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RISORSE NATURALI<br />
Il fondo degli oceani è sempre<br />
più attraente per le aziende<br />
che estraggono metalli di valore,<br />
ma l’impatto ambientale di questa<br />
nuova attività non va sottovalutato<br />
I noduli di manganese<br />
raccolti dal fondo dell’oceano<br />
contengono metalli preziosi.<br />
di Thomas Peacock e Matthew H. Alford<br />
L’estrazione<br />
Fotografia di Brett Stevens<br />
mineraria<br />
sottomarina<br />
conviene?<br />
82 Le Scienze 599 luglio 2018 www.lescienze.it Le Scienze 83
C i troviamo a 50 chilometri dalla costa di San Diego, in California; è fine febbraio e<br />
Per sei ore abbiamo tracciato un pennacchio di particelle finite<br />
sotto la nave e poi disperse dalle correnti oceaniche. Sofisticati<br />
sensori ci hanno permesso di rilevare la forma del pennacchio e la<br />
concentrazione di sedimenti nella colonna d’acqua, con i segnali<br />
che diventavano via via più deboli.<br />
Il nostro obiettivo era ricavare dati su una questione che presto<br />
potrebbe avere un forte impatto sull’oceano: l’attività mineraria<br />
sul fondo dei mari.<br />
Dopo anni di riflessione, governi e aziende di tutto il mondo<br />
iniziano a esplorare i fondi oceanici alla ricerca di metalli di valore,<br />
a partire da nichel, rame e cobalto. Un tipo di deposito – noduli<br />
grandi come un pugno che contengono questi metalli – giace<br />
a migliaia di metri di profondità. Sul fondo striscerebbero robot<br />
raccoglitori: ognuno sarebbe grande come una mietitrebbiatrice,<br />
aspirerando lo strato superficiale che contiene i noduli e sollevando<br />
dietro di sé una nuvola di sedimenti. I raccoglitori pomperebbero<br />
i noduli in ampi tubi lunghi chilometri, fino a grandi navi in superficie.<br />
Sulle navi il materiale verrebbe setacciato, separando ogni<br />
giorno milioni di densi noduli metallici, e il sedimento rimanente<br />
verrebbe fatto tornare in mare tramite un pennacchio.<br />
Che influenza avrebbe questa attività sulla vita che si trova sul<br />
fondo degli oceani e nelle acque soprastanti? Il nostro test di scarico<br />
è stato un primo passo verso una parte della risposta.<br />
La domanda globale di metalli sta aumentando senza sosta, e<br />
alcune miniere ad alto grado di purezza che si trovano sulla terraferma<br />
si stanno esaurendo. Varie aziende, come Global Sea Mineral<br />
Resources (GSR) e UK Seabed Resources, puntano all’estrazione<br />
mineraria sottomarina perché ritengono possa essere meno costosa<br />
La richiesta di alcuni metalli è in continuo<br />
aumento, ma i giacimenti più economici sulla<br />
terraferma si stanno esaurendo, quindi paesi e<br />
compagnie minerarie potrebbero scegliere<br />
l’estrazione dal fondo dei mari.<br />
Nichel, rame e cobalto sono presenti in<br />
IN BREVE<br />
abbondanza sotto forma di noduli grandi come<br />
un pugno, sparsi sul fondo degli oceani in diverse<br />
aree a oltre 4000 metri di profondità.<br />
Apposite macchine raccoglierebbero i noduli,<br />
spargendo sedimenti su tutto il fondo. Navi per la<br />
lavorazione verserebbero il sedimento nell’oceano.<br />
Thomas Peacock è professore di ingegneria<br />
meccanica e direttore dell’Environmental Dynamics<br />
Laboratory al Massachusetts Institute of Technology.<br />
Matthew Alford è professore<br />
di oceanografia fisica e direttore associato<br />
del Marine Physical Laboratory<br />
alla Scripps Institution of Oceanography.<br />
stiamo mantenendo la posizione sull’acqua profonda 1000 metri. A bordo della nostra nave da ricerca,<br />
la Sally Ride, ci sono otto container grandi ciascuno come un’automobile di medie dimensioni e<br />
pieni di sedimento raccolto dragando il fondo dell’Oceano Pacifico. Questa mattina abbiamo miscelato<br />
il sedimento con acqua di mare in un enorme serbatoio e per un’ora abbiamo pompato il contenuto<br />
in un tubo di scarico che dalla fiancata della nave si immergeva in acqua per 60 metri.<br />
di quella sulla terraferma, soprattutto perché sulla terraferma i produttori<br />
sono costretti a passare a siti con minerali con tasso di purezza<br />
più basso, che sono anche più difficili da estrarre.<br />
Alcuni paesi che non hanno molte risorse minerarie, come<br />
Giappone e Corea del Sud, vogliono entrare in gioco con prospezioni<br />
in mare, dove si trovano giacimenti enormi. Nel settembre<br />
2017 Japan Oil, Gas and Metals National Corporation ha effettuato<br />
uno dei primi grandi studi commerciali. Un prototipo di escavatore<br />
ha raccolto tonnellate di zinco e altri metalli a 1600 metri<br />
di profondità vicino a Okinawa, nella zona economica esclusiva<br />
(ZEE) del Giappone, cioè nelle sue acque nazionali. Piccoli Stati e<br />
regioni insulari, come Tonga e le Isole Cook, che non hanno molte<br />
risorse per creare un’industria di questo tipo, stanno considerando<br />
l’ipotesi di offrire a investitori esterni i diritti minerari per le proprie<br />
ZEE. Inoltre l’International Seabed Authority (ISA), che regola<br />
l’attività commerciale in acque internazionali, ha concesso 28<br />
permessi di esplorazione a istituzioni di 20 paesi per la raccolta di<br />
campioni di minerali dal fondo marino.<br />
Gli scienziati stanno lavorando sodo per saperne di più riguardo<br />
ai potenziali effetti negativi e alle misure che potrebbero ridurli.<br />
Governi, industria, ISA, università e organizzazioni scientifiche<br />
collaborano a progetti di ricerca simili al nostro. Contrariamente<br />
alla storia di carbone, petrolio, fosforo e altre risorse naturali, questa<br />
volta la comunità scientifica ha l’occasione di cooperare con<br />
tutte le parti in causa per stabilire misure di salvaguardia efficaci<br />
prima che si sviluppi un’attività mineraria su grande scala, oltre<br />
che per confrontare l’impatto dell’estrazione sulla terraferma con<br />
quello dell’estrazione sottomarina.<br />
Ma anche l’attività mineraria sulla terraferma<br />
si ripercuote sull’ambiente.<br />
Trovando sistemi per ridurre al minimo l’impatto<br />
si potrebbero stabilire norme opportune,<br />
sempre che la ricerca continui di pari passo<br />
con lo sviluppo di questa industria.<br />
Mappe di Dolly Holmes. Fonti: World Ocean Review 1, pubblicata da Maribus, 2010 (mappa del mondo); International Seabed Authority,<br />
banca dati di S. Claus e altri, Flanders Marine Institute. Consultato all’indirizzo www.marineregions.org il 24 novembre 2016 (riquadro)<br />
Caccia<br />
al tesoro<br />
Molti paesi e aziende già estraggono petrolio,<br />
sabbia e diamanti dai fondi oceanici<br />
poco profondi. Ora stanno esplorando<br />
i fondi profondi alla ricerca di metalli essenziali,<br />
come nichel e cobalto. I ricercatori<br />
hanno mappato tre tipi di giacimenti<br />
nelle acque internazionali che sembrano<br />
particolarmente promettenti (zone colorate).<br />
I noduli di manganese potrebbero essere<br />
i più economici da estrarre.<br />
Licenze di esplorazione<br />
Alta concentrazione di minerali<br />
Zona economica esclusiva (Hawaii, Stati Uniti)<br />
Zona economica esclusiva<br />
(Sporadi Equatoriali, Kiribati)<br />
DOVE CERCARE<br />
Noduli di manganese<br />
Profondità<br />
Croste di cobalto<br />
(metri) 2000<br />
4000<br />
Solfuri massicci (vicino alle sorgenti idro termali)<br />
6000<br />
Confini delle placche tettoniche<br />
Aree di esplorazione; ciascun colore<br />
rappresenta un appaltatore diverso<br />
Zona<br />
economica<br />
esclusiva<br />
(Messico)<br />
0 100 400 600 miglia<br />
0 500 1000 chilometri<br />
Aree riservate<br />
Aree protette<br />
L’International Seabed Authority, che regola<br />
l’attività mineraria nelle acque internazionali, ha<br />
concesso 16 licenze di esplorazione (colori) per i<br />
noduli di manganese nella zona di frattura di<br />
Clarion-Clipperton, una regione del fondo<br />
dell’Oceano Pacifico grande circa quanto<br />
l’Europa. Gran parte delle rocce giace in acque<br />
profonde più di 4000 metri. Con la concessione<br />
dei permessi, l’autorità indica anche aree<br />
riservate a un eventuale sfruttamento futuro da<br />
parte dei paesi in via di sviluppo, oltre ad aree<br />
protette in cui sono vietate le estrazioni. Alcuni<br />
paesi inoltre stanno cercando giacimenti<br />
all’interno della propria zona economica esclusiva,<br />
cioè le loro acque nazionali.<br />
Un tesoro di nichel, rame e cobalto<br />
Un secolo e mezzo fa, alcuni esploratori svedesi scoprirono per<br />
la prima volta depositi oceanici di minerali nel Mare di Kara, al<br />
largo della Siberia. La presenza di quei tesori fu confermata negli<br />
anni settanta dell’Ottocento, durante la celebre spedizione della<br />
nave HMS Challenger che gettò le basi dell’oceanografia moderna.<br />
Negli anni settanta del Novecento la CIA programmò una<br />
messa in scena, in cui un’apparente ricerca di noduli di manganese<br />
nell’Oceano Pacifico avrebbe fatto da copertura a un tentativo<br />
di esumare il sottomarino sovietico affondato K-129. Tuttavia le<br />
difficoltà tecnologiche e i prezzi bassi dei minerali scoraggiarono<br />
un vero e proprio sfruttamento commerciale.<br />
Nell’ultimo decennio l’interesse è cresciuto molto. Aumento della<br />
popolazione globale, urbanizzazione, crescita del consumo e<br />
sviluppo aggressivo di tecnologie che dipendono da determinati<br />
metalli stanno facendo schizzare alle stelle le previsioni di mercato.<br />
Per esempio, si stima che la domanda globale annua di nichel, oggi<br />
intorno ai 2 milioni di tonnellate, aumenterà del 50 per cento entro<br />
il 2030. Le riserve sulla terraferma ammontano a 76 milioni di tonnellate.<br />
Più o meno la stessa quantità si trova sotto forma di noduli<br />
sul fondo della zona di frattura di Clarion-Clipperton (CCFZ), una<br />
piana abissale che si estende dalle Hawaii alla Baja California, in<br />
Messico. Per il cobalto la situazione è simile: in questa zona le riserve<br />
di noduli eguagliano o addirittura superano quelle sulla terraferma,<br />
pari a 7 milioni di tonnellate.<br />
I depositi più promettenti sono di tre tipi. Uno include le sorgenti<br />
idrotermali attive o inattive: sono spaccature prodotte<br />
dall’attività vulcanica che riversano materiale caldo lungo i confini<br />
delle placche tettoniche. Questi solfuri massicci sottomarini sono<br />
abbondanti depositi di minerali come rame, zinco, piombo e<br />
oro. Papua Nuova Guinea ha concesso alla canadese Nautilus Minerals<br />
una licenza per estrarre questi solfuri in un sito inattivo,<br />
noto come Solwara 1, nella sua ZEE. L’ISA ha concesso sette contratti<br />
per la ricerca di solfuri in siti inattivi nelle acque internazionali.<br />
Gli scienziati hanno chiesto una moratoria delle estrazioni<br />
nei siti attivi a causa del loro ecosistema unico.<br />
Un secondo tipo di deposito, le croste di cobalto, si forma sulla<br />
roccia dura di cime e fianchi delle montagne sottomarine, dato<br />
che i metalli precipitano dall’acqua di mare. Queste croste crescono<br />
a un ritmo molto lento – pochi millimetri ogni milione di<br />
anni – e in genere raggiungono uno spessore compreso tra 5 e 10<br />
centimetri. Oltre al cobalto contengono nichel e altri metalli utili.<br />
Anche se l’ISA ha concesso quattro licenze di esplorazione per<br />
il Pacifico occidentale, estrarre le croste di cobalto è impegnativo,<br />
perché devono essere staccate dalla roccia sottostante, che in genere<br />
ha pareti ripide, difficili da affrontare sott’acqua.<br />
La maggior parte delle iniziative imprenditoriali per l’attività<br />
mineraria oceanica punta ai depositi di noduli polimetallici di<br />
manganese. (Il resto dell’articolo tratterà solo questo tipo di estrazione.)<br />
I noduli sono sparsi sul fondale marino o parzialmente sepolti<br />
nei sedimenti di molte grandi aree. Si formano a migliaia<br />
di metri di profondità, quando i metalli precipitano dall’acqua di<br />
84 Le Scienze 599 luglio 2018<br />
www.lescienze.it Le Scienze 85
mare intorno a un detrito, formando un nucleo il cui diametro<br />
cresce di circa un centimetro ogni milione di anni.<br />
L’ISA ha concesso 16 licenze di esplorazione per i noduli nella<br />
CCFZ. Sebbene la composizione sia variabile, in questa zona un<br />
tipico nodulo è composto per circa il 3 per cento del peso da nichel,<br />
rame e cobalto, che sono il vero tesoro. Circa il 25 per cento<br />
è costituito da manganese che, se estratto su vasta scala, vedrebbe<br />
aumentare nettamente la sua offerta a livello globale. Il resto è per<br />
la maggior parte materiale senza valore economico.<br />
I noduli sono il nuovo oro<br />
La ricognizione di un sito richiede mesi di lavoro con strumenti<br />
a bordo di navi, veicoli sottomarini autonomi e raccoglitori per<br />
prelevare campioni. Dato che le aree da esplorare sono estese, i<br />
campioni di prova sono estrapolati statisticamente su tutto il campo.<br />
Secondo gli autori delle prospezioni, conviene sfruttare un sito<br />
se la concentrazione dei noduli supera i 10 chilogrammi circa per<br />
metro quadrato, se i noduli sono poco o per nulla coperti dai sedimenti<br />
e quindi facili da raccogliere e se la pendenza del fondo è<br />
meno del 10 per cento, in modo da essere gestibile dalle macchine<br />
raccoglitrici che strisciano su rotaie di scorrimento.<br />
Il cuore dell’estrazione mineraria sarebbe un veicolo raccoglitore,<br />
alimentato da una nave attraverso un cavo elettrico. Perlustrerebbe<br />
il fondo coprendo circa 50 chilometri al<br />
giorno, molto probabilmente muovendosi avanti<br />
e indietro in un campo di noduli secondo uno<br />
schema a scacchiera a scala chilometrica. Veicoli<br />
sommergibili autonomi aiuterebbero a guidarlo e<br />
a monitorare l’ambiente circostante.<br />
Aspirando o staccando i noduli e i relativi sedimenti,<br />
il raccoglitore effettuerebbe una separazione<br />
grossolana, espellendo i sedimenti non desiderati<br />
in una nuvola che si lascerebbe dietro.<br />
Un lungo tubo di collegamento, con una serie di<br />
pompe, porterebbe il fango con i noduli fino alla<br />
nave: questo sistema di risalita è basato su una<br />
tecnologia affermata, applicata ai settori di petrolio,<br />
gas e dragaggio. La nave separerebbe i noduli, rimandando in<br />
mare i sedimenti attraverso un tubo di scarico. Grandi navi cargo<br />
porterebbero i noduli sulla terraferma, a uno stabilimento di lavorazione<br />
dove sarebbero estratti i metalli desiderati.<br />
Studi di fattibilità indicano che per ottenere un profitto le aziende<br />
dovrebbero raccogliere ogni anno 3 milioni di tonnellate di<br />
noduli asciutti, da cui ricaverebbero 37.000 tonnellate di nichel,<br />
32.000 di rame, 6000 di cobalto e 750.000 di manganese.<br />
Effetti sugli organismi viventi<br />
L’ISA è stata fondata in base alla Convenzione delle Nazioni<br />
Unite sul diritto del mare (UNCLOS), che obbliga le nazioni firmatarie<br />
ad adottare tutte le misure necessarie a proteggere l’ambiente<br />
marino. L’ISA concede licenze per esplorare lotti con un’area di<br />
150.000 chilometri quadrati. Poiché i soggetti che hanno ratificato<br />
la convenzione o vi hanno aderito – 167 Stati più l’Unione Europea<br />
– considerano il fondo marino internazionale una risorsa per<br />
«il patrimonio comune dell’umanità», un’azienda o un’organizzazione<br />
che vuole estrarre i metalli deve essere sponsorizzata da un<br />
paese ratificatore. Una volta conclusa la ricognizione, l’azienda<br />
divide il lotto in due parti e l’ISA decide quale riservare a un paese<br />
in via di sviluppo affinché la possa sfruttare.<br />
Secondo alcuni studi, è probabile che nei 75.000 chilometri<br />
La maggior<br />
parte delle<br />
iniziative<br />
imprenditoriali<br />
per l’attività<br />
mineraria<br />
oceanica punta<br />
ai noduli<br />
di manganese<br />
Confronto fra terraferma e mare<br />
È importante valutare i pro e i contro ambientali dell’estrazione<br />
sottomarina e di quella sulla terraferma. Per esempio nella Repubblica<br />
Democratica del Congo, da cui proviene il 60 per cento del<br />
cobalto mondiale, l’attività mineraria provoca deforestazione e inquinamento<br />
di acqua e aria, ed è basata sul lavoro minorile. In alcuni<br />
paesi le compagnie che estraggono il nichel stanno esaurendo<br />
i giacimenti di facile accesso e stanno passando ad altri in cui l’estrazione<br />
è più difficile, e che richiedono più energia e lavorazione<br />
chimica, aumentando quindi l’impatto ambientale.<br />
Gli impianti di trasformazione dei noduli avranno ripercussioni<br />
anche sulla terraferma. Se i metalli utili costituiscono solo il<br />
30 per cento di un nodulo, l’altro 70 per cento è un rifiuto, in genere<br />
una fanghiglia. Spesso sulla terraferma i minatori la buttano<br />
nel buco che hanno scavato. La fanghiglia proveniente da milioni<br />
di noduli oceanici sarebbe nuovo materiale che dovrebbe andare<br />
da qualche parte. Il lato positivo è che raccoglitori e navi potrebbero<br />
spostarsi da una zona a un’altra, mentre le infrastrutture per<br />
le miniere terrestri sono difficili da smantellare.<br />
Per ridurre l’impatto dell’estrazione e quello ambientale è essenziale<br />
sviluppare programmi di riciclo globali ed efficaci. Ma il solo<br />
riciclo non può far fronte all’aumento della domanda. Oggi è difficile<br />
sapere se dal punto di vista ambientale l’estrazione sottomarina<br />
sarà migliore o peggiore di quella equivalente sulla terraferma.<br />
L’esito naturalmente dipenderà dalle norme che saranno adottate.<br />
L’ISA, con sede a Kingston, in Giamaica, stabilisce le regole<br />
per oltre la metà dei fondi oceanici: si tratta di acque internazionaquadrati<br />
del lotto di un’azienda si trovino circa 10.000 chilometri<br />
quadrati (circa lo 0,2 per cento della CCFZ) economicamente<br />
convenienti da sfruttare. Il raccoglitore rimuoverebbe uno strato<br />
superficiale spesso 10-15 centimetri e in questa regione compatterebbe<br />
il fondale. Sui noduli o nel sedimento vive un’ampia<br />
gamma di organismi grandi almeno 50 micrometri. In gran parte<br />
queste creature moriranno durante la perlustrazione o saranno<br />
soffocate dalla nuvola di sedimenti mentre si deposita.<br />
Il resto della biomassa è costituito da microrganismi più piccoli,<br />
come i batteri. Non è chiaro come se la caveranno queste<br />
specie minuscole. Saranno sollevate con il sedimento e poi depositate<br />
a chilometri di distanza. Probabilmente quelle che hanno<br />
bisogno dei noduli come substrato per la propria esistenza non<br />
avranno molta fortuna. Dato che i noduli impiegano milioni di<br />
anni a formarsi e che le comunità biologiche lontane dalle sorgenti<br />
idrotermali nelle profondità dell’oceano si sviluppano lentamente,<br />
è improbabile che le regioni sfruttate si riprendano in<br />
una scala temporale umana. Quasi trent’anni fa, alcuni ricercatori<br />
tedeschi hanno scavato finte rotaie minerarie sul fondo marino,<br />
a 4100 metri di profondità nel Bacino del Perù. Quando sono state<br />
riesaminate nel 2015, sembravano di creazione assai recente.<br />
Un’altra preoccupazione riguarda l’impatto dei pennacchi di<br />
sedimenti creati dal raccoglitore. Deboli correnti di fondo nelle<br />
profondità dell’oceano, che si muovono di centimetri<br />
al secondo, potrebbero spostare le particelle<br />
di sedimento a molti chilometri dal raccoglitore.<br />
Gran parte del sedimento è sottile, con un diametro<br />
di circa 0,02 millimetri e una velocità di deposito<br />
di circa un millimetro al secondo. Questo<br />
sedimento dei pennacchi generati dal raccoglitore,<br />
raggiungendo un’altezza di circa 10 metri nelle<br />
correnti di fondo, potrebbe arrivare a una decina<br />
di chilometri dal luogo dell’estrazione.<br />
Questa stima potrebbe essere troppo semplicistica<br />
dato che le particelle di sedimento tendono<br />
ad aggregarsi in fiocchi più grandi, che si depositerebbero<br />
più velocemente rispetto alle singole<br />
particelle e potrebbero ridurre l’estensione orizzontale dei pennacchi.<br />
Nelle profondità dell’oceano però il ritmo di sedimentazione è<br />
così basso – circa un millimetro ogni 1000 anni – che tracce di sedimento<br />
emesse da un raccoglitore potrebbero soffocare le forme<br />
di vita del fondale anche a grande distanza. Un altro aspetto preoccupante<br />
è il compattamento del fondale. Si potrebbero ottenere informazioni<br />
preziose studiando gli effetti delle occasionali tempeste<br />
abissali che rimuovono i sedimenti dal fondo dei mari.<br />
È difficile valutare l’impatto ambientale ed ecologico dei pennacchi<br />
di sedimenti scaricati dalla nave. In superficie le correnti<br />
oceaniche sono più veloci e c’è più turbolenza. Il tubo di scarico<br />
potrebbe estendersi in basso per centinaia di metri. Il pennacchio<br />
di sedimenti uscito dal tubo avrebbe la forma di un cono, grande<br />
decine di metri, e sarebbe diluito, deformato e spostato di alcuni<br />
chilometri al giorno dalle correnti. Nel nostro esperimento<br />
di febbraio abbiamo studiato il pennacchio con strumenti diversi.<br />
Le correnti oceaniche lo rendevano sinuoso, creando tentacoli<br />
intrecciati da cui abbiamo prelevato campioni. Impiegheremo un<br />
mese o due per ottenere le informazioni più importanti, tra cui la<br />
concentrazione dei sedimenti vicino e lontano dal tubo.<br />
Intanto i ricercatori cercano di stabilire fino a che punto la perdita<br />
di vita in una zona di estrazione si ripercuoterebbe sui sistemi<br />
biologici locali, sulle comunità vicine nelle profondità marine<br />
Nautilus Minerals<br />
Metalli essenziali contenuti in noduli di manganese sono raccolti<br />
dal fondo del Pacifico dalla società canadese Nautilus Minerals.<br />
e addirittura su quelle distanti molti chilometri. Nella CCFZ, l’ISA<br />
ha indicato nove grandi regioni protette e sta mettendo a punto<br />
protocolli per stabilire zone di conservazione dentro ciascuna area<br />
di licenza. Gli esperti seguiranno questi e altri luoghi per vedere<br />
quali effetti si verificheranno.<br />
li dette semplicemente «l’Area». L’ISA, che non ha navi per controllare<br />
le operazioni, ha condiviso questa responsabilità con i paesi<br />
sponsor. Potrebbe revocare la licenza a una compagnia o a un paese,<br />
sospenderne le operazioni o multarli se si scoprisse che l’attività<br />
estrattiva non rispetta gli standard sull’impatto ambientale.<br />
Quattordici Stati membri delle Nazioni Unite hanno firmato ma<br />
non ratificato l’UNCLOS – a partire dagli Stati Uniti – e altri 15<br />
non l’hanno firmata. A quanto pare questi 29 paesi potrebbero effettuare<br />
estrazioni in acque internazionali e calpestare le regole<br />
dell’ISA, che dovrebbe rivolgersi alla politica globale per risolvere<br />
situazioni di questo tipo.<br />
L’organizzazione ha redatto bozze di norme per lo sfruttamento<br />
dell’Area con cui intende coprire tutti gli aspetti: dalla procedura<br />
con approverebbe o rifiuterebbe i contratti per esplorazione e<br />
sfruttamento agli obblighi degli appaltatori, fino alla tutela e alla<br />
conservazione dell’ambiente marino. L’ISA prevede che le norme<br />
saranno attuate entro il 2020. I paesi dovranno scrivere le proprie<br />
regole per gli impianti di lavorazione sulla terraferma.<br />
È interessante anche quello che accade nelle ZEE dei paesi. Queste<br />
acque nazionali costituiscono oltre un terzo degli oceani mondiali.<br />
Alcuni Stati non hanno mari profondi entro 200 miglia nautiche<br />
dalla costa (370 chilometri) . Ma altri sì, in particolare gli Stati<br />
insulari del Pacifico. Alcuni paesi, come Palau, hanno rifiutato l’estrazione<br />
sottomarina. Altre nazioni e regioni, tra cui Tonga, Kiribati<br />
e le Isole Cook, stanno mettendo a punto regole e cercano<br />
partner industriali e internazionali. Le Isole Cook hanno firmato<br />
un contratto con la statunitense Ocean Minerals, concedendole un<br />
diritto di prelazione per esplorare 23.000 chilometri quadrati delle<br />
loro acque alla ricerca di noduli con cobalto.<br />
Simili azioni mostrano che l’attività mineraria sottomarina sta<br />
per concretizzarsi. Visti i crescenti interessi economici e strategici,<br />
nei prossimi cinque-dieci anni alcuni paesi potrebbero dare il via<br />
a estrazioni esplorative. Il Giappone, come detto, ha già iniziato.<br />
Un percorso utile al progresso di tutte le parti in causa prevede<br />
la cooperazione, come avvenuto finora, con procedure di test<br />
industriali su piccola scala, di pari passo con la ricerca scientifica<br />
necessaria. In effetti, gran parte di quello che sappiamo su ecosistemi<br />
e risorse della CCFZ proviene da studi collegati agli appaltatori.<br />
La nostra spedizione da San Diego, per esempio, è stata<br />
finanziata da Massachusetts Institute of Technology e Scripps Institution<br />
of Oceanography, in collaborazione con ISA, U.S. Geological<br />
Survey e GSR. Nel 2019 il programma europeo JPI Oceans<br />
effettuerà uno studio nella CCFZ insieme con ISA e GSR.<br />
Alcune linee guida e standard per le operazioni commerciali potrebbero<br />
essere adattate da settori industriali già esistenti, mentre<br />
altre potrebbero essere nuove. Se le parti continueranno a collaborare,<br />
l’attività mineraria sottomarina potrebbe segnare un punto di<br />
riferimento globale. Storicamente l’estrazione industriale è sempre<br />
arrivata in anticipo rispetto alle norme, pensiamo al fracking, e ha<br />
costretto legislatori e cittadini a rincorrere. Come dice Conn Nugent,<br />
di Pew Charitable Trusts, «abbiamo l’occasione di scrivere le<br />
regole di un’attività estrattiva prima che abbia inizio».<br />
n<br />
PER APPROFONDIRE<br />
Biodiversity, Species Ranges, and Gene Flow in the Abyssal Pacific Nodule<br />
Province: Predicting and Managing the Impacts of Deep Seabed Mining. Studio<br />
tecnico ISA n. 3. International Seabed Authority, 2008.<br />
International Seabed Authority: www.isa.org.jm.<br />
Esperimento sui pennacchi alla Scripps Institution of Oceanography: www.mod.<br />
ucsd.edu/plumex.<br />
86 Le Scienze 599 luglio 2018<br />
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