />
l’intenzione così <strong>di</strong> cancellare il rito della "deposizione",<br />
un antico gesto sacro che si era<br />
sviluppato fin dal secolo XI. La Chiesa <strong>di</strong> Aquileia<br />
praticò questo rito fino al 1575. Il rito<br />
consisteva nella deposizione del corpo del<br />
Crocifisso dopo la Liturgia dei "Presantificati"<br />
del Venerdì Santo. L’antico e complesso rituale<br />
perdurò per lungo tempo soltanto nella<br />
parte che riguardava la sacra rappresentazione<br />
dello schiodamento e della deposizione<br />
del corpo dalla croce; il corpo <strong>di</strong> Cristo veniva<br />
calato dalla croce e deposto per essere venerato<br />
e vegliato per<br />
tutta la notte del Venerdì Santo, la croce rimaneva<br />
nuda immagine viva del<br />
Calvario della Parasceve. Il rito della "depositio"<br />
<strong>di</strong>ventò occasione presso qualche comunità<br />
per un vero e proprio dramma liturgico,<br />
che quasi ovunque andò in <strong>di</strong>suso nel XVIII<br />
secolo, ma è ancora vivo in alcuni paesi del<br />
meri<strong>di</strong>one. A Procida, ad esempio, rimane<br />
ancora il rituale dell’unzione con olio <strong>di</strong> cannella<br />
del corpo <strong>di</strong> Cristo morto, prima della<br />
processione del Venerdì Santo. Anche nelle<br />
Chiese orientali l’icona del Signore Crocifisso,<br />
schiodata dalla croce, cosparsa <strong>di</strong> acqua<br />
<strong>di</strong> rose e avvolta con un can<strong>di</strong>do lino, viene<br />
deposta sotto l’altare. Nel restituire al culto<br />
il Crocifisso <strong>di</strong> San Biagio a Petriolo è bene<br />
fare memoria anche <strong>di</strong> queste ritualità, che<br />
ponevano i fedeli a contatto fisico con l’icona<br />
del Crocifisso, per una vicinanza che doveva<br />
far maturare la con<strong>di</strong>visione del cuore nei<br />
confronti del dramma <strong>di</strong> offerta <strong>di</strong> sé che si<br />
è consumata sulla croce <strong>di</strong> Cristo. Si tratta <strong>di</strong><br />
una immedesimazione e <strong>di</strong> una con<strong>di</strong>visione<br />
che vanno anche oggi ricercate nella contemplazione<br />
del Crocifisso e che auspico possano<br />
nutrire la fede del popolo <strong>di</strong> questa comunità<br />
cristiana.<br />
Firenze, 2 <strong>di</strong>cembre 2011<br />
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