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Quattro elegie per la fine dell'estate

Poesie sull'autunno apparse sulla rivista "Atelier".

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Voci_________________________

Matteo Veronesi – Quattro elegie per la fine dell’estate

Nato a Bologna nel 1975, ove frequenta la facoltà di Lettere. Ha pubblicato La buona solitudine

(S. Lazzaro di Savena, 1993 2 ), con la presentazione di Giorgio Bàrberi Squarotti.

La poesia di Veronesi è contraddistinta da una disposizione lirica a percepire la realtà nel

suo fluire che non scade nel sogno o nell’evasione fantastica, ma rimane comunque ancorata

alla fisicità dell’essere attraverso sensazioni di luce, suoni, colori, profumi, gesti. Tali elementi,

come i colori di una tela, non vengono dotati di autonomia di significato, ma contribuiscono

a creare atmosfere di vita contraddistinte da un caratteristico tono malinconico.

Per questo motivo tali composizioni possono essere definite “elegie”, intese non come

categoria formale e come classificazione di genere in senso tradizionale, ma goethianamente

come “categoria dello spirito umano”, che circoscrive, senza rigide determinazioni sul piano

stilistico-formale, una certa “area” dell’umano sentire legata ad un’opaca e rassegnata percezione

dell’inesorabile svanire delle cose. L’elemento dinamico del reale viene perseguito

mediante un lessico classicamente sorvegliato, privo di mescolanze di registri linguistici, e

l’adozione consapevolmente critica di un ritmo metrico che dilata senza forzature il senso

mesto della vita. Questo classicismo stilistico è supportato da una personale coscienza critica

secondo cui il linguaggio letterario deve essere distinto dall’uso comune.(Giuliano Ladolfi).

I

Abbiamo camminato

per le strade deserte – la città

sotto un tiepido sole di settembre

giaceva ovattata, intorpidita –

nei vicoli remoti,

nei solai, nei cortili gonfi d’ombra

udivo, a tratti, gemere il silenzio

Tu quieta e triste mi parlavi piano

dell’estate finita, dei tuoi viaggi

che non saprai scordare –

di nordici regni fasciati dal ghiaccio

e di limpide aurore rosate

e di mari assolati, e di scogli

splendenti e di spiagge infinite –

né tacevi di morbide

parole e di tenui menzogne

e di lunghe carezze segrete

Ora che il freddo è vicino, le rondini

gettano roche un rapido saluto

e già, lontane, gemono le meste

litanie delle gelide brume

e dei giorni piovosi –

un lento oblio discende sulle cose,

ogni fuoco crudele

un’acqua chiara dolcemente doma

e docile ogni immagine dilegua

con un liquido passo di fantasma

II

Ora che è quasi autunno, e muoiono

a sera, come un tiepido pianto

64 - Atelier


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________________________Voci

gli ultimi soli della breve estate –

mentre svaniscono, a poco a poco, anche dalla memoria

e dai sensi storditi

gli amori di un giorno, ardenti e labili –

su di noi si allunga un artiglio

fatto d’ombra e silenzio

E tu senti, in questa quieta agonia

che scioglie il vano giogo imposto al tempo

che come il tumore si annida

maligno tra i bei seni

così ogni estivo rigoglio

ha in sé celato il seme della morte

III

IV

Il vento passò, scompose

sul ciglio del viale

la verde coltre degli alberi, e svelò, per un attimo

nell’auto che passava veloce

un riso di madre, il suo bimbo

che intrecciava un gioco dolcissimo

con l’oro dei suoi capelli

Lo stesso vento è tornato stasera –

lo stesso vento spandeva ancora nell’aria

il tenue polline di quell’ora remota

Ma sul viale deserto, nel vago

languore dell’autunno incipiente

era come una luce timida che palpiti

nella notte infinita

due novembre, giorno dei Morti

Il profumo dei fiori

che in segreto alimenta la terra

del cimitero, molle e lacrimosa

nel vento che ghiaccia le carni, nel tetro

ed aspro afrore dei serti avvizziti

è simile a un’offerta pura e vana

che il nostro pianto cancella

O nero dolore che non vale

a lenire l’estrema illusione

che ancora scalda il cuore dell’autunno –

come i fiori che lentamente si sfanno

sul gelido marmo, il profumo

che un vento amaro disperde

anche noi dovremo svanire

Atelier - 65

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