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C i troviamo a 50 chilometri dalla costa di San Diego, in California; è fine febbraio e<br />
Per sei ore abbiamo tracciato un pennacchio di particelle finite<br />
sotto la nave e poi disperse dalle correnti oceaniche. Sofisticati<br />
sensori ci hanno permesso di rilevare la forma del pennacchio e la<br />
concentrazione di sedimenti nella colonna d’acqua, con i segnali<br />
che diventavano via via più deboli.<br />
Il nostro obiettivo era ricavare dati su una questione che presto<br />
potrebbe avere un forte impatto sull’oceano: l’attività mineraria<br />
sul fondo dei mari.<br />
Dopo anni di riflessione, governi e aziende di tutto il mondo<br />
iniziano a esplorare i fondi oceanici alla ricerca di metalli di valore,<br />
a partire da nichel, rame e cobalto. Un tipo di deposito – noduli<br />
grandi come un pugno che contengono questi metalli – giace<br />
a migliaia di metri di profondità. Sul fondo striscerebbero robot<br />
raccoglitori: ognuno sarebbe grande come una mietitrebbiatrice,<br />
aspirerando lo strato superficiale che contiene i noduli e sollevando<br />
dietro di sé una nuvola di sedimenti. I raccoglitori pomperebbero<br />
i noduli in ampi tubi lunghi chilometri, fino a grandi navi in superficie.<br />
Sulle navi il materiale verrebbe setacciato, separando ogni<br />
giorno milioni di densi noduli metallici, e il sedimento rimanente<br />
verrebbe fatto tornare in mare tramite un pennacchio.<br />
Che influenza avrebbe questa attività sulla vita che si trova sul<br />
fondo degli oceani e nelle acque soprastanti? Il nostro test di scarico<br />
è stato un primo passo verso una parte della risposta.<br />
La domanda globale di metalli sta aumentando senza sosta, e<br />
alcune miniere ad alto grado di purezza che si trovano sulla terraferma<br />
si stanno esaurendo. Varie aziende, come Global Sea Mineral<br />
Resources (GSR) e UK Seabed Resources, puntano all’estrazione<br />
mineraria sottomarina perché ritengono possa essere meno costosa<br />
La richiesta di alcuni metalli è in continuo<br />
aumento, ma i giacimenti più economici sulla<br />
terraferma si stanno esaurendo, quindi paesi e<br />
compagnie minerarie potrebbero scegliere<br />
l’estrazione dal fondo dei mari.<br />
Nichel, rame e cobalto sono presenti in<br />
IN BREVE<br />
abbondanza sotto forma di noduli grandi come<br />
un pugno, sparsi sul fondo degli oceani in diverse<br />
aree a oltre 4000 metri di profondità.<br />
Apposite macchine raccoglierebbero i noduli,<br />
spargendo sedimenti su tutto il fondo. Navi per la<br />
lavorazione verserebbero il sedimento nell’oceano.<br />
Thomas Peacock è professore di ingegneria<br />
meccanica e direttore dell’Environmental Dynamics<br />
Laboratory al Massachusetts Institute of Technology.<br />
Matthew Alford è professore<br />
di oceanografia fisica e direttore associato<br />
del Marine Physical Laboratory<br />
alla Scripps Institution of Oceanography.<br />
stiamo mantenendo la posizione sull’acqua profonda 1000 metri. A bordo della nostra nave da ricerca,<br />
la Sally Ride, ci sono otto container grandi ciascuno come un’automobile di medie dimensioni e<br />
pieni di sedimento raccolto dragando il fondo dell’Oceano Pacifico. Questa mattina abbiamo miscelato<br />
il sedimento con acqua di mare in un enorme serbatoio e per un’ora abbiamo pompato il contenuto<br />
in un tubo di scarico che dalla fiancata della nave si immergeva in acqua per 60 metri.<br />
di quella sulla terraferma, soprattutto perché sulla terraferma i produttori<br />
sono costretti a passare a siti con minerali con tasso di purezza<br />
più basso, che sono anche più difficili da estrarre.<br />
Alcuni paesi che non hanno molte risorse minerarie, come<br />
Giappone e Corea del Sud, vogliono entrare in gioco con prospezioni<br />
in mare, dove si trovano giacimenti enormi. Nel settembre<br />
2017 Japan Oil, Gas and Metals National Corporation ha effettuato<br />
uno dei primi grandi studi commerciali. Un prototipo di escavatore<br />
ha raccolto tonnellate di zinco e altri metalli a 1600 metri<br />
di profondità vicino a Okinawa, nella zona economica esclusiva<br />
(ZEE) del Giappone, cioè nelle sue acque nazionali. Piccoli Stati e<br />
regioni insulari, come Tonga e le Isole Cook, che non hanno molte<br />
risorse per creare un’industria di questo tipo, stanno considerando<br />
l’ipotesi di offrire a investitori esterni i diritti minerari per le proprie<br />
ZEE. Inoltre l’International Seabed Authority (ISA), che regola<br />
l’attività commerciale in acque internazionali, ha concesso 28<br />
permessi di esplorazione a istituzioni di 20 paesi per la raccolta di<br />
campioni di minerali dal fondo marino.<br />
Gli scienziati stanno lavorando sodo per saperne di più riguardo<br />
ai potenziali effetti negativi e alle misure che potrebbero ridurli.<br />
Governi, industria, ISA, università e organizzazioni scientifiche<br />
collaborano a progetti di ricerca simili al nostro. Contrariamente<br />
alla storia di carbone, petrolio, fosforo e altre risorse naturali, questa<br />
volta la comunità scientifica ha l’occasione di cooperare con<br />
tutte le parti in causa per stabilire misure di salvaguardia efficaci<br />
prima che si sviluppi un’attività mineraria su grande scala, oltre<br />
che per confrontare l’impatto dell’estrazione sulla terraferma con<br />
quello dell’estrazione sottomarina.<br />
Ma anche l’attività mineraria sulla terraferma<br />
si ripercuote sull’ambiente.<br />
Trovando sistemi per ridurre al minimo l’impatto<br />
si potrebbero stabilire norme opportune,<br />
sempre che la ricerca continui di pari passo<br />
con lo sviluppo di questa industria.<br />
Mappe di Dolly Holmes. Fonti: World Ocean Review 1, pubblicata da Maribus, 2010 (mappa del mondo); International Seabed Authority,<br />
banca dati di S. Claus e altri, Flanders Marine Institute. Consultato all’indirizzo www.marineregions.org il 24 novembre 2016 (riquadro)<br />
Caccia<br />
al tesoro<br />
Molti paesi e aziende già estraggono petrolio,<br />
sabbia e diamanti dai fondi oceanici<br />
poco profondi. Ora stanno esplorando<br />
i fondi profondi alla ricerca di metalli essenziali,<br />
come nichel e cobalto. I ricercatori<br />
hanno mappato tre tipi di giacimenti<br />
nelle acque internazionali che sembrano<br />
particolarmente promettenti (zone colorate).<br />
I noduli di manganese potrebbero essere<br />
i più economici da estrarre.<br />
Licenze di esplorazione<br />
Alta concentrazione di minerali<br />
Zona economica esclusiva (Hawaii, Stati Uniti)<br />
Zona economica esclusiva<br />
(Sporadi Equatoriali, Kiribati)<br />
DOVE CERCARE<br />
Noduli di manganese<br />
Profondità<br />
Croste di cobalto<br />
(metri) 2000<br />
4000<br />
Solfuri massicci (vicino alle sorgenti idro termali)<br />
6000<br />
Confini delle placche tettoniche<br />
Aree di esplorazione; ciascun colore<br />
rappresenta un appaltatore diverso<br />
Zona<br />
economica<br />
esclusiva<br />
(Messico)<br />
0 100 400 600 miglia<br />
0 500 1000 chilometri<br />
Aree riservate<br />
Aree protette<br />
L’International Seabed Authority, che regola<br />
l’attività mineraria nelle acque internazionali, ha<br />
concesso 16 licenze di esplorazione (colori) per i<br />
noduli di manganese nella zona di frattura di<br />
Clarion-Clipperton, una regione del fondo<br />
dell’Oceano Pacifico grande circa quanto<br />
l’Europa. Gran parte delle rocce giace in acque<br />
profonde più di 4000 metri. Con la concessione<br />
dei permessi, l’autorità indica anche aree<br />
riservate a un eventuale sfruttamento futuro da<br />
parte dei paesi in via di sviluppo, oltre ad aree<br />
protette in cui sono vietate le estrazioni. Alcuni<br />
paesi inoltre stanno cercando giacimenti<br />
all’interno della propria zona economica esclusiva,<br />
cioè le loro acque nazionali.<br />
Un tesoro di nichel, rame e cobalto<br />
Un secolo e mezzo fa, alcuni esploratori svedesi scoprirono per<br />
la prima volta depositi oceanici di minerali nel Mare di Kara, al<br />
largo della Siberia. La presenza di quei tesori fu confermata negli<br />
anni settanta dell’Ottocento, durante la celebre spedizione della<br />
nave HMS Challenger che gettò le basi dell’oceanografia moderna.<br />
Negli anni settanta del Novecento la CIA programmò una<br />
messa in scena, in cui un’apparente ricerca di noduli di manganese<br />
nell’Oceano Pacifico avrebbe fatto da copertura a un tentativo<br />
di esumare il sottomarino sovietico affondato K-129. Tuttavia le<br />
difficoltà tecnologiche e i prezzi bassi dei minerali scoraggiarono<br />
un vero e proprio sfruttamento commerciale.<br />
Nell’ultimo decennio l’interesse è cresciuto molto. Aumento della<br />
popolazione globale, urbanizzazione, crescita del consumo e<br />
sviluppo aggressivo di tecnologie che dipendono da determinati<br />
metalli stanno facendo schizzare alle stelle le previsioni di mercato.<br />
Per esempio, si stima che la domanda globale annua di nichel, oggi<br />
intorno ai 2 milioni di tonnellate, aumenterà del 50 per cento entro<br />
il 2030. Le riserve sulla terraferma ammontano a 76 milioni di tonnellate.<br />
Più o meno la stessa quantità si trova sotto forma di noduli<br />
sul fondo della zona di frattura di Clarion-Clipperton (CCFZ), una<br />
piana abissale che si estende dalle Hawaii alla Baja California, in<br />
Messico. Per il cobalto la situazione è simile: in questa zona le riserve<br />
di noduli eguagliano o addirittura superano quelle sulla terraferma,<br />
pari a 7 milioni di tonnellate.<br />
I depositi più promettenti sono di tre tipi. Uno include le sorgenti<br />
idrotermali attive o inattive: sono spaccature prodotte<br />
dall’attività vulcanica che riversano materiale caldo lungo i confini<br />
delle placche tettoniche. Questi solfuri massicci sottomarini sono<br />
abbondanti depositi di minerali come rame, zinco, piombo e<br />
oro. Papua Nuova Guinea ha concesso alla canadese Nautilus Minerals<br />
una licenza per estrarre questi solfuri in un sito inattivo,<br />
noto come Solwara 1, nella sua ZEE. L’ISA ha concesso sette contratti<br />
per la ricerca di solfuri in siti inattivi nelle acque internazionali.<br />
Gli scienziati hanno chiesto una moratoria delle estrazioni<br />
nei siti attivi a causa del loro ecosistema unico.<br />
Un secondo tipo di deposito, le croste di cobalto, si forma sulla<br />
roccia dura di cime e fianchi delle montagne sottomarine, dato<br />
che i metalli precipitano dall’acqua di mare. Queste croste crescono<br />
a un ritmo molto lento – pochi millimetri ogni milione di<br />
anni – e in genere raggiungono uno spessore compreso tra 5 e 10<br />
centimetri. Oltre al cobalto contengono nichel e altri metalli utili.<br />
Anche se l’ISA ha concesso quattro licenze di esplorazione per<br />
il Pacifico occidentale, estrarre le croste di cobalto è impegnativo,<br />
perché devono essere staccate dalla roccia sottostante, che in genere<br />
ha pareti ripide, difficili da affrontare sott’acqua.<br />
La maggior parte delle iniziative imprenditoriali per l’attività<br />
mineraria oceanica punta ai depositi di noduli polimetallici di<br />
manganese. (Il resto dell’articolo tratterà solo questo tipo di estrazione.)<br />
I noduli sono sparsi sul fondale marino o parzialmente sepolti<br />
nei sedimenti di molte grandi aree. Si formano a migliaia<br />
di metri di profondità, quando i metalli precipitano dall’acqua di<br />
84 Le Scienze 599 luglio 2018<br />
www.lescienze.it Le Scienze 85