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BEST MAGAZINE 84

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IN COPERTINA:
Analice
ph Denis J Axl

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Andy Warhol

Primi anni Sessanta: l’America, l’arte

e il mondo che cambia. I colori

iniziano a tappezzare tutto quanto, gli

oggetti di ogni giorno diventano sempre

di più e danno significato alla vita stessa,

in una società consumista che vive di

ciò che compra e dove la televisione,

che ha invaso le case, parla di un nuovo

modo di vivere. Dimenticatevi l’arte

come un qualcosa di esclusivo rivolto al

singolo individuo: parla alla massa e va

consumata anche lei, come qualsiasi altro

prodotto commerciale. Ecco la Pop Art.

Questo regno della pubblicità e della

produzione in serie mette sulla testa di

un nuovo re la sua corona e non gliela

toglierà mai più, nemmeno in seguito

alla morte, quando diventerà il secondo

artista più comprato e venduto al mondo

dopo Pablo Picasso: Andy Warhol. Il

suo castello si chiama Factory, un punto

di incontro per artisti, liberi pensatori,

personaggi mondani, gay, transessuali e

per tutte quelle personalità che volevano

trovare un luogo dove non entrassero

i pregiudizi, dove fosse accettato ogni

comportamento. Un luogo dove le feste

trasgressive erano all’ordine del giorno,

dove la Pop Art era uno stile di vita, nella

New York dell’epoca.

Pittore, scultore, regista, produttore

cinematografico, gay e cattolico praticante,

gli sparano ma non vuole testimoniare

contro il suo aggressore, crede di perdere

l’ispirazione poi viene venerato come

un maestro. Denigrato da alcuni critici

che lo definivano il nulla in persona,

stella fra le stelle che non potevano fare

a meno di essere ritratte da lui, nei suoi

quadri riproduceva il soggetto in copie

identiche fino a svuotarlo di significato e

nei suoi film poteva riprendere un uomo

che dorme per più di cinque ore di fila,

perché voleva guardare le persone come

sono veramente.

Ed ecco che la faccia di Marylin Monroe,

di Mao Zedong, di Che Guevara, Michel

Jackson, Elvis Presley e molti altri è

impressa tramite serigrafia su grosse

tele con colori alterati, quasi sempre

vivaci e forti, così come bottiglie di Coca

Cola, barattoli di zuppa Campbell’s o

sedie elettriche. Secondo Andy Warhol i

prodotti di massa sono la vera democrazia

sociale perché una Coca Cola è una Coca

Cola ed è la stessa per tutti, poveri o ricchi

che siano, e nessuno, pagandola di più,

può averne una con un sapore più buono.

Anche i suoi primi film in un certo senso

sono quadri, che invece di essere appesi

vengono proiettati su una parete bianca,

e nella sua carriera egli ha sostenuto

e sperimentato svariate forme di

comunicazione come il cinema e la musica,

ha collaborato con artisti, disegnato la

copertina di album e moltiplicato le sue

Factory in giro per la città.

L’ultima delle sue opere, in omaggio

ai grandi del passato, fu Last Supper

che rivisita l’Ultima Cena di Leonardo

da Vinci. In seguito ad un intervento

chirurgico con delle complicazioni, il re

muore il 22 febbraio 1987. I volti dei suoi

personaggi, però, continuano ancora a

comparire qua e là e i loro colori non si

sono affievoliti mai. Lunga vita al re.

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