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Ricordi, documenti e testimonianze - Rivoli di storia

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CAPITOLO VI<br />

RICORDI, DOCUMENTI E TESTIMONIANZE<br />

I ragazzi della scuola hanno potuto ascoltare la voce <strong>di</strong> chi c’era e le parole dei<br />

familiari, arricchendosi così <strong>di</strong> informazioni, ricor<strong>di</strong>, emozioni vissute in prima<br />

persona dai protagonisti della Resistenza.<br />

Infatti, in <strong>di</strong>verse occasioni si sono organizzati incontri sia nella nostra scuola<br />

che presso l’I.T. C. “ Blaise Pascal ” <strong>di</strong> Giaveno.<br />

Sono intervenuti gli ex-partigiani Michele Ficco, Filippo Gagliar<strong>di</strong>, Romano Barto-<br />

lomeo (mancato alla fine del 2007) e le nipoti <strong>di</strong> Sergio De Vitis, Sig.ra Marina,<br />

Sig.ra Silvana (Pamina) e Sig.ra Gabriella.<br />

A tal proposito riportiamo qui <strong>di</strong> seguito l’intervista realizzata dagli stessi alunni,<br />

che hanno <strong>di</strong>mostrato interesse e coinvolgimento nell’ ascoltare le parole com-<br />

mosse del partigiano Michele Ficco, autore del libro “La gioventù che resta”.<br />

6.1 SANGANO, SALA AGORÀ, VENERDÌ 23 FEBBRAIO 2007<br />

Ragazzi: Ci potrebbe raccontare l’episo<strong>di</strong>o della Polveriera e del<br />

suo attacco?<br />

Partigiano: “Innanzi tutto in Val Sangone c’erano due polveriere: una a San-<br />

gano e una ad Avigliana. In quella <strong>di</strong> Sangano c’era un presi<strong>di</strong>o tedesco <strong>di</strong> 6-7,<br />

a volte anche <strong>di</strong> 10 soldati tedeschi, che sorvegliavano un deposito <strong>di</strong> munizioni.<br />

Quasi tutti i giorni arrivava un camion <strong>di</strong> Tedeschi a caricare le munizioni. Un<br />

giorno ne abbiamo sabotato uno; abbiamo sparato … poi siamo scappati subito<br />

44<br />

Il Il Il Il partigiano partigiano partigiano partigiano Michele Michele Michele Michele Ficco Ficco Ficco Ficco<br />

e e e e le le le le nipoti nipoti nipoti nipoti <strong>di</strong> <strong>di</strong> <strong>di</strong> <strong>di</strong> De De De De Vitis Vitis<br />

Vitis Vitis


perché sapevamo che arrivavano le autoblindo tedesche.<br />

Comunque l’attacco alla Polveriera era avvenuto insieme ad altre azioni in Val<br />

Sangone, tutte <strong>di</strong>rette da Fassino, Falzone e Nicoletta.<br />

La mia brigata comandata da Cordero <strong>di</strong> Pamparato, detto Campana, aveva il<br />

compito <strong>di</strong> bloccare la strada sul ponte <strong>di</strong> Trana per salvaguardare quelli che<br />

contemporaneamente attaccavano la polveriera <strong>di</strong> Avigliana.<br />

45<br />

Abbiamo messo tutti i vagoni del tre-<br />

nino della linea Torino–Giaveno <strong>di</strong><br />

traverso sulla strada. Verso le 17:00<br />

sono arrivati i Tedeschi con le auto-<br />

blindo.<br />

Giunti davanti ai vagone si sono fer-<br />

mati e non scendevano, perché ave-<br />

vano paura che ci fossero i partigiani,<br />

così si sono messi a sparare. Io ave -<br />

vo fatto in modo <strong>di</strong> mettere un mio<br />

compagno <strong>di</strong> banda, ex sergente, su una collina in <strong>di</strong>rezione del ponte con un<br />

fucile e una mitragliatrice. Il partigiano, quando ha sentito i Tedeschi sparare,<br />

ha aperto il fuoco, centrando subito qualcuno. Noi nel frattempo ci siamo potuti<br />

spostare nella strada <strong>di</strong> fianco per arrivare a Giaveno.<br />

I Tedeschi intanto avevano rimesso i vagoni del treno sulle rotaie, ma a questo<br />

punto stava <strong>di</strong>ventando buio e nessuno attaccava <strong>di</strong> notte, neanche i Tedeschi,<br />

così si sono ritirati.<br />

Intanto si ritiravano anche i soldati che controllavano la polveriera <strong>di</strong> Avigliana<br />

dove, in quella occasione, è stato ferito Eugenio Fassino.<br />

R: Mentre voi bloccavate i trenini<br />

sul ponte <strong>di</strong> Trana, sapevate già<br />

che alla Polveriera c’erano stati<br />

dei morti?<br />

Gli Gli Gli Gli allievi allievi allievi allievi all’ all’ all’ all’ Agorà Agorà<br />

Agorà Agorà<br />

P: “Sì, lo sapevamo, ma non so chi ce<br />

l’abbia detto; le informazioni molte<br />

volte ci arrivavano, non so come, for-<br />

se qualche giovane mandato <strong>di</strong> corsa


ad avvertirci.”<br />

R: Chi vi forniva le armi?<br />

P: “Le armi si trovavano addosso ai<br />

soldati nemici e, ovviamente, quando<br />

uccidevamo prendevamo le armi del<br />

nemico. I soldati tedeschi erano molto<br />

timorosi, sapevano che in certe zone<br />

non dovevano avvicinarsi perché po-<br />

tevamo manomettere le loro munizioni.<br />

Sul trenino <strong>di</strong> Giaveno c’era sempre qualcuno che saliva armato, con un mitra e<br />

qualche proiettile; mi ricordo <strong>di</strong> un ragazzo che era stato fermato sul trenino e<br />

l’avevano portato in montagna nella mia brigata. Il ragazzo aveva molta paura<br />

perché quando ci portavano qualcuno noi dovevamo ucciderlo. Al pomeriggio<br />

era arrivato suo padre per cercarlo, supplicandoci <strong>di</strong> non ammazzarlo. Questo<br />

ragazzo mi era risultato simpatico, non so il perché, ma certe volte fra due per-<br />

sone si innesca qualcosa <strong>di</strong> positivo; così promisi al padre che non avrei ucciso<br />

suo figlio, ma l’avrei messo a lavorare in cucina. Dopo aver fatto per un po’ <strong>di</strong><br />

R: Conosceva personalmente De Vitis?<br />

46<br />

tempo l’aiutante del nostro cuoco, si<br />

integrò nel gruppo, aiutandoci spesso<br />

negli attacchi. Era <strong>di</strong>ventato un bravo<br />

partigiano. Dieci anni fa sono andato a<br />

trovare dei miei amici in un paesino e<br />

con loro sono andato al cimitero dove<br />

ho ritrovato la lapide <strong>di</strong> quel ragazzo.<br />

Mi sono veramente commosso!”<br />

P: “Sì, l’ho conosciuto, ma non benissimo; lui e la sua banda avevano la base<br />

verso la Maddalena, io invece sopra Cumiana, ai Morelli. Le uniche occasioni in<br />

cui ci potevamo incontrare erano le riunioni segrete dei vari gruppi.<br />

R: Perchè ha scelto <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare Partigiano?<br />

P: Ho scelto <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare partigiano per evadere alla chiamata della Repubblica


<strong>di</strong> Salò. Avevo già fatto un anno <strong>di</strong><br />

servizio militare e per non ritornare<br />

ad arruolarmi non avevo altra scelta<br />

che entrare nelle bande partigiane.<br />

Come ho fatto? . . . Sono fuggito<br />

dalla caserma <strong>di</strong> Torino con la scu-<br />

sa <strong>di</strong> andare da mia madre per far-<br />

mi accorciare i pantaloni della <strong>di</strong>vi-<br />

sa, ma non sono più tornato. Ho<br />

preso il treno Torino-Giaveno, sono sceso vicino a Sangano e sono salito in<br />

montagna a far parte <strong>di</strong> una banda partigiana.”<br />

47<br />

R: A quale brigata apparteneva?<br />

P: “All' inizio del movimento partigiano<br />

non esistevano brigate, ma solo gruppi<br />

armati <strong>di</strong> persone. Con il passare del<br />

tempo questi gruppi si ingran<strong>di</strong>rono<br />

sempre <strong>di</strong> più. I termini banda, briga-<br />

ta, <strong>di</strong>visione vennero usati solo succes-<br />

sivamente per dare un' organizzazione<br />

chiara al movimento partigiano.<br />

R: Quali erano le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> vita della sua brigata?<br />

Io appartenevo alla brigata “Campana”.<br />

P: Noi vivevamo in montagna: non era molto comodo dormire tra gli arbusti e i<br />

ricci, chi non era abituato e non sopportava l’ idea <strong>di</strong> dormire all’ aperto se ne<br />

andava. Io non potevo farlo perché come ho già detto ero scappato dalla caser-<br />

ma <strong>di</strong> Torino.<br />

R: Come si sentiva quando i suoi<br />

compagni morivano?<br />

P: “Non potevi sentirti bene, quando<br />

un compagno o un caro amico mori-<br />

va vicino a te! Ma tutti noi sapevamo<br />

perfettamente a cosa andavamo in-<br />

contro e, come si <strong>di</strong>ce, conoscevamo


i rischi del mestiere!<br />

Le azioni militari dei partigiani erano sempre rapide e ben stu<strong>di</strong>ate: bisognava<br />

colpire e scappare velocemente e se non si trovava una via <strong>di</strong> fuga, non si attac-<br />

cava neppure. Questa era la prima regola delle bande! ”<br />

6.2 Incontro alla scuola Me<strong>di</strong>a con i Partigiani<br />

Bartolomeo Romano e Filippo Gagliar<strong>di</strong><br />

R: Voi conoscevate Sergio<br />

De Vitis?<br />

P: “Sì lo conoscevamo. Io (Filippo Ga-<br />

gliar<strong>di</strong>) lo avevo conosciuto ai tempi<br />

dell’ Accademia, quando avevo 19 an-<br />

ni … e pochi mesi dopo entrai a far<br />

parte della sua squadra”.<br />

R: Ci potete raccontare cosa<br />

voleva <strong>di</strong>re essere all’epoca un<br />

partigiano?<br />

P: “Il periodo <strong>di</strong> guerra era duro per tutti, noi eravamo giovani e non tutti era-<br />

vamo eroi.”<br />

R: Cosa vuol <strong>di</strong>re esattamente con “…. non tutti eravamo eroi ” ?<br />

P: “Dovete sapere ragazzi che durante il fascismo, eravamo stati privati tutti<br />

delle nostre libertà, ma a volte questo non bastava a farci ribellare… un po’ per<br />

paura, un po’ per como<strong>di</strong>tà … ma poi, dopo l’armistizio dell’ 8 Settembre ci sia-<br />

mo ritrovati in una situazione strana, assurda, Italiani contro Tedeschi, ma, cosa<br />

48<br />

ancora più grave, Italiani contro Ita-<br />

liani. Io quel giorno mi trovavo a Ve-<br />

naria … ”<br />

R: Quin<strong>di</strong> vuol <strong>di</strong>rci che non sem-<br />

pre combattevate per liberare<br />

l’Italia dal nazi-fascismo?<br />

P: “Non esattamente. All’inizio, forse,<br />

molti <strong>di</strong> noi furono “costretti” ad ar-


uolarsi nelle bande partigiane e <strong>di</strong>ventare <strong>di</strong>sertori, in quanto l’alternativa era<br />

entrare a far parte dell’esercito della Repubblica <strong>di</strong> Salò. Già questo era un atto<br />

eroico, poiché se si veniva presi ed arrestati si poteva essere condannati a mor-<br />

te. Ben presto però, anche per coloro che in principio si erano sentiti quasi ob-<br />

bligati a <strong>di</strong>ventare partigiani, <strong>di</strong>venne una missione: la missione <strong>di</strong> sconfiggere il<br />

nemico e liberare gli Italiani dalla <strong>di</strong>ttatura.<br />

R: Voi rischiavate sempre la vostra vita, non avevate paura?<br />

P: “Sì, spesso. E a volte la paura ti salva la vita perché ti fa essere prudente.<br />

Sapeste quante volte fummo costretti a stare nascosti con il cuore in gola, nei<br />

fienili, tra le erbacce sulle montagne, trattenendo il respiro per timore che il ne-<br />

mico ci potesse sentire.”<br />

R: Lei, Sig. Romano che ruolo aveva?<br />

P: “Io ero autista. A quell’epoca <strong>di</strong> autisti ne servivano, specie per il trasporto <strong>di</strong><br />

partigiani e <strong>di</strong> armi da un luogo all’altro. I trasferimenti erano molto rischiosi ma<br />

la popolazione ci aiutava.”<br />

R: Potete raccontarci qualche episo<strong>di</strong>o?<br />

P: “Ad esempio una <strong>di</strong>tta <strong>di</strong> Cumiana ci ha prestato i camion e ci dava anche il<br />

grano per i partigiani. Con un camion della <strong>di</strong>tta Giustino hanno preso 32 prigio-<br />

nieri e li hanno portati a Forno. A Pontepietra c’era Sergio che non voleva cede-<br />

re allo scambio proposto dai Tedeschi.<br />

R: Quale messaggio vi sentite <strong>di</strong> darci?<br />

P: Il messaggio è quello forse più banale ma anche più importante: la guerra è<br />

una cosa brutta, tragica per chiunque. Purtroppo non ci sono vincitori, tutti sof-<br />

frono in qualche maniera. Non bisogna mai <strong>di</strong>menticare che il rispetto tra le per-<br />

sone e tra i popoli è il valore più grande <strong>di</strong> tutti.<br />

R: Grazie per tutto quello che ci avete raccontato.<br />

P: Grazie a voi per la voglia <strong>di</strong> conoscere e <strong>di</strong> sapere che <strong>di</strong>mostrate.<br />

In In In In classe classe classe classe con con con con<br />

il il il il partigiano partigiano partigiano partigiano<br />

Bartolomeo Bartolomeo Bartolomeo Bartolomeo<br />

Romano Romano<br />

Romano Romano<br />

49


Intervista a Maria De Vitis<br />

(sorella <strong>di</strong> Sergio De Vitis e staffetta partigiana)<br />

Pur non essendo ine<strong>di</strong>ta, in quanto la stessa testimonianza è reperibile presso<br />

l’Ecomuseo <strong>di</strong> Coazze, visitato dai ragazzi il 27 Settembre 2007, ci è sembrato<br />

interessante riportare alcuni stralci dell’intervista, soprattutto quello dove viene<br />

evidenziato l’importante ruolo delle donne durante la Resistenza, e quelli dove<br />

vengono sottolineti i valori della libertà e della fratellanza e gli insegnamenti che<br />

i giovani possono trarre dalla conoscenza <strong>di</strong> quegli avvenimenti storici.<br />

I: A quale brigata apparteneva?<br />

M: “Appartenevo alla 43° Divisione Autonoma “Sergio De Vitis” – Brigata San-<br />

dro Magnone”.<br />

I: Perché Lei ha deciso <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare partigiana?<br />

M: “La mia famiglia è stata subito perseguitata dai fascisti perché i miei genitori<br />

non con<strong>di</strong>videvano le loro idee, né potevano accettare la peggiore delle forme <strong>di</strong><br />

governo: la <strong>di</strong>ttatura.<br />

Man mano che crescevo, nel mio animo aumentava il desiderio <strong>di</strong> libertà alimen-<br />

tato dallo stu<strong>di</strong>o dei classici commentati da mia madre, che aveva tutte le doti<br />

delle donne del Risorgimento. La Patria era seconda solo a Dio.<br />

Per riscattare tutta la vergogna <strong>di</strong> 20 anni <strong>di</strong> oppressione, <strong>di</strong> profonda ignoranza<br />

(libri <strong>di</strong>strutti, filosofi e scrittori ban<strong>di</strong>ti) l’ 8 Settembre, senza ombra <strong>di</strong> dubbio o<br />

<strong>di</strong> tentennamento, scegliemmo la via giusta: la ribellione; <strong>di</strong>ventammo dei ribel-<br />

li, ma per amor <strong>di</strong> Patria libera.<br />

La “via giusta” fu lastricata da sofferenze, rinunce, martìri, morte.<br />

Il 26 giugno 1944 morì anche mio fratello, Sergio De Vitis, dopo aver attaccato<br />

la Polveriera <strong>di</strong> Sangano.<br />

Lo stesso Sergio aveva rischiato <strong>di</strong> essere impiccato all’età <strong>di</strong> due anni dai fasci-<br />

sti sul fascio <strong>di</strong> un ponte (emblema fascista).<br />

I: Perché?<br />

M: “Figlio <strong>di</strong> antifascisti, era bello e sano, mentre il figlio del loro comandante,<br />

della stessa età, era molto meno dotato e con un <strong>di</strong>fetto <strong>di</strong> pronuncia piuttosto<br />

grave.<br />

Cose da fantascienza, ma è proprio successo.<br />

I: Come nacque il movimento partigiano in Val Sangone?<br />

50


M: L’8 Settembre trovò a Sarzana il Maggiore Luigi Milano, mio fratello Sergio,<br />

Nino Criscuolo, Carlo Asteggiano, tutti appartenenti al battaglione Valle.<br />

Battaglione Finestrelle - Battaglione Val Chisone (durante la guerra ogni batta-<br />

glione alpino veniva raddoppiato con un Battaglione Valle. Finestrelle-Val Chiso-<br />

ne, Pinerolo-Val Pellice).<br />

Dopo aver mandato liberi i soldati, <strong>di</strong>strussero le armi per non consegnarle ai<br />

Tedeschi.<br />

Nella scuola della Verna <strong>di</strong> Cumiana, che <strong>di</strong>venne il “Distretto”, si arruolavano i<br />

soldati sbandati che volevano fare qualcosa contro il dominio dei Tedeschi <strong>di</strong><br />

Hitler.<br />

Proprio in questa zona, il 1° aprile 1944 avvenne un episo<strong>di</strong>o raccapricciante:<br />

l’ecci<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Cumiana; episo<strong>di</strong>o inconcepibile per gli Italiani, ma che ci fece capire<br />

come i Tedeschi fossero privi <strong>di</strong> ogni senso morale, persino non mantenere la<br />

parola data quale ufficiale “ del grande III Reich ”.<br />

Fucilarono 51 ostaggi presi tra la popolazione: essi dovevano essere rilasciati<br />

due ore dopo, come convenuto, per lo scambio con 34 prigionieri fatti dai Parti-<br />

giani durante il conflitto del 1° aprile.<br />

L’ecci<strong>di</strong>o avvenne il 3 aprile alle ore 14; lo scambio era stato fissato alle ore<br />

18… ”[……]<br />

I: Che cos’è la guerra partigiana?<br />

M: “E’ la guerra che si combatte tra gruppi <strong>di</strong> “ribelli” e una forma <strong>di</strong> dominio e<br />

<strong>di</strong> governo imposto con la forza delle armi e <strong>di</strong> leggi inique.<br />

In genere si combattono le <strong>di</strong>ttature che sono tutte inique perché tolgono la <strong>di</strong>-<br />

gnità all’uomo. Infatti tolgono la libertà <strong>di</strong> parola, <strong>di</strong> stampa, <strong>di</strong> credo religioso e<br />

politico, <strong>di</strong> movimento (non si poteva andare all’estero se non con permessi<br />

speciali e visti), la libertà epistolare (vi era il controllo delle lettere, con il quale<br />

le notizie che non piacevano al regime venivano cancellate), <strong>di</strong> pietà verso il<br />

“nemico” (un compagno <strong>di</strong> Accademia <strong>di</strong> mio fratello fu espulso dalla stessa Ac-<br />

cademia perché aveva scritto ad un suo carissimo amico belga, esprimendogli la<br />

sua comprensione per il dolore arrecatogli dall’occupazione tedesca del Belgio.<br />

Nelle scuole si imparava l’insegnamento della dottrina fascista; la gioventù veni-<br />

va tenuta lontana il più possibile dalle famiglie con esercitazioni paramilitari e<br />

ginniche; si cercava <strong>di</strong> fare il lavaggio del cervello con <strong>di</strong>scorsi, trasmissioni ra-<br />

<strong>di</strong>o, gare <strong>di</strong> ogni tipo (battaglia del grano, etc); si cercava <strong>di</strong> ottenere informa-<br />

51


zioni anche dai bambini più piccoli e più <strong>di</strong> una volta a causa delle loro innocenti<br />

affermazioni i padri finivano in galera. […]<br />

In Italia, inoltre, era dolorosissima perché il nemico erano anche i fratelli fascisti<br />

e noi non riuscivamo a <strong>di</strong>menticarlo. Ricordo che Sergio <strong>di</strong>ceva: “I Tedeschi at-<br />

taccateli sempre, ma ai fascisti rispondete solo se siete attaccati perché essi so-<br />

no Italiani anche se sono dalla parte sbagliata”.<br />

Non riusciva e non riuscivamo ad o<strong>di</strong>arli; ci facevano solo tanta rabbia e ci cau-<br />

savano tanto dolore: meglio <strong>di</strong>eci guerre normali che una guerra civile.<br />

I: Quale era la funzione delle donne partigiane?<br />

M: “Nella nostra Divisione il concetto <strong>di</strong> donna partigiana combattente era <strong>di</strong>ver-<br />

so da quello <strong>di</strong> molte altre Divisioni.<br />

La donna poteva essere utilizzata molto più proficuamente che non armarla e<br />

tenerla “in banda”.<br />

Infatti restandone fuori nessuno pensava che fosse una combattente e poteva<br />

andare ad agire ove era necessario arrivare.<br />

Teneva i collegamenti tra la montagna, la pianura e la città; col CLN (Corpo <strong>di</strong><br />

Libertà Nazionale), che non poteva essere raggiunto dagli uomini; cercava e si<br />

appoggiava agli “specialisti” <strong>di</strong> <strong>documenti</strong> falsi; impazziva per il timbro a fuoco<br />

tedesco, da noi battezzato “l’aquilotto”, necessario perché i “ragazzi” potessero<br />

raggiungere i nascon<strong>di</strong>gli quando, nel terribile inverno ’44-’45, non fu più possi-<br />

bile tenerli tutti in montagna a causa dei blocchi tedeschi in Coazze e dell’or<strong>di</strong>ne<br />

inglese <strong>di</strong> “mandarli a casa” fino alla primavera del ’45.<br />

Dove erano le loro case? Avevamo partigiani <strong>di</strong> tutta Italia!!<br />

La donna partigiana trasportava le armi da un covo all’altro, dalla città alla mon-<br />

tagna e viceversa, secondo gli spostamenti dei ragazzi partigiani; passava da-<br />

vanti ai tantissimi blocchi tedeschi senza essere troppo notata (si passava nelle<br />

ore in cui gli operai arrivavano con l’ultimo treno della sera); un uomo giovane<br />

non sarebbe mai passato.<br />

Addosso e nelle borse, che con tanta apparente <strong>di</strong>sinvoltura e naturalezza por-<br />

tava al braccio, trasportava i <strong>documenti</strong> che, a pensarla con tanto ottimismo, le<br />

sarebbero costata la fucilazione in caso <strong>di</strong> fermo.<br />

Curava gli ammalati e trasportava i feriti nell’ospedale <strong>di</strong> Giaveno, con l’aiuto <strong>di</strong><br />

altre donne della popolazione; cercava <strong>di</strong> procurare cibo quando le squadre vo-<br />

lanti non potevano più agire e a spalle portava in montagna tutto ciò che la soli-<br />

52


darietà della popolazione locale e degli sfollati offriva muovendosi e agendo tra<br />

un passaggio della pattuglia tedesca e l’altro.<br />

Per fortuna i Tedeschi non cambiavano mai ore e tragitti; fossero stati fascisti le<br />

cose sarebbero state molto più <strong>di</strong>fficili perché l’italiano non è così ligio agli orari<br />

e alle tabelle <strong>di</strong> marcia, inoltre avrebbe pensato come noi e agito <strong>di</strong> conseguen-<br />

za.<br />

La Partigiana teneva sempre occhio e orecchi aperti, non doveva sfuggirle nulla:<br />

osservare uomini, cose, movimenti, silenzi troppo profon<strong>di</strong>, immobilità eccessi-<br />

ve, ascoltando <strong>di</strong>scorsi, captando sguar<strong>di</strong> o gesti furtivi, tutto poteva significare<br />

la salvezza dei compagni <strong>di</strong> lotta o delle località prese <strong>di</strong> mira.<br />

Era la sorella, la confidente, la consolatrice degli animi maschili che tanto soffri-<br />

vano nel vedere i loro amici martirizzati in modo orrendo, sepolti ancora vivi e<br />

ricoperti <strong>di</strong> pietre e nel non avere notizie delle famiglie, molte delle quali perse-<br />

guitate e anche incarcerate.<br />

Andava a ritirare il denaro che alcuni industriali (come la Fiat) offrivano per po-<br />

ter dare uno stipen<strong>di</strong>o a tutti i nostri uomini (900 Lire sia ai soldati che agli uffi-<br />

ciali) e quin<strong>di</strong> essere in grado <strong>di</strong> pagare il cibo consumato quando la squadra<br />

volante non poteva procurarlo.<br />

La fame vera è bruttissima, i combattenti devono mangiare almeno un po’ per<br />

tenersi in forze; c’era il pericolo <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare ladri per non morire <strong>di</strong> fame. Così<br />

con lo stipen<strong>di</strong>o si risolse tutto.<br />

Non bisogna però <strong>di</strong>menticare che la gente <strong>di</strong> Forno regalava sovente ai ragazzi<br />

polenta e latte o patate cotte sotto la cenere: che gente generosa, leale, fedele,<br />

povera <strong>di</strong> mezzi, ricca, però, <strong>di</strong> virtù!<br />

La partigiana era sempre in movimento, sempre a pie<strong>di</strong>, camminava da un co-<br />

prifuoco all’altro e non sentiva la stanchezza, né la fame nera che le contorceva<br />

lo stomaco se il suo andare era utile, necessario.<br />

Quanta neve e quanto ghiaccio furono calpestati dai suoi scarponi, che <strong>di</strong>venta-<br />

vano ogni giorno più logori e meno protettivi!<br />

Quanti tuffi nei mucchi <strong>di</strong> neve per sfuggire alle pallottole che le fischiavano in-<br />

torno!<br />

Come si bloccava il cuore all’apparire improvviso <strong>di</strong> una pattuglia tedesca, che<br />

con armi spianate, perlustrava la zona!<br />

Si ricomponeva il viso e assumeva un’espressione <strong>di</strong> grande tranquillità, ma<br />

53


dentro moriva perché se la frugavano … […]<br />

I: Quale era il rapporto tra il clero e i partigiani?<br />

M: La maggior parte dei sacerdoti si misero spontaneamente dalla parte della<br />

Resistenza, anzi proprio il loro atteggiamento fu <strong>di</strong> esempio e sprone per la po-<br />

polazione che da esso trasse forza e certezze.<br />

La loro opera la iniziarono imme<strong>di</strong>atamente l’8 settembre ‘43 quando fu procla-<br />

mato l’armistizio incon<strong>di</strong>zionato (il più terribile perché era senza con<strong>di</strong>zioni da<br />

parte degli Italiani che si erano arresi) ed i soldati sbandati cercavano <strong>di</strong> rag-<br />

giungere la proprie case o un rifugio sicuro per non essere catturati dai Tede-<br />

schi.<br />

I sacerdoti ospitavano già da tempo gli Ebrei perseguitati; con la Resistenza o-<br />

spitarono o misero in salvo i familiari dei Partigiani; assistevano e intervenivano<br />

nelle trattative per gli scambi <strong>di</strong> prigionieri; davano l’assistenza spirituale ed ac-<br />

correvano accanto ai moribon<strong>di</strong>, rischiando molte vote la vita; erano sempre in<br />

contatto con le bande e fornivano notizie importanti sul nemico.<br />

In tutta la Val Sangone vi furono sacerdoti molto coraggiosi e degni <strong>di</strong> gratitu<strong>di</strong>-<br />

ne e <strong>di</strong> ricordo …[…]<br />

Più volte i tre sacerdoti furono presi in ostaggio e malmenati dai Tedeschi. […]<br />

Oltre i sacerdoti non è possibile <strong>di</strong>menticare l’opera altruistica e coraggiosa delle<br />

suore dell’Ospedale <strong>di</strong> Giaveno.<br />

I partigiani feriti trovarono nel piccolo ospedale, dove i Repubblichini e i Tede-<br />

schi feriti venivano ricoverati, un nascon<strong>di</strong>glio sicuro e cure adeguate grazie all’<br />

astuzia delle suore; infatti i fascisti venivano trattenuti nella corsia, mentre i<br />

Partigiani dovevano essere nascosti: venivano ospitati in rifugi sicuri, i cui usci<br />

venivano camuffati da mucchi <strong>di</strong> legna, da arma<strong>di</strong> dal doppio fondo.<br />

Un rifugio si trovava nella camera mortuaria, un altro nel pollaio, un altro nella<br />

cucina: tutti però erano puliti, dotati <strong>di</strong> luce, lettini, biancheria, cuscini, acqua,<br />

me<strong>di</strong>cinali più utili e cibarie.<br />

Il controllo nazi-fascista era più terribile e minuzioso durante i rastrellamenti,<br />

perché i Tedeschi erano certi che i Partigiani feriti dovevano essere lì ricoverati,<br />

nascosti, curati da quelle sorridenti e dolcissime suorine.<br />

[….] Certo non si può contare quanti “ragazzi” devono la loro salvezza a queste<br />

suorine, che per il loro bene avevano imparato persino a <strong>di</strong>re grosse bugie e <strong>di</strong><br />

ciò si dolevano con noi ragazze, che ci <strong>di</strong>vertivamo un mondo nell’ascoltarle.<br />

54


Ricordo che, quando i “ragazzi” parlavano <strong>di</strong> quelle suore, lo facevano con tanta<br />

tenerezza, ammirazione e affetto.” […]<br />

I: Mi chiedo quali insegnamenti possiamo trarre noi giovani da quei ra-<br />

gazzi?<br />

M: “Moltissimi. Nessuno li aveva obbligati ad entrare nelle formazioni partigiane,<br />

avevano scelto tutti liberamente e con la stessa libertà si erano fermati fino alla<br />

fine o fino alla morte, perché tutti avevano capito che si doveva conquistare la<br />

libertà per la nostra Terra, per la nostra Gente.<br />

Questo ideale, questa consapevolezza fece affiorare in loro tante virtù dei padri.<br />

Pensa a tutti quelli che lavorarono e combatterono durante tutto il Risorgimento<br />

per liberare e unire l’Italia”<br />

I: Mi racconta alcuni episo<strong>di</strong> accaduti a lei e alla sua famiglia durante il<br />

periodo <strong>di</strong> guerra?<br />

M: “Un primo racconto è “ Un austriaco per amico ”:<br />

Mia mamma Valeria, la mia bimba <strong>di</strong> un anno ed io siamo vive grazie ad un au-<br />

striaco: l’interprete dei Tedeschi che avevano messo il blocco a Coazze nella vil-<br />

la (la loro sede) all’inizio del paese.<br />

Era giunta ai Tedeschi una lettera che denunciava la presenza della mamma,<br />

della sorella e della nipotina <strong>di</strong> Sergio in Coazze.<br />

L’interprete austriaco traduceva la denuncia in modo <strong>di</strong>verso e tale da salvare<br />

la nostra vita.<br />

Disse ad una maestrina, che frequentava la villa, <strong>di</strong> avvertirci del pericolo che<br />

noi tre correvamo e <strong>di</strong> rassicurarci che lui ci avrebbe protette fino a quando era<br />

lì.<br />

Purtroppo all’inizio <strong>di</strong> febbraio fu mandato in Val Susa. Ci fece avvisare la sera<br />

precedente: alle 4 del mattino noi tre scendemmo a Giaveno e prendemmo il<br />

trenino.<br />

A causa del ghiaccio partimmo solo alle 8, ma in tempo: alle 10 sei ufficiali te-<br />

deschi ci cercavano.<br />

Intanto il povero interprete veniva fucilato in Val Susa, perché il collega, che<br />

l’aveva sostituito in Coazze, aveva tradotto la denuncia in modo esatto.<br />

Un altro episo<strong>di</strong>o è quello <strong>di</strong> REGINALDA SANTACROCE: MAESTRINA GIOVANE,<br />

BELLA, SANA, RICCA DI IDEALI.<br />

I Tedeschi vennero a sapere che Reginalda era la fidanzata <strong>di</strong> Sergio e quin<strong>di</strong><br />

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certamente sapeva dove egli fosse e quin<strong>di</strong> poteva dare loro informazioni.<br />

Fu prelevata al sabato e interrogata a lungo. Al suo silenzio e ai suoi <strong>di</strong>nieghi<br />

seguirono bastonate con nervo <strong>di</strong> bue.<br />

Più cresceva l’ira dei Tedeschi <strong>di</strong> fronte a tanto coraggioso silenzio più aumenta-<br />

va la violenza delle bastonate, fin quando Reginalda svenne e non riuscirono a<br />

farla rinvenire: l’abbandonarono nell’aula.<br />

Si riprese il lunedì mattina sentendo un panno freddo sulla fronte. Chiamò<br />

“mamma, mamma”, ma le rispose una voce maschile: “No mutter, no mutter, io<br />

amico, tedesco buono, amico. Tu signorina coraggiosa. Io ammirare molto. Io<br />

me<strong>di</strong>co, volere guarire te, mia sorella. Brava tu non parlare, brava”.<br />

Era un austriaco.<br />

Ancora un altro episo<strong>di</strong>o: UN ALTRO INTERPRETE AUSTRIACO SALVA LA MAMMA<br />

DI SERGIO<br />

La mamma <strong>di</strong> Sergio insegnava a Frossasco e, tornando a casa dopo le lezioni,<br />

venne avvicinata da un interprete austriaco che l’avvisò <strong>di</strong> scappare perché sta-<br />

vano arrivando i Tedeschi e i repubblichini per farla prigioniera.<br />

Ebbe appena il tempo <strong>di</strong> entrare in casa, prendere due piccole borse, già pronte<br />

per un’eventuale fuga, uscire dal cancelletto del giar<strong>di</strong>no, attiguo alla casa,<br />

mentre davanti al portone <strong>di</strong> ingresso i Tedeschi stavano già piazzando la mitra-<br />

gliatrice. Attraversò la strada e si rifugiò dalla sua amica che abitava nella casa<br />

<strong>di</strong> fronte.<br />

Fortunatamente i Tedeschi, non conoscendola personalmente, non poterono col-<br />

legare quella donna con la mamma <strong>di</strong> Sergio.<br />

Nascosta <strong>di</strong>etro le persiane assistette allo scempio che fecero nella sua abitazio-<br />

ne.<br />

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