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24° DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO Anno C - Undicesima Ora

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<strong>24°</strong> <strong>DOMENICA</strong> <strong>DEL</strong> <strong>TEMPO</strong> <strong>ORDINARIO</strong><br />

<strong>Anno</strong> C<br />

ANTIFONA D'INGRESSO<br />

Dà, o Signore, la pace<br />

a coloro che sperano in te;<br />

i tuoi profeti siano trovati degni di fede;<br />

ascolta la preghiera dei tuoi fedeli<br />

e del tuo popolo, Israele.<br />

ATTO PENITENZIALE<br />

Umili e penitenti come il pubblicano al tempio, accostiamoci al Dio giusto e santo, perché abbia pietà<br />

anche di noi.<br />

C e A: Confesso a Dio onnipotente e a voi, fratelli, che ho molto peccato in pensieri, parole, opere e<br />

omissioni, per mia colpa, mia colpa, mia grandissima colpa. E supplico la beata sempre vergine Maria, gli<br />

angeli, i santi e voi fratelli, di pregare per me il Signore Dio nostro.<br />

C: Dio Onnipotente abbia misericordia di voi, perdoni i vostri peccati e vi conduca alla vita eterna.<br />

A: Amen.<br />

C: Signore pietà.<br />

A: Signore pietà.<br />

C: Cristo pietà.<br />

A: Cristo pietà.<br />

C: Signore pietà.<br />

A: Signore pietà.<br />

GLORIA<br />

Gloria a Dio nell'alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà.<br />

Noi ti lodiamo, ti benediciamo, ti adoriamo, ti glorifichiamo, ti rendiamo grazie per la tua gloria<br />

immensa, Signore Dio, Re del cielo, Dio Padre onnipotente.<br />

Signore, figlio unigenito, Gesù Cristo, Signore Dio, Agnello di Dio, Figlio del Padre, tu che togli i peccati<br />

dal mondo abbi pietà di noi; tu che togli i peccati dal mondo, accogli la nostra supplica; tu che siedi alla<br />

destra del Padre, abbi pietà di noi.<br />

Perché tu solo il Santo, tu solo il Signore, tu solo l'Altissimo, Gesù Cristo, con lo Spirito Santo: nella gloria<br />

di Dio Padre. Amen.<br />

COLLETTA<br />

O Dio, che hai creato e governi l'universo, fa' che sperimentiamo la potenza della tua misericordia, per<br />

dedicarci con tutte le forze al tuo servizio. Per il nostro Signore...<br />

PRIMA LETTURA<br />

Es 32, 7-11. 13-14<br />

Dal libro dell'Esodo.<br />

In quei giorni, il Signore disse a Mosè: «Và, scendi, perché il tuo popolo, che tu hai fatto uscire dal paese<br />

d'Egitto, si è pervertito. Non hanno tardato ad allontanarsi dalla via che io avevo loro indicata! Si son<br />

fatti un vitello di metallo fuso, poi gli si sono prostrati dinanzi, gli hanno offerto sacrifici e hanno detto:<br />

Ecco il tuo Dio, Israele; colui che ti ha fatto uscire dal paese di Egitto».


Il Signore disse inoltre a Mosè: «Ho osservato questo popolo e ho visto che è un popolo dalla dura<br />

cervice. <strong>Ora</strong> lascia che la mia ira si accenda contro di loro e li distrugga. Di te invece farò una grande<br />

nazione».<br />

Mosè allora supplicò il Signore, suo Dio, e disse: «Perché, Signore, divamperà la tua ira contro il tuo<br />

popolo, che tu hai fatto uscire dal paese d'Egitto con grande forza e con mano potente? Ricòrdati di<br />

Abramo, di Isacco, di Israele, tuoi servi, ai quali hai giurato per te stesso e hai detto: Renderò la vostra<br />

posterità numerosa come le stelle del cielo e tutto questo paese, di cui ho parlato, lo darò ai tuoi<br />

discendenti, che lo possederanno per sempre». Il Signore abbandonò il proposito di nuocere al suo<br />

popolo.<br />

C: Parola di Dio.<br />

A: Rendiamo grazie a Dio.<br />

SALMO RESPONSORIALE<br />

Sal. 50<br />

RIT: Donaci, Padre, la gioia del perdono.<br />

Pietà di me, o Dio, secondo la tua misericordia;<br />

nella tua grande bontà cancella il mio peccato.<br />

Lavami da tutte le mie colpe,<br />

mondami dal mio peccato.<br />

Crea in me, o Dio, un cuore puro,<br />

rinnova in me uno spirito saldo.<br />

Non respingermi dalla tua presenza<br />

e non privarmi del tuo santo spirito.<br />

Donaci, Padre, la gioia del perdono.<br />

Signore, apri le mie labbra<br />

e la mia bocca proclami la tua lode.<br />

Uno spirito contrito è sacrificio a Dio,<br />

un cuore affranto e umiliato, Dio, tu non disprezzi.<br />

SECONDA LETTURA<br />

1 Tm 1, 12-17<br />

Dalla lettera di san Paolo apostolo a Timoteo.<br />

Rendo grazie a colui che mi ha dato la forza, Cristo Gesù Signore nostro, perché mi ha giudicato degno<br />

di fiducia chiamandomi al mistero: io che per l'innanzi ero stato un bestemmiatore, un persecutore e un<br />

violento. Ma mi è stata usata misericordia, perché agivo senza saperlo, lontano dalla fede; così la grazia<br />

del Signore nostro ha sovrabbondato insieme alla fede e alla carità che è in Cristo Gesù.<br />

Questa parola è sicura e degna di essere da tutti accolta: Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i<br />

peccatori e di questi il primo sono io.<br />

Ma appunto per questo ho ottenuto misericordia, perché Gesù Cristo ha voluto dimostrare in me, per<br />

primo, tutta la sua magnanimità, a esempio di quanti avrebbero creduto in lui per avere la vita eterna.<br />

Al Re dei secoli incorruttibile, invisibile e unico Dio, onore e gloria nei secoli dei secoli. Amen.<br />

C: Parola di Dio.<br />

A: Rendiamo grazie a Dio.<br />

CANTO AL VANGELO


Alleluia, Alleluia.<br />

Noi abbiamo riconosciuto e creduto<br />

all’amore che Dio ha per noi:<br />

se il nostro cuore ci condanna,<br />

Dio è più grande del nostro cuore<br />

e conosce ogni cosa.<br />

Alleluia.<br />

VANGELO<br />

Lc 15, 1-32<br />

+Dal Vangelo secondo Luca<br />

In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi<br />

mormoravano: «Costui riceve i peccatori e mangia con loro».<br />

Allora egli disse loro questa parabola: «Chi di voi se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le<br />

novantanove nel deserto e va dietro a quella perduta, finché non la ritrova? Ritrovatala, se la mette in<br />

spalla tutto contento, va a casa, chiama gli amici e i vicini dicendo: Rallegratevi con me, perché ho<br />

trovato la mia pecora che era perduta.<br />

Così, vi dico, ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non<br />

hanno bisogno di conversione.<br />

O quale donna, se ha dieci dramme e ne perde una, non accende la lucerna e spazza la casa e cerca<br />

attentamente finché non la ritrova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, dicendo:<br />

Rallegratevi con me, perché ho ritrovato la dramma che avevo perduta.<br />

Così, vi dico, c'è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».<br />

Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane disse al padre: Padre, dammi la parte del<br />

patrimonio che mi spetta. E il padre divise tra loro le sostanze. Dopo non molti giorni, il figlio più<br />

giovane, raccolte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo da<br />

dissoluto.<br />

Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel<br />

bisogno. Allora andò e si mise a servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei campi a<br />

pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i porci; ma nessuno gliene<br />

dava.<br />

Allora rientrò in se stesso e disse: Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io<br />

qui muoio di fame! Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro<br />

di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi garzoni.<br />

Partì e si incamminò verso suo padre. Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse<br />

incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te;<br />

non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Ma il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito<br />

più bello e rivestitelo, mettetegli l'anello al dito e i calzari ai piedi. Portate il vitello grasso, ammazzatelo,<br />

mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è<br />

stato ritrovato. E cominciarono a far festa.<br />

Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze;<br />

chiamò un servo e gli domandò che cosa fosse tutto ciò. Il servo gli rispose: E' tornato tuo fratello e il<br />

padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo. Egli si arrabbiò, e non<br />

voleva entrare. Il padre allora uscì a pregarlo. Ma lui rispose a suo padre: Ecco, io ti servo da tanti anni e<br />

non ho mai trasgredito un tuo comando, e tu non mi hai dato mai un capretto per far festa con i miei<br />

amici. Ma ora che questo tuo figlio che ha divorato i tuoi averi con le prostitute è tornato, per lui hai<br />

ammazzato il vitello grasso.<br />

Gli rispose il padre: Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e<br />

rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato» .


C: Parola del Signore.<br />

A: Lode a Te o Cristo.<br />

PROFESSIONE DI FEDE<br />

Credo in un solo Dio, Padre onnipotente,<br />

creatore del cielo e della terra,<br />

di tutte le cose visibili e invisibili.<br />

Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio,<br />

nato dal Padre prima di tutti i secoli:<br />

Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero,<br />

generato, non creato, della stessa sostanza del Padre;<br />

per mezzo di lui tutte le cose sono state create.<br />

Per noi uomini e per la nostra salvezza<br />

discese dal cielo,<br />

e per opera dello Spirito Santo<br />

si è incarnato nel seno della Vergine Maria<br />

e si è fatto uomo.<br />

Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato,<br />

morì e fu sepolto.<br />

Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture,<br />

è salito al cielo, siede alla destra del Padre.<br />

E di nuovo verrà, nella gloria,<br />

per giudicare i vivi e i morti,<br />

e il suo regno non avrà fine.<br />

Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita,<br />

e procede dal Padre e dal Figlio.<br />

Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato,<br />

e ha parlato per mezzo dei profeti.<br />

Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica.<br />

Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati.<br />

Aspetto la risurrezione dei morti<br />

e la vita del mondo che verrà. Amen.<br />

PREGHIERA DEI FE<strong>DEL</strong>I<br />

Cristo è il re dell'universo e il Signore della Chiesa.<br />

Rivolgiamo a lui la nostra fiduciosa preghiera,<br />

perché tutto il mondo si rinnovi nella giustizia e nell'amore.<br />

R. Gesù Signore, ascoltaci.<br />

Per la santa Chiesa, perché unita in Cristo, mite re di pace,<br />

esprima alla luce del vangelo la giustizia nuova<br />

che egli ha promulgato dalla croce, preghiamo. R.<br />

Per i pastori del popolo di Dio, vescovi, presbiteri, diaconi,<br />

perché siano imitatori<br />

di colui che è venuto non per essere servito, ma per servire, preghiamo. R.<br />

Per la società in cui viviamo,<br />

perché riconosca in ogni essere umano la presenza del Figlio di Dio,<br />

che un giorno verrà a giudicare il mondo, preghiamo. R.<br />

Per tutti i fratelli che portano, come noi, nella loro anima


il segno della contraddizione e del peccato,<br />

perché non esitino ad affidarsi alla regalità di Cristo,<br />

esigente ma liberante, preghiamo. R.<br />

Per gli uomini vicini alla morte,<br />

perché illuminati e guidati dalla speranza immortale ricevuta in dono nel Battesimo,<br />

si aprano alla contemplazione del volto di Cristo, preghiamo. R.<br />

Signore Gesù,<br />

che sulla croce hai spezzato il giogo del peccato e della morte,<br />

estendi a tutti noi la tua signoria di grazia e di pace;<br />

donaci la certezza che ogni umana fatica<br />

è un germe che si apre<br />

alla realtà beatificante del tuo regno.<br />

Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli.<br />

R. Amen.<br />

SULLE OFFERTE<br />

Accogli con bontà, Signore, i doni e le preghiere del tuo popolo, e ciò che ognuno offre in tuo onore<br />

giovi alla salvezza di tutti. Per Cristo nostro Signore.<br />

ANTIFONA ALLA COMUNIONE<br />

Quanto è preziosa la tua misericordia, o Dio!<br />

Gli uomini si rifugiano all'ombra delle tue ali.<br />

DOPO LA COMUNIONE<br />

La potenza di questo sacramento, o Padre, ci pervada corpo e anima, perché non prevalga in noi il<br />

nostro sentimento, ma l'azione del tuo Santo Spirito. Per Cristo nostro Signore.<br />

C O M M E N T I<br />

DON CLAUDIO DOGLIO<br />

“Donaci, Padre, la gioia del perdono”.<br />

Il ritornello del salmo responsoriale di oggi esprime e sintetizza il senso profondo della liturgia odierna.<br />

In tutte tre le parabole il tema dominante è quello della gioia: la gioia della donna che ritrova da<br />

dramma, la gioia del pastore per la pecorella ritrovata, e la gioia del padre per il figlio ritornato.<br />

È la stessa gioia del Padre per ogni figlio che torna a lui.<br />

1° Lettura (Es 32, 7-11.13-14)<br />

Il Signore abbandonò il proposito di nuocere al suo popolo.<br />

Nel brano di oggi Mosè, davanti a Dio, appare come il grande intercessore per il popolo peccatore.<br />

Per Mosè, che ha appena goduta la gioia dell’incontro con Dio e stabilita una relazione di alleanza,<br />

giunge l’ora della rottura.<br />

Gli Israeliti sono minacciati di morte per essersi costruita una immagine di Dio.


La figura del mediatore si presenta qui nella sua luce più pura.<br />

Mosè non vuole salvarsi da solo, riafferma che il popolo è stato tratto fuori dall’Egitto da Dio, e non da<br />

lui, che questo è il “suo” popolo, che il suo nome è impegnato in esso di fronte alla storia.<br />

Inoltre la parola data ai patriarchi impegna Dio riguardo ai loro discendenti.<br />

In una parola, Dio non si mostrerebbe glorioso, se non si mostrasse lineare e costante nella sua parola e<br />

nella sua azione.<br />

E’ questa nazione, uscita dall’Egitto, la portatrice della salvezza.<br />

Tuttavia egli non intende dissociarsi dalla sorte del suo popolo per essere salvato a parte.<br />

Opponendosi infatti a Dio che sarebbe disposto a ricominciare in lui la storia della salvezza, egli si rende<br />

garante della continuità dell’agire salvifico di Dio e diviene pienamente solidale con il popolo.<br />

L’intercessione di Mosè, mediatore che ottiene la salvezza, prefigura quella di Cristo che, resosi solidale<br />

con l’uomo, intercede per noi presso il Padre.<br />

La risposta di Dio a questa intercessione riafferma la fedeltà di Dio nella parola e nell’azione, ed egli<br />

riprende a chiamare “suo popolo” quel popolo infedele.<br />

Forse, il più patetico tra gli aspetti del mediatore è quel rifiuto di dissociarsi dal popolo peccatore per<br />

essere principio di un nuovo popolo, come era stato Abramo.<br />

La condanna di farsi un’immagine di Dio va intesa anche in senso spirituale.<br />

Il popolo di Israele non ha ancora conosciuto veramente chi è Dio.<br />

C’è il rischio che, all’interno del nostro rapporto con Dio, ci formiamo il nostro “vitello d’oro”, fatto di<br />

premi e castighi, personalizzato, un po’ magico magari, tremendo e terribile, così c’è più devozione.<br />

Mosè, l’intercessore, è colui che ci libera da questa immagine di un Dio opprimente e ci ridona al Dio<br />

della Salvezza, il Dio della storia, di Abramo, di Isacco e di Giacobbe.<br />

Nell’episodio del vitello d’oro l’uomo, invece che dominare il mondo animale, si sottomette all’immagine<br />

di un animale da lui stesso costruita; ne fa il suo idolo e se ne fa schiavo.<br />

Non ha neppure fatto un vitello, ma solo un’immagine del vitello e ha dovuto ricorrere all’espediente di<br />

ricoprirla d’oro perché questa non si alteri, non cambi aspetto e non si degradi nel tempo.<br />

Questa sua raffigurazione di animale è muta, vuota ed egli adora questo suo silenzio, questa sua vacuità,<br />

la sua nullità.<br />

È il farsi schiavo di un qualcosa: immagine, lavoro, produzione o una legge fatta da se stesso; è voler<br />

diventare schiavi di se stessi.<br />

L’idolo è il mio schiavo di cui io sono schiavo, schiavo di qualcosa a cui la Bibbia dà il nome di “niente”.<br />

È la stessa idolatria come quando l’uomo si rende schiavo del lavoro, schiavo della sua produzione.<br />

Anche in questo è il valore dello shabbat,(sabato) riconoscere Dio e non il lavoro come padrone della<br />

propria vita.<br />

Il shabbat imprime sull’uomo il sigillo finale dell’immagine di Dio; è il limite che – come Dio – l’uomo<br />

pone al proprio lavoro.<br />

(da Beauchamp) *<br />

7. Dio prende le distanze da Israele, quasi rinnegando le sue iniziative salvifiche: “il tuo popolo che tu hai<br />

fatto uscire”.<br />

8. Vitello e toro erano considerati, dalle popolazioni dell’antico Oriente, simboli di forza e di fecondità e<br />

perciò associati alla divinità.<br />

9. “un popolo dalla dura cervice”: questa definizione del popolo ebraico è frequente nella Bibbia (Es 32,9;<br />

33,3.<br />

5) e allude alla durezza e alla chiusura di Israele alla parola di Dio.<br />

Al versetto 32,1 il popolo aveva chiesto ad Abramo, veduto che Mosè indugiava nello scendere dal<br />

monte; “facciamo un dio che vada davanti a noi”.<br />

Gli eserciti orientali facevano precedere gli schieramenti dalla statua o dall’emblema di un dio.<br />

Anche le tribù di Israele avevano un’insegna che le distingueva (Nm 2,2) “…si accamparono ognuno<br />

presso la propria insegna”.<br />

2° Lettura (1 Tm 1, 12-17)<br />

Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori


Con oggi iniziamo la lettura delle due lettere a Timoteo che ci accompagneranno per sette domeniche.<br />

Le due lettere a Timoteo e quella a Tito non sono indirizzate a comunità, ma a persone singole, a uomini<br />

che hanno una responsabilità nel governo, nell’insegnamento, e nella condotta della comunità.<br />

Poiché danno direttive, consigli ed ammonimenti ai Padri delle Chiese, utili per il buon governo di<br />

queste, vengono chiamate lettere pastorali.<br />

Ci sono dei pareri contrari sull’attribuzione a Paolo di queste lettere: queste infatti presentano<br />

importanti differenze di tono rispetto alle prime.<br />

La passione bollente e l’irruenza dell’inizio dell’epistolario di Paolo fanno posto qui ad una espressione<br />

calma e pacificata, si insiste molto sulla pietà e la buona condotta e contengono lunghe<br />

raccomandazioni morali.<br />

E’ anche vero però che Paolo è più avanzato in età, ricorre a segretari e scrive in condizioni pratiche<br />

difficili.<br />

Inoltre, scrivendo a singole persone, non fa meraviglia che non abbia più la stessa veemenza di quando<br />

scriveva a singole comunità.<br />

Oggi si è abbastanza d’accordo nel riconoscere che queste lettere manifestino il pensiero dell’apostolo,<br />

ma anche che Paolo avrebbe lasciato al suo segretario una più ampia libertà di espressione.<br />

Di queste due lettere l’ultima fu scritta a Roma quasi alla vigilia del martirio e rappresenta il suo<br />

testamento spirituale; la prima la precedette di poco nel tempo.<br />

Timoteo è vescovo di Efeso, ed è molto affezionato a Paolo che considera come suo padre spirituale e<br />

del quale fu stretto collaboratore.<br />

Nel brano di oggi Paolo ricorda l’esperienza fondamentale che ha sconvolto la sua esistenza.<br />

Dominato da uno spirito legalista, convinto della propria giustizia, aveva perseguitato i cristiani in nome<br />

di Dio.<br />

Ma un giorno scoprì il carattere gratuito della misericordia divina e nello stesso tempo divenne<br />

consapevole del proprio peccato. Trasformato interiormente si mise al servizio del vangelo. I ministeri<br />

provengono dalla volontà di Dio.<br />

La Chiesa non è una assemblea puramente democratica nella quale l’origine del ministero si debba ad<br />

una semplice delegazione della comunità in favore di colui che lo esercita; al contrario vi sarà sempre un<br />

fatto misterioso che proviene da Dio. Paolo si presenta come peccatore redento dal gesto gratuito di<br />

Cristo; solo per la “grazia” di Gesù poté avvenire quel sorprendente cambiamento nella sua vita.<br />

Paolo ricorda il suo passato di “figlio prodigo”, “bestemmiatore, persecutore violento”. Ma il “prima” è<br />

stato cancellato, la misericordia di Dio e la grazia di Cristo hanno aperto un “poi”, un orizzonte di luce e<br />

di speranza. Paolo è l’esempio classico dell’uomo peccatore salvato unicamente per un intervento<br />

gratuito di Dio, senza alcun merito personale né barlume di pentimento o desiderio di cambiare la<br />

propria situazione. Alla base di tutto c’è il grande asserto del v.15 che potrebbe essere la sigla riassuntiva<br />

delle letture di oggi: “Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori.”<br />

Vangelo (Lc 15, 1-32)<br />

Sarà grande la gioia in cielo per un peccatore convertito<br />

La liturgia ci propone oggi, dal vangelo secondo Luca, tre parabole che hanno una stessa conclusione:<br />

l’invito alla gioia o il cantico di gioia in cielo per il peccatore che torna al bene.<br />

Le prime due parabole: quella della pecora e quella della moneta smarrita, descrivono la sollecitudine di<br />

Dio che va in cerca personalmente anche del singolo, se questi si perde.<br />

La terza parabola, quella del figliol prodigo, può essere vista anche come la parabola del padre<br />

misericordioso che, al di là di ogni speranza umana, conserva per ciascun figlio l’affetto indefettibile di<br />

un padre per il figlio: lo attende con speranza incrollabile e lo accoglie sempre con gioia.<br />

Il nostro ritorno a Dio non avrà mai la sorpresa triste di trovare un padre distratto o che ha cambiato<br />

residenza, o altrimenti occupato o che risponde con freddezza.<br />

Qui Luca contrappone l’atteggiamento del peccatore che prende coscienza della sua miseria e si apre<br />

con gioia alla scoperta dell’amore gratuito di un Dio misericordioso, e quello delle persone<br />

autosufficienti, il figlio maggiore, che si gloriano delle loro opere buone, ma che per questo sono<br />

condannate a non capire il vero volto di Dio.


Costoro sono in una posizione che richiama alla memoria quella del fariseo nei confronti del pubblicano<br />

in preghiera al tempio.<br />

Nel malumore del fratello si riconoscono i farisei irritati per l’accoglienza che Gesù riserva ai peccatori.<br />

Non si contesta la loro giustizia, ma lo spirito della loro obbedienza alle leggi, paragonabile al calcolo di<br />

un bilancio aziendale e cioè completamente privo di amore e carità, e dove manca la carità tutto è<br />

inutile. Dove non c’è carità e amore non c’è Dio.<br />

E’ mancanza di carità e di amore condannare senza appello il fratello che ha sbagliato.<br />

I rappresentanti di Israele mormorano e si oppongono: si sentono orgogliosi della loro sicurezza morale,<br />

pensano che la religione sia una loro proprietà e non sopportano che qualcuno parli di un Dio che<br />

appartiene agli altri (i peccatori, i nemici, le prostitute). Il Dio di Gesù distrugge la struttura di sicurezze<br />

umane su cui poggiano la loro pietà e la loro speranza.<br />

Le parabole hanno due scopi: a) con esse Gesù difende la propria posizione e, più ancora, il gesto del<br />

perdono che offre agli emarginati; b) con esse Gesù rivela il vero volto di Dio sulla terra.<br />

Dio si è rivelato come forza di un amore che salva e crea.<br />

Non gli bastano i giusti dei quali addirittura non si preoccupa: Dio si occupa specialmente di quelli che<br />

sono nel pericolo (15,3-10). Questo amore di Dio giustifica l’atteggiamento di Gesù nei confronti dei<br />

piccoli, degli emarginati, dei peccatori e degli estranei.<br />

Il padre misericordioso non rimprovera nulla al figlio né si fa spiegare le ragioni del ritorno, gli offre<br />

amore e casa. Altro aspetto fondamentale della parabola, oltre l’amore del padre che perdona, è la<br />

reazione del figlio “buono” della casa.<br />

In questo vediamo Israele, i giusti di Israele che si dolgono che il Padre accolga i peccatori e offra loro il<br />

suo banchetto. Pensavano che la casa fosse loro e credevano di poter organizzare a modo loro le leggi<br />

del bene e del male.<br />

<strong>Ora</strong> hanno scoperto che la legge del Padre è diversa e si sentono degradati, contrariati e mal disposti; è<br />

l’indivia per chi è perdonato. (Gran brutta bestia l’invida!).<br />

C’è un Padre che ci ama: questa è la nostra gioia, questa è la buona notizia e questa diventa la<br />

consapevolezza, la grandezza e la bellezza di tutto il nostro cammino cristiano: “figlio, tutto ciò che è<br />

mio è tuo”. Dio si è rivelato nelle parabole di oggi come principio di un amore che cerca quello che è<br />

perduto, che perdona e crea.<br />

Dio è un padre che offre a tutti la grazia del perdono e la possibilità di un’esistenza nuova.<br />

La sua gioia sta proprio nell’aiutare coloro che hanno deviato o sono in pericolo.<br />

Per questo il sacramento della riconciliazione deve essere visto come un duplice atto di gioia per Dio che<br />

perdona e per il penitente che viene perdonato e non come un tetro sacramento di penitenza, a quale<br />

avvicinarsi con timore e vergogna.<br />

Conversione e remissione<br />

TERTULLIANO<br />

De paenitentia, 8<br />

Ricorda quello che lo Spirito dice alle Chiese: accusa gli Efesini di aver abbandonato l`amore, riprende gli<br />

abitanti di Tiatira per i loro stupri e l`uso di carni immolate agli idoli, imputa agli abitanti di Sardi che le<br />

loro opere non sono perfette; rimprovera gli abitanti di Pergamo d`insegnare dottrine perverse; quelli di<br />

Laodicea di confidar troppo nelle loro ricchezze. Eppure esorta tutti alla penitenza, anzi, ad essa li<br />

ammonisce. Ma non ammonirebbe chi non si pente, se a chi si pente le colpe non fossero perdonate. E`<br />

lui, è lui che "preferisce la misercordia ai sacrifici" (Mt 9,13).<br />

Si allietano i cieli, e gli angeli lassú presenti, per la penitenza dell`uomo. Orsú, peccatore: sta` di buon<br />

animo! Vedi dove ci si allieta per il tuo ritorno. Che ci vogliono dimostrare gli argomenti delle parabole<br />

del Signore? La donna che, persa la moneta, la cerca, la ritrova e invita le amiche a rallegrarsi, non è<br />

esempio del peccatore ravveduto? Si è smarrita una sola pecorella del pastore, ma egli non ha premura<br />

maggiore per il gregge intero: ricerca quella sola, gli preme piú di tutte le altre, e finalmente la trova, la


porta sulle sue spalle, perché si era molto stancata vagolando. E non posso tralasciar di ricordare quel<br />

padre tenerissimo che richiama il figliol prodigo e con tanto cuore lo riaccoglie, ravveduto nella miseria:<br />

uccide il vitello ingrassato e manifesta la sua gioia con un banchetto. E perché no? Aveva trovato il figlio<br />

perduto; lo sentiva piú caro, perché lo aveva riguadagnato. Chi dobbiamo intendere che sia quel padre?<br />

Dio, naturalmente: nessuno è tanto padre, nessuno è tanto affettuoso. Egli dunque riaccoglierà te, figlio<br />

suo, anche se ti sarai allontanato dopo esser già stato accolto, anche se tornerai nudo, solo per il fatto<br />

del tuo ritorno: e si allieterà piú di questo ritorno che della regolatezza dell`altro figlio; ma solo se ti<br />

pentirai di cuore, se metterai a confronto la tua fame con la buona situazione degli operai di tuo padre,<br />

se abbandonerai il gregge di porci immondi, se ritornerai da lui, per quanto offeso, dicendo: "Ho<br />

peccato, padre e non sono più degno di essere chiamato tuo figlio" (Lc 15, 14s). La confessione allevia il<br />

delitto, quanto la dissimulazione lo aumenta. La confessione infatti manifesta disposizione alla<br />

riparazione, la dissimulazione invece all`ostinazione.<br />

Dio ci ha cercati per puro amore<br />

AGOSTINO<br />

In I Ep. Ioan. Tract., 8, 14<br />

"Dio è amore. E chi resta nell'amore resta in Dio e Dio in lui" (1Gv 4,15-16). Abitano l`uno nell`altro, chi<br />

contiene e chi è contenuto. Tu abiti in Dio ma per essere contenuto da lui; Dio abita in te, ma per<br />

contenerti e non farti cadere. Non devi ritenere che tu possa diventare casa di Dio, cosí come la tua casa<br />

contiene il tuo corpo. Se la casa in cui abiti crolla, tu cadi; se invece tu crolli, Dio non cade. Egli resta<br />

intatto, se tu lo abbandoni. Intatto egli resta, quando ritorni a lui. Se tu diventi sano, non gli offri nulla,<br />

sei tu che ti purifichi ti ricrei e ti correggi. Egli è una medicina per il malato, una regola per il cattivo, una<br />

luce per il cieco, per l`abbandonato una casa. Tutto dunque ti viene offerto. Cerca di capire che non sei<br />

tu a dare a Dio, allorché vieni a lui; neppure la proprietà di te stesso. Dio dunque non avrà dei servi se tu<br />

non vorrai e se nessuno vorrà? Dio non ha bisogno di sérvi, ma i servi hanno bisogno di Dio perciò un<br />

salmo dice: "Dissi al Signore: Tu sei il mio Dio". E` lui il vero Signore. Che cosa disse allora il salmista? "Tu<br />

non hai bisogno dei miei beni" (Sal 15,2). Tu, uomo, hai bisogno dei buoni uffici del tuo servo. Il servo ha<br />

bisogno dei tuoi beni, perché tu gli offra da mangiare, anche tu hai bisogno dei suoi buoni uffici perché ti<br />

aiuti. Tu non puoi attingere acqua, non puoi cucinare, non puoi guidare il cavallo, né curare la tua<br />

cavalcatura. Ecco dunque che tu hai bisogno dei buoni uffici del tuo servo, hai bisogno dei suoi ossequi.<br />

Non sei dunque un vero signore, perché abbisogni di chi ti è inferiore. Lui è il vero Signore che non cerca<br />

nulla da noi; e guai a noi se non cerchiamo lui. Niente egli chiede a noi, ma egli ci ha cercato, mentre noi<br />

non cercavamo lui. Si era dispersa una sola pecora; egli la trovò e pieno di gaudio la riportò sulle sue<br />

spalle (cf. Lc 15,4-5). Era forse necessaria al pastore quella pecora o non era invece piú necessario il<br />

pastore alla pecora?<br />

MONSIGNOR ANTONIO RIBOLDI<br />

Un immenso amore da esplorare: la Misericordia di Dio<br />

Conosciamo tutti la nostra miseria spirituale, ereditata dal peccato originale, che ci aveva dati in preda al<br />

male. Siamo davvero deboli e inclini al peccato, che è un rifiuto dell'amore del Padre e, quindi, un rifiuto<br />

della santità e della felicità di amarLo e godere del Suo amore.<br />

Un abisso di infelicità, che non era quello che Dio, creandoci, aveva in mente...anzi!<br />

Basta guardarci dentro o attorno per accorgerci come il mondo non offra aiuti per uscire da questa<br />

infelicità... anzi, sembra divertirsi nel costruire occasioni sempre maggiori di dolore e sofferenza. Così si<br />

ripete l'antica storia del 'serpente, il più astuto degli animali', come è narrata nella Bibbia, all'inizio della<br />

vita dei nostri progenitori: prospetta 'paradisi', senza o contro il vero Paradiso, che è Dio.<br />

Se siamo sinceri con noi stessi, sappiamo che il rifiuto di Dio, prima o poi, lo paghiamo caro, con 'un


deserto d'anima'!<br />

Chi non ricorda la grande opera di San Pio da Pietrelcina, che fece della sua vita una missione 'dolorosa',<br />

per aiutare tanti ad uscire dall'insopportabile malattia dell'anima, che è il peccato, e così tornare a<br />

vivere, sperimentando la misericordia e sentendo il calore del Padre che, nella riconciliazione, si fa<br />

incontro al figlio che, tornato in se stesso, ha ritrovato la strada di casa, mentre Lui sulla porta, ne<br />

attendeva commosso il ritorno?<br />

Dovremmo sapere tutti, a cominciare da quanti sentono il bisogno di ritrovare il 'paradiso perduto', che<br />

a fare il grande passo per aprire le porte del Cielo, addossandosi tutti i nostri peccati e pagandoli sulla<br />

croce, fu il Suo Figlio prediletto, Gesù Cristo.<br />

Ogni volta mi reco in qualche santuario della Madonna, a Lourdes o Fatima, mi coglie un grande stupore<br />

di gioia, nel vedere i confessionali sempre occupati e tanti che, con l'intercessione della Mamma Celeste,<br />

fanno ritorno alla vita dell'anima, che solo il Padre può restituire.<br />

Così S. Paolo, scrivendo a Timoteo, descrive la sua conversione: "Rendo grazie a Dio che mi ha dato la<br />

forza, in Cristo Gesù Signore nostro, perché mi ha giudicato degno di fiducia chiamandomi al ministero:<br />

io che per l'innanzi ero stato un bestemmiatore, un peccatore ed un violento. Ma mi è stata usata<br />

misericordia, perché agivo, senza saperlo, lontano dalla fede; così la grazia del Signore nostro ha<br />

sovrabbondato insieme alla fede e alla carità in Gesù Cristo. Questa parola è sicura e degna di essere<br />

accolta da tutti: Gesù Cristo è venuto nel mondo per salvare i peccatori e di questi il primo sono io. Ma<br />

appunto per questo ho ottenuto misericordia, perché Gesù Cristo ha voluto dimostrare in me, per<br />

primo, la sua magnanimità, a esempio di quanti avrebbero creduto in Lui per avere la vita eterna"<br />

(Lettera a Timoteo, 1, 12-17).<br />

E la storia della conversione di S. Paolo, che passa attraverso la Misericordia di Dio, è davvero la storia di<br />

tanti. Tanti che sentivano il bisogno di uscire dal male e respirare la gioia della bontà, dono di Dio,<br />

attraverso la Riconciliazione.<br />

Quanta gente, nella mia veste di ministro della Penitenza o Riconciliazione, ho visto come rinascere<br />

dopo una vita dissennata o spericolata. Uomini e donne che non ce la facevano più a vivere una vita<br />

senza senso, senza la vera gioia, dono di Dio; stanchi di sentirsi come il figlio prodigo, lontani dal Padre,<br />

abbandonati a se stessi e costretti a nutrirsi di 'ghiande destinate ai porci'! In quante persone ho visto il<br />

miracolo della 'resurrezione', che si manifesta in un volto rasserenato, con gli occhi umidi per la gioia di<br />

essere liberati dal 'peso del male', sentendosi avvolti dalla Misericordia di Dio!<br />

È proprio la parola 'resurrezione' che un dissociato della camorra usa in una lettera, per descrivere la sua<br />

conversione, che gli fa vedere il carcere come luogo di riparazione, in attesa della piena riabilitazione:<br />

"Per grazia di Dio e per la sua opera, padre, ora sono come uno che è nato una seconda volta e che nulla<br />

ha a che fare con quello di prima. <strong>Ora</strong> so cosa voglia dire amare ed essere amato...anche stando in<br />

carcere".<br />

Chi può misurare la Misericordia del Padre? Gesù stesso ce ne ha dato un'immagine con la parabola del<br />

Buon Pastore, ma, soprattutto, del figlio prodigo: un Papà meraviglioso che non sa odiare, ma che,<br />

anche se rifiutato, continua ostinatamente ad amare il figlio, stando sempre in ansiosa attesa sulla porta<br />

di casa, nella speranza che un giorno, finalmente, il figlio si renda conto che senza di Lui non può vivere<br />

e, così, faccia ritorno.<br />

Se tutti, come è vero, siamo figli di un Padre Misericordioso, tutti siamo da Lui attesi, sempre che, come<br />

il figlio prodigo, con l'aiuto dello Spirito, 'rientriamo in noi stessi' e diciamo 'tornerò da mio Padre'.<br />

Ma ascoltiamo la voce di Gesù, voce del Padre Misericordioso: "In quel tempo, si avvicinarono a Gesù<br />

tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano: Costui riceve i peccatori e<br />

mangia con loro. Allora Gesù disse questa parabola: Chi di voi se ha cento pecore e ne perde una, non<br />

lascia le novantanove nel deserto e va dietro a quella perduta, finché non la trova? Ritrovatola, se la<br />

mette sulle spalle tutto contento, va a casa, chiama gli amici e i vicini dicendo: Rallegratevi con me,<br />

perché ho trovato la mia pecora che era perduta. Così vi dico, ci sarà più gioia in cielo per un peccatore<br />

convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione".<br />

E la gioia del ritrovamento del 'figlio perduto' così è descritta nella parabola del figliol prodigo: "Quando<br />

il figlio era ancora lontano, il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò.<br />

Il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di essere chiamato<br />

tuo figlio. Ma il Padre disse ai servi: Presto portate qui il vestito più bello, e rivestitelo, mettetegli l'anello


al dito e i calzari ai piedi. Portate il vitello grasso, ammazzatelo; mangiamo e facciamo festa, perché<br />

questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a fare<br />

festa" (Lc 15, 1-32).<br />

Con poche parole Gesù descrive 'la vera ragione' della gioia del Padre, che è davvero Misericordia:<br />

"Questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato". Incredibile davvero<br />

l'amore di Dio, che non conosce i nostri rancori e le nostre infedeltà. A Lui interessa solo che 'torniamo<br />

in vita'!<br />

Incontrando un giorno una persona che provava sempre grande gioia, pensando alla figura di Gesù, che<br />

va in cerca della pecora smarrita o del figlio perduto, affermava: "A volte mi verrebbe voglia di essere la<br />

pecora smarrita, per farmi poi trovare dal Buon Pastore e coricarmi sulle sue spalle!".<br />

Dio solo conosce l'immensa solitudine e angoscia di coloro che desiderano vendicarsi o farsi giustizia<br />

senza amore, e chissà con quanta fatica e passione li cerca.<br />

Credo che tanti di voi abbiano visto o posseggano una immagine di Gesù, dal cui costato escono due<br />

grandi raggi luminosi: uno bianco e uno rosso, e se ne siano chiesti il significato. È la visione che ebbe<br />

Suor Faustina, di cui anche in altre occasioni ho parlato, e che il grande Giovanni Paolo II dichiarò santa il<br />

30 aprile 2000, dicendo: "Celebrate il Signore perché è buono, eterna è la sua misericordia".<br />

Così canta la Chiesa nell'ottava di Pasqua, quasi raccogliendo queste parole del Salmo dalle labbra di<br />

Cristo Risorto che nel cielo porta il grande annuncio della misericordia divina e ne affida agli apostoli il<br />

ministero: "Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, così io mando voi. Ricevete lo Spirito Santo: a chi<br />

rimetterete i peccati, saranno rimessi e a chi non li rimetterete resteranno non rimessi" (Gv 20,21-23).<br />

Prima di pronunciare queste parole, Gesù mostra le mani e il costato. Addita cioè le ferite della Passione,<br />

soprattutto la ferita del cuore, da cui scaturisce la grande onda di misericordia che si riversa<br />

sull'umanità. Da quel Cuore Suor Faustina, la beata che d'ora in poi chiameremo santa, vedrà partire due<br />

fasci di luce che illuminano il mondo. I due raggi - le spiegò un giorno Gesù stesso- rappresentano<br />

l'acqua e il sangue, usciti dal suo costato...così, attraverso il Cuore di Cristo crocifisso la misericordia<br />

divina raggiunge gli uomini.<br />

"Figlia mia, dì che sono l'Amore e la Misericordia". E questa Misericordia Cristo la effonde sull'umanità<br />

mediante l'invio dello Spirito che nella Trinità è la Persona-Amore.<br />

E non è forse la Misericordia un secondo nome dell'amore, colto nel suo aspetto più profondo e tenero,<br />

nella sua attitudine a farsi carico di ogni bisogno, soprattutto nella sua immensa capacità di perdono?...<br />

"Ma - si chiede il Santo Padre - che cosa ci porteranno gli anni che sono davanti a noi? Come sarà<br />

l'avvenire dell'uomo sulla terra?<br />

A noi non è dato saperlo, è certo tuttavia che accanto a nuovi progressi non mancheranno, purtroppo,<br />

esperienze dolorose.<br />

Ma la luce della Misericordia, che il Signore ha voluto quasi riconsegnare al mondo, attraverso il carisma<br />

di Suor Faustina, illuminerà il cammino degli uomini del terzo millennio" (Discorso della canonizzazione).<br />

Nel mondo e in noi si fronteggiano, e lo vediamo con i nostri occhi, la Misericordia di Dio e l'odio degli<br />

uomini. Ma la fede ci dice che, se ci affidiamo all'Amore, l'ultima parola l'avrà la Misericordia... anche in<br />

noi!<br />

DON CORRADO SANGUINETI<br />

Il vangelo di questa domenica è una delle pagine più belle, più intense e più caratteristiche di Luca, sono<br />

le famose parabole della misericordia che l'evangelista raccoglie insieme, in una cornice assai<br />

significativa: Gesù è circondato da pubblicani e peccatori che lo ascoltano e questa scena indica non un<br />

fatto isolato, ma un dato permanente e originale della vita e dell'attività di Gesù, che spesso stabilisce<br />

un rapporto familiare con queste persone, stando a mensa con loro e destando lo scandalo e la<br />

mormorazione dei "giusti", dei farisei e degli scribi. È proprio in risposta a questa contestazione, che<br />

Cristo racconta una parabola, che in realtà si compone di tre quadri distinti e indipendenti (il pastore e la<br />

pecora perduta, la donna e la dramma smarrita, il padre e i due figli); ed è chiaro che il senso di queste<br />

parabole è primariamente teologico, più che morale, vale a dire, al centro dell'annuncio di Gesù non c'è<br />

il comportamento dell'uomo peccatore che si converte, ma la sorprendente rivelazione di Dio come


misericordia, come amore tenace e inesauribile, come capacità infinita di abbraccio e di perdono, di<br />

fronte agli smarrimenti dell'uomo.<br />

Nei tre racconti il protagonista è il pastore, che va dietro alla pecora perduta, è la donna che cerca con<br />

cura la dramma smarrita, è il padre che lascia andare via il figlio più giovane, lo attende con pazienza, lo<br />

accoglie in un commosso abbraccio, e va a cercare il figlio maggiore, irritato e scandalizzato dal<br />

comportamento del fratello e del padre stesso.<br />

Dietro le immagini evocate, la realtà è evidente: Gesù sta parlando di Dio, del Padre che lo ha mandato,<br />

e in certo modo sta giustificando il suo atteggiamento, così oltre ogni misura, verso i peccatori. Egli è<br />

così, agisce così, infrangendo ogni schema anche "religioso", perché Dio è così, perché il Padre è<br />

quest'amore appassionato, che gioisce per ogni uomo che torna a lui.<br />

Nel volto, nei gesti e nelle parole di Cristo, la misericordia non è più un nome o un attributo di Dio, ma si<br />

fa visibile e sperimentabile nella storia dell'uomo, quel Dio che Israele aveva già conosciuto come<br />

pastore buono e fedele, come padre giusto e misericordioso "lento all'ira e grande nell'amore", ora<br />

irrompe e si svela pienamente nel volto del suo Figlio incarnato, nell'ebreo Gesù di Nazaret.<br />

C'è un tratto comune nelle tre parabole lucane ed è la gioia di Dio, un Dio vivo, capace di passione e di<br />

commozione, un Dio che gioisce, fa festa per avere ritrovato la pecora che si era persa, la dramma che<br />

era stata smarrita, il figlio che sembrava perduto e morto: "c'è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo<br />

peccatore che si converte"; e Dio vuole che tutti partecipino di questa gioia, non sopporta che il figlio<br />

maggiore, obbediente e fedele, non entri nella festa preparata.<br />

Ma un Dio così, quale si manifesta in Cristo, è diverso dalle immagini degli uomini, è altro ai criteri di<br />

certa sapienza religiosa, provoca ad un'inesorabile conversione della mente e del cuore: in fondo, nella<br />

terza parabola, entrambi i figli non conoscono il loro padre.<br />

Il più giovane si allontana da casa perché non ha ancora scoperto che la libertà fiorisce proprio nella casa<br />

del padre, e quando ritorna, pensa di non essere più figlio, agli occhi del padre, di dovere riconquistare<br />

la dignità perduta, lavorando come un servo: invece, per il padre, lui è sempre stato figlio, anche nella<br />

lontananza, e nulla è più grande di riaverlo con sé, di poterlo abbracciare.<br />

Il figlio maggiore, sempre fedele nella casa, non ha compreso il bene di essere con il padre, forse ha<br />

ridotto il suo rapporto ad una serie di prestazioni e di doveri, non ha capito che tutto ciò che è del padre<br />

è suo, e perciò, nella sua rigida giustizia, molto simile agli interlocutori farisei e scribi, resta spiazzato di<br />

fronte al comportamento del padre, alla sua misericordia senza misura verso il fratello minore.<br />

Luca lascia il racconto aperto, non sappiamo se il figlio più grande abbia, alla fine, deciso di entrare alla<br />

festa, e questa sospensione narrativa esprime bene il rischio della libertà: per entrambi i figli, come per<br />

noi, c'è un cammino di conversione, per aprirci alla novità del Padre e scoprire la gioia di essere amati e<br />

perdonati da lui.<br />

By <strong>Undicesima</strong> <strong>Ora</strong>

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