31.05.2020 Views

Adolf Hitler il preludio

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.



Il preludio

v Italia Editrice


Hitler – Il preludio

Testi e didascalie: Angelo Todaro

Ricerche bibliografiche e iconografiche: Angelo Todaro - Vincenzo Nisco - Domenico Cangialosi.

Coordinamento editoriale: Mario Lazzarini

Progetto grafico e coordinamento: Angelo Todaro

Redazione: viale Europa 196/23 - 74029 Taranto Talsano

In redazione: Angelo Todaro - Vincenzo Nisco - Mario Lazzarini

Fotocomposizione: a cura della redazione editoriale

Fotolito e Stampa: Arti Grafiche La Regione snc - Ripalimosani (CB) - Tel. 0874/483224

© 1995 - Degli Autori

Italia Editrice

Via Piave, 50 - tel: 0874/698542 - fax: 0874/67534 - 86100 Campobasso

Per le fotografie di cui non è stato possibile rintracciare gli aventi diritto,

l'editore si dichiara pienamente disponibile ad adempiere ai propri obblighi.


Sommario

• Capitolo 1 L’uomo 6

Si sentiva un artista 10

C’è aria di guerra 11

• Capitolo 2 Entra in politica 14

• Capitolo 3 Sturmabteilungen 18

La svastica 19

Nuove divise per le SA 22

La Braune Haus 23

• Capitolo 4 Il tentato colpo di stato 26

Grandi manifestazioni nel ‘23 30

Il tentativo di putsch 32

Nel carcere di Landsberg 35

• Capitolo 5 Rinasce il partito nazista 36

Obersalzberg, il rifugio del Führer 40

Ospiti ad Obersalzberg 46

• Capitolo 6 Vincere le elezioni! 48

Hitlerjugend, il futuro della Germania 52

La corsa alle elezioni del 1930 56

I manifesti elettorali di Hitler 58

Per «svegliare la Germania» 60

Gli incontri con il popolo 68

• Capitolo 7 La corsa al cancellierato 82

Il primo governo Hitler 84

Schutzstaffel, SS 86

Militaria 90

• Capitolo 8 L’uomo di stato 92

La cerimonia a Potsdam 96

Le manifestazioni del 1933 98

Le commemorazioni del 1933 110

• Capitolo 9 Liberaci dalla «peste bruna» 112

Avvenimenti del 1934 116

Hitler uomo di stato 120

La Marina del Reich e le crociere 124

• Capitolo 10 Il potere assoluto 130

Il saluto al vecchio presidente 132

Le cerimonie 133

Le visite e gli incontri del Führer 138

Le opere del regime 142

Nasce la Wehrmacht 148

Lo sport 156


1

Capitolo 1

L’uomo

6

In una locanda

austriaca nasceva

il futuro

dittatore nazista.

Il suo

rendimento

scolastico era

generalmente

piuttosto scarso,

eccetto che

nel disegno:

per questo

Adolf aspirava

a diventare

un artista.

Il 20 aprile 1889 era un sabato, vigilia

di Pasqua, ed anche se era primavera

inoltrata il clima si manteneva molto

rigido. Alle sei e mezzo di sera, in una

locanda di Braunau, sul fiume Inn al confine

tra l’Austria e la Baviera, nasceva il

futuro Führer della Germania.

Per la madre, Klara Pöltz, una ex cuciniera

d’albergo, era il terzo figlio: gli scelse

un nome a caso e lo chiamò Adolfus. Per

il padre Alois, ormai al terzo matrimonio,

era il quinto figlio. Da giovane aveva

lasciato il suo paese, Döllersheim, dove

faceva il calzolaio, per andare a Vienna,

dove aveva trovato impiego nella dogana

austriaca. A ventisette anni sposò

Anna Glasl Hörer, di quattordici anni più

anziana di lui e figlia di un funzionario

statale. Il matrimonio andò avanti per

sedici anni, finché i due si separarono. Nel

1883 la donna morì e Alois, un mese più

tardi, sposò una giovane cuciniera d’albergo,

Franziska Matzelsberger, che era

già sua amante e che gli aveva dato un

figlio, Alois Junior. Anche questo matrimonio

non ebbe fortuna: lo stesso anno

Franziska dette alla luce una bambina,

Angela, e poi morì di tubercolosi. Alois

aveva già 48 anni e si consolò sposando,

sei mesi più tardi, Klara Pöltz, una sua

cugina di venticinque anni. Quando nacque

Adolf, Klara aveva già dato alla luce

due figli, Gustav e Ida, e dopo di lui ne

ebbe altri due, Edmund e Paula.

Il piccolo Adolf era piuttosto gracilino e

fu subito portato nella chiesa parrocchiale

e battezzato col rito cattolico.

Quando raggiunse l’età scolare si trovava

con la sua famiglia a Passau, una

cittadina sul confine austro-germanico,

ma in territorio tedesco. Nonostante l’aspetto

delicato, si dimostrava vivace e

battagliero con gli altri ragazzi.

Frequentava una scuola rurale delle vicinanze,

ma un anno dopo, quando il

padre andò in pensione e si trasferì con la

famiglia a Lambach, fu iscritto ad una

scuola nella vicina Linz.

Il canto era la passione del giovane

Hitler, tanto che i monaci di un vicino

monastero benedettino lo accoglievano

come chierichetto e nel coro dell’abbazia.

Il rendimento a scuola era però piuttosto

scarso, e lo fu anche di più quando frequentò

l’istituto tecnico a Linz. In geografia

e storia raggiungeva appena la sufficienza,

aveva buoni voti in disegno, ma

la sua conoscenza della lingua tedesca fu

giudicata dagli insegnanti insufficiente.

Dissero di lui che non sapeva controllarsi,

che era un attaccabrighe, un testardo, un

presuntuoso, sempre di cattivo umore e

incapace di sottoporsi alla disciplina scolastica.

Certo Adolf non trascorse la sua giovinezza

tra “rose e fiori”, sempre in lotta con

il padre, che desiderava per il figlio una

carriera da ufficiale o almeno da impiegato

dello stato. Per questo lo minacciava

continuamente, specialmente da quando

aveva preso il vizio di bere e trascorreva

la sua vita di pensionato nelle osterie, ritirandosi

a casa spesso ubriaco; e quando

non rientrava toccava ad Adolf andarlo a


1 Adolf Hitler in una foto

del 1921.

2 La madre di Adolf,

Klara Pöltz, era una donna

tendenzialmente triste;

confrontando il suo

sguardo con quello

di Adolf si nota la

straordinaria somiglianza,

con la stessa forza di

penetrazione.

3 Il padre Alois,

qui fotografato in alta

uniforme, era un

doganiere austriaco.

Spesso in contrasto

con Adolf, lo voleva

costringere

ad una carriera militare

o impiegatizia,

mentre il ragazzo sognava

di fare l’artista.

cercare facendo il giro delle varie osterie.

Una sera il ragazzo gli urlò: «Ich bin ein

Künstler!», «Io sono un’artista!, voglio fare il

pittore!». «Mio padre – scrisse Adolf nella

sua autobiografia – restò senza fiato.

Pensò di non aver sentito bene. Ma quando

gli dissi che facevo sul serio, si infuriò

urlando: “Artista!? Finché io sarò vivo,

mai!…”. Con questo il nostro contrasto

giunse ad un punto morto».

Adolf aveva quattordici anni (era

infatti il 1903) quando, andando per l’ennesima

volta alla ricerca del padre, lo

trovò morente sotto il tavolo di una taverna.

Dopo la morte di Alois, continuò a frequentare

la scuola, ma il suo rendimento

era così scarso che, a sedici anni, decise

di abbandonare gli studi, nonostante gli

sforzi della madre che lo spingeva a prendersi

almeno un diploma per poter ottenere

un piccolo impiego. Adolf finì per considerare

i suoi professori come “nemici naturali”

e li ricorderà con rancore per tutta la

vita. Ed anche da dittatore, infatti, giudicherà

gli “accademici” come «tiranni» e «in

gran parte matti». Si salvò da questo giudizio

soltanto il suo professore di storia,

Leopold Pötsch, che insegnava ai ragazzi

a cantare Deutschland über alles (la

Germania sopra tutto) invece dell’inno

asburgico Dio conservi l’imperatore

Francesco, obbligatorio per gli austriaci.

Predicava anche il razzismo e infatti, nel

suo libro, Adolf scrisse che quell’insegnante

aveva fatto di lui un convinto «rivoluzionario».

Appassionato di pittura e sempre più

intenzionato a diventare un artista, a 17

anni Adolf si trasferì a Vienna per iscriversi

all’Accademia di Belle Arti. Ma agli

esami di ammissione rimediò una sonora

bocciatura. Gli esaminatori gli spiegarono

che la sua prova di disegno era insufficiente.

Non poteva essere considerato un

buon pittore e il suo disegno, semmai, era

più adatto ad un corso di architettura. Ma

al giovane Hitler la professione dell’architetto

era preclusa, dato che non possedeva

il diploma di scuola media superiore,

indispensabile per l’iscrizione all’Università.

Con una grande delusione nel cuore

Adolf rientrò a Linz, in tempo per assistere

la madre ammalata di un tumore al seno.

Klara morì nel dicembre del 1907 a quarantacinque

anni.

Senza genitori, senza diploma e senza

un mestiere, Adolf ritornò a Vienna e

ritentò la strada delle Belle Arti, giungendo

ad una seconda bocciatura. Per cinque

anni visse di espedienti e di piccoli

lavori. Alcuni dissero che Hitler lavorava

come imbianchino, per altri dipingeva

paesaggi di Vienna e manifesti pubblicitari

per i commercianti della capitale. In

un modo o nell’altro tirava avanti come

meglio poteva.

Amava la musica e, quando le sue

finanze glielo permettevano, si recava a

teatro, accontentandosi anche di un posto

in piedi: Wagner era il suo musicista preferito,

per il quale aveva una vera infatuazione,

ma non disdegnava le opere di

2 3

7


8

1

Verdi e ammirava anche Mahler, nonostante

fosse un ebreo.

Le scarse finanze lo costrinsero, in quei

cinque anni, a cambiare spesso alloggio

e a saltare molti pasti. «La fame – scrisse

poi Adolf – fu in quel tempo la mia fedele

compagna che non mi abbandonò mai

[…] la mia esistenza era una lotta continua

con questa amica spietata […

]Vienna rappresenta il ricordo del

momento più triste della mia vita…».

In una Vienna invasa da polacchi,

magiari, sloveni, cèchi, slovacchi, italiani,

croati, serbi, boemi, ungheresi… ed ebrei,

l’odio razzista e la convinzione della superiorità

della razza tedesca prese corpo e si

rafforzò in Adolf, alimentato dal fatto che

nella capitale austriaca erano già molti

coloro che propagandavano la stessa

idea. Circolavano infatti nella piccola borghesia

viennese numerosi volantini antisemiti,

avidamente letti da Hitler. In particolare

egli fu attratto da una rivista antisemita

dal titolo Ostara (la dea germanica

della primavera), fondata da un uomo

che si faceva chiamare Jörg Lanz von

Liebenfels, dandosi un tono aristocratico.

Si trattava invece di un ex frate, occultista

bizzarro, e probabilmente il suo vero

nome era Lanza, di origine siciliana. Le

sue teorie era piene di razzismo, di biondi

eroi di pura razza ariana che erano destinati

ad assoggettare le razze inferiori, specialmente

gli ebrei: teorie che erano perfettamente

in linea con quelle di Adolf, il

quale, estasiato, volle subito conoscere

Lanz. Costui viveva in un castello a

Werfenstein, nella bassa Austria. Hitler fu

ricevuto in una grande sala addobbata

con drappi che portavano al centro una

croce uncinata. Ma Hitler non vedeva

quel simbolo per la prima volta, né si

lasciò ingannare dalla figura di Lanz, poiché

egli non faceva altro che portare

avanti teorie altrui. Quel simbolo, Adolf lo

aveva già visto sulla rivista Der Scherer (Il

tosatore), di satira politica ispirata da von

Schönerer; nella rivista, infatti appariva

una svastica. George Ritter von Schönerer

era un razzista e promuoveva l’idea di

una un’unica grande nazione tedesca,

con l’unione della Germania con l’Austria

e con quei territori della Polonia, della

Boemia e della Svizzera di lingua tedesca.

Hitler era così entusiasta di questa idea

che aveva già appeso nella sua camera

tanti manifesti riportanti slogan estrapolati

dalla rivista.

La politica cominciò ad attrarlo: lesse

libri, osservò e analizzò con attenzione le

strategie dei partiti. Notò, ad esempio, che

i socialdemocratici, il partito più forte in

Germania, elaboravano con grande cura

le tecniche per conquistare le folle e portarle

all’azione. «…Esercitavano sulla borghesia

un ignobile terrore spirituale – scriverà

poi – Scatenavano ad un certo

punto una valanga di calunnie e menzogne

contro qualunque avversario politico

che sembrava pericoloso, finché i nervi

delle persone calunniate crollavano. Ma

per i sostenitori la vittoria riportata era il

trionfo della giustezza della loro causa».

Questa sarà la stessa tattica che Hitler

userà pochi anni dopo per impadronirsi

del potere, ma al momento non aveva

una buona opinione del comportamento

dei socialdemocratici, e del resto come

poteva, dal momento che tra i capi c’erano

Adler, Austerlitz, Ellenbogen, David,

tutti di razza ebraica, tutti «corruttori del

popolo tedesco».

Nel novembre del 1912 Hitler abbandonò

Vienna e si recò in Inghilterra.

Raggiunse a Liverpool il fratellastro Alois,

che si era lì trasferito in cerca di lavoro, e

vi rimase per cinque mesi, ma senza lavorare

e senza imparare l’inglese, volutamente,

poiché la considerava una lingua

inferiore. Il tentativo si rivelò quindi inutile

e, poiché il fratello cominciò a mostrarsi

insofferente, Adolf rientrò a Vienna. Un

mese dopo, a maggio del 1913, si trasferì

a Monaco. Ma se Hitler aveva tentato l’inutile

avventura inglese e poi, rientrato in

patria, era subito andato a Monaco, un

motivo doveva pur esserci. Sicuramente

la ragione sta nel fatto che la polizia

austriaca lo stava cercando perché renitente

alla leva: il giovane Adolf non si era

presentato, poiché non aveva alcuna

intenzione di prestare il servizio militare in

un esercito che giudicava multirazziale e

contaminato dal «germe ebraico». Ma

l’anno seguente la polizia austriaca scovò

il suo domicilio a Monaco e Hitler fu

costretto a presentarsi al distretto militare.

La sua preoccupazione risultò comunque

1 Il piccolo Adolfus Hitler.


2

2 Le SA (Sturm

Abteilungen), primi reparti

d’assalto fondati da Hitler

nel 1921, sfilano

a Braunau davanti

alla locanda in cui

Adolf nacque il 20 aprile

1889, addobbata

a festa in occasione

della parata.

infondata: vista la sua gracile costituzione

i medici lo riformarono.

Così tornò a Monaco.

A giugno del 1914, a Sarajevo, capitale

della Bosnia, lo studente serbo Gavrillo

Princip uccise con una pistola Browning

l’odiato arciduca Francesco Ferdinando

d’Austria, erede al trono asburgico, e sua

moglie, la duchessa Sofia. L’episodio scatenò

la Prima Guerra mondiale e il 3 agosto

Hitler si arruolò volontario nell’esercito

tedesco e fu inquadrato nella prima compagnia

del 16° reggimento bavarese di

fanteria.

Il 10 novembre 1918, Hitler, ferito, si

trovava convalescente nell’ospedale militare

di Paserwalk quando gli giunsero

notizie inquietanti: il fronte tedesco era

crollato, l’imperatore Guglielmo II aveva

abdicato ed era fuggito in Olanda. In

tutte le città tedesche scoppiavano scioperi,

sventolavano bandiere rosse e l’intera

nazione era nel caos. A Berlino i socialdemocratici,

capeggiati da Philipp

Scheidemann, proclamarono la repubblica

e si preparavano a firmare l’armistizio

con le potenze dell’Intesa. Inutilmente altri

socialisti e i conservatori avevano cercato

di salvare la situazione mettendo sul trono

uno dei figli del Kaiser, assicurando che i

poteri della monarchia sarebbero stati

limitati. Sempre a Berlino i comunisti,

capeggiati dagli spartachisti Rosa

Luxemburg e Karl Liebknecht, lottavano

per instaurare una repubblica modellata

su quella dei Soviet in Russia. A Monaco

un socialdemocratico ebreo, Kurt Eisner,

fondò un’altra repubblica. A Vienna, gli

Asburgo erano stati esiliati e fu instaurata

una repubblica sovietica, la Räterepublik.

Tutto ciò portò Hitler alla disperazione:

«Non riuscii a frenarmi – scrisse – Mi buttai

sul letto e seppellii il capo nei cuscini…

Tutto era stato inutile. Inutili i sacrifici, le

privazioni, le ore trascorse nella paura

della morte mentre facevamo il nostro

dovere; inutile la morte di due milioni di

uomini […] Per questo erano morti? Per

permettere ad un mucchio di criminali di

alzare le mani sulla patria?…».

Il 7 maggio 1919 furono pubblicate le

clausole del trattato di pace imposto alla

Germania. Le condizioni erano così dure

che i socialdemocratici chiesero inutilmente

ai vincitori di modificarlo; consultarono

persino il Comando supremo

dell’Esercito se fosse possibile opporre una

resistenza militare all’ultimatum, ma la

risposta fu negativa. E così il 28 giugno

1919, in un vagone ferroviario a

Compiègne (Francia), fu firmato l’armistizio

che Hitler e molti altri tedeschi non

volevano, convinti che la Germania avesse

perso la guerra non in battaglia, dato

che le armate nemiche non erano riuscite

ad entrare in territorio tedesco, ma per

colpa dei politici, delle manovre dei

socialdemocratici e degli ebrei. In realtà

erano stati il feldmaresciallo Hindenburg

e il generale Ludendorff ad imporre la fine

della guerra, ma molti continuarono a

credere per anni che fosse stata voluta

dai politici.

Nonostante la tensione si tennero le

elezioni che portarono ad una forte affermazione

dei socialdemocratici. Con il partito

del Centro e i liberali di sinistra dettero

vita ad una coalizione che prese il nome

di Repubblica di Weimar, dal nome della

città scelta a sede dell’Assemblea costituente.

Cancelliere del Reich fu nominato

Friedrich Ebert.

Per gli estremisti, i militari, gli ex combattenti,

milioni di sbandati e lo stesso

Hitler il nuovo governo era «l’agente

dell’Intesa» e portava al disastro la

Germania.

9


Si sentiva un artista

1

2

1 Un acquerello

del pittore Adolf Hitler

realizzato nel 1914:

il cortile di un quartiere

residenziale di Monaco.

2 Un disegno di Hitler

realizzato nel 1917 mentre

era soldato al fronte;

raffigura un rifugio a

Fourmies, in Francia.

10


C’è aria di guerra…

3 Berlino, 1° agosto 1914.

Un ufficiale legge l’ordine

di mobilitazione generale.

Alle ore 19.00

l’ambasciatore tedesco

a Pietroburgo consegna la

dichiarazione di guerra

alla Russia.

3

4 2 agosto 1914.

Il giovane Hitler

(ingrandito nel cerchio in

alto) canta «La guardia

al Reno» durante una

manifestazione nella

Odeonplatz di Monaco:

la folla entusiasta

si prepara alla guerra.

Il giorno dopo la

Germania dichiarerà

guerra anche alla Francia.

La I Guerra Mondiale è

già iniziata.

4

11


Nuove divise per le SA

1

2

3

4


1/2 Esercitazione delle

SA nei pressi di Monaco.

Indossano le nuove divise

e si presentano come una

vera formazione militare.

5

La Braune Haus

3 Le divise cambiano, ma

le ferite continuano.

4 Una riunione del partito

nazista. Mentre un oratore

parla il Führer prende

appunti. Da sinistra a

destra: (in prima fila)

Hess, Rust, Hitler, Zörner,

Kerrl; (in seconda fila,

dietro Hess) Julius

Schreck.

5 La Braune Haus, nella

Briennerstrasse 45 a

Monaco, nuovo quartier

generale delle SA.

Sull’edificio campeggia

una grande bandiera con

croce uncinata

6 Nella Braune Haus

anche le SA devono

pelare le patate.

7 Le SA, che

apparentemente fanno

capo ad una sezione

ginnico-sportiva, vengono

invece sottoposte ad un

duro addestramento di

tipo militare. «La via al

Movimento – diceva Hitler

– non si deve spianare col

pugnale e col veleno, ma

con la conquista della

strada. Dobbiamo

insegnare al marxismo

che l’attuale padrone

della strada è il

nazionalsocialismo,

e che esso un giorno

sarà anche padrone

dello Stato».

6 7

8

8 L’ufficio schedario

nella Braune Haus. Il

numero di impiegati fa

capire che gli aderenti

sono ben cresciuti. A fine

1922 le SA contano più di

seimila uomini, tutti muniti

della divisa color sabbia e

del caratteristico berretto.

Molti giovani entrano nella

milizia hitleriana attirati

anche da una buona

paga, con vitto

e alloggio gratuiti.


1

Capitolo 4

Il tentato

colpo di stato

La Germania

è in una profonda

crisi economica

e il momento

sembra

favorevole, ad

Hitler, per tentare

un colpo di stato.

L’8 novembre

1923 si dà il via

al putsch, e tutto

sembra filare

liscio, invece…

26

Il 1923 non iniziò bene per la

Germania. A causa della mancata

consegna di una certa quantità di

legname e carbone, come previsto dal

trattato di pace, la Francia attuò una rappresaglia

contro la Germania. L’11 gennaio

cinque divisioni francesi e belghe

occuparono la Ruhr, il bacino minerario e

industriale più importante per i Tedeschi.

In tutto il territorio scoppiò uno sciopero

generale e si dette il via alla resistenza

passiva contro i Francesi.

L’economia tedesca precipitò di colpo

e l’inflazione raggiunse vertici inimmaginabili.

Il marco, già in difficoltà, perdeva

potere d’acquisto a vista d’occhio: in gennaio

occorrevano 18.000 marchi per

acquistare un dollaro, a fine anno ce ne

volevano 4 miliardi.

Hitler approfittò della situazione per

accusare violentemente il governo, asserendo

che la resistenza passiva era un’idiozia

e che il nemico non era in Francia

ma a Berlino. Per ristabilire la situazione,

quindi, era necessario abbattere prima la

repubblica di Weimar e poi scacciare i

Francesi.

Maturava quindi il lui l’idea di un putsch,

un colpo di stato. Ma per far ciò

occorreva aumentare la notorietà del

Movimento nazista e l’appoggio delle

folle. Organizzò un congresso nazionale,

che si tenne a Monaco il 27 gennaio: una

imponente manifestazione con la sfilata di

6.000 SA, al comando di Hermann

Göring, che terminò con la consacrazione

di numerose bandiere e stendardi, e altre

spettacolari parate militari comprendenti

musiche e danze. Le manifestazioni durarono

per mesi e furono supportate dal

Völkischer Beobachter, diretto da Alfred

Rosemberg, considerato ormai come il

“filosofo” del nazismo.

Quando il governo centrale decise di

far cessare in tutto il paese la resistenza

passiva e pagare i debiti di guerra, Hitler

cercò di spingere il governo bavarese,

composto dal governatore Kahr, dal

generale von Lossow (comandante dell’esercito

bavarese) e dal colonnello von

Seisser (capo della Polizia), alla ribellione.

Questi, nonostante desiderassero la caduta

della repubblica di Weimar, non volevano

un’azione di forza contro Berlino, per

timore di essere presentati all’opinione

pubblica come traditori e generare disordini

nelle piazze. Ma col tempo la tensione

fra i due governi aumentò a tal punto

che Hitler pensò di agire da solo e mettere

il governo bavarese davanti al fatto compiuto:

sicuramente né Kahr, né von

Lossow, né il generale Erich Ludendorff,

personaggio molto stimato che però nutriva

un profondo odio per la repubblica di

Weimar, si sarebbero schierati contro di

lui. Progettò di sequestrare i triumviri e

costringerli ad aderire ad una marcia su

Berlino; l’intera Baviera li avrebbe seguiti.

L’occasione propizia sembrò arrivare

l’8 novembre, quando si seppe che il

governatore, alla presenza degli altri due,

avrebbe tenuto un discorso nella grande

birreria Bürgerbraükeller, alla periferia di

Monaco. Göring mise in allarme tutte le


1 Hitler in una foto del

1923.

2 Lo stato maggiore del

putsch nazista a Monaco.

Da sinistra Pernet, Weber

(capo del gruppo

Oberland), Frick, Kriebel,

Ludendorff, Hitler,

Brückner, Röhm e

Wagner.

3/4/5 Il triumvirato che

aveva in mano il governo

di Monaco: da sinistra, il

governatore von Gustav

Kahr, il generale Otto von

Lossow e il colonnello

Hans von Seisser, capo

della Polizia.

SA. Hitler, alle 8 di sera, accompagnato

da Rosemberg, da Drexler e dalla possente

guardia del corpo Ulrich Graf, si diresse

verso la birreria per dare inizio alla sua

«rivoluzione nazionale». Quando i reparti

nazisti raggiunsero a loro volta la birreria

e piazzarono una mitragliatrice sulla

porta, Hitler e il suo seguito, compreso un

drappello di uomini armati, fecero il loro

ingresso. Kahr era nel pieno del suo

discorso, Hitler sparò un colpo di pistola in

aria, poi si diresse verso il podio urlando:

«Attenzione! La rivoluzione è cominciata.

Seicento uomini delle SA hanno circondato

il palazzo e occupato i punti strategici

della città. Le caserme della Reichswehr e

della polizia sono nelle nostre mani e le

forze dell’esercito e della polizia marciano

sotto la bandiera della svastica. Il governo

della Baviera e il governo del Reich

2

sono stati rovesciati ed io

ho assunto la direzione

politica del nuovo governo

nazionale provvisorio».

Si trattava ovviamente

di un bluff. Hitler

ordinò a Kahr, Lossow e

Seisser di seguirlo in una

saletta appartata, mentre

Göring tranquillizzava

gli astanti, asserendo che

non avevano nulla da

temere poiché ce l’avevano

soltanto con gli

«sciagurati ebrei» del

governo berlinese e offrì

una birra a tutti.

Nella saletta appartata

Hitler cercò di portare i

triumviri dalla sua parte,

promettendo a Kahr la

reggenza della Baviera,

a Lossow il ministero della Difesa del

Reich e a Sesser il comando della Polizia.

Non ci cascarono. Il generale Ludendorff

era dalla loro parte, continuò a dire Hitler,

e avrebbe guidato la marcia su Berlino.

Ludendorff invece non ne sapeva

niente, ma alcuni nazisti si erano recati a

casa sua per informarlo del putsch, per

cui, sia pur seccato di non essere stato

avvisato prima, decise di recarsi alla birreria.

Il suo intervento fece pendere la

bilancia a favore di Hitler, perché quando

Ludendorff chiese ai triumviri di collaborare

per la “grande causa nazionale”, questi

acconsentirono. Hitler, trionfante, tornò

nella sala e annunciò l’accordo preso per

la formazione di un nuovo governo e l’intenzione

collettiva di marciare su Berlino.

Sembrava una grande vittoria del

3 4 5

27


Capitolo 5

Rinasce il

partito nazista

“La belva è

domata, possiamo

allentare la

catena”, disse il

nuovo primo

ministro bavarese

Heinrich Held nei

riguardi di Hitler.

Ed inizialmente

sembrava aver

ragione, ma poi…

36

Durante la permanenza in carcere

Hitler cominciò a scrivere un diario,

dettandolo inizialmente al

suo autista Maurice che utilizzava

una robusta macchina per scrivere.

Continuò poi con Hess, che nel frattempo

si era costituito per restare al fianco del

suo Führer. Si trattava in definitiva di

un’autobiografia, arricchita di tutte le idee

e intendimenti maturati durante le sue

esperienze, politiche e non. Ne venne

fuori un libro di 782 pagine, che pensò di

pubblicare affinché divenisse il “verbo” da

diffondere tra i proseliti del partito nazista.

Era evidente in lui la ferma intenzione di

non mollare, e il fallimento del putsch fu

considerato soltanto un piccolo incidente

di percorso. Intitolò il libro: «Quattro anni

di lotta contro le menzogne, la stupidità e

codardia», ma l’editore del partito, Max

Amman, cambiò il titolo con un altro che

gli sembrò più appropriato: «Mein Kampf»

(La mia battaglia).

In realtà, all’inizio del 1924, il partito

nazista era già andato in pezzi. Quando

Hitler uscì di prigione, un po’ ingrassato e

con meno vigore, sia il NSDAP che il

Völkischer Beobachter erano stati soppressi

e i dirigenti erano tutti espatriati. Gli

amici e i simpatizzanti apparivano poco

interessati a tornare all’attività politica.

Ludendorff addirittura lo accusò di

vigliaccheria per essere fuggito nel

momento cruciale. Tutto quindi sembrava

finito.

Intanto in Germania la situazione economica

era migliorata, grazie ai prestiti

statunitensi. Le grandi industrie avevano

modernizzato le loro attrezzature e riprendevano

ad assumere personale. In tutta

la nazione era tornato l’ottimismo e le difficoltà

degli anni precedenti sembravano

finite. In Baviera la situazione politica era

cambiata: al potere era ora il partito cattolico

e primo ministro era il dottor

Heinrich Held. Hitler si recò da lui il 4 gennaio

1925; ammise l’errore del tentato putsch

e si dichiarò pronto ad affiancare il

governo nella lotta al marxismo e ai

nemici del paese. In definitiva chiese che

gli fosse consentita la riapertura del

NSDAP e del Völkischer Beobachter. Held

inizialmente sembrò poco convinto delle

buone intenzioni di Hitler, ma in suo

appoggio intervenne Franz Gürtner, filonazista

e ministro della Giustizia. Così, sia

il partito che il giornale furono autorizzati

a riaprire i battenti.

Il 26 febbraio Hitler pubblicò sul

Völkischer Beobachter un editoriale dal

titolo «Un nuovo inizio» e fece affiggere dei

manifesti che annunciavano, per il giorno

dopo, una riunione nella birreria

Bürgerbräukeller: Hitler avrebbe esposto

la nuova linea del rinascente partito nazista.

Anche questa volta l’ingresso costava

un marco, tuttavia giunsero all’appuntamento

quattromila persone, uomini e

donne che, alla vista del loro idolo, urlarono

di gioia e applaudirono animosamente,

dimostrando così che i seguaci del

Führer erano tutt’altro che scemati. Alla

fine del discorso, cambiarono idea anche


1

1 Manifesto elettorale per

le elezioni del 1925.

2 Tipici atteggiamenti di

Hitler durante un comizio.

i titubanti e Hitler fu

riconfermato capo indiscusso

per una lotta

che non lasciava alternative.

«…Il nemico

passerà sui nostri cadaveri

o noi passeremo

sul suo», concluse

Hitler. La riunione riscosse

un così tale successo

che Hitler rimediò

un solenne divieto di

parlare in pubblico;

oltre alla Baviera,altri

Stati Tedeschi seguirono

l’esempio, vietandogli

di tenere comizi.

Mancavano all’appello,

oltre Ludendorff

e Strasser, anche

Rosemberg e Röhm,

entrambi in dissidio

con Hitler; il secondo,

in particolare, voleva

che le SA diventassero

una forza paramilitare

che potesse agire liberamente senza l’influenza

del partito, ma Hitler non voleva

perdere il controllo della milizia e rifiutò. Il

contrastò continuò per mesi finché Röhm

si dimise dalla carica di capo supremo

delle SA e il 1° maggio il Völkischer

Beobachter rese nota la notizia. A Röhm

subentrò Franz Pfeffer von Salomon, ma

Hitler conservò il titolo di comandante

supremo delle SA.

Deciso a tentare la conquista del potere

con la legalità, da quel momento il

Führer si dette un gran da fare a riorganizzare

le sedi del partito, provincia per

provincia, e ad accrescere gli aderenti.

Alla fine del 1925 gli iscritti erano 25.000,

ma nel 1928 divennero 178.000.

Intraprese viaggi, cominciò a prestare

una particolare attenzione agli anziani,

alle donne e ai giovani, chiedendone l’iscrizione

al partito e offrendo in cambio

strutture sportive e culturali. I ragazzi tra i

dieci e i quindici anni erano iscritti al

Deutsches Jungvolk, quelli tra i quindici e

i diciotto all’Hitlerjugend, la Gioventù

hitleriana. Voleva dare l’impressione che

il suo non fosse soltanto un movimento

politico. Dove gli era possibile parlare in

pubblico tenne comizi e convegni e organizzò

parate pacifiche. Ma alle elezioni

politiche del ‘26 e ‘27, che si tennero nei

vari Stati, il partito di Hitler non ottenne

più di due o tre seggi.

Di tanto in tanto Hitler si recava a ripo-

2

37


1

Capitolo 6

Vincere

le elezioni!

Al grido di

«Deutschland

über alles» i

nazisti conducono

una movimentata

campagna

elettorale che li

porta a diventare

il secondo partito

tedesco.

Hitler spera

di ottenere

il cancellierato,

ma…

48

Per allargare i propri orizzonti Hitler

strinse un’alleanza con la Deutschnationale

Volkspartei, un movimento

nazional popolare di destra

manovrato da Alfred Hugenberg. In

realtà tra Hitler e Hugenberg non correva

buon sangue, tuttavia fu stabilita una

lotta comune contro i naturali avversari

politici. In realtà Hitler mirava a ben altro:

Hugenberg aveva influenza in più campi

di attività, nel cinema, nel giornalismo e

nell’industria; con l’alleanza Hitler sperava

di poter raggiungere nuove e più redditizie

fonti di finanziamento.

In effetti, grazie a Hugenberg e a

Göring, ben addentrato nell’alta società di

Monaco, Hitler entrò in contatto con alcuni

grandi industriali della Renania e della

Westfalia, i quali divennero i primi importanti

finanziatori del partito nazista.

Anche se inizialmente gli industriali mantennero

un atteggiamento distaccato, i

capitali forniti furono ingenti; lo stesso

Hitler potè permettersi di cambiare casa,

trasferendosi in un lussuoso appartamento

nella Prinzregentenplatz, e acquistò la

casa nell’Obersalzberg, precedentemente

presa in affitto.

Alcuni mesi dopo accadde un fatto

che avrebbe sconvolto la storia mondiale:

il crollo della Borsa di Wall Street a New

York. Era venerdì 24 ottobre 1929. Il crack

fu così colossale che ci furono ripercussioni

in tutto il mondo: fallirono banche e industrie,

investitori privati si trovarono sul

lastrico e molti si suicidarono, la disoccupazione

salì vertiginosamente, scoppiarono

dovunque scioperi violenti.

L’economia tedesca, che era in ripresa,

subì una grave battuta d’arresto, dato che

si basava sui prestiti americani, e molte

industrie dovettero ridurre la produzione e

licenziare dipendenti. I disoccupati raggiunsero,

in un anno, la cifra di cinque

milioni.

Questa situazione disperata fece il

gioco di Hitler. Il governo fu costretto a

dimettersi e il presidente Hindenburg

indisse nuove elezioni. Fu facile, per i nazisti,

condurre una campagna elettorale

contro il partito di governo; al grido di

«Deutschland über alles» (la Germania

sopra a tutto) Hitler si spostò in ogni luogo

della nazione e tenne comizi, promettendo

di rovesciare la situazione e di dare

alla Germania la dignità che le spettava.

Gli sforzi furono premiati, alle elezioni del

14 settembre 1930, con 6 milioni e mezzo

di voti e 107 seggi al Parlamento. Il partito

nazista diventò, dopo i socialdemocratici,

il secondo partito tedesco. Hugenberg fu

invece penalizzato: il suo partito scese dal

14,2 al 7 per cento. Il socialisteggiante

Gregor Strasser, che insieme al fratello

Otto si era presentato alle urne con una

lista denominata Schwarze Front (Fronte

nero), raccolse pochi voti.

Durante la campagna elettorale le SA

si erano dimostrate intemperanti e smaniose

di protagonismo: un grosso problema

per il Führer che, specialmente in

quel momento, desiderava una pacifica

scalata al potere. Alla vigilia delle votazioni,

a Berlino, un gruppo di SA aveva


1 Hitler ormai indossa

sempre, nelle occasioni

ufficiali, la divisa bruna.

E al di sopra, quando

indispensabile,

un impermeabile

con cintura.

2 Hitler e Max Amann, l’editore

del partito.

Fu lui ad ideare il titolo

«Mein Kampf»

per l’autobiografia che

Hitler scrisse in carcere.

3 La sede di Berlino

dellNSDAP comandata da

Goebbels. La sera del 30

agosto militi della SA la

invadono per protesta,

dopo aver sopraffatto le

sentinelle SS. I dipendenti

sono manganellati e il

mobilio fracassato;

Goebbels è costretto a

chiamare la polizia di

stato, da lui sempre

osteggiata, che arresta 25

uomini SA e li conducono

in guardina.

Per la prima volta le SA

e le SS vennero alle mani

tra loro.

2

3

invaso la sede del partito protestando per

per il mancato pagamento del salario e

contro lo strapotere dei dirigenti politici.

Goebbels, per ristabilire l’ordine, fu persino

costretto a far intervenire la polizia.

Hitler licenziò von Salomon e chiamò

Röhm a riprendere il comando delle SA,

purché rispettasse i patti.

Il 10 ottobre 1930 il presidente Hindenburg

ricevette Hitler per le consultazioni.

Indubbiamente il numero dei seggi conquistati

dai nazisti era considerevole, tuttavia

il colloquio non ebbe alcuno sbocco:

Hitler mirava al cancellierato, il presidente

ribadì che al massimo poteva ottenere

il ministero delle Poste.

Così, al Reichstag, il partito nazista

dovette passare all’opposizione e Hitler

riprese i suoi giri propagandistici per la

Germania, tenendo comizi (nel frattempo

era decaduto il divieto di parlare in pubblico),

manifestazioni e parate. Goebbels

si impegnava a rendere sempre più ricca

e fantasiosa la scenografia; venivano

usati sempre più drappi rossi, vessilli, stendardi,

gagliardetti, tutti con la svastica;

suonavano bande musicali, si organizzavano

fiaccolate, gare sportive e aviatorie.

L’addetto stampa, Otto Dietrich, e il fotografo

ufficiale, il bavarese Heinrich

Hoffmann, curarono particolarmente l’immagine

del Führer sulla carta stampata,

pubblicando servizi ricchi di fotografie e

facendo di lui l’astro nascente del firmamento

politico.

Agli inizi del 1932 il cancelliere

Bruning ebbe un giro di consultazioni con

i partiti con lo scopo di prolungare la

durata del mandato presidenziale di

Hindenburg, e per far ciò era necessario

ottenere l’appoggio in parlamento dei

nazisti e dei comunisti. Hitler e il suo partito

non solo rifiutarono l’adesione, ma si

candidò egli stesso, nella campagna elettorale

che ne seguì, ponendosi come

alternativa al vecchio maresciallo

Hindenburg.

La lotta fu senza esclusione di colpi e

furono necessarie due votazioni. Alla

seconda, il 10 aprile, Hindenburg la

spuntò e fu riconfermato presidente della

repubblica. La delusione per Hitler fu

drammatica, le SA ribollivano e non fu

facile tenerle a freno. A questo si aggiunse

un altro grave episodio. Agli inizi di

marzo la polizia prussiana aveva trovato

alcune carte, praticamente ordini impartiti

da Röhm, che provavano la preparazione

di un complotto nazista: se Hitler avesse

vinto le elezioni presidenziali le SA

avrebbero attuato un colpo di stato. Hitler

giurò di non saperne niente, ma le prove

furono esibite in parlamento dal ministro

della Difesa Groener e il cancelliere

49


1

1 «Giuro sulle fiamme

dell'altare di essere

tedesco», è il grido delle

Hitlerjugend.

2 «In loro è l'avvenire

della Germania».

3 I ragazzi al di sotto dei

quindici anni sono iscritti

al Deutsches Jungvolk.

Per evitare il monopolio

della gioventù da parte

dei nazisti, il ministro della

Difesa Groener fondò l’organizzazione

sportiva giovanile

Wehrsportverband,

a controllo statale.

4 Jugend in marcia,1933.

2

4

3

54


5 Un gruppo di Jugend

in divisa ricevuti da Hitler

nella sua casa ad

Obersalzberg.

5

6 Hitler passa

in rassegna un picchetto

d’onore della Hitlerjugend.

Foto di marzo 1934.

7 Deutsche Mädels.

Il termine mädel, in gergo

popolare, vuol dire

“ragazza”. Anche se le

donne avevano un’altra

loro organizzazione

chiamata Frauenschaften,

nella Deutsche Mädels

erano anche inserite

donne di età matura,

come dimostrano le

signore nella foto.

8 Le Deutsche Mädels

salutano la bandiera

nazista.

6

7

8

55


1

Capitolo 7

La corsa al

cancellierato

IL rifiuto

di accettare

compromessi

e accordi segreti

portarono Hitler

ad ottenere il

Cancellierato.

A 43 anni,

l’odiato caporale

austriaco giurò

sulla costituzione

di Weimar,

proprio quella

contro cui tanto

aveva lottato.

82

2

Hitler ora si aspettava il potere, ma

in un incontro con von

Schleicher, ministro della Difesa

nel governo uscente, e von

Papen, gli fu offerto di partecipare al

nuovo governo come vicecancelliere.

Hitler andò su tutte le furie: pretendeva il

cancellierato per sé e i ministeri degli

Interni, della Giustizia, dell’Economia,

dell’Aviazione e il commissariato per la

Prussia per i suoi uomini. Le stesse richieste

fece al presidente Hindenburg, che

ribadì di non voler affidare la guida del

paese ad un partito che seminava violenze

nelle strade. In fondo Hitler non aveva

conquistato la maggioranza assoluta e

doveva accettare un governo di coalizione.

Hitler rifiutò.

Von Papen, ottenuto il mandato presidenziale,

tentò di portare in Parlamento

un nuovo governo e ottenere la fiducia.

Se il risultato fosse stato negativo, era

deciso a sciogliere la Camera appena

costituita. Ma il presidente Göring manovrò

la cosa con grande perizia. I comunisti

posero la mozione di sfiducia al governo

e Göring dette il via alla votazione. A

sorpresa, affiancando per la prima volta i

comunisti, anche i nazisti votarono contro

il governo. La lotta continuò per strada: i

comunisti organizzarono uno sciopero,

che durò cinque giorni, in difesa dei lavoratori

dei trasporti e anche in questa occasione

i nazisti marciarono al fianco degli

“odiati rossi”. La situazione era provocatoria

e Hindenburg si vide costretto a sciogliere

le Camere e ad indire nuove elezioni

per il 6 novembre.

Il risultato vide un regresso dei nazisti,

che ottennero 196 seggi, ma restarono al

primo posto; i comunisti passarono da 89

a 100; i socialdemocratici furono ridotti a

121 deputati.

La crescita della sinistra divenne il

punto di forza della lotta di Hitler: «Se crolliamo

noi nazisti – diceva, accusando

della situazione von Papen – in Germania

ci saranno altri dieci milioni di comunisti».

Ma la situazione era in stallo. Hindenburg

cercò inutilmente l’accordo tra Hitler, irremovibile,

e von Papen; il gen. Schleicher


1 Adolf Hitler in una foto

del 1933. Per poter

accedere al cancellierato

era diventato tedesco

facendosi nominare

addetto alla legazione

di Brunswich.

2 Von Schleicher,

l’intrigante.

È quello in borghese.

3 Hitler e von Papen

a Potsdam

il 21 marzo 1933.

4 Il presidente del Reich

von Hindenburg e

il cancelliere Hitler.

pensò di risolvere la questione chiedendo

per sé il cancellierato, poiché era convinto

che non sarebbe stato osteggiato dalla

sinistra. Hindenburg, indignato, confermò

l’incarico a von Papen ma, quando questi

si avvide di non avere l’appoggio delle

Forze Armate, rigettò l’incarico. Risultato:

il 2 dicembre 1933 von Schleicher fu

incaricato di formare il nuovo governo.

Schleicher, però, doveva ancora ottenere

il consenso delle Camere, e mosse le

sue oscure trame, chiamando in disparte

Strasser, offrendogli la carica di vicecancelliere

in cambio del suo appoggio.

Quando Hitler seppe dell’incontrò si adirò

e accusò Strasser di tradimento ma, per

tutta risposta, quest’ultimo rassegnò le

dimissioni dal NSDAP, deciso ad accettare

la proposta di Schleicher. Ma in una riunione

convocata di urgenza Hitler convinse

i capi di partito, anche i seguaci di

Strasser, della necessità di appoggiarlo

nella lotta, pena lo spaccamento del partito

a vantaggio degli avversari. Strasser si

trovò in minoranza e Hitler riprese le redini

della situazione; Göring commentò:

«Strasser è un cadavere!».

Il colpo di grazia a von Schleicher lo

dette proprio von Papen, che invitò Hitler

ad un incontro segreto che si tenne il 4

gennaio 1933 nell’abitazione del banchiere

filonazista Kurt von Schröder, nei pressi

di Colonia. I due prima litigarono, poi trovarono

l’accordo e strinsero un patto: in

caso di un governo nazista Hitler gli

avrebbe concesso alcuni posti di rilievo e

von Papen avrebbe provveduto a perorare

la causa nazista presso il capo dello

stato.

L’occasione venne il 28 gennaio quando

von Schleicher fu costretto a dimettersi

perché nessun partito aveva voluto

seguirlo. Hindenburg chiamò von Papen

e gli chiese di tentare un governo di coalizione

con i nazisti nel quale Hitler avrebbe

avuto l’incarico di cancelliere. Ma per evitare

un tentativo di colpo di stato di

Schleicher, il ministero della Difesa doveva

essere dato al generale Werner von

Blomberg, che godeva dell’appoggio

degli alti ufficiali dell’Esercito.

Lunedì 30 gennaio 1933 il gabinetto

presieduto dal cancelliere Adolf Hitler

giurò fedeltà alla Costituzione. Von Papen

entrò nel governo come vicecancelliere.

Tra gli uomini di Hitler, Frick ebbe il ministero

degli Interni e Göring un ministero

senza portafoglio. Gli altri ministeri più

importanti erano stati così suddivisi: gli

Esteri a von Neurath, l’Economia e

l’Agricoltura a Hugemberg, le Finanze al

conte Schwerin von Krosigk, la Difesa al

generale von Blomberg, il Lavoro a Franz

Seldte, il capo dello Stahlhelm (Elmo d’acciaio).

In definitiva il presidente

Hindenburg e gli altri ministri potevano

essere ben contenti della situazione. Hitler

aveva soltanto tre ministeri su undici. Il

commento generale fu: «Hitler? Lo abbiamo

ingabbiato!».

83


Il primo governo Hitler

1 3

2

4

1 «Il presidente

Hindenburg e Hitler si

mostrano insieme. Buon

segno, la cosa è fatta!»,

pensano i nazisti.

2 Riunione del Gabinetto

del 30 gennaio 1933.

I ministri si affacciano

per il saluto alla folla.

3 «La Germania si è svegliata!»,

dice Hitler alla

gente, affacciandosi alla

finestra. Berlino, notte dal

30 al 31 gennaio 1933.

4 Le SA festeggiano

con una sfilata davanti

al duomo di Berlino.


5

5 L’avvenimento è

festeggiato dai nazisti con

una gigantesca parata e

una fiaccolata per le

strade di Berlino.

A ranghi serrati 25.000 SA

e SS passano sotto

la porta di Brandeburgo,

cantando gli inni

del partito.

6

7

6/7 Affacciato al balcone

della Cancelleria, nella

Wilhelmstrasse, Hitler

saluta il passaggio delle

sue milizie in festa.

85


Schutzstaffel, SS

Il giuramento delle SS

Io giuro a te, Adolf Hitler,

..

Fuhrer e Cancelliere del Reich

fedelta e ardimento.

A te e ai superiori che tu mi

darai io giuro

ubbidienza fino alla morte,

quante vero Iddio.

2

3

1

1 Crest delle SS.

2 Julius Schreck,

il sosia di Hitler, vecchio

membro della Stosstrupp,

lo accompagnò spesso

durante i suoi viaggi

elettorali, facendogli

anche da autista.

Nell’aprile del 1925

Hitler gli ordinò di formare

una nuova milizia per

proteggere la sua

persona. Un paio di

settimane dopo Julius

aveva creato una prima

squadra di otto uomini,

prelevati dalla Stosstrupp,

che chiamò Schutzstaffel

(scaglione di protezione),

sottoposta comunque alla

SA. Il 21 settembre 1925

una circolare invitava ogni

sezione locale del partito

nazista a fondare una

Schutzstaffel. Gli elementi

comunque dovevano

essere ben selezionati e

avere tutti i requisiti

richiesti. Primo fra tutti,

fedeltà assoluta al Führer.

Nel 1926, Schreck lasciò

il comando delle SS a

Josef Berchtold, che

aveva precedentemente

costituito le Stosstrupp.

Costui tentò di sottrarre le

SS al comando delle SA,

ma non vi riuscì. Nel

marzo 1927, nuovo

Reichsführer-SS

diventava Erhart Heiden.

Nel1928 gli effettivi delle

SS contavano 280 uomini.

Loro compito, oltre alla

protezione del Führer:

distribuire volantini

pubblicitari e vendere

per le strade il Völkischer

Beobachter.

3 Il 6 gennaio 1929 Hitler

chiamò al comando delle

SS Heinrich Himmler,

ventinove anni, dottore in

agronomia. Conservò

sempre la passione per

l’agricoltura, tanto che nei

campi di concentramento

costringeva gli internati a

seminare ortaggi e erbe di

ogni tipo.

86


4 Himmler (il secondo da

sinistra) al fianco di Röhm,

capo delle SA. Le SS

indossano ancora la

camicia bruna. Unici

segni di distinzione: un

berretto nero con teschio

e la cravatta nera.

4

5 Hitler visita una palestra

delle SS. La loro

divisa ora è completamente

nera.

6 Hitler passa tra un

cordone formato dalle

fidate SS, che lo

proteggono dalla folla.

7 Himmler e Röhm

partecipano, nel 1934,

al funerale di un ufficiale

delle SS.

5

6

7

87


1

Capitolo 9

Liberaci dalla

“peste bruna”

Mentre Hitler continuava la sua

scalata al potere con una tattica

astuta, passo dopo passo,

le SA costituivano ormai per

lui una mina vagante, sempre pronta a

scoppiare. I capi, facendo proprie le tesi

di Gregor Strasser, volevano portare

avanti una loro “seconda rivoluzione”, poiché

consideravano l’ascesa del Führer al

cancellierato come la prima tappa di una

rivoluzione nazionale ancora da venire.

Röhm, durante una seduta, dichiarò che

“preferiva fare le rivoluzioni piuttosto che

celebrarle”; era un individuo torvo, violento,

che non nascondeva minimamente la

sua omosessualità perversa ed inseguiva

il vecchio progetto di abbattere l’aristocrazia

militare prussiana e sostituire le SA alla

Reichswehr, l’Esercito nazionale; proprio

ciò che Hitler non desiderava ormai più.

In linea con Röhm era la maggior parte

dei suoi uomini; le SA contavano ormai 4

milioni di aderenti, rissosi, violenti, che

cercavano continuamente l’occasione per

menare le mani.

Le SA controllavano anche i campi di

concentramento e si sfogavano sugli

internati con violenze e atrocità inaudite;

per questa ragione Hitler fu persino

costretto a chiuderne alcuni, oppure passarli

al controllo delle SS. Himmler, pur

essendo formalmente sottoposto al controllo

delle SA, negli ultimi tempi aveva

assunto una certa indipendenza, e praticamente

controllava la polizia politica.

Reinhardt Heydrich, suo fedele collaboratore,

controllava invece la polizia segreta

in Baviera e i servizi di sicurezza del partito.

Tra le due milizie hitleriane, di comportamento

e ideologie completamente

opposte, si stava evidenziando una certa

tensione nei rapporti; a questo punto

Himmler non solo cercava l’indipendenza

totale, ma mirava al predominio delle sue

SS sulle stesse SA.

Hitler, invece, cercò nuovamente di

agganciare Röhm e ammorbidirlo con

lodi e promesse; gli affidò persino un ministero,

ma senza portafoglio. Il Völkischer

Beobachter riportò un suo elogio: «Il successo

della nostra lotta e della rivoluzione

lo dobbiamo all’opera delle SA contro il

terrore rosso. All’esercito è affidato il controllo

dei confini della patria, alle SA il

compito di vigilare sulle conquiste della

rivoluzione. Grazie a voi, mio caro amico

Röhm, a cui tanto deve il partito e l’intero

popolo tedesco, e grazie al destino che ha

fatto sì che voi foste mio compagno in

tante battaglie…». Ma mentre elogiava

Röhm e la sua milizia, Hitler chiedeva alla

Gestapo di condurre un’inchiesta sulle SA

e sui suoi capi.

Particolarmente preoccupati del comportamento

delle SA erano il presidente

Hindenburg, che minacciò di affidare

all’Esercito il controllo dello Stato, e le

Forze Armate.

Hindenburg, intanto, non godeva di

buona salute e si era ritirato nella tenuta

di Neudeck, in Prussia orientale, per riposare.

Himmler consegnò ad Hitler un suo

rapporto segreto col quale lo informava

112


2

1 Hitler saluta con il suo

tipico gesto, un saluto

romano a braccio piegato,

molto più pratico quand’era

in movimento.

2 Hitler durante l’incontro

con Mussolini a Venezia.

Il Duce italiano, che

considerava il successo

del nazismo come un’affermazione

internazionale del

fascismo, aveva spesso

aiutato il Führer con l’invio

di armi e denaro.

3 Da sinistra: il generale

Franz Ritter von Epp,

commissario del Reich

per la Baviera, Ernst

Röhm, comandante delle

SA, ed Hermann Göring,

ministro senza portafoglio

del Reich e degli Interni in

Prussia.

2

che il presidente era invece stato colpito

da un grave collasso ed era in pericolo di

vita.

L’11 aprile Hitler di recò a Koenisberg

per assistere alle manovre primaverili

della flotta nel mar Baltico. Con lui era il

ministro della Difesa, von Blomberg, il

comandante in capo dell’Esercito, gen.

von Fritsch, e il comandante in capo della

Marina, amm. Raeder. Erano tutti al corrente

dello stato di salute del presidente e

discussero su chi, in caso di morte, dovesse

succedergli. Hitler non nascose la sua

intenzione di sostituire Hindenburg, e gli

altri si mostrarono favorevoli, ma si lagnarono

dell’invadenza e pericolosità delle

SA. Blomberg concluse: «Il riarmo è cosa

troppo seria perché si possa tollerare la

partecipazione di ubriaconi e pervertiti.

Occorre perciò liberare la Germania dalla

peste bruna delle SA». Soltanto così Hitler

avrebbe avuto l’appoggio delle Forze

Armate.

Quando Hitler rientrò dalla crociera

nel Baltico fu informato che, non molto

nascostamente, in giro si vociferava di un

prossimo putsch delle SA, intenzionati a

sostenere un nuovo governo presieduto

dal gen. Kurt von Schleicher, ex cancelliere.

Hitler convocò Röhm alla Casa Bruna

e, mentre le SS montavano la guardia al

suo ufficio, lo trattenne per un colloquio

che durò cinque ore. Il giorno dopo, 7 giugno

1934, ordinò alla SA di andare in

congedo “temporaneo”, col divieto di

indossare l’uniforme e organizzare parate;

Röhm annunciò che prendeva un permesso

di quattro settimane per “ragioni di

salute”.

La situazione sembrava per il momento

sotto controllo e Hitler poté recarsi a

Venezia per il previsto incontro con

Mussolini.

Il 17 giugno von Papen si recò

all’Università di Marburg dove tenne un

discorso piuttosto infuocato; invocò la fine

della rivoluzione e del terrore nazista, il

ripristino della libertà di stampa e mise in

guardia dal pericolo di un ventilato putsch

di Röhm. Il discorso, il cui testo in

realtà era stato preparato da Herbert von

Bose, il suo capo ufficio stampa, da Edgar

Jung, scrittore protestante di destra, ed

Erich Klausener, capo dell’Azione cattolica,

creò parecchio scompiglio. Quando

Hitler rientrò dall’Italia trovò i dirigenti del

NSDAP allarmati e gli oppositori ringalluzziti.

Approfittò di un comizio tenuto a Gera

per attaccare violentemente von Papen:

«Sono dei pigmei che non mettono paura

e che sognano di fermare il gigantesco

rinnovamento della vita di un popolo che

ha aperto gli occhi, ma saranno spazzati

113


1

Avvenimenti del 1934

1 Hitler nel 1934 ritorna

per una visita a

Landsberg, il carcere in

cui era entrato la prima

volta il 1° aprile del 1924

per scontare la condanna

per la tentata rivoluzione.

2 Hitler visita la sua cella

di allora.

3/4 Buckeberg. Festa

di ringraziamento

per il raccolto.

5 Bückeberg, 1934.

6 Cerimonia degli

stendardi. Hitler inaugura

nuovi stendardi del partito

nazista.

2

3

4

116


6

5


1 2

3

1 Una bambina

consegna un omaggio

floreale al Führer.

2 Un’altra inquadratura

della cerimonia

degli stendardi.

3 Reichsparteitag (giorno

del partito del Reich),

1934.

4 Un tipico gesto di Hitler

oratore.

5 Navigando sul Reno nei

pressi di

Soarkundgebung.

6 1° maggio 1934. Giorno

nazionale del Lavoro.

L’auto del

cancelliere Hitler

attraversa il Lutsgarten

a Berlino. Nell’auto

vi sono anche il vice

cancelliere von Papen

e il ministro Göring.


4

5

6

119


1

Capitolo 10

Il potere

assoluto

Dopo l’eccidio dei comandanti SA

e la “caccia alle streghe” operata

nei giorni seguenti in tutta la

Germania dalle SS e dalla

Gestapo, si continuarono ad avere altre

misteriose morti. In poco tempo circa 150

ufficiali delle SS furono assassinati, praticamente

coloro che in vario modo avevano

preso parte alla strage del 30 giugno.

Sui loro corpi fu rinvenuto un cartoncino

che riportava la scritta «R.R.»; queste 2

iniziali furono interpretate come

«Röhms Rächer», cioè i «vendicatori di

Röhm»: praticamente sembrava una

vendetta di alcuni suoi seguaci. Non si

seppe altro.

Le SA intanto erano state trasformate

in una organizzazione innocua,

mentre il corpo delle SS, denominato

“Ordine Nero”, più organizzato e più

potente, e che contava ormai su

52.000 agenti, prese il sopravvento.

Numericamente meno delle SA, ma

molti se si pensa alla selezione accurata

e spietata operata da Himmler nel

reclutarli, al senso dell’autodisciplina

inculcata e all’assoluta fedeltà nei confronti

del Führer.

Heidrich e Himmler, che divenne

anche capo della Gestapo, differenti

per temperamento ma accomunati

dalla stessa crudeltà e sadismo, divennero

in effetti i veri padroni della

Germania che stava nascendo e le SS

per sedici anni avrebbero terrorizzato

l’Europa.

Durante l’estate del 1934 l’ottantasettenne

Hindenburg si aggravò ulteriormente

finché morì la mattina del 2 agosto.

A mezzogiorno la radio informava la

popolazione della morte del presidente,

ma nello stesso tempo annunciava l’avvenuta

unificazione delle due cariche,

quella di presidente e cancelliere, nella

persona di Adolf Hitler. Il titolo di

Reichspräsident era sostituito dalla dizione

130


1 Hitler in una foto

del 1935 mentre passa in

rassegna le Hitlerjugend.

2 Una dimostrazione

sull’uso del cinema come

propaganda: un manifesto

in lingua olandese per un

documentario prodotto in

Germania sugli ebrei,

intitolato Der ewige Jude

(l’Ebreo errante).

3 Neudeck, 2 agosto

1934: Hitler ha reso

omaggio alla salma del

vecchio presidente

Hindenburg.

4 Settembre 1935.

Nello storico Rathaussaal

di Norimberga Hitler

promulga le leggi

sugli ebrei. Ha inizio

la persecuzione.

Führer del Reich. Tuttavia si dava il via

ad una consultazione popolare per conoscere

il parere dell’elettorato; il 90% degli

elettori votò a favore di Hitler.

Da quel momento la dittatura in

Germania divenne totale e con l’approvazione

del popolo; un po’ per convinzione,

un po’ per paura della repressione violenta

della Gestapo, la gente tedesca accetta

passivamente il nuovo stato di fatto.

Comunque qualcosa di positivo si stava

evidenziando: il lavoro aumentava, tanto

che in quattro anni il numero dei disoccupati

si ridusse da 6 milioni ad 1 milione. Si

iniziarono anche le costruzioni di grandiose

opere pubbliche, nuovi edifici, teatri,

autostrade, stadi, che contribuirono certamente

a distribuire lavoro e denaro, ma

nello stesso tempo in varie città i giovani

bruciarono nelle strade, sotto gli sguardi

compiaciuti degli agenti della Gestapo,

centinaia di libri, soltanto perché di autori

considerati antinazisti.

Nel settembre del 1935, durante un

congresso tenuto a Norimberga, Hitler

promulgò le leggi che davano inizio alla

persecuzione degli ebrei. Tutti i loro averi

furono sequestrati e devoluti alle SS, furono

privati della cittadinanza tedesca ed

era proibito intrattenere con gli israeliti

affari, contrarre matrimoni e qualsiasi

altra relazione.

Anche le chiese cristiane furono messe

al bando. Hitler tentava di costruire in

Germania una chiesa unificata sotto il suo

controllo, ma soltanto una parte di cattolici

e protestanti aderirono. I preti e i pastori

dissidenti furono arrestati e sostituiti con

altri che avevano accettato la dottrina

razzista. Un protesta ufficiale del

Vaticano, nel 1936, non ottenne alcun

risultato.

Ormai Hitler aveva tutto nella sue

mani, il governo del paese, la Polizia

segreta, la magistratura, le Forze Armate.

Asserì: «per i prossimi mille anni la vita dei

Tedeschi è definitivamente fissata». Il

potere era suo ma lo avrebbe conservato

soltanto per dieci anni, otto mesi e ventotto

giorni.

3

4

131


Nasce la Wehrmacht

1 L’esempio ideale del

soldato tedesco voluto

da Hitler.

1

2 Hitler passa in rivista un

picchetto dell’esercito

davanti al palazzo

imperiale durante la

Erntedankfest (festa del

ringraziamento per il raccolto)

nel 1934.

3 Le truppe sfilano per le

vie di Norimberga.

Il 17 marzo 1935 nasce la

Wermacht, composta di

12 corpi d’armata e 36

divisioni. Il servizio militare

è reso obbligatorio.

I discorsi di Hitler puntano

ancora alla pace e alla

distensione. Unico

obiettivo dichiarato: la

Germania sarà il baluardo

europeo contro la Russia

e il bolscevismo.

2 3

148


3/4 9 novembre 1935:

nella Königsplatz di

Monaco la guardia

d'onore è schierata per il

passaggio del Führer.

3

4

149


1 2

3

4

5

154


1 La nuova Tankwaffe.

6

2 Bombardieri in volo su

Norimberga.

3 Manovre militari, 1935.

Prove di puntamento per

la contraerea.

4 Contarerea in

posizione. Sono i nuovi

cannoni da 88.

5 7 marzo 1936: le truppe

tedesche attraversano il

ponte sul Reno entrando

a Magonza, nella Renania

smilitarizzata. La popolazione

festeggia, ma Hitler

è pronto a ritirare le truppe

nel caso di una reazione

francese, che invece

non arriva.

7 8

9

6 Prove di tiro con un

cannone navale.

7 Lo Junkers Ju87,

soprannominato Stuka.

8 Aerei della Luftwaffe.

9 Uno Junkers Ju88.

Volò per la prima volta

il 13 settembre 1937.

155


Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!