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Lungo le Strade della Tunisia - 3 Capitoli in anteprima

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lE KEf, l’HAmmAm mEllEGuE,<br />

mACTArIS E lA TAvolA dI GIuGurTA<br />

<strong>le</strong> Kef, veduta genera<strong>le</strong><br />

Tutti ve ne parlano talmente tanto che, se siete di<br />

passaggio da <strong>le</strong> Kef per la curiosità di questa città<br />

romano-bizant<strong>in</strong>o-araba, di sicuro prima o poi vi verrà la<br />

voglia di andarvi. E non resterete delusi, soprattutto per<br />

l’<strong>in</strong>attesa bel<strong>le</strong>zza del paesaggio che sarà la più formidabi<strong>le</strong><br />

scoperta <strong>della</strong> giornata, e vi farà presto dimenticare<br />

il sordido “bagno romano” dentro il qua<strong>le</strong> pochi<br />

vecchi maci<strong>le</strong>nti tentano di curare <strong>le</strong> loro idropisie ed i<br />

dolori articolari rotolandosi nella pisc<strong>in</strong>a e scatarrando<br />

nell’acqua grattandosi <strong>le</strong> loro antiche croste.<br />

Ad ogni modo il primo impatto – magari anche alimentato<br />

da chissà quali lontane <strong>le</strong>tture, da un accenno di un<br />

amico che non vi era potuto andare, o dal<strong>le</strong> allusioni di<br />

compagni d’autobus sosp<strong>in</strong>ti da non so quali esigenze<br />

di ragguagliare gli ospiti – può essere ambiva<strong>le</strong>nte:<br />

da un lato l’attrazione per un manufatto che ha quasi<br />

duemila anni e che, per quanto <strong>in</strong> disord<strong>in</strong>e, testimonia<br />

l’antica sapienza costruttiva romana e l’<strong>in</strong>gegnosità nel<br />

mettere a frutto la sp<strong>le</strong>ndida vena d’acqua calda, formando<br />

del<strong>le</strong> terme fornite di calidarium e tepidarium<br />

senza bisogno di impianti di riscaldamento, senza la<br />

schiera di operai e di schavi che erano necessari <strong>in</strong> altre<br />

e meno felici condizioni naturali.<br />

ma, come dicevo, c’è il rovescio <strong>della</strong> medaglia, con<br />

la sporcizia diffusa e la bassa frequentazione che non<br />

dispiace sia popolare, ma dispiace perché ma<strong>le</strong>ducata.<br />

del resto <strong>le</strong> Kef è una città un po’ strana, un po’ bizzarra,<br />

e sarebbe probabilmente chiedere troppo al dest<strong>in</strong>o<br />

vo<strong>le</strong>r pretendere cose impossibili dai suoi distratti e<br />

chiusi abitanti.<br />

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l’Hotel venus – dopo aver scartato qualche altra topaia<br />

– aveva almeno il merito di aprire una f<strong>in</strong>estra dal<strong>le</strong> imposte<br />

azzurre, <strong>in</strong> una camera abbastanza decente, sulla<br />

visione <strong>in</strong>dimenticabi<strong>le</strong> <strong>della</strong> fortezza o – come viene<br />

chiamata – la Kasba, e sul<strong>le</strong> sue mura lisce, sui suoi spigoli<br />

affilati, sul colore dorato del so<strong>le</strong> che vi si rif<strong>le</strong>tte al<br />

tramonto.<br />

fuori dalla Kasba, a <strong>le</strong> Kef non esistono <strong>le</strong> grandi dimensioni,<br />

non ci sono “fuori scala”, ma piuttosto tutto<br />

si presenta come concentrato, sedimentato, arricchito<br />

dal<strong>le</strong> sovrapposizioni degli avvenimenti, del<strong>le</strong><br />

popolazioni, del<strong>le</strong> vicende, del<strong>le</strong> civiltà.<br />

E <strong>le</strong> sovrapposizioni sono molte, non <strong>in</strong>stricabili, ma comunque<br />

significativamente arricchite nei secoli, sul terveduta<br />

di <strong>le</strong> Kef dall’alto <strong>della</strong> fortezza<br />

* * *<br />

vi ci arrivai direttamente da Tunisi su di un autobus<br />

sferragliante che – alla stazione di arrivo – mi scaricò i<br />

bagagli così coperti di polvere come non li avevo visti<br />

mai nella mia vita. un’<strong>in</strong>serviente del<strong>le</strong> toi<strong>le</strong>ttes mi aiutò<br />

per misericordia a liberarli dal<strong>le</strong> più vistose <strong>in</strong>crostazioni<br />

depositatevisi nel bagagliaio.<br />

Aspettai a lungo un taxi; poi passò f<strong>in</strong>almente uno strano<br />

tipo… che comunque mi trasse d’impaccio.<br />

Anche a lui, mentre l’espressione “Tavola di Giugurta”<br />

non diceva nulla, “Hammam mel<strong>le</strong>g” suscitò un moto<br />

d’animo, e qualche parola, che f<strong>in</strong>almente mi facevano<br />

certo di aver suscitato un po’ di comprensione ed una<br />

percettibi<strong>le</strong> condivisione.<br />

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eno <strong>in</strong> forte pendenza (da 700 a 850 metri d’altitud<strong>in</strong>e)<br />

di Sicca venaria (il nome lat<strong>in</strong>o), Chakbanaria (corruzione<br />

araba del precedente), <strong>le</strong> Kef (la roccia).<br />

ma la città era ancor prima fenicia ed era famosa per<br />

il tempio <strong>della</strong> dea Astarte (identificata <strong>in</strong> venere dai<br />

romani con qualche forzatura) dentro il qua<strong>le</strong> – almeno<br />

secondo va<strong>le</strong>rio massimo – <strong>le</strong> matrone puniche venivano<br />

a praticare la prostituzione sacra, che è una forma di<br />

manifestazione religiosa non solo bizzarra ma parrebbe<br />

anche assai diffusa nell’antichità.<br />

Cristianizzata molto preso, ebbe un vescovo già a partire<br />

dal 256, e già all’<strong>in</strong>izio del v sec. con Sant’Agost<strong>in</strong>o<br />

sviluppò un’<strong>in</strong>tensa vita monastica, che lasciò il campo –<br />

con l’arrivo degli arabi nel maghreb – al<strong>le</strong> lotte fra i capi<br />

turchi di Algeri e quelli di Tunisi. Questi ultimi fecero<br />

<strong>della</strong> Kasba di <strong>le</strong> Kef il baluardo avanzato per contrastare<br />

l’ovest che vo<strong>le</strong>va <strong>in</strong>vaderla.<br />

Ed è proprio la fortezza <strong>in</strong>v<strong>in</strong>cibi<strong>le</strong> che ancor oggi dom<strong>in</strong>a<br />

dall’alto <strong>le</strong> vicende cittad<strong>in</strong>e, accogliendo nel pomeriggio<br />

<strong>le</strong> coppie d’<strong>in</strong>namorati, all’orario di chiusura<br />

del<strong>le</strong> scuo<strong>le</strong> <strong>le</strong> frotte scatenate degli scolari <strong>in</strong> libertà,<br />

e custodendo forse nella notte – quando un guardiano<br />

arcigno r<strong>in</strong>serra la complicata chiusura del portone –<br />

qualche segreto per noi <strong>in</strong>espicabi<strong>le</strong>.<br />

Ed è affacciandosi dal<strong>le</strong> sue mura che si contempla il<br />

pigolare diffuso nel<strong>le</strong> stradette affollate <strong>della</strong> sua chiusa<br />

popolazione un po’ montanara, un po’ el<strong>le</strong>nistico-romana…<br />

f<strong>in</strong>o all’av. Habib Bourghiba dove il caos del<strong>le</strong><br />

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automobili si mischia con la spavalda <strong>in</strong>vasione dei pedoni.<br />

Benché <strong>le</strong> terme e la cisterna romana (la fonte) siano di<br />

proporzioni notevoli e di bel<strong>le</strong> l<strong>in</strong>ee viste da qui sembrano<br />

mesch<strong>in</strong>e.<br />

Né da quassù è <strong>le</strong>cito immag<strong>in</strong>are la quieta poesia di<br />

quell’angolo di mondo chiuso tra il caffè, l’albero contorto<br />

di pioppo imbiancato di calce e <strong>le</strong> cupo<strong>le</strong> ed il f<strong>in</strong>issimo<br />

m<strong>in</strong>areto di Sidi Bou makhlouf e dei suoi sette santi.<br />

Quando si entra nella sala <strong>della</strong> confraternita degli<br />

Aïssaouas (fondata a meknès nel secolo XvI), fra i suoi<br />

stucchi cesellati con non comune f<strong>in</strong>ezza e <strong>le</strong> mattonel<strong>le</strong><br />

smaltate che ricoprono <strong>le</strong> pareti, si può apprendere che<br />

i suoi membri, nel corso del<strong>le</strong> loro riunioni mistiche, non<br />

esitassero a mangiare scorpioni, rettili, piante sp<strong>in</strong>ose e<br />

ve<strong>le</strong>nose.<br />

vi <strong>in</strong>formerà una del<strong>le</strong> discendenti del santo staccandosi<br />

dal gruppo del<strong>le</strong> donne che pregano <strong>in</strong>stancabilmente<br />

nella luce tremula dei ceri, nel profumo pungente<br />

dell’<strong>in</strong>censo.<br />

Quattro colonne antiche sostengono gli archi a pieno<br />

centro che ri<strong>le</strong>gano <strong>le</strong> due cupo<strong>le</strong> di stucco cesellato,<br />

decorato f<strong>in</strong>o all’estenuazione, perché l’occhio dell’arabo<br />

non si stanca mai di seguire i ritmi ripetitivi del<strong>le</strong><br />

decorazioni, traendo un piacere per noi impensabi<strong>le</strong><br />

dalla contemplazione di questi motivi iterativi, nei suoi<br />

pomeriggi oziosi, nel<strong>le</strong> matt<strong>in</strong>e trascorse al caffè o alla<br />

moschea, sgranando i grani d’un rosario che ormai prega<br />

da solo davanti al<strong>le</strong> decoratissime pareti e sotto <strong>le</strong><br />

volte sontuose di stucchi e di lambrecch<strong>in</strong>i.<br />

Anzi: un muro bianco è nella loro mentalità la condanna<br />

all’esilio o alla prigionia. È il colore <strong>della</strong> semplicità,<br />

<strong>della</strong> povertà, <strong>della</strong> modestia che ogni credente deve<br />

riservare agli esterni degli edifici e <strong>della</strong> propria casa,<br />

per non ostentare agli altri la ricchezza decorativa diffusa<br />

negli <strong>in</strong>terni.<br />

* * *<br />

la Basilica (o Grande moschea) che sorge più <strong>in</strong> basso,<br />

la imponente chiesa cristiana si San Pietro (dar el Kous)<br />

col nartece e <strong>le</strong> sue colonne, la s<strong>in</strong>agoga Al-Ghriba ormai<br />

vuota scatola desolata 1 , il mauso<strong>le</strong>o di Ali Turki, la<br />

deliziosa zaouïa dei Qadriya… ma poi è sempre il richiamo<br />

dell’Hammam mel<strong>le</strong>gue che impone di cercare<br />

1 libri, documenti e reliquie dell’antica e devota presenza<br />

ebraica nella città sono stati traslati a Gerusa<strong>le</strong>mme pochi<br />

anni fa. Sicché quasi tutte <strong>le</strong> Guide segnalano l’edificio come<br />

ancora arredato.<br />

affannosamente una macch<strong>in</strong>a (è difficilissimo, ma il vostro<br />

albergatore avrà sempre un cug<strong>in</strong>o…), per raggiungerlo<br />

con un breve viaggio.<br />

Avevo <strong>in</strong> effetti cercato di ricontattare con più te<strong>le</strong>fonate<br />

quell’autista <strong>in</strong>izia<strong>le</strong> che mi aveva tolto d’impaccio<br />

due giorni prima.<br />

Inutilmente.<br />

È <strong>in</strong>credibi<strong>le</strong> come riesca a sottrarsi alla promesse (e comunque<br />

avrebbe anche dovuto essere lavoro per lui…)<br />

qualsiasi tunis<strong>in</strong>o preso da un altro pensiero; e sparire<br />

nel nulla con un’abilità degna d’un giocoliere da circo<br />

o di una volpe del deserto. d’altra parte a <strong>le</strong> Kef non<br />

esistono agenzie di auto a nolo.<br />

Così – tralasciando il primo automedonte, ed accettando<br />

per una volta il suggerimento del receptionista , che<br />

di solito ignoro – mandai a chiamare il “cug<strong>in</strong>o”.<br />

ovviamente non <strong>in</strong>dagai sul grado di parentela. Il fatto<br />

che uno straniero ospite d’albergo viaggi su una<br />

macch<strong>in</strong>a di cui alla reception conoscono la targa ed il<br />

nome dell’autista, è di per sé un <strong>in</strong>dubitabi<strong>le</strong> e rassicurante<br />

garanzia di sereno rientro.<br />

lo mandai a chiamare – dunque – e ci sedemmo a bere<br />

un caffè nel piccolo giard<strong>in</strong>o dell’Hotel, sotto il melograno<br />

avviluppato da un gelsom<strong>in</strong>o.<br />

di tanto <strong>in</strong> tanto un fiorell<strong>in</strong>o profumatissimo cadeva sul<br />

tavolo o dentro il caffè.<br />

osservai a lungo il mio <strong>in</strong>terlocutore taciturno: parlava<br />

poco, ma il volto, pur non illum<strong>in</strong>ato dai lampi dell’<strong>in</strong>telligenza,<br />

dava l’idea di un cuore pacifico e buono, di cui<br />

ci si poteva fidare. E non tanto per andare all’Hammam,<br />

che è una gita tortuosa (che guide consigliano comunque<br />

di non andarci da soli e con la propria auto), quanto<br />

per la meta ambitissima ed un po’ mitologica <strong>della</strong> Tavola<br />

di Giugurta, che avrebbe comportato l’escursione<br />

di una lunga giornata.<br />

misi dunque sul tavolo del<strong>le</strong> nostre ormai cordialissima<br />

trattative <strong>le</strong> due dest<strong>in</strong>azioni, per discuterne un po’ <strong>le</strong><br />

modalità e ricavarne la cifra, il più possibi<strong>le</strong> accettabi<strong>le</strong>,<br />

del prezzo.<br />

la prima meta sembrò qualcosa di scontato ad entrambi,<br />

e la cifra ragionevo<strong>le</strong>; la seconda – accompagnata<br />

dalla mia richiesta se conoscesse bene la Tavola di Giugurta,<br />

la strada per arrivarvi e quante volte vi fosse stato<br />

– ebbe una risposta così s<strong>in</strong>tetica che avrebbe dovuto<br />

mettermi <strong>in</strong> guardia.<br />

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Hammam mal<strong>le</strong>gue<br />

Ho già anticipato all’apertura di questo capitolo la impressione<br />

del “famoso” Hammam mel<strong>le</strong>gue: fu più<br />

lunga la passeggiata attorno al<strong>le</strong> rov<strong>in</strong>e smozzicate ma<br />

ancora imponenti del comp<strong>le</strong>sso terma<strong>le</strong> del II secolo,<br />

<strong>in</strong> una confusione di mura ed archi di quello che fu<br />

un tempo “una testimonianza… da sperimentare <strong>della</strong><br />

sensua<strong>le</strong> vita lussuosa dei ricchi romani del passato”<br />

(sic! così <strong>in</strong> una diffusissima guida turistica); che non la<br />

permanenza nell’<strong>in</strong>terno del sozzo calidarium dove pochi<br />

vecchi maci<strong>le</strong>nti s’illudono di ritrovare la forma fisica<br />

rotolandosi sul fondo viscido <strong>della</strong> vasca e succhiando<br />

con <strong>le</strong> bocche sdentate l’acqua direttamente dal tubo<br />

rugg<strong>in</strong>oso del condotto.<br />

Poiché il liquido a 35° è ricco di e<strong>le</strong>menti ferrosi, tutto<br />

l’ambiente, al qua<strong>le</strong> si accede attraverso una pesante<br />

porta di <strong>le</strong>gno, è divenuto nei secoli viscido e rosso-scuro;<br />

mentre i grad<strong>in</strong>i sono divenuti <strong>in</strong>sidiosamente lisci<br />

per il passaggio di quaranta e più generazioni.<br />

Il viaggiatore, provato dai cont<strong>in</strong>ui sali-scendi del<strong>le</strong> stradette<br />

di <strong>le</strong> Kef, troverà conforto e più che altro sollievo<br />

spiritua<strong>le</strong> non tanto nella fetida vasca quanto dall’esperienza<br />

del dolce paesaggio <strong>in</strong>contam<strong>in</strong>ato che si attraversa<br />

2 per raggiungere l’Hammam; ed ancor più dallo<br />

sfondo da bucolica virgiliana <strong>in</strong> cui esso è <strong>in</strong>castonato.<br />

E proprio da questo fui attratto irresistibilmente, nonostante<br />

il mio accompagnatore mi avvertisse, con brevi<br />

proteste brontolate, che non era luogo da aggirarvisi<br />

da solo.<br />

lui, <strong>in</strong>tanto, si accoccolò presso l’automobi<strong>le</strong> – il cui<br />

vetro destro non poteva venire aperto mentre quello<br />

s<strong>in</strong>istro non poteva essere chiuso – che comunque non<br />

avrebbe abbandonato per nessun motivo al mondo.<br />

Aveva anche impressa negli occhi come la drammatica<br />

sensazione di essere capitato fuori dal mondo, cioè fuori<br />

da quello unico suo, fuori da <strong>le</strong> Kef!<br />

2 Purtroppo una del<strong>le</strong> ragioni per cui è così “<strong>in</strong>contam<strong>in</strong>ato”<br />

è che alcune basi di addestramento dell’esercito tunis<strong>in</strong>o vi<br />

sono di stanza e la zona è delicata <strong>in</strong> rapporto alla sicurezza e<br />

cartelli allarmanti punteggiano i lati <strong>della</strong> strada asfaltata che<br />

si percorre per arrivare all’Hammam.<br />

67


miei occhi – evidentemente privi<strong>le</strong>giati – è rimasto il<br />

timbro <strong>in</strong>dimenticabi<strong>le</strong> di quell’<strong>in</strong>tenso, nettissimo azzurro-turchese<br />

di quel giorno.<br />

E poiché era così <strong>in</strong>tenso e così impareggiabi<strong>le</strong> com<strong>in</strong>ciai<br />

a seguirne <strong>in</strong> una passeggiata il corso mol<strong>le</strong>mente<br />

adagiato dentro il <strong>le</strong>tto di sabbia f<strong>in</strong>issima, chiara, quasi<br />

bianca, ricavata lungo i mil<strong>le</strong>nni dal<strong>le</strong> acque che scavavano<br />

rocce numidiche lontane da quel<strong>le</strong> rosse del<strong>le</strong><br />

scarpate.<br />

vorrei – la voglia è tanta – avere una volta l’opportunità<br />

di descrivere la toccante bel<strong>le</strong>zza paesaggistica di<br />

questi fiumi che attraversano la <strong>Tunisia</strong> dei campi sterm<strong>in</strong>ati,<br />

cont<strong>in</strong>ui a vista d’occhio, <strong>le</strong>ggermente ondulati<br />

del<strong>le</strong> coltivazioni dei cereali che nell’entroterra, e f<strong>in</strong>o<br />

al<strong>le</strong> montagne, subentrano agli ulivi.<br />

ma per ora ho davanti a me il fiume mel<strong>le</strong>gue: il suo corso<br />

serpent<strong>in</strong>ato mi si avvic<strong>in</strong>a e mi si allontana mentre<br />

camm<strong>in</strong>o tra gli alberi. Puntando bene gli occhi nella<br />

luce del so<strong>le</strong> sfolgorante di questo giorno <strong>in</strong>comparabi<strong>le</strong><br />

vedo nel<strong>le</strong> lontananze uno o due pescatori, <strong>in</strong> attesa,<br />

con la loro canna da pesca…<br />

“dunque questo fiume benedetto è anche pescoso”…:<br />

stavo rimug<strong>in</strong>ando questi pensieri dentro di me, quando<br />

mi sentii progressivamente <strong>in</strong>fastidito dalla sensamarabutto<br />

di Sidi Abdeljaoued: veduta dell’esterno (sopra) e dell’<strong>in</strong>terno (a destra)<br />

m’<strong>in</strong>oltrai lungo quel<strong>le</strong> rive benedette di terra rossa che<br />

a tratti decl<strong>in</strong>a, a tratti precipita verso il <strong>le</strong>tto serpeggiante<br />

e piatto, sabbioso, <strong>della</strong> mel<strong>le</strong>gue di colore – almeno<br />

quel giorno – azzurro turchese, impareggiabi<strong>le</strong>.<br />

Certo, non posso negare che anche l’ambiente terma<strong>le</strong><br />

sia molto “autentico” ed <strong>in</strong> qualche modo “<strong>in</strong>contam<strong>in</strong>ato”,<br />

ma il paesaggio natura<strong>le</strong> che lo avvolge con una<br />

serie di coll<strong>in</strong>e decorate di p<strong>in</strong>i e di g<strong>in</strong>estre, ed <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e<br />

con l’improvvisa scarpata rossastra che <strong>in</strong>troduce all’impianto<br />

romano, lo è ancor di più, decl<strong>in</strong>ando <strong>in</strong>sieme a<br />

queste caratteristiche, quella unica di uno charme profumato<br />

di res<strong>in</strong>e e di poesia antica, ricca di riferimenti<br />

classici quanto un quadro del<strong>le</strong> campagne romane di<br />

Pouss<strong>in</strong>.<br />

Il fiume mel<strong>le</strong>gue (è detto uadi, ma non corrisponde<br />

all’idea europea che abbiamo di questo term<strong>in</strong>e, perché<br />

ad esso non manca mai l’acqua) nato <strong>in</strong> Algeria<br />

sul<strong>le</strong> montagne a sud-ovest, che fanno da conf<strong>in</strong>e tra<br />

i due stati, dopo <strong>le</strong> terme di cui abbiamo parlato irriga<br />

la regione di <strong>le</strong> Kef e dopo aver formato un lungo lago<br />

prima di Jendubba, è tributario <strong>della</strong> medjerda, che va<br />

poi a gettarsi nel mediterraneo non troppo lontano da<br />

Bizerte.<br />

ma veramente non so perché tutte <strong>le</strong> guide parl<strong>in</strong>o del<strong>le</strong><br />

sue acque come di “un colore verde torbido”; nei<br />

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zione che qualcuno mi osservasse da dietro. Con gli<br />

occhi puntati alla mia nuca. mi girai: nulla. mi rigirai – e<br />

questa volta repent<strong>in</strong>amente – ed ecco che scorsi il mio<br />

apprensivo automedonte che, facendosi schermo degli<br />

alberi, spiava che cosa facesse il suo bizzarro cliente.<br />

lo salutai con la mano e lo rimandai a custodire il mezzo.<br />

ma ormai <strong>in</strong> qualche modo l’<strong>in</strong>canto era rotto, e<br />

mezz’ora dopo anch’io <strong>in</strong>terruppi i casti piaceri <strong>della</strong><br />

contemplazione, rigirai i miei piedi, e tornai all’automobi<strong>le</strong>,<br />

perché m’<strong>in</strong>fastidiva l’essere l’orig<strong>in</strong>e del<strong>le</strong> ansie<br />

di qualcuno.<br />

Il ritorno fu un po’ più taciturno dell’andata, essendo dim<strong>in</strong>uita<br />

da parte mia l’esigenza di <strong>in</strong>formarmi. ma l’autista<br />

mi vedeva contento, e dunque – pur senza comprendere<br />

la ragione <strong>della</strong> mia attitud<strong>in</strong>e spiritua<strong>le</strong> – era<br />

di rif<strong>le</strong>sso sereno e sorridente anche lui.<br />

davanti all’Hotel venus, gli diedi dunque appuntamento<br />

per l’<strong>in</strong>domani matt<strong>in</strong>a, assai presto, perché la giornata,<br />

dedicata al<strong>le</strong> memorie di Sallustio e di Giugurta si<br />

prospettava lunga.<br />

“Conosci la strada? Ci sei già andato?”: tutte <strong>le</strong> risposte<br />

furono affermative e tutte poco conv<strong>in</strong>centi.<br />

Cosicché la notte nella camera che prospettava sul<strong>le</strong><br />

mura <strong>in</strong>combenti <strong>della</strong> fortezza, non fu tanto facilmente<br />

visitata dalla dolce compagnia di morfeo. E mentre mi<br />

rigiravo nel <strong>le</strong>tto, e mentre ripensavo ormai più che alla<br />

giornata alla qualità dei rapporti <strong>in</strong>staurati con l’autista<br />

ed il suo poco confortevo<strong>le</strong> mezzo, mi venne <strong>in</strong> mente<br />

un’altra cosa. m’addormentai, e sognai città romane.<br />

l’automobi<strong>le</strong> m’aspettava probabilmente da tempo,<br />

quando uscii dall’Hotel la matt<strong>in</strong>a presto.<br />

Allora…allora, approfittando <strong>della</strong> situazione favorevo<strong>le</strong><br />

reciproca che si era creata, pretesi, sui due piedi, quello<br />

che il giorno prima non avrei mai osato pretendere:<br />

cambiando programma d’amblé costr<strong>in</strong>si, con modi un<br />

po’ spicci, il mio presunto dragomanno a condurmi lungo<br />

<strong>le</strong> pianure paral<strong>le</strong><strong>le</strong> ed opposte f<strong>in</strong>o alla maktaris che<br />

fu cartag<strong>in</strong>ese, poi del re numida mass<strong>in</strong>issa, poi romana,<br />

poi vandala e bizant<strong>in</strong>a: avevo <strong>le</strong>tto durante la notte,<br />

nel<strong>le</strong> pause del sonno tormentato, che tutti vi hanno lasciato<br />

segni <strong>della</strong> loro permanenza. Ero preso da un’esigenza,<br />

strana ma chiarissima, di calpestarne <strong>le</strong> pietre.<br />

vi arrivammo dopo oltre due ore di brontolii, sa<strong>le</strong>ndo<br />

con l’auto il declivo del <strong>le</strong>ggero rialzo <strong>della</strong> pianura entro<br />

la qua<strong>le</strong> l’ambientazione dei resti romani è davvero più<br />

suggestiva di come la dip<strong>in</strong>gano i libri di archeologia.<br />

Era una giornata un po’ strana: il cancello <strong>della</strong> rec<strong>in</strong>zione<br />

<strong>della</strong> città romana, fermato con una grossa catena<br />

di ferro ed un lucchetto, chiudeva nella sua conchiglia<br />

verde un assoluto, disperato si<strong>le</strong>nzio.<br />

l’autista si fermò <strong>in</strong> piedi presso il suo mezzo, un po’<br />

lontano dal cancello.<br />

A destra c’era la piccola costruzione con il guichet per i<br />

biglietti, posto davanti all’edificio quadrato del museo<br />

che sapevo contenere il grande mosaico con un vero<br />

e proprio campionario di tutti gli animali del Nordafrica,<br />

compresi i pavoni; e l’altro raffigurante venere, tolto<br />

dall’omonima casa romana.<br />

Pareva evidente che il custode si fosse allontanato per<br />

certe sue urgenti <strong>in</strong>combenze, o più semplicemente per<br />

andare al caffè: urgenza costantemente presente nella<br />

testa di un tunis<strong>in</strong>o, a qualsiasi ora del giorno.<br />

mi aggrappai per celia al cancello, che si aprì subito,<br />

perché la catena era solo appoggiata ad una del<strong>le</strong> aste,<br />

e il lucchetto era forse arrugg<strong>in</strong>ito da decenni.<br />

A quel punto <strong>in</strong> cui avevo ben bene realizzati che quella<br />

volta avrei compiuto la visita senza il biglietto, mi accorsi<br />

di non essere solo sulla strada che per un breve<br />

decl<strong>in</strong>o dirige al foro romano: due personaggi, <strong>in</strong> jubba<br />

e sformati abiti europei – mezzo e mezzo – spuntati da<br />

chissà dove, prendevano il mio steso camm<strong>in</strong>o sogguardandomi<br />

come per dirmi: “Che cosa aspetti a pagarci<br />

il prezzo del biglietto?”. Poiché il clandest<strong>in</strong>o li ignorava,<br />

essi – comunque abusivi – cont<strong>in</strong>uarono a seguirmi<br />

sedendosi ogni volta a pochi metri da dove mi sedevo.<br />

fu un buffissimo <strong>in</strong>seguimento; loro <strong>in</strong>decisi, titubanti, a<br />

provarci; io decisissimo a ignorarli, percorrendo <strong>in</strong> tutta<br />

calma e <strong>in</strong> quasi comp<strong>le</strong>ta solitud<strong>in</strong>e <strong>le</strong> rov<strong>in</strong>e disperse<br />

su una vasta area, dall’Arco di Traiano alla Torre bizant<strong>in</strong>a,<br />

dal Tempio di Bacco al foro Numida, f<strong>in</strong>o alla chiesa<br />

dei vandali ed all’<strong>in</strong>teressantissima Schola juvenum<br />

nei cui ambienti i ragazzi locali dovevano apprendere<br />

ad essere buoni romani. Non è faci<strong>le</strong> riconoscerne la<br />

struttura perché già nel III secolo d.C. era stata trasformata<br />

<strong>in</strong> chiesa cristiana; ci vorrebbe forse un occhio più<br />

archeologicamente al<strong>le</strong>nato del mio per seguirne <strong>le</strong> l<strong>in</strong>ee<br />

del<strong>le</strong> trasformazioni. Ed allora mi limito a goderne<br />

l’amenità <strong>della</strong> collocazione, l’ombra gradevo<strong>le</strong> che vi è<br />

diffusa da alcuni grandi alberi, il magico si<strong>le</strong>nzio.<br />

All’uscita – i due borbottanti sono rimasti <strong>in</strong>dietro,<br />

seduti su un muretto – ritrovo la macch<strong>in</strong>a girata di<br />

direzione, pronta a partire.<br />

70


Cisterna sulla Tavola di Jugurtha<br />

rientriamo a <strong>le</strong> Kef senza parlare (un altro paio d’ore,<br />

forse più, di strade non comodissime); ma nel volto<br />

di Haiman <strong>le</strong>ggo senza troppa fatica l’<strong>in</strong>terrogativo<br />

circa il suo dest<strong>in</strong>o e quello <strong>della</strong> Tavola di Giugurta.<br />

la mia abitud<strong>in</strong>e è di pagarlo ogni sera, ma sono sicuro<br />

che è preoccupato per la meta pr<strong>in</strong>cipa<strong>le</strong>, per la<br />

qua<strong>le</strong> mi aveva richiesto un compenso di tutto rispetto,<br />

evidentemente – lo <strong>in</strong>tuivo – un po’ esagerato.<br />

* * *<br />

A considerare a posteriori gli spostamenti di quei tre<br />

giorni, <strong>le</strong> prime due escursioni furono solo una preparazione,<br />

un al<strong>le</strong>namento.<br />

Ed, alla f<strong>in</strong>e, partimmo verso <strong>le</strong> terre descritte da Sallustio,<br />

verso la mistica roccia sulla cui piattaforma il<br />

nipote di mass<strong>in</strong>issa – l’acerrimo nemico dei romani<br />

– lo spietato ed <strong>in</strong>fido Giugurta 3 aveva potuto resistere<br />

così a lungo.<br />

3 Così ci viene descritto dal<strong>le</strong> fonti <strong>le</strong>tterarie romane, qu<strong>in</strong>di<br />

dalla prospettiva del v<strong>in</strong>citore.<br />

Tutto ciò frullava nel mio cervello, tra ricordi scolastici<br />

e <strong>le</strong>tture recenti; ma <strong>in</strong>tanto il mio buon Haiman<br />

aveva <strong>in</strong>granato la marcia ed imboccava ad andatura<br />

moderata la strada che avrebbe dovuto condurci verso<br />

la meta che – come appresi più tardi – non aveva<br />

la m<strong>in</strong>ima idea ove si trovasse.<br />

Compresi, poi, che certamente aveva chiesto <strong>in</strong> giro,<br />

a cug<strong>in</strong>i e parenti, dove avrebbe dovuto dirigersi per<br />

trovare la strama<strong>le</strong>detta Tavola di Giugurta; ma dovetti<br />

dedurne lungo il camm<strong>in</strong>o che ne aveva avuto<br />

<strong>in</strong>dicazioni varie, variegate e contraddittorie.<br />

<strong>le</strong> <strong>in</strong>dicazioni <strong>della</strong> mia guida erano abbastanza<br />

str<strong>in</strong>gate, ma giuste: e con l’aiuto di una dec<strong>in</strong>a di<br />

<strong>in</strong>formatori a vari bivi e svolte, e con <strong>le</strong> risposte guidate<br />

più dall’entusiasmo che dal buonsenso, alla<br />

f<strong>in</strong>e arrivammo ai piedi di questo blocco, di questo<br />

cil<strong>in</strong>dro di pietra magnifico, dal<strong>le</strong> pareti perfettamente<br />

verticali, che da più di un’ora visualizzavamo<br />

da lontano nel<strong>le</strong> ondulazioni sterm<strong>in</strong>ate dei campi<br />

di cereali.<br />

71


Giugurta ne aveva fatto la sua base (ed il suo ultimo<br />

e sfortunato rifugio) durante i sette anni 4 <strong>della</strong> guerra<br />

con roma. doveva aver avuto dei sostanziosi magazz<strong>in</strong>i<br />

di vettovaglie, Giugurta…perché sopra il plateau<br />

non cresce nemmeno un alberello degno di questo<br />

nome. forse l’acqua se la sarà procurata, sfruttando<br />

<strong>le</strong> molte vasche rettangolari che vi si trovano scavate,<br />

quando pioveva; se pioveva. Se ci sia una sorgente<br />

non lo scoprimmo, ma la conformazione geologica<br />

lo escluderebbe.<br />

Ad ogni modo, avendo accuratamente <strong>le</strong>tto tutte <strong>le</strong><br />

<strong>in</strong>formazioni che mi servivano, mi ero munito di due<br />

bottiglie di acqua e di un enorme sandwich ripieno di<br />

ogni ben di dio, anche del<strong>le</strong> cose più disparate, alla<br />

4 dal 112 al 105 a.C.<br />

maniera araba. Avevo raccomandato ad Haiman di<br />

fare lo stesso, ed avevo <strong>in</strong>sistito.<br />

Naturalmente partì con soltanto una scato<strong>le</strong>tta di<br />

succo di frutta, scontandone più tardi <strong>le</strong> conseguenze,<br />

perché l’imprevidenza degli arabi è proverbia<strong>le</strong><br />

ed andava confermata.<br />

ma non bisogna precipitare gli eventi che <strong>in</strong>vece si<br />

svolsero con una progressione <strong>le</strong>nta, un po’ <strong>in</strong>certa<br />

all’<strong>in</strong>izio, ed <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e trionfante nella luce di un mezzogiorno<br />

pieno di so<strong>le</strong> entro lo spazio di un orizzonte<br />

d’<strong>in</strong>comparabi<strong>le</strong> suggestione, il più vasto che sia<br />

dato d’immag<strong>in</strong>are.<br />

lasciata la macch<strong>in</strong>a ai piedi <strong>della</strong> montagna, nella<br />

mani d’un improvvisato custode, proprio là dove un<br />

tempo un robusto cancello bizant<strong>in</strong>o chiudeva l’ac-


L’altopiano <strong>della</strong> Tavola di Giugurta, visione comp<strong>le</strong>ssiva e particolare <strong>della</strong> spianata


cesso alla sca<strong>le</strong>tta scavata nella roccia, <strong>in</strong>com<strong>in</strong>ciammo<br />

cautamente a salire. Avevo <strong>in</strong>sistito perché Haiman<br />

restasse comodamente <strong>in</strong> auto, dato che non<br />

era diffici<strong>le</strong> <strong>in</strong>dividuare tutte <strong>le</strong> sue perp<strong>le</strong>ssità così<br />

ben dip<strong>in</strong>te sul volto <strong>in</strong>genuo.<br />

fu <strong>in</strong>vece irremovibi<strong>le</strong>: la consegna di non perdere di<br />

vista lo straniero doveva essere stata perentoria; e di riportarlo<br />

la sera al venus, a pagare il conto, altrettanto.<br />

È giusto anche ricordare che per salire sulla Tavola<br />

di Giugurta bisognerebbe disporre di un permesso<br />

particolare <strong>della</strong> Guardia Naziona<strong>le</strong>, che noi non avevamo.<br />

ma allora questa zona <strong>della</strong> <strong>Tunisia</strong> – progressivamente<br />

nel<strong>le</strong> mani dei Salafiti – era abbastanza<br />

tranquilla; e la gente <strong>in</strong>contrata lungo la strada, un<br />

po’ imprecisa, ma cordia<strong>le</strong>.<br />

All’<strong>in</strong>izio l’ascesa era resa difficoltosa dalla irregolarità<br />

dei grad<strong>in</strong>i, per giunta piuttosto alti. Poi, la sca<strong>le</strong>tta,<br />

che ora entrava <strong>in</strong> breve tunnel dentro la roccia,<br />

ora usciva alla luce, parve niente di più di una di quei<br />

sentier<strong>in</strong>i, a tratti con grad<strong>in</strong>i, che s’<strong>in</strong>erpicano lungo<br />

<strong>le</strong> pendici del<strong>le</strong> Alpi.<br />

Però non si vedeva nulla guardando <strong>in</strong> su; e se mi<br />

giravo <strong>in</strong>dietro vedevo tutt’al più tre o quattro grad<strong>in</strong>i,<br />

a causa del<strong>le</strong> cont<strong>in</strong>ue svolte a gomito. Tutto il<br />

risultato <strong>della</strong> salita era lasciato all’immag<strong>in</strong>azione, o<br />

tutt’al più al rimug<strong>in</strong>are quanto avevo <strong>le</strong>tto.<br />

Haiman, che naturalmente non aveva <strong>le</strong>tto proprio<br />

nulla, e che non poteva nemmeno rimug<strong>in</strong>are ricordi<br />

che dichiarava ma che non possedeva, camm<strong>in</strong>ava<br />

senza guardare né <strong>in</strong> alto né <strong>in</strong> basso, tenendo cautamente<br />

(ed alternativamente) una del<strong>le</strong> mani a strisciare<br />

lungo il muro di pietra, nel senso dell’ascensione.<br />

Se n’era stato via una mezz’ora quando l’avevo mandato<br />

a recuperarmi il bastone chiodato dimenticato<br />

<strong>in</strong> automobi<strong>le</strong>.<br />

E tornò – quando mi raggiunse, perché avevo dovuto<br />

fermarmi ad aspettarlo – un po’ con gli occhi fuori<br />

dalla testa, perché – mi disse – aveva sentito dist<strong>in</strong>tamente<br />

“versi” di cavalli.<br />

ora, poiché non avevo <strong>le</strong>tto <strong>in</strong> nessun luogo che la<br />

roccia <strong>in</strong>espugnabi<strong>le</strong> fosse del tutto priva di qualsiasi<br />

forma di vita, gli risposi rassicurante che qualche nitrito<br />

ci poteva anche stare.<br />

Quando poi si spunta sulla cima piatta, a 1271 mt. di altitud<strong>in</strong>e,<br />

un branco di cavall<strong>in</strong>i magri e di piccola taglia<br />

seguito da un ragazzo con un bastone fugge galoppando<br />

verso destra, e va a nascondersi dietro l’edificio<br />

di un marabutto (miracoloso e segnalato dal<strong>le</strong> guide)<br />

con la porta dip<strong>in</strong>ta di verde e circondato da un muro.<br />

dentro c’è la tomba venerata del santo, coperta di<br />

tessuti per lo più verdi e rossi o neri; e accanto una<br />

pi<strong>le</strong>tta con un po’ d’acqua. lo tocco più volte con la<br />

fronte, perché chi non ha talvolta qualche miracolo<br />

da chiedere? ed <strong>in</strong>oltre se è venerato, e se c’è qualcuno<br />

che s’<strong>in</strong>erpica f<strong>in</strong> quassù per accudirlo, dei meriti<br />

se li sarà dovuti procacciare <strong>in</strong> vita o <strong>in</strong> morte.<br />

Sulla destra, seguendo il sentiero poco oltre il marabutto,<br />

si stagliano <strong>le</strong> sp<strong>le</strong>ndide rov<strong>in</strong>e di una chiesa<br />

bizant<strong>in</strong>a scoperchiata da secoli. mi avvic<strong>in</strong>o – sempre<br />

seguito ad una certa distanza dal mio automedonte<br />

guard<strong>in</strong>go – e purtroppo resto un po’ disgustato dallo<br />

spettacolo di vero <strong>le</strong>tamaio cui ne hanno ridotto l’<strong>in</strong>terno<br />

<strong>le</strong> molte pecore bianche e brune che un pastore<br />

sui vent’anni, orribilmente sporco e coperto di panni<br />

di lana fetidi (ma credo che qui possa fare davvero<br />

molto freddo di notte), sosp<strong>in</strong>ge lontano da me aiutato<br />

da un cane r<strong>in</strong>ghioso e d’<strong>in</strong>credibi<strong>le</strong> bruttezza.<br />

<strong>le</strong> due greggi e i due ragazzi sembrano l’unica forma<br />

di vita sopra la Tavola di Giugurta.<br />

ma da qui, da questa postazione, come posso dire, <strong>in</strong><br />

qualche modo “antropizzata”, ancora non si percepisce<br />

<strong>in</strong> tutta la sua ampiezza l’orizzonte tondeggiante<br />

del tavolato roccioso che è <strong>le</strong>ggermente <strong>in</strong>cl<strong>in</strong>ato e<br />

si drizza un po’ più alto verso sud-est. verso ovest <strong>in</strong>vece<br />

si vedono già coll<strong>in</strong>e, e più lontano montagne,<br />

che s’<strong>in</strong>nalzano oltre il vic<strong>in</strong>o conf<strong>in</strong>e dell’Algeria.<br />

È passato il mezzogiorno ed ho fame e sete.<br />

Invito Haiman, che ha gettato la sua scato<strong>le</strong>tta già<br />

all’<strong>in</strong>izio dell’ascensione <strong>della</strong> rampa tortuosa dei<br />

grad<strong>in</strong>i, a servirsi del mio cibo e <strong>della</strong> mia acqua. Non<br />

solo non accetta, ma resta <strong>in</strong> piedi, con <strong>le</strong> mani dietro<br />

la schiena, fuori dal muretto, mentre io mi prendo<br />

una lunga sosta ristoratrice.<br />

Non capisco, e non capirò mai, certi comportamenti degli<br />

arabi: forse il cibo è contam<strong>in</strong>ato dal tocco del non<br />

credente? forse sto profanando la sacralità del marabutto<br />

mangiando nel sacro rec<strong>in</strong>to? Naturalmente lui non<br />

aprirà bocca, non si permetterà di formulare alcun giudizio.<br />

Ed <strong>in</strong>tanto io resto coi miei <strong>in</strong>terrogativi irrisolti.<br />

uscendo, mi accorgo di essere tenuto d’occhio dai<br />

due ragazzi, che però non mostrano di avere tra di<br />

loro una qualche forma di complicità; e del resto sono<br />

74


ormai anche lontani, al seguito dei loro branchi <strong>in</strong> movimento.<br />

Perciò non mi preoccupo. È evidente che la<br />

“novità” dello straniero crei un momento di vivacità<br />

o di <strong>in</strong>teresse nella piatta monotonía dei loro giorni.<br />

* * *<br />

Al riparo del muretto del santo l’erba è senza dubbio<br />

più verde ed anche piena di fiori gialli e viola dai lunghi<br />

steli; come se sotto la poca terra qui raccolta si<br />

radunasse un po’ d’acqua percolante non so da dove.<br />

ma fuori – mentre ci avviamo verso l’ignoto- prendo<br />

atto che tutto ciò che abbiamo sotto i piedi è una<br />

roccia di tipo carsico, nei cui frequenti <strong>in</strong>terstizi si radunano<br />

<strong>in</strong> gara tra loro mazzetti e tappet<strong>in</strong>i di fiori<br />

piccolissimi, bellissimi. dal giallo pallido, all’arancione,<br />

al blu, al viola, al rosa, all’azzurro: è l’esplosione<br />

di una microflora <strong>in</strong>dimenticabi<strong>le</strong>. 5<br />

E licheni, <strong>in</strong> ta<strong>le</strong> quantità e qualità, da farmi pensare<br />

che il paesaggio avrebbe travolto i sensi di Sbàrbaro<br />

f<strong>in</strong>o allo sf<strong>in</strong>imento.<br />

mi calco ben bene il berrett<strong>in</strong>o sulla testa, mentre<br />

camm<strong>in</strong>iamo così vic<strong>in</strong>i al so<strong>le</strong>, e rimprovero Haiman<br />

di non averne portato uno.<br />

5 Era il mese di marzo del 2010.<br />

ma il mio angelo custode non se ne cura, perché ha<br />

ben altra preoccupazione.<br />

Accorgendosi che mi avvic<strong>in</strong>o sempre più ai bordi,<br />

al labbro del tavolato per sforzarmi di vedere i dettagli<br />

dei panorami lontani, ma nel contempo anche<br />

di misurare tutta la circonferenza <strong>della</strong> Tavola, preoccupato<br />

che io possa cadere nel vuoto, mi camm<strong>in</strong>a<br />

davanti, va lui verso i labbri estremi, m’<strong>in</strong>dica quelli<br />

che secondo lui sono pericoli da evitare.<br />

Certo, i bordi sono pericolosi, ma il precipizio che<br />

possiamo vedere sotto di noi è <strong>in</strong>ebriante.<br />

Talora si percepisce, sp<strong>in</strong>gendosi proprio <strong>in</strong> punti<br />

estremi, che una fetta di roccia è precipitata a val<strong>le</strong>,<br />

come tagliata da un immane coltello; e la ferita mostra<br />

un colore più chiaro e più vivo – “nuovo” – <strong>della</strong><br />

roccia carsica.<br />

Alcune fenditure lunghe lunghe sotto i nostri piedi,<br />

così profonde che se vi si butta un sasso non se ne<br />

sente il tonfo, fanno pensare che <strong>le</strong> cadute siano periodiche.<br />

ma, allora, doveva essere molto più ampia<br />

la tavola all’epoca di Giugurta? se <strong>in</strong> parte è franata<br />

sui propri <strong>le</strong>mbi?<br />

Probabilmente è proprio così, a giudicare dalla quan-<br />

75


tità di pietrame marcio che si è accumulato nei secoli<br />

e nei mil<strong>le</strong>nni ai piedi del gigante solitario, <strong>della</strong><br />

sent<strong>in</strong>ella dell’immenso Sahel che si sp<strong>in</strong>ge f<strong>in</strong>o ai<br />

monti dell’Algeria, <strong>della</strong> roccia ferita dal tempo, ma<br />

nemmeno vagamente scalfita dagli uom<strong>in</strong>i che pure<br />

se ne sono serviti nel passato, e per quanto modestissimamente<br />

se ne servono anche oggi per qualche<br />

cavall<strong>in</strong>o e per un gregge di pecore che potrebbe<br />

benissimo brucare altrove un’erba meno magra.<br />

Già, ma allora ai tempi di roma e di Giugurta, come<br />

era organizzata la vita di un campo militare con molti<br />

uom<strong>in</strong>i rifugiati sopra il plateau?<br />

Sembra che, senza averla formulata, la domanda <strong>in</strong>teressi<br />

anche Haiman, perché si aggira con me ad esam<strong>in</strong>are<br />

i resti di vasche scavate per l’acqua ed i pochi,<br />

pochissimi altri segni di lontane presenza umane.<br />

ma – anche per restare solo sul più semplice e sul più<br />

recente – transeat per gli ov<strong>in</strong>i che sono più adatti a<br />

salire quella scala contorta; ma gli equ<strong>in</strong>i da dove li<br />

hanno fatti salire?<br />

di sicuro Giugurta doveva avere magazz<strong>in</strong>i di cereali<br />

e riserve (probabilmente viventi) di carni, perché qua<br />

sopra non cresce proprio niente, forse un orticello <strong>in</strong><br />

prossimità del<strong>le</strong> deiezioni degli animali…<br />

mah… Chi lo sa. Né la guida lonely-Planet né Sallustio<br />

ci danno una mano a capire.<br />

E tuttavia ciò non ci impedisce di cont<strong>in</strong>uare ad<br />

esplorare, anzi mi accorgo presto che l’apatico automedonte<br />

– il falso, il millantatore – che camm<strong>in</strong>a<br />

un po’ avanti un po’ <strong>in</strong>dietro, è perf<strong>in</strong>o più preso di<br />

me nell’esplorare la roccia e nel puntare gli occhi<br />

lontano per cercare di riconoscere quel<strong>le</strong> città e quei<br />

villaggi, ri<strong>le</strong>gati tra loro da sottili e brillanti nastri d’asfalto,<br />

che punteggiano il fantasmagorico panorama,<br />

e che lui dovrebbe poter chiamare per nome.<br />

Passano veloci due-tre ore e mi accorgo che si sta<br />

stancando, dai segni un po’ sconvolti che gli <strong>le</strong>ggo <strong>in</strong><br />

volto: con quel so<strong>le</strong> a picco limpidissimo ed implacabi<strong>le</strong><br />

(senza occhiali e senza niente <strong>in</strong> testa), con tutto<br />

quel camm<strong>in</strong>are ora rapido per una nuova scoperta,<br />

ora ral<strong>le</strong>ntato da una nuova contemplazione (senza il<br />

conforto di alcun cibo); con tutte quel<strong>le</strong> ore senza un<br />

sorso d’acqua, per il pregiudizio di non appoggiare<br />

la bocca dove vi ha posto <strong>le</strong> labbra un <strong>in</strong>fede<strong>le</strong>.<br />

ma quello che mi domando – poiché a tratti si sp<strong>in</strong>ge<br />

f<strong>in</strong>o a verbalizzare la propria entusiasta stupefazione<br />

– è come sia possibi<strong>le</strong> che un arabo, non più ignorante<br />

e non più sprovveduto degli altri, potesse ignorare<br />

alla sua età questa montagna veramente unica, a<br />

meno di cento chilometri dalla sua abitazione.<br />

Anche <strong>le</strong> gite più bel<strong>le</strong>, ad ogni modo, hanno una<br />

f<strong>in</strong>e; anche <strong>le</strong> escursioni più entusiasmanti una conclusione.<br />

Ed alla f<strong>in</strong>e riprendemmo il camm<strong>in</strong>o dei ruderi bizant<strong>in</strong>i,<br />

del marabutto senza credenti, del<strong>le</strong> tortuosissime<br />

sca<strong>le</strong>, per scendere alla vettura.<br />

ma a questo punto Haiman non poté più tacere, e<br />

barcollando, ed appoggiandosi alla roccia, mi confessò<br />

di stare ma<strong>le</strong> e – tenendosi la testa tra <strong>le</strong> mani –<br />

di avere una terribi<strong>le</strong> emicrania. Naturalmente senza<br />

neanche accettare un sorso d’acqua.<br />

Gli diedi una caramella trovata <strong>in</strong> una tasca <strong>della</strong><br />

giacca a vento; ma certo non fu quella che ci consentì<br />

di raggiungere, bene o ma<strong>le</strong> e con molte soste,<br />

il veicolo metallico umido per la lunga ombra<br />

<strong>della</strong> roccia.<br />

liquidato il sordido custode abusivo di vetture <strong>in</strong>esistenti,<br />

si presentò il vero prob<strong>le</strong>ma: Haiman non era<br />

<strong>in</strong> grado che di lamentarsi, non certo di guidare; il<br />

sottoscritto non era registrato come conduttore del<br />

veicolo.<br />

Non avendo alternative, afferrai il volante e partimmo.<br />

lungo tutta la strada il mio “passeggero” – evidentemente<br />

<strong>in</strong> preda al delirio dell’ipoglicemia – mi descrisse<br />

a smozziconi l’abilità di sua moglie nel cuc<strong>in</strong>are<br />

grandi piatti di pasta (il suo cibo preferito) con<br />

questo o quel condimento; e di come fossero sapidi<br />

i fagiol<strong>in</strong>i bianchi cotti <strong>in</strong> comonía…<br />

f<strong>in</strong>ché, se dio vol<strong>le</strong>, arrivammo al Venus ed al suo<br />

desideratissimo giard<strong>in</strong>etto di gelsom<strong>in</strong>i e melograni<br />

<strong>in</strong> fiore. E devo dire che non fu nemmeno un viaggio<br />

lungo, perché seguendo più che altro a naso <strong>le</strong> biforcazioni<br />

e <strong>le</strong> stradette (i cartelli stradali sono <strong>in</strong> arabo<br />

<strong>in</strong> tutte <strong>le</strong> regioni <strong>in</strong>terne del Paese) giunsi a <strong>le</strong> Kef<br />

abbastanza <strong>in</strong> fretta, e certamente <strong>in</strong> un tempo più<br />

breve del viaggio di andata.<br />

A questo punto mi sarei aspettato che l’autista <strong>in</strong> disarmo<br />

si lanciasse precipitosamente dalla moglie…<br />

ma, no! entrò al venus con me, e si trattenne almeno<br />

per un’ora a descrivere – oltre che il proprio mal di<br />

capo – <strong>le</strong> avventure <strong>in</strong>credibili <strong>della</strong> giornata all’attento<br />

ed allibito receptionist tuttofare dell’alberghetto.<br />

Io, che dovevo ancora sottopormi alla faticosa cerimonia<br />

del pagamento <strong>della</strong> prestazione, con una<br />

grossa tazza di caffè <strong>in</strong> una mano ed il portafoglio<br />

nell’altra, sognavo solo la mia camera spartana con la<br />

grande f<strong>in</strong>estra dalla griglia azzurra spalancata sulla<br />

mo<strong>le</strong> <strong>in</strong>combente <strong>della</strong> fortezza.<br />

76


Interno di un hammam a Tunisi<br />

IN uN HAmmAm<br />

mi muovo con circospezione sui marmi scivolosi e<br />

t<strong>in</strong>ti dal calore dei corpi e del<strong>le</strong> stufe – antiche<br />

lastre di edifici romani, probabilmente – per cercarmi<br />

un’abside vuota e non troppo calda per adattare la<br />

temperatura del corpo <strong>in</strong> modo gradua<strong>le</strong> alla nuova<br />

situazione, per così dire “climatica”.<br />

Nella cupola centra<strong>le</strong> si aprono molte f<strong>in</strong>estrel<strong>le</strong> di forma<br />

stellata, a sei punte, ma, poiché alcune qui, ed <strong>in</strong> altri<br />

hammam tutte, hanno un vetro, trasparente o colorato,<br />

che <strong>le</strong> chiude, non sono ben sicuro <strong>della</strong> funzione<br />

del<strong>le</strong> aperture che punteggiano a mo’ di cielo stellato<br />

<strong>le</strong> curvature del<strong>le</strong> cupo<strong>le</strong> entro <strong>le</strong> quali il vapore rende<br />

<strong>in</strong>dist<strong>in</strong>te <strong>le</strong> forme. Potrei porre una domanda precisa<br />

a qualcuno, ma preferisco restare nell’<strong>in</strong>certezza per<br />

cont<strong>in</strong>uare a fantasticare da solo, od anche solamente<br />

per godermene senza lontane prob<strong>le</strong>matiche la disord<strong>in</strong>ata<br />

collocazione, che deve sottendere una bislacca,<br />

quasi <strong>in</strong>comprensibi<strong>le</strong> simmetria, forse oggetto di<br />

lontane speculazioni superstiziose o frutto di ataviche<br />

eredità dimenticate.<br />

Senza contare il fatto che per i musulmani il bagno<br />

provvede anche alla fondamenta<strong>le</strong> esigenza di “purificazione”<br />

del credente dopo determ<strong>in</strong>ate sue funzioni<br />

e prima <strong>della</strong> preghiera <strong>in</strong> moschea, soprattutto quella<br />

del venerdì.<br />

lo spazio <strong>in</strong>terno dell’edificio è strutturato secondo<br />

una distribuzione classica degli ambienti ricorrente<br />

un po’ <strong>in</strong> tutti gli hammam: da una sala tiepida, f<strong>in</strong>o<br />

a quella dove il calore e la respirazione sono resi sopportabili<br />

solo dopo un lungo al<strong>le</strong>namento (ma gli arabi<br />

non sono sfiorati dal prob<strong>le</strong>ma perché com<strong>in</strong>ciano ad<br />

esservi condotti f<strong>in</strong> da bamb<strong>in</strong>i), ad un ambiente dove<br />

si può trovare acqua fredda (ed è una benedizione),<br />

oltre che quella calda, e ci si può lavare con agio.<br />

111


dei recipienti di plastica, messi appositamente accanto<br />

al<strong>le</strong> grandi conche di marmo bianco, permettono<br />

di divertirsi a buttarsi addosso alternativamente acqua<br />

calda e gelata.<br />

Prima di uscire, un nuovo passaggio di sala <strong>in</strong> sala consente<br />

di “depressurizzare” il fisico, di tornare gradualmente<br />

ad una temperatura compatibi<strong>le</strong> con l’impatto<br />

con l’esterno ed <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e a controllare la perspirazione<br />

che è stata abbondante.<br />

Non so se sia comunque dest<strong>in</strong>ato nei prossimi anni ad<br />

un uso esclusivamente turistico questo modo sapiente<br />

ed antico di purificarsi, di massaggiarsi, di rilassarsi, dal<br />

momento che ormai <strong>in</strong> tutte <strong>le</strong> città che ho nom<strong>in</strong>ato <strong>le</strong><br />

“sal<strong>le</strong>s de ba<strong>in</strong>” <strong>in</strong> casa vanno diffondendosi progressivamente,<br />

togliendo via via il motivo dell’esistenza del<br />

bagno col<strong>le</strong>ttivo ad uso di igiene persona<strong>le</strong>.<br />

Quello che è sicuro è che lavarsi <strong>in</strong> un hammam è qualcosa<br />

di totalmente diverso che il farlo <strong>in</strong> una vasca da<br />

bagno, o peggio sotto una doccia, dove mancano la<br />

purificazione <strong>le</strong>gata al vapore molto caldo, il massaggio,<br />

il peel<strong>in</strong>g che deriva dal<strong>le</strong> frizioni con la lufa 1 , e soprattutto<br />

il senso del relax che s’accompagna ad una<br />

permanenza prolungata.<br />

Il massaggiatore che qualsiasi europeo s’immag<strong>in</strong>a<br />

di trovare a propria disposizione quando consegna<br />

al conduttore dello stabilimento – immancabilmente<br />

appollaiato dietro il suo bancone, ed immobi<strong>le</strong> ma perennemente<br />

con un occhio vigi<strong>le</strong> cui non sfugge nulla<br />

– tutti i propri averi (soldi, carte di credito, orologio,<br />

macch<strong>in</strong>a fotografica, cellulare, braccia<strong>le</strong>tti ed anelli<br />

quando se ne hanno, ed una volta al sottoscritto capitò<br />

perf<strong>in</strong>o di consegnare un PC nuovo di zecca e piuttosto<br />

costoso…) è – dicevo – normalmente nel<strong>le</strong> aspettative<br />

un at<strong>le</strong>tico, giovane ma già provetto <strong>in</strong>serviente<br />

<strong>in</strong> grado di praticargli un gagliardo massaggio, magari<br />

(e sperabilmente) <strong>in</strong> grado di togliergli di dosso quella<br />

stanchezza che un visitatore di passaggio od un viaggiatore<br />

solitario accumulano comunque, <strong>in</strong> alcune settimane<br />

di spostamenti, di ricerche, di emozioni.<br />

Quello che è capitato a me oggi, <strong>in</strong> questo dignitosissimo<br />

ma non lussuoso hammam di Kairouan, è all’aspetto<br />

un vecchietto (ma forse non avrà che c<strong>in</strong>quant’anni:<br />

i capelli quasi bianchi e bianca la barba non rasata) segaligno<br />

e di statura m<strong>in</strong>uta. Credo che esperienza, al<strong>le</strong>namento<br />

ed aspettativa di una buona mancia si siano<br />

al<strong>le</strong>ati al momento di praticarmi un massaggio quasi<br />

vio<strong>le</strong>nto, eseguito abilmente, ma con un accanimento<br />

che mi ha lasciato quasi <strong>in</strong>capace di sol<strong>le</strong>varmi dalla<br />

lastra di marmo africano (scientificamente credo che<br />

1 lufa (o dia<strong>le</strong>ttalmente, ma <strong>in</strong> Egitto ed <strong>in</strong> altri paesi arabi,<br />

forse non <strong>in</strong> <strong>Tunisia</strong>, anche “lifa”). È una specie di spontaneo<br />

“guanto di cr<strong>in</strong>e” derivato da una pianta dell’orto.<br />

vada denom<strong>in</strong>ato “verde antico”) sul qua<strong>le</strong> mi aveva<br />

disteso per procedere all’energico trattamento.<br />

uscito dalla stanza dove – rivestiti – ci si prende una pausa<br />

con un immancabi<strong>le</strong> the prima di uscire alla luce del<br />

so<strong>le</strong> ed al venticello fresco di Kairouan, mi attardo a conversare<br />

con il conduttore (che <strong>in</strong> questo specifico caso<br />

è anche il proprietario) che parla un francese perfetto e<br />

non frequente nella Città Santa: anzi possiamo perf<strong>in</strong>o<br />

permetterci di <strong>in</strong>tavolare un serrato discorso a voce spiegata,<br />

lui dal suo bancone ed il sottoscritto dal tappeto<br />

sul qua<strong>le</strong> è sdraiato, adagiato sui cusc<strong>in</strong>i di cr<strong>in</strong>e di un<br />

rustico diwan <strong>in</strong> muratura, che avrebbe bisogno di rimbocchi<br />

d’<strong>in</strong>tonaco, <strong>in</strong> un angolo soprae<strong>le</strong>vato <strong>della</strong> sala.<br />

mi ha preso a benvo<strong>le</strong>re; e sono rapidamente salito<br />

nel suo grado di considerazione (<strong>le</strong> mance distribuite<br />

a tutto il persona<strong>le</strong>, anche se picco<strong>le</strong>, destano sempre<br />

un’immediata simpatia <strong>in</strong> questo Paese), dopo un <strong>in</strong>contro<br />

<strong>in</strong>izia<strong>le</strong> che ne aveva alterato per un momento<br />

la benevo<strong>le</strong>nza a causa di un mio errore, o meglio<br />

mancanza di tatto, al momento dell’<strong>in</strong>gresso.<br />

dovendogli lasciare, oltre a tutto il resto, anche il portafogli,<br />

mi ero messo a contare davanti a lui <strong>le</strong> banconote<br />

contenutevi, come si usa fare tranquillamente <strong>in</strong><br />

altri paesi, per segnarne poi l’ammontare su un m<strong>in</strong>uscolo<br />

pezzett<strong>in</strong>o di carta, di solito strappato sul momento<br />

dall’angolo del giorna<strong>le</strong> che sta sul bancone,<br />

consegnato poi <strong>in</strong>sieme a soldi e documenti.<br />

l’atto – che avevo fatto altre volte e che comunque mi<br />

sembra anche oggettivamente uti<strong>le</strong> a tutelare la serenità<br />

di entrambi – suscitò una specie di risentimento:<br />

aprì il cassetto, mi <strong>in</strong>dicò il luogo dove avrei dovuto<br />

depositare il portafoglio, portando nel contempo il<br />

capo un po’ all’<strong>in</strong>dietro e del<strong>in</strong>eando con eloquenza<br />

sul proprio volto il disappunto perché un faranji 2 aveva<br />

<strong>in</strong> qualche modo messo <strong>in</strong> discussione la sua <strong>in</strong>tegerrima<br />

onestà. ma non caricò troppo questa espressione,<br />

perché un arabo di un certo rango, cioè che vive del<br />

suo, che non è né un bracciante né un accattone, non<br />

deve mai dimenticare la fierezza <strong>della</strong> sua <strong>in</strong>discussa<br />

dignità, che richiede, nel comportamento, sempre un<br />

pizzico di ostentata <strong>in</strong>differenza.<br />

Con l’articolarsi del discorso, poi, si mostrò molto affabi<strong>le</strong><br />

e con una sua cultura: aveva viaggiato <strong>in</strong> due o tre<br />

paesi d’Europa, conosceva l’Italia ed aveva lavorato <strong>in</strong><br />

francia per alcuni anni. la sua piacevo<strong>le</strong> conversazione<br />

si accese rapidamente di domande.<br />

A me, semmai, pareva strano che un uomo ormai <strong>in</strong><br />

età da pensione, dopo <strong>le</strong> esperienze che aveva avuto,<br />

fosse tornato nella propria città, e ad un lavoro non<br />

2 Storpiatura nel l<strong>in</strong>guaggio arabo <strong>della</strong> parola “francese”,<br />

che f<strong>in</strong> dal medioevo <strong>in</strong>dica nel loro <strong>in</strong>sieme tutti gli Europei.<br />

112


proprio comunissimo, da tanto lontano (parlo proprio<br />

di lontananza di civilisation, più che di chilometri). ma,<br />

si sa, Kairouan è la Città Santa, ed il suo richiamo evidentemente<br />

irresistibi<strong>le</strong>.<br />

oppure, più semplicemente, ad un certo punto <strong>della</strong><br />

sua vita aveva sentito più struggente la nostalgia dei<br />

mar<strong>in</strong>ai di ulisse; e quel sentimento di vo<strong>le</strong>r tornare, se<br />

possibi<strong>le</strong>, al<strong>le</strong> proprie radici quando si <strong>in</strong>vecchia.<br />

oppure, ancora, avrà giocato un suo ruolo il caso di<br />

una eredità attesa od <strong>in</strong>aspettata da un parente: perché<br />

un hammam è comunque, anche oggi, una fonte<br />

di guadagno da non sottovalutare ed una f<strong>in</strong>estra<br />

aperta sulla società che forse <strong>in</strong> questi ambienti dona<br />

un qualche prestigio ed <strong>in</strong>sieme costituisce un impareggiabi<strong>le</strong><br />

punto di osservazione con degli aspetti che<br />

possono essere gratificanti.<br />

Non osai chiedergli nulla <strong>in</strong> questa direzione, poiché la<br />

conversazione procedeva cordia<strong>le</strong> e fluida; né avrei voluto<br />

<strong>in</strong>cr<strong>in</strong>arla per una qualsiasi altra mancanza di tatto.<br />

Tuttavia, chi sta seguendo <strong>in</strong> queste righe la relazione<br />

di un pomeriggio come tanti altri, ma solo un po’<br />

diverso per l’ambientazione, dovrebbe sapere, per ricreare<br />

mentalmente la mia situazione, che i conduttori<br />

degli hammam, oltre a esercitare con fermezza un’autorità<br />

<strong>in</strong>discussa sui frequentatori dei locali, sogliono<br />

starsene appollaiati sulla loro sedia collocata <strong>in</strong> una<br />

posizione em<strong>in</strong>ente dietro un bancone di solito piuttosto<br />

alto, da dove dom<strong>in</strong>ano tutta la sala di accoglienza<br />

e il guardaroba ed anche il via-vai degli uom<strong>in</strong>i.<br />

<strong>le</strong> nostre voci – la mia e la sua – attraversavano perciò<br />

la sala da due postazioni e<strong>le</strong>vate, come un fluido e<strong>le</strong>ttrico<br />

che corresse alto sopra <strong>le</strong> teste ed i corpi adagiati<br />

degli altri avventori.<br />

Quando il fluido com<strong>in</strong>ciò ad attenuarsi, per lunghe pause<br />

o per improvvise <strong>in</strong>terruzioni, gli chiesi un’<strong>in</strong>dicazione<br />

per andare a mangiare una buona bistecca di cammello<br />

(a Kairouan, dove si fa un largo consumo di queste carni,<br />

non è raro vedere <strong>le</strong> teste dei nobili animali appese<br />

come <strong>in</strong>segne fuori dal<strong>le</strong> macel<strong>le</strong>rie) <strong>in</strong> un posto appartato<br />

e con una bella vista panoramica sulla città vecchia.<br />

ridacchiò un po’, come per dire: “Troppa grazia<br />

sant’Antonio!”; ma comunque mi rispose gentilmente<br />

che avere <strong>in</strong>sieme tutte e tre <strong>le</strong> cose era un po’ impossibi<strong>le</strong>.<br />

mi <strong>in</strong>dicò un buon ristorante tradiziona<strong>le</strong> nella<br />

med<strong>in</strong>a, <strong>in</strong> grado di accogliere adeguatamente anche<br />

un forestiero; ed aggiunse che i caffè nel centro erano<br />

molti; che i dolcetti di Kairouan erano vere <strong>le</strong>ccornìe<br />

(cosa che sapevo già, avendone gustati altrove, perché<br />

non c’è sagra, non c’è cerimonia familiare senza di<br />

essi <strong>in</strong> <strong>Tunisia</strong>), che la scelta era praticamente <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ita,<br />

a patto che l’“<strong>in</strong>fede<strong>le</strong>” non stesse cercando alcolici,<br />

perché allora la scelta si sarebbe ristretta ad un solo loca<strong>le</strong><br />

per turisti; ed <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e che un buon caffè, con buoni<br />

dolcetti si trovava più o meno sopra la nostra testa, se<br />

uscendo dall’hammam avessi percorso un certo vicolo<br />

che girava su se stesso ed <strong>in</strong> fondo ad esso avessi salito<br />

i molti grad<strong>in</strong>i che conducono ad un terrazzo.<br />

Poiché il so<strong>le</strong> <strong>in</strong>com<strong>in</strong>ciava ormai a languire, e rischiavo<br />

di non poter contemplare la Città Santa <strong>in</strong> tutto il<br />

suo sp<strong>le</strong>ndore, r<strong>in</strong>unciai alla succu<strong>le</strong>nta bistecca di<br />

cammello e salii subito i grad<strong>in</strong>i dal passo disegua<strong>le</strong> e<br />

<strong>in</strong>comodo (è una caratteristica di molte vecchie sca<strong>le</strong><br />

arabe, e non me ne sono mai data una spiegazione se<br />

non quella bana<strong>le</strong> <strong>della</strong> svogliata disattenzione degli<br />

operai, dell’architetto, o di entrambi). la scala conduceva<br />

proprio ad un caffè piccolo, disposto su una specie<br />

di corniche, fornito di sedie di plastica sporche e<br />

di tavol<strong>in</strong>i traballanti, ma <strong>in</strong> un’<strong>in</strong>vidiabi<strong>le</strong> collocazione<br />

per contemplare il tramonto sui tetti e sul<strong>le</strong> torri, purtroppo<br />

quel giorno un po’ sporcato, come annebbiato<br />

da una sotti<strong>le</strong> polvere nell’aria.<br />

lo spettacolo era ugualmente degno di memoria: una<br />

distesa di cupo<strong>le</strong> e di m<strong>in</strong>areti, non grande, perché<br />

l’orientamento era verso la Cisterna degli Aghlabiti e<br />

qu<strong>in</strong>di la porzione maggiore <strong>della</strong> med<strong>in</strong>a restava dietro<br />

<strong>le</strong> mie spal<strong>le</strong>, ma ta<strong>le</strong> da far comprendere la pregnanza<br />

dell’appellativo <strong>della</strong> città.<br />

E, d’altra parte, a questo sarebbe bastata la visione<br />

<strong>della</strong> Grande moschea che occupava la porzione destra<br />

del mio panorama.<br />

un tramonto più argenteo che dorato scese <strong>le</strong>ntamente<br />

sui vicoli, sui m<strong>in</strong>areti, sui crocchi degli arabi nel<strong>le</strong><br />

strade, i cui movimenti diventarono sempre più <strong>in</strong>dist<strong>in</strong>ti<br />

e misteriosi a misura del calare <strong>della</strong> luce.<br />

* * *<br />

Ci sono a volte dei si<strong>le</strong>nzi che mi chiamano altrove,<br />

magari proprio quando il So<strong>le</strong> torna nella sua caverna;<br />

si<strong>le</strong>nzi che contr<strong>in</strong>gono la mia immag<strong>in</strong>azione, e<br />

spesso <strong>le</strong> mie gambe, a partire per “un posto che non<br />

c’è”. Si può solo immag<strong>in</strong>arlo: dal terrazzo di Kairouan<br />

vedo lontane <strong>le</strong> oasi di douze e di Tozeur, l’immensa<br />

palmerais di Gabès, l’affaccendata vita convulsa di<br />

Sfax, la dolce mal<strong>in</strong>conia appollaiata sul<strong>le</strong> spal<strong>le</strong> <strong>della</strong><br />

med<strong>in</strong>a di mahdia, il piatto profilo seducente del<strong>le</strong><br />

Iso<strong>le</strong> Kerkennen, <strong>le</strong> muraglie del forte a picco sul mare<br />

di Hammamet, <strong>le</strong> colonne romane stagliate contro <strong>le</strong><br />

montagne di Tebourbo majus e di dougga, <strong>le</strong> case<br />

cavernico<strong>le</strong> di matmata, <strong>in</strong> una progressiva condensazione<br />

di situazioni e sensazioni già vissute, oppure solo<br />

immag<strong>in</strong>ate, oppure sognate al momento di chiudere<br />

<strong>le</strong> pag<strong>in</strong>e di un libro, sullo sfondo fulvo 3 del Grande<br />

Sud e del suo richiamo misterioso, irresistibi<strong>le</strong>.<br />

3 “Il fulvo” è uno dei modi <strong>in</strong> arabo di denom<strong>in</strong>are il “deserto”.<br />

114


lA dolCE PAlmArAIE dI douz<br />

La dolce palmaraie di douz! … nel ricordo la vedo<br />

trafitta da fasci d’oro nel pulviscolo del tramonto,<br />

all’ultima passeggiata prima del rientro nel mio chiuso<br />

appartamento di tre stanze, naturalmente, come <strong>in</strong><br />

tutti i residence nordafricani, quasi senza mobili, con<br />

un unico affaccio, oltre il muro alto del terrazzo, verso<br />

la desolazione mistica del Cimitero dei Credenti.<br />

attardarsi ancora tra i melograni che fioriscono di<br />

frutti rosso-sangue sotto l’ombra protettiva del<strong>le</strong> palme,<br />

nella palmaraie più pett<strong>in</strong>ata e più accarezzata<br />

del mondo, dove i proprietari <strong>in</strong>citano i braccianti a<br />

far meglio mentre lavorano con loro, per <strong>in</strong>seguire la<br />

perfezione di una tradizione ormai mil<strong>le</strong>naria; ed <strong>in</strong>tanto<br />

dirigersi, bighellonando, tra un orto di <strong>le</strong>gumi<br />

e d’erbe per il cous-cous ed il rec<strong>in</strong>to per gli attrezzi<br />

ben difeso da bambù appuntiti e da fasci di sp<strong>in</strong>e,<br />

verso il gorgogliare sordo dell’acqua sporca, rugg<strong>in</strong>osa<br />

dell’hammam d’acque curative, dove i vecchi<br />

credenti vanno a trasc<strong>in</strong>are <strong>le</strong> stanche ossa sperando<br />

<strong>in</strong> non si sa qua<strong>le</strong> miracolosa rigenerazione.<br />

La strada s’<strong>in</strong>curva <strong>in</strong>sensibilmente verso occidente,<br />

dove un tratto di essa, liscio ed asfaltato, funge da<br />

breve pista improvvisata per i motor<strong>in</strong>i dei lavoratori<br />

che rientrano; ed a nessuno manca la voce per lo<br />

straniero che passa, <strong>in</strong>comprensibilmente ammirato<br />

per l’armonia di quella perfezione di una natura<br />

antropizzata ed educata ch’essi non vedono nel suo<br />

aspetto estetico.<br />

229


Ci s’aspetta sempre un <strong>in</strong>contro fata<strong>le</strong>, qualcosa di<br />

def<strong>in</strong>itivo tra la pace astata di queste palme; ed <strong>in</strong>vece<br />

è sempre la stessa quiete, il sentimento sospeso<br />

dell’attesa.<br />

Ma è un si<strong>le</strong>nzio accompagnato ancora da qualche<br />

trillo, da qualche raro svolare di piume, prima che il<br />

tramonto venga divorato dal<strong>le</strong> dune implacabili del<br />

deserto che ci circonda; ed ora un’upupa mi attraversa<br />

impettita la strada, ora un corvo che ancora cerca<br />

<strong>in</strong>setti tra l’erba mi fissa con il suo sguardo assass<strong>in</strong>o.<br />

Come <strong>in</strong> nessun’altra parte del globo, vagano dissennati<br />

i pensieri nel si<strong>le</strong>nzio alienante <strong>della</strong> palmaraie,<br />

senz’ord<strong>in</strong>e, senza costrutto, senza riferimenti<br />

eruditi o storici (che ci accompagnano <strong>in</strong> tanti altri<br />

viaggi), senza il term<strong>in</strong>us di uno scopo che garantisca<br />

l’aspettativa di un vantaggio.


La voglia capricciosa del “viaggio <strong>in</strong> oriente” mi<br />

ha portato qui, dopo tanto vagare per <strong>le</strong> contrade<br />

dell’europa e dell’asia? Le dolci coll<strong>in</strong>e italiche, <strong>le</strong><br />

sterm<strong>in</strong>ate brughiere francesi, <strong>le</strong> pett<strong>in</strong>ate campagne<br />

<strong>in</strong>g<strong>le</strong>si non bastano più?<br />

La verità è che ora, qui, sei al conf<strong>in</strong>e <strong>della</strong> comune<br />

rispettabilità; ma anche che ti puoi comportare fuori<br />

da ogni senso comune di una società illanguidita e<br />

stanca perf<strong>in</strong>o dei propri egoismi com’è ormai quella<br />

europea.<br />

L’africa è, per tutti, <strong>in</strong> qualche modo, catartica.<br />

Qui ci si può sentire come non è <strong>le</strong>cito altrove. e<br />

non è nemmeno una questione di libertà, perché<br />

di libertà <strong>in</strong> occidente puoi avere quasi tutte quel<strong>le</strong><br />

che vuoi.


Ma è l’oriente che ti conferisce quella libertà persona<strong>le</strong>,<br />

quella libertà da te stesso, quella libertà che<br />

il tuo super-io socia<strong>le</strong> ti ha così spesso impedito di<br />

godere, <strong>in</strong>culcato com’è bene <strong>in</strong> testa come una castrazione<br />

persona<strong>le</strong>.<br />

ecco dunque perché è così dolce il flâner la sera,<br />

al tramonto nella palmaraie ormai <strong>in</strong>ondata dal<strong>le</strong><br />

pagliuzze d’oro che svolano tra <strong>le</strong> lame di so<strong>le</strong> che<br />

ancora perforano come spade rami e foglie e fasci<br />

di tronchi astati; e non solo perché questo riposo è<br />

dolce dopo il ritorno dalla cavalcata tra <strong>le</strong> dune, con<br />

la pel<strong>le</strong> che brucia, <strong>le</strong> tempie che stentano a riprendere<br />

il loro battito norma<strong>le</strong>, armonioso, <strong>le</strong> labbra aride,<br />

gli occhi ancora <strong>in</strong>fiammati dalla troppa luce che<br />

sembrava vo<strong>le</strong>rli <strong>in</strong>chiodare ad un cervello di <strong>le</strong>gno<br />

secco.<br />

sì, è vero, ho goduto per tutta la giornata di quel cielo<br />

ridente d’una lum<strong>in</strong>osità <strong>in</strong>esauribi<strong>le</strong> che si stende<br />

sopra <strong>le</strong> dune; ho bevuto l’aria che sa di sterpi secchi<br />

e di sibili di vipere cornute e di ramarri, ho disteso<br />

mil<strong>le</strong> volte la schiena per ogni ora al ritmo alta<strong>le</strong>nante<br />

del dorso del dromedario, beato di estraniarmi<br />

perf<strong>in</strong>o dai miei pensieri; ma ora, ora che il giorno<br />

volge alla sua f<strong>in</strong>e, è ancor più dolce l’avvic<strong>in</strong>armi<br />

all’acqua rugg<strong>in</strong>osa <strong>della</strong> fonte dell’hammam, al<strong>le</strong><br />

vasche che promettono un riposo senza rumore, f<strong>in</strong>o<br />

all’ora – purtroppo ormai prossima – <strong>in</strong> cui il custode<br />

tremolante accenderà una m<strong>in</strong>uscola lampad<strong>in</strong>a<br />

appesa ad un filo sopra la porta chiusa dello stabilimento,<br />

a significare, per i rari passanti, che è f<strong>in</strong>ito il<br />

giorno di lavoro, ma che non è esaurita la f<strong>le</strong>bi<strong>le</strong> virtù<br />

dei guaritori, che riaprirà i bagni l’<strong>in</strong>domani, per soli<br />

uom<strong>in</strong>i, come ogni giorno, da sempre.<br />

ottobre 2017 Nirvana<br />

Stabilimento Boujmil d’Edizione e di Pubblicità<br />

3, rue Kenitra- 1000 Tunisi<br />

Tel 71 33 34 10 – 71 34 71 70<br />

fax : 71 33 34 100<br />

Email: nirvanatunis@gnet.tn<br />

www.edtionsnirvana.com.tn<br />

Concepimento e realizzazione : Nirvana<br />

ogni diritto di riproduzione, traduzione ad adattamento, riservato per tutti i paesi.<br />

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