Approccio Artrite
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APPROCCIO AL PROBLEMA ARTRITE
La sfera della nocicezione dei pazienti reumatici
offre numerose difficoltà di diagnosi
differenziale al medico pratico, a causa delle
innumerevoli componenti in gioco: sfera
affettiva/psicologica, neurologica centrale e
periferica, osteoarticolare di tipo degenerativo /
traumatico oppure infiammatorio, quest'ultimo
a sua volta distinto in articolare idiopatico,
oppure secondario a malattie di organi interni
di vario tipo (immunitario, metabolico,
neoplastico etc).
È ovvio che spesso il curante, nell' impossibilità
di un'adeguata stadiazione, per problemi di
tempo e spesso cattiva compliance del paziente,
giudichi quale degenerativo artrosico il
problema dolore, rimandando un'adeguata
cura e/o inviandolo dal consulente ortopedico
senza una giusta indicazione e con spesso
importanti periodi di latenza nell'inizio della
terapia medica.
Il mio scopo è quello di stressare, per quanto
possibile nel modo più semplice, i segnali di
patologie articolari a carattere infiammatorio
così da invitare il paziente ad una riflessione
più attenta sul suo sintomo dolore ed aiutare il
curante nella comprensione del ruolo
specialistico reumatologico per la stadiazione e
la terapia.
Ovviamente verranno considerate in primis le
più comuni patologie artritiche sul nostro
territorio quali l'artrite reumatoide e le
spondiloartriti, al fine di sintetizzare
un'approccio gestionale alle attuali terapie,
riservandomi di estendere l'orizzonte della
discussione secondo le necessità di ciascuno e
le prossime evidenze scientifiche.
Approccio all’artrite precoce (Early arthritis)
In fase d’esordio è spesso difficile riconoscere
una vera artropatia infiammatoria cronica quale
l'artrite reumatoide (AR).
Il primo problema è definire se sia realmente
una sintomatologia flogistica; infatti anche
nelle forme evolutive all'esordio possono
esserci indici di flogosi normali fino alla metà
dei casi ed assenza di alterazioni radiologiche
fin nell’80% dei casi. Spesso i primi indizi sono
soltanto clinici, quali la presenza di
tumefazione articolare, la simmetricità, il
coinvolgimento delle metacarpofalangee (MCP)
ed interfalangee prossimali (PIP), la rigidità
mattutina (>45 minuti) e la risposta ai FANS.
Una volta stabilito che si tratti di una patologia
infiammatoria bisogna capire se sia una forma
persistente oppure autolimitante. La
persistenza dei segni clinici per più di 12
settimane e/o la risposta ai criteri classificativi
internazionali (ACR), il coinvolgimento di
MCP/PIP/polsi o di grosse articolazioni, il sesso
femminile, la positività del fattore reumatoide
sono tutti fattori predittivi di flogosi cronica.
Terzo problema è capire se vi sia presenza di
danno articolare. I siti più precocemente colpiti
per esempio nella “vera AR” sono la V
metatarsofalangea (MTP) e lo stiloide ulnare.
Studi dimostrano che all’Rx tradizionale fino al
40% dei pazienti hanno erosioni nei primi 6
mesi di malattia, mentre alla RMN già si
evidenzia un edema intraosseo nelle prime 4
settimane. Inoltre nell' artrite reumatoide
precoce (ERA) l’ecografia (US) può dimostrare,
7 volte più precocemente della Rx, la presenza
di erosioni alle MCP/MTP ed infine l’US, fin nel
50% dei casi di ERA, ha dimostrato la presenza
di sinovite sub-clinica in varie sedi articolari.
Studi longitudinali dimostrano che una
remissione spontanea prolungata si osserva
solo nel 5-7% dei casi, mentre aggiungendo una
precoce terapia aggressiva si può giungere fino
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al 35% dei casi di ERA.
Purtroppo rimane ancora problematico valutare
e definire effettivamente la remissione di un
paziente artritico alla luce di alcuni studi con
RMN e US, che hanno dimostrato come anche
nei soggetti rispondenti ai criteri di remissione
di Pinals (vedi oltre) può esservi la presenza di
sinovite.
Infine un importante problema è quello della
classificazione di un paziente con artrite
precoce, poiché essendo i criteri internazionali
non sensibili in fase di esordio, comunque si
dovrà iniziare al più presto una terapia con un
farmaco antinfiammatorio di fondo (DMARDs)
giustificando la prescrizione per una patologia
definita.
Queste considerazioni servono al curante per
capire la complessità del “dare un nome” a
condizioni cliniche così mutevoli all'esordio e
soprattutto potenzialmente transitorie e
remittenti nel tempo, al fine di ottenere
un'alleanza tra curante e specialista per usare le
tecniche diagnostiche più sensibili e le terapie
più adeguate al raggiungimento del benessere
del paziente.
Dr Domenico Malesci
Specialista in Reumatologia,
Dottore di Ricerca in Immunologia Clinica
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