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Bile n.3

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Bile N/3

Ricordati che ti rovineranno le feste.


Si sa, il Futuro è sopravvalutato, come la terza

carta nel Blackjack.

E si potrebbe dire che non è colpa sua, perché

siamo noi a caricare sulle sue spalle ogni nostra

aspettativa, e sogni più o meno campati in aria,

il 99% dei quali andrà inevitabilmente deluso.

Ma il Futuro sa anche essere come una droga:

riponi la tua fiducia in lui, ma sei convinto di

poter smettere quando vuoi, perché ti lascia

continuamente procrastinare. Hai 15 anni? Hai

tutta la vita davanti. 20? Sei in rampa di lancio.

25? Puoi ancora farcela. 30? Non è mai troppo

tardi. 40? E’ tempo di iniziare a pensare a come

andarsene con un minimo di dignità.

Poi man mano che il Futuro diventa Presente, ti

viene incontro dando la colpa alla gestione allegra

dei futuri che lo hanno preceduto, lasciando

voragini di risultati e cataste di delusioni. Anche

perché appena qualcosa girava per il verso giusto,

tu pensavi subito che fosse solo un punto di

partenza verso maggiori soddisfazioni.

Le ultime generazioni sono cresciute senza

guerre, solo missioni di pace in posti esotici,

senza epidemie, solo consigli al tg su quale carne

evitare per un paio di mesi, e con genitori e

nonni amorevoli che avevano visto di tutto e

mentre ci imbottivano di vitamine ci garantivano

che il nostro Futuro sarebbe stato oltremodo

florido, perché il progresso era sottinteso, la crescita

costante, e i numeri alla tv avevano sempre

il segno “+” davanti.

Il Futuro entrò in crisi quando si capì che la bufala

della crescita perenne non poteva reggere

all’infinito, fondata sullo sfruttamento di Paesi

del terzo mondo e sulla loro manodopera per

cui arrivare a vivere 40 anni era già l’equivalente

di un posto da quindici mensilità ministeriali.

Forse ho corso troppo, se non ne eravate al

corrente sorvolate sullo spoiler, dimenticate di

averlo letto e passate al pdf di Quattroruote che

starà in qualche link là a destra.

A quel punto il giocattolo ha iniziato a rompersi

e l’incanto a svanire: improvvisamente una laurea

triennale con 103 in scienze politiche con tirocinio

in “fotocopie fronte-retro con rilegatura

sinistra” presso l’ufficio anagrafe, non appariva

più un viatico sicuro verso ruoli dirigenziali in

una multinazionale. E cosa restava ora, al pensiero

di avere già rinunciato in tenera età alle

proprie velleità da astronauta o da principessa?

Molti hanno finito per deprimersi, scoprendo

che avrebbero finito per guardare con invidia

alle condizioni economiche dei propri genitori,

vedendo che i due guanciali tra cui dormivano

si stavano lentamente trasformando in cartoni,

e rimasti orfani delle proprie certezze hanno finito

per fare propria quella secondo la quale il

domani dovrà essere per forza tetro e avaro di

gioie e soddisfazioni.

Questo perché è molto più difficile rinunciare ai

dogmi, come ben sanno Bondi, le ragazze che si

fanno maltrattare e picchiare da un ragazzo e da

quello successivo, e Bondi che si fa maltrattare

da un padrone e da quello successivo.

Ma tutto questo può ancora cambiare. La soluzione

è a portata di mano. Occorre solo prendere

definitivamente coscienza di essere stati

truffati, e far valere il nostro diritto ad ottenere

ciò che sognavamo, o almeno ricevere un adeguato

risarcimento. Sono ormai maturi i tempi

per avviare una Class Action contro il Futuro.

Pensateci: il Futuro dovrà pagare, perché dichiararsi

insolvente sarebbe come ammettere che

l’umanità si estinguerà a breve. Sarebbe una rivoluzione.

Certo una rivoluzione conservatrice,

perché se la tua aspettativa erano 80mq in periferia

e una Punto 5 porte, non potrai pretendere

di più alla luce dell’accordo, e a maggior ragione

se stai fuggendo da una guerra civile e da un

paese con la speranza di vita di 35 anni, dovrai

pagare una tassa per ogni giorno vissuto in più.

Questo è l’Occidente, questa è la democrazia. Ed

è comunque meglio di quando la esportiamo.

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Quando abbiamo deciso che il tema di questo

numero sarebbe stato il futuro io ho pacatamente

esposto il mio dissenso. Perché parlare

di qualcosa che non esiste? Il numero su dio

l’abbiamo già fatto. Tuttavia, nella nostra cialtronesca

redazione vige quell’ormai obsoleto

metodo decisionale che è la democrazia, quindi

la mia opinione è stata ascoltata da tutti ma poi

si è fatto come voleva la maggioranza. Inutile la

mia occupazione di Zuccotti Park via webcam.

Non sono riuscito a rimediare né una spruzzata

di lacrimogeno né un pistolotto di Saviano, figuriamoci

l’attenzione del restante 75% della redazione.

Ad ogni modo questa esperienza mi ha

dato da pensare. Uno: la democrazia è ancora il

migliore dei sistemi possibili? Due: la gente di

occupy-wallstreet, quelli del 99%, hanno fatto

dei calcoli accurati o sono andati sulla fiducia?

Tre: riuscirò a terminare questo pezzo sul futuro?

[ATTENZIONE: da questo momento in poi il pezzo

potrebbe risultare insensato, sconclusionato e delirante

(più del solito) a causa dell’azione congiunta

di alcol e oppiacei]

Futuro, futuro. Da bambini ci hanno sempre fatto

pensare al futuro come un mondo fighissimo

pieno di macchine volanti, tute-pigiama stile

Star-Trek, chiavi di casa laser, occhiali laser, armi

laser, coltellini multiuso laser e qualunque altra

cosa dove si può infilare un laser a laser. Invece

ci ritroviamo nel 2011 con le solite obsolete

automobili da strada, fucili con proiettili all’uranio

impoverito, mutande Dolce & Gabbana stile

sono-cool-e-anche-un-po’-culo, e una civiltà

G.

che si basa sullo squilibrio endemico tra una

minoranza benestante e la stragrande maggioranza

di esseri umani che non arrivano alla fine

del mercoledì. Fortuna che è uscito l’i-Phone 4s

o sarebbe il medioevo. Ma la fregatura tecnologica

più grande credo sia la mancanza di un

congegno per il teletrasporto. Gli scienziati continuano

a sprecare il loro tempo con i neutrini, il

bosone di Higgs, la clonazione delle ninfomani

mentre io ancora devo alzarmi presto per prendere

un autobus, che mi porterà a prendere un

aereo che, se non cade sopra un treno, mi porterà

a prendere un altro autobus che, traffico permettendo,

mi porterà stanco e incazzato come

un pinguino alla mia destinazione finale.

Niente teletrasporto e niente automobili volanti

ma in compenso stanno cominciando a volare

cazzi anche per noi che facciamo parte dell’oc-

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cidente progredito, colto, benestante, avanzato

tecnologicamente, e dannatamente attento ai

diritti umani. Interessi politico-economici permettendo.

Il balordo sistema economico che abbiamo

messo ai vertici della nostra esistenza sta finalmente

rivelando, anche ai non esperti di finanza

internazionale, tutti i suoi difetti. Io non ci

capisco un cazzo di spread, mercati finanziari,

e roba simile ma non serve certo una cattedra

alla facoltà di economia di Oxford per capire

che qualunque cosa, anche la più perfetta, data

in mano alle persone finisce irrimediabilmente

con l’andare a puttane. Siamo dei fottuti bastardi

egoisti, nessuno escluso. Non siamo cambiati

molto da quando ci coprivamo con le pelli di

animale, vivevamo nelle grotte e ci spaccavamo

il cranio a vicenda per il pezzo più grosso del

Mammuth alla cacciatora. Solo l’estinzione potrebbe

ridarci una qualche dignità. Prendete i

dinosauri: appena hanno visto che la loro civiltà

aveva raggiunto l’apice del progresso, non potendosi

evolvere ulteriormente, hanno avuto il

buon gusto di estinguersi. La soluzione è l’estinzione.

Del resto anche i Maya la pensavano così.

Recenti studi, condotti su alcuni pittogrammi

ritrovati nelle più remote cavità nasali di Roberto

Giacobbo, hanno rivelato che il famoso

calendario Maya non indica affatto la data della

fine del mondo. In realtà si tratterebbe di un

promemoria. Un appuntamento sul calendario

(tipo quello col dentista) per ricordarsi il giorno

in cui la razza umana dovrà togliere il disturbo.

Si vede che i matematici di questa straordinaria

civiltà del passato avevano calcolato tutte le

variabili e realizzato modelli previsionali che li

avevano portati a ritenere, con un buon grado

di precisione, che il picco evolutivo della civiltà

umana sarebbe stato raggiunto il 21 dicembre

2012 e che dopo tale data non si sarebbe potuto

solo regredire. Ottimo motivo questo per togliersi

educatamente di torno. I Maya dunque la

sapevano lunga ed erano anche dei grandissimi

esperti di sacrifici umani. Una cosa di cui oggi si

sente maledettamente la mancanza. Soprattutto

mentre si è in coda alla cassa del supermercato.

Se la soluzione uno, ovvero l’estinzione totale,

non vi piace (magari perché avete appena

ristrutturato casa o comprato l’ultimo Call of

Duty e lo volete finire con calma) si può sempre

optare per la soluzione due: diminuzione selettiva

della popolazione mondiale. Del resto viviamo

in una condizione di scarsità delle risorse


e in uno spazio limitato. Siamo dannatamente

troppi. Non aggrottate le sopracciglia, non ditemi

che almeno una volta nella vita non avete ardentemente

desiderato di eliminare fisicamente

la fila di persone sedute dietro di voi al cinema

o di sterminare la famiglia che abita al piano di

sopra. (Anche se non sono vostri parenti). Siamo

tutti dei cavernicoli in fondo al cuoricino.

Non siete death-friendly? Si potrebbe cominciare

con l’evitare ulteriori procreazioni. Non che si

debba smettere di fare sesso, ma solo prendere

i giusti accorgimenti per evitare di riempire il

poco spazio rimasto con delle copie ridotte ma

molto più rumorose e fastidiose di voi. Per chi se

lo stesse chiedendo: non odio i bambini. E’ solo

che già sopporto a malapena gli stupidi adulti,

figuriamoci le loro versioni incomplete.

Futuro dicevamo. Soluzione uno: estinzione.

Soluzione due: drastica diminuzione della popolazione

mondiale. Soluzione tre: sostituire il

vostro super-io con un governo tecnico e vedere

che succede.

Ma occorre sbrigarsi! Anni di comodità e televisione

ci hanno impigrito. Che senso ha

occupare Wall Street per protestare contro le

multinazionali e i gruppi di potere economico

che governano il mondo twittando il tutto sul

proprio i-Pad? Boicottate tutto. Comprate solo

quello che vi serve davvero. Un tetto, acqua,

cibo e sesso. Il resto è superfluo e funzionale al

sistema. Diocanide non è difficile arrivarci. Volete

fare una rivoluzione? Bruciate quei cazzo

di cartelli e procuratevi dei forconi o delle armi

automatiche. Nel 1789 i francesi non si erano

limitati a sbracarsi in piazza e scrivere copiosamente

sulla loro pagina facebook. La domanda

di ceste per crani era cresciuta esponenzialmente

in quel periodo. Non siete dei violenti ma volete

comunque rompere i coglioni? Smettete di

comprare roba inutile e godetevi il tempo che

vi rimane facendo qualcosa che vi appaghi realmente.

Spegnete il computer e aprite un buon

libro. Dipingete un quadro, mettete su una

band o pianificate l’omicidio del vostro vicino di

casa ma fatelo con passione. L’unica cosa che ci

distingue dalle altre bestie e la nostra capacità

di cogliere la bellezza delle cose e trasformarla

in arte per poterla condividere. E’ anche l’unico

modo per rendere il futuro meno merdoso di

quello che ci aspetta.

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Esseredisgustoso

Chissà come sarà il mondo senza te, Silvio.

Al momento, il presente non va un granchè.

Da quando te ne sei andato stanno impazzendo

tutti.

La gente continua ad incazzarsi come prima ma

non ha più un bersaglio. Anni passati a covare

rancore ci hanno assuefatto a una rabbia continua

e immotivata: la pensionata molisana che

abita nel mio palazzo ha cercato di accoltellarmi

perchè le avevo parcheggiato troppo vicino.

Travaglio, in piena crisi di identità, ha iniziato ad

elencare i conflitti d’interessi degli altri uomini

di governo, ma non è la stessa cosa: una volta

perso il grande amore è inutile cercare la stessa

donna in altre. Ed è per questo che, se trovate

una ragazza amante del sesso tantrico praticato

indossando costumi dell’Ottocento ascoltando

musica country, non dovete lasciarvela sfuggire.

Di Santoro poi, non ne parliamo neanche: per

alzare un patetico polverone su Monti ha invitato

in trasmissione un blogger complottista

in overdose da scie chimiche credibile quanto

un indignato di Wall Street che, appena girato

l’angolo, va a comprare una confezione maxi di

antidepressivi per il suo pincher nano.

Che poi, Silvio, io li odio i complottisti. Ciononostante,

su un punto, voglio dar loro ragione.

Effettivamente c’è una verità che apparati di potere

politico-economici vogliono tenere nascosta:

anche se nessun governo lo ammetterà mai

e nessun giornalista avrà il coraggio di scriverlo,

i complottisti sono un branco di ritardati.

Davvero, fonderei un network informativo anticomplottista

se solo complottare contro i complottisti

non facesse di me un complottista.

Ma non è questo il punto.

Mi ha sempre fatto paura il futuro, Silvio, sono

terrorizzato da ciò che non conosco, da quello

che posso trovare dietro l’angolo: tiro avanti, ma

solo perchè non posso spingere indietro.

Un terremoto, una catastrofe nucleare, Dio che

si manifesta e rivela al mondo quello che nessuno

si sarebbe mai aspettato: “Mi faccio la barba

tutti i giorni.”

Mi sono sempre rifiutato di pensare al domani,

almeno sinchè non diventa oggi. E adesso che

non ho più neanche le certezze del presente nè

qualcuno con cui prendermela è diventato tutto

più difficile, Silvio.

La paura di non arrivare a fine mese che ci accomuna

tutti, esclusi quelli che se ne lamentano

su Facebook attraverso il nuovo iPhone, il timore

che neanche questo governo possa riprendere

in mano la situazione: ci sono così pochi soldi

in giro che nell’uscita lancio di “Costruisci il tuo

modello in scala del Titanic” regalavano il buco.

Il mondo andrà avanti senza te, nessuno potrà

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più urlare al totalitarismo mediatico, alla dittatura

televisiva, alla distrazione di massa mediante

esposizione continua di forme femminili atta

a rendere inoffensiva la popolazione: no.

Quando anche dopo di te continueremo a vedere

tette e culi in televisione la conclusione

sarà finalmente alla portata di tutti, persino di

Concita De Gregorio: agli uomini piace guardare

tette e culi.

Ma non è questo il punto.

Mi manchi, Silvio.

Nicola lotta ai limiti di una precarieta’ lavorativa, fisica e mentale:

cercando di salvare la sua fabbrica dalla chiusura scopre i trucchi piu’

loschi con cui i padroni fregano le classi

medio-basse. Contro di lui un padrone senza scrupoli e una famiglia

senza vergogna,

incarognita dalle mode piu’ devastanti del momento. ottanta pagine

di sopravvivenza

a colori con raccomandazione di Altan e Cipputi.

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Daniele Fabbri

[...]Esistono altre testimonianze sui fatti relativi

alla Depressione Austera di quegli anni in Italia.

Scrive il regista anglotedesco Tim G.S.Fund nei

suoi diari: «L’ultimo ricordo che ho di Berlusconi

è del 2026, un ricordino edificante, da libro

Kuore. Stavo facendo il doppiaggio del mio film

“Achtung!Schpread!”, proiettato nelle sale italiane

col titolo “La Morté”, o “Li Morté”, non mi

ricordo; era l’ora della pausa e nell’hangar corazzato

della GoldmanSachs stavano tutti seduti

chi qua chi là, a defecare nel sacchetto riciclapranzo.

Vedo DiPietro, un vecchio attore molisano, che

guida l’anziano Berlusconi verso il recinto dove

c’è un pò di sole, lo portava per mano, un passo

alla volta, come si usava all’epoca con una vecchia

rinsecchita o un leghista cieco. Berlusconi

aveva il volto color fard sopra un collo bianco

ceramica, era completamente pelato ed era

nascosto dietro i grandi occhiali neri che ormai

portava sempre. DiPietro mi si avvicina, gli chiedo

come sta Berlusconi: «Mo ch’ bbo dich’ affar’,

ten ‘a prostatizzàt’ e nivved’ enent! Oramà nivved’

enent!». Poi a gran voce rivolgendosi a Berlusconi:

«Cavalié,ch’ ssapet’ chi stà qquiddevicin’? C’sto

ureggist’ Tinfund chevva salùt’t!». Berlusconi

solleva la testa guardando verso il cielo, fa per

stringermi la mano ma con una finta si dirige

a strizzarmi il pacco, tutto però alla velocità di

una tartaruga col parkinson, mentre le sue ossa

scricchiolano e cigolano come le porte di certe

scene nei miei film.

Di colpo spara una tosse polmonare che spiaccica

sul soprabito di DiPietro macchie di saliva,

muco e sangue. Mentre quest’ultimo si pulisce

Berlusconi si riprende, scambiamo due parole,

poi lui inizia a ricordare di quando faceva le crociere

e io rimango lì a guardarlo. Era impalpabile,

sorrideva con quel sorriso inerte che hanno i

ciechi, avrei detto di stare sognando se non fosse

stato per la puzza di bigattini che si portava

dietro.

Adesso vengono a prenderlo due uomini, uno

lo regge per le spalle, l’altro lo solleva dai piedi e

se lo caricano a spalla rigido e orizzontale come

un sarcofago, diretti verso il set.

Spinto dal cazzo che non avevo da fare li seguo,

voglio proprio vedere come fa a lavorare in quelle

condizioni. Da quando era stato rieletto per la

quarta volta nel 2013 era davvero invecchiato.

Nello studio tutto è pronto; facendogli evitare i

cavi come in un labirinto lo conducono al cen-

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tro del set potentemente illuminato, lo aiutano

ad indossare le scarpe coi tacchi, posa i capelli

finti sulla testa, ma ha ancora gli occhiali neri sugli

occhi. Il set era pieno di finanzieri, ministri,

cardinali, giravano un videogiornale per conto

della TBC, Trilateral Bank Comunication; il regista

era il nipote di Monti, Gohan Monti; questi

gli spiega la scena, sento che gli dice: «Fai così

Silvio, arrivi fin là, dici ‘mi consenta’ e ‘comunisti’,

e stringi la mano a Massimo mentre guardi le

tette della sua segretaria». D’Alema si fa sentire:

«Silvio sto quà, le tette sono alla mia sinistra!»,

facendogli il gesto delle poppe che però cade

nel vuoto.

Tutto a posto? Si accendono altre luci. Motore!

Ciak! Solo a questo punto Berlusconi si toglie gli

occhiali ed è il miracolo. Il miracolo di Silvio che

improvvisamente ci vede, vede le cose, le persone,

le tette, non due occhi ma cento, che vedono

tutto perfettamente. E sorride, stringe mani,

saluta le telecamere, bacia D’Alema, si strizza

il pacco: robottino fantastico che saltella e risponde

fulmineamente alle domande di un tale

Floris, dice cose e le smentisce, e la gente della

troupe tutta attorno, gli elettricisti sui ponti si

mordono le labbra per non ridere, si nascondono

la faccia tra le mani.

Berlusconi li rassicurava. Berlusconi rassicurava

tutti. Spread, debito, deficit, Btp, erano cose che

gli italiani non capivano, si sentivano tristi e disorientati;

con lui stavano meglio perché capivano

con chi prendersela. Capire a chi dare la

colpa fa girare l’economia, per questo l’Economia

l’aveva fatto rieleggere.

Stop, la scena è finita, si cambia inquadratura.

I tecnici smontano con nervosa fretta, la TBC li

paga 8 centesimi a inquadratura. Nel caos che

segue ogni fine ciak Silvio si rimette lentamente

gli occhiali e tende le braccia in attesa che qualcuno

venga a prenderlo; a telecamere spente,

tornava un piccoletto curvo, semiparalizzato e

disinteressato ai culi, un fantasma che si dissolveva

nel buio, nella solitudine, nell’oscurità.

(cit. F.F.)




Michele Incollu

Tre giorni fa, mentre mi tagliavo le unghie dei

piedi, una scheggia impazzita si è conficcata nel

mio cranio. I medici hanno ritenuto meno pericoloso

lasciarla lì che intervenire, ma a partire

da quel giorno ho iniziato ad avere delle visioni

sul futuro. Per questo, posso dirvi con certezza

che nel 2013 il governo Monti sarà considerato

un grandioso successo. Ho visto che nessuna

banca è fallita e sono stati creati migliaia di

posti di lavoro, semplicemente liberalizzando la

scelta di pagare o meno uno stipendio. In nemmeno

due anni, i Tecnici hanno preso un paese

sull’orlo del fallimento e l’hanno trasformato in

una società ideale, dove a ognuno viene dato

secondo quello che si può comprare. Ma la cosa

più importante è che i nostri programmi televisivi

preferiti saranno ancora trasmessi, sebbene

adattati alla nuova realtà del paese. Per rassicurarvi,

durante l’ultima visione sono riuscito a copiare

parte di una guida tivù:

Italia 1 - C.S.I Milano

Una squadra speciale composta da ex-ricercatori

universitari ed ex-investigatori di polizia, si

trova a lavorare unita per affrontare una nuova

vita da baraccati. In ogni puntata, i protagonisti

devono fondere le loro abilità per scoprire se le

cose mollicce trovate durante il quotidiano giro

dei cassonetti sono cibo oppure i soliti rifiuti

tossici. (Serie TV è co-finanziata dal Ministero

dell’Istruzione per il suo contributo a ricordare

l’utilità di un’istruzione universitaria in Italia).

Rai 3 - Chi l’ha visto?

Programma quanto mai necessario da quando

i commissariati si autofinanziano con pesche

di beneficenza, Chi l’ha visto alza il tiro e da la

caccia a un pericoloso serial killer. Secondo i

criminologi, l’assassino uccide per mancanza

d’affetto. Da bambino infatti, la madre gli spegneva

le sigarette di cioccolato sulla pelle come

punizione perché si masturbava talmente tanto

che a casa avevano bussato gli esperti dell’Osservatorio

Sismico. Grazie ai laboratori genetici

Rai, la troupe scova l’assassino e mette fine alla

sua furia, clonando la madre ormai defunta e lasciando

che la uccida.

Canale 5 - La Corrida milionaria

Diventare milionari è diventato talmente facile

che solo degli idioti possono ancora protestare

contro i privilegi dei super-ricchi. Lo storico format

della Corrida si arricchisce di due entusiasmanti

novità:

1) I concorrenti sono tutti aspiranti toreri. Per

rendere lo spettacolo più avvincente niente

spade o lance. Al concorrente, prima di liberare

il toro, vengono dati cinque minuti di tempo

e un kit per costruirsi una balestra con i propri

tendini di Achille.

2) Il sopravvissuto più applaudito riceverà 1 mi-

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lione di euro, da spendere nella nuova Sanità

Cattolica.

Rai 1 - Porta a Porta, Speciale eutanasia

Nello storico programma d’attualità, si torna a

parlare di eutanasia dopo la nuova proposta di

legge sul “Bio-testamento alla Dell’Utri”. Se sarà

approvata, ogni cittadino, compiuti i diciott’anni,

potrà decidere se assoldare un sicario della

mafia per essere fatto fuori nell’eventualità che

un giorno non desideri più le cure ospedaliere.

La scelta degli ospiti è come sempre garanzia di

uguale spazio per tutti i punti di vista. Da una

parte ci sarà tutta la redazione di Famiglia Cristiana

e dall’altra gli ospiti di un’intero reparto

per pazienti in stato vegetativo.

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Testo Dott. Barbie* illustrazione Perrotta

“Dicci chi è stato.”

Il vecchio si cagò addosso, gli occhi sbarrati dal

terrore e i denti che battevano come se la polizia

egiziana gli avesse sparato dei lacrimogeni

sulle gengive. Il mio aiutante – un ragazzo-soldato

congolese di 11 anni che avevo “liberato”

dalla sua famiglia per due kg di pane raffermo e

il capitolo mancante sull’ENI di Petrolio di Pasolini

– continuava a fargli ingurgitare acqua e sale.

“Su, avanti. Sono già tre ore che andiamo avanti.

Non ti va di tornare a casa e ascoltare un bel 33

giri?”

Il vecchio scuoteva la testa. Piangeva. Non so

nulla, ripeteva ossessivamente. Davvero, io non

c’entro, sono solo un pensionato. Era già il sesto

che “interrogavamo” durante quella giornata.

Alle 7 di mattina Little T., lo Splendente Generalissimo

di San Marino, si era alzato come al

suo solito, aveva fatto partire la filodiffusione e

stava per bere la consueta razione di latte quando

un certo torbidume nel bicchiere lo aveva

insospettito. Le analisi avevano rivelato che la

bevanda era piena di tetracloroetano.

“Hai cercato tu di avvelenare il Generalissimo,

vero? Se confessi e ci riveli chi ti ha mandato, ti

garantisco personalmente che mi attiverò presso

le strutture di comando per farti deportare in

Italia. Sano e salvo”.

Niente. Il vecchio era più muto di Andreotti

davanti alla Commissione stragi. Ordinai all’aiutante

di abbassargli i pantaloni, rimuovere la

merda e scappellarlo. Dissi di aspettare un minuto

in quella posizione. Il vecchio cominciò a

mugugnare e dimenarsi sulla sedia. Tornai con

un sottile pezzo di ferro arroventato ed un ultimatum:

fuori i nomi, o l’attempata uretra diventerà

la riedizione di Mogadiscio ’94 in formato

anatomico.

Il vecchio urlò: “CASINI. È STATO CASINI. SU

MANDATO DELLA CEI E DEI CARDINALI.” Come

sospettavo. Pierferdinando Casini, il nuovo premier

italiano e leader di Democratura Cristiana-

18


Sesto Polo. E il Vaticano. Chi altri poteva aver

ordito una cosa del genere? Rassicurai il vegliardo:

sei libero, ora. Hai fatto la cosa giusta. Sarai

premiato per queste informazioni. Il ragazzino

congolese lo rivestì, slegò le manette e la corda

e gli fece tracannare il resto della caraffa. “Non è

che devi andare in bagno, per caso?” mi rivolsi

al vecchio. Lui annuì con forza, asciugandosi le

lacrime con la manica della giubba. Indicai una

porta: “Il bagno è lì”.

Il vecchio corse verso la meta, si sfilò repentinamente

le mutande e afferrò il raggrinzito arnese

per compiere l’agognata minzione all’interno

del pissoir in porcellana. Non appena il getto

d’urina raggiunse la piccola grata metallica necessaria

a far defluire i liquidi, il vecchio venne

raggiunto da una scarica fulminante e stramazzò

a terra attraversato da atroci convulsioni. La

grata era collegata all’impianto elettrico. Entrai

nel cesso e sorrisi. Il “Vespasiano à la Barbie” funzionava

a meraviglia.

All’inizio, nell’estate del 2011, tutti l’avevano

buttata sul ridere. Little T. presidente di San Marino?

Certo, come no. E perché non mettiamo i

Giganti agli Esteri e Bobby Solo alla Difesa? I democristiani

e i socialisti della piccola repubblica

indipendente avevano accolto la sua candidatura

sia con enorme ilarità che con malcelato

fastidio. “Questa freddezza fra i politici proprio

non la capisco ed è ora di rimettere a posto le

cose. Così non si può andare avanti e anche

in questo senso potrei dare il mio contributo”

aveva detto all’epoca Little T. I primi sondaggi

lo avevano dato ad un inquietante 60% di preferenze.

Le forze sanmarinesi, tramite un accordo

sottobanco, avevano fatto sì che il Consiglio

Grande e Generale lo escludesse dalla corsa alla

presidenza con una leggina ad personam.

Ma Little T. non si era dato per vinto. Sapeva che

la popolazione era con lui. Che i vecchi, soprattutto,

erano con lui. E quando un popolo non è

messo nelle condizioni di scegliersi il leader che

vuole, allora è il leader che deve raggiungere il

potere (in qualsiasi modo) per servire il suo popolo.

La scelta su come conquistare quel potere ricadde

ovviamente su di me. Del resto, il mio curriculum

di coup d’état parla chiaro. Guinea Equatoriale,

1972. Repubblica di Zangaro, 1974. Isole

Comore, 1999. Thailandia, 2006. E infine Honduras,

2008. L’idea di fare un golpe a San Marino

– e l’opportunità di rimanere in un paese che

non concedesse l’estradizione alla Corte Penale

Internazionale – mi eccitava alquanto. Diedi

subito la mia disponibilità. Il gennaio del 2015

lo impiegai a reclutare e addestrare i miei catilinari.

Scelsi dei vegliardi con l’Alzheimer in stadio

iniziale: certo, era una scelta rischiosa, ma se

le cose fossero andate male nessuno si sarebbe

ricordato un cazzo. Per circa 10 giorni feci loro

compiere una serie di “esercitazioni invisibili” sul

modello trotzkista della rivoluzione d’ottobre:

nuclei scelti di 3-4 vecchi entravano ed uscivano

quotidianamente da banche, poste, stazioni

ferroviarie, uffici pubblici, supermercati, caserme

e centrali telefoniche. La stampa socialista

e democristiana aveva ridicolizzato Little T. e la

sua banda di consulenti militari e ottuagenari. I

maggiori quotidiani avevano titolato: “E sarebbero

questi i golpisti?” Anche questa volta, nessuno

ci aveva creduto fino in fondo. Avrebbero

pagato carissimo quell’errore.

Il 9 febbraio, giorno del compleanno di T., sferrammo

l’attacco. Mentre il Consiglio Grande e

Generale si riuniva in sessione straordinaria, tutti

gli edifici strategici erano già stati occupati dai

nostri uomini. La polizia era impotente: lo sparare

contro malati, donne e paraplegici avrebbe

comportato una reazione internazionale durissima.

Verso le quattro di pomeriggio io e Little

T., con tanto di banda armata di bambini congolesi

al seguito, salimmo a Palazzo Pubblico

per incontrare i Capitani Reggenti e tutti i vari

Segretari di Stato. Erano sconvolti. Non gli era

mai capitato nulla di simile nella loro placida e

lanuginosa vita. Intimammo loro di rassegnare

immediatamente le dimissioni e di consegnare

tutti i poteri al nuovo Generalissimo di San

Marino. Demmo loro 12 ore per esiliare e non

mettere mai più piede nella Repubblica. Non

batterono ciglio.

Il primo atto esecutivo del Generalissimo fu

quello di abolire il Consiglio e di nominare i

Giganti al Segretariato di Stato e Bobby Solo a

quello della Vecchiaia & Cantautorato. Con un

decreto (“L’Atto Del Rientro E Del Giradischi”)

vennero espulsi tutti i residenti sotto i 70 anni

e favorito lo spostamento forzato di moltissimi

vecchi fans di T. a San Marino. “Finalmente il tempo

di squallidi concerti a sagre friulane e case di

cura molisane è finito”, declamò dalla sommità

di Palazzo Pubblico il Generalissimo. Era il giorno

della proclamazione dell’Impero Politico-Discografico,

e quelle parole vennero accolte da

19


una ventata di entusiasmo, infarti e guasti fatali

ai peacemaker. Già, erano davvero finiti quei

tempi cupi fatti di rimborsi spese in nero e depressione

da nostalgia del boom. La vita a San

Marino era scandita dal ritmo dello swing dei

vecchi successi anni ’60. I vecchi scoppiavano

di felicità, si sentivano giovani e concludevano

ottimi affari con commercialisti e imprenditori

di mezzo mondo, attratti dal nuovo regime di

off-shore totale imposto dal nuovo presidente.

Nemmeno io me la passavo male. Stavo tutto il

giorno a scegliere puttane minorenni su siti russi

sfuggiti alla censura del Cremlino e a spedire

missive all’Interpol, descrivendo con dovizia di

particolari tutti i crimini commessi in passato e

vergando commoventi esegesi anatomiche di

adolescenti ucraine, tagike e tatare.

Un giorno Little T. mi convocò nel suo ufficio.

Doveva informarmi di un’importante decisione

che aveva intenzione di prendere al più presto.

“Voglio tornare a Sanremo.” La sua voce era ferma,

risoluta. Io riuscivo a pensare ad una sola

cosa: merda. Era il classico “Doomsday scenario”.

Se mi avesse ordinato di bombardare a tappeto

Tel Aviv avrei avuto meno problemi – e meno

conseguenze. Ne ero certo: con questa storia

di Sanremo avremmo passato tutti quanti guai

seri. “Hai capito? Voglio tornare a Sanremo, e

non come semplice concorrente, voglio proprio

condurlo e vincerlo, tutto nella stessa edizione”.

“Generalissimo – gli risposi – mi permetto di ricordarle

che abbiamo stipulato un trattato bilaterale

ben preciso con la Repubblica Italiana

e con il ministro della Cultura Fiorello. Sanremo

non si può toccare. È dominio esclusivo di Fiorello

e Vincenzo Mollica. Rischiamo un contraccolpo

militare devastante”. Little T. non mi stava

ascoltando: “E voglio anche tornare al Cantagiro.

Voglio che si rifaccia il Cantagiro!” Cazzo, il

Cantagiro no. Il Cantagiro era la fine. Il Cantagiro

significava guerra termonucleare. Cercai di oppormi,

ma il Presidente si sfilò un lucidissimo stivaletto

bianco, lo poggiò sulla scrivania, estrasse

la pistola dalla fondina bianca e cominciò a

sparare sulla calzatura, cantando a squarciagola.

Era il segnale inequivocabile che sul punto

non erano ammesse discussioni.

La risposta di Fiorello e del governo italiano fu

impietosa. Arrivò sull’account Twitter del ministro

della cultura: “Non se ne parla. STOP. Non

azzardatevi più a chiedere una cosa del genere.

STOP. Ritorsione militare. STOP. Abbiamo allertato

milizie di confine. STOP. ROSICOOONIII”. Per

rappresaglia, Little T. fece congelare tutti i conti

bancari appartenenti a imprenditori e mafiosi

italiani, e contestualmente minacciò di rendere

pubblici i nomi dei politici di DC-Sesto Polo che

si erano rivolti segretamente agli istituti di credito

sanmarinesi per evadere le tasse e riciclare

le mazzette. La mossa era al limite del suicidio.

La guerra diplomatica: ormai totale. L’embargo

fiaccò la popolazione, e le sacche del malcontento

incominciarono ad essere infiltrate dagli

agenti provocatori del Vaticano e dei servizi

20


italiani. Riuscì a sventare una prima congiura di

palazzo. Poi una seconda ed una terza. La quarta,

probabilmente, sarebbe stata fatale. Nel frattempo

l’Italia danzava sull’orlo del baratro. Gli

imprenditori falliti si moltiplicavano esponenzialmente

e a leggere i giornali pareva di essere

ogni giorno a Jonestown. Little T. dava evidenti

segni di squilibrio. Dopo aver visto una puntata

de “Il più grande spettacolo dopo il weekend siamo

noi – 8° edizione”, in cui Fiorello lo accusava

di crimini contro l’umanità e di aver distrutto la

musica italiana, il Generalissimo elaborò la sua

Endlösung. Mi buttò giù dal letto alle 5 di mattina.

“Dott. Barbie, prepari le sue squadre. Assaltiamo

il Vaticano”.

“Moriresti per me?”

Sì, mio adorato, sì sì sì, è da 50 anni che muoio

per te, e tu non te ne sei mai accorto, ma come

potevi, del resto?, eri famoso, e impegnato, non

te faccio una colpa, e chissà quante sgualdrine

ti avranno avuto, quante donnacce avranno affondato

le loro unghie affilate nei tuoi preziosi e

bellissimi capelli, oh sì, voglio morire per te, ora.

Il Generalissimo aveva accarezzato Clara, e a lei

per poco non era scoppiato il cuore. “Allora sai

come devi morire”. Sì amore mio, sì, lo so. Clara

era arrossita in volto, e aveva chiesto a Little T.

se poteva portarla nella “Balera 66” del Palazzo

e cantarle un’ultima canzone – l’ultima canzone

della sua vita.

Davanti San Pietro la folla è assiepata, in silenzio.

Stanno aspettando il Papa. Clara è seduta su

una sedia imbottita di esplosivo militare e non

fa altro che pensare alla formidabile estate del

’63, quando a Spoleto si strusciava pudicamen-

te su aitanti giovinastri della buona borghesia.

Non fa altro che pensare a Lui. Ma ecco la sedia

gestatoria ergersi nel cielo, il vestito bianco svolazzare

e la benedizione scendere su tutti. Un

lunghissimo corridoio si forma al centro della

piazza, tagliandola in due, e Clara usa il suo handicap

per farsi strada e raggiungere le prime file.

“Ora.”

La voce del Dott. Barbie gracchia nell’auricolare.

È il momento. Clara piega il polso in avanti

e il motorino della sedia emette il suo ronzio

elettrico. Guardami, amore mio, guardami morire

per te. Il boato è terrificante. La confusione indescrivibile.

La folla ondeggia, cozza dappertutto,

rotola avanti e indietro con degli urli selvaggi,

si infrange come un’onda schiumosa sulle colonne,

si disperde impazzita nelle vie limitrofe.

Il clamore è assordante. È il clamore di un massacro.

Dentro al Palazzo Pubblico, invece, il silenzio è

tombale. Non appena arriva la conferma via radio,

il dott. Barbie si precipita nella stanza presidenziale

per comunicare al Generalissimo il

buon esito della missione. Da Little T. non proviene

alcuna reazione. Sembra semplicemente

sprofondato nella sua poltrona regale. Lo sguardo

è fisso e vitreo. Sta mormorando qualcosa.

O forse sta cantando. Barbie si avvicina. È una

canzone. L’ultima canzone composta dal Generalissimo.

I mastini della balera.

“La vittoria vada a coloro che hanno fatto la

guerra senza amarla”, diceva Malraux. Fanculo

Malraux, pensa Barbie. Io la guerra l’ho sempre

amata.

* Esperto in colpi di stato, rovesciamenti di regimi democratici

e traffico d’armi in cambio di minorenni, il dott. Barbie è

il consulente militare del Bile nonché l’uomo che tutti vorremmo

essere.

21


Testo Silvio Di Giorgio Illustrazione Ste

Frammenti del diario di una banconota di 100

euro datati novembre 2011. In quegli anni, prima

che le transazioni fossero concluse con i tappi di

coca cola (dal 2032) e poi con i tappi di coca cola

light (dal 2098, a causa dell’obesità mondiale),

la moneta corrente si chiamava Euro, in onore

dell’Europa, quell’antica regione che oggi occupa

circa 2/3 del territorio del Vaticano.

Sono una banconota. Ho vissuto mesi interi in

un caveau di Milano insieme a migliaia di miei

simili. Quando la Guardia di Finanza veniva a

cercarci non dovevamo fare altro che fischiettare

e guardare da un’altra parte per fargli credere

che non eravamo lì ma in qualche paradiso

fiscale. E loro ci cascavano. Un biglietto da 500

euro, uno che la sa lunga, mi ha detto che era

merito di un giochino chiamato scatole cinesi.

Era strano fare quella vita; prima di stabilirmi a

Milano passavo di mano in mano, giravo il mondo,

vedevo posti sempre nuovi e facevo muovere

l’economia. Poi il letargo. Forse il nuovo

tizio che mi possedeva aveva così tanti soldi da

non sapere neppure di avermi. Oppure semplicemente

non pagava in contanti ma regalando

ministeri.

Una mattina di dicembre dell’anno scorso, però,

mi sono risvegliata in un’altra casa: ora mi trovavo

sul conto corrente di un onorevole che

aveva barattato la sua fedeltà per me e per una

manciata di mie sorelle. Mi vergognavo a stare

con lui; per fortuna quella stessa sera è andato

a puttane per festeggiare la sua “promozione” e

mi ha ceduto ad un altro padrone. Da una puttana

ad un’altra puttana.

Qualche giorno dopo mi sono svegliata tutta intorpidita,

come se mi avessero arrotolato su me

stessa; ero ricoperta di una polverina bianca ed

avevo tracce di muco sui bordi. Non capivo dove

mi trovavo; quando ho ripreso conoscenza ho

capito di essere in Grecia perché un tizio stava

per pulirsi il culo su di me: diceva che non valevo

più niente. Anche se a pensarci bene poteva

tranquillamente essere l’Italia... Mi ha risparmiata

perché anche lui alla fine mi ha barattato con

una scopata.

Non so come, ma poi finisco in Vaticano. Bene,

22


mi dico, adesso potrò fare del bene a chi ne ha

bisogno. E invece mi ritrovo coinvolta in una

speculazione segreta dello Ior. Armi, riciclaggio...Pensavo

che il Vaticano fosse cambiato da

quella volta che ho passato 3 ore nella cassetta

delle offerte accanto alla tomba di Renatino De

Pedis nella chiesa di S. Apollinare. Mi sbagliavo.

Sono di nuovo accalcata in una pila di banconote.

Sento che sono già stata in quel posto, l’odore

è lo stesso. Sì, è il caveau di Milano. L’unica

differenza è che ora ci sono più banconote. Una

sera esco insieme ad altre compagne, ci infilano

nel cassetto di una villa dal cui scantinato arrivano

urla sguaiate di una festa. Sicuramente si

tratta di una cena per bene. La busta in cui mi

infilano viene prelevata a tarda notte e consegnata

ad una ragazza. Capisco solo queste parole:

“Mi raccomando, per tutti sei la nipote di

Mubarak, non fare cazzate!”.

Adesso dove mi trovo? Non so come mai, ma

dopo tanti giri sono di nuovo ritornata nello

stesso caveau. Gira e rigira ritorno sempre qui.

Ritorniamo tutte sempre qui. A novembre ero

destinata a partire per una compravendita di

parlamentari in vista di non so quale votazione,

ma stavolta mi hanno rifiutato. Pare che il mio

padrone non sia in tiro come una volta... Domani

dove sarò? Non so...l’unica voce che gira è che

da domani anche il mio padrone dovrà ricominciare

a pagare con le banconote: i ministeri sarà

qualcun altro a regalarli.

23




Testo Volpe illustrazione Ste&Perrotta

Una distesa bianca e lucida come un foglio, ma

dura come un diamante, sulla quale non possiamo

incidere nulla con la sola forza delle nostre

unghie rotte. Io e Adam Smith stiamo morendo

di freddo.

Ci siamo imbattuti in una tribù di soloni in giacca

e cravatta che vomitavano pezzi di carte costituzionali

e neoliberismo sulle loro camicie

confezionate su misura. Abbiamo lasciato dietro

di noi un esercito di gruppi famelici ed eterogenei

in una sorta di Wacky Races il cui aspetto più

difficile è trovare la bandiera a scacchi. Nascosta

da qualche parte in quest’Artide dell’economia,

come un elisir di immortalità per un capitalismo

asfittico e sordo, condannato a rotolare verso il

basso come una slavina. Mentre tutti sperano

che si tratti solo di un Sisifo che riuscirà a riportarci

a galla prima di vedere il masso cadere di

nuovo. Magari consentendo a qualcuno di riempirsi

le tasche.

Il futuro è questa landa deserta, e nessuno sa

dove sta andando né perché. Basterebbe un

nemico, magari, un nemico vivo, da disegnare

con caricature di nasi aquilini o bombette della

city, o con l’ombrello pronto a spalancarsi nel

nostro culo abusato. Ma la verità è che il nemico

siamo noi, noi tutti: da Christine Lagarde e Paul

Bernanke, giù giù fino a tutti noi che ancora crediamo

– in Dio, in un complotto mondiale delle

banche, nel primato della politica sana, in Beppe

Grillo, nella democrazia partecipativa o rappresentativa,

nei vantaggi di un regime liberale

in economia.

Appare chiara una cosa, in tutto questo caos, in

questo brulicare di formiche: nessuno ha la più

pallida idea di cosa stia succedendo o di come

salvare le cose. I politici e gli economisti, sotto

una facciata sempre più labile di serenità, si

comportano esattamente come le massaie del

dopo-11 settembre: una corsa frenetica ad accattare

qualsiasi cosa ci sia in un supermercato,

strappandola dalle mani della vicina. Calze di

nylon, bond italiani o spagnoli, lampadine da 40

watt, Finmeccanica, scatolette di tonno sott’olio

che durano fino al 2017, e che forse sopravviveranno

alla fine dell’euro o al default dei fondi

triennali del Portogallo. Non c’è una perfida

Albione che tenga, e credere che gli squali di

Bildenberg o Goldman Sachs si possano appoggiare

ai loro discepoli in giro nei governi tecnici

e nelle istituzioni europee è come credere che

Ibrahimovic si rifiuterebbe di segnare al Barca

o all’Inter perché ci ha giocato prima. Sarebbe

interessante capire per quale motivo un mercenario

allevato per rubare a tutti dovrebbe mostrare

qualche forma di simpatia per un istituto

di credito in difficoltà nel quale ha imparato a

uccidere il proprio boss per prenderne il posto.

Si fa così anche nella mafia, ispiratrice ideale di

ogni forma di istituzione economica efficiente.

26


27


Vladimir Stepanovič Bakunin

Quelli del Bile mi hanno chiesto un articolo sul

complottismo, ma io non sono mica tanto sicuro

che esista davvero il complottismo. Secondo

me è solo un modo con cui i blogger più influenti

del mondo occidentale instupidiscono

le giovani menti più pronte a scandalizzarsi e a

guardare il mondo con occhi nuovi per distrarli

dai veri problemi. E il fatto che quelli del Bile (il

Bilerberg, che lo spirito di George Carlin mi perdoni!)

mi abbiano chiesto di sprecare un sabato

pomeriggio scrivendo del complottismo mi

insospettisce parecchio. Stanno evidentemente

cercando di distogliermi da qualcosa di più importante,

tipo connettermi a youporn per le mie

trentacinque ore settimanali contrattuali.

Un compito fondamentale, sapete, perché ho

recentemente scoperto che all’interno di filmati

apparentemente innocui come “teen analyzed

by teacher” o “thank you sir may I have another?”

sono occultati messaggi in codice inquie-

tanti. Per esempio: quanti di voi si sono accorti

che i video porno contengono spesso nascosti

riferimenti al sesso?

Ma c’è di più: ho scoperto che analizzando per

mezzo del codice Morse le goccioline di sperma

che si collocano tra un getto e l’altro delle eiaculazioni

si ottengono sequenze di caratteri. In

un film con Rocco Siffredi ho potuto scorgere il

messaggio “d3fkdo45?kdkaa32011fff(u”, e non

vi è chi non veda che adoperando un banale

metodo di decrittazione di mia invenzione (che

consiste nel sostituire a lettere uguali uguali farneticazioni)

si ottiene il messaggio “Berlusconi

annuncerà le proprie dimissioni nel novembre

2011”. Inquietante, se pensate che il film in questione

era “Scusa ma ti voglio battere” del 2010.

È dunque per impedire scoperte del genere che

si diffondono le ridicole teorie dei complottisti,

per impedirci di indagare il futuro nei segni che

l’Onnipotente sparge copiosamente intorno a

noi come Rocco nel citato film.

Pensateci: i blogger vorrebbero convincerci che

esiste davvero gente convinta che le Torri Gemelle

sono state tirate giù dagli americani e dai

giudei perché il calore sprigionato dalla combustione

del carburante non sarebbe bastato a

fondere il metallo dei sostegni. E la combustione

di quella roba che produrrebbe le scie chimiche?

Come trascurarla? Nessuno può essere così

incoerente.

Vorrebbero convincerci che c’è qualcuno che

pensa che l’economia mondiale va a puttane

perché ogni anno 130 persone si accordano sul

farla andare male per guadagnarci. Come se ancora

qualcuno non avesse capito l’economia è

in crisi perché il capitalismo non può che essere

in crisi prima o poi.

Ergo, i complottisti non esistono: è un trucco

28


per distrarci da qualcosa di più importante. Le

teorie sull’esistenza di complottisti non sono

che un modo ingenuo, fin troppo scoperto, per

affossare la necessità di una svolta radicale.

Libertà di informazione per tutti, la scienza sottratta

al controllo delle università, guardare il

mondo con occhi nuovi. Chi potrebbe volere

qualcosa di diverso? Ma ecco che un ipotetico

complottista salta fuori a dire che prima di ottenere

queste cose occorrerà disfarsi dei rettiliani.

E i pochi che ci cascano restano basiti dall’enormità

del compito. Gli altri se ne ritraggono con

disgusto. Niente libertà di informazione, niente

scienza libera, niente mondo nuovo. E i blogger

avranno vinto.

7




MelissaP2

Se il futuro politico e sociale vi preoccupa ma

pensate una soluzione si possa trovare, vorrei

approfittare dei vostri quasi-pensieri quasi-felici

per farvi notare che quella vostra corta, cortissima

copertina chiamata “speranza” ha lasciato

scoperti oltre i piedi (e il cazzo se siete Lexington

Steel), la questione “ambiente”.

Per la Terra e l’uomo credo sia un po’ come la

storia de La prostituta e lo scorpione (che no, non

è una canzone di Zarrillo).

Volendo possiamo anche in questo caso dar

retta a certa dietrologia secondo cui uno strumento

di ricerca statunitense quale l’HAARP

(noto come il Moby-Dick o il magnete dei complottisti),

sia in grado di provocare a piacimento

siccità, alluvioni, tempeste, uragani, terremoti,

tsunami e cambi di governo.

Il tutto ad opera dei potenti della Terra col fine

di determinare l’andamento dell’economia

mondiale.

Diciamo che ci crediamo ma nel caso, perché ad

esempio colpire il Giappone?

Ok forse sono il popolo eletto del dio USA ma io

come voi, avrei affondato il colpo sulla Cina (se

non sull’India).

Che i potenti della Terra siano razzisti e non distinguano

un asiatico da un altro? Se così fosse

e ne foste in cerca, quest’errore sarebbe un

buon motivo per abituarsi a riconoscere tratti

somatici con markers identificativi differenti.

(A proposito, ecco come la vedo per la catastrofe

nucleare in Giappone: ora avranno cazzi grossissimi.

Anche se al posto di un arto a caso).

Dicevo, o ci si dà anche qui al complottismo oppure

ci si rende conto che i mutamenti climatici

continuano ad esistere anche dopo una mozione

a loro sfavore.

Abbiamo raggiunto quota 7 miliardi e ci riproduciamo

con una foga tale che persino un fan

di Star Wars ha la sensazione di scopare. (Trivia:

dire a mo’ di battuta “usa la forza” non è vero sia

sempre consigliato. Ad esempio in replica ad un

fan che dica: “stasera pedino quella tipa che non

me la vuole dare”).

Ci sono voluti 250.000 anni per toccare quota

un miliardo nel 1804.

Solo 11 anni per passare dai 6 miliardi del ‘99

agli attuali 7.

Secondo le Nazioni Unite potremo toccare quota

9,3 miliardi entro il 2050.

Indizio: a 10 si va in game over.

Dopo ere che il maschio medio ne ha sempre

sostenuto l’importanza, tutta l’umanità - tutta

- dovrà rivalutare masturbazione, coito anale e

rapporti orali.

Fors’anche l’omosessualità.

Incredibilmente finiremo persino a schierarci

con la Chiesa in merito al preservativo.

Sì perché più una società è povera, più figli tende

a fare, andando incontro ad un aumento de-

32


mografico incontrollato che acuirà uno scenario

già drammatico dal punto di vista alimentare ed

igienico-sanitario. E chi siamo noi per impedire

tutto ciò se può andare a nostro beneficio?

Ovviamente gli sconvolgimenti non sono diretta

conseguenza della crescita demografica ma

degli eccessivi consumi.

Tra l’altro mentre la popolazione cresce, la produzione

agricola continua a decelerare in modo

netto dagli anni ‘60, il consumo del suolo aumenta

e così la cementificazione. Come se ti

smettesse di tirare il cazzo proprio nell’epoca

dell’assediamente da stimoli sessuali e infiniti

youporn.

E qui arriviamo all’Italia.

Perché 486mila frane italiane su 712mila europee,

non son frutto di fortunate coincidenze.

Non stiamo venendo sorpresi dai cambiamenti

climatici: stiamo pagando il prezzo di una gestione

socialista dell’ambiente.

Gli alvei di fiumi e di torrenti son stati murati

tenendo conto delle loro dimensioni nei periodi

di magra. Come voler realizzare una pocket

pussy per tutti e non tenere conto dei cavalli.

Si è edificato sopra e a pochi metri dai corsi

d’acqua: non si tratta dell’imprevedibilità della

natura, si tratta dell’equivalente naturale del

“non potevate stare qui” che non guarda in faccia

ai condoni.

Oppure nonostante tutto, abbiamo ragione

noi ed è normale voler rendere strade carrabili

le porzioni dei torrenti che ancora non lo sono:

perché alleggerire il traffico cittadino incentivando

l’uso dei trasporti pubblici se puoi contribuire

a rendere un enorme passato di verdure

detritiche il pianeta?

Come avrete già capito a questo punto, il fatto

è che lo scorpione punge la prostituta perché è

nella sua natura; lei soffre fino a che non s’inietta

l’antidoto, lui non la paga, va avanti tronfio e

dopo qualche tempo si accorge di avere l’aids.

In definitiva, tutto bene quel che finirà bene:

prima o poi si muore tutti.

Consolatevi pensando che saremo la prossima

prova che un dio avrà messo sulla terra per testare

la fede verso di lui. Amen.

33


Testo Demerzelev

Quelli che vennero la chiamarono Atlantide, ma

la sostanza in cui sprofondò il Paese non era certo

la leggenda.

Tutto cominciò all’improvviso, anche se molti

anziani e qualche folle cominciarono da molto

prima ad avvisare l’arrivo del disastro. Vennero

sedati con la speranza, ansiolitici, cronaca nera

e gattini.

Anche alcuni giovani si accorsero di ciò che stava

per accadere. Ma prima che i canti suadenti

dei culi delle veline li portassero a schiantarsi

sugli scogli imbottiti dei loro salotti, abbandonarono

il paese. Come unico ricordo della loro

terra portarono un carillon triband, su cui era

inciso un motivetto estrapolato da una canzone

dei White Stripes.

Li chiamarono cervelli in fuga, ma non tutte le

loro menti riuscirono a raggiungere le rive desiderate.

Molti infatti vennero dichiarati dispersi

durante le perigliose navigazioni solitarie. Alcuni

pescatori dicono infatti di aver visto con i propri

occhi i loro spiriti pubblicare status radical

chick nei pressi delle correnti dei social network.

Altri ancora presagirono il funesto evento interpretando

le interiora di alcune specie prese a

campione. Il fegato degli operai, la milza degli

insegnanti, lo stomaco dei poliziotti, i polmoni

delle partite iva, il cuore dei pastori, il pancreas

dei commercianti... le viscere vennero analizzate

attentamente dagli auruspici e dagli statistici.

I responsi espressi in grafici a torta furono pessimi.

34


Ma nonostante questi segnali la catastrofe raggiunse

il Paese trovandolo impreparato. Non furono

le onde di chissà quale tsunami da record a

provocarla, nessuna spettacolare massa d’acqua

da rivedere in maniera ossessiva nei telegiornali

mentre distrugge qualcosa di lontano. No, il Paese

non venne toccato dal sublime quando, in

maniera inesorabile e semplice, la terra si defilò.

Da quel momento i tassi del suo rendimento annuale

si misurarono con la scala Richter.

Allora la globalità liquida sopraffece ogni cosa,

trovandola sprofondata sotto il proprio livello. Il

tutto comunque avvenne in maniera lenta, annunciata,

considerata, discussa, documentata,

sindacalizzata, legiferata, protestata, condivisa.

Il Paese venne sommerso e si fece sommergere

nello stesso fatale movimento, dopo il quale

tutto si ritrovò ad essere semplicemente inabissato.

E se prima la superficie era qualcosa su cui

camminare con disattenzione, salvo non calpestare

i senzatetto e il popolo viola, in quel momento

divenne cielo, sede di ogni sogno, mistico

aldilà di una respirazione ultracquea.

Tutto venne a mano a mano sommerso. Per prima

cosa il lavoro, poi il commercio in senso lato,

e perfino il profitto. Ogni spiritualità ovviamente

discendeva la stessa china, così la cultura, la

memoria, le arti, i mass media. Poi le istituzioni,

le chiese, i sindacati, le burocrazie, le associazioni

di categoria, le caste, le comunità, le famiglie,

i centri sociali, i forum, i fanclub dell’ortofrutta.

Seguirono le convenzioni, i collegamenti, i simboli,

le parole, le immagini, le faccine. Fino all’individuo,

la singola persona, la singola idea, il

singolo momento, la singola relazione, l’onanismo.

Tutto precipitò sul fondo, lontano da quel

cielo sempre più full hd, sempre più all led.

Non fu facile abituarsi alla vita sottomarina, ma

dopo un po’ di tempo già si potevano notare

dei curiosi fenomeni evoluzionistici. Specie nelle

nuove generazioni, cominciarono ad apparire

dei mutamenti genetici adattivi: branchie,

pinne, tentacoli, squame... pur di sopravvivere

in quell’ambiente ostile gli esseri umani svilupparono

ogni tipo di upgrade, risultando via via

sempre più performanti, flessibili, multitasking

e all’occorrenza indignati, violenti e attention

whores. Ogni nuova versione dell’umano veniva

annunciata dagli opinion leader del mondo

liquido ai loro followers con entusiasmo e/o sarcasmo.

Ma tutto questo per qualcuno era troppo. Molti

si suicidarono attaccandosi a bombole d’inchiostro,

altri con un’iniezione di ipnotossina, altri

ancora ingoiando una dose eccessiva di perle. Il

numero complessivo comunque non era preoccupante

e in generale le morti si susseguivano

come prima. Solo il rito dell’estremo saluto era

cambiato. I corpi non venivano più seppelliti. Il

funerale si svolgeva con la salma sospesa a un

metro dal fondo. Rimaneva così per un giorno.

Poi le veniva insufflato ossigeno nei polmoni

che assieme ai gas di decomposizione la faceva

decollare nell’acqua come una cadaverico razzo

di mortaio. I cari del defunto lo potevano così

veder ascendere, letteralmente, vettore a stadi

della sua anima. Almeno così citavano i testi

sacri opportunamente modificati dopo lo sprofondamento.

Non più semplicemente peninsulato, nemmeno

isolato, il Paese era diventato un residuo fisso,

una precipitazione inerte. Solo i documentari

marini realizzati dagli altri Paesi poterono continuare

a raccontarlo. Fu proprio allora, forse per

esigenze di posizionamento del prodotto, che

scelsero di ribattezzarlo Atlantide, quando nella

terza fascia serale di una domenica estera scorrevano

le immagini: dal loggiato di un anfiteatro

millenario, ormai impero di coralli, occhieggia

un pesce lanterna, mentre alcuni metri sopra,

pinneggiando, sorvola la Capitale una chimera

striata di blu.

FINE

35







BILE Non è satira è peggio.

E’ una rivista satirica gratuita creata da

© Ste - MelissaP2 - G - Jonathan Grass.

Tutti gli scrittori e i disegnatori collaborano in forma

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© Copertina Marco Tonus

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Hanno collaborato a questo numero:

Mario Perrotta, Fricca, Bakunin, Andy Ventura,

Silvio Di Giorgio, Marco Tonus, Daniele Fabbri,

Alessio Spataro, Boscarol, Michele Incollu, Blicero,

Marco Pinna, Volpe, Demerzelev, Esseredisgustoso,

Frago, Kanjano, Ciaci Kinder, Giacomo

Cardelli, Sergio Riccardi, Manlio Truscia.

Concept grafico: Stefano Antonucci

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