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Thesis_Nocivelli_Giulia

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AUTOCOSTRUZIONE.

PER UNA PROPOSTA DI AUTOPROGETTAZIONE

Giulia Nocivelli | Matricola 0000915750

Relatore: Mauro Cazzaro

Corso di Laurea in Design del Prodotto Industriale

A.A. 2021/22

Dipartimento di Architettura

Alma Mater Studiorum Università di Bologna



Giulia Nocivelli | Matricola 0000915750

Relatore: Mauro Cazzaro

Corso di Laurea in Design del Prodotto Industriale

A.A. 2021/22

Dipartimento di Architettura

Alma Mater Studiorum Università di Bologna

AUTOCOSTRUZIONE.

PER UNA PROPOSTA DI AUTOPROGETTAZIONE


INDEX


0) Introduzione

1) Il bricolage e il fai da te

1.1 | Contesto storico in cui nasce il fai da te italiano

1.2 | Seconda metà degli anni ‘80: gli anni dell’immagine

1.3 | Dal do it yourself al do it for me

1.4 | Le principali catene di bricolage esistenti in italia

2) Bricolage dal punto di vista della recessione, riuso e design

2.1 | Caso studio: Recession Design con Design fai da te 2.0

2.2 | Caso studio: SUN 2010 Rimini Design It Yourself

2.3 | Caso Studio: Hartz IV MOEBEL .com Build more buy less!

2.4 | Cosa stanno diventando il Bricolage e chi lo pratica

3) Perché autoprodurre?

3.1 | I valori dell’autoproduzione: cosa è cambiato in seguito alla pandemia

3.2 | Aspetto ecologico: andare contro la Fast Forniture

4) Autocostruzione

4.1 | Scelta progettuale

4.2 | Studio della forma attraverso schizzi, prototipazione rapida e modelli 3D

| AutoDiv. - AutoPolt.

| AutoLib.1 - AutoLib.2

| AutoLamp.

| AutoTav.

| AutoSed?

4.3 | Brochure

5) Conclusione

Bibliografia

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Introduzione | 0 05

INTRODUZIONE

Cosa vi viene in mente con i termini “fai-da-te” e “bricolage”? Molto

probabilmente penserete alla ghirlanda natalizia realizzata per il Natale

2013, oppure ai biglietti d’auguri fatti a mano, o - perchè no - a tutti

i lavoretti di Art Attack che hanno invaso le case nei primi anni 2000.

Ma il Fai-da-te non è solo questo, è un hobby che di anno in anno si

sta evolvendo acquistando sfaccettature molto più interessanti ed

importanti. Attraverso un excursus sulla sua storia, analizzerò la sua

origine ed evoluzione e il rapporto sempre più legato con il mondo del

design. Rapporto approfondito soprattutto nei primi anni 10 del 2000

e poi interrotto. Ho ritenuto non ci fosse periodo migliore come questo

per rispolverare tale tema. Nell’epoca che stiamo vivendo il Fai-da-te

sta assumendo significati totalmente nuovi tanto da non essere più visto

come mero hobby ma come occasione per aiutare - anche se solo

in una minima parte - la situazione ambientale e personale che stiamo

vivendo.

Seguendo le lezioni di Enzo Mari e della Recession Design, ho sviluppato

un set di arredamento fai da te semplice da realizzare e adatto

a tutti, accompagnato da schede esplicative per poterlo costruire da

zero a casa propria.


1


Il bricolage e il fai da te | 1 07

IL BRICOLAGE E IL

FAI DA TE

1.1

IL CONTESTO STORICO IN CUI NASCE IL

FAI-DA-TE ITALIANO

Il fai da te italiano ha una storia relativamente recente. Infatti ci troviamo

a metà degli anni ‘70 e percorre i suoi primi dieci anni di crescita

(1974-1984) caratterizzandosi su un livello di manualità molto elevata,

che vedremo essere troppo elevata per poter coinvolgere nell’immediato

un pubblico di massa.

Bisogna tenere in debito conto che nella prima metà degli anni ’70

quello del fai da te era un mercato che partiva da zero ma su un

tessuto già presente e radicato. Persone che per hobby lavoravano il

legno o si impegnavano in lavoretti più o meno complessi. Sostanzialmente

i manager che gestirono l’impostazione della filosofia e delle

strategie del mercato nella sua accezione più globale, pensarono di

poter inquadrare la pratica del fai da te sotto la voce hobby, facendo

emergere con grande forza la lavorazione del legno. Di conseguenza,

secondo questa filosofia le case degli italiani dovevano trasformarsi

in piccoli laboratori di falegnameria. La nascita del fai da te in quanto

pratica “ufficiale” semplicemente fece diventare tali persone un target

di riferimento.

È importante analizzare la situazione politica economica del momento

per capire in che contesto il fai da te si è diffuso. In primis nel 1973 vi è

la drastica riduzione dei barili di petrolio estratti dai Paesi dell’OPEC e

il conseguente e importante rincaro del prezzo del greggio. In seguito

al drastico contenimento del consumo energetico, iniziarono gli anni


08

1 | Il bricolage e il fai da te

«

dell’austerity, dei blocchi della circolazione dei veicoli a motore e delle

domeniche in bicicletta. In quegli anni i giovani, gli studenti, le donne

femministe e gli operai assediavano quotidianamente le piazze. Questo

loro impegno e attenzione verso la politica per un rinnovamento

sociale coinvolgevano paradossalmente anche ampie fasce di intellettuali

e della borghesia (tanto odiata all’epoca). Da notare come,

grazie a questi movimenti, nelle elezioni politiche del 1976, il Partito

Comunista sfiorò il sorpasso alla Democrazia Cristiana. Quelli erano

gli anni del terrorismo rosso e nero: da una parte le stragi «nere», con

gli ordigni esplosivi di piazza della Loggia a Brescia, del treno Italicus

e della stazione di Bologna; dall’altra la strategia di tensione con le

Brigate Rosse e del rapimento Moro del 16 marzo 1978, ucciso dopo

55 giorni di prigionia. Un dramma che chiuse definitivamente un’epoca

aprendone una nuova: negli anni ‘80 si parlerà di riflusso, di ritorno al

privato e di allontanamento dalla politica. Esso rappresentava non solo

un allontanamento degli italiani dalla politica, ma il rifiuto di considerare

la politica stessa come perno attorno al quale far ruotare il resto

della propria esistenza, con un conseguente atteggiamento caratterizzato

dal ripiegamento nella sfera del privato in un clima di disillusione e

ritorno a valori del passato. Nel 1981 verrà eletto come presidente degli

Stati Uniti Ronald Reagan. Il cosiddetto edonismo reaganiano - che

comportava dalle teorie individualiste, al neoliberismo e ai comportamenti

egoistici - segnò la fine della politica e dell’ideologia aprendo

l’era dell’estetica e promuovendo una corrente di pensiero che metteva

al centro l’esibizione nei luoghi privilegiati della propria condizione

umana, attraverso simboli codificati: le griffe diventano status symbol.

Emerge un individualismo sfrenato, dove nessuno è più compagno di strada ma antagonista di ciascuno, da cui

guardarsi. Questo “soggettivismo” ha minato le basi della modernità, l’ha resa fragile: una situazione in cui, mancando

ogni punto di riferimento, tutto si dissolve in una sorta di liquidità. Si perde la certezza del diritto (la magistratura è

sentita come nemica), e le uniche soluzioni per l’individuo senza punti di riferimento sono da un lato l’apparire a tutti i

costi, l’apparire come valore […] e il consumismo.

Però si tratta di un consumismo che non mira al possesso di oggetti di desiderio in cui appagarsi, ma che li rende

subito obsoleti, e il singolo passa da un consumo all’altro in una sorta di bulimia senza scopo. 1

Visto tale contesto, prima, quando sarebbe potuto essere una risposta

al contestato consumismo e alla logica del risparmio suggerita dall’austerity

e, dopo, negli anni del riflusso quando la riscoperta del privato

portò gli italiani ad uscire di casa e non a chiudersi in laboratorio per

lavorare il legno, il fai da te non riuscì a penetrare a livello di massa.

L’impostazione e una filosofia di approccio troppo “hobbista”, quindi

troppo tecnica e pretenziosa rispetto alle reali capacità e conoscenze

»

1

Umberto Eco, La Società Liquida,

L’Espresso, 29 Maggio 2015


Il bricolage e il fai da te | 1 09

2

Guido Viale è stato uno dei leader del

Sessantotto. Vive a Milano dove lavora per

una società di ricerche economiche e sociali.

Fa parte del Comitato tecnico-scientifico

dell’Agenzia nazionale per la protezione

dell’ambiente (Anpa). Collabora con i

quotidiani, La Repubblica e il Manifesto.

3

Guido Viale, La civiltà del Riuso. Riparare,

riutilizzare, ridurre, Laterza, 2010, p.9

4

Marco D’Eramo laureato in Fisica, ha poi

studiato Sociologia con Pierre Bourdieu

all’École Pratique des Hautes Études di

Parigi. Giornalista, ha collaborato con “Paese

Sera” e “Mondoperaio”, e collabora con “il

Manifesto”.

della maggioranza degli italiani, non permise al fai da te di avere un

boom di diffusione. Questo perché l’estrema tecnicità escluse la donna

e il “pubblico generico” dei non tecnicamente acculturati. La scarsità

iniziale di mercato di produttori e consumatori era infatti dovuta alla

contrastante logica anticonsumista del recupero che ovviamente non

giovava alla creazione della domanda e offerta.

Poteva essere più opportuno provare a cambiare prospettiva e porre

l’accento più su un contesto domestico rispetto che a quello di un’attività

tecnica e lucrativa del bricolage. Quindi la possibilità di vedere la

casa come uno status symbol da poter sfoggiare e vivere insieme alle

persone care, ponendo dunque al centro dell’interesse anche il nucleo

famigliare e studiando e analizzando le differenze che iniziarono a maturare

in quegli anni, quali il calo della natalità e il conseguente crollo

delle famiglie allargate, per non parlare del numero sempre maggiore

di single.

«

Oggi la pubblicità, grazie soprattutto ai progressi delle telecomunicazioni, raggiunge ogni angolo del mondo; accompagna

in modo indissolubile ogni prodotto; controlla economicamente, attraverso i mass media, tuta l’informazione;

si deposita in modo irreversibile nella coscienza e nell’inconscio di ciascuno di noi, plasmando e personalità, desideri

e orientamenti.

La pubblicità circonda di un’aura nuove le cose del mondo, soprattutto quelle che hanno assunto o assumeranno la

forma di risorse o di beni. 3

»

Vent’anni dopo iniziarono a diffondersi i negozi di bricolage e la conseguente

distribuzione specializzata che fino a quel momento era inesistente.

Solo allora iniziarono a porsi analisi come quella appena citata.

Precedentemente, invece, per colpa di un tasso si inflazione da record

che coinvolse il decennio compreso tra la metà degli ai ‘70 e la metà

degli anni ‘80 che rese l’interesse nei confronti del fai da te sempre

maggiore, persino i mass media - quali radio, televisione, quotidiani

e settimanali - iniziarono a parlare del fai da te proponendo articoli in

linea con una filosofia di approccio al fai da te estremamente tecnica

e impegnativa. Si sa l’impronta che i mass media hanno nel veicolare

pensieri e opinioni attraverso la pubblicità. Guido Viale 2 lo sottolinea

nel testo La Civiltà del riuso:

È dunque fondamentale cercare di individuare i giusti articoli e capire

chi effettivamente ascoltare. Qui di seguito possiamo leggere alcuni

esempi di come venne inizialmente veicolato il fai da te.

Il 24 giugno 1984 Marco d’Eramo 4 scrisse per Il Manifesto un articolo

circa il bricolage e il più in generale dell’economia domestica.


10

1 | Il bricolage e il fai da te

«

«

La presenza di questi settori ignorati spiega (in parte) anche l’incapacità che ormai caratterizza gli economisti di

prevedere alcunché. Anzi, ormai si può praticare con le previsioni degli economisti quell’abitudine che ci aveva inculcato

la meteorologia: di usarle al contrario, come ciò che sicuramente non avverrà. Quest’incapacità a prevedere è

d’altronde a lungo analizzata da Lester Thurow nel suo ultimo libro Dangerous Currents. Ma la cecità rispetto all’enorme

importanza dell’economia domestica non è propria solo agli economisti. Per esempio, anche nel nostro giornale,

quando abbiamo pensato di dedicare una pagina all’economia domestica ci è stato obbiettato: volete fare una pagina

“domenicale” e cioè “futile”. Il solo fatto che un settore coinvolga tutti (scagli la pietra chi non ha mai usato un trapano

in vita sua), non rende questo settore automaticamente frivolo e fatuo. Anzi, fornisce alcune risposte tremendamente

serie e pone quesiti altrettanto gravi.[…]L’uso del do it yourself a scopo di risparmio fiscale sta dilagando negli

Stati Uniti. Il che provoca un rafforzamento dell’istituto familiare nei ceti medio-alti, proprio quei ceti che sono trainanti

ideologicamente e sono considerati come un esempio, un modello da imitare nelle aspirazioni di mobilità sociale

(verso l’alto). Infine vi è un effetto di feed back, di ritorno: il ritorno alla famiglia rafforza il suo ruolo economico, rende

meno doloroso il declino dello Stato assistenziale, riproduce il mito della proprietà. 5

Sul tema si pronunciò anche Giampaolo Fabris 6 dalle pagine del numero

del 13 gennaio 1985 de L’Espresso. Egli riuscì ad estraniarsi da ciò

che i mass media parlavano circa il bricolage visto solo come fenomeno

di massa identificato con la lavorazione del legno e i grandi lavori di

manutenzione della casa, e capì già da allora che bisognava ampliare

lo spettro di riferimento cercando di attribuire al fai da te altri concetti

e definizioni per far si che aumentasse le sua possibilità di crescita e di

penetrazione nella popolazione italiana. Fabris quindi iniziò a parlare di

“prosumerismo“.

Prosumer, prosumerismo: ancora una locuzione importata d’Oltreoceano ed italianizzata con poca fantasia. Questa

volta l’anglicismo non è gratuito e serve a colmare una oggettiva lacuna nel nostro vocabolario per definire un fenomeno

che ha già un suo importante spessore economico e sociale. Oggi, infatti, assistiamo all’emergere di una figura

nuova, il prosumer appunto, che unisce in se il ruolo di produttore e consumatore (prosumer nasce da producer ed è

un neologismo anche nella sua lingua d’origine e si forma dall’incontro tra producer e consumer). Le prime avvisaglie

del prosumerismo le registriamo con il diffondersi prepotente della filosofia del do it yourself (il fai da te) che si è registrato

in Italia durante tutti gli anni settanta. Si trattava di una tendenza di dimensioni contenute, limitata in genere

ai piccoli interventi domestici, e stimolata soprattutto dal fatto che gli artigiani si diradano sempre di più e quei pochi

sulla piazza chiedono compensi vertiginosi. [...]

Il prosumerismo si sviluppa ora su basi assai diverse, sia per i settori in cui si manifesta, sia per i soggetti che coinvolge

(sempre più numerosi e non riconducibili agli schemi della laboriosità manuale), sia per le motivazioni che lo giustificano.

Con il prosumerismo ciascuno torna a fare il produttore di tutta una serie di beni destinati al suo personale

consumo, sottraendo una quantità di scelte ai tradizionali circuiti fra produzione e mercato. Così si può calcolare che

oggi oltre un quinto della popolazione italiana sia interessata a questo fenomeno, in una gamma di settori già molto

ampia e destinata a dilatarsi ulteriormente in futuro. 7

»

Infine, Giampaolo Fabris chiude il suo articolo rispondendo ad una

domanda estremamente importante.

»


«

«

Il bricolage e il fai da te | 1 11

Quali sono le motivazioni che accompagnano questa nuova figura sociale, quali bisogni il prosumer soddisfa? Certamente

quelli pratici ed economici, che pure l’hanno originato, non sono i soli e, forse, nemmeno i più importanti.

L’esigenza di una produzione specifica per le proprie necessità che sono sempre, in qualche modo, diverse da quelle

degli altri, costituisce una delle principali ragioni del prosumerismo. Smentendo una solida tradizione sociologica

che vedeva nella crescente massificazione dei consumi e degli stili di vita lo sbocco obbligato delle società industriali

avanzate, il consumatore chiede ora con insistenza prodotti e servizi che riflettano la sua personalità, nei quali sappia

riconoscersi. Perciò comincia a guardare con diffidenza l’omologazione dei propri bisogni a presunti standard medi;

e comincia a manifestare sospetti nei confronti di prodotti o marche di massa. Il passo successivo, quasi obbligatorio

è quello di trasformarsi in piccolo produttore per garantirsi una migliore soddisfazione delle proprie esigenze. […]

il prosumerismo esalta la creatività non più come appannaggio esclusivo di pochi artisti, ma come una potenzialità

presente in ciascuno di noi, da coltivare e arricchire. Si tratta di inventare soluzioni nuove, originali, del tutto coerenti

e in sintonia con i propri gusti, piuttosto che recepire passivamente quelle standardizzate dalla produzione industriale.

Inoltre il prosumer trova nel recupero della manualità un incentivo a un ruolo più attivo come produttore.

Produrre da soli i beni significa, infatti, esprimere anche una manualità altrimenti inespressa. E l’autoproduzione,

quando questa non si identifica con il lavoro, può diventare in qualche modo anche un gioco. Un divertimento per

adulti che ci permette di esprimere come produttori quei contenuti di piacere che sembravano aver divorziato per

sempre dall’homo faber. 8

»

5

Marco d’Eramo, Il Manifesto, 24 Giugno

1984

6

Giampaolo Fabris è stato un sociologo

e accademico italiano. È stato, a livello

nazionale, uno dei maggiori esperti nello

studio del consumatore e della pubblicità e

fondatore di un nuovo approccio allo studio

del consumatore: il cosiddetto Societing.

7

Giampaolo Fabris, L’Espresso, 13 Gennaio

1985

8

Op. Cit.

9

Gabriele Dossena, presidente dell’Ordine

dei giornalisti della Lombardia dal 4 giugno

2013, già consigliere con delega alla

formazione dei praticanti dal 2010 al 2013,

lavora nella redazione Economia del Corriere

della Sera.

9

Gabriele Dossena, Costruisci, ripara,

arredati casa, L’Espresso, 17 Febbraio 1985

In sostanza Fabris afferma che l’individuo vede nel fai da te una opportunità

per realizzare qualcosa che non sia il risultato di un prodotto

di massa. In questo modo il prosumer crea qualcosa che soddisfi al

meglio le proprie esigenze scoprendo il ruolo di “produttore divertito”.

L’Espresso torna sul Bricolage un mese dopo - sul numero del 17

febbraio 1985, con un supplemento di Gabriele Dossena 9 : “Costruisci,

ripara, arredati la casa”. Leggendo le sue parole noteremo un sentore

più commerciale che giornalistico poiché ricco di contraddizioni: da un

lato sostiene che il bricolage sia ormai una pratica diffusa nella popolazione

italiana e dall’altro racconta di interventi che solo una piccola,

piccolissima nicchia di persone potrebbe essere in grado di eseguire.

Sorge spontanea la domanda: il fai da te ha come target un pubblico

generalizzato o di nicchia? Probabilmente questa ambiguità aveva

come scopo di tenere entrambe le risposte aperte in modo da riuscir a

far pubblicità nella speranza di ottenere numerosi contratti pubblicitari

da parte delle aziende del settore, un concetto di bricolage che i fatti,

il tempo e anche il buon senso ha poi ridimensionato, o per meglio dire

rivoluzionato.

Prima si diceva bricolage, poi do it yourself che successivamente è stato tradotto in fai da te. Oggi si parla di prosumersimo

… Il concetto rimane però sempre più o meno lo stesso: l’arte di arrangiarsi con le proprie mani per costruire

oggetti o fare piccole riparazioni in casa, riscoprendo la creatività manuale e risparmiando nel contempo denaro. Un


12

1 | Il bricolage e il fai da te

italiano su cinque, secondo una recente indagine Doxa, appartiene a questa categoria di persone. E soltanto nell’area

milanese sono stati contati un milione e mezzo di bricoleur, o se si preferisce di appassionati al fai da te. [...]

Di fatto i più attenti osservatori del fai da te, che poi sono i fabbricanti di linee speciali di prodotti, l’Italia deve ancora

scontare 30-40 anni di ritardo rispetto agli altri Paesi più evoluti. In pratica quello che oggi si sta riscontrando in casa

nostra, in Inghilterra o in Scandinavia è una tradizione di sempre. Ma l’industria segue attentamente questo fenomeno,

che comunque ha già raggiunto buoni livelli, con la speranza non tanto segreta che si avverino le previsioni di un

vero e proprio boom. Tanto che, tranne rare eccezioni, oggi l’industria offre praticamente di tutto nella versione kit di

montaggio. E tutto o quasi è possibile, costruire con le proprie mani, o semplicemente assemblare seguendo disegni

e istruzioni dettagliatissime. Persino gli aerei, gli “ultralight”, in grado di decollare in uno spazio di 50 metri, si possono

comprare in scatola di montaggio. Ecco allora qualche proposta, tra le più interessanti, offerta da questo vivacissimo

mercato. 10

»

1.2

SECONDA METÀ DEGLI ANNI ‘80: GLI ANNI

DELL’IMMAGINE

Superata la prima metà degli anni ‘80, entriamo ora nell’era dominata

dalla moda, dall’immagine, dalle televisioni private, dalla vita notturna,

dalla cosiddetta “Milano da bere“, dagli eventi culturali e dalle feste

mondane. In questi anni il 70% degli italiani era proprietaria della loro

abitazione, di conseguenza la casa era diventata un bene importante

che doveva adattarsi alle logiche della nuova società dell’immagine

che si stava creando. Essa iniziò ad assumere una connotazione di

bellezza e ricchezza, doveva essere motivo di vanto ed esibizione per

gli amici.

Si inizia dunque a parlare di design e di domotica per arricchire gli

interni. In questa tendenza rientrerà l’oggetto autoprodotto sulla base

delle tecniche del bricolage solo se espressione di una ricerca culturale

che ha poi portato alla creazione o costruzione di un manufatto per

qualche verso prezioso (nel materiale, nella lavorazione, nella scelta dei

colori o quant’altro). Anche in questo caso deve in sostanza essere un

oggetto da mostrare, indipendentemente dal fatto che sia utile.

Di lì a qualche anno, si comincerà a parlare di “bricolage creativo“,

comprendendo finalmente, per la prima volta anche il target femminile.

Naturalmente i lavori di manutenzione e di riparazione della casa non

scomparvero, ma concettualmente entrarono nell’arco delle necessità

e non dell’hobby.

#MODA#IMMAGINE

#MILANODABERE


Il bricolage e il fai da te | 1 13

1.3

#DONNE #BUONGUSTO

#BRIO#FAIPERME

1.4

DAL DO IT YOURSELF AL DO IT FOR ME

In quegli anni è iniziata una enorme evoluzione del bricolage italiano:

sono nati e cresciuti i centri brico che, come vedremo nel prossimo

capitolo, in questi 30 anni vedono un numero esagerato di centri. Era il

1989 quando Ikea ha aperto con grande successo a Cinisello Balsamo,

alle porte di Milano, il suo primo negozio italiano, cambiando il mercato

dell’arredo. Ma più importante è l’introduzione delle donne nel mondo

del bricolage. Sono proprio loro che hanno portato brio e buon gusto.

Senza di loro gli operatori non avrebbero mai iniziato a parlare di decorazione

e di bricolage creativo. Se fino dieci anni prima il bricolage era

considerata una pratica riservata a pochi, ora ha acquisito una valenza

culturale che ne ha consentito un’ampia diffusione.

Le donne hanno portato una ventata di aria nuova nel bricolage italiano

imponendo anche all’uomo la variabile del gusto e dell’estetica affiancando

alla logica del “fai da te” quella del “fai per me”, rivalorizzando

la figura dell’artigiano di fiducia a cui raccontare le proprie esigenze e i

propri desideri.

LE PRINCIPALI CATENE DI BRICOLAGE

ESISTENTI IN ITALIA

Ho accennato all’ingente sviluppo che ha avuto la grande distribuzione

di centri brico della organizzata e specializzata offerta di prodotti per il

bricolage in questi trent’anni. Infatti oggi sfiora i 790 punti di vendita sul

territorio nazionale dei quali 588 diretti e 200 affiliati in franchising, con

una superficie di vendita complessiva pari a quasi 2,2 milioni di mq. 11

11

Secondo i dati contenuti nel Gds Report

2019 (www.diyandgarden.com)

A questo punto gli interlocutori non sono solo i consumatori che finalmente

hanno trovato nei punti di vendita della grande distribuzione

specializzata quell’assortimento e quell’atmosfera che fino ad ora non

avevano mai trovato nelle ferramenta e nei colorifici tradizionali, ma

anche le industrie stesse del settore che garantiscono soddisfazioni

significative di fatturato.

In Italia, a differenza delle grandi catene europee, la grande distribuzione

specializzata non si distingue per la grande superficie dei punti


14

1 | Il bricolage e il fai da te

di vendita, bensì per una filosofia di approccio al consumatore, per la

scelta della multimerceologica e del libero servizio e per il significativo

fatturato che riesce a sviluppare, tenendo conto che sarà sempre una

questione di qualità e non quantità. Piccoli negozi anche nei centri

città alla portata di tutti. Ovviamente in questi anni la situazione si sta

evolvendo e i punti vendita stanno crescendo rapidamente. Soggetto

di analisi saranno OBI, Leroy Merlin, Bricocenter, Brico Io, Brico OK,

Bricofer e Bricoman (ora Tecnomat).

Partiamo con l’analisi di OBI, colosso tedesco della distribuzione di

prodotti per il bricolage approdato in Italia nella prima metà degli

anni ’90 e celebre rispetto alla qualità espositiva della propria merce.

Possiamo infatti dire che esso è stato il precursore delle logiche del

‘category management’, ossia avere a disposizione isole settoriali con

del personale dedicato, il tutto accompagnato da contesti studiati per

avere un impatto estetico e accogliente per il consumatore.

Invece, per quanto riguarda l’offerta dei prodotti e alla vasta gamma

di servizi, bisogna menzionare i due colossi Castorama e Leroy Merlin.

Quest’ultima detiene il primato del punto vendita più grande d’Italia,

nonostante la difficoltà riscontrata a diffondersi nella penisola a causa

della burocrazia e amministrazione italiana. Nel 1996 apre il suo primo

punto vendita a Solbiate Arno, in società con il gruppo Rinascente per

l’integrazione dei negozi Bricocenter (Gruppo SIB: Società Italiana

Bricolage). Nel 2006 il gruppo cambierà nome in ‘Groupe ADEO’ e tre

anni dopo Leroy Merlin Italia acquista tutti i punti vendita Castorama

per essere poi trasformati in 24 Leroy Merlin e 7 BricoCenter. Come

sopracitato, il punto forte del Leroy Merlin sono appunto i servizi offerti,

in particolare i corsi che propongono sia a pagamento che gratuitamente.

Dimostra seriamente di stare vicino al cliente accompagnandolo

nella scelta dei prodotti e spiegando in modo molto semplice come

utilizzarli. I corsi che propongono infatti non sono solo teorici ma anche

pratici proponendo così un approccio intelligente con il bricolage.

Il Bricocenter apre il suo primo negozio a Venaria Reale (TO) nel 1983.

Diventa una catena e, come detto precedentemente, nel 2006 entra a

far parte del Gruppo ADEO. Il Bricocenter è noto per proporre un’iniziativa

che punta a diffondere la cultura della sostenibilità, sviluppando

conoscenze e abilità per riscoprire come l’attenzione all’ambiente ricominci

dall’ambiente domestico e da un fai-da-te sostenibile. Si tratta

del “YES I RI”. Si fonda su quattro pilastri attraverso i quali si invitano i

clienti a risparmiare ed aiutare l’ambiente:

OBI

LEROY M

BRICOC

BRICO

BRICO

BRIC

TEC


Il bricolage e il fai da te | 1 15

ERLIN

ENTER

IO

OK

OFER

NOMAT

• RIpara e RIsparmia

• RIduci e RIcorda

• RIspetta e RIpensa

• RIcicla e RIusa

Yes I RI vuol dire avere cura delle cose e della casa per farle durare

di più, vuol dire riparare sempre tutte le volte che si può, riusare per

evitare sprechi, riciclare e ridurre la produzione dei rifiuti, rispettare la

sicurezza e la salute delle persone, promuovere l’utilizzo di prodotti

rispettosi dell’ambiente.

A questo approccio del ‘RI’ si affiancano tre catene classificate come

le più dinamiche del settore. Stiamo parlando di Brico Io, Brico Ok e

Bricofer. Esse infatti lavorano molto sulle tendenze del consumo e sulle

modalità di comunicazione più adatte per affermare il proprio brand

sia presso la distribuzione che presso i consumatori. Un esempio è il

reparto di decorazione, un comparto presente ormai in tutte le catene,

ma nato con loro e ancora ora leader vista la loro migliore organizzazione

e maggiore gamma di prodotti a disposizione.

In breve la loro storia.

Brico Io S.p.a. nasce con il nome di Marketing Trend S.p.A. nel 1986

da un’idea di un gruppo di imprenditori esperti di grande distribuzione,

gestita dalla società di Coop Lombardia. Il primo punto vendita è stato

aperto nel 1988. Nel 1989, Coop Lombardia entra nel capitale sociale e

ne assume il controllo. Oggi l’insegna identifica oltre 100 punti vendita

specializzati nel fai da te di medie dimensioni, sia a gestione diretta

che in affiliazione, oggi presenti su tutto il territorio nazionale. Ogni

punto di vendita affiliato Brico io, rappresenta quindi una specifica unità

autonoma, che realizza nella propria struttura, una gestione ed una

finalità di impresa manageriale.

Brico OK nasce nel 1995 dall’unione di alcuni imprenditori indipendenti

con l’obiettivo di creare un network che riuscisse a ottenere migliori

condizioni nell’approvvigionamento delle forniture e quindi anche nel

prezzo al cliente, mantenendo il valore della qualità. In breve tempo il

sistema Brico OK ebbe una crescita esponenziale e dai 9 negozi degli

albori si è arrivati nel 2019 a superare i 100 punti vendita sul territorio

nazionale, tutt’oggi in aumento. Da sottolineare l’apertura di punti vendita

di dimensioni molto ridotte che dimostrano la volontà della catena

di entrare nei centri storici della città.

Bricofer ha una storia diversa rispetto a Brico Io e Brico OK. Esso infatti

nasce nel 1979 da Aldo Pulcinelli come negozio di ferramenta a Ca-


16

1 | Il bricolage e il fai da te

stelverde, Roma. 10 anni dopo il negozio ebbe una svolta grazie al figlio

Massimo, il quale ebbe l’intuizione di creare e sviluppare una rete distributiva

propria di punti vendita a gestione diretta e in franchising. Esso

ebbe successo grazie alla continua voglia di rinnovarsi e nella capacità

di valorizzare i propri lavoratori.

Per concludere questo capitolo parliamo di Bricoman, ultimo ma non

meno importante. Esso, come il Leroy Merlin, si tratta di un’azienda

francese nata nel 1998. In Italia approda solo nel 2008 con una formula

pensata e strutturata per offrire ai professionisti e alle piccole imprese

un moderno modello distributivo, incentrato sulla vendita di prodotti

tecnici professionali e di finitura per la manutenzione, ristrutturazione

e costruzione dell’habitat. I punti vendita Bricoman fanno riferimento

ad un pubblico che ha già in mente quello di cui ha bisogno, infatti la

presentazione dei loro prodotti è volutamente spartana ed essenziale.

In questo modo mettono in evidenzia con chiarezza la descrizione del

prodotto, i loro prezzi e le offerte a disposizione. Inoltre i loro prodotti

sono dotati di un packaging ridotto al minimo in modo da dare massimo

risalto al prodotto. Proprio in questo ultimo anno hanno deciso

di rafforzare la propria identità sul mercato cambiato il loro marchio

da Bricoman a Tecnomat. La loro intenzione è quella di dimostrare in

modo più esplicito la loro offerta: marche professionali, prodotti immediatamente

disponibili e in grandi quantità, prezzi trasparenti e meno

cari del mercato, velocità di acquisto e orari da specialisti, ed essere di

conseguenza punto di riferimento nel mondo dei materiali tecnici.


Il bricolage e il fai da te | 1 17


2


Bricolage dal punto di vista della recessione, riuso e design | 2 19

BRICOLAGE DAL P.D.V.

DELLA RECESSIONE,

RIUSO E DESIGN

Dopo aver ripercorso al storia dei principali negozi di bricolage, possiamo

dire come l’usanza del fai da te si stia diffondendo sempre di più.

Infatti stiamo assistendo ad una graduale rivoluzione culturale, sempre

maggiore grazie anche alla situazione post pandemia.

Fino ad adesso abbiamo sempre parlato di fai da te come azione per

riparare oggetti o per rinnovare casa e giardino. Questa necessità

funzionale non è più sufficiente per soddisfare un manufatto costruito

dal bricoleur, sta assumendo infatti connotazioni sempre più estetiche.

In ogni caso si mantengono saldi i punti forti del bricolage: prezzo

e convenienza, semplicità e soprattutto, nei settori del legno e del

giardinaggio, si mette in evidenza una vocazione biologica e ambientalista.

Infatti produrre da soli sembra essere sempre la risposta ad una

necessità più conveniente, opportuna ed ecologica, senza dimenticarsi

di come il bricolage sia un’attività capace di sfruttare appieno le potenzialità

creative di ognuno di noi. L’autoproduzione possiede infatti

concetti imprescindibili per la società di domani, accompagnati dall’influenza

del momento storico che stiamo vivendo improntato sul riciclo

e riuso, riducendo al minimo lo spreco di qualsiasi tipo di materia.

È dunque in rapida diffusione la teorizzazione del riuso e riutilizzo dei

vecchi oggetti, spesso considerati a fine vita. A proposito, Guido Viale

sostiene che:


20

2 | Bricolage dal punto di vista della recessione, riuso e design

«

[…] La cultura del riuso sembra pertanto imprescindibile dalla cultura della manutenzione, al punto che le due cose

possono essere trattate come un’unica modalità di rapportarci alle cose del mondo. […]

La cultura della manutenzione e le competenze tecniche e manuali per sostenerla impregnano e consentono il ricorso

all’usato in tutti quei casi che rappresentano la forma più tradizionale di prolungamento o duplicazione della vita di un

oggetto: cioè quando per garantirne la funzione occorre ripararlo. 12

»

A Bologna esiste una realtà molto interessante che si chiama Remida 13 :

un progetto culturale di sostenibilità, creatività e ricerca sui materiali

di scarto. Esso promuove l’idea che lo scarto, l’imperfetto, sia portatore

di un messaggio etico, capace di sollecitare riflessioni, proporsi

come risorsa educativa, sfuggendo così alla definizione di inutile e di

rifiuto. I materiali che posseggono provengono da circa 200 aziende

che devolvono sfridi, materiali fallati, fondi di magazzino o eccessi di

produzione destinati allo smaltimento, che il Centro recupera e in parte

distribuisce a più di 400 scuole e strutture con finalità socio-culturali, e

in parte utilizza per i suoi progetti. L’Alma Mater Studiorum di Bologna

ha proposto nella primavera del 2021 un workshop nel dipartimento

di architettura e ingegneria in collaborazione con Remida. Il workshop

consisteva nel progettare un organizer secondo le necessità di un altro

individuo partendo dai materiali di scarto provenienti dalla raccolta di

Remida. In questo modo è stata data nuova vita a tanto materiale destinato

alla discarica. Un workshop simile è stato proposto a settembre

2021 alla San Marino-design-workshop-week dall’architetto artigiano

Filippo Mastinu 14 .

12

Guido Viale, La civiltà del Riuso. Riparare,

riutilizzare, ridurre, Laterza, 2010, p. 100

13

ReMida Bologna_Terre d’Acqua è un

Centro di Riuso Creativo dei Materiali

di Scarto Aziendale, gestito e curato

dall’Associazione Funamboli APS, con

il contributo di Geovest e promosso dal

Comune di Calderara di Reno. Dal 2017

l’Associazione rientra tra i circoli Arci di

Bologna.

14

Filippo Mastinu architetto artigiano

proprietario del laboratorio VUD a Trieste.

Torniamo ora al discorso del bricolage e della necessità sempre maggiore

di aumentare il livello di estetica dei prodotti realizzati.

I termini ‘bricolage’ e ‘fai-da-te’ sono messi sempre più da parte e

sostituiti da ‘autoproduzione’ e ‘autocostruzione’, da un lato perché

forse la pratica del bricolage è snobbata dal mondo intellettuale e,

dall’altro, una disattenzione di gran parte dei manager del settore alle

elaborazioni delle nuove tendenze sociali. Ma è attraverso la pratica

del bricolage che i termini autocostruzione e riutilizzo possono trasformarsi

da parole e concetti astratti in proposta concreta e operativa per

i consumatori, portando il settore del bricolage ad affrontare la trasformazione

dei mercati, con un progetto culturale e imprenditoriale di

lungo termine.

Per quanto riguarda la risoluzione del problema dell’aperto estetico del

manufatto bricolage, è sempre più diffusa la nuova tendenza elaborata

dalle figure dei designer: si tratta di proporre progetti studiati nella

Fig.1

Riproduzione in scala del tavolo F e

della sedia P di Enzo Mari. Fotografia di

Federico Torra


Bricolage dal punto di vista della recessione, riuso e design | 2 21

15

Enzo Mari, Autoprogettazione?, Edizioni

Corraini, 2002, p.34

16

Op. cit., p. 48

funzionalità e nel gusto da designer e affidati alla produzione fai da te.

Quindi l’utente, sulla base di disegni e indicazioni redatti dal progettista

designer, può creare l’oggetto in questione partendo da prodotti e

semilavorati che si possono trovare facilmente in commercio nei centri

per il bricolage. Ed è esattamente quello che io vado a proporre come

parte progettuale della tesi.

«

Questa tendenza ebbe la sua prima manifestazione già nel 1974 grazie

ad Enzo Mari con la sua Proposta per un’autoprogettazione. In questo

volume presentava progetti di manufatti da realizzare da sé - composti

da assi in legno e chiodi o viti - ma disegnati con le logiche e il gusto

del design del tempo. In origine veniva fornito il catalogo con le tavole

descrittive necessarie alla realizzazione degli oggetti, per i più pigri era

prevista la possibilità di farsi spedire un kit di montaggio con le assi già

tagliate con le relative istruzioni dettagliate per il montaggio.

Da noi, con più esplicito impegno ideologico e politico, Enzo Mari ha voltato le spalle agli imprenditori illuminati ed ora

propone un disegno antindustriale. […] Ha una finalità sociale: regala progetti, disegni esecutivi: «chiunque, ad esclusione

di industrie e commercianti, potrà utilizzare questi disegni per realizzarli da sé». Non è il «fatelo-da- voi» che gli

americani predicano per il tempo libero; a pensare con le proprie mani, a «fare» i propri pensieri, questi risultano più

chiari, anche se riguardino, putacaso, la politica di Kissinger. […] Mari ha ragione, tutti devono progettare: in fondo è il

modo migliore per evitare di essere progettati. 15

»

Fig.1


22

2 | Bricolage dal punto di vista della recessione, riuso e design

Non è semplice tradurre in inglese la parola italiana “Autoprogettazione”;

letteralmente corrisponde ad auto = self e progettazione = design.

Ma self-design è un termine equivoco perché la parola design ormai

corrisponde ad un orizzonte di oggetti superficialmente decorativi.

Con il Termine autoprogettazione Mari intende un esercizio individuale

da realizzare per migliorare la propria consapevolezza delle ragioni

oneste di progetto. Infatti sostiene che « Solo toccando materialmente

le diverse contraddizioni di questo lavoro è ipotizzabile pensare la

propria liberazione da condizionamenti così profondi 16 »

Analizziamo ora tre casi studio più recenti che hanno portato avanti il

discorso anticipato da Mari.

2.1

CASO STUDIO: RECESSION DESIGN CON

Design fai da te 2.0

«

Lo stimolo culturale del prodotto di design autocostruibile ha avuto

da subito riscontri importanti, un progetto interessante lo si è visto

durante il BricoDay 2009, quando gli architetti di Pop Solid presentarono

il loro progetto “Recession Design”, che nel 2011 divenne un libro.

Costretti dalla crisi economica a riconsiderare i propri bisogni in senso

anticonsumistico del 2008, più di 30 designer, italiani e di altre nazionalità,

hanno dato vita ad un vero e proprio movimento di Recession

Design.

L’idea alla base del progetto è quella di riuscire a costruire dei prodotti

che non risultino necessariamente “poveri” o “giocosi” ma che, al contrario,

dimostrino attraverso la loro purezza e semplicità concettuale

come una buona progettazione possa dare risultati sorprendenti anche

partendo da materiali semplici di facile reperibilità, lavorati e assemblati

con utensili e accessori d’uso comune.

Per noi disegnare e realizzare gli oggetti non significa solo lavorare al

tavolo di disegno, ma anche girare tra gli scaffali per trovare il pezzo

giusto, tagliare il legno, forare, avvitare.

Capire come si costruisce una sedia e provarla è molto diverso dal comprarla:

vogliamo condividere questa sensazione con altre persone. 18

»


Bricolage dal punto di vista della recessione, riuso e design | 2 23

Fig.2

Fig.3

La Recession design prende vita dall’unione tra l’intuizione delle potenzialità

del progetto in un periodo di forte discussione sui meccanismi

produttivi del design tradizionale e dalla possibilità di trasferire alla

progettazione i nuovi metodi di condivisione delle conoscenze quali le

reti social e la filosofia web open source.

La prima collezione Recession Design viene presentata al Fuorisalone

di Milano nell’aprile del 2009. Essa consiste in una serie di oggetti di

arredo per la casa realizzata seguendo semplici regole di progettazione

e di assemblaggio. Il loro lavoro è presto notato da editori e operatori

culturali. Infatti, sul finire dello stesso anno, il museo per le arti

applicate MAK di Vienna invita il gruppo milanese a illustrare il progetto

al pubblico attraverso una live performance che si tiene durante

la design week locale che vede la partecipazione del pubblico nella

costruzione dei loro progetti. La Recession design aveva per l’appunto

distribuito ai visitatori i kit contenenti i materiali e i semilavorati per la

realizzazione di tali progetti. Il pubblico intervenuto durante la serata

ha accolto l’iniziativa con grande entusiasmo assemblando vari oggetti,

aggiungendo, in alcuni casi, anche piccole migliorie o personalizzazioni,

a dimostrazione che il coinvolgimento nella progettazione può

essere interessante, divertente e a volte un vero e proprio stimolo per

nuove attività creative. La risposta del pubblico e della stampa, che

riconoscono i progetti come validi oggetti di design, è molto positiva.

Il modello Recession Design si consolida in pochi mesi come metodo

concreto ed efficace per realizzare “buon design” seguendo una strada

innovativa e inconsueta, introducendo così una visione del fai-da-te

appagante anche dal punto di vista dell’estetica.

L’anno successivo vede una seconda edizione del movimento Recession

Design alla “Milano-Cina Fuorisalone” - questa volta con la

dichiarata sponsorizzazione del Brico Center - presso la China Town

milanese un’iniziativa collaterale al Salone del Mobile promossa da

alcuni docenti della NABA, Nuova Accademia di Belle Arti di Milano - in

cui si è cercato di usare il design come elemento di contatto tra queste

due culture molto diverse, proponendo anche in questo caso una live

performance, costruendo i propri oggetti di fronte al pubblico, lungo la

strada centrale del quartiere.

Nel Salone del Mobile del 2012, presso la Fabbrica del Vapore a Milano,

la Recession Designer presenta al pubblico la sua nuova collezione

di oggetti in un modo inusuale e provocatorio. Semplicemente posizionarono

un enorme libro a pagine bianche su un altrettanto enorme

leggio di legno. Anche in questo caso la partecipazione attiva dei visi-


24

2 | Bricolage dal punto di vista della recessione, riuso e design

tatori è stata fondamentale. Sono proprio loro che hanno creato la esibizione

in diretta: infatti erano stati invitati a disegnare le proprie idee

su quelle grandi pagine vuote che attendevano di essere ricoperte da

tante idee creative. Il numero e le qualità delle informazioni raccolte sul

libro in pochi giorni testimoniarono l’interesse del pubblico al progetto

e fecero riflettere sul valore della condivisione delle idee all’interno del

processo progettuale.

17

Recession Design, Design Fai Da Te 2.0,

Rizzoli, 2011, p.13

Fig.1

Tavolo MAK di Paola De Francesco e

Joao Silva, Recession Design, Design Fai da

te 2.0, Rizzoli, 2011, p. 196

Fig.1

Secchio di Luce di Cristiano Mino,

Recession Design, Design Fai da te 2.0,

Rizzoli, 2011, p. 196

2.2

CASO STUDIO: SUN 2010 RIMINI DESIGN IT

YOURSELF

Sempre nel 2010, questa nuova tendenza ha avuto una consacrazione

ancora più importante con la Factory Sapienza Design dell’Università

La Sapienza di Roma che ha presentato al SUN 2010 di Rimini, un

analogo progetto, chiamato “Design It Yourself”. Uno degli obiettivi

era puntare l’attenzione sul valore della creatività in tempo di crisi: il

fruitore moderno predilige nell’ambito della prospettiva industriale una

produzione sempre più certificata, la riscoperta dell’artigianalità, del

gusto della bottega, dell’unicità del pezzo contrassegnato dalla mano,

dal dettaglio.

18

Intervista a Carlo Martino sul portale

Bricoliamo.com

Sì agli oggetti imperfetti e non seriali: autenticità, il must dell’avvenire.

“Do It Yourself, farlo da soli, realizzare da se i propri oggetti del quotidiano

– spiegava Carlo Martino, docente di riferimento del progetto, in

un’intervista al portale Bricoliamo.com -, sembra essere, oggi, quanto

mai opportuno, per non dire conveniente. Lo può essere per il più

comune obiettivo di realizzare delle economie, ma lo può anche essere

per l’esperienza psicologicamente gratificante che rappresenta. Se, da

un lato è possibile immaginare una riduzione del costo finale dell’oggetto,

per la chiara assenza dell’onere della manodopera, dall’altra è,

invece, possibile immaginare il DIY come un’attività capace di sfruttare

appieno le potenzialità creative di ognuno di noi, come le esperienze

dell’architettura radicale o le teorizzazioni di Gaetano Pesce hanno

insegnato” 18 .


Bricolage dal punto di vista della recessione, riuso e design | 2 25

CASO STUDIO: Hartz IV MOEBEL .com Build

2.3 more buy less!

Fig.1

Bruco di Chiara Ricci all’esposizione di

Rimini del Sun 2010

Fig.1

Collezione progetti di Hartz IV Moebel

Sempre nella prima metà degli anni 10 del 2000, troviamo un altro

personaggio interessante. Ci troviamo ora in Germania con Le Mentzel,

architetto che nel 2010 da avvio ad un progetto di bricolage sociale

chiamato Hartz-IV-Moebel. Per questo nome insolito: “Hartz IV” è il

nome del welfare tedesco - un termine che la maggior parte dei cittadini

tedeschi odia profondamente. La parola tedesca Moebel (mobili)

deriva da “mobile” e rappresenta ciò che i tedeschi amano più di ogni

altra cosa: l’architettura e lo stile di vita. Nel 2012 viene pubblicato l’omonimo

libro creato dalla community. Esso raccoglie tutti i progetti e

le realizzazioni dei progetti stessi da parte dei sostenitori. Mentzel sottolinea

come la community è composta da disoccupati e persone che

guadagnano, giovani e anziani, sani e malati, teorici e pratici, conservatori

e visionari. Persone così diverse che in un contesto quotidiano

probabilmente nemmeno si guarderebbero. Ciò che li unisce è proprio

la loro posizione nel preferire il costruire invece di consumare (costruire

di più, comprare di meno). Tutti i progetti raccolti nel libro si ispirano a

classici moderni senza tempo e sono stati continuamente sviluppati e

aggiornati dalla community (è possibile richiedere le versioni aggiornate

dei progetti edilizi sul sito web, gratuitamente).

Fig.4

Fig.5


26

2 | Bricolage dal punto di vista della recessione, riuso e design

2.4

COSA STANNO DIVENTANDO IL BRICOLAGE E

CHI LO PRATICA

Abbiamo appena visto i segnali inequivocabili di come il bricolage stia

cambiando e si stia trasformando da pura manualità in progetto culturale,

che regala immagine e prestigio a chi lo pratica. Per non parlare

del sempre maggiore clima di aggregazione che esso sta diffondendo.

In questi anni nasce il BricoDay, che grazie al suo immediato successo

dimostra la voglia e necessità di stare insieme e di discutere dei problemi

comuni. In merito a ciò è stata creata la rivista BricoMagazine:

l’occasione annuale dell’incontro e dell’approfondimento in materia.

Bisogna tuttavia sottolineare il duplice approccio che esiste del fai da

te, dei preparatissimi e di chi lo fa solo per necessità. Esso può essere

sintetizzato in due traiettorie: “do it for me” e “do it myself”.

Il do it for me è una nuova tendenza il cui protagonista è la famiglia.

Essa, decide e acquista i prodotti necessari per un determinato intervento

per la ristrutturazione o l’abbellimento della propria casa e affida

in seguito il lavoro ad un artigiano specializzato.

Il do it myself, come visto nei paragrafi precedenti, proviene dal mondo

del design, dalla quale arrivano nuove proposte che risolvono l’annoso

problema della mancanza di gusto estetico nelle costruzioni casalinghe

dei bricoleur.

Cosa sta cambiando grazie al bricolage?

1) Il progettista non è più autore, ma un tecnico al servizio di una

creatività diffusa che lui stesso promuove e dovrebbe essere in grado

di aggiornare ed evolvere informando, stimolando continuamente

l’utente sulle istanze più aggiornate della disciplina del design (vedi

Recession Design). Si cerca di allontanarsi dall’oggetto firmato il quale

diventa ora un servizio, ogni utente costruisce il suo pezzo unico grazie

alle istruzioni a disposizione.

2) Alla produzione di serie del prodotto si sostituisce la produzione

di serie del componente, del semilavorato necessariamente sempre

più flessibile e utilizzabile per diverse applicazioni. Di conseguenza, si

riducono enormemente tutti i costi per produzione e promozione di un

singolo prodotto finito, imballaggio, trasporto, pubblicità, e tutti i rischi

e spreco di risorse pesantissime nei prodotti finiti invenduti. Nel capitolo

successivo verrà affrontata questa problematica. 19

19

Tale argomento verrà approfondito nel

capitolo successivo


Bricolage dal punto di vista della recessione, riuso e design | 2 27

3) Si valorizza e diffonde la figura di un utente progettista e autocostruttore

e quindi consumatore autonomo e critico, che al prodotto

firmato tende a sostituire la sua capacità di inventare e non essere

plasmato dalla moda corrente, avvicinandoci a quell’“uomo artigiano”

proposto da Richard Sennet.

Oggi il bricolage è un movimento ampio e gli appassionati si incontrano

su portali online dove si scambiano istruzioni, vendono autonomamente

prodotti su siti di commercio elettronico come ad esempio Etsy.

Esistono riviste DIY, una miriade di gruppi e blog su Facebook e varie

sottoculture come il “Movimento dei Maker” tecnofilo e il “Craftivismo”

di ispirazione femminista. Sono accomunati dall’apertura, dal desiderio

di scambiare cose e idee e dalla fiducia nella saggezza della folla.

Confinare la conoscenza agli specialisti è un’idea del secolo scorso.

Il giornalista Chris Anderson 20 ritiene di poter già vedere l’alba di una

nuova rivoluzione industriale. Per lui, il Maker, armato di stampante 3D,

computer e di ambizioni imprenditoriali, sarà la figura la figura economica

dominante del futuro. Il credo di Anderson Anderson recita: “Ora

siamo tutti designer”.

20

Chris Anderson (Londra, 9 luglio 1961) è un

saggista e giornalista statunitense, direttore

di Wired USA dal 2001 al 2012.


3


Perché autoprodurre? | 3 29

PERCHÉ

AUTOPRODURRE?

«

«

»

»

Mari, nella prefazione alla prima edizione di Design fai da te 2.0 scrive:

Il mercato globale implica un rinnovo totale delle proposte ogni sei mesi, indipendentemente dalla qualità delle opere

proposte; come accade per la moda. Per ognuna delle dieci tipologie nelle quali si suddivide schematicamente il design

(sedie, tavoli, lampade eccetera) si realizzano in Italia e nel mondo circa diecimila prodotti firmati, ogni anno, da

cinquant’anni. Questo significa che oggi abbiamo alle spalle più di un milione di sedicenti “progetti”. Non sto dicendo

moltissimi. Dico proprio un milione. Provate a contare 1, 2, 3, 4... fino a un milione. A questo numero andrebbero aggiunti

anche tutti i progetti anonimi dei secoli precedenti: in tal caso si dovrebbe parlare di almeno dieci milioni. Non

è quindi più possibile inventare e realizzare nuovi progetti. Al di là di ciò che si afferma “ingenuamente” nelle scuole,

il design oggi risponde a un bisogno unicamente mercantile; quello di apparire diverso, costi quel che costi. Le nuove

generazioni di progettisti vivono questo clima da più di trent’anni. Alcuni si rendono conto delle contraddizioni, molti

altri inseguono il sogno irresponsabile di una “creatività” ripetitiva senza capire bene cosa possa significare e quale

futuro determini. 21

Arriviamo al punto saliente del discorso di Mari:

Su questa premessa, di per sé deprimente, sta emergendo una cosa di fatto positiva. Una parte del pubblico, direi

quasi tutte le nuove generazioni, è disgustata dal proliferare di forme banali firmate (la firma è il vero prodotto), sogna

cose più semplici, meno false. 22

21

Recession Design, Design Fai Da Te 2.0,

Rizzoli, 2011, Prefazione di Enzo Mari

22

Op. Cit.

Quello che serve è un design educativo. Insegnando a costruirsi da soli

i propri mobili, si crea un’occasione importante per imparare qualcosa

sulla produzione industriale e sulla buona progettazione. È cosi che il

consumatore smette di subire le imposizioni del marketing e delle logiche

commerciali, che lo spingono ad affidarsi a un marchio consolidato

per i suoi acquisti. In questo modo diventa un soggetto attivo grazie

a semplici istruzioni che non hanno come solo scopo quello di creare

l’oggetto descritto, ma vogliono essere la base per nuove riflessioni.


30

3 | Perché autoprodurre?

«

Sempre Mari, in 25 modi per piantare un chiodo, si interroga su come

far comprendere al pubblico la qualità di un prodotto:

Se quella stessa gente provasse a costruirsi da sé un mobile, mi dico, forse non ne capirebbe l’intero orizzonte

progettuale, ma potrebbe acquisire quella minima capacità critica utile per quando dovrà comperare, che ne so,

un tavolo. 23

»

Discorso che poi l’ha portato a scrivere il libro Proposta per un’autoprogettazione.

Un tempo, non troppo lontano, era normale costruirsi un banco da

lavoro (ad esempio) assemblando qualche asse tagliata della giusta

misura, oggi invece siamo plasmati dalle mode e invece di trovare oggetti

adatti alle nostre esigenze, siamo noi ad adattarci a loro. Uno dei

vari motivi per cui dopo un breve lasso di tempo vogliamo già sostituirli.

Sarebbe quindi un piccola rivoluzione incredibilmente creativa quella

di ritornare a soddisfare le nostre esigenze creando con le nostre mani

ciò che ci serve.

Quindi… come poter soddisfare questo bisogno emergente? Bisogna

autoprodurselo.

Capire come si costruisce un oggetto e provare a realizzarlo è un’esperienza

molto diversa dal semplice acquisto di un prodotto già confezionato.

Immaginare e realizzare qualcosa non comporta solo buttar

giù un disegno per cercare di esprimere la nostra idea ma, soprattutto,

consiste nell’individuare i materiali, gli attrezzi e le tecniche più adeguate

per poter realizzare la nostra idea nel miglior modo possibile.

L’autoproduzione è quindi un metodo per riscoprire l’indipendenza nel

creare ciò di cui abbiamo bisogno per vivere, staccandoci dall’attuale

sistema produttivo, riducendone la dipendenza andando oltre ai minimi

imposti e aumentando così il piacere nell’utilizzare ciò che viene autoprodotto.

Di norma, i designer lavorano senza essere visti e si fanno vedere solo

quando il progetto è finito. Un designer che progetta qualcosa che

chiunque può realizzare è un po’ come un artista che mostra come

i suoi quadri possono essere copiati. Eppure, il mondo del design e

quello del fai-da-te sono inscindibili. Non si può pensare all’uno senza

l’altro. Il designer è una persona preparata che sa fare qualcosa che

non tutti sanno fare, ma dietro il design c’è una motivazione umana

primordiale: “posso farlo, e lo farò ora, da solo.” Il “Fallo da solo” è

un momento magico di auto-emancipazione che tutti hanno speri-

23

Enzo Mari, 25 Modi per piantare un chiodo,

Mondadori, 2011, p.87

24

Richard Sennett è un sociologo,

critico letterario, scrittore e accademico

statunitense che si è occupato soprattutto

dei temi della teoria della socialità e del

lavoro, dei legami sociali nei contesti urbani,

degli effetti sull’individuo della convivenza

nel mondo moderno urbanizzato.


Perché autoprodurre? | 3 31

mentato, sia il progettista che ha in mente una sedia rivoluzionaria,

sia l’appassionato di fai-da-te che inizia a costruirsela da solo. C’è un

fattore di benessere nel fare le cose da soli. Crea un significato. Dà un

senso di orgoglio. Per il sociologo americano Richard Sennett 24 , come

descritto nel suo libro L’artigiano, questo “sentimento di competenza”

è una delle più importanti fonti di gratificazione emotiva che possiamo

sperimentare, perché ci àncora alla realtà. Il lavoro manuale è un’opportunità

per imparare un’abilità, e “l’abilità è una capacità che sviluppiamo”,

dice Sennett: può dare soddisfazione sia al liutaio che allo sviluppatore

di software. Egli ritiene che dovremmo considerare noi stessi

come esempi di Homo faber - Uomo creativo - e quindi come esseri

umani felici. In questi tempi di globalizzazione e di crescita economica

senza freni, le persone veramente creative sono ribelli.

Quindi ricapitolando: perché autoprodurre?

E’ economico: spesso il risultato ha un costo inferiore rispetto allo

stesso prodotto acquistato.

E’ ecologico: il risultato di per se ha un impatto ambientale inferiore

rispetto al prodotto acquistato, riducendo i vari passaggi produttivi e

di spedizione. Inoltre, scegliendo con maggior cura le materie prime, è

poi possibile ridurne ulteriormente l’impatto riciclando o riutilizzando

strumenti e ingredienti, combattendo così la fast furniture.

È “ribelle”: si va contro la moda e al sistema consumistico

E’ motivo di socialità e discussione: lo scambio di consigli ed esperienze

è fondamentale per perfezionare le tecniche.

Da soddisfazione: la capacita’ di produrre ciò di cui abbiamo bisogno

appaga lo spirito e l’istinto di sopravvivenza. Di conseguenza da piacere

poi consumarlo.

#ECONOMICO#ECOLOGICO

#RIBELLE#DASODDISFAZIONE


32

3 | Perché autoprodurre?

3.1

«

I VALORI DELL’AUTOPRODUZIONE: COSA È

CAMBIATO IN SEGUITO ALLA PANDEMIA

Uno dei punti citati precedentemente sul perché autoprodurre è

proprio quello del valore che l’oggetto acquisisce quando siamo noi

stessi a realizzarlo, la soddisfazione e la sensazione di benessere che si

generano dentro di noi una volta terminato il progetto. La capacità di

sbagliare e non arrendersi, trovare la soluzione ai problemi riscontrati

nella realizzazione e infine l’estrema soddisfazione di aver portato a

termine la missione. Sono tutti valori importantissimi che dovremmo

sempre portarci dentro, soprattutto in vista di questi anni di pandemia

che stiamo trascorrendo. La distanza con le persone, la solitudine provata,

la necessità di trovare qualcosa da fare… come riuscire a recuperare

tutto ciò? È proprio durante questi due anni che le persone hanno

riscoperto il fai da te, tenere mente e corpo impegnati ha aiutato ad

affrontare periodi lunghissimi di solitudine.

Questa necessità di mantenere attive e in contatto le persone l’ha manifestata

Nicola Pellegrini 25 che, vista la chiusura forzata della Galleria

di Milano, ha ideato un progetto che mantenesse in contatto gli artisti,

la galleria e i suoi frequentatori.

Noi ci siamo chiesti: cosa possiamo offrire in base alle nostre capacità, alla conoscenza derivata dal nostro lavoro di

tutti i giorni, che si intreccia così profondamente con le nostre vite? Ci è così sembrato importante offrire un servizio

o diciamo un’opportunità direttamente alle persone a casa in isolamento. [...] Abbiamo chiesto agli artisti di pensare

ad un lavoro che chiunque potesse auto prodursi autonomamente a casa propria durante questi giorni di isolamento

con cose che tutti hanno a disposizione. Alcuni artisti hanno fornito delle indicazioni pratiche per realizzare manualmente

un’opera materiale, come un collage, un assemblage, una scultura o un piccolo film o delle fotografie. Altri

hanno pensato ad azioni che coinvolgono il corpo o gli oggetti domestici ri-contestualizzati come performance. Si

tratta nella maggior parte dei casi di una trasformazione che ci permette di vedere le cose che ci circondano anche

da un punto di vista diverso. Lo scarto è spesso minimo, ma può aiutarci ad immaginare l’inimmaginabile e darci degli

strumenti per auto(ri)progettare la nostra esistenza. Il fatto che, per realizzare le opere debbano essere riciclate cose

che tutti hanno disponibili, ha anche una valenza politica ed ecologica che si contrappone alla spettacolarità di molte

opere presenti nelle grandi mostre e biennali di oggi che hanno spesso costi di produzione altissimi. 26

La riscoperta del fai da te che ha tenuto impegnate le nostri menti nei

periodi di isolamento, ora può trasformarsi in occasione per riavvicinarci

alle persone con cui siamo stati costretti a non interagire per mesi e

mesi, aggiungendo un ulteriore valore dell’oggetto costruito insieme

esattamente come ha fatto Le Mentzel con la sua community Hartz IV

Moebel.com

»

25

Direttore della Galleria di Milano dal 2019

con la collaborazione di Bianca Trevisan e

Toni Merola.

26

https://www.espoarte.net/arte/

autoprogettazione-opere-condivise-altempo-del-covid-19-ricordando-enzo-mari/


Perché autoprodurre? | 3 33

«

«

ASPETTO ECOLOGICO: ANDARE CONTRO LA

FAST FURNITURE

La Recession Design fa una attenta osservazione sull’aspetto ecologico

di un prodotto costruito da se e non comprato già realizzato:

“Lo compriamo o lo facciamo” quell’oggetto che ci piacerebbe avere in casa o di cui abbiamo assoluto e urgente

bisogno?! Se lo compriamo, ormai non sappiamo più dove è stato prodotto, e anche quando è chiaramente scritto

“made in Italy” o “made in China”, quasi sempre è un insieme di componenti proveniente da una parte non meglio

definita del mondo; ogni componente è imballato, sballato, assemblato (non si sa dove), reimbarcato fino al prodotto

finito... che ci portiamo a casa. Quanti chilometri, quanto petrolio consumato per far viaggiare ogni singolo componente,

quanto packaging sprecato per far arrivare il prodotto finito a casa nostra. Se ce lo costruiamo da soli, invece,

consumiamo solo il petrolio necessario per raggiungere il più vicino centro di bricolage o il negozio di vernici e ferramenta

del quartiere: lo costruiamo a casa, il km è quasi zero e il packaging è solo quello dell’imballaggio dei diversi

componenti. Certo, dobbiamo considerare che spenderemo un po’ di energie per costruirlo, forse alla fine ci costerà

di più di un mobile IKEA, ma sarà un oggetto tutto nostro, con cui potremo identificarci con orgoglio: ci piacerà mostrarlo,

durerà molto, potremo aggiornarlo continuamente, migliorarlo e curarlo come tutto ciò che ci appartiene. 27

27

Recession Design, Design Fai Da Te 2.0,

Rizzoli, 2011, pp.252-253

3.2

Capiamo quindi come costruirci da soli ciò di cui abbiamo bisogno

- invece di comprarlo - riduce sprechi ed inquinamenti. Il “fatto da

noi” è insostituibile e duraturo. I designer possono aiutare il bricoleur

suggerendo soluzioni, arricchendo così l’immaginario offrendo servizi

che valorizzino una creatività diffusa, autonoma e a km quasi zero per

guidare il Maker nella realizzazione di un prodotto “fatto da lui”. Ossia

esattamente lo scopo della mia tesi.

Fast furniture, like fast fashion, exploits natural resources, precious minerals, forestry products, and metal,”, afferma

Candice Batista, “The other major issue with fast furniture is the number of toxins found in furniture fabrics and fini-

»

Nel momento in cui costruiamo noi un mobile o qualsiasi oggetto di

arredamento andiamo a combattere la cosiddetta Fast Furniture. È un

termine comunemente usato per descrivere mobili a basso costo, prodotti

in serie e di scarsa qualità, che alla fine si traducono in un pezzo

che ha un ciclo di vita breve. Molti di questi mobili vengono importati

da Paesi come l’Indonesia, la Cina e il Portogallo. Ogni anno questi

mobili affollano sempre di più le discariche per colpa del continuo

cambio di mode e perché realizzati con materiali compositi

Candice Batista, giornalista ambientale, esperta di ecologia e fondatrice

di theecohub.ca, interviene:


34

3 | Perché autoprodurre?

shes. Chemicals like formaldehyde, neurotoxins, carcinogens, and heavy metals. The same goes for the foam.

It’s known as “Sick Building Syndrome” and indoor air pollution, which the EPA actually says is worse than outdoor air

pollution. 28

»

Batista solleva un altro problema rilevante. La tendenza della fast

furniture va oltre l’impatto ambientale. Con il desiderio di avere una

casa alla moda, conveniente e, in un certo senso, rapida e indolore, i

consumatori possono trovarsi ad affrontare anche potenziali rischi per

la salute per via dei materiali nocivi e di poca resistenza di cui sono

costituiti tali mobili.

Per cercare di combattere questo fenomeno si possono provare a

seguire questi consigli:

Prima di acquistare un qualsiasi complemento di arredo è bene informarsi

sui materiali coi quali è stato realizzato. Bisogna quindi cercare

aziende che utilizzano materiali sostenibili e non tossici e verificare se

possiedono qualche certificazione.

Se si ha a disposizione un budget basso, è opportuno acquistare meno

oggetti ma di qualità superiore. A lungo termine fa risparmiare.

Bisogna cercare di non farsi attrarre da ciò che va di moda e quindi

puntare a qualcosa senza tempo cercando magari in mercatini dell’usato

con la possibilità di dargli nuova vita trasformandoli a proprio

piacimento.

Un nuovo concetto attivo da qualche tempo sono i mobili a noleggio

i cui vantaggi sono tantissimi: non ci si deve preoccupare dei traslochi

futuri e si può decidere di cambiare ambientazione tutte le volte che si

desidera.

Ultimo consiglio è auto-costruirseli: nelle prossime pagine vi presenterò

i miei personali progetti.

28

https://brightly.eco/fast-furniture-impacton-environment/


Perché autoprodurre? | 3 35

distributore

materiali

AUTOPRODUZIONE

casa

NO

FILIERA PRODUTTIVA TRADIZIONALE

NO

smistamento

all’ingrosso

negozio


4


Autocostruzione. | 4

37

AUTOCOSTRUZIONE.

4.1

SCELTA PROGETTUALE

L’ultimo capitolo di questa tesi è dedicato interamente alla parte

progettuale che consiste in un set arredamento fai da te. Ho deciso di

intitolarlo Autoscostruzione come provocazione al celebre libro Proposta

per un’Autoprogettazione. La motivazione che sta dietro a questo

nome è dovuta ad una riflessione stessa che ha espresso Mari in una

delle interviste presenti nell’ultima edizione del suo libro. Sottolinea

come i suoi progetti erano formulati per aiutare il realizzatore a mettersi

in un’ottica di autoprogettazione e non di autocostruzione, per essere

in grado di migliorare la propria capacità di valutare criticamente gli

oggetti proposti dall’industria. Con i miei progetti voglio portare avanti

la riflessione di Mari ma come scopo primario ho quello di invogliare il

lettore ad auto costruirsi parte del suo arredamento e magari a indirizzarlo

verso una propria autoprogettazione per altri mobili tenendo in

considerazione aspetti nuovi che ai tempi di Proposta per un’Autoprogettazione

non erano presenti, quali ad esempio l’aspetto ecologico.

Questi progetti non sono altro che la sintesi materica di quanto analizzato

nei precedenti capitoli ed è indirizzato davvero a tutti. Infatti

mi sono posta desi paletti molto rigidi in modo da avere un target più

amplio possibile. Ad esempio ho mirato ad un:

Utilizzo di materiali reperibili in qualsiasi negozio di bricolage,


38

4 | Autocostruzione.

Utilizzo di pochi materiali e numero ridotto di elementi da montare,

Utilizzo di strumenti elementari che tutti hanno in casa,

Assemblaggio più semplice e intuitivo possibile,

Tagli semplici ortogonali realizzabili nelle falegnamerie dei negozi stessi

o a casa se si ha a disposizione una sega circolare,

Costo più economico o alla pari con un qualsiasi mobile da fast furniture.

Mi sono immedesimata in target completamente inesperto realizzando

quindi progetti estremamente semplici che richiedano l’uso di strumenti

elementari che tutti hanno in casa. Ho evitato la presenza di tagli articolati

e cercato di semplificare al massimo gli assemblaggi. Ad accompagnare

l’utente ci sono delle istruzioni che indicano i materiali e gli strumenti

necessari e la posizione dei vari elementi.

Tutti i progetti ovviamente sono pensati per essere modificati e resi

propri da chi li sta costruendo, magari arricchiti da idee e dettagli a cui

io non avevo pensato - infatti ho lasciato alcuni punti scoperti in modo

da invogliare il Maker a capire il progetto, come ha fatto la Recession

Design con i loro lavori.

Qui di seguito verranno presentati progetto per progetto. Il set di mobili

da me formulato consiste in un divano, una poltrona, due librerie differenti,

una lampada ed un tavolo. Inoltre ho aggiunto gli schizzi di un

progetto incompleto in modo da invogliare il lettore a continuarlo. D’altronde

è il compito del designer.


Autocostruzione. | 4

39


40

4 | Autocostruzione.

STUDIO DELLA FORMA ATTRAVERSO SCHIZZI,

4.2 PROTOTIPAZIONE RAPIDA E MODELLI 3D


Autocostruzione. | 4

41


42

4 | Autocostruzione.


Autocostruzione. | 4

43


44

4 | Autocostruzione.


Autocostruzione. | 4

45


46

4 | Autocostruzione.

AutoLib.1 AutoDiv. AutoLamp.


Autocostruzione. | 4

47

AutoPolt. AutoTav. AutoLib.2


48

4 | Autocostruzione.

Modellini in scala 1:5


Autocostruzione. | 4

49


50

4 | Autocostruzione.

AutoDiv.

AutoPolt.

I primi due progetti che presento sono un divano e una poltrona, adatti

a riempire un salotto spoglio. Essi sono stati il punto di partenza da cui

ho ricavato lo stile che ho mantenuto per i restanti prodotti. In particolare

tra i dettagli si notano la seduta che spunta dai bordi e i reggimensola

che fungono da dettaglio sia stilistico che funzionale. Essi infatti

aiutano il costruttore ad ottenere angoli retti con semplicità - senza

l’utilizzo di strumenti appositi - rendono inoltre più stabile la seduta.

Sono sedute basse, pensate per essere riempite di cuscini in modo da

renderle più confortevoli.

Consigli per l’assemblaggio:

•Attaccare l’anima/le anime al centro della seduta con i 4 reggimensola

•Attaccare una delle assi laterali al bordo della seduta e fare successivamente

lo stesso con l’altra asse

•Attaccare gli appoggia gomiti ai due lati della poltrona attraverso uno

strato di colla e vincolati dai reggimensola

•Posizionare il rinforzo sul retro e fissarlo con due viti 4x35 per lato

•Inserire lo schienale nella fessura creata tra la seduta e il rinforzo sul

retro e fissarlo con 3 viti 4x35 per lato


Autocostruzione. | 4

51


52

4 | Autocostruzione.

1

2

3

4

5

6

7

8

9

10

1x tavola in abete 1500x800x20 mm

1x tavola in abete 1500x100x20 mm

2x tavola in abete 800x500x20 mm

2x tavola in abete 800x150x20 mm

1x tavola in abete 1500x800x20 mm

2x tavola in abete 550x330x20 mm

18x reggimensola

72x vite per legno 3x16

6x vite per legno 4x35

Colla per legno

1

4

3

5

2

6

7


Autocostruzione. | 4

53

1

2

3

4

5

6

7

8

9

10

1x tavola in abete 800x800x20 mm

1x tavola in abete 800x100x20 mm

2x tavola in abete 800x500x20 mm

2x tavola in abete 800x150x20 mm

1x tavola in abete 800x800x20 mm

1x tavola in abete 550x330x20 mm

14x reggimensola

56x vite per legno 3x16

6x vite per legno 4x35

Colla per legno

1

4

3

2

5

6

7


54

4 | Autocostruzione.


Autocostruzione. | 4

55


56

4 | Autocostruzione.


Autocostruzione. | 4

57


58

4 | Autocostruzione.


Autocostruzione. | 4

59


60

4 | Autocostruzione.

AutoLib.1

AutoLib.2

Dopo aver realizzato divano e poltrona mi sono cimentata nelle librerie

e ne progettate due, una bassa ed una alta. Si nota come viene ripreso

il dettaglio della mensola che fuori esce e dei reggimensola. In questo

caso i reggimensola vincolano la posizione dei ripiani quindi ho ritenuto

fosse interessante caratterizzare la libreria alta Autolib.1 con una

disposizione particolare delle mensole stesse. La prima si trova ad una

altezza di 20 cm dal basso ed ha una ampiezza di 60 cm, quindi adatta

sia per esporre libri grandi che anche per esporre oggetti. Il secondo

ripiano ha una dimensione standard di 30 cm. Le ultime due mensole

riprendono le misure di quelle precedenti.

Consigli per l’assemblaggio:

•Montare le due coppie di reggimensola sul primo ripiano

•Montare tutte le restanti coppie di reggimensola sulle due assi laterali

•Attaccare il primo ripiano alle due assi laterali, così da facilitare il montaggio

dei restanti ripiani

•Avvitare i restanti ripiani ai reggimensola precedentemente attaccati

sulle assi laterali

•Infine fissare il cavo antivento


Autocostruzione. | 4

61


62

4 | Autocostruzione.

1

2

3

4

5

2x tavola in abete 2000x200x20 mm

2x cavo acciaio 1,80 m con il kit di fissaggio

4x tavola in abete 1000x300x20 mm

16x reggimensola

64x vite per legno 3x16

1

3

2

4


Autocostruzione. | 4

63

1

2

3

4

5

6

7

2x tavola in abete 700x200x20 mm

2x cavo acciaio 2,10 m con il kit di fissaggio

2x tavola in abete 2000x300x20 mm

1x tavola in abete 300x200x20 mm

1x tavola in abete 100x200x20 mm

16x reggimensola

64x vite per legno 3x16

1

1

2

2

6

6

5

4

4

3

3

5


64

4 | Autocostruzione.


Autocostruzione. | 4

65


66

4 | Autocostruzione.


Autocostruzione. | 4

67


68

4 | Autocostruzione.

AutoLamp.

Anche in questo caso il legno è protagonista. I reggimensola fungono

da stabilizzatori della base. Per evitare di dover forare il legno per fissare

la lampadina, è bastato mettere un rinforzo tra le due assi verticali,

attraverso il quale si fa arrotolare il cavo elettrico.

Consigli per l’assemblaggio:

•Incollare il pezzo di legno di rinforzo tra le due assi verticali

•A questo punto basterà inserire nella fessura l’asse di legno per la

base e fissarla con un reggimensola per angolo

•Arrotolare il cavo al rinforzo in alto

•Attaccare al cavo il portalampada e poi la lampadina


Autocostruzione. | 4

69


70

4 | Autocostruzione.

1

3

2

1

2

3

4

5

6

7

8

2x tavola in abete 1800x150x20 mm

1x cavo alimentazione rivestito in corda colorata

1x lampadina modello globo opaca 60w con

portalampada E27

1x tavola in abete 320x150x20 mm

1x listello in abete 150x20x20 mm

4x reggimensola

8x vite per legno 3x16

colla per legno

4

5


Autocostruzione. | 4

71


72

4 | Autocostruzione.

AutoTav.

Anche per il tavolo ho pensato a qualcosa di semplice che mantenesse

la stessa linea di design. Si tratta di un insieme di travi con un ripiano di

compensato. Anche in questo caso i reggimensola servono per irrigidire

la struttura.

Consigli per l’assemblaggio:

•Realizzare in primis le gambe del tavolo incollandole

•Fissare le coppie di gambe con le assi orizzontali piu corte con 4 viti

per gamba

•Fissare con la colla le travi più lunghe ai due estremi e infine posizionare

quella centrale

•Ribaltare la struttura e attaccare i reggimensola

•Posizionare il foglio di compensato e fissarlo con le viti che andranno a

fissare anche le assi di rinforzo.


Autocostruzione. | 4

73


74

4 | Autocostruzione.

1

4

3

2

1

2

3

4

5

6

7

1x tavola compensato 1500x750x4 mm

3x tavola in abete 1500x80x20 mm

10x tavola in abete 750x80x20 mm

4x reggimensola

16x vite per legno 3x16

26x vite per legno 4x36

colla per legno


Autocostruzione. | 4

75


76

4 | Autocostruzione.

AutoSed?

Questa tesi ha senso nel momento in cui chi la sta leggendo è invogliato

nel realizzare i progetti e magari a pensarne alcuni di nuovi. Qui

a fianco sono riportati degli schizzi per una sedia, elemento d’arredo

fondamentale per una casa. Questi schizzi servono da punto di partenza

per una persona che ha voglia di cimentarsi in questo progetto, con

un aiuto iniziale è sempre più facile immedesimarsi in un progetto.


Autocostruzione. | 4

77


78

4 | Autocostruzione.


Autocostruzione. | 4

79


80

4 | Autocostruzione.

4.3

BROCHURE D’ISTRUZIONI

Per guidare il lettore all’assemblaggio di ogni progetto ho realizzato

questa piccola brochure che contiene i passaggi salienti di ognuno.

Per scaricare e stampare la brochure bisogna seguire questo link:

https://drive.google.com/file/d/1op0LpQDuvF3GocNDuk-SArdXtiWgyDdB/view?usp=sharing

AUTOCOSTRUZIONE.

FALLO PURE TU.

1

2

3

PROGETTI

AutoDiv.

AutoDiv. 2-3

AUTOCOSTRUZIONE.

AutoPolt.

4-5

1) Per prima cosa si fissano le anime del

divano. Avvitare i reggimensola (g) all’asse

che funge da seduta (a) in modo da averli

come guida per fissare le due anime (f).

Esse devono rientrare di 15 cm rispetto al

bordo finale della seduta.

2) Avvitare tre reggimensola per asse che

funge da ala (c). Due nella stessa distanza

posizionate per le anime e una in fondo che

servirà per il listello sul retro. A questo punto

attaccare la seduta alle due assi laterali.

Autocostruzione è una piccola famiglia di mobili fai da te ed è composta

da un divano, una poltrona, due librerie, una lampada e un tavolo.

Sono tutti progetti pensati per essere assemblati con semplicità a casa

propria, acquistando tavole di dimensioni standard e tagliate in negozio

per avere le giuste dimensioni. Non è richiesta alcuna esperienza

nel campo.

AutoLib.1

6-7

Autocostruzione è un progetto che vuole avvicinare le persone ad un

arredamento più ecologico e vuole anche essere un esercizio per uscire

dalla propria routine.

Autocostruzione non finisce qui, se ti vengono in mente delle idee

condividile nella mia email per ampliare la famiglia!

AutoLib.2.

8-9

3) Per attaccare le mensole (d) consiglio

di attaccare prima i reggimensola alle assi

laterali per facilitare il posizionamento della

mensola. In questo caso mettere uno strato

di colla tre le parti in legno che entrano a

contatto.

4) A questo punto fissare il listello (b) sul

retro sui reggimensola precedentemente

fissati.

AutoLamp.

10-11

MATERIALI

Progetto di tesi di:

Giulia Nocivelli

2022

AutoTav.

12-13

a 1x tavola in abete 1500x800x20 mm

b 1x tavola in abete 1500x100x20 mm

c 2x tavola in abete 800x500x20 mm

d 2x tavola in abete 800x150x20 mm

e 1x tavola in abete 1500x800x20 mm

f 2x tavola in abete 550x330x20 mm

g 18x reggimensola

h 72x vite per legno 3x16

i 6x vite per legno 4x35

j Colla per legno

5) Inserire lo schienale (a) nello spazio creato

tra la seduta e il listello.

6) Fissare lo schienale con tre viti 4x35 per

lato.


Autocostruzione. | 4

81

4

AutoPolt.

5

6 7

AutoLib.1

1) Per prima cosa si fissa l’anima della poltrona.

Avvitare i reggimensola all’asse che

funge da seduta (a) in modo da averli come

guida per fissare l’anima (f). Essa deve rientrare

di 15 cm rispetto al bordo finale della

seduta.

2) Avvitare tre reggimensola per asse che

funge da ala (c). Due nella stessa distanza

posizionate per le anime e una in fondo che

servirà per il listello sul retro. A questo punto

attaccare la seduta alle due assi laterali.

1) Montare due coppie di reggimensola sul

primo ripiano (c) della libreria.

2) Montare i restanti reggimensola sulle

due assi laterali (a). La distanza tra le varie

mensole è: 10 cm dal terreno, 60 cm dalla

prima, 30 cm e ancora 60 cm.

3) Per attaccare le mensole (d) consiglio

di attaccare prima i reggimensola alle assi

laterali per facilitare il posizionamento della

mensola. In questo caso mettere uno strato

di colla tre le parti in legno che entrano a

contatto.

4) A questo punto fissare il listello (b) sul

retro sui reggimensola precedentemente

fissati.

3) A questo punto, con le assi appoggiate

a terra, fissare la prima mensola tra le due

assi laterali.

4) Mettere in piedi la struttura. Ora sarà

molto semplice posizionare le restanti mensole

e fissarle ai reggimensola.

MATERIALI

a 1x tavola in abete 800x800x20 mm

b 1x tavola in abete 800x100x20 mm

c 2x tavola in abete 800x500x20 mm

d 2x tavola in abete 800x150x20 mm

e 1x tavola in abete 800x800x20 mm

f 1x tavola in abete 550x330x20 mm

g 14x reggimensola

h 56x vite per legno 3x16

i 10x vite per legno 4x35

j Colla per legno

5) Inserire lo schienale (a) nello spazio creato

tra la seduta e il listello.

6) Fissare lo schienale con tre viti 4x35 per

lato.

MATERIALI

a 2x tavola in abete 2000x200x20 mm

b 2x cavo acciaio 1,80 m con il kit di fissaggio

c 4x tavola in abete 1000x300x20 mm

d 16x reggimensola

e 64x vite per legno 3x16

5) Infine si fissa il kit antivento (b) sul retro

della libreria, usando come riferimenti la

prima e ultima mensola

8 9

AutoLib.2

10 11

AutoLamp.

1) Per prima cosa si fissano le anime (d,e)

rispettivamente ad ogni asse che funge da

ripiano (c). Avvitare i reggimensola alle assi

in modo da averli come guida per fissare le

due anime. Esse devono rientrare di 15 cm

rispetto al bordo finale.

2) Fissare le coppie di reggimensola alle

due assi laterali (a) alle seguenti distanze.

Prima coppia a 10 cm dal basso e la seconda

a 32 cm dalla prima coppia.

1) Incollare il pezzo di legno di rinforzo (e)

tra le due assi verticali (a).

2) A questo punto basta inserire al centro

nella fessura l’asse di legno per la base (d).

3) Con tutte le assi per terra per facilitare

l’operazione fissare i ripiani alle laterali.

4) Infine si fissa il kit antivento (b) sul retro

della libreria, usando come riferimenti l’ultima

mensola e a 15 cm dall’alto.

MATERIALI

MATERIALI

a 2x tavola in abete 700x200x20 mm

b 2x cavo acciaio 2,10 m con il kit di fissaggio

c 2x tavola in abete 2000x300x20 mm

d 1x tavola in abete 300x200x20 mm

e 1x tavola in abete 100x200x20 mm

f 16x reggimensola

g 64x vite per legno 3x16

a 2x tavola in abete 1800x150x20 mm

b 1x cavo alimentazione rivestito in corda colorata

c 1x lampadina modello globo opaca 60w con portalampada E27

d 1x tavola in abete 320x150x20 mm

e 1x listello in abete 150x20x20 mm

f 4x reggimensola

g 8x vite per legno 3x16

h colla per legno

3) Fissare l’asse appena posizionata con un

reggimensola per angolo.

4) Infine far fare un giro al cavo (b) in corrispondenza

del pezzetto di legno di rinforzo.

Poi attaccare la lampadina (c).

12 13

AutoTav.

x4

x2

1) Assemblare in primis le gambe del tavolo

realizzando 4 coppie incollate a “L”. (c)

2) Fissare le coppie di gambe con le assi

orizzontali più corte (c) con 4 viti per gamba

(f). Avvitare inoltre i reggimensola come

in figura.

Prosegui questo piccolo libretto con i tuoi progetti!

MATERIALI

a 1x tavola compensato 1500x750x4 mm

b 3x tavola in abete 1500x80x20 mm

c 10x tavola in abete 750x80x20 mm

d 4x reggimensola

e 16x vite per legno 3x16

f 26x vite per legno 4x36

g colla per legno

3) Fissare con la colla le travi più lunghe (b)

ai due estremi e infine posizionare quella

centrale (b).

4) Posizionare il foglio di compensato (a) e

fissarlo con le viti (f) che andranno a fissare

anche le assi di rinforzo.


82

4 | Autocostruzione.


Autocostruzione. | 4

83


5


Conclusione | 5

85

CONCLUSIONE

Il presente lavoro di tesi ha cercato di analizzare lo sviluppo e la diffusione

del bricolage in questi ultimi 50 anni. Abbiamo visto come negli

anni ‘70 era visto come mero Hobby legato quasi esclusivamente al

legno, per niente adatto al pubblico di massa in quanto caratterizzato

da nozioni troppo tecniche. Nel decennio successivo, grazie al profondo

cambiamento che la politica italiana stava vivendo, il fai-da-te ha

iniziato ad insediarsi nelle case degli italiani per mostrare oggetti nuovi

e unici, si inizia così a parlare di bricolage creativo. Il fai-da-te incomincia

ad avere un pubblico più allargato grazie all’intervento della donna

che riuscì ad attribuirgli una connotazione più estetica. Successivamente

iniziano finalmente a diffondersi le grandi catene di bricolage,

fino a insediarsi in ogni città e paese d’Italia. Il Bricolage inizia quindi

ad essere alla portata di mano di tutti. Abbiamo visto poi come nei

primi anni 2000 si inizia a parlare anche di recessione e riuso, avvicinandosi

sempre di più al mondo del design, quindi “fai-da-te” visto

anche come opportunità creativa ed ecologica di riutilizzo di materiali

e oggetti destinati alla discarica. Più si prosegue in avanti negli anni più

il pubblico cerca cose più semplici e vere attribuendo al mondo del DIY

valori sempre più importanti. Saper autoprodurre da soli degli oggetti

significa essere in grado di sviluppare capacità nuove che donano

soddisfazione, vuol dire combattere almeno in parte importanti aspetti

ecologici quali la fast furniture, significa essere ribelli perché si va

contro al sistema consumistico ed è motivo di socialità e discussione.

Tutte queste motivazioni sono racchiuse nel progetto Autocostruzione.,

nel quale, attraverso la presentazione di 6 progetti, ho cercato

di coinvolgere il pubblico ad affacciarsi a questo mondo che magari

prima era visto con occhi diversi oppure era ancora estraneo. Quindi,

in conclusione, posso solo dire di fallo pure tu! Perché Mari ha ragione,

tutti devono progettare: in fondo è il modo migliore per evitare di

essere progettati.


BIBLI


Christopher Stuart, DIY Furniture 2 - a step-by-step guide, Laurence King Publishing, 2014

Enzo Mari, Autoprogettazione?, Edizioni Corraini, 2002

Enzo Mari, 25 Modi per piantare un chiodo, Mondadori, 2011

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Un sincero grazie a chi sa di essermi

stato accanto in questo mio percorso.




07/10/2022

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