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Breve guida alla Pinacoteca di Sarnano

Guida digitale realizzata dal Comune di Sarnano in occasione del Grand Tour Musei 2020. > Guarda la Videoguida Semiseria del museo sul canale YouTube di Sarnano Turismo. > YouTube: https://www.youtube.com/channel/UCrrbjtYqag3BXDfsNYgqr9w > Facebook: https://www.facebook.com/sarnanoturismo > Instagram: https://www.instagram.com/sarnanoturismo/ Immagine di copertina:  Particolare di Madonna adorante il bambino con due angeli musicante, Vittore Crivelli, Pinacoteca di Sarnano, Foto dall'Archivio Comunale © Comune di Sarnano. Tutti i diritti riservati. Fotografie: Archivio Comunale Riccardo Garzarelli Luca Tambella Comune di Sarnano Via G. Leopardi, 1 - 62028 Sarnano (MC)  www.comune.sarnano.mc.it wwww.sarnanoturismo.it

Guida digitale realizzata dal Comune di Sarnano in occasione del Grand Tour Musei 2020.

> Guarda la Videoguida Semiseria del museo sul canale YouTube di Sarnano Turismo.

> YouTube: https://www.youtube.com/channel/UCrrbjtYqag3BXDfsNYgqr9w
> Facebook: https://www.facebook.com/sarnanoturismo
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Immagine di copertina: 
Particolare di Madonna adorante il bambino con due angeli musicante, Vittore Crivelli, Pinacoteca di Sarnano, Foto dall'Archivio Comunale

© Comune di Sarnano.
Tutti i diritti riservati.

Fotografie:
Archivio Comunale
Riccardo Garzarelli
Luca Tambella

Comune di Sarnano
Via G. Leopardi, 1 - 62028 Sarnano (MC) 
www.comune.sarnano.mc.it
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BREVE GUIDA ALLA

Pinacoteca di Sarnano

Guida digitale realizzata dal Comune di Sarnano

in occasione del Grand Tour Musei 2020


2


Breve guida alla Pinacoteca di Sarnano

A del Comune di Sarnano in occasione del Grand Tour

Musei 2020

Immagine di copertina:

Particolare di Madonna adorante il bambino con due

angeli musicante, Vittore Crivelli, Pinacoteca di

Sarnano, Foto dall'Archivio Comunale

© Comune di Sarnano.

Tutti i diritti riservati.

Fotografie:

Archivio Comunale

Riccardo Garzarelli

Luca Tambella

Comune di Sarnano

Via G. Leopardi, 1 - 62028 Sarnano (MC)

www.comune.sarnano.mc.it

wwww.sarnanoturismo.it


Origini e storia del museo

L’origine della Pinacoteca comunale di Sarnano, come quella di molte altre

raccolte artistiche civiche italiane, risale agli anni immediatamente successivi

all’Unità d’Italia, quando le cosiddette “leggi eversive dell’asse ecclesiastico”

decretarono la soppressione delle congreghe religiose e il conseguente

passaggio allo Stato delle opere d’arte a loro appartenenti.

Nelle Marche, un articolo del decreto del 1861 stabilì che tutti gli oggetti

d’arte fossero devoluti alla città di Urbino al fine di costituire un unico museo.

Questa direttiva suscitò l’indignazione dei Comuni che si vedevano espropriati

dei loro beni e si opposero a tal punto da chiedere l’abrogazione dell’articolo.

Si aprì così una fase di incertezza, accentuata dall’assoluta mancanza di

catalogazione che impediva qualsiasi forma di controllo da parte del Governo

centrale. Per far fronte al problema, nel 1861 il Ministro della Pubblica

Istruzione Quintino Sella incaricò Giovanni Morelli e Giovan Battista

Cavalcaselle di intraprendere un viaggio di ispezione tra Marche e Umbria per

notificare le opere conservate all’interno di chiese e conventi ed evitarne la

dispersione. Per quanto riguarda Sarnano, i due studiosi segnalarono la

presenza delle due tavole di Niccolò di Liberatore e dello stendardo

processionale di Giovanni D’Angelo D’Antonio da Bolognola nella Chiesa di

Santa Maria di Piazza e di una serie di opere nella Chiesa di San Francesco: la

Madonna col Bambino di Vittore Crivelli, la tavola ora attribuita a

Marchesiano di Giorgio, la pala con Santa Lucia e i vari scomparti del polittico

con al centro il Compianto sul Cristo deposto di Vincenzo Pagani.

Tra il 1866 e il 1877 il Governo emanò nuovi decreti di soppressione e

dispose che le opere d’arte fossero devolute a pubbliche biblioteche o musei

e che le amministrazioni locali avevano cinque anni di tempo per costituirli.

Tale direttiva, però, fu recepita in tempo solo dal comune di Macerata che,

davanti all’inerzia dei comuni più piccoli, chiese di poter acquisire tutte le

opere della provincia. La richiesta suscitò nuovamente l’opposizione delle

amministrazioni comunali che si affrettarono a istituire i numerosi piccoli

musei che ancora oggi caratterizzano il territorio marchigiano. Così fece

anche il Comune di Sarnano che nel 1872 iniziò un lungo percorso di

costituzione del Museo civico.

1


Originariamente, la Pinacoteca fu allestita nel Palazzo del Popolo in Piazza

Alta, allora residenza municipale, per poi essere trasferita nel 1934 presso

l’ex convento di San Francesco, divenuto nel frattempo nuova sede del

Municipio. All’interno dello stabile le opere furono soggette a frequenti

spostamenti che misero a rischio la tutela dei dipinti, finché, nel 1969,

l’amministrazione Comunale stabilì un regolamento che dettava i criteri

costitutivi, le finalità e le linee guida per il funzionamento e la manutenzione

della Pinacoteca. Nel frattempo, la collezione si era ampliata con opere

provenienti dalle chiese sparse sul territorio comunale e si rese necessario

trasferire la Pinacoteca e i vari nuclei del Museo Civico in una sede più

adeguata: il complesso monastico di Santa Chiara.

Il nuovo polo museale, inaugurato il 30 maggio 2004, si compone di diverse

sezioni e ospita al suo interno: la Pinacoteca Civica, il Museo dell’Arte Sacra, il

Museo delle Armi Antiche e Moderne, il Museo dell’Avifauna dei Sibillini e il

Museo dei Martelli.

In seguito al sisma del 2016 che ha reso inagibile la sede della Pinacoteca e

la Chiesa di Santa Maria, le opere d’arte che si trovavano in questi edifici sono

state recuperate dal gruppo di Protezione Civile Beni Culturali di

Legambiente Marche, insieme ai vigili del fuoco e ai carabinieri del Nucleo

Tutela Patrimonio Culturale, avvalendosi anche della collaborazione di un

gruppo di volontari locali dell’Associazione Il Circolo di Piazza Alta, che, al

momento del terremoto, era incaricata della gestione dei musei.

Le opere di proprietà comunale sono state trasferite presso il deposito della

Sovrintendenza per i Beni Culturali ad Ancona, mentre quelle provenienti

dalla Chiesa di Santa Maria sono state depositate presso la Curia di San

Severino Marche. In seguito, alcune opere sono state esposte alla Galleria

degli Uffizi di Firenze, al Museo Diocesano di Milano e al Palazzo del Duca di

Senigallia.

Dopo i lavori di messa in sicurezza dell’edificio, la Pinacoteca di Sarnano ha

riaperto al pubblico a dicembre 2018.

2


Madonna adorante il Bambino

con due angeli musicanti

Vittore Crivelli, fine XV secolo

La Madonna adorante il Bambino con

due angeli musicanti è attribuibile al

pittore veneziano Vittore Crivelli:

fratello del più famoso Carlo, Vittore

si stabilì prima in Dalmazia, e poi

definitivamente a Fermo, nelle

Marche, dove morì nel 1501.

Il dipinto raffigura la vergine in piedi

mentre adora il Bambino disteso a

terra su un curioso tappeto formato

da teste di cherubini: si tratta di

un’iconografia di probabile origine

bizantina, che Vittore riprodusse in

numerosi esemplari. L’immagine è

ricca di elementi che alludono al

paradiso – come la musica degli

strumenti ad arco suonata dagli

angeli – e ai temi della verginità

della Madonna e della Passione di

Cristo. Fra la frutta appesa ai festoni

ai lati del trono si riconoscono

infatti: la mela, simbolo del peccato

originale, il cetriolo, emblema della

Resurrezione, le

ciliegie, che in modo simile all’uva

indicano la Passione di Cristo, e il

melograno, ritenuto simbolo della

Chiesa. Anche i garofani nel vaso a

sinistra e in mano a Gesù sono

interpretabili simbolicamente, come

allusione al matrimonio e dunque

alla figura di Maria, definita nelle

preghiere “sposa di Cristo”. La

corona della Vergine e il sontuoso

abito che la riveste la configurano

invece come “regina del cielo”.

Eccezionale risulta l’abilità tecnica

di Vittore Crivelli: si notino i

delicatissimi effetti di trasparenza

ottenuti nel velo di Maria, nell’abito

del Bambino e nel vaso di fiori e,

soprattutto, la lavorazione dell’oro

nelle stoffe, che rendono l’opera

preziosa e splendente come un

oggetto di oreficeria.

L'opera è momentaneamente esposta

in mostra a Roma.

3


4


Crocifissione di Cristo fra la

Madonna, San Giovanni

Evangelista, la Maddalena e

angeli della Passione

Stefano Folchetti, 1513

Come rivela l’iscrizione nel

cartellino appoggiato ai piedi della

Vergine, a commissionare la

Crocifissione di Cristo fra la Madonna,

San Giovanni Evangelista, la

Maddalena e angeli della Passione,

furono gli eredi di Liberato Gentili

da San Ginesio nel 1513; un altro

cartiglio ai piedi della croce reca la

firma del pittore: Stefano Falchetti

da San Ginesio. Si tratta dell’ultima

opera nota dell’artista, molto attivo

nella città d’origine e nei centri

limitrofi. La scena ha una struttura

simmetrica, dominata dalla figura

del Crocifisso: dalle ferite di Gesù

scende abbondante il sangue, che

viene raccolto da due angeli in volo.

Questo particolare iconografico

conferisce all’immagine un forte

significato eucaristico, connesso alla

consacrazione dell’ostia e del vino

che avviene durante la messa.

I personaggi sono collocati su uno

sfondo di paese caratterizzato da

montagne brulle e da una lontana

città.

La scena è inquadrata da un arco

dipinto, che crea nello spettatore

l’illusione di osservare l’immagine

attraverso una finestra e aumenta il

coinvolgimento del fedele. L’uso

della tempera su tela – si noti la

lunga cucitura che attraversa

verticalmente l’intera superficie

dell’opera passando accanto alla

Vergine - e la generale intonazione

cromatica smorzata accentuano il

senso di malinconia e di composta

sofferenza che emana dalle

espressioni dei dolenti.

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6


Madonna col Bambino

benedicente, un santo

francescano e oranti

Marchisiano di Giorgio da Tolentino, 1500

La Madonna col Bambino benedicente,

un santo francescano e oranti non è

documentata, ma proviene dalla

chiesa di San Francesco a Sarnano

ed è attribuibile per ragioni

stilistiche al pittore di origine slava

Marchisiano di Giorgio da Tolentino.

Vi si trova raffigurata nella parte alta

la Madonna con il Bambino

benedicente in grembo, che appare

sulle nuvole a un santo francescano,

identificato con un santo locale,

Liberato da Loro. Questi sembra

raccomandare alla Vergine e al

Figlio una folla di fedeli, uomini e

donne oranti, mentre alle spalle del

gigantesco santo si trovano alcuni

frati francescani, anch’essi in

preghiera.

Le proporzioni gerarchiche delle

figure - i personaggi sacri sono più

grandi dei religiosi e dei fedeli) e

l’atteggiamento del santo, fanno

pensare che l’opera sia frutto di un

voto della comunità sarnanese,

legato forse a qualche epidemia.

Numerosi i riferimenti a grandi

modelli della contemporanea

pittura umbra, veneta e toscana

presenti nell’opera: nella figura della

Vergine infatti si colgono riferimenti

a Luca Signorelli, Lorenzo Lotto e al

Pinturicchio, che testimoniano della

notevole cultura figurativa e

dell’aggiornamento di Marchesiano.

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8


Santa Lucia e gloria d’angeli

Vincenzo Pagani, 1525

Questa Santa Lucia è la prima di due

opere realizzate dal prolifico pittore

Vincenzo Pagani da Monterubbiano

per la chiesa di San Francesco a

Sarnano. Un frammento di predella

conservato insieme al dipinto, ci

informa che la tavola fu

commissionata dal frate Stefano di

Bartolomeo, esecutore testamentario

di Pierasante di Ser Antonello, nel

1525. Santa Lucia, priva di aureola, è

resa riconoscibile dagli occhi che le

furono estirpati nel corso del

martirio, e dalla palma, che

simboleggia appunto il supplizio

subito e la vittoria sulla morte. La

maggior parte dello spazio è

occupato però dalla descrizione

minuziosa dello sfondo

paesaggistico: il pittore indugia sulle

erbe e i fiori del prato, sugli alberi e

le città marittime sullo sfondo, con

una nitidezza di segno e una

brillantezza cromatica riconducibili

ai modelli della pittura urbinate e

romagnola del secondo ‘400, di cui il

Pagani si rivela attento conoscitore.

9


10


Compianto su Cristo deposto

e santi

Vincenzo Pagani, 1525

Le tavole, oggi staccate dopo la

perdita della cornice, facevano in

origine parte di un’unica, grande

pala collocata sull’altare

maggiore della chiesa di San

Francesco a Sarnano. Da una

tavola con una lunga iscrizione,

apprendiamo che l’opera è stata

realizzata a spese del convento

mentre era guardiano frate

Stefano di Antonio da Sarnano e

dedicata il primo maggio 1529.

La critica ha ravvisato in

quest’opera un segno tangibile

della tendenza eclettica del

Pagani, abile nel riprendere

spunti da diverse fonti: l’impianto

generale deriva infatti dal

polittico di Recanati di Lorenzo

Lotto, del 1508, lo sfondo della

Crocifissione dal Signorelli e i

Santi Bonaventura e Francesco da

Cola dell’Amatrice. Nei pannelli

laterali, momentaneamente non

esposti, sono rappresentati San

Bonaventura da Bagnoregio, San

Francesco, San Giovanni Battista,

Santa Caterina d’Alessandria, San

Ludovico da Tolosa, Santa Chiara

e probabilmente San Giorgio, di

cui resta solo un frammento.

11


Annunciazione

Pittore Marchigiano, seconda metà del XVI secolo

Questa Annunciazione su tela può

ricondursi all’attività di un maestro

marchigiano operoso probabilmente

negli ultimi decenni del

Cinquecento. La scena si svolge su

una sorta di portico della casa della

vergine; l’interno domestico si

intravede alle spalle di Maria.

Come vuole la consuetudine

iconografica, l’annuncio dell’angelo

è accompagnato dalla comparsa di

Dio Padre fra le nubi e dall’invio

della colomba dello Spirito Santo.

Un’elaborata targa collocata al

centro della scena rende nota

l’identità dei committenti, effigiati in

proporzioni ridotte alle estremità dl

dipinto: si tratta di Giovanni Politi da

Sarnano e di sua moglie , donna

Camilla, che fecero fare l’opera per

loro devozione.

12


Ultima Cena

Simone De Magistris, 1607

La tela con l’Ultima cena è

attribuibile per via stilistica al

pittore Simone De Magistris da

Caldarola, di cui è ben riconoscibile

lo stile tagliente e i colori cangianti.

Come riferiscono fonti

ottocentesche, in origine l’opera era

firmata e datata 1607 sul cartiglio in

basso a destra, che oggi risulta

parzialmente leggibile. Il pittore

rinnova lo schema tradizionale del

soggetto, che vede di solito le figure

allineate dietro al tavolo. Simone

colloca invece i personaggi intorno

alla mensa riccamente imbandita: in

questo modo alcuni degli apostoli

sono visti di profilo e di spalle, come

Giuda, raffigurato in primo piano con

l’abito giallo e il sacchetto con i

trenta denari bene in vista. Questa

soluzione accentua l’ambiguità e la

bassezza morale del traditore e fa

risaltare invece la solennità del

gesto di Gesù, all’estremo opposto

della tavola. La scena è arricchita

da numerosi particolari: sullo

sfondo, tra grandi colonne, si nota il

passaggio dei servitori con vassoi

pieni di cibo, e, in basso a sinistra,

una figura di un mendicante con un

cane, oggi parzialmente tagliata, che

allude al dovere cristiano della

carità.

13


14


Deposizione

Simone De Magistris, 1573 (?)

L’opera, originariamente conservata

sull’altare maggiore della Chiesa di

San Cassiano, è stata attribuita a

Simone De Magistris da Fabrizio

Fabrizi. Secondo quanto riportato in

un inventario del 1910, la data di

realizzazione è il 1573. La tavola

rappresenta la Deposizione, tema

molto diffuso nell’arte della

Controriforma di cui Simone De

Magistris fu uno dei maggiori

interpreti nelle Marche.

Nella parte superiore del dipinto,

quattro uomini sulle scale calano il

corpo di Cristo dalla croce. Il pallore

di Gesù è in contrasto con la

carnagione rosea degli uomini che

lo sorreggono, specialmente con

quello di sinistra, raffigurato in

posizione quasi acrobatica, con un

piede sul piolo della scala e uno

sulla mensola della croce. In basso,

un quinto uomo regge la scala: il suo

sguardo e rivolto verso lo spettatore

e la sua espressione denota un

completo disinteresse per quanto

sta accadendo intorno a lui.

Sotto la figura di Cristo è raffigurato

un altro personaggio, probabilmente

San Giovanni, che sorregge con la

mano destra una gamba di Gesù.

Sullo sfondo della scena, a sinistra si

intravedono delle montagne; al

centro, alcune costruzioni in pietra,

due delle quali richiamano le torri

del centro storico di Sarnano. In

basso, è rappresentata la Vergine

Maria, svenuta, circondata dalle Pie

Donne: quella con la veste gialla

sorregge la Madonna, quella con la

veste rossa allarga le braccia in

segno di desolazione e quella con la

veste bianca congiunge le mani in

preghiera.

15


La tavola era

inserita in una

cornice massiccia,

realizzata in legno

di noce, che

termina con una

cuspide piuttosto

elaborata. La

cornice, ora non

esposta, allungata

con tasselli di

legno di pioppo,

misura 3,13 metri

in altezza e 1,90

in larghezza. Ai

lati, in alto, è

decorata con

foglie e riccioli,

ma, forse a causa

di un maldestro

intervento di

restauro, ha perso

la sua policromia

originale.


Ritratto di Annibale Crizi

Pittore Marchigiano, fine XVI – inizio XVII secolo

L’opera raffigura Annibale Crizi,

cavaliere dell’Ordine di Santo

Stefano, noto per aver trasportato a

Sarnano le spoglie dello zio, il

cardinale Costanzo Torri, meglio

conosciuto come Boccadifuoco o

«Cardinal Sarnano».

Il ritratto faceva parte del

monumento funerario dedicato al

cardinale Torri, tuttora situato sul

secondo altare di destra della Chiesa

di San Francesco. Il monumento era

composto da una lapide

commemorativa impreziosita da

incorniciature marmoree inserite in

un tabernacolo con colonne e

stemma di famiglia; a sinistra si

trovava il ritratto di Costanzo Torri,

mentre sotto al ritratto era posta

un’altra lapide dedicata al Cardinal

Sarnano dal nipote Annibale Crizi

nel 1759; a destra era situato il

ritratto di Annibale Crizi.

Sotto al ritratto si trovavano

un’epigrafe dedicata a Paolo Claudi,

anch’egli nipote del cardinale, dai

fratelli Antonio e Claudio in

omaggio alla sua prematura morte il

29 giugno 1611 e, infine, lo stemma

lapideo dello stesso Paolo Claudi,

abate archimandrita di San Pietro

Spina. Stando alle testimonianze, di

questo complesso facevano parte

anche due coppie di putti in marmo

risalenti al XVII secolo, oggi

conservate nella Pinacoteca e qui

esposte. Il ritratto su tela di

Annibale Crizi è inscritto in una

cornice ovale e dorata. La figura è

ritratta di tre quarti, a mezzo busto,

e volge lo sguardo verso lo

spettatore secondo la forma in uso

dal XVI secolo in avanti. L’uomo

indossa un’armatura in metallo che

lascia scoperte le maniche di una

giubba gialla, mentre dalla vita in

sotto si intravede una gonnella nera

con sottili decorazioni in oro.

17


La mano destra poggia sopra l’elmo

in metallo cesellato ornato da piume

rosse e azzurre, mentre la sinistra

impugna la spada. Il collo è

circondato da un’ampia gorgiera

inamidata, simbolo di prestigio

nobiliare, mentre, appesa a un

nastro, la croce dell’ordine dei

cavalieri di Santo Stefano troneggia

sul petto dell’uomo. La testa appare

leggermente sovradimensionata

rispetto al corpo, ma potrebbe

trattarsi di un effetto prospettico

realizzato attraverso la visione dal

basso verso l’alto.

Il dipinto coniuga una certa rigidità

dovuta alla postura con la finezza

decorativa e il vivace cromatismo

dell’abito esaltato da una luce nitida

che ne enfatizza i particolari. Inoltre,

il colorito del volto, segnato da

armoniosi chiaroscuri, e la direzione

obliqua dello sguardo trasmettono

un senso di mobilità che attenua la

severità e la fissità della figura. La

minuziosità con cui sono state

rappresentate le vesti, l’elmo e la

spada testimonia la volontà di

conferire dignità e nobiltà al

personaggio.

18


Santa Caterina d'Alessandria

Pittore Marchigiano, prima metà del XVII secolo

La tela rappresenta l’ultimo istante

della vita di Santa Caterina, martire

del IV secolo, prima della sua

decapitazione. Conformemente alla

leggenda, l’evento è dipinto dal

pittore in ambiente extraurbano,

sullo sfondo di un insediamento

murato e di una ricca veduta

paesistica in lontananza.

Inginocchiata accanto alla ruota

dentata, strumento di un primo

tentativo di supplizio, e per questo

diventata suo attributo, la santa

accoglie la palma del martirio

portatagli da un angelo che squarcia

il cielo. Stilisticamente l’opera è

vicina alla maniera di Domenichino

ed è databile alla prima metà del

seicento.

19


Tobiolo e l'Angelo

Pittore Marchigiano, seconda metà del XVII secolo

Databile alla seconda metà del XVII

secolo, la tela rappresenta

l’arcangelo Raffaele che prende per

mano il piccolo Tobiolo indicandogli

la strada del suo lungo viaggio.

Durante il tragitto verso la Media,

città in cui suo padre Tobia aveva

depositato il patrimonio della

famiglia, Tobiolo ucciderà il grosso

pesce dal quale, su consiglio

dell’arcangelo, estrarrà cuore, fegato

e fiele, per curare la cecità del

padre. Divenuto così patrono di

viandanti e pellegrini, Raffaele, a

partire dal XVI secolo, comincia ad

identificarsi con la figura dell’angelo

custode e ad essere tributario di uno

specifico culto, di cui il quadro

sarnanese è una pregevole

testimonianza.

20


Immacolata, San Bonaventura

da Bagnoregio e santo

Ignazio Stern, prima metà del XVIII secolo

La tela con l’Immacolata, San

Bonaventura da Bagnoregio e

santo, databile alla prima metà

del XVIII secolo, è incentrata

sulla visione dell’Immacolata

Concezione, dogma proclamato

solo nel 1854, ma elaborato

già nel XV secolo e

tenacemente difeso dall’ordine

francescano Proprio per questo

motivo possiamo supporre che

l’opera provenga dalla chiesa

di San Francesco di Sarnano,

che lascia intendere anche la

presenza, sulla destra, di San

Bonaventura intento a

mostrare la sua stola ornata di

ricami dorati. Dietro di lui, al

centro della tela, una figura di

indemoniato attende di essere

guarito

proprio

dall’imposizione di quella stola.

Più difficile è invece

l’identificazione del santo sulla

sinistra, che smette di scrivere

e si volta a guardare

l’immagine dell’Immacolata.


San Bonaventura da

Bagnoregio e l’angelo

Ignazio Stern, prima metà del XVIII secolo

San Bonaventura da Bagnoregio,

autore della Legenda Maior, cioè

della vita ufficiale del Poverello

d’Assisi, è rappresentato nel

momento in cui riceve dall’angelo la

stola con la quale opererà numerosi

esorcismi. Lo stesso angelo gli

indica infatti una indemoniata sullo

sfondo, che attende d’essere guarita

da un suo intervento Le figure sono

delineata con una pittura rarefatta e

sfumata che colloca l’episodio in

una sfera soprannaturale e che si

spinge a datare l’opera alla prima

metà del XVIII secolo.

22



La Chiesa di Santa Maria

di Piazza Alta

Oggi nella Pinacoteca di Sarnano sono esposte alcune

opere che provengono dalla chiesa di Santa Maria di

Piazza Alta, attualmente inagibile a causa dei danni

provocati dal sisma del 2016.

La costruzione della chiesa di Santa

Maria di Piazza Alta (o intra moenia)

risale all’XI secolo quando gli

abitanti della zona erano

assoggettati ai Signori di Brunforte,

mentre l’autorità religiosa era

rappresentata dai monaci

Benedettini dell’Abbazia di Piobbico,

o Santa Maria intra rivora, situata

nelle montagne vicino a Sarnano.

Quando Sarnano fu proclamato

libero comune, nel 1265, i monaci e

gli abitanti della comunanza

iniziarono la costruzione della

chiesa intra moenia, terminata solo

nel 1296 con l’erezione della torre,

le cui campane scandiscono ancora

oggi il placido scorrere del tempo.

Gli artefici della struttura furono

probabilmente gli stessi Maestri

Lombardi, depositari del sistema

costruttivo in cotto con cui è stato

realizzato il castrum di Sarnano.

La chiesa, a navata unica, termina

con un’aula sormontata dalla torre

campanaria. Ai lati dell’altare, verso

il presbiterio, due strette scalinate

conducono alla cripta, perfetta

esaltazione della spiritualità

romanica.

Di particolare pregio è il portale

d’ingresso posto al centro della

facciata, tra tre cornici e due ghiere

scannellate a rombi, rosette, viticci e

fogliame in pietra bianca, che

formano un arco a sesto acuto al

centro del quale spicca una

rappresentazione dell’Eterno.

La lunetta che sormonta la porta,

invece, mostra la Vergine dormiente,

attorniata dagli Apostoli, mentre

l’Eterno su di una nube si affaccia

dall’ogiva, a destra il Salvatore, a

sinistra l’anima della Madre, manca,

forse caduto, il simbolo dello Spirito

Santo. Il portale e le lunette di

Sarnano sono le uniche in tutte le

Marche dedicata all’Assunta, patrona

del Comune.

24


Madonna della Misericordia

Pietro Alamanno, Firmata e datata 1494 nell’iscrizione perduta

L’opera, attribuita a Pietro

Alamanno, si trovava presso la cripta

della chiesa di Santa Maria di Piazza

Alta per poi essere spostata sulla

parete sinistra della navata centrale.

La Madonna orante è raffigurata in

piedi tra quattro angeli dalle ali

variopinte, due adoranti e due che

reggono il mantello, sotto il quale si

trovano i fedeli raccolti in preghiera:

laici di diverso rango sociale,

ecclesiastici e confratelli,

probabilmente appartenenti alla

confraternita del Rosario che aveva

commissionato l’opera. La Vergine

rappresentata con l’ampio mantello

aperto che protegge i fedeli

simbolizza la Chiesa che accoglie in

grembo la Cristianità.

Il dipinto è caratterizzato da una

notevole tecnica virtuosistica per la

cura dei dettagli.

Il manto verde della Vergine,

bordato d’oro, rende l’idea di un

soffice velluto, il fondo del dipinto

richiama un tessuto damascato, le

vesti dei fedeli ricordano i broccati

suntuosi di Carlo Crivelli, di cui

Alamanno fu allievo. Tuttavia, i

colori chiari e tenui rivelano una

sensibilità nuova, più armoniosa,

con una allure tardo gotica, che

caratterizza le opere tardive di

questo autore.La tavola è in un

discreto stato di conservazione,

nonostante ci sia una lacuna dovuta

all’umidità nella parte inferiore,

dove si trovava l’iscrizione citata da

Raffele De Minicis in un manoscritto

ottocentesco oggi conservato nella

Biblioteca comunale di Fermo: «La

rosa vergine è la porta per le stelle

del cielo. Così Sarnano si rifugia nel

suo seno. 15 marzo 1494. Opera di

Pietro Alamanno» («Rosa virgineo

janua est per sydera olympo. Que

modo Sernanum confovet ipsa sinu.

1494 die XV mensiis martii. Opus

Petri ALAIINI».

25


La rosa vergine è la porta per le

stelle del cielo. Così Sarnano si

rifugia nel suo seno. 15 marzo

1494. Opera di Pietro Alamanno»).

L’iconografia della Madonna della

Misericordia ha origini molto

antiche: sappiamo che il mantello

come simbolo di protezione era già

utilizzato dai franchi e dagli

anglosassoni, probabilmente sotto

l’influenza della cultura romana, ed

era diffuso anche nella Chiesa

d’Oriente già dal V secolo.

In Europa, secondo il diritto

medievale, le madri dovevano

coprire con un mantello i figli nati

prima del matrimonio per poterli

riconoscere legalmente (filii

mantellati). Nel 1908 Paul Perdrizet

suggerisce che la Madonna della

Misericordia abbia avuto origine tra i

monaci cistercensi.

26

Questa ipotesi si basa un racconto di

Cesario di Heisterbach in cui si dice

che un monaco ebbe una visione

nella quale i cistercensi si trovavano

sotto il manto della Vergine in

quanto suoi prediletti. Di questo

racconto, in seguito, si sono

appropriati anche altri ordini

mendicanti, in particolare i

domenicani. Altri studiosi, invece,

hanno avanzato l’ipotesi di una

genesi orientale derivante dalla

Madonna Theotokos collocata, forse,

nella chiesa della Blacherne a

Costantinopoli nel V secolo. Altri

ancora legano questa iconografia

alle confraternite laiche ed

ecclesiastiche che adottarono il

culto della Vergine protettrice quale

loro tratto distintivo, come accadde,

probabilmente, a Sarnano dove la

popolazione era devota alla

Madonna Assunta.


Madonna orante

e San Giuseppe

Maestro Domenico del Presepe, 1470

Le due statue lignee sono state a

lungo conservate all’interno della

chiesa di Santa Maria di Piazza Alta,

esposte su due mensole vicino

all’altare.

È molto probabile che le due statue

facessero parte di un presepe di cui

è andata perduta la figura del

Bambino. Nel 1986 Antonio

Bittarelli ha suggerito che il

complesso ligneo risalisse al 1462

alla luce di un documento di quello

stesso anno in cui si dice che

Antonio di Battista di Marino Crissi

fece una donazione alla Chiesa di

Santa Maria di Sarnano destinata a

una tavola con l’immagine della

Vergine Maria con il Figlio Gesù

Cristo con un presepe («cum

ymagine Virginis Marie cum eius

Filio Yhesu Cristo cum presepio […]

in dicta ecclesia Sancte Mariae di

Sarnano»).

In seguito, Francesca Coltrinari ha

scoperto un documento del 1470

secondo cui Benedetto di Lorenzo di

Ser Cristoforo di Sarnano, per volere

di sua moglie, donò 30 fiorini per la

realizzazione di un presepe nella

Chiesa di San Francesco («pro

presepio fiendo in ecclesia Sancti

Francisci da Sarnano»). Un ulteriore

documento datato 1472 parla di

«Dominico de presepio»,

identificandolo come il maestro che

aveva lavorato a un’opera

processionale in legno raffigurante il

castello di Sarnano. Alla luce di

queste scoperte è possibile

attribuire le due sculture al Maestro

Domenico del Presepe e considerare

il 1472 come termine ante quem per

il presepe. Secondo Bittarelli, questo

scultore poteva essere un monaco

dell’Abbazia di Piobbico che aveva

avuto contatti con Matteo da

Gualdo, seguace di Giovanni Boccati

e Girolamo di Giovanni.

27


Il volto di Maria è caratterizzato da

gote rosse e occhi gonfi, segnati

dalla stanchezza, che ricordano i

protagonisti della pittura dei maestri

camerti e, in qualche modo, la

Madonna della Misericordia di Pietro

Alamanno. I capelli dorati scendono

schiacciati ai lati del volto e sul

lungo collo, le vesti, caratterizzate

da uno stile decorativo tardogotico,

presentano un morbido panneggio

che conferisce volume alla figura.

San Giuseppe è rappresentato in

posizione seduta, con il volto rugoso

e barbuto e l’espressione assorta.

La Natività è stata completa almeno

fino al 1697, come attesta un

documento che la ricorda nella

cappella di Santa Margherita.

28


San Pietro e San Giovanni

Battista

San Benedetto e San Biagio

Niccolò di Liberatore detto L'Alunno, 1466 – 1470

Le due tavole, originariamente

conservate nel coro della Chiesa di

Santa Maria di Piazza Alta,

rappresentano gli unici due

scomparti conosciuti di un polittico

smembrato e forse perduto.

L’attribuzione a Niccolò di

Liberatore detto L’Alunno fu

suggerita da Perkins nel 1905 e

confermata da Federico Zeri nel

1948. Di questo artista sappiamo

che intorno al 1406 era un pittore

affermato e autonomo pronto ad

assumere il controllo della bottega

del suo presunto maestro Pietro

Mazzaforte, trasformandola in una

delle più importanti della zona, in

grado di raccogliere commissioni

provenienti sia dai centri umbri che

dall’Appennino marchigiano.

Il primo scomparto del polittico

rappresenta San Pietro e San

Giovanni Battista, mentre il secondo

raffigura San Benedetto e San

Biagio.

29


I quattro santi, incorniciati da una

ricca carpenteria dorata, sono

raffigurati in piedi su un manto

erboso dipinto nei minimi

particolari, una suggestione tardo

gotica ricorrente nelle opere di

questo autore.

San Pietro e San Benedetto sono

rivolti verso la figura che un

tempo doveva occupare lo

scomparto centrale del polittico

(forse una Madonna con

Bambino), mentre san Giovanni

Battista, pur volgendo lo sguardo

nella direzione opposta, la indica

con la mano. San Biagio, invece, è

immerso nella lettura di un libro

che regge con la mano sinistra,

mentre nella destra stringe il

pastorale e lo scardasso o pettine

col quale fu torturato, suoi

attributi.

Le figure di San Pietro e San

Giovanni Battista sono immagini

di grande intensità: i rapporti

cromatici caldi e l’impostazione

plastica richiamano lo stile

rinascimentale che ha

caratterizzato la fase giovanile

dell’opera di Niccolò Alunno. La

pennellata luminosa della veste e

il decorativismo figurato del

piviale di San Biagio evidenziano

l’influenza della pittura veneta.

La cornice del polittico,

probabilmente, è opera di

Giovanni di Stefano da

Montelparo la cui collaborazione

con Niccolò Alunno è

documentata a partire dal 1970.

30


Stendardo Processionale

Annunciazione e Crocefissione

Giovanni D'Angelo D'Antonio da Bolognola, 1456-1458

Lo stendardo di Sarnano è stato

attribuito inizialmente da

Cavalcaselle e da Crowe a Girolamo

di Giovanni e in seguito da Andrea

De Marchi a Giovanni D’Angelo

D’Antonio da Bolognola (De Marchi,

2002). Tale attribuzione è stata

confermata in seguito anche da

Matteo Mazzalupi.

L’opera, originariamente conservata

nella chiesa di Santa Maria di Piazza

Alta, accanto all’altare, rientra in una

specifica tipologia, quella degli

stendardi processionali i quali, per il

loro carattere funzionale, venivano

dipinti da entrambi i lati. Questi

gonfaloni venivano commissionati

dalle confraternite religiose come

propri stendardi da portare in

processione durante le feste più

solenni. Da questa funzione deriva la

necessità di dipingerli su entrambi i

lati e con episodi sacri cari alla

confraternita committente.

Nel Quattrocento gli stendardi nelle

Marche erano realizzati ancora su

tavola in legno e, a causa del loro

maggiore peso, erano di dimensioni

più ridotte, ma più resistenti rispetto

a quelli su tela.

La scelta di raffigurare

l’Annunciazione fa ritenere che

l’opera fosse destinata alla

processione del 25 marzo, giorno

dell’omonima festa. La scena mostra

il momento dell’annuncio: l’Angelo è

in ginocchio davanti a Maria che

ascolta con sguardo docile e le mani

incrociate sul petto, esprimendo

umilmente il suo consenso al volere

divino. La grazia di lei, timida

adolescente, e il volto dell’Angelo

hanno un sapore lontanamente

gotico. In alto, nella cuspide oggi

perduta, si intuisce il davanzale di

una finestra da cui si può ipotizzare

si affacciasse Dio Padre.

31


La colonna centrale, che nasconde

parzialmente il giglio e la colomba,

conferisce simmetria e profondità

all’ambiente. Le linee prospettiche ci

guidano a sinistra, in fondo alla

seconda stanza, dove si apre una

finestra da cui si intravede un ampio

paesaggio. Dall’altro lato è

raffigurata la Crocifissione. La figura

di Cristo si staglia sullo sfondo oro:

è un Cristo sereno e disteso, lontano

dalle espressioni drammatiche dei

Crocifissi del Quattrocento

marchigiano.

Ai lati della croce stanno la Vergine

Maria e Giovanni l’Evangelista che

hanno rispettivamente il volto

dell’Annunciata e dell’Angelo

dell’altra faccia dello stendardo,

sebbene più maturi e toccati dal

dolore, profondamente assorti in

adorazione. La croce poggia sul

Monte Calvario, dietro il quale si

spalanca un paesaggio inondato di

luce, con fortificazioni, edifici e

strade che si estendono fino

all’orizzonte.

32


Comune di Sarnano

Pinacoteca e Musei Civici

via G. Leopardi scn

Servizi Culturali

0733 659 235

www.sarnanoturismo.it

@sarnanoturismo

Guarda la Videoguida Semiseria del museo

sul canale YouTube di Sarnano Turismo


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