Una Periferia silente
Indagine fotografica nel quartiere «lavatrici», ricerca di relazioni tra spazi pieni e vuoti, strutture di cemento e quotidianità degli abitanti, dolci forme collinari e dure geometrie artificiali
Indagine fotografica nel quartiere «lavatrici», ricerca di relazioni tra spazi pieni e vuoti, strutture di cemento e quotidianità degli abitanti, dolci forme collinari e dure geometrie artificiali
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UNA PERIFERIA SILENTE<br />
Indagine fotografica nel quartiere «lavatrici», ricerca di relazioni tra spazi pieni e vuoti, strutture<br />
di cemento e quotidianità degli abitanti, dolci forme collinari e dure geometrie artificiali<br />
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Progetto editoriale e immagini di Donato Aquaro e Manrica Caponi
UNA PERIFERIA SILENTE<br />
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Indagine fotografica nel quartiere «lavatrici», ricerca di relazioni tra spazi pieni e vuoti, strutture<br />
di cemento e quotidianità degli abitanti, dolci forme collinari e dure geometrie artificiali<br />
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Progetto editoriale e immagini di Donato Aquaro e Manrica Caponi<br />
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«Vuoti sono i luoghi in cui non ci si addentra e in cui la vista di un altro essere umano ci farebbe<br />
sentire vulnerabili, a disagio e un po' spaventati» <br />
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(Z. Bauman, Modernità liquida, 2002, p. 116).
CENNI STORICI<br />
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Sulle alture tra Pegli e Pra, a Genova, all'interno del sestiere San Pietro, su un territorio precedentemente<br />
occupato da oliveti, è stato edificato nella metà’ degli anni 80’ un complesso residenziale che ha assunto il nome<br />
di quartiere delle “Lavatrici” nomignolo attribuitogli dalla popolazione per via delle lastre di cemento con grandi<br />
fori a forma di cerchio che sono poste sulla facciata e che fanno assomigliare le palazzine agli oblò dei nostri<br />
comuni elettrodomestici.<br />
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Il complesso porta la firma dell’architetto Aldo Luigi Rizzo; il progetto della struttura è dell’ingegner Angelo<br />
Sibilla. Il sito conta più di 500 appartamenti, diviso in quattro blocchi principali ognuno composto a sua volta<br />
di tre differenti edifici: un palazzo più alto, uno più basso e un blocco centrale di appartamenti che copre un<br />
ampio dislivello formando dei ‘gradini’.<br />
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Espressione dell’edilizia pubblica tra gli anni settanta e ottanta, basata su modelli insediativi completamente<br />
avulsi dal tessuto urbano, con urbanistica collinare fuori scala e fuori luogo.<br />
Sperimentazione architettonica, esecuzione dei lavori in economia, abbandono sistematico da parte delle<br />
amministrazioni civiche, sono le principali cause che hanno segnato il destino delle “Lavatrici”. Per ragioni di<br />
costi la viabilità si è concentrata nella parte alta del complesso; i volumi fuori scala e i materiali scadenti hanno<br />
condannato gli immobili a una perenne emergenza manutentiva; gli spazi che, nel progetto originario avrebbero<br />
dovuto ospitare i negozi o le botteghe degli artigiani, sono rimasti vuoti e abbandonati. <br />
Ha resistito solo alcuni anni, prima di chiudere i battenti il piccolo supermercato che evitava agli abitanti di<br />
percorrere oltre 3 km per i generi di prima necessità. La tabaccheria è rimasta l’unica attività commerciale in<br />
funzione in un complesso in cui vivono circa tremila persone, esasperate dal degrado strutturale e sociale in cui<br />
versa il quartiere.<br />
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Nel 2011 l’amministrazione comunale e regionale ha avviato un lento processo di riqualificazione urbanistica, (su<br />
richiesta degli abitanti, prevede l’uso del colore per vivacizzare l’ambiente e conferire un volto nuovo al tetro<br />
complesso edilizio) e risanamento strutturale che mira a ridurre lo spreco energetico e a garantire una<br />
consistente riduzione delle spese che gravano sugli inquilini degli alloggi.
NOTE DEGLI AUTORI<br />
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Quando posi lo sguardo verso la collina, percorrendo la strada che sale da Pegli, il quartiere Lavatrici ti sembra<br />
una roccaforte irraggiungibile che guarda silenziosa verso il mare. Poi arrivi su e passeggiando per le strade ti<br />
colpisce il bianco degli edifici e le strane e rigorose geometrie che si incontrano salendo e scendendo le scale<br />
di accesso al complesso. <br />
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Ti guardi intorno ed osservi .... circonferenze che si intrecciano formando curiosi giochi di luci e di ombre in un<br />
silenzio quasi assoluto e ti perdi nel labirinto dei corridoi in penombra ai vari piani. E' un luogo senza tempo e<br />
sembra senza vita, affascinante ed imprevedibile perchè ad ogni visita offre sempre angoli e punti di vista<br />
nuovi e quindi ti spinge a ritornare. E' lontano il rumore della città e la giornata sembra scorrere con lentezza per<br />
gli abitanti. Incontri passanti che portano a passeggio i loro cani, qualcuno attende alla fermata l'autobus, non<br />
ci sono bambini che schiamazzano sulle giostre dei giardini nè chiacchiericcio per le strade. Poi arrivi alla<br />
piazzetta dove si trova l'unico negozio, una tabaccheria, e lì davanti sulle panchine alcuni anziani si scaldano al<br />
sole trascorrendo la mattinata insieme. Sembra questo essere il cuore del quartiere, al sabato c'è anche un<br />
ambulante che vende generi alimentari ed è qui che si possono fare gli incontri, rari. La gente del posto ti guarda<br />
incuriosita perchè il quartiere è poco frequentato da estranei e meno ancora dai turisti, secondo loro non c'è<br />
niente di bello da vedere ma sono tutti sorridenti, gentili e pronti a fare due chiacchiere e chiederti che cosa ci<br />
fai lì con la tua macchina fotografica. Così la fotocamera diviene il mezzo per poter iniziare una conversazione,<br />
gli spieghi che ti piace la fotografia di architettura e che quel luogo è ricchissimo di spunti insoliti, ma il<br />
discorso va ben oltre. Non è facile vivere alle Lavatrici -raccontano - il quartiere che è molto popolare, ha<br />
sofferto negli anni per il degrado delle strutture costruite con materiali di scarsa qualità e per l'isolamento<br />
rispetto alla città.<br />
La popolazione è variegata, assieme ai genovesi che hanno avuto qui la casa assegnata dal comune, ci sono<br />
immigrati provenienti da varie parti d'Italia e non e persone con domicilio obbligato per problemi con la<br />
giustizia. <br />
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Il quadro che emerge è di un ambiente quotidiano certamente non facile ma nel quale l'abbandonarsi alla<br />
scoperta e agli incontri non delude mai.<br />
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Manrica Caponi
NOTE DEGLI AUTORI<br />
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Alle lavatrici non ci capiti per caso, se vi arrivi è perche’ ci sei voluto andare. Non è infatti un luogo da<br />
attraversare per recarsi altrove: si entra nel quartiere perche’ si vuole venire intenzionalmente; è quasi come un<br />
vicolo chiuso, una tappa di fine corsa. Anche l’autobus non fa capolinea, non sosta, quasi timoroso di essere<br />
assorbito e diventare parte del quartiere; svolge il suo servizio di fermata e poi continua sulla stessa strada che<br />
lo riporta nella direzione di allontamento dal quartiere. Sembra un luogo di frontiera, una terra di nessuno senza<br />
una linea netta di attraversamento.<br />
E’ un quartiere che sembra essere privo di tutto: non ci sono supermercati, stazioni di rifornimento, catene di<br />
fastfood etc. L’unica tabaccheria diventa luogo e opportunità di incontro anche grazie alla piccola piazza<br />
antistante.<br />
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Colpisce inoltre il totale silenzio; non c’e’ traffico, né mercati o treni o altro. E ogni volta che ci ritornavo<br />
ritrovavo le medesime scene creandomi la sensazione di un tempo pigro che non vuole o non sa scorrere e che<br />
ripete, forse per noia, alcune situazioni: il gruppo di aziani seduti sulla panchina al caldo del sole, persone che<br />
portano a spasso i loro cani, un gruppetto di ragazzi incuriositi dal fotografo, il postino, l‘uomo in carrozzella che<br />
gira intorno ai palazzi. <br />
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L’indagine fotografica vuole essere una descrizione assertiva del quartiere, una ricerca di relazioni tra gli spazi<br />
pieni e vuoti, tra le strutture di cemento e la quotidianità degli abitanti, tra le dolci forme collinari e le dure<br />
geometrie artificiali. <br />
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Donato Aquaro