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Archeologia XX
2015
dell’Architettura
IL LATERIZIO NEI CANTIERI IMPERIALI. ROMA E IL MEDITERRANEO
Atti del I workshop “Laterizio” (Roma, 27-28 novembre 2014)
a cura di Evelyne Bukowiecki, Rita Volpe, Ulrike Wulf-Rheidt
ARCHEOLOGIA
DELL’ARCHITETTURA
XX
2015
IL LATERIZIO NEI CANTIERI IMPERIALI
ROMA E IL MEDITERRANEO
Atti del I workshop “Laterizio”
(Roma, 27-28 novembre 2014)
A cura di
Evelyne Bukowiecki, Rita Volpe, Ulrike Wulf-Rheidt
All’Insegna del Giglio
INDICE
IL LATERIZIO NEI CANTIERI IMPERIALI. ROMA E IL MEDITERRANEO
ATTI DEL I WORKSHOP ‘LATERIZIO’ (ROMA, 27-28 NOVEMBRE 2014)
8 Evelyne Bukowiecki, Rita Volpe, Ulrike Wulf-Rheidt, Introduzione
ROMA
13 Marialetizia Buonfiglio, L’utilizzo di laterizi nella costruzione augustea del Teatro di
Marcello
20 Heinz J. Beste, Evelyne Bukowiecki, Il materiale laterizio nei cantieri del cosiddetto
Padiglione della Domus Aurea
26 Evelyne Bukowiecki, Ulrike Wulf-Rheidt, Approvvigionamento dei laterizi nei cantieri
palatini
31 Federica Michela Rossi, Scelta, lavorazione e messa in opera dei laterizi nell’esedra sud
occidentale delle Terme di Traiano
38 Maura Medri, Le Mura di Aureliano: studi in corso sui paramenti laterizi della prima fase
di costruzione
45 Evelyne Bukowiecki, Ulrike Wulf-Rheidt, Trasporto e stoccaggio dei laterizi a Roma:
nuove rilessioni in corso
50 Elisabetta Bianchi, Carla Martini, La nuova schedatura della collezione di bolli laterizi
dell’Antiquarium Comunale di Roma
54 Silvia Alegiani, Un esempio di catalogazione di bolli laterizi anepigrai a Roma
60 Heinz J. Beste, Fedora Filippi, I nuovi laterizi della Domus Aurea
65 Riccardo Santangeli Valenzani, L’uso del laterizio a Roma nella tarda Antichità e nell’alto
Medioevo
69 Daniela Esposito, Tecniche costruttive con laterizi a Roma e in area romana fra XIII e XIV
secolo
75 Elisabetta Pallottino, Costruire in laterizio nell’area romana tra XVI e XIX secolo:
produzione, apparecchi, vocazione estetica
ITALIA
81 Hélène Dessales, La produzione laterizia a Pompei: adeguamento di un materiale e
organizzazione dei cantieri urbani
90 Marco Bianchini, Heinz J. Beste, L’uso strutturale del laterizio nell’Aniteatro Campano
97 Silvia Aglietti, Laterizi bollati dai castra Albana e dalle canabae legionis
105 Jacopo Bonetto, Diffusione ed uso del mattone cotto nella Cisalpina romana tra
ellenizzazione e romanizzazione
114 Tina Kompare, Tegole romane in Istria nord-occidentale: prodotto complementare di igline
anforarie?
120 Elizabeth J. Shepherd, Tegole piane di età romana: una tipologia inluenzata dalle culture
“locali”, una difusione stimolata dall’espansione militare
MEDITERRANEO OCCIDENTALE
135 Lourdes Roldán Gómez, Macarena Bustamante Álvarez, he production, dispersion
and use of bricks in Hispania
145
Stefano Camporeale, I laterizi della Mauretania Tingitana. Materiali per una tipologia
158 Benjamin Clément, Approvisionnement et organisation de la production de terre cuite
architecturale en Gaule. L’exemple de la colonie de Lugdunum (Lyon)
MEDITERRANEO ORIENTALE
171 Marcello Spanu, Note sull’impiego del laterizio in Asia Minore durante l’età imperiale
179 Massimo Vitti, Costruire a Salonicco in epoca romana: il laterizio e il suo impiego
190 Paolo Vitti, La costruzione nel Peloponneso romano: tradizione, sperimentazione e
innovazione nell’uso del laterizio
206 Goran Nikšić, he use of brick in Diocletian’s Palace at Split
SESSIONI TEMATICHE
213 Ulrike Wulf-Rheidt, Laterizio, progetti XXL e potere imperiale
220 Henner von Hesberg, Laterizio e romanizzazione
226 Janet DeLaine, he production, supply and distribution of brick
231 Rita Volpe, Laterizio: scelta, trasporto e organizzazione dei cantieri
238 Lynne C. Lancaster, Bricks and tiles, innovations and the transmission of technical knowledge
Archeologia dell’Architettura
XX 2015, pp. 120-132
Elizabeth J. Shepherd*
Tegole piane di età romana: una tipologia influenzata
dalle culture “locali”, una diffusione stimolata
dall’espansione militare
“Data! Data! Data!” he cried impatiently.
“I can’t make bricks without clay”
A. Conan Doyle, he Adventure of the Copper Beeches, 1892
1. “Studiare le tegole?
Ma perché, non sono tutte uguali?”
La copertura tradizionale dei tetti con tegole e coppi,
di tipo sostanzialmente identico a quella antica, è ancora
oggi comune in ambito mediterraneo. Questa familiarità
è stata forse la prima causa della sua mancata accettazione
tra gli argomenti di studio comunemente ammessi dagli
specialisti di antichità, unita alla resistenza all’analisi degli
elementi da costruzione non pregiati, che solo da poco
tempo sono oggetto di studio 1 .
Tuttavia, nell’ambito degli studi di architettura antica,
l’analisi degli elementi costruttivi (in quanto funzionali,
non solo in quanto decorativi) ha una lunga e onorata
tradizione 2 , che però ancora oggi non riesce a diventare
prassi comune della ricerca archeologica, a livello di lavoro
sul campo e di successiva analisi e pubblicazione 3 .
Non si tratta solo del recupero di elementi sporadici
o di riuso; perino interi crolli di tetto si scavano solo
eccezionalmente con la necessaria attenzione, registrando
gli elementi funzionali e strutturali importanti per la ricostruzione
dell’alzato (tra i quali anche le caratteristiche
tipologiche dei laterizi); ed è purtroppo la norma che intere
necropoli a cappuccina vengano scavate senza nessuna
attenzione al modo di costruzione delle sepolture 4 e meno
* ICCD – Aerofototeca Nazionale, Roma (elizabethjane.shepherd@
beniculturali.it).
1
V. ad es. vari saggi in Brique antique 2000.
2
A partire dagli studiosi di architettura antica di età illuministica e
quindi positivistica, specie stranieri, molto attenti a tutte le soluzioni ingegneristiche
tra cui la costruzione dei tetti: ad es. Encyclopédie 1762, s.v. tuilerie;
Valadier 1828; Dörpfeld 1881; Choisy 1873; Olympia 1890-1897; Durm
1905, tutti ancora utili.
3
Ci sono ovviamente delle felici eccezioni: oltre a Wikander 1986; Wikander
1988; Wikander 1993 (imprescindibili per il metodo e l’ampiezza dello
sguardo), ne cito solo alcune: Campagnoli 1988; Campagnoli 1993; Uboldi
1991; Medici 1997; Carter 1998; Rescigno 1998; Warry 2006; Warry 2006a;
Camporeale 2004-2005; Camporeale 2008; Koskinas 2011. Ad esse vanno
aggiunti Steinby 1973-1974; Steinby 1979; Steinby 1993 che, pur essendo
incentrati sui bolli laterizi, deiniscono in modo esemplare anche la necessità di
rilevazione dei correlati dati tipologici; Crawford 2011, che in un corpus dedicato
all’epigraia italica ha esplicitato la necessità di porre attenzione al dato tipologico
delle tegole (I, p. 61); e il lavoro etnoarcheologico di Winter, Hampe 1965 sulle
coperture a coppi. Per lo stato dell’indagine tipologica e la relativa bibliograia,
rimando a Shepherd 2006c, pp. 263-268 e ig. 239; Shepherd 2007, pp. 60-62.
4
Che invece potrebbe parlarci di tradizioni costruttive e consentire
raggruppamenti signiicativi, anche a ini cronologici. Esemplare al riguardo
Carter 1998, sulle necropoli della chora di Metaponto.
che mai alla tipologia degli elementi costruttivi (che, dati
anche l’ingombro e il peso, ancora meno si raccolgono e
si conservano per un’analisi successiva). Di conseguenza,
è del tutto eccezionale che nelle relative edizioni si pubblichino
i laterizi 5 .
In questa situazione, ancora perdurante dopo decenni
di accorate segnalazioni 6 , è impossibile elaborare un quadro
sostanziato ed attendibile della difusione e del portato
culturale ed economico di questa produzione artigianale
antica, che – si badi bene – è la più cospicua ed intensiva
produzione dell’architettura classica. Per raccogliere i dati
è ancora necessario aidarsi ad una vera e propria interpretazione
della documentazione fotograica, nei rari casi che
mostrino elementi di copertura in condizioni identiicabili,
mentre i contributi speciici sono ancora troppo sporadici.
L’ostinazione nel trascurare questo settore della cultura
antica trova eccezione solo se il laterizio è decorato
o connesso ad una decorazione architettonica, o se reca
un dato epigraico (graito o bollo). Ma in questi casi,
tuttavia, l’eccezione è solo apparentemente tale, perché le
relative pubblicazioni si corredano sempre di illustrazioni
di terrecotte o di bolli debitamente scontornati. Un’evidente
dimostrazione della perdurante forza della tradizione
estetica ed epigraica dell’archeologia italiana, degna degli
antiquari del passato.
A tutto ciò va aggiunta una notazione di tipo quasi
psicologico. Con quella che nell’analisi cognitivo-comportamentale
si chiama un’inferenza arbitraria, gli studiosi che
agiscono in una delle aree di prevalenza tipologica, di cui qui
trattiamo, danno per scontato che tutte le tegole antiche siano
identiche a quelle di cui si occupano, e anche per questo
motivo non ritengono di doverne segnalare i tratti tipologici.
Così numerosissimi studi sui bolli della produzione laterizia
“urbana” non segnalano mai il dato tipologico, né lo fanno
altrettanto numerosi studi di bolli della produzione laterizia
“adriatica”; e si operano confronti tra bolli e dati epigraici
presenti sull’uno o sull’altro tipo, senza pensare che anche
5
Tra le eccezioni, e in tempi non recenti, è l’eccellente lavoro di L.
Mercando sulle necropoli marchigiane: Mercando 1974; Mercando 1979;
Mercando 1985.
6
Cfr. Wikander 1988, p. 203; Knoop 1992, p. 92; Steinby 1993, p.
10; Warry 2006, p. 1; Shepherd 2006c, pp. 263-264; Shepherd 2007 pp.
62, 80-81; Shepherd 2015a; Shepherd 2015b.
TEGOLE PIANE DI ETÀ ROMANA 121
la tipologia può essere un dato caratterizzante, se non dirimente,
per individuare i diversi produttori e il loro ambito
culturale di provenienza e di azione.
2. Tegole con risega, tegole con incasso
Nell’Italia romana sono in uso, nelle coperture degli
ediici come in svariati altri impieghi edilizi, prevalentemente
due diversi tipi di tegola piana 7 che si diferenziano
per la tecnica di giunzione e di sovrapposizione (ig. 1):
1) la tegola con risega;
2) la tegola con incasso.
Entrambi i tipi sono presenti in Italia e in Sicilia
in dall’introduzione, alla metà del VII secolo a.C., del
sistema di copertura c.d. “misto” o “ibrido”, costituito
dalla tegola piana del sistema “protocorinzio” e dal coppo
‘semicilindrico’ del sistema “laconico” 8 (ig. 2). L’analisi
della distribuzione cronologica e geograica dei due tipi
lascia però intravedere l’esistenza di alcuni macro-ambiti
culturali di appartenenza, oltre ad alcune aree dove è
possibile constatarne una compresenza, sempre quantitativamente
diseguale.
Dal punto di vista morfologico, ‘incasso’ e ‘risega’
interessano l’estremità inferiore di una tegola, nel punto
di contatto con la tegola successiva (ig. 3). L’incasso è
una cavità di forma grossomodo parallelepipeda, ricavata
inferiormente nella parte esterna dell’estremità più
spessa dell’ala; la risega è un incavo che interessa tutta
la parte esterna dell’estremità. Dal punto di vista della
realizzazione dei pezzi, fabbricare una tegola ad incasso è
più complesso che non fabbricarne una a risega, poiché
la cassaforma richiede più passaggi e maggiore attenzione
nella lavorazione 9 .
Dal punto di vista operativo, i due tipi diferiscono per
il modo con cui si combinano al momento in cui li si mette
in opera su di un tetto. La tegola a incasso si sovrappone
alla successiva 10 per mezzo di un’azione di agganciamento
(in pratica, sono elementi autobloccanti); la tegola a risega
si sovrappone invece “per imbocco”, cioè per mezzo dello
scorrimento della tegola superiore su quella inferiore 11 .
Queste diverse modalità di collegamento determinano
comportamenti costruttivi diversi nel modo di rivestire
un tetto: le tegole a incasso devono essere il più possibile
uguali, pena l’impossibilità di agganciarle (e infatti sono
sempre rettangolari), mentre quelle a risega, generalmente
7
Il termine tegola identiica l’elemento piano di copertura del tetto con
margini longitudinali rilevati (lt. tegula). In italiano esiste anche il sinonimo
“embrice” (dal lt. imbrex); tuttavia il termine latino indicava il coppo, la tegola
curva che copre la giuntura tra due tegole piane. Uno slittamento semantico
che potrebbe sfociare in equivoci terminologici e ne sconsiglia l’uso alternativo
a tegola. Per i vari tipi di tegola, oltre quelli qui trattati: Shepherd 2007, pp.
58-60, ig. 1.
8
Wikander 1988; Rescigno 1998, pp. 30-31; Winter 2009, pp. 7-47.
Per il termine ‘protocorinzio’: Hellmann 2002.
9
Su ciò rimando a Shepherd 2006b, pp. 169-172.
10
Si fa riferimento alla disposizione sul tetto per ile verticali, disposte
parallelamente. La tecnica costruttiva tradizionale prevede che le tegole vengano
disposte sul tetto a partire dal basso (gronda) verso l’alto (colmo); i singoli
elementi vengono sovrapposti a partire dalla tegola di gronda, sovrapponendo
l’estremità inferiore della successiva all’estremità superiore della precedente.
11
Mutuo la terminologia dei due sistemi tecnici di assemblaggio da
Rescigno 1998, pp. 31, 46. Cfr. anche la tavola sinottica delle tipologie edite
di tegole piane in Shepherd 2006c, ig. 239.
ig. 1 – Tipologia delle tegole piane di età romana.
a
b
c
ig. 2 – a) tetto laconico; b) tetto corinzio; c) copertura “mista”
(rielab. da Ginouvès 1992, tav. 82).
122 E.J. SHEPHERD
ig. 3 – Tegole a risega (s.) e ad incasso (d. e fascia inf.) (Durm 1905, ig. 188).
tendenti al trapezoidale, permettono un gioco maggiore e
possono essere anche di dimensioni diverse.
Niente ci autorizza a pensare che l’adozione dell’uno
o dell’altro tipo sia casuale; l’analisi della difusione e il
collegamento del dato tipologico ad altri fattori, quali
il contesto di rinvenimento, il dato cronologico, il tipo
di impiego edilizio, l’associazione con altri elementi (in
particolare epigraici: bolli e graiti), possono fornire
spunti interpretativi che potrebbero fare luce sui motivi
economici e culturali alla base della scelta.
2.1 La difusione delle tegole a risega
Il tipo a risega (ig. 4) discende senza particolari
variazioni di struttura dalle tegole arcaiche dell’Etruria
centro-meridionale, del Lazio e della Campania, esempliicate
dalle tegole tipo Wikander IC e II trovate a Murlo,
Acquarossa, Satricum, Veio, Roma 12 . Si ritiene che il tipo
Wikander II sia stato introdotto dal mondo greco in Etruria
settentrionale, a Murlo, già dalla metà del VII secolo
a.C. e si sia successivamente difuso nel Latium vetus ino
a diventare, nel V secolo a.C., l’unico tipo prodotto in entrambi
i distretti; dall’ultimo ventennio del VI secolo a.C.
il tipo è anche l’unico attestato più a nord, a Marzabotto 13 .
In Etruria settentrionale il tipo con risega è presente,
oltre che a Murlo, nell’abitato dell’Accesa (VI secolo
a.C.) 14 ; a Roselle, nella Casa dell’Impluvium (VI-inizi V
secolo a.C.) 15 ; a Volterra, acropoli (ine VI-II secolo a.C.) 16 ;
12
Wikander 1993, pp. 36, 38; altri riferimenti in Shepherd 2006c,
p. 269.
13
Briquel 1997, pp. 96-100.
14
Giuntoli 1997.
15
Donati 1994, pp. 45-47.
16
Volterra 2003, pp. 126-142.
a Chiusi, nell’ediicio del Petriolo (550-490 a.C.) 17 . In un
recente saggio di A. Naso sulla difusione delle tegole ittili
in età preromana 18 , in cui non è considerato l’argomento
tipologico, sono censite 10 località del versante adriatico
(Marche, Emilia Romagna, Veneto), per sole 3 delle quali
(Matelica e Moscosi di Cingoli (MC), Pesaro) mi è stato
possibile veriicare la presenza di tegole del tipo a risega;
le altre rimangono purtroppo indeinite.
Le grandi produzioni “urbane” di tegole, difuse lungo
il corso del Tevere, sono – a quanto consta – sempre di tipo
a risega. In assenza di dati speciici, sono stati interpellati
a questo riguardo vari studiosi, che hanno confermato
di non aver rilevato inora la presenza di bolli urbani su
tegole ad incasso 19 .
2.2 La difusione delle tegole con incasso
Il tipo ad incasso sembra essere particolarmente
difuso nel mondo magnogreco, dove ha una vita lunghissima
(VI sec. a.C.-VI sec. d.C. 20 ), con due varianti nella
conformazione del proilo dell’ala: a quarto di cerchio o
rettangolare. Lo troviamo in Sicilia e nell’Italia meridionale,
in particolare in Campania, dove viene impiegato a
Pitecusa, Capua e Sant’Angelo in Formis, Nola, Minturno
a partire almeno dalla seconda metà del VI secolo a.C. 21 ; a
Pompei e nelle città vesuviane, per le quali E.M. Steinby
ha notato che rappresenta la schiacciante maggioranza
17
Gastaldi 1998, pp. 138-139; Moretti Giani 1998.
18
Naso 2010.
19
Per le informazioni ringrazio E. Bianchi, R. Cascino, F. Fabiani, G.
Filippi, T. Gasperoni, G. Paolucci, G. Scardozzi, E.M. Steinby.
20
Per il termine inferiore della cronologia: Arthur, Whitehouse 1983,
pp. 529-530, ig. 3.
21
Rescigno 1998, 46 e, nel testo, alle località citate; Regis 2011.
TEGOLE PIANE DI ETÀ ROMANA 123
ig. 4 – Necropoli in loc. Balena (S. Casciano dei Bagni, SI), tb.
42. Tegola a risega (Shepherd 2013, tav. VI.2).
delle tegole piane prodotte o usate tra l’età sannitica e il
79 d.C. 22 (ig. 5). La zona di produzione di queste tegole
è stata localizzata nella zona di conine tra Lazio e Campania
23 , ma anche nel territorio di Ercolano 24 .
Tegole ad incasso sono prodotte in Calabria, dove
in da età arcaica è iorente il commercio dei laterizi con
la Sicilia e con Lipari. Le numerose tegole della necropoli
brettia di Treselle di Cetraro (CS), di IV-III sec. a.C. 25 ,
sono tutte ad incasso; così come la ‘tegola di Pellaro’, con
iscrizione in greco ante cottura che menziona i lavoranti
di un’oicina di Reggio, trovata nella necropoli di Occhio
di Pellaro (CS), in uso tra il II sec. a.C. e il I sec. d.C. 26 ;
le tegole bollate da M. Arrius Clymenus, difuse nel I sec.
d.C. a Blanda Iulia (od. Palecastro di Tortora, CS) e nel
suo territorio 27 ; le tegole nei livelli di crollo delle terme di
I sec. a.C.-II sec. d.C. sotto palazzo Sersale, a Cosenza 28 .
Spingendoci verso nord, in Etruria settentrionale sono
note due aree di produzione di tegole ad incasso, databili
tra la ine del I secolo a.C. e i primi decenni del secolo
successivo: le iglinae Transtagnenses, forse da collocare
nell’agro cosano, i cui prodotti trovarono impiego nella
villa di Setteinestre 29 ; e l’area produttiva del Vingone
(ig. 6), nell’agro iorentino, legata alle forniture per la
22
Steinby 1979.
23
Steinby 1979; Steinby 1993, p. 10.
24
Pagano 1990.
25
Mollo 2001, igg. 20-23.
26
Lazzarini 1989; Clemente 2015, ig. 26 (dove è visibile l’incasso).
27
La Torre 2003, pp. 55-56, con bibl.
28
Cerzoso, Tosti 2014, ig. 4.
29
Manacorda 1985, pp. 102-103; Shepherd 2006c, p. 269; Shepherd
2007, p. 66, ig. 14.
ig. 5 – Pompei, Basilica: tegole ad incasso (Maiuri 1951, ig. 4).
costruzione della colonia e della centuriazione di Florentia,
in età augustea 30 .
Nel territorio di Murlo (SI), oggetto di ricognizione
sistematica da parte dell’Università di Siena 31 , sono state
identiicate tegole a risega, attribuite al periodo etrusco, e
ad incasso, attribuite al periodo tardo repubblicano-proto
imperiale; di esse non è noto il luogo di fabbricazione, né
lo è quello delle numerose tegole ad incasso usate per foderare
la vasca centrale del grande balneum di Mezzomiglio
(Chianciano, SI), tutte munite di bollo consolare del 114
d.C. Vop(isco) et Hast(a) co(n)s(ulibus) (CIL, XI 6689, 2) 32 .
In area adriatica sono ad incasso le tegole usate nella
fondazione di Ariminum 33 e di Aesis 34 ; a Portorecanati 35 ;
in larga parte del Piceno: nell’ager Firmanus, ad esempio,
recenti ricerche hanno stabilito il predominio assoluto di
30
Shepherd 2006a, pp. 24-25; Shepherd 2015b.
31
Campana 2001, pp. 219-221, tav. LI, 6 (risega), 7 (incasso). Questo
studio appare tra i più seri: dei laterizi rinvenuti in ricognizione sono state
efettuate campionature degli impasti, quantiicazioni e identiicazione delle
caratteristiche tipologiche.
32
Romer 2006. A proposito dei bolli consolari fuori di Roma (per es. le
tegulae agri Piacentini, Veleiatis, Parmensis ILLRP, 1151-1570; i bolli dei consoli
del 210 e 211 d.C.) sarebbe interessante controllare se è possibile identiicarne
la tipologia, ad ulteriore controllo dell’area di produzione.
33
Biordi 1980, ig. 78; Biordi 1993, pp. 13-132, igg. 5, 8.
34
Brecciaroli Taborelli 1998, p. 25, igg. 24, 39-40.
35
Mercando 1974, 407-409, igg. 335-341; Mercando 1979, 184-
185, igg. 99-101.
124 E.J. SHEPHERD
3. Zone di compresenza
ig. 6 – Vingone (Scandicci, FI). Tegola ad incasso di Sex. Avidius
Maxsimus (Shepherd 2006, ig. 159).
questo tipo 36 . Anche la grande produzione di tegole con
bollo Pansiana è di tipo ad incasso 37 . Le fornaci emiliane
producevano tegole ad incasso, come quelle stoccate nella
fornace di Gavaseto 38 (S. Pietro in Casale, BO) o come
quelle di Calderara di Reno (BO) 39 . A Marzabotto, dove
ai tempi della presenza etrusca era esclusivo il tipo a risega,
l’introduzione di quello ad incasso in alcune sepolture
contraddistingue l’avvento della romanizzazione 40 . Questo
caso è notevole perché, in una tomba a cappuccina priva
di corredo e altrimenti indatabile, le tegole ad incasso
divengono l’unico indicatore cronologico.
Inine, sono regolarmente di tipo ad incasso le tegole
fabbricate dalle/per le legioni romane dislocate alla frontiera,
dal limes settentrionale alla Britannia, alla Spagna e
al Nord Africa 41 .
Non si è a mio parere ancora suicientemente sottolineato
che è proprio questo tipo ad incasso ad essere
portato dai Romani nella loro espansione colonizzatrice,
prima nell’Italia centrale e lungo la dorsale adriatica, ino
ai conini settentrionali e oltre, e quello che verrà usato e
trasmesso dall’organizzazione militare della conquista 42 .
36
Menchelli 2012, p. 64 e ig. 13, con bibl. Per il Piceno in generale:
Delplace 1993, pp. 138-141; Ciuccarelli 2012.
37
Da ultimo Pellicioni 2012, con bibl. (senza identiicazione tipologica,
ricavabile da varie igg. nel testo che mostrano tegole intere, e da Mercando, cit.
a nota 35). Per le tegole della Pansiana si vedano le utili carte di distribuzione
dei bolli in Matijasic 1987, che identiicano anche l’area adriatica di difusione
di queste tegole ad incasso; su ciò si veda ora Kompare, in questo volume.
38
Gavaseto 2007.
39
Campagnoli 2000, p. 95.
40
Vitali 1978, 92-95.
41
Quadro generale in Warry 2006, 2010; Camporeale 2008; Dolata
2014, p. 23, ig. 47.
42
Shepherd 2007, con riferimenti.
La maggior difusione di un tipo in una determinata
aerea non preclude però l’uso anche di elementi dell’altro
tipo, anche se mai con percentuali alla pari. Questa compresenza
è stata riscontrata con certezza in alcuni casi, ma
ancora una volta l’assenza di dati speciici a livello generale
impedisce di fare molto di più della notazione sporadica del
fenomeno. Citiamo di seguito alcuni esempi, rimandando
per un quadro più esauriente alla tabella edita nel 2006 43 .
a) Una convivenza “antica” è stata rilevata per la Campania.
Il tipo a risega (Rescigno “tipo A”), introdotto nella prima
metà del VI sec. a.C., è prevalente in età arcaica; nella
seconda metà inoltrata appare anche il tipo ad incasso
(Rescigno “tipo B”). Per un certo periodo i due sistemi di
assemblaggio sembrano aver convissuto 44 .
b) A Pompei, tra I sec. a.C. e 79 d.C., tegole a risega
di importazione urbana, sia pure in quantità limitata,
coesistono con le tegole ad incasso, nelle due varianti di
proilo dell’ala 45 .
c) Anche a Pisa, in età arcaica, è attestato l’uso di entrambi
i tipi, con ovvia prevalenza di quello a risega 46 .
d) Per Chiusi e il suo territorio, tra III e I secolo a.C., è
noto uno dei rari casi ben documentati di compresenza dei
due tipi, grazie allo studio del consistente nucleo di tegole
iscritte impiegate per la chiusura dei nicchiotti delle tombe
47 : su 210 tegole, 205 sono del tipo a risega (datate III-I
sec. a.C.) e 5 sono del tipo ad incasso (ine II-I sec. a.C.).
Su queste ultime, le iscrizioni più antiche sono in lingua ed
alfabeto etruschi, le più recenti in lingua ed alfabeto latini:
mentre le prime indicano la coesistenza di genti etrusche
con nuovi modi di costruire introdotti dal mondo romano,
le seconde mostrano uno stadio di romanizzazione ormai
consolidato, a maggior ragione dopo l’acquisizione della
cittadinanza romana nel 90 a.C. 48 .
e) A Populonia, in età romana, il tipo di tegola in uso è
ancora, come prevedibile, quello tradizionale a risega 49 .
Tuttavia, dalla «copertura di una tomba ad inumazione del
sepolcreto romano» 50 nella zona del porto proviene almeno
una tegola ad incasso con bollo di M. Arrius Maximus,
noto produttore di laterizi dell’area laziale/campana di
età augusteo-tiberiana 51 . In questo caso si tratta di laterizi
giunti via commercio marittimo, ben attestato per la
43
Shepherd 2006c, ig. 245.
44
Rescigno 1998, p. 46.
45
Steinby 1979; v. anche Pompei 1998, ig. 65.
46
Dati dello scavo di via Contessa Matilde, 1988-1990 (dir. A. Maggiani),
in c. di pubblicazione. Per il contesto: Maggiani, Marucci 2008.
47
210 tegole sono esposte nel Museo Civico di Chiusi – Città sotterranea
e ben illustrate nel database Charun (http://charun.sns.it).
48
Shepherd 2013, p. 37. Vedi qui ig. 4.
49
Capecchi 1994-1995, pp. 520-530; C. Megale, com. pers. (relativamente
all’insediamento romano di Poggio del Molino e alla necropoli etruscoromana
di S. Cerbone).
50
Minto 1943, p. 286, n. 5.
51
Minto 1934, p. 421, ig. 76 annovera questa tegola tra i materiali
provenienti dalla zona del c.d. antico navale; Shepherd 1985 con bibl. (con
attribuzione alla necropoli di Falda della Guardiola, per ainità di provenienza
dichiarata da parte di Minto 1943, 286, n. 4 per la con quella della lucerna
inv. 36864). La necropoli di Falda della Guardiola è stata in uso tra I e IV sec.
d.C. Impossibile oggi stabilire la tipologia delle altre, numerose, tegole rinvenute
nella zona, non registrate e non conservate perché prive di bollo.
TEGOLE PIANE DI ETÀ ROMANA 125
produzione degli Arrii anche da alcuni relitti con carico
di materiali da costruzione 52 .
f) A Florentia sono attestate tegole piane a risega in età
imperiale 53 ; tuttavia è certo che la costruzione della colonia
e della sua centuriazione, avvenuta alla ine del I sec.
a.C., furono efettuate con tegole di tipo ad incasso, per
le quali si è ipotizzata la derivazione dall’uso militare degli
assegnatari della centuriazione 54 .
g) Nella costruzione del sistema di delusso delle acque
per il sottopasso di una via della centuriazione dell’ager
Lucensis, operazione che si suppone coordinata dal potere
pubblico, sono impiegate tegole del tipo a risega 55 . Sempre
in quest’area, a Massaciuccoli, sono a risega le tegole bollate
da L. Venul(eius) Apro(nianus), prodotte alla ine del I sec.
d.C. per essere impiegate nella grande villa di Massaciuccoli
56 ma anche per essere portate per mare, almeno ino
all’altezza del golfo di Baratti 57 . In una strada glareata di
età imperiale nei pressi del lago di Porta (Montignoso, MS)
erano invece impiegati frammenti di tegole ad incasso 58 .
h) A Genova-S. Silvestro, tra II a.C. e V d.C., il tipo
ad incasso prevale nettamente sul tipo a risega 59 . Ciò
non meraviglia ove si pensi che nelle fornaci della non
lontana Fréjus venivano prodotte esclusivamente tegole
ad incasso, esportate poi per via di mare lungo la costa
ligure-provenzale 60 .
4. Rapporti con la tradizione magno-greca
Un ulteriore aspetto che necessita di approfondimento
è il rapporto tra i tipi di tegola che stiamo considerando e
quelli in uso in ambito magnogreco. In Italia meridionale
sono presenti, in varie fasi cronologiche, tipi di tegola piana
derivati dalla tradizione costruttiva che le popolazioni venute
dalla Grecia avevano portato con sé o successivamente
derivato dalla madrepatria 61 (cfr. ig. 2). In molte località
sono infatti presenti coperture con tegole laconiche, talvolta
conviventi, come ad es. a Metaponto ed Heraklea,
con altre di tipo “protocorinzio”; in altre località sono
presenti sistemi misti, che usano elementi di tradizione
diversa 62 . Anche per questa regione lo studio dei tetti ha
signiicato un’attenzione rivolta quasi esclusivamente alla
decorazione architettonica, particolarmente fastosa per
i grandi ediici sacri; manca ad oggi una considerazione
diacronica, a livello generale, del tipo di coperture degli
ediici di abitazione 63 . Inoltre, sarebbe estremamente utile
52
Shepherd 2007, pp. 72-73, tab. III.
53
Materiali inediti conservati nei depositi del MAN Firenze; Bagno a
Ripoli 1988, pp. 75-76.
54
Shepherd 2006c, p. 278.
55
Ciampoltrini 2004, igg. 4-5.
56
Manacorda 2003, p. 126; Paribeni 2012, p. 11, ig. 1.2. Ringrazio
F. Ghizzani Marcia per utili informazioni sui laterizi di Massaciuccoli.
57
Shepherd 1985.
58
Fabiani 2006, pp. 90-93, nota 478.
59
Gambaro 1987, p. 236; Negrino 1993, pp. 217, 221-223 (un solo
esemplare a risega).
60
Relitti di tegole ad incasso: Shepherd 2007, pp. 69-72, tab. II, ig. 16.
61
Inquadramento generale in Hellmann 2002; inoltre Winter 2009.
62
Distasi 2006, con utile carta di attestazione dei tipi di copertura in
Basilicata (ig. 94).
63
Esistono naturalmente varie eccezioni, tra le quali gli studi di V. Capozzoli,
molto attento agli aspetti tecnici e alla struttura portante dei tetti (ad
es. Capozzoli 2009), e il lavoro d’insieme di Liseno 2007.
vedere anche il rapporto intercorrente tra le tegole magnogreche
e quelle introdotte dalla romanizzazione. Sarebbe
interessante mappare diacronicamente e spazialmente la
difusione dei tipi di tegola: così risulterebbe evidente, per
esempio, che a Crotone nel V-IV sec. a.C. sono numerose
le tegole ‘corinzie’ ad incasso 64 , così come nella necropoli
di Tempa Cagliozzo in Val d’Agri, dove una tomba di IV
sec. a.C. è costruita anch’esse con tegole dello stesso tipo 65 ;
mentre, sempre nel IV sec., le tegole trovate a Montescaglioso
(MT) sono di tipo laconico 66 .
5. Tegole a incasso e bolli:
gli afari dei signori Arrii
L’attenzione esclusiva inora riservata ai bolli mi
sembra limiti drasticamente le connessioni che la considerazione
del dato tipologico consentirebbe di stabilire.
Consideriamo, ad esempio, il caso del gruppo consistente
di tegole – a quanto consta sempre ad incasso – con bolli
degli Arrii trovate lungo la costa tirrenica. La gens Arria,
la cui zona di origine è da porre nel Latium Adiectum, è
difusa in tutta l’Italia meridionale. In età repubblicana e
protoimperiale è attestata ad Anagni, tra Formia e Minturno,
a Capua, a Pozzuoli, a Stabia, e nella regione di
Pompei 67 . Una tavoletta cerata da Ercolano e un’anfora
da Pompei 68 sembrano illustrare le attività agricole che si
svolgevano nelle proprietà degli Arrii. Ulteriori membri di
questa gens sono attestati a Canosa, in Puglia, e a Blanda
Iulia (odierna Tortora), in Calabria, dove M. Arrius Clymenus
fu duoviro della colonia alla ine del I secolo d.C. 69 .
La produzione di queste tegole si estende tra il I sec.
a.C. e il I sec. d.C. I bolli più antichi sono quelli di M.
Arrius (senza indicazione di cognomen), cui si aggiungono,
a partire dall’età augustea, quelli di M. Arrius Maximus
(CIL, X 8042, 20), forse non la stessa persona del precedente
anche se i bolli per qualche decennio sono coevi (ig.
7). Ad essi si aggiunge una serie di almeno sette liberti,
databili al I sec. d.C. e localizzabili tra la Calabria, Lipari,
Pompei ma anche Roma e Tuscolo 70 .
Gli Arrii furono anche armatori e commercianti
per mare: a cominciare da Sp. Arrius, negotiator oleario a
Delo attorno al 100 a.C. 71 , per proseguire con Sex. Arrius
M.f., navicularius e mercator, che ci è noto sia dai tappi
di pozzolana delle anfore Dressel 1B sia dalle ancore del
relitto Dramont A (metà del I sec. a.C.), afondato sulla
rotta per la Gallia Narbonense 72 ; e inine con le tegole di
M. Arrius presenti nel carico del relitto di Terracina, datato
ad età augusteo-tiberiana 73 .
Non è certo che alla stessa gens siano da collegare gli
Arrii produttori di tegole e tappi di anfora in area adriati-
64
Corrado 2010.
65
Russo, Vicari Sottosanti 2009, p. 12, ig. 29.
66
Roubis, Camia 2010-2011.
67
Per le fonti rimando a Shepherd 2007, p. 72.
68
Tavoletta TH 61, dell’8 maggio 63 d.C., in Pompeiano in iglinis Arrianis
Poppaeae Aug(ustae); anfora dalla casa dei Vettii: (vinum) de Arriano (CIL, IV
5572). Steinby 1979, p. 271.
69
La Torre 2003, cit. a nota 28.
70
Elenco dei bolli in Shepherd 2006c, ig. 241; Shepherd 2007, tab. III.
71
Nonnis 2012, p. 106, s.v., con bibl.
72
Nonnis 2012.
73
Zarattini 2001, pp. 159-160.
126 E.J. SHEPHERD
beni archeologici di Roma 77 hanno provveduto a smontare
il tetto dell’ediicio, composto di tegole per buona parte
antiche, in parte munite di bolli databili tra la tarda repubblica
e l’età tardo antica 78 . Delle 95 tegole antiche da
me esaminate, una è ad incasso, di notevoli dimensioni e
priva di bollo. La compresenza sul tetto di tegole ottocentesche,
prodotte nelle igline romane coeve 79 , fa ritenere
che gli elementi siano stati assemblati durante i restauri
del 1829-1835 curati da G. Valadier, di cui è nota l’attenzione
ilologica agli elementi architettonici antichi 80 . Pare
tuttavia inverosimile che Valadier si sia procurato tegole
antiche prelevandole da molto lontano; la grande tegola
ad incasso sarà derivata da qualche sterro in corso in quel
periodo o, meglio ancora, da qualcuno degli “smorzi” che
conservavano la tegolozza e materiali edili di vario genere.
A questi esempi urbani va aggiunta anche una tegola
con incasso ritagliato manualmente prima della cottura,
utilizzata in una tomba alla cappuccina della necropoli di
Sant’Ercolano ad Ostia, in un contesto di I-II sec. d.C. 81 .
7. Tegola ad incasso ed espansione romana
ig. 7 – Baratti (Piombino, LI), necropoli di Falda della Guardiola.
Tegola ad incasso di M. Arrius Maximus (Shepherd
1985, ig. 2).
ca, in particolare nell’agro aquileiese, nel I sec. a.C., i cui
prodotti conobbero una vasta difusione sulle due sponde
dell’Adriatico 74 : un dato dirimente in tal senso potrebbe
essere acquisito ove si accertasse la (verosimile) identità
tipologica dei laterizi con quelli prevalenti in quell’area.
6. Ancora compresenze: tegole ad incasso a Roma
I bolli di due liberti degli Arrii, M. Arrius Diogenes
e M. Arrius Ruio, sono attestati a Roma e a Tuscolo in
almeno otto esemplari 75 . L’antichità del ritrovamento fa
ritenere che non sia stato conservato molto, se non forse
il solo bollo; rimane quindi un’ipotesi il fatto che i bolli
fossero impressi su tegole ad incasso, come pare consueto
per gli Arrii.
Se così fosse, avremmo otto casi di tegole ad incasso
in un territorio tradizionalmente dedito a produrre tegole
a risega. Esiste però anche qualche testimonianza certa di
questo fenomeno.
1) Roma, Centocelle. Scavo SDO 2000, area ADL, tomba
16 alla cappuccina (III sec. d.C.). Delle 6 tegole che la
compongono, una è una tegola a incasso, priva di bollo;
le altre sono tutte a risega (una delle quali con bollo CIL,
XV 763, di età severiana) 76 .
2) Roma, Foro Boario, tempio di Portuno. I recenti lavori
di restauro condotti dalla Soprintendenza Speciale per i
74
Nonnis 2012, pp. 105-106, s.v. C. Arrius, Q. Arrius (1) e (2); p. 179,
s.v. Damas Arri Q. s.; p. 237; p. 325, s.v. Philota Arri(orum) Q. (et) C. s.
75
M. Arrius Diogenes: CIL, XV S. 231; Vaglieri 1906, 430 (Esquilino);
M. Arrius Ruio: CIL, XV 836 (1 es. dagli horti Sallustiani, 2 da Tusculum, 1 di
prov. ignota), 837 “litt. antiquioribus” (1 es. conservato nei Musei Vaticani, 2
in depositi comunali) (notizie riferite al 1871).
76
Armellin 2007, p. 102 ig. 17. Ringrazio Rita Volpe per avermi
coinvolto nell’analisi di questa tomba.
Come abbiamo visto, agli inizi i due tipi si difondono
in Italia in aree deinite: l’area etrusco-latina adotta il tipo
risega, l’area campana quello ad incasso. Esistono poi casi
di adozione del tipo meno difuso, probabilmente derivanti
dalla circolazione di arteici e materiali per committenze
speciiche o per particolari lussi commerciali.
Tuttavia, l’espansione romana in Italia e poi nel resto
del mondo romano (ino in Britannia e al limes) difonde
inizialmente solo il tipo ad incasso 82 ; questo mentre a
Roma e nel territorio etrusco si usava solo l’altro. A giudicare
dai contesti di ritrovamento, l’introduzione massiccia
del tipo ad incasso sembra coincidere con l’introduzione
di misure di popolamento o sistemazione agraria del territorio
da parte di Roma, anche legate all’insediamento di
colonie e centuriazioni.
Per quanto riguarda l’introduzione in Italia centrosettentrionale
del tipo ad incasso è evidente che il fattore
decisivo sia stato l’avanzare della romanizzazione in Cisalpina,
a partire dalla fondazione di Sena Gallica (283 a.C.)
e di Rimini (268 a.C.). Abbiamo già visto che la Cisalpina
venne ediicata, nelle città e nelle campagne, quasi
esclusivamente con tegole ad incasso; le tegole erano in
77
I lavori (2006-2008) sono stati diretti dall’arch. Maria Grazia Filetici,
che ringrazio per avermi aidato l’analisi di questo materiale.
78
Per la maggior parte si tratta di tegole di età romana imperiale (II-III
secolo d.C.), per una parte minore di tegole databili tra il V e il VI secolo d.C.
79
Si tratta di tegole e coppi di piccolo formato (tegole: lu. 38 cm, la.
max. 29 cm), contraddistinti dalle sigle BC e PD incise a crudo. Sappiamo dal
Registro dei bolli igulini, istituito a Roma nel 1823, che tali sigle corrispondevano
a due dei sette proprietari di fornaci attivi a Roma in quell’anno, Bartolomeo
Curzi e Pietro Danieli.
80
Si tratta di un recupero di stampo antiquario, che privilegiò tegole
di grande formato e/o tegole bollate. Giuseppe Valadier apprezzava i laterizi
antichi al punto da citarli più volte nel suo L’Architettura Pratica del 1828 (“le
tegole antiche erano anche molto grandi, ino a lu. 3 palmi; imboccavano mediante
un’intacca”), nelle cui tavole pubblicò anche disegni e riproduzioni di bolli (tomo
I, pp. 105, 107, tavv. XXVI-XXVII). Nello stesso testo Valadier ricordava anche
di aver fatto fabbricare mattoni bipedali, di forma e composizione assolutamente
simili a quelli antichi, per il restauro del Colosseo.
81
Shepherd 2007, pp. 58-59, igg. 6-7.
82
V. nota 42.
TEGOLE PIANE DI ETÀ ROMANA 127
ig. 8 – Saint-Raphaël (Var), relitto Barthélemy
B con carico di tegole prodotte a Fréjus (Joncheray,
Joncheray 2004, ig. a, p. 15).
pratica ignote alla tradizione costruttiva locale preromana,
ma non nelle zone di cultura etrusca, per es. Marzabotto,
dove ovviamente si usava il tipo a risega.
Questo fenomeno deve dipendere da due fattori: da
un lato che il popolamento delle colonie in Emilia e lungo
la costa adriatica è stato efettuato da coloni provenienti
dall’Italia centrale (Umbria, Lazio, Campania) 83 , che
portarono con sé le tecnologie edilizie tipiche delle zone
di origine; dall’altro, che i magistrati che gestirono la penetrazione
romana nell’Italia transappenninica, stabilendovi
duraturi rapporti clientelari, erano allo stesso tempo grandi
proprietari terrieri nell’Italia centro-meridionale, interessati
ad ofrire uno sbocco alle proprie clientele contadine.
È il caso, più volte ricordato, di M. Aemilius Lepidus,
cos. 187 e 175 a.C., che fece parte delle commissioni
triumvirali per la fondazione di Luni, Modena, Parma
e che dette il proprio nome alla via Aemilia; di lui Livio
ricordava l’interesse privato nei lavori di ricostruzione del
porto di Terracina, ordinati in qualità di censore nel 179
a.C.: il porto serviva alla commercializzazione dei prodotti
dei suoi praedia nell’ager Caecubus, tra i quali non solo il
vino e le relative anfore ma molto probabilmente anche
i laterizi, considerati una produzione di tipo agricolo e
quindi lecita a senatori di condotta anche meno spregiudicata
di Lepido. Tegole bollate da esponenti degli Aemilii
Lepidi di età augustea (tra cui il console dell’11 d.C.) sono
state trovate a Ercolano e a Vibo Valentia, aree dove il tipo
prevalente è certamente quello ad incasso (ma il controllo
di questa corrispondenza non è mai stato fatto). Proprietà
di altri rami degli Aemilii sono note ancora in Campania
e in Lucania; tegole con bollo di Aemilii provengono poi,
com’è da aspettarsi, dall’Emilia 84 . M. Aemilius Lepidus,
cos. 78 a.C., aveva la sua base clientelare nei territori
tradizionalmente legati al patronato della sua famiglia,
cioè in Etruria settentrionale (zona di tegole a risega) e a
Modena; il iglio omonimo, cos. 46 e 42 a.C., fece parte
con Ottaviano e Antonio del triumvirato cui il Liber Coloniarum
attribuisce la decisione, nel 41 a.C., di fondare
83
Bandelli 1988, pp. 109-111.
84
Per le fonti e la bibliograia rimando a Shepherd 2007, pp. 68-69.
Florentia (e la costruzione di Florentia avvenne con tegole
di tipo ad incasso).
Considerando quindi la base cui si attingeva per
popolare i nuovi territori cisalpini e le nuove colonie in
Etruria, sarebbe da veriicare se i magistrati fondatori
abbiano inserito tra i coloni anche clienti o maestranze
provenienti dai territori dove erano i propri possedimenti
in Italia centro-meridionale, in massima parte persone
dotate di conoscenze tecnologiche tali da poter costruire
ediici ed infrastrutture praticamente dal nulla. Forse anche
i materiali per i rifornimenti dei cantieri, almeno nei primi
tempi della colonizzazione, potevano provenire da questi
stessi possedimenti; l’uso della tegola ad incasso sarebbe
così anche culturalmente il portato della romanizzazione.
Va ricordato poi che esiste una massiccia difusione di
laterizi tramite il commercio marittimo 85 . Questo avviene
per entrambi i tipi di tegola; ma mentre le tegole a risega
sono presenti su relitti della costa tirrenica e nelle isole,
in connessione con le proprietà imperiali e della classe
senatoria urbana, la stessa che è proprietaria delle imponenti
produzioni delle igline tiberine, i relitti di tegole ad
incasso sono più numerosi, con carichi completi costituiti
da grosse quantità di laterizi destinati alla costruzione di
interi tetti 86 (ig. 8). Questi relitti, databili tra il I secolo
a.C. e il secolo successivo, sono ittamente distribuiti lungo
le rotte dall’Italia verso la Gallia e la Spagna 87 .
L’introduzione delle tegole da copertura in Gallia
sembra avvenire a Marsiglia già nel III secolo a.C.; la
difusione vera e propria è stata associata alla fondazione
della colonia di Narbo (118 a.C.) come sede del governatore
della nuova provincia. Non stupisce quindi constatare che
la maggior parte delle tegole galliche è del tipo ad incasso,
non solo nei primi tempi di uso, ma anche quando poi
viene prodotta e commerciata in loco (ad es. nei forni di
Salleles d’Aude, nella zona tra il Massif des Maures e la
valle dell’Argens, a Fréjus).
85
Sui relitti con laterizi: Gianfrotta 2015.
86
Shepherd 2007, tab. II.
87
Un recentissimo (giugno 2015) rinvenimento subacqueo ha identiicato
un relitto di tegole ad incasso nelle acque sarde, nei pressi delle Bocche
di Bonifacio. Ringrazio Rubens D’Oriano per utili informazioni al riguardo.
128 E.J. SHEPHERD
ig. 9 – Area di produzione e difusione della tegola ad incasso (Shepherd 2015a, ig. 4, modiicata).
Una parte del commercio marittimo dei laterizi trovava
la sua destinazione tra Narbona e le bocche del Rodano,
per essere poi smistato in Gallia Narbonese e in Provenza 88 ;
la frequenza di tegole ad incasso fa pensare che almeno le
più antiche provenissero dai forni campano-laziali, i quali
potevano rifornire l’annona militare e/o i negotiatores collegati
alle operazioni di nuova costruzione; successivamente
sarebbero arrivati anche artigiani dall’Italia 89 .
Importazioni di tegole provenienti dalla Campania
sono note nelle Baleari e a Cartagine, dove giunge anche
materiale non bollato riconosciuto come campano per le
caratteristiche petrograiche: per tutte queste sarebbe interessante
avere anche la conferma tipologica, così come per
le province germaniche, dove la tegola ad incasso sembra la
più difusa 90 . Uno studio recente di Stefano Camporeale ha
mostrato che in Mauretania il tipo ad incasso è introdotto
dall’esercito romano 91 ; in efetti il ruolo dell’organizzazione
militare nella sua difusione potrebbe essere stato determinante
in tutte le province (ig. 9).
88
Menchelli 1997, p. 193.
89
Shepherd 2007, p. 273 con rif.
90
Dolata 2007.
91
Camporeale 2008.
Sarebbe pertanto da veriicare se i relitti con tegole datati
tra II-I a.C. e I d.C. possano essere connessi anche agli
approvvigionamenti del/per l’esercito e le nuove province,
e se le tegole ad incasso seguano lo stesso meccanismo di
distribuzione recentemente delineato per altre merci di
origine campano-laziale, quali la vernice nera, il vino in
anfore e dolia, la ceramica comune, il cui lusso verso la
Gallia è imponente e segue percorsi ben noti da tempo 92 .
8. Uiciali e gentiluomini: gli Aratrii, produttori
di tegole (ad incasso?)
Provenienti da una gens certo meno risplendente degli
Aemilii, C. Aratrius C.f., produttore di tegole ad Aquileia
nella prima metà del I sec. a.C., e suo fratello L. Aratrius
C.f. Aquino potrebbero essere un test ideale per le ipotesi
in qui prospettate.
In un’epigrafe funeraria aquileiese di età tardo-repubblicana
(CIL, V 1092) sono citati quattro membri della
gens Aratria, uno dei quali è deinito Aquino, con possibile
ablativo di provenienza 93 . I fratelli Aratrii sarebbero dun-
92
Morel 1990, pp. 291-292.
93
Zaccaria 2003; Chiabà 2003, pp. 94-95; Nonnis 2012, pp. 102-103.
TEGOLE PIANE DI ETÀ ROMANA 129
que giunti ad Aquileia dalla città laziale di Aquinum (nella
quale sono attestate tegole ad incasso 94 ); L. Aratrius recò
con sé la moglie Beria M’.f., originaria della città osca di
Teanum Sidicinum 95 . Le tegole “aquileiesi” di C. Aratrius,
per le quali andrà veriicato se siano del tipo ad incasso,
sono molto difuse nel territorio di Aquileia e Concordia,
in Istria, e arrivano a sud ino a Cupra Maritima 96 .
La redditizia attività manifatturiera, basata sui propri
possedimenti terrieri e svoltasi nei decenni inali della repubblica,
determinò un notevole prestigio sociale e politico
della gens, almeno in ambito aquileiese. Di ciò si hanno
tracce evidenti dalle notizie di atti di evergetismo nella
zona del foro da parte di C. Aratrius, praefectus fabrum, e
di sua iglia Aratria C.f. Galla, databili all’età augustea 97 .
Ora, è estremamente suggestivo vedere che un produttore
di tegole (come si è visto, verosimilmente ad incasso)
di probabili origini centroitaliche, è anche un praefectus
fabrum, una igura tecnica 98 dell’esercito romano con il
compito di coordinare gli artigiani (fabri, tignarii, structores,
carpentarii ferrari, ecc.) nella costruzione di ediici e
di macchine belliche, come quelli che ci sono noti da una
tavoletta lignea del forte britannico di Vindolanda della
ine del I sec. d.C.: 343 persone impiegate nelle fabricae,
con mansioni di calzolai, costruttori di terme, plumbarii,
addetti alle fornaci e lavoratori dell’argilla 99 . Potrebbe
essere qui, in sostanza, uno dei motivi per cui la tegola ad
incasso si difonde con l’espansione militare: i tecnici e i
comandanti provengono da quelle zone d’Italia dove il tipo
è tradizionale, e lo portano con sé come prassi acquisita.
Una volta introdotto, il tipo verrà riprodotto con quella
metodicità che ben conosciamo per il mondo militare.
9. “Data! Data! Data!”
Solo una base statistica adeguata, che poggi su una
quantità elevata di dati veriicati, potrà consentirci di
dare un fondamento a quanto oggi nebulosamente intravediamo,
e cioè che la difusione della tegola ad incasso
segue due vie principali: la mobilità delle persone dall’Italia
centrale verso nuove destinazioni e l’impiego da parte del
mondo militare. Sia negli insediamenti di nuova fondazione
romana delle province occidentali, sia nelle colonie
cesariane e triumvirali in Italia, la presenza delle tegole
ad incasso indica una manifattura connessa alla presenza
dell’esercito, sia diretta (costruttori militari), sia indiretta
(veterani assegnatari). Ad ogni buon conto, la presenza di
stanziamenti di veterani che continuavano a costruire con
le tecniche apprese sotto il servizio militare è certamente il
motivo della presenza del tipo ad incasso in numerosi contesti
dell’Etruria settentrionale di età tardo repubblicana.
94
Tegole usate per costruire un canale, probabilmente di età tardo repubblicana,
delle terme centrali (osservazione pers.). Per le terme: Ceraudo,
Molle, Nonnis 2013. Ringrazio G. Ceraudo per molte utili informazioni sul
suo scavo aquinate.
95
Chiabà 2014, pp. 90-92.
96
Nonnis 1999, pp. 103-104; Zaccaria 2003, pp. 312-313, 321-322;
Nonnis 2012, cit.
97
Zaccaria 2003. Evergetismo di C. Aratrius: CIL, V 2157; di Aratria:
Inscr. aq., 842, 3495.
98
Sulle competenze “edilizie” del praefectus fabrum: Verzar Bass 2000.
99
Tab. Vindol. II, n. 155. Sui militari nelle igline v. anche Dolata 1994.
È evidente però che una migliore comprensione della
portata dei fenomeni economici e sociali legati all’attività
produttiva e commerciale dei materiali da costruzione, già
ora intuibile, non può prescindere da una capillare, attenta
acquisizione di dati, vecchi e nuovi. Oltre a chiedersi chi
può essere il personaggio che appone il suo bollo su un
laterizio, è vitale chiedersi anche com’è fatto quel laterizio,
e perché è fatto così, e a cosa serve: esattamente come
avviene normalmente per la ceramica fine da mensa, per le
lucerne, per i vetri, e via dicendo. Chi scava e trova laterizi,
la maggior parte delle volte in frammenti, deve sapere
quali dati deve necessariamente acquisire, soprattutto
se quei laterizi verranno scartati prima di arrivare ad un
laboratorio 100 . Chi scava una copertura in crollo deve
porsi con urgenza molte domande, ragionando sugli alzati
direttamente sullo scavo: quando sarà comodamente
seduto a un tavolino sarà troppo tardi. Lo stesso vale per
chi si assume il compito di studiare (o ristudiare) grandi
collezioni di bolli laterizi: il lavoro sarà ben fatto se partirà
convinto di studiare laterizi bollati.
Una seria base di dati 101 che consenta di associare
anche le informazioni sulle caratteristiche tipologiche 102 ,
archeometriche, mensiologiche, a quelle più consuete di
tipo architettonico, epigraico e storico, consentirà inalmente
una comprensione più soisticata del fenomeno
dell’architettura antica in laterizio e delle sue implicazioni
sociali ed economiche. Speriamo di vedere quel giorno.
Ringraziamenti
Questa indagine, ancora del tutto preliminare, è tuttavia in
corso da molti anni e ha richiesto l’aiuto di una legione di informatori
e consiglieri, troppi per essere ringraziati singolarmente.
Mi corre l’obbligo però di esprimere pubblica riconoscenza alle
mie amichevoli sostenitrici di lunga data, nonché organizzatrici
del convegno, E. Bukowiecki e R. Volpe; al maestro “tegulologo”
Ö. Wikander, che mi onora della sua amicizia e dei suoi consigli;
e inoltre a S. Camporeale, M. Chiabà, M.R. Ciuccarelli, G. de
Marinis †, J. Dolata, F. Fabiani, M.G. Filetici, L. Lancaster, A.
Maggiani, S. Menchelli, G. Pocobelli, C. Ricci, E. Rinaldi, M.
Salvini, M. Spanu, N. Winter, per il loro incoraggiamento. Utili
indicazioni mi sono inine pervenute dai referees, che ringrazio.
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100
Per i criteri di schedatura dei laterizi da costruzione si vedano le ancora
valide Norme 1984 (con l’avvertenza di capovolgere la ig. a p. 73); Campagnoli
1993; Shepherd 2006b, pp. 176-179.
101
Possibilmente estesa ben oltre il territorio italiano: cfr. Koskinas
2011, p. 549, nota 3.
102
Il database ICCD Lateres, che aggiorna CIL, XV.1, ha intanto recepito
la necessità di indicare la tipologia dei supporti dei bolli: Shepherd 2015a.
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Summary
Roman plain roof tiles: a typology inluenced by “local” cultures, a
difusion stimulated by military expansion.
he typology of Greek and Roman terracotta roof elements has not
yet received the necessary attention. Studies of the decorative terracottas
or of the roof elements containing epigraphic data, such as
stamps or graiti, have been generally favored. However, the shape of
the simpler terracotta roof elements (in this case plain tegulae) derives
from functional criteria that can reveal much regarding the construction
techniques as well as the context in which they occurred. he A.
emphasizes the importance of documenting the typology of tegulae
alongside the data normally recorded in the analysis of this class of
material by illustrating how such information can be used to provide
insight into economic and cultural interactions.
Keywords: Tegula, terracotta tiles, typology, roof construction.
Riassunto
La tipologia degli elementi del tetto di terracotta, greci e romani, non
ha ancora ricevuto la necessaria attenzione. Gli studi delle terrecotte
decorative o degli elementi di copertura contenenti dati epigraici, come
bolli o graiti, sono stati generalmente favoriti. Tuttavia, la forma dei
più semplici elementi di tetto di terracotta (in questo caso tegulae piane)
deriva da criteri funzionali che possono rivelare molto sia per quanto
riguarda le tecniche di costruzione, che il contesto in cui si trovano.
L’Autore sottolinea l’importanza di documentare la tipologia delle
tegole ianco dati normalmente registrati nell’analisi di questa classe di
materiale, illustrando come tali informazioni possono essere utilizzate
per fornire indicazioni sulle interazioni economiche e culturali.
Parole chiave: Tegula, tegola in terracotta, tipologia, tetto.
€ 40,00
ISSN 1126-6236
ISBN 978-88-7814-664-8
e-ISBN 978-88-7814-665-5
Dopo l’ultimo grande convegno sul laterizio organizzato a Saint Cloud nel 1995, la proposta
di un workshop internazionale su Il laterizio nei cantieri imperiali. Roma e il Mediterraneo
voleva promuovere un nuovo dibattito, su scala mediterranea e alla luce di nuovi studi e nuovi
approcci metodologici, intorno al materiale da costruzione emblematico dell’architettura
romana. Il convegno, svoltosi a Roma il 27 e 28 novembre 2014, ha visto coinvolti gli specialisti
della costruzione romana in laterizio in un ampio dibattito che si proponeva di capire
in particolare se e come il laterizio ha servito il potere imperiale; se e come ha inluenzato
i processi di romanizzazione; come è stato prodotto e difuso attraverso l’Impero; come ha
condizionato l’organizzazione dei cantieri imperiali ed inine come ha partecipato all’innovazione
e alla trasmissione del sapere tecnico romano. Questo volume raccoglie i contributi
proposti al workshop, rivisti e integrati sulla base delle discussioni. Venticinque contributi
sono presentati per aree geograiche (Roma, penisola italica, Mediterraneo occidentale e
Mediterraneo orientale), mentre i cinque inali riprendono i temi e l’essenza delle discussioni.
XX 2015 Archeologia dell’Architettura