Achille ancora oggi non ha superato la tartaruga
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Achille ancora oggi non ha superato la tartaruga
Riflessioni di lettura su Achille e la tartaruga di Joseph Mazur
Zenone diede il via e la tartaruga partì muovendo le zampette più che poteva. Achille spazientito
attese l’anticipo stabilito dei dieci metri concesso alla testuggine. La quale era
la campione di velocità di tutte le tartarughe della sua specie della regione ed
andava spedita a un metro e mezzo al secondo. Così l’eroe partì a sua volta.
Lui sapeva che prima di raggiungere la tartaruga doveva arrivare a metà dello
stadio e prima ancora a metà di quella metà, fu così che sprofondò nel pozzo
infinito della matematica e disperato esclamò: “La verità risiede nel
paradosso.” Ma di quale verità parlava Achille? Non quello della realtà vissuta
così com’è nella sua ignoranza, ma del pensiero, del ragionamento, della
scienza. Ed è per questo che dal 480 a.C. Achille non ha superato e nemmeno
raggiunto, anzi non si è mosso di un millimetro dal suo stadio intrappolato tra
numeri e formule algebriche, costruzioni geometriche e funzionali di rette e cerchi da tappare a colpi
di pi greco con quadrati circoscritti e inscritti, quadrati costruiti su
perpendicolari e ragnatele nelle assi cartesiani.
Achille e la tartaruga – Il paradosso del moto da Zenone a Eistein di Joseph
Mazur – Traduzione di Claudio Piga – Editore, Il Saggiatore S.p.A., Milano
2012, l’ho trovato nella biblioteca di famiglia e porta una scritta, con caratteri
che sembrano greco antico nella pagina dopo la copertina morbida. Vi è così
scritto: “8/09/13 – Buon compleanno da (?)”, sembra un nome di donna ma
non riesco a decifrarlo. Quindi ho dedotto che è stato un regalo di compleanno
a Federico che in quel preciso giorno appunto compie gli anni. Molto strano,
perché chi conosce Federico sa che la matematica non l’appassiona proprio.
Ogni tanto mi capita per le mani un testo come questo pieno di formule matematiche e per un mio
principio, che quando inizio un libro lo devo finire, lo sto assorbendo lentamente. Il libro è veramente
interessante, una galoppata che il matematico Joseph Mazur newyorchese (1942) ha cecato di rendere
più potabile possibile a chi non ha dimenticato gli studi di media superiore di matematica. Zenone
con i suoi quattro paradossi ha voluto fare abbassare le ali ai pitagorici, i quali insistevano di avere
scoperto il codice di lettura del Mondo con i numeri, con un ragionamento sofista, “sofismi logici” 1 ,
dimostrò per assurdo che la matematica e i numeri sono uno strumento costruito dall’uomo e quindi
dal suo ragionamento non idoneo alla misurazione del “creato”, della realtà circostante, come la stessa
misurazione di un cerchio, non sempre perfetta se pur avvicinatasi al perfettibile, ma non alla
perfezione, con la quadratura del cerchio. Quindi va in paradosso la staticità dello strumento
matematico con il movimento della realtà. Pagina 13: “i nostri modelli matematici riguardo al moto,
allo spazio e al tempo sono costruzioni intellettuali che abbiamo messo a punto soltanto per facilitare
i calcoli, non idonee tuttavia a conseguire il fine più ambizioso di rappresentare la struttura della
realtà.” Quindi “la matematica è semplicemente uno strumento (…) Anche se abbiamo una parola a
disposizione per esprimere un miliardesimo di secondo, il nanosecondo, non disponiamo ancora,
tuttavia, di un sistema idoneo a una sua misura accurata.” 2 Ma grazie alla matematica l’uomo ha fatto
le sue scoperte straordinarie e le sue conquiste come viaggiare nello spazio. La scienza è un metodo
adottato dall’uomo affinché una teoria possa essere dimostrata e la sua prova applicata da tutti,
permettendo così che il traguardo raggiunto sia di beneficio ad altri, considerato ciò qualsiasi
scoperta, o cosiddetta invenzione, appartiene a tutto il genere umano che ha partecipato alla staffetta
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nei secoli per raggiungere quel traguardo. L’uomo scientifico è da secoli che se ne sta a misurare ogni
cosa e quindi si accanisce a farlo su ogni fenomeno percepito. Poi condivide le sue misure con altri.
Gli scienziati, come dei falegnami che misurano, segnano, contro misurano con lentezza, accortezza
per fare poi una porta, o un tavolo, così qualcun altro da quelle misure incomincia a giocarci con i
numeri e ne escono fuori equazioni e formule, poi da queste qualcun altro ne fa una porta o un tavolo.
Qualche anno fa in visita a Siracusa davanti la tomba di Archimede mi dicevo: cosa sarebbe stato mai
il mondo se i Romani non avrebbero attaccato la Sicilia e fatta terra di conquista? Archimede non
sarebbe morto per mano di quei rozzi soldati per impossessarsi della cassa che portava con sé, i quali
pensavano ci fosse oro e gioielli e poi trovarono “inutili” attrezzature scientifiche. Le invenzioni, le
sue scoperte, le sue formule matematiche sarebbero rimaste a disposizione del progresso scientifico
dell’umanità. Solo una parte è arrivata a noi e ci ha permesso un grande passo in avanti. A pagina 14:
“Gerardus Bruxellensis (…) rivisitò le opere matematiche di Euclide e Archimede e si avvicinò
parecchio alla definizione della velocità come rapporto tra spazio e tempo.” Gli studi sulla spirale di
Archimede portano un indirizzo di ricerca sulla struttura stessa della dinamica cosmica. Il XX secolo
con la teoria della relatività si aggiunse un’altra dimensione dell’universo: il tempo. A questo punto
mi è sempre sorto il dubbio della variante tra le quattro dimensioni e per una mia convinzione non è
il tempo ma la massa, la materia. Pagina 16: “La dilatazione del tempo, la variabilità della massa e la
teoria della relatività ristretta suggeriscono che, di fatto, il movimento è illusorio.”. Siamo al punto
di partenza, ci troviamo tutti seduti, spettatori di questa gara tra Achille e la tartaruga con i nostri
ragionamenti e dopo duemilacinquecento anni riflettiamo sulle argomentazioni di Zenone, pagina 19:
“in questo mondo esiste una sola cosa, quella che lui chiamava l’Essere, e che tutto il resto è mera
apparenza.” Perché possiamo dividere come la distanza tra Achille e la tartaruga, metà per la metà
all’infinito. Mazur continua sempre nella stessa pagina: “Nel libro della Genesi, dalle acque vennero
due cose distinte che definisce degli opposti: luce e tenebre, giorno e notte, estate e inverno, terra e
mare, carne e pesce, pari e dispari, bene e male.” Aggiunge “Per poter fare una distinzione tra A e B
ci dev’esser un separatore C; e per distinguere tra A e C deve esserci un altro separatore D, e così
via.” Possiamo aggiungere all’infinito su ogni cosa o idea. Come il pentagramma, simbolo della
“fraternità pitagorica”, non era altro che “una serie infinita di repliche sempre più piccole, come pure
una serie infinita di repliche più grandi.” Racchiude in questa geometria il concetto d’infinito nel
macro e nel micro e la sua infinita divisibilità. “In un pentagono il rapporto tra il suo lato e la diagonale
corrisponde alla cosiddetta sezione aurea, (…) ancora oggi non mancano di cercarne sempre nuove
rispondenze nelle architetture della natura” 3 . Il teorema di Pitagora mise in relazione la geometria con
la teoria dei numeri, stabilì che la somma dei quadrati costruiti sui cateti di un triangolo rettangolo
equivale al triangolo costruito sull’ipotenusa, a pagina 22: “nello stesso tempo, avrebbe dato luogo a
una delle prime incongruità della modellazione matematica del mondo fisico.” I calabresi pitagorici
davano ai numeri un significato, a lungo andare anche esoterico dalla quale derivò l’arte divinatoria
della numerologia, con la quale mi divertivo a costruire gli oroscopi personalizzati agli ascoltatori di
Radio Stereo Sud. Proprio il teorema di Pitagora era la prova di conoscenza per gli iniziati della
confraternita. Ancora oggi gli anziani Gran Maestri ex Venerabili della massoneria indossano un
gioiello raffigurante il teorema e conservano il significato dell’interpretazione filosofica pitagorica
esoterica. Il triangolo rettangolo del gioiello massonico è un equilatero rappresentante dell’equilibrio
della persona. Il cateto verticale rappresenta la provvidenza, il cateto orizzontale la volontà umana
dell’individuo, l’ipotenusa il destino, la necessità, quindi quanto più l’individuo cercherà di adeguare
la propria volontà a quella della provvidenza (cioè la volontà celeste) tanto più riuscirà a dominare le
forze della necessità che gravano sulla propria esistenza. Il principio metafisico di necessità nega il
caso degli avvenimenti, perché la dinamica della materia è soggetta a causa ed effetto. La
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confraternita della scuola pitagorica attribuiva al triangolo rettangolo un valore simbolico e di calcolo
del dominio della persona sulla volontà del proprio microcosmo. Si può concludere: la matematica
essendo uno strumento oggettivo si può adoperare anche per delle arti per niente dimostrative di
verità, quindi quando si dice “matematicamente esatto” non significa niente. A solo pensare che
ancora non era stato scoperto il numero zero (0). Dal mio punto di vista lo zero è l’inizio del
ragionamento matematico, mi immagino un pastore orientale che scava due fosse, in una pone un
sasso per ogni pecora che esce dal recinto, e al rientro, una alla volta, ripone un sasso nell’altra fossa,
se rimane qualche sasso significa che non tutte le pecore sono nel recinto e quindi deve andare a
recuperarle, se invece non rimangono sassi significa che il valore dell’insieme delle pecore uscite è
uguale a zero. Ritorniamo ai nostri amici calabresi con il loro teorema, i quali arretrarono sorpresi e
sconcertati nell’incommensurabilità della diagonale di un quadrato con la lunghezza del lato pari a
uno corrispondente alla radice quadrata di due, quindi vi è “uno spazio non misurabile”. Zenone
approfittò proprio di ciò per la costruzione dei suoi paradossi. I pitagorici furono anticipatori di una
teoria dell’atomo, “anche se rozza” 4 , quindi la divisibilità matematica diveniva anche reale, materiale,
poi tale teoria Anassagora l’approfondì “argomentando che c’è un poco di tutto in ogni cosa” 5 e
l’agrigentino Empedocle sviluppò che “cose complesse dovessero essere costruite da cose più
semplici” 6 ed insieme ad Eraclito che “la materia può essere trasformata ma non distrutta.” 7 Il
siciliano Empedocle ha avuto l’intuizione di concepire dove va a finire l’olio di una lampada quando
è accesa: nella trasformazione della materia da uno stato ad un altro. Quattro elementi nel Mondo:
l’acqua, il fuoco, l’aria e la terra, che si trasformano l’uno nell’altro fenomeno concepito con il
ragionamento. Considerando tutto ciò che cosa vediamo diverso da questi quattro elementi? Il
problema della divisibilità, allora? Eraclito pone la questione sulla fiducia dei sensi, fa la differenza
tra “la ragione e i sensi”. Mentre la ragione è statica nel Mondo tutto cambia da un momento all’altro,
come potrà mai arrivare alla verità. Parmenide avverte di guardarsi dai sensi. Ed afferma che nella
trasformazione degli elementi empedoclei per potere avvenire tale fenomeno bisognerebbe pensare
ad “uno spazio vuoto. Ma lo spazio vuoto è il nulla, che non esiste.” 8 Allora non vi può essere
cambiamento, quindi il Mondo è una boccia ferma immobile e solida. Siamo fermi al punto di
partenza osservando la realtà ci troviamo in una separazione tra un mutamento da uno stato ad un
altro un profondo spazio vuoto infinito come l’inesistenza, lo stesso che separa Achille dalla tartaruga.
Dalla curva nord incominciano gli insulti e le grida e Zenone a grande potenza urla nel microfono di
stare calmi. Interviene Aristotele: “una cosa non può essere e non essere nello stesso modo e nello
stesso tempo. (…) quindi il movimento non esiste”! 9 La gara è annullata! Le grida di contestazione
furono corali migliaia e migliaia di spettatori da ventiquattro secoli riuniti accalcati non potevano
essere congedati con un nulla di fatto. Si accende una speranza a pagina 35: “Forse il moto fisico
semplicemente non può essere rappresentato da uno spazio e un tempo matematici per intervalli
piccoli, di là dall’esperienza misurabile”. Zenone allora pone tre condizioni: 1, affermare che lo
spazio consiste in punti e il tempo in istanti ed in ognuno di questi infiniti punti ed in finiti istanti; 2,
affermare che gli intervalli non contengono né punti né istanti; 3 negare tutti quanti presenti e assenti
che lo spazio e il tempo esistano! Sembra il gioco delle tre carte “cavallo vince, puntate signori!”. In
questa bella luna park Aristotele cerca di affrontare nel suo baraccone lo studio della natura, in
maniera dilatata, per lui bastava studiare le cose che “passano da qui a là. Sembra poco… Siamo
ancora fermi a questo! La fisica quantistica cerca di comprendere ancora questo e solo questo, si sa
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Il principio di contraddizione, pagina 31
che prima, o dopo, o nello stesso istante, era qui che prima, o dopo, o nello stesso istante, era là,
cosiddetta rosa quantistica delle probabilità. Restiamo ad Aristotele, pagina 41: “La natura è il
principio del movimento e del cambiamento. (…) il movimento è continuo e che la continuità implica
il concetto di infinito (àpeiron)”. Zenone afferma che se qualcosa è “soggetta a un cambiamento deve
cambiare nel tempo e nello spazio, perciò il tempo deve essere divisibile, perché se qualcosa non può
essere analizzata in relazione al tempo, non può muoversi nello spazio.” 10 In realtà va a finire a baruffa
con un po’ di vino di più, Aristotele nega il paradosso della freccia scagliata dall’arciere di Zenone,
ferma nell’aria, con tutti gli spettatori a bocca aperta in attesa che vada a segno: “impossibile che una
cosa assuma un numero infinito di posizioni in un arco di tempo finito”. Nel mondo della Matematica
vi è l’albergo di David Hilbert dove l’accettazione non ha problemi a ricevere ospiti perché ha
moltissime stanze ed in questo periodo, con le gare paradossali di Zenone, vista la grande
partecipazione di pubblico, anche se le stanze fossero esaurite c’è sempre una disponibile per il nuovo
ospite. Il direttore ha un po’ da fare spostando gli ospiti della camera 1 a quella della 2 e quelli della
2 a quella della 3 e così via, liberando così di fatto la 1 per il nuovo ospite. Mi chiederete che ci vorrà
un tempo infinito per spostare tutti gli ospiti, in realtà il direttore mi assicura che tutto avrà fine in un
ora precisa, perché se l’ospite della camera 1 impiegherà mezz’ora per spostarsi nella 2 quelli della
stanza 2 impiegheranno un quarto d’ora e così via all’infinito di potenze di ½ la somma delle serie fa
appunto 1, un’ora. È il contrario del paradosso della dicotomia di Zenone. Nella hall dell’hotel c’era
un gran parlare sul Bue di Sicilia e su ciò che aveva risposto ad una delegazione che lo andò ad
intervistare, forse in Germania, a precisa domanda: “Qual è la causa del movimento?” Lui rispose
che ogni cosa dipende da un’altra, come effetto di una causa e questa da un’altra ancora, fin quando
vi sarà una causa incausata e questa è Dio. La Chiesa qualche decennio dopo del concetto di san
Tommaso D’Aquino ne fece una bolla papale, arrivò il fax in accettazione e subito fu letta: “Questa
bolla dichiarava che Aristotele e gli arabi non erano attendibili e che la causa del moto era Dio. Da
quel momento la Chiesa cominciò a non essere più al passo con i tempi. (…) La crescita intellettuale
dell’Europa era stata anestetizzata per buoni mille anni” 11 . La Chiesa era la detentrice della cultura,
quindi una scelta di pensiero significava indurre con autorevolezza, verso quella direzione sia le
pubblicazioni che i pensatori. A dir la verità non trovai bolle papali sull’argomento, ma una
autorevolissima condanna da parte del vescovo di Parigi Étienne Tempier del 7 marzo 1277 su ben
219 posizioni filosofiche e teologiche aristoteliche, tra la quale la quarantanovesima sul movimento
di Dio nell’Universo. Ma possiamo dire che l’effetto è stato lo stesso di una bolla papale, che descrive
Mazur. Chi prese un caffè, chi un cordiale, si ritornò allo stadio ad assistere alle gare paradossali di
Zenone. L’arciere tendeva l’arco ma si udì un terribile colpo di cannone. Achille e la tartaruga si
voltarono e seguirono una palla di cannone che sorvolava lo spazio di cielo sopra lo stadio, si udì un
ooooh! Corale. Pagina 58: “non sarebbe passato molto tempo prima che il cannone chiudesse l’epopea
dei cavalieri in armatura e dei castelli fortificati. Il primo rombo di cannone si udì probabilmente
proprio nel tempo in cui i quattro matematici del Merton Collage si scambiavano idee sulla meccanica
del moto.”. Nella prima metà del XIV secolo i quattro matematici di Merton College ignari dai colpi
di cannone tiravano frecce come l’arciere di Zenone e si avvicinavano alla misura dell’accelerazione.
Heytesbury tra i quattro riuscì a dare “un significato al rapporto fra quantità diverse, come lo spazio
e il tempo.” Il matematico si avvicinò a Zenone e gli disse che aveva risolto il paradosso. Zenone
ridecchiando tra sé: “Signori, un po’ di attenzione, il matematico d’oltre manica Heytesbury vuole
proporci una sua soluzione al paradosso e così finalmente proclameremo il vincitore tra Achille e la
tartaruga!” Vi furono schiamazzi in diverse zone di derisione da una parte, di sorpresa e di
apprezzamento da altre. Heytesbury timidamente impacciato incominciò a parlare, ma il filo di voce
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che gli usciva era incomprensibile, così Zenone lo incoraggiò: “Voce! Voce!”; “Il mio ragionamento
è semplice. Considerato che la velocità di Achille è vA e quella della Tartaruga vT e come stiamo
assistendo la Tartaruga ha un vantaggio b… Scusate… Allora al tempo t Achille si troverà alla
distanza vA.t e la tartaruga alla distanza vT.t+b. Ecco tutto! Basta risolvere l’equazione uguagliando
le due distanze e sapremmo quando Achille raggiungerà la tartaruga” 12 . Vi furono proteste da ogni
parte. Uno dall’alto grido: “Vi sono troppi presupposti: Primo la Velocità di Achille si deve
presupporre più di quella della Tartaruga e noi siamo tutti riuniti per costatare appunto ciò!”. Un altro
barbuto del quinto secolo a.C. urlò dagli asfalti: “Questa equazione premette che Achille alla fine
raggiunge la Tartaruga, così facendo il matematico può impostare la sua equazione che “la distanza
raggiunta d’Achille è uguale a quella della Tartaruga. Insomma caro Zenone mister Heytesbury
insinua che questa gara è truccata e tu sei solo un imbroglione sofista!”; “Troppi presupposti!”, disse
un altro muovendo la testa con desolazione. Un altro: “L’equazione presuppone che c’è un modo
come calcolare la velocità di Achille e della Tartaruga. La velocità si ottiene dalla distanza e il tempo
e per conoscere la distanza bisogna conoscere la velocità e il tempo trascorso. Sembra che il gatto si
sta mordendo la coda!”. Zenone allargò le braccia e impose silenzio: “mister Heytesbury la
ringraziamo tutti per il suo contributo, ma la sua equazione non risolve, anzi non tiene nemmeno in
considerazione come Achille supera la Tartaruga, ed è il motivo, la questione fondamentale perché
scienziati e uomini curiosi di tutte le epoche e di tutti i luoghi del pianeta siamo oggi riuniti!”. A
spalle basse William uscì di scena. Vi fu un sussulto nel pubblico, un passa parola irrequieto, qualcuno
si alzò e disse a gran voce: “Gli spagnoli hanno scoperto un nuovo continente! Credevano fosse parte
delle Indie ed invece è nuovo! Hanno portato da lì navi cariche di oro e di cose straordinarie! L’hanno
chiamato America!”. Un domenicano quasi a bassa voce e rammaricato disse: “D’altra parte,
dell’America non si fa parola nella Bibbia!” 13 Un filosofo greco seguì deluso e laconico: “Nemmeno
negli scritti di Tolomeo e di Aristotele!”. Si percepì che qualcosa nel mondo non era più come prima,
quindi bisognava vedere le cose con occhi nuovi, non bisognava credere per sentito dire, bisognava
costatare, sperimentare, basta con il filosofeggiare sulle realtà dei fenomeni naturali, occorreva un
metodo. Archimede disse tra sé: “scupreru l’acqua kauda…”. Mazur, seduto accanto lo udì e gli disse:
“Ma il contributo di Galileo è nel suo modo brillante di congegnare la sperimentazione.” 14 Tutti
guardavano Galileo Galilei con il suo bell’abito nero e il suo largo colletto di pizzo bianco. Archimede
non gli diede risposta e volse anche lui lo sguardo verso Galilei. Il quale dopo avere chiarito che
aveva sperimentato e dedotto “che l’accelerazione uniforme significa aumento costante della
velocità” 15 e ciò può essere dimostrato con i numeri che “le regolarità matematiche si identificano
con la natura”. Archimede borbottava ancora: “Chi minchia dicivamu nautri pitagorici 2100 anni fa?
U nummaru è a sustanza di li cosi!” 16 . Galilei considerò che il mondo segue un ordine matematico,
così anche negli astri, tanto che l’idea teologica e filosofica di Copernico, facendo una similitudine
del Sole con Dio e quindi deve essere per forza il centro e la Terra deve girarci per forza attorno trovò
“un’idea di pura fantasia” possibile, ma trovare le prove effettive per smentire Tolomeo e Aristotele
e tutti coloro convinti che la Terra è immobile e al centro del Mondo è cosa abbastanza impegnativa!
Accanto ad Archimede vi era uno strano signore abbastanza in carne con un naso posticcio, forse di
bronzo 17 . A primo acchito sembrava l’assessore di collegio Kovalèv di Gogol, poi si scopri che era
Tycho Brahe che anche lui digrignava i denti ascoltando il Galilei, sembrava dicesse: “fanfarone,
toscanaccio”. In realtà aveva tutte le ragioni per lamentarsi perché è stato lui che mise palesemente
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Fu mutilato dal naso durante un duello da giovane studente.
in discussione che le stelle non erano immobili quando la notte dell’11 novembre del 1572 avvistò ad
occhio nudo una supernova, che per lui era una stella, un astro. Brahe con grande passione guardò la
volta celeste notte per notte e scoprì una cometa con la sua bella coda rossa, seguì l’astro e il suo
moto concluse che era una cometa ultralunare. A questo punto caro Aristotele può andare a farsi
fottere, lei e la sua perfezione immobile celeste postulata. Galilei faceva la voce grossa insistendo che
lui con i suoi primi strumenti astronomici comprovò Copernico osservando il moto dei pianeti. È stato
per questo che il Tribunale della Santa inquisizione mi giudicò colpevole e mi condannò!” disse con
voce compassionevole. Il domenicano accanto ad Archimede ridendo disse: “Si nella villa di Arcieri
a mangiare e bere insieme ai miei confratelli che già erano andati oltre ai suoi studi…”. Tra l’altro
era: “opinione Pittagorica della mobilità della Terra.” 18 . Il giovane Keplero imbronciato nei suoi
pensieri, ridecchiando da solo perché: “erano in molti a credere che i pianeti fossero trasportati in
tondo dagli angeli” 19 , si diceva lisciandosi i baffi tra sé e sé: “il problema non sono gli angeli, facciano
quel che vogliono, è che li portano in circolo, cioè è un circolo preciso?” Incominciò a pensare
triangoli equilateri con cerchi iscritti e circoscritti. Keplero guardava Galilei con ammirazione, lo
venerava, proprio seguiva come evangelo che il Mondo ha un ordine matematico. Ma Galilei
nemmeno lo notava, lo snobbava e basta. Giovanni Keplero ormai era sul pallone incominciò a
pensare ai solidi platonici con le facce poligonali regolari. A pagina 91: “L’interesse per i poliedri
regolari risale ai pitagorici, i quali dovevano aver osservato i minerali di pirite, un solfuro di ferro che
può essere estratto dalle colline della Sicilia, i cui cristalli si presentano come cubi dodecaedri o
ottaedri. Nel Timeo di Platone i poliedri regolari sono utilizzati per rappresentare gli elementi
primordiali dell’intero Universo, quelli già individuati da Empedocle”. Archimede fece una specie di
inchino ad Empedocle che si trovava una decina di metri a destra e con la mano lo salutò: “Salutamu
cumpa’!”, Empedocle rispose anche lui chinando leggermente la testa: “Salutamu!”. Quando Keplero
ha avuto l’idea di passare dai poligoni ai poliedri ebbe un micro orgasmo in ogni poro della sua pelle,
“ebbe timore di aver dischiuso un segreto divino.” 20 Affermò: “Il piacere intenso che ho ricevuto di
questa intuizione non può esprimersi a parole.” Ma aveva timore che tutto potesse essere vano,
sbagliato e svanire in una bolla di sapone. Tycho Brahe dissentiva con il suo pesante naso, che i dati
di Keplero non erano così concordanti con le sue osservazioni, quindi disse che era una
“rappresentazione puramente fantasiosa dell’Universo” 21 . Keplero tentò e ritentò di annidare poliedri
e sfere cercando di trovare una disposizione più soddisfacente. Ad un certo punto anche Aristotele
provò ad aiutarlo con interesse. Pagina 93, Mazur fa una riflessione: “Se una soluzione fosse stata
trovata, si sarebbe ricaduti nella fallacia medievale nonché aristotelica, di suggerire che la simmetria
fosse la causa del movimento.” Keplero quasi sottovoce disse che forse Naso di Bronzo si è
sbagliato… Brahe udì e lo rimproverò affermando che i pianeti erano più veloci nelle vicinanze del
Sole e lentamente più distante. Keplero era umile e qualsiasi critica era per lui energia e fu così divise
le orbite in spicchi di aree uguali in tempi uguali, scoprì che le orbite non erano proprio circolari.
Keplero scrisse: “il nemico, prigioniero sì, ma sottovalutato, aveva rotto le catene delle equazioni ed
era evaso oltre le sbarre dei dati tabulari.” 22 Disse ai presenti: “Ho passato notte intere sulle
annotazioni di Brahe, ho calcolato e ricalcolato e ho avuto gli indizi per scardinare il mistero
cosmografico.”. Nella fila superiore ad Archimede, uno accanto all’altro vi erano seduti da sinistra a
destra Bacone, Newton, ormai liberi d’incontrarsi nei loro circoli, più distante, isolato Leonardo e
Cartesio, il quale quest’ultimo era proteso davanti verso Empedocle che gli spiegava la sua dicotomia
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Pagina 89 – Dialogo sopra i massimi sistemi del mondo di Galileo Galilei.
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tra il pensiero e la carne. Il pensiero, l’intelletto, la consapevolezza di essere, dall’altra parte tutto ciò
che non è questo pensiero, ciò ch’è corporeo. Quale sia il contatto tra il pensiero e la carne è stato il
dilemma della mia giovinezza e mi portò in un flusso di coscienza a divenire adulto. Cartesio
sputacchiava su Empedocle ormai palesemente infastidito, che era possibile capire tramite l’intelletto:
“la forza e l’azione del fuoco, dell’acqua, dell’aria, delle stelle e dei cieli, e quelle di tutti i corpi
intorno a noi, così distintamente come noi comprendiamo le arti meccaniche dei nostri artigiani. – e
come l’artigiano – possiamo utilizzare queste forze per tutti i fini che convengono loro, facendo di
noi stessi i signori assoluti della natura” 23 . Empedocle si alzò incollerito e in maniera offensiva gli
disse: “Basta! Massone, basta!” Cartesio lo guardò con gli occhi stretti nell’odio e disse seccato: “che
massone?”. Io, bibitaro, tra la vendita di una gazzosa, un coppo di semenza e di calìa avevo ascoltato
quel dibattito e non mi permisi di esprimere le mie riflessioni, volevo dirgli a Cartesio che il contatto
tra il pensiero e la carne è costituito dai sensi e questi non sono sinceri, non dicono tutta la verità. Ma,
come erano incavolati, sono sicuro sarebbe finita a male parole. Parmenide andò da Zenone e disse
qualcosa all’orecchio, si capì solo la parola dicotomia. Mazur così disse a pagina 101: “Si arriva
sempre a un punto cui l’uno diventa due, proprio come alla fine del primo paragrafo della Genesi,
quando Dio divide la luce dalle tenebre”. Zenone, aveva abbassato la testa a Parmenide
acconsenziente, poi a gran voce chiese a tutti: “Considerata che la continuità è un vostro mezzo per
risolvere i miei paradossi, chiaro è che, ogni punto del percorso della freccia è costituito da un atomo,
ed ognuno è come universo a parte e quindi la distanza considerata tra l’uno e l’altro è “enorme”,
quale strumento infinitesimale mai potrebbe misurare, o magari osservare? Quale orologio potrebbe
mai cronometrare questi spostamenti?” 24 Parmenide si andò a sedere guardando tutti in faccia
soddisfatto. Questi vuoti frequenti nella retta dei numeri reali erano delle lacune che ne erano tutti a
conoscenza già prima del 1850. Mazur, pagina 102-3: “Ma i numeri razionali bastavano ai fisici e
agli ingegneri per formulare previsioni riguardo al mondo reale, con approssimazioni razionali a
qualunque grado di precisione.” A dimostrazione che la matematica è uno strumento di concetto e
non reale del Mondo. Pagina 104: “Per esempio, si consideri π, la cui rappresentazione decimale è
3,141592654… Ebbene, il seguito di cifre indicato dai puntini è infinito. Perciò qual è il successore
di π?” Così anche considerando il numero razionale di 1/5, 0,5 in notazione decimale, qual è il
successore razionale di questo numero? Georg Kantor, si alzò, si notarono subito i suoi sandali
indossate con le calzette bianche, arrivato dal 1872 con il suo forte accento tedesco disse che nella
retta ci sono molti più punti irrazionali che razionali, quindi se nella retta fossero rappresentati solo
i numeri razionali ci sarebbero stati vuoti dappertutto! Tra ogni coppia di numeri razionali non ci
sarebbe soltanto un vuoto, ma un’infinità di vuoti: segue di qui che la retta dei numeri razionali tutto
potrebbe dirsi, tranne che una linea continua. 25 Zenone guardò Parmenide e tutte e due si sorrisero
compiaciuti. Ma in ogni narrazione vi è un prima e un dopo e la narrazione di ogni retta ha di sicuro
un prima e un dopo, come la retta del tempo. Come nella Bibbia quando Dio creò la luce e la separò
dalle tenebre e fece il primo giorno come unità di misura del tempo appena cominciato. Ma l’uomo
non si accontentò di misurare i giorni e le notti. Galilei si alzò e disse che i suoi esperimenti li misurava
con il battito del suo cuore. “Ma così facendo, gli rispose Hocke, se ti passa davanti una bella donna
il tuo cuore aumenta i battiti e non hai una misura costante e sicura.” Galilei raccontò allora del
lampadario della chiesa che oscillava e invece di pregare Dio l’osservava ormai annoiato dalla predica
del prete e scoprì che il periodo di oscillazione rimane costante, non dipendente dall’ampiezza
dell’oscillazione 26 . Quindi bisognava “compensare l’energia perduta a causa dei fenomeni dissipativi.
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Nel 1286 per l’orologio della cattedrale di San Paolo a Londra ci pensava Bartolo, gli accordi per il
compenso furono: una pagnotta e “un certo quantitativo di birra” 27 . Nessuno si aspettava che quel
certo, non precisamente specificato di quantitativo, stava rovinando la cassa della cattedrale. Bartolo
beveva come se fosse un pozzo senza fondo. Così Walter Lorgoner pensò alla realizzazione di un
caricamento tramite un peso collegato all’estremità di una corda avvolta ad un cilindro che tramite
una scatola d’ingranaggi metteva in rotazione l’indicatore orario fino a che il peso toccava terra.
Walter era astenio… L’ingegnosità umana non si accontentava di misurare il tempo della corda che
si scioglie dal cilindro, occorreva scandire il tempo, perciò vi fu prima una corona come scappamento
per bilanciere, passarono quasi sei secoli e finalmente nel 1666 Robert Hookke presentò alla Royal
Society quello ad ancora. Nacque così il TIC TAC, la nuova era. Ancora una volta si comprese che il
tempo si divideva e si misurava in una frammentazione di intervalli discreti 28 . Il progresso arrivò a
misurare i quanti di tempo e Zenone, a braccia conserte, osservava tutti quei filosofi, matematici e
scienziati animati dalla discussione. “I matematici della nuova scienza si sentivano autorizzati a
emanciparsi dal pensiero greco in forza delle loro intuizioni e speculazioni sull’infinitamente grande
e sull’infinitamente piccolo.” 29 Vi fu uno di loro vestito in frak che prese un mazzo di carte da poker
e incominciò a lanciare carte all’infinito. Spacciatori di numeri irrazionali palesemente offrivano la
loro mercanzia e perfino qualcuno spacciava numeri immaginari, qualcuno altro scartò un panetto di
sistema di notazione simbolica promettendo la rivoluzione del calcolo infinitesimale. “Le idee
fondamentali del calcolo infinitesimale erano in incubazione da secoli, sin da quando Archimede
riuscì a trovare un’eccellente approssimazione del numero trascendente π, nonché a determinare
l’area di un segmento di parabola, ossia la figura delimitata da una parabola e da una retta secante;
dimostrò che tale area è equivalente ai quattro terzi del massimo triangolo inscritto 30 . (…) Archimede
si avvicinò al calcolo infinitesimale più di qualsiasi altro matematico, prima del XVII secolo.” 31
Archimede disse: “Sich! Sunnu carusi, addevi!”. Ma non ha colto l’aspetto di limite di successione e
quello di somma di una serie come limite di successione di somme parziali, se l’avesse fatto avrebbe
sciolto il paradosso di Zenone perché la somma di un numero infinito di termini positivi può essere
un numero finito! 32 Archimede disse: “minchiati!” Perché pensava che, basta prendere la calcolatrice
del cellulare e dividere 1/3 otteniamo il risultato 0,333333…. con infinite cifre decimali. Però,
moltiplicandolo nuovamente per tre nella calcolatrice l’algoritmo risulterà 1, ma matematicamente la
calcolatrice si sbaglia, perché se lo facciamo a mano come una volta otterremmo 0,9999999… con
infinite cifre decimali. La calcolatrice imbroglia sempre l’umano e lo spinge alla pigrizia, perché lo
vuole ignorante. In realtà dovrebbe risultare 1, ma l’operazione dovrebbe essere fatta all’infinito, e
chi ci campa? Un giovanissimo disse: “Ciò significa che sommando 0,9+0,09+0,009+…. e via così
fino all'infinito, otteniamo esattamente 1. Certamente la convergenza delle serie è un po'
paradossale” 33 . Da questo ragionamento possiamo dedurre che la distanza è uguale ai secondi elevati
alla terza diviso 3. Questa, possiamo concludere che, è la legge dello spostamento. Viene smentita
ancora la boria dei nuovi matematici sul mondo antico, pagina 129: “L’idea di rappresentare l’area
limitata da una curva come somma delle aree di figure geometriche di area conosciuta risale a
Democrito.” Il quale si alzò e fece l’inchino a destra e a manca. Eudosso nel IV secolo a.C. cercò di
approssimare il cerchio a figure sempre più approssimate al cerchio con il metodo di esaustione ed
Antifonte, sofista, nel V secolo a.C. si avvicinò moltissimo alla quadratura del cerchio. La discussione
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Ibidem
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Giovanni Brogi
si animò a tal punto che finì a caciara tra filosofi e matematici. A pagina 131: “Se i singoli poligoni
costituiscono, certamente, un’approssimazione alla figura geometrica, il limite cui converge la
successione delle aree dei poligoni è qualcosa di più di un’approssimazione soddisfacente, il limite è
l’area della figura.” Il gesuita belga Grégoire de Saint-Vincent, tutto nero e tutto soddisfatto, si era
espresso in questi termini suppergiù, ed affermò la sua intuizione della possibilità che la somma di
infiniti termini sia un numero finito! Zenone lo guardò dritto negli occhi e sarcastico gli disse: “E’
fatta!” Vi fu il solito mormorio, intanto Achille rimaneva ancora impantanato a sprofondare in quella
fossa infinita paradossale. Così continuò Zenone: “Una domanda gesuita: Ma il valore limite della
nostra somma infinita è mai raggiunto?” 34 I matematici del XVIII, secolo dibattendo su l’argomento,
si stavano prendendo a cazzotti. Zenone: “Calma signori! Prego Grégoire de Saint-Vincent,
risponda!”. Il gesuita rispose un fievole “no!”; “Sia più chiaro!”; “La somma non raggiunge tale
limite!”. Vi fu un “Oooh!” corale. Zenone allargando le braccia disse: “Dunque siamo qui!”.
Evangelista Torricelli s’inchinò davanti Galilei e con una eleganza che lasciava tutti a bocca aperta
sia per come vestiva, sia per i movimenti, chiese parola. Zenone acconsentì con un altro inchino.
Torricelli: “Posso dimostrarvi una figura infinitamente alta ma nonostante di area finita!”. Rimasero
sorpresi e ognuno parlò con quello accanto di posto. Lui scese giù dalla gradinata e conquistò il centro
della scena batté le mani e si presentarono prima due studenti, anche loro eleganti, portarono un torneo
a pedali, l’altro posò un ramo di una iperbole, poi si è seduto nello sgabello e si mise a pedalare. Quel
ramo d’iperbole si mise a roteare intorno ad uno dei suoi asintoti, come per magia il risultato fu un
solido di rotazione la cui superficie è infinita, ma il cui volume è finito. Qualcuno disse: “Ma che
diavoleria è questa?”. E un altro aggiunse: “E’ un paradosso che risolve i paradossi di Zenone!”.
Torricelli batté di nuovo le mani e altri due studenti spuntarono, portavano per il manico un bidone
di vernice viola fosforescente. Torricelli chiarì che per dimostrare ogni cosa i suoi studenti
verniceranno quel bicchiere iperbolico totalmente con quella vernice. Così quei due prese le
attrezzature, come pennelli e scale e si misero a verniciare con lena, riuscirono a pitturare tutto quel
solido dimostrando che con una quantità finita di vernice pitturarono quel bicchiere iperbolico
dall’altezza infinita e splendeva tutto nella sua fosforescenza viola, dando così “una risposta al
paradosso di Zenone, quello della dicotomia: sì, una somma di infiniti termini può avere un valore
finito.” 35 Paul Guldin con il suo copricapo a punte e la tonica nera, si erse dalla sedia è disse a gran
voce: “Vi siete fatti abbindolare da costui con i suoi trucchi da prestigiatore. Ritornate in voi colleghi!
Un corpo finito non può essere misurato da un ente geometrico che abbia infinita una delle sue
dimensioni. Né la quantità infinita di tutte le linee che compongono una superficie, né le infinite
superfici che compongono un solido possono essere messe in relazione rispettivamente con la quantità
finita di una superficie o di un volume.” 36 Qualcuno disse in sottovoce: “Sempre questi gesuiti stanno
a rompere!”. È una teoria mal fondata, ma dai risultati utili che portò ai calcoli infinitesimali. Zenone
tirò un sospiro di sollievo. Pagina 134: “La matematica del moto richiede il comprendere il concetto
d’infinito, una nozione che da sempre si è trovata in qualche misura in contrasto con il sapere intuitivo
dell’uomo.” Quindi “non è possibile prescindere dai paradossi di Zenone”! 37 I matematici più
moderni incominciarono a confabulare tra di loro, questa ennesima sconfitta era poco digeribile.
“Ragioniamo!”; “Si Zenone pone il discorso filosofico ben conscio che noi lo affronteremo con il
raziocinio e la matematica.”; “Ragioniamo: Zenone fa lanciare dal suo arciere una freccia, il quale
scocca dall’arco e ci chiede di fermare il tempo!”; “Si, per noi matematici fermare il tempo è cosa
semplice, no?!”; “Quindi la freccia è ferma, in aria, in volo.”; “Un immagine mentale come un ferma
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Beniamino Segre matematico 1903-1977, citazione.
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immagine in uno schermo 38 ”. “E’ la freccia che parte dalla corda dell’arco e si avvicina al bersaglio,
il movimento che non è reale ma solo illusorio della freccia!”; “Il paradosso sta tutto nell’uniformità
del flusso del tempo.”; “Questa uniformità la dobbiamo considerare una ipotesi e non una verità!”.
Fioccarono “si!” da tutte le parti. Mazur con impeto a questo punto disse: “Non è compito della
matematica verificare se il tempo è veramente continuo o no: per la matematica è irrilevante!” 39 ;
“Dobbiamo riconsiderare i paradossi di Zenone in chiave matematica!”. Io con la mia cassettina da
bibitaro mi chiedevo: ma perché cosa hanno fatto fin ora? Vedevo che su una lavagna di due metri
d’altezza per venti metri di lunghezza una diecina di matematici si misero davanti con gessetto alla
mano a scribacchiare formule, come sempre… Uno a centro in alto scrisse a stampatello:
PARADOSSO DELLA DICOTOMIA. Ero lì che guardavo stupito tutte quelle frazioni quando ad
un certo punto ricevetti una spinta e questo scrisse …. =1 “Quindi siamo tutti d’accordo che la serie
converga a 1!”; “Si!”; “Implicitamente stiamo già facendo alla nozione di limite.” 40 Pensavo tra me
solo che mi è uscito fuori il pensiero e dissi: “Come la calcolatrice che ho in tasca…” Ricevetti un
altro spintone e mi allontanai indietro qualche metro. Quello che mi diede lo spintone scrisse in alto
a continuare, sempre in stampatello: PARADOSSO DELL’ACHILLE. Le facce si fanno più seriose
e qualcuno dice quasi a bassa voce: “poniamo che Achille raggiunge la tartaruga. La velocità dell’eroe
è di 10Km orari, quella dalla tartaruga di 1 il vantaggio concessole è di 9Km. Quindi quando Achille
raggiunge i 9Km la tartaruga ne ha compiuti 9,9km e così via per una successione di 9 dopo la virgola
che converge ai 10Km. La distanza di Achille è uguale a quella della tartaruga, ponendo 10 di tempo
uguale a 9 più tempo, dunque Achille raggiunge la tartaruga a 10 km a tempo uguale ad 1.” Allora
algebricamente avete risolto il paradosso mentre in gara Achille come fa a svolgere un numero infinito
di passi in un tempo finito? 41 “Bisogna non fare confusione tra movimento nello spazio e movimento
nel tempo”. Vi fu un lampo di luce e molto fumo all’improvviso, dopo un attimo si udì un botto, come
si dilagò quel fumo spuntò una specie di calesse senza cavalli di ferro con tante manopole e
manovelle, aveva una ruota dietro il sedile che si fermò. Concentrammo l’attenzione sul pilota di
quello strano veicolo. Aveva due baffetti e un’espressione sorniona quando si tolse il copricapo in
cuoio i capelli erano ben pettinati con una scrima laterale a sinistra. Zenone disse sorridente: “Ci
mancava il racconta frottole!” Era HG. Welles con la sua macchina del tempo, arrivava dal 1895.
Scese dal trabiccolo e disse: “Se sono qui è perché sono stato attratto dal grande Zenone che ci
convinse in tutti questi secoli che il moto è un’illusione. E come ci convinse Cartesio che la realtà
conosciuta tramite i sensi: odore, suono, vista è illusoria. E come ci convincerà fra breve Einstein: la
distinzione tra passato, presente e futuro è soltanto un’illusione” 42 . Guardò ogni cosa, si rimise il
caschetto di cuoio, gli occhiali, ingranò qualcosa mosse leve, la ruota incominciò a girare e scomparve
tra colpi di luci e botti forti. Einstein si sentì chiamato in causa disse sorpreso: “lo spostamento nel
tempo signori può essere concepito, non stupitevi concettualizzate il muoversi nello spazio.”
Michelson-Morley e gli esperimenti sull’esistenza dell’etere venivano rafforzati dall’ipotesi di
Fitzgerald il quale “suggerì che la materia sia soggetta a una contrazione nella direzione del moto” 43 .
Etere o non etere, questo è il problema! Ed Einstein prese l’etere così come era lo accartocciò e lo
lanciò in un cestino dei rifiuti lì da qualche parte, disse: “La ragione è che l’etere non esiste! 44 Ma
ciò che affermò Fitzgerlad è giusto!” Incominciò a illustrare la sua teoria della relatività, prese un
righello di 30 centimetri e continuò: “Quanto maggiore è la velocità del righello, tanto minore diventa
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Ibidem
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la sua lunghezza. Alla velocità della luce la lunghezza si annulla del tutto: diventa zero.” Fitzerald
suggerisce che la lunghezza si può esprimere con un numero immaginario. 45 Pagina 188: “Alla
velocità della luce la sua massa dovrebbe essere infinita.” Quindi si desume che niente può muoversi
nel vuoto più velocemente della velocità della luce perché gli oggetti avrebbero una velocità sotto lo
zero 46 . La teoria speciale della relatività (1905) “postulava che niente può essere più veloce di un
fotone (…) quanto luce. Ma che dire della gravità? Con quale velocità si propaga l’interazione di
gravità?” Einstein nella sua teoria della relatività del 1915 “fa ricorso a una geometria intuitiva e
semplificata” 47 afferma che lo spazio è curvo, dove non c’è massa è piatto, quindi più c’è massa più
è curvo. A pagina 191: “La fune misteriosa e invisibile che trattiene la Luna in orbita attorno alla
Terra non è altro che una geometria spaziale infossata. – Pagina 192 – il tempo e lo spazio sono
incurvati dalla gravità. Questa è l’essenza della rivoluzione spazio-temporale.” Dunque il tempo è
una dimensione. “Per i matematici dimensione è una sorta di metafora delle dimensioni spaziali del
nostro mondo reale, una generalizzazione della parola dimensione (spaziale)”. Aggiungendo il tempo
t alle altre 3 dimensioni x, y, z viviamo quattro dimensioni dobbiamo tenere conto che è uno schema
mentale. “Dimensione è una parola coniata dall’uomo, non è una parola tramandata da Dio.” 48
Ritorniamo alla freccia dell’arciere di Zenone nel continuo spazio temporale, o Achille posto lì dove
si trova è “rappresentato da un qualche diagramma”. Hermann Minkowski, che non era parente né di
Mingi e neanche di Mingardi e tanto meno era siciliano, afferma che questo diagramma viene
chiamato “linea di Universo o anche linea oraria. (…) traccia il progredire dell’evento con il
trascorrere del tempo.” Spazio-tempo sono una unica quantità. (…) il tempo determinato in un certo
sistema di riferimento si dilata lungo certe direzioni dello spazio quando sia osservato da un secondo
sistema di riferimento.” 49 Non mi sono permesso di fiatare un solo mio pensiero sulla questione anche
perché non ero minimamente qualificato, però mi struggevo dentro me che se vi era un qualcosa che
si dilatava era la massa nel tempo. Mi dicevo cos’è la massa? Mi rispondevo ciò che è nello spazio,
perché il non è non esiste e quindi ciò che convenzionalmente chiamiamo spazio è ciò che esiste e
che nel continuo, nel tempo si dilata essendo spazio-temporale. Einstein se ne stava lì pensieroso con
lo sciampo senza fatto e nemmeno la doccia, il suo solito giubbotto che ne ha visti di tutti colori e
guardava Hermann Minkowski, il quale lo aveva definito: “un cane pigro che mai si è minimamente
curato di matematica.” 50 Io sorpreso pensai: ma chi Einstein? Mazur rispose al mio pensiero
dicendomi che quando frequentava la scuola elementare di Monaco “i suoi maestri dicevano che, a
riguardo alle materie scientifiche, per lui non c’era speranza.” 51 A quanto sembra a scuola Einstein
non eccelleva, anzi peggio ancora, fin quando fu anche espulso per non avere avuto un
comportamento rispettoso con gli insegnanti. “Nel 1905 ancora non aveva conseguito un dottorato di
ricerca, ma diede alle stampe tre pubblicazioni che scossero dalle fondamenta l’edificio della scienza
newtoniana. Facendo ricorso a una matematica molto elementare, fu in grado di arrivare alla
sconvolgente affermazione che anche il tempo è relativo (…). A proposito del tavolo che si trovava
nella sua stanza, suggerì che fosse puramente e semplicemente un complesso di sensazioni alle quali
assegnava un concetto ed un nome. (…) 52 Di fatto, presupporre una realtà esistente
indipendentemente dalle mie sensazioni è il risultato di una costruzione intellettuale.” Allora? Le
nostre passioni? La nostra musica, la cucina, l’amore, il sesso, i colori? Non vi sono altro che
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Ibidem
sensazioni, elaborazioni di questa nostra macchina biologica che con nuovi codici avremmo qualcosa
di completamente diverso. Un mondo fatto di impulsi elettrici che si accendono e si spengono,
nemmeno questo, né buio, né luce, solo informazione presa di coscienza di buio e luce. Un po’ come
questo stadio e queste migliaia di scienziati, filosofi, matematici e geni di ogni sorta, queste luci,
questo prato, Achille, la tartaruga, l’arciere e Zenone che sorride beato. Forse è il suo di paradiso.
Pagina 200, Zenone: “Non sapeva che neanche i matematici sono in grado di identificare nello spazio
due posizioni adiacenti, dal momento che non c’è punto su una retta che possa dirsi successore di un
altro punto.” Abbiamo visto i matematici che grazie al calcolo infinitesimale come Achille, o la
freccia possa trascorrere da un punto all’altro, ma hanno la necessità di assegnare alla freccia o ad
Achille “un unico valore di posizione spaziale e un unico valore di velocità, in corrispondenza di un
qualsiasi valore della variabile tempo” 53 . Dopo la smentita di Aristotele che la materia nella sua
continua divisibilità rimanga omogenea, che un legno spezzettato innumerevoli volte rimanga legno,
e che noi potremmo avere una realtà diversa a quella percepita dai nostri sensi, possiamo affermare
che la matematica si rivela non idonea per descrivere la natura a livello atomico e quindi necessita
delle diversità strutturali. In questo Mondo dove la fisica quantistica e la teoria generale della
relatività si contrappongono pur descrivendo una nel micro e l’altra nel macro due teorie abbastanza
convincenti tramite dimostrazioni. Si conclude che, a pagina 201: “Se il mondo fosse ordinato come
la scienza si aspetta che sia, vi sarebbe un’unica teoria compatibile sia con la teoria generale della
relatività, sia con la teoria dei quanti.”. Occorrono strumenti diversi per uno studio diverso. La
matematica risponde bene per le cose costruite dalla mano dell’uomo o quelli corrispondenti della
natura in esteriore, occorre una matematica duttile che si allarga e si stringe che misuri una
circonferenza senza aggiungere o togliere niente. Pagina 210: “Si sente l’esigenza di un modello
matematico della natura più generale, tale da includere sia la teoria della relatività, sia la meccanica
quantistica.” In misure sub atomici ogni strumento è inidoneo alla misura perché la condiziona.
Pagina 207: “la materia in realtà consiste di atomi in movimento (…) Invece i nostri sensi ci fanno
credere che tale struttura è continua”. Una particella in moto possiamo solo costatare una sequenza
di guizzi senza continuità, “senza possibilità di osservare che cosa avviene tra questi intervalli di moto
non continuo. Tutto ciò che possiamo sapere è che quella particella ha una probabilità di trovarsi in
qualche regione dello spazio” 54 . Quindi come tanti fotogramma di una pellicola la freccia dell’arciere
di Zenone possiamo costatare una sequenza di guizzi senza continuità. A pagina 206: “siamo costretti
a fare affidamento alle impressioni ricevute per mezzo di questi ingannevoli quanti di luce, emessi
discontinuamente, ma che ci lasciano credere che lo spazio, e il volo della freccia attraverso lo spazio,
siano entrambi continui.” Pagina 211: “Invece nella tessitura microscopica dello spazio non vediamo
uniformità.” Così abbiamo nella teoria della relatività uno spazio incurvato uniformemente dalla
gravità, nel micro abbiamo una “tessitura spaziale estremamente disordinata, spezzata da guizzi
imprevedibili (…) due geometrie in contraddizione.” 55 A poche decine di metri da Zenone, quasi a
centro del campo dello stadio una fascio di luce bianca illuminò un virtuoso chitarrista che iniziò un
assolo con la sua Fender, straordinario, e di seguito attaccarono gli altri due, spuntò una insegna
luminosa su di loro con la scritta “The String”. Dopo schitarrate e colpi di percussione e scale con il
pianoforte a coda, il pianista cominciò a cantare di un certo italiano, Gabriele Veneziano, il quale
scoprì una formula che si applicava meravigliosamente al “comportamento delle particelle soggette
all’interazione nucleare forte” 56 . Il ritornello lo cantavano in coro e faceva “Euler, Euler, Euler…”
Poi dopo lo strumentale riprendeva a cantare che “se una formula si adatta ad un insieme di dati
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sperimentali deve esserci una ragione”. Effetti fumo e luci stroboscopiche. “Non importa quale,
quello che conta che si adatta! … Euler, Euler, Euler…” Iniziò a cantare il chitarrista: “Euler, la tua
funzione descrive le particelle elementari come le corde vibranti della mia chitarra! Euler, Euler,
Euler…” A fine esecuzione vi furono applausi, fischi e urla da tutto il pubblico presente. Una voce
presentò il gruppo: “The String!! Alla tastiera Yoichiro Nambu, viene da Chicago, Leonard Susskind
da Stanford, alla batteria e alla chitarra da Copenaghen Holger Bech Nielsen!”. I tre avevano scoperto
la teoria delle stringe e la cantavano e la suonavano a tutti quanti. La teoria si adattava sia alla relatività
che alla meccanica quantistica, si prestava ad una spiegazione sulle quattro forze fondamentali della
fisica delle particelle. 57 Un vero successo! La forza elettromagnetica, la forza nucleare forte e quella
debole, la forza di gravità, determinata dall’attività delle stringhe nella massa. Forse si può dire che
la teoria delle stringhe è la Teoria del tutto! Biran Greene disse: “questa è l’ultima matriosca!”
Intendendo che nell’infinita divisibilità le stringhe potrebbero essere fatte solo di sé stesse. Pagina
214 Mazur disse pensante: “Forse le stringhe costituiscono l’ultima parola nell’Odissea del paradosso
del moto.” Eugenio Calabi nel 1957 interagì volendo esprimere come fosse determinato
geometricamente uno spazio composto da spazi esadimensionali e nel 1977 Shing-Tung Yau prese le
congetture di Calabi e ne fece una dimostrazione, nacque lo spazio di Calabi-Yau che si confaceva al
comportamento delle stringhe. Ma per fare luce ai paradossi di Zenone bisogna comprendere il
concetto di “tra”. Cosa c’è tra Achille e la tartaruga, tra un punto e l’altro della freccia? Si pensava
uno spazio vuoto tra una molecola e l’altra, tra un atomo e l’altro e una particella a l’altra, e una
stringa e l’altra, ma con la teoria delle stringhe dobbiamo pensare che le prime quattro dimensioni
sono spazio-tempo e in ogni punto di questo è una varietà dello schema rappresentato nello spaziotempo
di Calabi-Yau su e giù lungo le sei dimensioni dell’Universo. La freccia scocca dall’arco nella
continuità dello spazio-tempo, poi su e giù lungo le sei dimensioni dello spazio-tempo di Calabi-Yau
in ciascuno punto che attraversa la freccia nello spazio-tempo. Si parte l’eroe Achille per ciascuno
punto raggiunto nello spazio-tempo attraversa le sei dimensioni dello spazio-tempo di Calabi-Yau. Il
pubblico è tutto in piedi ed osserva con ansia. Il paradosso di Zenone suggerisce una realtà ancora
più complessa da quella delle stringhe, pagina 218: “Ogni cosa che facciamo, ogni movimento che
compiamo è davvero un’illusione: l’illusione di spostarci soltanto lungo tre dimensioni.” Parmenide
si alzò di posto e si avvicinò a Zenone e disse a gran voce: “la nostra concezione di realtà è fantasia,
illusione!” 58 Allora anche Einstein si alzò e si mise accanto ai due e così disse: “Siamo liberi di farci
il modello che vogliamo di questa realtà purché sia funzionale, ma non dobbiamo dimenticarci mai
che è solo un modello e non la realtà fisica!” Io ero stanco e mi sono seduto dove prima lo era Einstein
con la cassetta da bibitaro poggiata sulle gambe e mi sono detto: “La Verità è una menzogna che
c’inventiamo per conoscerla!” 59 . Gorgia mi era accanto e mi rimproverò borbottando: “Chi minchia
dici? Va! Va vinni simenza, curri!” Mi alzai e mi allontanai. Zenone così ringraziò i matematici, i
fisici, gli scienziati, gli ingegneri e i pensatori tutti e concluse: “Quanto più la matematica si rivela in
grado di dimostrare l’esito degli eventi, e quanto più la fisica riesce a descrivere il mondo, tanto più
il moto proposto da me appare paradossale!” 60 Qualcuno insisteva ancora sulla continuità del moto,
tra i quali vi era William James, che raccontava di essersi smarrito, e senza volerlo si era ritrovato lì
dentro ed incuriosito ha assistito all’evento. Disse che era impossibile fermare qualsiasi pensiero
prima che si sia concluso, “il pensiero cosciente evapori prima di poter essere esaminato è come
fermare una trottola per coglierne il movimento! Lo stesso così Zenone chiede dove si trovasse la
punta della freccia nel corso del tragitto dall’arco al bersaglio. Così caro amico” rivolgendomi la
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59 Le strade percorse “libro pubblicato dall’Autore” sul sito Amazon, Pritend in Poland by Amazon Fulfillment – Poland Sp. z.o.o., Wroclaw, DE, ISIBN-
13 979-8840182680- costo di copertina 16,05€ – 17 luglio 2022; Il Pazzicismo, pagina 161.
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parola “tu stai scrivendo come in un flusso di coscienza per dare una continuità al tempo!” ne fui
lusingato. Lui continuò: “non sentiamo il tempo, né possiamo dedurlo da un qualche segnale interno.
Ciò che noi chiamiamo coscienza è solo quel fascio di segnali raccolti da tutti i nostri sensi poi
ordinato e sincronizzato. Vi è la probabilità che non siamo in grado di dire se il flusso di coscienza
sia continuo o no.” 61 Fissavamo quella freccia sospesa in aria e Achille tutti e due in quel labirinto
spazio-tempo di Calbi-Yau mentre qualcuno si chiedeva che probabilmente non avevano ambedue
niente a che fare con il vero movimento senza soluzione di continuità. Mazur si fece una domanda e
si diede una risposta: la matematica potrebbe modellizzare anche il modo in cui percepiamo quel
movimento? Perché no! 62 La freccia, Achille, la tartaruga si trovano in un punto preciso tra la realtà
e la percezione che si ha, “per cui Zenone afferma che il compimento di una qualsiasi cosa richiede
comunque che sia compiuto un numero infinito di eventi precedenti.” 63 Tra i filosofi greci vi era
l’anziano professore scozzese D’Arcy Thompson il quale acceso dalla sua passione per la biologia
sposata con la matematica disse con entusiasmo, quasi a volere negare ed affermare tutto ciò che si
era detto e fatto in quella manifestazione: “L’armonia del mondo si manifesta nella forma e nel
numero: sono questi il cuore, l’anima e la poesia della filosofia naturale, incorporati nel concetto di
bellezza matematica.” 64 Partirono di seguito con le loro affermazioni, Sir James Jeans sull’Architetto
dell’Universo, credo massonico del compasso e della squadra, Galilei aggiunse che come un libro
aperto bisogna conoscere la lingua che è la matematica. Concluse con un fortissimo accento tedesco
Leopold Kronecker: “Dio ha creato gli interi, il resto è opera dell’uomo”. È forse per questo che la
matematica ci ha allontanati sempre più dalla realtà fisica? Si chiese di nuovo Mazur. David Hilbert,
alzò un po’ la voce: “La divisibilità all’infinito di un continuo è un’operazione che si può pensare,
ma è soltanto un’idea, contraddetta dalla natura, come pure dagli esperimenti fisici e chimici”. Nel
volere misurare il mondo fisico in qualsiasi modo, o strumento “officiamo un rito di santificazione
del numero. (…) Ma non facciamo misure con strumenti infinitesimali, per questo dobbiamo
accontentarci di stime della realtà relativamente approssimate”. Dopo che i testoni matematici, fisici,
sperimentatori, psicoanalisti si diedero testate l’uno con l’altro arrivarono alla conclusione, quindi un
loro incaricato si presentò davanti Zenone e gli disse: “la continuità è una nostra impressione nella
nostra coscienza, una costruzione mentale che eleva l’illusione al rango di realtà (…) quindi i
matematici falliranno sempre, mancheranno immancabilmente il loro scopo!”. I matematici si
risentirono di quella affermazione e ripeterono in coro che erano capaci di dire quando Achille
raggiunge la tartaruga in base al modello algebrico, presupponendo la retta dei numeri reali. Gli fu
risposto: “Ma la retta non può indicare con precisione la natura fenomenologica della materia reale,
che si compone di atomi”, io aggiungerei e di punti separati nel modello matematico, come i “quanti
di energia” nella realtà dei fisici. Pagina 226: “la massa non è altro che una forma di energia?” Viene
spontaneo chiederselo, Mazur lo mette nero su bianco dando la risposta a questo quesito ed anche a
tutte quelle che a noi lettori ci saltano alla mente, è sempre la stessa: è “immancabilmente un modello
matematico”! Quindi tocca ai matematici avere l’ultima parola. Io non ne sono convinto, ma la mia
opinione conta poco e niente. Allora considerato da voi matematici che Achille raggiunge la tartaruga,
spiegate il perché a questo punto. Pagina 226, risposta: “perché una serie geometrica di ragione
inferiore all’unità è convergente”. E che significa? Noi siamo tutti riuniti qui per vedere, con i nostri
occhi Achille che raggiunge la tartaruga. Un fisico sembrò comprendere il discorso dei matematici e
disse, pagina 226: “Perché la massa è un’altra forma di energia?” Rispose un altro alzando la mano:
“Perché E=mc 2 ”. Quello riprese chiedendoci a tutti noi: “Soddisfatti?” Risposi anche io in coro: “No”;
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Ibidem
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Ibidem
“Gli orrendi bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki sono una risposta più convincente.” Interpretai
quel discorso come una minaccia dei matematici: o così o così! Eugene Wigner 65 con calma e dando
valore alle parole disse: “l’enorme utilità della matematica nelle scienze naturali è qualcosa che
confina con il mistero, non c’è alcuna spiegazione razionale che la giustifichi” 66 . Incominciò a narrare
dell’inciampo di Newton e di come scoprì la legge di gravità e che grazie alla matematica riuscì a
calcolare con una precisione dimostrata in seguito nell’ordine di un decimillesimo di percento.
L’inciampo, quello è stato il miracolo, e grazie a quell’inciampo l’uomo arrivò sulla Luna. Wigner
narrava e sgranava gli occhi convincendoci quale strumento meraviglioso è la matematica la quale
trasforma un’intuizione, un sogno ad occhi aperti in una realtà fisica. Zenone alzò le mani e chiese
l’ascolto: “Signori sono più di ventiquattro secoli che stiamo qui a discutere ma non avete risolto un
bel niente e per questo concludo che il movimento è illusione! Dopo questa ambia ed interminabile
discussione in tutti gli aspetti e modi del moto, il Mondo sa che perfino la materia non è altro che
energia e viceversa. Quindi niente è cambiato! Il mondo esterno non è che materia conosciuta
soltanto per il tramite dei nostri sensi, che ci restituiscono illusioni: colore, odore, tatto e movimento.
Signori e signori si è fatto tardi, vi ringrazio per il meraviglioso spettacolo che avete operato con le
vostre arti. Anche questo stadio, vuoi tutti e ogni cosa è quindi solo un’illusione!” 67 . Si conclusero
così le gare paradossali di Zenone.
Sottolineature
Pagina 147: “Pitagora aveva fatto ricorso ai quadrati per esprimere la sua ben nota relazione tra i
cateti e l’ipotenusa di un triangolo rettangolo.”
Pagina 149: “il moto dei pianeti fosse dovuto a venti regolari costanti dai quali i pianeti stessi
sarebbero sospinti, di vortice in vortice, immersi in un fluido invisibile.”
Pagina 151: “la mela attrae la terra non meno di quanto la Terra attragga la mela.” Pagina 153: “La
costante universale è sempre la stessa, nell’attrazione tra una palla di cannone e la Terra, come pure
in quella tra Giove e la Terra.”
Pagina 156-157: “i traditori e i criminali erano normalmente decapitati nelle pubbliche piazze, quindi
le loro teste erano scottate con acqua bollente perché si conservassero a contatto con gli agenti
atmosferici, appese ai pali delle strade più trafficate”.
Pagina 162, Newton: “idee inedite, mai pensate prima di allora, sulla natura della luce.”
Pagina 171: “un’onda che si propaga necessita di un mezzo di propagazione (…) deve esserci un
qualche mezzo materiale, invisibile, che riempie tutto l’Universo.”
Pagina 172: “in Inghilterra, all’inizio dell’epoca vittoriana, si celebrava il trionfo della civiltà delle
macchine”.
Pagina 197: “la scuola non è l’unica fonte di stimoli intellettuali.” Aggiungerei che la scuola deve
dare le basi e il metodo per lo studio all’intellettuale. Pagina 198: “Il solido sistema educativo della
Germania imprimeva una spinta vigorosa alla ricerca scientifica, i cui risultati erano immediatamente
trasferiti all’industria da parte dei giovani freschi di studio.” Ancora oggi è così! Io tutt’oggi vivo in
Germania e so direttamente che le aziende come vivaio hanno proprio le scuole pubbliche. Il futuro
65 Nobel del 1960, autore del classico L’irragionevole efficacia della matematica nelle scienze naturali.
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di una nazione è la scuola pubblica. Gli insegnanti in Germania sono pagati per due volte di più quelli
in Italia ma da loro pretendono preparazione e qualifica. L’insegnante a pari di un magistrato decide
il futuro di un cittadino. Quando la scuola va allo sfascio anche il futuro di quella nazione è destinata
allo sfascio. Non mi stancherò di ripeterlo.
Pagina 200: “L’elettrone (…) ha un ordine di grandezza pari a soltanto un millesimo della massa di
un atomo di idrogeno. (…) l’atomo non è più indivisibile.”
Conclusione
Achille ancora oggi non ha superato la tartaruga, perché l’uomo con tutta la scienza che ha non potrà
mai varcare la soglia del mistero della realtà di questo Mondo, potrà essere ad un millimetro ma mai
e poi mai potrà dire di essere arrivato all’essenza del significato di ogni cosa, alla realtà di ogni cosa.
Quindi rimane il mistero che noi crediamo reale ed invece è solo illusione. Sotto il travestimento della
tartaruga vi è la Natura e in quella di Achille l’uomo che si crede un gradino sotto il Creatore. Io
lasciai la cassetta da bibitaro al magazzino e feci i conti con il gestore, guadagnai un centesimo di
conoscenza e chiusi il libro felice di averlo letto, come quando il professore Nanà mi diede le
cinquecento lire d’argento e chiusi la manina sentendomi ricco. Ho concluso in ultimo che i sensi ci
ingannano facendoci assistere ad una realtà nel suo continuo, tutti sappiamo che è come al cinema
vediamo nello schermo l’evolversi del film nel suo continuo di vicende, avventure e baci ma sono
solo dei fotogrammi che ci ingannano tutti staccati l’uno dall’altro. Anche il tempo è una sensazione.
Il mio sentimento è che questa realtà così staccata da infinite distanze ci accomuna nell’esistenza e
siamo messi in contatto tramite le stringhe, queste vibrazioni. Come nello spettacolo allo stadio di
Zenone, uno spazio-tempo aperto, presenti da ogni periodo storico, da ogni luogo per assistere vivere
ed emozionarci accomunati in una unica vibrazione della vita in tutte le sue forme in questo Mondo.